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Manuale di diritto amministrativo e più Sintesi del corso in PDF di Diritto Amministrativo solo su Docsity! Marcello Clarich, Manuale di diritto amministrativo Parte I – Il diritto amministrativo e le sue fonti Cap. II: La funzione di regolazione e le fonti del diritto Cosa s'intende per funzione regolatrice della PA? La legge si limita (sempre più spesso) a delineare i principi fondamentali della disciplina di una materia e delega ad apparti amministrativi il compito di porre in via sub legislativa, con atti normativi e con alti tipi di atti come es. linee guida, circolari, norme tecniche ecc le regole di dettaglio volte a disciplinare anche i comportamenti dei privati. In questo modo possiamo dire che la funzione regolatrice va ad attenuare il principio di separazione dei poteri, intervenendo la PA, non solo nell'esecutivo come prescritto, ma anche a livello legislativo (funzione esclusiva del Parlamento), sia ponendo regole, sia applicandole ai privati. Prima di essere soggetti regolatori, le PA sono soggetti regolati; da qui la differenza tra: • fonti sull'amministrazione → fonti che hanno ad oggetto la PA, ne disciplinano l'organizzazione, le funzioni e i poteri e servono anche per sindacare la legittimità dei provvedimenti dalla PA emanati. Secondo l'art. 97 Cost, esse sono, in primo luogo, le fonti normativi di rango primario, e in secondo le fonti normative di rango secondario (regolamenti governativi che disciplinano un apparato pubblico). • fonti dell'amministrazione → strumenti a disposizione della PA sia per regolare comportamenti dei privati sia, nei limiti che dice la legge, per disciplinare i propri apparati e il loro funzionamento. Tali fonti hanno sempre rango sub-legislativo, essendo la funzione legislativa riservata al Parlamento. Sono sia fonti normative in senso proprio, sia atti di regolazione aventi natura non normativa (come atti di pianificazione e programmazione, atti amministrativi generali, direttive, circolari ecc). Nozioni fondamentali delle fonti e la loro influenza sul diritto amministrativo: Costituzione Entra in vigore nel 1948 e può essere classificata sia come una costituzione rigida (necessita di un procedimento di modificazione aggravato a maggioranza qualificata art. 138 Cost), sia come una costituzione lunga (per le varie materie regolate, dai diritti sulle libertà all'assetto dello Stato). La Costituzione indica anche una serie di materie che lo Stato (e quindi la PA) deve farsi carico per il benessere della collettività come es. la salute, istruzione scolastica, previdenza sociale ecc. Non tratta dell'assetto della PA, ma anzi vi sono enunciati pochi principi costituzionali al riguardo dell'organizzazione della PA come es: • art. 97 Cost: imparzialità e buon andamento; • art. 95 Cost: principio della strumentalità dell'amministrazione rispetto alla politica generale del governo e il principio della responsabilità politica dei ministri in relazione all'attività amministrativa; • art. 118 Cost: principio di sussidiarietà come criterio generale di riparto delle funzioni amministrative. Fonti dell'UE L. n° 3/2001 modifica del Titolo V della Parte II della Cost → art. 117 co.1 rispetto da parte delle fonti interne e regionali dei “vincoli derivanti dal diritto comunitario”. Le norme interne contrastanti le norme comunitarie devono essere disapplicate, ovvero, primato dell'UE → vieta alla PA di dare esecuzione a un provvedimento la cui legittimità sia stata affermata da una sentenza in giudicato, allorchè esso sia stato ritenuto contrario al diritto europeo della Corte di giustizia. Sia i regolamenti UE che le direttive UE, possono essere usati come parametro diretto per sindacare la legittimità degli atti amministrativi, i primi automaticamente (avendo carattere generale) e le seconde 1 automaticamente quando self-executing, e da quando vengono recepite dall'ordinamento interno quando non self-executing. Si tratta di leggi statali o regionali, prive di carattere generale ed astratto, che intervengono cioè a porre la disciplina di situazioni concrete riferite ad un'unica fattispecie es. leggi che rilasciano concessioni amministrative o costituiscono società per azioni di interesse nazionale introducendo deroghe al diritto comune come la RAI. La Cost. non pone una “riserva” d'amministrazione che metta al riparo l'esecutivo dal potere del legislatore, e infatti è prassi che il legislatore invada lo spazio dell'esecutivo, ma il ricorso eccessivo alle leggi provvedimento è il sintomo di una disfunzione nei rapporti tra parlamento e potere esecutivo e va censurato. Inoltre, oltre ad essere incoerente con il principio di separazione, il ricorso alla legge provvedimento scardina anche le garanzie offerte al privato dal regime dell'atto amministrativo come il diritto di partecipazione al procedimento e l'obbligo della motivazione. I regolamenti governativi La L. 3/01 ha introdotto il principio del parallelismo tra competenza legislativa e competenza regolamentare dello Stato. Lo Stato è titolare di un potere regolamentare esclusivamente nelle materie a cui all'art. 117 riconosce competenza legislativa esclusiva. Tale potere può essere delegato alle regioni, a cui spetta invece la capacità legislativa delle altre materie residuali. Lo Stato può sostituirsi alle regioni quando queste siano in mora o in caso di inerzia o in caso di urgenza. L'art. 17 della l. 400/88 individua 5 tipi di regolamenti governativi, attribuiti alla competenza del Consiglio dei ministri: 1. regolamenti esecutivi → pongono norme di dettaglio necessario per l'applicazione concreta di una legge come es. ulteriore specificazione delle fattispecie disciplinate; 2. regolamenti integrativi → possono essere emanati nelle materie non coperte da riserva di legge assoluta e nei casi in cui la legge si limiti a individuare i principi generali della materia e autorizzi espressamente il governo a porre la disciplina di dettaglio; 3. regolamenti indipendenti → sono emanati nelle materie non soggette a riserva di legge là 3 dove manchi una disciplina di rango primario (rari casi e possibile incostituzionalità dato l'ambio margine di discrezionalità dato in questi regolamenti); 4. regolamenti di organizzazione → emanati per disciplinare l'organizzazione e il funzionamento delle PA “secondo le disposizioni dettate dalla legge” (art. 97 Cost, fonte primaria che detta le linee guida è sempre necessaria). Sottospecie dei regolamenti esecutivi; 5. regolamenti delegati o autorizzati → sono emanati nelle materie non soggette a riserva assoluta di legge e attuano la cosiddetta delegificazione. Sostituiscono cioè la disciplina posta da una fonte primaria con una disciplina posta da una fonte secondaria. La loro entrata in vigore determina infatti l'abrogazione delle norme vigenti contenute in fonti di rango primario. Alcune condizioni sono poste dalla legge: • una legge deve autorizzare il governo ad emanare tali regolamenti; • la stessa legge deve contenere le norme generali regolatrici della materia; • la stessa deve disporre l'abrogazione delle norme vigenti. I regolamenti ministeriali e interministeriali sono previsti dall'art. 17 co.3 delle materie attribuite alla competenza di uno o più ministri. Questi regolamenti possono essere emanati sono nei casi espressamente previsti dalla legge e sono gerarchicamente sottordinati ai regolamenti governativi. Profili procedurali dei regolamenti → sono atti formalmente amministrativi ma sostanzialmente normativi, sono adottati previo il parere del Consiglio di Stato, sono sottoposti al controllo preventivo di legittimità e alla registrazione della Corte dei conti e vengono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale. Il procedimento per la loro adozione non prevede la partecipazione dei privati che anzi è espressamente esclusa e non è richiesta la motivazione. Caratteristiche dei regolamenti: • disapplicazione dei regolamenti → in base al principio della preferenza della legge i regolamenti sono suscettibili di disapplicazione da parte del giudice ordinario. Mentre il giudice amministrativo, secondo una recente giurisprudenza, può disapplicare una norma regolamentare in due ipotesi: 1) quando il provvedimento impugnato viola un regolamento a sua volta difforme dalla legge; 2) quando il provvedimento impugnato è conforme a un regolamento che però contrasta con una legge. Il giudice può anche disapplicare un regolamento quando questo non è stato impugnato (disapplicazione normativa). • Si applicano le norme generali sull'interpretazione contenute nell'art. 12 delle D.P.C.C. • Non possono essere oggetto di sindacato di costituzionalità innanzi alla Corte Cost. Cenni su: 1. le fonti normative regionali → sono tre indicate da Cost: gli statuti, le leggi regionali e i regolamenti; lo statuto delle regioni ordinarie determina la forma di governo e i principi fondamentali di organizzazione e funzionamento. La sua approvazione avviene attraverso un procedimento aggravato che prevede una duplice approvazione a maggioranza assoluta da parte del consiglio regionale e può essere sottoposto a referendum popolare. Quello delle regioni speciali invece è approvato a legge costituzionale. Le leggi regionali invece sono approvate dal Consiglio regionale e promulgate dal Presidente nelle materie alle regioni attribuite o concorrenti secondo art. 117. La giurisprudenza ha sostenuto che anche nelle competenze regionali lo Stato può intervenire, quando le materie esclusive dello Stato hanno natura trasversale e consentono dunque a leggi statali di introdurre disposizioni che non possono essere derogate alle regioni, oppure quando (chiamata a sussidiarietà) una funzione richieda di essere esercitata in modo unitario a livello statale e quindi la funzione legislativa statale “irrompe” nelle competenze regionali. I regolamenti regionali sono adottati dalla Giunta regionali e possono essere emanati nelle materie attribuite alle Regioni ex art.117. 2. Fonti normative degli enti locali (comuni, provincie e città metropolitane) → essenzialmente sono gli statuti e i regolamenti (art. 114 co.2 Cost). Gli statuti sono approvati dal consiglio dell'ente locale a maggioranza di 2/3. Esso deve contenere le norme 4 fondamentali sull'organizzazione dell'ente, le forme di garanzia e di partecipazione delle minoranze. Lo statuto ha rango sub-primario perchè si pone al di sotto delle leggi statali. I regolamenti degli enti locali sono emanati nelle materie di competenza degli enti locali nel rispetto dei principi fissati dalla legge e dallo statuto. Disciplinano • A livello statale la competenza è attribuita al governo al quale spetta il compito di mantenere l'unità dell'indirizzo politico ed amministrativo e di coordinare l'attività dei ministri o ai ministri che definiscono piani, programmi e direttive generali che trovano poi svolgimento nell'attività dei dirigenti generali. • A livello locale spetta ai consigli comunali o provinciali che approvano programmi, piani territoriali ecc. Il regime giuridico degli atti amministrativi generali deroga alla l. 241/90 sul regime degli atti amministrativi in senso stretto, ricalcando quello degli atti normativi: • non richiesta motivazione (art. 3 co.2 l. 241/90); • il procedimento non prevede partecipazione dei privati (art. 13 l. 241/90); • l'attività di amministrazione diretta alla loro emanazione è esclusa dal diritto di accesso (art. 24 co.1 l. 241/90); • per molti atti generali è richiesto l'obbligo di pubblicazione e ciò accentua la loro valenza regolatoria. Tipi di atti amministrativi generali: 1. bandi di concorso e avvisi di gara; 2. atti di pianificazione e di programmazione (piani e programmi); 3. ordinanze contingibili e urgenti; 4. direttive e atti di indirizzo; 5. “norme” interne – circolari; 1. Bandi di concorso e avvisi di gara Le p.a. organizzano concorsi sia per assumere personale sia per assegnazione appalti/contratti di fornitura; i bandi e avvisi di gara sono atti che disciplinano nel dettaglio le regole del concorso es. quanti e quali posti ci sono, specifica i requisiti per parteciparvi, indicare quali sono i documenti da portare ecc. per eccellenza sono atti amministrativi generali perchè sono atti che si rivolgono a persone indeterminate che non si conoscono e il bando disciplina solo quella disciplina non in generale. Quando si esaurisce il concorso, il bando termina i suoi effetti. Quando una PA viola una disposizione del bando, il risultato del concorso è illegittimo perchè atto a monte è viziato. 2. Piani e programmi Lo scopo della pianificazione o programmazione serve a prefigurare obiettivi, limiti, contingenti, priorità e altri criteri che presiedono all'esercizio dei poteri amministrativi e all'attività degli uffici pubblici. es. rilascio dei permessi di costruzione nel rispetto dei piani regolatori comunali. L'attività di pianificazione serve anche a creare i raccordi tra i diversi livelli di governo (Stato, regioni e comuni) secondo il metodo della pianificazione a cascata. es. in materia sanitaria, l'attività di programmazione si articola nel piano sanitario nazionale e, a livello regionale, nei piani sanitari regionali. Il piano regolatore è lo strumento principale di governo del territorio da parte dei comuni. Suddivide: • zonizzazione → divisione in zone omogenee con l'indicazione per ciascuna di esse delle attività insediabili, in base a criteri e a parametri definiti in modo uniforme a livello 6 nazionale: attività edificatoria, agricola, industriale.. • localizzazione → divisione in zone destinate ad edifici e a infrastrutture pubbliche o a uso pubblico. Se la localizzazione riguarda terreni di proprietà privata, essa determina un vincolo di inedificabilità di durata 5 anni (salvaguardia e misure di salvaguardia → si preclude la possibilità di rilasciare permessi a costruire non compatibili con le nuove prescrizioni, fin dalla adozione formale del piano) che decade se nel frattempo non interviene l'espropriazione. Il piano regolatore è approvato all'esito di un procedimento aperto alla partecipazione dei privati. Infatti, il piano viene adottato dal comune e pubblicato per 30 gg al fine di consentire agli interessati di prenderne visione e di presentare osservazioni. Il piano adottato deve essere poi approvato dalla Regione; in definitiva il piano regolatore si qualifica come un atto complesso che prevede il coinvolgimento del comune e della regione con poteri propri. Natura mista del piano (si discute se atto normativo o atto amministrativo generale)→ da un lato, dispongono in via generale ed astratta in ordine al governo ed all'utilizzazione dell'intero territorio comunale, e dall'altro, contengono istruzioni, norme e prescrizioni di concreta definizione, destinazione e sistemazione di singole parti del comprensorio urbano. 3. Ordinanze contingibili e urgenti Servono ad affrontare una situazione d'emergenza ed imprevedibile, quando tale situazione sia tale da mettere a rischio interessi collettivi nazionali come l'incolumità, sicurezza pubblica o dell'ambiente; si attribuisce di solito ad un organo monocratico (cioè di una sola persona) il potere di adottare misure per affrontare queste situazioni, di solito non precisate, proprio perchè imprevedibili, ovvero si possono tipizzare solo dopo che si sono realizzate (ex post). Questo potere lo ha il Prefetto, il Sindaco, in ambito locale e il Ministro; l'autorità competente è dotata di ampia discrezionalità sia nel momento in cui apprezza in concreto se la situazione di fatto giustifichi l'esercizio del potere di ordinanza, sia nel momento in cui essa individua le misure specifiche da adottare. È richiesta comunque una motivazione adeguata. Derogano al principio di tipicità degli atti amministrativi. Deficit di tipicità: • limiti esterni → si è cercato di compensare il deficit attraverso la Corte Costituzionale e altra giurisprudenza che ha introdotto dei limiti come che si possono derogare le norme di dettaglio, ma mai i principi generali dell'ordinamento giuridico e ai principi della Costituzione. Inoltre deve esserci una temporaneità delle misure adottate, quindi efficacia limitata e devono essere sempre motivate e pubblicizzate. • Limite interno → principio di proporzionalità e quindi il contenuto deve essere rigidamente calibrato in funzione dell'emergenza in concreto fronteggiata. Le ordinanze possono essere classificate come extra ordinem, a carattere residuale rispetto a norme vigenti. C'è anche da dire che se l'ordinanza si protrae nel tempo acquista necessariamente anche un carattere di astrattezza e perdono il carattere della temporaneità. • Atti necessitati ≠ ordinanze → hanno come presupposto l'urgenza ma gli effetti sono predefiniti in tutto e per tutto dalla norma attributiva del potere. 4. Direttive e atti di indirizzo Caratteristica è il loro contenuto cioè non contengono disposizioni precise e puntuali (questi sono gli ordini) ma hanno un contenuto che consiste in fini, obiettivi, criteri di massima e non prescrizioni puntuali e vincolanti. Hanno un alto grado di elasticità e consentono ai loro destinatari spazi di valutazione e di decisione più o meno estesi in modo tale da poter tener conto in sede applicativa di tutte le circostanze del caso concreto. Le direttive possono essere: • interorganiche → la direttiva interorganica ha valore organizzativo interno alla p.a; sono le direttive con le quali un organo sovraordinato orienta l'attività dell'organo sottoordinato. Atto tipico dei rapporti di direzione es. tra Ministri e dirigenti generali. (≠ rapporto 3. informative → vengono diffuse all'interno dell'organizzazione notizie , informazioni e messaggi di varia natura e in questo senso possono essere assimilate a bollettini e newsletter specializzate e a diffusione limitata previste in molti contesti anche privati. Testo unico e Codice Data la necessità intorno agli anni 90 di riorganizzare la legislazione in determinate materie più importanti, si è avuta una evoluzione dello strumento dei testi unici, ovvero unificazione di norme che già esistono, serve per fare un coordinamento formale delle norme; si distignuono in testi unici innovativi e quelli di mera compilazione: i primi sono emanati su autorizzazione legislativa che stabiliscono i criteri del riordino → sono fonti di diritto in senso proprio di rango primario o secondario a seconda del tipo di autorizzazione legislativa e quindi determinano l'abrogazione delle leggi precedenti. I secondi invece sono emanati su iniziativa autonoma del governo e hanno la funzione pratica di unificare in un unico testo le disposizioni di una materia. Il codice invece è più ambizioso perchè ha un intento sistematico e avrebbe valenza di fonte primaria. Parte II – Profili funzionali Cap. III: Il rapporto giuridico amministrativo Nel capitolo precedente si è esposta la funzione di regolazione costituita come sopradetto dall'insieme delle fonti normative e non normative a disposizione dell'amministrazione per regolare i rapporti con i privati e la propria organizzazione (fonti dell'amministrazione). Ora, invece, si andrà ad analizzare la funzione di amministrazione attiva, ovvero l'esercizio dei poteri amministrativi attribuiti alla legge ad apparati pubblici al fine di curar, nella concretezza dei rapporti giuridici con soggetti privati, l'interesse pubblico. Alcune nozioni per capire il tema: • funzioni amministrativa Sono i compiti che la legge individua come propri di un determinato apparato amministrativo, in coerenza con la finalità ad esso affidata. L'apparato è tenuto a esercitarle per la cura in concreto dell'interesse pubblico. In relazione ad esse la legge conferisce agli apparati amministrativi i poteri necessari (attribuzioni) e distribuisce la titolarità di questi ultimi tra gli organi che compongono l'apparato (competenze). • L'attività amministrativa L'esercizio delle funzioni amministrative comporta lo svolgimento da parte dell'apparato pubblico di una varietà di attività materiali e giuridiche. Emerge la nozione di attività amministrativa qui, che consiste nell'insieme delle operazioni, comportamenti e decisioni posti in essere o assunti da una PA nell'esercizio di funzioni affidate ad essa da una legge. L'attività è rivolta a uno scopo o fine pubblico, cioè alla cura di un interesse pubblico. È dotata quindi del carattere della doverosità: il mancato esercizio dell'attività può essere fonte di responsabilità. Art. 1 della L. 241/90. L'atto amministrativo è un frammento dell'attività amministrativa, quindi se si valuta per l'attività il suo operato secondo criteri di efficienza, efficacia ed economicità, per l'atto si valuterà la sua legittimità e l'attitudine a soddisfare nel caso concreto l'interesse pubblico. L'attività amministrativa può esprimersi nell'adozione di atti o provvedimenti amministrativi che sono la manifestazione e la concretizzazione dei poteri amministrativi previsti dalla legge. • Potere amministrativo I poteri amministrativi conferiscono agli apparati che ne assumono la titolarità una capacità giuridica speciale di diritto pubblico che si concretizza nell'emanazione di provvedimenti produttivi di effetti giuridici nella sfera dei destinatari. Essa si aggiunge, integrandola, alla capacità giuridica generale di diritto comune. Quindi gli apparati sono dotati di una doppia capacità giuridica, 9 pubblica speciale e di diritto comune come quella dei privati (assumere titolarità delle situazioni giuridiche soggettive attive e passive previste dall'ordinamento). Il potere può essere classificato e diviso in: Potere astratto Potere concreto La legge definisce gli elementi costitutivi di ciascun potere. Ove manchi la norma attributiva del potere in astratto, si configura il difetto assoluto di attribuzione che determina la nullità del provvedimento. Ogni volta si verifica la situazione di fatto prevista dalla legge, l'amministrazione può usare il suo potere in concreto e provvedere alla cura dell'interesse pubblico. • L'atto e il provvedimento Assenza di una definizione legislativa nell'ordinamento italiano, ma possono trovarsi alcune indicazioni nella Cost. all'art. 113 ovvero si richiamano due aspetti del regime giuridico degli atti amministrativi: 1. la loro sottoposizione necessaria, costituzionalmente garantita a un controllo giurisdizionale, operato dal giudice amministrativo e dal giudice ordinario; 2. la loro annullabilità nei casi di accertata difformità dei medesimi rispetto alle norme giuridiche; La teoria dell'atto amministrativo nasce con l'introduzione della IV Sezione del Consiglio di Stato (giudice amministrativo), in quanto si cominciò a elencare le caratteristiche minime che doveva avere l'atto per essere sottoposto al controllo giurisdizionale: 1. il giudice amministrativo può decidere sui ricorsi per incompetenza, per eccesso di potere o per violazione di legge, contro atti e provvedimenti di un'autorità amministrativa che abbiano per oggetto un interesse d'individui o di enti morali giuridici. Doveva esser quindi un atto emanato da un'autorità amministrativa ritenuto illegittimo per le sopracitate cause e che fosse lesivo per la sfera giuridica di un privato (interesse legittimo). 2. L. 241/90 art. 3 stabilisce che ogni provvedimento deve essere motivato (≠ dagli atti privati dove vige l'irrilevanza dei motivi). 3. Altra caratteristica dei provvedimenti è l'autoritarietà intesa come attitudine a determinare in modo unilaterale l produzione degli effetti giuridici nei confronti dei terzi. • Il procedimento l'esercizio del potere avviene secondo il modulo del procedimento amministrativo, cioè attraverso una sequenza, individuata anch'essa dalla legge, di operazioni e di atti strumentali all'emanazione di un provvedimento amministrativo produttivo di effetti giuridici tipici dei rapporti esterni. • Il diritto potestativo stragiudiziale trova un fondamento consensuale di tipo pattizio es. contratto di lavoro. • La fattispecie descritta dal diritto potestativo è vincolata e non trova spazio discrezionalità. Il solo ambito di scelta riconosciuto al titolare del diritto attiene al se esercitarlo. • L'atto amministrativo trova fondamento nella legge, cioè nella norma di conferimento del potere. • Il potere conferito dalla legge alla PA non è sempre integralmente vincolato ma può esser lasciato spazio alla discrezionalità. 2. La norma attributiva del potere Secondo una classificazione tradizionale, le norme che si riferiscono alla PA sono di due tipi: 11 Da questa ricostruzione dicotomica ne derivano alcune conseguenze come es.: la distinzione tra interesse legittimo correlato alla prima e diritto soggettivo correlato alla seconda; l'applicazione della annullabilità o della nullità degli atti che violano una o l'altra tipo di norma; l'attribuzione delle controversie al giudice amministrativo o al giudice ordinario. Una siffatta ricostruzione dicotomica risulta troppo meccanica e legata a una concezione dell'interesse legittimo, ormai in via di superamento, inteso come una situazione giuridica soggettiva che riceve tutt'al più una tutela indiretta e riflessa da parte dell'ordinamento e che dunque non è suscettibile di essere inquadrata nello schema del rapporto giuridico amministrativo. In realtà anche alle norme che disciplinano l'attività amministrativa va riconosciuta ormai una valenza relazionale e una funzione di tutela dell'interesse del soggetto privato. Appare dunque preferibile utilizzare la formula più generica di norma attributiva del potere. La norma attributiva del potere individua in astratto gli elementi caratterizzanti il potere in astratto attribuito ad un particolare organo: 1) il soggetto competente; 2) il fine pubblico; 3) i presupposti e requisiti; 4) le modalità di esercizio del potere e i requisiti di forma; 5) elemento temporale dell'esercizio del potere; 6) gli effetti giuridici; 1) il soggetto competente ogni potere amministrativo deve essere attribuito in modo specifico ad uno e uno solo soggetto, oppure ad uno e uno solo organo dove l'organizzazione del soggetto si articoli in più organi. L'atto emanato da un soggetto o organo diverso da quello previsto è affetto da vizio di incompetenza. 2) il fine pubblico (o interesse pubblico primario) è l'interesse pubblico primario affidato alla cura dell'apparato amministrativo titolare del potere. L'amministrazione non è libera di scegliere in che materia esercitare il proprio potere per un finalità autodeterminata, anzi, il fine, è eteroimposto dalla norma: la norma orienta le scelte effettuate in concreto dall'amministrazione e condiziona la legittimità del provvedimento emanato. La violazione del vincolo del fine comporta il vizio di eccesso di potere per sviamento. 3) i presupposti e requisiti; sono i presupposti e requisiti sostanziali in presenza dei quali il potere sorge e può essere esercitato (fatti costitutivi del potere). La loro sussistenza in concreto è una delle condizioni per l'esercizio legittimo del potere. es. a proposito del permesso di costruire, indica come presupposti la conformità del progetto al piano regolatore, dei regolamenti edilizi e in generale la disciplina urbanistico-edilizia vigente. Il potere può essere più o meno ampliamento vincolato o più o meno discrezionale: • poteri integralmente vincolati → l'amministrazione non ha altro compito se non quello di verificare, in modo quasi meccanico, se nella fattispecie concreta siano rinvenibili tutti gli elementi indicati dalla norma attributiva e, nel caso positivo, di emanare il provvedimento che produce gli effetti anch'essi rigidamente predeterminati dalla norma es. l'iscrizione a un albo professionale; • poteri sostanzialmente in bianco → es. le ordinande d'urgenza e di necessità che rimettono al 12 soggetto titolare del potere spazi pressochè illimitati di apprezzamento, di valutazione delle fattispecie concrete e di determinazione delle misure necessarie per tutelare un interesse pubblico come l'ordine pubblico, sanitario ecc. sembra che si deroghi al principi di tassatività dei poteri amministrativi. Gli spazi di valutazione dei fatti costitutivi del potere sono tanto più ampi tanto più la norma si rifà a concetti giuridici indeterminati → es. interesse storico-artistico “particolarmente importante”. Questi concetti possono essere divisi in: a) concetti empirici → si riferiscono al modo di essere di una situazione di fatto es. l'intralcio alla circolazione, la pericolosità di un edificio ecc. Involgono giudizi di carattere tecnico-scientifico e coprono l'area delle valutazioni tecniche (v.dopo) b) concetti normativi → contengono un ineliminabile elemento di soggettività es. un film adatto ad un pubblico di minori ecc. Involgono giudizi di valore e coprono l'area della discrezionalità amministrativa (v. dopo). 4) le modalità di esercizio del potere e i requisiti di forma La forma solita richiesta dalla norma per il provvedimento è quella scritta; inoltre la norma individua la sequenza di atti e adempimenti necessari per – sull'an, (se) → sul se esercitare il potere di una determinata situazione concreta ed emanare il provvedimento o meno; es. decidere se ordinare lo scioglimento di un assembramento di persone che mette a rischio l'ordine pubblico; – sul quid (che cosa)→ sul contenuto del provvedimento; es. in ambito di tutela dell'ambiente, la legge da alla PA uno spazio per dettare regole e prescrizioni all'interno dell'autorizzazione a costruire o prescrizioni sui materiali da adottare. – Sul quomodo (in che modo) → sulle modalità da adottare per arrivare al risultato finale. – Sul quando → sul momento più opportuno per esercitare un potere d'ufficio. Vero è che la legge lascia uno spazio discrezionale alla PA ma uno spazio che incide su uno di questi 4 aspetti, quindi si tratta comunque di una discrezionalità limitata basata sulla fattispecie concreta, e comunque in parte la norma vincola la PA. Due casi in cui la discrezionalità della PA si restringe: 1. La discrezionalità si può restringere durante il procedimento, mentre inizialmente (discrezionalità in astratto) la discrezionalità sulla norma era ben più dilatata. La giurisprudenza e la dottrina stanno cominciando a distinguere tra una discrezionalità in concreto e una in astratto. Pian piano che si va avanti con il procedimento, la PA arriva conoscere sempre più fatti, interessi ed elementi del caso concreto e quindi la discrezionalità va sempre più restringendosi (discrezionalità in concreto). Sembra quasi che ad un certo punto la PA nel procedimento abbia le mani legate perchè il caso sembra andare verso un'unica direzione. 2. Esiste la possibilità per la PA di porre autolimiti ex ante l'apertura del procedimento: ovvero prima ancora di iniziare il procedimento la PA comincia a ridurre la sua discrezionalità attraverso dei limiti auto dati. Es. gara o concorso, l'amministrazione cerca di precisare meglio alcuni concetti giuridici lasciati invece poco chiari dal legislatore ex ante l'avvio del concorso. Quindi delle volte è la legge che pone dei limiti alla PA ma altre è la PA che si autolimita. Merito amministrativo Il merito ha una dimensione negativa e residuale: esso si riferisce all'eventuale ambito di scelta spettante all'amministrazione che si pone al di là dei limiti coperti dall'area della legalità. Se il 14 potere è integralmente vincolato, lo spazio di merito è nullo. È in pratica, l'attività di amministrazione da considerare essenzialmente libera. La scelta tra una pluralità di soluzioni tutte legittime ragionevoli, coerenti con il fine pubblico può essere apprezzata solo in termini di opportunità o inopportunità e non è sindacabile dal giudice amministrativo. Differenza tra: M er it o Legitti mità • Vi sono dei controlli di merito finalizzati a modificare o sostituire l'atto oggetto del controllo e di tutela giurisdizionale. • Giurisdizione con cognizione estesa al merito nell'esercizio del quale il giudice amministrativo può sostituirsi all'amministrazione. • Vi sono dei controlli di legittimità finalizzati ad annullare gli atti amministrativi. • Giurisdizione di legittimità di cui è investito in via ordinaria il giudice amministrativo. Valutazioni tecniche La norma attributiva del potere rinvia a nozioni tecnologiche o scientifiche che in sede di applicazione alla fattispecie concreta presentano margini di opinabilità. Nell'ambito della scienza, non si hanno sempre certezze ma continue evoluzioni, e il legislatore deve tenere conto di questi progressi e scoperte, per restare aggiornato con la scienza. es. tutela dell'ambiente, come l'elettrosmog, nuoce veramente la salute o no? A queste domande non serve uno spazio alla discrezionalità amministrativa ma richiede conoscenze tecniche e specialistiche, quindi non avere un bilanciamento d'interessi ma delle valutazioni. Alcuni esempi: 1. valutazione della pericolosità di un edificio lesionato dopo un terremoto è una valutazione tecnica; 2. il carattere epidemico di una malattia ai fini di adottare misure antiepidemiche; 3. problema delle offerte anomale: delle volte alle gare degli appalti, vi sono delle offerte che sono talmente basse che la PA deve stare in guardia, anche la valutazione per guardare le offerte anomale è tecnica; 4. antitrust, falsare la concorrenza, anche in questo caso è una valutazione, valutare se una certa intesa è in concorrenza, oppure è anti concorrenza; 5. valutazione di un immobile antico; 6. riconducibilità di una malattia per ragioni di servizio oppure l'esempio di una valutazione che si fa all'esame, o ai concorsi ecc. Mentre la discrezionalità amministrativa attiene al piano della valutazione e comparazione degli interessi, la valutazione attiene al piano dell'accertamento e della qualificazione di fatti alla luce di criteri tecnici scientifici. l'espressione discrezionalità tecnica, ancora oggi frequente, è da ritenere sbagliata, perchè non consiste in un bilanciamento di interessi e nella valutazione manca l'elemento volitivo (attività meramente interpretativa) che caratterizza invece la discrezionalità in senso stretto. Perchè viene chiamata così dalla dottrina e giurisprudenza? Perchè vi è un controllo da parte del giudice che è simile a quello della discrezionalità pura; infatti in entrambi i casi il giudice non può sostituirsi alla PA per fare la valutazione, quindi anche riguardo le valutazioni i giudici amministrativi non possono sostituirsi alla PA. Il giudice può solo ripercorrere dall'esterno (sindacato esterno) l'attività valutativa per verificare se la valutazione è affetta da vizi logici, incongruenze o da altre carenze. • Es. il test di avvocatura viene giudicato in maniera negativa dalla PA ma io posso andare dal giudice e chiedere di annullare la valutazione perchè magari vi è stata difformità di trattamento; a questo punto se dovesse esserci disparità, annulla la violazione e ritorna a valutare la PA, ma non il giudice. Solo in epoca recente il giudice amministrativo ha intrapreso un'opera volta a differenziar e rendere 15 legge contro gli atti o provvedimenti amministrativi aventi per oggetto un interesse d'individui o di enti morali giuridici”. Nacque il problema in giurisprudenza e dottrina di definire il termine “interesse”, e nel tempo sono state offerte varie interpretazioni: ◦ diritto fatto valere come interesse → ovvero nella richiesta formulata dal ricorrente o di annullamento del provvedimento emanato o richiesta del mero risarcimento del danno, riservato al giudice ordinario. Libera scelta del privato in funzione del tipo di tutela che intendeva ottenere; ◦ interesse legittimo come interesse di mero fatto → non si attribuiva all'interesse una natura sostanziale ma solo processuale; ◦ diritto alla legittimità degli atti → s'intendeva l'interesse come diritto soggettivo con oggetto esclusivamente la pretesa che l'azione amministrativa fosse conforme alle norme che regolavano il potere esercitato; ◦ diritto affievolito → interesse come un diritto affievolito cioè come la risultante dell'atto di esercizio del potere amministrativo. Il provvedimento autoritativo ancorchè illegittimo è idoneo a travolgere il diritto soggettivo trasformandolo in semplice interesse legittimo. es. diritto della proprietà che può esser inciso con l'espropriazione. Molto simile alla teoria del diritto soggettivo “in attesa di espansione”: esercizio di tale diritto dal privato condizionato all'esercizio di un potere della PA, verso il quale il privato può vantare un semplice interesse legittimo es. autorizzazione ad aprire un esercizio commerciale. ◦ Interesse occasionalmente protetto → da una norma d'azione volta a tutelare in modo diretto e immediato l'interesse pubblico. Secondo questa teoria, le norme che disciplinano il potere hanno come scopo primario la tutela di quest'ultimo e il soggetto privato può trovare in esse una qualche protezione solo in via riflessa e indiretta. Interesse ≠ diritto soggettivo per il fatto che l'acquisizione o conservazione di un determinato bene della vita non è assicurata in modo immediato dalla norma, che tutela in modo diretto l'interesse pubblico, bensì passa attraverso l'esercizio del potere amministrativo, senza che peraltro sussista alcuna garanzia in ordine alla sua acquisizione o conservazione. L'interesse legittimo fonda in capo al suo titolare soltanto la pretesa a che l'amministrazione eserciti il potere in modo legittimo, cioè in conformità con la norma d'azione. La norma attributiva del potere offre in definitiva al titolare dell'interesse legittimo una tutela strumentale, mediata attraverso l'esercizio del potere, anziché finale, come accade invece per il diritto soggettivo, nel quale la norma attribuisce al suo titolare in modo diretto un certo bene della vita o utilità. Ricostruzioni recenti dell'interesse legittimo → le soluzione fino ora dette sono state sempre criticate in dottrina. Superamento della concezione tradizionale dell'interesse legittimo, si riconosce natura sostanziale all'interesse legittimo (si considera oggetto dell'interesse legittimo un bene della vita): • apertura della risarcibilità del danno da lesione di interesse legittimo nel 99. La Corte Cost ha inteso l'azione risarcitoria non già come volta a tutelare un diritto soggettivo autonomo, bensì in funzione rimediale, cioè come tecnica di tutela dell'interesse legittimo che si affianca e integra la tecnica di tutela più tradizionale costituita dall'annullamento. Se l'interesse legittimo ha per oggetto un bene della vita che il titolare dell'interesse stesso mira ad acquisire o a conservare, sia pure tramite l'intermediazione del potere amministrativo, e 17 che è suscettibile di subire una lesione ad opera di un provvedimenti illegittimo; • si prevede anche un'azione di adempimento con cui il giudice obbliga la PA ad attribuire il bene della vita aspirato dal privato, a lui. In conclusione, si può dire che la norma di conferimento del potere abbia la doppia ed equiordinata funzione di tutelare l'interesse pubblico e di tutelare l'interesse legittimo privato. I poteri e le facoltà sopracitate si esplicano principalmente nel procedimento attraverso l'istituto della partecipazione. Quest'ultima consente al privato di rappresentare il proprio punto di vista presentando memorie e documenti e mediante l'accesso agli atti del procedimento. Questi poteri e facoltà fanno acquisire all'interesse legittimo una dimensione attiva, a cui corrispondono una serie di doveri comportamentali come la buona fede, l'imparzialità, proporzionalità ecc. Una dottrina recente (2003) fa emergere una visione che dissolve l'interesse legittimo nella figura più generale del diritto soggettivo. Infatti all'interno del diritto soggettivo vi sono figure di diritti diversi tra loro es. diritto di proprietà, diritto di credito avente per oggetto somme di denaro o il diritto di comportarsi secondo buona fede nell'ambito delle trattative finalizzate alla stipula di un contratto (“doveri di protezione”, non vi è però una garanzia di un risultato predeterminato). Questa categoria di diritti ultima è strutturalmente analoga a quella dell'interesse legittimo, il quale potrebbe essere ricondotto a una figura particolare di diritto avente per oggetto una prestazione- comportamento da parte dell'amministrazione a favore del soggetto privato. Duplice dimensione dell'interesse legittimo: passiva+attiva. Dal punto di vista funzionale: Interessi legittimi oppositivi Interessi legittimi pretensivi L'esercizio del potere amministrativo comporta la produzione di un effetto giuridico che incide negativamente e che restringe la sfera giuridica del destinatario. es. potere di espropriazione. L'esercizio del potere amministrativo comporta la produzione di un effetto giuridico che incide positivamente e che amplifica la sfera giuridica del destinatario. es. concessione per l'uso di un bene demaniale. Diversa dinamica del rapporto procedimentale Il privato pretenderà un non facere dalla PA per non vedere sacrificato il suo bene. Il processo si apre usualmente d'ufficio e la comunicazione di avvio del procedimento instaura il rapporto giuridico amministrativo. Il privato pretenderà un facere dalla PA per vedergli concesso il bene. Il procedimento si apre in seguito alla presentazione di un'istanza o domanda di parte che fa sorgere l'obbligo di procedere e di provvedere in capo all'amministrazione titolare del potere e instaura il rapporto giuridico amministrativo. Diversità della dinamica del processo amministrativo e tutela risarcitoria Bisogno di tutela correlato alla conservazione del bene → annullamento ex tunc, in modo che il privato possa reintegrare la sua posizione precedente. Il risarcimento è correlato ai danni derivanti dalla privazione o limitazione Bisogno di avere la spettanza del bene → azione di adempimento, condanna di un facere da parte della PA (in Italia solo da tempi recenti). Dato il carattere infungibile del potere, l'emanazione del provvedimento spetta solo alla PA. Solo dove quest'ultima non obbedisca alla sentenza del giudice, questo potrà 18 soggetto privato nei (incompetenza, eccesso di del potere (carenza di potere in astratto) o confronti dell'atto potere, violazione di una deviazione enorme dallo schema emanato (introdotto legge), la situazione normativo (straripamento di potere) l'atto dalla Corte di legittima fatta valere è emanato non produce effetto e non degrada Cassazione) quella dell'interesse il diritto soggettivo in interesse legittimo. Vi legittimo. sono alcuni diritti soggettivi, che ricevono una tutela rafforzata nella Cost come il diritto alla salue, integrità dell'ambiente che 19 non possono essere incisi dalla PA → diritti non degradabili. • Carenza di potere in concreto, riconosciuta dall'art. 21 septies come causa tassativa di nullità. Si verifica quando manca un presupposto essenziale per poter esercitare il potere stesso. 6. Il “diritto” di accesso ai documenti amministrativi è uno degli strumenti principali ad accrescere la trasparenza dell'attività amministrativa e promuovere l'imparzialità. Consiste nel diritto agli interessati di prendere visione e di estrarne copia di documenti amministrativi. Il diritto di accesso sembra essere indicato dalla L. 241/90 in termini di protezione diretta di un bene della vita, quindi secondo lo schema del diritto soggettivo. Può essere attribuito sia a coloro che devono accedere ad un procedimento e che quindi vogliono conoscere al meglio gli atti e le circostanze, sia a coloro che hanno solo interesse (ma non semplice curiosità) a esaminare documenti dalla PA, interesse dato dalla titolarità di una posizione giuridica rilevante. Eccezioni: • in materia ambientale, tutti possono prendere visione dei documenti; • i consiglieri locali e provinciali hanno diritto ad accedere a tutti i documenti della PA; • l'accesso civico: informazioni che le PA hanno obbligo di pubblicare su siti o con altre modalità devono essere a disposizione di tutti. Le informazioni che non possono essere conosciute in base al solo interesse del privato sono i segreti di Stato, procedimenti tributari, atti amministrativi generali o dati riservati, come quelli sensibili, soggetti al regime della privacy (tranne se vi sia necessarietà e utilità imminente). È attribuito alla amministrazione il differimento dell'accesso che consiste nella posticipazione del momento in cui l'accesso può essere esercitato, da preferire alla negazione. Recentemente si tende a preferire inquadrare il diritto di accesso come interesse legittimo più che come diritto soggettivo, come conseguenza che il diniego di accesso costituisce un provvedimento in senso proprio impugnabile nel termine di decadenza di 60 gg, piuttosto che nel termine più lungo applicabile ai diritti soggettivi. Interesse di fatto Vi sono delle norme primarie e secondarie (oltre a quelle interne) che impongo alla PA doveri di comportamento, finalizzati alla tutela dell'interessi pubblici, senza che ad essi corrisponda alcuna situazione giuridica o altro tipo di pretesa giuridicamente tutelata in capo a soggetti esterni all'amministrazione. es. norme che impongono alle amministrazioni di adottare atti di pianificazione, di realizzare determinate opere ecc. la violazione di siffatti doveri rileva soltanto all'interno dell'organizzazione degli apparati pubblici e può dar origine a interventi di tipo propulsivo (diffide) o sostitutivo da parte di organi dotati di poteri di vigilanza. I soggetti privati che possono trarre beneficio o un pregiudizio indiretto da siffatte attività possono vantare di un mero interesse di fatto in relazione al quale le norme in questione offrono solo una tutela di tipo giurisdizionale. Infatti i promotori di un interesse di mero fatto possono per es. sollecitare le organizzazioni citandole ad attivarsi, ma non è possibile adottare rimedi giuridici o azioni giuridiche. I criteri di distinzione tra interessi di fatto e interessi legittimi: 20 • criterio della differenziazione → per essere un interesse giuridicamente protetto, quindi legittimo, il privato deve trovarsi in una posizione differenziata rispetto alla generalità dei soggetti es. il proprietario di un terreno che confina con quello dove si vuole costruire un edificio che toglierebbe a lui la vista panoramica. • Criterio della qualificazione → occorre valutare se tale interesse rientri in qualche modo nel perimetro della tutela offerta dalle norme e n particolare da quelle che attribuiscono il potere e se pertanto il titolare possa vantare una posizione qualificabile come interesse legittimo. Principio di differenziazione → tiene conto delle diverse caratteristiche demografiche, territoriali ecc degli enti riceventi. Principi di efficienza e di economicità, di responsabilità ed unicità dell'amministrazione → omogeneità, copertura finanziaria e patrimoniale dei costi per l'esercizio delle funzioni, di autonomia organizzativa e regolamentare. Principi sull'attività Principi sull'esercizio del potere discrezionale: 1) principio di imparzialità → art. 97 Cost e art. 41 Carta dei diritti fondamentali UE; diveito di favoritismi, divieto di discriminazione, parità di trattamento/par condicio; 2) principio di proporzionalità → la PA deve eseguire un giudizio guidato, in sequenza da 3 criteri: idoneità (relazione tra mezzo adoperato e obiettivo da perseguire), necessarietà (regola del mezzo più mite) e adeguatezza (proporzione tra inconvenienti e scopi perseguiti) della misura prescelta; è un principio più specifico di quello generale della ragionevolezza; 3) principio del legittimo affidamento → tutela le aspettative ingenerate dalla PA con un proprio atto o comportamento; 4) principio della certezza del diritto e principio di precauzione (in materia ambientale). Principi sul provve diment o e principi sul procedi mento Cap. IV: Il provvedimento Nozione di provvedimento → manifestazione del potere amministrativo volta a disciplinare un rapporto giuridico intercorrente tra la PA e un soggetto privato per oggetto un bene della vita. Manca una definizione legislativa di provvedimento ma si può ritrovare dalla L. 241/90 alcuni aspetti del regime del provvedimento come la nullità, l'efficacia, l'annullamento e la revoca. Il provvedimento costituisce una manifestazione dell'autorità dello Stato, ovvero è espressione del potere esecutivo (come la legge lo è del del potere legislativo e la sentenza del potere giudiziario). Inoltre è stato introdotta una disciplina sul provvedimento amministrativo dalla L. 15/2005 al Capo IV-bis. 1. Il regime del provvedimento – caratteri del provvedimento amministrativo 22 a) la tipicità Si contrappone alla atipicità caratterizzante dei contratti privati (autonomia negoziale). Il principio della tipicità è un corollario del principio di legalità caratterizzante il diritto amministrativo; le PA possono esercitare un potere solo a lei conferito dalla legge e in mancanza, possono adoperare solo la capacità di diritto privato ma non amministrativa. I provvedimenti devono quindi trovare fondamento nella legge (nominatività). Un'eccezione (v. sopra) o attenuazione del principio di tipicità è data dalle ordinanze contingenti e urgenti che sono nominali ma non tipizzate poiché la legge lascia all'organo competente uno spazio assai ampio nella determinazione del contenuto e degli effetti. Il principio di tipicità esclude che si possano riconoscere poteri impliciti ma la giurisprudenza recente chiarisce che in alcuni casi è sufficiente una disposizione legislativa con un fondamento generico di potere (da cui ricavare poteri impliciti). b) imperatività Il provvedimento è dotato di una forza giuridica particolare che fa prevalere l'interesse pubblico su quello privato, ovvero la PA può imporre al privato, senza il suo consenso, le proprie determinazioni. È per questo che si può parlare anche di unilateralità del potere amministrativo. A differenza della struttura orizzontale tra soggetti di diritto privato, in questo caso vi è una struttura verticale in cui l'interesse dello Stato prevale su quello del privato. Unilateralità → la PA può unilateralmente modificare, costituire o estinguere situazioni giuridiche (siamo sul piano, quindi, degli effetti giuridici). Vi è una deroga quindi al consenso necessario nei rapporti privati. L'imperatività non presume la validità del medesimo, cioè la sua piena conformità alla norma attributiva del potere. Anche l'atto illegittimo ha l'attitudine a produrre gli effetti tipici che potranno poi ex post essere tolti o revocati attraverso una sentenza di annullamento dell'atto. Si equipara quindi sul piano degli effetti tra atto invalido e atto valido. Solo il provvedimento affetto da nullità ai sensi dell'art 21 septies della L. 241/90 non ha carattere imperativo e dunque situazioni giuridiche soggettive di cui è titolare il soggetto privato destinatario non sono intaccate e resistono di fronte alla pretesa dell'amministrazione. Il privato di fronte alla PA si trova in una posizione di soggezione, sia che si tratti di interessi oppositivi che di quelli pretensivi, perchè in entrambi casi la decisione dipende dalla PA. c) l'esecutorietà e efficace 6. motivazione; La mancanza di uno di questi “elementi essenziali” comporta secondo art. 21 septies una causa di nullità del provvedimento, come per il diritto privato, ma la differenza è che nel diritto amministrativo non sono previsti tassativamente dalla legge e dunque essi vanno individuati in via di interpretazione → le regole sono le stesse dell'interpretazione del diritto privato ad esclusione di alcune come es. l'interpretazione contro l'autore della clausola o in caso di oscurità dell'atto deve essere inteso il senso meno gravoso per l'obbligato. Soggetto L'organo che in base alla norma di competenza e sull'investitura, è deputato ad emanare l'atto. Si tratta di solito di PA ma anche soggetti privati titolari di poteri amministrativi es. impresa privata concessionaria di un pubblico servizio. Volontà È manifestazione della volontà dell'amministrazione. I vizi della volontà non determinano, come accade invece per il negozio privato, in via diretta l'annullabilità del provvedimento, bensì rilevano tutt'al più in via indiretta come figure sintomatiche dell'eccesso di potere. Oggetto L'oggetto deve essere determinato o determinabile, e può essere una cosa, un attività 24 o situazione soggettiva es. bene demaniale dato in concessione o terreno espropriato. Contenuto Ciò che con esso l'autorità intende disporre, ordinare, permettere, attestare, certificare. Rileva sopratutto la differenza tra contenuto discrezionale e contenuto vincolato. Il contenuto può essere integrato con clausole accessorie che fissano condizioni e altre prescrizioni particolari c.d. elementi accidentali. Esse non possono snaturare il contenuto tipico del provvedimento e devono essere coerenti con il fine pubblico previsto dalla legge attributiva del potere. Tra gli elementi dell'atto amministrativo, non rileva a differenza del diritto privato, la causa, ma al contrario, rilevano i motivi, cioè le ragioni di interesse pubblico poste alla base del provvedimento. Forma Di regola si richiede la forma scritta, oppure documento digitale con firma digitale. Motivazion e Obbligo di motivazione → secondo l'Art. 3 L. 241/90 la motivazione deve enunciare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell'amministrazione in relazione alle risultanze dell'istruttoria. Se vi è una pluralità di motivi, basta che uno sia legittimo (prova di resistenza). La motivazione avvicina l'atto amministrativo alla sentenza, anch'essa soggetto a motivazione, a causa del suo deficit di legittimità popolare. Quali sono le funzioni della motivazione? - promuovere la trasparenza dell'azione amministrativa perchè esplicita le ragioni sottostanti le scelte amministrative; - rende più agevole l'interpretazione del provvedimento amministrativo; - costituisce una garanzia per il soggetto privato che subisca il provvedimento un pregiudizio perchè consente un controllo giurisdizionale più incisivo sull'operato dell'amministrazione. La motivazione può essere anche per relationem → rinvio ad una data in altro atto. Assume particolare importanza nel caso di provvedimenti discrezionali, più che quelli vincolati. 3. Tipologia dei provvedimenti amministrativi Già una distinzione l'abbiamo vista, quando si parlava di interesse legittimo oppositivo e interesse legittimo pretensivo, che corrispondentemente, si creano due macrocategorie di atti che limitano la sfera del destinatario e atti che la ampliano. A) Prima macrocategoria – atti che limitano la sfera del destinatario → troviamo i provvedimenti ablatori reali, provvedimenti ordinatori, la diffida, le sanzioni amministrative. Provvedimenti ablatori reali Tra i provvedimenti ablatori (che siano reai, personali o obbligatori) rientrano un vastissima gamma di provvedimenti che restringono la sfera patrimoniale o personale del privato es. imposte, tributi o obblighi di fare o non fare. Tra quelli reali, rileva l'espropriazione ed indennizzo; quest'ultimo non deve coincidere necessariamente al valore di mercato ma deve essere, secondo la Corte Cost, “serio ristoro”. Tra i provvedimenti ablatori reali rientra anche l'occupazione temporale di un bene immobile o l'imposizione di servitù pubbliche. Provvedimenti ordinatori Tra i provvedimenti ablatori personali si collocano gli ordini amministrativi e i provvedimenti che impongono ai destinatari di fare o non fare (divieti) puntuali. Gli ordini amministrativi si trovano all'interno delle organizzazioni a struttura gerarchica come l'esercito, 25 ed è lo strumento base con cui un superiore ordina appunto un sottordinato. Gli ordini amministrativi possono essere emanati anche al di fuori dei rapporti interorganici e dunque riguardare rapporti inersoggettivi tra amministrazione titolare del potere e soggetti privati destinatari. La SCIA (mancando un elenco tassativo di situazioni in cui si può o non si può eseguire), secondo la giurisprudenza amministrativa, è possibile nel campo delle attività libera sottoposte a vigilanza da parte delle autorità pubbliche. Per quanto riguarda la tutela di un terzo che vede un suo interesse leso da parte della SCIA, egli può solo contrastare l'avvio dell'attività notificando il fatto all'amministrazione che emana un provvedimento che ne vieti l'avvio e se l'amministrazione non provvede può rivolgersi ad un giudice per far accertare l'obbligo di provvedere. B) Seconda macrocategoria – atti che ampliano la sfera del destinatario → essenzialmente sono quelli di tipo autorizzativo o prior approval ovvero modalità di controllo ex ante dell'inizio attività e sono: autorizzazioni e concessioni. Autorizzazioni Concessio ni È l'atto con il quale l'amministrazione rimuove un limite all'esercizio di un diritto soggettivo del quale è già titolare il soggetto che presenta la domanda. Il suo rilascio presuppone una verifica della conformità dell'attività ai parametri normativi posti a tutela dell'interesse pubblico (funzione di controllo). Le autorizzazioni danno origine ai “diritti in attesa di espansione”. È uno strumento di controllo da parte PA sullo svolgimento dell'attività allo scopo di verificare È l'atto con il quale l'amministrazione attribuisce ex novo o trasferisce la titolarità di un diritto soggettivo in capo a un soggetto privato. Il privato che vuole la concessione inizialmente ha un interesse legittimo pretensivo, e solo in seguito all'emanazione del provvedimento concessorio sorge un diritto soggettivo pieno che può essere fatto valere anche nei confronti dei terzi. La concessione instaura un rapporto tra privato e PA, rapporto caratterizzato da obblighi e diritti reciproci e costituisce uno strumento attraverso il quale l'amministrazione non gestisce i propri beni o attività, ma cede la gestione ad un privato (esternalizzazione). Quindi le concessioni possono essere sia traslative (concessione dell'uso di un bene demaniale) sia costitutive (attribuiscono ad un privato un nuovo diritto es. onorificenza). Le concessioni possono essere riguardanti sia beni, che attività che lavori (la differenza con l'appalto è che il privato ricava profitto da es. il pedaggio dell'autostrada ma non viene pagato direttamente dalla PA). preventivamente che essa non si ponga in contrasto con un interesse pubblico. L'autorizzazione non instaura un rapporto tra privato e PA. Alcune subcategorie di autorizzazioni e concessioni: 27 • Licenze → il loro rilascio è subordinato a valutazioni di tipo tecnico o discrezionale o di coerenza con un quadro programmatorio che ne comporti il contingentamento, previsto per es. nei piani economici. • Concessione – contratto → la dottrina con questa cerca di attenuare il carattere unilaterale dell'atto concessorio, dato che era possibile revocare la concessione ad nutum senza obblighi di indennizzo. Ma nella realtà non era così: infatti si creavano vari obblighi e diritti reciproci tra PA e privato derivanti da un contratto tra questi a titolo di garanzia. Contratto che regolava anche il diritto di recesso e di riscatto subordinandoli a una serie di garanzie, come il diritto ad indennizzo. • Atti autorizzativi nel diritto europeo → direttiva 123/2006 che dà una definizione onnicomprensiva di regime autorizzatorio, che include qualsiasi procedura che obbliga un prestatore o un destinatario a rivolgersi ad un'autorità competente allo scopo di ottenere una decisione formale o una decisione implicita relativa all'accesso ad un'attività di servizio o al suo esercizio. Il diritto europeo è nemico della discrezionalità: bisogna creare dei regimi vincolati come es. in campo creditizio, ove prima era necessaria un rilascio di una concessione discrezionale da parte della Banca d'Italia, oggi invece può solo emettere una valutazione tecnica ma non può impedire la formazione di nuovi istituti. Vi sono una serie di requisiti di accesso all'attività(da chiedere al privato) vietati come quelli discriminatori o non giustificati es. la richiesta della cittadinanza italiana: l'economia deve essere in libera concorrenza. Altri requisiti sono ammessi invece solo per motivi di interesse generale come la salute pubblica o l'ordine pubblico, tutela dei lavoratori es. la previsione di tariffe minime o massime, di un numero minimo di dipendenti. Il rilascio di autorizzazioni anche può essere limitato in ragione di scarsità di risorse naturali o altri motivi di interesse generale ma comunque le modalità di accesso devono essere sapute ex ante in modo chiaro, oggettivo e pubblicizzate prima. La distinzione più rilevante in ambito di autorizzazioni e concessioni è tra: Atti vincolati Atti discrezionali Autorizzazioni Autorizzazioni vincolate ricognitive → l'effetto si ricollega direttamente discrezionali costitutive alla legge secondo lo schema norma-fatto-effetto. All'autorità che → l'atto amministrativo è emana l'atto è riservato in via esclusiva il compito di accertare la la fonte diretta produzione dell'effetto giuridico (competenza esclusiva). L'avvio dell'effetto giuridico dell'attività in questo caso è precluso in assenza dell'atto amministrativo prodotto, secondo lo perchè sta proprio all'amministrazione il compito di verificare se schema norma-fatto- sussistono in concreto i presupposti e i requisiti richiesti dalla norma potere-effetto. per svolgerla. C) altri tipi di classificazioni: ➢ atti dichiarativi → nei quali il momento volitivo tipico dei provvedimenti è assente e ai quali va invece riconosciuta una funzione meramente ricognitiva e dichiarativa finalizzata alla produzione di certezze giuridiche. In questa categoria rientrano: L'invalidità può essere sanzionata secondo due modalità: N Inidoneità dell'atto a produrre effetti giuridici tipici, cioè a creare diritti Idoneità a produrre effetti in e obblighi o altre modificazioni nella sfera giuridica dei soggetti dell'ordinamento. Nel diritto civile la nullità ha carattere atipico, ovvero sanziona con la nullità tutti i casi di contrarietà del contratto a norme imperative (nullità virtuale). La nullità invece del provvedimento amministrativo è prevista solo in poche ipotesi tassative ed è il regime dell'annullamento ad essere più frequento e applicato. Perchè questa differenza? Perchè le norme in materia di contratti hanno di regola carattere dispositivo e possono essere derogate dalle parti, cosa che non accade invece nel diritto amministrativo che hanno carattere imperativo, cioè non possono essere derogate o disapplicate dalla via precaria, cioè fin tanto che non intervenga un giudice o altro organo che accerta l'invalidità e rimuova con efficacia retroattiva gli effetti prodotti medio tempore. Nel diritto privato l'annullabilità è riferita a ipotesi tassative, mentre nel diritto amministrativo le amministrazione e sanzionare con la nullità vorrebbe dire una reazione cosidette figure sintomatiche sproporzionata da parte dell'ordinamento. Equiparazione tra provvedimento invalido e provvedimento valido → perchè era importante per la PA garantire certezza del diritto e immediata cura dell'interesse pubblico, anche se derivante da atto invalido. dell'eccesso di potere, frutto di elaborazione giurisprudenziale, sono una sorta di catalogo aperto. Il regime dell'annullabilità costituisce il regime ordinario del provvedimento amministrativo invalido, mentre la nullità è un fenomeno marginale anche dopo l'inserimento di una disciplina organica. 5. L'annullabilità I 3 tipi di vizi di legittimità legati agli atti amministrativi che rendono possibile l'azione di annullamento sono: • incompetenza; • violazione di legge; • eccesso di potere. Le conseguenze dell'annullamento, cioè il venire meno degli effetti del provvedimento con efficacia retroattiva, non cambiano in relazione al tipo di vizio accertato e grava sulla PA l'obbligo di porre in essere tutte le attività necessarie per ripristinare per quanto possibile, la situazione di fatto e di diritto in cui si sarebbe trovato il destinatario dell'atto ove quest'ultimo non fosse stato emanato (effetto ripristinatorio). 97 Cost ma anche una figura sintomatica dell'eccesso di potere. La principale distinzione interna alla violazione di legge è quella tra: • vizi sostanziali, è il contenuto dell'atto, quindi il vizio sostanziale attiene all'esito dell'attività. I vincoli sostanziali sono il fatto che ci siano tutti i presupposti per adottare il provvedimento e che l'amministrazione rispetti tutti i paletti. • vizi formali, che includono anche una subcategoria dei vizi di procedura che in alcuni casi possono essere dequotati a vizi che non determinano l'annullabilità del provvedimento. Es. c'è una legge ambientale che dice che l'amministrazione per emettere un parere deve sentire 31 prima un parere tecnico se non lo fa c'è vizio di procedura. Il legislatore nel 2005 introduce l' art.21-opties co.2 l.241/90 “dequotazione dei vizi formali” che indica due ipotesi in cui possa verificarsi la dequotazione: (1) primo periodo del'art. ci dice che non è annullabile il provvedimento se non poteva che avere quel contenuto. Per gli atti vincolati quindi il provvedimento non è annullabile, se è palese che non poteva che avere quel contenuto. Il provvedimento deve avere quindi natura vincolata e che sia palese che il suo contenuto non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. (2) Il secondo periodo dell'art. riguarda innanzi tutto una violazione di legge particolare costituita dall'omessa comunicazione dell'avvio al procedimento. L'interprete effettua una ricostruzione di quello che sarebbe stato l'esito del procedimento ove tutte le norme sul procedimento e sulla forma fossero stata rispettate, e se questa simulazione mentale fa risultare il contenuto del provvedimento uguale, l'atto non può essere annullato. Due specificità: 1. manca il riferimento alla natura vincolata del potere, quindi la disposizione include anche gli atti discrezionali, ovvero l'amministrazione deve dimostrare che non poteva emanare diversamente e allora l'atto non può essere annullato. 2. si richiede che l'amministrazione che ha emanato l'atto di dimostrare in giudizio che il vizio procedurale o formale accertato non ha avuto alcuna influenza sul contenuto del provvedimento. L'onere della prova (negativa, probatio diabolica) grava sull'amministrazione e ciò comporta una deroga al principio civile ovvero è il privato che quando impugna l'atto deve dimostrare che quel vizio inificia la procedura. Poiché si tratta di prova negativa, la disposizione attribuisce al ricorrente l'onere di allegare in giudizio gli elementi che sarebbero stati prodotti nell'ambito del procedimento ove la comunicazione di avvio del medesimo procedimento fosse stata effettuata nelle forme prescritte. L'art. 21 – octies co.2 si inserisce nella tendenza del nostro ordinamento a valorizzare il principio a valorizzare il principio di efficienza ed efficacia dell'azione amministrativa (amministrazione di risultato) a scapito, entro dei limiti, di quello rispetto della forma e dunque della funzione di garanzia assoluta dalle norme relative al procedimento e alla forma. Motivazione del provvedimento e vizio d'incompetenza, sono due profili dove invece si discute ancora sia in dottrina che in giurisprudenza. Il difetto di motivazione è un vizio di forma o procedura che quindi da vita ad atti annullabili? Secondo la giurisprudenza la mancanza di motivazione in un provvedimento integralmente vincolato non può giustificare l'annullamento di quest'ultimo, ma applica talora la stessa regola anche a provvedimento che presentano margini di discrezionalità allorchè dagli atti del procedimento risultino già in qualche modo le ragioni sottostanti. La disposizione all'art. 21-octies pone numerose questioni interpretative: 1. una prima interpretazione dice che l'art. rileva solo ai fini dell'accertamento della sussistenza di uno dei presupposti processuali costituito dall'interesse a ricorrere (valenza processuale e non sostanziale). Quest'ultimo manca nei casi appunto in cui il ricorrente in seguito all'annullamento e alla rinnovazione del procedimento non possa attendersi una decisione diversa da quella già emanata. L'atto non può essere annullato dal giudice ma, sotto il profilo sostanziale continua ad essere illegittimo che potrebbe portare la PA a esercitare il potere di annullamento d'ufficio. 2. Secondo un'altra interpretazione la disposizione avrebbe tipizzato in via legislativa una 32 fattispecie di irregolarità non invalidante del provvedimento. Che cos'è l'irregolarità? Sono casi di imperfezioni minori che non legano alcun interesse ( n'è privato n'è pubblico) es. data indicata su un provvedimento, non inserire nel provvedimento presso quale attività si può fare un ricorso ed entro quale termine ecc o errori materiali es. individuazione del oggetto. L'irregolarità non rende invalido il provvedimento che è suscettibile di regolarizzazione attraverso la rettifica del provvedimento. In realtà, il disvalore della violazione delle norme sulla forma dell'atto e sul procedimento previsto dall'art. co.2 sembra essere maggiore, rispetto a quello di una mera irregolarità non lesiva di alcun interesse pubblico apprezabile. 3. Sembra quindi preferibile una terza interpretazione che qualifica come illegittimi anche i provvedimenti non annullabili ai sensi della disposizione. Quindi in definitiva l'art. 21 octies co.2 seguendo questa interpretazione ha stabilito soltanto che per taluni atti illegittimi l'annullabilità, vuoi da parte del giudice vuoi d'ufficio, costituisce una reazione dell'ordinamento da ritenersi non proporzionata, visto che il provvedimento risulta sostanzialmente illegittimo. Conseguenze del vizio formale e procedurali → la tutela risarcitoria non sembra essere percorribile perchè è difficile configurare un danno in capo al privato da un atto il cui contenuto non sarebbe stato comunque diverso. Ipotizzabile è una responsabilità di tipo disciplinare nei confronti del funzionario oppure una sanzione di tipo pecuniario a carico dell'amministrazione, analogamente a quanto previsto per i contratti pubblici. 3) Eccesso di potere E' il vizio di legittimità tipico dei provvedimenti discrezionali; è lo strumento che consente al giudice amministrativo, pur mantenendosi all'interno del giudizio di legittimità, di censurare le scelte operate dalla amministrazione. Varie ricostruzioni in dottrina sono state offerte: quella prevalenti (Benvenuti) Più che vizio sostanziale, è un vizio procedurale, quindi può essere che l'atto sia riproposto con l'istruttoria corretta e quindi essere valido. Ovviamente se la sbagliata istruttoria non ha portato ad un errore di fatto o travisamento di fatti. Difetto di motivazione Art. 3 L. 241/90 “ogni provvedimento amministrativo [..] es. concessione di un bene demaniale che viene revocata (pronunciata la decadenza) senza che la PA vada a verificare che il concessionario abbia veramente superato i limiti previsti, perchè si fida sulla dichiarazione del terzo. Questo è un vizio di istruttoria; poi se veramente, dopo verifica, il concessionario ha superato i limiti allora l'atto è valido. es. chiudere un centro storico senza andare a vedere i flussi di traffico; Es 1) motivazione incompleta, generica: “considerato che quell'area riveste un deve essere motivato, salvo che in determinati ipotesi [..] la particolare interesse paesaggistico, motivazione deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni vincoliamo quell'area all'interesse giuridiche che hanno determinato la decisione dell'amministrazione, in relazione alle risultanze paesaggistico”. Non si può usare una disposizione di legge così generica dell'istruttoria”. Serve a consentire una verifica del corretto dettata dalla legge stessa, ma bisogna esercizio del potere, cioè dell'iter logico seguito per pervenire alla determinazione contenuta nel provvedimento, traendo le fila degli elementi istruttori rilevanti e operando la ponderazione degli interessi. Quindi come le sentenze, i provvedimenti amministrativi devono essere motivati. Premessa: se la motivazione manca del tutto, non si ha un eccesso di potere, ma una violazione di legge. Se invece la motivazione esiste ma è inadeguata, vi è eccesso di potere. disporre delle motivazioni particolari al caso concreto. Es 2) la soluzione migliore per collocare il ponte e da un'altra parte si dice che non è una posizione ottimale. Es 3) Es. concorsi pubblici, esami ecc si trova un numero scritto ed è necessario il 30 come minimo per passare esame di avvocato. Ma se vi è 27 deve essere La figura sintomatica di difetto di motivazione si suddivide giustificato o basta il numero per non 34 in 3 sotto categorie di figure sintomatiche: 1. insufficiente, incompleta, generica → non consiste passare? Secondo la giurisprudenza amministrativa e costituzionale basta in una difficoltà di comprensione (a differenza della solo il voto numerico purché 2 e 3), ma banalmente la motivazione non è completa. 2. incongrua, contraddittoria, illogica → si tratta di caso in cui all'interno della motivazione si trovano degli elementi che tra loro non sono compatibili. 3. perplessa o dubbiosa → non si riesce a capire quale potere è stato esercitato perché non vengono citate le norme relative al caso. Dalla motivazione non risulta il fine/interesse perseguito che si vuole realizzare. Non esiste un criterio unico per determinare se la motivazione è completa o meno, ovvio è che più è aperto a discrezionalità l'atto, più la motivazione deve essere succinta. L'amministrazione può emanare un atto identico, modificando la motivazione (ma non può farlo in sede di giudizio). Illogicità/irragionevolezza della motivazione (presupposto) vi sia una griglia di parametri analitica a cui fare riferimento (la giuris legittima quindi la motivazione numerica). Es. L'amministrazione emana un il presupposto da cui si parte è che l'attività amministrativa provvedimento di diffida di cessare e a deve essere razionale. Pertanto emerge un vizio di eccesso porre rimedio ad una violazione di una di potere tutte le volte che il contenuto del provvedimento enorma amministrativa. Il termine dato le statuizioni del medesimo fanno emergere profili di illogicità o irragionevolezza, apprezzabili in modo oggettivo in base a canoni di esperienza. Una sottocategoria della illiceità e irragionevolezza è la contraddittorietà, che può essere: es. l'esonero dal servizio per scarso rendimento di un dipendente delle appaia in modo palese e manifesto ingiusto. Manifesto cioè ferrovia. Questo aveva subito un grave di immediata evidenza per qualsiasi persona di sensibilità media. incidente sul lavoro con effetti disabilitanti permanenti e ciò aveva indotto in un primo momento l'amministrazione ad adibirlo a mansioni meno impegnative piuttosto che collocarlo subito a riposo per inabilità dovuta a causa di servizio e a breve distanza il dipendente veniva esonerato per scarso rendimento. Il principio di proporzionalità, il riconoscimento del legittimo affidamento erano principi riconosciuti come figure sintomatiche ma che ora sono riconosciuti dall'art.1 della l. e pertanto non necessitano più di essere riconosciuti come tali ma sono per legge dati. La giustificazione teorica delle figure sintomatiche dell'eccesso di potere è controversa: 1. secondo alcune teorie, esse rilevano essenzialmente come prove indirette dello sviamento di potere e hanno una valenza essenzialmente processuale. Possono essere ricondotte alle presunzioni civili: sono le conseguenze (nel caso concreto, l'illegittimità dell'atto) che il giudice ritrae da un fatto noto (la figura sintomatica) per risalire a un fatto ignoto (l'eccesso di potere). Si discute se, una volta appurata l'esistenza di una figura sintomatica, sia ammessa in giudizio la prova contraria da parte della amministrazione che dimostri che nonostante il sintomo non sussista uno sviamento di potere. Ma questa non è ammessa perchè non compatibile con il processo amministrativo che è ancora ispirato al principio del divieto di integrazione della motivazione del provvedimento in corso di giudizio. 2. Secondo altre teorie, le figure sintomatiche hanno ormai raggiunto una completa autonomia dallo sviamento di potere e hanno una valenza sostanziale, prima ancora che processuale. Sono riconducibili a ipotesi di valutazione dei principi generali dell'azione amministrativa e più precisamente dei principi logici e giuridici che presiedono all'esercizio della discrezionalità. Rilevano i principi di logicità, ragionevolezza e completezza dell'istruttoria, di parità di trattamento ecc. In applicazione di tali canoni, il giudice analizza tute le fasi del potere discrezionale ripercorrendo l'inter procedimentale e verificando la ricostruzione della situazione di fatto e l'acquisizione di tutti gli elementi rilevanti per la decisione (fase istruttoria), la valutazione e ponderazione di interessi acquisiti, la coerenza tra le premesse e il dispositivo del provvedimento, gli altri elementi del contesto ecc. in questo modo il giudice non entra con il suo sindacato nelle decisioni della PA ma solo un sindacato esterno sull'iter. 36 3. Di recente, le figure sintomatiche sono state qualificate come clausole generali (buona fede, imparzialità) che analogamente nel diritto privato, fanno sorgere obblighi comportamentali nell'ambito del rapporto giuridico amministrativo intercorrente tra la PA e il cittadino. 6. la nullità Art. 21-septies indica 4 ipotesi tassative di nullità: (1) mancanza di elementi essenziali, che non sono elencati in modo preciso rimettendo così all'interprete il compito di individuare le singole fattispecie; (2) il difetto assoluto di attribuzione (carenza di potere in astratto e in concreto) e dell'incompetenza assoluta (straripamento di potere); (3) violazione o elusione del giudicato cioè quando un atto ignora e palesamente trascura il sostanziale contenuto del giudicato e manifesta il reale intendimento dell'amministrazione di sottrarsi al giudicato; (4) casi in cui la legge qualifica espressamente come nullo un atto amministrativo (nullità testuale). Per esempio in quanto a termini di conclusione di procedimenti amministrativo qualificati espressamente dalla legge come termini posti a pena di decadenza (termini perentori). es. gli atti adottati da organi collegiali scaduti, decorso il periodo di prorogatio di 45 gg nel quale possono comunque essere posti in essere solo gli atti di ordinaria amministrazione. L'azione di nullità (accertamento) → può essere proposta innanzi al giudice amministrativo entro un termine di decadenza assai breve 180 gg e ciò in relazione all'esigenza di garantire stabilità all'assetto dei rapporti di diritto pubblico. La nullità può essere sempre rilevata d'ufficio dal giudice o opposta dalla parte resistente ovvero la PA. La giurisdizione è esclusiva al giudice amministrativo e il vizio deve essere fatto valere nella sede del giudizio di ottemperanza, cioè del rito speciale previsto nel caso di mancata esecuzione da parte della PA delle sentenze del giudice amministrativo e del giudice ordinario. Ricorso nel termine di 10 gg dal passaggio in giudicato della sentenza e il giudice ove accolga il ricorso emana una sentenza che dichiara la nullità del provvedimento. 7. provvedimenti della PA per porre rimedio alla invalidità La revoca La PA può revocare anche degli atti perfettamente validi ed efficaci, se l'interesse pubblico è cambiato. ≠ diritto privato che non permette la revoca di atti che abbiano già introdotto effetti nella sfera giuridica di terzi. È una manifestazione del potere di autotutela della PA ammesso da sempre, perchè giustificato dall'esigenza di garantire nel tempo la conformità all'interesse pubblico dell'assetto giuridico derivante da un provvedimento amministrativo, ritenuta esigenza prevalente rispetto alla tutela dell'affidamento del terzo. Può esserci: • la revoca per sopravvenienza → di motivi di pubblico interesse non presenti al momento in cui l'atto è stato emanato; è riconducibile anche il caso di mutamento della situazione di fatto; • la revoca jus poenitendi → nuova valutazione dell'interesse pubblico originario, quando la PA si rende conto della ponderazione errata degli interessi al momento dell'emanazione dell'atto. La revoca può essere disposta dallo stesso organo che ha emanato l'atto o altro organo previsto dalla legge ed opera ex nunc. Non sono suscettibili di revoca gli atti che hanno già prodotto gli effetti o siano stati interamente eseguiti o certificazioni e valutazioni tecniche. Novità introdotta dall'art. 21 quinquies è l'obbligo di indennizzo nei casi in cui essa comporta pregiudizi in danno ai soggetti direttamente interessati. È limitato al danno emergente ed è suscettibile di un'ulteriore riduzione in relazione alla conoscenza o conoscibilità da parte dei contraenti della contrarietà dell'atto oggetto di revoca 38 all'interesse pubblico. Le controversie che riguardano la misura dell'indennizzo sono attribuite al giudice amministrativo. Richiede una motivazione adeguata dalla PA essendo un atto discrezionale. La revoca è diversa da: • revoca sanzionatoria → la PA può emanarla quando il privato destinatario di un provvedimento amministrativo favorevole, non rispetti le condizioni e i limiti es. autorizzazione, concessione. • mero ritiro → ha per oggetto atti amministrativi che non sono ancora efficaci. Può avvenire per ragioni di legittimità o anche di merito e non necessita di valutazione specifica dell'interesse pubblico e dei destinatari. Perchè non ha ancora inciso in modo diretto su situazioni giuridiche soggettive di soggetti terzi. Il recesso dei contratti L'art. 21 sexties disciplina il recesso unilaterale sono nei casi previsti dalla legge o dal contratto. Cap. V: Il procedimento Definizione di procedimento: è la sequenza di atti ed operazioni tra loro collegati funzionalmente in vista e al servizio dell'atto principale, cioè del provvedimento produttivo di effetti giuridici nella sfera di un privato. È la modalità ordinaria di esercizio dei poteri dello Stato, in relazione alle esigenze di trasparenza e di garanzia dei soggetti interessati. Le funzioni del procedimento: • consente un controllo sull'esercizio della PA, in modo che la legalità assuma una valenza processuale e non solo sostanziale; • fa emergere tutti gli interessi incisi direttamente o indirettamente dal provvedimento e la partecipazione del privato acquista una dimensione collaborativa; • dà la possibilità di contraddittorio ai soggetti privati che può essere verticale o orizzontale: il primo si riferisce quando il rapporto giuridico ha carattere bilaterale e coinvolge l'amministrazione titolare del potere e il destinatario diretto dell'effetto giuridico restrittivo (provvedimenti sanzionatori, di imposizione di vincoli ecc). Nel contraddittorio verticale invece l'amministrazione deve essere parte imparziale. Deve cioè ad un tempo curare l'interesse pubblico di cui essa è portatrice e garantire la posizione della parte privata portatrice di un interesse contrapposto; • opera da fattore di legittimazione del potere dell'amministrazione e di promuovere pertanto la democraticità dell'ordinamento amministrativo; • attenua il coordinamento tra più amministrazioni, ciascuna chiamata a curare un interesse pubblico, nei casi in cui un provvedimento amministrativo vada a incidere su una pluralità di interessi pubblici. Il coordinamento può essere debole (parere obbligatorio, ma non vincolante) o forte (parere vincolate, l'intesa, il concerto, il decreto ministeriale ecc). 1. L.241/90 E' una legge sopratutto di principi, molti dei quali affermati già da prima nella giurisprudenza amministrativa, che non ha pretesa di porre una disciplina esaustiva di tutti gli istituti del procedimento, in modo tale da non renderla rigida e meccanica. Non contiene una definizione generale di procedimento, né una disciplina organica delle singole 39 fasi in cui esso si articola, ma ne disciplina solo alcuni; essa fornisce una cornice generale “riempita” poi da leggi speciali o derogatorie per i singoli procedimenti. Il campo di applicazione della L. 241/90: • profilo soggettivo → le disposizioni da essa contenute si applicano alle amministrazioni statali, agli enti pubblici nazionali e anche alle società con totale capitale pubblico. Le regioni e gli enti locali possono dotarsi di una propria disciplina sulla base dei principi stabiliti dalla legge, ma non possono prevedere aspetti limitativi rispetto alla legge, ma solo prevedere garanzie maggiori; • obbligo di provvedere → pone in capo all'amministrazione, una volta aperto il procedimento, il dovere di portarlo a conclusione attraverso l'emanazione di un provvedimento espresso. L'apertura del procedimento d'ufficio avviene su impulso della stessa amministrazione competente a emanare il provvedimento finale, ma quando sorge l'obbligo di procedere? Avviene al seguito dell'esito di una serie di attività preistruttorie come le ispezioni es. da parte della Banca d'Italia o la CONSOB, richiesta di documenti, assunzioni di informazioni ecc. o anche in seguito a denunce, istanze o esposti di soggetti privati. Questi non fanno sorgere in modo automatico il dovere dell'amministrazione di aprire il procedimento nei confronti del soggetto denunciato, ma rientra nella discrezionalità della amministrazione valutarne la serietà e fondatezza. Solo in rari casi la giurisprudenza ammette al privato di esercitare un potere d'ufficio nei confronti di un terzo. • La comunicazione di avvio del procedimento → deve essere data ai privati che sono destinatari degli effetti del provvedimento finale ma anche ai soggetti da cui può derivare un pregiudizio. Deve contenere l'indicazione dell'amministrazione competente, dell'oggetto del procedimento, del nome del responsabile del procedimento, del termine di conclusione del procedimento e dell'ufficio dove si può prendere visione degli atti art.8. L'omessa comunicazione rende annullabile il provvedimento finale ma l'art. 21 octies ha ristretto notevolmente i casi in cui ciò può avvenire. 2) L'istruttoria La fase istruttoria del procedimento include le attività poste in essere dall'amministrazione e per essa dal responsabile del procedimento allo scopo di accertare i fatti e di acquisire gli interessi rilevanti ai fini della determinazione finale. Bisogna verificare che sussistano le “condizioni di ammissibilità, i requisiti di legittimazione e i presupposti che siano rilevanti per l'emanazione del provvedimento” art.6. La fase istruttoria è retta dal principio inquisitorio → il responsabile del procedimento accerta di ufficio i fatti, disponendo il compimento degli atti all'uopo necessari”. Di propria iniziativa compie tutte le indagini necessarie per ricostruire in modo esatto e completo le situazione di fatto, senza essere vincolato alle allegazioni operate dai soggetti privati, ciò tenuto conto che l'esercizio dei poteri avviene per curare interessi pubblici. Tra gli atti istruttori a disposizione del responsabile vi sono il rilascio di dichiarazioni, l'esperimento di accertamenti tecnici, ispezioni e ordine di esibizione documentali. Alcuni atti istruttori sono previsti delle volte dalle leggi che disciplinano i singoli procedimenti amministrativi. Questo è il caso dei pareri obbligatori e delle valutazioni tecniche di competenza di amministrazioni diverse da quella precedente (organi consultivi, apparati tecnici). Vari tipi di pareri (di cui il regime è ripreso per le valutazioni tecniche): • obbligatori → sono previsti da legge in relazione a specifici procedimenti e l'omessa richiesta determina un vizio procedimentale che rende illegittimo il provvedimento finale. L'amministrazione deve rilasciarli entro un termine di 20 gg e in caso di ritardo l'amministrazione titolare della competenza decisionale può procedere indipendentemente dall'espressione del parere; • facoltativi → sono richiesti quando possono essere utili ai fini della decisione; • vincolanti → l'amministrazione che li riceve non può assumere una decisione difforme da questo. Obiettivo dell'acquisizione d'ufficio di atti e documenti → sgravare il privato dell'onere di documentazione e di certificazioni, imponendo all'amministrazione di acquisire d'ufficio i documenti attestanti atti, fatti, qualità e stati soggettivi necessari per l'istruttoria. Ai privati è richiesta solo l'autocertificazione. L'attività istruttoria può essere effettuata anche con modalità informali es. accordi integrativi o sostitutivi o conferenza di servizi (v. dopo). 41 • La partecipazione dei privati → introdotta al fine del contraddittorio e di collaborazione con la PA; la partecipazione e l'intervento dei privati con interesse (che sia legittimo o diffuso) incorpora due diritti: 1. prendere visione degli atti del procedimento (accesso procedimentale) non esclusi dal diritto di accesso; 2. possibilità di presentare memorie scritte e documenti che mostrino il loro punto di vista. L'amministrazione ha l'obbligo di valutare i documenti e le memorie presentate, ove pertinenti all'oggetto del procedimento e deve darne conto nella motivazione del provvedimento. La figura del responsabile del procedimento art. 6→ l'istruttoria sotto il profilo organizzativo è affidata a lui, indicato di volta in volta dal dirigente responsabile della struttura subito dopo l'apertura del procedimento. Il suo normativo viene comunicato o reso disponibile su richiesta a tutti i soggetti interessati. • Preavviso di rigetto → nei procedimenti di istanze di parte il responsabile è tenuto ad attivare una fase supplementare di contraddittorio nei casi in cui l'istruttoria effettuata dà esito negativo e porterebbe all'adozione di un provvedimento di rigetto d'istanza art. 10 bis. Al soggetto che l'ha proposta deve essere data comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento della domanda ed entro 10 gg può presentare osservazioni scritte nel tentativo di superare le obiezioni formulate dall'amministrazione; questo art 10 bis introdotto dal 2005, propone una via verso la collaborazione tra privati e PA ulteriore. 3) la conclusione E' quando l'organo competente a emanare il provvedimento finale assume la decisione all'esito di una valutazione complessiva del materiale acquisito al procedimento. Se il potere esercitato ha natura discrezionale la fase decisoria include la comparazione e ponderazione degli interessi che guida la scelta finale tra più soluzioni alternative. Il provvedimento finale può essere, oltre che un atto semplice, anche un atto complesso come: • decreto interministeriale → in cui convengono più volontà dei ministri; • il concerto → il ministero competente ad emanare l'atto deve prima inviare al ministero concertante lo schema del provvedimento per ottenere l'assenso o indicazioni di modifica; • l'intesa → rapporto tra Stato e regioni, e può essere debole quando il dissenso regionale può essere superato dallo Stato all'esito del confronto oppure forte nei casi in cui sia indispensabile il doppio consenso. La determinazione finale è assunta in base alle leggi vigenti al momento in cui essa è adottata. tempus regit actum: le modifiche legislative intervenute nel mentre del procedimento trovano immediata applicazione, a meno che non si sia in presenza di situazioni ormai consolidate. Aspetti principali della fase decisoria: Solo quando la legge dichiara un termine perentorio e a pena di decadenza l'atto è viziato. 42 L'accordo come modalità consensuale (alternativa al procedimento unilaterale) • può applicarsi anche a provvedimenti discrezionali e quindi la valutazione degli interessi pubblici di fatto non viene operato, nel caso di inerzia della PA; • non soddisfa compiutamente l'esigenza diIncedretefiznziativina il silenzio relazione allo svolgimento di attività sottoapssoesntesoa non giova né controllo pubblico. Infatti il privato non paullò'insatepreersesesepubblico né a è inerzia o se in realtà un esito positivo o qnueeglalotivporièvato e quindi stato concluso ma non nei termini: il rischniooncrhiesollavPeAil problema intervenga in autotutela è molto maggioredenierlictaarsdoi ddeeli silenzio-assenso di quanto non sia il rischpioroccheedimenti l'amministrazione annulli un provvedimenamtompionsiisttirvaotivi. espresso. Sono gli accordi integrativi e sostitutivi ovvero una modalità alternativa di conclusione del provvedimento che la L. tende a favorire perchè un istituto che privilegia soluzioni concordate e riduce il rischio di contenziosi e sopratutto pone la PA su un piano paritario rispetto al privato. L'accordo ricerca una mediazione migliore tra interesse pubblico e privato. L'accordo fa comunque salvi i diritti dei terzi che ben potrebbero contestarne i contenuti proponendo un'azione di annullamento. L'amministrazione non è obbligata a concludere accordi integrativi o sostitutivi con i privati e può sempre prediligere la via del procedimento unilaterale non negoziato. Gli accordi devono essere in forma scritta a pena di nullità ed essere motivati. • Integrativi: servono solo a concordare il contenuto del provvedimento finale che viene emanato successivamente alla stipula dell'accordo e sul piano formale rimane come atto unilaterale produttivo di effetti. • Sostitutivi → gli effetti giuridici si producono in via diretta con la conclusione dell'accordo, senza alcuna necessità di un atto formale unilaterale di recepimento. Tuttavia gli accordi devono essere preceduti da una determinazione dell'organo che sarebbe competente per l'adozione del provvedimento che autorizza e stabilisce i limiti della negoziazione. Recesso → riconducibile alla revoca per sopravvenuta motivi di pubblico interesse. Ad esso si accompagna l'obbligo di provvedere alla liquidazione di un indennizzo in relazione a eventuali danni subiti dal privato. 3. Tipologia di procedimenti Procedimenti semplici Quelli in cui vi è solo un'istanza presentata dall'interessato in un'istruttoria limitata a poche verifiche documentali e una decisione affidata ad un'unica PA. Procedimenti complessi Quelli che sono articolati in subprocedimenti sequenzali, ciascuno 44 avente una unità funzionale in qualche misura autonoma. es. contratti pubblici (v.dopo). Procedimento collegato Vi sono una pluralità di procedimenti da avviare in sequenza o in parallelo, ma funzionali a un risultato unitario. Es. espropriazione. Procedimento di primo e secondo grado I primi sono finalizzati all'emanazione di provvedimenti amministrativi con effetti esterni e alla cura di un interesse pubblico (un'autorizzazione per es.); i secondi hanno per oggetto provvedimenti amministrativi già emanati e per scopo la verifica della loro legittimità e compatibilità con l'interesse pubblico es. procedimenti di autotutela come la revoca o l'annullamento d'ufficio o i controlli sugli atti amministrativi di legittimità o di merito affidati ad organi esterni alla PA in part. la Corte dei Conti (v.dopo) Procedimenti finali e strumentali I primi sono funzionali alla cura immediata degli interessi pubblici nei rapporti esterni con i soggetti privati, i secondi hanno una funzione prevalentemente organizzatoria e riguardano principalmente la gestione del persone e delle risorse finanziarie. 1. Il vincolo preordinato all'esproprio → instaura un collegamento tra attività di pianificazione del territorio e il procedimento espropriativo. Il vincolo può essere posto all'esito delle procedure di pianificazione urbanistica ordinarie o speciali o in seguito all'atto di approvazione di un progetto preliminare o definitivo di un'opera pubblica. Vi sono alcune garanzie per i privati: la partecipazione di questi è prevista e deve essere inviata un avviso di inizio procedimento affinchè possano effettuare entro 30 gg le loro osservazioni. Inoltre il vincolo ha durata di 5 anni nel quale deve intervenire la dichiarazione di pubblica utilità. Costituisce atto impugnabile davanti al giudice in quando già produttore di effetti giuridici nei confronti dei proprietari; 2. Dichiarazione di pubblica utilità → contiene la scelta dell'area da utilizzare per l'opera pubblica. In molti casi però la dichiarazione è implicita perchè costituisce uno degli effetti automatici prodotti da alcuni atti come l'approvazione del progetto definito di un'opera pubblica. Ha anche lei una durata di validità di 5 anni e prima della scadenza deve intervenire il decreto di esproprio. La scadenza del termine comporta l'inefficacia della dichiarazione di pubblica autorità; 3. Decreto di esproprio → determina il trasferimento del diritto di proprietà dal soggetto espropriato al soggetto nel cui interesse il procedimento è stato avviato. A questo effetto si aggiunge anche l'estinzione di tutti i diritti reali o personali gravanti sul bene. L'effetto traslativa si verifica dopo la notifica e all'esecuzione del decreto che deve avvenire nel termine perentorio di due anni l'immissione in possesso del beneficiario dell'esproprio; 4. Indennizzo → il decreto deve indicare l'indennizzo provvisorio ed è quantificato all'esito di una fase in contraddittorio con gli interessati. L'autorità procedente, determina la misura 46 dell'indennità e i privati nei 30 gg successivi possono comunicare una dichiarazione irrevocabile di assenso (possono anche stipulare la cessione del bene e il privato prende subito la somma dell'indennizzo) oppure se non accettano l'autorità emana il decreto e pone l'indennizzo provvisorio nella Cassa depositi e prestiti. Da questo momento la determinazione dell'indennizzo definitivo ha uno svolgimento autonomo, con un ulteriore fase di contraddittorio (inizialmente con un tecnico di fiducia, poi si può con l'intervento di una Commissione provinciale ed infine si può ricorrere in Corte d'appello per una determinazione giudiziale). Il procedimento di esproprio è espressione di un potere tipicamente unilaterale, ma la l'ordinamento sempre tende a preferire una soluzione consensuale come la cessione volontaria del bene: configurata come un diritto soggettivo del proprietario che può essere esercitata fin dalla data di esecuzione del decreto di esproprio. I vantaggio sono sopratutto di tipo pecuniario, visto che il prezzo di cessione è commisurato all'indennità di esproprio con alcune maggiorazioni. Ci sono dei casi in cui una volta avviato il procedimento di espropriazione, l'amministrazione può acquisire immediatamente la disponibilità materiale del bene allo scopo di procedere subito ai lavori per la realizzazione dell'opera pubblica (occupazione di urgenza), può avvenire in 3 casi: 1. l'amministrazione ritenga che l'avvio dei lavori rivesta carattere di urgenza tale da non consentire il perfezionamento del procedimento; 2. in relazione a progetti di grandi opere pubbliche previste dalla legge obiettivo per le quali urgenza è accertata per legge; 3. quando la procedura riguarda più di 50 proprietari. Retrocessione → se l'opera non è stata eseguita nel termine massimo di 10 anni o il fondo non ha avuto la destinazione prevista, l'espropriato può ottenere la retrocessione. Gli immobili espropriati possono in tal caso anche essere posti in vendita dall'espropriante e i vecchi proprietari hanno diritto di prelazione. b) le sanzioni pecuniarie Il procedimento per l'irrogazione delle sanzioni di tipo pecuniario distingue più fasi: 1. l'accertamento della violazione → attività di raccolta e di prima valutazione di elementi di fatto suscettibili di integrare una fattispecie di illecito amministrativo; 2. la contestazione degli addebiti → ove dall'accertamento emerga un illecito, l'amministrazione procede alla contestazione dell'illecito al trasgressore. Ove possibile la contestazione deve essere immediata e in ogni caso essa deve essere notificata nel termine di 90 gg dall'accertamento. Questo termine ha natura perentoria poiché il suo decorso determina l'estinzione dell'obbligazione del pagamento della somma dovuta. Entro 30 gg dalla data della contestazione o notificazione della violazione, gli interessi possono presentare scritti difensivi e documenti. Entro 60 gg l'interessato può procedere anche all'oblazione, cioè al pagamento di una somma di denaro ridotta, che estingue l'obbligazione pecunaria senza che si proceda a un accertamento definitivo dell'illecito. 3. l'ordinanza/ingiunzione → una volta provata la violazione dell'esito della valutazione di tutti gli elementi istruttori, emana l'ordinanza-ingiunzione, cioè un provvedimento motivato che determina l'ammontare della sanzione pecuniaria e ingiunge al trasgressore il pagamento della medesima, insieme con le spese, entro un termine di 30 gg. Il pagamento deve essere effettuata nel termine di 30 gg dalla notificazione del provvedimento; 4. giudizio di opposizione → contro l'ordinanza può essere proposta opposizione innanzi al giudice ordinario entro un termine di 30 gg dalla notificazione del provvedimento. c) le sanzioni disciplinari Sono previste per i dipendenti delle PA, ma anche per altri soggetti sottoposti a regimi speciali e 47 poteri di vigilanza attribuiti ad apparati pubblici come la CONSOB. Il procedimento si conclude con l'archiviazione o con l'irrogazione della sanzione entro 60 gg dalla contestazione dell'addebito. determinate attività (funzione di vigilanza attribuita es. ai vigli del fuoco, agenzia di protezione dell'ambiente); 3. oggetto del controllo possono essere sia singoli atti emanati dall'amministrazione oppure sul complesso dell'attività posta in essere da un apparato; 4. parametro o standard di valutazione può avere natura tecnica (controlli tecnici es. controllo sulle scritture contabili di un ente che deve essere conforme alle regole) o natura giuridica (controlli di legittimità). Distinzione più rilevante nel diritto amministrativo: • controllo di legittimità: si riferisce a norme o principi giuridici che presiedono all'attività delle amministrazioni pubbliche; • controllo di merito: poco rispettoso dell'autonomia degli apparati quindi repressivo, involge un apprezzamento diretto del grado di soddisfazione dell'interesse pubblico; 5. misure includono ordini di adeguamento o di ripristino dello standard violato, annullamento o riforma degli atti, interventi di tipo repressivo e sanzionatorio, interventi di tipo sostitutivi ecc. es. di potere sostitutivo è quello dato al presidente del Consiglio dei ministri nel caso di violazione di obblighi derivanti dalla UE dalla regione o dall'ente locale che può essere sostituito da un commissario. Controlli sugli atti Art. 100 co.2 e art. 125 Cost. Può essere sia preventivo che successivo, sia di legittimità sia di merito. In caso di esito negativo il controllo preclude all'atto di produrre i suoi effetti se si tratta di controllo preventivo. Se si tratta di controllo successivo comporta l'annullamento ex tunc. Se il controllo è esteso al merito l'autorità che esercita il controllo può riformare direttamente l'atto oppure indirizzare all'autorità emanante una richiesta di riesame. Controllo preventivo di legittimità → molto in voga fino a tempi recenti, ora però incompatibile con un'impostazione automatistica dell'ordinamento che valorizza il principio di autoresposabilità. Il controllo sugli atti inoltre ha subito un ripensamento con l'affermarsi della “amministrazione di risultato”. Per questo nella riforma del 2001 del Titolo V Cost il controllo preventivo è venuto in gran parte meno e sono subentrare altre forme di controllo di tipo finanziario e gestionale. Controlli sull'attività Ha per oggetto la gestione di un apparato considerata nel suo complesso e mira a valutarne i risultati globali e si tratta di un controllo ex post. A livello centrale e regionale la Corte dei Conti svolge il controllo successivo sulla gestione del bilancio e del patrimonio delle amministrazioni pubbliche. Inoltre può avere ad oggetto il controllo della finanza pubblica e consiste nell'esame del rendiconto generale dello Stato presentato alla Corte entro il 31 maggio successivo a quello di chiusura dell'anno finanziario. Controlli gestionali Costituiscono la specie principale di controlli interni alle PA hanno acquistato un peso crescente in parallelo al declino del controllo preventivo sugli atti. Sono individuati 4 tipi di controlli interni: il 49 controllo di regolarità amministrativa e contabile, il controllo di gestione, la valutazione della dirigenza pubblica e la valutazione e controllo strategico. Cap. VII: La responsabilità In Italia trova fondamento nell'art. 28 Cost: “i funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili secondo le leggi penale, civili e amministrative degli atti compiuti in violazione di diritti. In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici”. Il richiamo alle leggi civili rinvia alle norme codicistiche sulla responsabilità contrattuale, extracontrattuale e preconcontrattale. Ad una prima vista sembrava che l'art. volesse porre in primo piano la responsabilità personale del dipendente e poi solo in via sussidiaria e per estensione la responsabilità dell'apparato. Invece l'interpretazione da tenere è quella di ritenere che la responsabilità del dipendente e dell'amministrazione abbia natura solidale e non sia necessariamente parallela, anche se la giurisprudenza recente riconduce la portata della disposizione al modello di responsabilità che pone in primo piano la responsabilità dell'apparato. Già prima della Cost, infatti la responsabilità degli apparati pubblici derivante da comportamenti illeciti venne ricostruita come responsabilità diretta che sorge in base al rapporto organico intercorrente tra l'agente e l'amministrazione di appartenenza. Quindi la responsabilità ricade sulla PA, che potrà poi rivalersi sul dipendente in base alla responsabilità amministrativa (di tipo interno). 1. la responsabilità civile da comportamento illecito Riferita a meri comportamenti della PA, ovvero condotte non ricollegabili all'esercizio di un potere o all'emanazione di un provvedimento, 3 rapporti fondamentali: 1. rapporto tra il terzo danneggiato e il dipendente pubblico che posto in essere il comportamento illecito → la responsabilità del funzionario e dell'amministrazione per danni provocati a terzi è una responsabilità diretta di tipo solidale. Il danneggiato può scegliere se agire contro una o l'altra o entrambi; 2. rapporto tra il terzo e la PA nella quale è incardinato il dipendente pubblico → il perimetro della responsabilità della PA è più ampio di quello della responsabilità del dipendente. Infatti la responsabilità personale di quest'ultimo per danni provocati nell'esercizio della sua funzione alle quali è proposto è limitata ai casi di dolo e colpa grave. In caso di colpa lieve, l'azione risarcitoria può essere proposta solo nei confronti dell'amministrazione. 3. Rapporto tra la PA e il funzionario → l'amministrazione che abbia esercitato il terzo del danno cagionato dal dipendente può esercitare un'azione di regresso contro quest'ultimo secondo i principi della responsabilità amministrativa (v. dopo). Distinzione interna all'illecito civile: a) meri comportamenti degli agenti della PA;