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Marinucci, Dolcini, Gatta - Manuale di Diritto Penale (Parte Generale) riassunto 2022-2023, Sintesi del corso di Diritto Penale

Ho provveduto ad aggiornare il riassunto alla dodicesima edizione del manuale. Link versione aggiornata: https://www.docsity.com/it/marinucci-dolcini-gatta-diritto-penale-parte-generale-riassunto-aa-2023-24-12a-ed/10411843/ . Riassunto completo del manuale (ultima edizione per l'anno accademico 2022-2023), redatto al fine di offrire un quadro sintetico della materia a chiunque necessiti di uno strumento utile per un ripasso rapido (o a chi versi in condizioni disperate ed abbia bisogno di preparare l’esame nel minor tempo possibile). Questo elaborato è decisamente “compresso”, anche se ho cercato di non tralasciare niente di importante (privilegiando, conseguentemente, la completezza alla sintesi in alcuni capitoli particolarmente "densi"). Buono studio!

Tipologia: Sintesi del corso

2022/2023

In vendita dal 07/11/2022

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Scarica Marinucci, Dolcini, Gatta - Manuale di Diritto Penale (Parte Generale) riassunto 2022-2023 e più Sintesi del corso in PDF di Diritto Penale solo su Docsity! G. Marinucci, E. Dolcini, G. L. Gatta MANUALE DI DIRITTO PENALE – PARTE GENERALE Undicesima edizione (A.A. 2022-2023) Riassunto a cura di: Francesco Focardi 1 Premesse. Il presente riassunto è stato redatto al fine di offrire un quadro sintetico della materia a chiunque necessiti di uno strumento utile per un ripasso rapido, nonché a chi versi in condizioni disperate ed abbia bisogno di preparare l’esame nel minor tempo possibile. Il grado di “compattazione delle nozioni” varia da capitolo a capitolo; questo elaborato è decisamente “compresso”, anche se ho sempre cercato di non tralasciare niente di importante (privilegiando, conseguentemente, la completezza alla sintesi in un paio di capitoli particolarmente densi e non riassumibili ulteriormente senza “perdere pezzi”). Ho inserito alcuni riferimenti /appunti giurisprudenziali – più o meno generici - potenzialmente utili per lo studio della materia in nota nonché, talvolta, direttamente nel testo (nell’affrontare istituti/materie maggiormente scolpiti dalle pronunce giurisprudenziali: ciò, ad es., nel capitolo VIII sulla colpevolezza). Ah, ultimo appunto: gli articoli privi di indicazione relativa alla fonte normativa sono da intendersi del Codice penale. Dai, basta procrastinare leggendo addirittura le premesse di un riassunto, gambe in spalla e vai a studiare 2 4.1. La teoria condizionalistica....................................................................................................................45 4.2. Correttivi alla teoria condizionalistica..............................................................................................46 4.3. L’accoglimento della teoria condizionalistica nell’art. 41 c.p...........................................................47 5. L’oggetto materiale; le qualità o le relazioni del soggetto attivo nei reati propri....................................47 6. L’offesa al bene giuridico........................................................................................................................47 6.1. La tipologia dei beni giuridici...........................................................................................................48 B. Le peculiarità del fatto nei reati omissivi.................................................................................................49 7. L’omissione.............................................................................................................................................49 7.1. Obblighi di protezione ed obblighi di controllo nei reati omissivi impropri.......................................50 7.2. Il nesso tra omissione ed evento nei reati omissivi impropri............................................................51 C. ULTERIORI CLASSIFICAZIONI DEL REATO SECONDO LA STRUTTURA DEL FATTO.....................................51 11. Classi di reati ancora da esaminare......................................................................................................51 CAPITOLO VII. L’ANTIGIURIDICITÀ E LE CAUSE DI GIUSTIFICAZIONE...............................................................53 1. Nozione di antigiuridicità e disciplina comune delle cause di giustificazione..........................................53 1.1. Erronea supposizione ed eccesso nella causa di giustificazione.......................................................53 2. Le singole cause di giustificazione disciplinate nel codice penale............................................................54 3. Il consenso dell’avente diritto.................................................................................................................54 3.1. I diritti indisponibili...........................................................................................................................54 3.2. I diritti disponibili.............................................................................................................................56 3.3. I requisiti del consenso.....................................................................................................................56 4. L’esercizio di un diritto............................................................................................................................56 4.1. Il diritto di cronaca...........................................................................................................................56 4.2. Il diritto di sciopero..........................................................................................................................57 5. L’adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica...............................................................57 6. L’adempimento di un dovere imposto da un ordine della pubblica autorità...........................................58 7. La legittima difesa...................................................................................................................................58 8. L’uso legittimo di armi............................................................................................................................61 8.1. Uso delle armi per respingere una violenza o vincere una resistenza all’autorità............................61 8.2. L’uso delle armi per impedire la consumazione di gravissimi delitti.................................................62 8.3. Ipotesi di uso legittimo delle armi previste da leggi speciali.............................................................62 9. Lo stato di necessità................................................................................................................................62 CAPITOLO VIII – LA COLPEVOLEZZA................................................................................................................64 1. Nozione, fondamento e rilevanza costituzionale.....................................................................................64 2. Dolo e colpa............................................................................................................................................65 3. Dolo........................................................................................................................................................65 3.2. L’oggetto del dolo................................................................................................................................67 5 3.3. Reati omissivi.......................................................................................................................................67 4. La colpa...................................................................................................................................................68 4.2. I rapporti tra colpa specifica e colpa generica..................................................................................71 4.3. I reati colposi di mera condotta e di evento.....................................................................................71 4.4. Il principio di affidamento................................................................................................................72 4.4.1. Principio di affidamento in tema di attività medico-chirurgica.....................................................72 4.5. Colpa e reati omissivi impropri.........................................................................................................73 4.6. Il grado della colpa...........................................................................................................................73 5. Dalla responsabilità oggettiva alla responsabilità per dolo misto a colpa..............................................73 5.1. Responsabilità oggettiva e Costituzione...........................................................................................73 5.2. Forme di responsabilità oggettiva in relazione all’evento................................................................74 5.3. Forme di responsabilità oggettiva in relazione ad elementi del fatto diversi dall’evento.................74 5.4. Responsabilità oggettiva in relazione all’intero fatto di reato..........................................................75 5.6. L’irragionevole sproporzione tra misura della pena e grado di colpevolezza...................................75 B. Assenza di scusanti.................................................................................................................................76 6. La normalità delle circostanze concomitanti alla commissione del fatto................................................76 6.1. Le scusanti nei reati dolosi...............................................................................................................76 6.2. Le scusanti nei reati colposi..............................................................................................................76 C. CONOSCENZA O CONOSCIBILITA’ DELLA LEGGE PENALE VIOLATA..........................................................77 7. Nozione e disciplina................................................................................................................................77 D. CAPACITA’ DI INTENDERE E DI VOLERE...................................................................................................77 8. Nozione...................................................................................................................................................77 CAPITOLO IX. LA PUNIBIILTA’..........................................................................................................................81 1. Nozione e fondamento............................................................................................................................81 2. Cause personali di esclusione della punibilità.........................................................................................81 3. Cause oggettive di esclusione della punibilità: la particolare tenuità del fatto.......................................82 4. Cause di estinzione del reato...................................................................................................................83 4.1. Morte del reo...................................................................................................................................83 4.2. Amnistia...........................................................................................................................................83 4.3. La prescrizione del reato..................................................................................................................83 4.4. L’oblazione.......................................................................................................................................85 4.5. L’estinzione del reato per condotte riparatorie................................................................................86 4.6. La sospensione del procedimento con messa alla prova dell’imputato............................................86 4.7. Il perdono giudiziale.........................................................................................................................87 5. Disciplina comune alle cause di estinzione del reato...............................................................................88 6. La giustizia riparativa: cenni...................................................................................................................88 6 CAPITOLO X. TENTATIVO E CONCORSO DI PERSONE NEL REATO...................................................................90 1. Le forme di manifestazione del reato......................................................................................................90 A. IL TENTATIVO..........................................................................................................................................90 2. Le scelte del legislatore italiano..............................................................................................................90 3. L’idoneità degli atti.................................................................................................................................91 5. La desistenza volontaria ed il recesso attivo nel delitto tentato..............................................................92 6. Il tentativo nei reati omissivi...................................................................................................................92 7. I rapporti tra tentativo, reati di pericolo, delitti di attentato e reati a dolo specifico..............................92 B. IL CONCORSO DI PERSONE NEL REATO...................................................................................................93 8. Funzione incriminatrice e funzione di disciplina delle norme sul concorso di persone............................93 8.1. Pluralità di persone..........................................................................................................................93 8.2. Realizzazione di un fatto di reato (consumato o tentato)................................................................93 9. Contributo causale della condotta tipica alla realizzazione del fatto......................................................94 12. Consapevolezza e volontà di contribuire causalmente alla realizzazione del fatto...............................95 13. L’agente provocatore e l’agente sotto copertura..................................................................................95 14. Una deroga alla necessità del dolo di partecipazione: la responsabilità del partecipe per un reato diverso da quello voluto..............................................................................................................................96 15. Il concorso di persone nel reato proprio................................................................................................96 16. Il concorso di persone nei reati necessariamente plurisoggettivi..........................................................96 17. Il concorso mediante omissione............................................................................................................97 18. Il trattamento sanzionatorio dei concorrenti nel reato.........................................................................97 19. Desistenza volontaria e recesso attivo nel concorso di persone............................................................98 20. La cooperazione nel delitto colposo......................................................................................................98 21. Il concorso di persone nelle contravvenzioni.........................................................................................99 22. Concorso colposo in delitto doloso?......................................................................................................99 SEZIONE V. UNITA’ E PLURALITA’ DI REATI...................................................................................................101 CAPITOLO XI. CONCORSO APPARENTE DI NORME E CONCORSO DI REATI....................................................101 1. Il problema............................................................................................................................................101 A. IL CONCORSO APPARENTE DI NORME..................................................................................................101 2. Le due ipotesi di concorso apparente di norme: unità o pluralità di fatti concreti penalmente rilevanti. ..................................................................................................................................................................101 2.1. Il criterio di specialità.....................................................................................................................101 2.2. La sussidiarietà come secondo criterio per individuare un concorso apparente di norme.............102 2.3. La consunzione come terzo criterio per individuare un concorso apparente di norme...................103 3. Più fatti concreti: le ipotesi di antefatto e postfatto non punibile.........................................................104 3.1. Antefatto non punibile...................................................................................................................104 3.2. Postfatto non punibile....................................................................................................................104 7 A. LE MISURE DI SICUREZZA PERSONALI: DISCIPLINA GENERALE..............................................................149 2. Le originarie finalità politico-criminali delle misure di sicurezza detentive...........................................149 2.1. I presupposti applicativi delle misure di sicurezza personali..........................................................149 2.2. Applicazione, esecuzione, revoca e inosservanza delle misure di sicurezza personali....................150 7.2. Durata e revoca. Inosservanza.......................................................................................................151 B. LE SINGOLE MISURE DI SICUREZZA PERSONALI....................................................................................151 8. L’assegnazione ad una colonia agricola o ad una casa di lavoro..........................................................151 9. Il ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario..................................................................................152 10. Il ricovero dei minori in un riformatorio giudiziario.............................................................................153 15. La libertà vigilata................................................................................................................................153 12. Il divieto di soggiorno in uno o più comuni o in una o più province.....................................................154 13. Il divieto di frequentare osterie e pubblici spacci di bevande alcooliche.............................................154 14. L’espulsione dello straniero e l’allontanamento del cittadino di uno stato membro dell’UE dal territorio dello Stato.................................................................................................................................................154 C. LE MISURE DI SICUREZZA PATRIMONIALI: DISCIPLINA GENERALE........................................................155 15. Tipologia e disposizioni comuni alle misure di sicurezza patrimoniali.................................................155 D. LE SINGOLE MISURE DI SICUREZZA PATRIMONIALI..............................................................................155 16. La cauzione di buona condotta...........................................................................................................155 17. La confisca..........................................................................................................................................155 17.1. La confisca per equivalente..........................................................................................................156 17.2. La c.d. confisca allargata.................................................................................................................157 E. LA PREVENZIONE ANTE DELICTUM.......................................................................................................157 18. Le misure di prevenzione: cenni..........................................................................................................157 SEZIONE VIII – AI CONFINI DEL DIRITTO PENALE...........................................................................................159 CAPITOLO XV. LA RESPONSABILITÀ DA REATO DEGLI ENTI...........................................................................159 1. La ratio della responsabilità..................................................................................................................159 2. I reati ascrivibili all’ente. La natura della responsabilità dell’ente........................................................159 3. La cerchia degli enti responsabili da reato. I criteri di attribuzione della responsabilità da reato.........159 4. Problemi probatori................................................................................................................................160 5. Il “dolo” dell’ente: la politica di impresa finalizzata alla commissione del reato...................................160 6. L’autonomia della responsabilità dell’ente...........................................................................................161 7. Le sanzioni. Prescrizione. Costituzione di parte civile............................................................................161 10 CAPITOLO 1. LEGITTIMAZIONE E COMPITI DEL DIRITTO PENALE. 1. Teorie della pena e tipo di Stato. Le teorie della pena indagano le fondamenta che legittimano il ricorso, da parte dello Stato, dello strumento penale, e possono essere ricondotte a 3 filoni fondamentali: - Teoria retributiva: la pena si legittima in quanto male inflitto dallo Stato per compensare un altro male inflitto dal reo ad un altro individuo o alla società. Tale teoria è assoluta, ovvero svincolata dal perseguimento di qualsiasi fine ulteriore, al contrario delle teorie successive (relative). - Teoria generalpreventiva: la pena si legittima in quanto mezzo per orientare le scelte di comportamento della generalità dei destinatari sortendo sia effetti di intimidazione (in ragione del contenuto afflittivo della pena) che, nel lungo periodo, di orientamento culturale dei consociati; - Teoria specialpreventiva: la pena si legittima come strumento per prevenire che l’autore di un reato ne commetta di altri in futuro, assolvendo a tale funzione in forma di risocializzazione, intimidazione, neutralizzazione (verso il reo non suscettibile né di risocializzazione, né di intimidazione). La legittimazione della pena deve, ad ogni modo, essere correlata alla tipologia di Stato di riferimento – ad esempio, in uno stato teocratico ogni condotta peccaminosa potrebbe essere perseguita come reato – ed in Italia occorre, pertanto, parametrarla ai lineamenti della Costituzione ed indagarla con riferimento ai poteri dello Stato concorrenti nell’esercizio della potestà punitiva (legislativo, nella selezione delle condotte penalmente rilevanti; giudiziario, nell’accertamento delle violazioni e nella comminazione di pene adeguate; esecutivo, nell’esecuzione delle pene). 2. Struttura del reato e tipo di Stato. Il reato è un’entità giuridica storicamente condizionata: anche la struttura del reato è strettamente correlata al tipo di Stato. Nella storia del diritto penale italiano, una prima svolta di rilievo è avvenuta con la secolarizzazione del diritto penale – ovvero, con lo scostamento della repressione penale dalle “condotte peccaminose” alle condotte “socialmente dannose” -, stimolata dai giusnaturalismi ed integratasi, con l’illuminismo, nel modello di stato laico e liberale portatore dei valori di tolleranza civile, libertà religiosa ed inviolabilità della coscienza. Nel modello liberale del diritto penale, consolidatosi in Italia nell’Ottocento (tra i principali contributi a tale progresso, l’opera di Francesco Carrara), le figure di reato poggiano sull’offesa di beni giuridici – individuali e collettivi -, mentre dolo, colpa ed altri elementi attinenti alla colpevolezza rilevano in quanto limiti alla rilevanza penale dell’offesa ai beni tutelati. Il diverso filone dottrinale della Scuola positiva, diffusosi tra fine ‘800 ed inizio ‘900, proponeva invece di riassestare la repressione penale sulla figura del reo – “uomo delinquente” aventi caratteristiche biologico- somatiche tali da renderlo “pericoloso” - valorizzando, di conseguenza, necessità di difesa sociale anche a costo di assunzioni fortemente illiberali (es. pene indeterminate, in quanto correlate al perdurare della pericolosità sociale del delinquente). La Scuola positiva non è riuscita a destabilizzare il concetto liberale di reato; tutt’oggi, nel dare spazio alla “pericolosità individuale”, la legislazione contemporanea ne subordina l’individuazione alla previa commissione di un reato. 3. La legittimazione del ricorso alla pena da parte del legislatore. In uno Stato laico, secolarizzato, pluralista il legislatore non può ricorrere alla pena per fini trascendenti/etici, né come strumento di indiscriminato deterrente volto a reprimere ogni manifestazione di infedeltà allo Stato o di personalità pericolosa. Nello stadio della minaccia legislativa, il ricorso alla pena non può dunque che legittimarsi in chiave di prevenzione generale nei limiti della funzione specialpreventiva rieducativa ex art. 27 c.3 Cost.1: ovvero, ad 1 Corte Cost. 2011 n. 183: “il privilegio di obiettivi di prevenzione generale e di difesa sociale non può spingersi sino al punto da autorizzare il pregiudizio della finalità rieducativa espressamente consacrata dalla Costituzione”. Corte Cost. n. 149/2018: “ la funzione generalpreventiva della pena non può, nella fase esecutiva, operare in chiave distonica rispetto all’imperativo costituzionale della funzione rieducativa della pena medesima (…) da intendersi come fondamentale orientamento di essa all’obiettivo ultimo del reinserimento del condannato nella società. 11 es., evitando pene che comportino la segregazione a vita del condannato o che siano severe a tal punto da non poter essere percepite come giuste dal destinatario. Il legislatore, nella selezione dei fatti penalmente rilevanti, deve sottostare ad una serie di principi: a) Principio di offensività, avente rango costituzionale, secondo il quale non vi può essere reato senza offesa ad un bene giuridico, ovvero ad una situazione di fatto o giuridica, carica di valore, modificabile e quindi offendibile per effetto di un comportamento dell’uomo. Il catalogo dei “beni giuridici” è storicamente condizionato (si pensi, ad esempio, ai nuovi beni giuridici emersi dal progresso: es. “sicurezza del lavoro”, “corretto funzionamento dei mercati finanziari”). Nella giurisprudenza della Corte Cost. e della Cassazione S.U2 il principio di offensività vincola il giudice (c.d. offensività in concreto), tenuto ad evitare che ricadano nel paradigma punitivo astratto comportamenti privi di qualsiasi attitudine lesiva, ed il legislatore (c.d. offensività in astratto); quest’ultimo è tenuto a limitare la repressione penale a fatti che, nella loro configurazione astratta, presentino un contenuto offensivo di beni o interessi ritenuti meritevoli di protezione. b) Il principio di colpevolezza, dotato di rango costituzionale – attraverso il principio di personalità della responsabilità penale ex art. 27 c13 - legittimandosi il ricorso alla pena soltanto in relazione ad offese personalmente rimproverabili al loro autore. Tale principio è strettamente correlato alle funzioni della pena: gli effetti di orientamento (generalpreventivi) presuppongono che il fatto vietato rientri nella sfera di controllo dell’agente e, d’altro canto, non avrebbe senso la “rieducazione” di chi non fosse in “colpa” rispetto al fatto commesso. c) Il principio di proporzione, immanente ai principi costituzionali4 di eguaglianza-ragionevolezza (art. 3 Cost.) e della rieducazione del condannato (art. 27 c.3 Cost.), esprime l’esigenza che i vantaggi attesi dalla società da una comminatoria di pena siano comparati con i costi da essa implicati (sia socio-economici che individuali, ad es. in termini di lesione della libertà personale); il principio di sussidiarietà – radicato nell’art. 13 c1 Cost., che riconosce carattere inviolabile alla libertà personale - postula, poi, che la pena possa essere utilizzata soltanto quando nessun altro strumento, sanzionatorio o non, sia in grado di assicurare al bene giuridico una tutela altrettanto efficace verso una determinata forma di aggressione. La pena, come affermato nella giurisprudenza della Corte costituzionale, deve essere proporzionata al disvalore del fatto commesso, nella corretta coordinazione delle funzioni di difesa sociale e di tutela delle posizioni individuali. Da ciò derivano 3 implicazioni: 1) In ragione dei costi connessi all’esercizio della funzione punitiva, solo offese sufficientemente gravi, arrecate ad un bene giuridico sufficientemente importante, meritano il ricorso alla pena. 2) Se, peraltro, dal ricorso alla pena non discenda alcun vantaggio per la società (o, peggio, laddove essa risulti criminogena), il legislatore deve astenersi dal prevederla (es. fallimento generalpreventivo della criminalizzazione dell’aborto). 3) L’effetto rieducativo della pena presuppone, infine, che essa sia proporzionata alla gravità oggettiva e soggettiva del reato5 . La pena dunque dev’essere, oltre che meritata (principio di proporzionalità), necessaria come extrema ratio (principio di sussidiarietà); il legislatore deve astenersi dal ricorrervi per reprimere sia fatti scarsamente rilevanti, che fatti – pur rilevanti, meritevoli di pena – fronteggiabili in modi diversi (es. interventi di politica 2 Cass. 2013 (Sciuscio): legislatore vincolato ad elevare a reati solo fatti concretamente offensivi; l’interprete delle norme penali ha l’obbligo di adattarle alla Costituzione in via ermeneutica, rendendole applicabili solo ai fatti concretamente offensivi. 3 Corte Cost. n. 364/1988 4 Corte Cost. N. 236/2016 (alterazione di stato mediante falsità): violazione artt. 3 e 27 Cost. in ragione dell’eccessiva asprezza della risposta sanzionatoria; Corte Cost. n. 63/2022, dichiarato illegittimo l’art. 12 c3 T.U. Immigrazione configurando un trattamento immotivatamente più severo 5 Corte Cost. n. 343/1993: La palese sproporzione del sacrificio della libertà personale vanifica il fine rieducativo, risultando incomprensibile per il destinatario ed inidonea a promuovere un atteggiamento costruttivo nell’affrontare il percorso rieducativo. 12 - Post caduta del fascismo sino ad oggi, operate svariate modifiche alla legislazione (riforma delle circostanze, riforma penitenziaria, riforma della recidiva, ecc.) ed introduzioni di leggi penali speciali (situate fuori dal codice, ma alle quali se ne applica la parte generale), ad es. in materia fallimentare. La Corte costituzionale ha offerto un impulso al superamento dei caratteri illiberali della legislazione fascista (principi di colpevolezza, riserva di legge, eguaglianza-ragionevolezza, rieducazione ecc.). L’esigenza di parametrarsi ad un corpo normativo coerente ravviva, periodicamente, le istanze di una nuova codificazione penale. Nel 2018, in tale ottica, è stato formulato il principio della riserva di codice (destinato a stimolare un generale riassetto della legislazione penale speciale): nuove disposizioni che prevedano reati possono essere introdotte nell’ordinamento solo se modificano il Codice penale o se sono inserite in leggi che disciplinano in modo organico la materia. SEZIONE II. LA LEGGE PENALE. CAPITOLO II. LE FONTI. 1. La funzione di garanzia del principio di legalità. Il principio di legalità, o di riserva di legge in materia penale, sopravvissuto alla deriva repressiva della legislazione fascista, ha trovato ampio recepimento nella Costituzione repubblicana: - Ex art. 25 c2 Cost. nessuno può essere punito se non in forza di una legge; - Ex art. 25 c3 Cost., nessuno può essere sottoposto a misura di sicurezza se non nei casi previsti dalla legge. La matrice politico-istituzionale del principio di legalità poggia sui principi dello Stato liberale di diritto, nonché sulla conseguente attribuzione della potestà punitiva al Parlamento – organo rappresentativo della volontà popolare - . La riserva di legge in materia penale sarebbe preferibilmente da intendersi, secondo il manuale, come riserva di legge formale (decreti legislativi e decreti-legge non rientrerebbero tra le fonti del diritto penale9); nella prassi parlamentare e governativa, tuttavia, si registra un orientamento contrastante (con ampio ricorso allo strumento del decreto-legge, es. decreti emanati durante la pandemia, e dei decreti legislativi), legittimato dalla dottrina maggioritaria (che interpreta la riserva di legge in senso materiale, ovvero comprendendovi gli atti normativi del potere esecutivo aventi “forza di legge”). Il manuale critica tale tendenza evidenziando come, in caso di mancata conversione del decreto-legge, gli effetti sulla libertà personale da esso scaturiti (condanne definitive/misure cautelari) non sarebbero più reversibili. Con riguardo all’impiego dello strumento del decreto legislativo, peraltro, la prassi pare lontana dagli standard di rigore, analiticità e chiarezza auspicati quali condizioni per la legittimità della delega, dovendo sovente rimettendosi al potere esecutivo il compito di selezionare i fatti penalmente rilevanti. La Corte Costituzionale, a tal riguardo, ha evidenziato la necessità di una puntuale verifica sull’esercizio, da parte del Governo, della funzione legislativa delegata, necessario presidio garantistico del rispetto del principio della riserva di legge in materia penale10. I decreti governativi in tempo di guerra rappresentano l’unica deroga alla riserva di legge formale ex art. 25 c2 Cost.: in caso di conflitto, le Camere possono delegare la potestà punitiva al Governo (mai, invece, all’autorità militare). La legge regionale non può essere fonte di diritto penale, materia di legislazione esclusiva dello Stato11 - altrimenti i cittadini di altre regioni, per condotte tenute nel territorio di una Regione diversa da quella cui appartengono, si vedrebbero applicare norme incriminatrice emanate da un organo privo, nei loro confronti, di qualsiasi rappresentatività -. 9 Corte Cost. n. 230/2012: solo il Parlamento, rappresentando l’intero popolo (e non solo la maggioranza), è in grado di compiere le scelte punitive nel rispetto della dialettica tra maggioranza e minoranza. 10 Corte Cost. n. 5/2014. 11 Corte Cost. n. 45/2014. 15 L’art. 23 dello Statuto Regionale del Trentino-Alto Adige parrebbe contenere un’eccezione, disponendo che “la Regione e le Province utilizzano – a presidio delle norme contenute nelle rispettive leggi – le sanzioni penali che le leggi dello Stato stabiliscono per le stesse fattispecie. La Corte Cost. ha, tuttavia, negato ogni spazio a potestà normativa in materia penale, ritenendo che la formula “stesse fattispecie” si riducesse al mero rinvio a leggi dello Stato. Le Regioni possono, tuttavia, prevedere norme scriminanti, non essendo esse qualificabili come norme penali, ma non incidere sulla disciplina delle cause di giustificazione (improntata al rispetto di principi generali dell’ordinamento). 2. Diritto dell’UE e diritto penale. Precedentemente all’entrata in vigore del Trattato di Lisbona del 2007, nessun Trattato attributiva ad istituzioni comunitarie l’espressa potestà di creare norme incriminatrici, pur potendo esse introdurre sanzioni amministrative o imporre agli Stati membri l’obbligo di tutelare determinati interessi emanando leggi penali (le uniche, talora, in grado di garantire una tutela efficace, proporzionata e dissuasiva)12. Il Trattato sul Funzionamento dell’UE regolamenta le modalità d’intervento dell’UE in materia penale: - Art. 83 TFUE (competenza penale indiretta): emanazione di direttive che prevedano standard minimi di repressione verso fenomeni criminali particolarmente gravi e dotati di una dimensione transnazionale, o laddove ciò si rilevi indispensabile per garantire l’attuazione efficace ed armonica di una politica dell’Unione; - Art. 86 TFUE (competenza penale diretta?): istituzione di una Procura europea competente per individuare, perseguire e rinviare a giudizio gli autori dei reati che ledono gli interessi finanziari dell’unione, presupponente – secondo alcuni - la competenza ad introdurre direttamente le norme incriminatrici necessari per la tutela di tali interessi. Non è, tuttavia, pacifico – anche per via di alcune divergenze linguistiche tra le traduzioni della disposizione – che tale disposizione attribuisca all’Unione una competenza penale diretta. In conclusione, non si può affermare che esista una potestà sanzionatoria penale dell’UE – e, in ogni caso, norme penali emanate da fonti comunitarie non potrebbero essere integrate nell’ordinamento italiano, dal momento che violerebbero la riserva di legge -. Il diritto europeo, tuttavia, incide notevolmente sulla discrezionalità del legislatore italiano (obblighi di criminalizzazione, vincoli sulla conformazione dei precetti/natura e misura delle sanzioni penali, ecc.) il quale, se inottemperante, rischierebbe di incorrere nella procedura d’infrazione ex art. 258 TFUE. Dal diritto europeo discendono, poi, vincoli per il giudice penale: a) Norme europee dotate di efficacia diretta, contrastanti – parzialmente, con estromissione dal campo di applicazione della norma penale delle ipotesi regolate in modo diverso dalla norma UE, o totalmente - con norme penali statali, possono paralizzarne l’applicabilità in forza del principio della prevalenza del diritto dell’Unione su quello nazionale13 (destinato tuttavia ad essere disapplicato, come sarà approfondito in seguito, quando la disapplicazione del diritto nazionale comporti una violazione dei principi cardine dell’ordinamento interno); b) Dove emerga l’incompatibilità tra norma penale e diritto UE, e sia stata espressa sentenza definitiva di condanna sulla base di tale norma, ne cessa l’esecuzione e ne vengono meno gli effetti penali (applicandosi in via analogica l’art. 673 c.p.p., relativo ad abrogazione/dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma incriminatrice); c) Si applica l’obbligo di interpretazione conforme alla normativa europea nell’interpretazione della normativa nazionale che attui gli obblighi di matrice comunitaria e, laddove il giudice nazionale versi in stato di dubbio sul significato da attribuire ad una norma di fonte UE, potrà(/dovrà, laddove sia un giudice di ultima istanza) investire pregiudizialmente della questione la Corte di Giustizia. 12 Tale ultimo potere, avallato nel 2005 dalla Corte di Giustizia, è stato per la prima volta impiegato con riguardo ad uno strumento normativo di primo pilastro (“diritto comunitario” in senso stretto) nel 2008 (“tutela penale dell’ambiente”; Dir. 2008/99/CE); già da tempo, ad ogni modo, obblighi di tale natura erano veicolati da strumenti normativi di terzo pilastro (convenzioni, decisioni-quadro), volti ad armonizzare le legislazioni penali degli Stati membri nel contrasto di fenomeni transnazionali (es. terrorismo). 13 Corte di Giustizia, Sent. Taricco (2018) 16 In caso di contrasto tra una norma UE dotata di efficacia diretta ed un principio cardine dell’ordinamento interno, tuttavia, è controverso se il giudice debba disapplicare la disciplina nazionale o se, al contrario, possa azionare come contro-limiti all’ingerenza comunitaria i principi appartenenti alla struttura del proprio Stato. La vicenda Taricco (2018). Caso: contrastante con il diritto comunitario la normativa sulla prescrizione del reato, ammettendosi il rischio di prescrizione del reato anche quando l’autorità giudiziaria non sia inerte, ma stia procedendo. Una simile disciplina – applicata a fattispecie connotate da tempi di prescrizione particolarmente ridotti – si porrebbe in contrasto con le istanze di contrastare numerosi casi di frode grave che ledano gli interessi finanziari dell’UE: per tale ragione, la Corte di Giustizia ha censurato la normativa italiana. La Corte costituzionale è stata chiamata, in tal caso, a decidere se azionare, come contro-limite, il principio di legalità ex art. 25 c2 Cost.; la Corte ha deciso, tuttavia, di investire in via pregiudiziale della questione la Corte di Giustizia UE14 - nello specifico, circa l’idoneità dell’art. 325 TFUE ad imporre al giudice penale la disapplicazione della normativa nazionale pure quando ciò sia in contrasto con i principi supremi dello Stato Membro. La Corte di Giustizia ha replicato che, laddove la disapplicazione della normativa nazionale comporti una violazione del principio di legalità a causa dell’insufficiente determinatezza della legge applicabile, o dell’applicazione retroattiva di una normativa che impone un regime di punibilità più severo di quello vigente al momento della commissione del reato, il giudice penale non è tenuto a disapplicare la normativa nazionale (nonostante il contrasto). La Corte Cost. ha recepito tale conclusione in Sent. n. 115/2018. Il diritto dell’Unione, in conclusione, esercita sul diritto penale nazionale: - Effetti espansivi del penalmente rilevante/della dimensione afflittiva della sanzione penale (al fine di tutelare più efficacemente gli interessi dell’Unione); - Effetti riduttivi potendo veicolare, mediante la disapplicazione e l’interpretazione conforme, la neutralizzazione di una norma incriminatrice nazionale (o della sanzione da essa prevista) che incida su una posizione giuridica soggettiva tutelata dal diritto UE15. 3. Fonti internazionali pattizie (in particolare, la Convenzione europea dei diritti dell’uomo) e diritto penale. Benché da nessuna fonte internazionale possa discendere direttamente una responsabilità penale a carico di un individuo (trovando applicazione il principio della riserva di legge in materia penale), da varie fonti internazionali discendono obblighi a carico sia del legislatore che del giudice italiano: - Obblighi per il legislatore, vincolato ex art. 117 Cost. a rispettare anche gli “obblighi internazionali” (sarebbe costituzionalmente illegittima una legge penale emanata in violazione di tali obblighi); - Obblighi per il giudice, vincolato ad interpretare le leggi nazionali in maniera conforme alla lettera ed alla ratio degli obblighi internazionali che vincolano lo Stato italiano - e, laddove incappi in un contrasto tra legge interna ed obblighi internazionali non superabile in via interpretativa, deve sollevare questione di legittimità costituzionale della legge interna -. Tra gli obblighi internazionali ex art. 117 Cost. rientra anche la CEDU; a tal riguardo, con riguardo agli obblighi di cui sopra, per individuare il significato delle disposizioni CEDU Corte costituzionale e giudici ordinari dovranno far riferimento all’interpretazione fornita dalla Corte Europea dei diritti dell’Uomo. Quest’ultimo organo giurisdizionale, del resto, sta acquisendo un’importanza crescente: nel 2011 la Corte costituzionale ha previsto un nuovo caso di revisione (in aggiunta a quelli ex art. 630 c.p.p.) per il caso in 14 Corte Cost., ord. N. 24/2017. 15 Corte di Giustizia 2007 (Placanica, in tema di immigrazione). 17 Il principio di precisione vincola il legislatore a formulare le norme penali nella forma più chiara possibile: esso garantisce la divisione dei poteri, promuovendo l’eliminazione del margine in cui possa innestarsi il “ruolo creativo” del giudice (tanto più ampio, quanto più imprecisa risulti la normativa); tutela la libertà e sicurezza dei cittadini (in modo che possano discernere chiaramente cosa sia vietato 24); è condizione indispensabile perché la pena possa operare come strumento di prevenzione generale (la norma, per orientare i consociati, deve essere formulata in modo precisa); consente di muovere all’agente un rimprovero di colpevolezza25; assicura all’imputato il pieno esercizio del diritto di difesa26. Il legislatore può adottare svariate tecniche di formulazione normativa: - La tecnica casistica (descrizione analitica di specifici comportamenti, oggetti, situazioni) garantisce il più elevato grado di precisione, pur prestando il fianco a due ordini di critiche: promuove lo sviluppo di norme particolarmente complesse (es. 589-bis) e, d’altro canto, potrebbe facilitare l’insorgenza di lacune (non colmabili in via analogica dal giudice); - Il ricorso a clausole generali (formule sintetiche comprensive di un gran numero di casi, che il legislatore rinuncia ad enumerare e specificare: es. art. 575), legittimo purché siano individuabili in modo sufficientemente certo le ipotesi riconducibili alla norma incriminatrice27. - L’impiego di definizioni legislative (es. definizione di dolo ex arrt. 43 c.p.), anche per chiarire quando un determinato termine presenti un significato autonomo nel diritto penale (“agli effetti della legge penale (…)”). - L’individuazione degli elementi del reato ricorrendo a termini/concetti descrittivi, ovvero che facciano riferimento, descrivendoli, ad oggetti della realtà fisica o psichica, suscettibili di essere accertati con i sensi o, comunque, attraverso l’esperienza. Laddove concetti descrittivi presentino una “zona grigia” tale da compromettere l’individuazione dei fatti cui si riferiscono, la norma sarà illegittima per violazione dell’art. 25 c2 Cost. - L’impiego di concetti normativi, ovvero che facciano riferimento ad altre norme giuridiche (es. “matrimonio”) o extragiuridiche (es. “atti sessuali”). Tale tecnica è compatibile con il principio di precisione purché il concetto normativo non generi incertezze né in ordine all’individuazione della norma richiamata, né in ordine all’ambito applicativo ed al contenuto della norma – tali requisiti, generalmente rispettati laddove sia richiamata una norma giuridica o extragiuridica tecnica, possono vacillare in presenza di richiami a norme etico-sociali (es. “morale familiare”) – a maggior ragione, in un contesto sociale sempre più multiculturale28. Nella giurisprudenza, il principio di precisione è spesso valorizzato come argine all’attività creativa del giudice e assume una duplice accezione: impone, ovvero, di verificare sia l’ intellegibilità del precetto in base alla sua formulazione linguistica, che la verificabilità del fatto descritto dalla norma incriminatrice29. Esso consiste anche in un criterio interpretativo, imponendo al giudice di assegnare alla norma il significato che meglio soddisfi le esigenze di precisione (anche alla luce del contesto in cui la norma si inserisca). Nella giurisprudenza costituzionale, frequentemente, le questioni sollevate per evidenziare violazioni del principio di precisione sono incappate in sentenze di rigetto (ora in ragione della diffusa comprensione dei termini contestati, ora potendosene chiarire il significato mediante interpretazione sistematica o teleologica) o in sentenze interpretative di rigetto (nelle quali la Corte “ha chiarito” il significato delle norme conferendo ad esse adeguati connotati di precisione), pur registrandosi la tendenza ad una sempre maggior apertura all’accoglimento delle questioni30. 24 Corte Cost. n. 364/1988. 25 Corte Cost. n. 364/1988: scusabile l’errore sulla legge penale provocato dalla assoluta oscurità del testo normativo. 26 Corte Cost. n. 34/1995: una norma imprecisa impedisce ad imputato e difensore di individuare l’oggetto dell’accusa e di fornire elementi di prova a sua discolpa. 27 Corte Cost. n. 172/2014: non è esclusa l’ammissibilità di formule elastiche, cui il legislatore deve ricorrere laddove riscontri l’impossibilità pratica di elencare analiticamente tutte le situazioni astrattamente idonee ad essere riportate alla norma incriminatrice. 28 Offre spunti interessanti la tematica dei reati culturalmente motivati, talora duramente repressi (es. infibulazione), talora affrontati con l’applicazione di attenuanti in sede di commisurazione della pena (l’effetto motivante esercitato dalla cultura di appartenenza può rendere meno riprovevole la commissione di reati che si esauriscano all’interno della cerchia dei rapporti familiari – es. percosse o, addirittura, portare all’esclusione della responsabilità penale in casi di errore inevitabile o di errore sul fatto). 29 Corte Cost. n. 172/2014. 30 Corte Cost. n. 34/1995: Incostituzionale una disposizione in materia di immigrazione volta a punire lo straniero espulso che “non si adoperasse” (termine estremamente generico) per ottenere il documento di viaggio. 20 Nella giurisprudenza di Cassazione, poi, il principio di precisione è spesso valorizzato come criterio interpretativo di disposizioni incriminatrici31. Talora, peraltro, la Corte di Cassazione – incappando in concetti irrimediabilmente imprecisi - “riscrive” norme incriminatrici sospettate di illegittimità, piuttosto che sollevare questioni di legittimità costituzionale32 . Il principio di precisione sta assumendo, infine, una rilevanza sempre maggiore nell’orientamento dell’attività normativa, ispirando svariati interventi normativi atti a riformare – all’insegna di un più alto grado di precisione – numerose fattispecie di reato (es. usura, abuso d’ufficio, pornografia minorile). 9. Il principio di determinatezza. Il principio di determinatezza esprime l’esigenza che le norme penali descrivano fatti suscettibili di essere accertati e provati nel processo sulla base di massime d’esperienza o leggi scientifiche dal momento che, in caso contrario, vi sarebbe ampio spazio per condanne arbitrarie33. In ragione di tale principio, ad esempio, la Corte costituzionale ha dichiarato illegittima (Sent. n. 96/1981) la norma incriminatrice del plagio (art. 603 c.p.): non sarebbero, nel caso di specie, verificabili o accertabili le attività esplicabile per ridurre una persona in “totale stato di soggezione”. 10. Il principio di tassatività. Il principio di tassatività delle norme incriminatrici presuppone il divieto di analogia in malam partem: del resto, come affermato dalla Corte Cost. (Corte Cost. n. 98/2021), la riserva di legge verrebbe nella sostanza svuotata ove ai giudici fosse consentito di applicare pene al di là dei casi espressamente previsti dalla legge. 10.1. Principio di tassatività come vincolo per il giudice. Il tenore letterale della legge marca la linea di confine tra interpretazione (anche estensiva) ed analogia34 – caso, quest’ultimo, in cui il giudice estende la norma a casi simili a quelli contemplati dalla legge, sulla base di una comune ratio di disciplina. Alcuni orientamenti di Cassazione rispettosi del divieto di analogia: - Cass. 2021, Omissione di soccorso (art. 593): “trovare” si riferisce a chi sia in presenza della persona in pericolo e non, ad es., a chi sia stato avvertito al telefono da altri che una persona giaccia ferita. - Cass. varie, molestie recate col mezzo del telefono (art. 660) non integrata dall’invio attraverso E- mail dal pc – integrata, invece, in caso di invio di SMS -. - Contrasto giurisprudenziale (attualmente rimesso a S.U.), Pornografia minorile (art. 600ter c4): ”utilizzo” di minori esclude il caso in cui la minorenne abbia realizzato fotografie pornografiche e le abbia cedute ad altri. Alcune pronunce di Cass. in potenziale violazione del divieto di analogia: - Cass. 2009, getto pericoloso di cose (art. 674) estesa all’immissione di “onde elettromagnetiche”; - Cass. 2019, appropriazione indebita (art. 646), dati informatici (files) ricompresi nella nozione di “cosa mobile”. 31 S. U. 2017 (Paternò): la prescrizione di “vivere onestamente”, ancorché inserita in un contesto (codice antimafia) che, come inizialmente sostenuto dalla Corte Costituzionale nel 2010, consentirebbe di specificare adeguatamente tale locuzione, è stata criticata dal momento che opererebbe un “illimitato richiamo all’intero ordinamento italiano”; le S.U. hanno, dunque, operato un’interpretazione conforme al principio di precisione, escludendo tale espressione dal nucleo della norma incriminatrice (sull’onda di una decisione della Corte Edu emanata nello stesso anno, De Tommaso c. Italia). La Corte Costituzionale ha avallato tale rilievo, dichiarando nel 2019 l’illegittimità costituzionale delle prescrizioni contestate. 32 Cass. 2012 (Biondi): “quantità ingenti” di stupefacenti definita come “in quantità pari o superiore a 2000 volte il numero massimo in mg determinato, per ogni sostanza, dal decreto ministeriale per delimitarne l’”uso personale”. 33 Estremizzando, basti pensare alle “condanne per stregoneria” ad opera dell’inquisizione: era impossibile difendersi fa una simile accusa che, pertanto, era spesso usata come strumento dalla Chiesa per liberarsi dei propri nemici. 34 Corte Cost. 98/2021 (Divieto di analogia in malam partem). Caso: fatto contestato dal delitto di atti persecutori, aggravato in ragione della relazione affettiva tra vittima e reo, riqualificato come “maltrattamenti contro familiari e conviventi”. Non costituisce ipotesi di “convivenza” una relazione, come nel caso di specie, durata 4 mesi: tale riqualificazione sarebbe frutto di un’interpretazione analogica in malam partem. 21 Il divieto di analogia si estende anche alle circostanze aggravanti35, nonché all’interpretazione di precetti contenuti in disposizioni extra-penali – ed appartenenti a settori dell’ordinamento compatibili con il ricorso all’analogia -: in tal caso, l’analogia è vietata agli effetti penali36. 10.2. Principio di tassatività come vincolo per il legislatore. Anche il legislatore è vincolato dal principio di tassatività, non potendo introdurre norme che introducano l’analogia nel diritto penale o creare fattispecie ad analogia espressa (descrizione di una serie di condotte eterogenee, o di una sola ipotesi di condotta, conclusa con formule come “e casi simili”; es. formulazione originaria degli artt. 600-602, con riguardo alla “condizione analoga alla schiavitù. Laddove, tuttavia, il legislatore elenchi una serie di ipotesi omogenee – tali da consentire l’individuazione di un genere -, la norma è generalmente legittima37). 10.3. L’analogia a favore del reo. Il divieto di analogia non si estende alle norme che escludono o attenuano la responsabilità, pur con 3 limiti: a) La norma non deve già ricomprendere il caso in esame, neanche se interpretata estensivamente; b) La lacuna individuata dall’interprete non deve essere stata intenzionalmente prevista dal legislatore; c) La norma favorevole non deve avere carattere convenzionale. È talora discussa l’applicazione del principio di analogia favor rei in materia di cause di giustificazione (non sono né norme penali né norme eccezionali, esprimendo principi generali dell’ordinamento), questione spesso sorta con riguardo al “pericolo attuale” della legittima difesa38. Si discute, poi, con riguardo all’agente che commetta il fatto nell’erronea convinzione di trovarsi in presenza di una c.d. quasi giustificante o quasi scriminante (circostanza che presupporrebbe l’applicazione di una pena molto meno severa), questione sorta con riguardo alla fattispecie di omicidio del consenziente (art. 579) verso chi volontariamente cagioni la morte di un uomo ritenendo, erroneamente, che la vittima – malato terminale – ne avesse fatto richiesta (in tal caso, per il manuale, sarebbe possibile un’estensione analogica della normativa meno grave39). Le scusanti non sarebbero, invece, suscettibili di analogia favor rei; ancorché espressione di principi generali di inesigibilità, le lacune individuate in tale ambito avrebbero carattere intenzionale (ma, laddove ritenute irragionevoli, resta salva la possibilità di investire della questione al Corte costituzionale)40. Le cause di esclusione della punibilità, in quanto norme eccezionali, non sono poi applicabili per analogia; medesima conclusione è da estendersi alle circostanze attenuanti, frutto della precisa scelta politico- criminale di attribuire rilevanza soltanto ad alcune situazioni specifiche. 11. Il principio di legalità delle pene. La riserva di legge abbraccia, oltre ai reati, anche le pene (nell’accezione più ampia inclusiva, ad es., anche degli effetti penali della condanna), imponendo al legislatore di prevedere: - Tipo delle pene applicabili (specificate nella norma incriminatrice o individuabili mediante clausole generali – es. legge che consente al giudice, nel pronunciare la condanna, di applicare pene sostitutive anziché la pena della reclusione); - Contenuto delle sanzioni penali (arginando il margine di arbitrio dei tribunali di sorveglianza); 35 Cass. 2016: aggravante di omicidio “ai danni del coniuge” non applicabile a “convivente di fatto”. 36 Cass. S.U. 2011 (Cani). 37 Corte Cost. n. 327/2008: formula “altro disastro” (art. 434) legittima, riferendosi ad accadimento strutturalmente omogeneo rispetto ai disastri contemplati negli altri articoli del capo in oggetto. 38 Cass. 2010 (parricidio in seguito a reiterate condotte di maltrattamenti): solo mediante un’estensione analogica la legittima difesa potrebbe operare anche in relazione a pericoli futuri neutralizzabili con un’immediata azione difensiva. Generalmente, pertanto, tale causa di giustificazione non trova applicazione in assenza di un pericolo “effettivo, concreto, attuale e specifico”. 39 Cass. 2011 (Holmes) in senso contrario. 40 Cass. S.U. 2020 (Fialova) in senso contrario: estesa al convivente more uxorio la scusante ex art. 384 c1 (delitti contro l’amministrazione della giustizia), testualmente riferita ai “prossimi congiunti” per come definiti ex art. 307 c4. 22 CAPITOLO III. I LIMITI ALL’APPLICABILITÀ DELLA LEGGE PENALE. A) . I LIMITI TEMPORALI. 1. Il principio di irretroattività delle norme penali sfavorevoli all’agente. Presupposto dello Stato liberale di diritto è che il “se” ed il “quanto” della punizione siano determinati soltanto dalla legge in vigore al momento della commissione del fatto, ponendo il cittadino al riparo dall’arbitrio del legislatore e del giudice; tale assunto, d’altro canto, è condizione indispensabile perché la minaccia della pena possa funzionare come strumento di prevenzione generale48. Come evidenziato nella giurisprudenza della Corte costituzionale, il principio di irretroattività garantisce: - In primo luogo, la prevedibilità delle conseguenze discendenti dalla violazione di norme penali garantisce la certezza di libere scelte d’azione in capo all’agente49 e la possibilità di compiere adeguate scelte difensive, calibrandole sui concreti scenari in cui potrebbe incappare in caso di condanna; - In secondo luogo, salvaguarda da possibili abusi da parte del potere legislativo – impossibilitato ad aggravare ex post pene per fatti già compiuti. Il principio di irretroattività trova fondamento nelle seguenti disposizioni: - Art. 25 c2 Cost.: nessuno può essere punito se non in forza di una legge entrata in vigore prima del fatto commesso50. - Art. 2 c1 c.p.: nessuno può essere punito per un fatto che, secondo la legge del tempo in cui fu commesso, non costituiva reato (in ragione della creazione di una nuova figura di reato, o dell’ampliamento di figure di reato preesistenti). - Art. 2 c4: se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse, si applica quella le cui disposizioni (quanto a pene principali, pene accessorie ed effetti penali della condanna) sono più favorevoli al reo. Tale prescrizione si estende a tutti gli istituti destinati ad incidere in vario modo sul trattamento penale (inclusa sospensione condizionale, misure alternative, ecc.). - Anche fonti sovranazionali – insignite di rango costituzionale ex art. 117 Cost. - valorizzano il principio di irretroattività (es. art. 7 CEDU, art. 49 CDFUE). Il principio di irretroattività, benché l’art. 14 prel. stabilisca, in via, generale, “ la legge non dispone che per l’avvenire: essa non ha effetto retroattivo”, può generalmente essere derogato dal legislatore (assumendo rilievo costituzionale assoluto soltanto in ambito penale). La Corte costituzionale, valorizzando tale principio, ne ha tuttavia operato alcune estensioni: - Laddove il legislatore emani leggi con efficacia retroattiva in pregiudizio dei diritti dei cittadini, deve essere ravvisabile una ragionevole causa giustificatrice (Corte Cost. n. 155/90); - Dal momento che la giurisprudenza di Strasburgo, nell’interpretare gli artt. 6-7 CEDU (rilevanti ex art. 117 Cost.), ha esteso la disciplina della sanzione penale a “tutte le misure di carattere punitivo- afflittivo”, anche le sanzioni amministrative (comunque coperte, a livello legislativo, dal principio di irretroattività a partire dal 1981) devono esservi assoggettate; consentirebbe, ad ogni modo, di pervenire a medesima conclusione la formulazione – estensivamente interpretata - dell’art. 25c2 Cost.51. Anche il legislatore, nel promuovere una serie di interventi di depenalizzazione, ha dovuto confrontarsi con il principio di irretroattività delle sanzioni amministrative (che, talora, rischiavano di risultare più afflittive delle sanzioni penali che andavano a sostituire). 2. Principio di irretroattività e mutamento dell’interpretazione giurisprudenziale (Contrada c. Italia). 48 Corte Cost. n. 364/88. 49 Corte Cost. n. 364/88, n.322/07 (irretroattività e colpevolezza): in tale accezione (prevedibilità), garantire al cittadino “libere scelte d’azione” impone di escludere che gli sia accollata responsabilità penale per fatti non rimproverabili. 50 Ribadito in Corte Cost. n. 32/20: divieto esteso anche alla punizione più severa di fatti che già costituivano reato. 51 Corte Cost. n. 196/10: “nessuno può essere punito” – qualsiasi intervento sanzionatorio. 25 È emersa una questione in ordine all’operatività del principio di irretroattività in presenza di ipotesi in cui l’estensione dell’ambito di applicazione di una figura di reato sia il frutto non già di una modifica normativa, quanto di un mutamento dell’interpretazione giurisprudenziale. Nel 2015 (Contrada c. Italia) la Corte EDU aveva ravvisato una violazione dell’art. 7 CEDU: era stata contestata la figura del concorso esterno in associazione mafiosa per condotte compiute in un momento in cui tale fattispecie non era stata ancora definita con sufficiente chiarezza dalla giurisprudenza (e la condanna non risultava, pertanto, prevedibile). Recependo tale orientamento, la Cass. ha affermato, nel 2017, che non è consentita l’interpretazione retroattiva dell’interpretazione giurisprudenziale di una norma penale nel caso in cui il risultato interpretativo non fosse ragionevolmente prevedibile nel momento in cui la violazione sia stata commessa: per tale ragione ha annullato la sentenza di condanna di Contrada, dichiarandola ineseguibile ed improduttiva di effetti penali – epilogo, evidenzia la Cass. in ulteriori pronunce, non estensibile a vicende nelle quali non sia stato presentato ricorso alla Corte EDU - . Permangono, tuttavia, orientamenti contrastanti52. Quanto all’applicabilità retroattiva di un mutamento giurisprudenziale sfavorevole che interessi una norma di diritto processuale (ambito dominato dal principio tempus regit actum) la Cassazione ha parimenti escluso la retroattività del mutamento in malam partem laddove fosse imprevedibile (tale, ovvero, da incidere sull’affidamento del soggetto nella predeterminazione delle regole del processo). 3. Principio di irretroattività e misure di sicurezza. L’art. 25 c3 Cost., con riguardo alle misure di sicurezza, enuncia il principio di legalità ma non quello di irretroattività; l’art. 200 c.p., peraltro, stabilisce che le misure di sicurezza siano regolate dalla legge in vigore al tempo della loro applicazione e che “se la legge del tempo in cui deve eseguirsi la misura di sicurezza è diversa, si applica la legge in vigore al tempo dell’esecuzione”. Occorre, tuttavia, interpretare restrittivamente l’art. 200, disposizione incidente su garanzie fondamentali riconosciute all’individuo. Essa disciplinerebbe, in tal senso, l’ipotesi in cui al tempo della commissione del fatto esso fosse già previsto come reato e la legge del tempo già prevedesse l’applicabilità di una misura di sicurezza, di cui la legge successiva abbia semplicemente modificato le modalità esecutive (anche in malam partem). Nell’assenza di una “copertura costituzionale” in tal senso, il legislatore potrebbe ad ogni modo derogare al principio di irretroattività (es. introducendo una nuova misura di sicurezza e disponendone l’applicazione retroattiva); con il rischio, a tal riguardo, del realizzarsi di fenomeni di “frode delle etichette” (qualificazione come “misura di sicurezza” di una sanzione avente i connotati della “pena”) – in violazione dell’art. 25 c2 e dell’art. 117 c1 (in ragione dell’interpretazione estensiva del termine “pene” operata dalla Corte EDU)53. 4. Principio di irretroattività, diritto processuale penale ed esecuzione della pena. La materia processuale è sottoposta al principio tempus regit actum (gli atti processuali già compiuti conservano la loro validità anche dopo un mutamento della disciplina legislativa, mentre gli atti da compiere sono immediatamente disciplinata dalla nuova legge processuale, ancorché collegati ad atti compiuti in precedenza): le norme che la regolano non interferiscono, del resto, con le libere scelte d’azione del cittadino. Talora, tuttavia, non è pacifico se una disciplina debba essere inquadrata nella materia processuale: occorre, in tal caso, risolvere la questione non vagliando l’appartenenza formale degli istituti “controversi” al diritto penale sostanziale o processuale, quanto la funzione assegnata dalla Costituzione al principio di irretroattività54. 4.1. Principio di irretroattività e prescrizione della pena. 52 Cass. 2016 (Ciancio): principio di irretroattività non violato laddove l’interpretazione sfavorevole sia comunque razionalmente correlabile al significato letterale della previsione, e la latitudine interpretativa non discenda da una patologica indeterminatezza della fattispecie. 53 Corte Cost. n. 97/09: esclusa l’applicazione retroattiva di alcune ipotesi speciali di confisca (confisca per equivalente estesa a reati tributari), avendo nella sostanza natura di sanzione penale per la “mancanza di pericolosità dei beni che ne sono oggetto” e l’”assenza di un rapporto di pertinenzialità tra beni e reato commesso”. Anche la confisca obbligatoria del veicolo conseguente alla condanna per contravvenzione di guida in stato di ebbrezza è stata, del pari, qualificata come pena, nel 2010, da Cass. e Corte Cost. Residuano, ad ogni modo, due ipotesi di confisca ritenute retroattivamente applicabili: la c.d. confisca allargata ed una forma di confisca di prevenzione prevista nel codice antimafia). 26 Qualora, ad esempio, una legge dilati il tempo necessario per la prescrizione di un reato: - Laddove all’entrata in vigore della legge fosse già decorso il tempo per la prescrizione del reato, l’interpretazione retroattiva deve essere esclusa; - Laddove il termine non fosse ancora maturato per il manuale sarebbe, invece, ipotizzabile l’applicazione retroattiva della nuova disciplina. Tale conclusione, avallata dalla Corte EDU e in alcune pronunce della Corte di Giustizia55 - ma non pacifica56 -, ravvisa nella ratio del principio di irretroattività l’esigenza di consentire al cittadino di sapere se e in quale misura potrà essere punito, e non “per quanto tempo dovrà latitare dopo aver commesso il fatto”. La Corte costituzionale – come affermato nella vicenda Taricco – ritiene, al contrario, che la prescrizione abbia natura sostanziale, negando la possibilità di un’applicazione retroattiva. Tale orientamento è stato (collateralmente) confermato dalla Corte Cost. con riguardo ad una questione insorta sulla sospensione del corso della prescrizione disposta, per alcuni mesi, nei procedimenti in corso nell’ambito dell’emergenza sanitaria57. 4.2. Principio di irretroattività e misure alternative alla detenzione. Relativamente alle misure alternative, in precedenza, la giurisprudenza riteneva applicabile il principio tempus regit actum (impostazione formalistica); secondo il manuale, incidendo la disciplina in esame sulla qualità della pena, dovrebbe invece applicarsi il principio di irretroattività alla luce della ratio in esso ravvisabile. La Corte costituzionale, chiamata a risolvere il contrasto giurisprudenziale insorto in materia (nel caso di specie, pronunciandosi sull’applicabilità retroattiva delle restrizioni all’accesso alle misure alternative introdotte dalla l. spazzacorrotti), con Sent. n. 32/2020 ha rilevato l’incidenza delle modifiche operate sulla disciplina delle misure alternative (nonché della liberazione condizionale e con riguardo al divieto di sospensione dell’ordine di carcerazione successivo alla sentenza di condanna) sulla natura della pena subita dal condannato e, dichiarata illegittima l’interpretazione retroattiva della disciplina, ha sollevato l’esigenza di distinguere tra: - Modifiche che determinino una trasformazione della natura della pena (es. da pena extramuraria a pena da eseguirsi all’interno del carcere, come – potenzialmente – nel caso di specie); - Modifiche attinenti alle sole modalità esecutive della stessa (es. restrizioni all’uso del telefono). Soltanto le seconde sarebbero, in tale ottica, suscettibili di interpretazione retroattiva. 5. Il principio di retroattività delle norme penali favorevoli all’agente. Art. 2 c2: nessuno può essere punito per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce reato (se il procedimento è in corso e non è ancora stata pronunciata la condanna, l’imputato deve essere prosciolto), e, se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali. Art. 2 c4: se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse, si applica quelle le cui disposizioni sono più favorevoli al reo, salvo che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile58. Laddove la successione di leggi penali sia intervenuta modificando disciplina del reato, dunque, la retroattività della disciplina più favorevole incontra il limite del giudicato. Tale limite può essere, comunque, superato in presenza di condanna ad una pena detentiva per il compimento di un fatto in relazione al quale la 54 Corte Cost. n. 32/20: la collocazione topografica di una disposizione non può mai essere considerata decisiva ai fini dell’individuazione dello statuto costituzionale di garanzia ad essa applicabile. 55 Corte di Giustizia 2015 (Taricco) 56 Cass. 2017: esclusa la possibilità di applicare retroattivamente nuova versione art. 157 c6 (raddoppio del termine di prescrizione nel delitto di maltrattamenti contro familiari e conviventi) 57 Corte Cost. n. 278/20 (prescrizione e COVID): - Ribadita la natura sostanziale della prescrizione; - Individuata nella disciplina emergenziale un’ipotesi di sospensione del procedimento per esigenze di tutela della salute pubblica; - Ricondotta la disciplina emergenziale alla regola ex art. 159 c1: l’autore sarebbe stato in grado di sapere che, rendendosi necessaria la sospensione del processo – ricorrendone i presupposti -, anche il decorso della prescrizione sarebbe stato sospeso. Conseguentemente – sentenza di rigetto. 58 Cass. 2019 (Addis): tale principio trova applicazione, in pendenza di giudizio, anche durante la vacatio legis. 27 - In presenza di norme che riconducano una determinata sanzione alla violazione del precetto contenuto in un’altra disposizione legislativa, l’abrogazione/riformulazione di quest’ultima comporterà l’applicazione dell’art. 2 c2. 8. La successione di norme modificative della disciplina (art. 2 c3,4 c.p.). Può accadere che una legge – posteriore alla commissione del fatto – non intacchi la fisionomia astratta del reato (con abolizione totale/parziale/ ampliamento), incidendo soltanto sulla disciplina del reato – ovvero, di una classe di fatti che l’ordinamento continua a configurare come reato: - Legge posteriore meno favorevole: deve applicarsi la legge vigente al momento del fatto per il principio di irretroattività (art. 2 c4). - Legge posteriore più favorevole: deve trovare (integrale73) applicazione la legge successiva, purché non sia intervenuta sentenza irrevocabile di condanna. Il processo di individuazione della normativa più favorevole è differente rispetto al caso dell’abolitio criminis: - Nel vagliare l’abolizione il giudice deve raffrontare le figure astratte di reato; - Nel valutare quale disciplina sia più favorevole, deve invece effettuare un giudizio in concreto confrontando, caso per caso, i risultati che deriverebbero dall’applicazione della legge precedente o di quella successiva (alla luce dell’intera disciplina74). Laddove, dopo la commissione di un reato con pena detentiva, entri in vigore una nuova legge che preveda, per quel reato, una sola pena pecuniaria (ammenda o multa), come in precedenza evidenziato, anche in caso di condanna passata in giudicato la pena detentiva inflitta si converte immediatamente nella corrispondente pena pecuniaria (secondo il criterio di ragguaglio ex art. 135 c.p.). 9. Abolizione del reato vs successione di norme modificative della disciplina: alcuni casi problematici. Talora non è agevole distinguere tra abolitio criminis, con configurazione di una nuova incriminazione, e successione di leggi modificative della disciplina, risultando problematico stabilire la presenza di continuità normativa in ordine alla perdurante rilevanza penale del fatto commesso (esito affermativo – niente abolitio criminis): - In caso di abrogazione di una norma incriminatrice con contestuale introduzione di un’altra norma incriminatrice (nella medesima o in diversa disposizione di legge)75 - In caso di abrogazione di una norma incriminatrice che, finché era vigente, escludeva l’applicabilità di un’altra norma incriminatrice76. La questione deve essere risolta procedendo al confronto strutturale tra le fattispecie legali77: - Laddove i fatti astrattamente configurati nelle due norme siano integralmente eterogenei, o abbiano in comune soltanto taluni elementi costitutivi (e presentino anche un solo elemento diverso), senza che tra le due norme intercorra un rapporto di specialità, si configura abolitio criminis; - In presenza di fattispecie astratte omogenee (in rapporto di specialità): 73 Or. Cass.: Nell’individuare la legge da applicare il giudice non potrà combinare singole disposizioni (favor rei) di quella precedente e quella successiva (violerebbe la riserva dii legge), dovendo applicare integralmente o l’una o l’altra. 74 Cass. 2016 Di Giovanni): rientrano nella valutazione specie della pena, misura, pene accessorie, circostanze, effetti penali della condanna, misure di sicurezza, scusanti, cause di estinzione, ecc. 75 S.U.: abrogazione del delitto sulle false comunicazioni sociali; introduzione contestuale di due norme incriminatrici (una contravvenzionale, l’altra delittuosa), sempre incentrate su fattispecie di false comunicazioni sociali, ma con ambito applicativo più circoscritto. 76 S.U.: abrogazione del reato “omicidio per causa d’onore” 77 Altri orientamenti dottrinali, secondo il manuale inadeguati (contrasterebbero con il principio di legalità, correlando la rilevanza penale del fatto a valutazioni estranee alla sua conformità al modello legale): - Criterio della “continuità del tipo di illecito” esclude l’abolitio quando la nuova fattispecie legale copra un’area di illiceità “sostanzialmente omogenea” a quella precedente per “offesa al bene giuridico tutelato”; - Criterio del “fatto concreto” esclude l’abolitio quando, dopo l’abrogazione, il fatto concreto oggetto del giudizio risulti riconducibile, pur sulla base di elementi diversi della fattispecie, ad un’altra norma incriminatrice posteriore. 30 a) l’abolitio criminis deve essere esclusa laddove la nuova fattispecie sia generale (ricomprenda, ovvero, le classi di fatti in passato riconducibili alla fattispecie speciale); b) Si configura abolitio crimins parziale, e limitata alle classi di fatti non riconducibili alla nuova fattispecie, laddove questa sia speciale. 10. Ultrattività delle leggi eccezionali e delle leggi temporanee (art. 2 c5 c.p.). Le leggi eccezionali (emanate per fronteggiare situazioni oggettive di carattere straordinario) e le leggi temporanee (che contengano la predeterminazione espressa del periodo di tempo in cui avranno vigore, anch’esse emanate per fronteggiare situazioni contingenti) non sono assoggettate al principio di retroattività della legge penale più favorevole: esse presentano ultrattività, continuando ad essere applicabili a fatti commessi nel periodo in cui fossero vigenti anche dopo la loro abrogazione da parte di una legge più favorevole78. 11. Il decreto-legge decaduto o non convertito (art. 2 c6 c.p.). Laddove decadano/non siano convertiti in legge decreti contenenti un’abolizione del reato o una disciplina penale più favorevole all’agente il Codice penale disponeva, prima dell’avvento della Cost., che essi perdessero efficacia dallo scadere del termine per la conversione. L’art. 77 Cost. stabilisce, tuttavia, che i d.l. non convertiti perdano efficacia sin dall’inizio e non sarebbe, pertanto, applicabile la disciplina in materia di successione di leggi penali favorevoli al reo79: - Con riguardo ai fatti pregressi (commessi prima dell’emanazione del d.l. non convertito), l’agente sarà punibile in base alla legge in vigore al momento del fatto; - Con riguardo ai fatti concomitanti, ovvero commessi dopo l’emanazione del decreto e prima dello spirare del termine per la sua conversione, il principio di irretroattività impone di applicare la disciplina più favorevole prevista nel d.l. non convertito. 12. La dichiarazione di illegittimità costituzionale. La dichiarazione di illegittimità costituzionale non è inquadrabile nella disciplina della successione di leggi penali, ponendosi sul diverso piano della patologia normativa (non è un fenomeno fisiologico dell’ordinamento giuridico). Dalla dichiarazione di illegittimità costituzionale discendono i seguenti effetti (art. 136 Cost.; art. 30 c3 l. n. 87/1953): - Nessun giudice può applicare la l. incostituzionale a fatti verificatisi in qualsiasi tempo; tuttavia, laddove sia dichiarata illegittima una norma penale di favore, essa dovrà essere applicata ai fatti commessi prima della dichiarazione di illegittimità (applicandosi il principio di irretroattività). - Cessano l’esecuzione e gli effetti penali della sentenza irrevocabile di condanna pronunciata in applicazione della norma incriminatrice dichiarata incostituzionale; - Laddove sia dichiarata incostituzionale una norma attinente circostanze aggravanti o comunque relativa al trattamento sanzionatorio, la sentenza non può essere revocata (perché ciò possa avvenire, deve essere dichiarata incostituzionale una norma incriminatrice) ma il giudice dell’esecuzione deve rideterminare la pena inflitta80. Laddove ad essere dichiarate illegittime siano sanzioni amministrative riconducibili alla “materia penale”, la Corte Cost. ha ritenuto che, in tale ambito, possa invece prevalere il principio dell’intangibilità del 78 Cass. 2013 (deroga ad ultrattività): il principio di retroattività della legge favorevole opera, tuttavia, in caso di norme parimenti temporanee o eccezionali succedutesi l’una all’altra durante il periodo di vigenza o durante la permanenza della situazione di eccezionalità. 79 Corte Cost. n. 51/1985: illegittimo l’ultimo comma dell’art. 2, nella parte in cui prevedeva l’applicazione dell’abolizione del reato e della mitigazione del trattamento penale. In caso contrario, del resto, il governo (ricorrendo a d.l. non destinati alla conversione) potrebbe sottrarre a responsabilità penale chi avesse commesso determinati reati. 80 S.U. 2014 (Gatto): principio ribadito per consentire al giudice dell’esecuzione di rideterminare la pena a seguito di dichiarazione di parziale illegittimità costituzionale dell’art. 69 c4 c.p. 31 giudicato81 – in conformità con l’interpretazione dell’art. 7 CEDU operata dalla Corte di Strasburgo -; ciò non toglie che, con riguardo a specifiche sanzioni amministrative severe ed incidenti sui diritti fondamentali della persona, anche il giudicato possa essere travolto dalla dichiarazione di illegittimità costituzionale82. 13. Il tempo del commesso reato. L’individuazione del tempo in cui sia stato commesso il reato segue i seguenti criteri: - Nei reati commissivi corrisponde al momento dell’azione o dell’ultima azione prevista dalla norma incriminatrice; - Nei reati omissivi corrisponde al momento in cui andasse compiuta l’azione doverosa (teoria della condotta), e non a quello in cui si sia verificato l’evento (teoria dell’evento)83. Nei reati permanenti, poi, il reato si considera commesso nel momento in cui il soggetto compie l’atto con cui volontariamente mantiene la situazione antigiuridica; anche nei reati abituali, infine, il tempo del commesso reato è quello in cui si realizza l’ultima condotta che integra il fatto di reato potendosi, dunque applicare all’agente il trattamento sanzionatorio più severo previsto da una legge entrata in vigore durante la serie di atti. B. LIMITI SPAZIALI. 14. La tendenziale universalità della legge penale italiana. La nozione di “territorio dello Stato”. Il codice penale italiano aderisce, tendenzialmente, al principio di universalità: esso si applica non solo ai fatti commessi nel territorio dello Stato – definito ex art. 6, agli effetti della legge penale, come “il territorio della Repubblica ed ogni altro luogo soggetto alla sovranità dello Stato” nonché, ex art. 4, le navi e gli aeromobili italiani, ovunque si trovino84, salvo che siano soggetti, secondo il diritto internazionale, ad una legge territoriale straniera - (ed è, a tal riguardo, indifferente la nazionalità dell’autore), ma anche a tutti i fatti previsti come reato dovunque, da chiunque e contro chiunque commessi , salva una ristretta gamma di reati di limitata gravità (artt. 9, 10 c.p.). Relazione ai fatti commessi all’estero, tuttavia, la legge pone alcuni ostacoli di natura processuale alla perseguibilità del reato (es. in caso di mancata estradizione dell’autore, ricorrendo la necessità che il fatto sia previsto come reato anche dalla legge straniera, ecc.). Quanto ai reati commessi su navi ed aeromobili italiani in territorio straniero, alla luce del diritto internazionale (nel silenzio del codice, medesimi criteri sono applicati anche con riguardo ai reati commessi a bordo di navi o aeromobili stranieri che si trovino sul territorio italiano): - In caso di mezzi militari, l’estensione della legge italiana è illimitata; - In caso di mezzi civili, l’estensione della legge italiana è esclusa quando la vittima del reato sia una persona diversa dai membri dell’equipaggio; quando il fatto turbi la tranquillità di uno Stato estero; quando sia stato richiesto l’intervento dell’autorità locale (in tali casi, il fatto ricadrà sotto la giurisdizione dello Stato estero). Il reato si considera “commesso nel territorio dello Stato” quando l’azione o l’omissione, che lo costituisce, è ivi avvenuta in tutto o in parte85, ovvero si è ivi verificato l’evento che è la conseguenza dell’azione od omissione (teoria dell’ubiquità). A tal fine, circa l’individuazione dell’azione tipica: - Nei reati a forma vincolata, è tipica l’azione corrispondente allo specifico modello di comportamento descritto nella norma incriminatrice; - Nei reati dolosi a forma libera, occorre considerare il mezzo in concreto impiegato dall’agente; - Nei reati colposi a forma libera, sarà tipica ogni azione che abbia colpevolmente creato il pericolo; 81 Corte Cost. n. 43/2017. 82 Corte Cost. n. 68/2021, con riguardo alla sanzione amministrativa della revoca della patente di guida. 83 S.U. 2018, in esito ad un contrasto giurisprudenziale. L’adozione della teoria della condotta valorizza la funzione generalpreventiva delle norme incriminatrice: la legge non orienta più la condotta del destinatario quando, esaurita l’azione/omissione, si verifica l’evento richiesto dalla norma incriminatrice (es. morte dell’uomo nei delitti di omicidio colposo per esposizione ad amianto, con morte sopravvenuta 30anni dopo la condotta contestata al datore di lavoro). 84 Cass. 2015 (pirateria): applicabili leggi italiane anche se la nave si trovi in territorio straniero. 85 Cass. varie. Trova applicazione una fictio volta ad estendere l’applicabilità della legge italiana ai casi in cui sia stato realizzato nel territorio italiano anche solo un frammento dell’iter criminoso (inteso in senso naturalistico: non rileva, a tal riguardo, il generico proposito, privo di concretezza e specificità, di commettere all’estero fatti delittuosi). 32 - Ex art. 698 c.p.p. non può, poi, essere effettuata l’estradizione laddove vi sia motivo di temere atti persecutori o discriminatori, ovvero la violazione di un diritto fondamentale della persona, nonché per i reati per i quali l’ordinamento dello Stato richiedente preveda la pena di morte 90 (analoga disposizione è prevista nell’art. 19 c2 CDFUE nonché, pur in assenza di espressi riferimenti all’estradizione, nell’art. 3 CEDU); - Occorre, ex art. 13 c2 c.p., la doppia incriminazione del fatto91. Tra i principi che trovano applicazione in materia di estradizione: - Il principio di specialità dell’estradizione impone il divieto per lo Stato che ottenga l’estradizione di sottoporre l’estradato a restrizione della libertà personale, a qualsiasi titolo, per fatti anteriori e diversi da quello per il quale l’estradizione è stata concessa, nonché il divieto di consegnare l’estradato ad altro Stato 92; - Il principio di sussidiarietà impone di non concedere l’estradizione laddove per lo stesso fatto e nei confronti della medesima persona sia in corso un procedimento penale in Italia; - Il principio di ne bis in idem presenta, poi, effetti analoghi laddove sia stata pronunciata in Italia sentenza irrevocabile (di condanna o di proscioglimento)93. 20. Il mandato d’arresto europeo. Il mandato d’arresto europeo, previsto nella decisione quadro 2002/584/GAI e implementato, in Italia, nel 2005, consiste nello strumento di cooperazione interstatuale per la consegna di persone imputate o condannate che, nell’Unione Europea, ha sostituito l’estradizione ed è ispirato al principio del mutuo riconoscimento e della libera circolazione delle decisioni giudiziarie in materia penale. Tra i tratti principali della disciplina di tale strumento: - L’esecuzione della consegna è la regola: sono tassativamente previsti i motivi in cui possa essere rifiutata, nonché le garanzie o condizioni che ad essa possano essere apposte; - La collaborazione diretta tra autorità giudiziarie, con l’esclusione di qualsiasi intervento da parte di organi politici (es. Ministro della Giustizia); - Il c.d. principio di autosufficienza del mandato d’arresto europeo, senza che sia necessario l’invio della documentazione richiesta ai fini dell’estradizione; - La previsione di termini stringenti per l’assunzione della decisione sull’esecuzione e per l’effettuazione della consegna (nel caso dell’estradizione, i termini sono più dilatati); - L’eliminazione del requisito della doppia incriminazione per svariati reati di gravità medio-alta. Tra i motivi di rifiuto della consegna: - Ex art. 18 l. 69/2005, il rifiuto è obbligatorio in caso di ne bis in idem (persona già giudicata con sentenza irrevocabile per lo stesso fatto in uno Stato membro purché, in caso di condanna, la pena sia stata già eseguita, sia in corso di esecuzione o non possa più essere eseguita per le leggi dello Stato in cui sia stata emanata la condanna); - Ex art. 18 bis, introdotto nel 2021, sono anche disciplinate due ipotesi di rifiuto facoltativo (es. reati considerabili come commessi – anche in parte – sul territorio italiano). 90 Cass. 2019 (estradizione in Cina): perché possa essere, in tal caso, consentita l’estradizione, occorre una decisione giudiziaria irrevocabile che escluda l’applicazione della pena capitale nel caso concreto. 91 Cass. varie: rileva la riconducibilità del caso concreto (sotto i profili del fatto, dell’antigiuridicità, della colpevolezza) sotto una norma incriminatrice sia straniera, che italiana, mentre non rileva la differenza configurazione del reato o la diversità nel trattamento sanzionatorio. Non rilevano neanche le condizioni di procedibilità (es. irrilevante la mancata presentazione della querela in Italia per un reato perseguibile d’ufficio nello Stato richiedente l’estradizione), che non rientrano nella valutazione in ordine all’inflizione della pena (attinendo all’opportunità di instaurare un procedimento). 92 (salvo che lo Stato abbia domandato ed ottenuto una estradizione suppletiva, che l’estradato si sia trattenuto volontariamente nel territorio dello Stato per ulteriori 45 giorni dalla sua liberazione, quando l’estradato abbia fatto volontariamente ritorno nel territorio dello Stato dopo averlo lasciato, quando l’estradato abbia manifestato il proprio consenso). 93 Cass. 2012: rileva, ai fini del ne bis in idem, l’identità sostanziale dei fatti oggetto dei relativi procedimenti, indipendentemente dall’eventuale diversa qualificazione giuridica attribuita all’episodio. 35 C. LIMITI PERSONALI. 21. Le eccezioni all’obbligatorietà della legge penale italiana. Eccezionalmente, alcune categorie di soggetti sono sottratte alla legge penale italiana: si distingue, a riguardo, tra immunità di diritto sostanziale (implicanti l’inapplicabilità della sanzione) o immunità di diritto processuale (esenzione dalla giurisdizione), nonché tra immunità funzionali (inerenti ai fatti compiuti nell’esercizio della funzione da cui derivi l’immunità) o extra funzionali (inerenti anche a fatti ad esso estranei), tutte da interpretarsi in modo restrittivo94. Le immunità possono derivare dal diritto pubblico interno: - L’art. 90 Cost. configura, a beneficio del Presidente della Repubblica, una immunità funzionale (per i soli reati commessi nell’esercizio della funzione) di diritto sostanziale avente natura di causa di giustificazione (salvi i reati di alto tradimento e attentato alla Costituzione, per i quali giudice competente è la Corte Cost.). - L’art. 96 Cost. prevede un’immunità processuale funzionale relativamente ai c.d. reati ministeriali (commessi dai Ministri o dal Presidente del Consiglio dei Ministri), subordinando la procedibilità di tali reati (sottoposti al giudice ordinario, e non più alla Corte Cost.) all’autorizzazione a procedere da parte della Camera di appartenenza del Ministro (o del Senato, in caso di Ministri non membri del Parlamento). Tale autorizzazione può essere negata laddove la Camera reputi, a maggioranza assoluta e con valutazione insindacabile95, che l’inquisito abbia agito per la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante ovvero per il perseguimento di un preminente interesse pubblico nell’esercizio delle funzioni di Governo96; - L’art. 68 c1 Cost. prevede, con riguardo ai membri del Parlamento, un’immunità funzionale di diritto sostanziale (nella forma della causa di giustificazione) circoscritta alle opinioni espresse ed ai voti dati nell’esercizio delle loro funzioni97 – ovvero, ad atti tipici del mandato parlamentare ed alla divulgazione del contenuto di tali atti98. Ricadono fuori dall’immunità fatti materiali (es. lesioni inflitte in aula), le opinioni manifestate nello svolgimento di attività politica (comizio), gli atti tipici della funzione parlamentare che siano frutto di reati (es. corruzione); - L’art. 68 c. 2,3 Cost. configura, per i Parlamentari, un limitata immunità processuale penale extra funzionale (richiedendo l’autorizzazione della Camera di appartenenza) per il compimento di taluni atti processuali (es. intercettazione, adozione di misure restrittive della libertà personale) estesa a tutti i comportamenti del parlamentare, anche in assenza di nesso funzionale; - L’art. 122 c4 Cost. riconosce, poi, ai consiglieri regionali una immunità di diritto sostanziale analoga, per contenuti ed effetti giuridici, a quella dei parlamentari (a differenza di questi ultimi, tuttavia, i consiglieri regionali non godono di immunità processuale); - I giudici della Corte Cost. godono, poi, di immunità funzionale di diritto sostanziale e, limitatamente alla durata della carica, godono anche di immunità processuale extra funzionale di portata più ampia rispetto a quella riconosciuta ai membri del Parlamento (senza l’autorizzazione della Corte non possono essere privati della libertà personale, né sottoposti a procedimento penale; - I componenti del CSM, ex art. 32 bis l. n. 195/1958, non sono poi punibili (ferma restando, a differenza delle forme di immunità in precedenza ripercorse, la responsabilità civile ed amministrativa: trattasi di una causa di non punibilità, non di una causa di giustificazione) per le opinioni espresse nell’esercizio delle loro funzioni e concernenti l’oggetto della discussione; 94 Corte Cost. n. 87/2012: le immunità costituiscono una deroga eccezionale al principio di uguaglianza e non possono, pertanto, essere assoggettate ad interpretazioni evolutive. 95 Corte Cost. n. 87/2012: tale insindacabilità non avrebbe, tuttavia, carattere assoluto, presupponendo che l’apprezzamento sia stato congruamente motivato. 96 Epopea Salvini vs. migranti: tale valutazione è strettamente correlata alla maggioranza politica (vedasi il caso di Salvini: dinanzi a molteplici richieste di procedimento per fatti analoghi (trattenimento di migranti su navi militari),l’Assemblea del Senato si è espressa prima con un respingimento – quando, nel 2019, Salvini era al governo – e poi con la concessione (quando, nel 2020, c’aveva politicamente le pezze al culo). 97 Corte Cost. n. 249/2010 (Bossi che dichiara di pulirsi il culo con il Tricolore): l’immunità funzionale non copre affermazioni gratuitamente diffamatorie o sconvenienti. Corte Cost. n. 59/2018 (Calderoli che dà dell’”orango” alla Kyenge): l’immunità funzionale non ricomprende insulti. 98 Cass. 2019: perché l’immunità possa applicarsi, le dichiarazioni “esterne” – penalmente rilevanti - devono comunque essere precedute dalle dichiarazioni “interne” rese nell’ambito della funzione parlamentare. 36 Il c.d. Lodo Alfano prevedeva, nel 2008, una forma di immunità processuale temporanea extra funzionale (sospensione automatica dei procedimenti penali, senza alcun filtro da parte degli organi costituzionali, dalla data di assunzione e fino alla cessazione della carica, anche per atti antecedenti all’assunzione della carica e reiterabile in caso di nuova nomina) per il Presidente del CdM, per il PdR e per i Presidenti delle Camere; la Corte Cost. lo ha dichiarato costituzionalmente illegittimo nel 200999. 22. Le immunità di diritto internazionale. Tra le immunità di diritto internazionale: - Art. 8 Trattato del Laterano: il Sommo Pontefice gode di piena immunità sia di diritto processuale che di diritto sostanziale (causa personale di esclusione della punibilità) – analoga immunità è estesa alle persone operanti in qualità di organi degli enti centrali della Chiesa cattolica. - Da norme consuetudinarie di diritto internazionale generalmente riconosciute (e rilevanti ex art. 10 Cost.) discendono alcune cause personali di esclusione di punibilità volte a non turbare i rapporti tra Stati – ovvero, a non ostacolare l’attività di organismi internazionali nel territorio dello Stato. Es. immunità assoluta, extra funzionale, di diritto sostanziale e processuale, penale ed extra penale, riconosciuta a Capo di Stato estero, familiari e seguito; immunità di diritto sostanziale, funzionale, riconosciuta a Capi e membri di governo stranieri; immunità dalla giurisdizione italiana, anche extra funzionale, riconosciuta agli agenti diplomatici stranieri; immunità funzionale di diritto sostanziale – avente natura di causa personale di non punibilità – riconosciuta ai funzionari ed agli impiegati consolari stranieri. - I membri del Parlamento Europeo godono di immunità funzionale, penale ed extra penale, per le opinioni ed i voti espressi nell’esercizio delle loro funzioni; - Gli appartenenti alle forze armate estere sono soggetti alla sola legge dello Stato di appartenenza, quando si tratti di rati commessi in servizio (forze armate Nato: si applica la Convenzione di Londra, con giurisdizione esclusiva dello Stato di origine per fatti non punibili dalla legge italiana e giurisdizione esclusiva italiana per fatti non punibili nello Stato di origine)100. I restanti fatti, assoggettati a doppia incriminazione, sono sottoposti alla giurisdizione concorrente di entrambi gli Stati – con attribuzione di sfere di giurisdizione prioritarie e con applicazione del ne bis in idem. D. UN SISTEMA PENALE SOVRASTATUALE. 23. Il diritto penale internazionale. Il diritto penale internazionale consiste in un corpus normativo autonomo fondato sul diritto internazionale e dotato di efficacia vincolante sugli individui senza necessità di mediazione del diritto interno, in ragione del carattere di estrema gravità delle condotte incriminate: rientrano tra i crimini internazionali i crimini di guerra, crimini contro l’umanità, genocidio ed aggressione, offese che – attentando ai valori della comunità internazionale – devono essere penalmente sanzionate a prescindere da limiti territoriali o di nazionalità- . Mentre, in precedenza, il diritto internazionale riconosceva le sole figure degli Stati come “portatori di diritti” e “destinatari di obblighi” a livello internazionale, con l’istituzione dei Tribunali Militari di Norimberga e Tokyo (dopo la WW2) – e l’affermazione di un primo nucleo di diritto penale internazionale, i c.d. Principi di Norimberga - fu attribuito esplicito riconoscimento al principio della responsabilità penale internazionale dell’individuo. Negli anni ’90 furono istituiti, con risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, tribunali penali internazionali ad hoc per perseguire i crimini commessi nel conflitto balcanico ed in occasione del genocidio in Ruanda applicando il diritto penale internazionale consuetudinario. Nel 2002, con lo Statuto di Roma (attualmente ratificato da oltre 120 Stati), è stata poi istituita la Corte Penale Internazionale, con sede all’Aja. Essa rappresenta il primo esempio di giurisdizione penale permanente, indipendente, sovrastatale, con competenza sui crimini più gravi, motivo di allarme per l’intera 99 Corte Cost. n. 262/2009: il principio dell’eguale sottoposizione di tutti i cittadini alla giurisdizione penale può essere derogato – a tutela di interessi giudicati ragionevolmente meritevoli di protezione – solo mediante norme di rango costituzionale o norme ce nella Costituzione trovino il loro fondamento. 100 Cass. 2012 (Abu Omar): Imam rapito a Milano dalle forze armate statunitensi in quanto “sospetto terrorista”: giurisdizione esclusiva dell’Italia, essendo le pratiche di “extraordinary rendition” previste come reato dalla legge italiana (non da quella statunitense). I militari statunitensi sono stati, poi, graziati e la Corte EDU ha condannato l’Italia nel 2016 (Nasr e Ghali c. Italia). 37 Ex art. 322 quater un’ulteriore tipologia di sanzione civile accessoria dalla connotazione punitiva riguarda, infine, alcuni delitti contro la P.A. (es. peculato, corruzione) ed è stata introdotta nel 2019 con la c.d. “legge spazzacorrotti”. 3. Reato ed illecito amministrativo. Rientrano tra le sanzioni amministrative le sanzioni pecuniarie non designate come multa o come ammenda. L’illecito amministrativo tende ad affiancare, nell’ordinamento giuridico, l’illecito penale, parimenti reprimendo offese a beni giuridici selezionate in base ai principi di proporzione e di sussidiarietà. Tale tipologia sanzionatoria (disciplinata, a livello generale, nella l. n. 689/1981) assume, nello studio del diritto penale, particolare rilevanza: - In quanto principale strumento cui ricorrere nell’eseguire interventi di depenalizzazione; - In quanto unico strumento attribuito al legislatore regionale per la tutela sanzionatoria di beni giuridici; - In quanto, a partire dal 2001, lo schema della responsabilità amministrativa è stato adottato dal legislatore per configurare una responsabilità da reato a carico degli enti (tematica approfondita in seguito); - In ragione della crescente tendenza ad implementare sanzioni amministrative impattanti sui diritti fondamentali della persona, in quanto notevolmente afflittive (es. in materia di insider trading103). La disciplina dell’illecito amministrativo di cui alla l. n. 689/1981 opera, sul piano del diritto sostanziale, un’ampia mutuazione di principi penalistici - coerentemente, del resto, con la funzione di tutela preventiva di beni giuridici assolta dalle sanzioni di tale natura – (es. legalità, irretroattività, capacità d’intendere e di volere, elemento soggettivo, concorso di persone, commisurazione delle sanzioni pecuniarie amministrative). Sul piano procedimentale, il giudice penale non è coinvolto nell’irrogazione delle sanzioni amministrative (potendo conoscere dell’illecito amministrativo solo nel caso in cui l’esistenza di un reato dipenda dall’accertamento di un illecito amministrativo); l’opposizione al relativo provvedimento amministrativo può essere proposta unicamente dinanzi al giudice di pace ed al tribunale civile. In ordine al carattere punitivo delle sanzioni amministrative (e delle sanzioni pecuniarie civile di cui al d. lgs. n. 7/2016), esse sono da ricomprendersi nella c.d. “materia penale”, nozione elaborata dalla Corte Europea dei Diritto dell’Uomo104, alla luce dei requisiti stabiliti dalla Corte EDU105. Come evidenziato dalla Corte Costituzionale, tuttavia, ciò non implica l’automatica estensione alle sanzioni amministrative di tutte le garanzie apposte dal diritto interno alla sanzione penale106, essendo gli Stati vincolati ad estendere alla materia penale soltanto le garanzie previste nella CEDU (il diritto al silenzio, ad es., vale rispetto anche ai poteri d’indagine di Consob e Bankitalia, quando dalle risposte possa emergere una responsabilità del dichiarante107). Alcune discipline settoriali vedono, in Italia, la convergenza sul medesimo fatto di sanzioni penali ed amministrative (“doppio binario sanzionatorio”): è emersa, a tal riguardo, in giurisprudenza la questione inerente all’operatività del ne bis in idem (nei rapporti tra sanzione penale ed amministrativa)108, nonché con riguardo ai rapporti tra sanzioni penali ed amministrative in materia tributaria – in tale ambito, la Corte EDU parrebbe ridimensionare la portata del ne bis in idem109-. 103 Corte Cost. n. 223/2018. 104 Corte EDU, Sent. Engel c. Paesi Bassi (1976): rilevante non la qualificazione formale dell’illecito, quanto la natura sostanziale di esso e della relativa sanzione. 105 Corte EDU, G. Stevens c. Italia (2014): tra i criteri (alternativi, non cumulativi) perché l’illecito possa ascriversi alla “materia penale” rientrano l’orientamento della disposizione alla generalità dei consociati, il perseguimento di uno scopo repressivo e preventivo, piuttosto che risarcitorio, la presenza di una connotazione afflittiva. 106 Corte Cost. n. 43/2017: gli Stati sono vincolati a corredare l’applicazione di sanzioni amministrative da ricomprendersi nella materia penale delle sole garanzie previste nelle disposizioni della Convenzione, per come elaborate dalla Corte di Strasburgo: rimane, invece, nel margine di apprezzamento di ciascuno Stato l’estensione delle ulteriori tutela predisposte dal diritto nazionale. 107 Corte Cost. n. 84/2021: dichiarata costituzionalmente illegittimo art. 187 quinquiesdecies TUF, che prevedeva in caso di mancata risposta una sanzione amministrativa pecuniaria. 108 Corte EDU 2014 (G. Stevens c. Italia): violato il ne bis in idem relativamente a cittadini che, sanzionati definitivamente dalla Consob in via amministrativa, lamentavano la perdurante sottoposizione a processo penale per i medesimi fatti storici. 40 La questione relativa al ne bis in idem è emersa anche in relazione all’art. 50 CDFUE ed alla giurisprudenza della Corte di Giustizia UE, sollecitata ad intervenire da varie questioni pregiudiziali insorte in Italia (con riferimento sia agli abusi di mercato che agli illeciti tributari). In tali occasioni (2018), la Corte ha individuato i limiti entro i quali possa considerarsi rispettato il divieto di ne bis in idem (recependo, in parte, quanto affermato dalla Corte EDU): - Rispetto del principio di proporzione, non potendo spingersi il complesso delle sanzioni irrogate oltre lo stretto necessario; - Coordinamento tra i due procedimenti, per limitare gli oneri supplementari generati dalla duplicazione dei procedimenti e delle sanzioni. Tali principi, enunciati dalla Corte EDU e dalla Corte di Giustizia, sono stati recepiti anche nella giurisprudenza nazionale110. Il legislatore, con il d. lgs. n. 107/2018, ha tentato di risolvere i problemi generati dal doppio binario in materia di illeciti finanziari prescrivendo che: - Autorità giudiziaria o CONSOB tengano conto, nell’irrogare le sanzioni di propria competenza, delle misure punitive già irrogate; - L’esazione della pena pecuniaria/sanzione pecuniaria dipendente da reato/sanzione pecuniaria amministrativa è limitata alla parte eccedente quella riscossa, rispettivamente, dall’autorità amministrativa ovvero da quella giudiziaria. 109 Corte EDU 2016 (A & B c. Norvegia): il divieto non è violato laddove la risposta sanzionatoria complessiva non risulti sproporzionata per eccesso ed esista una connessione sostanziale e cronologica sufficientemente stretta tra procedimento penale e procedimento amministrativo. 110 Cass. 2016 (Pagano): in tema di danneggiamento aggravato (analoga soluzione è stata individuata anche in tema di manipolazione di mercato) il principio ne bis in idem non opera allorché le procedure penale ed amministrativa risultino complementari, in quanto dirette al soddisfacimento fi finalità sociali differenti, e determinino l’inflizione di una sanzione penale integrata, che sia prevedibile e, in concreto, complessivamente proporzionata al disvalore del fatto. Cass. 2019 (Respigo, abuso di informazioni privilegiate): il giudice può disapplicare la sanzione penale quando sia stata inflitta la sanzione amministrativa ed il cumulo delle sanzioni risulterebbe radicalmente sproporzionato. Cass. 2022 n. 2245 (Colombo): non vi è violazione del divieto di bis in idem laddove una persona sia contemporaneamente sottoposta a più procedimenti per il medesimo fatto storico e per l’applicazione di sanzioni formalmente o sostanzialmente penali, oppure quando tra i procedimenti vi sia una stretta connessione sostanziale e procedurale. In tali casi, comunque, deve essere garantito un meccanismo di compensazione che consenta di tener conto, in sede di irrogazione della seconda sanzione, degli effetti della prima così da evitare che la sanzione complessivamente irrogata sia sproporzionata. 41 CAPITOLO V. ANALISI E SISTEMATICA DEL REATO. 1. La parte generale del diritto penale. L’analisi del reato. Il codice penale è improntato all’individuazione di un numero chiuso di specifiche figure di reato, processo in continuo svolgimento. Il processo evolutivo del diritto penale poggia sia sulla formulazione di tipologie di reati sempre più dettagliate (trasposte dal legislatore nella parte speciale della legislazione) che sull’astrazione di elementi comuni dai singoli reati (es. dolo, colpa), generali ed astratti (dipendendo il contenuto di essi dai singoli reati cui debbono essere accostati), oggetto di elaborazione concettuale (recepita dal legislatore nella parte generale della legislazione). La dottrina, nell’analizzare il reato, avverte la necessità di sondarne separatamente gli elementi strutturali dotati, ciascuno, di una funzione distinta (commissione di un fatto, antigiuridicità, colpevolezza, punibilità nella c.d. sistematica quadripartita del reato): tale assunzione accomuna i vari schemi di analisi adottabili nello studio del “reato”. La scelta su quale sia lo schema di analisi da adottare si riflette, in primo luogo, sull’ordine logico in cui debba procedersi all’accertamento ed all’indagine del reato, e deve orientarsi sull’opzione che meglio rispecchi la natura del reato: - L’oggettivismo suggerisce di accertare prima la commissione del fatto (l’offesa al bene giuridico) e, successivamente, di indagare gli elementi relativi all’autore; - Il soggettivismo, al contrario, propone di vagliare anzitutto la posizione dell’autore e, successivamente, accertare se le sue intenzioni si siano tradotte nel fatto costitutivo del reato. Nel diritto penale italiano il reato è, anzitutto, offesa ad uno o più beni giuridici (art. 25 c2): gli elementi soggettivi, logicamente successivi, consentono di individuare le condizioni che consentono di rimproverare il fatto all’autore. Gli elementi strutturali del reato, che saranno oggetto di analisi nei capitoli seguenti, sono: - Il fatto, l’insieme degli elementi oggettivi che individuano e caratterizzano ogni singolo reato come specifica forma di offesa ad uno o più beni giuridici: ovvero la condotta (azione od omissione), i presupposti della condotta (situazioni, di fatto o di diritto, che debbano preesistere/coesistere con la condotta – es. stato di gravidanza nel procurato aborto -), l’evento, il rapporto di causalità condotta- evento, l’oggetto materiale su cui incide l’azione, le qualità o relazioni, giuridiche o di fatto, richieste per l’agente nei c.d. reati propri, l’offesa al bene giuridico protetto (nella forma del danno o del pericolo). Tra tali elementi, configurati in positivo o in negativo (es. laddove la legge richieda l’assenza di essi perché il fatto sussista) ed individuabili anche ricorrendo a concetti descrittivi o normativi, soltanto la condotta e l’offesa sono presenti in ogni fatto penalmente rilevante; essi, di regola espressamente previsti dalla norma incriminatrice, sono talora sottintesi (es. art. 372 c.p.: nel reato di falsa testimonianza, è elemento sottinteso l’offesa al bene giuridico “corretta formazione della decisione del giudice”). - L’antigiuridicità, che esprime il rapporto di contraddizione tra il fatto e l’intero ordinamento giuridico ed è esclusa quando anche una sola norma, collocata in qualsiasi ambito dell’ordinamento, facoltizza o rende doverosa la realizzazione del fatto (c.d. causa di giustificazione), rendendolo universalmente lecito (e, in quanto tale, non assoggettabile ad alcun tipo di sanzione). - La colpevolezza, consistente nell’insieme dei requisiti dai quali dipende la possibilità di muovere all’agente un rimprovero per aver commesso il fatto antigiuridico e poggia, nell’ordinamento vigente, su determinati requisiti fissati dal legislatore, che debbano necessariamente ricorrere in relazione al fatto antigiuridico commesso (dolo, colpa, dolo misto a colpa; assenza di scusanti; conoscenza o conoscibilità della legge penale violata; capacità d’intendere e di volere). - La punibilità, ovvero l’insieme delle eventuali condizioni, ulteriori ed esterne rispetto al fatto antigiuridico e colpevole, che fondano o escludono l'opportunità di punirlo (condizioni obiettive di punibilità e cause di esclusione della punibilità), esclusa dal novero degli elementi del reato dalla corrente dottrinale sostenitrice della c.d. sistematica tripartita del reato (fatto, antigiuridicità, 42 Le c.d. teorie della causalità sono la teoria condizionalistica (della condicio sine qua non), la teoria della causalità adeguata, la teoria della causalità umana. 4.1. La teoria condizionalistica. “L’azione A è causa dell’evento B se può dirsi che senza A, tenuto conto di tutte le circostanze del caso concreto, l’evento B non si sarebbe verificato”. Tale teoria, ancorata al senso comune, poggia sulla premessa che ogni evento deriva da molti fattori causali, tutti ugualmente necessari affinché l’evento si verifichi: “causa dell’evento” consiste in “ogni azione che non può essere mentalmente eliminata senza che l’evento concreto venga meno”. La teoria condizionalistica trova ampia applicazione in due gruppi di casi discussi in dottrina: - Casi in cui emerga la c.d. causalità ipotetica, in relazione ai quali l’accertamento del nesso causale avviene tenendo in considerazione l’evento concreto (inclusivo di tutte le modalità della sua verificazione) ed il decorso causale effettivo verificatosi nel caso di specie. Es. nesso causale presente laddove un medico pratichi un’iniezione mortale ad un malato terminale, che sarebbe comunque morto poco dopo, per alleviargli le sofferenze (non rileva, in tal caso, il decorso causale ipotetico che avrebbe portato il malato a morire a breve distanza temporale); - Casi in cui emerga la c.d. causalità addizionale (es.: Tizio e Caio versano entrambi una dose mortale di veleno nella medesima bevanda assunta da Tizio. In Tal caso, l’evento concreto è causato dalle condotte di entrambi). La formula dell’eliminazione mentale, perno della teoria condizionalistica, deve essere applicata al caso concreto mediante l’impiego di leggi scientifiche, universali (quando asseriscano regolarità prive di eccezioni nella successione di eventi, es. leggi fisiche) o statistiche (che enunciano regolarità statistiche emerse dall’osservazione della realtà empirica): è definibile “causa dell’evento”, in tal senso, ogni azione che – tenendo conto di tutte le circostanze che si sono verificate – non può essere eliminata mentalmente, sulla base di leggi scientifiche, senza che l’evento concreto venga meno. È possibile che siano individuabili diverse spiegazioni causali dell’evento, ciascuna sorretta da una distinta legge scientifica: in tal caso, il giudice dovrà optare per quella che meglio si attagli al caso concreto. Il ruolo delle leggi scientifiche, un tempo relegate ad un ruolo marginale ai fini dell’accertamento del rapporto di causalità (allora dominato dalla mera ed apodittica intuizione del giudice113), ha iniziato ad acquisire maggiore rilevanza a partire dal 1990 (con la sentenza relativa al disastro di Stava 114, che ha segnato una svolta a favore del modello della sussunzione sotto leggi scientifiche). Ulteriori passaggi in ordine alla valorizzazione delle leggi scientifiche nel processo penale: - In ordine al grado di probabilità perché la condotta possa considerarsi condizione necessaria dell’evento – questione particolarmente rilevante in presenze di leggi statistiche -, la Cass. (2000) ha ritenuto necessario accertare una probabilità vicina alla certezza; - Con la Sent. Franseze del 2002115, è stata riconosciuta la possibilità che anche probabilità statistiche medio-basse possano fondare il nesso causale, qualora risulti la sicura non incidenza nel caso di specie di altri fattori interagenti in via alternativa116: una simile soluzione (c.d. probabilità logica) consentirebbe di raggiungere la certezza processuale della sussistenza del nesso causale. Il manuale commenta la Sent. Franseze evidenziando i rischi insiti nell’attribuzione di una simile rilevanza all’assenza di spiegazioni causali alternative, potenzialmente implicante la qualificazione come “causa 113 Sent. 1969 (Disastro del Vajont): se nessuno sa spiegare perché la frana si sia verificata, ciò nondimeno non si può dubitare che sia dovuta all’opera dell’uomo. 114 Cass. 1990 (Bonetti): perché sia accertato il nesso causale, occorre che l’antecedente rientri nel novero degli antecedenti che, in base ad una legge dotata di validità scientifica (legge di copertura), portino ad eventi del tipo di quello verificatosi in concreto. 115 S.U. 2002 (Franzese): trasmissione di HIV in seguito ad un singolo rapporto, evento dalla bassa probabilità statistica; nel caso di specie, tuttavia, la vittima non aveva avuto rapporti con altri sieropositivi e, in ragione dell’esclusione di decorsi causali alternativi, il nesso causale è stato riconosciuto. 116 Cass. 2021 (Cirocco): il datore di lavoro non è stato, in tal caso, ritenuto responsabile per la morte di tumore di un proprio dipendente esposto ad amianto, in quanto quest’ultimo era risultato essere un fumatore di sigarette (pertanto, i giudici hanno ritenuto che tale decorso causale alternativo non potesse essere escluso). 45 dell’evento” una condotta che abbia semplicemente aumentato il rischio del verificarsi di esso: ritenere provato il nesso di causalità mediante l’esclusione di tutte le altre possibili cause presuppone che il giudice conosca tutte le possibili cause di un evento. D’altra parte, tuttavia, sarebbe irragionevole pretendere che l’accusa fornisca la prova certa del mancato intervento, nel caso concreto, di ciascuno degli altri possibili fattori causali. - La Cass ha, poi, affermato che, laddove il giudice - pur sospettando un legame causale – non possa rintracciare una legge scientifica in base alla quale spiegare l’evento, dovrà escludere la sussistenza del rapporto di causalità117; in presenza di leggi scientifiche alternative, ad ogni modo, il giudice può ricostruire il nesso causale anche adottando una legge scientifica non unanimemente riconosciuta – purché ricorra ad acquisizioni maggiormente accolte o generalmente condivise118. - Non possono, invece, assumere rilievo ai fini della ricostruzione del nesso causale teorie scientifiche nuove – sulle quali la comunità scientifica non abbia avuto modo di esprimersi compiutamente119 -. Tra i corollari della teoria condizionalistica: - Il concorso di fattori causali preesistenti, simultanei o sopravvenuti non esclude il rapporto di causalità tra l’azione e l’evento, quando l’azione è una condizione necessaria dell’evento (anche se i fattori estranei all’opera dell’uomo sono rari o anomali); - Il rapporto di causalità non è escluso nemmeno se il fattore causale ulteriore rispetto all’azione dell’uomo consiste in un fatto illecito di un terzo; - il rapporto di causalità è, invece, escluso quando si inserisca una serie causale autonoma (da sola sufficiente a causare l’evento) tra l’evento e l’azione (considerabile, dunque, antecedente temporale piuttosto che condicio sine qua non). 4.2. Correttivi alla teoria condizionalistica. La c.d. teoria della casualità adeguata esclude il rapporto di causalità in presenza di fattori anormali (preesistenti, simultanei o sopravvenuti): occorre, in aggiunta al criterio della condicio sine qua non, che l’evento sia una conseguenza normale – o almeno non improbabile – dell’azione, dato che sarebbe iniquo (nonché contrastante con le esigenze della pena retributive e preventive) attribuire all’agente eventi imprevedibili. Tale teoria suggerisce, per accertare la sussistenza del nesso causale, di compiere una prognosi postuma articolata in due momenti: - Formulazione di un giudizio ex ante in ordine agli sviluppi causali normali (o non improbabili) dell’azione in base alle conoscenze, alle leggi scientifiche ed ai dati di fatto disponibili al momento dell’azione; - Comparazione tra decorso causale effettivamente verificatosi e decorsi causali prevedibili. La teoria della causalità umana esclude, invece, il nesso causale in presenza di fattori eccezionali rarissimi (requisito ben più stringente rispetto ai parametri della causalità adeguata): essi non rientrerebbero tra gli sviluppi dominabili dall’agente con i suoi poteri conoscitivi e volitivi (es. “emofilia della persona lievemente ferita”). 117 Cass. 2010 (Quaglierini): altrimenti si attribuirebbe al giudice, “in modo inaccettabile, la funzione di elaborazione della legge scientifica e non, invece, come consentito, della mera sua utilizzazione”. 118 Cass. 2010 (Cozzini): individuati criteri oggettivi (conformità della teoria al metodo scientifico) e soggettivi (autorevolezza degli esperti); in tale occasione la Cass. ha escluso la rilevanza dei risultati delle indagini epidemiologiche che, indagando le cause della patologia nella popolazione, non spiegherebbero le cause della patologia che abbia colpito il singolo (trascurando, ad esempio, eventuali concause). Un diverso orientamento (Cass. 2019, Spallanzani) ha, invece, rilevato che tali indagini potrebbero comunque rilevare in assenza di decorsi causali alternativi (riprendendo la Sent. Franseze); d’altro canto, le indagini epidemiologiche possono senz’altro fornire la base per vietare l’impiego di una sostanza che abbia statisticamente aumentato l’incidenza nella popolazione di una data patologia (conformemente con il principio di precauzione). 119 Cass. 2019 (Spallanzani), in ordine all’attendibilità scientifica della teoria dell’effetto acceleratore – in base alla quale tutte le esposizioni ad amianto contribuiscano ad accelerare la cancerogenesi - : non è consentito l’utilizzo di una teoria esplicativa originale, non discussa dalla comunità scientifica, a meno che ciascuna delle assunzioni a base della teoria non sia verificabile e verificata secondo gli ordinari indici di controllo dell’attendibilità scientifica di essa e dell’affidabilità dell’esperto. 46 La teoria dell’imputazione oggettiva dell’evento, anch’essa propositiva di un restringimento della teoria condizionalistica nelle ipotesi di decorso causale atipico, subordina l’imputabilità dell’evento all’agente alla presenza di due condizioni: - Che l’agente, con la sua condotta, abbia creato/aumentato/non diminuito il rischio del verificarsi di un evento del tipo di quello che si è verificato violando una regola di diligenza/prudenza/perizia; - Che l’evento sia la concretizzazione del rischio che la regola cautelare mirava ad evitare o a ridurre. Tale teoria, elaborata dalla dottrina tedesca, non parrebbe agevolmente integrabile nell’ordinamento italiano: essa, anticipando nel fatto un elemento consistente in un requisito necessario, nel nostro ordinamento, per l’accertamento della colpa nei reati di evento, realizzerebbe una duplicazione concettuale. Parte della dottrina italiana, tuttavia, aderisce a tale teoria reinterpretandola non come un limite alla teoria condizionalistica, quanto come uno strumento concettuale impiegabile per sostituire la causazione dell’evento con l’aumento del rischio del suo verificarsi nei casi in cui la prova del nesso causale risulti particolarmente problematica (offrendo, come critica il manuale, copertura dogmatica alla trasformazione dei reati di evento in reati di pericolo). 4.3. L’accoglimento della teoria condizionalistica nell’art. 41 c.p. L’art. 41, nell’individuare i criteri di ricostruzione del nesso causale, enuncia – nel primo e nel terzo comma – due corollari della teoria condizionalistica (affermando che, in generale, il concorso di cause preesistenti/simultanee/sopravvenute, nonché il fatto illecito altrui, non siano idonei ad escludere il nesso causale) tuttavia affermando, nel c2, che le cause sopravvenute escludono il rapporto di causalità quando siano state da sole sufficienti a determinare l’evento; secondo il manuale, ad ogni modo, anche tale ultima disposizione sarebbe conforme alla teoria condizionalistica, riferendosi all’ipotesi del decorso causale atipico (ipotesi in cui l’azione consiste nel mero antecedente temporale dell’evento, piuttosto che di una sua condizione necessaria) e non evocando valutazioni prognostiche in ordine alla “normalità” o meno del decorso causale. Il manuale rileva che tale teoria non avrebbe bisogno di correttivi: il paventato ampliamento dell’area della responsabilità penale – in ragione della negata rilevanza alla prevedibilità del decorso causale nell’accertamento del nesso - sarebbe bilanciato in sede di accertamento di dolo o colpa. Tale ampliamento – bilanciato dalle “teorie correttive” potrebbe innestarsi unicamente nelle ipotesi in cui l’evento venga posto a carico dell’agente a titolo di responsabilità oggettiva; oggi, tuttavia, la Corte Costituzionale ha imposto di interpretare tali ipotesi all’insegna del requisito della colpa, riconoscendo (come sarà evidenziato in seguito) rango costituzionale al principio di colpevolezza. 5. L’oggetto materiale; le qualità o le relazioni del soggetto attivo nei reati propri. L’oggetto materiale del reato consiste nella persona o nella cosa su cui l’azione o l’evento devono incidere. Quanto al soggetto attivo, la maggior parte dei reati possono essere commessi da chiunque (reati comuni); i reati propri, invece, possono essere commessi soltanto da chi possegga determinate qualità – di fatto o giuridiche - o si trovi in determinate relazioni con altre persone riflettendo, tale requisito, un particolare rapporto con il bene giuridico leso. In presenza di concorso di persone, ad ogni modo, il soggetto c.d. estraneo (privo della qualifica richiesta dalla norma incriminatrice) che abbia agevolato o istigato la persona qualificata alla commissione del reato proprio vi concorre oggettivamente, avendo contribuito all’offesa del bene giuridico tutelato dalla norma. 6. L’offesa al bene giuridico. L’offesa al bene giuridico può assumere la forma della lesione o del pericolo per l’integrità di esso; si parla di reato monoffensivo o plurioffensivo nei casi, rispettivamente, in cui l’offesa riguardi uno o molteplici beni giuridici (es. la rapina coinvolge sia il patrimonio che la persona). Ex artt. 90 e ss., la persona offesa dal reato è il titolare del bene giuridico o dei beni giuridici tutelati dalla norma incriminatrice; essa non coincide necessariamente con il danneggiato da reato (ovvero con il 47 Per stabilire se e quando l’omesso impedimento di un evento sia penalmente rilevante, il giudice deve attenersi a due criteri vincolanti: - Ex art. 40 c2 rileva solo il mancato compimento di un’azione impeditiva dell’evento imposta da una norma giuridica (che fa del destinatario il garante dell’integrità di uno o più beni giuridici), non essendo sufficiente la sola possibilità materiale di impedire l’evento o un obbligo fondato in norme etico-sociali130. Non è necessario che l’imposizione derivi da una norma giuridica penale: sono, a tal fine, idonee anche norme giuridiche extra-penali ovunque ubicate (anche in fonti di diritto privato: es. contratto con cui si assume l’obbligo di impedire una classe di eventi). - I presupposti in presenza dei quali sorge l’obbligo di impedire l’evento e gli eventi il cui verificarsi debba essere impedito devono essere esplicitati nelle singole norme giuridiche. La giurisprudenza ritiene, peraltro, che fonte dell’obbligo di impedire l’evento possa essere anche una precedente attività pericolosa131, benché tale assunzione non trovi fondamento in una norma giuridica da cui possa ricavarsi, in capo a chi abbia causato la situazione di pericolo, l’obbligo di attivarsi per neutralizzarlo – fermi restando, del resto, i profili di responsabilità colposa per chi abbia intrapreso attività pericolose senza adottare opportune misure cautelari -. 7.1. Obblighi di protezione ed obblighi di controllo nei reati omissivi impropri. Gli obblighi giuridici ex art. 40 c2 possono qualificarsi come: - Obblighi di protezione, quando riguardino la tutela di uno o più beni che facciano capo a singoli soggetti o ad una determinata classe di soggetti verso una gamma più o meno ampia di pericoli. Tali obblighi possono nascere da varie fonti: legge (art. 147 c.c.: i genitori sono garanti dell’integrità fisica dei minori), ivi incluso l’ordinamento di navigazione marittima132, contratto133- caso, quest’ultimo, in cui la posizione di garanzia insorge non a partire dal momento pattuito fra le parti, bensì dal momento in cui l’obbligato assume effettivamente e materialmente l’incarico -, ecc. - Obblighi di controllo, quando abbiano per oggetto la neutralizzazione dei pericoli derivanti da una determinata fonte, in funzione di tutela di chiunque possa essere messo a repentaglio da tale fonte di pericolo (connessa ad attività umane o a forze della natura)134. Potrebbero insorgere difficoltà circa l’individuazione dei garanti nell’ambito delle imprese strutturate in forma societaria, nel quale emergono due fondamentali categorie di doveri di garanzia: - Obblighi di protezione relativi all’amministrazione dell’impresa, finalizzati alla tutela del patrimonio sociale, dai quali discende il dovere di impedire la commissione di reati fallimentari e societari da parte di soggetti apicali (es. direttori generali) e di cui sono titolari membri del CDA, membri del comitato esecutivo, amministratore delegato; - Obblighi di controllo relativi alla gestione tecnica, operativa e commerciale dell’impresa sociale, finalizzati al controllo delle fonti di pericolo immanenti all’esercizio dell’attività di impresa, anch’essi pendenti su soggetti apicali dell’impresa (titolare dell’impresa individuale; consiglieri d’amministrazione delle società di capitali) e su altri soggetti operanti all’interno dell’impresa135. 129 Cass. 2019 (reati omissivi a forma vincolata): la regola di cui all’art. 40 trova applicazione anche relativamente ai reati a forma vincolata (caso: dirigente medico che ometta di comunicare all’ente di svolgere attività professionale presso il suo studio privato, inducendo l’ente a corrispondergli lo stipendio maggiorato dell’indennità di esclusiva). 130 Cass. 2020 (Ciontoli): In assenza di norme giuridiche che impongano di attivarsi per impedire l’evento non può configurarsi una responsabilità per omesso impedimento dell’evento, non rilevando neanche l’”assunzione volontaria del dovere di protezione” da parte del soggetto che non abbia, poi, impedito l’evento. L’art. 40 c2 configura un criterio formale – presenza di una norma giuridica – non sostituibile con criteri contenutistico- funzionali che diano rilevanza, ad esempio, a rapporti di fatto. 131 Cass. 2013 (Santacroce): responsabilità del proprietario di un vivaio per il decesso del conducente di un autocarro rimasto folgorato per il contatto delle piante trasportate con la linea elettrica a causa dell’innalzamento del piano stradale realizzato senza rispettare le distanze. 132 Cass. 2017 (Schettino): obbligo per il comandante della nave di sovrintendere le operazioni di salvataggio dei passeggeri. 133 Cass. 2013 (assistente bagnanti): responsabile il bagnino che, inaccortamente, non si fosse posizionato in modo da tenere sotto controllo l’intera area sottoposta alla vigilanza – non accorgendosi, di conseguenza, del malore di una vittima. 134 Cass. 2019 (Scidone): posizione di garanzia del sindaco, omicidio colposo plurimo, in occasione di un disastro naturale (per non aver adottato i comportamenti doverosi che avrebbero evitato il pericolo per la pubblica incolumità. 135 Cass. varie (delega di funzioni e posizione di garanzia). Con riguardo a tali soggetti occorre stabilire: 50 7.2. Il nesso tra omissione ed evento nei reati omissivi impropri. Il nesso tra omissione ed evento consiste, ex art. 40 c2, nel mancato impedimento dell’evento. La struttura del rapporto di causalità è, dunque, diversa rispetto a quella dei reati commissivi: - Nei reati commissivi poggia sulla relazione reale tra accadimenti (condicio sine qua non); - Nei reati omissivi il rapporto di causalità è, invece, ipotetico: sussiste quando l’azione doverosa che è stata omessa, se fosse stata compiuta, avrebbe impedito il verificarsi dell’evento. L’accertamento del nesso causale avviene, nei reati omissivi, mediante una duplice indagine136: 1) C.d. causalità reale: accertamento, in primo luogo, della causa reale dell’evento. 2) C.d. causalità ipotetica: accertamento, successivo, dell’efficacia impeditiva dell’azione omessa, compiendo un giudizio controfattuale (chiedendosi se, aggiungendo mentalmente l’azione doverosa omessa, ne sarebbe seguita una serie di modificazioni della realtà che avrebbero bloccato il processo causale sfociato nell’evento). Il giudizio di causalità ipotetica è guidato, laddove l’evento sia il risultato di un processo causale innescato da fattori meccanici o naturali, mediante il ricorso a leggi scientifiche (richiedendosi, in tal caso, un grado di probabilità prossimo alla certezza/grado inferiore, in assenza di decorsi causali alternativi) o, laddove l’impedimento dell’evento cui sia obbligato il garante dipenda dalla condotta di terze persone, dovrà farsi riferimento a massime d’esperienza per accertare la probabilità che si verificasse la serie di condotte necessaria per impedire l’evento (es., quando l’evento da impedire consista nella commissione di un reato societario, l’accertamento dell’omesso impedimento da parte dei garanti dovrà essere effettuato stabilendo se il garante avesse attivato tutte le possibili procedure giudiziarie o amministrative che ne avrebbero impedito la consumazione). C. ULTERIORI CLASSIFICAZIONI DEL REATO SECONDO LA STRUTTURA DEL FATTO. 11. Classi di reati ancora da esaminare. In base alla struttura del fatto, è possibile operare ulteriori distinzioni: - Si configurano “reati di mera condotta” quando il fatto si esaurisca nel compimento di azioni (reati di mera azione) o nel mancato compimento di un’azione doverosa (reati di mera omissione/omissivi propri), e reati di evento (commissivi o omissivi impropri) – solo con riguardo a questi ultimi sorge il problema del nesso di causalità; - Reati istantanei sono quelli nei quali, verificatasi la consumazione del reato, è irrilevante che la situazione antigiuridica creata dall’agente si protragga nel tempo, mentre nei reati permanenti il protrarsi nel tempo della situazione antigiuridica creata dalla condotta rileva (perfezionandosi il reato nel momento in cui si realizzi la condotta – e, eventualmente, si verifichi l’evento – e perdurandone il momento consumativo sino alla cessazione della condotta del reo137). Si applica, con riguardo ai reati permanenti, una disciplina peculiare sotto vari profili (la prescrizione decorre dal giorno in cui è cessata la permanenza; la legittima difesa è possibile fintanto che perduri la situazione antigiuridica; ecc.); - Reati abituali sono quelli il cui fatto esiga la ripetizione, anche ad apprezzabile distanza di tempo, di una serie di azioni od omissioni (non rilevando un singolo atto del tipo descritto) – es. - Se una delega di funzioni possa comportare un totale trasferimento degli obblighi di garanzia dai vertici dell’impresa ai soggetti delegati. NO: in ogni caso, rimane in capo ai vertici dell’impresa un dovere di vigilanza sul rispetto, da parte dei delegati, dei compiti ad essi attribuiti (creando adeguati sistemi di monitoraggio, o laddove vengano comunque a conoscenza di rischi in atto); - Quali siano la fonte e le condizioni di validità degli obblighi di garanzia in capo ai soggetti delegati. Essi si radicano su un atto di autonomia privata che delinea l’organizzazione interna dell’impresa, necessariamente rispettoso – ai fini della validità della delega – di una serie di requisiti previsti nel d. lgs. 81/2008. 136 Cass. varie: ampio recepimento del metodo della duplice indagine, soprattutto in materia di attività medico chirurgica. Es. Cass. 2005 (Lucarelli): nesso causale tra omissione addebitata al medico ed evento lesivo non riconosciuto.: non essendo stato possibile accertare le modalità di trasmissione del virus, ovvero il meccanismo reale di produzione dell’evento lesivo, non ci si poteva interrogare sull’efficacia impeditiva dell’azione doverosa omessa. Caso: diffusione di epatite B con decesso di 9 pazienti ricoverati nel reparto di ematologia 137 Corte Cost. n. 53/2018 (reati permanenti): nei reati permanenti la consumazione perdura nel tempo, e sono da ricondursi alla fase consumativa del reato tutti gli atti compiuti dal soggetto per conservare la situazione antigiuridica (es. sequestro di persona). 51 maltrattamenti contro familiari e conviventi138 o atti persecutori (stalking)139: in tal caso, ai fini della successione di leggi penali si applica la legge in vigore nel momento in cui è stato compiuto l’ultimo degli atti che integrano il reato abituale e, ai fini dell’applicabilità della legge penale italiana, è sufficiente che uno tra essi sia stato commesso nel territorio italiano. - Reati necessariamente plurisoggettivi sono quelli il cui fatto richieda, come elemento costitutivo, il compimento di una pluralità di condotte da parte di una pluralità di persone. Nei reati necessariamente plurisoggettivi in senso stretto (c.d. "propri"), sono puniti tutti i soggetti che intervengano nel reato (es. corruzione); nei reati necessariamente plurisoggettivi in senso ampio (c.d. impropri), invece, sono punite solo alcune tra le condotte che costituiscono il fatto di reato (es. casi in cui la vittima, in qualche modo, collabora con il reo: come nella fattispecie di circonvenzione di incapace, o per ragione di scelte politico-criminali del legislatore – es. bancarotta preferenziale: impunito il creditore che riceva il pagamento in violazione della par condicio creditorum). 138 Cass. (orientamento in materia di maltrattamenti contro familiari e conviventi): la fattispecie si perfeziona in presenza di atti aventi carattere usuale e ripetitivo lesivi, nel complesso, della dignità della vittima, anche se – singolarmente considerati – risultino penalmente irrilevanti; se penalmente rilevanti, trova applicazione la sola norma sui maltrattamenti ex art. 572 c.p., salvo che integrino lesioni dolose (da punire come reati concorrenti con il delitto di maltrattamenti. 139 Cass. (orientamento in materia di stalking): la fattispecie ex art. 612 bis ha natura di reato abituale, configurandosi in presenza di condotte reiterate di minaccia o molestia che provochino eventi quali un perdurante stato d’ansia o di paura, un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto, ovvero un’alterazione delle abitudini di vita. Ai fini della prescrizione, nel silenzio della legge, la disciplina deve essere mutuata da quella prevista per i reati permanenti: il decorso del relativo termine avviene dal giorno dell’ultima condotta tenuta.- 52 essere imposto al paziente145 (il rifiuto del trattamento sanitario dev’essere distinto dall’eutanasia, implicante una condotta volta ad abbreviare la vita, causando positivamente la morte). La Cassazione civile, in relazione al c.d. caso Englaro (2007), ha ricondotto al “diritto del singolo alla salute” – “diritto di libertà” – la tutela del suo risvolto negativo (“diritto a lasciarsi morire”); anche le Cass. penali, affrontando la problematica della rilevanza del rifiuto del paziente del trattamento terapeutico, sono pervenute alle medesime conclusioni. Tali orientamenti giurisprudenziali sono stati recepiti dal legislatore nella l. n. 219/2017 in materia di consenso informato e disposizioni anticipate di trattamento (c.d. testamento biologico), esentando il medico che esegua le disposizioni del paziente da responsabilità civile e penale - fermo restando che, anche in caso di rifiuto della terapia, il medico deve comunque adoperarsi per alleviare le sofferenze del paziente attraverso un’appropria terapia del dolore -. In tale occasione il legislatore ha, dunque, apposto alcuni limiti al carattere indispensabile del bene della vita. La normativa delineata in tale legge attribuisce un ruolo centrale al consenso libero ed informato del paziente; ciò anche in relazione alla possibilità di manifestare anticipatamente la propria volontà in materia di trattamenti sanitari, vincolante per il medico (con conseguente esclusione di ogni responsabilità in capo a questi), mediante il c.d. testamento biologico (disposizioni anticipate di trattamento), nel caso in cui sopraggiungesse, in futuro, l’incapacità di autodeterminarsi. In caso di trattamento medico-chirurgico effettuato in assenza di un valido consenso: - In caso di decesso del paziente, la Cassazione ha qualificato il fatto ora come omicidio preterintenzionale, ora come omicidio colposo (escludendo la sussistenza del fatto doloso di lesioni personali e ravvisando la colpa nella supposizione di un consenso all’intervento); - Laddove il paziente non muoia, e le sue condizioni migliorino, le S.U. nel 2008 hanno ritenuto configurabile il delitto di lesioni colpose (in senso contrario, un successivo orientamento giurisprudenziale ha riqualificato come doloso l’evento dannoso finale, in presenza di un intervento effettuato nella coscienza del dissenso del paziente). Il caso Cappato. La Corte d’Assise di Milano, nel 2018, ha poi sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 580 c.p. (aiuto al suicidio) – caso: Cappato aveva portato in Svizzera DJ Fabo, cieco e tetraplegico, per consentirgli di sottoporsi ad eutanasia -. La Corte Costituzionale (ord. n. 207/2018), pur rilevando profili di incompatibilità della disciplina vigente, non ha tuttavia provveduto a dichiararla illegittima ma ha rinviato il giudizio di Cappato – con sospensione del processo penale – contando sull’elaborazione, da parte del Parlamento, di una disciplina che tenga conto dei molteplici valori in gioco146. Il legislatore non ha ascoltato il monito della corte che, con Sent. n. 242/2019, ha dichiarato parzialmente illegittimo l’art. 580 c.p. limitatamente all’ipotesi in cui venga agevolata l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche e psicologiche che ella reputa intollerabili, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli estendendo, ricorrendo tali circostanze, la disciplina della l. n. 219/2017 all’aiuto al suicidio (configurandone l’efficacia scriminante) – 145 Cass. 2015 (Tonchia): integra violenza privata – e, eventualmente, lesioni personali dolose – il trattamento sanitario erogato con la forza al paziente. 146 Corte Cost. Ord. n.207/2018: la Corte, nell’elaborazione della risposta interlocutoria: - Ha negato l’incostituzionalità dell’incriminazione dell’aiuto al suicidio, individuando la finalità perseguita dalla norma incriminatrice nella “protezione del soggetto da decisioni in suo danno” predisposta, non essendo possibile incidere sull’interessato, “creandogli attorno una cintura protettiva, inibendo ai terzi di cooperare in qualsiasi modo con lui”; - Ha individuato che, in certi casi (patologie irreversibili, fonti di sofferenze fisiche/psicologiche, ma non tali da alterare la capacità del soggetto di prendere decisioni libere e consapevoli, nonché mantenimento in vita a mezzo di trattamene di sostegno vitale) l’”assistenza di terzi nel porre fine alla sua vita” consista nell’unica via d’uscita per sottrarsi, nel rispetto del proprio concetto di dignità della persona, ad un mantenimento artificiale in vita non più voluto e che egli ha il diritto di rifiutare ex art. 32 c2 Cost.; - La normativa configura, dunque, una limitazione nella libertà di autodeterminazione del malato nella scelta delle terapie, con lesione dei principi di dignità umana, ragionevolezza e uguaglianza in rapporto alle diverse condizioni soggettive; - Al contempo, tuttavia, la Corte ha evidenziato che una dichiarazione di incostituzionalità lascerebbe priva di disciplina legale la prestazione di aiuto materiale a pazienti in un ambito ad altissima sensibilità etico-sociale e rispetto al quale vanno con fermezza preclusi tutti i possibili abusi. 55 valorizzando, in ultima analisi, la dignità e l’autodeterminazione del malato, nell’ambito di una procedura volta a scongiurare il pericolo di abusi ed a tutelare persone particolarmente vulnerabili. Una recente proposta di referendum mirava all’abrogazione parziale dell’art. 579; la Corte Cost., nel ritenere inammissibile il quesito (Corte Cost. n. 50/2022), ha ritenuto che le modifiche auspicate non avrebbero preservato la tutela minima costituzionalmente necessaria della vita umana (con particolare riferimento alle persone deboli e vulnerabili) liceizzando, piuttosto, ogni fattispecie di omicidio del consenziente (e sancendo la piena disponibilità della vita da parte di chiunque sia in grado di prestare un valido consenso alla propria morte). 3.2. I diritti disponibili. Rientrano, in via di principio, tra i diritti disponibili: - I diritti patrimoniali, salvo che l’integrità del bene che formi oggetto si essi soddisfi anche un interesse pubblico; - I diritti personalissimi (entro certi limiti di misura: es. art. 600, delitto di riduzione o mantenimento in schiavitù); - L’integrità fisica, fintanto che l’atto dispositivo sia funzionale alla salvaguardia della salute – o, in caso di atto a svantaggio della salute, entro i limiti dell’art. 5 c.c. -. 3.3. I requisiti del consenso. È legittimato a prestare il consenso il titolare del diritto, ovvero il suo rappresentante legale o volontario, purché abbia capacità naturale (maturità e lucidità necessaria ad intendere l’importanza del bene in gioco ed a valutare l’opportunità del sacrificio; il consenso può essere in qualsiasi forma, espressa o tacita, e può essere sottoposto a condizioni, termini o limitazioni. Il consenso deve essere immune da vizi (errore, violenza, dolo), deve sussistere al momento del fatto – permanendo per tutto il tempo in cui eventualmente si protragga la realizzazione del fatto 147 – ed è sempre revocabile (non rileva l’obbligo preventivo a non revocare il consenso). Quanto all’ipotesi del consenso presunto - ovvero laddove, pur in assenza di consenso, l’agente operi nell’interesse del titolare del diritto (es. violazione di domicilio per chiudere un rubinetto rimasto aperto) -, la giurisprudenza tende a non ritenerlo rilevante mentre la dottrina, invece, vi riconduce la diversa causa di giustificazione dell’esercizio di un diritto (il diritto consisterebbe, specificamente, nella facoltà di gestire utilmente gli interessi del terzo). 4. L’esercizio di un diritto. Ex art. 51 c1 c.p. l’esercizio di un diritto esclude la punibilità. Rientrerebbero in tale nozione di “diritto” non solo i “diritti soggettivi” in senso stretto, ma anche qualunque facoltà legittima di agire riconosciuta dall’ordinamento e derivante da norme costituzionali (es. diritto di sciopero), norme di legge ordinaria, norme europee, leggi regionali (nel rispetto dei principi fondamentali della legge dello Stato), norme consuetudinarie richiamate in funzione integrativa da una disposizione di legge. Tra tali fonti non rientra, tuttavia, il provvedimento amministrativo (che, laddove autorizzi un’attività penalmente vietata, sarebbe illegittimo e, pertanto, il giudice dovrebbe disapplicarlo). Nel sondare l’applicabilità dell’art. 51 occorre accertare, previamente, se la specifica azione/omissione realizzata rientri tra le facoltà costitutive del diritto invocato; in ragione, poi, del carattere oggettivo della scriminante, il fatto conforme resta lecito qualunque sia il fine che abbia animato l’agente nell’esercizio del diritto, salve ipotesi nelle quali la legge subordini il diritto all’assenza di finalità illecita (es. divieto di atti emulativi con riguardo al diritto di proprietà). 4.1. Il diritto di cronaca. 147 Cass. 2014 (Della Monica), in relazione a pratiche erotiche sadomasochistiche. 56 Rientra nell’ambito applicativo dell’esercizio di un diritto la libertà di manifestazione del pensiero – in relazione alla manifestazione sia di opinioni e convincimenti – anche, secondo il manuale, con riguardo a manifestazioni non argomentate né motivate, o formalmente scorrette (es. rozza manifestazione di dissenso verso un pianista mediante fischi) -, che di vicende e fatti – limitatamente, secondo la giurisprudenza prevalente sviluppatasi in relazione alla cronaca giornalistica, in quanto rispondano, al momento della diffusione della notizia, a verità (oggettiva) piuttosto che a veridicità o verosimiglianza148, richiedendosi a tal fine la corrispondenza tra accaduto e narrato in relazione agli elementi essenziali del fatto – pur ammettendosi modeste e marginali inesattezze in ordine alle modalità della sua realizzazione. Ulteriori limiti al diritto di cronaca sono: - la necessità di un interesse pubblico alla conoscenza dei fatti riferiti dal giornalista149 - lecita anche la pubblicazione di notizie/immagini attinenti alla vita privata di personaggi famosi, laddove risponda all’interesse dei lettori delle riviste di gossip; - la correttezza del linguaggio usato (c.d. continenza), ovvero l’impiego di forma espositiva corretta, eventualmente strettamente funzionale alla finalità di disapprovazione senza sfociare nella gratuita ed immotivata aggressione dell’altrui reputazione150. È controverso, in giurisprudenza, se l’esercizio dei diritti di critica o di cronaca copra i soli reati commessi con la pubblicazione della notizia o si estenda ad eventuali reati ulteriori compiuti al fine di procurarsi la notizia. 4.2. Il diritto di sciopero. In seguito al riconoscimento nella Costituzione del diritto di sciopero, conservano rilevanza penale unicamente i fatti di sciopero per fini non contrattuali e di coazione alla pubblica autorità mediante sciopero (nel 1990 sono state riqualificate come sanzioni amministrative le misure previste per sanzionare lo sciopero nei servizi pubblici essenziali); la rilevanza scriminante del diritto di sciopero persiste, tuttavia, laddove trovi applicazione l’art. 340 c.p. (interruzione di un servizio di pubblica necessità). A tal riguardo la Corte Cost. ha riconosciuto, nel 1996151, la liceità dell’astensione collettiva dalle prestazioni professionali da parte deli avvocati, pur rilevando l’incostituzionalità della legge in materia nella parte in cui non preveda alcuni requisiti di liceità per gli scioperi (es. l’obbligo di un congruo preavviso e di un ragionevole limite temporale dell’astensione) e strumenti idonei ad assicurare, comunque, le prestazioni essenziali (per salvaguardare preminenti interessi individuali e collettivi coinvolti in tali circostanze). Non rientrano, ad ogni modo nel diritto di sciopero – integrando il delitto di violenza privata - le azioni di picchettaggio violento (uso di violenza o minaccia per costringere i lavoratori a aderire allo sciopero152), nonché le condotte che travalichino nella lesione di altri interessi costituzionalmente garantiti153. 5. L’adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica. Ex art. 51 c1 anche l’adempimento di un dovere, imposto da una norma giuridica, esclude la punibilità. La causa di giustificazione dell’adempimento del dovere esprime, a sua volta, l’esigenza di salvaguardare la coerenza dell’ordinamento giuridico di nu presenza di un conflitto di doveri: in tale situazione l’individuazione del dovere prevalente avviene, espressamente, ad opera del legislatore (in relazione al 148 Cass. 2015 (Ciconte): la scriminante troverebbe applicazione anche in presenza di una verifica non molto accurata, purché si tratti di assicurare un’informazione tempistica nell’immediatezza dei fatti. Cass. 2010 (Cronaca giudiziaria): in caso di notizia attinta da un provvedimento giudiziario, è necessario che la narrativa sia fedele al contenuto del provvedimento. Cass. 2018 (Cronaca giudiziaria e affidamento): in caso di notizia attinta da altra pubblicazione deve essere comunque operato un controllo, non essendo sufficiente l’affidamento in buona fede sulla fonte informativa. 149 Cass. varie. 150 Cass. 2010 (Campana). 151 Corte Cost. n. 171/1996 152 Cass. 1982 (Lanini). 153 Cass. 2015 (Occupazione): uno “sciopero di studenti” aveva impedito lo svolgimento delle attività didattiche anche per gli studenti non manifestanti, con lesione del “diritto allo studio” di questi ultimi. 57 In seguito a due innovazioni legislative (l. n. 59/2006 e l. n. 36/2019) la legittima difesa assume limiti più ampi nei contesti del domicilio (abitazione, altri luoghi di privata dimora – formula dalla portata controversa164 - e relative appartenenze) e degli esercizi commerciali (disciplinati ex artt. 52 c. 2,3,4). La c.d. legittima difesa domiciliare si articola in due ipotesi, ricorrendo in entrambe una violazione di domicilio: - L’art. 52 c2 configura una presunzione assoluta di proporzione165 quando la difesa sia stata esercitata da chi fosse legittimamente presente nel luogo del fatto (e non, ad esempio, da chi abbia violato l’altrui domicilio), abbia adoperato un’arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo a scopi difensivi – l’uso di un’arma non legittimamente detenuta comporta l’applicazione della disciplina ordinaria della scriminante – e fosse mosso dal fine di difendere la propria o altrui incolumità o i beni propri o altrui, in assenza di desistenza ed a fronte di pericolo di aggressione. Permangono, comunque, i requisiti del pericolo attuale di un’offesa ingiusta alla persona o al patrimonio – dove l’attualità del pericolo può essere, secondo parte della giurisprudenza, anche rivolta al solo patrimonio, mentre il “pericolo di aggressione” implicherebbe una prognosi sulla condotta del malintenzionato che non avesse ancora attuato o minacciato azioni aggressive contro l’incolumità dell’agente – pur mirando a commettere reati contro il patrimonio166 -, nonché della necessità della difesa e quello, ulteriore, della mancata desistenza dall’esecuzione del reato. La disciplina prevista parrebbe ammettere il sacrificio del bene “vita” – bene inviolabile e fondamentale ex artt. 2 e 32 Cost. - anche in presenza di un pericolo per il “patrimonio” – bene strumentale e limitato ex art. 42 c2 Cost. – e contrasterebbe, d’altro canto, anche con l’art. 2 CEDU (che ammette l’uccisione dell’aggressore soltanto laddove necessario per garantire la difesa della persona). Nel ricondurre ai canoni costituzionali la disciplina la giurisprudenza, anteriormente alla riforma del 2019, ha individuato nel “pericolo di aggressione” la necessità che venga posta in pericolo l’incolumità fisica della persona167. Nel 2019 il legislatore, per intralciare tali interpretazioni giurisprudenziali, ha inserito l’avverbio “sempre” nell’art. 52 c2, ma la Cassazione ne ha nullificato la portata168. - L’art. 52 c4 (introdotto nel 2019) dispone che, nei casi di cui al secondo e terzo comma, agisce sempre in stato di legittima difesa colui che compie un atto per respingere l’intrusione posta in essere, con violenza o minaccia di uso di armi odi altri mezzi di coazione fisica, da parte di una o più persone. Tale disposizione configura una presunzione estesa a tutti i requisiti della scriminante in presenza di una violazione di domicilio effettuata con violenza sulle persone o sulle cose169 (ipotesi aggravata ex art. 614 c4), caso in concreto verosimilmente più frequente. Il legislatore, in tale occasione, ha anche introdotto due previsioni volte ad accelerare i tempi del processo e a non gravare chi si sia difeso delle spese processuali una volta che la scriminante sia stata accertata. Quanto all’estensione della presunzione assoluta a tutti i requisiti ordinari della legittima difesa: - Relativamente al requisito della proporzione, un’interpretazione conforme alla Costituzione impone comunque una valutazione comparativa dei beni in conflitto; 164 Cass. 2013 (Todero): autovettura non qualificabile come luogo di privata dimora dal momento che in essa non si compiono, di norma, atti caratteristici della vita domestica. 165 Cass. 2018 (Vizzino): la presunzione assoluta configurata in tale ipotesi di legittima difesa domiciliare si estende alla sola proporzione, a differenza dell’ipotesi di cui al c4 (connotata da violenza). 166 Cass. 2019 (Capozzo). 167 Cass. 2007 (Grimoli): la difesa con armi dei beni … è legittima soltanto quando non vi sia desistenza ed anzi sussista un pericolo attuale anche per la incolumità fisica dell’aggredito o di altri. Cass. 2013 (Gallo Cantone): spari dalla finestra ad un ladro introdottosi in un edificio attiguo all’abitazione dell’agente, senza che vi fosse pericolo per l’integrità fisica di questi: esclusa la legittima difesa. 168 Cass. 2019 (Capozzo): l’avverbio “sempre” sarebbe pleonastico e non inciderebbe sul margine di interpretazione necessario per ricondurre la disciplina ai parametri costituzionali. 169 Cass. 2019 (Gueye): è sufficiente una violenza sulle cose, es. intrusione forzando una serratura. 60 - La necessità è, poi, requisito fondante della legittima difesa, in quanto facoltà eccezionale di autotutela170 e, in caso di omicidio, sarebbe peraltro imposto dall’art. 2 c2 CEDU (rilevante ex art.117 c1 Cost.). Il legislatore, nel 2019, ha anche operato una modifica della disciplina in materia di eccesso colposo nelle cause di giustificazione: ex art. 55 è prevista una scusante (ovvero una circostanza anormale che influisca in modo irresistibile sulla volontà o sulle capacità psicofisiche dell’agente, rendendo inesigibile un comportamento diverso, non incidente sull’antigiuridicità della condotta ma sul piano della colpevolezza) per chi ecceda nella legittima difesa domiciliare avendo agito, per la salvaguardia della propria o altrui incolumità (e non di beni patrimoniali171), nelle condizioni di cui all’art. 61 c1 (minorata difesa), ovvero in stato di grave turbamento, derivante dalla situazione di pericolo in atto – resta, comunque, ferma la responsabilità dell’agente in caso di eccesso doloso. Il giudice, nell’applicare tale causa di non punibilità, deve vagliare la sussistenza in concreto di una situazione di minorata difesa – approfittamento di condizioni che abbiano ostacolato l’azione difensiva – o del grave turbamento psichico (vagliando il duplice rapporto causale: “turbamento derivante dalla situazione di pericolo” e “turbamento causa rispetto all’eccesso di difesa”)172, circostanze che abbiano impedito all’agente di tenere una condotta rispettosa di regole cautelari la cui osservanza avrebbe impedito l’evento. 8. L’uso legittimo di armi. L’art. 53 c.p. disciplina i presupposti ed i limiti dell’uso legittimo di armi, configurando 3 ipotesi. 8.1. Uso delle armi per respingere una violenza o vincere una resistenza all’autorità. Ex art. 53 c1 c.p. non è punibile il p.u. che, al fine di adempiere un dovere del proprio ufficio, fa uso ovvero ordina di far uso delle armi o di un altro mezzo di coazione fisica, quando vi è costretto dalla necessità di respingere una violenza o di vincere una resistenza all’Autorità. Questa scriminante ha uno spazio autonomo, configurandosi invece legittima difesa quando l’uso di armi/coazione sia mosso dalla necessità di difendere un diritto proprio altrui dal pericolo attuale di un’offesa ingiusta ed adempimento di un dovere quando l’uso di armi/coazione sia una modalità dell’adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo di pubblica autorità; l’art. 53 c1 prevede una “forma estrema” di coercizione diretta da parte dello Stato in presenza di ostacoli alla pubblica autorità (es. cariche di polizia per disperdere una manifestazione). Rientrano tra i soggetti legittimati a far uso delle armi soltanto i pubblici ufficiali tra i cui doveri istituzionali rientri l’uso della coercizione fisica diretta con armi o altri mezzi (c.d. forza pubblica) – ne sono esclusi, ad es., agenti di polizia municipale173 e guardie giurate in servizio di vigilanza privata -; chiunque, tuttavia, può beneficiare della scriminante quando presti assistenza alla forza pubblica sulla base di una legale richiesta (e non di loro iniziativa) che, se disattesa, potrebbe peraltro configurare un illecito amministrativo in assenza di “giustificato motivo” (art. 652 c.p.). Tra i presupposti dell’uso di armi: - Deve essere necessario: non si configura la scriminante in presenza di mezzi diversi per vincere la resistenza/violenza (es. esortazione verbale) o quando l’agente avrebbe potuto scegliere un mezzo di coazione meno lesivo ancorché efficace (es. non lecito manganellare manifestanti quando sarebbe stato possibile disperderli con idranti/lacrimogeni). - Deve essere proporzionato, limite di costruzione giurisprudenziale (ma imposto anche dall’art. 2 CEDU, che tutela il diritto alla vita anche da aggressioni della forza pubblica non assolutamente 170 Sergio Mattarella: l’esistenza di una condizione di necessità rappresenta il fondamento costituzionale della legittima difesa. 171 Cass. 2019 (Capozzo): chi ecceda i limiti della legittima difesa domiciliare per la salvaguardia di soli beni patrimoniali non potrà invocare l’art. 55 c2. In ordine al requisito della minorata difesa: occorre che la situazione abbia reso in concreto impossibile opporre una normale difesa rispetto all’aggressione subita. 172 Corte Cost. n. 172/2014 (accertamenti inerenti la sfera emotiva/psicologica (nel caso di specie: grave stato di ansia o di paura, nella fattispecie di Stalking – questione sollevata per sospetto contrasto con il principio di determinatezza): eventi che riguardino al sfera emotiva e psicologica debbono essere accertati attraverso un’accurata osservazione di segni e indizi comportamentali, desumibili dal confronto tra la situazione pregressa e quella conseguente alle condotte dell’agente, che denotino una apprezzabile destabilizzazione della serenità e dell’equilibrio psicologico della vittima. 173 Andrea Alongi: “la Municipale fa solo le multe”. Orientamento contrastante: Trib. Parma 61 necessarie per tutelare la vita degli agenti o di terzi), occorrendo stabilire di volta in volta se l’interesse pubblico che la coazione ambisca ad affermare sia prevalente rispetto all’interesse individuale sacrificato174. Il principio di imparzialità cui la p.a. debba ispirare la sua attività ex art. 97 Cost. presuppone la necessaria considerazione di tutti gli interessi in gioco e, d’altra parte, la Cost. impone di dedicare particolare considerazione ai beni della vita e dell’integrità fisica (prevalenti, ad es., rispetto all’interesse ad eseguire un provvedimento di sgombero di un edificio occupato abusivamente); - Deve essere in atto una violenza – uso di qualsiasi forma di energia fisica che cada sulle persone, ledendone l’integrità o la salute, ovvero sulle cose, distruggendole o rendendole inservibili - o resistenza – in relazione alle ipotesi di resistenza c.d. attiva, ovvero non limitata all’inerte impedimento fisico o al mero allontanamento dal luogo in cui la pubblica autorità abbia intimato di fermarsi175 - nei confronti dell’autorità. La necessità di interpretare restrittivamente il concetto di “resistenza” trova fondamento anche dal c3 dell’art. 53, che rinvia (anche) ad altre leggi speciali in cui il legislatore abbia voluto dare espresso rilievo alla resistenza passiva/fuga quali presupposti per l’uso legittimo delle armi. 8.2. L’uso delle armi per impedire la consumazione di gravissimi delitti. Art. 53 c1 II: necessità di impedire la consumazione dei delitti di strage, naufragio, sommersione, disastro aviatorio, disastro ferroviario, omicidio volontario, rapina a mano armata e sequestro di persona. Tale disposizione risponde all’esigenza, radicalmente diversa, di tutelare una varietà di beni offesi da alcune gravi ipotesi di delitti dolosi e presuppone, comunque, che l’uso delle armi debba essere necessario e proporzionato (rientrando tra gli interessi in gioco, ad es., la vita di ostaggi potenzialmente messa in pericolo in caso di uso di armi per respingere una rapina a mano armata) nonché, in via interpretativa, la presenza di un delitto di cui già sussistano quantomeno gli estremi del tentativo (dovendo l’azione “impedirne la consumazione”). 8.3. Ipotesi di uso legittimo delle armi previste da leggi speciali. Tra le leggi speciali cui l’art. 53 c.p. rinvia ricorrono, ad esempio, alcune disposizioni emanate in materia di repressione del contrabbando (l. n. 100/1958), di vigilanza interna ed esterna degli istituti penitenziari, di passaggi abusi di frontiera: tali ipotesi si pongono, sovente, in potenziale contrasto con la Costituzione per violazione con il principio di ragionevolezza ex art. 3 Cost. (consentendo, in deroga alla disciplina generale dell’uso delle armi, sacrifici di beni di alto rango per salvaguardarne di rango inferiore). 9. Lo stato di necessità. Ex art. 54 c1 non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo. Questa disposizione non si applica a chi ha un particolare dovere giuridico di esporsi al pericolo. La disposizione della prima parte di questo articolo si applica anche se lo stato di necessità è determinato dall’altrui minaccia ma, in tal caso, del fatto commesso dalla persona minacciata risponde chi l’ha costretta a commetterlo. Tra i presupposti dell’azione di salvataggio: - Occorre un pericolo attuale (come nella legittima difesa il verificarsi del danno deve essere imminente o già in atto, ma non ancora esaurito) e non volontariamente causato (intenzionalmente o previsto e accettato come una conseguenza certa o seriamente possibile della propria condotta, mentre non preclude l’applicazione dell’esimente la causazione colposa del pericolo176, benché la 174 Cass. 2014 (Pillitu) 175 Cass. 2014 (Pillitu) in quel senso; in senso contrario (rilevanza, pur limitata, della resistenza passiva), Cass. 2015 (Vieider). 176 Cass. 2005 (Carone); 2011 (Riccio). L’orientamento giurisprudenziale prevalente interpreta, tuttavia, la formula “volontariamente” come sinonimo di “colpevolmente”, abbracciando anche l’ipotesi del pericolo derivato da una condotta colposa (es. quando una manovra di emergenza che cagioni la morte di un pedone sia risultata necessaria avendo il guidatore effettuato un sorpasso in curva cieca) 62 - Conformemente alla funzione rieducativa della pena ex art. 27 c3 Cost., presupponente la rimproverabilità dell’agente (altrimenti non vi sarebbe necessità di rieducazione); - Conformemente ai principi garantisti di legalità e irretroattività della legge penale (art. 25 c.2 Cost.), presupponenti che l’agente possa rispondere soltanto di condotte da lui controllabili. In tale occasione la Corte ha censurato l’art. 5 c.p., ritenendo che l’agente possa invocare a propria scusa ’”ignoranza inevitabile della legge penale”, e ha rilevato il contrasto tra il modello della “responsabilità oggettiva” (per fatto proprio, ma realizzato senza dolo o colpa) ed il principio costituzionale di personalità della responsabilità penale. Nel 1991, poi, la Corte Cost. (Sent. 2/1991) ha evidenziato che la “colpevolezza dell’agente” deve estendersi a tutti gli elementi che contrassegnano il disvalore della fattispecie penale (ritenendone, ad ogni modo, sufficiente la colpa). Il principio di colpevolezza è stato, nel 2020, ulteriormente valorizzato dalla Corte Costituzionale (Sent. 73/2020), nel censurare il divieto di prevalenza della circostanza attenuante del vizio parziale di mente sull’aggravante della recidiva reiterata. A. DOLO, COLPA, DOLO MISTO A COLPA. 2. Dolo e colpa. Ex art. 42 c.p., di regola, per i delitti è richiesto l’elemento soggettivo del dolo; per le contravvenzioni, invece, è sufficiente la colpa (salve alcune eccezioni), ferma restando la rilevanza dell’eventuale dolo (indice di una maggiore gravità della contravvenzione) ai fini della commisurazione della pena (art. 133 c.1 c.p.) – nonché ai fini di qualsiasi altro effetto giuridico: ad es., ex art. 105, la dichiarazione di contravventore professionale presuppone la commissione di una serie di contravvenzioni dolose. 3. Dolo. Il dolo poggia, ex art. 43 c.p., su due componenti (rappresentazione e volizione). La rappresentazione del fatto antigiuridico183 presuppone la conoscenza effettiva184 di tutti gli elementi rilevanti del fatto concreto (integrata anche laddove l’agente versi in stato di dubbio185) nel momento in cui l’agente inizia l’esecuzione dell’azione tipica (non è, poi, necessario che persista successivamente). Gli elementi del fatto possono essere descrittivi o normativi: i primi sono individuabili mediante i sensi (es. “minore di anni 10”), mentre i secondi presuppongono la mediazione di norme che attribuiscano qualità (giuridiche o sociali) ad un dato della realtà (es. “atto osceno”). Gli errori sul fatto (art. 47) escludono il dolo, pur potendo residuare responsabilità a titolo di colpa (laddove il fatto sia preveduto dalla legge come delitto colposo). Può essere operata una distinzione tra: a) Errore di fatto: mancata rappresentazione di elementi del fatto come conseguenza di un’errata percezione sensoriale. b) Errore di diritto (su norma extra penale): errata interpretazione di norme giuridiche o sociali diverse dalla norma incriminatrice e da questa richiamate. Si registrano, con riguardo alla disciplina degli errori sul fatto, diversi orientamenti giurisprudenziali: - Giurisprudenza prevalente di Cassazione (da ultimo, 2019): art. 47 c3 svuotato di contenuto, ritenendosi che tutti gli errori interpretativi di norme giuridiche richiamate mediante un elemento normativo siano errori sulla legge penale e, in quanto tali, inescusabili non vertendo sul fatto. Rileverebbe, pertanto, unicamente l’errore inevitabile (non dovuto a colpa). 183 Il dolo è escluso ex art. 47 laddove l’agente sia caduto in un errore sul fatto costituente reato (per falsa rappresentazione della realtà o per difettosa interpretazione di una norma giuridica) o, ex art. 59 c.4, laddove l’agente – pur rappresentandosi il fatto – ritenesse di agire in presenza di una causa di giustificazione. 184 Nella colpa, invece, è sufficiente una conoscenza potenziale (rimproverandosi all’agente che avrebbe potuto rappresentarsi il fatto adottando la dovuta diligenza. 185 Salvi i casi, come evidenziato da Cass. (da ultimo, nel 2016), in cui la legge esiga una conoscenza piena e certa dell’esistenza di un elemento, es. calunnia (art. 368). 65 - Diverso orientamento minoritario (Cass. 2002): art. 47 c3 applicabile laddove l’errore verta su norme destinate, in origine, a regolare rapporti giuridici di carattere non penale186. Il dolo poggia, poi, sulla volizione del fatto antigiuridico (come conseguenza della propria azione o omissione) nel momento in cui il reo agisce187, decidendo di realizzarlo in tutti i suoi elementi. 3.1. I gradi del dolo. Il dolo presenta 3 possibili gradi (con riferimento all’intensità dei momenti rappresentativo e volitivo): - Dolo intenzionale, quando il soggetto agisce con lo scopo di realizzare il fatto, senza che rilevi la probabilità del raggiungimento del risultato (essendone sufficiente la possibilità); a) Reati a dolo specifico188: l’agente commette il fatto ambendo ad un risultato ulteriore (il cui realizzarsi non è necessario per la consumazione del reato); b) Reati a dolo generico189: le finalità dell’agente sono indifferenti per l’esistenza del dolo. - Dolo diretto, quando l’agente non persegue la realizzazione del fatto, ma si rappresenta come certa o probabile al limite della certezza l‘esistenza degli eventuali presupposti della condotta ed il verificarsi dell’evento come conseguenza dell’azione. - Dolo eventuale (o indiretto), quando l’agente – non perseguendo la realizzazione del fatto – si rappresenta come seriamente possibile l’esistenza di presupposti della condotta ovvero il verificarsi dell’evento come conseguenza dell’azione e, pur di non rinunciare all’azione e ai vantaggi che se ne ripromette, accetta che il fatto possa verificarsi (agendo “costi quel che costi”, c.d. “seconda formula di Frank). Tale forma di dolo confina con la c.d. colpa cosciente. Orientamenti di Cass. sul dolo eventuale: - 2012, omicidio volontario in ambito di circolazione stradale laddove il conducente abbia effettuando una manovra folle per sottrarsi ad un arresto e, nel farlo, abbia travolto un’auto. - 2019 (e al.), ritenuta sufficiente l’accettazione del rischio del verificarsi del fatto: opinione, secondo il manuale, contra legem190). - 2020 (e al.), ritenuto necessario che l’agente accetti l’evento perché possa configurarsi il dolo (caso: trasmissione di epatite C mediante la volontaria esecuzione di rapporti sessuali non protetti). Con riferimento al rapporto tra dolo eventuale e colpa cosciente, la giurisprudenza dominante (Cass. varie; tra le altre, Cass. 2017 Schettino) ritiene che il dolo eventuale presupponga l’accettazione del verificarsi dell’evento, mentre la colpa cosciente sarebbe comunque connotata dalla convinzione (dovuta a negligenza o ad imprudenza), da parte dell’agente, che l’evento non sia destinato a verificarsi. Casistica recente: a) Omicidio o lesioni personali conseguenti a contagio da HIV derivante da rapporti sessuali non protetti (Cass. 2001): Omicidio colposo aggravato dalla colpa cosciente laddove il reo, godendo di buona salute, confidasse di non essere più contagioso per il proprio modesto livello culturale; dolo eventuale, laddove il reo avesse mostrato di accettare l’eventualità della trasmissione (Cass. 2008). b) Giuda di autoveicoli in stato di alterazione psicofisica: tendenza a riconoscere il dolo eventuale, sull’onda dell’allarme sociale suscitato da tali episodi. Cass. varie: colpa cosciente in assenza di rappresentazione e volizione dell’evento. c) Responsabilità del datore di lavoro per infortuni occorsi ai dipendenti per l’omessa adozione di adeguate misure preventive. Caso Thyssenkrupp (Cass. 2014), omicidio colposo aggravato dalla previsione dell’evento laddove, conformemente alla “prima formula di Frank”, l’agente non avrebbe agito allo stesso modo qualora si fosse rappresentato come certo l’evento lesivo. 186 Es. norme privatistiche che disciplinano la trasmissione della proprietà. 187 Non sono ammissibili il dolo antecedente, susseguente o generale 188 Es. strage, art. 422, “al fine di uccidere”. 189 Es. omicidio. 190 Ponendo ad oggetto dell’accettazione non l’evento (es. morte) ma il pericolo del verificarsi di esso (trasformando i reati di evento in reati di pericolo. 66 In conclusione: la Cassazione ritiene che dolo eventuale e colpa cosciente siano accomunati dal momento rappresentativo (sia pur con sfumature diverse, richiedendosi perché possa configurarsi il dolo eventuale una rappresentazione particolarmente “chiara e lucida” della verificazione dell’evento) e distinti sul piano del processo decisionale sotteso alla condotta dell’agente (mera “trascuratezza o imprudenza” nella colpa cosciente; “consapevole adesione all’evento all’esito di un bilanciamento tra gli interessi in gioco” nel dolo eventuale). 3.2. L’oggetto del dolo. In ordine all’oggetto del dolo, è sufficiente esso si estenda al “fatto concreto” tipizzato dalla norma, inclusivo dei presupposti della condotta (laddove previsti) e delle qualità richieste nei reati propri191, e non all’esistenza (o alla corretta interpretazione) della norma incriminatrice – casomai rilevando, tale profilo, ex art. 5 c.p. -. Nei reati a dolo specifico, ad ogni modo, l’oggetto del dolo deve estendersi anche ad un risultato ulteriore che l’agente ambisca a perseguire192. Cass. 2020: ai fini del dolo è irrilevante che l’agente abbia una “precisa e completa conoscenza delle circostanze di tempo, di modo e di luogo del reato presupposto193”. Non rileva, d’altro canto, che l’agente si fosse prefigurato un decorso causale diverso (nondimeno destinato a sortire il medesimo risultato); caso, quest’ultimo, dell’aberratio causae194. Laddove il soggetto agente supponesse erroneamente di versare in una situazione che, se esistente, integrerebbe gli estremi di una causa di giustificazione riconosciuta dall’ordinamento (ma anche di una scusante: cfr. Cass. 2017) , il dolo è escluso ex art. 59 c.4 (potendo, l’agente, essere tuttalpiù chiamato a rispondere a titolo di colpa (in caso di errore colposo). Non rientrano nei casi di cui all’art. 59, costituendo errori sulla legge penale (rilevanti solo in quanto “scusabili”), la supposizione dell’esistenza di una causa di giustificazione non contemplata dall’ordinamento, nonché la supposizione che una causa di giustificazione presenti limiti più ampi di quelli ammessi dall’ordinamento (Cass. “Rizzo”, 1991, e al. tra cui “Loyola”, 2008). 3.3. Reati omissivi. Nei reati omissivi il dolo presuppone: - La rappresentazione dei presupposti di fatto dai quali scaturisce il dovere di agire, nonché dell’azione da compiere (non essendo, invece, necessario che il soggetto conosca la rilevanza penale della propria omissione). Nei reati omissivi impropri, peraltro, il garante deve altresì rappresentarsi che il compimento dell’azione doverosa potrebbe impedire il verificarsi dell’evento. - Momento volitivo: l’agente deve decidere di non compiere l’azione doverosa; nei reati omissivi impropri il dolo deve, altresì, coprire la certezza/accettazione dell’eventualità del verificarsi dell’evento che sarebbe stato impedito dal compimento dell’azione doverosa. 3.4. L’accertamento del dolo. Rappresentazione e volizione, qualificandosi come “atti psichici”, possono essere unicamente desunti da dati esteriori con l’aiuto di massime d’esperienza (non potendo essere accertati mediante i sensi); come evidenziato dalla giurisprudenza queste ultime devono, tuttavia, essere adeguate alle circostanze del caso concreto, sulle quali il giudice deve imperniare l’accertamento del dolo (richiedendosi, a differenza della colpa, l’effettiva rappresentazione e volizione del fatto). Le circostanze da considerare nell’accertamento del dolo possono riguardare: 191 Perché possa configurarsi il dolo è, in tal caso, sufficiente che l’attore abbia una conoscenza da profano della propria qualità giuridica. Nella disciplina del concorso di persone, di regola (v. art. 117 c.p., ipotesi di responsabilità oggettiva da reinterpretare, in modo costituzionalmente conforme, come forma di responsabilità di dolo misto a colpa), il soggetto privo della qualifica richiesta dalla fattispecie di reato concorre dolosamente nel reato proprio laddove fosse a conoscenza della qualità richiesta dalla norma incriminatrice in capo al concorrente. 192 Es. art. 630 c.p., sequestro di persona a scopo di estorsione. 193 Ad es., nel “furto”, è irrilevante che conosca il proprietario della cosa rubata. 194 Es. killer intende uccidere la vittima colpendola alla testa e, sbagliando mira, la uccide colpendola al cuore. 67 Con il Decreto Balduzzi (2012) il medico che si fosse attenuto a linee-guida/buone pratiche accreditate non avrebbe risposto per colpa lieve (ma, solo in presenza di errori macroscopici, laddove avrebbe dovuto discostarsi dalle linee-guida o qualora le avesse adattate in modo palesemente errato). Con la Legge Gelli Bianco (n. 24/2017) è stato introdotto l’obbligo generalizzato di attenersi alle raccomandazioni previste dalle linee guida nonché, laddove non ve ne siano, quello di attenersi alle buone pratiche clinico-assistenziali207; è stato istituito il Sistema Nazionale per le Linee-Guida208; è stato inserito nel codice penale l’art. 590-sexies. L’art. 590-sexies introduce 3 elementi innovativi: - Il sanitario è esonerato da qualsiasi responsabilità laddove abbia agito nel rispetto di linee-guida in primis “accreditate209” e, in secundis, “adeguate210” alle specificità del caso concreto; - L’espresso riferimento all’imperizia ha escluso la rilevanza di linee-guida contenenti regole di diligenza nell’esclusione della responsabilità colposa (una corrente giurisprudenziale, in precedenza, ne riconosceva la rilevanza, affiancandole alle regole di perizia). Soltanto le regole di perizia - ovvero quelle attinenti alle modalità secondo le quali debbano svolgersi specifiche forme di attività medico-chirurgica – possono, dunque, essere invocate dal medico cui venga mosso un rimprovero di imperizia; egli non può, pertanto, invocare il rispetto delle linee-guida laddove gli vengano contestate negligenza o imprudenza. A tal riguardo, come evidenziato in Cass. S.U. Mariotti, potrebbe risultare estremamente difficile operare una distinzione tra “colpa da negligenza” e “colpa da imperizia”. - La rimozione di qualsiasi riferimento alla colpa lieve in un’ottica di sollevamento del medico dalla responsabilità (residuando, tale circostanza, unicamente nella commisurazione della pena come di regola). Tra le perplessità sollevate dalla legge Gelli-Bianco, l’ambito di applicazione particolarmente limitato: è raro che sia contestabile l’imperizia del medico che agisca nel rispetto delle linee guida/buone pratiche (regole di perizia) correttamente individuate e selezionate. In S.U. Mariotti la Cassazione ha operato alcuni chiarimenti: - Operando una distinzione tra individuazione, selezione ed esecuzione delle linee-guida, la responsabilità del medico si configura unicamente laddove questi (es. per difetto di abilità) commetta un errore esecutivo; - Recuperando l’esenzione da responsabilità per colpa lieve per imperizia211 (non anche per negligenza o imprudenza), ritenuta implicita nel dettato normativo, rilevando che la linea guida possa comunque dirsi “rispettata” in presenza di uno scostamento marginale e, parimenti, subordinando la responsabilità del medico al verificarsi di un errore esecutivo non minimale nell’esecuzione di linee guida correttamente individuate; - Classificando l’art. 590-sexies come una causa di non punibilità (discendente da valutazioni politico-criminali di esclusione di pena per fatti comunque colpevoli, ad es. alla luce della necessità di gestire il rischio professionale del medico e contrastare le pratiche di c.d. medicina difensiva), piuttosto che come una causa di esclusione di colpevolezza (essendo comunque il fatto rimproverabile). Le ipotesi di applicazione di tale causa di non punibilità non incidono, ad ogni modo, sulla responsabilità civile del sanitario. Responsabilità medica e COVID 207 Cass. 2017 in merito al rapporto buone pratiche/linee guida: le buone pratiche hanno un rilievo solo sussidiario alla luce del “minor grado di ponderazione scientifica”, pur dovendo comunque essere “accreditate” e “consolidate” nella comunità scientifica. 208 È stata prevista una procedura di accreditamento, aggiornamento e pubblicazione delle linee-guida da parte dell’Istituto Superiore di Sanità. 209 Ciò implica, come individuato in Cass. S.U. 2017 Mariotti, che il medico debba informarsi ed aggiornarsi sull’evoluzione scientifica della propria professione. 210 Ovvero correttamente individuate, correttamente adattate alle circostanze del caso concreto (es. quadro clinico complessivo del paziente che presentasse anche ulteriori patologie), disattese laddove si rendesse necessario. 211 Ciò implica che l’esenzione da responsabilità possa operare unicamente laddove il caso concreto sia regolato da linee-guida adeguate al caso concreto. 70 Per garantire la riuscita della campagna vaccinale, in un contesto di elevata incertezza scientifica e di assenza di linee-guida/pratiche consolidate, il legislatore ha escluso la responsabilità penale da somministrazione del vaccino: ciò, nello specifico, escludendo la punibilità dei sanitari (per omicidio colposo/lesioni personali colpose) purché fossero rispettate le regole cautelari contenute nel provvedimento di autorizzazione dell’immissione in commercio nel vaccino (e riprodotte nel c.d. bugiardino del farmaco212). Nel periodo emergenziale, peraltro, l’assenza di linee guida/buone pratiche cui parametrare l’eventuale rimprovero di imperizia rischiava di paralizzare l’applicabilità dell’art. 590 sexies ed i medici, di conseguenza, rischiavano di essere esposti ad una dilatazione di responsabilità. Il legislatore, pertanto, con una disposizione temporanea ha limitato ai casi di colpa grave la responsabilità dei medici (per lesioni / omicidio colposo) per fatti verificatisi durante lo stato di emergenza; tale disposizione risultava applicabile anche a patologie non correlate al Covid (causate/aggravate dall’abbassamento dei livelli assistenziali, nella generalizzata attribuzione di un rilievo prioritario alle misure di contrasto alla pandemia), ed era accompagnata ad una serie di parametri di valutazione del grado della colpa. 4.2. I rapporti tra colpa specifica e colpa generica. Cass. 2018, Lenarduzzi: distinzione tra regole cautelari codificate a contenuto rigido/elastico. - Regole cautelari codificate a contenuto rigido: impongono al destinatario una regola di condotta fissata in modo preciso. L’inosservanza di esse origina colpa, salvo che siano presenti circostanze concrete implicanti un aumento del rischio della realizzazione di un fatto che integri un reato colposo laddove tali regole siano rispettate213; - Regole cautelari codificate a contenuto elastico: stabiliscono che l’individuazione della regola di condotta debba dipendere dalle circostanze del caso concreto. 4.3. I reati colposi di mera condotta e di evento. Nei reati colposi di mera condotta il fatto si esaurisce nella realizzazione di una condotta, in presenza di dati presupposti, senza che debba verificarsi un evento; le regole di diligenza che l’agente debba rispettare sono, in tal caso, finalizzate non a prevenire eventi futuri, ma a garantire che l’agente assuma le informazioni necessarie o compia i controlli necessari nel momento in cui esegue l’azione. Nei reati colposi di evento la colpa deve estendersi sia alla condotta che all’evento, ed il dovere di diligenza/prudenza/perizia presenta un duplice contenuto: - Riconoscimento (mediante i sensi, regole di esperienza/giuridiche, ecc.), nel momento in cui l’agente inizia/continua ad agire, del pericolo del realizzarsi del fatto antigiuridico; - Neutralizzazione o riduzione (laddove esso non sia evitabile) del pericolo che si realizzi il fatto antigiuridico, adottando le misure adeguate (individuabili, ad es., alla luce delle tecnologie disponibili) anche – qualora necessario – astenendosi o desistendo dall’agire. Solo eccezionalmente le regole di diligenza si limitano a ridurre il rischio (non eliminabile) del verificarsi dell’evento (ad es., in presenza di aree di rischio consentito, come nell’ambito di normativa in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti dall’inevitabile esposizione ad agenti cancerogeni, il datore sarebbe responsabile del tumore del lavoratore laddove non avesse fatto ricorso alle più efficaci tecniche di riduzione del rischio disponibili). Tra colpa ed evento deve intercorrere un duplice nesso: - In primo luogo, come evidenziato nell’orientamento consolidato della Cass., l’evento concreto deve essere realizzazione del pericolo che la norma violata mirava a prevenire. Tale nesso deve essere accertato in relazione all’evento concreto, considerato nelle sue particolarità: si veda, a riguardo, Cass. 2006 (Caso degli stabilimenti petrolchimici di Porto Marghera). 212 Es. relative alle modalità di somministrazioni, all’accertamento di eventuali allergie ecc. 213 Es. circolazione stradale: manovre di emergenza occupando la carreggiata opposta per evitare un investimento. 71 - In secondo luogo, occorre appurare se la condotta rispettosa delle regole di diligenza sarebbe stata idonea, nel caso concreto e se tenuta nel momento corretto, ad evitare il verificarsi dell’evento 214. Cfr. Cass. 2017 (Fumarulo215). 4.4. Il principio di affidamento. Laddove attività pericolose vengano svolte da una pluralità di persone in collaborazione tra loro (es. équipe chirurgica) o nella forma di attività individuali che possano intersecarsi reciprocamente (es. traffico stradale) opera il principio di affidamento: ciascuno degli agenti può confidare che la condotta dell’altro sia conforme alle regole di diligenza, prudenza e perizia. L’orientamento giurisprudenziale prevalente, in ambito di circolazione stradale, aderisce tuttavia ad un principio opposto richiedendo, ovvero, che il conducente debba tenere in considerazione eventuali imprudenze altrui – purché ragionevolmente prevedibili -. Il principio di affidamento presenta svariati limiti. Esso non opera: - Laddove le circostanze del caso concreto lascino supporre la seria possibilità di un altrui comportamento colposamente pericoloso (Cass. 2020, Olmetti); - Ex art. 40 c2 c.p., laddove l’agente abbia l’obbligo giuridico di impedire eventi lesivi dell’altrui vita o integrità fisica, il cui rispetto comporti, come dovere di diligenza, il controllo e la vigilanza dell’operato altrui. (Cass. 2021, D’Amicantonio216). Il principio di affidamento presenta una portata più ampia rispetto alla commissione di reati dolosi ad opera di altri: soltanto in ipotesi eccezionali (delitti di agevolazione colposa di un fatto doloso, es artt. 259, 254 c.p.) non rileva l’affidamento che altri non agiranno dolosamente e, in generale, sarebbe talora ipotizzabile un’autonoma responsabilità per colpa unicamente laddove l’agente favorisse, con la propria condotta, l’altrui riconoscibile (in presenza di indizi concreti) inclinazione a commettere un fatto doloso217. 4.4.1. Principio di affidamento in tema di attività medico-chirurgica. In tema di attività medico-chirurgica, si registra un dibattito giurisprudenziale e dottrinale sulla responsabilità del primario (medico apicale) che si sia affidato alla diligenza dell’aiuto (medico in posizione intermedia), senza operare un controllo sistematico sull’attività di questi, e laddove ne sia derivato un esito infausto: - Un diffuso orientamento giurisprudenziale ritiene che, laddove il primario non operi tale controllo, debba rispondere come concorrente; - Un contrario orientamento dottrinale ritiene che tale obbligo di controllo sarebbe “inesigibile” e che, in tal modo, la responsabilità per “culpa in vigilando” del primario sarebbe in realtà una responsabilità oggettiva. In ordine al rapporto tra primario e assistente (medico in posizione iniziale), quest’ultimo è vincolato alle direttive impartite dal primario ma, laddove riceva istruzioni errate, è tenuto a dissentire (pena l’esposizione a corresponsabilità colposa con il primario). 214 Tale ultimo criterio ricorre nella giurisprudenza recentemente formatasi attorno ai casi di tumore da esposizione ad amianto: - È stata contestata l’omessa adozione, da parte di datori di lavoro, di misure protettive dei dipendenti (mascherine, all’epoca tecnicamente disponibili); - Tali misure protettive non avrebbero, tuttavia, evitato l’evento lesivo, in quanto – da come si sarebbe scoperto in seguito –inadeguate; - Orientamento maggioritario e Cassazione, tuttavia, riconoscono la responsabilità del datore di lavoro, dal momento che non indossare tali misure comporta comunque un incremento nell’intensità dell’esposizione (e, conseguentemente, nel rischio di contrarre la malattia). 215 Non responsabile il conducente di un veicolo, non rispettoso del limite di velocità, per l’investimento di un motociclista che aveva improvvisamente perso l’equilibrio, dal momento che se anche avesse rispettato il limite di velocità non avrebbe potuto evitare di investire la vittima. 216 responsabilità del medico apicale per evento lesivo conseguente alla condotta colposa del medico di livello funzionale inferiore cui abbia trasferito la cura del singolo paziente, ove non abbia correttamente svolto i propri compiti di organizzazione direzione, coordinamento e controllo, volti a prevenire ogni possibile danno ai pazienti. 217 Es. procacciamento di veleno ad individuo palesemente intenzionato ad eliminare la moglie. 72 Occorre, ancora una volta, interpretare l’art. 82 c.p. secundum Costitutionem, subordinando la responsabilità dell’agente (comunque a titolo di dolo) per l’offesa inflitta al soggetto diverso dal bersaglio dell’azione al parametro della colpa (prevedibilità della lesione). Aberractio delicti. L’art. 83 c.p. disciplina, poi, l’ipotesi in cui per errore nell’uso dei mezzi di esecuzione o per altra causa si cagiona un evento diverso da quello voluto, caso in cui l’autore è chiamato a rispondere del fatto commesso “a titolo di colpa”: ciò non significa, come taluni ritengono, che si tratti di una forma di responsabilità oggettiva equiparata ai reati colposi, trattandosi piuttosto di un’ipotesi di responsabilità per colpa230. Tale disciplina si applica anche nel caso di cui all’art. 586 c.p. (morte o lesioni come conseguenza di altro delitto, ovvero come conseguenza di un delitto ulteriore rispetto a quelli – es. maltrattamenti come familiari – che già prevedono la morte come aggravante), dovendosi applicare il criterio della prevedibilità in concreto delle conseguenze (morte-lesione) di un delitto doloso. In conclusione, reinterpretando tale categoria di reati alla luce dei principi costituzionali, l’agente è rimproverato con dolo misto a colpa: dolo rispetto a tutti gli elementi del fatto, ad eccezione di quello da lui non conosciuto, del quale gli si rimprovera di averne per colpa ignorato la presenza nel caso concreto. 5.4. Responsabilità oggettiva in relazione all’intero fatto di reato. In materia di concorso nel reato, ex art. 116 c.p., qualora il reato commesso sia diverso da quello voluto da taluno dei concorrenti anche questi ne risponde (a titolo di concorso doloso), se l’evento è conseguenza della sua azione od omissione. Tale forma di responsabilità oggettiva con riguardo all’intero fatto di reato deve, tuttavia, essere reinterpretata secondo i canoni della colpa231: il reato doloso diverso è addebitabile a chi non lo ha voluto solo se una persona ragionevole, sulla base delle circostanze concrete conosciute o conoscibili, avrebbe potuto prevedere che sarebbe stato commesso quel reato diverso232. 5.5. Alcune ipotesi di responsabilità per colpa. L’art. 609 sexies c.p. (delitti contro la libertà sessuale in danno di un minore) prevedeva un’ipotesi di responsabilità oggettiva, stabilendo che il colpevole non potesse invocare l’ignoranza dell’età della persona offesa, poi ridimensionata dalla Corte Costituzionale233. Nel 2012 il legislatore ha riformato la disposizione, sollevando da responsabilità l’agente che sia incorso in ignoranza inevitabile. In tale occasione, il legislatore ha introdotto una disciplina analoga con riferimento ai delitti contro la libertà individuale (art. 602 quater)234. In ordine alle circostanze aggravanti, in precedenza oggettivamente valutate a carico dell’agente “anche se da lui non conosciute, o da lui ritenute inesistenti”, esse debbono oggi (dal 1990) essere imputate per colpa laddove l’agente erroneamente le ignorasse o le ritenesse inesistenti (art. 59 c2). 5.6. L’irragionevole sproporzione tra misura della pena e grado di colpevolezza. Le norme incriminatrici ispirate alla logica della responsabilità oggettiva (delitti aggravanti dall’evento, omicidio preterintenzionale, aberratio ictus, reato diverso da quello voluto da taluno dei concorrenti, concorso di persone nel reato proprio), benché oggi ricondotte al canone della colpa, nondimeno stridono con il principio di colpevolezza profilandosi una irragionevole sproporzione tra misura della pena prevista e grado di colpevolezza (sovente punendosi, con la pena prevista per un delitto doloso, un fatto commesso colposamente). Per questa ragione tali disposizioni potrebbero, in futuro, essere dichiarate costituzionalmente illegittime235: 230 Cass. 2018 (Contu) Concorso formale tra delitto doloso di danneggiamento e delitto colposo di lesioni personali in un caso di aberratio delicti. Caso: calcio a vetrina, rottura del vetro, lesioni personali a Caio colpito dalle schegge. 231 Corte Cost. n. 42/1965: la Corte Cost. aveva, già allora, ravvisato la necessità di identificare un “coefficiente di colpevolezza” nella forma della “prevedibilità logica” degli sviluppi dispiegatisi. 232 Cass. 2019 (Gorbunova): appoggiando tale orientamento la Cass. rigetta la tesi per cui l’agire in forma concorsuale rappresenti, di per sé, la violazione di una regola di prudenza, evidenziando la necessità di ravvisare la prevedibilità del reato diverso. 233 Corte Cost. n. 322/2007: necessaria interpretazione secondo il principio costituzionale di colpevolezza. 234 Cass. 2015: prostituzione minorile, onere probatorio. L’imputato ha l’onere di provare non solo la conoscenza dell’età della persona offesa, ma anche di aver fatto il possibile per uniformarsi ai suoi doveri di attenzione, conoscenza, informazione e controllo – richiedendosi, poi uno standard di diligenza particolarmente alto in ragione della rilevanza dell’interesse per il libero sviluppo psicofisico dei minori. 75 - In alcuni casi (es. illegittimità art. 116 co. 1) si formerebbe un vuoto repressivo, che il legislatore potrebbe colmare affiancando ipotesi di reati colposi ad ogni ipotesi di responsabilità dolosa; - In altri casi (es. omicidio preterintenzionale; delitti aggravati dall’evento) non si formerebbero vuoti repressivi, dal momento che la soppressione di tali norme sarebbe colmata dalle norme sul concorso formale di reati. B. Assenza di scusanti. 6. La normalità delle circostanze concomitanti alla commissione del fatto. Le scusanti consistono in circostanze anormali tassativamente individuate236 che, nella valutazione legislativa, hanno influito in modo irresistibile sulla volontà dell’agente o sulle sue capacità psicofisiche, non potendosi da egli esigere un comportamento diverso. Il legislatore, in materia di scusanti, deve spesso confrontarsi con il principio di eguaglianza-ragionevolezza ex art. 3 Cost237. 6.1. Le scusanti nei reati dolosi. Ex art. 54 c.p. (stato di necessità determinato da forze della natura, da un comportamento umano o dall’altrui minaccia) non è colpevole chi agisca essendo costretto dalla necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo. Ex art. 384, c1 c.p., in relazione ad alcuni delitti contro l’amministrazione della giustizia, è scusato chi abbia agito in quanto costretto dalla necessità di salvare sé o un prossimo congiunto da un grave e inevitabile nocumento nella libertà o nell’onore. Ex art. 599, poi, integra una scusante la provocazione (avendo agito nello “stato d’ira” determinato da un fatto ingiusto altrui) nel delitto di diffamazione (negli altri reati, invece, rileva come attenuante). La medesima ratio sottesa a tale disposizione ispira anche l’art. 393-bis c.p. (reazione agli atti arbitrari – ovvero, commessi eccedendo i limiti delle proprie attribuzioni - del pubblico ufficiale)238. Non è, tuttavia, pacifico se la reazione ad atti arbitrari del p.u. sia qualificabile come scusante o come causa di giustificazione239. 6.2. Le scusanti nei reati colposi. Anche nell’ambito dei reati colposi possono verificarsi circostanze anormali, tassativamente individuate, tali da scusare la violazione di una regola di diligenza, perché la loro presenza influisce in modo normalmente irresistibile sulle capacità psicofisiche dell’agente - impedendo anche all’agente modello di rispettarla: - Caso fortuito, nei reati commissivi colposi: ovvero, circostanze “interne” (es. malore del guidatore240); - Affievolimento di coscienza e volontà dell’azione o dell’omissione, ovvero circostanze “interne”, come reazioni da terrore o spavento (es. ingresso di sciame di api nella macchina), tali da paralizzare le normali funzioni di controllo; - Forza maggiore e costringimento fisico, circostanze anormali esterne; Tali circostanze concomitanti anormali, interne ed esterne, possono anche verificarsi nell’ambito dei reati omissivi colposi, scusando l’oggettiva violazione di una regola di diligenza. Nei reati dolosi esse non hanno, 235 Corte Cost. n. 73/2020; il principio di proporzionalità esige che al minor grado di responsabilità soggettiva corrisponda una pena inferiore rispetto a quella che sarebbe applicabile a parità di disvalore oggettivo del fatto. 236 Cass. 2019 (tassatività delle scusanti): il giudice non può appellarsi ad un “generale principio di inesigibilità” per scusare la commissione di fatti di reato, dovendo attenersi al catalogo previsto dalla legge. Cass. 2020 (Fialova, art. 384 c1, applicabilità della scusante al “convivente di fatto” – non ricompreso tra i “prossimi congiunti”): laddove in materia di scusanti si registrino lacune, essere possono essere colmate solo dal legislatore – o, se contrarie alla Costituzione, dalla Corte Costituzionale – e non dal giudice in via analogica. 237 Corte Cost. n. 140/2009: non irragionevole mancata estensione al convivente di fatto della scusante ex art. 384 c1; Corte Cost. n. 75/2009: palesemente irragionevole la mancata inclusione della scusante ex art. 384 c2 laddove il reo fornisca false informazioni alla polizia giudiziaria in relazione ad un reato connesso ad un ulteriore reato per il quale risulti indagato. 238 Cass. 1999 (Romano): “giustificato turbamento” nell’agente che abbia subito l’arbitrio del pubblico ufficiale. Cass. 2017 (Privitera): resistenza opposta dal privato a perquisizione di polizia sulla base di meri sospetti, non corroborati da alcun indizio oggettivo. 239 Cass. 2018 (Dimola) in senso contrario. 240 Cass. 2015 (Litterio), prevedibilità del malore: non scusato il conducente che, in tal caso, avrebbe dovuto desistere dalla guida. 76 invece, rilievo autonomo, traducendosi in ipotesi di assenza di dolo (incidendo su rappresentazione/volizione). - Lo stato di necessità (art. 54 c.p.), che trova applicazione anche per i reati colposi (laddove l’agente sia stato costretto a porre in essere una condotta in violazione di norme di diligenza); - L’eccesso colposo in legittima difesa nel domicilio (art. 55 c2), nei confronti di chi abbia agito in condizioni di minorata difesa o in stato di grave turbamento. C. CONOSCENZA O CONOSCIBILITA’ DELLA LEGGE PENALE VIOLATA. 7. Nozione e disciplina. Corollario del principio di colpevolezza è che l’agente, al momento della commissione del fatto, dovesse (o potesse) sapere che il fatto fosse previsto dalla legge come reato. Con la Sent. n. 364/1988 la Corte Costituzionale ha sottratto dalla portata applicativa dell’art. 5 c.p. (“nessuno può invocare a propria scusa l’ignoranza della legge penale”) i casi di ignoranza inevitabile della legge penale (sia laddove se ne ignori l’esistenza, che laddove se ne dia un’interpretazione erronea)241: oggi, pertanto, “nessuno può invocare a propria scusa l’ignoranza della legge penale dovuta a colpa”, potendo essere in tal caso chiamato a rispondere anche a titolo di dolo. Chi versi in una situazione di dubbio sull’esistenza o sui contenuti non è, invece, scusato, essendo in tal caso tenuto ad astenersi dall’azione242. L’errore scusabile può vertere sulla rilevanza penale del fatto commesso o sull’antigiuridicità di esso (fatto ritenuto lecito supponendo l’esistenza di una norma che lo autorizza o che lo imponga, o ritenendo erroneamente che una norma che preveda una causa di giustificazione abbia limiti più ampi). Tra i criteri per stabilire se l’errore sia dovuto a colpa la Corte Cost. (364/1988) ne individua alcuni: - Ricezione di “assicurazioni erronee” sulla liceità del fatto da parte di organi amministrativi competenti a vigilare sull’osservanza delle norme – non rilevando, ad es. la mancata rilevazione di irregolarità da parte di organi di vigilanza (solo un fatto positivo dell’autorità amministrativa può risultare idoneo ad ingenerare uno scusabile convincimento di liceità del comportamento); - Ricezione, da parte dell’agente, di precedenti varie assoluzioni, per fatti dello stesso tipo, perché accertati come penalmente irrilevanti; - Testo legislativo “assolutamente oscuro”; - Incolpevole carenza di socializzazione dell’agente (es. individui recentemente immigrati non a conoscenza della disciplina in materia di commercio ambulante); - Gravemente caotico atteggiamento interpretativo degli organi giurisdizionali (anche se, per il manuale, in tal caso il soggetto verserebbe al più in stato di dubbio e non sarebbe, pertanto, scusabile). Mentre, in precedenza, la giurisprudenza di Cassazione tendeva a riconoscere raramente la scusabilità di ignoranza/errore sulla legge penale, oggi si registra la tendenza ad una maggiore apertura 243. Un maggior rigore è, ad ogni modo, richiesto laddove l’ignoranza della legge penale sia invocata dall’operatore professionale di un determinato settore (chiamato a svolgere indagine giuridica in merito alla propria attività)244. D. CAPACITA’ DI INTENDERE E DI VOLERE. 8. Nozione. Perché possa muoversi un rimprovero personale all’autore, questi deve essere imputabile al momento della commissione del fatto: ovvero, secondo il principio generale di cui all’art. 85, capace di intendere (di 241 Non rileva, ad ogni modo, l’eventuale erroneo convincimento che il fatto fosse previsto dalla legge come illecito extra-penale. 242 Cass. 2011 (De Masi), in tema di usura. 243 Cass. 2011 (Marici): scusabile soggetto agli arresti domiciliari allontanatosi da casa per recersi ad udienza per riesame (errore generato dalla ricezione dell’avviso del presidente del Tribunale, che lo aveva indotto a ritenersi autorizzato ad allontanarsi dal domicilio); Cass. 2011 (circoncisione rituale di neonato ad opera di medico non abilitato, secondo usanze nigeriane): violazione incolpevole (esercizio abusivo della professione) per carenza di socializzazione e basso grado di cultura dell’agente. 244 Cass. S.U. 1994 (Calzanetta); Cass. 2011 (Pavanati). 77 La normale irrilevanza degli stati emotivi e passionali. Ex art. 90, di regola, gli stati emotivi o passionali non escludono né diminuiscono l’imputabilità; dottrina e giurisprudenza hanno, tuttavia, apposto un limite a tale regola generale, riconoscendo l’idoneità di essi ad incidere sull’imputabilità – escludendola o diminuendola – laddove siano la manifestazione esterna di uno squilibrio mentale, anche transitorio, che abbia carattere patologico in forma tale fa integrare un vizio totale o parziale di mente255 (es. gelosia morbosa-delirante); Talora, in giurisprudenza gli stati emotivi e passionali rilevano integrando circostanze attenuanti generiche256. Il legislatore, nel 2019, ha attribuito rilievo scusante a situazioni di grave turbamento psichico per escludere la responsabilità di chi ecceda per colpa i limiti della legittima difesa nel domicilio. 255 Cass. S.U. 2005 (Raso). 256 Cass. 2013 (Disha). Cass. 2019 (Castaldo, omicidio/gelosia): non condivisibile, nel caso di specie, il riconoscimento dell’attenuante in caso di omicidio commesso sull’onda di una “tempesta emotiva e passionale scatenata dalla gelosia”. In tal caso, nell’attribuire rilevanza allo stato passionale, il giudice deve fornire una razionale giustificazione evidenziando: - Laddove l’attenuante venga concessa in ragione dei parametri generali ex art. 133 c1 (in particolar modo, attinenti ad elemento soggettivo/ determinismo psichico dell’evento lesivo) L’incidenza significativa dello stato passionale nella consumazione del delitto; - Laddove l’attenuante venisse concessa per adeguare la sanzione alla personalità del reo ex art. 133 c2, il grado di influenza che la gelosia abbia esercitato nel processo motivazionale, condizionando la capacità dell’imputato di controllare i propri freni inibitori. 80 CAPITOLO IX. LA PUNIBIILTA’. 1. Nozione e fondamento. La punibilità designa l’insieme delle eventuali condizioni, ulteriori ed esterne rispetto al fatto antigiuridico e colpevole, che fondano o escludono l’opportunità di punirlo, individuate per ragioni politico-criminali in senso stretto, ragioni politiche di clemenza, ragioni di politica internazionale (es. causa di non punibilità accordata ai diplomatici), ragioni di salvaguardia dell’unità della famiglia (es. non punibile maggior parte dei delitti contro il patrimonio commessi ai danni di una ristretta cerchia di familiari). Il legislatore, nel valutare l’opportunità di punire un fatto antigiuridico, individua sia condizioni che fondano la punibilità – c.d. condizioni obiettive di punibilità: ovvero quegli accadimenti, menzionati in una norma incriminatrice, che non contribuiscono in alcun modo a descrivere l’offesa al bene giuridico tutelato dalla norma, ma esprimono solo valutazioni di opportunità in ordine all’inflizione della pena. Es. “sorpresa in flagranza” in varie fattispecie, come l’art. 707 c.p. o, nei reati di bancarotta prefallimentare, la “dichiarazione di fallimento” come condizione obiettiva di punibilità257) – e condizioni che la escludono. Parte della dottrina amplia la gamma delle condizioni obiettive di punibilità ravvisandovi le c.d. condizioni intrinseche/o improprie) di punibilità, ricomprendendovi eventi che rendano attuale l’offesa al bene protetto o ne rappresentino una progressione. Tale costruzione assolve, spesso, allo scopo – non condivisibile – di sottrarre taluni elementi costitutivi del fatto di reato alla disciplina delle condizioni obiettive di punibilità sottraendoli, pertanto, all’oggetto del dolo/colpa. Le condizioni obiettive di punibilità sono svincolate dal dolo e dalla colpa: ex art. 44 c.p. quando, per la punibilità del reato, la legge richiede il verificarsi di una condizione, il colpevole risponde del reato, anche se l’evento, da cui dipende il verificarsi della condizione, non è da lui voluto (o, come evidenziato dalla Corte Cost., dovuto a colpa258). Il legislatore, oltre a condizioni obiettive di punibilità, disciplina anche cause di esclusione della punibilità: esse, a differenza delle scriminanti, non hanno portata universale e hanno effetto soltanto nell’ambito penale (non precludendo l’applicazione di sanzioni civili o amministrative) e si distinguono in cause personali di esclusione della punibilità, concomitanti o sopravvenute; Cause oggettive di esclusione della punibilità; Cause di estinzione del reato. 2. Cause personali di esclusione della punibilità. Tra le cause personali di esclusione della punibilità è possibile annoverare: - Cause concomitanti di esclusione della punibilità, svincolate da dolo e colpa, operano a favore dell’agente se obiettivamente esistenti e, se oggettivamente inesistenti, non rileva che l’agente abbia erroneamente supposto che fossero presenti nel caso concreto (sono escluse dall’ambito applicativo dell’art. 59 c4, a differenza di cause di giustificazione e scusanti). Es. art. 649 c.p. o immunità di diritto internazionale. - Cause sopravvenute di non punibilità, volte a premiare con l’impunità chi, avendo commesso un fatto antigiuridico e colpevole, realizzi successivamente una condotta tale o da impedire che la situazione di pericolo già creata si traduca nella lesione del bene giuridico o da reintegrare ex post il bene offeso. Es. desistenza volontaria in caso di tentativo (fatto comunque antigiuridico e colpevole); art. 308, 309 c.p.; ritrattazione nei delitti di false informazioni al p.m. (art. 376 c.p.); adempimento dell’obbligazione derivante dal reato effettuato prima della condanna da chi abbia commesso insolvenza fraudolenta (art. 641 c2 c.p.). Talora, la legge valorizza le condotte riparatorie attuate dal reo come cause di estinzione del reato (es. art. 168-bis). 257 Dibattito giurisprudenziale in ordine alla “dichiarazione di fallimento”: - Parte della giurisprudenza (da S.U. 1958, Mezzo) la qualificava come un elemento costitutivo del fatto di bancarotta – ma escludeva, poi, la rilevanza del nesso causale e psicologico tra esso e la condotta dell’agente, ad eccezione di una pronuncia isolata che ha ritenuto necessario l’accertamento di tale nesso (Cass. 2012, Corvetta); - Un filone giurisprudenziale più recente (es. Cass. 2018, Signoretti) la qualifica come condizione obiettiva di punibilità. 258 ®Corte Cost. n. 1085/1988. 81 La natura personale di tali cause di non punibilità implica che, in caso di concorso, abbiano generalmente259 effetto soltanto per la persona cui si riferiscono. 3. Cause oggettive di esclusione della punibilità: la particolare tenuità del fatto. Tra le cause obiettive di esclusione della punibilità rientrano: - La particolare tenuità dell’offesa: tale circostanza è valorizzata da tempo sia nel diritto penale minorile che nella legge sulla competenza penale del giudice di pace – art. 34 d.lgs. n. 274/2000 (nella quale assumono rilievo anche il grado di colpevolezza ed il pregiudizio che l’ulteriore corso del procedimento può recare alle esigenze di lavoro, studio260, ecc.). L’art. 131-bis, esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, è stato introdotto nel 2015 e può applicarsi ai reati per quali sia prevista la pena detentiva non superiore al massimo a 5 anni (senza che rilevino le circostanze, ad eccezione di quelle autonome o ad effetto speciale), o la pena pecuniaria261. Tale disposizione ricopre, nella prassi, un ruolo significativo ed in espansione (soprattutto in materia di furto, truffa, appropriazione indebita, lesioni personali, minaccia e violenza privata). Può accadere che anche fatti in concreto debolmente offensivi cadano fuori dall’art. 131-bis, inquadrando astrattamente fattispecie che integrino aggravanti autonome/ad effetto speciale: tali ipotesi sono generalmente valide262, ma la Corte Costituzionale ha rilevato illegittimità in presenza di aporie macroscopiche263. L’art. 131 bis si applica anche a: - Ipotesi in cui la particolare tenuità del danno o del pericolo potrebbe rilevare come attenuante (art. 62 c4); - Ipotesi in cui il fatto di lieve entità integri un’autonoma figura di reato; - Secondo il manuale, anche a reati nella cui norma incriminatrice sia presente una soglia quantitativa264. La particolare tenuità deve essere accertata: - In primo luogo, guardando all’offesa (al fine di valutare la meritevolezza di pena, alla luce della medesima logica sottesa al principio politico-criminale di proporzione); - La disposizione attribuisce (moderata) rilevanza anche alle modalità della condotta ed alle componenti soggettive del reato (laddove una particolare connotazione del dolo o della colpa si rifletta sulla condotta). - Verificando che il singolo comportamento (senza valutare, dunque, l’intera storia personale dell’agente265) risulti non abituale (prevarrebbero, invece, istanze special preventive di erogazione della punizione in presenza di condotte abituali), requisito sul quale la Corte Cost. è stata recentemente chiamata a pronunciarsi266. L’art. 131 bis c4, riguardo a tale requisito, esclude l’applicabilità della causa di non punibilità a delinquente abituale/professionale/per tendenza, 259 S.U. 2002 (Vanone, caso di estensione all’istigatore): la ritrattazione non opera nei confronti dell’istigatore, concorrente nel reato, salvo che sia il risultato del comportamento attivo dell’istigatore, diretto a sollecitarla per neutralizzare gli effetti del falso, lesivi dell’interesse alla realizzazione del giusto processo. 260 S.U. 2017 (Perini): esclusa l’applicabilità dell’”esclusione della punibilità per particolare tenuità” ex art. 131 bis ai reati di competenza del giudice di pace (esito confermato in Corte Cost. n. 190/2019). 261 Cass. 2019 (Giuliani): relativamente al tentativo, dovrà farsi riferimento alla cornice edittale del tentativo. 262 Corte Cost. n. 207/2017: non contrasta con il principio di eguaglianza/ragionevolezza ex art. 3 Cost. l’individuazione dei 5 anni come soglia di applicabilità dell’art. 131-bis, discendendo l’individuazione dei limiti edittali per ogni reato da un apprezzamento spettante al legislatore. 263 Corte Cost. n. 156/2020: dichiarato illegittimo l’art. 131 bis nella parte in cui non consente l’applicazione della causa di non punibilità ai reati per i quali non sia previsto un minimo edittale di pena detentiva, anche laddove sia previsto un massimo superiore a 5 anni. 264 Cass. 2016 (Tushaj): superamento minimo della soglia alcolemica per integrare il reato di guida in stato d’ebbrezza, applicabile la non punibilità per particolare tenuità del fatto. 265 Cass. 2016 (Vinci): il riconoscimento della causa di non punibilità non è precluso dall’esistenza di un precedente penale gravante sull’imputato (…) dovendosi tenere distinti i rispettivi giudizi. 266 Corte Cost. n. 279/2017: questione (sollevata in relazione ai principi di eguaglianza/ragionevolezza, offensività, rieducazione) manifestamente infondata: riconoscere la necessità che la fattispecie penale sia ancorata al fatto commesso non significa negare qualsiasi rilevanza alla condotta dell’imputato antecedente, contemporanea o successiva al reato. 82 strutturale del processo penale in Italia, che molti reati cadano in prescrizione anche in situazioni ancora connotate da interesse pubblico alla repressione (cfr. quanto detto in precedenza in ordine al Caso Taricco). Pur in assenza di atti interruttivi, il corso della prescrizione può essere anche sospeso quando si verifichino ipotesi di forzata inattività dell’autorità giudiziaria tassativamente previste dalla legge: a) In ragione della necessità di autorizzazione a procedere (es. essendo imputato un giudice della Corte Cost.); b) Laddove il g.o. sollevi questione di legittimità costituzionale o investa la Corte di Giustizia dell’UE; c) In caso di sospensione del procedimento/processo per impedimento delle parti e dei difensori ovvero su richiesta dell’imputato o del suo difensore277; d) In caso di assenza dell’imputato (art. 420 quater c.p.p.); e) Qualora sia stata disposta un’attività d’indagine attraverso una rogatoria all’estero; f) “in ogni caso in cui la sospensione del procedimento o del processo sia imposta da una particolare disposizione dei legge” (es. rinvio dei procedimenti penali per Covid/assenza di testimoni/imputato per via delle restrizioni). Il legislatore, per fronteggiare l’incidenza patologica della prescrizione nel corso del processo (incidente nel 2018, sull’8,7% dei procedimenti totali), ha eseguito due riforme. La riforma Orlando aveva introdotto una sospensione automatica del corso della prescrizione (per un tempo non superiore ad 1 anno e 6 mesi e fino alla sentenza del grado successivo) correlata ai gradi di giudizio, nell’ipotesi in cui fosse intervenuta una sentenza di condanna: il termine per la prescrizione dipendeva, pertanto, anche dalle singole vicende processuali. Con la riforma Bonafede del 2019 il legislatore, adottando una soluzione più radicale, ha previsto il blocco della prescrizione del reato dopo la sentenza di primo grado o il decreto penale di condanna indipendentemente dall’esito – di condanna o assoluzione – impedendo, pertanto, che la prescrizione del reato possa maturare in appello o cassazione. 4.4. L’oblazione. Nell’oblazione ordinaria (art. 162) - pagamento di una somma di denaro corrispondente d un terzo del massimo dell’ammenda stabilita dalla legge per la contravvenzione278 - e nell’oblazione speciale (art. 162 bis), - (…) corrispondente a metà del massimo, quando si tratti di contravvenzione punita alternativamente con l’arresto o l’ammenda – il pagamento della somma estingue il reato; tale istituto si applica, generalmente, alle sole contravvenzioni punibili con l’ammenda in astratto (art. 162) o in concreto (art. 162 bis); mentre, a fronte di un’istanza di oblazione ordinaria tempestivamente proposta dall’imputato (ante apertura dibattimento/decreto di condanna) il giudice, ricorrendone i presupposti, ha l’obbligo di ammetterlo, in caso di oblazione speciale il giudice è chiamato ad un vaglio discrezionale avente ad oggetto la gravità279 del fatto concreto. L’istituto dell’oblazione discende da alcune considerazioni di opportunità: a) Alleggerimento dei carichi di lavoro gravanti sul giudice penale per fatti di modesta gravità; b) Vanteggi di ordine economico-fiscale (garantendo la riscossione di somme di denaro); c) Opportunità politico-criminali nell’oblazione speciale, subordinandone l’applicazione all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del fatto. La disciplina generale dell’oblazione presenta un’eccezione in materia di sicurezza del lavoro (applicazione dell’oblazione speciale al posto di quella ordinaria), e non si applica al reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato – benché si tratti di una contravvenzione punita con la sola ammenda -. 277 Cass. 2015 (Sciopero difensore non sospende termine): l’adesione del difensore ad un’astensione collettiva dalle udienze non integra un caso di sospensione per impedimento. 278 Cass. 2015 (Ciola, oblazione e attenuanti speciali): ai fini dell’oblazione, l’applicabilità della sola ammenda deve essere prevista dalla legge non può discendere dal riconoscimento di una circostanza attenuante speciale. 279 Cass. 2007 (Tonghi): nella valutazione di gravità rileverebbero anche i criteri di cui all’art. 133 c2 (capacità a delinquere del reo), oltre a quelli ex art. 133 c1 (gravità del reato). 85 Nella legislazione speciale sono, infine, previste cause di estinzione del reato affini all’oblazione, – ma destinate ad operare durante le indagini preliminari – (es., in materia di sicurezza ed igiene sul lavoro, al fine di incentivare l’adempimento alle prescrizioni erogate per rimuovere gli effetti delle contravvenzioni rilevate). 4.5. L’estinzione del reato per condotte riparatorie. L’estinzione del reato per condotte riparatorie (art. 162 ter), introdotta con la l. 103/2017 – nel d.lgs. 274/2000 era prevista, similarmente, nell’ambito della competenza penale del giudice di pace, pur connotata da margini discrezionali più ampi (valutazione dell’idoneità delle condotte riparatorie a soddisfare le esigenze di riprovazione del reato e quelle di prevenzione) -, consente all’imputato di un delitto procedibile a querela di ottenere unilateralmente (il giudice deve, comunque, sentire le parti e la persona offesa) un risultato (l’estinzione) subordinato, nella disciplina della remissione della querela, ad un atto del querelante: nei casi di procedibilità a querela soggetta a remissione (esclusi, dunque, i casi di querela irrevocabile – es. violenza sessuale), il giudice dichiara estinto il reato, sentite le parti e la persona offesa, quando l’imputato ha riparato interamente, entro il termine massimo della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, il danno cagionato dal reato, mediante le restituzioni o il risarcimento, e ha eliminato, ove possibile, le conseguenze dannose o pericolose del reato.. In linea di massima non rileva, a tal fine, la condotta tenuta in fase esecutiva280; quando, tuttavia, l’imputato dimostri di non aver potuto provvedere prima dell’apertura del dibattimento di primo grado per fatto a lui non addebitale può chiedere la fissazione di un termine ulteriore per attuare le condotte riparatorie e, se il giudice accoglie l’istanza, dispone la sospensione del processo ed impone specifiche prescrizioni. Il legislatore, con il d. lgs. n. 36/2018, ha esteso l’ambito applicativo dell’istituto ricomprendendovi – dilatando i relativi casi di perseguibilità a querela - alcuni delitti contro la persona (es. minaccia) e contro il patrimonio (es. truffa). Le condotte riparatorie richieste cumulativamente281 (laddove dal reato siano derivati sia un danno civile che conseguenze dannose o pericolose eliminabili da parte dell’imputato) ex art. 162 ter sono le seguenti: - La riparazione (necessariamente spontanea282) del danno attiene al danno civile da reato, sia patrimoniale che non patrimoniale, deve essere in ogni caso integrale e avviene mediante le restituzioni (ovvero, la restituzione del tolto – piuttosto che il ripristino della situazione preesistente al reato -) ed il risarcimento del danno (di regola per equivalente o, in via d’eccezione, in forma specifica – con ripristino della situazione antecedente al reato -); al risarcimento è equiparata l’offerta reale non accettata dalla persona offesa (ferma restando la possibilità per il giudice di valutare la congruità della somma di denaro oggetto dell’offerta); - L’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato (condizione ricorrente anche nell’oblazione speciale), ovvero la reintegrazione del bene giuridico leso dal reato (purché sia praticabile). 4.6. La sospensione del procedimento con messa alla prova dell’imputato. La sospensione del procedimento con messa alla prova dell’imputato è un istituto (introdotto con la l. n. 67/2014 e disciplinato negli artt. 168bis-quater) improntato ad esigenze di deflazione processuale (e, indirettamente, penitenziaria) e ad esigenze di ricomposizione tra autore e vittima del reato: esso si applica su richiesta di parte (presentata nel corso delle indagini preliminari o dopo la conclusione di esse), è richiesto il consenso del p.m. e deve essere sentita la persona offesa. 280 Cass. 2019 (Rosellini). 281 S.U. 2015 (Sbaiz; Cumulo dei presupposti, giudice di pace / unilateralità): in relazione alle condotte riparatorie di cui all’art. 35 d. lgs. 274/2000, le S.U. hanno subordinato l’estinzione del reato a riparazione del danno (restituzioni o risarcimento) + eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose, non essendovi alternatività tra le due condotte. In tale occasione le S.U. hanno anche chiarito che l’estinzione possa avvenire nel dissenso della persona offesa. 282 Cass. 2018 (Spontaneità della riparazione): esclusa l’applicazione della causa estintiva in quanto l’imputato aveva versato una somma a titolo di risarcimento in esecuzione della sentenza di secondo grado, avendone impugnato i capi ed essendosi riservato il diritto di ripetizione in caso di esito favorevole dell’impugnazione. Le condotte risarcitorie rilevanti ex art. 162 ter devono essere spontanee e non coartate, nonché destinate definitivamente ad incrementare la sfera economica e giuridica della persona offesa. 86 Presupponendo che il giudice non debba pronunciare sentenza di proscioglimento ex art. 129 c.p.p., tale istituto segue un – sommario – accertamento della responsabilità svolto, prima dell’apertura del dibattimento, sulla base degli atti d’indagine contenuti nel fascicolo del p.m. e valutando la correttezza della qualificazione giuridica attribuita al fatto dall’accusa283; la sospensione del procedimento con messa alla prova, pur non seguendo al normale accertamento di responsabilità284 (e ad una sentenza di condanna) ha, infatti, rilevanti contenuti per l’imputato (affidamento al servizio sociale per l’attuazione di un programma di trattamento con spazio anche per il dispiegarsi di attività riparatorie, volontariato, lavoro d pubblica utilità), pur non essendo una sanzione penale eseguibile coattivamente imperniandosi, piuttosto, sulla spontanea osservanza delle prescrizioni da parte dell’imputato. La messa alla prova può applicarsi nei procedimenti per reati puniti, in astratto, con la sola pena pecuniaria o con la pena detentiva non superiore nel massimo a 4 anni; è controversa, nel silenzio della legge, l’incidenza delle circostanze aggravanti e attenuanti su tale limite285. Tale misura, la cui applicazione è iscritta nel casellario giudiziale, non può essere concessa più di una volta, e l’approvazione della relativa istanza è subordinata alla presenza di due distinti requisiti, indice della logica specialpreventiva che ispira l’istituto: - Il giudice deve ritenere idoneo il programma presentato dall’imputato; - Il giudice deve ritenere che l’imputato si asterrà dal compiere ulteriori delitti. La durata della sospensione non può superare i 2 anni in caso di reato punito con la pena detentiva o 1 anno in caso di reato punito con la pena pecuniaria e, come sottolineato dalla Corte Cost., le prescrizioni veicolate da tale misura non possono estendersi oltre a tale soglia temporale286. La sospensione può essere revocata in caso di grave e reiterata trasgressione al programma di trattamento o alle prescrizioni287, commissione di un nuovo reato della stessa indole rispetto a quello per cui si procede – senza che sia necessario, secondo l’orientamento consolidato della Cass., che il nuovo reato sia accertato con una sentenza definitiva di condanna) e, in caso di revoca, riprende il corso del processo. In caso di condanna, il periodo corrispondente a quello della prova eseguita deve essere detratto dalla pena da eseguire. L’esito positivo della prova comporta, invece, l’estinzione del reato, ferma restando l’applicabilità delle eventuali sanzioni amministrative accessorie. 4.7. Il perdono giudiziale. Il perdono giudiziale (art. 169 c.p.) riguarda i soli minori che, al momento della commissione del fatto, abbiano compiuto i 14 anni e non ancora i 18, è disposto discrezionalmente dal giudice (sulla base della prognosi che il soggetto si asterrà dal commettere ulteriori reati) e può consistere nell’astensione dal rinvio a giudizio o, in caso di giudizio già instaurato, nell’astensione dalla pronuncia della condanna – in entrambi casi, l’estinzione del reato consegue al passaggio in giudicato della sentenza che applica il perdono giudiziale. Tale istituto, particolarmente rilevante nella prassi, è ispirato dall’esigenza di evitare gli effetti criminogeni che potrebbero derivare al minore dalla pena e dallo stesso processo, presuppone il (sommario) 283 Cass. 2018 (Nenna) e al.: il giudice è tenuto a verificare la correttezza della qualificazione giuridica attribuita al fatto dell’accusa e può, ove la ritenga non corretta, modificarla, traendone i conseguenti effetti sul piano della ricorrenza o meno dei presupposti dell’istituto. 284 Corte Cost. nn. 313/1990; 399/1997 (Analogie con il patteggiamento): La Corte Cost. ha evidenziato alcune analogie tra messa alla prova e patteggiamento. Entrambi gli istituti presuppongono che l’imputato, non contestando l’accusa, in un caso si sottoponga volontariamente al trattamento e nell’altro accetti la pena (assicurandosi, comunque, un risultato più vantaggioso rispetto a quello che conseguirebbe in caso di condanna, all’esito del rito ordinario): essi, risolvendosi in una facoltà difensiva e presupponendo il consenso dell’imputato, non contrastano con la presunzione di non colpevolezza ex art. 27 c2 Cost.. Quanto alle differenze, tuttavia, mentre il patteggiamento sfocia in una pronuncia equiparata ad una sentenza di condanna ed implicante l’erogazione della pena 8diminuita), l’esito positivo della messa alla prova conduce a sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato. 285 S.U. 2016 (Sorcinelli): esclusa la rilevanza di qualsiasi circostanza aggravante ai fini dell’applicazione dell’art. 168 bis. 286 Corte Cost. n. 91/2018. 287 Cass. 2018 (rilievo anche di violazione parziale, relativa – nel caso di specie - a profili risarcitori). 87 CAPITOLO X. TENTATIVO E CONCORSO DI PERSONE NEL REATO. 1. Le forme di manifestazione del reato. L’art. 56 assolve alla funzione di estendere la responsabilità anche a chi tenti di realizzare un fatto delittuoso, sena riuscirvi: tale disposizione, coordinandosi con le norme di parte speciale che prevedano i delitti, origina altrettante figure delittuose connotate da una minore gravità rispetto alle fattispecie dalle quali derivano; l’art. 110 assolve, poi, alla funzione di estendere la responsabilità a chi concorre alla commissione di un reato da parte di altri, configurando – per ogni reato – la corrispondente forma di manifestazione del concorso. A. IL TENTATIVO. 2. Le scelte del legislatore italiano. Art. 56: chi compie atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere un delitto, risponde di delitto tentato se l’azione non si compie o l’evento non si verifica. Il tentativo non rappresenta un’attenuante, ma una forma di manifestazione del reato dotata di autonomo titolo di reato e di autonoma cornice edittale (minimo: 1/3 pena minima delitto consumato/ 12 anni invece di ergastolo; massimo: 2/3 pena massima delitto consumato), e può configurarsi con riguardo ai soli delitti commessi con dolo (eccezion fatta per le contravvenzioni in cui sia la stessa norma incriminatrice a dare rilevanza al tentativo). Il novero delle condotte punibili a titolo di tentativo deve essere delimitato ricorrendo a due criteri291: - Non essendovi reato in assenza di offesa ai beni giuridici, può configurarsi tentativo solo in presenza di atti idonei a commettere un delitto (con la probabilità della consumazione del reato). Aderendo, al contrario, ad una concezione del reato di impronta soggettivistica/sintomatica, sarebbe sanzionabile come tentativo la mera manifestazione della volontà/inclinazione a commettere un fatto di reato; - Nell’individuare il momento, nell’iter criminis, a partire dal quale possa configurarsi il tentativo, il legislatore ha limitato la rilevanza penale ai soli atti esecutivi (atti tipici, che corrispondono almeno ad una parte dello specifico modello di comportamento descritto nella norma incriminatrice di parte speciale) e sono, pertanto, tendenzialmente irrilevanti gli atti preparatori (aventi carattere strumentale rispetto alla realizzazione, non ancora iniziata, di una figura di reato )292 salvo che, ritiene la giurisprudenza, si pongano come immediatamente precedenti a quelli esecutivi293. Perché possa configurarsi tentativo, gli atti compiuti dal soggetto devono essere univoci – ovvero rivelare, di per sé, che l’agente ha iniziato a commettere un determinato delitto 294; ex art. 115 c.p. non sono, del resto, punibili l’accordo o l’istigazione aventi ad oggetto la commissione di un delitto – poi non commesso -: - Nei reati a forma vincolata, sono esecutivi gli atti che corrispondono allo specifico modello di comportamento descritto nella norma incriminatrice295; - Nei reati a forma libera, l’azione tipica è comunque individuabile in funzione del mezzo impiegato in concreto dall’agente (es. versamento di veleno nella tazza destinata alla vittima). 291 Cass. 2010 (Musso): individuati come elementi essenziali del tentativo l’univocità e l’idoneità degli atti. 292 Corte Cost. n. 177/1980 (irrilevanza degli atti preparatori): atti diretti in modo non equivoco a commettere un delitto possono essere esclusivamente atti esecutivi, in quanto soltanto dall’inizio di esecuzione di una fattispecie delittuosa può dedursi la direzione univoca dell’atto stesso a provocare proprio il risultato criminoso voluto dall’agente. 293 Cass. 2019 (Borromeo), caso: tentativo di rapina di furgone portavalori. Per la configurabilità del tentativo rilevano non solo gli atti esecutivi veri e propri ma anche quegli atti che pur classificabili come preparatori, facciano fondatamente ritenere che l’agente, avendo definitivamente approntato il piano criminoso in ogni dettaglio, abbia iniziato ad attuarlo, che l’azione abbia la significativa probabilità di conseguire l’obiettivo programmato e che il delitto sarà commesso, salvo il verificarsi di eventi non prevedibili in dipendenti dalla volontà del reo. 294 S.U. 2012 (Bargelli, semi di cannabis): la mera offerta di semi dalla cui piana sono ricavabili stupefacenti si configura come atto preparatorio non punibile. 295 Cass. 1975 (Violante, truffa): integra un’attività meramente preparatoria la detenzione di scatole contenenti in apparenza sigarette, ma in realtà riempite di patate. 90 Gli atti preparatori possono, talora, rilevare in quanto previsti come reati a sé stanti (es. alcune forme di istigazione, come l’istigazione a delinquere, o il delitto di porto di armi da guerra – attività preparatoria, ad es., del fatto di rapina a mano armata) in via di eccezione, purché il legislatore rispetti alcuni parametri di legittimità costituzionale: - Tale anticipazione della tutela può estendersi ai soli beni indispensabili per l’integrità delle istituzioni e la sopravvivenza della società, e non ammette a sua volta il tentativo (di atto preparatorio); - In ragione dei principi costituzionali di proporzione e offensività, possono essere incriminati solo atti tipicamente pericolosi per beni di elevato rango (a tal riguardo, quanto meno grave è l’offesa che si voglia sanzionare, tanto più elevato deve essere il rango del bene). Si registra, in giurisprudenza, un crescente scetticismo verso la netta distinzione tra atti preparatori e atti esecutivi, con la tendenza a valorizzare – ai fini del tentativo – atti che, ancorché preparatori, si pongano univocamente come preordinati a realizzare il fine mirato dall’agente296. 3. L’idoneità degli atti. La valutazione di idoneità degli atti a commettere il delitto presuppone un accertamento in termini probabilistici297 avente una struttura composita: a) Il termine di relazione del giudizio di probabilità, riferito al completamento dell’azione tipica prevista per la consumazione del reato – o, nei reati di evento, al verificarsi dell’evento; b) Quanto al momento rilevante per la formulazione del giudizio, la giurisprudenza maggioritaria ritiene necessaria una prognosi postuma – ex ante - ancorata al momento della consumazione del delitto; c) Quanto ai criteri guida, il giudizio deve essere formulato utilizzando il massimo delle conoscenze disponibili al momento dell’accertamento (leggi scientifiche quando entrino in gioco fattori meccanici/naturali, massime d’esperienza per valutare la probabilità del compimento positivo di una condotta umana) – nonché le eventuali conoscenze ulteriori del singolo agente; d) Quanto alla base del giudizio (le circostanze che il giudice deve tenere in considerazione), vi ricadono sia i mezzi impiegati dall’agente che le circostanze concrete in cui i mezzi siano stati impiegati: secondo il manuale occorre adottare, a tal riguardo, una prognosi a base totale conformemente con il principio di offensività – tenendo conto di tutte le circostanze presenti, anche se non conoscibili/conosciute al momento dell’azione ma accertate solo successivamente – piuttosto che una prognosi a base parziale (considerando le circostanze conoscibili da un osservatore imparziale o altrimenti conosciute all’agente), comunque ritenuta preferibile da parte della giurisprudenza298. 4. Il dolo nel delitto tentato. Nel silenzio della legge, il criterio di imputazione soggettiva applicabile al tentativo è il dolo (in ragione della regola generale ex art. 42 c2) rivolto alla realizzazione del corrispondente delitto consumato. In ordine alla (controversa) compatibilità del dolo eventuale con la struttura del tentativo, le S.U.299 sono pervenute – negli anni ’80 – alla soluzione affermativa; di diverso avviso, tuttavia, la prevalente giurisprudenza attuale, dal momento che il requisito dell’univocità degli atti contrasterebbe con lo stato di dubbio caratteristico del dolo eventuale – nel quale, del resto, l’agente non compirebbe atti preordinati a tale scopo, pur accettando 296 Cass. 2017 (Macori, atti preparatori ma inequivoci): decisivo, ai fini dell’univocità (perché possa configurarsi il tentativo), che gli atti – ancorché preparatori – siano oggettivamente rivelatori, per il contesto nel quale si inseriscono e per la loro natura ed essenza, secondo le norme di esperienza e l’id quod plerumque accidit, del fine perseguito dall’agente. 297 Cass. 2018 (Mileto) e altre: ritenuta sufficiente la mera possibilità di consumazione del reato, con una – secondo il manuale – discutibile scelta interpretativa. 298 Cass. 2019 (Raicevic) e al.: prognosi a base parziale con valutazione delle sole “condizioni prevedibili” del caso. Per il manuale, tuttavia, solo una prognosi a base totale consente di coordinare la disciplina del tentativo con il principio di offensività (potendo anche circostanze non prevedibili/conoscibili rendere, in concreto, impossibile il verificarsi dell’evento dannoso o pericoloso). 299 S.U. 1983 (Basile) 91 l’eventualità che il fatto si verifichi300 -, valorizzando l’intenzione dell’agente anche al fine di risolvere la questione, distinta, della prova in ordine a quale fosse il fatto che questi mirava a realizzare301. 5. La desistenza volontaria ed il recesso attivo nel delitto tentato. Ex art. 56 c3, se il colpevole volontariamente desiste dall’azione, soggiace soltanto alla pena per gli atti compiuti, qualora questi costituiscano per sé un reato diverso. La desistenza volontaria costituisce, pertanto, una causa sopravvenuta di esclusione della punibilità avente 2 presupposti: - La condotta di desistenza – mancato completamento dell’azione esecutiva iniziata (integrando gli estremi del tentativo), ma non ancora portata a compimento; o, nei reati omissivi, compimento dell’azione doverosa inizialmente emessa -. - La volontarietà, presupponente la soggettiva convinzione dell’agente di poter completare l’attività esecutiva iniziata (“potrei continuare, ma non voglio”) – non sussiste, ad esempio, in presenza di una coazione esterna che imponga all’agente di interrompere l’attività intrapresa302. Non rientrano tra i presupposti il pentimento/l’abbandono definitivo del proposito criminoso, potendo la desistenza volontaria rilevare anche quando dettata da calcoli utilitaristici. Ex art 56 c4, se il colpevole volontariamente impedisce l’evento (eventualmente, anche con l’aiuto di terzi), soggiace alla pena stabilita per il delitto tentato, diminuita da un terzo alla metà. Il recesso attivo, applicabile ai reati di evento, configura una circostanza attenuante (e si inserisce, pertanto, nel giudizio di bilanciamento tra circostanze ex art. 69 c.p.) anch’essa subordinata al requisito della volontarietà e non si configura laddove l’agente non sia riuscito ad impedire l’evento, pur avendo tentato. 6. Il tentativo nei reati omissivi. In ordine alla configurabilità del tentativo nei reati omissivi: - Nei reati omissivi impropri è pacifico che possa configurarsi quando l’omissione aumenti il pericolo che il garante abbia l’obbligo giuridico di neutralizzare per impedire che si verifichi l’evento – che, comunque, non si verifica, o si verifica per via di una serie causale autonoma -. - Nei reati omissivi propri la questione è invece, controversa. Secondo la giurisprudenza prevalente, dal momento che tali reati si connotano per il mancato compimento di un’azione entro un termine, prima del decorso di esso non si configurerebbe alcuna violazione – eventuali “atti preparatori” compiuti per porsi nell’impossibilità di compiere l’azione doverosa, es. allontanamento dal Paese poco prima del decorso del termine per un adempimento tributario, non sono punibili - mentre, decorso il termine, il reato è da considerarsi consumato303. 7. I rapporti tra tentativo, reati di pericolo, delitti di attentato e reati a dolo specifico. 300 Orientamento del Marinucci-Dolcini: criticando tale orientamento, il manuale adduce che l’univocità è un requisito oggettivo degli atti (richiedendo l’inizio dell’esecuzione) e sarebbe, pertanto, estraneo alla sfera soggettiva. 301 Cass. 2017 (Intenzione e tentativo, come criterio per distinguere tra tentato omicidio e tentata lesione). Una medesima condotta tentata (es. esplosione di colpi diretti verso una persona) potrebbe, astrattamente, integrare sia tentato omicidio che tentate lesioni: la giurisprudenza ha, a tal riguardo, valorizzato indizi (es. rapporti agente-vittima, direzione del colpo, ecc.) per discernere tra animus necandi e animus ledendi. 302 Cass. 2010 (Sergi): volontarietà esclusa quando la desistenza di attività estorsiva sia ragionevolmente avvenuta in ragione dell’installazione di telecamere in prossimità dell’esercizio commerciale il cui titolare era stato designato come vittima. Cass. 2011 (Del Giudice): volontarietà riconosciuta in capo all’agente liberamente allontanatosi da un’abitazione rurale dopo averne forzato la porta d’ingresso, rovistando e mettendo a soqquadro, senza asportare nulla. 303 Cass. 2019 (Clementi). Marinucci-Dolcini: potrebbe configurarsi uno spazio ridotto per il tentativo nelle ipotesi in cui il soggetto non sfrutti il primo momento utile per adempiere all’obbligo di agire, ma conservi una chance ulteriore per adempiere a quell’obbligo (es. invece di prestare soccorso ad un ferito l’automobilista si allontana di qualche metro, per poi fermarsi non per volontaria desistenza (che renderebbe il fatto non punibile) ma in quanto costretto da terzi – tentativo di omissione di soccorso). 92 - Del pari, difettando di ogni contribuito causale relativamente alla decisione di commettere il reato, neanche la connivenza (consapevolezza che altri sta per commettere/sta commettendo un reato senza che si faccia nulla per impedirlo) configura tentativo – rilevando, casomai, in quanto concorso omissivo (quando chi non impedisce la commissione del reato avevo l’obbligo giuridico di farlo). 12. Consapevolezza e volontà di contribuire causalmente alla realizzazione del fatto. La responsabilità del partecipe presuppone, peraltro, la presenza di dolo esteso sia al fatto principale realizzato (o tentato) dall’autore, che al contributo causale recato dalla condotta atipica310. E’ sufficiente che il concorrente atipico si rappresenti la commissione di un fatto concreto conforme a quello descritto dalla norma incriminatrice non rilevando, invece, che conosca le modalità concrete di esecuzione del reato; anche il verificarsi di error in personam non esclude il concorso, conformemente alla disciplina generale prevista per il dolo. Laddove, invece, il mutamento del bersaglio derivi dall’ autonoma scelta dell’autore, si configura mero tentativo di partecipazione (ed il concorrente non risulta punibile). Non è necessario che sussista un previo accordo – rilevante, casomai, ai fini della commisurazione della pena (presupponendo una maggior gravità sia oggettiva, per la maggiore carica lesiva ravvisata nel “crimine organizzato”, che soggettiva, esprimendo un più elevato grado di intensità del dolo) - e, perché si configuri concorso, non rileva la consapevolezza reciproca dell’altrui attività (l’autore principale può anche essere all’oscuro della condotta del concorrente). 13. L’agente provocatore e l’agente sotto copertura. E’ definibile agente provocatore chi, appartenente alle forze dell’ordine o privato cittadino, istighi taluno a commettere un reato, volendo far scoprire e assicurare alla giustizia la persona provocata prima che il reato giunga a consumazione. L’impunità dell’agente provocatore poggia sull’assenza del dolo di partecipazione (rappresentandosi e volendo non un reato consumato, ma un tentativo impedito dall’intervento di fattori esterni – es. polizia -); il provocato, tuttavia, può non essere punibile per ragioni processuali (non sono utilizzabile le prove acquisite con “tattiche poliziesche fraudolente”) o può godere ex art. 62 bis di attenuanti generiche (quando la sua autodeterminazione sia stata condizionata dalla provocazione). L’infiltrato è, invece, chi si inserisca in un’organizzazione criminale o in un’attività delittuosa in corso, compiendo fatti di reato, per acquisire elementi di prova, e non è responsabile dei fatti commessi non per assenza di dolo di consumazione, ma in ragione della liceità dei fatti commessi nell’adempimento di un dovere (ferma restando, ovviamente, la strumentalità/connessione dei fatti commessi con il dovere adempiuto, alla luce della previa individuazione dei limiti delle condotte non punibili – es. ex art. 9 l. n. 145/2006). La flessibilità nella commissione dei reati accordata all’infiltrato è stata ampliata dalla c.d. . spazzacorrotti del 2019, con riguardo agli ambiti della corruzione e dei delitti contro la p.a., nonché, nella l. n. 22/2022, in relazione al riciclaggio e all’autoriciclaggio di beni culturali. La Corte EDU ha avuto modo di pronunciarsi su tali pratiche repressive approntate dall’ordinamento: nel 1998, ad esempio (Taixeria de Castro c. Portogallo), la Corte ha ravvisato una violazione del diritto all’equo processo ex art. 6 CEDU, ravvisando l’inutilizzabilità delle prove così acquisite, in presenza di provocazione (laddove, ovvero, si accerti che il reato non sarebbe stato commesso in assenza dell’impulso recato dall’agente di polizia), conclusione recentemente condivisa anche dalla Cassazione italiana311. 309 Cass. 2015 (Gentile; mafia), anche la sola presenza fisica del compartecipe di un’associazione di tipo mafioso (…) laddove non sia meramente accidentale, ma intenzionale e correlata alla perpetrazione del reato, non è qualificabile come mera connivenza non punibile, ma integra una forma di cooperazione morale al delitto comportano, per effetto della solidarietà criminale insita nel vincolo associativo, il rafforzamento del proposito dell’autore materiale ed il potenziamento della sua capacità di intimidazione. 310 Cass. 2019 (Tuccio, estensione dolo) e altre: dolo esteso a fatto principale e contributo causale, ma non è necessario che ricorrano un previo accordo o una consapevolezza reciproca dell’altrui attività (l’autore può anche ignorare l’altrui contributo materiale alla partecipazione del fatto). 95 14. Una deroga alla necessità del dolo di partecipazione: la responsabilità del partecipe per un reato diverso da quello voluto. L’art. 116 configura un’eccezione alla disciplina del dolo: anche qualora il reato commesso sia diverso da quello voluto da taluno dei concorrenti questi ne risponde, se l’evento è conseguenza della sua azione od omissione. Tale ipotesi di responsabilità oggettiva deve essere, comunque, rimodellata alla luce del principio di colpevolezza richiedendosi, quantomeno, la presenza di colpa312 - pur persistendo potenziali profili di illegittimità costituzionale sotto il profilo dei rapporti tra misura della pena e grado della colpevolezza, punendosi con la pena prevista per un delitto doloso una persona alla quale può essere mosso soltanto un rimprovero colposo -. La Corte Costituzionale, chiamata a pronunciarsi sul punto 313, ha ritenuto legittima la normativa essendo prevista, ex art. 116 c2, una circostanza attenuante : la pena è diminuita riguardo a chi volle il reato meno grave. 15. Il concorso di persone nel reato proprio. Nei reati propri può realizzarsi il concorso di un estraneo (privo delle qualifiche richieste dalla norma incriminatrice) che contribuisca alla realizzazione del fatto costitutivo del reato proprio nonché, secondo un orientamento giurisprudenziale – non condiviso dal manuale -314, anche laddove sia l’estraneo a commettere il fatto tipico, relegando l’intraneo a ruolo di mero partecipe. Il dolo del partecipe deve estendersi, nei reati propri, alla consapevolezza della qualità rivestita dall’intraneo, fatto costitutivo del reato proprio315; ciò salvo che, ex art. 117, la qualità dell’autore si limiti a determinare un mutamento del titolo del reato – non intaccando, dunque, sulla rilevanza penale del fatto commesso – (es. peculato, art. 314, e appropriazione indebita ex art. 646)316 e, pertanto, in tal caso si configura una forma di responsabilità oggettiva relativamente all’elemento della “qualità dell’autore” – da rimodellare come responsabilità per colpa ma, comunque, dalla dubbia compatibilità costituzionale (è prevista, in tal caso, la mera possibilità per il giudice di diminuire la pena in caso di reato proprio più grave)-. 16. Il concorso di persone nei reati necessariamente plurisoggettivi. Il concorso di persone può pacificamente configurarsi con riguardo ai reati necessariamente plurisoggettivi (da parte di chi, esternamente, ne istighi o agevoli la commissione tenendo una condotta atipica). Nei reati necessariamente plurisoggettivi impropri/in senso ampio sono assoggettate a pena soltanto alcune tra le condotte costitutive; le condotte tipiche non sanzionate non possono, in tal caso, configurare concorso (non essendo atipiche). 311 Cass. 2014 (Ursino); Cass. 2020 (Giannone): si è al di fuori di una lecita operazione sotto copertura quando il soggetto indagato sia stato incitato o indotto a commettere un reato che altrimenti non sarebbe stato commesso. 312 Cass. 2020 (Tasca) e al. (concorso e principio di colpevolezza): l’art. 116 è applicabile alle ipotesi di rimprovero colposo: ad es. quando le circostanze concrete erano tali che un uomo ragionevole, al posto dell’agente, avrebbe previsto che si sarebbe realizzato il diverso reato. 313 Corte Cost. n. 55/2021 (116c2): relativamente al contestato divieto di prevalenza di tale attenuante in presenza di recidiva reiterata, la Corte ha valorizzato la diminuzione di pena per il concorrente che voleva il reato meno grave ritenendola imposta dal principio di proporzionalità della pena rispetto alla gravità del reato, ravvisandosi il fondamentale pilastro per sorreggere la tenuta costituzionale di questa eccezionale fattispecie di responsabilità penale. 314 Cass. 2013 (Barla) e al. (inversione di ruoli tra intraneo e estraneo): l’inversione sarebbe ammissibile (per reprimere con adeguata severità fatti altrimenti punibili in modo più blando). Per il manuale, invece, il principio di legalità impone che autore di un reato proprio possa essere soltanto l’intraneo. Esempio: estraneo che, presentandosi ad una persona come intermediario di un pubblico ufficiale, costringa una persona a consegnargli del denaro facendosi portatore della minaccia del pubblico funzionario di non fargli avere, in caso di mancato pagamento, una concessione edilizia. Ravvisare concorso in concussione, piuttosto che estorsione aggravata, trascurerebbe un requisito della concussione: ovvero, il coinvolgimento diretto e personale del pubblico funzionario. 315 Cass. 2019 (Fede: dolo esteso alla consapevolezza della qualità rivestita dall’intraneo). 316 Cass. 2021 (Biason) e al. (eccezioni ex art. 117): Ai fini dell’applicabilità dell’art. 117 c.p., che disciplina il mutamento del titolo del reato per taluno dei concorrenti, è necessario che il fatto commesso dall’estraneo costituisca comunque reato anche in mancanza della qualifica rivestita dall’autore principale, mentre trova applicazione la norma generale sul concorso di persona, ex art. 110 c.p., quando l’azione del concorrente sia di per sé lecita e la sua illiceità dipenda dalla qualità personale di altro concorrente. 96 Nell’ambito dei reati associativi, pur registrandosi alcune voci contrarie, la giurisprudenza317 ritiene che possa configurarsi concorso (es. in capo a chi, pur non inserendosi nella struttura organizzativa, ad ogni modo agevoli l’esistenza dell’associazione – c.d. concorso esterno nel reato associativo –); il dolo presuppone, in tal caso, la rappresentazione dell’efficacia agevolatrice dell’associazione della condotta tenuta e delle finalità alle quali l’associazione è rivolta – ed è, tendenzialmente, esclusa dalla giurisprudenza la compatibilità del concorso esterno con il dolo eventuale318 -. Il legislatore sanziona, poi, specificamente le condotte di assistenza ai partecipi di banda armata e di assistenza agli associati di un’associazione per delinquere o di un’associazione di tipo mafioso (artt. 307 e 418), fattispecie espressamente applicate “fuori dai casi di concorso nel reato”: ovvero, quando l’aiuto/assistenza sia erogato per aiutare membri individuali, piuttosto che la stessa associazione (mentre, in quest’ultimo caso, si configura il concorso esterno)319. In ordine, poi, alla distinzione tra concorso esterno in associazione mafiosa e concorso in un reato aggravato dalla finalità di agevolare l’attività di un’associazione mafiosa (art. 416 bis), le S.U. hanno evidenziato alcuni connotati tipici del concorso esterno320 per avvalorarne la configurabilità laddove ricorrano. 17. Il concorso mediante omissione. Il concorso di persone può realizzarsi anche in forma omissiva purché: - Vi sia una posizione di garanzia, implicante l’obbligo di impedire un reato321, in assenza della quale si configurano connivenza/adesione morale (fatti non perseguibili); - L’omissione sia condizione necessaria per la commissione del reato da parte dell’autore – dovendo essere accertato, a tal riguardo, se la condotta doverosa sarebbe stata idonea ad impedirlo. 18. Il trattamento sanzionatorio dei concorrenti nel reato. Ex art. 110 quando più persone concorrono nel medesimo reato, ciascuna di esse soggiace alla pena per questo stabilita: i concorrenti condividono, dunque, la comune cornice edittale, pur dovendosi graduare le singole pene erogate – ex art. 133 – anche in base al ruolo ricoperto nella commissione del fatto. Non sarebbe ragionevole, del resto, punire sempre l’esecutore più severamente del mandante (anche alla luce del ruolo, potenzialmente preponderante, da quest’ultimo ricoperto nella vicenda criminale). Anche le circostanze ex artt. 111, 112, in presenza di concorso, incidono sulla modulazione della pena, attribuendo rilevanza (sia con aggravanti che, ad es. relativamente al soggetto “debole”, con attenuanti): - Al ruolo di spicco assunto dal concorrente nella preparazione del reato; 317 Cass. 1994 (Demitry, configurabilità del concorso esterno). A tal riguardo la Corte EDU (Contrada c. Italia) ha negato la possibilità di punire a titolo di concorso esterno fatti realizzati prima della Sent. Demitry. S.U. 2021 (Modaffari, nozione di “partecipazione ad associazione di tipo mafioso”): essa si sostanzia non nella mera affiliazione rituale, caratterizzandosi per lo stabile inserimento dell’agente nella struttura organizzativa dell’associazione, idoneo, per le specifiche caratteristiche del caso concreto, ad attestare la sua “messa a disposizione” in favore del sodalizio per il perseguimento dei comuni fini criminosi. 318 S.U. 2015 (Mannino), esclusa configurabilità di concorso esterno a titolo di dolo eventuale. 319 Giurisprudenza sul concorso esterno del professionista che presti la sua attività nell’interesse dell’associazione: - Cass. 2014 (Alvaro): può rispondere di concorso esterno in associazione mafiosa l’avvocato che, senza limitarsi a fornire consigli, pareri, ecc. mantenendosi nell’ambito di quanto legalmente consentito, offra un’assistenza tecnico-legale volta a suggerire sistemi e modalità di elusione fraudolenta della legge. - Cass. 2021 (Coppola) e al., con riguardo alle condizioni perché si configuri il concorso esterno in associazione mafiosa da parte di un imprenditore. 320 S.U. 2019 (Chioccini, concorso esterno). Il concorrente esterno ha un rapporto effettivo e strutturale con il gruppo, della cui natura e funzione ha una conoscenza complessiva, che gli consente di cogliere l’assoluta funzionalità del proprio intervento alla sopravvivenza o vitalità del gruppo; nel reato circostanziato, invece, l’utilità dell’intervento può essere anche valutata astrattamente solo da uno degli agenti, senza estensione ai componenti del gruppo, ed è del tutto estemporanea e fungibile rispetto all’attività delinquenziale programmata e, soprattutto, non necessariamente produttiva di effetti di concreta agevolazione. 321 Cass. 2015: es. violenza sessuale a danno di un minore non impedita dal genitore non presente sul luogo del fatto, ma consapevole dell’abuso. 97