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Lo spettacolo dell'immaginario, Prove d'esame di Comunicazione Dell'industria Culturale

di Silvia Leonzi. Riassunto per esame di industria culturale

Tipologia: Prove d'esame

2017/2018

Caricato il 02/12/2018

rachele-curti
rachele-curti 🇮🇹

4.5

(17)

5 documenti

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Scarica Lo spettacolo dell'immaginario e più Prove d'esame in PDF di Comunicazione Dell'industria Culturale solo su Docsity! I. L’IMMAGINARIO NELLA SOCIETA’ DELLA COMUNICAZIONE I.1 Un nuovo paradigma scientifico Alla fine del XIX secolo finisce la modernità e inizia la POSTMODERNITA’. Due sono le tesi ricorrenti: • La postmodernità è una continuazione della modernità; • Fra le due vi è una decisa frattura. Quello che è certo è che all’interno di questa riconfigurazione delle sfere della conoscenza e dell’esperienza si assiste all’entrata in campo di un nuovo oggetto di studio: IMMAGINARIO. MODERNITA’ Paradigma della “modernità pesante”: prevaleva una concezione del sapere basata sulle scienze esatte, centrata sulla ricerca delle evidenze, delle regolarità; si privilegiava la pura osservazione dei fatti. Anche le scienze sociali erano orientate alla scoperta di paradigmi, modelli e leggi universali che fossero in grado di spiegare la complessità dei fenomeni. L’homo era aeconomicus (pratico, razionale). POSTMODERNITA’ Scienze: La messa in discussione del paradigma e quindi la sua rivoluzione parte proprio dalle scienze esatte: il relativismo di Einstein afferma che non esiste una realtà assoluta, quindi ci sono infiniti modi di vedere le cose, in modo soggettivo. Si contrappone la logica dell’aut-aut a quella dell’et-et (il mio punto di vista può convivere con il tuo, non è giusta una sola concezione, entrambe possono esserlo). Finisce la netta separazione tra soggetto ed oggetto (il soggetto non è più colui che osserva attraverso determinati strumenti tecnici l’oggetto, cioè il dato immobile, inanimato, isolabile): grazie alla fisica quantistica è stato stabilito che soggetto e oggetto sono inseparabili, visto che il ricercatore per conoscere ha bisogno di interferire sul e con il fenomeno osservato. Uomo: L’uomo è complexus: una personalità in cui convivono elementi razionali e irrazionali; un individuo che ha perso le speranze di poter decifrare il mondo (fallimento della modernità che prometteva un mondo libero dalla metafisica e quindi totalmente controllabile); un individuo solo, abbandonato prima da dio ed ora anche dalla ragione. Gli uomini si riversano nelle metropoli, spinti dall’industrializzazione, quindi a causa di un cambiamento nell’organizzazione del lavoro, e così sperimentano lo spaesamento derivante dalla perdita delle appartenenze (famiglia); un individuo che si vede sopraffatto dalla burocrazia: prodotto tipico della modernità, entità impersonale che crea una rete di norma incomprensibili a cui è impossibile sottrarsi (Weber la descrive come gabbia d’acciaio e Kafka come un Leviatano, un sovra-organismo contro cui è impossibile combattere). Tempo: Con la crisi della modernità il tempo da lineare diventa circolare: passato presente e futuro si confondono continuamente. È il tempo del mito, degli antichi, quello di Proust in ‘’Alla ricerca del tempo perduto’’ in cui il passato ritorna sempre a reclamare qualcosa nel presente. La circolarità è espressa a pieno dal mito*, dal modo in cui le storie dell’immaginario collettivo riescano a creare personaggi in grado di essere contestualizzati e quindi adatti ad ogni epoca. Politica: In politica internazionale l’uomo, “moderno e civilizzato”, sembra che, dopo aver colonizzato l’intero pianeta, sia impegnato a distruggerlo più che a preservarlo. Il progresso sembra destinato non a costruire un mondo migliore, ma a consumarlo, azzerando le risorse considerate illusoriamente infinite (terra, acqua, cibo). Media: I mezzi di comunicazione moltiplicano le immagini del mondo, facendo emergere punti di vista diversi. Si afferma velocemente la società della comunicazione e va a ridefinire il rapporto fra realtà e rappresentazione: la nostra esperienza nasce dalla contaminazione con i media, non è più possibile tracciare una linea netta fra realtà e immaginazione perché la nostra realtà è essenzialmente mediata, lo spazio di cui possiamo avere esperienza diretta è minimo. Alla luce di tutto questo possiamo affermare di non trovarci né nella prospettiva sostenuta dagli apocalittici, né in quella sostenuta dagli integrati: siamo in una sorta di fabulazione del mondo , in cui in un palcoscenico in cui ci vengono presentate storie, racconti, autorappresentazioni; siamo nell’universo delle merci, delle immagini. La produzione continua di immagini e la loro circolazione, interagendo con le nostre esperienze quotidiane, incide profondamente, oltre che sul piano individuale, anche su quello sovraindividuale dell’immaginario collettivo. La rappresentazione è l’aspetto fondamentale della convivenza fra reale e immaginario, è il procedimento che ci permette di rendere presente un oggetto assente, attingendo ad un archivio dell’immaginario e, in base al nostro punto di vista, alla nostra psicologia, il nostro contesto, dargli una forma, esprimere un significato attraverso un significante. In questo periodo si sviluppa una nuova sensibilità: inizia ad avere importanza l’immaginario, si dà credito a aspetti della natura e della cultura umana trascurati fino a quel momento dalla sociologia e dalle scienze della comunicazione. TARDOMODERNITA’: radicalizzazione della modernità (in contrapposizione quindi al concetto di postmodernità). I.1.1. Una diversa sensibilità culturale I mass media offrono un ampio territorio di sperimentazione di pratiche e di narrazioni, sia come veicoli di rappresentazioni e costruzioni di significati, sia come luoghi di contrattazione tra saperi esperti e conoscenze profane, attori sociali e istituzioni. Nelle creazioni grass roots (flusso di contenuti mediatici informale e non autorizzato che si sviluppa grazie alla possibilità che hanno i consumatori di accede e ridefinire un contenuto mediatico) si ridisegnano i ruoli fra produttore e consumatore e le forme dell’immaginario esprimono lo spirito del tempo, coniugando le forme universali della cultura umana con i contenuti legati ad una certa fase storica. Il rapporto tra cultura e immaginario è multistratificato e aperto, in cui tutti gli strati sono permeabili e comunicanti e si uniscono connotati particolari e tratti universali. Definire univocamente l’immaginario non è possibile, essendo transdisciplinare e riferendosi ad aspetti differenti della natura umana e della cultura. I.2 Immagine ed immaginario Nel concetto di immagine sono presenti due tipi differenti di relazioni fra realtà e rappresentazione: • Rappresentazione di qualcosa sia in assenza che in presenza: ciò che viene riprodotto in mancanza dell’oggetto che abbiamo in mente. • Qualcosa che siamo in grado di creare a prescindere dalla sua esistenza reale. La produzione di immagini comunque non è mai un atto di pura astrazione ma mantiene sempre un legame con la realtà, perché anche se l’immagine non ha un riproduzione concreta nella realtà è comunque generata da una dimensione umana, dunque producono effetti sulla realtà. La rappresentazione del mondo attraverso la creazione di immagini si concentra su ciò che esiste, sotto forma di visioni anche in opposizione a ciò che è radicato nella realtà. Questa è la base della natura pericolosa dell’immagine, che il potere teme, perché può portare alla manifestazione di una sovversione nei confronti di ciò che è già dato. La società della comunicazione e la civiltà dell’immagine hanno liberato la sfera nascosta in cui ha luogo l’incessante creazione di credenze, desideri, incubi, utopie e distopie. Il riconoscimento dell’importanza delle componenti immaginative nella costruzione della realtà, implica la possibilità di comprendere le dinamiche di formazione dell’opinione pubblica. Quindi l’immaginario assume importanza nella società della comunicazione, in cui la maggior parte delle conoscenze nascono da esperienze mediate, perché è uno spazio abitato da elementi che non sono né frutto dell’esperienza diretta, né di ragionamenti deduttivi. Si è capito che per analizzare in modo completo una società bisogna necessariamente prendere in considerazione non soltanto l’economia, il potere, l’organizzazione sociale ma anche e soprattutto ricostruire le fantasie, i racconti, le paure che circolano in quella determinata figurazione sociale. L’immaginario collettivo è un linguaggio simbolico universale connesso al dinamismo della prospettiva storica, attraverso il quale diamo forma a emozioni, immagini, idee, azioni e le trasformiamo nella prassi in creazione artistica, invenzioni. Secondo Bauman l’immaginario è liquido, in quanto si estende ovunque entrando nelle nostre vite più di quanto siamo disposti ad ammettere. I.2.1 Immaginari collettivi L’immaginario collettivo viene alimentato da due livelli, comunicanti fra di loro: • Sul piano individuale si sedimenta nella storia di ciascun individuo, che le scienze sociali possono esplorare attraverso il racconto biografico, orientandosi a cogliere le dimensioni collettive dell’esperienza e la psicanalisi può comprendere attraverso la narrazione dell’Io, che implica una ‘’conversazione’’, un collegamento fra mondo esterno e mondo interiore. • Sul piano collettivo l’immaginario si sedimenta sulla produzione di miti, racconti, universi simbolici per rispondere ad una necessita dei gruppi che è quella di compiere una sintesi dei propri valori e delle regole condivise da una comunità immaginata. CASO ITALIANO L’Italia è un paese povero di miti fondativi in grado di creare un tessuto civile resistente. Si sono verificate solo due eccezioni in cui un mito fondativo ha provato ad emergere: Questo genera anche un cambiamento dell’idea di tempo: non più lineare, diacronico e diretto all’accumulazione di conoscenze e progresso; ma circolare, un istante eterno, vissuto socialmente e individualmente, il valore dell’hic et nunc (qui e ora). Un tempo sincronico che anticipa la natura ipertestuale di internet. Si sviluppa una conoscenza olistica o analogica che si basa sulla coesistenza di elementi contraddittori: fine del principio di non-contraddizione e slittamento dall’aut-aut della modernità, all’et-et della postmodernità: gli opposti convivono senza necessariamente escludersi. II. IMMAGINARIO E INDUSTRIA CULTURALE II.1 Il mercato dell’immaginario: alchimie produttive La coesistenza di una sfera individuale e di una sociale, di una capacità di cristallizzazione e di una costante vocazione al cambiamento costituiscono i tratti specifici anche di un altro concetto fondamentale, oltre che dell’immaginario, che incorpora ed è a sua volta inglobato dall’immaginario stesso: la cultura. Esiste una zona di netta sovrapposizione al cui interno la cultura alimenta l’immaginario e viceversa. L’analisi dell’industria culturale ci aiuta a comprendere la portata che l’avvento di un sistema mediale complesso e tecnologico ha avuto sul piano sociale, collettivo, individuale, culturale e immaginale. Adorno e Horkheimer sono i primi a parlare di industria culturale con una forte carica apocalittica, che nel tempo andrà piano piano a diventare più positiva, grazie al profondo cambiamento della sensibilità culturale degli attori sociali e ad una crescita dell’immaginario stesso. Una cultura ed un immaginario che riusciranno a integrare la cosiddetta paraletteratura, prima considerata inferiore alla letteratura, ma che diverrà una sorta di paradigma di riferimento produttivo per la successiva proliferazione e commistione di generi, non più solo paraletterari ma già crossmediali: in grado cioè di rappresentare idealmente schemi e strutture valide per qualsiasi medium e già predisposti ad assecondare le esigenze di pubblici vasti e sempre più segmentati (in contrapposizione alla massa indefinita). Morin coglie l’essenza profonda dello spirito del tempo, nel riconoscere una maggiore capacità di selezione e attività da parte dell’uomo della società di massa. Quindi dal punto di vista teorico il concetto di industria culturale (o industrie culturali), perdendo il suo significato prettamente negativo, ci consente di comprendere lo sviluppo della cultura occidentale; dal punto di vista pratico riguarda sia l’istituzionalizzazione di modalità di condivisione e personalizzazione della conoscenza, sia l’emersione di settori industriali che troveranno nella cultura e nell’immaginario i propri guadagni. Uno di questi è per esempio il fumetto, che nacque come supplemento ai quotidiani e quindi come un’ulteriore offerta di consumo culturale facilmente accessibile: ebbe la capacità di porsi come perfetto prototipo di una cultura orientata alla soddisfazione di un diffuso bisogno di intrattenimento. Nonostante la stereotipizzazione degli elementi archetipici dell’immaginario e una serializzazione, il fumetto innova le strutture narrative e i generi, confermando che l’immaginario ha la sua vocazione nelle forme di ibridazione tra elementi tradizionali ed elementi attuali. La ri-creazione di nuovi miti ha permesso a molti personaggi delle nuvole, di entrare a far parte a tutti gli effetti di un immaginario collettivo moderno, per sconfinare nell’arte, nella letteratura, nel cinema: un percorso che ha trovato nell’innovazione tecnologica del digitale la sua tappa più attuale. II.1.1 La forza del verosimile: i media audiovisivi Il rapporto fra audiovisivo ed immaginario è di reciproca interdipendenza: l’immaginario fornisce storie, personaggi, temi archetipici, strutture universali all’audiovisivo e al tempo stesso quest’ultimo consente a tale immaginario di essere attualizzato, consumato, vissuto. Il cinema è il medium più avanzato in merito alla capacità di sostituire o aggiornare il racconto popolare e il mito universale, interpretandoli, contaminandoli, ibridandoli, modellandoli in base al contesto della società contemporanea. Il cinema crea alcuni mondi immaginari e verosimili in cui gli archetipi riemergono dal mondo reale. Nel momento in cui questi universi costituiti di bisogni dell’essere umano si incontrano con l’audiovisivo, ci troviamo in presenza del cinematografo, che attraverso il fantastico saprà trasformarsi nel cinema. Il fantastico è l’insieme delle paure e dei desideri che alimentano il vissuto dell’uomo; è riconducibile ad un avvenimento soprannaturale e ha dato origine a sottogeneri come il fantasy, la fantascienza, l’horror. Ogni prodotto di fiction in cui compaiono elementi soprannaturali fa parte dell’immaginario, ovvero trae le sue origini dagli aspetti del perturbante, cioè da qualcosa che irrompe nella vita naturale degli esseri umani manifestandosi in modo innaturale. Il fantastico è definibile come un non-luogo, una zona grigia tra la percezione che sia accaduto un evento, prodotto dalla fantasia e dall’immaginazione, che non può essere vero e la consapevolezza che esiste un mondo parallelo, altro, che non conosciamo, in cui quell’evento è accaduto: questa percezione del mistero è il fantastico. La sua forza sta nell’attuare la sospensione dell’incredulità per cui lo spettatore accetta che le regole su cui si basa la finzione siano reali, e che creino un mondo con una sua coerenza, in grado di attivare dinamiche di coinvolgimento attraverso le emozioni. Il cinema può essere definito una proiezione di proiezioni dell’individuo: immaginare è un esercizio mentale e psicologico che ci permette di identificarci con chi in quel momento svolgendo l’azione. Questo avviene grazie ai neuroni-specchio: attraverso il loro funzionamento si attiva un processo cerebrale che permette di identificarci con l’altro, di imitare il suo modo di esprimersi, negoziare il significato. Quindi i prodotti di fiction costruiscono un mondo che esiste in un altrove immaginario in cui la realtà è coerente, dotata di regole differenti dal mondo reale. Umberto Eco con la forza del falso: è l’ipotesi dell’esistenza di universi immaginari, regolati da leggi interne, che sono in grado di influenzare il mondo reale, mostrando l’esistenza di un legame profondo fra immaginario e realtà. Il concetto di falso è importante perché le sue conseguenze sono reali, ha riflessi sulla realtà poiché coinvolgono lo spettatore attraverso l’attivazione dei neuroni specchio: le storie false sono narrazioni verosimili, legittime a tutti gli effetti, dotate di un potere di persuasione pari al mito. Questi elementi fantastici sono connessi con l’immaginario collettivo della società; quindi i prodotti dell’industria culturale sono sempre prodotti collettivi perché contengono elementi dell’immaginario sociale. Un prodotto audiovisivo può essere scomposto in due parti interagenti: • Le forme universali, archetipiche; • Le forme storiche, dinamiche. La capacità di far dialogare questi due aspetti è tipica di quei prodotti culturali che siano in grado di esprimere contemporaneamente la vitalità dell’immaginario del tempo e la profondità di temi universalmente condivisi. Esempio: Neorealismo corrente cinematografica nata a ridosso del dopoguerra, racconta quasi in ‘’tempo reale’’ la rivoluzione antropologica causata dalla guerra, mettendo in scena un’umanità dolente ma che tuttavia coltiva la speranza di una rinascita. Furono apprezzati anche all’estero perché le loro narrazioni si prestano a una lettura extranazionale, percorsa da sentimenti e temi universali. Medea di Pasolini (1969) mette in scena sia un immaginario con le sue idee politiche, ma anche un archetipo, un mito, quello della Grande Madre che divora i suoi figli, il femminile che dimora nel mondo degli inferi. Gli archetipi non sono da figure statiche, rigide, ma forme eternamente presenti che si offrono alla dinamicità della storia e della cultura per essere plasmate ogni volta in stereotipi nei vari momenti e nelle varie società e nei vari contesti. II.2 La narrazione come transgenere: tra fiction e non fiction Nella società della comunicazione la narrazione è divenuta centrale come fattore determinante nel soddisfare il bisogno antropologico di coesione sociale e di identità, anche grazie alla pervasività dei media. Lyotard identifica tra le differenze tra la società moderna è quella postmoderna la ‘’fine delle Grandi Narrazioni’’ perché in seguito a questa frattura non è più possibile descrivere il percorso dell'umanità attraverso i grandi eroi, le grandi mete, i grandi eventi. Si assiste invece ad una moltiplicazione di trame narrative frammentate, prossime alle reti microsociali dell’individuo. Oggi tutto (informazione, politica, stampa) è guidato dal principio dello storytelling cioè il racconto di una storia. Affinché ci sia narrazione si deve mischiare informazione alta e bassa. Tra verità, informazione e immaginario, racconto, in realtà non c’è una netta frattura ma si contaminano in un rapporto di interdipendenza. Un esempio è costituito dalla comunicazione sociale che ci mostra quanto l'informazione può influire sulla costruzione della realtà e sulla coltivazione di idee, valori, atteggiamenti, da parte del pubblico: Jade Goody partecipò all'edizione inglese del Grande Fratello e dopo essersi ammalata di tumore all'utero, decise, poco prima di morire, di raccontare la sua storia ai media, con l'obiettivo di ricavarne un guadagno ed un futuro migliore per i figli. Ha avuto un impatto positivo perché ha spinto molte donne a fare dei controlli per prevenire il tumore all'utero. Questa vicenda è un segnale della presenza di un bisogno disatteso, nei confronti del quale non sono sufficienti rassicurazioni basate su flussi comunicativi lineari. La strategia narrativa si è dimostrata produttiva agendo su un piano di empatia facendo sì che il pubblico potesse identificarsi in modo più immediato e prendere coscienza del problema. Ci troviamo di fronte ad un mondo in cui gli individui fanno fatica ad avere fiducia nelle agenzie tradizionali e dei saperi esperti, quindi le strutture narrative offrono un terreno possibile per la costruzione e la condivisione di storie personali. Prendiamo in esame alcuni esempi di narrativizzazione del reale: • Il genere della cronaca è proteso all'immediato, al clamore, è capace di suscitare emozioni e riflette lo spirito del tempo trasformandosi sempre più spesso in una sorta di fiction seriale. La cronaca è divenuta narrazione divisa in episodi, secondo gli schemi utilizzati delle crime stories. • La pubblicità: in Italia dal 1957 con Carosello, la pubblicità televisiva assume un’impostazione narrativa, che verrà abbandonata negli anni ‘80 con la diffusione degli spot. Nell'ultimo decennio, invece, si è ritornati ad una forma di pubblicità narrativa in cui vengono scelte trame evolute su una dinamica che si snoda nel tempo e nello spazio come se si trattasse di una storia. • I reality costituiscono un racconto per tappe, al pari di un vero e proprio viaggio dell'eroe, in cui gli eroi sono tipi umani riconoscibili, archetipi che vengono trasformati in stereotipi e poi criticati. • Il teatro civile di Marco Paolini e Ascanio Celestini si colloca su un piano differente di narrativizzazione del reale. Nelle loro performance il racconto svolge una vera e propria funzione civile quella di raccontare le storie delle persone comuni che non hanno avuto cittadinanza e voce, di testimoni inconsapevoli di alcune tragedie che hanno attraversato il nostro paese. La società contemporanea è una realtà costruita a partire dalle contaminazioni dei mezzi di comunicazione: la comunicazione è il nostro habitat. Attraverso la narrazione è possibile attribuire al soggetto un ruolo centrale nell’attività di significazione degli eventi; quindi si rileva importante anche nelle dinamiche di costruzione dell’identità, abituando l’individuo a relazionarsi con il passato, il presente ed il futuro. Tuttavia, la società della comunicazione ha un orientamento al presente: nonostante sia cresciuta la capacità di conservazione della memoria, quest’ultima viene sempre più delegata ai supporti tecnologici che rendono difficile l’accesso ad essa. Nella società della comunicazione si rileva una compresenza di due processi convergenti: • Una nuova sensibilità ha creato forme di racconto che mettono al centro della scena le microstorie della gente comune; • Nonostante la comunicazione individualizzata e i personal media, i media sono stati capaci di far convergere grandi frammenti di immaginario su una dimensione rituale e collettiva. Si sperimenta una nuova dimensione della collettività, la condivisione in diretta rituale e globale: sapere che altri stanno assistendo allo stesso evento ci fa sperimentare l'emozione di essere insieme e ci proietta in una dimensione di solidarietà, empatia e condivisione. Non è facile pensare all'idea di una memoria condivisa in un'Italia che è caratterizzata da un importante deficit d'identità civile nazionale: la memoria è quindi anche un terreno di conflitti e negoziazioni, al cui interno le dinamiche di narrazione assumono un ruolo di mantenimento del dialogo. La capacità di creare un terreno di confluenza tra le tante storie individuali e la grande Storia è alla base del successo di molti prodotti cinematografici. (A metà degli anni ‘70, quando stava per aprirsi uno dei momenti più aspri nella lotta politica, il nostro cinema aveva abbandonato l'aspirazione di raccontare la realtà: i film erano piuttosto intimisti, sintomo di un generale ripiegamento sulla sfera del privato, del presente, a fronte delle difficoltà di fare i conti con i traumi provocati dal terrorismo e da un potere corrotto e antidemocratico.) Soltanto negli anni ‘90 nuove produzioni cinematografiche hanno riportato alla luce queste zone d'ombra in un intreccio di storia e memoria (La meglio gioventù, Romanzo Criminale, Il Divo, Gomorra). C’è una forte presenza di processi di finzionalizzazione nella società attuale poiché nessun racconto coincide completamente con la pura realtà perché o accade in un secondo momento o, anche quando si svolge in diretta, è comunque il frutto della percezione e della prospettiva del narratore e si verifica comunque uno scarto spaziale, che porta la narrazione a mettere il mondo a distanza, trasformandolo in qualcosa di diverso dalla realtà. La relazione tra fiction e non-fiction rappresenta una delle contaminazioni più tipiche della società della comunicazione. Fiction: un iper-luogo della produzione culturale, un territorio vasto, trasversale, in cui è sempre più difficile marcare confini netti (ibridazione). Se da un certo punto di vista la fiction può essere considerata un inganno, è anche un'azione che modella la realtà, la ricolloca in mondi immaginari, la dissimula, la rielabora. Le principali funzioni assolte da questo genere sono: la capacità affabulatoria, la familiarizzazione del mondo e il conseguente processo di costruzione della realtà sociale. Quando si entra nel cinema o si guarda un prodotto di fiction in televisione, vengono accettate tacitamente regole che altri hanno stabilito: si è disposti ad entrare in un universo immaginario e a credere che ciò che sta accadendo sia vero. Se così non fosse non ci sarebbe nessun coinvolgimento, nessuna forma di identificazione: la finzione è a tutti gli effetti un contratto comunicativo tra la realtà e l'immaginazione. Per Jung l'eroe rappresenta il sé, ovvero l'unità e la totalità della personalità, che comprende la parte conscia e quella inconscia. La realizzazione del sé, attraverso il domino della propria parte oscura, l’esperienza e l’energia vitale del rinnovamento, è la meta ideale Dell’eroe. Per Freud corrisponde al substrato cosciente e consapevole della psiche, in conflitto tra le tentazioni dell'Es e gli ammonimenti del Super Io, il censore della coscienza. Il Super Io rappresenta il bisogno di controllare gli impulsi inconsci attraverso l'assunzione di comportamenti adeguati: rappresentazione inconscia delle convenzioni morali derivata da personalità autoritarie di riferimento. Ogni eroe che si rispetti è protagonista di un viaggio che equivale alla presa di coscienza del suo destino, metafora dei riti di passaggio che si compiono per realizzare il proprio percorso di formazione. Si tratta, quindi, di un viaggio fondamentalmente interiore. Ogni viaggio si articola in tre fasi principali: • Separazione o partenza, • Prove e vittoria dell'iniziazione, • Ritorno e reinserimento nella società. Ogni eroe all'inizio è inserito nella sua quotidianità: una routine ordinaria rassicurante ma si prepara ad essere sconvolta. L'eroe viene rapito dal suo stato di calma e scaraventato in un nuovo mondo estraneo, in cui dovrà affrontare delle prove, aiutato da persone che incontrerà durante il viaggio, al quale non potrà sottrarsi. Un esempio è quello de Il Signore degli Anelli: siamo nella Contea di Hobbiville un luogo idilliaco in cui gli abitanti, all’interno di un’affiatata comunità, trascorrono una vita tranquilla. Ad un certo punto arriva nelle mani di Frodo l’Anello e si rompono gli equilibri preesistenti: il male minaccia la Contea. Questo pericolo costringe l'eroe all'azione, per il bene di tutta la comunità. Durante il viaggio incontrerà alleati preziosi che lo metteranno nelle condizioni di acquisire competenze e facoltà, in una prospettiva comunitaria. Così, alla fine del suo viaggio l'eroe è pronto per affrontare la prova suprema: sconfiggere il male e tornare nella società con una nuova consapevolezza. In questa fase l'eroe “muore e rinasce” e compie la sua trasformazione. Ci sono due principali forme di racconto: • La narrazione lineare tradizionale caratteristica della mitologia che proietta nella parte inconscia del fruitore la metamorfosi dell'eroe; • La narrazione lineare a specchio in cui, mantenendo fisso il coinvolgimento emotivo, a mutare è il punto di vista da cui l'inconscio percepisce il processo di cambiamento. Un tipico esempio delle narrazioni a specchio è quello dell'eroe nomade che si inserisce nel contesto estraneo con lo scopo di sconvolgere gli equilibri e riformulare i valori etici. Nell'ambito dell'industria culturale sono presenti molti tipi di eroi, collegati ad altrettanti macrogeneri, che incarnano principi funzionali. Quattro sono i principali: • Il Re rappresenta il principio di ordine e organizzazione del caos. Le sue caratteristiche principali sono l'equilibrio, la sicurezza, la fierezza e si muove all'interno di tre principali percorsi narrativi: la nascita e la conquista del trono; la ricerca del regno; la perversione del re, ovvero la trasfigurazione del sovrano in tiranno a causa della superbia. • Il Guerriero rappresenta il principio di salvaguardia dell'ordine e canalizzazione degli istinti. Le sue caratteristiche principali sono: il coraggio e la forza con le quali difende la comunità dalle minacce provenienti dall'esterno, con risolutezza e determinazione. È spesso un emarginato che svolge il suo compito per poi allontanarsi di nuovo a difesa dei confini. • Il Mago rappresenta il principio di controllo e governo sensoriale dell’ordine, che distingue il falso dal vero, possidente di un’abilità tecnica. Il suo ruolo è di tutela e salvaguardia ma a differenza del guerriero le armi non sono la forza e la prestanza fisica ma l'arguzia, l'intelligenza, l'ipersensibilità e la capacità di utilizzare elaborate strumentazioni. • L'amante rappresenta il principio creativo-riproduttivo, in comunione del mondo. Le sue caratteristiche sono l'energia vitale, legata uno spirito artistico e ribelle; l'amore per la vita e la ricerca del piacere da perseguire ad ogni costo. Nella cinematografia più recente l'eroe amante assume due ruoli principali: l'uomo d'affari glaciale che si innamora di un insospettabile “ragazza giusta” o il single che colleziona avventure prima dell'inevitabile presa di coscienza. EROE MASCHIO VS EROE FEMMINA MurdocK cerca di immaginare un viaggio dell'eroe al femminile. Il viaggio dell'eroe dei miti più conosciuti, è sempre al maschile: le condizioni di vita rendono più appariscente il ruolo dell'uomo che realizza la propria identità nel mondo esterno, mentre il lato eroico della donna si estrinseca nella funzione di dare la vita e accudire la prole. Inoltre, i riti di iniziazione tradizionali per gli uomini sono molto più duri e completi rispetto alla donna: l’uomo viene formato in modo da poter affrontare i pericoli delle avventure mentre il passaggio all’età adulta della donna è segnato da un mero dato biologico e non da una formazione. Murdock si basa sul carattere intimista del viaggio dell’eroina. Stadi: • Chiamata all'avventura: • Eroe: si manifesta attraverso la richiesta da parte di una figura autoritaria di intraprendere un viaggio o una lotta separandosi dal mondo del vivere quotidiano (come Massimo riceve da Marco Aurelio il compito di democratizzare l'impero romano). • Eroina: compie il primo passo verso l'avventura senza un esplicito richiamo dall'esterno, rifiutando i tradizionali ruoli femminili che la società impone. • Attraversamento della prima soglia: • Eroe: superando il guardiano che gli sbarra la strada verso l'avventura (come Neo che accetta di ingoiare la pillola rossa che gli permetterà di vedere il mondo così com'è e non come lo proietta Matrix) oppure entrando per la prima volta nel campo di battaglia • Eroina: questo passaggio è meno definito e coincide di solito con la chiamata all'avventura stessa. • Percorso delle prove (il momento di maggiore impegno del viaggio): • Eroe: l'incontro con la Dea è consequenziale e il ricordo delle mogli rende completi e più forti i protagonisti maschili delle storie. • Eroina: deve guadagnarsi il contatto con l'archetipo della Dea. È convinta che riuscirà a guadagnarsi il successo sia come uomo che come donna ma fallisce e, a questo punto, il suo ruolo eroico sta nella capacità di mettere in pratica una sorta di autodisciplina tesa a ripristinare l'equilibrio nella sua vita e ridimensionando le sue ambizioni. Dopo aver superato questo ostacolo avverrà l’incontro con la Dea, che significherà per l’eroina una riconnessione profonda con il femminile. • Apoteosi (il momento più spirituale del viaggio): • Eroe: avviene in due modi differenti: la “morte metaforica” che gli consente di entrare in contatto con il mondo degli dei e di acquisire un potere tale da rinascere e sconfiggere i nemici. Ha la capacità di ispirare un “sub-eroe” ad iniziare un nuovo percorso. • Eroina: raggiungimento del definitivo equilibrio tra le funzioni di Animus e Anima, attraverso il ricongiungimento con il suo uomo, che mostra di essere in grado di integrare nel suo ruolo alcune caratteristiche tipiche dell'anima femminile. Non possiede la capacità di “Maestra”. III. GLI ARCHETIPI DEL FEMMINILE Il concetto di Dea o Madre buona rappresenta un elemento fondamentale della psiche umana. È la prima e più significativa esperienza di relazione dal momento in cui si viene al mondo: il rapporto madre-figlio. L’immagine della Madre è presente da sempre, oltre che nella mente di ciascun essere umano, anche nell’inconscio collettivo, come sacra fondatrice e generatrice. La Grande Madre rinvia alla relazione di filiazione ed esprime un carattere di superiorità indicato dall’aggettivo grande e derivante dalla facoltà di procreare. Le figure femminili sono detentrici dei principali segreti del mondo: la Vita e la Morte, con una distinzione che vede da un lato le dee nutrici e protettrici; e dall’altro quelle terrifiche che suscitano sentimenti di privazione e paura. Entrambi sono rappresentati simbolo per eccellenza del femminile: il vaso, che simboleggia sia il carattere positivo della vita che accudisce nel grembo, sia il carattere negativo della morte che inghiotte nella bara. Immagine schema. SCHEMA DI NEUMANN Lo schema strutturale elaborato da Neumann è costituito da due assi (A e M) e quattro cerchi concentrici e divide l’archetipo femminile in due caratteri: • Elementare (M), svolge la funzione contenente basata sulla conservazione di ciò che da esso ha origine. Questo carattere possiede due polarità: • Positiva (M+): capacità di generare e liberare proprie della Madre Buona, al centro dei riti di fertilità e rinascita. • Negativa (M-): capacità di trattenere, fissare e catturare proprie della Madre Terribile, legata ai misteri della morte. • Trasformatore (A), rappresenta l’elemento dinamico dello sviluppo psichico che esorta al movimento ed al mutamento. Questo carattere possiede due polarità: • Positiva (A+): capacità di dare e ispirare, proprie della Musa • Negativa (A-): capacità di rifiutare e privare che portano alla dissoluzione dell’individuo e della coscienza, proprie della Strega. Emergono da questo schema quattro grandi figure archetipiche da cui discendono una molteplicità di declinazioni simboliche e narrative. III.1.1 All’alba della storia: le veneri di pietra Madri Primordiali Le sue raffigurazioni rimandano a due “tipi" principali: • Figura tozza in cui e parti della donna legate alla procreazione e alla nutrizione dal bambino sono fortemente accentuati: nell’uomo primitivo l’archetipo della Madre era dominante; • Figura longilinea, grazie alla quale si vuole dare importanza l’aspetto spirituale e al legame tra la vita e la morte; questa trasformazione avviene in un’età più tarda. Cielo, acqua e terra sono elementi essenziali nel mito della Dea, personificazione del caos primordiale, dalla quale in seguito nasceranno luce e conoscenza, poi convertiti in simboli del patriarcato. Esempio: Nella mitologia greca Gea, la Madre Terra e il Urano, il Cielo, si uniscono e creature capostipiti dell’umanità, che, in seguito, Gea stessa dovrà mettere al riparo dal suo geloso amante. È qui che ritroviamo la funzione protettrice della Madre. La centralità dei miti legati alla Madre tende a perdersi: in seguito al matrimonio d’interesse tra Era e Zeus, la figura della Dea muta profondamente: Era, diventata una moglie gelosa, perderà la sua posizione dominante rispetto agli altri dei. La Madre mantiene, tuttavia, il suo potere sull’elemento naturale legato alla procreazione: la terra. Demetra, la dea della fertilità e dell’agricoltura, ha la funzione di ordinare il volgere delle stagioni e quindi il ciclo dalla vita alla morte. Il processo di subordinazione del femminile al maschile e di idealizzazione della Dea, si compie nella figura cristiana di Maria: il centro diviene il Figlio e la Madre rappresenta solo un tramite. Il miracolo della natura, che vede l’unione degli status di Madre e Vergine, sottolinea la forza creatrice della Dea. III.2 Madri Terribili Figure appartenenti al carattere trasformatore negativo: • Lilith: il mito di questa predatrice notturna, seduttrice che provoca spavento, ha origine nella cultura ebraica, ma assume diverse forme (leone, civetta, avvoltoio, serpente) e attraversa i millenni; infatti la ritroviamo in varie culture (mesopotamica, sumerica, àccade). Il “mito di Lilith” si fonda sul suo ruolo di “prima Eva”: si suppone l’ipotesi di una doppia creazione, la prima delle quali riguarda Adamo e Lilith. I due all’inizio vivono in uno stato di completa parità che costituisce motivo di conflitto. Lilith non accetta il fatto che Adamo si consideri suo padrone e rivendica la propria indipendenza, decidendo di fuggire dal giardino dell’Eden. Si unisce ad un nuovo sposo, diventa la Signora dei dolori, acuiti dalla forte gelosia nei confronti di Eva che nel frattempo ha preso il suo posto accanto ad Adam, e di cui ucciderà i figli. La natura primordiale e atemporale dell’archetipo, quindi, si coniuga con un aspetto dinamico e storicizzabile: qualunque racconto mitico riflette le strutture della società di riferimento. La rivendicazione da parte di Lilith di indipendenza, libertà, dei medesimi diritti sulla conduzione degli affari domestici, riflette l’aspirazione della donna alla parità fra i sessi, che, tuttavia, in fasi in cui la civiltà era basata sul predominio maschile, non poteva che coincidere con l’interpretazione di questa figura come un demone dal carattere perverso. (III.2.1 Il legame con la terra: da Medea a Sue Ellen) • Medea: strega-sacerdotessa, che celebra il rito della fertilità che ruota attorno al Vello d’Oro. Si innamora di Giasone incaricato di rubare tale Vello; dal loro rapporto nasceranno dei figli, ma, quando lui la lascerà per la principessa di Corinto, lei si vendicherà uccidendoli e mangiandone le carni. La Madre Terribile ammette che tale gesto la fa soffrire, ma la sua sete di vendetta è più forte i miti più rappresentativi in questo senso vi è quello della Core, in cui la natura doppia è rappresentata da una parte dalla fanciulla e dall’altra dalla madre. Assimilabile al carattere trasformatore positivo è anche la figura della Fata: esseri incantevoli dotati di poteri magici generalmente benevoli. Propp ha individuato un legame significativo tra le fate e i culti riguardanti la fertilità e la Grande Madre. Nell’ambito della letteratura medievale si possono rintracciare due tipi di fate: • Le Dee del Destino, che si evolvono dalla figura classica delle Parche e sono prodotti della cultura dotta. Nel cultura popolare medioevale le dee filatrici si trasformano nelle fate madrine: per la nascita di un bambino i genitori allestivano un banchetto, lo offrivano alle fate che sarebbero state generose con lui a seconda del trattamento ricevuto. • Le Buone Signore della foresta che spesso intrattengono rapporti con gli uomini mortali e sono rintracciabili nella cultura popolare. Fata Turchina di Pinocchio: fata molto particolare che subisce nel corso della storia numerose metamorfosi: guarisce e salva dalla morte, assume la peculiarità della madre, aiuta nel momento del bisogno. Tra i personaggi del romanzo, questo è anche il più ambiguo poiché incarna un progetto salvifico e accompagna il burattino durante il suo percorso evolutivo, ma è anche una donna dotata di una forte attrattiva sessuale, come emerge dai modi educativi che utilizza, alternando lusinghe a minacce e punizioni. Le nove Muse: figlie di Zeus e Mnemòsine vivevano sul monte Elicona, incarnavano l’ideale supremo dell’arte. La loro funzione era quella di conoscere, tramandare, ricordare, legando insieme passato, presente e futuro; sono invocate, per questo motivo, da artisti, poeti, scrittori. Hanno il potere di condurre gli uomini al sapere e all’elevazione spirituale, alleviandone le sofferenze. Sono visibili solamente da individui prescelti. Nella tradizione greca anche le dee erano fonte di ispirazione: • Atena, dea della casa, essenza del legame familiare, simbolo della comunità. • Minerva, protettrice dei guerrieri, della poesia, della medicina, del commercio e delle arti. Il suo dominio si esercita sulla sfera dell’intelletto: la dea rappresenta la Sapienza in forma femminile. In più, viene raffigurata con elmo e lancia, poiché rappresenta l’unione fra le doti proprie dell’intelletto e quelle dell’azione. Amazzoni: donne guerriere della mitologia greca, rimandano alla perdita di femminilità, accompagnata ad uno spirito combattivo: come loro arrivavano a mutilarsi, le donne moderne, per dimostrarsi competenti professionalmente e relazionalmente, si privano dei loro caratteri di base. Lisistrata di Senofonte: IV secolo A.C., è la prima commedia che parla della condizione di emarginazione femminile: Lisistrata vuole convincere le donne da lei guidate a mettere in atto uno sciopero del sesso nei confronti dei loro uomini per far cessare la guerra del Peloponneso. Giovanna d’Arco: simile per alcuni aspetti alle Muse e per altri alle Amazzoni: infonde fiducia e coraggio e trasmette un annuncio di vittoria legittimato da visioni celestiali e dal carisma. Visioni e apparizioni sovrannaturali simboleggiano l’esaltazione di due prerogative del femminile che sono intuito e sensibilità, doti che nell’ambito della fiction costituiscono un fortunato espediente narrativo, nel quale, grazie al sesto senso femminile, si giunge alla risoluzione di un problema. Ma se nelle produzioni attuali le medium possono vedersi riconosciuto il proprio dono, nella tragedia greca invece un destino meno benevolo è riservato a Cassandra, figlia del re di Troia, Priamo, la quale è condannata ad avere continui presagi del futuro e, non essendo creduta, è destinata al ruolo di spettatrice impotente. Le qualità possedute dalle muse ispiratrici rientrano anche nel dolcestilnovo, secondo il quale la donna angelicata detiene la straordinaria virtù di nobilitare l’animo dell’uomo amato, rappresentando il tramite fra questo e Dio. III.4 Tremate…tremate… Negli anni ’60, quando il movimento femminista e la rivoluzione sessuale portano in primo piano esigenze e rivendicazioni basate su modelli femminili svincolati dai ruoli tradizionali, inizia a profilarsi una nuova produzione di immaginario. L’idea che la maternità costituisca la massima forma di realizzazione della donna è talmente diffusa che le ribelli, che tentano di sottrarsi a tale ruolo, sono destinate all’infelicità, alla follia, all’isolamento. Le donne che dimostrano forza e abilità, soprattutto nei campi riservati all’uomo, sono spesso considerate pericolose per l’ordine naturale della società. Elisabetta Prima d’Inghilterra , la regina di Inghilterra che ha dato il nome a un’intera epoca, che è uscita vittoriosa dalla guerra contro la Spagna, che ha posto le basi della futura potenza commerciale e marittima della nazione, che ha avviato la colonizzazione dell’America Settentrionale, è rimasta nubile pur di non perdere libertà, denaro e potere, passando alla storia come la “regina vergine”. Jacqueline Kennedy: uno dei primi simboli della demolizione dello stereotipo della donna, modesta, comprensiva, tenera, materna, intuitiva e devota. Il suo ruolo è anzitutto quello di “Mrs. Kennedy”. Le apparizioni pubbliche della First Lady restano limitate ed ella stessa afferma che il suo ruolo principale è quello di “occuparsi del Presidente” aggiungendo che “se fallisci nell’allevare i tuoi figli, non penso che qualunque cosa tu possa fare nella vita conti poi molto”. Ha dato al popolo americano una cosa che gli mancava: la maestà. Nell’immaginario occidentale Jackie rappresenta lo slogan: “Dietro a un grande uomo, c’è sempre una grande donna”. Lady Diana Spencer: un altro esempio, dei primi anni ’80, in grado di rappresentare i cambiamenti e le contraddizioni della condizione femminile in relazione al potere e alla tradizione. Incarna i miti forti, radicati in ambienti diversi e spesso contrastanti, dando vita a un personaggio su cui si concentrano conflitti simbolici e sociali che vanno al di là delle sue stesse intenzioni: una commistioni di stereotipi sociali e nuovi bisogni identitari. Intraprende un percorso di emancipazione che la porta ad assurgere a icona del femminile nella modernità, capace di scardinare una tradizione monarchica e necessariamente maschilista, mettendone a nudo limiti e anacronismi. Per la prima volta vengono fuori le difficoltà del matrimonio e i tradimenti reciproci e il nome della ragazza diventa sinonimo di costumi sessuali al limite della sfrontatezza. Diana inizia la costruzione del suo personaggio di good-bad-girl, contraddistinta tanto dal gossip sulla sua sfrenatezza sessuale, quanto dall’accostamento a Madre Teresa per il suo impegno nel campo umanitario. La fine tragica e controversa la consacra definitivamente a mito del XX secolo. III.4.1 Femmes Fatales e dark lady (LATO OPPOSTO DELLA VERGINE) La femme fatale rappresenta il lato d’ombra della seduzione, una donna pericolosa che attira e corrompe l’eroe e lo distrae dal suo obiettivo. Per il loro potere narcotizzante le arti seduttive sono state assimilate al fascino occulto della magia. Per la mitologia greca le Sirene attiravano i marinai e poi li sbranavano. Un esempio classico è la Maga Circe, che riesce ad irretire anche Ulisse, alfiere della razionalità. Nel corso del Medioevo il marchio infamante della stregoneria, travalicando il mito, prende una forma tragicamente concreta nei roghi di piazza in cui vengono bruciate presunte streghe, il cui marchio d’infamia spesso si estendeva anche alla prole, soprattutto se di sesso femminile, appartenevano per lo più alle classi popolari ed erano di solito vedove, prostitute, levatrici, donne con una vita familiare infelice o irregolare. La “caccia alle streghe” si concentra tra la fine del ‘400 e la prima metà del ‘600, in due ondate principali. Esistono numerosi esempi cinematografici, che prendono spunto dall’associazione tra magia e seduzione: • Amori e Incantesimi: commedia basata sulle vicissitudini amorose di due sorelle appartenenti a una famiglia di streghe su cui grava una maledizione: chiunque si innamori di una di loro è destinato a una morte prematura. In questa storia le capacità magiche costituiscono più che altro un impedimento alla realizzazione sociale, rappresentato dall’impossibilità di entrare in contatto con l’altro, ovvero con la collettività che ostracizza il diverso. • Chocolat: la protagonista apre una cioccolateria, incurante del periodo di digiuno quaresimale rigidamente rispettato, almeno fino a quel momento, dagli abitanti del piccolo paese. La repressione delle pulsioni diffusa nella comunità cede progressivamente. • Original Sin: il peccato a cui si riferisce il titolo ha una doppia valenza, da un lato è quello della donna, artefice di una seduzione subdola che irretisce e annienta le sue vittime, dall’altro è quello dell’uomo che si lascia accecare dal desiderio fino alla completa perdizione. • Il bacio della pantera: comunica la pericolosità legata al femminile accostandola ad animali aggressivi: la pantera è evidentemente sinonimo di erotismo e orrore, un’epifania della disperazione umana nella sua dorma più feroce e selvaggia. La protagonista durante i rapporti sessuali si trasforma in una pantera e uccide il proprio compagno. La donna-pantera rappresenta il terrore ancestrale dell’uomo di essere inghiottito dal sesso femminile e quindi vedere persa la sua supremazia. • Venere in pelliccia: apice della donna fatale. La protagonista trasforma il suo amante in uno schiavo devoto, sotto ogni punto di vista, tramite un vero e proprio contratto, abbandonato a una spirale di pulsioni masochiste. Le donne fatali conducono gli uomini alla perdizione, facendo leva sulle loro frustrazioni. Il desiderio che spinge la donna alla seduzione non è la punizione dell’uomo, quanto piuttosto la propria affermazione sociale (quindi il rovesciamento dell’ordine sociale in cui vige la supremazia dell’uomo) da realizzare attraverso l’abuso cinico e spietato. Quando la donna, che nell’immaginario tradizionale maschile è debole e bisognosa di protezione, gioca a invertire i ruoli, contrastando l’immagine stessa della femminilità, la sua natura appare provocatoriamente maschile. È questa ambigua figura di donna, erede delle streghe medievali, indipendente, provocatoria, sfacciatamente sensuale a mettere in pericolo la sacralità della famiglia, dei costumi sessuali e soprattutto dell’autorità maschile. Dalla produzione letteraria legata al Decadentismo e dal cinema noir degli anni ’40, prende vita un tipo di donna sinuosa e letale come un serpente: la dark lady. Donne forti e determinate, disposte a tutto anche all’omicidio, pur di ottenere la libertà e l’affermazione personale. Meglio ancora se a commettere il crimine è materialmente l’amante di passaggio, narcotizzato dall’innocua, quanto letale, bellezza della donna. Sono figure che compaiono soprattutto nel noir, popolando con forza un immaginario alimentato da una mutazione antropologica che vede le donne sostituire nelle fabbriche gli uomini andati in guerra: donne che hanno assaporato il potere dell’autonomia e ora non vogliono più tornare a svolgere il ruolo di dee del focolare. La dark lady non è solo una fredda calcolatrice che inganna unicamente per il proprio piacere, ma il simbolo e il sintomo di un’evoluzione della donna che inizia a scoprire il proprio corpo non più solo come soggetto passivo, ma come soggetto attivo. Un’ultima considerazione riguardo la complessa struttura psicologica della donna fatale riguarda la personalità narcisistica. Gli individui riconoscono il proprio Io solo attraverso il consumo di “oggetti-sé” che rafforzano la loro autostima e il loro riconoscimento. La personalità narcisistica è talmente egoriferita da collezionare “oggetti-sé” con la conseguenza di perdere ogni capacità di amare: il suo bisogno dell’altro è profondo ma meramente strumentale. Il narcisismo spinge ad una ricerca continua di affermazioni e conferme, che tuttavia non sono mai sufficienti a riempire un vuoto incolmabile, il bisogno estremo di essere accettati senza condizioni. Perciò la rassicurazione sentimentale e la gratificazione sessuale, cercate nel rapporto con l’altro, lasciano presto spazio all’aggressività e al dominio. La seduzione della femme fatale è quasi sempre conscia, aggressiva, manipolatoria e abbandonare il partner è un piacere spesso più grande dell’atto sessuale stesso. Esempi: • Basic Instinct: lo stereotipo di femme fatale narcisistica dell’immaginario moderno: ricca, bella, spregiudicata e soprattutto molto intelligente. Gli elementi principali del film sono: l’eros, la perversione, l’omicidio. È una mantide religiosa che seduce per puro divertimento, tanto esibizionista e calcolatrice, quanto instabile e imprevedibile. IV. GLI ARCHETIPI DEL MASCHILE IV.1 Per una sociologia del Puer aeternus Una delle coppie archetipiche fondamentali del maschile, individuate da Jung, è quella di Senex e Puer. L’opposizione emerge con forza nel passaggio fondamentale che sgretola l’unitarietà dell’identità moderna, facendo affiorare la fragilità complessa dell’Io contemporaneo. Il paradigma cartesiano della modernità, aveva concepito l’individuo come homo clausus, come unità conclusa, separata dagli altri e distante dagli sconosciuti territori della follia. Il processo di civilizzazione ha indotto a considerare anomalie e le oscurità dell’anima e a marginalizzarle, ma nell’uomo hanno continuato a sopravvivere la complessità e gli “stati” contraddittori (che lo hanno reso, appunto, homo complexus). L’essere umano è ragionevole e irragionevole, razionale e affettivo, calcolatore ma anche ansioso, angosciato. È un essere pervaso dall’immaginario, che può riconoscere il reale; conosce la morte e non può credervi; è posseduto dagli Dei e dalle idee, ma dubita sia di uno che dell’altro. L’uomo è quindi una unità molteplice che, per prendere coscienza di sé, ha bisogno di riflettersi nelle forme attraverso cui si immagina e viene immaginato. • Senex: ne prende le distanze in attesa di un momento più propizio, presiede al raccolto; ha i piedi ben piantati in terra, entro un tempo già definito; è presente sin dall’inizio come possibilità di ordine, significato e realizzazione tecnologica; proprio perché possiede il dono del sapere quale conoscenza acquisita e prevista, ha un grande potere. Un’ulteriore differenziazione rappresentata dall’accezione negativa dei due archetipi: la scissione archetipica produce infatti un temperamento ed una personalità che potremmo considerare deviate. Quando il Senex viene completamente separato dalla parte Puer, diviene negativo, ovvero fine a sé stesso in maniera fallimentare: l’aridità dello spirito spinge lo sguardo del soggetto verso un tempo che viene vissuto attraverso sentimenti di malinconia e di nostalgia; si percepisce di essere invecchiati e si sviluppa il sentimento di invidia nei confronti dei giovani che si riflette in un cinismo e un dispotismo esasperato. Esempio: • Il Padrino: Michael Corleone nel momento del suo ingresso nel mondo criminale egli dimostra ispirazione e pazienza ma, nella seconda fase della sua carriera, una pressante conflittualità interna lo conduce ad un crescente livello di cinismo. Il vagabondare nella memoria, alla ricerca del padre, rappresenta un tentativo di salvezza e di redenzione che non può che rivelarsi sterile; infatti, si abbandona ad un malinconico ricordo in cui l'evocazione del genitore sfuma in un sentimento di solitudine e abbandono. Il Puer può subire il potere del vecchio, essere attratto da una prospettiva orizzontale che lo porta a smarrire la propria effervescenza; oppure può essere attratto da un nuovismo senza fine e diventare irrequieto. Il rischio, in entrambi i casi, è che le azioni del Puer non siano frutto di un processo di apprendimento e crescita interiore, ma di pura casualità. Esempio: • Il sesto senso: la trasformazione del Senex in un mentore consapevole, conduce il Puer verso la salvezza propria e altrui. È ascoltando il suo mentore che il bambino dimentica le proprie paure e inizia il processo di apprendimento. IV.1.2 Il Puer aeternus nell'immaginario moderno L’emersione dello spirito del Puer nella società occidentale ha seguito percorsi sconnessi. A partire dal XIX secolo si possono rintracciare i tratti di questo archetipo. Nelle rivoluzioni politiche si riflette la parte "evasiva" dello spirito Puer. La Rivoluzione francese (1789) segna il sorgere delle giovani forze politiche. Nel '900 gli esempi si moltiplicano: il '68 costituisce probabilmente il modello originario dello spirito Puer nella modernità occidentale, della sua trasformazione nell'Ombra della sperimentazione estrema e della lotta ed è il momento più significativo in cui si riflette e al tempo stesso viene stimolata una sorta di paidocratizzazione della società (paidos vuol dire bambino quindi, per paidocratizzazione si intende che la società vengono influenzata in maggior modo dai giovani), alla quale contribuiscono in modo pervasivo i prodotti dell'industria culturale, i consumi, le mode, gli stili di vita, le rivendicazioni che provengono da un paese "giovane" per antonomasia come gli Stati Uniti d'America. L'effervescenza sociale e culturale si concretizza, non solo nelle dinamiche di ribellione e contropotere, ma anche in comportamenti salvifici di valore simbolico, come il volontariato dei giovani che accorrono a Firenze nel 1966, a seguito dello straripamento dell’Arno. Le forme narrative che attualizzano l'archetipo del Puer: • I dolori del giovane Werther di Goethe: il protagonista è un personaggio autenticamente nuovo, incerto, instabile, contraddittorio; non ragazzo da una parte e adulto dall'altra ma torbido incontro delle potenzialità di entrambe le età. • L'educazione sentimentale di Flaubert: racconta una gioventù protratta, il desiderio di conservarsi tale e di mantenere l'effervescenza di un tempo che sembra non avere tempo. Ma questo rifiuto del naturale scorrere della vita non è privo di conseguenze: il protagonista, dopo aver immaginato un'esistenza narcisisticamente chiusa nella propria giovinezza, concluderà la propria vita tristemente invecchiato e nostalgico. La scissione archetipica tra il Puer e il senex che egli bene riflette, lo conduce a un'esistenza solo ipotizzata, nella quale l'amore si rivelerà fallimentare e le strategie di arricchimento inutili. La gioventù, invece di preparare a qualcos’altro, diviene un valore in sé. Nel 900 (anni ‘20 e ‘30) diviene centrale lo scarto determinatosi tra conoscenza e realtà, in seguito alla diffusione della psicanalisi. • La coscienza di Zeno di Italo Calvino: il protagonista si scontra con l'impossibile dialettica che sussiste fra conoscenza e realtà caotica dell'anima. Inettitudine e inerzia portano Zeno alla rinuncia di qualsiasi azione. In questo distacco passivo dalla realtà, di cui l'ironia costituisce il tratto stilistico più esemplare (non prendendo mai sul serio i fatti dell'esistenza), il protagonista individua la propria possibilità di pacificazione. • Casanova di Schnitzler: respira il sentimento di crisi che invade l'Europa allo scoppio della Prima guerra mondiale; è il riflesso di un’immagine desolata di inconscio collettivo, che insegue il ricordo di un'epoca vittoriosa e festante, in cui il presente e il futuro componevano le coordinate temporali di uno stesso mondo immaginale. È un individuo scisso che agisce drammaticamente sotto l'effetto del Senex Negativo, legato ad una giovinezza biologica sfiorita: ha il desiderio di conquistare la bella Marcolina per poter assaporare di nuovo la giovinezza e ammira e osteggia Lorenzi, considerato il suo alter ego, poiché dotato di bellezza e giovinezza. Nella sconfitta del giovane per mano del vecchio in duello, sta il senso della fine di un'epoca e il suicidio dell'io disgiunto nelle sue due anime. La scissione è una costante della cultura di massa del secondo ‘900, che creerà figure complesse in grado di unire creazione e distruzione: • Beat Generation: definisce la complessa architettura della vita sociale contesto occidentale a partire dal secondo dopoguerra. Nel termine Beat convergono il battito e l'essere battuto: viaggio, apatia, vagabondaggio, alcol, costituiscono i frammenti della trama, finzionale e reale. • Sulla Strada di Kerouac: narra un procedere privo di finalità, dimentico di una casa e di una destinazione, di un'identità psichica sull'orlo della follia. I personaggi di questo vagare non cercano mai coscientemente di perseguire una meta, impulsi che non possono dominare determinano in ogni situazione il loro comportamento. • Gioventù Bruciata: poco dopo muore in un incidente stradale il protagonista James Dean, che incarna i segni, non ancora del tutto definiti, dell'eroe ribelle e frenetico in cui l'adolescenza occidentale riconoscerà ben presto i tratti di un imminente destino apparentemente distruttivo. Ancora non siamo nel periodo della contestazione sociale, eppure protagonisti della scena cinematografica sembrano anticipare dinamiche di corrosione dell'autorità che stanno per giungere a maturazione. In questo periodo che i giovani iniziano a godere di privilegi che si rivelano alla lunga fondamentali nella rivendicazione di diritti e nella formazione di nuove rappresentanze sociali: le giovani generazioni sono al centro di un importante processo di emancipazione economica, a cui si accompagna una sempre maggiore disponibilità di loisir da utilizzare in attività ludiche. La modernizzazione culturale in atto si fonda essenzialmente sulle nascenti relazione fra due protagonisti: giovani e cultura di massa, che si influenzano e si sostengono a vicenda, a scapito dei valori genitoriali. Negli anni ’60 si afferma una cultura paidocratica, incomprensibile agli occhi degli adulti, usciti dalla Seconda guerra mondiale: la ricerca di ribellione e contestazione gli sembra priva di esigenze coerenti. Inizia a farsi evidente una frattura nel processo di formazione dei giovani che percepiscono come incolmabile la distanza che li separa dagli adulti, a loro volta incapaci di leggere il mutamento in atto. L'assenza della tutorialità genitoriale e la corrosione di quell'autorità in grado di fornire norme e bisogni, conduce ad un senso dell'agire individuale. Ne consegue che ad una società dominata da logiche utilitaristiche ed economiche iniziano ad opporsi subculture fondate su pratiche simboliche orientato al gioco, all'immaginazione, al sogno, al rinnovamento, alla distruzione e alla relazione. Gli adulti non sono più in grado di offrire una chiave di lettura accettabile dell'esistenza. Lo spirito che guida la produzione della cultura di massa è integrativo e finalizzato alla stereotipizzazione e alla standardizzazione dei temi dissonanti dell’adolescenza. L'inquietudine di una generazione trasforma James Dean in un mito nel momento in cui il "furore distruttivo" che impersona nella finzione si materializza nella realtà. • Il Cavaliere oscuro di Nolan: Heath Ledger, poco prima di morire, aveva impersonato il Joker che nella sua psicopatologia quotidiana rovescia l'ordine razionale del mondo in un caotico mood emotivo. È un personaggio senza tempo (Puer Aeternus) e il suo scontro con Batman simboleggia il conflitto primordiale della creazione, l’archetipica relazione tra Puer e Senex. L'incapacità di scegliere e il desiderio di rimanere sospeso al di sopra delle logiche spazio-temporali è una delle caratteristiche del Puer. Sospeso fra due fasi della vita il Puer tende all'instabilità, sedotto dallo smarrimento, compiaciuto della propria energia vitale che lo rende un essere speciale, per certi versi divino, capace di stupire e di stupirsi per la propria sensibilità creativa. • Michael Jackson: ostinato a non varcare la soglia della vita adulta, ha vissuto un'esistenza scissa fra una grande professionalità sulla scena e una spensieratezza trasgressiva nella vita privata, il luogo del gioco e del divertimento proibito. Il desiderio di vivere un'infanzia infinita lo porta a progettare un non luogo, oltre il tempo e le differenze intergenerazionali: Neverland. Ma tentativo di creare un'sola felice in cui essere al riparo dall'abbandono, dalla nostalgia e dal dolore, incappa nella terribile accusa che bruscamente lo restituisce adulto agli occhi del mondo. IV.2 Il Sé e il lato oscuro L'Ombra Non può essere concettualizzata in termini esclusivamente oppositivi. Il tema dell'Ombra è stato trattato da Jung come dimensione irrazionale e come una vastissima zona dell'inconscio, incisiva e prepotente, capace di dare vita ad un universo immaginale personale e, al tempo stesso, collettivo. Il lato oscuro costituisce un emisfero coesistente e sovrapponibile a quello conscio, necessari per la costruzione del Sé. Mario Trevi mette a punto una classificazione dei possibili significati attribuibili all'Ombra: 1. Ombra come luogo inferiore della personalità: parte non accettata, somma delle pulsioni rifiutate da parte dell'Io. L'ombra non si identifica con l'inconscio personale, ma lo comprende: è una parte della totalità della psiche, composta inscindibilmente da un lato oscuro conosciuto, l’ombra conscia, i cui contenuto sono soggetti a repressione e un lato oscuro sconosciuto, l’ombra inconscia che contiene i prodotti della rimozione. 2. Dimensione archetipica dell’ombra: come funzione o forma strutturante della psiche; una categoria del rapporto tra coscienza emergente e la sua matrice inconscia. L'Ombra esiste solamente in funzione di una luce e viceversa. L'Ombra è la forza che si contrappone alla persona, e sul piano dell'immaginario mediale è rappresentata dalla figura di protagonista alternativo, non necessariamente antagonista ma contrapponibile per struttura e capacità all'Eroe. 3. Ombra come immagine archetipica: rimanda alla capacità dell’immaginario di rielaborare costantemente la struttura dell’archetipo dell’ombra, in funzione di elementi di contesto Se il significato di parte inferiore della personalità punta all'esplorazione della molteplicità del negativo, che poi si struttura ed è strutturata in una unità complessa rappresentata dall'archetipo dell'Ombra; la possibilità di percezione e proiezione di tali aspetti nella vita quotidiana, da parte della società e degli individui, viene a essere assicurata, sotto forma di sogno, mito, narrazione, ma anche sperimentazione concreta, del lavoro di simbolizzazione riassunto nell’immagine archetipica dell’ombra. Il concetto di ombra, per quanto concerne il mito, la religione e la filosofia, può essere fatto coincidere con quello di Male. L’impostazione dualistica, che vede una netta antitesi tra un lato positivo e uno negativo, è propria del pensiero cristiano e sul piano teorico è adottata dal campo delle scienze umane. La parte negativa assume le caratteristiche di devianza e anormalità rispetto agli standard sociali approvati e costituisce un tratto peculiare delle forme di aggregazione comunitarie o societarie. Il comportamento deviante non rispetta certi valori e certe norme di un contesto culturale in funzione di valori e di norme alternativi. Se il controllo sociale è la pressione che la società esercita sugli individui per spingerli a conformarsi alle norme accettati, la devianza è il processo attraverso il quale gli individui sfuggono a questa pressione, sottolineando il bisogno antropologico dell'uomo di aggregarsi accettando norme condivise. IV.2.1 le dimensioni dell’ombra Lato oscuro dell’imaginario: le modalità di Ombra: Proiezione dell'Ombra Riguarda tutti gli aspetti della psiche non consciamente vissuti, che vengono proiettati su individui, cose e situazioni. Esempi di proiezioni dell'Ombra sono i fenomeni collettivi legati al razzismo, all'odio, alle fobie: quando si osservano in altri le nostre tendenze inconsce, si ha il fenomeno che si definisce "proiezione", che consiste nell'attribuzione di caratteristiche riconosciute come negative ad altri, diversi da noi, nell'individuazione di un capro espiatorio su cui dirigere sentimenti negativi. Il concetto di capro espiatorio risale alla tradizione giudaico-cristiana e l’esempio più famoso è stato il volontario sacrificio di Cristo che caricandosi dei peccati dell'umanità si immola per essa. Quindi il significato essenziale della figura del capro espiatorio consiste nella possibilità di attribuire una punizione ad un singolo, a difesa e salvaguardia della collettività. In letteratura è possibile individuare molti casi emblematici di capri espiatori: • Ciclo di Malaussène di Daniel Pennac: un anomalo capofamiglia di un'anomala famiglia, fa il capro espiatorio di professione. La rassegnazione, caratteristica essenziale di questo personaggio, costituisce l'unica possibile risposta alle numerose forme di aggressione subite, senza possibilità di reazione, fino al suo annullamento totale. • South Park: il piccolo Kenny finisce per morire tragicamente in ogni episodio, offrendo così la possibilità al resto della comunità di incanalare la propria rabbia contro qualcosa o qualcuno, che viene identificato come responsabile dell'omicidio. contaminazione che conduce alla riscoperta die generi, senza però provocare vere e proprie fusioni. In queste forme emergenti di narrazioni, cultura alta e bassa sono sempre meno distinguibili e i generi diventano meno riconoscibili. Il midcult si trasforma in ibridazione: cadono le barriere tra narrativa e cronaca, si oltrepassando le distinzioni di genere, si crea un genere adatto a trasmettere emozioni. • Gomorra di Saviano: si basa sull'innesto di elementi tratti dalla realtà e sul loro adattamento alle esigenze del racconto. Il processo per cui l cronaca nera diventa racconto, svela lo stretto legame che si è venuto a creare tra il processo di narrativizzazione e un processo parallelo di "noirizzazione", ovvero l’affermazione di temi e atmosfere mediati dal noir. Alcuni critici hanno visto in questa volontà di “tingere di nero” storie che precedentemente sarebbero rientrare nei canoni del giallo, un tentativo di nobilitazione di sottogeneri e produzioni paraletterarie, poiché l'etichetta dei noir è ritenuta più chic e cosmopolita. Il crescente interesse del pubblico nei confronti del noir può derivare da uno spirito del tempo pessimista, incerto, pauroso, in cui l'orizzonte del futuro è opaco. Gli eventi di cronaca presi dall'attualità e calati in un'atmosfera basata sul clamore e sull'emotività, sono trasformati sempre più spesso in vere e proprie fiction seriali che si protraggono nel tempo, attraverso formule narrative analoghe a quelle tipiche del giallo, delle crime story e del thriller. La possibilità di collocare l'ignoto, il crimine, il male quotidiano all'interno di strutture narrative definite e seriali, contribuisce a rendere più accettabile ciò che rientra nell'ordine del caos o del perturbante, riducendo nel tempo, anche la soglia della nostra sensibilità dell'orrore. I media mettono in scena la curiosità primordiale dell’uomo verso il lato oscuro presente in ogni essere umano e consentono di esplorare la proprio Ombra, attraverso dinamiche di proiezione ed identificazione, in figure ambivalenti dalla personalità complessa. Questa quotidianizzazione del male diffonde il pertubante in cui le piccole ossessioni, gli oggetti comuni, le solite paure si trasformano in elementi misteriosi, stranianti, che assumono contorni deformati e indefiniti. Caratteristiche: L'eroe è spesso un eroe-ombra, detective che non segue la razionalità o la logica ma l'istinto, grazie ad una affinità con l'animo dei criminali, poiché anch'esso è un soggetto borderline, sofferente, incoerente e con qualche vizio inconfessabile, appaiono in tutta la loro fragilità, feriti, spesso sconfitti dalla vita. L'ambientazione prediletta è quella dei bassifondi degradati e corrotti, popolati da piccoli criminali; sullo sfondo restano le vittime, i deboli, gli inetti, nascosti dalla cortina grigia che separa la luce dal buio. Il noir eredita la sua vena di cinismo e ruvidità dal genere hard-boyled: il crimine resta sullo sfondo o comunque è diffuso, poiché è la società stessa a essere pervasa dal male. Nel noir gli dèi sono morti, l'inferno è sulla terra: spesso non si raggiungono né gli obiettivi, né la verità. Non c'è consolazione né redenzione, lo scontro fra apollineo e dionisiaco, non consente di sciogliere il conflitto in una vittoria definitiva della luce sull'ombra, che continua a minacciare gli eroi. Non c’è fede nella verità, infatti il noir si fonda sul mistero, la cui mancata epifania lascia una sensazione di inquietudine e di smarrimento. Paragone giallo/noir: • Giallo: metafora della modernità, basato sull’enigma; è parte della luce, dell'ordine, del positivismo: è la parte di Apollo, • Noir: metafora della postmodernità, in cui non avviene una riduzione della complessità del reale; è la parte del caos, della frammentarietà, dell'anarchia eversiva e sovversiva che manda in frantumi la compattezza del progetto illuminista: è la parte di Dioniso. Il genere noir è stato definito un genere cannibale per la sua tendenza a fagocitare e a contaminare i prodotti culturali più diversi (dalla commedia all'infotainment). Il noir può essere descritto come una disposizione dell'animo umano, un mood percepibile, una sottile linea nera che unisce i generi, i prodotti, i paesi, gli apparati e i consumi dell'industria culturale, modellando sulle forme del tempo l'archetipo dell'Ombra. Sorlin definisce il noir un dato cromatico, come se il nero costituisse l'essenza stessa di un genere che ha fatto delle proprie atmosfere il tratto identificativo delle strutture narrative, delle tematiche trattate e dei personaggi delineati. Si richiama, più o meno consapevolmente, all'universo della psicanalisi, in particola: • A Freud: fino agli anni ’60, dal momento in cui il suo nucleo teorico si concentra sulle vicende dell'inconscio individuale, riflettendo lo spirito individualista della modernità. La concezione freudiana emerge in una rappresentazione del lato d'ombra dell'inconscio come aspetto del rimosso non integrato nell'Io, che torna a minacciare l'equilibrio di un individuo mettendo in scena le paure di ognuno di noi. • A Jung: dagli anni ’60 in poi, grazie al suo concentrarsi sull'inconscio collettivo, in sintonia con la filosofia della postmodernità. Il legame con la psicanalisi è ancora più evidente se si pensa che il noir nasce nell'America degli anni '40, un grande paese messo in ginocchio dal crollo della borsa e dalla guerra, caratterizzato da una società multirazziale in cui il conflitto tra l'individuo e la moltitudine dà vita a narrazioni basate sulla competizione interpersonale, in cui la legge del più forte tende a sostituirsi ai sentimenti di solidarietà. Il noir allude dunque alla "tragedia della modernità". Sottogeneri: • Pulp: nasce dall'unione di ironia corrosiva e trame noir ed è caratterizzato da violenza esplicita, verbosità dei dialoghi e basso spessore morale dei personaggi. Riprende, dalla commedia all'italiana degli anni ’60, il cinismo dichiarato e lo sguardo immorale sulla società dei consumi. • Commedia anni ’60: nuovi e vecchi mostri, in corsa scomposta all'inseguimento di uno sviluppo senza progresso, abitano strade di un paese sempre più impoverito nel proprio tessuto sociale, politico, geografico. Un universo disseminato da meschinità quotidiane, in cui la ricchezza adogni costo porta alla mutilazione e alla perdita di ruoli importanti, in cambio del soddisfacimento di valori bassi (Il boom e I mostri). Raccontano realtà estreme di personaggi deformati, cittadini di serie b, ai margini della modernizzazione rampante, che abitano le periferie suburbane in un clima di violenza, frustrazione e competizione. • Neo-noir: frutto della fusione di noir, grottesco e violenza; mette in scena situazioni estreme, metropoli disseminate di violenza, una interessante fusione tra cronaca nera e immaginario. I neo noir italiana sono inferni laici in cui nani e ballerine affollano i programmi d'intrattenimento per offrire i propri corpi in cambio di cinque minuti di celebrità. Nella società dell'apparire il mostro è colui che si mostra nella sua impossibilità di essere normale. IV.3.1 Romanzi criminali I confini del noir appaiono labili perché, oltre all’universalità dei temi trattati, nelle storie raccontate resta inafferrabile il conflitto tra tra bene e male, tra vincitori e sconfitti, una complessità che l'uomo moderno aveva cercato di eliminare e che l'uomo contemporaneo ha dovuto dolorosamente riscoprire. Questo meta- genere è al centro di sperimentazioni che, sfruttando le chances offerte dalle tecnologie comunicative, suggeriscono nuove possibilità realizzative e ulteriori estensioni verso altre forme narrative. Esempi: Luther Blissett, poi Wu Ming: nasce tra gli anni ‘80 e ‘90, come nome collettaneo dietro a cui si nascondono artisti, scrittori, performers uniti da un progetto comune, che origina dalla volontà di mettere in atto forme di resistenza culturale capaci di deviare il mainstream dominante dell'industria mediale, mediante la creazione di una narrazione collettiva al contempo epica ed etica. Le azioni di questo movimento sono atte a destabilizzare il sistema dei media attraverso la diffusione di messaggi in rete e la costruzione di un network che si propone di combattere la dimensione personalistica della scrittura e il ruolo dell'autore come identità chiusa, attraverso una critica attiva al concetto di copyright: da qui la decisione di rendere fruibile liberamente online l'intera produzione del gruppo. Portano avanti una guerriglia mediale che gli permette di entrare nell'industria mediale e al contempo starne fuori, per poterla criticare. L'evoluzione del progetto ha portato il gruppo a rinascere come Wu Ming, con l'obiettivo di promuovere una rinascita dell'epica: New Italian Epic. Infatti, mentre il romanzo moderno si configura come una forma di anti-epica, un racconto personale, solitario, frammentario; l'epica si fonda sulle narrazioni mitologiche, attraverso cui si tramandano la memoria e l'identità di una civiltà e la N.I.E. vuole fondere eventi reali e di finzione e restituire il passato attraverso una sensibilità moderna. Queste narrazioni mostrano sintonia con il noir. L'attitudine popular di queste opere, l'uso del dialetto come sperimentazione linguistica, l'uso dell'allegoria che decostruisce la realtà per ricostruirla secondo un nuovo assetto, le rende facilmente fruibili per i destinatari. Per Wu Ming la narrazione è uno strumento di lotta civile e politica. Negli ultimi anni sono numerose le opere che hanno deciso di uscire dall’intimismo per riportare alla luce ombre del passato: • Il teatro civile di Marco Paolini e Ascanio Celestini: un genere nato negli ultimi tempi che condivide con il progetto Wu Ming la ricerca di una nuova dimensione epica, la rilevanza del sentimento collettivo e della narrazione, mettendo in scena, attraverso una nuova oralità, temi di interesse nazionale, pagine della vita italiana tralasciate e oscure, storie spesso alternative a quelle ufficiali o che comunque, si propongono di fare luce su aspetti rimossi o negati. Elemento fondamentale, rispetto al rapporto autore/testo, è il dialogo tra le fonti: • Romanzo Criminale: l'elemento storico documentale si intreccia con le storie raccontate. La novità nel romanzo è nell'approccio che utilizza la cronaca nera come serbatoio di storie e personaggi, restituendo al lettore una narrazione epica contemporanea. La contaminazione rappresenta una certezza che impedisce di riconoscere i generi, gli stili, è un ambiente in cui ci muoviamo e che permea l'immaginario. Il successo di Saviano ne è l'emblema. Si fa fatica a trovare una definizione adatta per Gomorra, ricco di elementi transmediali: le atmosfere noir, lo sguardo epico, la costruzione di un nuovo patto tra lettore e autore, un immaginario universale che però si esprime attraverso le storie di persone reali. La flessibilità fa di questi testi delle opere aperte , che danno vita a forme narrative transmediali. Transmediale: la storia prosegue in modi ulteriori, si estende in altre piattaforme, una storia che sconfina, si evolve e prosegue con altri mezzi e linguaggi.
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