Scarica MEDICINA DI LABORATORIO (CI. MICROBIOLOGIA CLINICA) e più Dispense in PDF di Microbiologia Clinica solo su Docsity! 1 MICROBIOLOGIA CLINICA I METODI DELLA MICROBIOLOGIA CLINICA LA DIAGNOSI BATTERIOLOGICA La diagnosi batteriologica (come quella virologica o micotica o parassitaria) si prefigge di identificare l’agente patogeno responsabile di una malattia infettiva, allo scopo di suggerire un appropriato trattamento terapeutico. Nella diagnosi batteriologica, come nelle altre diagnosi microbiologiche, si hanno a disposizione due possibilità: DIAGNOSI DIRETTA, volta a isolare l’agente patogeno o un suo prodotto. Le matrici biologiche usate sono: sangue feci urina biopsia tamponi il processamento del campione potrà avvenire attraverso diagnosi rapida e, quindi, attraverso → il metodo immunologico, che prevede la ricerca di antigeni dell’agente batterico, caratteristica di test di agglutinazione, ELISA Saggio di immunocromatografia su membrana → Il metodo molecolare che si identifica con la ricerca di sequenze genomiche dell’agente batterico PCR SDA LCR Ibridazione di una sonda verso l’agente batterico Esame colturale che prevede la semina su brodo di arricchimento, terreno solido non selettivo e/o selettivo e discriminativo. Questo porta all’isolamento del microrganismo in coltura pura che permette → l’identificazione biochimica, immunologica o molecolare → l’antibiogramma DIAGNOSI INDIRETTA, atta alla rilevazione della risposta immunitaria dell’ospite. Normalmente, questa si configura con il movimento anticorpale, anche se non bisogna escludere altre forme responsive. Il prelievo del siero del paziente, in particolare, attraverso il metodo immunologico, avviene grazie a saggi immunoenzimatici (EIA) radioimmunologici (RIA) di immunofluorescenza (IFA) LA FASE PREANALITICA: IL PRELIEVO DEL CAMPIONE innanzitutto, bisogna che il prelievo del campione biologico sia prelevato da zone normalmente sterili e, quindi, sangue e midollo liquido cefalorachidiano liquido articolare liquido pleurico o pericardico tessuti profondi vie respiratorie inferiori urine (se il campione viene opportunamente raccolto) zone con popolazione batterica o microbica residente. vie respiratorie superiori Cute Tratto gastro‐intestinale Tratto genitale femminile Uretra Popolazioni microbiche naturali Molte differenti specie microbiche popolano contemporaneamente vari distretti del corpo (mucose: orale, intestinale, cutanea) e, in modo analogo, risiedono nell’ambiente che ci circonda (aria, suolo, acqua). Per studiare i diversi microorganismi che colonizzano un habitat, bisogna, in primis, isolarlo e coltivarlo in forma pura; dove, per “COLTURA PURA” si intende una coltura costituita esclusivamente da batteri identici che, in teoria, derivano da una medesima cellula (si potrebbe definire, tecnicamente, come clone). ISOLAMENTO PER STRISCIO SU PIASTRA Prevede l’inoculo di un liquido prelevato da brodocoltura, o di un solido costituito da un’ansa di cellule prelevate da uno slant (becco di clarino) o da una colonia. Questo viene strisciato usando un’ansa sulla superficie di un substrato appropriato (generalmente è una piastra di coltura) dove le cellule vengono distribuite in modo da far crescere colonie ben isolate, che probabilmente derivano tutte da una sola cellula. 2 METODO DEI QUATTRO ANGOLI 1. Far asciugare le piastre in stufa. La superficie deve essere priva di umidità per consentire ai microrganismi di rimanere immobilizzati. 2. Con un pennarello scrivere sul fondo della piastra, ai margini, la sigla di riconoscimento. Segnare, inoltre, il punto di inizio delle prime strisciate 3. Tenere le piastre col fondo verso l'alto inserite nel coperchio tranne nel momento di eseguire le operazioni di striscio. 4. Prendere un’ansa e prelevare un po’ di patina di cellule microbiche dal campione voluto (se da piastra, badando a prendere solo le cellule e a non bucare l'agar). 5. Eseguire alcuni strisci paralleli sulla piastra pulita in corrispondenza di un quadrante 6. Cambiare ansa e passarla sugli strisci paralleli eseguiti nella parte di fondo, dove cioè le cellule sono di meno. Da qui eseguire altri strisci paralleli in corrispondenza del secondo quadrante 7. Ripetere il passaggio 6 altre due volte ruotando ogni volta la piastra ed eseguendo la serie di strisci paralleli partendo dalla porzione meno densa del nuovo quadrante strisciato 8. Chiudere la piastra con il coperchio, capovolgerla ed incubarla alla temperatura e per il tempo idonei per la crescita dei microrganismi. Questa metodica è usata nei Paesi anglosassoni; in Italia si suole usare il metodo dei tre quadranti: una volta che si fa la prima strisciata, l’occhiello dell’ansa ha, volta per volta, una carica microbica ridotta tale che l’ultima strisciata presenterà le cosiddette ‘singole colonie’. ISOLAMENTO PER DILUIZIONI SERIALI L’inoculo, solido o liquido, viene diluito all’estinzione ( = fino a raggiungere la diluizione sterile, cioè senza alcuna cellula batterica). Di solito il fattore di diluizione è costante ogni passo, risultante in una progressione geometrica della concentrazione con un andamento logaritmico. L’assenza di cellule batteriche è dimostrabile dall’intorbidimento del terreno liquido o dalla crescita di altri microorganismi. Dopo aver compiuto le diluizioni seriali, si andrà a piastrare i terreni al fine di contare le colonie. Per essere statisticamente valida, il numero di colonie deve variare tra 30 e 300 (anche se si consiglia di contare non più di 100 colonie, altrimenti la conta risulterà molto approssimativa e difficilmente ripetibile) Il numero di colonie contato verrà moltiplicato per il fattore di diluizione: si potrà, così, contare quante colonie vitali sono presenti in 1 ml della soluzione di partenza. TERRENI DI COLTURA CLASSIFICAZIONE QUALIFICATIVA TERRENI ELETTIVI: sono terreni ricchi di nutrienti, spesso con la presenza di sangue di pecora o di cavallo, che consentono la crescita di quasi tutte le specie batteriche. Sono anche detti terreni universali. TERRENI SELETTIVI: sono terreni che favoriscono la crescita solo di particolari specie batteriche grazie alla presenza di fattori che inibiscono lo sviluppo di altre specie (generalmente antibiotici) TERRENI DIFFERENZIALI: sono terreni che, grazie alla presenza di particolari componenti, permettono di distinguere fra diversi gruppi di batteri, consentendo una identificazione presuntiva della specie isolata. I terreni differenziali contengono spesso dei coloranti che, virano a seconda del metabolismo e, quindi, del pH. Il terreno al mannitolo‐agar o sale‐mannite o, ancora, TERRENO DI CHAPMAN è → selettivo perché contiene il 7,5% di NaCl, una concentrazione tale da inibire la crescita di batteri non alofili. → differenziale perché contiene il mannitolo: la fermentazione del mannitolo, che avviene solamente se è presente S. aureus, viene palesata per il viraggio dell’indicatore di pH TERRENI DI ARRICCHIMENTO: consentono di aumentare la carica della specie batterica che si vuole isolare, grazie alla presenza di fattori che inibiscono la crescita di specie batteriche contaminanti presenti nel campione in esame e sostanze che favoriscono lo sviluppo delle specie esigenti. Tipico esempio di un terreno di arricchimento è IL TERRENO AL SELENITO per le feci: il selenito inibisce la gran parte dei batteri presenti nelle feci, facendo crescere Shigella e Salmonella. TERRENO AL SANGUE CON FENOMENI DI Β‐EMOLISI: il terreno è inizialmente di colore rosso, in quanto sono presenti emazie; dove è avvenuta la β‐emolisi o emolisi completa il terreno si presenta completamente modificato di colore e, talvolta, se l’emolisi è molto spinta, sarà addirittura trasparente, a causa della lisi totale delle emazie. In particolare, questo tipo di terreno consente di differenziare gli streptococchi in base al loro potere emolitico (gli streptococchi β‐emolitici restituiscono una colonia circondata da una zona di trasparenza (a differenza di quelli α‐emolitici che sono circondati da un alone di colore verde). INGREDIENTI DEI TERRENI DI COLTURA In passato, i terreni di coltura venivano preparati con sostanze naturali, poco standardizzate, come i brodi di carne, il latte o il sangue. Oggi, i substrati vengono formulati a partire da ingredienti altamente standardizzati, semplici o complessi o che possono essere acquistati in forma disidratata, con ingredienti già premiscelati. 5 ESEMPI DI METODI GENOTIPICI PER IL FINGERPRINTING E L’IDENTIFICAZIONE DEI CEPPI: Randomly Amplified Polymorphic DNA – PCR (RAPD‐PCR): il DNA totale di un ceppo, estratto e purificato con metodi rapidi (bollitura, resine, etc.), viene amplificato con un solo primer arbitrario: dopo la separazione su gel di agarosio si produce un pattern poco complesso, specifico per ceppo. Amplified Ribosomal DNA Restriction Analysis (ARDRA‐PCR): il DNA ribosomiale (rDNA 16S o 23S) viene amplificato con una coppia di primer altamente conservati e tagliato con uno o più enzimi di restrizione. Il pattern ottenuto dopo separazione elettroforetica è, in genere, specie‐specifico INDAGINI SIEROLOGICHE Le indagini sierologiche servono per: identificazione e quantificazione di antigeni batterici valutazione della risposta anticorpale dell’ospite ad agenti infettivi (scopo principale) LA RILEVAZIONE DI MACROMOLECOLE MICROBICHE = rilevazione della presenza di strutture antigeniche specifiche dei batteri, messe in evidenza mediante impiego di anticorpi. Tecniche utilizzate: reazione di agglutinazione ‐> reazione immunologica in cui un siero contenente anticorpi voi viene cimentato con un antigene: si ha, quindi, la formazione di un immunocomplesso visibile come un ammasso voluminoso → agglutinazione su vetrino: prevede l’impiego di anticorpi, ottenuti in un animale immunizzato (spesso il coniglio), messi a contatto con il batterio o con suoi antigeni solubili → agglutinazione al lattice (AL, maggiormente utilizzata): impiega dei reattivi per evidenziare gli antigeni polisaccaridici, spesso della capsula batterica, costituiti da sequenze ripetitive di zuccheri in grado di legare gli anticorpi in più punti. Per il test si utilizzano anticorpi legati a particelle di lattice reazione di immunofluorescenza → immunofluorescenza diretta: si utilizza un anticorpo coniugato con fluoresceina isotiocianato, che sia specifico per l’antigene in esame. → immunofluorescenza indiretta: si utilizza un anticorpo specifico per l’antigene in esame ma non coniugato, che viene riconosciuto da un secondo anticorpo coniugato e diretto contro regioni costanti delle immunoglobuline della specie in cui è stato prodotto il primo anticorpo (specifico per il treponema pallidum) tecniche immunoenzimatiche (ELISA) ‐> si basa sull’utilizzo di anticorpi marcati con un enzima (generalmente la perossidasi), in modo che i coniugati risultanti abbiano una attività sia immunologica che enzimatica. Avendo uno dei componenti (antigene o anticorpo) adeso alla piastra, la reazione antigene‐anticorpo è immobilizzata e, pertanto, potrà facilmente essere evidenziata con l’addizione del substrato che, reagendo con l’enzima, produrrà una colorazione osservabile a vista e quantificabile con lo spettrofotometro. western blot ‐> Utile nei casi in cui si vogliano cercare antigeni di diverso peso molecolare: le molecole antigeniche di un microrganismo patogeno vengono separate su gel di poliacrilammide in base al peso molecolare e alle caratteristiche (mediante elettroforesi); trasferite su membrana di nitrocellulosa (questo trasferimento si chiama blot o blottage) e incubate con il siero del pz. Viene aggiunto un anticorpo anti‐immunoglobuline umane marcato con un enzima (perossidasi): la presenza di anticorpi marcati viene evidenziata dall’aggiunta di un substrato cromogeno specifico sul quale agisce l’enzima, sonde molecolari Limulus test (rilevazione dell’LPS batterico) SDS‐PAGE delle proteine cellulari 1. la biomassa cellulare viene raccolta, lavata e lisata (con mezzi chimici o fisici) 2. i residui vengono allontanati e l’estratto proteico viene standardizzato e caricato sul gel di poliacrilammide 3. le proteine vengono separate per elettroforesi 4. il gel viene colorato 5. l’immagine viene analizzata visualmente o utilizzando hardware e software appropriati RILEVAZIONE DI ANTICORPI (test diagnostici indiretti) –> test diagnostico in cui non si va a misurare direttamente il patogeno o il suo prodotto ma la reazione immunitaria dell’organismo nei confronti di quel patogeno. reazione di fissazione del complemento ‐> utilizzata per documentare la presenza di anticorpi nel siero. Siero del paziente viene privato del complemento e, inattivato, viene cimentato con l’antigene, in presenza di complemento fresco di cavia. Se nel siero del paziente sono presenti anticorpi specifici questi si legano all’antigene ed il complemento, a sua volta, si lega all’immunocomplesso: se il siero del paziente è positivo (cioè contiene anticorpi contro l’antigene) i globuli rossi di montone rimangono integri; se il siero del paziente è negativo i globuli rossi di montone vengono lisati. La reazione si evidenzia con liberazione di emoglobina. ELISA indiretto ‐> si ricerca la presenza di anticorpi (che vengono fissati ed evidenziati da un anticorpo anti – Ig umane legato covalentemente a un enzima come la perossidasi). La quantificazione avviene con tecniche spettrofotometriche, attraverso la valutazione dell’intensità del colore prodotto in risposta alla conversione enzimatica del relativo substrato cromogeno; mentre la reale concentrazione dell’anticorpo viene determinata per confronto con diluizioni standard dell’anticorpo stesso. 6 INFEZIONI VIE URINARIE BATTERI SAPROFITI presenti nel terzo inferiore dell’uretra Uomo Donna Staphylococcus auereus Neisseriae (non patogene) Neisseriae (specie non patogene) Acinetobacter Acinetobacter Lactobacilli. Mycobacterium smegmatis. PATOGENESI La penetrazione di un germe nelle vie urinarie non implica necessariamente un’infezione: tutto dipende, dal numero e dalla ricorrenza dei microrganismi e dall’efficacia delle difese immunitarie dell’ospite; Le vie di penetrazione possono essere: ematogena o discendente; ascendente, ovvero i germi colonizzano il perineo e risalgono il tratto urinario per via retrograda verso l’uretra raggiungendo così la vescica L’adesione alle cellule ospiti avviene ad opera di adesine (soprattutto fimbrie) che si distinguono in: pili di tipo 1 (mannosio‐sensibili), comuni a quasi tutti i ceppi. Le fimbrie si legano al mannosio presente nelle urine e non alla superficie della mucosa dell'ospite, non avviene, così, l’infezione pili di tipo 2 (mannosio‐resistenti) Fimbrie P, (mannosio – resistenti) importanti fattori di virulenza che favoriscono l’azione dei ceppi uropatogeni detti UPEC, sia al di fuori che all’interno del loro habitat; adesine afimbriali (AFA‐1, AFA‐III). La colonizzazione vescicale evolve in infezione del tratto urinario (UTI) quando l’uropatogeno aderisce all’epitelio vescicale provocando una risposta infiammatoria, con conseguente rilascio di citochine (soprattutto IL‐6 e IL‐8) e di altri mediatori dell’infiammazione. Nel giro di un paio di giorni si ha la comparsa della sintomatologia e l’inizio della migrazione linfocitaria nel sito dell’infiammazione. chemochina con un’attività diretta di chemo‐attrazione: richiama rapidamente i polimorfonucleati dai vasi e dall’interstizio che liberano citochine e altri fattori = l’infiammazione delle vie urinarie. I leucociti migrano attraverso lo strato delle cellule epiteliali. I linfociti B iniziano a produrre le IgA secretorie nelle urine dopo il legame con i batteri e svolgono il ruolo di tamponare le infezioni Fattori che giocano un ruolo importante nell’esordio delle infezioni, soprattutto all’interno delle vie urinarie: • Virulenza del ceppo infettante (il ceppo deve essere intrinsecamente virulento); • Dose infettante, il numero delle cellule batteriche che hanno un ruolo nell’infezione; • Suscettibilità dell’ospite LE TAPPE DEL PROCESSO INFETTIVO PENETRAZIONE cui si contrappongono difese idrocinetiche o idrodinamiche basate su fattori meccanici e fisici: il flusso dell'urina fa sì che i batteri che non sono saldamente ancorati alla mucosa vengono portati via. caratteristiche chimiche dell’urina ADESIONE, inibita da difese antibatteriche aspecifiche, molecole che rappresentano una difesa immediata e aspecifica contro i batteri che cercano di invadere il nostro corpo come antibiotici endogeni o glicosamminoglicani difese immunologiche locali (IgA secretorie) INFEZIONE. esordio del processo infettivo altamente dinamico nel quale i leucociti, ad attività fagocitaria, svolgono un ruolo importante sia nell’uccidere i batteri che cercano di penetrare, sia nel rilascio di mediatori dell’infiammazione (citochine, chemochine) che sono alla base dei meccanismi cellulo‐umorali dell’insorgenza e mantenimento dell’infezione. FATTORI FAVORENTI L’INSORGENZA DELLE INFEZIONI DELLE VIE URINARIE FATTORI ANATOMICI, come lunghezza dell’uretra, che nella donna è di 3 cm mentre nell’uomo è estremamente più lunga (12‐13 cm circa); uropatie ostruttive, vi sono meccanismi patologici come calcoli o masse che premono sulle vie urinarie che possono ostruire il deflusso di urina; anomalie congenite del rene; lesioni renali acquisite, sia di carattere infiammatorie che di altro tipo. 7 FATTORI FISICI, come incompleto svuotamento durante la minzione della vescica. Un caso classico è un individuo di sesso maschile con adenoma prostatico che determina un progressivo aumento del bassofondo vescicale; questo rappresenta la parte declive della vescica nella quale rimane urina anche dopo la minzione: il mancato svuotamento deriva dall’occlusione portata dalla compressione tumorale; aumentata pressione intravescicale; cateterismo vescicale o altre manovre strumentali invasive. FATTORI CHIMICO‐UMORALI, come ridotto volume urinario, fattore importantissimo sia per la prevenzione delle infezioni sia per coadiuvare la terapia. Per incrementare il volume urinario, si consiglia di bere almeno 1.5 L di acqua al giorno; alcalinità delle urine: quando si alza la fisiologica acidità delle urine si ha una maggiore possibilità di contrarre infezioni ridotto potere battericida della parete vescicale; malattie metaboliche sistemiche, come il Diabete mellito, la Gotta o Ipokaliemia; ALTRI FATTORI: ritenzione urinaria abitudinaria; stipsi; vulvo‐vaginiti e balaniti. BATTERI NELLE URINOCOLTURE DI PAZIENTI CON IVU S. aureus; S, epidermidis, commensale del tratto cutaneo vicino all’orifizio uretrale; Serratia Marcescens(enterobatterio); Proteus(enterobatterio); Pseudomonas Aeruginosa(opportunista); Enterococcus aerogenes, è un cocco Gram+ opportunista; Klebsiella; Proteus mirabilis; Enterococchi, batteri di provenienza intestinale come anche Proteus e Klebsiella; E.coli, il più frequente nelle infezioni delle vie urinarie. LA DIAGNOSI DELLE INFEZIONI URINARIE CLINICA, sintomi ascrivibili all’interessamento delle basse vie urinarie: pollachiuria, associata a oliguria, urgenza minzionale talora con incontinenza diurna dolore addominale durante la minzione = stranguria (sintomo più raro che indica una forma più grave); urine maleodoranti e/o torbide; bruciore alla minzione; La febbre si correla ad infezione del parenchima renale, quando l’infezione è grave o molto estesa. ESAME DELLE URINE, valore negativo di leucociti < 10/mL; valore positivo leucociti > 100/mL Tracce di nitriti (risultato del metabolismo batterico), Tracce di globuli rossi oppure significativa presenza di emoglobina; Proteinuria importante; Cilindri, sono sempre un dato patologico. URINOCOLTURA, Raccolta Coltura quantitativa (CFU/ml) Specifiche CATETERISMO VESCICALE Nel bambino febbrile ≥ 5x105/ml avviene quasi sempre in ambiente ospedaliero ASPIRAZIONE SOVRAPUBICA essendo l’urina teoricamente e fisiologicamente sterile, qualunque crescita di patogeni urinari è un segno di infezione; Il metodo più invasivo che si impone in pochissimi casi, quando si sospetta che l'agente eziologico sia un batterio aerobio: le urine vengono a contatto con l'O2 ed eventuali batteri anaerobi muoiono. MITTO INTERMEDIO Nel bambino sintomatico ≥ 5x105/ml Nel bambino asintomatico ≥ 5x105/ml in almeno 2 campioni Materiale raccolto per la diagnosi microbiologia. La prima parte viene tolta e la successiva viene trattenuta in un contenitore sterile con tappo a tenuta SACCHETTO STERILE Nel bambino sintomatico ≥ 5x105/ml Nel bambino asintomatico ≥ 5x105/ml in almeno 2 campioni Usato quando un bambino è molto piccolo e deve essere cambiato ogni 20‐30 min ! 10 Più raramente le faringo‐tonsilliti possono essere causate da STREPTOCOCCHI BETA‐EMOLITICI DI GRUPPO C o G: S. dysgalactie, S. consellatus. alcuni CORYNEBATTERI: C. hemoliticum, C. diphteriae (Si manifesta nei soggetti non vaccinati contro la difterite) Bacillo Gram+; Pleiomorfo; Asporigeno; Immobile; Tipica distribuzione dei batteri a “lettere cinesi”. La patogenicità del batterio è dovuta alla produzione della tossina difterica che ha un particolare trofismo per le fibre muscolari striate e cardiache. La caratteristica, quasi patognomonica, della faringite da C. diphteriae è la presenza di pseudomembrane grigiastre fortemente aderenti alla mucosa della faringe. L’isolamento colturale può avvenire in: terreno di Loffler = siero di vitello coagulato, nel quale i bacilli difterici crescono molto rapidamente terreno di Hoyle = agar sangue arricchito con tellurio di potassio, scaldato a 60°C ‐> Corinebateri metabolizzano il tellurito di potassio riducendolo a metallo (tellurio), la cui precipitazione conferisce una colorazione grigia‐nerastra alle colonie. Le colonie possono avere 3 diversi aspetti: → gravis: colonie grandi, piatte, grigio‐nerastre; → mitis: colonie più piccole, lucide e cupoliformi; → intermedius: colonie molto piccole, più o meno lucide. NEISSERIA GONNOREAE (in pazienti con infezioni genitali), STREPTOCOCCHI BETA EMOLITICI DI GRUPPO B (S. agalactiae nei neonati), LIEVITI (candidosi esofagea, ma anche orale e faringea in immunocompromessi), TEST MICROBIOLOGICI NELLE INFEZIONI DELLE ALTE VIE RESPIRATORIE TAMPONE FARINGEO‐TONSILLARE → faringo‐tonsillite, difterite, angina di vincent, pertosse e infezioni virali MODALITÀ DI PRELIEVO: 1. Utilizzando un abbassalingua, comprimere delicatamente la lingua sul pavimento della bocca; 2. Inserire il tampone tra le tonsille, al disotto dell’ugola, evitando di toccare la mucosa delle guance, (soprattutto) la lingua, l’ugola e le labbra poiché fortemente colonizzate dalla flora commensale; 3. Strofinare e ruotare vigorosamente il tampone sul retro‐faringe; 4. Utilizzare tamponi in dacron, evitando il cotone (tossico per alcune specie microbiche) o l’alginato di calcio (un inibitore della PCR); Non eseguire mai il tampone faringeo se vi è un sospetto di epiglottidite acuta perché può indurre una grave ostruzione delle vie aeree superiori. La diagnosi di tale malattia è su base esclusivamente clinica. L’ISOLAMENTO COLTURALE è il gold standard, tuttavia è possibile porre diagnosi rapida mediante ricerca antigenica nel campione (es. agglutinazione al lattice nel campione). Si procede, dunque con: semina inoculazione per strisciamento su piastre al sangue (generalmente sangue di montone) non selettive oppure selettive (come il Columbia CNA agar, contenente colistina ed acido nalidixico, che inibisce i GRAM ‐); incubazione in atmosfera al 5‐10% di CO2 oppure in anaerobiosi ad una temperatura di 37 °C per 16‐24 h; al fine di mettere in evidenza eventuali agenti patogeni francamente anaerobi. Lo Streptococco è aerobio‐ anaerobio facoltativo e ciò vuol dire che cresce sia in aerobiosi che in anaerobiosi. Al termine dell’incubazione si recuperano le piastre e si osservano ad occhio nudo. aspetto colonie Piccole colonie (dal diametro di 0.5 mm), cupoliformi, con margine continuo, secche (o raramente mucose). La β‐emolisi è più evidente in condizioni anaerobie perché le emolisine sono più stabili in assenza di ossigeno. Questo fatto vero in modo assoluto per lo Streptococco Pneumonie (per il quale quindi si richiede una doppia incubazione), mentre non è vera per S.Pyogenes, dove l’emolisi Beta si evidenzia anche in ambiente aerobio. aspetto microscopico Colorazione Gram: cocchi Gram+, disposti in corte o lunghe catenelle, talvolta (raramente) a grappolo. test biochimici Catalasi ‐ se è Streptococcus Pyogenes (a differenza degli stafilococchi che, invece, sono catalasi +); La sensibilità alla bacitracina a bassa concentrazione è stata utilizzata fino ad alcuni anni fa come metodo di screening, ma i risultati talvolta non sono attendibili. Positività alla prova della PYR, (anche alcuni ceppi dei gruppi C e G possano essere positivi); Sensibilità alla bile. 11 ESAME MICROSCOPICO PER L’ANGINA DI VINCENT il tampone faringeo viene strisciato su vetrino portaoggetti, colorato con colorazione di Gram (o Ziehl‐Nielsen) ed esaminato a massimo ingrandimento (1000 x). → l’esame negativo = presenza di morfotipi propri della flora commensale (es. cocchi, bastoncelli, miceti); → l’esame positivo = presenza di fusobatteri che si presentano di forma allungata e con le estremità appuntite (Fusobacterium spp.) o spirilli Gram‐ (Borrelia spp.), normalmente assenti nella flora orofaringea. INFEZIONI DELLE BASSE VIE RESPIRATORIE Bronchite; Polmonite; Ascessi polmonari; Empiema pleurico. I PIÙ COMUNI PATOGENI implicati nelle infezioni delle basse vie respiratorie: BRONCHITI ACUTE Virus respiratori (nel 90% dei casi) Bordetella pertussis Mycoplasma pnemoniae Chlamydia pneumoniae POLMONITE DI COMUNITÀ Streptococcus pneumoniae (agente eziologico della polmonite lobare franca) Mycoplasma pneumoniae (= polmonite atipica di Eaton), bacilli Gram‐ enterici (quindi Enterobacteriaceae), virus influenzali, Hantavirus, Coronavirus… raramente Mycobacterium tuberculosis e supercalifragilistichespiralidosoi Haemophilus influenzae, Legionella spp. Klebsiella spp., Staphylococcus aureus Chlamydia spp. Moraxella catharralis POLMONITE NOSOCOMIALE Pseudomonas aeruginosa, Enterobacter spp., Klebsiella pneumoniae, Acinetobacter spp., Legionella spp., Haemophilus influenzae Staphylococcus aureus Streptococcus pneumoniae POLMONITE ACUTA Nei bambini si hanno, soprattutto virus respiratorio sinciziale, i virus parainfluenzali I, II, III; più rari sono i virus influenzali A e B. Tra gli adulti è molto frequente il virus influenzale A o B, il virus respiratorio sinciziale Gli adenovirus (soprattutto nelle reclute militari) POLMONITE = infezione del parenchima polmonare distale ai bronchioli terminali, associata ad evidenza clinica e radiologica di addensamento di aree polmonari POLMONITE ACUTA Ha un’insorgenza rapida ed è caratterizzata da malessere, febbre elevata ingravescente oppure improvvisa con brividi scuotenti (nella polmonite pneumococcica). Il sintomo principale è rappresentato dalla tosse. Negli adulti la tosse diviene produttiva con la formazione dell’escreato costituito da materiale purulento più o meno ricco di polimorfonucleati negli alveoli e nei bronchioli. Segni di alterazione degli scambi gassosi alveolari dovuti alla presenza dell’essudato: aumento della frequenza respiratoria, dispnea e, nei casi più gravi, cianosi. Vi sono diversi tipi di polmonite: POLMONITE LOBARE: denota un processo alveolare che coinvolge un intero lobo; POLMONITE LOBULARE: denota un processo che coinvolge una porzione di un lobo (lobulo); BRONCOPOLMONITE: denota un processo alveolare diffuso in zone diverse, contigue ad un bronco; POLMONITE INTERSTIZIALE O POLMONITE ATIPICA: infezione sparsa dell’interstizio (quindi vicina all’ilo polmonare) che coinvolge zone ricche di fibre elastiche e di fibre collagene. È sostenuta da microrganismi diversi tra cui: Mycoplasma pneumoniae (agente eziologico della polmonite atipica primaria di Eaton); → ha uno spiccato tropismo per le cellule ciliate che attacca e distrugge. → È il più comune agente di infezioni polmonari nella fascia di età tra i 5 e i 35 anni → responsabile di epidemie (es.scuole) che si diffondono lentamente, (periodo di incubazione di 10–14 gg) alcuni virus (come RSV, Adenovirus). Nel 2003 è stata registrata un’epidemia di polmonite atipica da Coronavirus (SARS‐CoV); nel 2019 quella da SARS‐CoV‐2 Fra i miceti, Cryptococcus neoformans, Aspergillus e Candida spp. possono essere responsabili di polmonite atipica in pazienti fortemente immunodepressi. comune soprattutto negli immunodepressi e nei soggetti affetti da fibrosi cistica. 12 DIAGNOSI DIFFERENZIALE FRA POLMONITE TIPICA E ATIPICA TIPICA ATIPICA ESORDIO rapido con febbre alta e brividi più subdolo (5 ‐ 7 giorni) RADIOLOGIA addensamento intra alveolare addensamento interstiziale, diffuso, ma con particolare riferimento alla zona peri‐ ilare. ESAME OBIETTIVO vi è sempre il consolidamento la presenza del consolidamento dipende dalla diffusione dell’infezione ESCREATO purulento e rugginoso (per la rottura di piccoli capillari per l’avanzamento rapido, repentino, del processo infettivo) mucoide ETÀ Ogni età Tipica negli adolescenti DOLORE PLEURICO ‘a pugnalata’ (pleurite consensuale) Raro CONTA LEUCOCITARIA aumentata, 12000 o molto più alti e sono quasi tutti neutrofili normali o soltanto leggermente aumentati POLMONITE BATTERICA STREPTOCOCCUS PNEUMONIAE è l’agente eziologico più isolato nella “polmonite di comunità” (responsabile del 90% di tutti i casi di polmonite). Il batterio arriva al polmone per via inalatoria, colonizza i piccoli bronchi, si replica e dà origine al processo infiammatorio a livello degli spazi alveolari, in cui si accumula un fluido ricco di proteine. Può, poi, diffondere agli alveoli vicini dando luogo alla polmonite lobare. Si possono avere, spesso, batteriemie e infezioni extrapolmonari come artrite settica, endocardite, meningite e sepsi. POLMONITE ACQUISITA IN OSPEDALE Insorge in un tempo compreso o superiore le 48h dal ricovero e si configura essere come la seconda causa più frequente delle infezioni nocosomiali: si registrano dai 5 ai 10 casi ogni 1000 ricoveri; l’incidenza risulta molto più elevata se il pz è sottoposto a ventilazione meccanica. È la prima infezione nocosomiale se si considera la mortalità (che è del 70% circa) e morbilità. La degenza, per questi pz, aumenta di 7‐9 giorni. IL RUOLO DEL LABORATORIO DI MICROBIOLOGIA NELLE INFEZIONI DELLE BASSE VIE RESPIRATORIE L’obiettivo è quello di rilevare l’agente eziologico per permettere la terapia appropriata, mirata o personalizzata. I test disponibili sono: L’osservazione microscopica di un vetrino, quindi l’osservazione dell’escreato con opportune colorazioni per mettere in evidenza batteri e funghi; L’esame sierologico nel caso di alcuni virus o di batteri come M.pneumoniae e C.pneumoniae; La ricerca dell’antigene, soprattutto nel caso di batteri come L.pneumophila e S.pneumoniae e di virus come il virus respiratorio sinciziale La PCR, sempre più frequente oggigiorno, che, attraverso l’utilizzo di cartucce forniscono un risultato nel giro di poco più di un’ora. È utilizzata per diagnosi dei virus respiratori e dei batteri fastidiosi (che possono crescere con difficoltà o non crescere proprio nei terreni di coltura); La coltivazione virale, la quale è però una tecnica molto complicata e ha bisogno di personale molto esperto (tanto che attualmente non viene utilizzata quasi mai). Dagli anni 2000 è diffusa l’applicazione della Multiplex RT‐PCR, che è provvisto di cartucce che possiedono all’interno tutti i reattivi per fare la diagnosi su un unico campione di 10‐20, agenti eziologici diversi di natura sia virale sia batterica: dopo un tempo di circa 50min, viene fuori il risultato basato sull’amplificazione di un gene o di una porzione di esso che è caratteristico e conservato per quell’agente virale o batterico. Biomarker pur non essendo specifici come le PCR, sono molto utili soprattutto in presenza di una negatività dei test specifici. Si può avere: hsCRP (proteina C reattiva ad alta sensibilità); PCT (procalcitonina), importante in tutte le forme di sepsi e nelle forme di polmonite. Fattore importantissimo è IL TEMPO: nelle polmoniti e, in generale, nelle infezioni respiratorie, un ritardo di più di quattro ore (dopo il ricovero ospedaliero) nel trattamento antibiotico è associato ad un significativo aumento della mortalità: è, quindi, necessaria una diagnosi rapida di polmonite ed un’accurata diagnosi differenziale dalle malattie respiratorie virali e dalle cause non infettive, necessaria al fine di stabilire la terapia più appropriata. 15 DIAGNOSI DI LABORATORIO vengono prelevati i campioni respiratori: tamponi nasofaringei e orofaringei e, con questi, si può procedere alla rilevazione del genoma virale (RNA) dei campioni mediante test molecolare (RT‐PCR; qRT‐PCR) → i geni S, E, M, N vengono sfruttati per allestire i test molecolari: 1° Test screening: gene E 2° Test confermatorio: gene RdRp o N. isolamento virale in coltura di cellule test sierologici (rapidi: qualitativi gocce di sangue o semiquantitativi da sangue venoso) tenendo conto che: → le IgM, prodotte nella fase iniziale dell’infezione, forniscono una protezione a breve termine (5/6 settimane) → le IgG prodotte durante la prima infezioni sono, generalmente, responsabili della protezione a lungo termine (nel caso di questa infezione durano, però, 4/5 mesi) → si è visto come le IgA (immunoglobuline secretorie) si presentavano prima delle altre nelle mucose di naso e bocca, come prima difesa dell’agente patogeno test di sieroconversione, ossia il passaggio da una forma di negatività a una forma di positività 16 MICROBIOLOGIA DELL’APPARATO CARDIOVASCOLARE Il sistema cardiovascolare appartiene al gruppo di distretti anatomici che sono normalmente sterili, quindi le infezioni intravascolari (le batteriemie, sepsi e shock settico) e le infezioni del cuore (pericarditi, miocarditi ed endocarditi) sono dovute a batteri che provengono dall’esterno. LE BATTERIEMIE TRANSITORIE (a volte intermittenti) si manifestano in seguito ad eventi particolari (per esempio, estrazione di denti o tecniche invasive di tipo diagnostico‐terapeutico). Sono così definite perché le difese immunitarie sono in grado di eliminare l’agente responsabile, per cui la batteriemia si esaurisce in un tempo limitato. PERSISTENTI: oltre a manifestarsi clinicamente con ipertermia associata a brividi, possono preludere la comparsa della SEPSI. L’evoluzione della sepsi può essere: Rapida: si passa rapidamente dalla sepsi acuta allo shock settico; Lenta: progressione lenta con esito in endocardite infettiva caratterizzata da micro‐emboli ed ischemie. La sepsi si definisce come un’infezione che deve presentare almeno due criteri della SIRS (sindrome da risposta infiammatoria sistemica). Sono state individuate diverse forme di sepsi: SEPSI SEVERA: sepsi con una o più disfunzioni di organo/sistema dovuta a ipoperfusione o ipotensione cardiovascolare (ipotensione o shock) respiratoria (ipossiemia) renale (anuria o oliguria) SHOCK SETTICO: sepsi grave con ipotensione resistente alla “fluid resuscitation” (tecnica rianimativa che consiste nel tentativo di ripristino della perfusione dei tessuti vitali mediante somministrazione di fluidi per via intravenosa) e che richiede intervento farmacologico (agenti vasopressori o inotropici, generalmente sostanze simpatiche come le catecolammine o ammine biogene con effetto vasocostrittore). ‐> la pressione arteriosa è inferiore a 70mmHg MODS (Multiple Organ Dysfunction Syndrome) – ipotensione e ipoperfusione che risultano in disfunzione a livello di diversi organi e sistemi. MOFS – Multiple Organ Failure Sydrome CID – Coagulazione Intravascolare Disseminata 3 alternative della fase finale, spesso mortale e letale, dello shock settico; sovrapponibili temporalmente In tutti i casi è presente, dunque, una coesistenza di evidenza di infezione e almeno altri due criteri della SIRS tra: → temperatura elevata (sopra i 38°C) o ridotta (sotto i 35°C) → frequenza respiratoria elevata a riposo (più di 20 atti respiratori al minuto), → variazione delle cellule bianche (> 12000mm2 o < 4000mm2), → presenza di forme immature delle cellule bianche → aumento della frequenza cardiaca a riposo (più di 90 battiti al minuto). sindrome da risposta infiammatoria sistemica, caratterizzata dalla produzione di citochine come TNF‐α, IL6, IL8 e IL12 I PIÙ COMUNI AGENTI EZIOLOGICI DI SEPSI BATTERICA BATTERI GRAM – enterobacteriaceae (E.coli, Klebsiella, P. aeruginosa). Acinetobacter, (che, insieme a Klebsiella, ultimamente, è responsabile di numerose infezioni ospedaliere, spesso con elevata resistenza agli antibiotici. Meno frequentemente si possono riscontrare infezioni da salmonella, haemophilus e nesserie → Sedi di origine: polmone (sede principale), cavità addominale, torrente ematico, tratto urinario BATTERI GRAM + Stafilococchi: S.aureus e stafilococchi coagulasi‐negativi (CoNS) Streptococchi: S.pyogenes, S. viridans e, soprattutto, lo S.pneumoniae → Le sedi di origine possono essere cute, tessuti molli, cateteri, apparato respiratorio. dal greco σήψις, “putrefazione” = è una sindrome clinica costituita da un insieme di specifiche alterazioni emodinamiche, respiratorie, metaboliche e immunologiche, scatenata da un processo infettivo ma che ha come substrato patogenetico un’abnorme risposta infiammatoria sistemica da parte dell’ospite. 17 L’INFEZIONE PUÒ AVERE ORIGINE DA DIVERSI FOCOLAI SEPSIGENI: CAVO ORALE: per stafilococchi e streptococchi che abbondano nel cavo orale, molto raramente batteri anaerobi APPARATO DIGERENTE per enterobatteri e batteri anerobi. VIE URINARIE: sono un focolaio per quanto riguarda gli enterobatteri, gli E. Coli, la klebsiella e altre specie. APPARATO GENITALE FEMMINILE: raramente diventa focolaio sepsigeno, (≠ tempo fa, soprattutto dopo il parto o più frequentemente in caso d’aborto). Gli agenti eziologici sono gli enterobatteri ed i batteri anerobi. ALTE VIE RESPIRATORIE: soprattutto in corso di ventilazione assistita, gli agenti eziologici incriminati sono pseudomonas e, meno frequentemente, legionella. LA CASCATA INFIAMMATORIA Azione diretta Azione indiretta tramite fattori secondari come: l’ossido nitrico e il radicale libero dell’ossigeno e dell’azoto, gli eicosanoidi (trombossani, leucotrieni, prostaglandine), il PAF e numerosi fattori che derivano dal sistema del complemento o dal sistema di coagulazione del sangue Durante la cascata patogenetica nella sepsi, vengono anche rilasciate delle citochine ed altri mediatori ad effetto anti‐ infiammatorio come IL‐10, l’IGF‐β, l’IL‐1 receptor antagonist, l’sCD25 e l’IL‐35; di questi, alcuni (come IL‐10) hanno attività T‐reg cioè inibiscono i meccanismi innescati dai linfociti T, altri, come l’IL‐35, sono ad attività B‐reg, cioè inibiscono la cascata patogenetica innescata e gestita dai linfociti B. Inizialmente riescono a bilanciare l’eccessiva attività infiammatoria dei mediatori precoci ma, dopo alcuni giorni, contribuiscono all’immunodepressione che contraddistingue le fasi più avanzate delle sepsi (dopo il settimo, ottavo o nono giorno). lisi cellula batterica (GRAM ‐) rilascio LPS che si unisce con LPS binding protei a formare il complesso LPS‐LPB liberazione da parte dei macrofagi o cellule endoteliali dotate di recettori CD14, CD11, CD18 o TLR4 o MD2, dei mediatori dell'infiammazione e di IL‐8 (una chemochine il cui ruolo è quello di attrarre leucociti soprattutto neutrofili. TNF, IL‐1, IL‐12, IL‐6, IFNγ FASE 1: Ipertono arteriolare e costrizione degli sfinteri precapilalri con aumento della produzione di renina. L'ischemia capillare determina una diminuzione dell'apporto di O2 ai tessuti e l'instaurarsi di un metabolismo anaerobio con aumento di acido lattico e piruvico, diminuzione dei fosfati e iniziale acidosi metabolica FASE 2: l’ipossia, l’acidosi e le anafilotossine inducono la liberazione di istamina (porta a vasodilatazione arteriolare) e serotonina (che provoca la vasocostrizione del segmento venoso postcapillare). Ne deriva una riduzione del ritorno venoso; ipotensione arteriosa che provoca la stimolazione dei barocettori con conseguente liberazione di catecolammine e aumento della vasocostrizione periferica FASE 3: attivazione della cascata di coagulazione a causa del danno endoteliale (diretto e indiretto); attivazione del fattore Hageman, agglutinazione e danno piastrinico con liberazione di tromboplastina. CID ARDS DANNO MULTIORGANO I GRAM + rilasciano acidi teicoici e acidi lipoteicoici, esotossine, super antigeni, l’esotossina A pirogenica streptococcica (SpeA), le emolisine, 20 INFEZIONI DEL SISTEMA NERVOSO ACCESSO DEI MICRORGANISMI AL SISTEMA NERVOSO la via ematica è la più comune per difetti congeniti a causa di traumi, interventi chirurgici, in seguito all’introduzione di cateteri o sonde attraverso focolai infettivi contigui (otite, foruncolo nasale, osteomielite vertebrale) per utilizzo dei macrofagi come veicolo dal sangue al sistema nervoso centrale (meningoencefalite da HIV) per via nervosa periferica (rabbia, encefalite da VZV) lungo il nervo olfattivo (rabbia, encefalite da naegleria fowleri) MENINGITI = processi infiammatori di natura infettiva di Dura madre ‐> PACHIMENINGITI (rare) si presentano come: ascessi epidurali (tra la dura madre e il periostio) empiemi subdurali (tra la dura madre e l’aracnoide) Aracnoide e pia madre ‐> LEPTOMENINGITI (o meningiti) sono infiammazioni delle meningi circoscritte entro lo spazio subaracnoideo e sono sempre cerebrospinali. In base all’eziologia, le meningiti possono essere classificate in: BATTERICHE ‐ patogenesi – VIRALI → non esistono meningiti virali: si parla di MENINGOENCEFALITI per il coinvolgimento del parenchima encefalico! enterovirus (coxsackie) Arbovirus Virus parotitico Herpes virus (HVZ, CMV, EBV) HIV Sedenovirus Virus del morbillo Virus della rosolia Virus (para)influenzali MICOTICHE PROTOZOARIE ELMINTICHE inoltre, in base al decorso, si possono avere meningiti → acute ‐> forme batteriche, virali, micotiche e protozoarie → sub acute e croniche (meno frequenti) ‐> TBC, brucella, Lue, criptococcosi I VARI TIPI DI MENINGITE: MENINGITE MENINGOCOCCICA Si ha uno stato settico e un rush purpurico‐petecchiale (che, oltre alla cute, si può trovare sottoforma di emorragie sottocongiuntivali = esordio di meningite sostenuta da N. Meningitidis); quasi sempre si tratta di bambini e ragazzi. MENINGITE TUBERCOLARE esordio insidioso, molto più lento di quella meningococcica, con decorso subacuto e cronico e compromissione dei nervi cranici MENINGITE LUETICA Si ha la compromissione dei nervi cranici penetrazione per via nasofaringea, ematogena o per continuità invasione meningea moltiplicazione batterica nello spazio subaracnoideo e liberazione di componenti batteriche (LPS, peptidoglicano) attivazione delle cellule infiammatorie con liberazione di citochine e molecole di adesione per i neutrofili e loro degranulazione (EDEMA CITOTOSSICO) Infiammazione dello spazio subaracnoideo e aumento della permeabilità della barriera ematoencefalica con captazione albumina circolante (EDEMA VASOGENICO) aumento della resistenza riassorbimento liquorale per la presenza di essudato (EDEMA INTERSTIZIALE) IPERTENSIONE & IPOPERFUSIONE CEREBRALE 21 MENINGE CRITOCOCCICA In pz affetti da HIV si riscontrano febbre e cefalea (decorso subacuto‐cronico) e assenza di altri sintomi peculiari MENINGITE POST‐TRAUMATICA solitamente si ha rino‐otorrea per fuoriuscita di liquor dal naso a causa della rottura totale o parziale dell'etmoide, sostenuta da S. Pneumoniae NEL NEONATO assenza delle contratture muscolari e presenza di flaccidità NELL’ANZIANO letargia e ottundimento del sensorio, possono mancare febbre ed altri segni meningei in quanto, nell'anziano, il sistema immunitario è depresso a causa dell’età SEGNI E SINTOMI IN PAZIENTI CON MENINGITE BATTERICA Cefalea Febbre Meningismo Alterazione del sensorio Vomito Convulsioni Alterazioni focali Papilledema Rigor nucalis Segno di Kernig (difficoltà a flettere le cosce verso il bacino: a pz seduto si impedisce questo movimento con evocazione di un violento dolore al rachide) Segno di Brudzinski (flettere energicamente con una mano la nuca del pz supino mentre con l'altra, appoggiata al petto, gli si impedisce di alzare il busto: il segno è positivo quando il pz flette le ginocchia) LIQUOR. Viene prodotto dagli ependimociti (detti "taniciti") dei plessi corioidei nei ventricoli cerebrali per secrezione attiva, poi circola attraverso i due forami interventricolari destro e sinistro (forami di Monro) all'interno del terzo ventricolo cerebrale e attraverso il dotto mesencefalico (acquedotto di Silvio) nel quarto ventricolo cerebrale, da dove fuoriesce (nei pressi del cervelletto) attraverso due aperture laterali, destra e sinistra (fori laterali di Luschka) e un'apertura mediana (forame di Magendie). In seguito, fluisce attraverso la cisterna cerebro‐medullare fino a circondare tutto la corda del midollo spinale e a lambire e proteggere gli emisferi cerebrali, per poi scaricarsi nel sistema venoso attraverso le granulazioni del Pacchioni. Il riassorbimento avviene attraverso le cellule dei villi aracnoidei dei seni venosi. VOLUME TOTALE DEL LIQUOR = 90 – 150 ml → Protidorrachia = 15‐45 mg/dl → Cellule = 0‐10 leucociti/ml (linfociti) → Glucorrachia = 40‐80 mg/dl (60% della glicemia) In base alle caratteristiche macroscopiche del liquor, si può capire l’eziologia della meningite: liquor limpido = meningite asettica causata da virus, da tubercolosi, da leptospira, treponema e Brucella Il liquor torbido = meningite settica causata da batteri (tranne quelli menzionati precedentemente), protozoi (naegleria o acanthamoebus) e miceti (candida o mucor). Tra i fattori predisponenti di meningite settica si trova l’età meningite batterica meningite virale meningite tubercolare encefalite ascesso ASPETTO Torbido/lattescente Limpido Limpido Limpido Limpido/torbido CELLULE 500 ‐ 10.000 neutrofili 50 – 1000 linfo‐ monociti 50 – 1000 linfo‐monociti 5 – 100 linfo‐monociti 5 ‐ 100 neutrofili PROTEINE +++ + ++ ‐/+ +++ GLUCOSIO ↓↓↓ Normale ↓↓↓ Normale Normale COLTURA + + + ‐ ‐ Per la DIAGNOSI EZIOLOGICA DELLE MENINGITI SETTICHE si procede come nello schema nella pagina successiva. Per quanto riguarda LA COLORAZIONE DI GRAM permette una rapida identificazione del germe nel 60/90% dei casi Esame colturale: positivo nel 70/80% dei pz che non hanno ricevuto terapia antimicrobica (per l’identificazione sono necessarie 48h) AGGLUTINAZIONE AL LATTICE: utilizza anticorpi contro antigeni eventualmente presenti nel liquor. È un test rapido (pronto in 15min) e ha una sensibilità elevata per niesseriae meningitidis, E. coli, Haemophilus influenza, Streptococcus pneumoniae o Streptococcus di gruppo B. La negatività del test, però, non esclude la presenza di meningite batterica ma rimane utile se sia Gram, sia le colture non hanno dato risultati. PCR utile per escludere diagnosi di meningite batterica 22 DIAGNOSI EZIOLOGICA DELLE MENINGITI ASETTICHE. MENINGITE TUBERCOLARE → l’aspetto del liquor è limpido, talvolta paglierino con proteine che formano il reticolo di Maya, linfomonociti tra 100‐1000, proteine maggiori di 50mg al dl e glucosio minore di 45mg (ridotto perché è consumato sia dalle cellule che dal micobatterio). Il micobatterio in questione è il m. tubercolosis MENINGITE DA MOTT (da micobatteri non tubercolari) → Il liquor è limpido, talvolta giallino, linfomonociti da 100 a 1000, proteine maggiori di 50, il glucosio inferiore a 45. L’agente eziologico è M. avium oppure M. kansasii. MENINGITE DA MYCOBACTERIUM FORTUITUM → il liquor è limpido, talvolta torbido. I neutrofili possono essere da 200 a 2000, le proteine maggiore di 50, il glucosio inferiore a 45 MENINGITE DA SPIROCHETE (treponema, borrellia, leptospira) → il liquor dall’aspetto sempre limpido, il tipo cellulare da 25 a 2000 linfomonociti, proteine inferiore a 50, glucosio normale o raramente diminuito. Non è possibile coltivarli e si mettono in risalto con immunofluorescenza o microscopio per contrasto di fase (in cui saranno visibili per la presenza di endoflagelli) studio delle colonie emolisi & ricerca dell'antigene → STREPTOCOCCHI A, B, C, D, F, G AGAR SANGUE • test biochimici → STAPHYLOCOCCUS SP MSA test biochimici → ENTEROBATTERI MACCONKEY AGAR test di germinazione se positivi → CANDIDA ALBICANS se negativi → test biochimico per conferma di presenza di MICETI SABOURAUD AGAR studio delle colonie & test biochimici → NEISSERIA MENINGITIDIS → HAEMOPHILUS SP AGAR CIOCCOLATO SUPPLEMENTATO IN CO2 25 MALATTIE SESSUALMENTE TRASMISSIBILI CLASSIFICAZIONE PER AGENTE EZIOLOGICO: BATTERI Treponema pallidum → LUE o sifilide Neisseria gonorrhoeae → gonorrea Chlamydia trachomatis → clamidia Haemophylus ducreyi → ulcera venerea Mycoplasma hominis; Mycoplasma genitalium; Gardnerella vaginalis; Streptococcus β‐emolitico di gruppo B VIRUS Herpes simplex di tipo 1 e 2 HPV Virus dell’epatite: HAV, HBV, HCV, HDV Citomegalovirus virus di Epstein‐Barr HIV PROTOZOI Trichomonas vaginalis, Entamoeba histolytica Giardia Lamblia FUNGHI Candida albicans ECTOPARASSITI Phthirius pubis; Sarcoptes scabiei, → Scabbia LUE O SIFILIDE È la terza MST per diffusione al mondo. La via di trasmissione è prevalentemente sessuale (contatto delle mucose genitali) ma vi può essere anche mediante sangue, saliva e per via transplacentare. La sifilide si divide in tre fasi: sifilide primaria → a livello delle mucose, il treponema attraversa le giunzioni e si moltiplica nel punto di penetrazione causando, dopo circa 10/20gg una papula (sifiloma primario o chancre) che, dopo pochi giorni, si trasforma in un’ulcera a fondo duro, indolore, nel cui essudato si può rinvenire il batterio; poi si avrà una linfoadenopatia regionale e, successivamente, il passaggio dal sistema linfatico al torrente circolatorio. Il sifiloma primario guarisce spontaneamente in 2 mesi, a volte anche prima. Se non curata, passati 3 mesi, si avrà la dissipazione del treponema in diversi distretti corporei con: rush mucocutaneo di tipo maculo‐papulare o pustolare sulle mani e sui piedi (se il 90% dei rash cutanei risparmia il palmo delle mani, in questo caso è colpito preferenzialmente) faringodinia cefalea anoressia linfoadenopatia Il rash e i sintomi migliorano e il pz entra nella fase latente o clinicamente inattiva dello stadio di malattia: anche questa forma secondaria (molto infettiva dato che le singole papule contengono molti treponemi) spontaneamente guarisce. La fase latente può durare anche molti mesi o, addirittura, anni. Sifilide terziaria: nei pz non trattati si instaura una malattia cronica diffusa di tipo granulomatoso che può causare distruzione devastante di organi e tessuti (tra cui arteriti, demenza, cecità). Si ha la formazione di gomme luetiche, lesione granulomatosa, priva di batteri, con necrosi colliquativa e cellule giganti, presente sulle ossa (in particolare sui corpi vertebrali), sulla cute ed altri tessuti; queste guariscono spontaneamente lasciando cicatrici deformanti. Le forme tipiche e più gravi sono la Neurosifilide (con distruzione progressiva delle radici posteriori e sclerosi dei cordoni posteriori, quindi, disturbi nella coordinazione dei movimenti, paralisi progressiva e dolori agli arti inferiori) e la Sifilide cardiovascolare (che comporta aneurisma dell’aorta). TEST DIAGNOSTICI I test comprendono test sierologici per la sifilide (STS) che consistono in: test di screening (reaginici) test di conferma (treponemici) microscopia in campo oscuro ‐ alcuni problemi ‐ 1. Il T.pallidum non può essere coltivato in vitro. L’unico ceppo coltivabile è quello di Nelson, coltivato nel testicolo del coniglio e utilizzato per produrre antigeni a loro volta utili per i test sierologici. 2. non è detto che il batterio si veda in microscopia data la sua dimensione assottigliata. Per questo viene preferita la microscopia in campo oscuro oppure si impregna il campione con una sostanza che lo rende fluorescente. → I TEST NON TREPONEMICI (O REAGINICI) utilizzano un antigene lipidico ossia la cardiolipina (o Aptene di Wasserman), estratto dal cuore di un bovino per rilevare la reagina (anticorpo umano che si legano ai lipidi). I TEST DEL VDRL (reazioni di flocculazione) e il RPR, utilizzati per lo screening, sono esami sensibili, semplici e poco costosi; tuttavia, non sono completamente specifici per il treponema: la cardiolipina è un antigene rilasciato dai tessuti danneggiati durante l’infezione e potrebbero verificarsi reazioni crociate: se le reazioni sono positive si procede con la conferma. Il risultato può essere definito qualitativamente e quantitativamente come titolo (= il reciproco dell’ultima rilevazione alla quale il test risulta positivo ‐> 1:16, il titolo è 16). Un vantaggio offerto da questo tipo di test è che è molto fedele per il follow up della malattia: nel giro di 1‐2 anni, se la terapia è riuscita ad eradicare il batterio, il test reaginico si negativizza. 26 → I TEST TREPONEMICI: sono test molto specifici che rilevano gli anticorpi anti‐treponemici. Comprendono: REAZIONE DI ADSORBIMENTO IN FLUORESENZA, FTA‐ABS. Prima di effettuare la tecnica, il siero viene fatto adsorbire con antigeni treponemici aspecifici (per eliminare quelle Ig dirette contro antigeni treponemici aspecifici); dopo si poggiano alcune gocce del siero su un vetrino che contiene sospensione di treponemi uccisi ottenuti dal testicolo di un coniglio. Si incuba e poi si lava. Dopo si aggiunge un siero immune anti‐globuline umane marcato con fluorescina, si incuba e si lava nuovamente. Quindi si osserva al microscopio a luce ultravioletta. REAZIONE DI EMOAGGLUTINAZIONE PASSIVA, TPHA. Gli antigeni treponemici vengono fatti adsorbire sulla superficie di globuli rossi; dopo si aggiunge il siero. La positività è data dall’emoagglutinazione REAZIONE DI IMMOBILIZZAZIONE DEI TREPONEMI, TPI. Si fa reagire il siero del pz con una sospensione di treponema pallido ottenuto dal testicolo di un coniglio infetto. In presenza di complemento, gli anticorpi si legheranno alla superficie del treponema e lo immobilizzeranno: ciò si può apprezzare mediante osservazione al microscopio con campo oscuro. I test treponemoci possono rimanere positivi anche per tutta la vita GONORREA O BLENORRAGIA L’agente patologico è la neisseria gonorrhoeae Nell’uomo, il gonococco si localizza nell’uretra nella quale causa secrezioni tipiche purulente: al risveglio il pz si accorge della secrezione di pus denso, cremoso e giallastro dall’orifizio uretrale. L’infezione può diffondere causando orchiti, artriti, endocarditi e meningiti Nella donna, il gonococco si localizza primariamente nelle ghiandole della cervice uterina, nelle ghiandole di Skene e di Bartolini. I sintomi non sono ben evidenti. Il batterio può diffondere causando infezione delle salpingi con conseguente infertilità. Nelle bambine piccole, dopo abuso sessuale, si possono avere vulvovaginiti, in cui la colonizzazione avviene a livello vaginale. Nel 10/20% delle donne venute a contatto con N.gonorrhoeae, si può avere malattia infiammatoria pelvica: l’essudato purulento si riversa nella cavità peritoneale. Sindrome di Fitz‐Hugh‐Curtis: periepatite secondaria a salpingite. Nella donna l’apparato genitale è aperto: in caso di salpingite importante, l’essudato può “cadere” libero nel peritoneo causando tale sindrome. Oltre a queste manifestazioni si può avere Proctite acuta ‐> perdite purulente dal retto Faringite ‐> eritema faringeo Infezione gonococcica disseminata (nell’1% dei casi) Setticemia ‐> il gonococco entra in circolo, si moltiplica e da luogo a shock endotossico mediato dal LPS del batterio (LOS) con febbre, brividi e rash petecchiale. Artrite settica ‐> disseminazione alle articolazioni con febbre e segni di artrite (tumor, calor, rubor, dolor) Oftalmia neonatorum ‐> affezione tipica dei neonati con trasmissione attraverso il passaggio dal canale del parto, colonizza la congiuntiva dell’occhio provocando congiuntivite purulenta che, se non trattata, si complica fino a cecità. Viene prevenuta oggigiorno con la profilassi alla Credè, praticata per legge alla nascita: si applica alla congiuntiva del bambino una crema a base di eritromicina, tetraciclina, nitrato di argento. TEST DIAGNOSTICI A seconda del caso clinico, i campioni biologici possono essere: tamponi uretrali (i più frequenti); tamponi vaginali; tamponi cervicali; tamponi rettali; tamponi faringei; liquido sinoviale; sangue ESAME MICROSCOPICO: la mucosa genitale possiede popolazione commensale che non presenta Neisserie, quindi, il reperto microscopico di Gram ‐, a chicci di caffè capsulati in un essudato purulento derivante da infiammazione acuta delle vie genitali è già indicativo di gonorrea. Tuttavia, alcuni bacilli Gram‐ possono simulare l’aspetto del gonococco: per questo sono impiegati sieri antigenococcici fluorescenti sul materiale patologico ESAME COLTURALE: Il gonococco forma colonie S, che perdono facilmente l’antigene K divenendo di tipo R. i terreni su cui poter coltivare sono tanti e vari, il più interessate è il Thayer‐Martin: è a base di agar cioccolato, vancomicina con colistina e nistadina, per cui i batteri (e i funghi visto la presenza di nistadina) sono inibiti e il terreno è altamente selettivo e quindi può crescere soltanto Neisseria. REAZIONI SIEROLOGICHE: sono utili nel caso in cui non sia reperibile un campione da prelevare, in seguito a guarigione clinica dell’infezione. Si ricerca la presenza di anticorpi nei confronti di antigeni provenienti da colture di N.gonorrhoeae in fase S. IDENTIFICAZIONE BIOCHIMICA ossidasi + e catalasi +; fermentazione degli zuccheri (sistema di riferimento API) MALDI ‐ TOF tecnica di ionizzazione soft usata in spettrometria di massa consente di misurare in maniera estremamente accurata il peso molecolare di macromolecole di interesse biologico e di determinare la loro identità in base al rapporto massa/carica. 27 LINFOGRANULOMA VENEREO ‐> INFEZIONE DA CHLAMYDIA TRACHOMATIS È la MST con maggior prevalenza nei paesi industrializzati. I sintomi iniziano 7‐21gg dopo l’esposizione e la trasmissione avviene, esclusivamente, per via sessuale (ad esclusione di quei ceppi che danno tracoma e congiuntivite) e perinatale. → Sono colpite di più le donne (nel senso che le manifestazioni cliniche nella donna sono molto più subdole e nascoste) le manifestazioni in un’età che riflette i comportamenti sessuali, diminuendo drasticamente nelle donne dopo i 25 anni. Comunque, l’80% delle donne risulta asintomatico e, qualora dovessero esserci, i sintomi includono: cerviciti endometriti salpingiti bartoliniti il 35% dei casi presenta uretrite non gonococcica con perdite mucopurulente, disuria e piuria. → Gli uomini presentano, nel 75% dei casi, uretriti con secrezione filante, quasi trasparente e poco densa (≠ blenorragia da neisseria in cui l’essudato è denso, cremoso e giallastro) Altri fattori di rischio possono essere il basso livello socioeconomico e scolastico. Elementi predittivi di infezione clamidiale sono: giovane età ( < 21 anni) partner con uretrite non gonococcica nuovo partner nei due mesi precedenti ectopia cervicale e/o essudato cervicale sanguinamento durante il prelievo contraccettivi non di barriera o nessuna contraccezione alla colposcopia risultano: portio congesta essudato mucopurulento ectopia il Linfogranuloma venereo è causato dai sierotipi L1, L2, L3 di Chlamydia trachomatis. Si distinguono 3 fasi: La prima fase inizia dopo un periodo di incubazione di circa 3gg con una piccola lesione cutanea presso il sito di ingresso del batterio; questa può causare un’ulcerazione della cute sovrastante. La guarigione è così rapida da farla passare inosservata. Il secondo stadio, nei maschi, inizia generalmente dopo circa 2/4 settimane con ingrandimento bilaterale dei linfonodi inguinali che tendono a formare masse di grandi dimensioni, soffici e a volte fluttuanti (bubboni); questi aderiscono ai tessuti profondi e causano infiammazione della cute sovrastante, a volte accompagnata da febbre e malessere. nelle donne sono comuni il dolore alla schiena o alla pelvi; la lesione iniziale può presentarsi a livello locale o presso la porzione vaginale alta, esitando nell'aumento delle dimensioni e nell'infiammazione dei linfonodi pelvici e perirettali; possono svilupparsi fistole drenanti multiple da cui fuoriesce materiale purulento o sangue nel terzo stadio, le lesioni guariscono esitando in cicatrici; tuttavia, le fistole possono persistere o ripresentarsi. L'infiammazione persistente, causata da un'infezione non trattata che ostruisce vasi linfatici, causa gonfiore e piaghe della pelle. I soggetti che hanno rapporti sessuali passivi anali possono avere grave proctite o grave proctocolite con scariche rettali purulento‐sanguinolente. Nelle fasi croniche, la colite simula la malattia di Chron: può causare tenesmo e stenosi del retto o dolore dovuto ad infiammazione dei linfonodi di pelvici. La proctoscopia può rilevare infiammazione diffusa, polipi e masse o essudato muco purulenti, segni che assomigliano alla malattia infiammatoria intestinale DIAGNOSI La diagnosi è posta, generalmente, attraverso la ricerca degli anticorpi nei confronti delle endotossine clamidiale → titolo di fissazione del complemento > 1:64 o titolo della microimmunofluorescenza > 1:256 mediante genotipo usando un test di amplificazione degli acidi nucleici basato su PCR. test immunologici diretti per gli antigeni (per esempio il test ELISA) test di immunofluorescenza con anticorpi monoclonali, ULCERA MOLLE è una patologia abbastanza rara nell’Europa centrale ma piuttosto diffusa nei Paesi tropicali. A 2/6gg dall'infezione compaiono, nel punto di contagio, ulcerazioni molli, dolorose e irregolari (≠ ulcera dura non dolente della Sifilide) La diagnosi è posta tramite ESAME MICROSCOPICO con cui si accerta la presenza dell'agente eziologico = Haemophilus ducreyi → batterio Gram‐, (coccobacillo). 30 MECCANISMO DI REPLICAZIONE Caratteristica essenziale per il processo infettivo è la VARIABILITÀ GENOTIPICA E FENOTIPICA DELL’HIV; infatti, per l’elevata complessità del processo replicativo del virus, possono verificarsi diversi errori a livello trascrizionale e post‐trascrizionale, portando così ad un’ipervariabilità genotipica e fenotipica, che si esprime nei diversi pazienti con differenze tra il 20% ed il 40%. Tuttavia, è da tener presente che anche isolati virali dallo stesso paziente avranno differenze importanti nelle diverse fasi della malattia, così come isolati virali prelevati contemporaneamente in diversi distretti, avranno notevoli differenze genotipiche e fenotipiche (fenomeno della compartimentalizzazione) Tali mutazioni determinano delle differenze dal punto di vista della: Cinetica di replicazione, date da mutazioni dell’apparato trascrizionale. Tropismo, date da mutazioni degli anti‐recettori virali, determinando particolari tropismi tessutospecifici. Neutralizzazione anticorpale: più il virus muta, meno gli anticorpi sintetizzati lo riconoscono e neutralizzano. Sensibilità ai farmaci: essendo estremamente specifici, anche una lieve mutazione determina la perdita di interazione tra farmaco e target. MODALITÀ DI TRASMISSIONE Comportamenti sessuali promiscui, senza l’uso di contraccettivi (preservativo) Trasmissione a livello iatrogeno: per la sterilizzazione degli strumenti chirurgici e dentistici Sacche di sangue ed emoderivati (ridotte al minimo perché testati) Passaggio di siringe in tossicodipendenti Mancata sterilizzazione degli aghi per tatuaggi o piercing Trasmissione verticale, da madre a feto, nel momento del parto CONCENTRAZIONE DELL’HIV IN DIVERSI LIQUIDI BIOLOGICI Sangue = 100% Liquido seminale = 75% Secreto vaginale = 50% Saliva, urine, sudore, lacrime = < 1% la principale via di ingresso dell’HIV è la penetrazione attraverso una superficie mucosa 1 MICROBIOLOGIA CLINICA I METODI DELLA MICROBIOLOGIA CLINICA LA DIAGNOSI BATTERIOLOGICA La diagnosi batteriologica (come quella virologica o micotica o parassitaria) si prefigge di identificare l’agente patogeno responsabile di una malattia infettiva, allo scopo di suggerire un appropriato trattamento terapeutico. Nella diagnosi batteriologica, come nelle altre diagnosi microbiologiche, si hanno a disposizione due possibilità: DIAGNOSI DIRETTA, volta a isolare l’agente patogeno o un suo prodotto. Le matrici biologiche usate sono: sangue feci urina biopsia tamponi il processamento del campione potrà avvenire attraverso diagnosi rapida e, quindi, attraverso → il metodo immunologico, che prevede la ricerca di antigeni dell’agente batterico, caratteristica di test di agglutinazione, ELISA Saggio di immunocromatografia su membrana → Il metodo molecolare che si identifica con la ricerca di sequenze genomiche dell’agente batterico PCR SDA LCR Ibridazione di una sonda verso l’agente batterico Esame colturale che prevede la semina su brodo di arricchimento, terreno solido non selettivo e/o selettivo e discriminativo. Questo porta all’isolamento del microrganismo in coltura pura che permette → l’identificazione biochimica, immunologica o molecolare → l’antibiogramma DIAGNOSI INDIRETTA, atta alla rilevazione della risposta immunitaria dell’ospite. Normalmente, questa si configura con il movimento anticorpale, anche se non bisogna escludere altre forme responsive. Il prelievo del siero del paziente, in particolare, attraverso il metodo immunologico, avviene grazie a saggi immunoenzimatici (EIA) radioimmunologici (RIA) di immunofluorescenza (IFA) LA FASE PREANALITICA: IL PRELIEVO DEL CAMPIONE innanzitutto, bisogna che il prelievo del campione biologico sia prelevato da zone normalmente sterili e, quindi, sangue e midollo liquido cefalorachidiano liquido articolare liquido pleurico o pericardico tessuti profondi vie respiratorie inferiori urine (se il campione viene opportunamente raccolto) zone con popolazione batterica o microbica residente. vie respiratorie superiori Cute Tratto gastro‐intestinale Tratto genitale femminile Uretra Popolazioni microbiche naturali Molte differenti specie microbiche popolano contemporaneamente vari distretti del corpo (mucose: orale, intestinale, cutanea) e, in modo analogo, risiedono nell’ambiente che ci circonda (aria, suolo, acqua). Per studiare i diversi microorganismi che colonizzano un habitat, bisogna, in primis, isolarlo e coltivarlo in forma pura; dove, per “COLTURA PURA” si intende una coltura costituita esclusivamente da batteri identici che, in teoria, derivano da una medesima cellula (si potrebbe definire, tecnicamente, come clone). ISOLAMENTO PER STRISCIO SU PIASTRA Prevede l’inoculo di un liquido prelevato da brodocoltura, o di un solido costituito da un’ansa di cellule prelevate da uno slant (becco di clarino) o da una colonia. Questo viene strisciato usando un’ansa sulla superficie di un substrato appropriato (generalmente è una piastra di coltura) dove le cellule vengono distribuite in modo da far crescere colonie ben isolate, che probabilmente derivano tutte da una sola cellula. 2 METODO DEI QUATTRO ANGOLI 1. Far asciugare le piastre in stufa. La superficie deve essere priva di umidità per consentire ai microrganismi di rimanere immobilizzati. 2. Con un pennarello scrivere sul fondo della piastra, ai margini, la sigla di riconoscimento. Segnare, inoltre, il punto di inizio delle prime strisciate 3. Tenere le piastre col fondo verso l'alto inserite nel coperchio tranne nel momento di eseguire le operazioni di striscio. 4. Prendere un’ansa e prelevare un po’ di patina di cellule microbiche dal campione voluto (se da piastra, badando a prendere solo le cellule e a non bucare l'agar). 5. Eseguire alcuni strisci paralleli sulla piastra pulita in corrispondenza di un quadrante 6. Cambiare ansa e passarla sugli strisci paralleli eseguiti nella parte di fondo, dove cioè le cellule sono di meno. Da qui eseguire altri strisci paralleli in corrispondenza del secondo quadrante 7. Ripetere il passaggio 6 altre due volte ruotando ogni volta la piastra ed eseguendo la serie di strisci paralleli partendo dalla porzione meno densa del nuovo quadrante strisciato 8. Chiudere la piastra con il coperchio, capovolgerla ed incubarla alla temperatura e per il tempo idonei per la crescita dei microrganismi. Questa metodica è usata nei Paesi anglosassoni; in Italia si suole usare il metodo dei tre quadranti: una volta che si fa la prima strisciata, l’occhiello dell’ansa ha, volta per volta, una carica microbica ridotta tale che l’ultima strisciata presenterà le cosiddette ‘singole colonie’. ISOLAMENTO PER DILUIZIONI SERIALI L’inoculo, solido o liquido, viene diluito all’estinzione ( = fino a raggiungere la diluizione sterile, cioè senza alcuna cellula batterica). Di solito il fattore di diluizione è costante ogni passo, risultante in una progressione geometrica della concentrazione con un andamento logaritmico. L’assenza di cellule batteriche è dimostrabile dall’intorbidimento del terreno liquido o dalla crescita di altri microorganismi. Dopo aver compiuto le diluizioni seriali, si andrà a piastrare i terreni al fine di contare le colonie. Per essere statisticamente valida, il numero di colonie deve variare tra 30 e 300 (anche se si consiglia di contare non più di 100 colonie, altrimenti la conta risulterà molto approssimativa e difficilmente ripetibile) Il numero di colonie contato verrà moltiplicato per il fattore di diluizione: si potrà, così, contare quante colonie vitali sono presenti in 1 ml della soluzione di partenza. TERRENI DI COLTURA CLASSIFICAZIONE QUALIFICATIVA TERRENI ELETTIVI: sono terreni ricchi di nutrienti, spesso con la presenza di sangue di pecora o di cavallo, che consentono la crescita di quasi tutte le specie batteriche. Sono anche detti terreni universali. TERRENI SELETTIVI: sono terreni che favoriscono la crescita solo di particolari specie batteriche grazie alla presenza di fattori che inibiscono lo sviluppo di altre specie (generalmente antibiotici) TERRENI DIFFERENZIALI: sono terreni che, grazie alla presenza di particolari componenti, permettono di distinguere fra diversi gruppi di batteri, consentendo una identificazione presuntiva della specie isolata. I terreni differenziali contengono spesso dei coloranti che, virano a seconda del metabolismo e, quindi, del pH. Il terreno al mannitolo‐agar o sale‐mannite o, ancora, TERRENO DI CHAPMAN è → selettivo perché contiene il 7,5% di NaCl, una concentrazione tale da inibire la crescita di batteri non alofili. → differenziale perché contiene il mannitolo: la fermentazione del mannitolo, che avviene solamente se è presente S. aureus, viene palesata per il viraggio dell’indicatore di pH TERRENI DI ARRICCHIMENTO: consentono di aumentare la carica della specie batterica che si vuole isolare, grazie alla presenza di fattori che inibiscono la crescita di specie batteriche contaminanti presenti nel campione in esame e sostanze che favoriscono lo sviluppo delle specie esigenti. Tipico esempio di un terreno di arricchimento è IL TERRENO AL SELENITO per le feci: il selenito inibisce la gran parte dei batteri presenti nelle feci, facendo crescere Shigella e Salmonella. TERRENO AL SANGUE CON FENOMENI DI Β‐EMOLISI: il terreno è inizialmente di colore rosso, in quanto sono presenti emazie; dove è avvenuta la β‐emolisi o emolisi completa il terreno si presenta completamente modificato di colore e, talvolta, se l’emolisi è molto spinta, sarà addirittura trasparente, a causa della lisi totale delle emazie. In particolare, questo tipo di terreno consente di differenziare gli streptococchi in base al loro potere emolitico (gli streptococchi β‐emolitici restituiscono una colonia circondata da una zona di trasparenza (a differenza di quelli α‐emolitici che sono circondati da un alone di colore verde). INGREDIENTI DEI TERRENI DI COLTURA In passato, i terreni di coltura venivano preparati con sostanze naturali, poco standardizzate, come i brodi di carne, il latte o il sangue. Oggi, i substrati vengono formulati a partire da ingredienti altamente standardizzati, semplici o complessi o che possono essere acquistati in forma disidratata, con ingredienti già premiscelati. 5 ESEMPI DI METODI GENOTIPICI PER IL FINGERPRINTING E L’IDENTIFICAZIONE DEI CEPPI: Randomly Amplified Polymorphic DNA – PCR (RAPD‐PCR): il DNA totale di un ceppo, estratto e purificato con metodi rapidi (bollitura, resine, etc.), viene amplificato con un solo primer arbitrario: dopo la separazione su gel di agarosio si produce un pattern poco complesso, specifico per ceppo. Amplified Ribosomal DNA Restriction Analysis (ARDRA‐PCR): il DNA ribosomiale (rDNA 16S o 23S) viene amplificato con una coppia di primer altamente conservati e tagliato con uno o più enzimi di restrizione. Il pattern ottenuto dopo separazione elettroforetica è, in genere, specie‐specifico INDAGINI SIEROLOGICHE Le indagini sierologiche servono per: identificazione e quantificazione di antigeni batterici valutazione della risposta anticorpale dell’ospite ad agenti infettivi (scopo principale) LA RILEVAZIONE DI MACROMOLECOLE MICROBICHE = rilevazione della presenza di strutture antigeniche specifiche dei batteri, messe in evidenza mediante impiego di anticorpi. Tecniche utilizzate: reazione di agglutinazione ‐> reazione immunologica in cui un siero contenente anticorpi voi viene cimentato con un antigene: si ha, quindi, la formazione di un immunocomplesso visibile come un ammasso voluminoso → agglutinazione su vetrino: prevede l’impiego di anticorpi, ottenuti in un animale immunizzato (spesso il coniglio), messi a contatto con il batterio o con suoi antigeni solubili → agglutinazione al lattice (AL, maggiormente utilizzata): impiega dei reattivi per evidenziare gli antigeni polisaccaridici, spesso della capsula batterica, costituiti da sequenze ripetitive di zuccheri in grado di legare gli anticorpi in più punti. Per il test si utilizzano anticorpi legati a particelle di lattice reazione di immunofluorescenza → immunofluorescenza diretta: si utilizza un anticorpo coniugato con fluoresceina isotiocianato, che sia specifico per l’antigene in esame. → immunofluorescenza indiretta: si utilizza un anticorpo specifico per l’antigene in esame ma non coniugato, che viene riconosciuto da un secondo anticorpo coniugato e diretto contro regioni costanti delle immunoglobuline della specie in cui è stato prodotto il primo anticorpo (specifico per il treponema pallidum) tecniche immunoenzimatiche (ELISA) ‐> si basa sull’utilizzo di anticorpi marcati con un enzima (generalmente la perossidasi), in modo che i coniugati risultanti abbiano una attività sia immunologica che enzimatica. Avendo uno dei componenti (antigene o anticorpo) adeso alla piastra, la reazione antigene‐anticorpo è immobilizzata e, pertanto, potrà facilmente essere evidenziata con l’addizione del substrato che, reagendo con l’enzima, produrrà una colorazione osservabile a vista e quantificabile con lo spettrofotometro. western blot ‐> Utile nei casi in cui si vogliano cercare antigeni di diverso peso molecolare: le molecole antigeniche di un microrganismo patogeno vengono separate su gel di poliacrilammide in base al peso molecolare e alle caratteristiche (mediante elettroforesi); trasferite su membrana di nitrocellulosa (questo trasferimento si chiama blot o blottage) e incubate con il siero del pz. Viene aggiunto un anticorpo anti‐immunoglobuline umane marcato con un enzima (perossidasi): la presenza di anticorpi marcati viene evidenziata dall’aggiunta di un substrato cromogeno specifico sul quale agisce l’enzima, sonde molecolari Limulus test (rilevazione dell’LPS batterico) SDS‐PAGE delle proteine cellulari 1. la biomassa cellulare viene raccolta, lavata e lisata (con mezzi chimici o fisici) 2. i residui vengono allontanati e l’estratto proteico viene standardizzato e caricato sul gel di poliacrilammide 3. le proteine vengono separate per elettroforesi 4. il gel viene colorato 5. l’immagine viene analizzata visualmente o utilizzando hardware e software appropriati RILEVAZIONE DI ANTICORPI (test diagnostici indiretti) –> test diagnostico in cui non si va a misurare direttamente il patogeno o il suo prodotto ma la reazione immunitaria dell’organismo nei confronti di quel patogeno. reazione di fissazione del complemento ‐> utilizzata per documentare la presenza di anticorpi nel siero. Siero del paziente viene privato del complemento e, inattivato, viene cimentato con l’antigene, in presenza di complemento fresco di cavia. Se nel siero del paziente sono presenti anticorpi specifici questi si legano all’antigene ed il complemento, a sua volta, si lega all’immunocomplesso: se il siero del paziente è positivo (cioè contiene anticorpi contro l’antigene) i globuli rossi di montone rimangono integri; se il siero del paziente è negativo i globuli rossi di montone vengono lisati. La reazione si evidenzia con liberazione di emoglobina. ELISA indiretto ‐> si ricerca la presenza di anticorpi (che vengono fissati ed evidenziati da un anticorpo anti – Ig umane legato covalentemente a un enzima come la perossidasi). La quantificazione avviene con tecniche spettrofotometriche, attraverso la valutazione dell’intensità del colore prodotto in risposta alla conversione enzimatica del relativo substrato cromogeno; mentre la reale concentrazione dell’anticorpo viene determinata per confronto con diluizioni standard dell’anticorpo stesso. 6 INFEZIONI VIE URINARIE BATTERI SAPROFITI presenti nel terzo inferiore dell’uretra Uomo Donna Staphylococcus auereus Neisseriae (non patogene) Neisseriae (specie non patogene) Acinetobacter Acinetobacter Lactobacilli. Mycobacterium smegmatis. PATOGENESI La penetrazione di un germe nelle vie urinarie non implica necessariamente un’infezione: tutto dipende, dal numero e dalla ricorrenza dei microrganismi e dall’efficacia delle difese immunitarie dell’ospite; Le vie di penetrazione possono essere: ematogena o discendente; ascendente, ovvero i germi colonizzano il perineo e risalgono il tratto urinario per via retrograda verso l’uretra raggiungendo così la vescica L’adesione alle cellule ospiti avviene ad opera di adesine (soprattutto fimbrie) che si distinguono in: pili di tipo 1 (mannosio‐sensibili), comuni a quasi tutti i ceppi. Le fimbrie si legano al mannosio presente nelle urine e non alla superficie della mucosa dell'ospite, non avviene, così, l’infezione pili di tipo 2 (mannosio‐resistenti) Fimbrie P, (mannosio – resistenti) importanti fattori di virulenza che favoriscono l’azione dei ceppi uropatogeni detti UPEC, sia al di fuori che all’interno del loro habitat; adesine afimbriali (AFA‐1, AFA‐III). La colonizzazione vescicale evolve in infezione del tratto urinario (UTI) quando l’uropatogeno aderisce all’epitelio vescicale provocando una risposta infiammatoria, con conseguente rilascio di citochine (soprattutto IL‐6 e IL‐8) e di altri mediatori dell’infiammazione. Nel giro di un paio di giorni si ha la comparsa della sintomatologia e l’inizio della migrazione linfocitaria nel sito dell’infiammazione. chemochina con un’attività diretta di chemo‐attrazione: richiama rapidamente i polimorfonucleati dai vasi e dall’interstizio che liberano citochine e altri fattori = l’infiammazione delle vie urinarie. I leucociti migrano attraverso lo strato delle cellule epiteliali. I linfociti B iniziano a produrre le IgA secretorie nelle urine dopo il legame con i batteri e svolgono il ruolo di tamponare le infezioni Fattori che giocano un ruolo importante nell’esordio delle infezioni, soprattutto all’interno delle vie urinarie: • Virulenza del ceppo infettante (il ceppo deve essere intrinsecamente virulento); • Dose infettante, il numero delle cellule batteriche che hanno un ruolo nell’infezione; • Suscettibilità dell’ospite LE TAPPE DEL PROCESSO INFETTIVO PENETRAZIONE cui si contrappongono difese idrocinetiche o idrodinamiche basate su fattori meccanici e fisici: il flusso dell'urina fa sì che i batteri che non sono saldamente ancorati alla mucosa vengono portati via. caratteristiche chimiche dell’urina ADESIONE, inibita da difese antibatteriche aspecifiche, molecole che rappresentano una difesa immediata e aspecifica contro i batteri che cercano di invadere il nostro corpo come antibiotici endogeni o glicosamminoglicani difese immunologiche locali (IgA secretorie) INFEZIONE. esordio del processo infettivo altamente dinamico nel quale i leucociti, ad attività fagocitaria, svolgono un ruolo importante sia nell’uccidere i batteri che cercano di penetrare, sia nel rilascio di mediatori dell’infiammazione (citochine, chemochine) che sono alla base dei meccanismi cellulo‐umorali dell’insorgenza e mantenimento dell’infezione. FATTORI FAVORENTI L’INSORGENZA DELLE INFEZIONI DELLE VIE URINARIE FATTORI ANATOMICI, come lunghezza dell’uretra, che nella donna è di 3 cm mentre nell’uomo è estremamente più lunga (12‐13 cm circa); uropatie ostruttive, vi sono meccanismi patologici come calcoli o masse che premono sulle vie urinarie che possono ostruire il deflusso di urina; anomalie congenite del rene; lesioni renali acquisite, sia di carattere infiammatorie che di altro tipo. 7 FATTORI FISICI, come incompleto svuotamento durante la minzione della vescica. Un caso classico è un individuo di sesso maschile con adenoma prostatico che determina un progressivo aumento del bassofondo vescicale; questo rappresenta la parte declive della vescica nella quale rimane urina anche dopo la minzione: il mancato svuotamento deriva dall’occlusione portata dalla compressione tumorale; aumentata pressione intravescicale; cateterismo vescicale o altre manovre strumentali invasive. FATTORI CHIMICO‐UMORALI, come ridotto volume urinario, fattore importantissimo sia per la prevenzione delle infezioni sia per coadiuvare la terapia. Per incrementare il volume urinario, si consiglia di bere almeno 1.5 L di acqua al giorno; alcalinità delle urine: quando si alza la fisiologica acidità delle urine si ha una maggiore possibilità di contrarre infezioni ridotto potere battericida della parete vescicale; malattie metaboliche sistemiche, come il Diabete mellito, la Gotta o Ipokaliemia; ALTRI FATTORI: ritenzione urinaria abitudinaria; stipsi; vulvo‐vaginiti e balaniti. BATTERI NELLE URINOCOLTURE DI PAZIENTI CON IVU S. aureus; S, epidermidis, commensale del tratto cutaneo vicino all’orifizio uretrale; Serratia Marcescens(enterobatterio); Proteus(enterobatterio); Pseudomonas Aeruginosa(opportunista); Enterococcus aerogenes, è un cocco Gram+ opportunista; Klebsiella; Proteus mirabilis; Enterococchi, batteri di provenienza intestinale come anche Proteus e Klebsiella; E.coli, il più frequente nelle infezioni delle vie urinarie. LA DIAGNOSI DELLE INFEZIONI URINARIE CLINICA, sintomi ascrivibili all’interessamento delle basse vie urinarie: pollachiuria, associata a oliguria, urgenza minzionale talora con incontinenza diurna dolore addominale durante la minzione = stranguria (sintomo più raro che indica una forma più grave); urine maleodoranti e/o torbide; bruciore alla minzione; La febbre si correla ad infezione del parenchima renale, quando l’infezione è grave o molto estesa. ESAME DELLE URINE, valore negativo di leucociti < 10/mL; valore positivo leucociti > 100/mL Tracce di nitriti (risultato del metabolismo batterico), Tracce di globuli rossi oppure significativa presenza di emoglobina; Proteinuria importante; Cilindri, sono sempre un dato patologico. URINOCOLTURA, Raccolta Coltura quantitativa (CFU/ml) Specifiche CATETERISMO VESCICALE Nel bambino febbrile ≥ 5x105/ml avviene quasi sempre in ambiente ospedaliero ASPIRAZIONE SOVRAPUBICA essendo l’urina teoricamente e fisiologicamente sterile, qualunque crescita di patogeni urinari è un segno di infezione; Il metodo più invasivo che si impone in pochissimi casi, quando si sospetta che l'agente eziologico sia un batterio aerobio: le urine vengono a contatto con l'O2 ed eventuali batteri anaerobi muoiono. MITTO INTERMEDIO Nel bambino sintomatico ≥ 5x105/ml Nel bambino asintomatico ≥ 5x105/ml in almeno 2 campioni Materiale raccolto per la diagnosi microbiologia. La prima parte viene tolta e la successiva viene trattenuta in un contenitore sterile con tappo a tenuta SACCHETTO STERILE Nel bambino sintomatico ≥ 5x105/ml Nel bambino asintomatico ≥ 5x105/ml in almeno 2 campioni Usato quando un bambino è molto piccolo e deve essere cambiato ogni 20‐30 min ! 10 Più raramente le faringo‐tonsilliti possono essere causate da STREPTOCOCCHI BETA‐EMOLITICI DI GRUPPO C o G: S. dysgalactie, S. consellatus. alcuni CORYNEBATTERI: C. hemoliticum, C. diphteriae (Si manifesta nei soggetti non vaccinati contro la difterite) Bacillo Gram+; Pleiomorfo; Asporigeno; Immobile; Tipica distribuzione dei batteri a “lettere cinesi”. La patogenicità del batterio è dovuta alla produzione della tossina difterica che ha un particolare trofismo per le fibre muscolari striate e cardiache. La caratteristica, quasi patognomonica, della faringite da C. diphteriae è la presenza di pseudomembrane grigiastre fortemente aderenti alla mucosa della faringe. L’isolamento colturale può avvenire in: terreno di Loffler = siero di vitello coagulato, nel quale i bacilli difterici crescono molto rapidamente terreno di Hoyle = agar sangue arricchito con tellurio di potassio, scaldato a 60°C ‐> Corinebateri metabolizzano il tellurito di potassio riducendolo a metallo (tellurio), la cui precipitazione conferisce una colorazione grigia‐nerastra alle colonie. Le colonie possono avere 3 diversi aspetti: → gravis: colonie grandi, piatte, grigio‐nerastre; → mitis: colonie più piccole, lucide e cupoliformi; → intermedius: colonie molto piccole, più o meno lucide. NEISSERIA GONNOREAE (in pazienti con infezioni genitali), STREPTOCOCCHI BETA EMOLITICI DI GRUPPO B (S. agalactiae nei neonati), LIEVITI (candidosi esofagea, ma anche orale e faringea in immunocompromessi), TEST MICROBIOLOGICI NELLE INFEZIONI DELLE ALTE VIE RESPIRATORIE TAMPONE FARINGEO‐TONSILLARE → faringo‐tonsillite, difterite, angina di vincent, pertosse e infezioni virali MODALITÀ DI PRELIEVO: 1. Utilizzando un abbassalingua, comprimere delicatamente la lingua sul pavimento della bocca; 2. Inserire il tampone tra le tonsille, al disotto dell’ugola, evitando di toccare la mucosa delle guance, (soprattutto) la lingua, l’ugola e le labbra poiché fortemente colonizzate dalla flora commensale; 3. Strofinare e ruotare vigorosamente il tampone sul retro‐faringe; 4. Utilizzare tamponi in dacron, evitando il cotone (tossico per alcune specie microbiche) o l’alginato di calcio (un inibitore della PCR); Non eseguire mai il tampone faringeo se vi è un sospetto di epiglottidite acuta perché può indurre una grave ostruzione delle vie aeree superiori. La diagnosi di tale malattia è su base esclusivamente clinica. L’ISOLAMENTO COLTURALE è il gold standard, tuttavia è possibile porre diagnosi rapida mediante ricerca antigenica nel campione (es. agglutinazione al lattice nel campione). Si procede, dunque con: semina inoculazione per strisciamento su piastre al sangue (generalmente sangue di montone) non selettive oppure selettive (come il Columbia CNA agar, contenente colistina ed acido nalidixico, che inibisce i GRAM ‐); incubazione in atmosfera al 5‐10% di CO2 oppure in anaerobiosi ad una temperatura di 37 °C per 16‐24 h; al fine di mettere in evidenza eventuali agenti patogeni francamente anaerobi. Lo Streptococco è aerobio‐ anaerobio facoltativo e ciò vuol dire che cresce sia in aerobiosi che in anaerobiosi. Al termine dell’incubazione si recuperano le piastre e si osservano ad occhio nudo. aspetto colonie Piccole colonie (dal diametro di 0.5 mm), cupoliformi, con margine continuo, secche (o raramente mucose). La β‐emolisi è più evidente in condizioni anaerobie perché le emolisine sono più stabili in assenza di ossigeno. Questo fatto vero in modo assoluto per lo Streptococco Pneumonie (per il quale quindi si richiede una doppia incubazione), mentre non è vera per S.Pyogenes, dove l’emolisi Beta si evidenzia anche in ambiente aerobio. aspetto microscopico Colorazione Gram: cocchi Gram+, disposti in corte o lunghe catenelle, talvolta (raramente) a grappolo. test biochimici Catalasi ‐ se è Streptococcus Pyogenes (a differenza degli stafilococchi che, invece, sono catalasi +); La sensibilità alla bacitracina a bassa concentrazione è stata utilizzata fino ad alcuni anni fa come metodo di screening, ma i risultati talvolta non sono attendibili. Positività alla prova della PYR, (anche alcuni ceppi dei gruppi C e G possano essere positivi); Sensibilità alla bile. 11 ESAME MICROSCOPICO PER L’ANGINA DI VINCENT il tampone faringeo viene strisciato su vetrino portaoggetti, colorato con colorazione di Gram (o Ziehl‐Nielsen) ed esaminato a massimo ingrandimento (1000 x). → l’esame negativo = presenza di morfotipi propri della flora commensale (es. cocchi, bastoncelli, miceti); → l’esame positivo = presenza di fusobatteri che si presentano di forma allungata e con le estremità appuntite (Fusobacterium spp.) o spirilli Gram‐ (Borrelia spp.), normalmente assenti nella flora orofaringea. INFEZIONI DELLE BASSE VIE RESPIRATORIE Bronchite; Polmonite; Ascessi polmonari; Empiema pleurico. I PIÙ COMUNI PATOGENI implicati nelle infezioni delle basse vie respiratorie: BRONCHITI ACUTE Virus respiratori (nel 90% dei casi) Bordetella pertussis Mycoplasma pnemoniae Chlamydia pneumoniae POLMONITE DI COMUNITÀ Streptococcus pneumoniae (agente eziologico della polmonite lobare franca) Mycoplasma pneumoniae (= polmonite atipica di Eaton), bacilli Gram‐ enterici (quindi Enterobacteriaceae), virus influenzali, Hantavirus, Coronavirus… raramente Mycobacterium tuberculosis e supercalifragilistichespiralidosoi Haemophilus influenzae, Legionella spp. Klebsiella spp., Staphylococcus aureus Chlamydia spp. Moraxella catharralis POLMONITE NOSOCOMIALE Pseudomonas aeruginosa, Enterobacter spp., Klebsiella pneumoniae, Acinetobacter spp., Legionella spp., Haemophilus influenzae Staphylococcus aureus Streptococcus pneumoniae POLMONITE ACUTA Nei bambini si hanno, soprattutto virus respiratorio sinciziale, i virus parainfluenzali I, II, III; più rari sono i virus influenzali A e B. Tra gli adulti è molto frequente il virus influenzale A o B, il virus respiratorio sinciziale Gli adenovirus (soprattutto nelle reclute militari) POLMONITE = infezione del parenchima polmonare distale ai bronchioli terminali, associata ad evidenza clinica e radiologica di addensamento di aree polmonari POLMONITE ACUTA Ha un’insorgenza rapida ed è caratterizzata da malessere, febbre elevata ingravescente oppure improvvisa con brividi scuotenti (nella polmonite pneumococcica). Il sintomo principale è rappresentato dalla tosse. Negli adulti la tosse diviene produttiva con la formazione dell’escreato costituito da materiale purulento più o meno ricco di polimorfonucleati negli alveoli e nei bronchioli. Segni di alterazione degli scambi gassosi alveolari dovuti alla presenza dell’essudato: aumento della frequenza respiratoria, dispnea e, nei casi più gravi, cianosi. Vi sono diversi tipi di polmonite: POLMONITE LOBARE: denota un processo alveolare che coinvolge un intero lobo; POLMONITE LOBULARE: denota un processo che coinvolge una porzione di un lobo (lobulo); BRONCOPOLMONITE: denota un processo alveolare diffuso in zone diverse, contigue ad un bronco; POLMONITE INTERSTIZIALE O POLMONITE ATIPICA: infezione sparsa dell’interstizio (quindi vicina all’ilo polmonare) che coinvolge zone ricche di fibre elastiche e di fibre collagene. È sostenuta da microrganismi diversi tra cui: Mycoplasma pneumoniae (agente eziologico della polmonite atipica primaria di Eaton); → ha uno spiccato tropismo per le cellule ciliate che attacca e distrugge. → È il più comune agente di infezioni polmonari nella fascia di età tra i 5 e i 35 anni → responsabile di epidemie (es.scuole) che si diffondono lentamente, (periodo di incubazione di 10–14 gg) alcuni virus (come RSV, Adenovirus). Nel 2003 è stata registrata un’epidemia di polmonite atipica da Coronavirus (SARS‐CoV); nel 2019 quella da SARS‐CoV‐2 Fra i miceti, Cryptococcus neoformans, Aspergillus e Candida spp. possono essere responsabili di polmonite atipica in pazienti fortemente immunodepressi. comune soprattutto negli immunodepressi e nei soggetti affetti da fibrosi cistica. 12 DIAGNOSI DIFFERENZIALE FRA POLMONITE TIPICA E ATIPICA TIPICA ATIPICA ESORDIO rapido con febbre alta e brividi più subdolo (5 ‐ 7 giorni) RADIOLOGIA addensamento intra alveolare addensamento interstiziale, diffuso, ma con particolare riferimento alla zona peri‐ ilare. ESAME OBIETTIVO vi è sempre il consolidamento la presenza del consolidamento dipende dalla diffusione dell’infezione ESCREATO purulento e rugginoso (per la rottura di piccoli capillari per l’avanzamento rapido, repentino, del processo infettivo) mucoide ETÀ Ogni età Tipica negli adolescenti DOLORE PLEURICO ‘a pugnalata’ (pleurite consensuale) Raro CONTA LEUCOCITARIA aumentata, 12000 o molto più alti e sono quasi tutti neutrofili normali o soltanto leggermente aumentati POLMONITE BATTERICA STREPTOCOCCUS PNEUMONIAE è l’agente eziologico più isolato nella “polmonite di comunità” (responsabile del 90% di tutti i casi di polmonite). Il batterio arriva al polmone per via inalatoria, colonizza i piccoli bronchi, si replica e dà origine al processo infiammatorio a livello degli spazi alveolari, in cui si accumula un fluido ricco di proteine. Può, poi, diffondere agli alveoli vicini dando luogo alla polmonite lobare. Si possono avere, spesso, batteriemie e infezioni extrapolmonari come artrite settica, endocardite, meningite e sepsi. POLMONITE ACQUISITA IN OSPEDALE Insorge in un tempo compreso o superiore le 48h dal ricovero e si configura essere come la seconda causa più frequente delle infezioni nocosomiali: si registrano dai 5 ai 10 casi ogni 1000 ricoveri; l’incidenza risulta molto più elevata se il pz è sottoposto a ventilazione meccanica. È la prima infezione nocosomiale se si considera la mortalità (che è del 70% circa) e morbilità. La degenza, per questi pz, aumenta di 7‐9 giorni. IL RUOLO DEL LABORATORIO DI MICROBIOLOGIA NELLE INFEZIONI DELLE BASSE VIE RESPIRATORIE L’obiettivo è quello di rilevare l’agente eziologico per permettere la terapia appropriata, mirata o personalizzata. I test disponibili sono: L’osservazione microscopica di un vetrino, quindi l’osservazione dell’escreato con opportune colorazioni per mettere in evidenza batteri e funghi; L’esame sierologico nel caso di alcuni virus o di batteri come M.pneumoniae e C.pneumoniae; La ricerca dell’antigene, soprattutto nel caso di batteri come L.pneumophila e S.pneumoniae e di virus come il virus respiratorio sinciziale La PCR, sempre più frequente oggigiorno, che, attraverso l’utilizzo di cartucce forniscono un risultato nel giro di poco più di un’ora. È utilizzata per diagnosi dei virus respiratori e dei batteri fastidiosi (che possono crescere con difficoltà o non crescere proprio nei terreni di coltura); La coltivazione virale, la quale è però una tecnica molto complicata e ha bisogno di personale molto esperto (tanto che attualmente non viene utilizzata quasi mai). Dagli anni 2000 è diffusa l’applicazione della Multiplex RT‐PCR, che è provvisto di cartucce che possiedono all’interno tutti i reattivi per fare la diagnosi su un unico campione di 10‐20, agenti eziologici diversi di natura sia virale sia batterica: dopo un tempo di circa 50min, viene fuori il risultato basato sull’amplificazione di un gene o di una porzione di esso che è caratteristico e conservato per quell’agente virale o batterico. Biomarker pur non essendo specifici come le PCR, sono molto utili soprattutto in presenza di una negatività dei test specifici. Si può avere: hsCRP (proteina C reattiva ad alta sensibilità); PCT (procalcitonina), importante in tutte le forme di sepsi e nelle forme di polmonite. Fattore importantissimo è IL TEMPO: nelle polmoniti e, in generale, nelle infezioni respiratorie, un ritardo di più di quattro ore (dopo il ricovero ospedaliero) nel trattamento antibiotico è associato ad un significativo aumento della mortalità: è, quindi, necessaria una diagnosi rapida di polmonite ed un’accurata diagnosi differenziale dalle malattie respiratorie virali e dalle cause non infettive, necessaria al fine di stabilire la terapia più appropriata. 15 DIAGNOSI DI LABORATORIO vengono prelevati i campioni respiratori: tamponi nasofaringei e orofaringei e, con questi, si può procedere alla rilevazione del genoma virale (RNA) dei campioni mediante test molecolare (RT‐PCR; qRT‐PCR) → i geni S, E, M, N vengono sfruttati per allestire i test molecolari: 1° Test screening: gene E 2° Test confermatorio: gene RdRp o N. isolamento virale in coltura di cellule test sierologici (rapidi: qualitativi gocce di sangue o semiquantitativi da sangue venoso) tenendo conto che: → le IgM, prodotte nella fase iniziale dell’infezione, forniscono una protezione a breve termine (5/6 settimane) → le IgG prodotte durante la prima infezioni sono, generalmente, responsabili della protezione a lungo termine (nel caso di questa infezione durano, però, 4/5 mesi) → si è visto come le IgA (immunoglobuline secretorie) si presentavano prima delle altre nelle mucose di naso e bocca, come prima difesa dell’agente patogeno test di sieroconversione, ossia il passaggio da una forma di negatività a una forma di positività 16 MICROBIOLOGIA DELL’APPARATO CARDIOVASCOLARE Il sistema cardiovascolare appartiene al gruppo di distretti anatomici che sono normalmente sterili, quindi le infezioni intravascolari (le batteriemie, sepsi e shock settico) e le infezioni del cuore (pericarditi, miocarditi ed endocarditi) sono dovute a batteri che provengono dall’esterno. LE BATTERIEMIE TRANSITORIE (a volte intermittenti) si manifestano in seguito ad eventi particolari (per esempio, estrazione di denti o tecniche invasive di tipo diagnostico‐terapeutico). Sono così definite perché le difese immunitarie sono in grado di eliminare l’agente responsabile, per cui la batteriemia si esaurisce in un tempo limitato. PERSISTENTI: oltre a manifestarsi clinicamente con ipertermia associata a brividi, possono preludere la comparsa della SEPSI. L’evoluzione della sepsi può essere: Rapida: si passa rapidamente dalla sepsi acuta allo shock settico; Lenta: progressione lenta con esito in endocardite infettiva caratterizzata da micro‐emboli ed ischemie. La sepsi si definisce come un’infezione che deve presentare almeno due criteri della SIRS (sindrome da risposta infiammatoria sistemica). Sono state individuate diverse forme di sepsi: SEPSI SEVERA: sepsi con una o più disfunzioni di organo/sistema dovuta a ipoperfusione o ipotensione cardiovascolare (ipotensione o shock) respiratoria (ipossiemia) renale (anuria o oliguria) SHOCK SETTICO: sepsi grave con ipotensione resistente alla “fluid resuscitation” (tecnica rianimativa che consiste nel tentativo di ripristino della perfusione dei tessuti vitali mediante somministrazione di fluidi per via intravenosa) e che richiede intervento farmacologico (agenti vasopressori o inotropici, generalmente sostanze simpatiche come le catecolammine o ammine biogene con effetto vasocostrittore). ‐> la pressione arteriosa è inferiore a 70mmHg MODS (Multiple Organ Dysfunction Syndrome) – ipotensione e ipoperfusione che risultano in disfunzione a livello di diversi organi e sistemi. MOFS – Multiple Organ Failure Sydrome CID – Coagulazione Intravascolare Disseminata 3 alternative della fase finale, spesso mortale e letale, dello shock settico; sovrapponibili temporalmente In tutti i casi è presente, dunque, una coesistenza di evidenza di infezione e almeno altri due criteri della SIRS tra: → temperatura elevata (sopra i 38°C) o ridotta (sotto i 35°C) → frequenza respiratoria elevata a riposo (più di 20 atti respiratori al minuto), → variazione delle cellule bianche (> 12000mm2 o < 4000mm2), → presenza di forme immature delle cellule bianche → aumento della frequenza cardiaca a riposo (più di 90 battiti al minuto). sindrome da risposta infiammatoria sistemica, caratterizzata dalla produzione di citochine come TNF‐α, IL6, IL8 e IL12 I PIÙ COMUNI AGENTI EZIOLOGICI DI SEPSI BATTERICA BATTERI GRAM – enterobacteriaceae (E.coli, Klebsiella, P. aeruginosa). Acinetobacter, (che, insieme a Klebsiella, ultimamente, è responsabile di numerose infezioni ospedaliere, spesso con elevata resistenza agli antibiotici. Meno frequentemente si possono riscontrare infezioni da salmonella, haemophilus e nesserie → Sedi di origine: polmone (sede principale), cavità addominale, torrente ematico, tratto urinario BATTERI GRAM + Stafilococchi: S.aureus e stafilococchi coagulasi‐negativi (CoNS) Streptococchi: S.pyogenes, S. viridans e, soprattutto, lo S.pneumoniae → Le sedi di origine possono essere cute, tessuti molli, cateteri, apparato respiratorio. dal greco σήψις, “putrefazione” = è una sindrome clinica costituita da un insieme di specifiche alterazioni emodinamiche, respiratorie, metaboliche e immunologiche, scatenata da un processo infettivo ma che ha come substrato patogenetico un’abnorme risposta infiammatoria sistemica da parte dell’ospite. 17 L’INFEZIONE PUÒ AVERE ORIGINE DA DIVERSI FOCOLAI SEPSIGENI: CAVO ORALE: per stafilococchi e streptococchi che abbondano nel cavo orale, molto raramente batteri anaerobi APPARATO DIGERENTE per enterobatteri e batteri anerobi. VIE URINARIE: sono un focolaio per quanto riguarda gli enterobatteri, gli E. Coli, la klebsiella e altre specie. APPARATO GENITALE FEMMINILE: raramente diventa focolaio sepsigeno, (≠ tempo fa, soprattutto dopo il parto o più frequentemente in caso d’aborto). Gli agenti eziologici sono gli enterobatteri ed i batteri anerobi. ALTE VIE RESPIRATORIE: soprattutto in corso di ventilazione assistita, gli agenti eziologici incriminati sono pseudomonas e, meno frequentemente, legionella. LA CASCATA INFIAMMATORIA Azione diretta Azione indiretta tramite fattori secondari come: l’ossido nitrico e il radicale libero dell’ossigeno e dell’azoto, gli eicosanoidi (trombossani, leucotrieni, prostaglandine), il PAF e numerosi fattori che derivano dal sistema del complemento o dal sistema di coagulazione del sangue Durante la cascata patogenetica nella sepsi, vengono anche rilasciate delle citochine ed altri mediatori ad effetto anti‐ infiammatorio come IL‐10, l’IGF‐β, l’IL‐1 receptor antagonist, l’sCD25 e l’IL‐35; di questi, alcuni (come IL‐10) hanno attività T‐reg cioè inibiscono i meccanismi innescati dai linfociti T, altri, come l’IL‐35, sono ad attività B‐reg, cioè inibiscono la cascata patogenetica innescata e gestita dai linfociti B. Inizialmente riescono a bilanciare l’eccessiva attività infiammatoria dei mediatori precoci ma, dopo alcuni giorni, contribuiscono all’immunodepressione che contraddistingue le fasi più avanzate delle sepsi (dopo il settimo, ottavo o nono giorno). lisi cellula batterica (GRAM ‐) rilascio LPS che si unisce con LPS binding protei a formare il complesso LPS‐LPB liberazione da parte dei macrofagi o cellule endoteliali dotate di recettori CD14, CD11, CD18 o TLR4 o MD2, dei mediatori dell'infiammazione e di IL‐8 (una chemochine il cui ruolo è quello di attrarre leucociti soprattutto neutrofili. TNF, IL‐1, IL‐12, IL‐6, IFNγ FASE 1: Ipertono arteriolare e costrizione degli sfinteri precapilalri con aumento della produzione di renina. L'ischemia capillare determina una diminuzione dell'apporto di O2 ai tessuti e l'instaurarsi di un metabolismo anaerobio con aumento di acido lattico e piruvico, diminuzione dei fosfati e iniziale acidosi metabolica FASE 2: l’ipossia, l’acidosi e le anafilotossine inducono la liberazione di istamina (porta a vasodilatazione arteriolare) e serotonina (che provoca la vasocostrizione del segmento venoso postcapillare). Ne deriva una riduzione del ritorno venoso; ipotensione arteriosa che provoca la stimolazione dei barocettori con conseguente liberazione di catecolammine e aumento della vasocostrizione periferica FASE 3: attivazione della cascata di coagulazione a causa del danno endoteliale (diretto e indiretto); attivazione del fattore Hageman, agglutinazione e danno piastrinico con liberazione di tromboplastina. CID ARDS DANNO MULTIORGANO I GRAM + rilasciano acidi teicoici e acidi lipoteicoici, esotossine, super antigeni, l’esotossina A pirogenica streptococcica (SpeA), le emolisine, 20 INFEZIONI DEL SISTEMA NERVOSO ACCESSO DEI MICRORGANISMI AL SISTEMA NERVOSO la via ematica è la più comune per difetti congeniti a causa di traumi, interventi chirurgici, in seguito all’introduzione di cateteri o sonde attraverso focolai infettivi contigui (otite, foruncolo nasale, osteomielite vertebrale) per utilizzo dei macrofagi come veicolo dal sangue al sistema nervoso centrale (meningoencefalite da HIV) per via nervosa periferica (rabbia, encefalite da VZV) lungo il nervo olfattivo (rabbia, encefalite da naegleria fowleri) MENINGITI = processi infiammatori di natura infettiva di Dura madre ‐> PACHIMENINGITI (rare) si presentano come: ascessi epidurali (tra la dura madre e il periostio) empiemi subdurali (tra la dura madre e l’aracnoide) Aracnoide e pia madre ‐> LEPTOMENINGITI (o meningiti) sono infiammazioni delle meningi circoscritte entro lo spazio subaracnoideo e sono sempre cerebrospinali. In base all’eziologia, le meningiti possono essere classificate in: BATTERICHE ‐ patogenesi – VIRALI → non esistono meningiti virali: si parla di MENINGOENCEFALITI per il coinvolgimento del parenchima encefalico! enterovirus (coxsackie) Arbovirus Virus parotitico Herpes virus (HVZ, CMV, EBV) HIV Sedenovirus Virus del morbillo Virus della rosolia Virus (para)influenzali MICOTICHE PROTOZOARIE ELMINTICHE inoltre, in base al decorso, si possono avere meningiti → acute ‐> forme batteriche, virali, micotiche e protozoarie → sub acute e croniche (meno frequenti) ‐> TBC, brucella, Lue, criptococcosi I VARI TIPI DI MENINGITE: MENINGITE MENINGOCOCCICA Si ha uno stato settico e un rush purpurico‐petecchiale (che, oltre alla cute, si può trovare sottoforma di emorragie sottocongiuntivali = esordio di meningite sostenuta da N. Meningitidis); quasi sempre si tratta di bambini e ragazzi. MENINGITE TUBERCOLARE esordio insidioso, molto più lento di quella meningococcica, con decorso subacuto e cronico e compromissione dei nervi cranici MENINGITE LUETICA Si ha la compromissione dei nervi cranici penetrazione per via nasofaringea, ematogena o per continuità invasione meningea moltiplicazione batterica nello spazio subaracnoideo e liberazione di componenti batteriche (LPS, peptidoglicano) attivazione delle cellule infiammatorie con liberazione di citochine e molecole di adesione per i neutrofili e loro degranulazione (EDEMA CITOTOSSICO) Infiammazione dello spazio subaracnoideo e aumento della permeabilità della barriera ematoencefalica con captazione albumina circolante (EDEMA VASOGENICO) aumento della resistenza riassorbimento liquorale per la presenza di essudato (EDEMA INTERSTIZIALE) IPERTENSIONE & IPOPERFUSIONE CEREBRALE 21 MENINGE CRITOCOCCICA In pz affetti da HIV si riscontrano febbre e cefalea (decorso subacuto‐cronico) e assenza di altri sintomi peculiari MENINGITE POST‐TRAUMATICA solitamente si ha rino‐otorrea per fuoriuscita di liquor dal naso a causa della rottura totale o parziale dell'etmoide, sostenuta da S. Pneumoniae NEL NEONATO assenza delle contratture muscolari e presenza di flaccidità NELL’ANZIANO letargia e ottundimento del sensorio, possono mancare febbre ed altri segni meningei in quanto, nell'anziano, il sistema immunitario è depresso a causa dell’età SEGNI E SINTOMI IN PAZIENTI CON MENINGITE BATTERICA Cefalea Febbre Meningismo Alterazione del sensorio Vomito Convulsioni Alterazioni focali Papilledema Rigor nucalis Segno di Kernig (difficoltà a flettere le cosce verso il bacino: a pz seduto si impedisce questo movimento con evocazione di un violento dolore al rachide) Segno di Brudzinski (flettere energicamente con una mano la nuca del pz supino mentre con l'altra, appoggiata al petto, gli si impedisce di alzare il busto: il segno è positivo quando il pz flette le ginocchia) LIQUOR. Viene prodotto dagli ependimociti (detti "taniciti") dei plessi corioidei nei ventricoli cerebrali per secrezione attiva, poi circola attraverso i due forami interventricolari destro e sinistro (forami di Monro) all'interno del terzo ventricolo cerebrale e attraverso il dotto mesencefalico (acquedotto di Silvio) nel quarto ventricolo cerebrale, da dove fuoriesce (nei pressi del cervelletto) attraverso due aperture laterali, destra e sinistra (fori laterali di Luschka) e un'apertura mediana (forame di Magendie). In seguito, fluisce attraverso la cisterna cerebro‐medullare fino a circondare tutto la corda del midollo spinale e a lambire e proteggere gli emisferi cerebrali, per poi scaricarsi nel sistema venoso attraverso le granulazioni del Pacchioni. Il riassorbimento avviene attraverso le cellule dei villi aracnoidei dei seni venosi. VOLUME TOTALE DEL LIQUOR = 90 – 150 ml → Protidorrachia = 15‐45 mg/dl → Cellule = 0‐10 leucociti/ml (linfociti) → Glucorrachia = 40‐80 mg/dl (60% della glicemia) In base alle caratteristiche macroscopiche del liquor, si può capire l’eziologia della meningite: liquor limpido = meningite asettica causata da virus, da tubercolosi, da leptospira, treponema e Brucella Il liquor torbido = meningite settica causata da batteri (tranne quelli menzionati precedentemente), protozoi (naegleria o acanthamoebus) e miceti (candida o mucor). Tra i fattori predisponenti di meningite settica si trova l’età meningite batterica meningite virale meningite tubercolare encefalite ascesso ASPETTO Torbido/lattescente Limpido Limpido Limpido Limpido/torbido CELLULE 500 ‐ 10.000 neutrofili 50 – 1000 linfo‐ monociti 50 – 1000 linfo‐monociti 5 – 100 linfo‐monociti 5 ‐ 100 neutrofili PROTEINE +++ + ++ ‐/+ +++ GLUCOSIO ↓↓↓ Normale ↓↓↓ Normale Normale COLTURA + + + ‐ ‐ Per la DIAGNOSI EZIOLOGICA DELLE MENINGITI SETTICHE si procede come nello schema nella pagina successiva. Per quanto riguarda LA COLORAZIONE DI GRAM permette una rapida identificazione del germe nel 60/90% dei casi Esame colturale: positivo nel 70/80% dei pz che non hanno ricevuto terapia antimicrobica (per l’identificazione sono necessarie 48h) AGGLUTINAZIONE AL LATTICE: utilizza anticorpi contro antigeni eventualmente presenti nel liquor. È un test rapido (pronto in 15min) e ha una sensibilità elevata per niesseriae meningitidis, E. coli, Haemophilus influenza, Streptococcus pneumoniae o Streptococcus di gruppo B. La negatività del test, però, non esclude la presenza di meningite batterica ma rimane utile se sia Gram, sia le colture non hanno dato risultati. PCR utile per escludere diagnosi di meningite batterica 22 DIAGNOSI EZIOLOGICA DELLE MENINGITI ASETTICHE. MENINGITE TUBERCOLARE → l’aspetto del liquor è limpido, talvolta paglierino con proteine che formano il reticolo di Maya, linfomonociti tra 100‐1000, proteine maggiori di 50mg al dl e glucosio minore di 45mg (ridotto perché è consumato sia dalle cellule che dal micobatterio). Il micobatterio in questione è il m. tubercolosis MENINGITE DA MOTT (da micobatteri non tubercolari) → Il liquor è limpido, talvolta giallino, linfomonociti da 100 a 1000, proteine maggiori di 50, il glucosio inferiore a 45. L’agente eziologico è M. avium oppure M. kansasii. MENINGITE DA MYCOBACTERIUM FORTUITUM → il liquor è limpido, talvolta torbido. I neutrofili possono essere da 200 a 2000, le proteine maggiore di 50, il glucosio inferiore a 45 MENINGITE DA SPIROCHETE (treponema, borrellia, leptospira) → il liquor dall’aspetto sempre limpido, il tipo cellulare da 25 a 2000 linfomonociti, proteine inferiore a 50, glucosio normale o raramente diminuito. Non è possibile coltivarli e si mettono in risalto con immunofluorescenza o microscopio per contrasto di fase (in cui saranno visibili per la presenza di endoflagelli) studio delle colonie emolisi & ricerca dell'antigene → STREPTOCOCCHI A, B, C, D, F, G AGAR SANGUE • test biochimici → STAPHYLOCOCCUS SP MSA test biochimici → ENTEROBATTERI MACCONKEY AGAR test di germinazione se positivi → CANDIDA ALBICANS se negativi → test biochimico per conferma di presenza di MICETI SABOURAUD AGAR studio delle colonie & test biochimici → NEISSERIA MENINGITIDIS → HAEMOPHILUS SP AGAR CIOCCOLATO SUPPLEMENTATO IN CO2 25 MALATTIE SESSUALMENTE TRASMISSIBILI CLASSIFICAZIONE PER AGENTE EZIOLOGICO: BATTERI Treponema pallidum → LUE o sifilide Neisseria gonorrhoeae → gonorrea Chlamydia trachomatis → clamidia Haemophylus ducreyi → ulcera venerea Mycoplasma hominis; Mycoplasma genitalium; Gardnerella vaginalis; Streptococcus β‐emolitico di gruppo B VIRUS Herpes simplex di tipo 1 e 2 HPV Virus dell’epatite: HAV, HBV, HCV, HDV Citomegalovirus virus di Epstein‐Barr HIV PROTOZOI Trichomonas vaginalis, Entamoeba histolytica Giardia Lamblia FUNGHI Candida albicans ECTOPARASSITI Phthirius pubis; Sarcoptes scabiei, → Scabbia LUE O SIFILIDE È la terza MST per diffusione al mondo. La via di trasmissione è prevalentemente sessuale (contatto delle mucose genitali) ma vi può essere anche mediante sangue, saliva e per via transplacentare. La sifilide si divide in tre fasi: sifilide primaria → a livello delle mucose, il treponema attraversa le giunzioni e si moltiplica nel punto di penetrazione causando, dopo circa 10/20gg una papula (sifiloma primario o chancre) che, dopo pochi giorni, si trasforma in un’ulcera a fondo duro, indolore, nel cui essudato si può rinvenire il batterio; poi si avrà una linfoadenopatia regionale e, successivamente, il passaggio dal sistema linfatico al torrente circolatorio. Il sifiloma primario guarisce spontaneamente in 2 mesi, a volte anche prima. Se non curata, passati 3 mesi, si avrà la dissipazione del treponema in diversi distretti corporei con: rush mucocutaneo di tipo maculo‐papulare o pustolare sulle mani e sui piedi (se il 90% dei rash cutanei risparmia il palmo delle mani, in questo caso è colpito preferenzialmente) faringodinia cefalea anoressia linfoadenopatia Il rash e i sintomi migliorano e il pz entra nella fase latente o clinicamente inattiva dello stadio di malattia: anche questa forma secondaria (molto infettiva dato che le singole papule contengono molti treponemi) spontaneamente guarisce. La fase latente può durare anche molti mesi o, addirittura, anni. Sifilide terziaria: nei pz non trattati si instaura una malattia cronica diffusa di tipo granulomatoso che può causare distruzione devastante di organi e tessuti (tra cui arteriti, demenza, cecità). Si ha la formazione di gomme luetiche, lesione granulomatosa, priva di batteri, con necrosi colliquativa e cellule giganti, presente sulle ossa (in particolare sui corpi vertebrali), sulla cute ed altri tessuti; queste guariscono spontaneamente lasciando cicatrici deformanti. Le forme tipiche e più gravi sono la Neurosifilide (con distruzione progressiva delle radici posteriori e sclerosi dei cordoni posteriori, quindi, disturbi nella coordinazione dei movimenti, paralisi progressiva e dolori agli arti inferiori) e la Sifilide cardiovascolare (che comporta aneurisma dell’aorta). TEST DIAGNOSTICI I test comprendono test sierologici per la sifilide (STS) che consistono in: test di screening (reaginici) test di conferma (treponemici) microscopia in campo oscuro ‐ alcuni problemi ‐ 1. Il T.pallidum non può essere coltivato in vitro. L’unico ceppo coltivabile è quello di Nelson, coltivato nel testicolo del coniglio e utilizzato per produrre antigeni a loro volta utili per i test sierologici. 2. non è detto che il batterio si veda in microscopia data la sua dimensione assottigliata. Per questo viene preferita la microscopia in campo oscuro oppure si impregna il campione con una sostanza che lo rende fluorescente. → I TEST NON TREPONEMICI (O REAGINICI) utilizzano un antigene lipidico ossia la cardiolipina (o Aptene di Wasserman), estratto dal cuore di un bovino per rilevare la reagina (anticorpo umano che si legano ai lipidi). I TEST DEL VDRL (reazioni di flocculazione) e il RPR, utilizzati per lo screening, sono esami sensibili, semplici e poco costosi; tuttavia, non sono completamente specifici per il treponema: la cardiolipina è un antigene rilasciato dai tessuti danneggiati durante l’infezione e potrebbero verificarsi reazioni crociate: se le reazioni sono positive si procede con la conferma. Il risultato può essere definito qualitativamente e quantitativamente come titolo (= il reciproco dell’ultima rilevazione alla quale il test risulta positivo ‐> 1:16, il titolo è 16). Un vantaggio offerto da questo tipo di test è che è molto fedele per il follow up della malattia: nel giro di 1‐2 anni, se la terapia è riuscita ad eradicare il batterio, il test reaginico si negativizza. 26 → I TEST TREPONEMICI: sono test molto specifici che rilevano gli anticorpi anti‐treponemici. Comprendono: REAZIONE DI ADSORBIMENTO IN FLUORESENZA, FTA‐ABS. Prima di effettuare la tecnica, il siero viene fatto adsorbire con antigeni treponemici aspecifici (per eliminare quelle Ig dirette contro antigeni treponemici aspecifici); dopo si poggiano alcune gocce del siero su un vetrino che contiene sospensione di treponemi uccisi ottenuti dal testicolo di un coniglio. Si incuba e poi si lava. Dopo si aggiunge un siero immune anti‐globuline umane marcato con fluorescina, si incuba e si lava nuovamente. Quindi si osserva al microscopio a luce ultravioletta. REAZIONE DI EMOAGGLUTINAZIONE PASSIVA, TPHA. Gli antigeni treponemici vengono fatti adsorbire sulla superficie di globuli rossi; dopo si aggiunge il siero. La positività è data dall’emoagglutinazione REAZIONE DI IMMOBILIZZAZIONE DEI TREPONEMI, TPI. Si fa reagire il siero del pz con una sospensione di treponema pallido ottenuto dal testicolo di un coniglio infetto. In presenza di complemento, gli anticorpi si legheranno alla superficie del treponema e lo immobilizzeranno: ciò si può apprezzare mediante osservazione al microscopio con campo oscuro. I test treponemoci possono rimanere positivi anche per tutta la vita GONORREA O BLENORRAGIA L’agente patologico è la neisseria gonorrhoeae Nell’uomo, il gonococco si localizza nell’uretra nella quale causa secrezioni tipiche purulente: al risveglio il pz si accorge della secrezione di pus denso, cremoso e giallastro dall’orifizio uretrale. L’infezione può diffondere causando orchiti, artriti, endocarditi e meningiti Nella donna, il gonococco si localizza primariamente nelle ghiandole della cervice uterina, nelle ghiandole di Skene e di Bartolini. I sintomi non sono ben evidenti. Il batterio può diffondere causando infezione delle salpingi con conseguente infertilità. Nelle bambine piccole, dopo abuso sessuale, si possono avere vulvovaginiti, in cui la colonizzazione avviene a livello vaginale. Nel 10/20% delle donne venute a contatto con N.gonorrhoeae, si può avere malattia infiammatoria pelvica: l’essudato purulento si riversa nella cavità peritoneale. Sindrome di Fitz‐Hugh‐Curtis: periepatite secondaria a salpingite. Nella donna l’apparato genitale è aperto: in caso di salpingite importante, l’essudato può “cadere” libero nel peritoneo causando tale sindrome. Oltre a queste manifestazioni si può avere Proctite acuta ‐> perdite purulente dal retto Faringite ‐> eritema faringeo Infezione gonococcica disseminata (nell’1% dei casi) Setticemia ‐> il gonococco entra in circolo, si moltiplica e da luogo a shock endotossico mediato dal LPS del batterio (LOS) con febbre, brividi e rash petecchiale. Artrite settica ‐> disseminazione alle articolazioni con febbre e segni di artrite (tumor, calor, rubor, dolor) Oftalmia neonatorum ‐> affezione tipica dei neonati con trasmissione attraverso il passaggio dal canale del parto, colonizza la congiuntiva dell’occhio provocando congiuntivite purulenta che, se non trattata, si complica fino a cecità. Viene prevenuta oggigiorno con la profilassi alla Credè, praticata per legge alla nascita: si applica alla congiuntiva del bambino una crema a base di eritromicina, tetraciclina, nitrato di argento. TEST DIAGNOSTICI A seconda del caso clinico, i campioni biologici possono essere: tamponi uretrali (i più frequenti); tamponi vaginali; tamponi cervicali; tamponi rettali; tamponi faringei; liquido sinoviale; sangue ESAME MICROSCOPICO: la mucosa genitale possiede popolazione commensale che non presenta Neisserie, quindi, il reperto microscopico di Gram ‐, a chicci di caffè capsulati in un essudato purulento derivante da infiammazione acuta delle vie genitali è già indicativo di gonorrea. Tuttavia, alcuni bacilli Gram‐ possono simulare l’aspetto del gonococco: per questo sono impiegati sieri antigenococcici fluorescenti sul materiale patologico ESAME COLTURALE: Il gonococco forma colonie S, che perdono facilmente l’antigene K divenendo di tipo R. i terreni su cui poter coltivare sono tanti e vari, il più interessate è il Thayer‐Martin: è a base di agar cioccolato, vancomicina con colistina e nistadina, per cui i batteri (e i funghi visto la presenza di nistadina) sono inibiti e il terreno è altamente selettivo e quindi può crescere soltanto Neisseria. REAZIONI SIEROLOGICHE: sono utili nel caso in cui non sia reperibile un campione da prelevare, in seguito a guarigione clinica dell’infezione. Si ricerca la presenza di anticorpi nei confronti di antigeni provenienti da colture di N.gonorrhoeae in fase S. IDENTIFICAZIONE BIOCHIMICA ossidasi + e catalasi +; fermentazione degli zuccheri (sistema di riferimento API) MALDI ‐ TOF tecnica di ionizzazione soft usata in spettrometria di massa consente di misurare in maniera estremamente accurata il peso molecolare di macromolecole di interesse biologico e di determinare la loro identità in base al rapporto massa/carica. 27 LINFOGRANULOMA VENEREO ‐> INFEZIONE DA CHLAMYDIA TRACHOMATIS È la MST con maggior prevalenza nei paesi industrializzati. I sintomi iniziano 7‐21gg dopo l’esposizione e la trasmissione avviene, esclusivamente, per via sessuale (ad esclusione di quei ceppi che danno tracoma e congiuntivite) e perinatale. → Sono colpite di più le donne (nel senso che le manifestazioni cliniche nella donna sono molto più subdole e nascoste) le manifestazioni in un’età che riflette i comportamenti sessuali, diminuendo drasticamente nelle donne dopo i 25 anni. Comunque, l’80% delle donne risulta asintomatico e, qualora dovessero esserci, i sintomi includono: cerviciti endometriti salpingiti bartoliniti il 35% dei casi presenta uretrite non gonococcica con perdite mucopurulente, disuria e piuria. → Gli uomini presentano, nel 75% dei casi, uretriti con secrezione filante, quasi trasparente e poco densa (≠ blenorragia da neisseria in cui l’essudato è denso, cremoso e giallastro) Altri fattori di rischio possono essere il basso livello socioeconomico e scolastico. Elementi predittivi di infezione clamidiale sono: giovane età ( < 21 anni) partner con uretrite non gonococcica nuovo partner nei due mesi precedenti ectopia cervicale e/o essudato cervicale sanguinamento durante il prelievo contraccettivi non di barriera o nessuna contraccezione alla colposcopia risultano: portio congesta essudato mucopurulento ectopia il Linfogranuloma venereo è causato dai sierotipi L1, L2, L3 di Chlamydia trachomatis. Si distinguono 3 fasi: La prima fase inizia dopo un periodo di incubazione di circa 3gg con una piccola lesione cutanea presso il sito di ingresso del batterio; questa può causare un’ulcerazione della cute sovrastante. La guarigione è così rapida da farla passare inosservata. Il secondo stadio, nei maschi, inizia generalmente dopo circa 2/4 settimane con ingrandimento bilaterale dei linfonodi inguinali che tendono a formare masse di grandi dimensioni, soffici e a volte fluttuanti (bubboni); questi aderiscono ai tessuti profondi e causano infiammazione della cute sovrastante, a volte accompagnata da febbre e malessere. nelle donne sono comuni il dolore alla schiena o alla pelvi; la lesione iniziale può presentarsi a livello locale o presso la porzione vaginale alta, esitando nell'aumento delle dimensioni e nell'infiammazione dei linfonodi pelvici e perirettali; possono svilupparsi fistole drenanti multiple da cui fuoriesce materiale purulento o sangue nel terzo stadio, le lesioni guariscono esitando in cicatrici; tuttavia, le fistole possono persistere o ripresentarsi. L'infiammazione persistente, causata da un'infezione non trattata che ostruisce vasi linfatici, causa gonfiore e piaghe della pelle. I soggetti che hanno rapporti sessuali passivi anali possono avere grave proctite o grave proctocolite con scariche rettali purulento‐sanguinolente. Nelle fasi croniche, la colite simula la malattia di Chron: può causare tenesmo e stenosi del retto o dolore dovuto ad infiammazione dei linfonodi di pelvici. La proctoscopia può rilevare infiammazione diffusa, polipi e masse o essudato muco purulenti, segni che assomigliano alla malattia infiammatoria intestinale DIAGNOSI La diagnosi è posta, generalmente, attraverso la ricerca degli anticorpi nei confronti delle endotossine clamidiale → titolo di fissazione del complemento > 1:64 o titolo della microimmunofluorescenza > 1:256 mediante genotipo usando un test di amplificazione degli acidi nucleici basato su PCR. test immunologici diretti per gli antigeni (per esempio il test ELISA) test di immunofluorescenza con anticorpi monoclonali, ULCERA MOLLE è una patologia abbastanza rara nell’Europa centrale ma piuttosto diffusa nei Paesi tropicali. A 2/6gg dall'infezione compaiono, nel punto di contagio, ulcerazioni molli, dolorose e irregolari (≠ ulcera dura non dolente della Sifilide) La diagnosi è posta tramite ESAME MICROSCOPICO con cui si accerta la presenza dell'agente eziologico = Haemophilus ducreyi → batterio Gram‐, (coccobacillo). 30 MECCANISMO DI REPLICAZIONE Caratteristica essenziale per il processo infettivo è la VARIABILITÀ GENOTIPICA E FENOTIPICA DELL’HIV; infatti, per l’elevata complessità del processo replicativo del virus, possono verificarsi diversi errori a livello trascrizionale e post‐trascrizionale, portando così ad un’ipervariabilità genotipica e fenotipica, che si esprime nei diversi pazienti con differenze tra il 20% ed il 40%. Tuttavia, è da tener presente che anche isolati virali dallo stesso paziente avranno differenze importanti nelle diverse fasi della malattia, così come isolati virali prelevati contemporaneamente in diversi distretti, avranno notevoli differenze genotipiche e fenotipiche (fenomeno della compartimentalizzazione) Tali mutazioni determinano delle differenze dal punto di vista della: Cinetica di replicazione, date da mutazioni dell’apparato trascrizionale. Tropismo, date da mutazioni degli anti‐recettori virali, determinando particolari tropismi tessutospecifici. Neutralizzazione anticorpale: più il virus muta, meno gli anticorpi sintetizzati lo riconoscono e neutralizzano. Sensibilità ai farmaci: essendo estremamente specifici, anche una lieve mutazione determina la perdita di interazione tra farmaco e target. MODALITÀ DI TRASMISSIONE Comportamenti sessuali promiscui, senza l’uso di contraccettivi (preservativo) Trasmissione a livello iatrogeno: per la sterilizzazione degli strumenti chirurgici e dentistici Sacche di sangue ed emoderivati (ridotte al minimo perché testati) Passaggio di siringe in tossicodipendenti Mancata sterilizzazione degli aghi per tatuaggi o piercing Trasmissione verticale, da madre a feto, nel momento del parto CONCENTRAZIONE DELL’HIV IN DIVERSI LIQUIDI BIOLOGICI Sangue = 100% Liquido seminale = 75% Secreto vaginale = 50% Saliva, urine, sudore, lacrime = < 1% la principale via di ingresso dell’HIV è la penetrazione attraverso una superficie mucosa 31 FATTORI DETERMINANTI O PREDISPONENTI L’IMPIANTO DEL VIRUS NELL’ORGANISMO carica virale infettante: 1ml di sangue contiene approssimativamente 1x105 particelle infettanti inoculazioni multiple del virus deve essere presente una immunodepressione anche transitoria iperstimolazione immunitaria gioca, altresì, un ruolo molto importante il rischio risulta aumentato in presenza di malattie veneree, malattie non veneree dell’apparato genitale, epatite in oppure una fase avanzata di malattia. PATOGENESI DELL’AIDS INFEZIONE PRIMARIA: il periodo che intercorre tra il contagio e lo sviluppo della reazione anticorpale. Durante questa fase la viremia si fa elevata ma viene contrastata dai CD8 (a dimostrazione del fatto che la risposta immune riesce a bloccare l’infezione). Sono presenti sintomi generici come febbre perdita di peso, malessere, cefalea neuropatia faringite, ulcere linfoadenopatia in vari distretti, rush cutaneo, problemi esofagei, mialgia, epatomegalia splenomegalia nausea e vomito. afte della mucosa orale, SINDROME RETROVIRALE ACUTA: si ha dopo 3‐6 settimane nell’80% dei pazienti ed è caratterizzata da sintomi generali simili alla mononucleosi infettiva (febbre, linfoadenopatie, esantema maculo‐papulare). Si esaurisce spontaneamente nel giro di qualche settimana e si instaura un equilibrio tra virus e SI FASE DI LATENZA: può durare anni o decenni grazie alle terapie. Nonostante la latenza clinica il virus si replica nei distretti linfoidi: vi sarà una cronica stimolazione del SI con progressiva distruzione dell’architettura del sistema linfoide e riduzione dei CD4+, < 500 cell/mm3. Questo comporta l’abbassamento dei linfociti T CD4 circolanti con l’instaurarsi di infezioni opportunistiche: candidosi, febbri persistenti, dermatiti, infezioni batteriche ricorrenti AIDS CONCLAMATO: stadio di linfoadenopatia persistente, con astenia, anemia, emocitopenie periferiche, ipergammaglobulinemia infezioni opportunistiche demenza da HIV neoplasie come sarcoma di Kaposi, linfomi… candidosi a livello oro‐esofageo (mughetto) I linfociti CD4+ calano al di sotto dei 200/microlitro TROPISMO NELLE VARIE FASI DELL’INFEZIONE VIRUS M‐TROPICO Presente al momento della trasmissione e nelle fasi di latenza clinica VIRUS T‐TROPICO Presente nelle fasi tardive della malattia, altamente citopatico VIRUS DUAL‐TROPICO Macrofagi CD4+ CCR5 Linea cellulare T CD4+ CXCR4 Cellule T primarie CD4+ CCR5 e CXCR4 32 ITER DIAGNOSTICO HIV 1. TEST DI SCREENING: Test combinati (o test per antigene e anticorpi IgG/IgM) su siero o plasma da prelievo di sangue venoso, effettuati dal Laboratorio clinico in automazione mediante metodo immunoenzimatico o chemiluminescente (EIA, ELISA). Tali test sono detti anche di 4° o di 5° generazione (rispetto ai test di 1° generazione del 1985 che rilevavano solo IgG) e permettono la ricerca contemporanea di anticorpi anti HIV‐1 e 2 (IgG e IgM) e di antigene p24 HIV‐1, che compare in circolo prima degli anticorpi. Utilizzano come substrato per la reazione di ricerca degli anticorpi IgG e IgM antigeni purificati, ricombinanti o sintetici e, come substrato per la ricerca dell’antigene p24, anticorpi monoclonali anti HIV. → I test di 4° generazione, in commercio dall’inizio degli anni 2000 (e raccomandati fin dal 2008 in sostituzione dei test di 3° generazione), in caso di positività non sono in grado di distinguere gli anticorpi dall’antigene p24 e quindi non distinguono fra infezione recente e infezione tardiva. La sensibilità è superiore al 99,5% e la specificità è 99,8%. L’aggiunta dell’antigene p24 riduce il periodo finestra a 15‐45 giorni dal contagio. → I test di 5° generazione possono riportare separatamente i tre risultati per: antigene p24 (con aumentata sensibilità rispetto ai test di 4°), anticorpo anti HIV‐1 (gruppo M e O), anticorpo anti HIV‐2. Sono disponibili dalla fine del 2015, con sensibilità 100% e specificità 99,8%. Anche con questo tipo di test, il periodo finestra per la positivizzazione è di 15‐45 giorni, ma la capacità di rilevare l’antigene p24 è maggiore, quindi la diagnosi può essere più precoce. Non esistono falsi negativi e c’è una possibilità del 2 per mille di falsi positivi. TEST RAPIDI eseguiti su sangue capillare (ottenuto tramite puntura del dito), su apposito dispositivo monouso (strisce di nitrocellulosa o card) su cui viene deposta una goccia di sangue. Il metodo è immunocromatografico e il risultato a lettura visuale è disponibile in 15‐20 minuti. Questi test, nella maggior parte dei casi, sono ancora di 3° generazione; quindi, in grado di rilevare solo gli anticorpi IgG e IgM e non l’antigene p24: pertanto hanno un periodo finestra di circa 30‐90 giorni (mediana 22 giorni). La sensibilità è > 99,5% e la specificità > 99,5%, pari a 5 per mille falsi negativi e 5 per mille falsi positivi. In caso di positività, non permettono una diagnosi definitiva ed è sempre necessario eseguire un test di conferma di 4° o 5° generazione presso i Laboratori. I test rapidi rimangono utili per escludere il contagio in rapporti sessuali a basso rischio, che si sono realizzati almeno 90 giorni prima o nello screening di popolazioni a basso rischio. Recentemente sono disponibili in USA e in Europa test rapidi combinati, approvati FDA. Esistono anche test rapidi che rilevano anticorpi nella saliva con performance lievemente inferiori, in quanto gli anticorpi presenti nella saliva sono più scarsi rispetto al sangue. TEST PER LA RICERCA DELLA CONCENTRAZIONE DELL'ANTIGENE P24 che permette di rilevare le infezioni entro pochi giorni dal contagio (12‐15), prima che vengano prodotti gli anticorpi anti‐HIV. Il test può essere effettuato in laboratorio singolarmente (dopo un test combinato di 4° generazione) o all’interno di un test di 5° generazione. Il ritrovamento della p24 in assenza di anticorpi anti‐HIV 1 e 2 è un marcatore di infezione recente. 2. TEST DI CONFERMA WESTERN BLOT (WB): si tratta di un test di conferma che si basa sul riconoscimento delle principali proteine di HIV (p24, gp41, gp120) attraverso il loro frazionamento secondo il peso molecolare, mediante elettroforesi e successiva visualizzazione del loro legame a specifici anticorpi su fogli di nitrocellulosa. un risultato positivo è indicato dalla presenza di una qualsiasi combinazione di due delle bande. è stato utilizzato per molti anni per confermare i test di 3° generazione, nonostante si ottenessero spesso risultati inconclusivi (cosiddetti indeterminati), che non permettevano una diagnosi definitiva. Fin dal 2014 i CDC di Atlanta hanno raccomandato di non utilizzarlo più per la conferma, bensì di sostituirlo con test combinati in automazione più affidabili ed in grado di differenziare fra HIV1 e 2, raccomandazione successivamente confermata da WHO; ciò in quanto il WB è molto costoso, è eseguito solo in laboratori di riferimento, ha tempi di reazioni lunghi, richiede la lettura da parte di personale di laboratorio addestrato e i risultati indeterminati costringono alla ripetizione di un test combinato dopo altri 14 giorni, ritardando quindi la diagnosi di positività. Inoltre, un test negativo, se il prelievo è stato effettuato pochi giorni dopo l’evento a rischio, non rilevando l’antigene p24, non garantisce in modo assoluto che una persona non sia stata infettata. I test combinati sopra indicati hanno periodi finestra più brevi, sono molto più rapidi, meno costosi ed usati in sequenza sono più efficaci per confermare la positività del primo test positivo. In Italia vengono ancora effettuati da Centri di Riferimento, soprattutto in caso di positività inattesa (senza fattori di rischio riportati), per valutare se l’infezione è recente. 35 ESOFAGO ESOFAGITI I microorganismi possono raggiungere l’esofago per ingestione di secrezioni respiratorie estensione di focolai infettivi contigui via ematica. AGENTI EZIOLOGICI più comuni: Candida albicans Herpesvirus, Citomegalovirus. Agenti meno comuni: Hiv‐1, Mycobacterium tuberculosis, Aspergillus, Criptoccoccus neoformans, Histoplasma capsulatum, Pneumocystis carini, C. parvum ESOFAGITE DA CANDIDA ALBICANS è molto diffusa nei pz immunodepressi; si manifesta in soggetti che presentano numerose condizioni predisponenti, locali o generali e, più comunemente, nei soggetti con AIDS (spesso l’esordio clinico, o almeno il sospetto diagnostico, si presenta quando c’è il mughetto o l’esofagite da C. albicans). ESOFAGITE DA CITOMEGALOVIRUS, presenta grandi cellule con inclusioni sia citoplasmatiche che intranucleari. DIAGNOSTICA ETIOLOGICA delle esofagiti → Se si ha il sospetto di infezione batterica o micotica: esame microscopico, coltura ed antibiogramma → Sospetto di infezione virale: esame colturale su linee cellulari sulle quali si dovrebbe notare, dopo 2‐3 gg, un effetto citopatico. Si tratta di test tradizionali/convenzionali che sono estremamente difficili da eseguire in laboratori meno specializzati, in quanto bisogna avere linee cellulari per ogni agente eziologico: l’esborso di denaro e la preparazione del personale deve essere molto elevata. Successivamente si può procedere con il fare una identificazione più accurata con anticorpi fluorescenti. Oggigiorno si preferisce la PCR e altri metodi molecolari che forniscono, in un tempo relativamente breve, il risultato dell’agente eziologico responsabile dell’infezione. LO STOMACO GASTRITE / ULCERA il primo agente eziologico sospetto deve essere Helicobacter pylori, batterio Gram‐, che può causare: Gastrite cronica attiva Ulcera gastrica Ulcera duodenale Se non curate l’ulcera gastrica e ulcera duodenale possono progredire nell’adenocarcinoma gastrico Linfoma gastrico (più raro) La trasmissione avviene per via oro‐fecale. DIAGNOSI MICROBIOLOGICA delle infezioni gastriche. Mediante esofago‐gastro‐duodenoscopia, un test invasivo, si può eseguire: istologia del tessuto bioptico un test rapido all’ureasi per la ricerca dell’Helicobacter esame colturale biologia molecolare della biopsia All’introduzione dell’endoscopio, in presenza di Helicobacter, la mucosa si presenta irregolare e non sempre il colorito rimane roseo: l’occhio più allenato può cogliere le caratteristiche tipiche dell’infiammazione. → test rapido all’ureasi: Si inserisce un frammento bioptico in un mezzo liquido e l’attività ureasica si registra dopo 15 min per il viraggio di un indicatore: il colore giallo indica la negatività del test ≠ dal colore rosso → esame colturale per Helicobacter = può essere isolato dalla cavità orale o dalle feci. Si tratta di un batterio microaerofilo, quindi gradisce il 10% di CO2 e il 10% di O2, 35/37° temperatura e richiede almeno 6/7 gg di tempo per crescere. I terreni sono abbastanza ricchi, per esempio Helicobacter pylori Selective Agar contiene sangue, emina, carbone. I test non invasivi, quindi non endoscopici sono: Urea breath test si raccoglie di un primo campione di aria espirata; poi viene somministrata al pz una bevanda a base di urea‐C13 e, dopo circa 30 minuti, viene raccolto un secondo campione di aria espirata. Poiché Helicobacter pylori scinde l’urea in bicarbonato (e quindi anche CO2) e ammoniaca, nel pz con infezione da Helicobacter pylori la CO2 marcata espirata dopo mezz’ora sarà superiore a quella espirata da una persona senza infezione. Ricerca dell’antigene fecale avviene mediante test ELISA ricerca degli Anticorpi specifici su siero ricerca Anticorpi specifici su urine Anticorpi specifici su saliva esame sierologico per la ricerca degli anticorpi (IgG) verso antigeni Cag‐A e Vac‐A, con test ELISA Gli anticorpi persistono per molti anni, non sono proteggenti ma servono per documentare l’esposizione al batterio, sia per studi epidemiologici sia per la valutazione iniziale di un pz sintomatico. 36 INTESTINO A livello intestinale si possono osservare 3 quadri sintomatici principali: DIARREA: è quello più diffuso. È interessato il tratto prossimale dell’intestino tenue: è determinata da patologie che comportano un’aumentata perdita di fluidi, questi vanno nel lume intestinale e rendono più morbido il contenuto fecale che si arricchisce di acqua e di elettroliti. DISSENTERIA = frequenti evacuazioni intestinali di volume ridotto. È interessato il colon: presenza di sangue e pus nelle feci, con dolore, febbre, crampi addominali. FEBBRE ENTERICA: è un’entità nosologica più specifica: è una malattia acuta sistemica che si instaura gradualmente, l’agente infettante è quasi sempre la Salmonella. le SPECIE BATTERICHE che causano forme diarroiche acute acquose, non di tipo propriamente infiammatorio. il principale è Vibrio cholerae Alcuni ceppi di E. coli (ETEC) Clostridium perfringens alcuni ceppi di Shigella meno S.aureus e B. cereus le SPECIE BATTERICHE causa di forme dissenteriche di forme tipo francamente infiammatorio Shigella (shigellosi) Salmonella (salmonellosi) Campylobacter Yersinia enterocolitica Vibrio parahaemolytucus C.difficile Alcuni ceppi di E.coli, ENTERITOPATOGENI: agenti etiologici di infezioni esogene dell’apparato enterico, cioè dovute a patogeni che attraversano il circuito oro‐fecale entrando in intestino. EAEC – E. COLI ENTEROAGGREGATIVI ‐> scariche diarroiche durante la prima infanzia. Caratteristica di questo ceppo è la produzione della tossina EAST EPEC – E. COLI ENTEROPATOGENI ‐> diarrea abbondante con muco e poco sangue per un tempo maggiore ai 14 gg; febbre, malessere, vomito. È un’infezione caratteristica della prima infanzia EIEC – E. COLI ENTEROINVASIVI ‐> scariche diarroiche prima acquose, poi mucosanguinolente e ricche di elementi polimorfo‐nucleati, accompagnate da febbre e crampi addominali ETEC – E. COLI ENTEROTOSSIGENI ‐> diarrea acquosa (definita dei viaggiatori), con nausea, dolori addominali e febbre. Caratteristica è la produzione di tossine: LT (che fa aumentare la concentrazione di cAMP, che si traduce con fuoriuscita di ioni e acqua) e ST (che aumenta la concentrazione di cGMP) EHEC O STEC – E. COLI ENTEREMORRAGICI ‐> sintomi dissenterici, che possono essere accompagnati da emorragie coliche. Caratteristica è la produzione di due tossine: SLT1 e SLT2 (shiga like tossin = modificano la sequenza del rRNA, in modo che non possa più legare il tRNA, bloccando di conseguenza la sinesi proteica) tendono a diffondere nel circolo causando sintomi intestinali e sistemici: hanno specificità per gli endoteli vascolari della parete intestinali; questo danno favorisce la liberazione di citochine pro‐infiammatorie e fenomeni coagulativi, che portano a colite emorragica. DIAGNOSI MICROBIOLOGICA: LA COPROCOLTURA = esame colturale per la ricerca dei batteri e/o miceti nel campione fecale. L’esame colturale si svolge su terreni di arricchimento, selettivi, differenziali ed è volta a → Isolare di specie più comuni e importanti nella microbiologica dell’apparato gastrointestinale: Salmonella Shigella spp Yersinia enterocolitica Campylobacter yejuni → Tipizzare degli stipiti isolati di E. coli al fine di individuare le tossine caratteristiche → Dimostrare in modo diretto la presenza di batteri nel materiale fecale nel caso della colite da C.difficile L’esame microscopico a fresco serve, soprattutto, ad evidenziare l’eventuale presenza di leucociti e/o emazie mediante esame microscopico diretto, con o senza colorazione: essendo le feci un campione polimicrobico, è praticamente impossibile stabilire l’agente patogeno tra i vari commensali presenti (sono presenti 1011 batteri per grammo di feci!). Appena arriva il campione di feci nel laboratorio bisogna aver cura di evitare di tenerlo in un ambiente caldo; quindi, si procede con l’allestimento in terreni di arricchimento: il più utilizzato è il BRODO AL SELENITO: il selenito va ad “arricchire” il numero patogeni al fine di avere un quantitativo cospicuo rispetto ai commensali. In genere, dopo 24h, il campione viene trasferito in altri terreni di coltura selettivi e differenziali: BRODO DI HEKTOEN procedendo, quindi, all’identificazione di: Salmonella: Colonie blu‐verdi con centro nero per produzione di idrogeno solforato; Shigella: Colonie verdi con un leggero alone circostante che si sbiadisce verso l’esterno della colonia; Escherichia coli: Colonie rosse – arancioni; Proteus: Colonie piccole e leggermente trasparenti. TERRENO MCCONKEY per i batteri Gram‐ (= enterobatteri) SABOURAT sul quale si effettuano test di germinazione che se risultano Positivi = presenza di candida albicans Negativi, si procede con test biochimici per rilevare l’eventuale presenza di miceti CIN AGAR YERSINIA per l'isolamento selettivo e differenziazione della Yersinia enterocolitica (casi sospetti) 37 NB: i test biochimici sono in grado di identificare il genere, ma NON la SPECIE per la quale si usa il test SIEROLOGICO. DIAGNOSI DI FEBBRE ENTERICA (SALMONELLA) Le manifestazioni gastroenteriche fanno parte di un quadro clinico molto più complesso in cui sono predominanti segni e sintomi sistemici. L’andamento del tifo addominale è descritto dalla CURVA DI WUNDERLICH: dopo un'incubazione di 7‐14 gg si ha la risalita della febbre in modo a sega per circa una settimana, con sintomi che comprendono astenia, dolori muscolari, cefalea; poi, si ha una settimana di febbre di stato (durante la quale si può avere perforazione intestinale o emorragia e del SNC sotto forma di torpore), seguita da una settimana di decremento della febbre. Per quanto riguarda GLI APPROCCI DIAGNOSTICI del laboratorio di microbiologia clinica si ha che → Durante la prima fase è si usa l’emocoltura perché la salmonella è presente abbondantemente in circolo. → Successivamente, passati 14 giorni, si deve utilizzare la coprocoltura. Questa avviene per semina diretta o per semina in terreni di arricchimento, soprattutto terreno al selenito selettivo per salmonella o shigella, in cui la maggioranza dei batteri Gram ‐ commensali non patogeni viene inibita. Hektoen enteric agar dove Salmonella e Proteus formano colonie a centro nero (per la precipitazione di Sali di ferro) che rimangono colorate di verde‐blu perché lattosio non fermentanti (≠ e.coli ‐lattosio fermentante‐ che si tinge di giallo‐rosso). Per differenziare le due famiglie, si procede, poi, con l’esecuzione del test all’ureasi (negativo in caso di Salmonella e positivo per Proteus). Nel caso di SOSPETTO CLINICO DI SALMONELLOSI è indicato associare un test sierologico. LA REAZIONE DI WIDAL di solito associata a reazione di Wright (brucellosi), è una reazione di precipitazione in fase liquida tra salmonelle inattivate (antigeni O e H) e anticorpi nel siero del paziente. → un aumento del titolo Ab anti‐O è indice di infezione in atto, → un elevato titolo Ab anti‐H è indice di un’infezione pregressa Dopo 2 settimane dall’infezione (si consiglia di aspettare questo lasso di tempo) ci sarà un titolo anticorpale elevato di anticorpi anti‐O. Dopo la terza‐quarta settimana comincia a montare il titolo degli anticorpi contro l’antigene H. INFEZIONI ENTERICHE DA SHIGELLA SPP. La S. DYSENTERIAE è la più frequente e la più patogena ed è l’agente ezilogico della dissenteria bacillare caratterizzata da sintomi quali: Scariche diarroiche muco‐sanguinolente febbre, dolori addominali, tenesmo, la trasmissione avviene per via oro‐fecale, per ingestione di materiale contaminato (scarsa igiene delle mani o di oggetti come le stoviglie) oppure tramite mosche (vettori passivi); è la forma più contagiosa di dissenteria batterica: è sufficiente una bassa dose per garantire la trasmissione ed è altamente contagiosità. I meccanismi patogenetici consistono nella iniziale moltiplicazione nel tenue e successiva localizzazione al colon. Il protagonista della patogenesi è la tossina di Shiga (un globoside GB3 che causa un blocco della sintesi proteica). SHIGELLA DYSENTERIAE SALMONELLA THYPHI dopo l’arrivo sulla superficie della mucosa, diffondono alle cellule contigue e, successivamente la produzione di ascessi mucosali. dopo l’introduzione del batterio all’interno della cellula della mucosa, avviene la moltiplicazione all’interno della cellula che viene mantenuta integra per un certo periodo di tempo e, dopo, dal polo basale vengono emesse le salmonelle che vanno ad invadere, spesso, i linfonodi mesenterici e successivamente il circolo ematico. CLOSTRIDIUM DIFFICILE Il clostridium è un batterio sporigeno, che può sopravvivere per mesi nell’ambiente esterno (soprattutto ospedaliero). I SOGGETTI A RISCHIO sono pz ospedalizzati (o meno) in cui la somministrazione di antibiotici provoca alterazione della popolazione microbica gastrointestinale con conseguente abbondante moltiplicazione di C.difficile FORME CLINICHE Colonizzazione asintomatica, in cui il soggetto è portatore Diarrea autolimitante, che non progredisce Colite pseudomembranosa, un’infezione che progredisce a fasi più avanzate e severe La DIAGNOSI viene posta su campioni di feci su cui deve essere dimostrata la presenza di Enterotossina A con test immunologici (come il test Elisa) Citotossina B su colture cellulari in vitro, (saggio di citotossicità) 40 ESAME DOPO COLORAZIONE PERMANENTE Per osservare i dettagli delle cisti nei campioni fecali, possono essere eseguite delle colorazioni permanenti dopo fissazione e decolorazione. Colorazione tricromica: mostra i dettagli nucleari e citoplasmatici Colorazione di Ziehl‐Neelsen: utilizza il principio dell’alcool‐acido resistenza; attraverso questo metodo, si possono ricercare cisti di protozoi di cryptosporidium (colorata di rosso quando viene applicata la colorazione di Ziehl‐ Neelsen) presenta un involucro molto robusto, ed ha caratteristiche simili ai micobatteri giardia si presenta ovalare, allungata e con l’assostile che divide in due la cisti in senso longitudinale entamoeba è una cisti molto giovane dove c’è un solo nucleo DIAGNOSI ENTAMBA HISTOLYTICA (importante protozoo patogeno dell’apparato digerente) DIAGNOSI DIRETTA: esame parassitologico delle feci (gold standard). si può procedere con un ESAME RADIOLOGICO (TC) e/o ESAME ENDOSCOPICO nelle amebiasi extraintestinali: ameba histolytica presenta la formazione, non obbligatoria ma abbastanza frequente, di cisti di ameba soprattutto nel fegato e in altri organi parenchimatosi. DIAGNOSI INDIRETTA: avviene attraverso test sierologici ed immulogici (ELISA) che permettono la messa in evidenza gli anticorpi nei confronti di questo protozoo. ESAME COLTURALE su terreno di Robinson (terreno molto ricco che contiene diverse vitamine ecc) TECNICHE DI BIOLOGIA MOLECOLARE (PCR) DIAGNOSI DI LABORATORIO PER LA RICERCA DI GIARDIA LAMBLIA, protozoo intestinale molto frequente CAMPIONI: Feci conservate a 4°C fino a una settimana Se l’esame delle feci risultasse essere negativo nonostante il forte sospetto clinico, si può usare una biopsia duodenale allestita in soluzione fisiologica a temperatura ambiente, per circa 2‐3h Succo duodenale o entero‐test (test ormai obsoleto), Per la ricerca di Giardia lamblia si può procedere con: OSSERVAZIONE MICROSCOPICA a fresco in soluzione fisiologica: → Feci per la ricerca di cisti, raramente trofozoiti (si ritrovano nelle feci solo in corso di diarrea grave). → Biopsie duodenali (trofozoiti mobili a foglia cadente). → Succo duodenale (trofozoiti mobili a foglia cadente). OSSERVAZIONE MICROSCOPICA dopo arricchimento delle feci in formalina/etere e colorazione di Lugol che fissa il preparato e uccide le forme viventi: → Utilizzato quasi esclusivamente sulle feci (cisti, raramente trofozoiti). OSSERVAZIONE MICROSCOPICA dopo fissazione e colorazione con Giemsa, tricromica, ematossilina ferrica. → Biopsie duodenali (trofozoiti a mascherone africano). → Succo duodenale (trofozoiti a mascherone africano). STUDIO DEGLI ANTIGENI DI GIARDIA (approccio diretto): ELISA o mediante CARD IMMUNOGRAFICHE COLTIVAZIONE IN TYI‐S‐33 (terreno specifico), un derivato del terreno di Robinson per le amebe. BIOLOGIA MOLECOLARE: PCR GENOTIPIZZAZIONE, i genotipi umani (o meglio assemblaggi) di Giardia conosciuti sono 2 Le nuove applicazioni che riguardano la diagnostica coproparassitologica riguardano: Metodiche sierologiche per la ricerca di Ac o Ag (IFA, ELISA...). Programmi in grado di identificare le uova in base al loro pattern e alla loro struttura. Metodiche di biologia molecolare per l’individuazione e/o la tipizzazione di parassiti (sia elminti che protozoi) nei campioni fecali. Nuove tecniche diagnostiche colturali 41 VIRUS EPATICI I virus epatitici principali (per sensibilità e permissività delle cellule epatiche) sono virus epatotropi responsabili di epatiti primarie. Si possono distinguere, in base la via di trasmissione, in virus a trasmissione enterale o verticale: HAV (epatite A) e HEV (epatite E) virus a trasmissione parenterale: HBV (epatite B), HCV (epatite C), HDV (epatite D). La patogenesi è più meno uniforme e consiste in un’infiammazione diffusa del parenchima epatico caratterizzata da: Necrosi degli epatociti: morte cellulare con conseguente rilascio di transaminasi in circolo; Infiltrato flogistico con afflusso di cellule infiammatorie. I VIRUS EPATICI A PRIMA VISTA HAV HBV HCV HDV famiglia Picornavirus Hepandavirus Flavivirus Deltavirus genoma RNA a polarità positiva DNA parzialmente bicatenario, circolare RNA a polarità positiva RNA a polarità positiva trasmissione Oro‐fecale Trasfusioni, rapporti sessuali via transplacentare Trasfusioni Percutanea Sessuale È difettivo: richiede una coinfezione con HBV incubazione 15‐50gg 6 mesi 5/10 settimane 30/45gg cosa causa Epatite acuta Epatite cronica. Cirrosi carcinoma epatico Epatite cronica. Può portare anche a carcinoma epatico Aggravamento dell’epatite con maggiori probabilità che cronicizzi DECORSO CLINICO DELL’EPATITE ACUTA (epatite autolimitante con restitutio ad integrum) Periodo pre‐itterico caratterizzato da → sintomi aspecifici (astenia, anoressia, nausea, vomito, febbricola o febbre) → patologie da immunocomplessi (artralgie e mialgie) periodo itterico in cui si ha → comparsa di subittero e ittero → epatomegalia → aumento delle transaminasi (indice di citonecrosi epatica) convalescenza = risoluzione dell’epatite con riduzione progressiva dei valori delle transaminasi Per quanto riguarda i QUADRI CLINICI DI EPATITE ACUTA si hanno le fasi: asintomatica (80/90% dei casi); anitterica (sintomi aspecifici); itterica. Le epatiti A ed E non cronicizzano Una complicanza dell’epatite è l’epatite fulminante (molto rara) che consiste nella necrosi massiva del fegato con grave insufficienza epatica e richiede un immediato trapianto. Per quanto riguarda i QUADRI CLINICI DI EPATITI CRONICHE si hanno quando epatiti B, D, C persistono per oltre 6 mesi in concomitanza con fattori favorenti quali età e risposta immunitaria dell’ospite, quindi, immunodepressione. L’epatite cronica è spesso asintomatica e, per questa ragione, si devono valutare: Transaminasi elevate per più di 6 mesi; Ricerca di marker virologici; Diagnosi definitiva con agobiopsia del fegato (che indica il quadro anato‐istologico del fegato). Può evolvere in cirrosi (forma più avanzata dell’epatite cronica) e frequentemente in carcinoma primitivo del fegato. ISTOPATOLOGIA DELLE EPATITI: EPATITE CRONICA PERSISTENTE è caratterizzata da spazi portali allargati con infiltrato infiammatorio monoclueato e lamina limitante intatta. Si tratta di un danno epatico non progressivo. EPATITE CRONICA ATTIVA è caratterizzata da spazi portali allargati con infiltrato infiammatorio e necrosi estese oltre la lamina limitante. Nelle forme severe vi è la presenza di setti fibrosi. Si tratta di un danno epatico progressivo. CIRROSI caratterizzata da fibrosi diffusa e necrosi portale confluente. Si perde, quindi, la caratteristica architettura citologica ed istologica del fegato. Si assiste ad una rigenerazione parenchimale disordinata con formazione di noduli epatici: a mano a mano il tessuto epatico si riduce e viene rimpiazzato dal tessuto fibrotico. Il danno è irreversibile. 42 VIRUS DELL’EPATITE A STRUTTURA: virione sferico RNA a polarità positiva privo di rivestimento lipidico circondato da un capside icosaedrico costituito da 60 copie multiple di 4 proteine: VPI1, VP2, VP3, VP4 LA MALATTIA La classe di età più colpita risulta quella dei giovani adulti (15‐24anni). → Nei bambini < 6 anni, il 70% delle infezioni da epatite A è asintomatico e, in bambini con sintomi, l'ittero è raro. → la maggior parte dei bambini più grandi e gli adulti hanno, invece, le manifestazioni tipiche di un'epatite virale, tra cui inappetenza, malessere, febbre, nausea e vomito; l'ittero si manifesta in oltre il 70%. Le manifestazioni cliniche in genere si risolvono dopo circa 2 mesi ma in alcuni pz i sintomi persistono o si ripresentano per un massimo di 6 mesi; altri hanno una colestasi prolungata (epatite colestatica) caratterizzata da marcato ittero con prurito, febbre continua, perdita di peso, diarrea e malessere. La guarigione dall'epatite A acuta è di solito completa. Raramente si verifica un'epatite fulminante. FASI incubazione ‐> 10/50gg. Dati clinici e di laboratorio assenti. fase prodromica ‐> 2/10gg. Si ha Malessere generale Anoressia Febbre ( < 39°C) Nausea Vomito Mialgia ↑ dei valori delle transaminasi ↑ valore della bilirubina fase sintomatica o di stato ‐> 3/4 settimane con Ittero sclerale, poi diffuso Urine scure Feci ipocoliche Epato‐splenomagalia Transaminasi (500‐2000 UI/L) bilirubina (10‐15mg/dl) guarigione ‐> si ha quando si registra calo di transaminasi calo di bilirubina scomparsa di ittero feci e urine normali DIAGNOSI TEST SIEROLOGICI. Durante la fase diagnostica iniziale, l'epatite virale deve essere differenziata dalle altre patologie che provocano ittero. Se si sospetta un'epatite virale acuta da HAV si procede con la ricerca degli anticorpi IgM anti‐epatite A. La ricerca degli anticorpi IgG anti‐epatite A viene eseguita per distinguere un'infezione acuta da un'infezione pregressa: la positività delle IgG anti‐epatite A suggerisce una precedente infezione da virus dell'epatite A o la presenza di immunità acquisita. Non esistono ulteriori esami per l'epatite A. → Gli Ac IgM tipicamente sono prodotti nelle fasi precoci dell'infezione e raggiungono il picco circa 1‐2 settimane dopo la comparsa dell'ittero. Diminuiscono nel corso di alcune settimane, seguiti dalla produzione di anticorpi IgG protettivi, che di solito persistono per tutta la vita. ALTRI ESAMI. Gli esami epatici sono necessari e comprendono alanina aminotransferasi (ALT) sierica, aspartato aminotransferasi (AST), fosfatasi alcalina. Altri test devono essere effettuati per valutare la funzionalità epatica: albumina sierica, bilirubina I VACCINI ANTI‐EPATITE A sono preparati a partire da colture cellulari derivate dal virus inattivato con formalina. Ci sono 2 vaccini antiepatite A entrambi disponibili in formulazione sia pediatrica che da adulti. Il vaccino contro l'epatite A è una vaccinazione di routine dell'infanzia (programma di vaccinazione raccomandato per le età 0‐6 anni) ed è anche indicato per Operatori sanitari di pediatria e malattie infettive; Operatori di istituzioni per malati mentali specialmente se bambini; Viaggiatori che si recano in paesi a medio‐alta endemia; Operatori ecologici; Addetti alla preparazione degli alimenti; Addetti alla manutenzione fognaria. Il sesso tra uomini L'uso di droghe illegali (iniettabili in vena e non), come le metanfetamine Senzatetto Una buona igiene personale aiuta a prevenire la trasmissione oro‐fecale dell'epatite A. Un’altra tecnica di PREVENZIONE è la somministrazione di immunoglobuline con un elevato titolo anticorpale avviata prima dell’esposizione dei casi secondari: un caso tipico è la somministrazione a familiari e contatti stretti di pz infetti. I limiti di questa tecnica è che l’immunità passiva conferita dalle immunoglobuline è limitata a pochi mesi. 45 VIRUS DELL’EPATITE C famiglia dei FLAVIVIRUS. Genoma: una molecola di RNA a polarità positiva. genoma formato da una regione struttura ed una non strutturale → Nella regione non strutturale si hanno i geni che codificano per gli enzimi che intervengono nella replicazione (NS1, NS2, NS3, NS4A, NS4B, NS5A, NS5B (quest’ultima è l’RNApolimerasi) → Nella regione strutturale si hanno i geni che codificano per le proteine del core e dell’envelope. In particolare: RNA‐binding protein: va a comporre il capside E1 ed E2: compongono le glicoproteine di superficie → Tra E1 ed E2 c’è la regione ipervariabile: una volta avvenuta l’infezione, tale regione muta, motivo per cui non esiste un vaccino e ci si riferisce a questo virus con l’appellativo di quasi‐specie. Questa variabilità genomica è una caratteristica molto importante perché fa sì che il virus non venga riconosciuto (e attaccato) dal SI. Capside: composto dall’RNA‐binding protein, complessato con l’RNA Peplos: composto dalle glicoproteine E1 ed E2 che interagiscono con il recettore cellulare CD81, con coinvolgimento di altre molecole di membrana come lo scavenger receptor, la claudina e l’occludina. Replica prevalentemente nelle cellule epatiche ma non è direttamente citopatico Poiché l’RNApolimerasi virale non è in grado di correggere gli errori di inserimento di basi (non ha attività di proof‐ reading), il genoma muta frequentemente: esistono, infatti, 8 genotipi e 3 sottotipi (a,b,c) → In Europa occidentale sono prevalenti i genotipi 1a, 1b, 2a, 2b, 3. → Nell’Europa orientale e meridionale il genotipo 1 sottotipo b (1b). Questo è associato ad un’evoluzione più severa della malattia TRASMISSIONE Parenterale classica Inoculazione di sangue o emoderivati infetti Trapianto di organi infetti Parenterale inapparente Tossicodipendenti ed esposizione professionale per uso di siringhe e strumenti taglienti contaminati (tatuaggi, piercing, attrezzatura dentistica e dall’estetista) Sessuale Verticale Via transplacentare (la percentuale di trasmissione è del 5/6%. Aumenta se c’è una coinfezione da HIV) PATOGENESI Il danno del virus HCV è principalmente immuno‐mediato: esso, infatti, prima di giungere al suo sito d’elezione, ossia il fegato, infetta i linfociti T e B. La velocità di replicazione del virus è molto alta. La risposta immunitaria innata si manifesta inizialmente con la produzione di citochine ma, alcune proteine codificate da HCV come NS3A, NS4A, NS4B permettono al virus di eludere le difese immunitarie innate ed iniziare così una attiva replicazione virale: ciò comporta, nella maggioranza dei casi, la persistenza e la cronicizzazione dell’infezione, con lesioni citopatiche ben evidenti. Tale fenomeno trova riscontro in due principali manifestazioni cliniche: cirrosi epatica, con perdita del tessuto epatico sano e successiva sostituzione con tessuto fibrotico, che comporta una perdita progressiva delle funzioni epatiche con comparsa di ittero, ipertensione portale, ascite, varici esofagee, encefalopatia epatica e, nei casi più gravi, se non è presente un intervento imminente, coma epatico; epatocarcinoma, conseguente alla cirrosi, prima causa di trapianto di fegato. Quando entra in circolo si lega al recettore CD81 (tetraspanina), espresso da epatociti e linfociti B oltre che ai recettori delle lipoproteine a bassa densità (LDL): spesso si ricopre di LDL o VLDL. Una volta endocitato nella cellula, HCV esce dagli endosomi, rilascia il proprio RNA a polarità positiva che, funzionando come un mRNA, tramite un'ansa si lega ai ribosomi cominciando la traduzione. Si ottiene un polipeptide di 3.011 amminoacidi che viene poi scisso proteoliticamente da NS2, NS3, NS4A e da proteasi cellulari. Il genoma viene replicato a partire dall'RNA a polarità positiva tramite NS5B, una RNA‐polimerasi RNA‐dipendente virale, si trascrive prima uno stampo di RNA a polarità negativa e successivamente a partire da questo si ottiene il genoma a polarità positiva. Il virione completo viene rilasciato per esocitosi. 46 STORIA NATURALE DIAGNOSI HCV non può essere riprodotto in coltura e la sua presenza non può essere dimostrabile tramite microscopia elettronica. È stato il primo virus dell’epatite ad essere identificato usando approcci molecolari. TEST ELISA TEST RIBA HCV‐RNA AST‐ALT EPATITE CRONICA + + + Alterate INFEZIONE ASINTOMATICA + + + Normali INFEZIONE PREGRESSA LATENTE + + o ‐ ‐ normali algoritmo diagnostico: test di screening → reazione immunoenzimatica (TEST ELISA) per la ricerca dell’antigene HCV. È un test estremamente sensibile che consente di eliminare i veri negativi anche se è possibile ottenere falsi positivi, quindi → Se negativo = effettuare nuovamente il test perché potrebbe essere nella fase di incubazione → Se positivo = effettuare test di conferma IMMUNOBLOT (TEST RIBA) è un test ad elevata specificità e sensibilità che offre la possibilità di conoscere anche il genotipo del virus. attraverso il frazionamento delle proteine virali secondo il peso molecolare, mediante elettroforesi e successiva visualizzazione del loro legame a specifici anticorpi su fogli di nitrocellulosa → Se negativo: il paziente non è affetto da HCV → Se positivo (almeno due anticorpi sono rivolti contro due diversi tipi di antigeni): il paziente è affetto → Se il risultato è incerto si può andare a cercare un altro marcatore HCV‐RNA è un test quantitativo e qualitativo. Si effettua tramite PCR e RT‐PCR: l’RNA è l’unico marcatore di stadiazione, guarigione e decorso della malattia, per cui si procede con l’amplificazione del filamento e con la retrotrascrizione (mediante RT‐PCR) → Se negativo: il paziente sta guarendo. Controllo dei marcatori ogni 3 mesi (particolare attenzione va posta a pazienti cronici con transaminasi negative) → Se positivo: valutare le transaminasi: Se alte: agobiopsia Se normali: controllo delle transaminasi ogni 3 mesi Genotipizzazione mediante ibridazione inversa su fase solida (LIPA), così chiamata perché sulla strip di nitrocellulosa sono presenti delle sonde che risconoscono un bersaglio e, in particolare, si procede in questo modo: 1. Estrarre il genoma virale dal siero del paziente 2. Amplificare il genoma virale 3. L’amplicone è biotinilato 4. Porre a contatto con una striscia di nitrocellulosa l’amplicone 5. Formazione dell’ibrido 6. Evidenza: la biotina è legata alla streptovidina che a sua volta è legata alla fosfatasi alcalina 7. Aggiunta del cromogeno che produrrà un colorante per le bande 8. Osservazione delle bande colorate Epatite cronica C: TERAPIA = PEG‐IFNα + RIBAVIRINA 47 INFEZIONI OSTEOARTICOLARI OSTEOMIELITE = infezione acuta o cronica del tessuto osseo PATOGENESI . negli adulti (e in piccola parte anche negli adolescenti) il midollo osseo è costituito da lipidi e S. aureus ha un’attività lipolitica e di metabolismo dei grassi altamente spiccati (anche per questo, infatti, è uno dei principali agenti patogeni per quanto riguarda le infezioni trasmesse a livello oro‐fecale e tramite gli alimenti). S. aureus rilascia anche tossine altamente osteolitiche. Queste caratteristiche lo rendono prevalente in tutte le forme di osteomielite e in tutte le fasce di età. → Nelle osteomieliti acute ematogene del bambino è responsabile di circa il 50% dei casi. → Nelle osteomieliti del diabetico (sono molto frequenti) S. aureus e Staphylococcus epidermidis sono presenti nel 50‐55% dei casi. Altri MICRORGANISMI GRAM‐POSITIVI coinvolti sono gli streptococchi (soprattutto di gruppo B) i peptococchi anaerobi che possono raggiungere una prevalenza del 25‐30%. I BATTERI GRAM‐NEGATIVI che possono provocare ostomieliti sono di maggiore riscontro nelle infezioni acquisite in ambiente nosocomiale: Enterobacteriaceae (come Klebsiella, portatore di numerosi geni di antibiotico resistenza) Pseudomonas aeruginosa e le altre pseudomonadaceae, come Stenotrophomonas e soprattutto Acinetobacter. Le osteomieliti fungine, infine, costituiscono un reperto molto infrequente e possono considerarsi rare. L’osteomielite si caratterizza per l’inizio acuto. La SINTOMATOLOGIA include: Dolore localizzato Febbre (generalmente elevata) Dolore alla palpazione tumefazione, eritema Una forma particolare ma che deve essere attenzionata è l’ASCESSO DI BRODIE. = ascesso cronico o subacuto nella metafisi dell’osso, formato da una cavità ripiena di pus circondato da tessuto fibroso. È formato da detriti necrotici e cellule infiammatorie, a volte è sterile, ma molto spesso, si va a costituire un serbatoio di batteri. Inizialmente è asintomatico (potrebbe esserlo anche per anni) poi si manifesta dolore intermittente e, in genere, febbre. Infine, deve essere sottolineata la tipicità dell’infezione in età giovanile. Per quanto riguarda l’ITER DIAGNOSTICO: Gli ESAMI CLINICI prevedono l’isolamento l’identificazione, in campioni come l’agoaspirato dalla zona infetta dell’osso o dal periosto. Se presente batteriemia associata, l’emocoltura può risultare positiva: se c’è un focolaio osteomielitico molto esteso, abbastanza frequentemente c’è batteriemia e, quindi, una sepsi secondaria; ciò accade spesso a livello del corpo vertebrale, dove molti batteri possono portare sia forme acute ma soprattutto forme subacute o croniche (come nel caso della Brucella) STAPHYLOCOCCUS AUREUS ha numerosi recettori per il collagene, il fibrinogeno, la fibronectina, le sialoproteine e l’eparansolfato. → ADESIONE S. Aureus sintetizza polisaccaride capsulare (un glicocalice), producendo un biofilm all’interno del quale i batteri formano colonie che sono protette dalla fagocitosi e dall’azione degli antibiotici La risposta infiammatoria del tessuto osseo porta ad un aumento della pressione intramidollare con alterazione del flusso ematico causando microinfarti: aree prive di circolazione sono un pabulum ideale per i batteri facoltativi ma, soprattutto, anaerobi, provocando una osteomielite cronica. sospetto clinico basato sui 2/3 sintomi e segni caratteristici. Si raccoglie l’anamnesi (particolare attenzione per traumi e fattori di rischio come presenza di una diatesi o di una malattia diabetica) si esegue un Rx diretto. 50 MALATTIE TRASMESSE DA VETTORI organismo vivente che trasmette (trasmissione indiretta) un agente infettivo; può essere un organismo superiore come un cane oppure inferiore come un insetto o un’aracnoide o un ectoparassita. Vettore biologico vettore meccanico Animale in cui l’agente replica oppure animale che veicola fisicamente un agente compie una parte essenziale del ciclo di vita che non replica né compie alcuno sviluppo prima di essere trasmesso all’ospite nel vettore MALARIA – LEISHMANIOSI – MALATTIA DI LYME (BORELLIOSI) – RICKETTSIOSI LA MALARIA = malattia infettiva causata da un protozoo, un microrganismo parassita del genere plasmodium, che si trasmette all'uomo attraverso la puntura di zanzare del genere anopheles. Le specie di plasmodium che infettano l'uomo sono P. Falciparum P. Vivax P. Ovale P. Malariae CICLO BIOLOGICO Il ciclo vitale del Plasmodium è caratterizzato da due fasi riproduttive: RIPRODUZIONE ASESSUATA: avviene nelle cellule del fegato e nei globuli rossi del sangue dell’essere umano e consiste in una scissione binaria dalla quale si ottengono sporozoi figli identici ai genitori. La riproduzione termina sempre con la distruzione delle cellule parassitate. È durante questa fase che si manifestano i sintomi della malattia RIPRODUZIONE SESSUATA: avviene nella zanzara a seguito della suzione di sangue infetto di un essere umano nel quale erano presenti i gameti maschili e femminili generatisi durante il ciclo nei globuli rossi dell’ospite definitivo. Durante la riproduzione asessuata, infatti, può accadere che, occasionalmente, alcuni sporozoi escano dal ciclo e maturino in macrogametociti (gamete femminile) e microgametociti (gamete maschile), necessarie per la riproduzione sessuale. Quando una nuova zanzara succhierà sangue dall’essere umano infetto assumerà anche questi gameti, che troveranno nel suo intestino l’ambiente ideale per la fecondazione, dalla quale verrà generato un oocinete e, dopo, un oociste che risalgono verso le ghiandole salivari per un nuovo ciclo, in seguito a lisi 51 CLINICA DELLA MALARIA MALARIA TERZANA MALIGNA NON RECIDIVANTE – P. Falciparum → Prepatenza (comparsa dei primi plasmodi nelle emoscopie, senza sintomi) = 9gg → periodo di incubazione (comparsa dei primi sintomi) = 7‐14 gg (generalmente 2gg dopo la prepatenza) → parassitemia (numero delle emazie parassitate per μL) = 200.00/2.000.000 → la fase acuta è caratterizzata da febbre (terzana) si ha durante la fase ematica, cioè con la lisi dei globuli rossi e al riversamento dei cataboliti tossici in circolo; il parossismo febbrile (accesso febbrile) è di 16‐36h con periodicità di 48h. Disorientamento, Convulsioni, Segni focali, Coma, Rari segni meningei sempre associati a liquor normale. Iperbilirubinemia fino all’ittero, (per la presenza di una gran quantità di emoglobina, proveniente dalla lisi degli eritrociti, in circolo che viene tramutata dal fegato in bilirubina. L’emoglobinuria (l’emoglobina che non fa in tempo ad essere trasformata in bilirubina) resta in circolo e viene eliminata attraverso i reni → insufficienza renale, necrosi tubulare e sindrome nefrosica. Dispnea e tosse fino all’edema polmonare acuto, questo perché i merozoiti e altre forme del plasmodio della malaria si intrufolano e bloccano i capillari polmonari. Splenomegalia, coliche addominali fino all’infarto intestinale; per invasione del parassita nei capillari della milza e/o nei capillari intestinali Piastrinopenia ma mai alterazione dei bianchi e dei rossi, MALARIA TERZANA BENIGNA – P.vivax → Prepatenza = 11 gg → periodo di incubazione (comparsa dei primi sintomi) = 14 gg → parassitemia (numero delle emazie parassitate per μL) = 20.00/50.000 → la fase acuta è caratterizzata da febbre (terzana) in cui il parossismo febbrile (accesso febbrile) è di 8/12h con periodicità di 48h. disorientamento e convulsioni, iperbilirubinemia fino all’ittero, dispnea e tosse, splenomegalia, piastrinopenia, → le caratteristiche cliniche sono simili alla malaria terzana maligna, ma meno gravi. Non si hanno mai complicanze come l’attacco pernicioso. → È possibile che si abbiano Recrudescenze (È la ricaduta causata dalla persistenza in circolo di forme intra‐eritrocitarie) dopo settimane o, addirittura, 2‐3 mesi dall’episodio iniziale. Recidive (ricaduta causata dalla persistenza di merozoiti nel fegato (ipnozoiti) che ricominciano un nuovo ciclo eso‐eritrocitario) dopo 6 mesi dall’esordio dei sintomi. MALARIA TERZANA BENIGNA RECIDIVANTE – P. ovale. → prepatenza è molto lunga, con comparsa dei primi plasmodi dopo 15 gg. → Incubazione = 17 gg → La parassitemia pari a 9.000 – 30.000 emazie parassitate per μL di sangue. Parossismo febbrile di 8‐12h con periodicità di 48h. i sintomi sono gli stessi → Recidive dopo 6 mesi dall’esordio dei sintomi. MALARIA QUARTANA – P. Malariae → Prepatenza = 16 gg → periodo di incubazione (comparsa dei primi sintomi) = 28 gg → parassitemia (numero delle emazie parassitate per μL) = 6.00/20.000 → la fase acuta è caratterizzata da febbre (quartana) con parossismo febbrile di 8‐10h con periodicità di 72h. disorientamento e convulsioni, iperbilirubinemia fino all’ittero, nefriti, dispnea e tosse, splenomegalia piastrinopenia, → Recidive anche dopo 10anni dall’esordio dei sintomi (anche se in presenza di recidive è più probabile sia P.vivax) 52 DIAGNOSTICA Il gold standard della diagnosi di malaria è l’emoscopia che si compone di due preparati microscopici: LO STRISCIO SOTTILE → consente l'identificazione morfologica dei parassiti ematici. Per preparare uno striscio sottile basta pungere, con un aghetto sterile, un polpastrello od un lobo auricolare, dopo averli disinfettati, e porre una goccia di sangue ad un'estremità d'un vetrino. Si utilizza, poi, un secondo vetrino il cui bordo più piccolo viene messo a contatto della goccia in maniera tale che strisciando sul primo, tutti i globuli rossi si dispongano a formare un singolo strato. A questo punto il vetrino viene asciugato all'aria, fissato in metanolo e colorato in maniera opportuna. La metodica dello striscio sottile permette anche una quantificazione della carica parassitaria il che rappresenta un elemento utile nella valutazione della risposta terapeutica. Parassitemia n° globuli rossi parassitati in 25 campi n° globuli rossi in 25 campi x 10 LA GOCCIA SPESSA → perme e d'esaminare una quan tà di sangue molto maggiore rispetto allo striscio sottile determinando, così, un aumento della sensibilità soprattutto in caso di parassitemia bassa. L'identificazione morfologica, invece, risulta essere molto più difficoltosa in quanto, con la rottura dei globuli rossi che si determina, vari elementi utili per la diagnosi di specie, vengono persi. È per ovviare a tale problema che nella prassi vengono effettuate entrambe le metodiche. Per preparare una goccia spessa si depongono su un vetrino 2 o 3 gocce di sangue, prelevate con le stesse modalità dello striscio sottile. Con un oggetto appuntito si eseguono movimenti circolari che miscelano le gocce e le spianano. Tale operazione risulta necessaria al fine d'eliminare la fibrina. Successivamente il vetrino viene lasciato all'aria per circa 12 ore e dopo si procede direttamente alla colorazione (che permette la lisi degli eritrociti). Il vetrino non va asciugato al calore né fissato. Ciò è dovuto al fatto che i globuli rossi durante la fase di colorazione si lisano ed un precedente fissaggio impedisce che tale fenomeno si verifichi. Con la colorazione di Giemsa, effettuata al giusto pH (7,2) l’emazia si colora omogeneamente in rosa o rosa grigio, mentre il parassita presenta il citoplasma azzurro‐grigio e la cromatina del nucleo assume varie sfumature di rosso; P. VIVAX P. FALCIPARUM P. MALARIAE aumento di volume dei globuli rossi Sì No No granulazioni di Schuffner (minuti e abbondanti) Sì No No granulazioni o incisure di Maurer (pochi e grossolani) No Sì No globuli rossi con infestazioni multiple Rara Sì No anelli con 2 granuli di cromatina Rara Frequenti No presenza di gametociti Sì A semiluna No trafozoiti a banda No No Sì numero di merozoiti per schizonte (range) 12‐24 gli schizonti sono intrappolati nei visceri e, in genere, non si osservano nel sangue periferico 8‐24 Lo schizonte presenta da 8 a 10 merozoiti, con una forma a margherita P.OVALE è per l’80% la fotocopia del P.Vivax, caratteristica è la forma a cometa delle emazie (non del trofozoita); gli schizonti maturi hanno forma a margherita e non più di 8‐10 merozoiti, (come in p. Malarie, ma sono più grandi e di forma irregolare). TEST IMMUNOCROMATOGRAFICI per la diagnosi di laboratorio (DIPSTICK TESTS) Un anticorpo marcato reagisce con gli antigeni del plasmodio: il plasmodium‐LDH oppure la proteina ricca in istidina. A tal proposito bisogna menzionare un limite: → La proteina ricca di istidina è in grado di avere una reazione crociata con il fattore reumatoide; quindi, bisogna contemporaneamente fare il dosaggio di questo fattore e, se questo ultimo è positivo, il test non ha alcun significato. → Nel pLDH non c’è questo limite di cross reazione con il fattore reumatoide. Gli immunocomplessi sono catturati da anticorpi immobilizzati durante la migrazione lungo la striscia cromatografica. P. Falciparum o infezioni miste ‐> 3 bande Campioni non‐falciparum positivi ‐> 2 bande Campioni negativi ‐> 1 banda di controllo 55 LEISHMANIOSI Il genere leishmania contiene diverse specie, che possono causare vari tipi di leishmaniosi; questi sono impossibili da distinguerli tramite esami microscopici e colturali, pertanto, la differenziazione si basa su diverse caratteristiche cliniche della malattia Classificazione in specie e sottospecie basata su criteri di carattere eco‐biologico su base geografica della trasmissione operata da specie diverse di flebotomi (sebbene non esista una rigida regola per cui una specie di flebotomo sia associata a una specie di Leishmania, sono presenti delle specie di flebotomi che più frequentemente sono vettori di una determinata specie di Leishmania); del diverso tropismo di organi profondi oppure tessuto cutaneo, o più raramente forme muco‐cutanee; della diversa patogenicità: FORME VISCERALI, più aggressive e mortali se non curate. Ne esistono 4 forme principali: → La forma infantile mediterranea è quella più conosciuta, l'agente eziologico è L. INFANTUM → La forma indiana/Kala‐Azar in cui l'agente eziologico è L. DONOVANI, il nome Kala‐Azar significa urine nere o febbre nera per i fenomeni di metabolismo e di emolisi del sangue periferico → La forma Africana/Arabica, la meno conosciuta, in cui l'agente eziologico è sempre L. DONOVANI → La forma Viscerale Sudamericana, in cui l’agente eziologico è L. CHAGASI (dal punto di vista genetico, non ha nessuna differenza con L. infantum, portato dai conquistadores) FORME CUTANEE, che si risolvono da sole nel giro di 1‐2 anni Classificazione in specie e sottospecie su criteri di carattere intrinseco: Alcune caratteristiche immunologiche, quindi il panorama degli antigeni; Peculiarità a livello degli isoenzimi (zimodemi) e del DNA mitocondriale, Studio dei pattern di polimorfismo e DNA chinetoplastico PATOGENESI La Leishmania è una ZOONOSI → l'uomo può infettarsi tramite il morso di flebotomi portatori o vettori. Il ciclo della Leishmaniosi vede normalmente il cane (o altri canidi selvatici o, più raramente, roditori) quali serbatoi dell'infezione; mentre i flebotomi, in Italia soprattutto il PHLEBOTOMUS PERNICIOSUS, svolgono il ruolo di vettore. I flebotomi sono attivi con temperature dai 20‐22°, però non sopportano temperature inferiori a 5° o superiori a 30°: si spiega in questo modo la stagionalità dell’infezione, inoltre le punture del flebotomo, a differenza di quelle della zanzara, sono sempre all'imbrunire, intorno alle 7 nelle serate estive. La differenza tra il ciclo biologico del parassita della Leishmania e il parassita della malaria è che nel flebotomo i promastigoti si moltiplicano nella parte prossimale dell’intestino (non vengono digeriti e non vanno incontro a replicazione sessuale) per la presenza di una valvola stomodeale che costringe il pasto ematico a non andare nella seconda parte dell’intestino. Le leishmanie, in forma di PROMASTIGOTE, vengono iniettate nell'ospite definitivo dal pappatacio femmina durante il pasto ematico. Il promastigote (forma flagellata) entra dalla ferita prodotta dalla puntura, nel circolo sanguigno periferico, viene ricoperto dalle proteine del complemento che richiamano i macrofagi che lo fagocitano. Il basso pH e l’elevata temperatura fanno sì che, dentro il vacuolo, il promastigote si trasforma in AMASTIGOTE (forma senza flagello); senza essere distrutto, si moltiplica fino a dare la lisi della cellula che lo ha fagocitato, liberandosi in circolo in grandi quantità per infettare altre cellule del sistema reticolo‐endoteliale. I pappataci si infettano con gli amastigoti durante il pasto ematico quando pungono un ospite infetto; nell'intestino dell'insetto gli amastigoti si trasformano in PROMASTIGOTI e cominciano a moltiplicarsi per scissione binaria, migrando verso le ghiandole salivari. I promastigoti diventano PROMASTIGOTI METACICLICI, forme infettanti pronte per essere iniettate in un nuovo ospite. 56 CLINICA DELLA LEISHMANIOSI VISCERALE L’incubazione è relativamente breve, 4 settimane o massimo 9 (a volte più anni ma sono casi rari). può rimanere latente e slatentizzarsi in seguito a immunodepressione. TIPIZZAZIONE ANALISI ELETTROFORETICA DEGLI ISOENZIMI Fino a 15‐20 anni fa, non essendo disponibile una tecnica per la caratterizzazione delle varie specie, le leishmanie si identificavano col solo esame microscopico; il problema è che con questo esame non si può fare diagnosi di specie; ciò rappresenta un problema, dato che ci sono → alcune specie francamente viscerotrope (L. DONOVANI) → alcune possono essere sia viscerotrope che con tropismo cutaneo (L INFANTUM) → alcune possono essere in grado di provocare la forma mucocutanea (L.BRAZILIENSIS) molto aggressiva. Un metodo di elezione, raccomandato dalla WHO, per identificare i parassiti, utilizzando ceppi standard di riferimento – indispensabili – definiti biochimicamente e molecolarmente è l’analisi elettroforetica degli isoenzimi utile nel definire il cosiddetto ZIMODEMA. La coltura dei parassiti è un preliminare obbligatorio per l’identificazione mediante analisi degli isoenzimi. TECNICHE MOLECOLARE Con gli anni sono state messe a punto tecniche molecolari basate sull’amplificazione del DNA mediante PCR seguita da sequenziamento o dall’analisi del polimorfismo dei frammenti dopo digestione con enzimi di restrizione. DIAGNOSI DI LABORATORIO DELLA LEISHMANIOSI VISCERALE I REPERTI EMATOCHIMICI sono → Pancitopenia (la più caratteristica, soprattutto in un soggetto in buono stato di salute) ≠ malaria in cui vi è solo una piastrinopenia → ipergammaglobulinemia → VES elevata. DIAGNOSI DIRETTA Esame microscopico di strisci sottili di aspirato midollare/epatico/linfonodale, previa colorazione di Giemsa prima e colorazione Diff Quick, poi (si immerge il preparato 10 volte nel metanolo (fissativo), 10 volte nell’eosina (colorante di contrasto) e 5 volte nel Giemsa. si lascia asciugare e si mette per 1min circa nell'acqua distillata pulita, lo si lascia asciugare e si osserva) Esame colturale in terreno NNN oppure EMTM (terreno di Evans modificato secondo Tobie) o nel terreno brodo cuore‐cervello. È un esame poco usato per la difficoltà nel coltivare i protozoi: ha lo svantaggio di richiedere tempi lunghi d’esecuzione e i terreni si conservano per poco tempo. PCR DIAGNOSI INDIRETTA = Ricerca di anticorpi anti‐leishmania con Immunocromatografia, Test ELISA Immunofluorescenza. Test di Montenegro (valenza puramente storica) = intradermoreazione di 50‐100μl di un estratto di promastigoti → test positivo se compariva una papula dura, indolore, di oltre 5mm entro 48‐72h. Sintomi: febbre a gobba di cammello sudorazioni notturne perché il pz sfebbra calo ponderale dopo settimane o mesi astenia anoressia Segni: splenomegalia ed epatomegalia alla palpazione la milza risulta “come di pietra” ingrossamento dei linfonodi talvolta iperpigmentazione della cute presenza di macule ipopigmentate papule e noduli diffusi al viso, tronco e arti APPENDICE MICROBIOLOGIA REAZIONI SIEROLOGICHE = reazioni antigene‐anticorpo che avvengono in vitro SI ESEGUONO QUANDO si vuole ricercare la presenza di anticorpi nel siero di un paziente per diagnosticare la malattia infettiva. si vuole identificare un organismo in base agli antigeni che possiede Alla base di ogni reazione sierologica c’è la FORMAZIONE DELL’IMMUNOCOMPLESSO, che è spiegata dalla teoria del reticolo → solo quando la concentrazione degli antigeni e degli anticorpi è ottimale si creano dei ponti tra immunocomplessi formando, appunto, un reticolo. AGGLUTINAZIONE: è una reazione molto sensibile, anche a piccole quantità di anticorpi ed è molto usata, ad esempio, per la tipizzazione sierologica (tecnica di identificazione che fa uso di antisieri noti, che reagiscono con i vari antigeni batterici ‐ non noti ‐ permettendone il riconoscimento). DIRETTA → l'antigene corpuscolato (globuli rossi o batteri) viene posto a contatto (viene cimentato) con il siero contenente anticorpi specifici. La presenza dell’immunocomplesso è visibile sul fondo di una provetta/del pozzetto INDIRETTA → antigeni o anticorpi vengono fatti aderire artificialmente alla superficie di particelle corpuscolate come il lattice di polistirolo, di colore biancastro; la reazione viene fatta correre su un substrato di colore nero. La reazione di agglutinazione viene usata anche in ematologia per la determinazione dei gruppi sanguigni (sangue = antisiero, viene messo a contatto con una goccia di antisiero conente l’anticorpo) Nel 1901 il medico viennese Karl Landsteiner scoprì che sulla superficie dei globuli rossi dell'uomo sono presenti delle sostanze chiamate agglutinogeni (antigeni) nel plasma ci sono degli anticorpi chiamati agglutinine. Questi anticorpi sono capaci di distruggere, in vitro e in vivo, i globuli rossi contenenti antigeni di gruppo diverso, tramite una reazione di agglutinazione. Per questo, bisogna aver cura, prima di un’eventuale trasfusione o trapianto, che il ricevente non abbia anticorpi contro i globuli rossi del donatore per scongiurare rischi di rigetto e formazione di coaguli (immuncomplessi) Sulla base di queste scoperte, vennero classificati tre gruppi sanguigni. Nel 1902 venne scoperto il quarto gruppo. 1. Nel gruppo 0 non sono presenti gli antigeni (donatore universale) 2. Nel gruppo A vi è la presenza di un antigene indicato con una V. 3. Nel gruppo B si ha un antigene indicato con T. 4. Nel gruppo AB ci sono entrambi gli antigeni, V e T. Nel 1941, Landsteiner e Wiener misero in evidenza nei globuli rossi di una scimmia e, successivamente, in quelli umani, un nuovo antigene che chiamarono fattore Rh, capace di determinare la comparsa di agglutinine specifiche nel sangue di altri individui. Per verificare la compatibilità del gruppo sanguigno della madre con quello del feto, per valutare la compatibilità prima di eseguire una trasfusione di sangue o per accertare (diagnosticare) alcune forme di anemia, si esegue il TEST DI COOMB; nel caso della gravidanza, il test si dice diretto, se la ricerca degli anticorpi avviene nel sangue del neonato o indiretto, qualora la ricerca venga fatta nel siero materno PRECIPITAZIONE: quando l'antigene è solubile (come nel caso di macromolecole o tossine) viene messo cimentato con un siero contenente anticorpi specifici: all'inizio la miscela di reazione è perfettamente limpida, nel momento in cui vi è la giusta concentrazione di anticorpi e antigeni, con formazione di immunocomplessi e di reticoli (punto di equivalenza), si riuscirà a notare, ad occhio nudo, il precipitato nella sua massima quantità. IMMUNODIFFUSIONE → pozzetti scavati nell’agar nei quali si introducono antigene o anticorpo che diffondono, in senso radiale e danno origine ad una banda di precipitazione dal punto di incontro. IMMUNOELETTROFORESI → dopo elettroforesi delle proteine del siero sul gel di agar stratificato, ai lati, su dei solchi, viene introdotto l’antisiero che contiene anticorpi: nel punto d'unione tra proteine del siero separate e i rispettivi anticorpi, si formano degli archi caratteristici. WESTERN BLOT → permette di identificare una determinata proteina in una miscela di proteine, mediante il riconoscimento da parte di anticorpi specifici; per facilitare il riconoscimento, la miscela di proteine viene prima separata utilizzando un gel di poliacrilammide (SDS‐PAGE); successivamente le proteine vengono trasferite su un supporto, (una membrana di nitrocellulosa) e si procede al riconoscimento della proteina mediante l'utilizzo di un anticorpo specifico: l’unione tra i due darà luogo ad un immunocomplesso che verrà segnalato per la presenza di bande color ocra. Pur essendo meno sensibile (serve una concentrazione di anticorpi elevata), il western blot è altamente specifico.