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Manuale di diritto amministrativo di Marcello Clarich, Sintesi del corso di Diritto Amministrativo

Riassunto del libro "Manuale di diritto amministrativo" di Marcello Clarich

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

In vendita dal 19/07/2023

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Scarica Manuale di diritto amministrativo di Marcello Clarich e più Sintesi del corso in PDF di Diritto Amministrativo solo su Docsity! ESAME DIRITTO AMMINISTRATIVO Capitolo 2: La funzione di regolazione e le fonti di diritto 1. Premessa La funzione regolatrice della PA ha assunto un ruolo crescente negli ultimi decenni in conseguenza della crisi della legge come fonte di disciplina dei rapporti giuridici. Adesso si parla di “amministrazione autoprogrammantesi”.  la legge pone i principi fondamentali della disciplina di una determinata materia e delega agli apparati amministrativi di stabilire le regole di dettaglio. La cosiddetta funzione regolatrice della PA include tutti gli strumenti formali e informali di condizionamento dell’attività dei privati. Essa attenuta il principio di separazione dei poteri perché la PA è regolatrice. Le PA sono viste come soggetto regolatore e soggetto regolato (sottoposte a un corpo di norme). Distinzione tra: a) “fonti sull’amministrazione”:  hanno come destinatari le PA, che diventano soggetti sottoposti ai principi dello Stato di diritto.  Disciplinano: l’organizzazione, le funzioni, i poteri e fungono da parametro per sindacare la legittimità dei provvedimenti.  Sono costituite, in base al principio di riserva di legge di cui all’art.97 Cost, da fonti normative di rango primario e da fonti normative di rango secondario (es. regolamenti governativi). b) “fonti dell’amministrazione”:  strumenti a disposizione delle PA sia per regolare i comportamenti dei privati, sia per disciplinare i propri apparati e il loro funzionamento.  Danno sostanza alla funzione di soggetto regolatore della PA.  Includono sia fonti normative (regolamenti, statuti), sia atti di regolazione aventi natura non normativa (atti amministrativi generali, direttive, circolari….) 2. La Costituzione La Costituzione del 1948:  è la fonte giuridica di rango più elevato  strumento con il quale la Corte Costituzionale esercita il sindacato sulle leggi e atti aventi forza di legge;  è rigida: per la revisione della Cost. e delle altre leggi costituzionali è previsto un procedimento di modifica aggravato art.138 Cost (approvazione da parte del parlamento con maggioranza qualificata).  è lunga: non definisce solo diritti e libertà dei cittadini, e assetto generale dello stato, ma individua anche i compiti dei quali lo Stato e la PA devono farsi carico nell’interesse della collettività (Stato sociale). Riguardo alla PA, la Costituzione non tratta nello specifico l’assetto della PA. Enuncia i principi essenziali in tema di:  organizzazione  art. 97 Cost: imparzialità e buon andamento  di raccordi tra politica e amministrazione  art. 95 Cost: pone il principio della strumentalità dell’amministrazione rispetto alla politica generale del governo e il principio della responsabilità politica dei ministri in relazione all’attività amministrativa.  di assetto della giustizia amministrativa (art.103, 113, 125). Il principio di legalità è dato per presupposto; la Cost enuncia: - Art. 5 Cost: principio autonomistico - Art.114 Cost: il livello di governo - Art.118 Cost: Principio di Sussidarietà - Art.81 Cost: pone il principio del Pareggio di Bilancio (rafforzato legge cost.1(2021). La Costituzione contiene una disciplina compiuta delle fonti del diritto soprattutto di rango primario. La riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione ad opera della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n.3 ha ridefinito i rapporti tra le fonti statali e regionali sulla base dei seguenti principi: a) Indipendenza competenze regionali (art.117, comma 1) b) L’attribuzione alle regioni di una competenza legislativa generale residuale, con indicazione delle materie attribuite alla competenza legislativa esclusiva e concorrente dello Stato (art.117, commi 2 e 3). 3. Gli atti di regolazione aventi natura non normativa Abbiamo detto che la funzione di regolazione delle PA si esplica anche attraverso atti aventi natura non normativa. I caratteri degli atti normativi sono quelli della generalità, dell’astrattezza e della novità, intesa quest’ultima come attitudine della norma a sostituire, modificare o integrare le norme preesistenti. Peraltro, nell’ambito del diritto amministrativo, la distinzione tra atti normativi e non normativi, riferita soprattutto ai cosiddetti atti amministrativi generali, ha poca rilevanza poiché il loro regime giuridico è in massima parte coincidente.  Infatti in teoria generale si ritiene che dalla qualificazione di un atto come normativo, si applica il principio jura novit curia, e pertanto sotto il profilo decisivo la parte privata è sottratta all’onere di allegazione e di prova delle norme applicabili al caso concreto, onere che vale soltanto per i fatti; è consentito il ricorso per Cassazione per “violazione o falsa applicazione di norme di diritto”. 4. Gli atti amministrativi generali Di regola i provvedimenti amministrativi hanno un contenuto concreto e si rivolgono a uno o più destinatari determinati. Dunque fissano autoritativamente il modo di essere di un rapporto giuridico tra pubblica amministrazione e privato in relazione alla specifica situazione di fatto. Tuttavia di frequente, la PA ha il potere di emanare atti amministrativi aventi contenuto generale che sono diretti alla cura di interessi pubblici. Essi possono svolgersi in un’attività organizzativa degli uffici pubblici. Essi si rivolgono in modo indifferenziato a categorie più o meno ampie di destinatari e a volte sono suscettibili di essere applicati a una ripetuta serie di casi e dunque hanno anche il carattere dell’astrattezza.  Il piano regolatore generale è approvato all’esito di un procedimento aperto alla partecipazione dei privati. Infatti, il piano viene adottato dal comune e pubblicato per 30 giorni per consentire agli interessati di prenderne visione e di presentare osservazioni. Viene sottoposto poi ad una nuova delibera del consiglio comunale.  Il piano adottato è soggetto all’approvazione della regione. Questa non solo lo legittima, ma può anche proporre modifiche per garantire la conformità al piano territoriale di coordinamento provinciale.  L’approvazione del piano regolatore viene annunciato nel Bollettino Ufficiale della regione.   Dunque, il piano regolatore si qualifica come atto complessivo che prevede il coinvolgimento del comune e della regione con poteri propri. La natura giuridica del piano regolatore  È controversa la natura giuridica del piano regolatore.  Si discute se abbia natura essenzialmente normativa (regolamentare), in modo da condizionare soltanto l’adozione dei piani attuativi, oppure di atto amministrativo generale tale da produrre effetti giuridici immediati in capo a destinatari ben individuati (i proprietari dei terreni soggetti ai vincoli).  Prevale in giurisprudenza la tesi della natura mista dei piani regolatori: o Da un lato dispongono in via generale ed astratta in ordine al governo ed all’utilizzazione dell’intero territorio comunale; o Dall’altro, contengono istruzioni, norme e prescrizioni di concreta definizione, destinazione e sistemazione di singole parti del comprensorio urbano.  occorre valutare caso per caso i contenuti del piano per verificare se esso leda in via immediata posizioni giuridiche di singoli proprietari e pertanto sia necessario impugnarlo (contestarlo) nel termine di 60 giorni; oppure se abbia una valenza soltanto programmatoria e che pertanto solo l’emanazione dei provvedimenti attuativi determini una lesione delle situazioni giuridiche soggettive tale da rendere necessaria la proposizione di un ricorso giurisdizionale. Gli effetti conformativi: In termini generali, la disciplina legislativa dei piani regolatori e dei piani attuativi ha natura principalmente procedimentale e rimette alle amministrazioni amplissimi spazi di discrezionalità. I piani producono una pluralità di effetti, tra cui: - Di disciplina del potere di pianificazione a cascata; - Di conformazione del territorio, in particolare in relazione alla suddivisione del medesimo in zone a diversa destinazione. Gli effetti conformativi possono sconfinare in effetti sostanzialmente espropriativi e ablatori nei casi in cui, come ha precisato la giurisprudenza costituzionale e civile, essi determino un vincolo particolare permanente incidente su beni determinati, facendo così sorgere il problema della indennizzabilità. 7. c) Le ordinanze contingibili e urgenti Gli Stati devono dotarsi di strumenti per far fronte a situazioni di emergenza imprevedibili che possono mettere a rischio interessi fondamentali della comunità, ma che non si prestano a essere classificate e disciplinate ex ante in modo puntuale a livello di fonti primarie. Con l’avvento della Costituzione il potere di emanare decreti legge (art.77 Cost) contenenti disposizioni di rango primario venne assorbito in gran parte dal potere attribuito al governo, nei casi straordinari di necessità e urgenza. A livello sub-costituzionale, numerose disposizioni di legge attribuiscono ad autorità amministrative il potere di emanare ordinanze contingibili e urgenti (nei settori dell’ordine pubblico, sanità, ambiente…) delle quali è discussa la natura amministrativa o normativa. Tipologie di ordinanze: il potere del prefetto “nel caso di urgenza o per grave necessità pubblica di adottare i provvedimenti indispensabili per la tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza pubblica.” (testo unico delle leggi di pubblica sicurezza) Il sindaco può adottare “provvedimenti urgenti al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano la sicurezza urbana” (testo unico degli enti locali). Può adottarli anche in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica in ambito locale. Un potere di ordinanza è previsto anche in materia di protezione civile. o In casi straordinari il Consiglio dei ministri può deliberare lo stato di emergenza fissandone la durata e l’estensione territoriale disponendo anche in ordine all’esercizio del potere di ordinanza. o Il potere di ordinanza è esercitato entro 30 giorni dal capo del dipartimento della Protezione civile. o Le ordinanze sono immediatamente efficaci e vengono attuate a cura del capo del dipartimento della Protezione civile. Le leggi attributive dei poteri di ordinanza si limitano di solito a individuare l’autorità amministrativa competente ad adottarli, a descrivere in termini generali il presupposto che ne legittima l’emanazione e a specificare il fine pubblico da perseguire. Tuttavia, non indicano il contenuto del potere e i destinatari del provvedimento. o L’autorità competente è dunque titolare di un’ampia discrezionalità poiché essa individua le misure specifiche da adottare. o Le ordinanze in questione operano in definitiva una deroga al principio della tipicità degli atti amministrativi, in base al quale la norma attributiva del potere deve definire in modo sufficientemente preciso presupposto e contenuti, e sollevano un problema di compatibilità con il principio di legalità inteso in senso sostanziale. I limiti costituzionali dei poteri di ordinanza:  è controverso se ed entro quali limiti i poteri di ordinanza devono rispettare le leggi vigenti. La giurisprudenza anche costituzionale ha chiarito con la sentenza 2 luglio 1956, n.8 che le ordinanze non possono essere emanate in contrasto con i principi generali dell’ordinamento giuridico e con i principi fondamentali della Costituzione. Inoltre devono avere un’efficacia limitata nel tempo e devono essere motivate e adeguatamente pubblicizzate.  Un limite interno: principio di proporzionalità  il contenuto delle ordinanze deve essere calibrato in funzione dell’emergenza specifica. Da qui deriva anche il carattere temporaneo e provvisorio delle misure introdotte.  Il potere di ordinanza ha un carattere residuale, nel senso che non può essere esercitato nel caso in cui vi sono già dei poteri previsti dalle norme vigenti che sono idonei a fronteggiare quel tipo di situazione. Qualificazione giuridica:  le ordinanze hanno di regola natura NON normativa anche quando si rivolgono a categorie più o meno ampie di destinatari.  Essi si riferiscono infatti ad accadimenti specifici e dunque hanno un carattere concreto e un’efficacia temporalmente circoscritta.  Tuttavia, nei casi in cui la situazione di emergenza tenda a protrarsi, le ordinanze acquistano inevitabilmente anche un carattere di astrattezza e perdono quello della temporalità (es. le ordinanze emanate da sindaci in materia di sicurezza o decoro urbano: esse finiscono per assumere caratteristiche simili ai regolamenti comunali, intesi come atti normativi in senso proprio di rango sub-legislativo). L’urgenza come presupposto di atti amministrativi: Le ordinanze urgenti vanno distinte da altri atti amministrativi che hanno come presupposto l’urgenza, ma il cui contenuto e i cui effetti sono predefiniti in tutto e per tutto dalla norma attributiva del potere (gli atti necessitati).  Es: nel caso in cui i lavori relativi alla costruzione di un’opera pubblica siano dichiarati urgenti, l’autorità competente può disporre l’occupazione d’urgenza dei terreni interessati prima ancora che si sia concluso il procedimento di espropriazione.  In materia di contratti pubblici, l’urgenza può consentire una deroga al ricorso a procedure a evidenza pubblica e legittimare dunque la trattativa diretta con un solo fornitore. In altri casi, l’urgenza può giustificare l’emanazione di un atto da parte di un organo diverso da quello competente in via ordinaria che poi provvede alla ratifica. 8. d) Le direttive e gli atti di indirizzo Le direttive amministrative sono espressione della funzione di indirizzo politico- amministrativo.  Il contenuto delle direttive: non è costituito da prescrizioni puntuali e vincolanti in modo assoluto (come accade nel caso delle fonti primarie e secondarie), ma è limitato all’indicazione di fini e obiettivi da raggiungere, criteri di massima e mezzi per raggiungere i fini (quindi lasciano ai loro destinatari spazi di valutazione e decisione estesi). Si distinguono 2 tipi di Direttive: 1) Le Direttive interorganiche.  Le relazioni interorganiche sono quelle che intercorrono fra gli organi di uno stesso ente  Nel contesto dei rapporti inter-organici le direttive sono uno strumento attraverso il quale l’organo sovraordinato orienta l’attività dell’organo o degli organi sottordinati. a) Laddove il rapporto inteorganico ha un carattere completamente gerarchico (ministero dell’Interno nei confronti dei prefetti) la direttiva può essere utilizzata in luogo dell’atto che è più caratteristico di questo tipo di relazione e cioè l’ordine gerarchico che ha un contenuto puntuale ed è riferito ad una situazione concreta. b) Laddove invece l’organo sottordinato ha una competenza autonoma, e dunque il rapporto non è completamente gerarchico, la direttiva acquista contorni più tipici e connota un rapporto organico, definito come rapporto di direzione. Esempio di direttiva interorganica:  Il rapporto di direzione che intercorre tra ministro e dirigenti generali in base al principio della distinzione tra indirizzo politico-amministrativo e attività di gestione (d.lgs 165/2001). 2) Il potere, il provvedimento, il procedimento L’attività amministrativa può esprimersi, oltre che in comportamenti, nell’adozione di atti o provvedimenti amministrativi che sono la manifestazione concreta dei poteri amministrativi attribuiti dalla legge a un apparato pubblico.  Il potere:  I poteri amministrativi conferiscono agli apparati che ne assumono la titolarità una capacità giuridica speciale di diritto pubblico che si esprime nella possibilità di produrre, con una manifestazione di volontà unilaterale, effetti giuridici nella sfera dei destinatari. Dunque, il potere amministrativo pone il suo titolare, l’apparato, in una posizione di sovra-ordinazione rispetto al soggetto nella cui sfera giuridica ricadono gli effetti giuridici prodotti in seguito al suo esercizio.  Distinzione tra potere in astratto e potere in concreto. La legge definisce gli elementi costitutivi di ciascun potere (potere in astratto). Ove l’amministrazione agisca in mancanza di una norma attributiva del potere, si configura un difetto assoluto di attribuzione che determina la nullità del provvedimento.  Ogni volta che si verifica una situazione di fatto conforme alla fattispecie tipizzata nella norma di conferimento del potere, l’amministrazione è legittimata a esercitare il potere per la cura dell’interesse pubblico. Inoltre l’amministrazione è tenuta ad avviare un procedimento che si conclude con l’emanazione di un atto o provvedimento che incide nella sfera giuridica del soggetto destinatario.  L’atto e il provvedimento :  Nell’ordinamento italiano manca una definizione di atto o provvedimento amministrativo. Alcune indicazioni si possono ricavare dalla Costituzione e da alcune leggi generali.  L’art.113 Cost, stabilisce che “contro gli atti della PA è sempre ammessa la tutela giurisdizionale”; la legge determina quali organi giurisdizionali abbiano il potere di annullare gli atti della PA.  La nozione di atto amministrativo emerse alla fine del XIX secolo quando venne istituito in Italia un giudice speciale, distinto da quello ordinario. La IV Sezione del Consiglio di Stato definiva le condizioni minime per poter accedere alla tutela giurisdizionale amministrativa (impugnabilità dell’atto amministrativo): doveva trattarsi di un atto emanato da una PA, ritenuto illegittimo (per incompetenza, eccesso di potere o violazione di legge), che fosse lesivo di una situazione giuridica soggettiva del privato (interesse legittimo).  Altre disposizioni legislative rilevanti si ritrovano nella l.241/1990, integrata poi dalla legge 15/2005, che pone una disciplina generale del procedimento amministrativo e dell’atto amm. o L’art.1, comma 1-bis della legge stabilisce che la PA agisce di regola secondo le norme del diritto privato “nell’adozione di atti di natura non autoritativa”. Questi vanno dunque distinti dagli atti aventi natura autoritativa, per i quali invece vale il regime pubblicistico proprio degli atti amministrativi. o L’art.3 della legge stabilisce che ogni provvedimento amministrativo deve essere motivato. o L’art.7 prevede che l’avvio del procedimento deve essere comunicato ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti. o L’art. 2, comma 1, pone in capo all’amministrazione il dovere di concludere il procedimento mediante l’adozione di un provvedimento espresso.  queste disposizioni richiamano una caratteristica dei provvedimenti: l’imperatività intesa come attitudine a determinate in modo unilaterale la produzione degli effetti giuridici nei confronti di terzi.  Atto amministrativo = ogni dichiarazione di volontà, di conoscenza, di giudizio, compiuta da un soggetto della PA nell’esercizio di un potere amministrativo. Es: atti endoprocedimentali come i pareri, le valutazioni tecniche, le proposte…  Provvedimento amministrativo = la subcategoria più importante degli atti. È una manifestazione di volontà, espressa dall’amministrazione titolare del potere all’esito di un procedimento, volta alla cura di un concreto interesse pubblico e volta a produrre in modo unilaterale effetti giuridici nei rapporti esterni con i soggetti destinatari del provvedimento (es: decreto di espropriazione, un’autorizzazione, una sanzione amministrativa).  Il procedimento  La l.241/1990 richiama in numerose diposizioni la nozione di procedimento amministrativo.  L’esercizio del potere amministrativo avviene secondo il modulo del procedimento, cioè attraverso una sequenza, individuata anch’essa dalla legge, di operazioni e di atti strumentali all’emanazione di un provvedimento amm. produttivo degli effetti giuridici tipici nei rapporti esterni.  Funzioni del procedimento: garanzia dei privati e della loro partecipazione all’esercizio del potere attraverso presentazione di memorie/documenti, coordinamento tra apparati, consentire all’amministrazione di acquisire informazioni utili ai fini dell’adozione del provvedimento. 3) Il rapporto giuridico amministrativo = è il rapporto che c’è tra la PA che esercita un potere e il soggetto privato titolare di un interesse legittimo. I rapporti giuridici interprivati vengono ricostruiti partendo dalla coppia diritto soggettivo-obbligo, dei quali sono titolari rispettivamente il soggetto attivo e passivo del rapporto. o Il diritto soggettivo consiste in un potere di agire per soddisfare un proprio interesse. o Alla titolarità del diritto soggettivo corrisponde, in capo al soggetto passivo del rapporto giuridico, a seconda dei casi: un potere generico e negativo di astensione, cioè di non interferire o turbare l’esercizio del diritto; oppure un vero e proprio obbligo giuridico, cioè il dovere specifico e positivo di porre in essere un determinato comportamento o attività (prestazione) a favore del titolare del diritto, cui corrisponde dal lato del soggetto attivo una pretesa, cioè il potere di esigere la prestazione.  Il rapporto amministrativo invece è caratterizzato dalla sussistenza di una relazione non paritaria tra la PA che esercita il potere e il titolare dell’interesse legittimo: - abbiamo la potestà, una situazione giuridica soggettiva attiva, che, a differenza di quanto accade per il diritto soggettivo, è attribuita al singolo soggetto per il soddisfacimento, anziché di un interesse proprio, di un interesse altrui. - Una particolare categoria di diritti soggettivi è costituita dal diritto potestativo, che consiste nel potere di produrre un effetto giuridico con una propria manifestazione unilaterale di volontà. Tra i casi più tipici di diritto potestativo ci sono il diritto di prelazione, il diritto di recesso, la revoca del mandato, il diritto di chiedere la comunione forzosa di un muro di confine.  La produzione degli effetti giuridici segue usualmente lo schema norma-fatto-effetto giuridico. La norma individua gli elementi della fattispecie e l’effetto giuridico che ad essa si ricollega, ponendo direttamente essa stessa la disciplina degli interessi in conflitto in relazione a un determinato bene. Tutte le volte che nella vita economica e sociale si verifica un fatto concreto che è riconducibile nella fattispecie normativa si produce, in modo automatico un effetto giuridico. Le specificità del potere amministrativo:  Da un lato, il potere amministrativo invece, trova fondamento diretto nella legge, cioè nella norma di conferimento del potere, piuttosto che nel consenso di colui nella cui sfera giuridica si produce l’effetto, e senza che sussista un rapporto giuridico preesistente tra il soggetto privato e la PA. o Es: potere di espropriazione o potere di rilasciare una concessione  casi in cui un primo contatto con l’amministrazione si instaura con la comunicazione di avvio del procedimento o con la presentazione dell’istanza.  Dall’altro lato, il potere conferito dalla legge alla PA non è sempre integralmente vincolato. Infatti, all’amministrazioni sono attribuiti margini ampi di valutazione discrezionale che possono determinare una modulazione del contenuto e degli effetti del provvedimento emanato. 4) La norma attributiva del potere Le norme che si riferiscono alla PA sono di 2 tipi: a) Norme di azione: disciplinano il potere amministrativo nell’interesse esclusivo della PA; hanno come scopo assicurare che l’emanazione degli atti sia conforme a parametri predeterminati e non hanno una funzione di protezione dell’interesse dei soggetti privati. b) Norme di relazione: sono volte a regolare i rapporti intercorrenti tra l’amministrazione e i soggetti privati, a garanzia anche di questi ultimi, definendo direttamente l’assetto degli interessi e dirimendo i conflitti insorgenti tra cittadino e PA. Questa suddivisione delle norme appare ormai datata. Appare dunque preferibile utilizzare la formula più generica di norma attributiva del potere.  In attuazione del principio di legalità la norma attributiva del potere individua gli elementi caratterizzanti il particolare potere (potere in astratto) attribuito a un apparato pubblico: 1. Il Soggetto competente: ogni potere amministrativo deve essere attribuito in modo specifico dalla norma alla titolarità di un soggetto. L’atto emanato da un soggetto diverso da quello previsto è affetto da vizio di incompetenza. 2. Il fine pubblico: il perseguimento da parte del provvedimento emanato di un fine pubblico diverso da quello previsto dalla norma configura un vizio di eccesso di potere per sviamento. 3. I presupposti e i requisiti sostanziali in presenza dei quali il potere sorge e viene esercitato. Il responsabile del procedimento valuta a fini istruttori le condizioni di ammissibilità, i requisiti di legittimazione ed i presupposti che siano rilevanti per l’emanazione del provvedimento. Il potere può essere vincolato o discrezionale: - In relazione ai poteri vincolati, l’amministrazione ha solamente il compito di verificare se nella fattispecie concreta siano rinvenibili tutti gli elementi indicati in modo univoco ed esaustivo dalla norma attributiva e di emanare il provvedimento che produce gli effetti predeterminati dalla norma. - In relazione ai poteri discrezionali, questi rimettono al soggetto titolare del potere spazi molto ampi di apprezzamento, di valutazione delle fattispecie concrete e di determinazione = E' la situazione riconosciuta ad un soggetto da una norma con cui vengono conferite determinate facoltà in ordine ad un bene tutelato dalla legge. Fra tali facoltà vanno annoverate: facoltà di godimento, facoltà di pretesa, facoltà di disposizione, facoltà di scelta. Interesse legittimo = può essere definito come la pretesa alla legittimità dell’atto amministrativo, che viene riconosciuta a quel soggetto che si trovi rispetto all’esercizio di un potere della pubblica amministrazione in una particolare posizione legittimante, che è costituita dalla necessità di dare tutela ad un bene della vita; - ad esempio: il richiedente di un permesso di costruzione, sebbene non vanti un diritto perfetto al rilascio di tale atto, ha pur sempre la pretesa che l’Amministrazione proceda in modo legittimo alla valutazione della sua domanda. Tale istituto rappresenta l’unico strumento mediante il quale gli interessi del privato sono protetti dal potere amministrativo, rappresentando, quindi, la situazione giuridica soggettiva che “dialoga” con il potere, che si traduce nella pretesa che la p.a. eserciti legittimamente i propri poteri in relazione alla concreta situazione giuridica del privato. Dell’interesse legittimo parlano espressamente tre disposizioni della Costituzione: - l’art. 24, che garantisce loro la stessa tutela giurisdizionale concessa ai diritti soggettivi; - l’art. 103, che ne fa l’oggetto principale della giurisdizione del giudice amministrativo; - l’art. 113, il quale ribadisce che la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi è “sempre” ammessa “contro gli atti della pubblica amministrazione”. La nascita della nozione di interesse legittimo - legge n.2248/1865 di abolizione del contenzioso amministrativo, che attribuì al giudice civile la giurisdizione in tutte le controversie tra il privato e la PA nelle quasi si facesse questione di un diritto soggettivo. Tuttavia, non vi era una vera tutela del privato di fronte a numerosi casi di illegittimità e abusi da parte dell’amministrazione. - Legge 1889 istituisce la IV Sezione del Consiglio di Stato: introduce un nuovo rimedio per tutelare tutte le situazioni non qualificabili come diritto soggettivo. La IV Sezione venne dunque investita del potere di decidere sui ricorsi contro gli atti o provvedimenti illegittimi aventi per oggetto un “interesse d’individui o di enti morali giuridici”. Le ricostruzioni più recenti dell’interesse legittimo  La connotazione sostanziale dell’interesse legittimo  Si è iniziato ad attribuire all’interesse legittimo una connotazione sostanziale, sottolineando che l’interesse protetto è comunque un interesse materiale.  Per il superamento della concezione tradizionale dell’interesse legittimo è stata determinante l’apertura alla risarcibilità del danno da lesione di interesse legittimo, operata con la sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione n.500/1999. - La Corte ha posto una linea di confine della risarcibilità all’interno dell’interesse legittimo in ragione della rilevabilità di una lesione a un bene della vita già ascrivibile in qualche modo alla sfera giuridica del soggetto privato titolare dell’interesse legittimo. - La connotazione sostanziale dell’interesse legittimo emerge anche nel modo nel quale la giurisprudenza ha inquadrato la tutela risarcitoria dell’interesse legittimo devoluta ora alla giurisdizione del giudice amministrativo. - In definitiva, nella ricostruzione dell’interesse legittimo il punto centrale si sposta dal collegamento con l’interesse pubblico a quello con l’utilità finale o “bene della vita” che il soggetto titolare dell’interesse legittimo mira a conservare o ad acquisire.  Tutela dell’interesse pubblico e tutela del bene della vita  Si può affermare che la norma di conferimento del potere abbia il duplice scopo di tutelare l’interesse pubblico e di tutelare l’interesse del privato (che mira a conservare o ad acquisire una utilità finale o bene della vita).  Nella dinamica del rapporto giuridico-amministrativo, da un lato, l’amministrazione titolare del potere cura in via primarie l’interesse pubblico; dall’altro, il titolare dell’interesse legittimo mira esclusivamente al proprio interesse individuale.  La definizione dell’interesse legittimo  L’interesse legittimo è una situazione giuridica soggettiva, correlata al potere della PA e tutelata in modo diretto dalla norma di conferimento del potere, che attribuisce al suo titolare una serie di poteri e facoltà volti a influire sull’esercizio del potere medesimo allo scopo di conservare o acquisire un bene della vita.  I poteri e le facoltà in questione si esplicano principalmente all’interno del procedimento attraverso l’istituto della partecipazione. Questa consente al privato di rappresentare il proprio punto di vista presentando memorie e documenti mediante l’accesso agli atti del procedimento.  La dimensione attiva dell’interesse legittimo  L’interesse legittimo acquista così una dimensione attiva.  Ad essa corrispondono in capo all’amministrazione una serie di doveri comportamentali nella fase procedimentale e nella fase decisionale (buona fede, imparzialità, proporzionalità…) che sono finalizzati anche alla tutela dell’interesse del soggetto privato.  In ogni caso il titolare dell’interesse legittimo fa valere nei confronti dell’amministrazione una pretesa a che il potere sia esercitato in modo legittimo e in senso conforme all’interesse sostanziale del privato alla conservazione o all’acquisizione di un bene della vita. In definitiva, l’interesse legittimo presenta sia una dimensione passiva (soggezione rispetto al potere esercitato), sia una dimensione attiva (pretesa a un esercizio corretto del potere alla quale corrispondono una serie di poteri e facoltà nei confronti dell’amministrazione da far valere nel procedimento o anche in sede giurisdizionale). 7) Gli interessi legittimi oppositivi e pretensivi Sotto il profilo funzionale gli interessi legittimi possono essere suddivisi in due categorie: Interessi legittimi oppositivi Interessi legittimi pretensivi Definizione = sono correlati a poteri amministrativi il cui esercizio determina la produzione di un effetto giuridico che incide negativamente e che restringe la sfera giuridica del destinatario, sacrificando l’interesse di quest’ultimo. = sono correlati ai poteri amministrativi il cui esercizio determina la produzione di un effetto giuridico che incide positivamente e che amplia la sfera giuridica del destinatario, dando soddisfazione all’interesse di quest’ultimo  Nei casi in cui il privato miri a impedire provv. amm. che ledono le proprie situazioni soggettive. Nei casi in cui il privato vuole conseguire uno specifico provv. amm. e le utilità sostanziali ad esso connesse. Rapporto giuridico amministrativo Il rapporto che si sviluppa nel procedimento ha una dinamica di contrapposizione: il suo titolare cerca di intraprendere tutte le iniziative volte a contrastare l’esercizio del potere che sacrifica un bene della vita. Il rapporto ha una dinamica più collaborativa: il titolare dell’interesse legittimo pretensivo cerca di porre in essere tutte le attività volte a stimolare l’esercizio del potere e a orientare la scelta dell’amm. in modo tale da poter conseguire il bene della vita. Struttura del procedimento Il procedimento si apre usualmente d’ufficio e la comunicazione di avvio del procedimento instaura il rapporto giuridico amminsitrativo Il procedimento si apre in seguito alla presentazione di un’istanza di parte che fa sorgere l’obbligo di procedere e di provvedere in capo all’amministrazione titolare del potere. Tutela Il bisogno di tutela è legato all’interesse alla conservazione del bene della vita. L’annullamento dell’atto impugnato soddisfa tale bisogno. Il bisogno di tutela è legato all’interesse all’acquisizione del bene della vita. Soltanto una sentenza che accerti la spettanza del bene della vita e che condanni l’amministrazione a emanare il provv. richiesto risulta soddisfatto. Tutela risarcitoria Essa riguarda i danni derivanti dalla privazione del bene della vita nel caso in cui il provv. illegittimo abbia trovato esecuzione. Essa riguarda i danni conseguenti alla mancata o ritardata acquisizione del bene della vita nel caso in cui sia stato emanato un provvedimento di diniego o l’amministrazione sia rimasta inerte. - Es: se per effetto di un diniego illegittimo di un’autorizzazione un’impresa non ha potuto intraprendere un’attività economica deve essere risarcito il mancato guadagno. Esempi Potere di espropriazione, irrogazione di una sanzione amministrativa. Potere di rilasciare una concessione per l’uso di un bene demaniale o un’autorizzazione per l’avvio di un’attività economica. 8) I criteri di distinzione tra diritti soggettivi e interessi legittimi La dottrina e la giurisprudenza, specie quella delle Sezioni Unite della Corte di cassazione, hanno individuato alcuni criteri interpretativi: 1. Un primo criterio si incentra sulla struttura della norma attributiva del potere. Distinzione tra  Norma di relazione: regola il rapporto giuridico tra PA e cittadino delimitando le rispettive sfere giuridiche e alla quale è correlato il diritto soggettivo. o in questi casi, l’eventuale atto dell’amministrazione ha un carattere meramente ricognitivo (schema norma-fatto-effetto), anziché costitutivo. o Il comportamento assunto in violazione della norma di relazione va qualificato come illecito e lesivo del diritto soggettivo (giudice ordinario accerta l’illeceità). o Es: nell’ambito dei rapporti di impiego nella PA, l’amministrazione riconosce al dipendente un’indennità attribuito direttamente da una norma di rango legislativo.  Norma di d’azione: disciplina l’attività dell’amministrazione ai fini di tutela dell’interesse pubblico e alla quale è correlato l’interesse legittimo.  Il principio fondamentale che guida le funzioni è il principio di sussidiarietà, presente nei Trattati europei, e poi con la legge costituzionale n. 3/2001, nella Costituzione.  L’art. 5 TUE enuncia il principio di sussidiarietà facendo riferimento ai rapporti tra Stati membri e istituzioni dell’Unione. Dichiara che l’Unione europea agisce solamente nei limiti delle competenze assegnate e che gli Stati membri sono titolari della generalità delle competenze rimanenti.  L’art. 5 cita anche il principio di proporzionalità in base al quale il contenuto e la forma dell’azione dell’Unione non devono andare oltre per il conseguimento degli obiettivi dei Trattati (comma 4).  Nel diritto interno, l’art. 118 Cost. cita i principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza e prevede che la generalità delle funzioni sia attribuita al livello di governo più vicino al cittadino e cioè il comune. Le funzioni amministrative vanno attribuite tra gli enti locali territoriali in base alla grandezza degli interessi (locale, regionale o nazionale).  sussidiarietà verticale.  I principi dell’art. 118 vengono svolti nelle singole materie di legislazione amministrativa nel d.lgs. 31 marzo 1998 n. 112. Il decreto legislativo è stato emanato sulla base della legge di delega 15 marzo 1997, n. 59. Essa definisce meglio il principio di adeguatezza, che si riferisce “all’idoneità organizzativa dell’amministrazione ricevente”, e il principio di differenziazione, che tiene conto “delle diverse caratteristiche, anche associative, demografiche, territoriali e strutturali degli enti riceventi” (art. 4, comma 3, lett. g) e h)).  Oltre alla sussidiarietà cosiddetta verticale, la Costituzione prevede anche la sussidiarietà cosiddetta orizzontale che riguarda i rapporti tra poteri pubblici e società civile. Infatti, l’art. 118, comma 4, stabilisce che lo Stato e gli enti territoriali “favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli, e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”.  I principi sull’attività :  Considerando i principi che guidano l’attività amministrativa, si fa riferimento all’art. 1 l. n. 241/1990: “l’attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, efficacia e imparzialità, di pubblicità e trasparenza”.  È stata di recente elaborata la nozione di “amministrazione di risultato” che si collega al principio del buon andamento di cui all’art. 97 Cost. Si tratta di una nozione che mette in luce come sia cresciuta l’attenzione nella fase evolutiva dell’ordinamento nei confronti dell’efficienza, efficacia ed economicità dell’azione amministrativa.  Il principio di efficienza, richiamato dall’art. 1 l. n. 241/1990 attraverso il riferimento all’economicità, mette in rapporto la quantità di risorse impiegate con il risultato dell’azione amministrativa e mette in risalto l’uso ottimale dei fattori produttivi.  Invece il principio di efficacia misura i risultati effettivamente ottenuti rispetto agli obiettivi prefissati in un piano o un programma.  I due principi operano in modo indipendente, perché ci può essere anche il caso di un elevato livello di efficacia, però raggiunto con un impiego inefficiente delle risorse.  Il principio di pubblicità e trasparenza è enunciato a livello europeo. (TFUE). Si riferiscono a due ambiti: 1) la PA è tenuta a mettere a disposizione degli interessati un’ampia serie di informazioni, attraverso pubblicazioni; 2) diritto di accesso ai documenti amministrativi.  I principi sull’esercizio del potere discrezionale : Fanno parte di questo gruppo: il principio di imparzialità, di proporzionalità, di ragionevolezza, di tutela del legittimo affidamento, di precauzione. a) Il principio di imparzialità è citato dall’art. 97 Cost. e dall’art. 41 della Carta dei diritti fondamentali Ue. Esso consiste essenzialmente nel “divieto di favoritismi” o, con il linguaggio dell’Ue, nel divieto di discriminazione: l’amministrazione non può essere influenzata nelle sue decisioni da interessi politici di parte, di gruppi di pressione privati (lobby), o di singoli individui o imprese. Il principio di imparzialità è posto a garanzia della par condicio e dell’uguaglianza dei cittadini di fronte all’amministrazione. b) Un secondo principio che guida l’esercizio della discrezionalità è il principio di proporzionalità, il quale ha particolare importanza nel caso di poteri che influiscono negativamente nella sfera giuridica del destinatario (sanzioni, imposizioni di obblighi, ecc.), richiede che l’amministrazione dia un giudizio, mentre opera, guidato da tre criteri: idoneità, necessarietà e adeguatezza della misura prescelta. - L’idoneità mette in relazione il mezzo adoperato con l’obiettivo da perseguire. - La necessarietà mette a confronto le misure ritenute idonee e fa si che ci sia il minor sacrificio degli interessi incisi dal provvedimento. - L’adeguatezza consiste nella valutazione della scelta finale in termini di tollerabilità della restrizione o incisione nella sfera giuridica del destinatario del provvedimento. c) Il principio di ragionevolezza è legato al fatto che in base alla teoria delle scelte razionali, anche la PA va considerata come un agente in grado di raggiungere determinati obiettivi tramite azoni logiche, coerenti e ad essi funzionali. Questo principio ha importanza nell’ambito del sindacato di legittimità dei provvedimenti amministrativi se c’è eccesso di potere. d) Il principio del legittimo affidamento serve a tutelare le aspettative ingenerate dalla pubblica amministrazione con un proprio atto o comportamento. Esso interviene a proposito del potere di annullamento d’ufficio del provvedimento illegittimo, per il cui esercizio è richiesta all’amministrazione una valutazione degli interessi dei destinatari del provvedimento e una considerazione del tempo ormai trascorso (art. 21-nonies l. n. 241/1990). e) Il principio della certezza del diritto garantisce un quadro giuridico stabile e chiaro, essenziale in un’economia di mercato fondata sul calcolo razionale. Questo principio ha come destinatario il legislatore. f) Il principio di precauzione , riconosciuto in materia ambientale nel TFUE (art. 191, comma 2) e applicabile nei campi di azione che riguardano interessi pubblici come la salute e la sicurezza dei consumatori, comporta che, quando ci sono incertezze a livello di rischi per la salute delle persone, le autorità competenti possono adottare misure protettive senza dover attendere che sia dimostrata in modo compiuto la realtà e la gravità di tali rischi.  I principi sul provvedimento : I principi che si riferiscono al provvedimento amministrativo sono il principio di motivazione e il principio di sindacabilità degli atti.  Il principio di motivazione si ricava dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Ue dove stabilisce “l’obbligo per l’amministrazione di motivare le proprie decisioni” (art. 41, comma 2) e dalla l. n. 241/1990 (art.3).  Il principio di sindacabilità degli atti amministrativi è stabilito dagli artt. 24 e 113 Cost.: gli atti amministrativi che ledono i diritti soggettivi e gli interessi legittimi sono sempre assoggettati al controllo giurisdizionale del giudice ordinario o del giudice amministrativo.  I principi sul procedimento : I principi relativi al procedimento amministrativo sono:  il principio del contraddittorio: non trova un fondamento diretto nella Cost. ma è richiamato nella Carta dei diritti fondamentali dell’UE e stabilisce che ogni individuo ha diritto “di essere ascoltato prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che gli rechi pregiudizio” (art. 41, comma 2) ed è sviluppato nella l. n. 241/1990, che disciplina la partecipazione al procedimento amministrativo (artt. 7 ss.).  il principio di certezza dei tempi dell’agire amministrativo: la l.241 individua per ciascun tipo di procedimento un termine massimo entro il quale l’amministrazione deve emanare il provvedimento finale.  il principio di efficienza: la l.241 richiama il principio di efficienza.  il principio di correttezza e buona fede : la giurisprudenza amministrativa ha valorizzato questi principi applicandoli a tutti i procedimenti amministrativi. Entrambi le parti del rapporto giuridico amministrativo sono tenute al rispetto del principio in questione. Capitolo 4: Il Provvedimento Definizione by Studio Cataldi: Per provvedimento amministrativo si intende quell’atto consistente in una manifestazione di volontà adottata dall’amministrazione per la cura di un concreto interesse pubblico e diretta a produrre in maniera unilaterale effetti giuridici nei rapporti esterni con i destinatari. L’emanazione di un provvedimento è preceduta da una serie di atti e attività che confluiscono nel procedimento amministrativo. 1) Premessa: Abbiamo definito il provvedimento amministrativo come la manifestazione di volontà dell’amministrazione tesa a produrre in modo unilaterale effetti giuridici nei confronti del soggetto destinatario. Esempi di provvedimenti:  Per realizzare un’infrastruttura pubblica (nuova tratta ferroviaria o autostradale), l’acquisizione dei terreni potrebbe certamente avvenire tramite contratti di compravendita. Ma in mancanza del consenso dei proprietari lo Stato ha a disposizione lo strumento coattivo dell’espropriazione per pubblica utilità.  In materia ambientale, lo Stato potrebbe avviare una campagna di sensibilizzazione o erogare contributi economici alle imprese meno inquinanti. Ma di regola sono più efficaci misure prescrittive (limiti max delle emissioni inquinanti), strumenti di controllo preventivo e repressivi (sanzioni pecuniarie).  Poiché è improbabile che i proprietari dei terreni di un comune possano raggiungere un accordo per edificare il territorio in modo ordinato, sono i piani regolatori comunali e permessi a costruire rilasciati ai singoli proprietari ad occuparsene.  L’espropriazione, l’autorizzazione, la sanzione pecuniaria, il piano regolatore e il permesso a costruire, costituiscono esempi di provvedimenti per mezzo dei quali l’autorità amministrativa provvede alla cura in concreto dell’interesse pubblico di cui essa è tenuta a farsi carico in base alla legge. Il provvedimento amministrativo costituisce dunque una manifestazione dell’autorità dello Stato. Es. di esecutorietà:  L’ordine di abbattimento di un edificio abusivo: g) Se il proprietario dell’edificio non provvede spontaneamente alla riduzione di questo, possono essere gli stessi dipendenti del comune o un’impresa privata incaricata, a porre in essere le attività necessarie. h) Il privato destinatario non può opporsi alle attività esecutive (altrimenti processo penale).  Altro esempio: la polizia può sciogliere una manifestazione non autorizzata in luogo pubblico (incluso l’impiego di forza pubblica).  In definitiva, mentre l’imperatività opera sul piano della produzione degli effetti giuridici, l’esecutorietà opera su quelle delle attività materiali necessarie per conformare la realtà di fatto alla situazione di diritto così come modificata dal provvedimento. La presunzione di legittimità del provvedimento amministrativo: o Prima dell’introduzione dell’art.21-ter l.241/1990, il fondamento dell’esecutorietà è stato rinvenuto nella presunzione di legittimità del provvedimento amministrativo. o La giustificazione teorica di quest’ultima venne individuata nella provenienza dell’atto amministrativo da organi espressione della sovranità. o Quindi, di norma i provvedimenti sono emanati in modo legittimo e dunque possono essere portati a esecuzione dall’amministrazione immediatamente. o L’art. 21-ter l.241/1990 pone una disciplina dell’esecuzione coattiva dei provvedimenti, confermando anzitutto la dottrina prevalente secondo la quale l’esecutorietà non è una caratteristica propria di tutti i provvedimenti amministrativi, ma deve essere prevista dalla legge. Gli aspetti procedurali:  Un provvedimento amministrativo ha degli obblighi: deve indicare il termine e le modalità dell’esecuzione da parte del soggetto obbligato.  L’esecuzione coattiva può avvenire solo previa adozione di un atto di diffida con il quale l’amministrazione ordina al privato di porre in essere le attività esecutive già indicate nel provvedimento, concedendo così al privato un’ultima chance.  In definitiva, in base all’art.21-ter, coma1, l’esecutorietà del provvedimento dà luogo ad un procedimento d’ufficio in contraddittorio con il soggetto privato.  L’esecutorietà del provvedimento presuppone che il provvedimento emanato sia efficace ed esecutivo. La l.241/1990 dedica due articoli all’efficacia e all’esecutività del provvedimento: a) Secondo l’art.21-bis il provvedimento limitativo della sfera giuridica dei privati acquista efficacia con la comunicazione al destinatario e ha dunque natura di atto recettizio (sono esclusi dall’obbligo di comunicazione i provv. urgenti che sono immediatamente efficaci). b) L’esecutività del provvedimento è disciplinata dall’art.21-quater, secondo il quale i provvedimento amministrativi efficaci sono eseguiti immediatamente, salvo che sia diversamente stabilito dalla legge o dal provvedimento amministrativo. All’efficacia del provvedimento consegue dunque la necessità che esso venga portato subito a esecuzione dalla stessa amministrazione che ha emanato l’atto, e prima ancora dal destinatario del medesimo, là dove il provvedimento faccia sorgere in capo al destinatario un obbligo (es: pagamento di una sanzione pecuniaria, abbattimento costruzione abusiva). La tutela degli interessi pubblici richiede tempestività. Nel complesso, le disposizioni in tema di esecutorietà e di efficacia del provvedimento contenute nella l.241/1990 hanno accresciuto il livello delle garanzie per il privato. 5) d) L’inoppugnabilità L’inoppugnabilità (o incontestabilità) si ha entro i termini previsti  i provvedimenti non sono più suscettibili di annullamento o revoca su ricorso dell’interessato, decorsi i termini perentori:  l’azione di annullamento va proposta, di regola, nel termine di decadenza di 60 giorni (art.29 Codice del processo amministrativo);  l’azione di nullità è soggetta ad un termine di 180 giorni.  l’azione risarcitoria può essere proposta in via autonoma (cioè senza la parallela azione di annullamento) nel termine di 120 giorni (art.31, comma 4 e 30, comma 3). (nei rapporti di diritto privato invece la tutela giurisdizionale può essere attivata entro termini di prescrizione più lunghi, es: 5 anni per l’azione di annullamento di un contratto) L’Annullabilità = l’idoneità a produrre gli effetti giuridici tipici MA in via precaria, cioè fin tanto che non intervenga un giudice che, accertata l’invalidità, rimuova con efficacia retroattiva gli effetti prodotti nel frattempo. La Nullità = l’inidoneità dell’atto a produrre gli effetti giuridici tipici, cioè creare diritti o obblighi L’autotutela:  l’inoppugnabilità non esclude peraltro che l’amministrazione possa rimettere in discussione il rapporto giuridico esercitando il potere di autotutela (annullamento d’ufficio ai sensi dell’art.21-nonies l.241/1990).  L’inoppugnabilità garantisce la stabilità del rapporto giuridico amministrativo solo sul versante delle possibili contestazioni da parte del soggetto privato (emerge elemento di asimmetria tra le parti del rapporto giuridico amministrativo). L’acquiescenza:  L’atto amministrativo può diventare inoppugnabile anche in seguito ad acquiescenza da parte del destinatario, che consiste in una dichiarazione espressa o tacita di accettazione di un provvedimento da parte del destinatario e dunque la rinuncia di quest’ultimo ad avvalersi dei mezzi di impugnazione previsti per legge.  Si discute se l’acquiescenza abbia una rilevanza sostanziale (provoca l’estinzione della situazione giuridica di cui è titolare il destinatario del provv) oppure se essa rilevi soltanto sotto il profilo processuale (rende inammissibile il ricorso giurisdizionale proposto). NB:  Atto amministrativo = atto adottato da una PA in quanto autorità. Si distingue dagli accordi, dalle convenzione, dai contratti, che la PA conclude non in posizione di autorità, ma in posizione di parità nei confronti dell’amministrato.  Il provvedimento amministrativo: indica l’atto fondamentale di un procedimento amministrativo, che coincide con la decisione adottata dalla PA, incide direttamente sugli interessi degli amministrati ed è impugnabile dinanzi al giudice. Il provvedimento, dunque, è l’atto amministrativo che riveste maggiore importanza. In definitiva, il provvedimento amministrativo ha forza costitutiva di situazioni giuridiche ed è imperativo: con esso, cioè, la PA costituisce, modifica o estingue diritti o interessi degli amministrati in via unilaterale e senza il consenso dei destinatari. (es: provvedimento di espropriazione). 6) Gli elementi strutturali dell’atto amministrativo. L’obbligo di motivazione Possono essere individuati alcuni elementi strutturali del provvedimento amministrativo che consentono di identificarlo e qualificarlo. 1. IL SOGGETTO: si individua in base alle norme sulla competenza. Di regola, si tratta di PA, ma in casi particolari, anche soggetti privati sono titolari di poteri amministrativi e i loro atti sono qualificabili come amministrativi (es: impresa privata concessionaria di un pubblico servizio). 2. LA VOLONTÀ: il provvedimento è manifestazione della volontà dell’amministrazione che va intesa in senso oggettivato (volontà procedimentale). 3. L’OGGETTO: si tratta dell’attività, cosa o situazione soggettiva cui il provvedimento si riferisce. L’oggetto deve essere determinato o quanto meno determinabile. 4. IL CONTENUTO: si ricava dalla parte dispositiva (precettiva) dell’atto e consiste in ciò che con esso l’autorità intende disporre, permettere, certificare….Rileva la distinzione tra contenuto vincolato e discrezionale del provvedimento. Il contenuto dell’atto può essere integrato con clausole accessorie che fissano prescrizioni e condizioni particolari (elementi accidentali). Esse non possono stravolgere il contenuto tipico del provvedimento e devono essere coerenti con il fine pubblico previsto dalla legge attributiva del potere (es: autorizzazioni in materia ambientale che contengono spesso prescrizioni volte a diminuire l’impatto delle attività che il privato intende svolgere). 5. LA MOTIVAZIONE L’obbligo di motivazione dell’atto amministrativo è stato espressamente introdotto dall’art.3 della l.241/1990 che, in via generale, ha previsto che tutti gli atti amministrativi debbono indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche a base dell’atto stesso, che hanno determinato la decisione dell’amministrazione in relazione alle risultanze dell’istruttoria. (prova di resistenza: nel caso in cui il provvedimento si fondi su più ragioni autonome esposte nella motivazione, è sufficiente che una sola sia legittima per escludere l’annullabilità dell’atto).  L’obbligo di motivazione costituisce uno dei principi generali del regime degli atti amministrativi, che lo differenziano da quello sia degli atti legislativi (per cui non è richiesta una motivazione), sia degli atti negoziali.  La violazione dell’obbligo di motivazione può essere una causa di annullabilità.  Dunque la motivazione concorre a promuovere l’accettabilità dell’attività amministrativa da parte dei soggetti amministrati. La motivazione ha 3 funzioni principiali:  Promuove la trasparenza dell’azione amministrativa perché rende palesi le ragioni sottostanti le scelte amministrative;  Agevola l’interpretazione del provvedimento;  Costituisce una garanzia per il soggetto privato che subisce dal provvedimento un pregiudizio perché consente un controllo giurisdizionale sull’operato dell’amministrazione. un’autorizzazione o a una concessione necessaria per intraprendere un’attività; vincere un concorso pubblico). Quindi il privato mira a conseguire un’utilità.  In questo caso, l’esercizio dei poteri determina effetti ampliativi della sfera giuridica del destinatario. Diritto soggettivo: rappresenta una situazione soggettiva di vantaggio riconosciuta automaticamente come degna di tutela nei riguardi sia dei privati sia della PA. Il diritto soggettivo è una posizione autonoma, prevista da una previsione di legge, che può realizzarsi direttamente o attraverso il comportamento del soggetto. Invece nell’interesse legittimo, non vi è la stessa autonomia poiché, ai fini della realizzazione, è necessaria l’intermediazione della PA.  I Provvedimenti ablatori reali  L’espropriazione per pubblica utilità:  In questa si manifesta al massimo grado il conflitto tra l’interesse pubblico e gli interessi privati.  Da un lato consente alla PA, all’esito di un procedimento in contraddittorio, di trasferire coattivamente il diritto di proprietà dal privato all’amministrazione o al soggetto beneficiario dell’espropriazione; dall’altro, attribuisce al privato il diritto a un indennizzo (art.42, comma 3, Cost.)  La disciplina sostanziale (tipologia di beni, indennizzo) e procedimentale in materia è contenuta nel Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità, che raccoglie tutte le disposizioni legislative e regolamentari preesistenti.  L’ammontare dell’indennizzo, come previsto dalla Corte Costituzionale, è determinato di regola nella misura pari al valore venale del bene.  L’occupazione temporanea preordinata all’espropriazione di opere dichiarate indifferibili e urgenti, che consente così la presa in possesso e l’avvio immediato dei lavori che poteranno alla conclusione del procedimento espropriativo.  La requisizione in uno di beni mobili e immobili per periodi di tempo limitati, che può essere disposta per gravi e urgenti necessità pubbliche militari o civili.  I Provvedimenti ordinatori Tra i provvedimenti ablatori personali rientrano gli ordini amministrativi e i provvedimenti che impongono ai destinatari obblighi di fare o di non fare (divieti). L’ordine è un provv. che prescrive un comportamento specifico da adottare in una situazione determinata. Nelle organizzazioni gerarchiche (esercito, forze di polizia) esso è lo strumento in base al quale il titolare dell’organo o dell’ufficio sovraordinato impone la propria volontà e guida l’attività dell’organo o dell’ufficio sott-ordinato (rapporti inteorganici). L’ordine illeggittimo: l’impiegato deve eseguire gli ordini impartiti dal superiore gerarchico (testo unico degli impiegati civili dello Stato). Se l’ordine è palesemente illegittimo, l’impiegato è tenuto a dimostrarlo al superiore con una motivazione. La mancata osservanza dell’ordine impartito può comportare l’adozione di sanzioni disciplinari in capo al titolare dell’organo o dell’ufficio sottordinato. Gli ordini amministrativi sono previsti anche al di fuori dei rapporti inter-organici e dunque possono riguardare rapporti intersoggettivi tra l’amministrazione titolare del potere e i soggetti privati destinatari.  Gli ordini di polizia, sono emanati dalle autorità di pubblica sicurezza in base al Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza.  Tra di essi vi è l’invito a comparire dinanzi all’autorità di pubblica sicurezza entro un termine assegnato, la cui inosservanza è sanzionata penalmente, o di sciogliere una riunione che metta in pericolo l’ordine pubblico.  Esempi di ordini aventi contenuto negativo (divieti) sono il divieto di svolgimenti di riunioni per ragioni di ordine pubblico o di sanità pubblica…  Gli ordini di polizia, come gli altri provvedimenti dell’autorità di pubblica sicurezza, sono dotati di esecutorietà, cioè possono essere eseguiti in via amministrativa. Altri esempi di provvedimenti ordinatori: o L’imposizione di obblighi comportamentali, con atti che hanno contenuto prescrittivo ordinario, è prevista da numerose leggi, specie nell’ambito di rapporti con autorità preposte alla vigilanza di categorie di imprese o a controlli su attività private. o In materia bancaria, la Banca d’Italia può emanare nei confronti delle banche provvedimenti specifici riguardanti l’organizzazione aziendale, il contenimento dei rischi, divieti… o In base al Codice del consumo, l’Autorità garante delle concorrenza e del mercato può vietare la continuazione di pratiche commerciali scorrette eliminandone gli effetti. La diffida: è una sottospecie di provvedimento ordinario. Consiste nell’ordine di cessare da un determinato comportamento posto in essere in violazione di norme amministrative, anche con la fissazione di un termine per eliminare gli effetti dell’infrazione. La diffida può comportare, in caso di inottemperanza, l’applicazione di sanzioni di tipo amministrativo.  Es: con riguardo agli abusi di informazioni privilegiate e di manipolazione del mercato, la CONSOB può ordinare di porre termine a condotte che facciamo presumere l’esistenza di violazioni della normativa.  In alcuni casi la diffida con conseguente sanzione può essere preceduta da un invito formale a desistere dalla condotta illecita.  Le Sanzioni amministrative Sono volte e reprimere illeciti di tipo amm. e hanno dunque una funzione afflittiva e una valenza dissuasiva. garantiscono l’effettività e l’autosufficienza degli ordinamenti settoriali rispetto all’ordinamento generale. Sono previste dalle leggi amministrative sia in caso di violazione dei precetti in esse contenuti (sanzioni di questi tipo sono disciplinati p.es nel Codice della strada), sia nel caso di violazione dei provvedimenti emanati sulla base di tali leggi (sanzioni amministrative per la violazione di provvedimenti amministrativi sono previste dal Testo unico degli enti locali nel caso di violazione di regolamenti degli enti locali). Sostituibilità tra sanzioni amministrative e penali: o Esiste un certo grado di fungibilità tra sanzioni penali e amministrative. o Entrambi i tipo hanno la finalità di prevenzione generale e speciali di illeciti. o Il legislatore italiano, per tradizione, ha distinto i due tipi sulla base di criteri formali con piena libertà di scegliere il tipo di sanzione da applicare a seconda dei casi. o Tuttavia, la legge 24 novembre 1981, n.689 detta una disciplina generale delle sanzioni amministrative, richiamando una serie di principi tipicamente penalistici. Tra di essi vi è:  il principio di legalità (nessuno può essere sottoposto a sanzioni amministrative se non in forza di una legge entrata in vigore prima della commissione della violazione);  il principio della personalità (si manifesta nelle regole relative ala capacità di intendere e di volere, al concorso di persone…). o Anche secondo la CEDU, le sanzioni amministrative hanno natura sostanzialmente penale nei casi in cui abbiano un carattere particolarmente afflittivo. Tipi di sanzioni: Sanzioni pecuniarie: fanno sorgere l’obbligo di pagare una somma di denaro entro un termine stabilito dalla norma; Le sanzioni interdittive: incidono sull’attività del soggetto destinatario del provv. (ritiro della patente); Sanzioni disciplinari: si applicano a soggetti che hanno una relazione particolare con le PA (dipendenti pubblici, professionisti iscritti ad albi) e sono volte a colpire comportamenti posti in violazione di obblighi speciali collegati allo status particolare. Esse consistono nella sospensione dal servizio per un periodo di tempo o nella radiazione da un albo. Sono regolate sotto il profilo sostanziale e procedimentale da leggi speciali e sono dunque escluse dal campo di applicazione della disciplina generale delle sanzioni amministrative posta dalla l.689/1981. La responsabilità amministrativa degli enti:  Questa responsabilità sorge direttamente in capo all’ente per reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio dagli amministratori e dipendenti (es: la truffa in danno dello Stato).  La responsabilità amministrativa degli enti comporta l’applicazione di sanzioni pecuniarie e interdittive come la sospensione e la revoca di autorizzazioni e licenze, il divieto di contrattare con la PA, l’esclusione da finanziamenti pubblici.  L’ente può sottrarsi alla responsabilità amm. solo se dimostra di aver adottato modelli di organizzazione e controllo con lo scopo di minimizzare il rischio della commissione di reati. 8) Le attività libere sottoposte a regime di comunicazione preventiva. La segnalazione certificata d’inizio di attività Premessa:  L’attività dei privati è libera, nel senso che essa è sottoposta esclusivamente al diritto comune. Vale quindi la regola che è permesso tutto ciò che non è espressamente vietato, salvi i limiti generali posti all’ordinamento civile.  Tuttavia, nei casi in cui l’attività dei privati può mettere a rischio un interesse della collettività, si giustificano regole speciali volte a porre vincoli particolari. Nel conformare le attività dei privati all’interesse pubblico le leggi amministrative devono rispettare il principio di proporzionalità.  Il rispetto delle leggi amministrative è assicurato in un primo gruppo di casi attraverso un regime di vigilanza che può portare all’esercizio di poteri repressivi e sanzionatori nei casi di violazioni delle leggi. L’obbligo di comunicazione preventiva: o L’autorizzazione preventiva è ammessa quando l’obiettivo della tutela dell’interesse pubblico non può essere conseguito tramite una misura meno restrittiva, in quanto un controllo ex post non sarebbe efficace. o La Costituzione pone il divieto di introdurre regimi autorizzatori che condizionano il diritto di associazione e di stampa o prevede, nel caso delle riunioni in luogo pubblico, che possa essere imposto solo un obbligo di preavviso. Nell’ambito del modello del controllo ex ante sulle attività dei privati vanno considerate:  LE AUTORIZZAZIONI:  È l’atto con il quale l’amministrazione rimuove un limite all’esercizio di un diritto soggettivo del quale è già titolare il soggetto che presenta la domanda.  Il suo rilascio presuppone una verifica preventiva da parte della PA della conformità dell’attività alla normativa.  Dunque, il soggetto privato si trova in una posizione di interesse legittimo (pretensivo) che fa coppia con il diritto soggettivo preesistente.  Es: l’autorizzazione all’apertura di un esercizio commerciale.  Sul piano funzionale, l’autorizzazione è uno strumento di controllo da parte dell’amministrazione sullo svolgimento dell’attività allo scopo di verificare preventivamente che essa non si ponga in contrasto con le norme che definiscono i requisiti.  L’autorizzazione non porta all’instaurarsi di una relazione con l’amministrazione oltre la generica attività di vigilanza.  LE CONCESSIONI:  L’atto con il quale l’amministrazione attribuisce o trasferisce la titolarità di un diritto soggettivo in capo a un soggetto privato.  Nel rapporto giuridico amministrativo che si instaura tra il privato che presenta l’istanza di concessione e l’amministrazione, il privato è titolare di un interesse legittimo (pretensivo); in seguito all’emanazione del provvedimento concessorio sorge in capo al privato un diritto soggettivo pieno (utilizzo di un bene demaniale).  La concessione instaura di solito un rapporto di lunga durata con il concessionario. Tale rapporto è caratterizzato da diritti e obblighi reciproci e da poteri di vigilanza delle attività poste in essere in base alla concessione.  La concessione può realizzare una forma di partenariato pubblico –privato (l’amministrazione può affidare ai soggetti privati la gestione di beni e servizi). a) Concessioni traslative = trasferiscono in capo a un soggetto privato un diritto o un potere del quale è titolare l’amministrazione (concessione per l’esercizio dell’attività di distribuzione del gas a livello comunale). b) Concessioni costitutive = attribuiscono al soggetto privato un nuovo diritto (onorificenza). Oggetto delle concessioni:  Concessioni di beni pubblici (come i beni demaniali sui quali possono essere attribuiti diritti d’uso esclusivo);  Concessioni di servizi pubblici (trasmissione dell’energia elettrica);  Concessione di lavori (per costruire una tratta autostradale);  Fanno parte delle concessioni alcuni tipi di sovvenzioni, sussidi e contributi pubblici erogati per il perseguimento di interessi pubblici. Figure intermedie di atti autorizzativi: La bipartizione delle autorizzazioni e delle concessioni apparve fin dall’inizio troppo rigida ed inadatta. Vennero così individuate alcuni fattispecie intermedie, di incerta consistenza. - Autorizzazioni costitutive (hanno ampia discrezionalità); - Autorizzazioni permissive (operano come fatti permissivi all’esercizio di un’attività); - Autorizzazioni ricognitive (volte a valutare l’idoneità tecnica di persone o cose  abilitazioni); - Le licenze (caccia, pesca). 2 caratteristiche: 1) riguardano attività nelle quali non vi sono diritti soggettivi preesistenti dei privati; 2) il loro rilascio è dipende dalle valutazioni tecniche. Le concessioni come atti autoritativi: Storicamente, le autorizzazioni e le concessioni vennero inquadrate, all’interno della teoria del provvedimento amministrativo, come atti autoritativi.  Nel XIX secolo, le concessioni vennero qualificate come normali contratti a prestazioni disciplinati dalle norme civilistiche.  Qualche decennio dopo, le concessioni vennero considerate provvedimenti discrezionali, modificabili o revocabili.  Alle autorizzazioni e alle concessioni venne dunque riconosciuto il carattere unilaterale e autoritativo.  Per attenuare il carattere unilateral-pubblicistico dell’atto concessorio, la dottrina e la giurisprudenza elaborarono la nozione di cessione-contratto. Ci si rese conto che, soprattutto nei casi di affidamento della gestione di servizi pubblici per periodi lunghi, l’unilateralità della concessione era solo teorica. In realtà, i privati concessionari pretendevano garanzie per investimenti di lunga durata incompatibili con la concezione autoritaria del provvedimento amministrativo discrezionale. Con la concessione-contratto il fenomeno concessorio si sdoppia così in 2 componenti: un provvedimento (volto ad attribuire al concessionario il diritto a svolgere una certa attività); un contratto o una convenzione volti a regolare su base paritaria i diritti e gli obblighi delle parti nell’ambito di un rapporto di durata. Gli atti autorizzativi nel diritto europeo La distinzione tra autorizzazioni e concessioni ha richiesto un ripensamento complessivo sia alla luce del diritto europeo, che ignora la distinzione tra diritti soggettivi e interessi legittimi e che tende a considerare in modo unitario gli atti che realizzano forme di controllo ex ante. Quel che conta sia per le autorizzazioni sia per le concessioni è che in mancanza di un atto di assenso preventivo dell’amministrazione, l’attività non può essere intrapresa. La definizione europea di autorizzazione = “qualsiasi procedura che obbliga un prestatore o un destinatario a rivolgersi a un’autorità competente allo scopo di ottenere una decisione formale o una decisione implicita relativa all’accesso ad un’attività di servizio o al suo esercizio”. (direttiva servizi 2006/123/CE recepita con d.lgs.56/2010).  Il regime di autorizzazione comprende tutte le procedure per il rilascio di “autorizzazioni, licenze, approvazioni o concessioni”.  Inoltre, specie quando si tratti di attività economiche, il diritto europeo ha sempre guardato con sfavore la discrezionalità. Per questo, numerose direttive europee emanate hanno trasformato i regimi di concessione discrezionale in regimi di autorizzazione vincolata. (es: sistema creditizio). 10) Gli atti dichiarativi Altre tipologie di atti.  Atti amministrativi dichiarativi  Hanno una funzione meramente ricognitive e dichiarativa finalizzata alla produzione di certezze giuridiche.  Nella categoria degli atti dichiarativi rientrano le certificazioni: o Sono dichiarazioni effettuate da una PA in relazione ad “atti, fatti, qualità e stati soggettivi” (art.18. l.241/1990). o La PA organizza, elabora e detiene stabilmente una grande quantità di dati e informazioni in registri, elenchi…Le certificazioni relative a questo tipo di dati sono espressione di una funzione che i pubblici poteri hanno assunto da sempre come propria, cioè quella di certezza pubblica. o La funzione di certezza pubblica si realizza con 2 modalità: 1) la tenuta e l’aggiornamento dei registri, albi, elenchi pubblici; 2) la messa a disposizione ai soggetti interessati di questi dati per mezzo di attestazioni e certificazioni (esse vengono usualmente presentate nell’ambito dei procedimenti autorizzatori). o La l.241/1990 (art.18) e il Testo unico sulla documentazione amministrativa prevedono però 2 modalità alternative alle certificazioni: da un lato le PA sono tenute a scambiarsi d’ufficio le informazioni rilevanti senza gravare i soggetti privati dell’onere di ottenere il rilascio dei certificati; dall’altro, in molti casi le certificazioni possono essere sostituite con l’autocertificazione (=una dichiarazione formale assunta sotto propria responsabilità del soggetto. Es: possesso requisiti per domanda di partecipazione a un concorso pubblico). L’amministrazione che utilizza l’autocertificazione può verificarne la correttezza.  Atti paritetici : o Atto meramente ricognitivo di un assetto già definito in totale dalla norma attributiva di un diritto soggettivo. Fu introdotto negli anni ’30 perché serviva a superare la regola della necessità di impugnare l’atto nel termine di 60 giorni, con la conseguenza che la pretesa del privato poteva essere fatta valere in sede giudiziale nel normale termine di prescrizione.  Le verbalizzazioni: o Consistono nella “narrazione storico giuridica” da parte di un ufficio pubblico di atti, fatti e operazioni avvenuti in sua presenza. o Es: la polizia municipale, nell’ambito dell’attività di vigilanza in materia edilizia, può recarsi in un cantiere e constatare in un processo verbale la difformità delle opere già realizzate. o Il processo verbale può essere incluso tra gli atti di un procedimento in senso proprio. Tra gli atti amministrativi non provvedimentali rientrano i pareri e le valutazioni tecniche. Esse sono manifestazioni di giudizio da parte di organi o enti pubblici contenenti valutazioni e apprezzamenti in ordine a interessi pubblici secondari o a elementi di carattere tecnico che l’amministrazione titolare del potere amministrativo e competente a emanare un provvedimento amministrativo deve tenere in considerazione. 11) Altre classificazioni: atti collegiali, atti collettivi, atti plurimi, atti di alta amministrazione. I provvedimenti amministrativi possono essere classificati in base a ulteriori criteri: 1. La l.241/1990 ha razionalizzato le acquisizioni giurisprudenziali. Infatti, la teoria dei vizi dell’atto amm. è il risultato di gran parte dell’elaborazione della IV sezione del Consiglio di Stato. Il giudice amministrativo dovette completare il contenuto delle disposizioni delle leggi del 1889 che attribuivano alla sua competenza i ricorsi “per incompetenza, per eccesso di potere o violazione di legge”.  In primo luogo la giurisprudenza interpretò la formula di “eccesso di potere” come “sviamento di potere”  riguarda i casi nei quali il potere viene esercitato per un fine diverso da quello posto dalla norma attributiva del potere.  La IV Sezione fece cioè ricorso all’eccesso di potere per sindacare la legalità “intrinseca” dei provvedimenti discrezionali e non soltanto la loro conformità formale a disposizioni di legge. (Consiglio di stato aprì la strada ad un controllo sulle scelte discrezionali dell’amministrazione).  Il seguito, il giudice amministrativo elaborò le figure sintomatiche dell’eccesso di potere, allo scopo di accertare l’eccesso di potere in questa accezione più ampia.  In secondo luogo, la giurisprudenza individuò ipotesi nelle quali il provvedimento è affetto da deviazioni abnormi dalla norma attributiva del potere o è emanato in assenza di una base legislativa da non poter essere inquadrato all’interno del regime dell’illegittimità.  Emerse così una tipologia di vizi più gravi nella categoria della carenza di potere o della nullità.  In presenza di tali vizi il provvedimento perde il carattere imperativo.  Gli atti assunti in carenza di potere vennero attribuiti alla cognizione del giudice ordinario, mentre gli atti con riferimento ai quali veniva contestato soltanto il cattivo esercizio del potere restarono affidati al giudice amministrativo. 2. La teoria dei vizi del provvedimento è stata condizionata dalla questione del riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo fondato sulla distinzione tra diritto soggettivo e interesse legittimo. la giurisprudenza e la dottrina si sono occupate dell’incidenza del provvedimento invalido sulle situazioni giuridiche soggettive.  È stata elaborata la distinzione tra 2 tipi di comportamenti dell’amministrazione: a) Meri comportamenti (o comportamenti senza potere): lesivi di un diritto soggettivo e fanno parte della categoria della illiceità. Essi sono equiparabili ad un comportamento posto in essere da un soggetto privato non conforme alle norme civilistiche (es: indicente stradale di un privato a causa della cattiva manutenzione di una strada pubblica). b) Comportamenti nei quali il collegamento funzionale tra provvedimento invalido e l’attività esecutiva posta in essere dall’amministrazione comporta una violazione della norma attributiva del potere e lede un interesse legittimo, facendo confluire l’intera fattispecie nell’ambito della giurisdizione del giudice amministrativo. * *la questione è sorta a proposito dell’espropriazione per pubblica utilità, dove è emersa la distinzione tra: - “occupazione usurpativa”: quando il terreno viene occupato in carenza di potere (i comportamenti che danno origine a un’occupazione usurpativa vanno qualificati come illeciti e sono attribuiti alla giurisdizione del giudice ordinario) - “occupazione appropriativa”: quando l’occupazione avviene nell’ambito di una procedura di espropriazione anche se illegittima. (in questo caso secondo la Corte Costituzionale, i comportamenti costituiscono esercizio, sebbene viziato da illegittimità, della funzione pubblica della PA e sono inclusi nella giurisdizione del giudice amministrativo.  La Corte ha dunque dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art.53, comma 1, Testo unico sulle espropriazioni, che attribuisce alla giurisdizione esclusive del giudice amministrativo le controversie in materia espropriativa, nella parte in cui vi includeva anche le controversie relative a comportamenti non riconducibili all’esercizio del potere.  Pertanto, l’art. 7 del Codice del processo amministrativo fa rientrare nel perimetro della giurisdizione amministrativa, accanto ai provvedimenti, solo i comportamenti riconducibili all’esercizio del potere. In definitiva, la questione del riparto di giurisdizione ha reso necessario attenuare la distinzione tra comportamento e atto di esercizio del potere amministrativo, attraendo la fattispecie dei comportamenti riconducibili all’esercizio del potere nella categoria della illegittimità piuttosto che in quella della illiceità. Illegittimità dell’atto e illiceità ex art.2043 cod.civ: Un nesso tra illiceità del comportamento dell’amministrazione e illegittimità del provvedimento è emerso in seguito alla sentenza delle Sezioni Unite della Corte di cassazione n.500/1999 che ha affermato il principio della risarcibilità del danno da lesione di interesse legittimo. L’illegittimità del provvedimento è uno degli elementi costitutivi dell’illecito extracontrattuale ai sensi dell’art.2043 cod.civ. Come ha chiarito anche la giurisprudenza amministrativa, il danno non è cagionato “dal provvedimento in sé stesso, ma da un comportamento” e assume dunque rilievo non già “una mera illegittimità del provvedimento in sé ma un’illiceità della condotta complessiva”. Le disposizioni legislative sull’annullabilità e sulla nullità  L’annullabilità è disciplinata dall’art.21-octies l.214/1990 e dall’art. 29 Codice del processo amministrativo. Entrambe le disposizioni riprendono i vizi di legittimità, cioè:  L’incompetenza;  L’eccesso di potere;  La violazione di legge.  La nullità è disciplinata dall’art.21-septies l.241/1990, che individua quattro ipotesi tassative, e dall’art.31, comma 4, del Codice che disciplina l’azione di nullità.  A livello europeo, l’art.263 TFUE, nel disciplinare il ricorso alla Corte di giustizia dell’UE, prevede che ove esso sia fondato il giudice “dichiara nullo e non avvenuto l’atto impugnato”. Del resto, gli atti dell’UE si presumono validi finché non vengono annullati o revocati dall’istituzione che li emana o dal giudice. L’art.263, comma 2, TFUE prevede quattro tipologie dei vizi: l’incompetenza, la violazione delle forme sostanziali, la violazione dei trattati e lo sviamento di potere. In definitiva, anche nel diritto europeo il regime ordinario dell’invalidità è quello dell’annullabilità. 13) L’annullabilità L’atto amministrativo affetto da incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge viene qualificato come illegittimo (e dunque suscettibile di annullamento). L’annullabilità è una tipologia di invalidità degli atti amministrativi la cui disciplina attuale è disposta dall’art.21-octies della l.241/1990 che al primo comma recita: “È annullabile il provvedimento amministrativo adottato in violazione di legge o viziato da eccesso di potere o da incompetenza”. La disciplina dell’annullabilità nell’ordinamento italiano ha subito una profonda modifica con l’emanazione della l. 15/2005 che ha introdotto nella legge sul procedimento amministrativo (l. 241/1990) la possibilità per il giudice, in presenza di determinate condizioni, di non procedere all’annullamento dell’atto nonostante la violazione di norme sul procedimento o sulla forma.  Inoltre, la Costituzione ha sancito che la tutela giurisdizionale non può esser esclusa o limitata a particolari mezzi di impugnazione o per determinate categorie di atti. Sono state dichiarate incostituzionali le leggi amministrative che sottraevano al sindacato del giudice amministrativo alcune tipologie di vizi (tipo l’eccesso di potere) o alcuni tipi di provvedimenti. Conseguenze dell’annullamento: cioè il venir meno degli effetti del provvedimento con efficacia retroattiva. - L’annullamento elimina l’atto e i suoi effetti in modo retroattivo e l’amministrazione ha l’obbligo di porre in essere tutte le attività necessarie per ripristinare la situazione di fatto e di diritto in cui si sarebbe trovato il destinatario dell’atto ove quest’ultimo non fosse stato emanato. - Le conseguenze dell’annullamento NON cambiano in relazione al tipo di vizio accertato . - Ciò che VARIA è l’effetto conformativo dell’annullamento , cioè il vincolo che sorge in capo all’amministrazione nel momento in cui essa emana un nuovo provvedimento sostitutivo di quello annullato. Vizi formali (non dequotabili) e Vizi sostanziali:  Se il vizio ha natura formale (errores in procedendo), come per la mancata acquisizione di un parere obbligatorio, non è da escludere che l’amministrazione, acquisito il parere, possa emanare un nuovo atto dal contenuto identico rispetto a quello dell’atto annullato.  Se il vizio è sostanziale (errores in judicando), come la mancanza di un requisito posto dalla norma attributiva del potere, l’amministrazione non potrà reiterare l’atto annullato. La retroattività dell’annullamento  La retroattività dell’annullamento è oggetto di un ripensamento nella giurisprudenza.  Il Consiglio di Stato ha stabilito che l’atto viziato continui a produrre i propri effetti fin tanto che l’amministrazione non provveda a modificarlo o a sostituirlo entro un termine assegnato.  Ciò per evitare la conseguenza paradossale che, eliminati gli effetti del piano, ritenuto dalla sentenza illegittimo a causa di un vizio procedurale, riprendesse vigore il piano precedente ancor meno produttivo. Profili processuali  L’art.29 Codice del processo amministrativo conferma che contro il provvedimento affetto da violazione di legge, incompetenza ed eccesso di potere può essere proposta l’azione di annullamento davanti al giudice amministrativo nel termine di 60 giorni.  L’annullabilità non può essere rilevata d’ufficio dal giudice, ma può essere pronunciata solo in seguito alla domanda proposta nel ricorso il quale deve indicare anche in modo specifico i profili di vizio denunciati. censurata la disparità di trattamento è necessario che il provvedimento sia discrezionale e legittimo. f) Violazione delle circolari e delle norme interne, della prassi amministrativa:  L’attività della PA deve essere conforme non solo alle leggi e regolamenti, ma anche alle norme interne contenute in circolari, direttive, atti di pianificazione che hanno come scopo quello di orientare l’esercizio della discrezionalità da parte dell’organo competente a emanare il provvedimento.  Quindi se l’organo titolare di un potere discrezionale non tiene conto delle norme interne quando emana un provvedimento, emerge un sintomo dell’eccesso di potere.  Es. particolare: la prassi amministrativa è una norma interna. Se l’amministrazione disattende in un caso la prassi seguita in precedenza senza motivare le ragioni la deviazione, l’atto è affetto da eccesso di potere. g) Ingiustizia grave e manifesta :  In qualche rara occasione la giurisprudenza censura provvedimenti discrezionali il cui contenuto appaia manifestamente ingiusto.  In definitiva, le figure sintomatiche dell’eccesso di potere, pur essendo consolidate nella prassi della giurisprudenza hanno ancora uno statuto teorico incerto. Alla fin fine, esse potrebbero essere considerate, più semplicemente, come figure retoriche ormai convenzionalmente accettate nella pratica argomentativa giudiziaria. 16) c) Violazione di legge Per violazione di legge non si intende la sola violazione di norme avente valore di legge, ma piuttosto la violazione di qualunque norma vigente e quindi tutti gli atti normativi, inclusi i regolamenti, e tutti gli atti di autonomia normativa delle amministrazioni. È una figura residuale che comprende tutti gli altri vizi di legittimità che non comportino né incompetenza relativa né eccesso di potere. Art.21-octies, comma 2, l.241/1990 “Non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.” 1) La dequotazione dei vizi formali:  (la principale distinzione interna alla violazione di legge è quella tra vizi formali e vizi sostanziali).  l’articolo individua tra le ipotesi di violazione di legge la “violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti”, cioè una subcategoria di vizi formali che, a certe condizioni, sono dequotati a vizi che non determinano l’annullabilità del provvedimento.  La disposizione pone 2 condizioni: che il provvedimento abbia “natura vincolata”; che pertanto “sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”.  La prima condizione rinvia alle nozioni di discrezionalità o vincolatezza: se si accerta che il potere è integralmente vincolato, ne discende la condizione che anche in assenza del vizio formale o procedurale rilevato, il contenuto del provvedimento rimane invariato. In questo caso il provvedimento non può essere annullato né dal giudice amministrativo, né dalla stessa amministrazione in sede di esercizio del potere di autotutela. 2) L’omessa comunicazione di avvio del procedimento:  Il secondo periodo dell’articolo individua una fattispecie particolare costituita dall’omessa comunicazione dell’avvio del procedimento.  il provvedimento “non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”.  Poiché la dimostrazione grava sull’amministrazione nei confronti della quale sia stato proposto un ricorso per l’annullamento del provvedimento viziato, questo comporta una deroga alle regole processuali ordinarie che vietano all’amministrazione di integrare la motivazione nel corso del giudizio. Infatti, in questa fattispecie si ha un ampliamento dell’oggetto del giudizio agli elementi forniti dall’amministrazione per dimostrare che il vizio formale non ha inciso sul contenuto del provvedimento impugnato.  l’art.21-octies, comma 2, si inserisce nella tendenza del nostro ordinamento a valorizzare il principio di efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa a scapito di quello del rispetto della forma e dunque della funzione di garanzia assolta dalle norme relative al procedimento e alla forma. I casi di violazione di legge: - Vizio di forma e cioè inosservanza delle regole prescritte per la manifestazione di volontà; - Difetto di motivazione; - Contenuto illegittimo; - Difetto di presupposti legali; - Violazione dei criteri di economicità, efficacia, imparzialità, trasparenza e pubblicità; - Violazione del principio del giusto procedimento e di leale cooperazione istituzionale. 17) La nullità L’istituto della nullità del provvedimento amministrativo è disciplinato dall’art.21-septies della l.241/1990. Ai sensi della citata disposizione “È nullo il provvedimento amministrativo che manca degli elementi essenziali, che è viziato da difetto assoluto di attribuzione, che è stato adottato in violazione o elusione del giudicato, nonché negli altri casi previsti dalla legge. L’art.21-septies individua quattro ipotesi di nullità: 1. La mancanza degli elementi essenziali (nullità strutturale); 2. Nullità per difetto assoluto di attribuzione; 3. Nullità per violazione o elusione del giudicato: o si ha elusione del giudicato quando l’amministrazione, in sede di nuovo esercizio del potere in seguito all’annullamento pronunciato dal giudice con sentenza passata in giudicato, emana un nuovo atto che si pone in contrasto con quest’ultima allorché essa non lasci all’amministrazione alcuno spazio di valutazione. 4. Nullità testuale: casi in cui la legge qualifica espressamente come nullo un atto amministrativo. o Es: il Testo unico degli impiegati civili dello Stato prevede la nullità delle assunzioni senza concorso L’azione di nullità Sul versante processuale, l’art.31, coma 4, del Codice del processo amministrativo disciplina l’azione per la declaratoria della nullità che può essere proposta innanzi al giudice amministrativo entro un termine di 180 giorni.  A differenza di quanto accade per l’annullabilità, la nullità può essere rilevata d’ufficio dal giudice o opposta dalla parte resistente (PA). Inoltre, l’art.133 attribuisce alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie relative alla nullità dell’atto adottato in violazione o elusione del giudicato.  Il vizio va fatto valere nella sede del giudizio dell’ottemperanza, cioè del rito speciale previsto nel caso di mancata esecuzione da parte della PA delle sentenze del giudice amministrativo e del giudice ordinario.  Il ricorso può essere proposto entro 10 giorni dal passaggio in giudicato della sentenza e il giudice ove accolga il ricorso emana una sentenza che dichiara la nullità del provvedimento. 18) L’annullamento d’ufficio, la convalida, la ratifica, la sanatoria, la conferma, la conversione, la revoca, il recesso Provvedimenti che l’amministrazione può emanare per porre rimedio all’invalidità o alla non conformità all’interesse pubblico di un provvedimento amministrativo. Questi provvedimenti sono assunti nell’ambito dei procedimenti di secondo grado proprio perché hanno per oggetto atti già emanati che l’amministrazione sottopone a un riesame.  L’annullamento d’ufficio :  È un annullamento con efficacia ex tunc dell’atto emanato efficacia retroattiva  L’annullamento d’ufficio (ha carattere discrezionale e costituisce una delle manifestazioni del potere di autotutela) può essere esercitato dallo stesso organo che ha emanato l’atto (autoannullamento) o da altro organo al quale sia attribuito per legge (annullamento gerarchico) o a livello statale, dal ministro nei confronti degli atti adottati dai dirigenti. *  Affinché l’amministrazione possa esercitare il potere di annullamento d’ufficio devono sussistere 4 presupposti (art.21-nonies l.241/1990): 1) Il provvedimento deve essere illegittimo ai sensi dell’art.21-octies e dunque sia affetto da un vizio di violazione di legge, di incompetenza o eccesso di potere. 2) Devono sussistere ragioni di interesse pubblico, rimesse alla valutazione discrezionale dell’amministrazione. 3) Devono essere valutati tutti gli interessi coinvolti ed esplicitati nella motivazione (interesse pubblico, destinatario, controinteressati) 4) La valutazione discrezionale deve tener conto del tempo (l’annullamento può essere disposto entro un termine). Se trascorre un tempo lungo dall’emanazione del provvedimento illegittimo, prevale l’interesse a mantenere inalterato lo status quo; se invece l’amministrazione rileva immediatamente l’illegittimità del provvedimento emanato, essa può procedere all’annullamento d’ufficio.  In origine, dopo la legge del 1889 istitutiva della IV sezione del consiglio di Stato, l’attenzione della giurisprudenza si era concentrata esclusivamente sull’atto amministrativo. Le funzioni del procedimento 1. Consentire un controllo sull’esercizio del potere (soprattutto ad opera del giudice), attraverso una verifica del rispetto della sequenza degli atti e operazioni normativamente predefinita. 2. Far emergere e dar voce agli interessi incisi direttamente o indirettamente dal provvedimento. La partecipazione acquista così una dimensione collaborativa. La partecipazione del privato al processo è utile sia nell’interesse dell’amministrazione in relazione alle esigenze di completezza dell’istruttoria, sia nell’interesse dei soggetti privati che hanno la possibilità di difendere il proprio punto di vista. 3. Funzione del contraddittorio:  Essa emerge soprattutto nei procedimenti di tipo individuale, nei quali la PA esercita un potere che determina effetti restrittivi della sfera giuridica del destinatario.  Il contraddittorio può assumere una dimensione: a) Verticale : casi in cui il rapporto giuridico ha carattere bilaterale e coinvolge l’amministrazione titolare del potere e il destinatario dell’effetto giuridico restrittivo (provvedimenti sanzionatori). In questi casi, l’amministrazione deve essere la parte imparziale. Deve quindi curare l’interesse pubblico di cui essa è portatrice e garantire la posizione della parte privata portatrice di un interesse contrapposto. b) Orizzontale : emerge nei procedimenti nei quali i privati sono portatori di interessi contrapposti. In alcuni casi il contraddittorio orizzontale è perfettamente paritario (es: procedimenti di tipo concursuale nei quali gli aspiranti ad un bene hanno una eguale pretesa a conseguirli); In altri casi il contraddittorio orizzontale non è del tutto paritario (es: nei procedimenti sanzionatori antitrust nei quali all’impresa accusata di aver compiuto un illecito si contrappone l’impresa che lo ha segnalato all’Autorità garante della concorrenza del mercato. Prevale l’esigenza di assicurare all’impresa oggetto del procedimento sanzionatorio la possibilità di autotutelarsi nei confronti dell’autorità procedente. 4. Costituire un fattore di legittimazione del potere dell’amministrazione e promuovere la democraticità dell’ordinamento amministrativo. Il procedimento, poiché aperto alla partecipazione di tutti i soggetti interessati, completa la democrazia rappresentativa. 5. Promuovere il coordinamento tra più amministrazioni nei casi in cui un provvedimento amministrativo vada a incidere su una pluralità di interesse pubblici curati da ciascuna di esse. 2) Le leggi generali sul procedimento e la l.241/1990 La genesi della l.241/1990 In Italia, un progetto di legge fu elaborato tra il 1944 e il 1947 da una commissione presieduta da Ugo Forti (studioso di diritto amm.). Il progetto però non fu approvato. All’inzio degli anni ’80 fu intrapreso un nuovo tentativo ad opera di una commissione presieduta da Mario Nigro. La commissione elaborò un testo che, arricchito anche di una parte sulla disciplina del diritto di accesso ai documenti amministrativi, ispirò la legge n.241/1990. (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi). La modifica più importante negli ultimi anni è costituita dalla l.15/2005 che ha inserito nel suo corpo una disciplina del provvedimento amministrativo. La l.241/1990 non contiene né una definizione generale di procedimento, né una disciplina organica delle singole fasi in cui esso si articola. Disciplina alcuni istituti fondamentali come il termine del procedimento, il responsabile del procedimento, la partecipazione, il diritto di accesso… Tuttavia, la legge fornisce un quadro generale che integra tutte le leggi amministrative che disciplinano i singoli procedimenti. Il campo di applicazione della l.241/1990 È individuato sulla base di un criterio soggettivo e oggettivo.  Sotto il profilo soggettivo, essa si applica alle amministrazioni statali, agli enti pubblici nazionali e anche alle società con totale o prevalente capitale pubblico. Le disposizioni sul diritto di accesso hanno un campo di applicazione più esteso perché include anche i gestori di servizi pubblici.  Sotto il profilo oggettivo, la l.241 si applica ai procedimenti di tipo individuale. Invece, le disposizioni sull’obbligo di motivazione, sulla partecipazione e sul diritto di accesso non si applicano agli atti normativi e agli atti amministrativi generali. Il nuovo modello di rapporto tra cittadino e amministrazione 1. La l.241/1990 colma la distanza tradizionale tra amministrazione e soggetti privati, che avevano come unico punto di contatto il provvedimento autoritativo emanato in modo unilaterale.  Infatti i soggetti privati sono coinvolti nel procedimento attraverso strumenti di partecipazione  questa è utile anche alla PA in una visione di tipo collaborativo e di garanzia del contraddittorio. 2. Viene attenuata la concezione individualistica dei rapporti tra Stato e cittadino.  Infatti al procedimento possono partecipare non solo i singoli individui incisi dal provvedimento, ma anche i portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati. (soprattutto nei procedimenti pianificatori e di programmazione di grandi opere pubbliche) 3. La l.241 supera in gran parte il principio del segreto d’ufficio sulle attività interne all’amministrazione che rendeva imperscrutabile l’operato dell’amministrazione.  La legge enuncia il principio di pubblicità e trasparenza e pone una disciplina del diritto di accesso ai documenti amministrativi. 4. La legge introduce la figura del responsabile del procedimento  Questo personalizza il rapporto con i soggetti privati e consente di attribuire in modo più certo le responsabilità interne a ciascun apparato. 5. La legge cerca di superare la tradizionale separatezza tra le stesse PA con scarsi canali di comunicazione reciproca.  Infatti, queste devono scambiarsi reciprocamente gli atti e i documenti attraverso strumenti di collaborazione. 3) Le fasi del procedimento: 1) L’iniziativa 2) L’istruttoria 3) La conclusione 4) a) L’INIZIATIVA = avvio del procedimento destinato a sfociare nel provvedimento finale produttivo di effetti nella sfera giuridica del destinatario. L’amministrazione competente ha l’obbligo di procedere (è tenuta ad aprire il procedimento su istanza di parte o d’ufficio) e l’obbligo di provvedere (ha il dovere di portare a conclusione il procedimento attraverso l’emanazione di un provvedimento espresso). - Questi due obblighi si deducono dall’art.2, l.241/1990. Procedimenti su istanza di parte  L’atto di iniziativa consiste in una domanda o istanza formale presentata all’amministrazione da un soggetto privato interessato al rilascio di un provvedimento favorevole (in relazione al quale vanta un interesse legittimo pretensivo).  Tuttavia, non ogni istanza del privato fa sorgere l’obbligo di procedere questo sorge solo in relazione ai procedimenti amministrativi disciplinati nelle leggi amministrative di settore. Procedimenti d’ufficio  L’apertura del procedimento avviene su iniziativa della stessa amministrazione competente a emanare il provvedimento finale.  I procedimenti d’ufficio riguardano soprattutto poteri il cui esercizio determina un effetto restrittivo della sfera giuridica del soggetto privato destinatario (titolare di un interesse legittimo oppositivo). Es: procedimento espropriativo o quello di irrogazione di una sanzione.  In molti casi, l’apertura formale del procedimento avviene all’esito di attività preistruttorie: o Le ispezioni: il potere di ispezione attribuito dalla legge ad autorità di vigilanza (come la CONSOB, Banca d’Italia) è esercitato nei confronti di soggetti privati, in contraddittorio con questo, allo scopo di verificare il rispetto delle normative di settore. o L’ispezione può concludersi con la constatazione che l’attività è conforme alle norme, oppure può far emerge fatti suscettibili di integrare una o più violazioni. Solo in questo ultimo caso sorge in capo all’amministrazione l’obbligo di aprire un procedimento d’ufficio volto a contestare la violazione.  Lo svolgimento di attività preistruttorie e l’avvio del procedimento possono avvenire anche in seguito a denunce o istanze di soggetti privati. Poi rientra nella discrezionalità dell’amministrazione di valutarne la fondatezza. L’amministrazione deve dare comunicazione dell’avvio del procedimento al soggetto o ai soggetti destinatari diretti del provvedimento, cioè a coloro nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti. o La comunicazione deve indicare l’amministrazione competente, l’oggetto del procedimento, il nome del responsabile del procedimento, il termine di conclusione. o Nei procedimenti d’ufficio la comunicazione di avvio del procedimento è funzionale a garantire il contraddittorio. 5) b) L’ISTRUTTORIA = ha lo scopo di accertare i fatti e di acquisire gli interessi rilevanti ai fini della determinazione finale. I fatti da accertare riguardano i requisiti richiesta dalla norma di conferimento del potere ovvero, secondo la l.241/1990, le condizioni di ammissibilità, i requisiti di legittimazione ed i presupposti delle PA). Di regola non devono superare i 90 giorni. Se le amministrazioni non lo fanno, termine di 30 giorni.  In definitiva, l’art.2, l.241/1990, dimostra il principio della certezza del tempo dell’agire amministrativo.  Il termine può essere sospeso per un periodo non superiore a 30 giorni in caso di necessità di acquisire informazioni.  Le leggi e i regolamenti che disciplinano i procedimenti prevedono termini endoprocedimentali relativi ad adempimenti posti a carico dei soggetti privati o relativi ad atti attribuiti alla competenza di altre amministrazioni (es: acquisizione pareri e valutazioni tecniche). o I termini finali ed endoprocedimentali hanno di regola natura ordinatoria (la loro scadenza non fa venire meno il potere di provvedere, né rende illegittimo il provvedimento finale emanato in ritardo) o Solo nei casi in cui la legge qualifichi il termine come perentorio il provvedimento tardivo è considerato viziato. (es: in materia di espropriazione, la dichiarazione di pubblica utilità indica un termine entro il quale il decreto di espropriazione deve essere emanato: il suo decorso determina l’inefficacia della dichiarazione). o I termini previsti per gli adempimenti a carico dei soggetti privati nell’ambito del procedimento hanno invece natura più cogente: il loro decorso fa decadere il soggetto dalla facoltà di porli in essere.  Le conseguenze del ritardo: il mancato rispetto del termine di conclusione del procedimento può far sorgere una responsabilità di tipo disciplinare nei confronti del funzionario o una responsabilità di tipo dirigenziale nei confronti del vertice della struttura. o Un’altra conseguenza può portare all’esercizio del potere sostitutivo da parte del dirigente sovraordinato (art.2, l.241/1990). L’amministrazione individua il soggetto titolare del potere sostitutivo a cui il privato può rivolgersi in caso di ritardo. Questo deve poi concludere il procedimento entro un termine più corto. o L’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento può anche far sorgere l’obbligo di risarcire il danno a favore del privato. b) il silenzio della pubblica amministrazione;  la l.241 prevede la conclusione del procedimento con l’emanazione di un provvedimento espresso.  Tuttavia può accadere che l’amministrazione non concluda il procedimento entro il termine previsto  silenzio della PA. Il silenzio-inadempimento  Fino ad anni recenti il regime ordinario della PA di fronte a istanze o domande presentate da soggetti privati è stato quello del silenzio-inadempimento.  In questi casi l’inerzia mantenuta oltre il termine assume un significato giuridico di inadempimento dell’obbligo formale di provvedere posto dall’art.2, l.241/1990, cioè di concludere il procedimento con un provvedimento di accoglimento o di rigetto dell’istanza.  L’inadempimento non esclude il fatto che l’amministrazione possa emanare il provvedimento anche in ritardo, ferma restando l’eventuale responsabilità per il danno cagionato al privato.  Nei casi di silenzio-inadempimento il privato può proporre al giudice amministrativo un’azione allo scopo di accertare l’obbligo di quest’ultima di provvedere. La l.241/1990 prevede due regimi di silenzio significativo:  Il silenzio-diniego (o rigetto) : il decorso del termine di conclusione del procedimento produce un effetto giuridico di diniego dell’istanza. Questi casi sono stabiliti dalla legge:  es: diritto di accesso ai documenti amministrativi. L.241/1990, art.25, stabilisce che decorsi 30 giorni dalla richiesta, questa si intende respinta. Contro questo tipo di atto di diniego può essere proposto ricorso.  Il silenzio-assenso (o accoglimento ): il decorso del termine produce un effetto giuridico di accoglimento dell’istanza.  L’art.20, l.241 pone una disciplina generale del silenzio-assenso e definisce il campo di applicazione. - Il regime non vale nei casi di provvedimenti autorizzatori (di tipo vincolato) sostituiti dalla SCIA; - Non vale per i procedimenti che riguardano un elenco di interessi pubblici (ambiente, difesa…); - Non vale nei casi in cui la normativa europea impone l’adozione di un provvedimento formale; - Non vale per i procedimenti individuati con decreto del presidente del Consiglio  Il d.lgs.25/11/2016 contiene un lungo elenco di casi di silenzio-assenso.  L’amministrazione può evitare che si formi il silenzio-assenso non soltanto provvedendo nel termine previsto, ma anche indicendo entro 30 giorni dalla presentazione dell’istanza una conferenze dei servizi.  Può essere un modo agevole per l’amministrazione di guadagnare tempo.  Il silenzio-assenso ha valore provvedimentale (provvedimento tacito). Ciò ha 2 conseguenze: 1. Il silenzio può essere oggetto di provvedimenti di autotutela sotto forma di revoca e di annullamento d’ufficio; 2. Può essere impugnato dinanzi al giudice amministrativo (es: da soggetto terzo che vuole contrastare l’avvio dell’attività da parte del soggetto che ha presentato l’istanza).  Conclusione: il silenzio-assenso non fa venire meno l’obbligo di provvedere in capo all’amministrazione, non cambia la struttura del procedimento, ma incide solo sulla fase decisionale, introducendo un incentivo al rispetto del termine. A differenza di quanto accade con la SCIA, resta fermo il modello del controllo ex ante sulle attività private.  Difetti: 1) poiché può applicarsi anche a provv. Discrezionali (quelli vincolati sono sostituiti di regola dalla SCIA), la valutazione di interessi pubblici nei casi di inerzia assoluta dell’amministrazione non viene operata. 2) non soddisfa l’esigenza del privato di certezza in relazione allo svolgimento di attività sottoposte al controllo pubblico. c) L’accordo come modalità consensuale alternativa al provvedimento unilaterale Esiste una modalità alternativa al provvedimento espresso di conclusione del procedimento:  l’accordo integrativo o sostitutivo del provvedimento  Gli accordi pongono l’amministrazione su un piano più paritario rispetto al soggetto privato.  Prima di essere disciplinati dalla l.241, gli accordi erano emersi nella prassi e poi nella legislazione speciale in contesti particolari.  In base alla l.241, l’accordo ha per oggetto il contenuto discrezionale del provvedimento ed è finalizzato a ricercare un miglio contemperamento tra l’interesse pubblico perseguito dall’amministrazione procedente e l’interesse del privato. (Invece i poteri vincolati non possono essere oggetto di accordi perché manca il presupposto per una negoziazione).  L’accordo può essere promosso dal privato (partecipazione tramite presentazione di proposte).  L’amministrazione non è tuttavia obbligata a concludere accordi integrativi o sostitutivi con i privati e può sempre scegliere il provv. unilaterale non negoziato.  Formalmente, gli accordi devono essere stipulati per atto scritto.  Agli accordi si applicano i principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti. Le controversie relative alla loro conclusione ed esecuzione rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.  Accordi integrativi: servono solo a concordare il contenuto del provvedimento finale che viene emanato in attuazione dell’accordo. Quindi il provv. mantiene la sua natura di atto unilaterale produttivo di effetti.  Accordi sostitutivi: gli effetti giuridici si producono in via diretta con la conclusione dell’accordo, senza necessità di un atto formale di recepimento.  Dopo la conclusione dell’accordo, l’amministrazione, per sopravvenuti motivi di interesse pubblico, può recedere dall’accordo. Al potere di recesso si accompagna l’obbligo di liquidare un indennizzo per gli eventuali danni subiti dal privato. 7) Procedimenti semplici, complessi, collegati. Il subprocedimento I procedimenti possono avere, in base alle leggi che li disciplinano, una struttura semplice o complessa.  Procedimenti autorizzatori semplici, nei quali la sequenza procedimentale consiste solo in una domanda o istanza, in un’istruttoria limitata a poche verifiche e in una decisione affidata a un’unica autorità;  Procedimenti complessi, che richiedono accertamenti fattuali, momenti partecipativi, acquisizione di pareri/valutazioni tecniche di altre amministrazioni (es. per l’approvazione di un’opera pubblica). Il subprocedimento:  I procedimenti complessi sono spesso articolati all’interno in subprocedimenti sequenziali, ciascuna avente una unità funzionale autonoma  producono effetti esterni diversi e indipendenti rispetto all’effetto giuridico primario del provvedimento assunto a conclusione del procedimento.  Es: il procedimento per la conclusione di un contratto pubblico prevede nelle procedure ristrette, cioè su invito della stazione appaltante, un subprocedimento, detto di prequalifica. Es di subprocedimento dell’antitrust: - Nei procedimenti sanzionatori di competenza dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato l’impresa inquisita ha la possibilità di proporre all’Autorità che ha avviato il procedimento impegni formali voli a rimuovere l’illecito concorrenziale. - Se l’Autorità approva gli impegni, all’esito di un subprocedimento in contraddittorio, il procedimento si conclude senza ulteriori accertamenti istruttori e senza l’assunzione di un provvedimento sanzionatorio. - Altrimenti, il procedimento prosegue fino all’emanazione di un provvedimento che accerta o meno l’esistenza dell’illecito e irroga, se del caso, la sanzione. o Es: l’autorizzazione unica prevista per la costruzione di impianti di produzione di energia elettrica. L’autorizzazione unica è attribuita alla competenza della regione, la quale convoca una conferenza dei servizi entro 30 giorni dal ricevimento della domanda di autorizzazione. L’autorizzazione è rilasciata a seguito di un procedimento unico al quale partecipano tutte le amministrazioni delegate. o Provvedimento unico statale o regionale in materia ambientale assunto all’esito di una conferenza di servizi che include il provvedimento di valutazione di impatto ambientale.  Lo Sportello Unico = uno strumento organizzativo per rendere più agevole il coordinamento e semplificare i rapporti tra amministrazioni e soggetti privati.  È un ufficio istituito con la funzione di fare da tramite tra i soggetti privati e le amministrazioni competenti a emanare gli atti di assenso, pareri e valutazioni.  Secondo la l.241, presso lo sportello unico va presentata la SCIA. 9) Tipi di procedimento: Ricordiamo la distinzione tra provvedimenti produttivi di effetti restrittivi e effetti ampliativi della sfera giuridica dei destinatari. Procedimenti relativi ai provvedimenti che producono effetti restrittivi sono a), e b). Quelli con effetti ampliativi sono c), d), e). a) L’espropriazione per pubblica utilità Le fonti normative  Inizialmente, la disciplina generale venne posta nella legge 2359/1865.  Oggi la materia è contenuta nel ‘Testo unico in materia di espropriazione’ (2001) che ha operato una unificazione dei procedimenti, prevedendo quattro fasi.  Il Testo unico preciso che l’espropriazione può essere disposta solo nei casi previsti dalle leggi o dai regolamenti.  Inoltre, il potere espropriativo è attribuito a tutte le amministrazioni (Stato, regione, comuni) competenti a realizzare un’opera pubblica. In alcuni casi l’iniziativa può partire anche da un soggetto privato a favore del quale viene emesso il decreto di esproprio. Fase 1: Il vincolo preordinato all’esproprio  Questo instaura un raccordo tra l’attività di pianificazione del territorio e il procedimento espropriativo.  Il vincolo può essere posto all’esito delle procedure di pianificazione urbanistica o in seguito all’approvazione di un progetto di un’opera pubblica.  È prevista la partecipazione dei proprietari ai quali deve essere inviato in anticipo un avviso di avvio del procedimento affinché essi possano formulare entro 30 giorni le proprie osservazioni.  Il vincolo dura 5 anni ed entro questo termine deve intervenire la dichiarazione di pubblica utilità.  Il vincolo costituisce un atto impugnabile innanzi al giudice amministrativo in quanto già produttivo di effetti giuridici nei confronti dei proprietari. Fase 2: La dichiarazione di pubblica utilità  Ha un’efficacia temporalmente limitata (5 anni) e prima della scadenza deve intervenire il decreto di esproprio.  La scadenza del termine ha natura perentoria e comporta l’inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità. Fase 3: Il decreto di esproprio  Determina il trasferimento del diritto di proprietà dal soggetto espropriato al soggetto nel cui interesse il procedimento è stato avviato.  In base al Testo unico, l’efficacia del provvedimento non è immediata, ma è subordinata a due condizioni: infatti l’effetto traslativo si produce in seguito alla notifica e all’esecuzione del decreto, che deve avvenire nel termine perentorio di 2 anni mediante l’immissione in possesso del beneficiario dell’esproprio. Fase 4: L’importo dell’indennità deve essere indicato dal decreto di esproprio  L’importo dell’indennità è quantificato all’esito di una fase in contraddittorio con gli interessati.  Non appena sia divenuta efficace la dichiarazione di pubblica utilità, il promotore della procedura espropriativa formula ai proprietari un’offerta. Questi possono presentare delle osservazioni sul valore dell’indennità che poi vengono valutate dall’autorità procedente. a) Nei 30 giorni successivi i privati possono comunicare all’autorità espropriante una dichiarazione irrevocabile di assenso della proposta  cessione volontaria del bene con il pagamento immediato dell’indennità. b) Se il privato non accetta la proposta, l’autorità competente emana il decreto di esproprio e deposita l’indennità provvisoria rifiutata presso la Cassa depositi e prestiti.  Infine il procedimento prevede la determinazione definitiva dell’importo  Il proprietario che vuole contestarla può avviare un procedimento innanzi alla Corte d’appello per ottenere una determinazione in via giudiziale dell’indennità. Il procedimento di esproprio è espressione di un potere tipicamente unilaterale. Tuttavia l’ordinamento tende a favorire soluzioni consensuali attraverso l’istituto della cessione volontaria del bene. (diritto soggettivo dell’espropriati nei confronti del beneficiario dell’espropriazione).  vantaggi economici. Il procedimento espropriativo può dar luogo ai procedimenti collegati in parallelo. Infatti, una volta avviato il procedimento di espropriazione, l’amministrazione può avviare il procedimento di occupazione d’urgenza al fine di acquisire immediatamente la disponibilità del bene (in casi di urgenza; grandi opere pubbliche). Retrocessione dei beni espropriati: - Consiste nel diritto del soggetto espropriato di riacquistare la proprietà del bene nei casi in cui l’opera pubblica non viene realizzata o non tutto il bene espropriato viene utilizzato. 10) b) Le sanzioni pecuniarie e disciplinari Il procedimento per l’irrogazione delle sanzioni pecuniarie è disciplinato in termini generali dalla legge n. 689/1981 che distingue quattro fasi: 1. La fase dell’accertamento della violazione (prima dell’avvio del procedimento): attività di raccolta e valutazione di elementi suscettibili di integrare una fattispecie di illecito amministrativo. Assunzione di informazioni da parte di agenti accertatori (agenti e ufficiali di polizia giudiziaria o organi amministrativi addetti al controllo). Le attività di accertamento vengono presentate in un verbale redatto dall’agente accertatore. 2. L’ufficio procede alla contestazione dell’illecito al trasgressore , che emerge se l’accertamento fa emergere la violazione di norme amministrative.  La contestazione deve essere notificata entro 90 giorni dall’accertamento (termine perentorio in quanto il suo decorso determina l’estinzione dell’obbligazione del pagamento).  Entro 30 giorni dalla data della contestazione, gli interessati possono presentare difese scritte.  Entro 60 giorni dalla notificazione della contestazione l’interessato può pagare una somma ridotta (oblazione), che estingue l’obbligazione pecuniaria senza che si proceda a un accertamento definitivo dell’illecito. 3. L’autorità procedente, se ritiene privata la violazione all’esito della valutazione degli elementi istruttori, emana l’ordinanza-ingiunzione, che determina l’ammontare della sanzione pecuniaria e impone al trasgressore il pagamento di questa, entro 30 giorni. 4. Il giudizio di opposizione : contro l’ordinanza-ingiunzione può essere proposta opposizione davanti al giudice ordinario entro 30 giorni dalla notificazione del provvedimento. o La giurisdizione del giudice ordinario si giustifica in quanto la situazione giuridica soggettiva del soggetto nei cui confronti viene irrogata la sanzione ha la consistenza di un diritto soggettivo. Le discipline speciali: La l.689/1981, legge general in tema di sanzioni amministrative, subisce di frequente deroghe nelle discipline di settore. Le discipline di settore riguardanti le autorità indipendenti rafforzano il principio del contraddittorio: Es: la CONSOB: il suo regolamento prevede che il soggetto nei cui confronti è avviato il procedimento possa non solo esercitare il diritto di difesa nella fase istruttoria gestita dall’ufficio sanzioni amministrative, ma anche presentare controdeduzioni scritte in replica alla relazione finale inviata da tale ufficio. Le sanzioni disciplinari  Sono previste per i dipendenti delle PA, ma anche per altri soggetti sottoposti a regimi speciali e poteri di vigilanza (es: professionisti iscritti ad albi).  Anche i procedimenti per l’irrogazione delle sanzioni disciplinari prevedono garanzie del contraddittorio: il dipendente sospettato è convocato dall’ufficio competente per i procedimenti disciplinari con un preavviso di 10 giorni per esercitare il diritto di difesa.  Il procedimento si conclude con l’archiviazione o con l’irrogazione della sanzione (rimprovero scritto, sospensione temporanea dal servizio, licenziamento), entro 60 giorni dalla contestazione dell’addebito (termine perentorio  oltre il termine vi è decadenza dall’azione disciplinare). 11) c) Le autorizzazioni. Il permesso a costruire e la valutazione di impatto ambientale Disciplina generale delle autorizzazioni: ricadono nel campo di applicazione della direttiva 2006/123/CE, relativa ai servizi nel mercato interno (che enuncia i principi posti nella l.241/1990).  Gli stati membri devono istituire sportelli unici presso i quali gli interessati possono svolgere le procedure. Riassunto: Il principio di responsabilità dei funzionari e delle pubbliche amministrazioni è previsto dall’art.28 Cost: i funzionari e i dipendenti dello Stato e degli pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti. In tali casi, la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici. Ciò non esclude forme più intense di responsabilità delle pubbliche amministrazioni, inclusa la risarcibilità dei danni per lesione di interessi legittimi, come stabilito da una celebra sentenza della Corte di Cassazione (22 luglio 1999, n.500). 1. Premessa In Italia, ai pubblici poteri è stata a lungo riservata, sul piano di responsabilità civile, una posizione di immunità. La responsabilità della PA per fatti illeciti dei propri funzionari, si è affermata a tra l’800 e il ‘900, in corrispondenza con l’affermarsi dello Stato di diritto. Il principio di responsabilità della pubblica amministrazione è l’esito di un’evoluzione storica:  Epoca antecedente allo Stato di diritto: principio dell’immunità del sovrano  Fine Ottocento: immunità della pubblica amministrazione (giustificata dall’esigenza di tutelare gli interessi pubblici).  Con l’affermarsi dello Stato di diritto, l’immunità della PA venne erosa. si affermò la tesi secondo la quale la PA è responsabile nei confronti di terzi in relazione agli “atti di gestione”, ossia quelli compiuti su un piano di parità con i soggetti privati.  L’art. 340 (comma 2) del TFUE concretizzò questo principio: stabilisce che in materia di responsabilità extracontrattuale l’UE deve risarcire i danni arrecati dalle sue istituzioni o dai suoi agenti nell’esercizio delle loro funzioni = la PA deve rispondere per danni arrecati a terzi. 2 modelli di responsabilità della PA (a livello europeo): a) Il modello che fu adottato in Gran Bretagna, si fonda sul principio della responsabilità personale del dipendente pubblico nei confronti di terzi danneggiati. b) Il modello adottato in Germania, che si fonda sul principio opposto della responsabilità oggettiva indiretta dell’apparato, nel suo ruolo di datore di lavoro del dipendente che ha posto in essere l’illecito. La responsabilità dell’amministrazione e dei suoi funzionari necessita un bilanciamento tra varie esigenze: - Rifondere pienamente i privati dei danni subiti; - Scoraggiare comportamenti illeciti da parte dei dipendenti pubblici; - Evitare il rischio di un eccesso di deterrenza (può costituire un freno all’attività della PA). 2. L’art.28 della Costituzione e gli sviluppi successivi La responsabilità della PA in Italia è disciplinata dall’art.28 Cost: “i funzionari e i dipendenti dello Stato e degli pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti. In tali casi, la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici”. La responsabilità diretta delle amministrazioni L’art.28 al momento della sua introduzione in Cost., ha creato forti dissidi: l’articolo sembra porre in primo piano la responsabilità del dipendente e solo in via subordinata la responsabilità dell’apparato amministrativo. In realtà, l’articolo 28 originò dalla riformulazione di una disposizione concepita dai costituenti per rafforzare la tutela dei diritti di libertà (idea originaria) sanciti dalla Costituzione. La formulazione finale quindi riconduce alla disposizione, già affermatosi nei decenni precedenti, che pone in primo piano la responsabilità della PA che risponde immediatamente e direttamente per i fatti illeciti dei dipendenti.  Già prima della Costituzione, infatti, la responsabilità degli apparati pubblici derivante da comportamenti illeciti veniva ricostruita come responsabilità diretta che sorge in base al rapporto organico intercorrente tra l’agente e l’amministrazione di appartenenza  a questa si riconduce direttamente l’attività dell’agente.  Motivo: da un punto di vista formale non è il dipendente pubblico che opera, ma l’ente di appartenenza.  Quindi, anche in caso di attività illecita posta in essere dal dipendente nell’ambito delle sue mansioni, la responsabilità sorge esclusivamente in capo all’amministrazione. Solo per alcune categorie di dipendenti pubblici (giudici, cancellieri, ufficiali giudiziari…) delle leggi speciali pre-costituzione avevano previsto una responsabilità personale del dipendente con esclusione della responsabilità dell’apparato. Gli sviluppi giurisprudenziali: La giurisprudenza ha via via ridotto le aree di immunità. o Es: ha affermato che la responsabilità ai sensi dell’art. 2051 cod.civ per danni da insufficiente manutenzione delle strade pubbliche è esclusa solo quando vi è un’impossiblità di esercizio di un potere di controllo. Anche la Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionali varie leggi che riconoscevano esenzioni dalla responsabilità a favore dell’amministrazione.  l’evoluzione normativa e giurisprudenziale nel nostro ordinamento ha fatto confluire sempre di più la responsabilità della PA nel diritto comune. 3. La responsabilità civile da comportamento illecito La responsabilità della PA e dei suoi agenti riferita a soli comportamenti, cioè condotte non ricollegabili all’esercizio di un potere, va analizzata tenendo distinti tre rapporti: 1) Il rapporto tra il danneggiato e il dipendente pubblico che ha provocato un comportamento illecito; 2) Il rapporto tra il danneggiato e la PA nella quale lavora il dirigente pubblico; 3) Il rapporto interno tra dipendente e amministrazione di appartenenza. Il Carattere diretto e solidale della responsabilità del dipendente  La responsabilità del funzionario e dell’amministrazione per danni provocati a terzi è una responsabilità diretta di tipo solidale (perché dietro il dipendente c’è l’amministrazione).  Il danneggiato può scegliere liberamente se agire contro il dipendente, contro l’amministrazione o contro entrambi. Per prassi, l’azione risarcitoria viene esperita soltanto nei confronti dell’amministrazione. Il presupposto della colpa grave:  La responsabilità della PA è più ampia di quella del dipendente. Infatti, la responsabilità personale del dipendente per danni provocati nell’esercizio delle sue funzioni è limitata solo ai casi di dopo o colpa grave (art.23 Testo unico).  In caso di colpa lieve, l’azione risarcitoria può essere proposta solo nei confronti della PA. L’azione di regresso  L’amministrazione che ha risarcito il terzo del danno provocato dal dipendente può esercitare un’azione di regresso contro quest’ultimo secondo i principi di responsabilità amministrativa (at.22 Testo unico). L’illecito civile: - Illecito civile (art.2043 cov.civ). - Distinzione: a) Illecito causato da meri comportamenti degli agenti della PA; b) illecito conseguente all’emanazione di provvedimenti amministrativi illegittimi. (questo è divenuto attuale dopo la sentenza della Corte di Cassazione n.500/1999). a) La responsabilità dei meri comportamenti o in base all’art.2043 cov.civ, per essere risarcibile, il danno deve essere riconducibile a una condotta colposa o dolosa dell’agente + deve sussistere un nesso di causalità tra condotta ed evento pregiudizievole. o Affinché sorga la responsabilità occorre quindi un nesso di “occasionalità necessaria” tra attività illecita e funzioni del dipendente. A questo fine occorre verificare se il comportamento colposo o anche doloso sia comunque collegato a un interesse dell’amministrazione o se l’esercizio delle funzioni abbia determinato una situazione da rendere possibile il fatto illecito. o Es. sussiste il nesso di occasionalità necessaria nel caso di un militare che aggredisce un commilitone in caserma per rivalità personali. o Tuttavia il nesso di occasionalità resta controverso e la questione è stata rimessa alle Sezioni Unite della corte di cassazione. b) Illecito conseguente all’emanazione di provvedimenti amministrativi Illegittimi o La giurisprudenza, prima della sentenza n.500/1999 della corte di cassazione, riteneva che un danno potesse essere definito come ingiusto solo se conseguente alla lesione di un diritto soggettivo. Veniva così esclusa la risarcibilità dei danni causati da provvedimenti illegittimi lesivi di interessi legittimi, mentre essa era ammessa con riguardo ai meri comportamenti degli agenti della PA. o D’altronde, già in precedenza la giurisprudenza aveva esteso l’ambito della responsabilità della PA a casi in cui emergeva un collegamento con l’esercizio di poteri amministrativi correlati agli interessi legittimi oppositivi.  Es: occupazione di un terreno avvenuta in esecuzione di un provvedimento di espropriazione illegittimo. Il proprietario leso in un suo interesso legittimo poteva proporre un’azione di annullamento innanzi al giudice amministrativo. In caso di accoglimento del ricorso, l’avvenuta occupazione del terreno diventava illecita e la posizione dell’amministrazione diventava assimilabile a quella di un privato che si fosse impossessato del terreno, un comportamento illecito ai sensi dell’art.2043 cod.civ. Una volta annullato il provvedimento di revoca da parte del giudice amministrativo, il danno da risarcire era quello conseguente alla lesione del diritto soggettivo a svolgere l’attività. Questo comportava la necessità di instaurare due giudizi: prima Capitolo 10: Il Personale 1) Premessa Le PA per svolgere le proprie attività devono dotarsi di personale. Il rapporto di lavoro dei dipendenti delle PA è disciplinato da un complesso di regole speciali, oggi riordinate nel d.lgs. n.165/2001. Fino alla fine del XIX secolo, il rapporto di lavoro dei dipendenti delle PA aveva prevalentemente una concezione privatistica.  Le controversie rientravano nell’ambito della giurisdizione del giudice ordinario. La concezione pubblicistica emerse verso la fine del XIX secolo per varie ragioni, tra cui:  Emerse la consapevolezza che ai dipendenti pubblici dovessero essere riconosciute alcune garanzie e assicurare una maggiore imparzialità dell’attività amministrativa. La concezione pubblicistica  Poiché i dipendenti pubblici esercitano funzioni pubbliche, anche il rapporto di lavoro può essere attratto nel regime pubblicistico dell’organizzazione amministrazione.  Infatti, il dipendente pubblico, con l’atto di accettazione della nomina, acquista uno status che lo differenzia da quello del comune cittadino. Il dipendente pubblico è sottoposto a un rapporto di supremazia speciale rispetto all’amministrazione di appartenenza connotato da particolari doveri (obbedienza, fedeltà, segreto d’ufficio) e da limiti all’esercizio di taluni diritti.  La concezione pubblicistica prevede che il rapporto di impiego è regolato da due tipi di atti: 1. Per gli aspetti generali, da atti normativi (leggi e regolamenti emanati dalle amministrazioni); 2. Per gli aspetti relativi alla posizione del singolo dipendente, da provvedimenti amministrativi unilaterali incidenti sia sulla costituzione del rapporto (selezione tramite concorso pubblico), sia sullo svolgimento.  (La prima legislazione improntata alla concezione pubblicistica fu stabilita nel Testo unico approvato con d.p.r n.3/1957, rimasto in vigore fino agli anni ’90.)  Le controversie nascenti dal rapporto di impiego sono attribuite alla competenza del giudice amministrativo. I principi costituzionali  La Costituzione stabilisce prima di tutto che i pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione (art. 98, comma 1). Cioè sono investiti di una funzione neutrale e non possono essere sottomessi agli interessi della politica della quale sono espressione invece i vertici delle amministrazioni (ministri, sindaci, ecc.).  Essi sono visti come garanti, oltre che del buon andamento, dall’imparzialità dell’amministrazione (art. 97).  In funzione di questo obiettivo, l’accesso ai pubblici impieghi avviene di regola tramite concorso (art. 97, comma 3).  Inoltre l’accesso ai pubblici uffici deve essere garantito a tutti i cittadini in condizione di eguaglianza (art.51) e i cittadini ai quali sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina e onore, prestando anche giuramento (art. 54, comma 2). In epoca successiva alla Costituzione, la concezione pubblicistica recepita nel Testo unico del 1957 entrò in crisi per 2 ragioni: 1. L’affermarsi anche nel pubblico impiego della pretesa a un riconoscimento pieno dei diritti sindacali 2. L’esigenza di promuovere flessibilità ed efficienza nella gestione degli apparati amministrativi in coerenza con una visione aziendalistica della PA. La privatizzazione dell’impiego pubblico All’inizio degli anni ’90 venne avviato il processo di riforma legislativa che portò all’assetto normativo attuale recepito nel decreto legislativo n.165/2001 .  La riforma si ispirava alla concezione privatistica e si inseriva all’interno di un disegno più ampio di riassetto della PA volto ad accrescerne l’efficienza e a contenere la spesa pubblica. Il processo si è articolato in due fasi: 1. La prima si aprì con il d.lgs. n.29/1993, che operò una privatizzazione del rapporto di impiego dei dipendenti pubblici. 2. La fase successiva incluse nel regime privatistico anche i dirigenti generali.  Le disposizioni legislative vennero poi riordinate nel d.lgs. 165/2001 che contiene oggi il corpo fondamentale della disciplina del rapporto di lavori dei dipendenti pubblici. 2) Le fonti di disciplina del rapporto di lavoro Il campo di applicazione delle norme generali dell’impiego pubblico privatizzato contenute nel d.lgs. n. 165/2001 è definito nell’art. 1, che individua un elenco molto ampio di amministrazioni pubbliche (Stato, enti territoriali, camere di commercio, ecc.) i cui dipendenti ricadono nel regime privatistico (art. 2, comma 2). Però alcune categorie di personale restano sottoposte al diritto pubblico. Esse sono il personale militare e delle forze di polizia, i magistrati, gli avvocati dello Stato, il personale diplomatico, ecc. (art. 3). Per queste categorie continuano ad essere applicate regole pubblicistiche. Tutte le controversie sono attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Per il personale che fa parte del regime privatistico il sistema delle fonti dà origine a un diritto privato differenziato. Infatti, il rapporto di lavoro è disciplinato dalle disposizioni del codice civile e dalla legge sui rapporti di lavoro subordinato dell’impresa. In aggiunta alle disposizioni legislative generali e speciali di livello primario, il rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici è regolato da due tipi di strumenti privatistici: i contratti collettivi e i contratti individuali (art. 2, comma 3).  La contrattazione collettiva “determina i diritti e gli obblighi direttamente pertinenti ai rapporti di lavoro, nonché le materie relative alle relazioni sindacali.” (art.40, comma 1)  I contratti individuali , che instaurano il rapporto di lavoro tra dipendente e amministrazione di regola all’esito di un concorso pubblico, devono garantire le parità di trattamento, in particolare per quanto riguarda gli aspetti retributivi previsti nei contratti collettivi (art. 2, comma 3) La contrattazione collettiva: 1. L’ambito della contrattazione collettiva:  La contrattazione collettiva è ammessa entro uno spazio delimitato dal d.lgs.n.165/2001.  Sono escluse da essa le materie che riguardano l’organizzazione degli uffici che sono disciplinate da ciascuna amministrazione, secondo i principi generali stabiliti dalla legge.  Sono inoltre escluse le materie che riguardano le prerogative degli uffici i quali sono preposti all’organizzazione dei medesimi alla gestione dei rapporti di lavoro.  Sono anche escluse le materie relative al conferimento e alla revoca degli incarichi dirigenziali, alla determinazione dei ruoli e dotazioni organiche, ai procedimenti per l’accesso al lavoro…  complessivamente, la tendenza legislativa più recente è dunque nella direzione di ridurre gli spazi della contrattazione collettiva. 2. Per quanto riguarda le modalità organizzative e procedurali, ci sono due aspetti importanti: a) I livelli di contrattazione collettiva :  la legislazione vigente delinea un sistema a cascata, perché spetta alla contrattazione collettiva disciplinare la struttura contrattuale, i rapporti tra i diversi livelli e la durata dei contratti collettivi nazionali e integrativi.  In particolare, il d.lgs. n.165/2001 prevede tre livelli di contrattazione: o il primo serve a individuare i comparti che includono categorie di personale dipendente da amministrazioni omogenee (es: comparto degli enti locali); o al di sotto degli accordi sui comparti opera il secondo livello costituito dai contratti collettivi nazionali (essi determinano gli aspetti economici e giuridici del rapporto di lavoro e le materie, vincoli, procedure relative ai contratti collettivi decentrati);  Altre sanzioni disciplinari specifiche sono state introdotte nella legge anticorruzione: essa prevede che la violazione dei doveri contenuti nel Codice di comportamenti dei dipendenti pubblici è fonte di responsabilità disciplinare. Il procedimento per l’irrogazione delle sanzioni: è regolato per legge (art.55-bis d.lgs.n.165/2001). a) Per le sanzioni di minore gravità come il rimprovero verbale, il procedimento è avviato dal dirigente attraverso la contestazione degli addebiti formulata entro 20 giorni. Il procedimento prevede una fase di contraddittorio e si conclude con l’archiviazione o l’irrogazione della sanzione. b) Per le sanzioni più gravi, il procedimento è promosso da un ufficio competente per i procedimenti disciplinari istituito da ciascuna amministrazione e il procedimento prevede termini più lunghi. In aggiunta alla responsabilità disciplinare, i dipendenti pubblici sono sottoposti anche a un tipo di responsabilità sconosciuta in ambito di lavoro privato, cioè la responsabilità amministrativa per danno erariale accertata dalla Corte dei conti. Anche la responsabilità penale dei dipendenti pubblici ha profili di specialità rispetto a quello dei dipendenti privati. Il codice penale individua una serie di reati propri, riferiti a coloro che abbiano la qualifica di pubblico ufficiale. La tutela giurisdizionale  Le controversie relative ai rapporti di lavoro dei dipendenti pubblici che ricadono nel regime di privatizzazione sono devolute al giudice ordinario (art.63, d.lgs.165/2001).  Restano tuttavia devolute al giudice amministrativo le controversie in materia di procedure concorsuali per l’assunzione dei dipendenti pubblici perché esse involgono esclusivamente situazioni giuridiche qualificabili come interessi legittimi. 4) La dirigenza pubblica  In origine secondo il modello cavouriano di organizzazione gerarchica dei ministeri, tutti i poteri decisionali erano attribuiti all’organo di vertice, cioè al ministro in carica.  Con l’estendersi delle PA e dei loro compiti il modello gerarchico mostrò i suoi limiti  anni ’70 prese forma un modello diverso che prevedeva l’istituzione di una nuova categoria di personale professionale costituita dalla dirigenza pubblica articolata in 3 qualifiche (dirigente generale, dirigente superiore, primo dirigente).  La riforma che privatizzo il rapporto di lavoro dei dipendenti avviata all’inizio degli anni ’90, aveva tra i suoi obiettivi la valorizzazione della dirigenza.  Il nuovo modello introduce 2 prospettiva: a) La dirigenza deve essere dotata di adeguati poteri e risorse gestite in autonomia per poter raggiungere gli obiettivi prefissati (la dirigenza pubblico assume un ruolo analogo a quello del manager privato). b) Il nuovo modello introduce il principio della separazione tra politica e amministrazione. Esso cerca di conciliare due principi in tensione tra loro: il principio democratico e il principio di imparzialità di cui all’art.97 Cost. Nel d.lgs.n.165/2001 il punto di equilibrio tra i due principi include due questioni principali: 1. La ripartizione delle competenze :  il decreto legislativo attribuisce ai vertici politici delle amministrazioni soltanto funzioni di indirizzo politico-amministrativo e di controllo, e riserva ai dirigenti la responsabilità della gestione, inclusa l’emanazione di provvedimenti amministrativi di tipo discrezionale, nonché la gestione finanziaria, tecnica e amministrativa.  Le funzioni della dirigenza si differenziano a seconda che si tratti di dirigenti di uffici dirigenziali generali e dirigenti preposti a unità organizzative di livello inferiore (dirigenti di primo livello): a) I primi hanno funzioni di impulso generale degli uffici, di coordinamento e controllo dei dirigenti. Hanno anche il compito di formulare proposte e di esprimere pareri al vertice politico. b) I dirigenti di primo livello curano l’attuazione del progetto e degli obiettivi assegnati dai dirigenti generali, svolgono compiti da questi delegati, coordinano l’attività degli uffici, adottano i provvedimenti amministrativi… 2. Il conferimento degli incarichi dirigenziali e la responsabilità dirigenziale :  Il nuovo modello di rapporto tra politica e amministrazione prevede una durata temporale limitata degli incarichi dirigenziali che sono attribuiti dal vertice politico dell’amministrazione.  I dirigenti pubblici sono soggetti a verifica periodica della rispondenza di risultati dell’attività amministrativa e della gestione agli indirizzi impartiti dai vertici politici. In caso di mancato raggiungimento degli obiettivi opera una particolare forma di responsabilità aggiuntiva rispetto alla responsabilità disciplinare prevista anche per i dirigenti in caso di violazione di doveri: la responsabilità dirigenziale. Questa può sorgere per il mancato raggiungimento di obiettivi, per l’inosservanza delle direttive impartite dal vertice politico, per la violazione del dovere di vigilanza sul rispetto da parte del personale degli standard qualitativi e quantitativi di performance. Essa può comportare il mancato rinnovo dell’incarico dirigenziale, la revoca dell’incarico, il recesso dal rapporto di lavoro. Capitolo 12: I contratti 1) Premessa Le amministrazioni pubbliche, godono di una capacità generale di diritto privato. In particolare, esse possono stipulare contratti per l’acquisto di beni e servizi e per l’esecuzione di lavori necessari per il perseguimento delle finalità di interesse pubblico. Quando stipulano un contratto, le amministrazioni sono soggette a regole di natura pubblicista volte a tutelare gli interessi delle stesse amministrazioni e a garantire la par condicio tra i potenziali contraenti. Dunque,  la fase di formazione del vincolo contrattuale è retta da regole di diritto pubblico e si sviluppa in una sequenza procedimentale che culmina nell’emanazione di un provvedimento di aggiudicazione;  la fase di esecuzione del contratto è invece retta dalle regole del diritto privato . Il Codice dei contratti pubblici (2016) riflette questa visione e pone due criteri di integrazione della disciplina: a) stabilisce che alle procedure di affidamento dei contratti pubblici (fase di formazione del vincolo) si applicano le disposizioni sul procedimento amministrativo di cui alla l.241/1990. b) Prevede che alla stipula del contratto e alla fase di esecuzione si applicano le disposizioni del codice civile. In origine, la disciplina dei contratti della PA è stata contenuta nella normativa sulla contabilità dello Stato. Essa prevedeva procedura a evidenza pubblica sia per i contratti attivi dello Stato, dai quali derivava un’entrata, sia per i contratti passivi, che comportano un’uscita. Tuttavia, le norme di contabilità non garantivano la par condicio dei partecipanti. A partire dagli anni ’80, soprattutto in seguito al recepimento delle direttive europee, muta radicalmente l’impostazione della disciplina. Essa prevede ora l’esigenza di aprire il mercato degli appalti pubblici alla concorrenza a livello europeo in attuazione del principio di libera circolazione intracomunitaria dei beni e servizi. Vengono dunque introdotte regole volte a promuovere la pubblicità dei bandi di gara e la trasparenza della procedura. Inoltre, le direttive europee privilegiano maggiori spazi di discrezionalità dell’amministrazione poiché questo consente di valutare meglio le offerte delle imprese valorizzando gli elementi qualitativi di queste. Il nuovo Codice cerca di intervenire sulla struttura del mercato degli appalti su più punti, tra cui: - Rafforza i poteri di vigilanza e di regolazione dell’ANAC; - Introduce un sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti volto a valutare la loro capacità tecnica ad avviare procedure di gara; - Istituisce un albo dei commissari per la valutazione delle offerte gestito dall’ANAC Le fonti normative interne al Codice  I contratti pubblici hanno subito l’influsso del diritto europeo: Il Codice dei contratti pubblici recepisce le direttive 2014/24/UE (appalti), 2014/25/UE (settori speciali).  L’ultima importante modifica del Codice è avvenuta con la l.55/2019.  La disciplina generale stabilita a livello statale è adottata nell’esercizio della competenza legislativa esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza. Essa può essere integrata dalle leggi regionali che però hanno spazi limitati di adattamento.  Tra le fonti di disciplina dei contratti pubblici rientrano anche i capitolati generali e speciali (essi possono contenere la disciplina di dettaglio e tecnica della generalità dei contratti o di specifici contratti stipulati dalle amministrazioni. Nei casi in cui sono menzionati nel bando di gara, i capitolati costituiscono parte integrante del contratto. Le fonti esterne al Codice: I contratti pubblici sono disciplinati per aspetti specifici anche da fonti esterne al Codice: 1. La legge anticorruzione (n.190/2012) individua tra i settori più a rischio le modalità per l’affidamento dei contratti pubblici.  obblighi di trasparenza da parte della stazione appaltante per abbattere fenomeni corruttivi.  patti di integrità e i protocolli di legalità sottoscritti dalla stazione appaltante con le imprese. (Il mancato rispetto di questi costituisce causa di esclusione dalla gara). 2. Il Codice penale contiene disposizioni che individuano alcune figure specifiche di reato. 3) Le procedure di affidamento  L’affidamento dei contratti pubblici avviene tramite un procedimento amministrativo che si articola in più fasi (art.32). Fase 1: La delibera a contrarre e il bando di gara  L’avvio del procedimento da parte delle amministrazioni aggiudicatrici è disposto dalla delibera a contrarre  consiste in un atto unilaterale dell’amministrazione che individua gli elementi essenziali del contratto e i sistemi di selezione dei contraenti.  Poi segue la pubblicazione di un bando di gara (deve essere conforme a bandi-tipo predisposti dall’ANAC e contenere le informazioni relative allo svolgimento della procedura e all’oggetto del contratto). Al bando è usualmente allegato uno schema di contratto, un capitolato tecnico e, nel caso di lavori pubblici, il progetto.  Nella redazione del bando, l’amministrazione gode di ampia discrezionalità soprattutto per quanto riguarda l’individuazione dell’oggetto del contratto, dei requisiti minimi di partecipazione e dei criteri di valutazione delle offerte.  Di solito il bando di gara non costituisce un atto immediatamente lesivo e può essere impugnato insieme all’atto conclusivo del procedimento, cioè all’aggiudicazione definitiva (tranne casi di discriminazione evidente).  Per consentire la partecipazione alle gare anche di imprese piccole o prive di tutti i requisiti del bando, intervengono alcuni istituti: o I consorzi stabili : formai da almeno 3 imprese che si impegnano a operare in modo congiunto nel settore dei contratti pubblici per almeno 5 anni. o Raggruppamenti temporanei d’imprese : istituiti con riferimento a una singola procedura di gara e non richiedono la costituzione di un’entità giuridica separata. o L’avvalimento : consente a un’impresa che partecipa alla procedura di dimostrare requisiti economici, tecnici o organizzativi richiesti dal bando e che essa non possiede rivolgendosi a un’impresa ausiliaria che si impegna contrattualmente a metterli a disposizione. Fase 2: Selezione dei partecipanti con uno dei sistemi indicati nel bando tra quelli previsti dal Codice. Questo individua 3 tipi di procedure: a) Le procedure aperte: sono quelle nelle quali ciascun operatore economico interessato può presentare un’offerta. (corrisponde all’asta pubblica); b) Le procedure ristrette: sono quelle alle quali ogni operatore economico può chiedere di partecipare, ma possono presentare un’offerta solo coloro che vengono invitati dalle stazioni appaltanti (corrispondono all’appalto concorso); c) Le procedure negoziate: sono ammesse in via eccezionale nei casi indicati dal Codice. Sono quelle nelle quali l’amministrazione consulta, in modo meno formale, gli operatori economici da essa prescelti e negozia con uno o più le condizioni del contratto.  Può essere richiesta o meno la pubblicazione di un bando.  Es: non è richiesta quando per ragioni tecnici vi sia un solo fornitore sul mercato. Nelle procedure ristrette e quelle negoziate, la fase della valutazione delle offerte è preceduta da una fase di prequalifica:  le stazioni appaltanti selezionano le imprese da invitare a presentare l’offerta che sono in possesso di requisiti minimi predeterminati. I criteri sono indicati nel bando e devono essere oggettivi, non discriminatori e proporzionati. Tassatività delle clausole di esclusione e soccorso istruttorio: o L’art.83, comma 8, del Codice prevede che i casi di esclusione dalle procedure per irregolarità o carenza di requisiti sono solo quelli espressamente previsti dal Codice. o Inoltre, il Codice limita la possibilità di escludere le offerte per carenze formali imponendo alle stazioni appaltanti di attuare il “soccorso istruttorio” (distinzione tra irregolarità essenziali e non essenziali). Fase 3: La Valutazione delle offerte  Questa fase serve ad indicare, tra i partecipanti alla procedura, l’impresa con la quale l’amministrazione stipulerà il contratto.  A questo scopo, l’art.95 del Codice individua due criteri per individuare l’offerta economicamente più vantaggiosa: il prezzo più basso e il miglior rapporto qualità/prezzo.  Il secondo criterio richiede una valutazione discrezionale degli elementi di tipo qualitativo.  La valutazione tecnico-discrezionale è affidata a una commissione giudicatrice, composta da funzionari della stazione appaltante o esperti esterni, nominata dalla stazione appaltante all’esito di un pubblico sorteggio da una lista di candidati iscritti all’albo. La lista viene comunicata dall’ANAC. Fase 4: L’aggiudicazione  A conclusione dei lavori, la commissione giudicatrice formula una graduatoria e viene quindi dichiarata l’aggiudicazione a favore del miglior offerente.  Prima dell’aggiudicazione definitiva viene svolto un controllo sulla regolarità delle operazioni di gara. Esso si conclude con l’approvazione con un atto di approvazione della stazione appaltante che deve intervenire entro 30 giorni superati i quali si forma il silenzio- assenso.  L’efficacia dell’aggiudicazione definitiva (cioè dell’accettazione dell’offerta risultata prima in graduatoria) è subordinata ad un ulteriore controllo  accerta il possesso effettivo da parte dell’impresa selezionata dei requisiti di partecipazione autodichiarati.  Quando diventa efficace l’aggiudicazione definitiva, l’amministrazione procede alla stipula del contratto entro un termine.  Se decorre il termine inutilmente l’aggiudicatario può sciogliersi dal vincolo contrattuale. Fase 5: L’attivazione di un subprocedimento di verifica  Il procedimento di aggiudicazione richiede talvolta l’attivazione di un subprocedimento di verifica quando la stazione appaltante individua delle anomalie nelle offerte.  Il subprocedimento di verifica avviene in contraddittorio con l’impresa sospettata di aver presentato un’offerta fuori mercato o in perdita. Infatti l’impresa può presentare giustificazioni scritte.  Il provvedimento di esclusione eventuale deve essere motivato e costituisce un atto impugnabile dall’offerente escluso. Procedure innovative prevista dal Codice: 1. Il dialogo competitivo = una procedura che può essere utilizzata in caso di appalti nei quali la stazione appaltante non ha le conoscenze necessarie per individuare le soluzioni tecniche, giuridiche o finanziarie di un progetto e ha dunque la necessità di un confronto preliminare con le imprese. Dunque il bando di gara è più generico e successivamente la stazione appaltante invita le imprese ammesse alla procedura a un dialogo informale (ma verbalizzato) per individuare le migliori soluzioni. 2. Le aste elettroniche = sono previste per i casi in cui l’aggiudicazione può avvenire sulla base di elementi espressi in valori numerici precisi tali da poter essere computati in modo automatico con mezzi informatici. Nel corso dell’asta le imprese invitate inviano con mezzi elettronici i prezzi e ricevono in tempo reale la rispettiva posizione in graduatoria. 3. L’accordo quadro (si riferisce soprattutto alle forniture e ai servizi) = è un contratto il cui scopo è quello di stabilire le condizioni e le clausole relative a singoli appalti da aggiudicare in un determinato periodo di tempo. L’accordo quadro è aggiudicato all’esito di una procedura ordinarie a seguito della quale vengono individuate una o più imprese. Gli accordi quadro sono spesso stipulati dalle centrali di committenza (= amministrazioni aggiudicatrici che acquistano forniture o servizi, aggiudicando appalti di lavoro o accordi quadro destinati ad altre amministrazioni). 4) L’esecuzione del contratto Come detto, una volta stipulato il contratto, la sua esecuzione avviene secondo i principi generali del diritto privato. Il Codice contiene una disciplina speciale soprattutto per quanto riguarda i lavori pubblici. L’esatto adempimento da parte dell’impresa aggiudicataria è garantito da idonee garanzie assicurative. Vige poi il principio dell’invariabilità del contratto.  Alcune regole sulle modifiche delle condizioni contrattuali originarie:  Il Codice pone in primo luogo la regola della tassatività delle varianti in corso d’opera, cioè delle modifiche alle prestazioni previste nel contratto. o Esse sono ammesse, in particolare nei lavori pubblici, solo in pochi casi (cause impreviste, errori progettuali). o Comunque non possono aumentare il valore del contratto superiore a 1/5. o Le varianti sono sottoposte al controllo dell’ANAC.  In secondo luogo, regole particolari sono previste per l’adeguamento dei prezzi. Le clausole di revisione dei prezzi devono essere previste nei documenti di gara iniziali in modo chiaro.  In terzo luogo, il contratto non può essere ceduto dall’impresa affidataria a soggetti terzi. Tuttavia, entro il limite di importo del 50% delle prestazioni previste dal contratto, è ammesso il subappalto, cioè l’affidamento da parte dell’impresa aggiudicataria di parte delle prestazioni ad altre imprese di propria fiducia. La scelta di procedere al subappalto deve essere dichiarata dall’impresa già quando presenta l’offerta. Alla fase di esecuzione del contratto è preposto, per conto della stazione appaltante, un direttore dei lavori.  Nel settore dei lavori pubblici, il direttore costituisce l’interlocutore principale dell’impresa aggiudicataria dal momento della consegna dei lavori dopo che il contratto è diventato efficace fino alla completa esecuzione dei medesimi.  Il direttore dei lavori esercita funzioni di controllo tecnico, contabile e amministrazione dell’esecuzione.  L’andamento dei lavori è riportato in un giornale dei lavori ed è previsto anche un registro di contabilità, tenuto dal direttore dei lavori. In questo registro l’esecutore dei lavori iscrive le riserve = eccezioni e contestazioni relative all’andamento dei lavori e alle richieste del direttore dei lavori. (es: prescrizione di una lavorazione con una tecnica più costosa). Il contenzioso amministrativo (Stati Pre-unitari): Il contenzioso amministrativo includeva un complesso di organi, commissioni e tribunali speciali separati dai tribunali ordinari che risolvevano controversie in cui era interessato il potere esecutivo (erano organismi dipendenti dal sovrano, non erano organi di amministrazione attiva, dunque non potevano essere considerati giudici in senso proprio). In Italia il sistema del contenzioso amministrativo prese piede in seguito all’occupazione napoleonica. Con l’unificazione nazionale nel 1861, si decise che il contenzioso amministrativo non era in linea con la nuova visione dello Stato liberale (la giustizia non può essere elargita per grazia del sovrano ma da un giudice in senso proprio); il modello ritenuto più conforme ai principi dello Stato liberale fu quello del giudice ordinario (1865-1889) che si occupò delle controversie tra cittadino e PA. La legge 20 Marzo 1865, n.2248:  Abolisce il contenzioso amministrativo  attribuisce la tutela dei diritti politici e civili del cittadino al giudice ordinario (però con un limite secondo il principio della separazione dei poteri).  Limite: art. 4  il giudice ordinario non può emanare sentenze di annullamento di un atto amministrativo e in più generale di una sostituzione diretta o indiretta della volontà espressa dell’amministrazione con l’atto amministrativo.  Art.5: attribuisce al giudice ordinario di emanare solo sentenze dichiarative che determinano la disapplicazione del provvedimento illegittimo lesivo del diritto soggettivo. Le carenze della legge del 1865 La legge del 1865 portò ad una situazione nella quale il cittadino si trovò ancor meno tutelato nei suoi rapporti con l’amministrazione a causa di 4 fattori: 1) L’incerta determinazione dell’ambito di cognizione del giudice ordinario. 2) L’assenza di strumenti efficaci per indurre l’amministrazione a conformarsi al giudizio del giudice ordinario. 3) L’assenza di rimedi giurisdizionali per gli interessi individuali diversi dai diritti soggettivi, cioè gli interessi legittimi (che in precedenza potevano essere tutelati in parte all’interno del sistema del contenzioso amministrativo). 4) La giurisprudenza riteneva che l’atto amministrativo ancorché illegittimo, fosse comunque imperativo, cioè idoneo a produrre gli effetti nella sfera giuridica del destinatario e in particolare a incidere sul diritto soggettivo. Se il diritto soggettivo era destinato a cedere di fronte al potere amministrativo, al privato era preclusa la possibilità di rivolgersi al giudice civile non potendo più affermare la titolarità di un diritto soggettivo. (in definitiva, secondo la giurisprudenza civile, solo per i cosiddetti “atti di gestione”, cioè gli atti emanati nell’esercizio della capacità di diritto privato, poteva incardinarsi la giurisdizione del giudice ordinario. Al contrario, gli “atti di imperio”, espressione di un potere dell’amministrazione in senso proprio, restavano sprovvisti di una tutela.) 3. La nascita del giudice amministrativo Legge 31 marzo 1889, n.5992, istituisce la IV sezione del Consiglio di Stato (le altre sezioni già istituite avevano funzioni consultive nei confronti del governo).  La IV sezione fu investita della competenza a decidere su ricorsi per incompetenza per eccesso di potere o per violazione di legge contro atti di un’autorità amministrativa.  Quindi aveva il compito di decidere sui ricorsi volti a contrastare la legittimità di provvedimento lesivo di un interesse del ricorrente (l’interesse legittimo) e finalizzato a rimuovere l’atto e i suoi effetti (annullamento con effetto retroattivo). La legge 5592/1889 da origine al sistema di giustizia amministrativa dualistica : il giudice ordinario, preposto alla tutela dei diritti soggettivi; il giudice amministrativo, preposto alla tutela degli interessi legittimi. La legge 7 marzo 1907, n.42, sancì in modo definitivo la natura giurisdizionale del procedimento innanzi al giudice amministrativo e istituì la V sezione del Consiglio di Stato. Il regio decreto 2840/1923  istituì la giurisdizione esclusiva al giudice amministrativo in alcune materie (ex. Pubblico impiego, riconoscimento e trasformazione di enti pubblici…) dove c’era intreccio tra diritti soggettivi e interessi legittimi.  La tutela di alcuni diritti soggettivi veniva cioè affidata al giudice amministrativo, creando però negli anni successivi problemi di adattamento delle regole processuali. Le disposizioni sul processo amministrativo furono accorpate riordinate nel citato Testo unico n.1054/1924 delle leggi sul Consiglio di Stato. 4. La giustizia amministrativa nella Costituzione La Costituzione conferma il dualismo dei giudici e delle situazioni giuridiche in cui essi sono titolari (situazioni giuridiche delle quali possono essere titolari i soggetti privati nei rapporti con le amministrazioni).  I diritti soggettivi e gli interessi legittimi, trovano una collocazione parallela e paritaria negli art.24 e 113. L’art.103, comma 1 Cost  stabilisce che il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa hanno giurisdizione per la tutela nei confronti della PA degli interessi legittimi, e in particolari materie* anche su diritti soggettivi (giurisdizione esclusiva).  *Riguardo a queste particolari materie, la Sentenza della Corte Costituzionale 204/2004, ha chiarito che per particolari materie si intende quelle in cui la PA agisce come titolare di potere amministrativo, cioè si comporta da autorità.  La Corte ha dunque stabilito che non è sufficiente che sia coinvolta la PA per avvalersi della giurisdizione amministrativa. Art.113, Cost:  Comma2: prevede che la tutela giurisdizionale non può essere esclusa o limitata per determinate categorie di atti.  Comma 3: stabilisce che la legge determina quali organi di giurisdizione possono annullare gli atti della PA. La Costituzione regola alcuni aspetti organizzativi della giustizia amministrativa  Art.100 Cost  definisce il duplice ruolo del Consiglio di Stato come 1) organo di alta consulenza del governo e 2) organo di vertice (cioè come giudice d’appello) della giurisdizione amministrativa. Art.125, comma 2 Cost.  prevede l’istituzione in ciascuna regione di un organo di giustizia amministrativo di primo grado (TAR); avvenuta solo anni ’70. Art.111  precisa che contro le pronunce del Consiglio di Stato (secondo grado) può essere proposto ricorso in Cassazione “per i soli motivi interni alla giurisdizione”*.  Questa disposizione assegna alla Corte di Cassazione (a Sezioni Unite) il compito di definire i limiti della giurisdizione amministrativa soprattutto rispetto a quella ordinaria. *”soli motivi interni alla giurisdizione”: Sentenza 6/2018 Corte cost. ha stabilito i motivi di ricorso (l’eccesso di potere giudiziario denunciabile della Corte Costituzionale è configurabile solo in 3 ipotesi):  Invasione o sconfinamento del giudice amministrativo nella sfera riservata al legislatore o all’amministrazione;  Arretramento : quando il giudice amministrativo nega erroneamente che la materia non può essere oggetto di cognizione giurisdizionale.  Difetto relativo di giurisdizione : quando il giudice amministrativo afferma la propria giurisdizione su una materia attribuita al giudice ordinario, o la neghi sull’erroneo presupposto che appartenga ad altri giudici.  Non è dunque consentito censurare in Cassazione errori nell’interpretazione delle norme processuali o sostanziali. 5. L’Istituzione dei Tribunali amministrativi regionali e le riforme successive La legge n.1034/1971 istituì i Tribunali amministrativi regionali (insediati nel 1974) e diede attuazione all’art.152, comma 2 Cost.  La novità fu quella di aver qualificato i TAR come organi generali di giustizia amministrativa di primo grado, attribuendo al Consiglio di Stato la natura di giudice d’appello (art.28, comma 2).  Inoltre, la legge ampliò le materie devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo includendo quella relativa ai rapporti di concessione di beni o di servizi pubblici.  La legge attribuì al giudice amministrativo, nelle materie devolute alla propria competenza esclusiva, il potere di emanare sentenze di condanna, limitate peraltro al pagamento delle somme delle quali l’amministrazione fosse debitrice. Negli anni successivi alla legge 1034/1971 il legislatore operò una serie di interventi minori. Estese la giurisdizione esclusiva ad altre materie e introdusse riti speciali accelerati.  Il decreto legislativo n.80/1998 trasferì al giudice ordinario la cognizione delle controversie relative ai rapporti di lavoro con le PA privatizzate all’inizio degli anni ’90, controversie devolute in precedenza alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.  Legge 205/2000  riforma strutturale del processo amministrativo con 2 obiettivi: 1) Disciplinare l’azione risarcitoria per danni da lesione di interessi legittimi prendendo atto della svolta operata dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza 500/1999*; 2) Accrescere l’effettività della tutela prevendendo alcuni riti accelerati .