Scarica Manuale psicologia dell'apprendimento e dell'istruzione Lucia Mason e più Sintesi del corso in PDF di Psicologia Infantile solo su Docsity! PSICOLOGIA DELL’APPRENDIMENTO E DELL’ISTRUZIONE-LUCIA MASON 1.APPROCCI CLASSICI ALLO STUDIO DELL’APPRENDIMENTO SCOLASTICO 1.Apprendimento e psicologia dell’istruzione L’apprendimento viene di solito definito come un cambiamento che si manifesta in un individuo per effetto dell’esperienza. I mutamenti legati alla crescita o alla maturazione non sono perciò inclusi tra i casi di apprendimento, così come non lo sono quei comportamenti presenti sin dalla nascita. Gli esseri umani apprendono così tanto dal primo giorno di vita che apprendimento e sviluppo sono legati inseparabilmente. Esempi: 1-Imparare a stare seduti 2-Il comportamento dell’adolescente non è appreso, ma molto di ciò che costituisce la sua rappresentazione di “bel ragazzo è frutto di apprendimento” 3-L’ansia dello studente universitario è sicuramente appresa, anche se può essere involontaria o inconscia. 4-L’intuizione dell’alunna di scuola primaria rappresenta uno scopo di apprendimento generato dell’interno. In questo testo viene considerato l’apprendimento che avviene in un contesto scolastico, dove dovrebbe generarsi intenzionalmente e non incidentalmente. Si tratta di teorie più classiche, in quanto hanno caratterizzato la storia della psicologia dell’educazione alle sue origini oppure hanno consolidato teorie più recenti che hanno ispirato e ispirano una parte considerevole della ricerca attuale. Dalle teorie classiche è stato enfatizzato o l’uno o l’altro dei due aspetti sopra citati, cambiamento di comportamento o cambiamento di conoscenza. Nel primo caso le relazioni tra stimoli ambientali e risposte dell’individuo sono direttamente osservabili, nel secondo caso le attività mentali non sono direttamente osservabili. La presentazione di queste teorie avverrà senza perdere di vista che qui interessa l’apprendimento scolastico. Il tema centrale della psicologia dell’educazione è costituito dai processi e dalle dinamiche di apprendimento-insegnamento, tanto che alcuni studiosi parlano di psicologia dell’istruzione per riferirsi a quell’area di studio scientifico sull’acquisizione di conoscenze, abilità e atteggiamenti in contesti di istruzione. La nascita della psicologia dell’educazione risale ai primi anni del XX secolo, quando sono stati pubblicati pubblicati negli Stati Uniti sia la prima opera Educational Psychology 1 (Edward L. Thorndike nel 1903), sia il primo numero della rivista Journal of Educational Psychology. In Europa, un importante impulso alla ricerca in psicologia dell’istruzione è stato dato dall’European Association of Research on Learning and Instruction(EARLI), diventata la più importante associazione europea di studiosi nel campo dell’apprendimento e dell’istruzione. Il processo della ricerca e dell’istruzione secondo Snow e Swanson(1992), deve portare a una teoria dell’apprendimento riferita a cinque componenti essenziali: 1.Descrivere gli obiettivi dell’istruzione in un determinato ambito 2.Descrivere gli stati iniziali che caratterizzano gli studenti in quell’ambito 3.Esplicitare i percorsi di transizione dagli stati iniziali a quelli finali 4.Specificare le condizioni che l’istruzione deve creare per realizzare la transizione 5.Accertare gli effetti prodotti dagli interventi di istruzione La psicologia dell’istruzione dispone ora di conoscenze consolidate rispetto a ognuna di queste componenti, quindi è in grado di elaborare una teoria dell’apprendimento. E’ da sottolineare che negli ultimi decenni si è realizzato un ravvicinamento tra psicologia dello sviluppo e tecnologia dell’istruzione. 2.Approccio comportamentale La nascita del comportamento viene fatta risalire al 1913, anno in cui comparve negli Stati Uniti un articolo di John Watson in cui lo studioso affermava la necessità di rifondare la psicologia sulle basi scientifiche, vietando definitivamente quei concetti di derivazione filosofica che apparivano troppo vaghi, ad esempio “mente” e “coscienza”. Il metodo introspezionista introdotto da Wundt a Lipsia, in Germania, è basato sull’autosservazione e descrizione particolareggiata e sistemica del vissuto di un soggetto, veniva messo al bando in quanto privo di fondamento scientifico: solo i comportamenti, ossia atti esteriori, direttamente osservabili dovevano costituire oggetto di studio della psicologia. Il movimento di pensiero si chiama comportamentismo proprio per scelta di contenuto da studiare, il comportamento manifesto, e del metodo di ricerca che deve rispondere alle esigenze dell’oggettività. Il comportamentismo enfatizza fortemente il ruolo dell’ambiente, assumendo una posizione totalmente critica nei confronti dell’innatismo. L’apprendimento altro non è se non la continua creazione di nuove associazioni tra stimoli dell’ambiente e risposte dell’individuo. Come si creano e mantengono queste associazioni? Definendo le modalità attraverso cui si realizza il condizionamento operante, distinto dal condizionamento classico, è stato precisato il concetto di rinforzo che divenne fondamento di tutta la teorizzazione. 2.1. Condizionamento e rinforzo Il condizionamento classico (Pavlov) consiste nell’emissione di una risposta naturale in presenza di uno stimolo non naturale: la salivazione emessa da un cane quando sente un suono o vede una luce, immediatamente prima di mettere in bocca della carne, ciò è frutto di 2 2.3. Comportamento e teoria dell’apprendimento A partire dagli anni ‘50 si comincia a mettere in discussione che il condizionamento classico e operante potessero risultare esplicativi della complessità del comportamento umano. La portata della teoria comportamentista è stata ampliata dai teorici dell’apprendimento sociale, i quali intendevo rendere conto anche di comportamenti sociali complessi. Bandura, loro esponente, sosteneva che nella vita quotidiana gli individui regolano i propri comportamenti in base alle osservazioni delle conseguenze delle proprie azioni, constatando quali ottengono successo e quali invece falliscono. Una differenza fondamentale fra teorici dell’apprendimento meccanico e teorici dell'apprendimento sociale sta proprio nell’attribuzione, da parte di questi ultimi, di un ruolo essenziale del pensiero cosciente nella guida del comportamento. Con il concetto di apprendimento osservativo, elaborato sulla base dei risultati di studi sperimentali sui comportamenti prosociali e antisociali, Bandura sottolineava che gli individui si manifestano anche comportamenti mai rinforzati precedentemente, frutto dell’osservazione di altre persone rinforzate per il loro comportamento. Il rinforzo è solo vicariante, in quanto l’osservatrice può acquisire un comportamento nuovo senza essere stata rinforzata. I teorici dell’apprendimento sociale parlano ancora di rinforzi e punizioni ma con la consapevolezza che gli individui si attendono delle conseguenze sulla base degli eventi passati, si formano delle opinioni su se stessi e gli altri, e si comportano di conseguenza. Appare significativo che nella più recente denominazione di questa teoria il sostantivo “apprendimento” lasci il posto all’aggettivo “sociocognitiva”. Abbandonati ai principi fondamentali del comportamentismo, la teoria si inserisce nell’approccio cognitivista. Lo stesso Bandura definisce l’apprendimento nei termini di “acquisizione di conoscenza attraverso l’elaborazione cognitiva di informazioni”, staccandosi nettamente dai comportamentisti più tradizionali. Quello che rimane della matrice originaria è l’idea della plasticità dell’essere umano. 2.4. Rapporto sviluppo-apprendimento L’approccio comportamentista ha sempre attribuito importanza fondamentale all’ambiente che regola e determina l’apprendimento a vari livelli di complessità, come nel caso dell’apprendimento di un animale, di un bambino o di un adulto. Rifiutando qualsiasi riferimento a strutture mentali non osservabili, ossia di cambiamenti qualitativi radicali in quanto trasformazioni discontinue, come previsto dalla teoria piagetiana, bensì in termini di accumulazione progressiva. Non vengono chiamate in causa strutture cognitive, ma le acquisizioni precedenti e le condizioni ambientali in cui si deve manifestare il nuovo apprendimento. Riferendosi ai famosi compiti piagetiani di conservazione, Gagné sostenne che ciò mancava ai bambini non era tanto, la nozione di reversibilità bensì la conoscenza di recipienti, misure, ecc. Dai comportamentisti lo sviluppo veniva ricondotto all’apprendimento. 2.5. Metodo e ricerca 5 Dal punto di vista metodologico, l’approccio comportamentista ha indubbiamente avuto il merito di cominciare a sostenere lo studio rigoroso di come l’apprendimento si manifesti in conseguenza degli stimoli ambientali. I dati raccolti provenivano principalmente da due tipi di studi, sperimentali e correlazionali. Gli studi sperimentali ossia quelli condotti in luoghi appositamente attrezzati alla predisposizione e al controllo di una determinata situazione, mettevano in evidenza i rapporti causali tra eventi. Gli studi correlazionali documentavano le relazione significative, positive o negative, tra variabili(Esempio:correlazione tra abilità ed apprendimento). 3.Approccio cognitivista L’approccio cognitivista, affermandosi nell’ambito della psicologia sperimentale statunitense e inglese a partire dagli anni ‘50, ha riscosso subito un ampio consenso in varie aree della ricerca psicologica, compresa quella educativa. I cognitivisti risposero a studiare la mente umana, ma non attraverso il metodo dell’introspezione proposto da Wundt, bensì come precisato da Neisser al quale si deve l’opera Cognitive Psychology. Lo studioso sosteneva che il termine “cognitivo” doveva riferirsi a tutti i processi di manipolazione delle informazioni, ossia trasformazione, elaborazione, riduzione, immagazzinamento, recupero e combinazione degli input sensoriali. L’approccio cognitivista è infatti denominato HIP dall’acronimo dell’espressione Human Information Processing. Neisser intravedeva una forte analogia tra comprensione dei processi cognitivi dell’uomo da parte di uno psicologo e comprensione della programmazione fatta a un computer da parte di un tecnico informatico. Un programma per computer è costituito da una serie di istruzioni per l’esecuzione di operazioni passo dopo passo, che possono essere combinate e raggruppate in vario modo. Sia gli esseri umani sia il computer manipolano informazioni, trasformano gli input in output, così come presentano dei limiti rispetto alla quantità delle informazioni che possono manipolare contemporaneamente e alla velocità di elaborazione delle stesse. La nascente ricerca nel campo dell’intelligenza artificiale portava allo sviluppo di programmi per la simulazione di comportamenti cognitivi complessi, trasformandosi nel tempo in cognitive science→area interdisciplinare di ricerca in psicologia cognitiva, informatica, linguistica, e nelle neuroscienze, che andava privilegiando l’analisi delle strutture sottostanti all’elaborazione dell’informazione. 3.1. Il sistema di memoria per l’elaborazione delle informazioni Il modello dei magazzini di memoria nell’uomo e del fluire delle informazioni al loro interno, a guida di gran parte della ricerca psicologica a partire dagli anni ‘70. → Registro sensoriale: è collegato con l’organo di senso corrispondente(esempio occhio, orecchio, ecc.) in cui l’informazione viene conservata per poche frazioni di secondo, necessarie a compiere operazioni importanti, come il confronto tra le caratteristiche dello stimolo e alcune informazioni presenti nella memoria a lungo termine, che serve al riconoscimento dello stimolo. Il risultato di queste operazioni basilari passa nel magazzino 6 della memoria a breve termine: se in seguito alla stimolazione visiva verrà trasferita in questo magazzino la parola o una sua immagine visiva schematica. → Memoria a breve termine: ha una capienza limitata, come messo in evidenza dal classico articolo di Miller, tanto che non riusciamo a compiere mentalmente un'operazione aritmetica come 235 x 478. Un altro termine per la memoria a breve termine è temporale , ossia le informazioni vi possono permanere solo per un brevissimo periodo, dell’ordine di una qualche decina di secondi. La memoria a breve termine svolge un duplice e fondamentale ruolo: serve al transito in quanto le informazioni provenienti dall’ambiente, prima di approdare e rimanere nella memoria a lungo termine, vi sostano brevemente, serve da memoria di servizio in quanto contiene le informazioni provenienti dalla memoria a lungo termine che devono interagire con quelle provenienti dall’ambiente. A tutti è capitato di fare un'esperienza di come si possa dimenticare un numero di telefono appena letto o sentito, prima di arrivare a digitarlo all’apparecchio, segno che l’informazione era uscita dalla memoria a breve termine senza lasciare una copia nella memoria a lungo termine, sostituita dalle informazioni entrate in seguito. Le informazioni a cui possiamo prestare attenzione consapevolmente e temporaneamente sono quelle contenute nella memoria a breve termine, ovvero un numero limitato. → Memoria a lungo termine: si tratta di un archivio dalla capacità potenzialmente illimitata dove vengono depositate, per alcuni minuti o per tutta la vita, le conoscenze che acquisiamo, nonché esperienze e fatti personali da recuperare all’occorrenza, di cui possiamo distinguere vari tipi. Nella memoria a lungo termine hanno importanza le relazioni tra codifica, immagazzinamento e recupero delle informazioni. I dati di un famoso esperimento hanno evidenziato che il ricordo del materiale appreso è legato al livello di elaborazione a cui è stato sottoposto in fase di codifica: più è profondo, migliore risulta il ricordo. E’ da precisare che nella teorizzazione di Baddeley il costrutto memoria di lavoro(memory working) è stato introdotto come alternativa a quello di memoria a breve termine, intesa non più come un sistema unitario, bensì come una struttura complessa formata da più sottosistemi coordinati, che agiscono con la supervisione di un esecutivo centrale, ossia un sistema attenzionale di controllo, la cui capacità è limitata. Il loop articolatorio o fonologico è suddiviso a sua volta in due componenti, un magazzino fonologico che mantiene l’informazione acustica e verbale per tempi molto brevi, e un meccanismo di ripetizione, preposto alla ripetizione subvocalica. La ricerca ha evidenziato il legame tra una maggiore capacità della memoria di lavoro e una migliore comprensione del testo. Il taccuino visuospaziale, direttamente sulla base della percezione visiva svolge la funzione di mantenere temporaneamente le caratteristiche visuospaziali delle informazioni in entrata, così come di visualizzare immagini mentali. 7 ● Sono dispositivi di riconoscimento che valutano la loro adeguatezza a rendere conto dei dati da elaborare . Le principali funzioni degli schemi sono state ampiamente indagate in relazione alla percezione, alla comprensione del testo, alla memoria e all'apprendimento. L'attività percettiva implica un processo interattivo in cui le informazioni provenienti da sensi suggeriscono, ma non determinano, gli schemi appropriati all'interpretazione dei dati. La mancata comprensione di un brano può essere dovuta all'assenza dello schema appropriato, o alla non attivazione dello schema profilato anche se disponibile nelle strutture cognitive del lettore, oppure l'attivazione di uno schema coerente ma non corrispondente a quello sottostante al messaggio dell'autore. Gli schemi prendono parte attiva nei processi di archiviazione e recupero delle informazioni in memoria, guidati non solo dai dati ma anche dal contesto: a contesti differenti corrisponde l'attivazione di schemi differenti. La memoria di un individuo tiene un numero enorme di schemi, questi non vengono attivati tramite le procedure di ricerca casuale, bensì procedure che permettono la convergenza di informazioni provenienti dai dati e dalle aspettative sulla realtà . Sono due i possibili processi da attivare, che agiscono in due diverse direzioni: “dal basso” (bottom up) e “dall'alto” ( top down). Il primo si manifesta quando sono i dati a suggerire e attivare direttamente gli schemi corrispondenti che, a loro volta, attivano altri schemi; è pertanto un processo “guidato dai dati”. Il secondo è invece contrassegnato dall'attivazione di schemi per opera delle conoscenze già possedute: è perciò un processo “guidato dai concetti” presenti in memoria. Una notazione è quella di script o copione, utilizzata anche negli studi sulla concettualizzazione infantile, ossia la rappresentazione di una sequenza di eventi che organizza in ordine temporale una serie di azioni compiute per conseguire uno scopo. Gli script, in quanto sequenze di azioni predeterminate e stereotipate, definiscono situazioni ben conosciute e non sono soggetti a molti cambiamenti, né forniscono i mezzi per affrontare situazioni completamente nuove. L’attività di comprensione guidata da script implica, in una prima fase, l'individuazione dello script è più adeguato alla situazione da capire e, in un secondo momento, la ricostruzione degli eventi secondo una sequenza accettabile sulla base delle conoscenze già elaborate. Entrano in gioco altri tipi di conoscenze, come quelle relative a Piani e scopi . I piani sono schemi a un più alto livello di astrazione, funzionali all'interpretazione del comportamento dei soggetti attraverso la descrizione delle scelte a disposizione per raggiungere un determinato scopo. Piani e scopi svolgono una funzione importante nella comprensione di narrazioni in cui agiscono più personaggi, interpretando e prevedendo i loro scopi, le azioni messe in atto per soddisfarli e le reazioni provocate. Un'altra nozione utilizzata per spiegare processi di concettualizzazione e comprensione è quella di “frame”,riferita a una struttura di dati utile a rappresentare la situazione e stereotipata o contesto familiare, che ci dà informazioni su cosa aspettarsi in un dato luogo a riguardo di oggetti, setting, persone e azioni. La nozione di modello mentale è una struttura analoga a ciò che esiste nella realtà. 10 Gran parte della soluzione di problemi è data dal ragionare analogicamente utilizzando modelli mentali basati su regolarità strutturali nell'esperienza comune. 3.4. Schemi apprendimento Di particolare interesse psicoeducativo risulta la definizione delle modalità peculiari di apprendimento fatta da Rumelhart e Norman. ● Apprendimento per accrescimento: Avviene quando si incorporano nuove informazioni entro gli schemi già disponibili in un soggetto, che non vengono sottoposti ad alcuna modifica. Si tratta della forma più semplice e meno dispendiosa, sul piano cognitivo e motivazionale, di apprendimento. ● Apprendimento per sintonizzazione (tuning): Si manifesta quando si rendono necessarie modifiche agli schemi attivati per interpretare le nuove conoscenze. La sintonizzazione o messa a punto di uno schema può venire in varie direzioni: a)Migliorandone l'applicabilità quando si affina la conoscenza dei vincoli a cui sono soggette le variabili e si specificano i concetti che si adattano a questi con maggiore appropriatezza; b) Generalizzandone l'applicabilità quando si allarga la gamma delle variabili di uno schema; c)Specificandone l'applicabilità quando si riduce la gamma di una variabile o si sostituisce una variabile con una costante; d)Determinandone i valori mancanti, quando si individuano i valori di una variabile che fa parte dello schema, aggiungendoli allo schema stesso. ● Apprendimento per ristrutturazione: Si manifesta quando l'interpretazione delle nuove informazioni richiede strutture nuove o si deve dare un'organizzazione nuova alla conoscenza già immagazzinata. Può venire in due modi: per induzione dello schema e per generalizzazione sulla base di modelli. (1=ripetizione di schemi, 2= generare nuovo schema da quelli presenti). La ristrutturazione che avviene rappresenta il tipo di apprendimento più raffinato, significativo è impegnativo sul piano cognitivo e motivazionale. 3.5. Cognitivismo e costruttivismo Da quanto finora presentato, il cognitivismo può essere sintetizzato in questi assunti di base: ● Focalizza e specifica le attività mentali che intervengono tra le presentazione di stimoli e la produzione di risposte ● I processi di cognizione implicano più attività separate che operano in concerto ● Molti aspetti della cognizione umana sono attivi e costruttivi ● Il computer come metafora per la mente umana consente di generare ipotesi sulla cognizione umana ● Le informazioni sono rappresentate internamente per poter essere elaborate ● Elaborazione è attività mentale che genera, manipola, trasforma, conserva rappresentazione, in sequenza o simultaneamente ● Solo un insieme limitato di conoscenze e attivo in un determinato momento, in quanto le risorse che abbiamo a disposizione per prestare attenzione consapevole sono limitate 11 Dell'approccio cognitivista emerge una concezione dell'apprendimento che gli attribuisce tre caratteristiche ossia essere un processo costruttivo, strategico attivo e interattivo. Apprendimento come processo costruttivo. L'idea di fondo dei teorici degli schemi è che la nostra mente è un sistema complesso di elaborazione delle informazioni; ciò che guida, così come il prodotto stesso dei processi di organizzazione e costruzione del sapere, sono le strutture di rappresentazione della conoscenza, già disponibili nella memoria a lungo termine con informazione di tipo sia dichiarativo (concetti) sia procedurale (procedure di applicazione). E’ a questo riguardo che in psicologia dell'educazione si parla di Costruttivismo, o di paradigma Costruttivista per riferirsi al fondamento teorico della ricerca educativa contemporanea, a cui ispirare anche la pratica. Di costruttivismo - le cui origini vanno ritrovate sul piano filosofico, quale posizione paradigmatica che concepisce la realtà come costruzione mentale- si parla anche in altre aree della psicologia, ad esempio in quella dello sviluppo; basti pensare al costruttivismo di Piaget. Emblematica del paradigma costruttivista è la questione del cambiamento concettuale, ossia della ristrutturazione di conoscenze ingenue o alternative, utilizzate dagli individui per spiegarsi i fenomeni della realtà prima di un intervento di istruzione finalizzato a far acquisire conoscenze scientifiche, si impara a partire da quello che già si sa ma, spesso, le conoscenze devono essere modificate, anche radicalmente, perché incompatibili con le conoscenze accreditate da integrare nei propri sistemi concettuali. Apprendimento come processo strategico. L'apprendimento non è solo un processo costruttivo ma anche attivo, basato sull'utilizzazione di Strategie, cioè modalità attraverso cui si affronta ed esegue un compito o si raggiunge un obiettivo. Quando si parla di strategia, due sono gli aspetti importanti da tenere presenti: la variabilità e la modificabilità. Variabilità in quanto è richiesta una scelta fra più modalità alternative possibili, da compiere in riferimento all'obiettivo da conseguire e alle richieste poste dal compito. La gamma di strategie possibili e ovviamente più limitata nel caso di soggetti più giovani, non esperti o con sviluppo atipico. A questo proposito, va precisato che l'approccio cognitivista ha distinto le strategie dalle capacità un sistema di elaborazione delle informazioni. Queste ultime sono caratterizzate da limiti non superabili, ad esempio quello del numero ristretto di informazioni che possono essere tenute presenti contemporaneamente dalla memoria di lavoro. Il Deficit di produzione si manifesta quando un bambino (o soggetto di qualsiasi età) non riesce ad applicare spontaneamente una strategia, anche semplice come la ripetizione di una serie di nomi per non dimenticarli subito, ma solo quando viene addestrato all'uso. Il Deficit di mediazione Si manifesta, invece, quando il soggetto mette in atto una strategia, sia spontaneamente sia per effetto di addestramento, ma senza che la prestazione venga migliorata dall'utilizzazione della strategia stessa. Leggere, comprendere e memorizzare implicano processi di elaborazione dell'informazione basati sull'applicazione di strategie cognitive e metacognitive, nonché motivazionali, attraverso cui lo studente orientale controlla il proprio apprendimento. 12 attraverso l'interazione dell'individuo con gli strumenti della propria cultura. Tali funzioni ad esempio linguaggio hanno infatti un'origine sociale e sono oggetto di controllo e consapevolezza da parte dell'individuo. Lo psicologo russo ha distinto gli strumenti tecnici, definibili semplicemente strumenti, da quelli psicologici o segni . Se uno strumento è rivolto al mondo esterno per produrre un cambiamento, un segno e invece rivolto all'interno per influenzare psicologicamente il comportamento, ossia regolarlo e controllarlo. I processi mentali hanno uno sviluppo culturale in quanto vengono trasformati dai segni o strumenti psicologici: ad esempio, il linguaggio scritto usato per ricordare meglio qualcosa trasforma la memoria stessa oltre che aiutarla. Lo sviluppo cognitivo è andato dal interiorizzazione gli strumenti psicologici della duplice natura sociale: sono prodotto di una cultura che si manifesta nell'evoluzione delle attività sociali e sono mezzi utilizzati inizialmente sul piano interpsicologico in contesti di interazione sociale. Secondo Vygotskij la legge di sviluppo delle funzioni psichiche superiori prevede che ciascuna di queste funzioni compaia sempre due volte nel corso dello sviluppo infantile: prima appare come attività collettiva e sociale, ossia funzione interpsichica. Successivamente come attività individuale, ossia funzione intrapsichica. Le attività interpsichiche che vengono gradualmente interiorizzate, diventando individuali e intrapsichiche, per cui il bambino è in grado di regolare il proprio comportamento e di progettare le proprie azioni. Successivamente, il linguaggio viene via via interiorizzato fino a quando non è più avvertita la necessità di parlare. In quel momento, il bambino dispone di un linguaggio interiore tramite cui pensare a ciò che sta facendo o intende fare. Il bambino può ragionare dentro di sé guardando da più punti di vista un fenomeno come se dovesse sostenerli a chi non li condivide e li critica. Ciò significa che svolge l’interiorizzazione della modalità della discussione con altri interlocutori diventa ragionamento come attività intrapsichica. 1.2. Cultura e artefatti culturali Cole, fondatore del Laboratory of Comparative Human Cognition (LCHC) dell'Università di California a San Diego, che ha contribuito fortemente nella diffusione negli Stati Uniti è in Europa del pensiero Vygotskijano , ha concettualizzato la cultura in termini utili al suo impiego in psicologia partendo dalla riflessione su un fenomeno quasi ovvio, ovvero che noi svolgiamo un attività quotidiane perché facciamo ricorso a persone e oggetti. In altri termini, le attività quotidiane sono “mediate” da attori e strumenti, sia materiali sia simbolici. Gli strumenti di mediazione, attraverso cui si sperimenta indirettamente il mondo, vengono definiti artefatti culturali. Come strumenti di mediazione dei comportamenti, gli artefatti sono sia materiali sia concettuali, in quanto sono fatti di materiali particolari e possono venire rappresentati in 15 varie forme simboliche, ma sono anche stati progettati e realizzati da individui mediante la loro partecipazione ad adozioni e interazioni sociali di cui erano inizialmente parte costitutiva, e vengono usati nella vita quotidiana. Lo studio dei comportamenti umani e delle abilità cognitive, secondo Cole, è infatti da concepirsi come sviluppo dell'attività condivisa di individui, che viene mediata dagli artefatti della cultura di appartenenza, distinti in tre forme. ● Artefatti primari Ad esempio computer, che corrispondono al concetto di strumento comunemente inteso. ● Artefatti secondari Costituiti da rappresentazioni degli artefatti primari, così come da modalità di azione che li utilizzano; questo livello può comprendere, ad esempio, ricette, proverbi o piani urbanistici. I modelli culturali rappresentano un tipo particolare di tali artefatti che riproducono, oltre al mondo degli oggetti fisici, anche mondi più astratti, quali l'interazione sociale e il discorso. ● Artefatti terziari Che possono costituire un “mondo” autonomo, in cui regole, convenzioni e risultati sono svincolati dall'attività pratica. Si tratta di sistemi di credenze e conoscenze o tematiche concettuali che possiamo individuare, ad esempio, nelle ideologie, filosofie, epistemologie, cosmologie. Secondo questo approccio, la cultura è caratterizzata dagli artefatti prodotti, tramite cui i suoi membri possono solo agire quotidianamente, ma anche attribuire ad essa significati condivisi, trasmissibili e comunicabili alle nuove generazioni. 1.3. Differenze culturali e attività cognitive La popolarità degli scritti di Vygotskij e della scuola sovietica negli Stati Uniti è in Europa, ha dato slancio vigoroso allo studio del rapporto tra cultura e processi cognitivi. Tale rapporto può essere analizzato da tre prospettive differenti. 1. L'universalista, Presenti nell'opera di Piaget, secondo cui non sono rilevabili differenze significative nei processi cognitivi, bensì solo differenze marginali, legati ai diversi contenuti specifici considerati dalla ricerca. 2. Universalista nell'ambito di una stessa cultura Ossia non si accetta l'universalità della cognizione e delle varie culture, Ma solo all'interno di una specifica cultura, assumendo che le forme di adattamento sviluppate da un determinato gruppo sono diverse da quelle sviluppate da altri, ma costituiscono un pattern culturale piuttosto omogeneo; tale posizione è stata sostenuta dagli studiosi che hanno esaminato le relazioni tra contesti ambientali e comportamento, andando alla ricerca di “stili” cognitivi riferibili agli effetti delle condizioni storico-ambientali. 3. Contestualista, Ossia nessun aspetto universalista è ritenuto caratterizzare il rapporto cultura-cognizione che si manifesta nelle interazioni tra individui e contesti specifici. 16 Secondo la teoria del contesto di Cole, le prime due prospettive vedono le esperienze di apprendimento aumentare il potere di un unico “elaboratore centrale”, concepito nei termini di strutture cognitive organizzabili per stadi, livelli o stili. Il nuovo approccio proposto da Cole ipotizza un “elaboratore distribuito” che collega le esperienze di apprendimento con le prestazioni mediante schemi, cioè come già si è visto forme di rappresentazione della conoscenza. Il contesto diventa un “sistema di attività strutturate” in cui interagiscono gli individui, e le differenze individuali nelle prestazioni vanno interpretate in relazione alla diversità delle situazioni specifiche in cui i compiti sono richiesti ed eseguiti. Schemi e contesti hanno entrambi carattere di strutturazione e specificità riguardanti conoscenze inerenti a significati, situazioni, eventi archiviati nel corso dell'esperienza di un individuo, e non abilità generali di ragionamento. L'attività cognitiva intesa da Cole quale “processo intersoggettivo, socialmente organizzato, che si realizza attraverso l'interazione fra gli individui in uno specifico contesto”. Ne deriva che l'apprendimento è una pratica situata a quei contesti, socialmente e culturalmente organizzati; non esiste apprendimento che non sia situato in un contesto. L’esperienza con i kpelle della Liberia portò Cole e colleghi a teorizzare che la manifestazione delle differenze culturali nelle attività cognitive è determinata maggiormente nelle condizioni in cui vengono attivati i processi cognitivi e dalle diversità di funzionamento mentale. Andando a visitare le scuole, si rese conto delle possibili ragioni delle difficoltà lamentate dagli insegnanti. In classe molto affollate 40-50 alunni, gli studenti dovevano spesso ripetere filastrocche e formule da imparare di cui non comprendevano il significato; ai loro occhi la matematica era essenzialmente una questione di memorizzazione e ripetizione. Anche gli adulti kpelle potevano incontrare difficoltà a svolgere le prove di intelligenza costruite per i soggetti americani ma, allo stesso tempo, saperle eseguire molto più positivamente se proposte utilizzando oggetti e contenuti riferiti alla loro vita. Una serie di ricerche di antropologia cognitiva, su cui ha influito il pensiero di Vygotskij e la teorizzazione di Cole, hanno confermato l'importanza dei fattori culturali e sociali, così come del contesto specifico, nelle attività cognitive. Le ricerche svolte in Brasile sulla matematica scolastica e quella di strada hanno evidenziato chiaramente la differenza tra conoscenza dei principi matematici in un contesto pratico e in un contesto formale. Gli stessi bambini si trovano però in seria difficoltà ad eseguire calcoli della medesima entità quando erano richiesti a scuola. I ricercatori avevano domandato a un bambino di calcolare il prezzo di due noci di cocco del costo unitario di 40 cruzeiros e il resto da dare a un acquirente che pagava con una banconota da 500 cruzeiros. Il bambino aveva risposto prontamente:”80, 90, 100, 420”, ossia sommando da 80 fino a 500. Lo stesso bambino non si mostrava in grado di fare il medesimo calcolo servendosi della notazione formale insegnata a scuola. Alla domanda “Quanto fa 420 + 80?”, il bambino, eseguendo la somma per iscritto, rispose “130”, risultato a cui era arrivato 17 quotidianamente conoscenze e abilità, siano essi formali e informali, scolastici o extrascolastici. Sia che ci si riferisca al primo costruttivismo, quello “internazionalista” di Piaget, sia al costruttivismo successivo, di matrice cognitivista, passando per il costruttivismo dello psicopedagogista Ausubel, si può infatti riconoscere l'attenzione a processi cognitivi essenzialmente individuali, dati dalle relazioni dell'individuo con il mondo fisico o con un generico “ambiente di apprendimento”, di cui non vengono considerate le dimensioni sociali e culturali. 2.1. Partecipazione alle pratiche di una comunità L'appartenenza a una comunità costituisce il principio essenziale dell'approccio socio-culturale. L'apprendimento, si manifesta nel “movimento” dalla “periferia al centro”, ossia attraverso la partecipazione legittima a una comunità di pratiche, che da periferica diventa via via centrale. Un membro principiante rispetto alla pratica in atto, può rivolgere domande e presentare proposte, magari non appropriate, ma anche ricevere supporto da parte di altri membri più competenti nella pratica, e quindi più centrali, così come egli può offrire il proprio contributo in quanto membro centrale per un'altra pratica della comunità. Nelle moderne società occidentali studiate da Lave e Wenger - caratterizzate da relativa stabilità, in cui i contenuti culturali vengono trasmessi di generazione in generazione senza l’apporto di modifiche sostanziali-, l'apprendimento efficace di conoscenze e abilità, che si manifesta nella partecipazione centrale alla comunità, richiede anche il superamento delle pratiche esistenti, destinate a diventare presto obsolete, e la creazione di nuove pratiche. Nell'ambito della progettazione educativa in ambienti di apprendimento supportati dalle tecnologie educative, Jonassen ha sintetizzato gli aspetti essenziali dell'approccio costruttivista di matrice socio-culturale nelle tre “C”, contesto, costi con lavorazione e costruzione. 2.2. Apprendistato cognitivo L'apprendimento come partecipazione alle pratiche di una comunità, che riflette la natura sociale, culturalmente mediata e situata dell'attività cognitiva, e permette l’appropriazione di conoscenze e abilità portando al raggiungimento della competenza esperta, secondo i cosiddetti “situazionisti”, si realizza attraverso la procedura dell'apprendistato cognitivo. Secondo gli studiosi della cognizione situata, l'apprendistato cognitivo va articolato nei seguenti momenti: ● Modellamento, ossia l'esecuzione di un compito da parte di un esperto affinché gli apprendisti, osservando, possono costruirsi una rappresentazione (modello) dei processi coinvolti nelle prestazioni esperte. ● Allenamento quando gli studenti-apprendisti svolgono un compito e l'insegnante-esperto offre suggerimenti, sostegno e feedback per portare la loro prestazione il più vicino possibile a quella degli esperti, magari orientando l'attenzione verso aspetti dell'attività su cui non si sono soffermati perché non conosciuti o trascurati. 20 ● Supporto, cioè l'impalcatura di sostegno (scaffolding) da fornire per l'esecuzione di compiti, nella forma sia di suggerimenti o aiuti, sia di supporti materiali. In un intervento di scaffolding, l'insegnante può svolgere quelle parti di un compito che lo studente non è ancora in grado di eseguire autonomamente. Si tratta di una specie di sforzo collaborativo di problem-solving in cui l'intenzione è di mettere in grado l'apprendista di assumersi tutto il carico del compito. ● Articolazione, che prevede l'adozione di un metodo per aiutare l'apprendista ad articolare conoscenze, ragionamenti e processi di problem-solving in un dominio. ● Riflessione, suscitata da una serie di stimoli svolti a portare l'apprendista a confrontare la propria prestazione nella soluzione di problemi con quella di altri compagni o di un esperto e, in definitiva, con un modello cognitivo interno di competenza. ● Esplorazione, Quando venendogli meno ogni supporto l'apprendista è spinto a “muoversi” nel dominio, usando le strategie di esplorazione apprese. La proposta di apprendistato cognitivo implica la realizzazione di situazioni di apprendimento formale delle attività tipiche dell'apprendimento informale in contesti in cui la conoscenza è distribuita nelle persone negli artefatti cognitivi. Dall'apprendistato tradizionale, l'apprendistato cognitivo si discosta per due ragioni principali: problemi e compiti del primo nascono dalle richieste poste dal lavoro e non da questioni psicoeducative riguardanti le opportunità per gli apprendisti di fare pratica sempre meglio, assumendo progressivamente la difficoltà dei compiti da affrontare, come avviene nell'apprendistato cognitivo; in secondo luogo, quest'ultimo attiva processi cognitivi e metacognitivi che sono alla base dell'apprendimento e del pensiero in generale. Può essere considerato un esempio di apprendistato cognitivo alla comprensione del testo scritto l'ormai famoso “reciprocal teaching” di Palincsar e Brown. Esso prevede che un gruppo di bambini legga insieme un testo ad alta voce e, guidato, faccia pratica delle strategie da utilizzare per capire ciò che si legge, imparando collaborativamente ad affrontare un testo. Volendo sintetizzare la concezione di apprendimento che caratterizza l'orientamento socio-culturale, ci dobbiamo riferire alla metafora della partecipazione, l'apprendimento non è un atto cognitivo individuale, ma partecipazione a pratiche culturali svolte in un contesto, che consentono l'appropriazione dei particolari tipi di discorso e riti della comunità di cui si è membri legittimi, prima periferici e poi centrali. La conoscenza non è contenuta nel mondo- come previsto dalla metafora della costruzione- bensì è data dalla partecipazione alle pratiche culturali. Esempi metafore pagina 53 2.3. Contesti e pratiche discorsive L'approccio socioculturale con i suoi concetti-cardine di contesto e cultura si riflette nella psicologia dell'educazione, intesa come “psicopedagogia dello sviluppo culturale”, proposta da Pontecorvo, che intende far incontrare i modelli dello sviluppo con i modelli della socializzazione e dell'istruzione, assegnando un ruolo fondamentale alle mediazioni semiotiche, in particolare a quelle date dal linguaggio e dal discorso, nonché a tutte quelle 21 offerte dagli artefatti culturali portatori di dimensioni socio-culturali. Sul piano sia teorico sia empirico, Pontecorvo e il suo gruppo di ricerca hanno esaminato sistematicamente la condivisione della conoscenza nel suo manifestarsi come linguaggio-discorso in classe, che crea terreno per il conflitto e la co-costruzione, costituendosi come esercizio di pratica discorsiva all'interno di un dominio di conoscenza o esperienza. Le sequenze conflittuali di una discussione, centrate sull'interpretazione di determinati eventi, siano essi fisici, storici o narrativi, che si caratterizzano per il succedersi di momenti di opposizione e contrapposizione, sono quelle che meglio evidenziano la costruzione di giustificazioni alle posizioni assunte, e quindi di spiegazioni più sofisticate per rispondere alle obiezioni avanzate. È stato documentato che all'interno di una determinata cornice di discorso, data dall'obiettivo negoziato è condiviso dal gruppo, è attraverso le procedure argomentative del produrre asserzioni, giustificazioni, concessioni, opposizioni e contro-opposizioni, si attivano operazioni epistemiche proprio del dominio di conoscenza di cui si sta discutendo; procedure essenziali per la costruzione di conoscenza condivisa è condivisibile. La ricerca più recente del gruppo coordinato da Pontecorvo, basata sull’assunzione che la comprensione dell'apprendimento in una classe scolastica e richiede l'analisi dei diversi tipi di discorso finalizzati all'istruzione che in essa si svolgono, ha portato a identificare vale pratiche conversazionali, tipiche del fare scuola quotidiano da parte di docenti di vario grado scolare e ambito disciplinare, adottando un approccio etnometodologico. 2.4 Aiuto reciproco tra pari La collaborazione tra pari che si aiutano reciprocamente per la soluzione di un problema, tanto importante nella teoria di Vygotskij, può essere distinta essenzialmente in: ● Apprendimento collaborativo Quando i bambini, più o meno dello stesso livello di competenza, lavorano insieme, in piccolo gruppo o a coppie; ● Tutoring tra pari quando un bambino più esperto da’ istruzioni e guida un altro per portarlo a un più alto livello di competenza. L'efficacia della collaborazione in un gruppo è stata documentata sul piano cognitivo e sociale. Sia che il processo collaborativo implichi co-costruzione che opposizione e contrapposizione, risulta comunque favorire l'apprendimento, facendo progredire i livelli di comprensione di un problema. Inoltre, il contesto relazionale con i pari aiuta a costruire il senso di sé, facendo scoprire il proprio ruolo sociale e il valore delle norme che regolano il comportamento. Ovviamente, non basta trovarsi in compagnia di un pari più progredito per apprendere, ma è necessario che vengano rispettate anche certe condizioni, quali fatto che quest'ultimo comprenda effettivamente a fondo il problema, non domini la situazione concedendo troppo poco spazio all'altro, usi strategie per risultare efficace come insegnante, ossia si dimostri sensibile rispetto agli sforzi profusi dal partner, dia feedback appropriati, nonché istruzioni calibrate sul livello di abilità manifestato dall'apprendista; in poche parole, le stesse strategie che devono adottare i tutor adulti. 2.5. Contesti e compiti 22 L'approccio socioculturale si differenzia nettamente sia da quello comportamentista sia da quello cognitivista per l'enfasi sulla costruzione condivisa dei significati da parte di una comunità. I metodi impiegati per cogliere identità e dinamicità dei contesti di cui gli individui fanno parte non sono sperimentali, ma tipici dell'antropologia e della sociolinguistica. Mettendo al centro dell'analisi il discorso sviluppato nell'ambito delle pratiche della comunità, viene anche a cadere la barriera individuale e sociale: non interessa tanto analizzare il guadagno cognitivo di cui beneficiano i singoli soggetti partecipanti alle attività sociali, quanto le pratiche discorsive che si creano per la costruzione di conoscenza condivisa. Gli stessi concetti utilizzati nelle pratiche discorsive non vengono ritenuti risiedere nelle menti, ma tra le menti, in quanto si possono definire solo in riferimento alle pratiche in cui sono stati prodotti. Le posizioni teoriche più radicali sono giunte a negare la possibilità di considerare il ruolo delle rappresentazioni mentali nelle strutture cognitive individuali indipendentemente dagli artefatti culturali, ea sostenere, invece, che i concetti sono strumenti discorsivi, costruiti di volta in volta dalle pratiche di comunicazione tra individui in contesti determinati. Ne consegue che, in quanto fenomeni linguistici, i concetti variano a seconda della pratica culturale considerata. 3. Tra cognitivismo e sociocostruttivismo: un'integrazione possibile Se l'approccio comportamentista è ormai ben poco condiviso, quello cognitivista/ costruttivista e\o quello socioculturale costituiscono invece il fondamento della ricerca attuale. A conclusione di questo capitolo, chi scrive vuole sostenere un approccio costruttivista integrato allo studio dei fenomeni dell'apprendimento scolastico: per comprendere in profondità ,è necessario considerare sia i meccanismi che possono portare individuo da un livello di funzionamento cognitivo a un altro alle varie età, esaminando strutture di conoscenza, procedure e strategie individuali, ma anche i fattori culturali e contestuali a cui sono strettamente legati quei meccanismi. Un approccio integrato porta a interessarsi al piano sia individuale sia sociale delle prestazioni cognitive. Porre attenzione agli aspetti culturali e situazionali non significa, infatti, negare o trascurare l'importanza dell'analisi delle rappresentazioni individuali della conoscenza. 3.INTELLIGENZA E DIFFERENZE INDIVIDUALI Il capitolo affronta la questione dell'intelligenza e delle differenze individuali in relazione alla apprendimento scolastico. È da prima descritto come l'intelligenza viene concepita dalla ricerca psicoeducativa e poi è analizzato il contributo della ricerca sull'intelligenza e processi di insegnamento-apprendimento. Successivamente sono illustrati i modelli più recenti dell'intelligenza, sviluppati in settori diversi della ricerca psicologica. Nell'ultima parte del capitolo le differenze individuali vengono esaminate interni di stili di pensiero. 25 1. Il contributo della ricerca sui processi di insegnamento-apprendimento della ricerca sull'intelligenza I cambiamenti essenziali che hanno caratterizzato il concetto di intelligenza nel secolo scorso, in rapporto al apprendimento e all'istruzione, possono essere illustrati attraverso l'analisi di quelle che ancora oggi sono ritenute le concezione dell'intelligenza di senso comune più diffuse( misconcezioni), ovvero: 1. Intelligenza e l'abilità cognitiva unitaria, Alcuni individui possiedono maggiore abilità intellettiva di altri. 2. L'intelligenza è un'abilità cognitiva generale, Gli individui che possiedono un'alta abilità intellettiva imparano molto più facilmente di coloro che non ce l'hanno. 3. L'intelligenza è un'abilità cognitiva innata, Gli individui nascono con un determinato livello abilità intellettiva che non è destinato a cambiare in maniera significativa nel corso della loro vita. 4. L'intelligenza è un'abilità cognitiva statica, Il livello abilità intellettiva posseduto da un individuo si riflette nella sua abilità di risolvere problemi. 1.1. L'intelligenza non è un'abilità cognitiva monolitica L'idea che l'intelligenza sia rappresentata da un'abilità singola e monolitica, posseduta in varie quantità. La caduta dell' approccio psicometrico, che non era riuscito a fornire risposte coerenti alla questione di base sulla natura dell'intelligenza, ha aperto la strada a nuove concettualizzazioni. Proprio quanto emergeva nell'ambito dell'educazione speciale, rivolta agli studenti con gravi difficoltà di apprendimento, mostrava che essi manifestavano una varietà di deficit nei processi di elaborazione delle informazioni richiesti dai compiti, ad esempio nella codifica e nel recupero di informazioni. L'approccio dei correlati cognitivisti di Hunt metteva a confronto l'elaborazione delle informazioni da parte di studenti con alta o bassa abilità verbale, rilevando che si differivano per una serie di processi-componenti, quali il recupero di una lettera dalla memoria a lungo termine e il mantenimento in quella a breve termine di una lista di lettere. La necessità di rispondere in modo sempre più adeguato, sul piano dell'istruzione, a particolari disabilità cognitive e rafforzava via via la nuova concettualizzazione dell'intelligenza come insieme di processi cognitivi, che implicava la necessità di compiere diagnosi di deficit specifici. 1.2. L'intelligenza non è un'abilità cognitiva generale La seconda concezione di senso comune è basata sull'idea che l'intelligenza sia un'abilità cognitiva generale, applicabile in un'ampia varietà di compiti e situazioni. La visione attuale e alternativa, in linea con quanto emerge dalla ricerca educativa, è che le abilità intellettive siano dominio specifiche. Due aree della psicologia dell'educazione, in particolare, hanno contribuito alla nuova concettualizzazione dell'intelligenza. 26 Gli studi sull’expertise in particolari campi disciplinari hanno fornito altra evidenza a sostegno della natura dominio specifica delle abilità mentali. La ricerca che ha messo a confronto le prestazioni di esperti e principianti nel dominio della fisica ha rilevato differenze nella loro conoscenza fattuale, semantica, schematica e strategica. 1.3. L'intelligenza non è un'abilità cognitiva innata La terza cognizione di senso comune vede l'intelligenza determinata, sostanzialmente, dal patrimonio genetico. La visione alternativa era limitata dalla più rilevante ricerca educativa che documentava come le abilità mentali potessero essere insegnate. Insegnare ad attivare determinati processi cognitivi in matematica, la consapevolezza fonologica o strategie per riconoscere la struttura di un testo porta a far migliorare le prestazioni nei compiti scolastici, a conferma che l'intelligenza innata non è l'unica determinante del successo scuola. 1.4. L'intelligenza non è un'abilità cognitiva statica La quarta concezione dell'intelligenza di senso comune porta a considerarla un'abilità statica, misurabile attraverso le risposte che gli individui danno ai problemi: un prodotto, quindi. Feuerstein ha evidenziato come bambini immigrati, che venivano diagnosticati “ritardati mentali” in base ai risultati dei test, mostrassero invece progressi significativi nel corso di una sessione in cui apprendevano come risolvere quesiti dello stesso tipo di quelli che costituivano i test. In altre parole, era riscontrabile una discrepanza tra la prestazione di questi bambini nei test (misurazione statica) e il loro potenziale di apprendimento (misurazione dinamica). In particolare, i due studiosi utilizzando il contributo teorico del cognitivismo, distinguevano due aree in cui situare le differenze individuali: 1. Il funzionamento dell’hardware, ovvero l'architettura di sistema con i magazzini di memoria, caratterizzata da capacità, ossia come quantità di spazio utilizzabile per l’archiviazione delle informazioni; durata, data dal tempo di permanenza delle informazioni nelle varie strutture del sistema; efficienza, manifestata nella velocità di codifica delle informazioni. 2. la conoscenza (Software) che si acquisisce, mutevole nel tempo sia in termini quantitativi( numero di informazioni), sia in termini qualitativi( tipo di informazioni). La prestazione in un compito complesso è pertanto determinata dalle caratteristiche del sistema di architettura, dalla quantità e qualità della conoscenza e dei processi di controllo, così come dalle interazioni tra questi aspetti. In riferimento al concetto di zona di sviluppo prossimale e alle sue implicazioni in termini di rapporto tra istruzione e procedure valutative, Brown e colleghi hanno fortemente sostenuto la necessità di rilevare le potenzialità di apprendimento, peraltro mai stabili, ma continuamente modificabili. La procedura utilizza per valutare il potenziale di bambini con lieve ritardo o disabilità è stata la seguente: ● Venivano prima misurate le loro abilità in un settore specifico. 27 1. Il primo e più alto livello è il contesto ecologico in cui le persone vivono interagendo con l'ambiente fisico. 2. Il secondo livello è il contesto esperienziale che conduce all'apprendimento e allo sviluppo nel contesto ecologico. 3. Il terzo livello è il contesto situazionale riferito alle circostanze ed esperienze ambientali, quale le attività quotidiane che portano ad acquisizioni di breve termine. 4. Il quarto livello è quello dell'accentramento, che si manifesta quando gli psicologi, o altri studiosi, manipolano le caratteristiche dell'ambiente di un individuo per ottenere determinate risposte comportamentali o punteggi ai test. 3.4. Modelli di sistemi complessi Da quanto fin qui presentato, si può notare come la maggior parte dei modelli dell'intelligenza si focalizzi sulle sue varie componenti fisiologiche o cognitive e usi il QI come sua unica misura. 3.4.1. La teoria triarchica dell'intelligenza Secondo la teoria di Sternberg, tre aspetti interagenti costituiscono l'intelligenza. 1. Il primo aspetto, interno all'individuo, riguarda le abilità di elaborazione dell'informazione che guidano il comportamento intelligente. In metacomponenti sono processi mentali di ordine superiore comuni ai vari compiti che gli individui intelligenti sanno attivare per dirigere i loro sforzi verso la soluzione di un problema: -Individuare che esiste un problema e bisogna risolverlo. -Definire la situazione di partenza, gli obiettivi e i vincoli. - Scegliere i processi necessari alla soluzione. - Scegliere la strategia di soluzione appropriata. - Scegliere una rappresentazione mentale della situazione. - Rivolgere la propria attenzione e altre risorse mentali alla soluzione del problema. - Monitorare quando si sta procedendo nella giusta direzione. - Valutare i risultati conseguiti una volta raggiunta una soluzione. Secondo Sternberg, la persistenza di g negli studi di analisi fattoriale dell'intelligenza è dovuta alle differenze individuali nell'uso di questi componimenti, implicate nei vari tipi di compiti. I comportamenti di prestazione riguardano processi mentali di ordine subordinato che gli individui attivano per dare corso alle istruzioni impartite dai metacomponenti, ad esempio codificare gli elementi di un problema, confrontare le opzioni di risposta disponibili con la soluzione che si è generata mentalmente e giustificare la propria risposta. Anche i componenti di acquisizione della conoscenza sono di ordine subordinato, utili ad acquisire le informazioni richieste per la soluzione di un problema, qual è la codifica selettiva atta a determinare le informazioni rilevanti, la combinazione selettiva che mette insieme gli elementi individuati per formare un tutto integrato, e il confronto selettivo finalizzato a stabilire relazioni tra le nuove informazioni e quelle già immagazzinate nella propria memoria. 2. Il secondo aspetto della teoria riguarda l'applicazione nei contesti reali dei tre tipi di comportamenti: gli individui intelligenti sono in grado di adattarsi a un particolare 30 ambiente; in caso di difficoltà, sanno quando e come modificare l'ambiente per farlo corrispondere ai propri bisogni e alle proprie abilità. 3. il terzo aspetto della teoria dell'intelligenza è quello esperienziale, ossia l'abilità di riferirsi alle proprie esperienze per risolvere nuovi problemi e rendere automatiche certe procedure in tempi brevi. 3.4.2. La teoria delle intelligenze multiple La teoria delle intelligenze multiple di Gardner, pur condividendo con quella di Sternberg il rifiuto di una concezione di intelligenza nei termini di un'unica abilità, si focalizza non tanto sui processi mentali, bensì sugli ambienti in cui si può manifestare l'intelligenza. Gardner ha individuato 8 intelligenze o formae mentis: 1. Intelligenza linguistica: Implica le abilità di comprensione e produzione del linguaggio, nelle sue componenti fonetiche, semantiche, sintattiche e pragmatiche. 2. Intelligenza logico-matematica: Implica le abilità di operare su relazioni in sistemi simbolici astratti, di valutare logicamente idee e quantità e di risolvere problemi in contesti puramente formali. 3. Intelligenza spaziale : Implica le abilità di percezione e trasformazione di relazioni visuospaziali e, a differenza di quella logico-matematica, rimane legata al mondo concreto. 4. Intelligenza musicale: Implica abilità uditivo-vocali e sensibilità nei confronti delle varie proprietà musicali per apprezzare, produrre e combinare altezze, toni e volumi dei suoni. 5. Intelligenza corporeo-cinestetica: Implica abilità di gestione del proprio corpo nello spazio, sapendone controllare il movimento a vari fini, e di manipolazione di oggetti. 6. Intelligenza intrapersonale : Implica abilità di comprensione della propria vita interiore, quindi affetti, desideri, motivazioni, emozioni, risorse e debolezze. 7. Intelligenza interpersonale: Implica abilità di comprensione di, e sensibilità verso, motivazioni, intenzioni, desideri, emozioni, nonché comportamenti degli altri. 8. Intelligenza naturalistica: Aggiunta ultimamente alle sette da tempo individuate, implica abilità di riconoscimento e classificazione di numerose specie di organismi, non solo visti a occhio nudo, ma anche sotto la lente d'ingrandimento. Le prime tre intelligente si riferiscono ad abilità misurate dai comuni test di intelligenza, mentre gli altri cinque sono valorizzate in molte culture, anche se non vengono misurate attraverso i consueti test. Queste intelligenze sono ritenute relativamente indipendenti l'una dall'altra, pur potendo lavorare insieme nell'ambito di un dominio: la soluzione di problemi di matematica, ad esempio, richiede intelligenza sia logico-matematica sia linguistica, mentre i musicisti esperti, oltre a quella musicale, hanno bisogno, probabilmente, di intelligenza corporeo-cinestetica, interpersonale e intrapersonale per dare prestazioni di alto livello nel loro campo. 31 Per sostenere empiricamente l'esistenza di 8, relativamente indipendenti, intelligenze, Gardner non si è servito di test, ma di diversi dati raccolti in contesti reali, quali: ● Dati neuropsicologici che mostravano come certi danni cerebrali avessero effetti negativi per alcune abilità, ma non per altre. ● Le prestazioni di bambini autistici, bambini prodigio e individui con talenti particolari che sono eccellenti in alcune aree ma non in altre: l'alta competenza rispetto a un tipo di intelligenza non è risultata predire l'alta competenza rispetto agli altri tipi. ● La diversa linea di sviluppo che ogni intelligenza sembra avere ● La storia di certe competenze che si manifestano in alcune culture, la quale sembra legata a particolari forme primordiali di espressione di altre specie. ● La diversità dei sistemi simbolici, culturalmente determinati, attraverso cui si esprimono certe abilità; l'intelligenza musicale si serve della propria notazione, l’intelligenza matematica ne usa una differente, così come quella linguistica dispone di propri simboli e regole. 3.5. Insegnare a essere più intelligenti Nello specifico, sono stati individuati i criteri che devono guidare gli interventi educativi finalizzati a insegnare a essere più intelligenti(Mayer,2000). 1. Cosa insegnare, Varie abilità-componenti piuttosto che un'abilità globale. Le visioni più recenti dell'intelligenza suggeriscono che vanno insegnate molteplici abilità cognitive quali prerequisiti all'apprendimento in ambito scolastico accademico. 2. Come insegnare, Il processo piuttosto che il prodotto. L’enfasi va posta sull'attivazione di processi cognitivi sottostanti alle prestazioni, e non sulla produzione di risposte corrette. 3. Dove insegnare, In contesti specifici piuttosto che i generici. I tentativi di far avanzare l'intelligenza devono essere strettamente legati alle situazioni in cui le abilità cognitive vengono utilizzate. L'insegnamento di abilità deve essere inserito all'interno dei campi disciplinari specifici, nonché dei particolari contesti d'uso. 4. Quando insegnare, Prima piuttosto che dopo la padronanza di abilità di base di più basso livello. Contrariamente a quanto si credeva nel passato, ora si ritiene che il sapere come si apprende in un dominio costituisca un prerequisito per l'acquisizione delle stesse abilità di base nel dominio. 4. Stili di pensiero come differenze individuali Le differenze individuali nell'apprendimento e nella soluzione di problemi sono state studiate anche in relazione ai diversi “stili” di pensiero o di elaborazione delle informazioni, che renderebbero conto di ciò che dei risultati scolastici, o anche lavorativi, non viene spiegato in termini di abilità: oltre a quanto riescono a pensare, sarebbe altrettanto importante il modo in cui le persone preferiscono pensare. 4.1. Stile, abilità, strategia La nozione di stile non va confusa con quella di abilità. Gli aspetti seguenti distinguono l'abilità dallo stile: 32 comportamentista: in particolare, la motivazione come atteggiamento attivo dell'individuo che tende verso un obiettivo. 1.La motivazione come variabile complessa 1.1. L'approccio comportamentista alla motivazione Nell' approccio comportamentista motivazione e apprendimento sono strettamente connessi: la motivazione(esempio:bisogno di cibo) spinge l'organismo alla ricerca della sua soddisfazione, cioè a raggiungere l'equilibrio omeostatico che la privazione di cibo ha causato. Questa soddisfazione costituisce il rinforzo, che “consolida” la risposta dell'organismo, cioè il comportamento che ha immediatamente preceduto l'evento rinforzante: per fare un esempio tratto dalla ricerca sull'apprendimento animale, il rinforzo “fissa” la risposta dell'organismo che ha portato alla soddisfazione del bisogno. L'applicazione della concezione comportamentista della motivazione all'istruzione ha riguardato essenzialmente il rinforzo: è attraverso l'uso del rinforzo, indagato in particolare da Skinner, che si possono modellare nell'allievo comportamenti motivati. 1.2. Tre dimensioni nel concetto di motivazione ad apprendere → Un primo aspetto dimensione è il ruolo attivo dell'individuo: la motivazione non va ricondotta alla soddisfazione inevitabilmente passiva di bisogni primari e secondari, ma sorge nel momento in cui l'individuo si pone degli obiettivi, ossia si rappresenta dei risultati che vuole raggiungere o che vuole evitare. L'individuo che “costruisce” la propria motivazione perché agisce intenzionalmente nel proprio ambiente, valuta le proprie capacità prima e durante l'azione, e utilizza i mezzi di cui dispone per raggiungere l'obiettivo. → La seconda dimensione è rappresentata dalle modalità con cui l'individuo si percepisce in rapporto a un compito o attività da svolgere e al risultato positivo o negativo di un'attività svolta. → La terza dimensione riguarda gli strumenti che l'individuo mette in atto per raggiungere i suoi obiettivi. Il termine “strumento” non si riferisce a oggetti materiali, ma alle modalità con cui uno studente pianifica, organizza, controlla e valuta il proprio comportamento rivolto a uno scopo: in una parola, l'autoregolazione. 2. Le ragioni dell'apprendere Uno studente può impegnarsi in un lavoro perché l'argomento gli interessa; oppure perché l'attività proposta dall'insegnante risponde ai suoi bisogni psicologici di competenza e autonomia; oppure perché, indipendentemente da questi aspetti, vede nell'impegno un'occasione per fare bella figura. 2.1. La teoria degli obiettivi di riuscita Come è stato acutamente osservato, la prima cosa da fare per spiegare cos'è un obiettivo di riuscita (achievement goal) è precisare quello che non è. Il termine “obiettivo” nel linguaggio comune si riferisce di regola a un risultato che si vuole ottenere. 35 Il significato di obiettivo nell'espressione achievement goal è diverso: non si tratta di un risultato da raggiungere, ma del perché, cioè della ragione per cui un individuo si impegna in un compito o attività di apprendimento. Ames ha definito un achievement goal come un intreccio di convinzioni, attribuzioni e affettività che determina le intenzioni del comportamento e che si esprime in modalità diverse di affrontare le situazioni di riuscita. Esso indica non un traguardo, ma una tendenza o orientamento dell'individuo, orientamento che si riflette in un complesso coerente di comportamenti e atteggiamenti nelle specifiche situazioni in cui l'individuo vuole o deve riuscire. Per spiegare questi differenti pattern Dwek usò il costrutto “obiettivi di riuscita”, che indica lo scopo per cui lo studente affronta una situazione di apprendimento. Furono così identificati due obiettivi: di padronanza e di prestazione. Gli studenti orientati alla padronanza, centrati sul compito, sono soprattutto motivati a capire ciò che fanno è a farlo bene. Gli studenti orientati alla prestazione cercano di ottenere risultati derivati dalle aspettative sociali associati al compito: cercano cioè di ottenere valutazioni positive e\ o di evitarne di negative da parte di insegnanti, genitori e compagni. Un altro costrutto, quello di teoria dell'intelligenza, fu utilizzato come predittore dell'adozione di obiettivi di riuscita(Dweck). Per chi ha un obiettivo di padronanza il riuscire significa migliorare le proprie conoscenze e abilità in un settore e acquisire o sviluppare la propria competenza: ciò che conta è l'impegno, affrontare compiti anche difficili, persistere nelle difficoltà. Elliot ipotizzo dunque che questi risultati apparentemente contraddittori potessero essere spiegati mediante la distinzione tra approccio o avvicinamento (approach) ed evitamento (avoidance): l'approccio di prestazione caratterizza lo studente che vuole dimostrare la propria capacità, mentre l'evitamento della prestazione caratterizza quello che vuole evitare di mostrare la propria incapacità. ● Obiettivi di padronanza, Focalizzati sullo sviluppo della competenza: l'individuo non si confronta con altri, ma con se stesso. ● Obiettivi di approccio di prestazione, Focalizzarsi sul raggiungimento di un livello di competenze in relazione agli altri. ● Obiettivi di evitamento della prestazione, Focalizzarsi sull’evitare uno standard di incompetenza in rapporto ad altri. 2.1.1.Obiettivi di riuscita e struttura di obiettivo È importante sottolineare che gli obiettivi di riuscita non sono tratti di personalità, come il riferimento alle “Teorie dell'intelligenza” può far pensare, ma includono una componente situazionale è una personale. 2.1.2. Obiettivi di riuscita ed emozioni Nella affettività si distinguono tratti e stati(Rosenberg). I tratti si riferiscono a modalità stabiliti o predisposizioni a risposte emotive. Gli stati affettivi si dividono in umori (moods) ed emozioni, diversi tra loro per intensità e durata. L’umore tende ad avere una durata più lunga dell'emozione,che è invece caratterizzata da brevi episodi intensi. Combinando le due dimensioni, si ottengono quattro gruppi di emozioni. 36 1. Attivazione positiva, Speranza, orgoglio, gusto dell’ imparare. 2. De-attivazione positiva, Rilassamento dopo un successo ottenuto, sollievo. 3. Attivazione negativa, Collera, ansia, vergogna. 4. De-attivazione negativa, Noia, sconforto. 2.2. La motivazione intrinseca ed estrinseca È intrinsecamente motivato un comportamento attivato è sostenuto dallo spontaneo senso di soddisfazione che si prova quando ci impegniamo di nostra iniziativa in un'attività che ci piace e in cui ci sentiamo competenti(Deci e Ryan). È estrinsecamente motivato un comportamento intrapreso per ottenere un qualche premio o per evitare una conseguenza negativa. A Deci e Ryan si deve la teoria dell'autodeterminazione, c'è la più coerente e organica trattazione della motivazione intrinseca. L'essere umano è visto come un organismo attivo tendenzialmente alla ricerca di realizzare le proprie capacità. L'individuo ha una tendenza innata a sviluppare un senso del Sé unitario e integrato, cioè a sviluppare armonicamente i vari aspetti della propria personalità e a stabilire relazioni positive con gli altri. La teoria postula l'esistenza di tre bisogni psicologici fondamentali, la cui soddisfazione, essenziale al pieno benessere dell'individuo, può essere ostacolata dall'ambiente sociale: sono i bisogni di competenza, autonomia e relazione con gli altri. La competenza si riferisce al sentirsi efficace nelle interazioni con l'ambiente sociale e nell'esercitare ed esprimere le proprie capacità. L'autonomia è il sentirsi l'origine del proprio comportamento, si riferisce alle azioni che nascono dalla nostra volontà, e non sono causate o imposte dalla volontà di altri. Il bisogno di relazione con gli altri indica il sentirsi in qualche modo integrati con gli altri, per senso di appartenenza a un gruppo o comunità, per desiderio di occuparsi di altre persone o semplicemente perché si sta bene con gli altri. 2.3. Motivazione e interiorizzazione Lo sviluppo dell'individuo può essere visto in termini di progressiva interiorizzazione in rapporto alla realizzazione del Sé. 2.4. L’Interesse Il termine “Interesse” designa un particolare tipo di relazione che intercorre tra un individuo e un oggetto all'interno di un contesto. Un primo aspetto è che, a differenza di altri costrutti motivazionali, in cui prevale la componente cognitiva, l'interesse ha una preminente componente energetica che si manifesta in settori o campi specifici. 37 → Nella fase di monitoraggio, quando il lavoro iniziato, lo studente verifica come procede: metti in atto le proprie conoscenze metacognitive e soprattutto esercita un controllo su quanto sta apprendendo. → Il controllo: è la fase di intervento conseguente al monitoraggio. Infine, nella fase di reazione e riflessione, in cui si riflette sui risultati, si danno giudizi più o meno critici su come è stato eseguito il compito e sul contesto, e si fanno attribuzioni che implicano, come abbiamo visto, componenti cognitive e affettive. 3.4. Strategie adattive e maladattive L'autoregolazione implica, adattare di strategie di apprendimento alle esigenze del compito. Secondo Newman, la richiesta di aiuto adattiva implica: ● Consapevolezza della difficoltà. ● Utilizzo delle informazioni disponibili per valutare se la richiesta è necessaria. ● Esprimere la richiesta. ● Utilizzare l'aiuto ricevuto in modo da ottimizzare la probabilità di successo in successive richieste di aiuto. 5.APPRENDERE CONCETTI E CONOSCENZE Il capitolo tratta dell'acquisizione di concetti e conoscenze in riferimento alla ricerca sui processi di sviluppo e cambiamento concettuale, condotta secondo il paradigma della specificità di dominio. 1. Concetti e specificità di dominio Nell’introdurre questo argomento è importante fare alcune precisazioni. La prima riguarda il fatto che quando parliamo di apprendimento di concetti ci riferiamo a un tipo di concetto più complesso di quello a cui ci si riferisce quando si parla di oggetti fisici o azioni ed eventi particolarmente familiari. In altre parole, di concetti disciplinari isolati, ma di strutture concettuali, di modelli mentali, di teorie, che diventano via via più ricche e articolate per effetto non solo delle esperienze che ogni individuo compie nei più diversi contesti di vita quotidiana, ma anche e, soprattutto, per effetto degli interventi di istruzione. Una seconda precisazione riguarda il fatto che lo studio dei processi di sviluppo e cambiamento concettuale, che qui interessa, viene svolto secondo il paradigma della “specificità di dominio”, diffusosi in psicologia dello sviluppo cognitivo negli ultimi due decenni del secolo scorso. Il paradigma della specificità di dominio ha portato ad assumere come oggetto di indagine una ristrutturazione specifica che si manifesta, appunto, in un settore circoscritto, per effetto delle nuove conoscenze ottenute dall'esperienza e\ o tramite processi di istruzione. Carey ha distinto due tipi di cambiamento dominio specifico: ristrutturazione debole e ristrutturazione radicale. La ristrutturazione debole si manifesta con un a un aumento delle relazioni tra i concetti senza che musino i loro attributi fondamentali; i concetti vengono inseriti e si possono 40 formare concetti superordinati che includono quelli preesistenti, Utili alla soluzione di nuovi problemi o al cambiamento delle soluzioni date a quelli già incontrati. La ristrutturazione radicale implica il cambiamento della struttura di una serie di concetti, delle relazioni che li connettono e del dominio di fenomeni che si spiegano. 2.Esempi di sviluppo e di concezione Per illustrare come possono evolversi le concezioni presentiamo una sintesi di dati di ricerca riguardanti il cambiamento di situazioni in campo biologico,economico e politico. 2.1. Le concezioni biologiche Come esemplificazione del cambiamento di concetti nel dominio biologico, presentiamo una sintesi dei dati della ricerca di Hatano e Inagaki, i quali hanno proposto un’interpretazione della ristrutturazione di conoscenze nel sistema concettuale di un bambino, che risulta essere intermedia rispetto a quella di Carey e a quella di Keil. Se Carey aveva sostenuto che una teoria biologica intuitiva nei bambini dai 4 ai 10 anni emerge da una teoria psicologica intuitiva a Keil. Hatano e Inagaki nello specifico,essi hanno precisato due tipi di cambiamento caratterizzanti la biologia naif. 1. Cambiamento da inferenze basate sulla similarità a inferenze basate sull’appartenenza categoriale; 2. Cambiamento da spiegazione di causalità vitalistica a spiegazioni di causalità meccanica. Rispetto al primo tipo di cambiamento, è stato messo in evidenza che nei bambini prescolari il concetto di essere vivente è organizzato in termini di similarità con gli esseri umani ma, via via che essi diventano più grandi,lo stesso concetto si va a costituire di categorie ordinate gerarchicamente, e gli essere umani sono concepiti come animali. 2.2. Le concezioni economiche Nel nostro Paese è stato oggetto di ricerca sistematica lo sviluppo delle concezioni economiche a diverse età, che qui sintetizziamo, sempre a titolo esemplificativo del progresso concettuale in un dominio. → I bambini dai 3 ai 6 anni, per quanto a livello rudimentale, sanno che i negozi sono i luoghi in cui si possono avere delle merci, il denaro serve per pagare qualcosa, c'è differenza tra “tuo” e “mio”, tra prestiti, regali e furti. → I bambini dai 6 ai 7 anni stabiliscono corrispondenze tra prezzi degli oggetti e denaro che si deve spendere per averli, e anche tra lavoro svolto e remunerazione. → Dai 7 ai 10 anni le molte idee “preeconomiche” vengono sostituite da una comprensione più ampia e articolata sia della compravendita, sia del lavoro. Lo sviluppo più rilevante a quest'età riguarda le idee relative alla produzione. → Dagli 11 ai 14 anni i ragazzi coordinano in un unico quadro di scambi i vari ruoli economici conosciuti. → A partire dai 14 ai 15 anni i ragazzi comprendono nei tratti essenziali anche il funzionamento di varie istituzioni, ad esempio quello della banca, tanto da venire concettualizzata la differenza tra interessi sui depositi e interessi sui prestiti. 41 2.3. Le concezioni politiche Anche lo sviluppo delle concessioni in campo politico, finora poco indagato, è stato delineato da Berti. → In età prescolare, i bambini dai 3 ai 6 anni non distinguono i personaggi politici che vedono in televisione, o di cui sentono parlare, date persone che, comparendo sul teleschermo, sono ritenute” importanti o speciali”. → Dai 6 ai 7 anni i bambini hanno sentito parlare delle cariche politiche più importanti, pur non comprendendone i compiti e le modalità di accesso, che possono essere ritenute alla portata di chi possiede tanto denaro o particolari qualità personali, come l’essere bravo a scuola. → Dai 7 ai 8 anni i bambini comprendono che si accede alle cariche politiche allo stesso modo che ad altre posizioni di comando, ossia partendo dai livelli più bassi e poi avanzando nella carriera, oppure disponendo di una certa ricchezza personale. → Dagli 11 ai 14 anni le nozioni relative alla sfera politica vengono collegate e nasce una “politica ingenua”, distinta dall'economia. A partire dai 14 ai 15 anni i ragazzi elaborano rappresentazioni astratte delle istituzioni e comprendono la funzione amministrativa e regolativa delle leggi, che vanno valutate in base agli effetti prodotti sulla collettività in un periodo di tempo abbastanza lungo. 3. Le misconcezioni e il problema del cambiamento concettuale a scuola Il termine “misconcezioni” (concezioni alternative, concezioni ingenue, concezioni intuitive) si riferisce, a rappresentazioni che sono scorrette dal punto di vista del sapere disciplinare consolidato, ma che allo stesso tempo costituiscono anche un aspetto fondamentale è inevitabile dell'apprendimento(Alexander). Se le misconcezioni arrivano a scuola, appare evidente che un apprendimento effettivo implica la ristrutturazione delle conoscenze esistenti: l'espressione “cambiamento concettuale”, riferita al contesto scolastico, sta infatti indicare che le condizioni iniziali, preesistenti all'intervento di istruzione, sono state modificate con successo in modo da permettere l'integrazione delle nuove informazioni. Esempi pagina 127 4. il cambiamento concettuale nella ricerca sull'educazione scientifica Le condizioni che dovrebbero favorire la ristrutturazione di conoscenze, sono le seguenti: ● Far esplicitare agli studenti le proprie concezioni, e chiedono di interpretare determinati fenomeni ed eventi. ● Affinare la loro consapevolezza delle concezioni proprie e altrui attraverso discussioni di gruppo. ● Creare conflitto cognitivo chiedendo loro di spiegare un evento discrepante, cioè non interpretabile usando le concezioni corretti. ● Stimolare l'accomodamento cognitivo e l'elaborazione di un nuovo modello concettuale coerente con la concezione scientifica accreditata. La strategia del conflitto concettuale non si è però mostrata sempre efficace sia perché non risulta affatto automatico il riconoscimento di un conflitto tra le proprie concezioni e 42
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Pag.136 Il cambiamento concettuale risulta quindi un processo lento e graduale, in quanto implica la revisione delle presupposizioni ontologiche ed epistemologiche delle teorie cornice, e delle credenze radicate da tempo, basate su innumerevoli osservazioni ed esperienze, che vincolano le teorie specifiche e i modelli mentali. Bisogna, creare ambienti di apprendimento in cui un intreccio di fattori cognitivi, contestuali e sociali contribuiscano a stimolare e sostenere la ristrutturazione di conoscenze. 5.2. Concettualizzazione e categorie ontologiche Una diversa spiegazione dell'origine delle misconcezioni è stata proposta da Michelene Chi, Slotta e De Leeuw, sulla base dell'analisi delle rivoluzioni concettuali discusse da storici e filosofi della scienza(Thagard 1992), nonché della letteratura sulle concezioni ingenue a varie età. Secondo Chi e colleghi, molte delle misconceptions individuate negli studenti, soprattutto nel dominio della fisica, paragonabili a quelle accreditate dagli scienziati in epoche passate, sono riconducibili al fatto che si attribuiscono i concetti alle categorie ontologiche errate. Con l’espressione “categorie ontologiche”, gli studiosi si riferiscono a poche categorie basilari della realtà, distinte ontologicamente a livello fisico,e percepite come distinte ontologicamente anche a livello psicologico da un adulto. 46 Screen pagina 138 Sono state individuate tre categorie ontologiche essenziali:sostanze materiali,processi e stati mentali, ognuna caratterizzata da sottocategorie con proprietà che le contraddistinguono. Il cambiamento concettuale può essere di due tipi: all’interno (within) di una categoria ontologica e tra (across) categorie ontologiche. Il cambiamento all’interno di una categoria avviene per mezzo dei meccanismi di discriminazione, aggiunta o eliminazione di caratteristiche, generalizzazione, strutturazione, individuazione di analogie. Il cambiamento tra categorie consiste, invece, nella riassegnazione di un concetto a una categoria diversa da quella a cui era stato attribuito. 6. Approcci alternativi Consideriamo di seguito due approcci alternativi allo studio della revisione di conoscenze. 6.1. Concettualizzazione e contestualizzazione Il cambiamento concettuale è stato considerato come ampliamento del repertorio di modi differenti di rappresentazione della realtà, via via individuati e apprezzati per la loro funzionalità in contesti diversi. Più di recente, Halladén ha sottolineato che le difficoltà incontrate nella comprensione di concetti scientifici costituiscono un problema di contestualizzazione,visto su tre piani diversi: ● di contestualizzazione di un concetto nell’ambito di un più ampio quadro concettuale. ● di contestualizzare di spiegazioni che possono risultare più o meno rilevanti in situazioni differenti. ● di contestualizzazione di descrizioni o spiegazioni all’interno di un determinato genere di discorso. → Il primo tipo di contestualizzazione riguarda la nozione di contesto cognitivo, molto spesso tacito o implicito, poiché non appare immediatamente quale sia il quadro concettuale a cui si deve riferire un particolare evento o fenomeno. 47 6.APPRENDERE STRATEGIE E ABILITÀ: METACOGNIZIONE, COMPRENSIONE E PRODUZIONE DEL TESTO I concetti di abilità e strategie si differenziano per alcuni aspetti: le abilità riguardano il livello a cui si manifesta una determinata competenza, ad esempio l’abilità di lettura, mentre le strategie riguardano modalità particolari attraverso cui si manifesta un’abilità; le abilità hanno un valore in assoluto in quanto è sempre meglio possederle a un grado alto piuttosto che basso, mentre le strategie hanno un valore in riferimento alla natura e al contesto di un compito(non è sempre vantaggiosa la lettura analitica). 1. La metacognizione Il termine “metacognizione” si riferisce, a un pensiero sul proprio pensiero che ha per oggetto processi e strategie cognitive, ad esempio di memorizzazione, comprensione, ragionamento e problem-solving. Flavell l’ha così definita: “ la metacognizione riguarda, tra l’altro, il controllo attivo e la conseguente regolazione e orchestrazione di questi processi(cognitivi) in relazione agli oggetti cognitivi o ai dati ai quali si riferiscono, generalmente al servizio di qualche scopo od obiettivo concreto”. La metacognizione è conoscenza sulla cognizione e controllo delle attività cognitive, la distinzione sembra appropriata, dall’altro lato, se si concepisce la memoria come “cognizione applicata”,la metamemoria diventa conoscenza sulla cognizione applicata, quindi metacognizione. Il modello della regolazione cognitiva proposto da Flavell (1979) prevede azioni e interazioni tra quattro classi di fenomeni: 1. la conoscenza metacognitiva. 2. le esperienze metacognitive in quanto esperienze consapevoli, di natura cognitiva e affettiva, che accompagnano e ineriscono a un’impresa intellettiva, a cui porta la conoscenza metacognitiva. 3. gli obiettivi (o compiti) da raggiungere; 4. le azioni (o strategie) da mettere in atto per conseguire le mete stabilite. Kluwe (1982) ha allargato il concetto di metacognizione aggiungendo il controllo e la regolazione del corso del pensiero, parlando di metaconoscenza dichiarativa nel primo caso e di metaconoscenza procedurale nel secondo.I processi che controllano la selezione e applicazione di strategie,così come quelli che regolano lo svolgimento delle attività, sono stati definiti “processi esecutivi”, o “abilità metacognitive”, o “processi metacognitivi di controllo”. 1.1 La conoscenza metacognitiva Nell’ambito degli studi sulla metamemoria, Flavell ha specificato che la conoscenza metacognitiva include: ● conoscenze delle caratteristiche della persona, riferite a se stessi in termini di capacità, limiti di memoria e modalità di elaborazione delle informazioni. 50 ● conoscenze delle caratteristiche del compito, riguardanti le richieste e difficoltà poste da un determinato tipo di compito, sia esso familiare o meno, molto o poco strutturato, stimolante o noioso ecc. ● conoscenze delle caratteristiche delle strategie, riguardanti la natura e utilità di tutto ciò che può essere attuato per potenziare il proprio comportamento cognitivo. Kuhn ha parlato di metaconoscenza epistemologica, riferita alla comprensione di che cosa siano la conoscenza e il conoscere in sé. Cornoldi ha precisato una serie di variabili che possono caratterizzare la conoscenza metacognitiva: ● generalità:il livello gerarchico di una conoscenza, dall’estrema specificità all’estensione a vari compiti. ● gamma di applicazione:l’applicabilità della conoscenza, anche se di portata limitata. ● facilità di accesso: la frequenza con cui una certa conoscenza viene in mente. ● verbalizzabilità: la possibilità di estrinsecare tramite parole un contenuto di conoscenza metacognitiva. ● modalità di acquisizione:l’essere oggetto di insegnamento o conquista spontanea può influire,sul carattere di maggiore o minore sistematicità della conoscenza. ● livello di consapevolezza: non tutta la conoscenza si colloca sullo stesso piano di consapevolezza. ● propensione a essere applicata al comportamento: la traducibilità, in termini di conseguenze, di una conoscenza; ad esempio, si può pensare a una certa strategia di memorizzazione, ma non fare niente per superare il problema di memoria in atto. ● pregnanza emotiva:L’associazione di una conoscenza metacognitiva con un particolare stato emotivo che viene richiamato ogni volta in cui viene in mente quella conoscenza. ● ampiezza delle interconnessioni: una conoscenza può essere più o meno collegata, e più o meno coerentemente, ad altre conoscenze sul funzionamento dell’attività mentale. ● coerenza interna ed estrema: aspetti di incongruenza e contraddizione possono contrassegnare, anche frequentemente,le conoscenze metacognitive. ● prerequisiti in termini di informazioni, esperienze, strutture intellettive: tutto il patrimonio di conoscenze e capacità mentali che costituisce lo sfondo su cui operano le rappresentazioni metacognitive. Il sapere come interagiscono tutti gli aspetti della conoscenza metacognitiva, sopra descritti, porta a una specie di sensibilità metacognitiva che si traduce nel conoscere qual è il comportamento più appropriato, in una data situazione, per un dato compito. 51 1.2 I processi metacognitivi di controllo Brown ha contribuito alla chiarificazione concettuale dei due ambiti di ricerca sulla metacognizione, distinguendo tra la conoscenza delle attività e dei processi cognitivi, che si sviluppa con l’età e l’esperienza, e i processi di controllo e regolazione delle attività cognitive. I processi metacognitivi individuati da Brown sono quattro: predizione, pianificazione, monitoraggio e valutazione. ● Predizione. Riguarda l’abilità di predire il livello di prestazione in un compito, stimare il grado di difficoltà di una prova, anticipare il risultato derivante dall’applicazione di una certa strategia. La ricerca sulla metamemoria ha individuato vari tipi di previsioni che possono essere formulati in relazione alla fase del processo, ossia acquisizione, mantenimento o recupero dell’informazione: 1. EOL (Ease of Learning): è il giudizio sulla facilità di apprendimento del materiale, emesso prima della sua effettiva acquisizione; 2. JOL(Judgement of Learning): è il giudizio sul grado di apprendimento. 3. FOK(Feeling of Knowing): è il giudizio sul livello di conoscenza di un materiale che è stato appreso ma non ancora recuperato. 4. TOT(Tip-of-the-Tongue): è il giudizio che porta a ritenere di avere una conoscenza “sulla punta della lingua”; La previsione, che implica la capacità di prefigurare atti cognitivi che non si sono ancora verificati, risulta in genere difficile per i soggetti più giovani, i quali tendono a sovrastimare, ad esempio, i possibili risultati della loro attività di memorizzazione. ● Pianificazione. Riguarda l’abilità di organizzare tutte le azioni che conducono all’obiettivo da raggiungere, stabilendo un piano. ● Monitoraggio. Riguarda l’abilità di controllare l’attività cognitiva nel corso del suo svolgimento, per così dire “on-line”. ● Valutazione. Riguarda l’abilità di valutare l’uso di una determinata strategia nella sua globalità e non fase per fase. Più recentemente è stata considerata la metacognizione epistemica come aspetto della competenza metacognitiva che implica sia consapevolezza, sia monitoraggio e valutazione delle conoscenze con cui si ha a che fare, ad esempio mentre si cercano informazioni navigando in Internet. 1.3 Rapporto tra abilità mentali e abilità metacognitive Il rapporto tra abilità mentali (intelligenza) e abilità metacognitive è stato concettualizzato in tre diversi modi. → Il primo modo concepisce queste ultime come manifestazione delle abilità mentali o comunque come parte integrante della “scatola degli attrezzi” mentali. → La seconda concettualizzazione del rapporto tra intelligenza e metacognizione considera le due variabili come indipendenti, ossia costituenti due diverse “cassette degli attrezzi”. → La terza concettualizzazione riguarda un modello misto: la metacognizione è in una certa misura legata all’intelligenza, ma anche un “surplus” rispetto a quest’ultima in termini di predizione dei risultati dell’apprendimento. 52 2. La conoscenza del prodotto, ossia la consapevolezza dei vari tipi, struttura e organizzazione di testo, data dalla conoscenza di come si sviluppano frasi paragrafi, delle funzioni di un testo in generale e in un determinato contesto, contraddistinto da un obiettivo specifico e da un particolare “uditorio”. 3.1. Modelli del processo di scrittura Il primo è più citato un modello della scrittura è quello di Hayes e Flower, elaborato sulla base di dati di ricerca raccolti tra la metodologia del pensiero ad alta voce di soggetti coinvolti nella produzione di testi scritti di tipo descrittivo. Il processo dello scrivere vero e proprio e due blocchi esterni ma comunicanti con questo, la memoria a lungo termine e l'ambiente del compito. Tre sono le fasi principali del processo di scrittura: la pianificazione, la traduzione e la revisione. La revisione, non viene compiuta solo alla fine, così come la pianificazione può anche seguire, e non solo precedere, la traduzione e accompagnare la revisione. La pianificazione è, a sua volta, distinta in tre sottoprocessi: A) determinare degli obiettivi B) generare idee e contenuti C) organizzarli in una struttura coerente; L'interattività che contraddistingue anche questi sottoprocessi fa sì che essi possano essere presenti in ogni momento della composizione del testo. La traduzione rappresenta la trasformazione delle idee recuperate dalla memoria in testo scritto, mentre la revisione riguarda l'esame, da parte dello scrittore, del proprio prodotto, comparato alla rappresentazione interna del testo che intendeva comporre. Il secondo modello è quello di Hayez, che sottolinea il legame tra scrittura e lettura, ed è costituito da due elementi principali: l'ambiente del compito e l'individuo. L'ambiente del compito include l'ambiente sociale, cioè i destinatari e collaboratori dell'attività di scrittura, e l'ambiente fisico dato dal mezzo di scrittura e dal testo già prodotto. L'individuo comprende: ● I processi cognitivi di interpretazione, riflessione e produzione del testo. ● Gli aspetti motivazionali riferiti a obiettivi, predisposizioni, convinzioni e atteggiamenti, stime costi\ benefici legati alla scrittura. ● La memoria di lavoro con il suo esecutivo centrale e le due memorie specializzate, il loop fonologico e il taccuino visuospaziale , nonché la memoria semantica. ● La memoria a lungo termine con le conoscenze linguistiche e quelle sull'argomento di cui scrivere, sul destinatario, sulle tecniche di scrittura e sulle caratteristiche del particolare genere di testo da produrre. 3.2. Credenze sulla scrittura e produzione di testi Un aspetto della conoscenza metacognitiva riferita alla produzione del testo scritto, riguarda le convinzioni implicite sulla scrittura elaborate dagli studenti in base alla propria esperienza, che possono influenzare la qualità dei testi prodotti. 55 Gli studenti con basse credenze di trasmissione o con alte credenze di transazione producevano testi complessivamente migliori dei coetanei con alte credenze di trasmissione o basse credenze di transazione. La qualità dei testi era misurata in termini di sviluppo del contenuto, organizzazione, presenza di idee personali, fluidità delle frasi e correttezza convenzionale. È stato inoltre rilevato che alle credenze di transazione si associavano positivamente ad alcuni aspetti motivazionali - legati allo scrivere per esprimersi personalmente, per influenzare gli altri, o perché è un'attività che piace-nonché alla quantità di tempo settimanale dedicato alla scrittura. 3.3. Processo di scrittura e metacognizione Pur non riferendosi esplicitamente al termine metacognizione, le fasi del processo di scrittura, precisate da Hayes e Flower, hanno una caratterizzazione essenzialmente metacognitiva. La pianificazione richiede non solo consapevolezza degli obiettivi comunicativi da raggiungere e della struttura da fare assumere al prodotto, ma anche la consapevolezza della flessibilità della stessa operazione, aperta a continui cambiamenti e revisioni, in quanto un piano di stesura non può essere contraddistinto da rigidità, bensì ridefinito via via che si procede nella scrittura. La traduzione delle idee in parole, frasi e paragrafi implica il monitoraggio continuo di quello che si scrive. La distinzione di Bereiter e Scardamalia tra knowledge telling e knowledge transforming, quali modalità di scrittura che caratterizzano rispettivamente i principianti dagli scrittori esperti, mette in luce proprio come i tre processi possono essere realizzati a livelli ben diversi di efficacia. Il “knowledge telling” è il risultato dell'applicazione di una strategia che consiste, semplicemente, nel dire tutto quello che si sa su un determinato argomento è in maniera relativamente libera, basata su associazioni di idee. Il “knowledge transforming” implica che lo scrittore sappia svolgere da solo ciò che solitamente avviene tramite interazione sociale, ossia la rielaborazione di quello che si sa, tenendo presenti durante tutte le fasi le caratteristiche del lettore, del genere testuale, nonché dell'obiettivo comunicativo da perseguire. Nel knowledge transforming lo spazio del problema di quali e quante descrivere, e lo spazio del problema retorico, relativo al raggiungimento degli obiettivi comunicativi di quel particolare testo, interagiscono continuamente. 3.4. Migliorare le abilità di scrittura con interventi metacognitivi Avendo come riferimento il modello cognitivista di Hayes e Flower (1980), sono stati definiti i principi essenziali di base che devono ispirare interventi di istruzione finalizzata a migliorare la produzione scritta: ● la scrittura è un'attività complessa che deve essere regolata dagli scrittori stessi. ● La pianificazione implica sapere rivolgersi domande utili a individuare un “uditorio”. ● La prima stesura deve riguardare la raccolta di idee generate durante la pianificazione. 56 ● la revisione significa una lettura del testo dal punto di vista dei possibili lettori e dello scopo stabilito, apportandovi aggiunte, cancellazioni, sostituzioni e modificazioni laddove si rendono necessarie. Bereiter e Scardamalia hanno messo a punto una metodologia di intervento educativo, chiamata “Facilitazione procedurale”, per aiutare gli scrittori principianti a ridurre il carico esecutivo che devono sostenere, senza ricevere suggerimenti su cosa e come scrivere. La metodologia è stata elaborata proprio in base alla constatazione che gli scrittori principianti non sono in grado di attivare meccanismi di autoregolazione e controllo delle procedure implicate. La realizzazione di un intervento di facilitazione procedurale prevede 4 momenti: 1. Individuazione di un processo di autoregolazione attivo e gestito in maniera appropriata dagli scrittori esperti, ma non da quelli principianti, come la pianificazione. 2. Descrizione esplicita del processo che indichi le operazioni mentali da compiere; nel caso della pianificazione, porsi obiettivi, generare idee e organizzare tale idee in una struttura coerente. 3. Identificazione di una modalità tramite cui facilitare la funzione specifica. 4. Realizzare supporti esterni per ridurre il carico cognitivo. Gli effetti della revisione collaborativa di testi sull' acquisizione di consapevolezza “dell'uditorio”, cioè delle necessità del lettore che deve poter comprendere pienamente quanto è scritto. Studenti di scuola primaria e secondaria di primo grado miglioravano la loro produzione scritta di carattere narrativo dopo aver fatto esperienza di revisione di testi in coppia. Si può concludere sostenendo che se la scrittura è un'attività complessa, imparare a scrivere bene lo è ancora di più: diventare scrittori esperti significa sapere che bisogna pianificare, tradurre e rivedere, nonché monitorare tutti questi processi nel loro svolgimento, attivandoli sempre al momento giusto; utilizzare la conoscenza dei diversi generi testuali per generare, organizzare e rivedere le idee in modo appropriato agli stessi, diventare consapevoli che i testi saranno fruiti in un particolare contesto sociale; essere sensibili alle esigenze dei lettori. 7.APPRENDERE A STUDIARE Il capitolo è centrato sull'attività di studio. 1. caratteristiche dell'attività di studio Lo studio, attività scolastica emblematica, si distingue dalle altre attività di apprendimento scuola in quanto: ● Solitamente non prevede interventi diretti da parte di un insegnante mentre è in atto. ● E spesso un'attività solitaria. ● In genere ha origine da un obiettivo stabilito da un insegnante che lo studente interpreta. ● Frequentemente richiede ricerca e sintesi di informazioni da più fonti ( libro di testo, appunti, note, documenti vari ecc.). 57 L'attività cognitiva di elaborazione delle informazioni, che richiede attenzione, comprensione e memorizzazione, si basa sulla messa in atto di determinate strategie o procedure, potenzialmente consapevoli e controllabili. 3.1. Strategie di ripetizione Le strategie di ripetizione servono essenzialmente a selezionare le parti più importanti di un testo, trasferendole nella memoria di lavoro per la loro acquisizione. Modalità di studio: Leggere rileggere: sembra facilitare il ricordo di informazioni fattuali, quali termini, date, nomi piuttosto che la costruzione di connessioni. Non va escluso che la rilettura implichi un cambiamento qualitativo nel processo di studio. Sottolineare: utilizzata molto di frequente, tale strategia consiste nella selezione delle parti ritenute più importanti, a cui fare soprattutto riferimento quando si rilegge. La sua efficacia viene messa in relazione con la focalizzazione dell'attenzione su segmenti specifici di un testo e con la profondità di elaborazione che sarebbe garantita solo quando si sottolinea personalmente e non quando si studia del materiale già sottolineato da altri. Copiare: si tratta di fare annotazioni ai margini del testo stesso o in un foglio separato in cui scrive, dati ecc., ma anche fissare dei commenti che servono a connettere le informazioni lette con quelle che sono già state elaborate o i concetti principali ricavati dalla lettura, da utilizzare mentre si tenta di costruire il significato del testo. Memorizzare: è credenza comune ritenere che alcuni materiali di studio si possono ricordare solo memorizzandoli attraverso la ripetizione continua. La ripetizione può mantenere il testo così come si presenta ho anche lavorarlo, ossia riorganizzando raggruppandole informazione. → La mnemotecnica più antiche conosciute quella del metodo dei loci che consiste, in fase di codifica, nel selezionare una serie di luoghi familiari lungo un determinato percorso costruendo una specie di schedario-base, e nell'associare ogni luogo una parola da ricordare tramite un'immagine. → Un'altra mnemotecnica , non basata sull'uso di uno schedario-base, è il metodo di concatenamento che prevede la creazione di un'immagine della prima parola, un'immagine della seconda da concatenare la prima in modo interattivo, un'immagine di Laterza da concatenare la seconda in modo interattivo, e così via. → Un’ulteriore mnemotecnica è il metodo fonetico, che ricorre uno schedario-base, non costituito però da un percorso scandito da luoghi familiari, come nel caso del metodo dei loci, bensì da una serie di elementi costruiti sulla base di regole fonetiche che prevedono la trasformazione del numero progressivo dell'elemento in una parola immaginabile che lo possa rappresentare. 3.2. Strategie di elaborazione-organizzazione Le elaborazione-organizzazione servono non solo alla selezione di informazioni importanti, ma anche alla loro trasformazione e integrazione. Il livello di elaborazione a cui queste strategie portano può essere profondo in quanto si riorganizza il materiale di studio per renderlo più facilmente ricordabile. 60 Prendere appunti o note. Una striscia di elaborazione usata molto frequentemente dagli studenti è il prendere appunti o note, sulla cui efficacia non ci sono solo dati concordi. A questo proposito va puntualizzato che l'esito più o meno positivo legato all'adozione della strategia può dipendere sia dalla forma in cui è stata applicata sia dalla qualità del contenuto delle note Il rivedere gli appunti risultava più efficace della scrittura di note per la produzione di una sintesi. Questo risultato indica l'importanza della lettura degli appunti: prenderli mentre si legge o si ascolta una lezione dovrebbe costituire solo il primo passo per l'utilizzazione della strategia, a cui far seguire lettura e revisione di quanto notato. Nello stesso studio è stato messo a confronto anche tipo di annotazione presa: convenzionale, ossia quella usata solitamente dagli studenti; lineare, quando veniva dato agli studenti uno schema con gli argomenti principali e i sottoargomenti già distanziati per consentire l'inserimento delle note; a matrice che vede l'informazione presentata in una tabella a doppia entrata in cui le annotazioni vengono scritte nelle caselle di intersezione tra argomenti e sottoargomenti. Porsi domande. Una strategia utile per aiutarci a comprendere, e non solo per valutare la propria comprensione, è quella di rivolgersi domande sul materiale di apprendimento, sia prima, sia durante, sia dopo la lettura. Prima di leggere, le domande servono ad anticipare i possibili contenuti, preparandosi ad attivare gli schemi corrispondenti. Durante la lettura, le domande possono favorire l'elaborazione delle informazioni, aiutando a stabilire relazioni, così come al termine della lettura possono servire al recupero delle informazioni stesse dalla memoria e al loro consolidamento, nonché al controllo dell'apprendimento portando, eventualmente, alla consapevolezza della necessità di rileggere il testo e cercare le informazioni di cui si avverte il bisogno per saper rispondere alle domande. Riassumere. Si tratta di una strategia in cui si integrano processi di lettura e scrittura al fine di una trasformazione selettiva del contenuto di apprendimento: bisogna infatti valutarlo e decidere quali sono i suoi elementi più rilevanti, e pertanto richiede una certa profondità di elaborazione che, a sua volta, dovrebbe garantire un buon livello di comprensione. Sintetizzare testi. Anche la cosiddetta “scrittura da fonti”, ossia la sintesi scritta di testi diversi su uno stesso argomento, è risultata un valido strumento di comprensione del materiale concettuale, come emerso in una recente ricerca condotta da Boscolo e Quarisa. A studenti universitari di psicologia sono stati proposti per la lettura tre testi sulla tematica della motivazione; successivamente a una parte è stato chiesto di scrivere una sintesi dei brani, mentre l’altra era impegnata in un compito di scrittura personale che non ricordavo il contenuto dei testi. Scrivere testi. La produzione di un testo è un'attività che implica un uso esteso e analitico della scrittura per riformulare, chiarire, arricchire, modificare le proprie conoscenze riflettendo su di esse, tanto da costituire uno strumento particolarmente utile all'apprendimento, che promuove una comprensione frutto di costruzione ed elaborazione, anziché di produzione, delle conoscenze. Quando scrivo un testo per apprendere ciò che studia, lo studente non è tanto focalizzato sul ricordare informazioni, bensì sul selezionarle, collegarle, riorganizzarle in un processo che Bereiter e Scardamalia definirebbero “knowledge transforming”. 61 La ricerca sistematica di Langer e Applebee ha sostanzialmente confermato quanto emerso da questi studi, confrontando ancora gli effetti di vari tipi di scrittura sull'apprendimento. La loro indagine, articolata in tre diversi studi, è considerata tuttora un contributo fondamentale alla di studio sulla scrittura come mezzo di apprendimento (writing to learn). → Nel primo studio è stato chiesto a studenti di scuola secondaria di secondo grado di leggere un brano di tipo storico e di studiarlo secondo tre modalità: prendendo appunti, rispondendo a domande di comprensione, scrivendo un testo che implicava la riformulazione è l'estensione di quanto letto. Il secondo studio si proponeva di documentare gli effetti positivi sull'apprendimento, anche a 4 mesi di distanza, dell'attività di scrittura, confrontando gli effetti prodotti da compiti diversi. In questo caso, la scrittura elaborativa riguardava la stesura di un testo argomentativo sul contenuto del brano, che era di carattere sociale, per sostenere un particolare punto di vista sull'argomento in questione. → A conclusione della loro ricerca, Langer e Applebee sostenevano che: ● Compiti di scrittura diversi promuovono tipi diversi di apprendimento. ● Le attività basate sulla scrittura conducono in generale a un migliore apprendimento rispetto a quelle non basate sulla scrittura, in quanto implicano una maggiore elaborazione del materiale. ● Gli effetti della scrittura sull'apprendimento appaiono specifici e non generici. ● I vari compiti di scrittura si differenziano nell'ampiezza e nella profondità di elaborazione dell'informazione richiesta. Schematizzare. Le informazioni di contesto di rendere più visibili delle relazioni non altrettanto evidenti nel testo lineare. A questo proposito, più che gli schemi, usati di frequente durante lo studio, sono le mappe a prestarsi maggiormente alla visualizzazione delle relazioni tra concetti; si parla di mappa concettuale come di una rappresentazione esplicita di concetti, delle proposizioni che li legano, non credere l'ordine gerarchico tra essi. 62 Il QMS (questionario metodo di studio) del gruppo di ricerca di Padova, utilizzabile dalla scuola secondaria di primo grado all'università, con i suoi 163 item considera una gamma più ampia di aree raggruppabili in quattro parti: 1. Strategie di apprendimento. 2. Stili cognitivi di elaborazione. 3. Metacognizione e studio. 4. Atteggiamento verso la scuola e studio. L'altro questionario in lingua italiana, è il QSA (questionario sulle strategie di apprendimento), costruito considerando sia il questionario di efficienza nello studio, sia il LASSI , per soggetti di età compresa fra i 14 ei 18 anni. Analisi fattoriale di 100 item ha fatto emergere 14 dimensioni sottostanti allo strumento, metà di natura cognitiva e metà di natura affettivo motivazionale: ● Fattori cognitivi :Strategie elaborative. ● fattori affettivo motivazionali. Più recentemente, Cornoldi, De Beni e Moè hanno predisposto AMOS (abilità e motivazione allo studio), una batteria di strumenti che intende offrire un'immagine abbastanza completa di uno studente di età compresa tra i 8 e i 15 anni in termini di strategie, abilità e credenze motivazionali riguardanti lo studio. Gli strumenti della batteria sono: ● Il questionario sull'approccio allo studio (QAS): prende spunto dal precedente questionario metacognitivo sul metodo di studio, utilizzato nell'ambito del programma “imparare a studiare 2”. ● Il questionario sulle strategie di studio (QS): prevede sia la valutazione dell'importanza che uno studente attribuisce alle strategie di studio, sia il suo giudizio sull'uso di tali strategie. ● Le prove di studio (PS): diversamente dagli altri studenti che, essendo autovalutativi, possono esprimere anche la percezione della realtà da parte degli studenti e non solo la realtà effettiva. ● Il questionario sulle convinzioni (QC): propone allo studente di esplicitare le proprie credenze relative all'intelligenza, alla fiducia nella propria intelligenza e abilità, agli obiettivi di apprendimento e alle cause dei propri risultati scolastici. 8.APPRENDERE STRATEGIE E ABILITÀ’: METACOGNIZIONE E MATEMATICA L'apprendimento di strategie e abita in matematica implica competenza metacognitiva. In questo capitolo si parla dapprima di credenze sulla matematica, portando esempi illustrativi, e di rapporto tra convinzioni e rendimento nella disciplina; successivamente di conoscenza e consapevolezza di strategie, così come di controllo metacognitivo. 65 1.Credenze sulla matematica In un famoso articolo del 1983, sottolineando l'interazione tra fattori cognitivi e affettivi nell'apprendimento, Shoenfeld metteva per primo in luce l'influenza delle credenze riguardanti la matematica sulle modalità di approccio alla disciplina. Dai vari studi di Shoenfeld (1994), centrati anche sulle credenze relative alla natura e all'acquisizione della conoscenza matematica, emergeva che gli studenti possedevano queste credenze, nutrite di continuo dalla consueta pratica didattica: ● I problemi di matematica possono avere una e una sola risposta corretta. ● C'è un unico modo esatto di risoluzione di qualsiasi problema matematico. ● Gli studenti normali non si possono aspettare di capire la matematica, ma di memorizzarla e applicare ciò che hanno imparato meccanicamente. ● La matematica è un'attività solitaria, da svolgere individualmente. ● Chi capisce la matematica in classe è capace di risolvere tutti i problemi assegnati in pochi minuti. ● La matematica imparata a scuola a poco o niente a che fare con il mondo reale. Le Credenze di studenti considerati in possesso di particolare talento per la matematica non apparivano diverse, almeno da quanto emerso dallo studio di Frank che ha individuato le seguenti convenzioni e ragazzi di scuola secondaria di primo grado. ● La matematica essenzialmente calcolo e impararla vuol dire memorizzare fatti e algoritmi. ● La soluzione di problemi richiede poco tempo e la si raggiunge in pochi passi. ● L'obiettivo del fare matematica è arrivare alla risposta corretta in tempi veloci. ● Il ruolo dello studente è prestare attenzione in classe e dimostrare di essere stato attento sapendo produrre la risposta corretta. Garofalo ha individuato le convinzioni sulla matematica presenti in studenti di scuola secondaria di secondo grado, che portavano a credere che: ● Tutti i problemi possono essere risolti applicando regole. ● Memorizzare i fatti e formule e impratichirsi di procedure siano condizioni sufficienti per fare bene in matematica. ● Un problema Di matematica sì è risolvibile solo applicando il metodo introdotto nella stessa sezione o nello stesso capitolo del testo in cui viene presentato il problema stesso. ● La matematica si è un insieme frammentato di regole e procedure, non un sistema concettuale. ● Solo le persone con particolare talento e creatività possano produrre conoscenza matematica, mentre per tutte le altre ci sono le autorità che la trasmettono. Lampert ha documentato come la visione più comune della matematica portasse a concepire la disciplina in termini di certezze assolute, nonché di risposte veloci e corrette, che diventano vere quando sono accettate dall'autorità dell'insegnante. 66 A questo riguardo, l'importanza del contesto in cui si fa matematica sullo sviluppo delle credenze relative alla matematica è stata fortemente sostenuta da Yacked e Cobb. Esaminando le credenze di studenti di vario livello scolare, da quelli di scuola primaria ai laureati in matematica, raccolte attraverso domande a risposta aperta Spangler a sorprendemente rilevato che erano piuttosto simili ai diversi livelli . 2. Credenze e rendimento in matematica Basandosi sulla convinzione che una serie di calcoli possa portare a risolvere tutti i problemi di matematica, manifestavano bene scarso comportamento metacognitivo. Inoltre, coloro che erano convinti si dovesse risolvere un problema molto velocemente, non spendevano tempo a controllare se fosse sensato tutto quello che avevano fatto, limitandosi, tutt’al più, controllo della correttezza del calcolo aritmetico. Una serie di studi sui problemi assurdi ha portato a rilevare ugualmente il rapporto tra credenze e soluzione di problemi da parte di bambini di scuola primaria. Poli e Zan hanno anche rilevato che le credenze sul problema matematico di buoni o cattivi solutori, frequentanti la terza, quarta e quinta classe di scuola primaria, differivano significativamente. L'analisi delle definizioni di questo tipo di problema portavano a distinguere quattro categorie di alunni. Anche Koller ha analizzato le relazioni tra credenze in matematica, motivazione, strategie di apprendimento e rendimento. Analogamente, gli studenti che concepivano la disciplina come insieme di fatti isolati avevano un rendimento inferiore ai compagni che concepivano la disciplina come un ambito di concetti interrelati. Infine gli studenti con credenze più costruttiviste relativiste in merito alla conoscenza matematica raggiungevano risultati migliori di coloro che possedevano visioni dualistiche. 67 Il termine “metamotivazione” è stato tuttavia criticato, perché non comprende anche processi e strategie emozionali. Una buona prestazione strategica, presuppone la convinzione che si è in grado di raggiungere un risultato positivo in una determinata situazione, così come di saper adottare quelle strategie di natura volitiva che possono far superare difficoltà di vario tipo e stati emozionali negativi. 2. La nozione di competenza Pellerey ha precisato che la competenza è un insieme integrato di conoscenze, abilità e atteggiamenti, richiesto per l'esecuzione valida ed efficace di un compito. La competenza manifestata in una determinata situazione è frutto della storia personale con i suoi esiti sul piano generale e specifico, nonché dello stato interno attivato da un soggetto, che comprende, tra altri aspetti, motivazioni, reazioni emozionali e umore. La nozione di competenza esperta (expertise) viene caratterizzata da Ajello in termini di organizzazione, articolazione, contestualizzazione e flessibilità delle conoscenze possedute. La studiosa sottolinea anche altri tratti distintivi della competenza esperta, come la policontestualità, cioè saper fornire molteplici tipi di prestazione in contesti diversi. Ajello sottolinea il tratto dell'attraversamento dei confini, dato dalle interazioni con chi possiede competenze diverse dalle proprie, al fine di negoziare soluzioni a problemi nuovi. Un ambiente stimolante e “caldo”, in quanto connotato emozionalmente, è alla base dell'apprendimento efficace che richiede consapevolezza di, e coinvolgimento in, quello che si fa, comprensione del suo significato, scelta responsabile di procedure. 3.Un modello di apprendimento in un dominio: interazioni tra conoscenze, strategie e interesse. Un modello dell'apprendimento centrato sulle interrelazioni tra fattori cognitivi, metacognizione e motivazionali, è il “model domain learning” (MDL), proposto da Alexander, Jetton e Kulikowich in seguito a studi empirici svolti a esaminare conoscenze. La progressione dall'essere inesperti all'essere esperti in un dominio è stata articolata nei seguenti stadi. ● Acclimation: è caratterizzato da conoscenza scarsa e frammentata del dominio, di tipo dichiarativo, procedurale e condizionale, che si traduce in uso di strategie generali di più basso livello. ● Competence: si contraddistingue per l'acquisizione di maggior conoscenza dichiarativa organizzata in modo coerente attorno a concetti e principi fondamentali per l'impiego più efficace ed efficiente di strategie, per lo sviluppo di un “senso del dominio”, nonché per l'aumentato interesse e coinvolgimento. ● Proficiency: una conoscenza ricca e ben integrata su tutti i piani, tale da poter contribuire a crearne di nuova trasformando, in qualche misura, il dominio. Inoltre, si dispone di un repertorio ampio e ben preparato di strategie cognitive e metacognitive, e si è supportati da interesse e coinvolgimento personale durevole. Inizialmente sono stati individuati tre cluster di caratteristiche, così denominati: 1. Orientato all'apprendimento, quando gli studenti possedevano poche conoscenze, ma alto interesse per gli argomenti del corso e buone abilità strategiche. 70 2. Forte conoscenza, quando gli studenti disponevano di buone conoscenze ma il loro interesse risultava essere particolarmente basso. 3. Basso profilo, quando gli studenti avevano conoscenze scarse, interesse alquanto limitato e atteggiamento passivo e superficiale nei confronti dei compiti. Sulla base della diversa combinazione dei tre elementi centrali - conoscenze, interesse sia generale sia professionale e strategie - sono stati individuati 4 cluster, di seguito descritti. 1. Acclimatazione: individui con poca conoscenza e scarso interesse, in grado di usare strategie di elaborazioni piuttosto superficiali. 2. Competenza iniziale: individui con conoscenza e interesse superiori a quelli del cluster precedente, ma che per le abilità strategiche si trovavano allo stesso livello degli acclimatati, in quanto tendevano a elaborare superficialmente i contenuti. 3. Competenza intermedia: Individui con alta conoscenza e alto interesse, che riportavano di fare maggior uso di strategie elaborative profonde, cioè di analisi critica e riflessiva dei testi di studio. 4. Competenza piena: individui che si differenziavano dai precedenti soprattutto per i livelli particolarmente elevati di interesse, sia generale sia professionale, e di elaborazione strategica. 4. La questione del Transfert La capacità di transfer di conoscenze e abilità, prevista anche dal modello appena descritto come conquista che contraddistingue la competenza elevata in un dominio, costituisce da sempre una finalità fondamentale dell'istruzione: gli insegnanti cercano di equipaggiare i loro allievi di strumenti cognitivi da poter utilizzare oltre il contesto di apprendimento. ● Transfer come applicazione di conoscenze e abilità da una situazione a un'altra. La domanda che gli studiosi si sono posti è stata: gli individui sanno applicare che hanno appena imparato in un contesto nuovo, in modo diretto e indipendente? In genere, la mancata traduzione di transfer viene attribuita a una scarsa acquisizione di conoscenze e abilità da parte degli studenti. ● Transfer come capacità di apprendere in contesti nuovi, cioè essere preparati a continuare ad apprendere (preparation for future learning). Si tratta di una concezione molto più in linea con l'idea di apprendimento come processo attivo e costruttivo, e che enfatizza anche la natura dinamica del transfer stesso. Campione, Shapiro e Brown hanno messo in luce come l'approccio classico degli studi sul transfer ritenesse l'apprendimento e il transfer due processi in qualche modo distinti, che si manifestano in momenti diversi: prima uno e poi, eventualmente, l'altro. Ecco allora che, il transfer si manifesta in molteplici forme: ● Nel saper utilizzare strumenti di ampia applicabilità. ● Nell'acquisire non fatti isolati bensì concetti chiave, principi generativi che diventano base per l'apprendimento successivo. 71 ● Nell'attivare strategie di ragionamento che portano a fare inferenze, stabilire analogie, produrre autospiegazioni, essere coerenti nella formulazione di argomentazioni. ● Nel saper riflettere su quello che si sta facendo e sul perché lo si fa. Hatano e Greeno hanno criticato i modelli tradizionali del transfer sia perché considerano la conoscenza come proprietà statica di un individuo, sia perché adottano, di conseguenza, criteri troppo riduttivi per accertare se si è manifestato. I due studiosi hanno invece sottolineato che i processi di pensiero sollecitati dalle interazioni con particolare contesto, influenzano la prestazione nelle situazioni di transfer. Si è pertanto assistito a una riconcettualizzazione del transfer in termini di produttività, cioè degli effetti che l'apprendimento in una qualche area di attività può avere in altre. Rispetto alle variabili relative al compito, è stata soprattutto esaminata la “distanza” del transfer, cioè il grado in cui la situazione di apprendimento originaria è quella di transfer differiscono tra loro (Haskel). Il transfer non può essere ridotto a una questione di grado di differenziazione, in quanto viene influenzato anche dalle caratteristiche qualitative del compito e dalle loro interazioni. Salomon e Perkins avevano parlato di una “via bassa” e una “via alta” del transfer: la prima viene percorsa quando si pratica in vari modi un certo comportamento, da farlo diventare automatico; il passaggio attraverso la seconda richiede invece la decontestualizzazione di un principio o procedura, applicabile in nuove situazioni, che si accompagna all'individuazione consapevole e controllata delle caratteristiche di una determinata situazione. Per favorire la costruzione di atteggiamenti che promuovono il transfer, ritenuto un aspetto essenziale della prestazione competente in ogni dominio complesso, Alexander e Murphy hanno raccomandato di tenere in considerazione che esso: ● Si verifica più facilmente se gli ambienti di apprendimento sono intenzionalmente orchestrati a incoraggiare l'individuazione di relazioni e connessioni tra situazioni all'interno di un dominio e tra domini diversi. ● È legato al processo di ragionamento analogico. ● Implicano interazioni tra caratteristiche dello Studente, del contenuto e del contesto. Test di apprendimento tradizionali (statistici) vanno sostituiti da strumenti di accertamento dinamico che diano effettivamente l'opportunità agli studenti di dimostrare in che misura le attività ed esperienze precedenti di apprendimento li hanno attrezzati ad affrontare in modo produttivo i nuovi compiti (De Corte). Infine, è da precisare che l'idea che ciò che si trasferisce non sia definibile solo in termini di conoscenze e abilità, ma anche di motivazioni nei confronti di attività e compiti, è sottesa alla concezione del transfer di disposizioni, cioè di atteggiamenti e orientamenti, elaborata da Bereiter. Lo studioso non proponeva che gli insegnanti creassero situazioni di apprendimento favorevoli alla manifestazione di certe disposizioni, precedentemente 72 L'APPRENDIMENTO NEL
21° SECOLO
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21st Century Classroom
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1.1.Quadro teorico Due aspetti della teoria di Dewey sono stati posti a fondamento dell'ambiente, quello relativo al apprendimento per scoperta e quello riguardante la natura del curricolo. Secondo il pedagogista americano, gli studenti imparano meglio quando scoprono in modo autonomo 76 e motivato, generando e verificando la propria conoscenza. Il fatto che gli allievi possono aggiungere a elaborare conoscenze scorrette sui fenomeni esaminati se si trovano in un contesto del tutto non strutturato e senza supporto da parte dell'adulto, hanno argomentato a favore della scoperta guidata. 1.2. Organizzazione dell'ambiente → Il curricolo. Particolare cura viene prestata alla progettazione delle unità curricolari su contenuti scientifici, nell'intento di andare in profondità più che in estensione, cioè di non affrontare superficialmente tanti temi senza arrivare a una comprensione effettiva dei problemi implicati, bensì affrontarne meno ma in modo profondo e articolato, sia pure a livelli diversi a seconda della classe. → Gli insegnanti. Il loro compito è di far svolgere intenzionalmente le attività in classe: all'inizio ne modellano l'esibizione, dimostrando come possono essere realizzate; successivamente, quando sono gli studenti a compierle, forniscono loro gli aiuti necessari al momento opportuno, sapendo “ritirarsi” completamente una volta che essi abbiano acquisito l'autonomia desiderata, pur mantenendo una funzione di supervisori. → Gli allievi. Sono sollecitati e aiutati a “ prendersi in carico” il proprio apprendimento, agendo in maniera intenzionale, convinti di poter produrre conoscenze, di riuscire a giungere alle mete stabilite, di dare contributi rilevanti alla comunità. → Gli esperti della comunità. L'ambiente si basa anche sulla stretta collaborazione dei genitori, sistematicamente coinvolti nella discussione delle finalità formative da perseguire, delle attività da svolgere e degli strumenti da utilizzare. → Le attività. le principali attività, svolte in un contesto sociale caratterizzato da un alto grado di collaborazione e cooperazione sono: ● Il reciprocal teaching, già descritto precedentemente, basato sull’idea del trasferimento progressivo di responsabilità dall'insegnante all'allievo nella misura in cui il primo va richiedendo un coinvolgimento sempre maggiore del secondo. ● I seminatori di ricerca che vedono l'esecuzione di attività cognitivamente più sofisticate, come la produzione di analogie per fornire interpretazioni, di spiegazioni causali, di argomentazioni sapendo coordinare teoria ed evidenza, o il ricorso a esperimenti mentali in vista della comprensione sempre più approfondita dei fenomeni esaminati. ● Il jigsaw, ossia un puzzle con i pezzi a incastro; in questo caso l'incastro avviene tra una serie di fasi successive di ricerca che formano un ciclo completo; alla scomposizione argomento. ● La scrittura guidata che serve a incoraggiare gli studenti a chiarirsi le proprie idee, a esplorarle e comunicarle tramite la scrittura di note e testi, sotto la guida dell'insegnante o di un compagno più esperto che lavora nella loro zona di sviluppo prossimale. ● Le lezioni benchmark che possono essere svolte dagli insegnanti o da un esperto della comunità più ampia, e servono per presentare alla classe le idee chiave e i principi fondamentali attorno a cui ruoteranno le conoscenze da costruire successivamente. 77 Le componenti dell'ambiente sono le seguenti: ● Focus sulla comprensione profonda dei contenuti disciplinari. ● Sostegno continuo sia all'apprendimento degli studenti sia quello degli insegnanti. ● Opportunità frequenti di autovalutazione. ● Organizzazione sociale che sollecita la collaborazione e il desiderio di raggiungere standard alti. 3.2. organizzazione dell'ambiente → prima fase. Affinché gli studenti si potessero creare un modello mentale dei contesti in cui sarebbero stati chiamati a usare la conoscenza da acquisire, è stato fatto loro vedere un video che simulava la situazione di un gruppo di studenti di scuola superiore, i quali lavoravano con due biologi per controllare la quantità dell'acqua del fiume Stones, spostandosi con un pulmino attrezzato a effettuare l'analisi dei prelievi raccolti e a trasmetterne i risultati ai compagni rimasti a scuola, chiamati a interpretarli. → Seconda fase. Dopo aver scoperto che alcuni macroinvertebrati erano morti, gli studenti venivano incoraggiati a condurre ulteriori indagini per conoscere le ragioni della scomparsa, focalizzandosi soprattutto sul ruolo dell'ossigeno disciolto, tema della seconda fase del percorso di istruzione. → Terza fase. Ritornando alla visione del video, i ragazzi apprendevano che anche i coetanei del filmato erano a contatto con acqua di fiume inquinata e dovevano individuare le cause precise del fenomeno, legate allo spargimento di grasso vegetale e animale fuoriuscito da barili scaricati illegalmente nel fiume da un ristorante locale che serve fast-food. → Quarta fase. A conclusione del percorso curricolare, gli studenti partecipavano anche a un progetto reale riguardante il fiume locale, che avevano visitato per effettuare i test sulla qualità della sua acqua applicando le conoscenze acquisite nel contesto di simulazione. 3.3. Risultati Va detto, che i ragazzi percepivano come il loro progetto di lavoro sul fiume fosse autentico sia dal punto di vista delle attività svolte -le stesse compiute dagli scienziati quando monitorano la qualità dell'acqua -sia dal punto di vista della sua valutazione e delle sue implicazioni, in quanto i dati raccolti e interpretati venivano resi pubblici come contributo agli scienziati chiamati ad aiutare a preservare il loro ambiente. 4. L'ambiente scope L'ambiente scope ( Science controvery online: partnership in education) è stato messo a punto dall'attività congiunta di studiosi delle università di California a Berkeley, dell'Università di Washington e dell'American Association for the Advancement of Science, allo scopo di far avanzare le credenze degli studenti nella scienza e nella ricerca scientifica mettendo la tecnologia disponibile a servizio della comprensione profonda di contenuti. 4.1. Quadro teorico L'assunzione di partenza degli studiosi si riferiva al fatto che gli studenti tendono a manifestare un repertorio di idee sulla scienza, piuttosto che una visione coerente, legati a diverse “ecologie” scientifiche, e basate su varie fonti ed esperienze. All'interno di un ambiente finalizzato a promuovere l'integrazione di conoscenze, SCOPE è stato ideato in particolare per sostenere una comprensione della scienza: 80 ● pragmatica ● coerente ● utile 4.2. Organizzazione dell'ambiente SCOPE è volto a far avanzare le credenze epistemiche degli studenti riguardanti la scienza, coinvolgendoli nella costruzione e valutazione di argomentazioni relative a questioni controverse, di cui trovano informazioni in appositi forum disponibili in Internet. Per ogni controversia esaminata esiste un forum che ne mette a disposizione le seguenti risorse: ● Cosa c'è di nuovo ● Mappa delle Argomentazioni: permette di organizzare facilmente tutte le idee ● L'analista delle argomentazioni: aiuta a controllare la validità delle proprie argomentazioni. ● Commenti: riguardano i confini che definiscono la controversia esaminata e sollevano questioni relative a criteri. 4.3. Risultati I dati relativi alla prima sperimentazione di SCOPE in 25 classi di terza della scuola secondaria di primo grado, i cui studenti è stato chiesto, sia prima sia dopo l'intervento educativo, di descrivere ruolo del dibattito nella scienza, hanno evidenziato quanto segue: ● Se prima di lavorare con SCOPE solo il 6% dei ragazzi aveva riflettuto sul fatto che gli scienziati devono sostenere le loro posizioni appellandosi all'evidenza dei fatti, al termine dell'intervento il 25% faceva esplicito riferimento all'importanza del supporto empirico e dichiarava che la disputa stimola gli scienziati generale l'evidenza di cui hanno bisogno per dare forza la loro teoria. ● Se prima di lavorare con lo SCOPE è solo il 17% degli studenti riconosceva l'influenza del contesto sociale sul pensiero degli scienziati, al termine del lavoro il 36% ammetteva che un gruppo sociale può contribuire al confronto è miglioramento delle idee scientifiche. ● Se prima di lavorare con SCOPE solo il 7% degli studenti sosteneva che il dibattito scientifico può stimolare apprendimento degli individui che ne vengono coinvolti, termine del lavoro il 18% ammetteva che quando si discute insieme si imparano nuove cose e gli altri aiutano a comprendere meglio le proprie idee e ad articolare. 5. Ambienti per il transfer Ambienti finalizzati a promuovere l'uso produttivo di conoscenze e abilità acquisite, riconducibili a un unico impianto teorico, sono stati ideati da studiosi del centro di psicologia dell'istruzione e tecnologia dell'Università di Lovanio per studenti di diverso livello scolare e per diverso ambito disciplinare. 5.1. Quadro teorico Porsi l'obiettivo di facilitare l'applicazione di quanto si è già appreso significa affrontare la questione del transfer. Un ambiente di apprendimento che intende stimolare e sostenere il transfer deve necessariamente: ● Dar vita a processi di apprendimento attivi e costruttivi degli studenti. 81 ● Rafforzare la loro autoregolazione cognitiva e volitiva. ● Fornire supporto socioculturale attraverso l'interazione e la collaborazione. 5.2. Ambiente di apprendimento per il problem solving matematico Quattro classi di quinta della scuola primaria sono state coinvolte in un primo progetto di verifica dell'efficacia di un ambiente di apprendimento appositamente ideato per migliorare le abilità di ragionamento matematico e soluzione di problemi, che si è articolato in 20 lezioni svolte dagli insegnanti di classe. Tale ambiente: ● Era focalizzato sulla posizione di una strategia generale di autoregolazione cognitiva da parte degli alunni per la risoluzione di problemi aritmetici applicativi. ● Veniva impiegata un'ampia serie di problemi realistici complessi e aperti che apparivano ben diversi dai consueti problemi presenti nei libri di testo. ● Non mancava il supporto dato dal lavoro di gruppo e dalle discussioni di classe. ● Una nuova cultura si creava nella classe stabilendo nuove norme sociomatematiche riferite. 5.3. Risultati Gli effetti di questo ambiente di apprendimento sono stati valutati attraverso il confronto tra dati relativi e varie prove del pre-test, post-test e re-test, sia delle classi sperimentali, sia di quelle di controllo che avevano fatto matematica in un ambiente tradizionale. I suoi effetti positivi e stabili nel tempo, in termini di abilità di soluzione di problemi applicativi, emergevano chiaramente: si era manifestato un buon apprendimento iniziale, condizione necessaria al transfer. 6.In sintesi Per sintetizzare ciò che emerge dalle descrizioni di questi ambienti di apprendimento efficaci a scuola, ci riferiamo, in primo luogo, agli approcci tecnico-empirici illustrati nei primi due capitoli. 82 2. Neuroscienze e psicologia dell'educazione Mayer ha chiaramente argomentato che gli psicologi dell'educazione si possono convincere dell'importanza di includere la ricerca delle neuroscienze nel loro ambito di indagine se questa dimostrati poter dare informazioni cruciali, non acquisibile tramite altri metodi. A questo proposito, lo studio che ha sottolineato che tre tematiche sembrano apparire potenzialmente più significative: 1. La misurazione dei correlati neurali della cognizione in ambito scolastico: è di aiuto sapere quali aree del cervello sono attive 2. L'analisi dei sottoposti dell'attività del cervello impiegato nei compiti scolastici, similmente, non sembra rilevante a livello strutturale bensì funzionale. 3. La comprensione della funzione delle varie aree cerebrali coinvolte nei processi cognitivi degli studenti si rivela ben più utile e rilevante della semplice conoscenza che il cervello di un individuo reagisce più intensamente di quello di un altro in una determinata situazione, o che in due individui vengono attivate aree diverse cervello mentre svolgono lo stesso compito. Secondo lo studioso, le neuroscienze cognitive e la psicologia dell'educazione sembrano avere ben poco in comune perché sul piano epistemico dei rapporti tra ambiti disciplinari si concepiva una strada a senso unico, in cui le prime sono applicate alla seconda, ossia si attribuiva agli studiosi del cervello il compito di individuare i fenomeni di base e agli psicologi dell'educazione quello di tenerne conto nel riaggiustare le proprie teorie. Le neuroscienze cognitive influenzano la psicologia dell'educazione indicando vincoli e limiti delle loro teorizzazioni, ma la psicologia dell'educazione influenzale neuroscienze cognitive indicando quali compiti, attività e questioni esaminare e per quali ragioni, o quali teorie testare. Un'altra autorevole risposta all'articolo di Byrnes e Fox proveniva da Schunk, studioso di aspetti motivazionali dell'apprendimento il quale evidenziava come l'enfasi delle neuroscienze sui processi cognitivi tende a sottovalutare il ruolo delle credenze motivazionali degli studenti Lo studioso ha inoltre proposto che un'altra questione, esaminata in psicologia dell'educazione, diventi oggetto di interesse della ricerca delle neuroscienze, autoregolazione dell'apprendimento, vengano illustrate le basi delle operazioni tramite cui gli studenti dirigono i propri pensieri, sentimenti e azioni verso il raggiungimento di obiettivi stabiliti. Inserendosi nel dibattito, Wittrock riconosceva difensibile l'approccio di chi sosteneva che l'elaborazione dei modelli validi nell'apprendimento e dell'intelligenza non deve prescindere dalla conoscenza del substrato neurale del pensiero e delle emozioni, ma puntualizzava anche di non poter accettare le posizioni semplicistiche di chi pensa di poter derivare, direttamente dai dati della ricerca sul cervello, indicazioni per la progettazione di curricoli scolastici. La studiosa aggiungeva anche la formulazione di modelli e ipotesi riguardanti l'apprendimento come effetto dell'insegnamento deve tenere in considerazione le acquisizioni basilari della ricerca in un campo e nell'altro, ossia che: ● Il cervello umano dispone di più sistemi di funzionamento 85 ● È dotato di più sistemi di attenzione ● Attiva processi metacognitivi, principalmente nei lobi frontali, che influenzano l'organizzazione, la pianificazione, controllo e la valutazione delle attività. A livello più applicativo, in merito alle problematiche dell'insegnamento-apprendimento, Wittrock suggeriva di considerare anche che: ● Il cervello costruisce modelli e, per rispondere anche agli eventi discrepanti, a volte deve riparare ciò che ha costruito. ● L'alimentazione nei primi anni di vita, ciò che si impara in età prescolare e in particolari periodi di crescita del cervello giocano un ruolo critico essenziale nell'apprendimento. ● l'apprendimento che si accompagna alla comprensione è un processo generativo: l’insegnamento, se è finalizzato alla comprensione, deve stimolare gli studenti a stabilire relazioni. Stanovich, ribadiva chiaramente che le neuroscienze non devono portare a ridurre, bensì ad accrescere il potere esplicativo di modelli e teorie sull'apprendimento, concordando sulla necessità di bilinguismo, ossia che i termini neurologici non sostituiscano quelli della psicologia dell'educazione ma sono loro corrispondenti, condividendo lo stesso livello di specificità empirica. 3.Neuromania, ovvero del fascino seducente La neuropsicologia, che potenzialmente sarebbe in grado di coprire tutta l'area di studio dei sui rapporti tra mente e cervello, si stava invece frammentando in tante discipline particolari. Non è ovviamente tra gli obiettivi di questo lavoro compiere un'analisi delle concezioni che si sono storicamente imposte nello studio di tali rapporti, nel passare in rassegna le spiegazioni del comportamento che sono state le offerte in merito. 86 La tendenza al riduzionismo biologico attraverso i vari “neuro” preoccupa buona parte degli studiosi in psicologia a vari livelli, non solo quello accademico legato a riconoscimento dell'importanza dell'area di studio, il prestigio personale di chi svolge ricerche nell'area, nonché ai finanziamenti che vengono concessi alla stessa. 3.1. Neuromiti, ovvero le mie informazioni insidiose in campo educativo Goswami ha smontato i cosiddetti neuromiti, sottolineando la facilità e la rapidità con cui i risultati della ricerca neuroscientifica possono tradursi in misinformazioni in merito alle sue applicazioni in campo educativo. Tre, in particolare, risultano essere i neuroni di più insidiosi. 1. Il primo riguarda la credenza di senso comune che si possono distinguere studenti con cervello sinistro e studenti con cervello destro, formatesi sull'informazione che esiste una specializzazione emisferica in termini di localizzazione di abilità diverse. 2. Il secondo neuromito si riferisce alla credenza che la plasticità del cervello si manifesti solo in certi periodi critici, e che l'istruzione,pertanto, debba avere luogo in quei periodi, altrimenti non potrà risultare efficace. 3. Il terzo del neuromito è rappresentato dalla credenza che gli interventi educativi più efficaci devono essere allineati ai fini di genesi delle sinapsi, basata sull'informazione che il cervello dei ratti genera più connessioni in ambienti ricchi e stimolanti. 4. Un quadro concettuale per la neuroscienza dell'educazione Goswami ha ribadito recentemente che la ricerca nelle neuroscienze volta solo a stabilire relazioni struttura-funzione è di scarsa utilità al mondo dell'istruzione che deve trovare un nuovo orizzonte concettuale a fondamento degli studi futuri, se la si vuole in grado di esaminare questioni rilevanti dal punto di vista della psicologia dello sviluppo e dell'educazione. Nello specifico la studiosa proposto che la neuroscienza dell'educazione studi: 1. Le rappresentazioni neurali delle informazioni sensoriali, in particolare quelle spazio-temporali, che possono costituire la base neurale del nucleo delle conoscenze infantili, del linguaggio e delle cognizione sociale. 2. La natura multimodale è distribuita dalle rappresentazioni neurali che si sviluppano in risposta alle esperienze ambientali, studiando l'intero cervello. 3. Le modalità di costruzione del cervello dei sistemi di rappresentazione che noi consideriamo simbolici. 4. La mutilazione top-down nei sistemi di rappresentazione neurali a opera degli interventi educativi, in quanto esercitano effetti sull'apprendimento dall'alto in basso. 4.1.1 esempio: acquisizione rilevanti nel campo dell'alfabetizzazione numerica Per illustrare come tutti questi aspetti dell'indagine neuroscientifica possano costituire effettivamente l'oggetto di studi rilevanti per l'educazione, ci riferiamo allo sviluppo del sistema simbolico riguardante la rappresentazione delle quantità e delle loro reazioni. 87