Scarica "Media e comunicazione" di Scannell e più Appunti in PDF di Sociologia Comunicativa Di Massa solo su Docsity! MEDIA E COMUNICAZIONE CAPITOLO 3: LA FINE DELLE MASSE-MERTON, LAZARFELD, RIESMAN, KATZ 1. ROBERT MERTON È il più influente sociologo americano della sua generazione, principale esponente dello struttural- funzionalismo, corrente teorica della sociologia americana. Il suo impegno nella sociologia della comunicazione di massa rappresentò comunque un momento importante e fu sostenuto da due fattori: la guerra in Europa e il legame con Paul Lazarsfeld. Il suo principale lavoro fu uno studio di caso sulla lunga maratona in diretta radiofonica che ebbe come protagonista la cantante Kate Smith, effettuata per promuovere la vendita di titoli di stato in sostegno della guerra. 2. PERSUASIONE DI MASSA L’idea dello studio venne a Lazarsfeld per analizzare l’impatto della radio focalizzando l’attenzione su un singolo programma che aveva ottenuto una forte influenza sul pubblico. Il programma di Kate Smith rappresentò uno spettacolare evento mediatico che sollevò domande sulla psicologia sociale della persuasione di massa. Durante la guerra, la Smith aveva due programmi: 1. Kate Smith Speaks: il più ascoltato della fascia pomeridiana (raggiungeva i 10 milioni di ascoltatori); la cantante leggeva le lettere che le venivano spedite, facendo commenti personali su temi come il lavoro minorile, la guerra, la discriminazione contro i lavoratori sopra i quarant’anni. Per questo programma la Smith guadagnava 5.000 dollari alla settimana. 2. Kate Smith Hour: trasmesso in prima serata dalla CBC dalle 8 alle 9. Durante la trasmissione la Smith pubblicizzava sigarette, caffè, teglie da forno, colazioni a base di cereali. Per questo programma la Smith guadagnava 12.500 dollari alla settimana. Dati gli ascolti dei suoi programmi, la CBS chiese alla Smith di prender parte alla campagna per convincere gli americani a comprare titoli di stato per la guerra. La vendita dei titoli fu il mezzo attraverso cui il governo riuscì a raccogliere i soldi per finanziare la guerra con contributi volontari d’individui e aziende, invece che con un innalzamento delle tasse. Gli ascoltatori chiamarono o scrissero in radio per impegnarsi nell’acquisto dei titoli per un ammontare di circa 40 milioni di dollari. Questa situazione dimostrò il potere della radio nel persuadere le masse. Merton, infatti, sottolineò che il programma della Smith non fu un esempio di propaganda, ma di persuasione. Propaganda: è un sistema di comunicazione a una direzione. Persuasione: mantiene una direzione biunivoca, ha un carattere più interattivo, è più vicina ad una conversazione. Nel grafico a torta che risultò dall’analisi del contenuto dei temi toccati nella trasmissione, il 50% del contenuto di ciò che la Smith disse riguardava i sacrifici da effettuare nel periodo di guerra: i sacrifici delle forze armate, dei civili e della stessa Kate Smith. Il resto del grafico mostrava cinque differenti aspetti dei modi in cui l’appello al sacrificio fu tematizzato. I primi tre temi erano orientati al contenuto e all’azione in termini di partecipazione collettiva nello sforzo per la guerra. Gli altri due temi erano differenti: - Il tema personale sottolineava il carattere conversazionale dell’evento; sebbene questo fosse pensato per attrarre una consistente fetta di pubblico, le parole della Smith enfatizzavano un rapporto intimo e diretto del tipo “io e te”, che sollecitava una risposta immediata e diretta da parte degli ascoltatori. - Il tema della facilitazione, grazie al quale la Smith metteva in risalto come il telefono rappresentasse il modo più facile per effettuare l’offerta e che le linee telefoniche dell’emittente erano aperte. Il telefono rese più facile l’acquisto dei titoli di Stato, dato che molti ascoltatori telefonavano nella speranza di parlare con lei. Che cosa rese l’emittente così persuasiva? La personalità della Smith, alla quale fu attribuita dagli ascoltatori la rilevante caratteristica della sincerità. Per quale motivo la Smith non era considerata come parte di quel processo di “sfruttamento, manipolazione e controllo” che Merton sosteneva essere comune all’esperienza degli ascoltatori? In un suo libro, Merton interpreta l’America contemporanea come caratterizzata da una pseudo- Gemeinschaft (Gemeinschaft → comunità di valori), e cioè da una simulazione dell’interesse personale nei confronti dell’altro allo scopo di prendere il meglio dall’altro, e questo è uno degli effetti psicologici di una società che, focalizzata sul capitale e sul mercato, tende a strumentalizzare le relazioni umane. L’America contemporanea è anomica, sostiene Merton, perché non ha un sistema di valori condiviso e accettato per regolare le condotte della vita sociale. In questo tipo di società gli uomini tenderanno a considerare ogni relazione con la mentalità del commerciante, a presentare sempre più gli oggetti naturali come merce e a considerare le relazioni personali da un punto di vista mercantile. Coloro che scrissero il copione alla Smith da leggere in radio erano interessati all’efficace gestione delle emozioni degli ascoltatori, allo scopo di spingerli a comprare titoli di stato. Il loro obiettivo era la ricerca di mezzi efficaci per la persuasione. Il fatto che la trasmissione superò nuovi record nella vendita dei titoli di stato provò il successo delle tecniche persuasive applicate, successo però raggiunto per mezzo di “criteri immorali” che esprimono un atteggiamento manipolatorio nei confronti dell’uomo e della società. L’emittente viene infatti criticata per aver giocato con le emozioni della massa e aver sfruttato le sue paure. 3. LA RILEVANZA DELLO STUDIO DELLA COMUNICAZIONE DI MASSA Dopo la questione relativa alla persuasione di massa, Merton decise di collaborare con Lazarsfeld ad un progetto di quest’ultimo. Il testo riguardava il tema della comunicazione nell’America del dopoguerra. Gli studiosi notano il crescente interesse nel ruolo del cinema, della radio e della stampa nella società contemporanea. Un tema comune è la preoccupazione nei confronti dell’ubiquità e del potere dei media. In America quest’ultimo non dipendeva, come nella Germania hitleriana, dalla violenza organizzata e dalla coercizione delle masse. I mass media rappresentano nuove forme di controllo sociale, più tenui e dirette. Essi hanno creato una pseudo sfera pubblica, contribuendo al gioco di rendere i pubblici di massa conformi allo status quo economico e sociale. Nel saggio di Lazarsfeld e Merton troviamo tre temi principali: il ruolo sociale dei media, il loro impatto sui gusti popolari e il loro potenziale per il progresso dell’azione sociale. Sono introdotti tre concetti mertoniani: 1. Monopolizzazione: i media monopolizzano la definizione di un tema tramite l’esclusione di argomentazioni contrarie e di cornici interpretative alternative 2. Incanalamento: i media lavorano allo scopo di incanalare gli atteggiamenti sociali esistenti 3. Integrazione: i media non operano da soli. Il nazismo non utilizzava solo i media ma integrava l’uso della violenza organizzata. Il contatto diretto e la discussione interpersonale integravano in maniera complementare il lavoro dei media. Merton evidenzia tre funzioni dei mass media 1. L’attribuzione di status: i media possono essere agenti di legittimazione per il conferimento di status a temi di interesse pubblico, persone, organizzazioni e movimenti sociali. 2. Il rinforzo delle norme sociali: i media hanno la capacità di rinforzare gli atteggiamenti e i valori sociali prevalenti; si avvicina così lo scarto tra atteggiamenti privati e moralità pubblica. Se queste possono essere considerate come funzioni positive, l’effetto narcotizzante dei media è la disfunzione negativa. 3. Disfunzione narcotizzante: I media inducono i pubblici di massa all’apatia politica creando l’illusione della partecipazione al processo democratico mentre, in realtà, lo ostacolano. Dai giornali o dai notiziari un individuo tende a credere di sapere quello che sta accadendo, si sente coinvolto ed informato. In questo modo si forma una sfera della pubblica opinione (pseudo-sfera pubblica) che confonde azione e partecipazione nei processi di decisione politica. 4. LA FOLLA SOLITARIA Nel 1950 David Riesman pubblicò La folla solitaria: inizia parlando delle società premoderne. Ogni ordine sociale (tradizionale, prima modernità, contemporaneo) produce e richiede un certo tipo di individuo, o tipi di carattere sociale, la cui struttura della personalità è orientata in una precisa direzione: carattere sociale diretto dalla tradizione, autodiretto ed eterodiretto. L’idea dell’opera è che la società esiste come una forza esterna che s’impone sugli individui costringendoli a essere conformi a delle norme che regolano la vita sociale stessa. Questa situazione si è conseguita attraverso la socializzazione degli individui, che comincia alla nascita ed è “costruita nel bambino” dai genitori. Differenti tipi di società, in periodi storici diversi, richiedono tipi di conformità differenti. - Clan e famiglie erano orientati a modi di vita tradizionali ovunque e per un consistente periodo storico: le società che seguivano quest’impostazione erano legate ad una stretta rete di valori a cui tutti si conformavano acriticamente. La società a cui essi erano adattati poteva essere miserabile e piena di ansie, ma non negava la differenza individuale. Le differenze erano determinate dalla nascita, dal genere e dallo status e raramente gli individui riuscivano a modificare i ruoli che la vita aveva assegnato. valutare se si potesse ricavare qualche nuovo spunto. Il risultato di questo lavoro fu Personal Influence (L’influenza personale nelle comunicazioni di massa) pubblicato nel 1955. 7. “PERSONAL INFLUENCE” “Personal Influence” è diviso in 2 parti: la prima è una sintesi della tesi di dottorato di Katz ed offre una nuova attenzione per lo studio degli effetti dei mass media, indagando sul ruolo giocato dalle persone; la seconda parte è un sommario e una discussione dello studio effettuato a Decatur. Le agenzie che sponsorizzano la ricerca sulla comunicazione di massa hanno interesse solo su un tipo di effetto: l’impatto delle campagne. La ricerca di è concentrata su come e sotto quali condizioni, le campagne dei mass media hanno successo nell’influenzare opinioni e atteggiamenti. L’ipotesi iniziale sottostante alle ricerche sui media era quella di un flusso di comunicazione a uno stadio attraverso cui i media emettevano i loro messaggi e rendevano atomi le masse riceventi. Divenne, però, ben presto evidente che nel processo di comunicazione esistono delle “variabili intervenienti” tra i media e le masse: 1. Il grado di esposizione ai media 2. Le caratteristiche dei differenti media 3. La forma ed il contenuto dei prodotti 4. Gli atteggiamenti e le predisposizioni dei pubblici 5. La nuova variabile delle relazioni interpersonali. L’ ambiente sociale e la rete dei rapporti interpersonali in cui gli individui sono inseriti si impongono come fattori cruciali che influenzano il loro utilizzo dei media. “Personal Influence” si occupa solo delle relazioni interpersonali e della scoperta della gente: se Lazarfeld pensava agli individui come variabili sociologiche o dati statistici, Katz invece pensava agli individui come persone, perché veniva da un’altra branca della sociologia che considera i gruppi primari come un importante oggetto di studio. A Decatur si imposero all’attenzione dei ricercatori le relazioni interpersonali tra le donne in una piccola città americana negli anni Quaranta e, per questo, la ricerca divenne anche uno studio sul gregarismo (gregge; accezione negativa: “mentalità da gregge”; accezione positiva: “piacere per la compagnia degli altri”. Dai dati della ricerca emerge un ricco insieme di relazioni tra donne giovani e anziane, sposate e nubili, ricche e umili. Per l’ambito cinematografico, a svolgere la funzione di opinion leader sono le ragazze giovani e single di tutti gli status; per quanto riguarda i cereali da colazione, lo sono le casalinghe. Le donne con uno status alto sono quelle più informate sugli affari pubblici poiché le loro vite sono meno occupate dalle mansioni domestiche rispetto alle loro contemporanee meno benestanti. Dallo studio effettuato a Decatur emerge che le leader d’opinione sono quelle che più si espongono ai mass media. I media “locali” sono più significativi riguardo i film e la spesa, mentre i media “cosmopoliti” hanno un ascendente maggiore sulle leader d’opinione per quello che riguarda la moda e gli affari pubblici. Una maggiore esposizione ai contenuti dei media non significa necessariamente una maggiore influenza: le leader d’opinione sono più propense a basare i loro gusti e a influenzare quelli altrui su contatti personali e utilizzano i media solo come strumento complementare. CAPITOLO 5: CULTURA E TECNOLOGIA - INNIS, MCLUHAN Alla fine degli anni Quaranta Harold Adams Innis sviluppò un approccio allo studio delle tecnologie della comunicazione. Le sue idee furono riprese, ampliate e diffuse dal collega più giovane, Marshall McLuhan La tecnologia moderna è normalmente intesa come utilizzo delle macchine a scopi riproduttivi e il suo decollo è sancito dal passaggio dalla produzione artigianale alla produzione e riproduzione di massa, nella quale il processo sembra essere dominato totalmente dalle macchine. La questione della tecnologia moderna è quindi intrinsecamente legata all’industrializzazione e alla produzione di massa: la sua rilevanza per gli studi della comunicazione si impone nei primi lavori di Harold Innis sulla storia economica delle materie prime del Canada del XIX secolo, e cioè le pelli, il pesce ed il legname. 1. STORIA E COMUNICAZIONE Il principale lavoro di storia economica di Innis è “The fur trade in Canada”, nel quale affermava che l’economia canadese non fosse stata guidata da semplici fattori endogeni. Il commercio delle pelli fu guidato dalla moda europea, per la quale il Canada forniva le pellicce di castoro per il commercio di cappelli che avveniva in Francia e in Inghilterra. Lo studio di Innis rappresentava una sfida all’“ipotesi di frontiera” introdotta da Frederick Jackson Turner il quale sosteneva che ad essere determinante per la storia americana è stata l’espansione verso occidente: lo spirito di frontiera, con le sue spinte all’indipendenza e all’autonomia di governo da parte delle comunità locali, aveva formato il carattere della democrazia americana. Innis non accolse con favore questa tesi perché non apprezzava l’isolazionismo e l’autocompiacimento americano implicito in questa posizione. Egli scoprì l’interdipendenza tra il Canada e gli Stati Uniti. Questi ultimi importavano dal Canada materie prime e le trasformavano in prodotti culturali che avrebbero esportato nuovamente in Canada; in questo processo era presente l’imperialismo dei media”, tramite cui l’America esercitava un’egemonia culturale attraverso l’esportazione di merci che avevano incorporato lo stile di vita americano e attraverso la circolazione globale dei suoi prodotti culturali. 2. LE TENDENZE DELLA COMUNICAZIONE Cosa accade se una società ha a disposizione come unico mezzo di comunicazione la parola? La risposta di Innis è che queste società devono essere necessariamente piccole dal punto di vista geografico: finché è la lingua parlata l’elemento che le tiene insieme, le dimensioni delle loro comunità saranno sempre definite dal carattere dei rapporti faccia a faccia. Innis sosteneva che i sistemi di scrittura si svilupparono come mezzi per coordinare e controllare le attività umane rispetto ad un’estensione di spazio e di tempo più ampia. La scrittura è un sistema di registrazione, un modo per raccogliere le informazioni, che così possono essere trasmesse attraverso grandi distanze e conservate nel tempo. Innis pone la sua attenzione sui differenti supporti utilizzati per scrivere e sui modi in cui condizionano lo scopo, la caratteristica e l’obiettivo dei messaggi che registrano o contengono. I messaggi scritti su materiali pesanti come il marmo assumono un carattere monumentale che resiste attraverso il tempo; quelli scritti su papiro o carta sono facilmente trasportabili attraverso grandi distanze. Media differenti usano materiali differenti e hanno differenti conseguenze. Questo aspetto viene definito dallo studioso distorsione della comunicazione. Per questi motivi Innis sostiene che la basilare distinzione in termini di comunicazione è quella che separa le culture orali dalle culture scritte, concetto esposto chiaramente nel suo libro “Impero e comunicazioni” nei capitoli riguardanti la civiltà greca e l’impero romano. La civiltà dei greci era tenuta assieme da una tradizione orale, mentre l’imperialismo romano da quella scritta. La vitalità delle città-stato greche riflette il potere della parola parlata. Nell’agorà ateniese, la spinta e la forza del dibattito aperto e della discussione filosofica faccia a faccia sono esempi del potere e della persistenza della cultura orale. Anche Roma cominciò ad essere una città-stato, ma con la crescita del suo impero, la sua cultura civilizzata, civica e repubblicana fu sostituita dalla crescita degli imperatori e dalla concentrazione del potere nelle loro mani. Le leggi dell’impero romano furono burocratizzate e militarizzate. La codificazione della legge, lo sviluppo di registri per l’amministrazione dipendevano dalla scrittura, dalle strade, dalle navi, e cioè dalle più importanti tecnologie del trasporto e della comunicazione. Secondo Innis, quindi, la formazione di società stabili, che resistono nel tempo, è dovuta anche alle risorse a disposizione per i trasporti e la comunicazione, al movimento delle informazioni, delle idee e delle persone. Le tecnologie dei media tendono ad imporre monopoli della conoscenza e del potere; i media che riescono a creare una distorsione nel tempo mantengono il potere religioso, mentre i media che distorcono lo spazio mantengono il potere politico. Secondo Innis, non è il contenuto a dover essere considerato, bensì la materialità del medium, e cioè il modo in cui la comunicazione viene attuata e l’informazione registrata, conservata e fatta circolare. 3. «LA GALASSIA GUTENBERG» McLuhan si fece interprete della nuova era della comunicazione, quella delle comunicazioni elettroniche globali e fu il primo a impegnarsi con il significato globale di ciò che rappresentavano i nuovi media. La nuova realtà del dopoguerra trovò nella personalità eccentrica di McLuahn il suo esegeta: i suoi due libri, “La Galassia Gutemberg” e “Gli strumenti del comunicare”, lo resero famoso a livello internazionale. “La Galassia Gutenberg” consiste in una serie di citazioni di almeno 200 autori, alternate alle argomentazioni di McLuhan, il quale le raccolse nel corso di 20 lunghi anni per metterle assieme in tre mesi. La sua struttura a mosaico era il suo messaggio, era una meditazione e una critica dell’impatto dell’alfabeto fonetico e della scrittura nella cultura occidentale, soprattutto in seguito all’invenzione di Gutenberg della stampa a caratteri mobili (XV sec). McLuhan riconfermava la distinzione di Innis tra le culture orali e quelle alfabetizzate (culture scritte): secondo lo studioso, la parola pronunciata non si rivolge solo all’orecchio, ma a tutti i sensi. La scrittura alfabetica destruttura l’unità e l’interezza del parlare, decostruendo analiticamente i suoni delle parole nelle loro componenti minime, rappresentate ognuna da un segno o una lettera, rappresentati su carta stampata. La tecnica del mosaico utilizzata da McLuhan rappresenta una sorta di consiglio che suggerisce come evitare la trappola della visione a una dimensione, la mentalità da abcde (gioco di parole usato per indicare la sequenza alfabetica, il modo di pensare una cosa alla volta,) che caratterizza l’uomo occidentale alfabetizzato. “Galassia Gutemberg” è un’opera aperta, che il lettore può iniziare da qualsiasi punto e leggere tornando indietro in qualsiasi momento. 4. IL MEZZO È IL MESSAGGIO “Gli strumenti del comunicare” rappresenta un continuum del primo testo di McLuhan. In esso, l’autore inserisce meno citazioni e più argomentazioni personali, rendendo il testo meno radicale e quindi adatto ad un pubblico più ampio. La prima questione che affronta l’autore è quella in cui suggerisce di pensare ai media come a una “estensione dell’uomo”. I media possono essere pensati come strumenti che estendono la gamma delle possibilità e degli scopi e come tali, non solo i media alterano la scala e gli scopi dell’attività umana, ma cambiano il bilanciamento esistente tra i sensi. Nel tentativo di comprendere gli effetti dei media sui nostri sensi, dovremmo focalizzare la nostra attenzione sulle loro proprietà formali, non sul loro contenuto. 5. IL VILLAGGIO GLOBALE ELETTRONICO Fra tutte le intuizioni di McLuhan quella che oggi ha ancora più rilevanza è quella sul concetto di villaggio globale, introdotta per la prima volta in “Galassia Gutenberg”. Il villaggio rappresenta emblematicamente le forme pre-moderne della vita sociale. Le culture tribalizzate privilegiano le società ai loro membri, mentre le culture detribalizzate sono caratterizzate dalla frammentazione e mettono in primo piano il singolo, l’individuo separato. I media elettronici risocializzano il mondo all’interno di un singolo villaggio globale. McLuhan anticipò la nascita del computer e la diffusione a livello globale della televisione, che sono due dimensioni attualissime. La televisione oggi si lega intimamente alla politica, agli affari e alle guerre globali. Le storie, le immagini e le canzoni circolano nel mondo attraverso la televisione, che mostra il carattere storico-globale della vita dei nostri giorni. L’aspetto più significativo dell’opera di Innis e McLuhan è il legame tra la comunicazione e i media con la gestione del tempo e dello spazio. Nel 1985, Joshua Meyrowitz pubblicò una sintesi delle idee di Erving Goffman e di McLuhan, provando a metterli insieme in un’analisi che legava lo studio delle interazioni faccia a faccia del primo con l’approccio ai media introdotto dal secondo autore. Nel momento in cui la televisione diventa una risorsa comune e condivisa tra tutti i membri di una società, crea nuove conoscenze ed esperienze, che riconfigurano le relazioni tra genitori e figli, giovani e anziani, tra i politici e l’elettorato e tra i sessi. La distinzione tra il tempo e lo spazio compiuta da Meyrowitz viene ripresa in “Le conseguenze della modernità” da Giddens, secondo cui una caratteristica chiave della modernità è la separazione tra il tempo e lo spazio. In questo processo di “globalizzazione culturale”, il ruolo delle tecnologie della comunicazione è stato cruciale. L’industria culturale e la produzione di massa dei beni di consumo sembravano aver plasmato la forma e il contenuto della vita culturale del XX secolo. Nelle relazioni sociali della produzione di massa, il lato dell’offerta (la produzione) era dominante, ma negli anni Ottanta sembrava il contrario, era la domanda (cioè il consumo) a guidare la produzione. La produzione di massa di beni standardizzati attraverso la catena di montaggio era stata sostituita dai modi di produzione post-fordisti, caratterizzati dalla produzione di beni diversi, su piccola scala e con metodi flessibili. La scoperta di un “pubblico attivo” si affermò anche nei media studies degli anni Ottanta, come indicatore della rivalutazione del consumo: cominciò a diffondersi il videoregistratore, ma fu la televisione via satellite a rappresentare il presagio di una nuova era delle telecomunicazioni. Possiamo affermare indubbiamente che il completamento di questa straordinaria visione si è compiuto con la crescita di internet: il mondo on- line è l’incarnazione di quello che McLuhan aveva previsto come villaggio globale, in cui “i centri sono 4. GIOCHI DI FACCIA Il più importante contributo di Goffman alla comprensione della comunicazione è forse quello di averla trattata sempre come un’occasione nella quale gli individui entrano e si legano alla stessa natura dell’occasione e alle sue proprietà situazionali. Durante l’interazione, ciò che è comunicato è molto di più rispetto alla somma di ciò che viene detto. Nei gruppi, all’interno dei quali gli individui sono con gli altri per uno scopo comune, è richiesto un numero di informazioni iniziali per le quali coloro che entrano nella situazione si adeguano alla stessa, cambiando anche il proprio idioma espressivo (l’informazione che ciascuno dà di sé attraverso l’apparenza e il modo di vestire): conformandolo alla situazione, un individuo indica la volontà di adottare un contegno e una disposizione che consente a ciascuno di sentirsi a proprio agio all’interno della situazione stessa. Questo processo è un obbligo da mantenere nei confronti della natura dell’occasione e un impegno al coinvolgimento; quest’ultimo, ai fini della comunicazione, deve essere appunto manifestato, nel senso che la volontà di comunicare deve essere segnalata e riconosciuta: tutto questo lavoro non deve, quindi, essere semplicemente messo in atto, ma anche notato e compreso dagli altri nel momento in cui è compiuto. Proprio per questo, i giochi di faccia cominciano con uno scambio di sguardi o occhiate, stabilendo perciò un contatto attraverso gli occhi; anche la voce, la postura comunicano gli orientamenti dell’individuo, positivi e non, alla situazione. Nel corso dell’interazione, i partecipanti devono mostrare e mantenere la loro permeabilità agli altri e soprattutto evitare momenti di introversione o segni di disattenzione: esistono, perciò, delle procedure rituali per impegnarsi, mantenere e, ad un certo punto, congedarsi da una situazione. 5. LE BASI MORALI DELL’INTERAZIONE Mentre Goffman cercava di stabilire le strutture del sé della vita quotidiana, l’interesse principale di Garfinkel è il mondo della vita quotidiana e cioè il “mundane world”, un mondo comune ed in comune: ciò non implica che i suoi membri debbano avere le stesse opinioni e gli stessi punti di vista; esso non dipende da un sistema condiviso di valori, credenze o accordi. Il mundane world, inoltre, per essere tale, non deve essere un problema per i suoi membri. Garfinkel, attraverso i suoi esperimenti di rottura, rese problematiche le routine della vita quotidiana. Egli chiese ai suoi studenti di fare alcune piccole cose nei loro incontri ordinari con genitori, amici e conoscenti, ad esempio chiedere nelle conversazioni di chiarire alcuni aspetti già chiari, come se non avessero compreso le parole delle persone con cui stavano interagendo. Le risposte delle vittime sono sorprendentemente simili, non sembrano ritenere ragionevoli quelle domande e reagiscono con rabbia alle successive richieste, fornendo risposte ostili a coloro che conducono l’esperimento. Quello che li fa arrabbiare non dipende dalla compromissione della loro faccia per via di quelle domande (che non vengono percepite come una minaccia nei confronti dell’ordine rituale introdotto da Goffman), ma piuttosto sono le condizioni della possibilità di comprendere il mondo ad essere minate, in una interazione che, a quel punto, non è più significativa. L’interazione nella conversazione presuppone una comune comprensione di ciò che è detto o inteso, che non è semplicemente ancorata al linguaggio usato, ma è incorporata, appunto, nel mondo comune. Se, in una conversazione, ciò che è oggettivamente intellegibile venisse costantemente messo in discussione, la conversazione sarebbe impossibile, proprio perché si creerebbe una spirale incredibile di domande e risposte che svuoterebbero il discorso del suo significato. Quando la domanda è davvero senza ragione o giustificazione, nella risposta c’è, quindi, la conseguente rabbia di chi risponde è giustificata ed è diretta a comportamenti irragionevoli. I partecipanti alla conversazione devono manifestare comportamenti fondati (giustificabili) e responsabili (ragionevoli). La pre-condizione di un mondo sociale comune è l’accountability (degli uni verso gli altri) degli attori sociali. In questo senso, il mondo della vita quotidiana è la moralità. Goffman può pensare alla vita quotidiana come a un gioco, ma Garfinkel non la pensa allo stesso modo: secondo quest’ultimo, infatti, abbiamo un costante impegno morale, e non solo in gioco la faccia, la natura delle occasioni o la sua struttura rituale. L’interazione sociale presuppone e definisce il mondo umano comune e in ogni momento lo rappresenta e lo ricrea, e ciò è dimostrato dagli esperimenti di rottura dello stesso studioso. 6. LA BIOGRAFIA DEL SÉ Gli esperimenti di rottura mostrano che la moralità non è tanto un problema di leggi imposte da autorità esterne e nemmeno un processo tramite cui gli attori sociali arrivano ad accordarsi offrendo il loro consenso. E’ qualcosa che viene prima di un regolamento formulato in via istituzionale e una necessità strutturale per la possibilità di un mondo comune. Essa presuppone che gli attori umani siano reciprocamente accountable per la conduzione della vita sociale che, per questo motivo, produce e mantiene un mondo ragionevole (razionale). La moralità è una caratteristica incorporata nel mondo esistente e nelle interazioni sociali al suo interno e presuppone fiducia: è proprio la fiducia, nell’ordinario mondo apparente, ad essere violata dagli esperimenti di rottura. Garfinkel lo dimostra nel suo celebre studio sul caso di Agnese, transessuale la cui instabilità nello status sessuale le procurava grossi problemi nel controllo del sé. Agnese desiderava convincere il dipartimento universitario del suo essere intimamente donna, allo scopo di ottenere il permesso per un’operazione che le avrebbe rimosso i genitali maschili restituendole la sua identità femminile. Garfinkel, come sociologo, faceva parte della commissione per esaminare le richieste di Agnese e ciò che lo colpì fu che quello che per la maggior parte delle persone era affermato senza sforzi (il controllo della propria identità di genere), per Agnese rappresentasse un problema vero e proprio. In presenza di coloro che non conoscevano il suo segreto, Agnese doveva continuamente mantenere la rappresentazione che dava di sé, passando come una giovane donna; quando, invece, si trovava con persone che erano a conoscenza della sua caratteristica, Agnese doveva persuaderle che fosse davvero una donna. In entrambi i casi, doveva mantenere un controllo sul suo essere donna, ma era chiamata, allo stesso tempo, a differenti performance. Il dilemma della ragazza, nei suoi comportamenti in relazione a coloro che conoscevano o meno il suo segreto, può essere considerato come il classico caso di controllo delle impressioni. Garfinkel sosteneva che Agnese non fosse un membro sociale ordinario e che si comportasse così solo per essere trattata come tale. Il suo caso dimostra che la maggior parte della vita quotidiana è e deve essere considerata dai membri ordinari per il valore di facciata. La moralità del mondo quotidiano è sostenuta da un atteggiamento di fiducia che lo rende possibile; essa è un effetto del carattere routinario del mondo quotidiano. Un giorno dopo l’altro, la normalità del mondo è rinnovata dall’essere conosciuta e familiare, vista ma non notata, insomma, data per scontata: la routinizzazione è la base per il mondo comune ed in comune. Non solo Agnese non possiede le routine per le sue performance come ragazza in una qualche occasione particolare, ma neppure un passato, una biografia a cui poter attingere, un serbatoio di esperienze passate da applicare in ogni circostanza presente e futura. Il punto di vista chiave dell’analisi di Garfinkel è che, nel continuo scorrere delle circostanze della vita quotidiana, per i membri ordinari non può esistere alcuna distanza dal ruolo. Tutti noi siamo chiamati a portare avanti la nostra personale rappresentazione come se fosse una cosa reale. Siamo chiamati a recitare la parte di noi stessi nella vita sempre, non solo quando ci serve. Ad Agnese sarebbe piaciuto farlo, ma il suo problema era che non aveva un passato come ragazza, non aveva le esperienze che l’avrebbero condotta con coerenza a rivestire quel ruolo. Le mancava una biografia, una conoscenza del mondo femminile che dipendeva ad un insieme di conoscenze passate, di ricordi e di esperienze. 7. ETNOMETODOLOGIA Il caso di Agnese serve a illustrare il progetto dell’etnometodologia→ logos (discorso) sui metodi e i corsi pratici dell’azione, tramite cui etnos (i membri sociali ordinari) affrontano il mondo e le circostanze nelle quali si trovano con gli altri. Ci sono due aspetti in questo processo: L’attenzione è focalizzata sulle abilità degli attori sociali di costruire senso, sia singolarmente che nell’interazione con gli altri; questo processo non precede né segue un’azione o interazione di qualsiasi tipo: il modo in cui il mondo e le sue condizioni contribuiscono alla costruzione del senso è un effetto dell’interazione ottenuto e compiuto nell’azione durante il suo sviluppo, momento dopo momento. L’etnometodologia si presenta come una critica della sociologia dominante di quel tempo. Garfinkel si unì al Department of Social Relations, che rappresentava una radicale deviazione dai tipici modelli di ricerca nella sociologia americana. Il direttore del dipartimento era Talcott Parson, uno dei più influenti sociologi negli Usa, che aveva sostenuto l’importanza della costruzione di una teoria sistematica delle scienze sociali. Il suo punto di vista rispetto agli individui è di tipo naturalistico: allo stato di natura, gli individui perseguono i propri interessi e, per questo motivo, sono portati a essere uno contro gli altri. Cosa li spinge a minare l’ordine sociale producendo pace invece di guerra? Gli individui introiettano le norme del sistema in modo che le loro azioni diventino funzionali per il suo efficace funzionamento. Secondo Giddens, sociologo funzionalista, l’ordine e la stabilità sociale sono il risultato di una riproduzione sistematica di strutture istituzionali su larga scala (stato, economia), la cui esistenza richiede l’adeguamento degli individui ai comportamenti e alle azioni che sono funzionali per la riproduzione di quelle strutture. La teoria di Giddens è un tentativo di radicale rottura con la teoria sociale di Parson. La rottura si gioca proprio sulla questione dell’ “agency”, degli attori e delle loro azioni. Parson privilegiava la società come un sistema che riusciva a riprodurre misteriosamente se stessa e che aveva come effetto la socializzazione dei suoi membri; Giddens accentuava il ruolo attivo degli esseri umani come attori ben informati delle routine di produzione del mondo sociale umano e Goffman e Garfinkel rappresentarono fonti vitali di ispirazione per la sua teoria della strutturazione. Un impegno dell’etnometodologia è di essere laica, interessandosi del fenomeno dell’ordine sociale come prodotto dell’interazione tra i suoi membri e corsi di azioni pratiche ragionevoli. L’ordine sociale dunque non deriva da una costrizione esterna, ma è una conseguenza ottenuta dagli individui attraverso le loro relazioni ordinarie. Si afferma, allora, quali ambiti di studio debbano essere indagati allo scopo di comprendere come questo equilibrio debba essere raggiunto. Uno dei contesti che a tal fine si impone è lo studio del parlare: la conversazione ordinaria e quotidiana. 8. IL PARLARE COME INTERAZIONE La scoperta del parlare come oggetto di studio è una delle maggiori conquiste della filosofia, della sociologia e della linguistica angloamericane nella seconda metà del secolo scorso. Quando il parlare diviene serio oggetto di ricerca, contemporaneamente lo diventa anche la vita quotidiana, e viceversa: questo rapporto rappresenta il risultato della cosiddetta svolta linguistica, e cioè della scoperta del parlare come oggetto di studio, messo in relazione con la vita quotidiana. L’analisi della conversazione fu sviluppata da Harvey Sacks, che fece il suo dottorato con la supervisione di Goffman e sviluppò lo studio della conversazione grazie ad un intenso confronto con Garfinkel. Nel suo testo Forme del parlare, Goffman sostiene che esistono, appunto, diverse forme del parlare. Una questione problematica, in relazione al parlare radiofonico, riguarda l’identità del parlante. In una conferenza, il parlante può muoversi tra la lettura di un testo, citare a memoria o produrre un flusso di parlare spontaneo. Questi cambiamenti, insieme a quelli dell’identità del parlante, sono definiti da Goffman come cambiamenti di “footing” e rappresentano una persistente caratteristica del parlato naturale, perché implicano una modifica della posizione che assumiamo nei nostri confronti e in quelli altri, espressa nel modo in cui affrontiamo la produzione e la ricezione di un enunciato. Al cuore del saggio c’è la decostruzione della concezione di conversazione come atto che avviene tra due parti distinte, e cioè del parlante e dell’ascoltatore, perché questi ultimi si scompongono in sottocategorie più complesse, in termini di struttura di partecipazione per gli ascoltatori e schema di produzione per i parlanti. Nel momento in cui non si considera più il modello tramite cui si costruisce la conversazione, la nozione dell’ascoltatore si modifica in quella di pubblico, anch’esso scomposto in diverse componenti differenziate (in base alle funzioni e ai contesti). La forma del parlare a cui Goffman dedica più attenzione è quella del monologo; l’unico saggio che si concentra sulla forma dialogica della conversazione è il primo, che portò Goffman ad essere fortemente in disaccordo con due dei suoi studenti, Emauel Schegloff ed Harvey Sacks, i quali iniziarono i loro studi del “parlare come interazione” come branca dell’etnometodologia, che sarebbe poi stata conosciuta come analisi della conversazione. I due studiosi, in particolare il primo, furono sorpresi dalla strana abitudine di Goffman di inventare esempi di conversazione solo per illustrare le sue intuizioni, rendendo i suoi testi privi di collegamenti col mondo reale.