Scarica Metodi e didattiche delle attività motorie e sportive e più Sintesi del corso in PDF di Scienze Motorie solo su Docsity! METODI E DIDATTICHE DELLE ATTIVITA’ MOTORIE E SPORTIVE CASOLO – L'UOMO E IL MOVIMENTO INTRODUZIONE Lo studio del movimento umano deve tener conto, inevitabilmente, di tutti gli studi e le evidenze scientifiche dei settori scientifico – disciplinari, delle neuroscienze (come la neuroanatomia, la neurofisiologia, la biomeccanica) e delle scienze umane (come la pedagogia, la psicologia e la sociologia). Infatti, solo un approccio pluridisciplinare potrà valorizzare il movimento come una tra le più importanti funzioni organiche indispensabili per l'evoluzione dell'uomo, per il mantenimento del benessere psicofisico e per la prevenzione dell'invecchiamento. Il corpo ed il movimento sono stati rivalorizzati nell'ambito di differenti contesti: - nella fenomenologia di M. Ponty, secondo la quale il corpo è alla base della consapevolezza e della certezza di essere al mondo, e pertanto l'uomo ha la certezza del mondo; - nella psicologia della conoscenza di Piaget e Bruner. Per Piaget la conoscenza e lo sviluppo dell'intelligenza partono dalla motricità e dalla azione. Bruner ha individuato, invece, L'azione come primo stadio dello sviluppo intellettivo; - nella psicologia dell'americano A. Gesell, e nei suoi studi ha dimostrato il ruolo dello sviluppo motorio per la formazione della personalità infantile; - nella psicobiologia di H. Wallon, dove per la prima volta si ritrova il concetto di uomo come unità biologica e di corpo come mezzo di relazione con il mondo e con gli altri; - nelle teorie psicoanalitiche di Freud, Klein ed Erikson, secondo cui il corpo diventa uno strumento di comunicazione e di manifestazione di sé, e l'accettazione di esso diventa determinante per conseguire un'identità positiva; - nella psicopatologia dello studioso R.A. Spitz, che ha dimostrato le correlazioni esistenti tra disturbi del comportamento e disturbi psicomotori. e con durata e intensità sufficienti. A al proposito, il termine esercizio fisico si riferisce specificatamente a quella forma di attività fisica intenzionale caratterizzata da movimenti corporei pianificati, strutturati e ripetuti, finalizzata al miglioramento e/o e mantenimento di una o più componenti della fitness fisica, che a loro volta comportano un miglioramento e/o mantenimento della salute. In particolare, nel 2010, la WHO ha stilato delle raccomandazioni ben precise sulla tipologia e sulle caratteristiche dell'attività fisica per ottenere benefici sulla salute per giovani, anziani e adulti, basandosi sulla durata o il tempo (in minuti) da dedicare alla sua pratica e sul MET, o equivalente metabolico, che corrisponde al costo metabolico o dispendio energetico di una determinata attività fisica (ad esempio lo stato di riposo corrisponde a 1 MET, Mentre l'esercizio fisico di intensità moderata può essere 3 o 6 volte più intenso dello stato di riposo). La WHO raccomanda come attività fisica di base la pratica di esercizi di tipo aerobico e, in sintesi, Le sue linee guida prevedono: - per infanzia e adolescenza (5 – 17 anni): almeno 60 minuti al giorno di attività fisica di intensità da moderata a vigorosa prevalentemente di carattere aerobico. Inoltre, dovrebbero essere inclusi anche esercizi di forza e potenza muscolare di intensità vigorosa almeno tre volte a settimana. L'attività fisica in questa fascia di età dovrebbe essere basata su attività sportive, giochi di movimento, attività ricreative, educazione fisica o esercizio strutturato. - per l'età adulta (18 – 64 anni): almeno 150 minuti alla settimana di attività aerobica di intensità moderata o, in alternativa, 75 minuti di attività fisica vigorosa. In aggiunta, dovrebbero essere praticati esercizi di forza o contro resistenza per il rafforzamento dei maggiori gruppi muscolari almeno due volte a settimana. - Per l'età anziana (> 65 anni): Le raccomandazioni sono le stesse di quelle degli adulti, con l'avvertenza di svolgere anche attività orientate al miglioramento della flessibilità, mobilità articolare e all'equilibrio per prevenire le cadute. Per chi fosse impossibilitato a seguire tali forme di esercizio per problemi di salute, è raccomandato il mantenimento di uno stile di vita attivo, in relazione alla propria condizione. La WHO Ha anche previsto una revisione periodica delle raccomandazioni e lo sviluppo di studi più mirati a delineare delle linee guida per l'attività fisica in altre fasce specifiche della popolazione, come, ad esempio, le donne in gravidanza, soggetti portatori di disabilità, o soggetti affetti da patologie croniche non trasmissibili. Nella popolazione adulta il tasso di inattività fisica tende ad essere maggiore nei paesi ad alto sviluppo economico, a causa di cambiamenti associati alla modernizzazione dei trasporti, all'uso sempre più pervasivo della tecnologia, all'urbanizzazione ed alla modificazione dei valori culturali. Le differenze nei livelli di attività fisica possono anche in parte essere spiegate da significative ingiustizie di genere e di posizione socioeconomica nelle opportunità di praticare attività fisica; ad esempio, ragazze, donne, persone anziane, persone con un basso status socioeconomico, persone con disabilità e malattie croniche, popolazioni emarginate, popolazioni indigene e abitanti delle comunità rurali hanno spesso meno accesso a spazi e luoghi sicuri, accessibili, convenienti e appropriati in cui poter essere fisicamente attivi, liberamente e senza pensieri. Quantificare e rendersi conto del tempo trascorso in comportamenti sedentari è fondamentale, in quanto esso va a sottrarre il tempo che potrebbe essere dedicato all'attività fisica di maggiore intensità, e contribuisce pertanto ad una riduzione sostanziale del dispendio energetico complessivo derivante dall'attività fisica. Per comportamento sedentario si intende tutti quei compiti basati sul mantenimento di una posizione seduta (ad esempio stare seduti sul posto di lavoro, a casa o nel tempo libero, guardare la tv, giocare al pc o guidare l'automobile) e che hanno un basso livello di dispendio energetico (inferiore a 1,5 MET). L'identificazione si programmi di esercizio o attività fisica efficaci per contrastare i periodi di inattività indotti da comportamenti sedentari prolungati è uno degli obiettivi fondamentali della ricerca contemporanea. A al proposito, vengono generalmente esplorate due strategie: - compensare i periodi di inattività associati ai comportamenti sedentari aumentando il volume e l'intensità dell'attività fisica praticata; - cercare di interrompere i periodi di sedentarietà, inserendo brevi periodi di esercizio e/o attività fisica durante il giorno (ad esempio camminare 1 - 3 minuti ogni 15 – 30 minuti, fare degli sprint di quattro secondi sulla cyclette). Entrambi questi approcci risultano efficaci per contrastare gli effetti della sedentarietà e possono aiutare le persone ad aumentare i loro livelli di attività fisica quotidiana, aumentando il loro dispendio energetico e contribuendo al raggiungimento dei livelli raccomandati per il mantenimento e/o miglioramento della salute. 3. WHO: attività motoria per la salute. Piano d'azione globale sull'attività fisica 2013 – 2020 Per il periodo 2013 – 2020, la WHO ha elaborato un piano d'azione globale per la prevenzione e il controllo delle malattie non trasmissibili (malattie cardiovascolari, le patologie respiratorie croniche, i tumori e il diabete), il cui scopo è stato quello di fornire delle linee guida per l'implementazione di azioni politiche coordinate e coerenti a livello locale, regionale mondiale, volte al raggiungimento di 9 obiettivi globali volontari stabiliti, e, inoltre, ha fornito agli Stati membri una serie di raccomandazioni e linee guida per l'implementazione di politiche specifiche volte all'aumento dei livelli di attività fisica nella popolazione. Nonostante ciò, nel 2017 è emerso che è l'effettiva attuazione di queste politiche è stata lenta e disomogenea. Per questo motivo, gli obiettivi, le linee guida e le raccomandazioni del piano d'azione 2013 - 2020 sono stati integrati in un più ampio progetto di sviluppo sostenibile il cui scopo è quello di assicurare, entro il 2030 una copertura sanitaria universale e ridurre le disuguaglianze sanitarie per tutte le persone, di ogni età ed abilità. Questa espansione ha dato origine al piano d'azione globale per l'attività fisica 2018 – 2030, fondato sul concetto di formare “persone più attive per un mondo più sano”, e grazie a cui Agli Stati membri sono stati concessi altri 5 anni per conseguire il raggiungimento degli obiettivi minimi precedentemente fissati entro il 2025. In altri termini, il piano d'azione della WHO è finalizzato alla riduzione del carico, anche economico, prevedibile ed evitabile di morbilità, mortalità e disabilità associato alle malattie non trasmissibili, la cui insorgenza compromette non solo la salute, la qualità della vita e la produttività dei singoli individui, ma fornisce un vero e proprio ostacolo al benessere ed allo sviluppo socioeconomico. Questo piano sull'attività fisica fornisce un quadro d'azione basato su quattro obiettivi strategici principali e propone una serie di azioni politiche specifiche per guidare gli sforzi Degli Stati membri per accelerare e favorire la promozione e la pratica di attività fisica per tutta la popolazione. I quattro obiettivi strategici individuati sono: - funzioni cognitive: in particolare, alcune tra le funzioni cognitive che possono essere maggiormente influenzate dalla regolare pratica di attività fisica sono la velocità di elaborazione o processo delle informazioni, la velocità di aggiornare e manipolare le informazioni contenute nella memoria di lavoro, l'inibizione comportamentale e cognitiva, la velocità di codifica e di recupero delle informazioni contenute nella memoria episodica e le funzioni esecutive come il ragionamento il problem solving; - carattere e personalità: sembrerebbe che l'attività fisica possa apportare cambiamenti favorevoli per lo sviluppo e la formazione della personalità e del carattere delle persone. 5. Verso un nuovo concetto di salute Oggi la concezione di salute di un individuo non è più rapportabile alla mera condizione di assenza di malattia. Infatti, l'uomo contemporaneo per star bene fisicamente e mentalmente e sentirsi realizzato nel mondo e nell'ambiente che lo circonda, oltre all'assenza di malattia ha bisogno di crescere, maturare, sentirsi accettato e di essere parte integrante della società. Per questo motivo, esso ha bisogno di maturare quelle che oggi vengono identificate come le aree di sviluppo della personalità: alla dimensione intellettivo – cognitiva a quella sociocomunicativa, a quello senso – motoria a quella affettivo – morale. In pieno accordo con la carta di Ottawa, “la promozione della salute e il processo che mette in grado le persone di aumentare il controllo sulla propria salute e di migliorarla. Per raggiungere uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, un individuo o un gruppo deve essere capace di identificare e realizzare le proprie aspirazioni, mi soddisfare i propri bisogni, di cambiare l'ambiente circostante o di farvi fronte. La salute è quindi vista come una risorsa per la vita quotidiana, non è l'obiettivo del vivere. Quindi, la promozione della salute non è una responsabilità esclusiva del settore sanitario, ma va al di là degli stili di vita e punta al benessere”. Tra i prerequisiti fondamentali per la promozione della salute della popolazione ricordiamo: vivere in una condizione di pace politico – economica (ad esempio assenza di guerra) ed in un ecosistema stabile che utilizzi primariamente risorse sostenibili, vivere in una società giusta ed equa ed in ambienti che favoriscono opportunità di movimento e stile di vita attivi. In particolare, quest'ultimo punto è conseguibile grazie al ruolo imprescindibile dell'educazione dell'istruzione; educare alla salute significa rendere le persone consapevoli dei comportamenti e delle abitudini che direttamente o indirettamente, nel breve o nel lungo termine, influenzano la salute stessa. In tal senso il processo educativo deve essere orientato alla crescita e alla maturazione fisica, mentale, sociale, affettiva e della personalità dell'individuo in modo tale da indurlo volontariamente, in modo autonomo o collettivo, a compiere scelte determinanti per lo sviluppo ed il mantenimento della salute. La scuola è un contesto privilegiato per l'implementazione di interventi educativi orientati alla promozione di abitudini e stile di vita sani, in quanto consente di raggiungere potenzialmente un'ampia fascia di popolazione giovane ancora influenzabile. L'istituzione scolastica è l'unica insieme alle aziende sanitarie locali (ASL) Ad avere attribuiti per legge compiti di educazione alla salute: “l'obiettivo da raggiungere è quello di promuovere uno stile di vita sano e di fornire ai più giovani delle abilità per la vita (Life skills) che consentano ai ragazzi di affrontare le varie scelte per la salute con le adeguate conoscenze e le opportune motivazioni. Per questo fine è necessario un progetto educativo per la salute all'interno del curriculum scolastico, da integrarsi al piano di offerta formativa. In quest'ottica, la scuola viene identificata non solo come sede dedicata all'istruzione e alla formazione dei giovani, ma anche come luogo di potenziamento individuale. Il sistema scolastico è l'ambiente educativo che, assieme alla famiglia, dovrebbe educare alla salute attraverso la trasmissione di una cultura che comprenda anche l'educazione alimentare e quella motorio – sportiva. 6. Well – being e wellness Secondo i due studiosi Enrile e Invernici, l’assenza o l'insufficienza di attività fisica provocano ripercussioni negative su tutto l'organismo e sulla personalità, e quando si verificano vi è una perdita di equilibrio tra attività della mente ed attività del corpo. I due autori hanno sottolineato proprio l'importanza di questo equilibrio tra pensiero e movimento, tra attività mentale ed attività fisica, e il benessere deriva proprio dall'equilibrio e dalla valorizzazione reciproca tra la mente ed il corpo. Oggi molte persone vivono trascurando o sottovalutando gli effetti benefici del movimento sulla salute semplicemente perché non ne sono a conoscenza, oppure perché non sono abituate ad integrarlo nella routine quotidiana ed a praticarlo regolarmente. Sentirsi bene è una sensazione che può essere avvertita in relazione a uno o più contesti: fisico, psichico, morale, emozionale, affettivo, sociale e così via per tutte le dimensioni della persona. Secondo Maslow, lo stare e il sentirsi bene derivano dalla soddisfazione di alcuni bisogni fondamentali e dall'autorealizzazione personale, condizione ottimale per essere creativi e soddisfatti. A al proposito, Maslow ha realizzato la piramide dei bisogni, che si articola in 5 livelli, dai più basilari ed elementari fino a quelli più astratti e complessi: - i bisogni fisiologici: (ad esempio respirare, alimentarsi, dormire, ecc.) sono i più impellenti, perché necessari alla sopravvivenza fisica e vanno soddisfatti per primi ed al più presto. - I bisogni di sicurezza: (ad esempio stabilità e sicurezza lavorativa, morale, familiare, di salute, tranquillità e prevedibilità, ecc.) - i bisogni di appartenenza: (ad esempio essere amati o amare, cooperare, partecipare far parte di un gruppo, ecc.) sono quelli che Maslow identifica come necessari per l'uomo per instaurare rapporti interpersonali ed amicizie. - I bisogni di stima: soddisfano da un lato il desiderio di rispetto e riconoscimento da parte degli altri per le nostre azioni (ad esempio essere stimati, rispettati, approvati e riconosciuti). - i bisogni di autorealizzazione: servono all'individuo per sentirsi appagato e prevedono l'utilizzo pieno del proprio potenziale individuale. Tale condizione si palesa attraverso la manifestazione spontanea e consapevole dei cosiddetti “valori buoni”: espressività spontanea, bontà, altruismo, coraggio e creatività. In altri termini, l'autorealizzazione è di fatto la massima espressione del sé e della propria intelligenza. Il concetto di salute oggi rappresenta uno stato di benessere fisico, mentale e sociale, e non più come la sola assenza di malattia o disabilità. Il termine wellness, risultante dall’integrazione dei concetti di well – being (Benessere) e fitness (forma fisica), si riferisce allo stato di salute ottimale raggiungibile dall'individuo mediante una particolare cura ed attenzione all'alimentazione ed allo stato di forma fisica. Il termine wellness si basa anche sullo sviluppo e l'acquisizione di sei componenti indispensabili: Il sistema motorio e a tutti gli effetti una parte del sistema cognitivo. I compiti di tale sistema non sono solo quelli di comandare, controllare e gestire l'esecuzione dei movimenti in risposta agli stimoli sensoriali, ma sono soprattutto quelli di interagire con l'ambiente attraverso funzioni strutturate. Dagli ultimi trent'anni di studi neuroscientifici, è emerso che il sistema motorio – cognitivo non è strutturato per singole azioni ma per scopi, e dunque per risoluzione di problemi posti dall'ambiente. Per esempio, l'azione dell'afferrare una bottiglia non viene ricondotta ad uno specifico programma motorio che gestisce e controlla quella tipologia di gesto, ma ad una funzione di afferramento strutturata a livello celebrale per ottenere quell'obiettivo, è utilizzata sia per gestire il gesto della mano sia per gestire qualsiasi altra parte del corpo utilizzabile per lo scopo. In tal caso, i neuroni della nostra corteccia cerebrale guidano e coordinano gli scopi del nostro agire. Inoltre, le aree sensoriali e motorie della corteccia cerebrale sono inequivocabilmente in relazione reciproca e si influenzano costantemente l'una con l'altra per gestire i movimenti globali e segmentari del corpo nell'ambiente. Per esempio, Quando noi guardiamo gli oggetti contenuti nel nostro campo visivo si formano e si attivano tutte quelle rappresentazioni pragmatiche di ciò che possiamo fare o svolgere con essi, e ciò avviene sia nel caso in cui l'azione sugli oggetti avvenga sia nel caso in cui l'azione non venga realizzata. Tali rappresentazioni, Evocate dall'osservazione di un'altra persona o che anche solo immaginiamo, sono una forma di pensiero cognitivo: questo aspetto conferma che il sistema motorio è parte determinante dello stesso sistema cognitivo. Quindi, le rappresentazioni mentali costruite dall'attivazione motorio – sensoriale di norma servono per eseguire movimenti atti al raggiungimento di uno scopo. vengono attivate anche quando vediamo qualcuno che stiamo osservando e che esegue davanti a noi un'azione. Questo vuol dire che nel nostro cervello esiste anche un sistema di inibizione interna che blocca la possibile riproduzione di ciò che stiamo osservando; altrimenti, se non ci fosse questa inibizione saremmo portati a riprodurre esattamente quello che osserviamo. Nel corso del suo sviluppo evolutivo, l'uomo impara, attraverso il fare, l'agire e il muoversi nell'ambiente, a strutturare lo spazio e il tempo e ha inibirsi ed autocontrollarsi. Quindi, l'interazione efficace dell'uomo con l'ambiente avviene attraverso il movimento e le azioni lungo il percorso di evoluzione della specie e individuale: le azioni modificano gli spazi e l'organizzazione della corteccia cerebrale, e la nostra esperienza (il nostro “fare”) cambia le esperienze stesse e le sue rappresentazioni. Inoltre, l'effetto esperienza attiva il sistema specchio: se abbiamo esperienza motoria di un'abilità che sappiamo eseguire e che abbiamo memorizzato, determinando così una modifica plastica del nostro cervello, questa nuova abilità acquisita guida anche una nostra maggiore comprensione della stessa abilità eseguita da altri. Nel bambino la plasticità è maggiore, e questo spiega la grande capacità di apprendimento del bambino stesso, e, in particolare, dello sviluppo del linguaggio (che è un “saper fare” principalmente motorio). 4. L'intelligenza corporeo - cinestetica e le funzioni esecutive Secondo Howard Gardner, gli uomini si distinguono perché sono portatori di forme di intelligenza diverse corrispondenti a “formae mentis” distinte. Tra queste spicca l'intelligenza corporeo cinestetica, e chi la possiede si dimostra in grado di conoscere e padroneggiare sia il proprio corpo sia i modi con cui esso opera. L'intelligenza corporea implica la capacità di comprendere il mondo attraverso il corpo, di esprimere idee, sentimenti e comunicare con gli altri attraverso il corpo. Avere una buona intelligenza motoria significa saper usare il proprio corpo in molti modi differenti e abili, per fini espressivi oltre che concreti, saper manipolare oggetti e generare coordinazioni spazio – temporali e consentono di ottenere una successione fluida di movimenti parziali che vanno a comporre un movimento globale unico, personale è autentico, che esprime appieno il proprio modo di essere e di adattarsi all'ambiente. Una parte rilevante dell'intelligenza corporeo – cinestetica è rappresentata dalle cosiddette “funzioni esecutive”, e sono responsabili della capacità di inibire pensieri e comportamenti routinari per esplorare nuove vie, pianificare le azioni, essere creativi e adattare flessibilmente il proprio comportamento al variare delle situazioni. Queste funzioni sono alla base dell'autocontrollo personale, e vengono particolarmente sollecitate dalle esperienze di movimento e, in particolare dalle situazioni variabili tipiche dei contesti ludici dei giochi di movimento. Una inadeguatezza di queste funzioni potrebbe incidere negativamente sulle capacità di apprendimento, di controllo motorio e di adattamento alle differenti situazioni, determinando distrazione e scarsa capacità di focalizzare la propria attenzione sul compito. 5. Neuroni specchio, sistema di relazione ed empatia La scoperta che all'interno del sistema motorio sono presenti gruppi di neuroni, chiamati neuroni specchio, che si attivano non soltanto durante l'esecuzione di un'azione, ma anche durante l'osservazione della stessa azione eseguita da un'altra persona, ha permesso di comprendere meglio le basi neurofisiologiche della vita di relazione e della socialità. Di fatto, i neuroni specchio sono cellule nervose che si attivano sia quando compiamo un'azione in prima persona sia quando vediamo quello che fanno gli altri, in quanto il sistema neuronale dell'osservatore si attiva come se l'osservatore fosse lui stesso l'attore dell'atto motorio. Il sistema a specchio interviene in modo determinante in numerosi processi sociali e cognitivi come la comprensione delle azioni e delle intenzioni altrui, l’imitazione, la comprensione delle emozioni e l'empatia. Sincronizzandoci cognitivamente con l'altro, entriamo in empatia con esso, e questo ci permette di capire lo stato d'animo, il modo di essere e il significato dell'agire dell'altro; tutto ciò è alla base nello sviluppo della relazione con gli altri. Quindi, la cognizione, la percezione e l'azione non sono funzioni separate nel nostro cervello in compartimenti stagni, ma sono forme diverse della stessa medaglia. Inoltre, già nei primi anni di vita l'esperienza motoria è la base su cui si costruisce la comprensione delle azioni degli altri. 6. Neurofisiologia della motricità umana 6.1 La Motricità primitiva La motricità primitiva, dal punto di vista neurofisiologico, è riflessa. Un esempio di motricità da primitiva è dato da quelli che Mainel definisce movimenti massivi incontrollati, cioè quei movimenti che, nei primi tre mesi di vita ed in stato di veglia, ti fanno sembrare il neonato come un piccolo essere agitato, disordinato e goffo nella sua motricità, specialmente quando muove in modo scoordinato gli arti superiori assieme a quelli inferiori. Sono movimenti massivi in quanto interessano contemporaneamente niente più parti del corpo ed incontrollati in quanto non sono all'apparenza diretti ad uno scopo. - il riflesso di prensione: e consiste nella chiusura della mano quando avviene il contatto tattile del palmo con un oggetto esterno; - il riflesso posturale labirintico del capo: si nota a partire dalle prime settimane dopo la nascita, quando il neonato tenta di estendere la testa da posizione prona. Rappresenta la prima delle reazioni innate di raddrizzamento, che porteranno il bambino ad acquisire progressivamente la postura eretta, E viene via via integrata dalle reazioni di equilibrio, che servono per evitarci di cadere e per aiutarci a controllare le posizioni del corpo nello spazio in opposizione alla forza di gravità. Le esperienze di movimento portano il bambino ad acquisire progressivamente nuove posizioni e nuove modalità di traslocazione: in questo processo di apprendimento, la motricità riflessa è nata si adatta e viene condizionata. Una volta acquisiti con l'esperienza, i riflessi condizionati consentono un migliore adattamento dell'organismo all'ambiente. 6.2.5 Riflessi condizionati o acquisiti I riflessi condizionati o acquisiti sono quelli provocati dall'esperienza vissuta. I riflessi condizionati si acquisiscono anche spontaneamente: essi creano, per così dire, nuovi legami tra gli stimoli provenienti dal mondo esterno e i processi fisiologici, facilitando in tal modo l'adattamento dell'organismo alle diverse situazioni. 6.2.6 Il riflesso miotatico Il muscolo scheletrico, quando viene sottoposto ad eccessivo allungamento, contrae con una forma di motricità automatica chiamata riflesso miotatico. 6.4 La Motricità automatizzata Il movimento umano si compone anche di gesti automatizzati, che sono l'espressione dell'apprendimento di abitudini o abilità motorie e sportive: sono il risultato della trasformazione di precedenti movimenti volontari e controllati che, grazie alla ripetizione ed alla riuscita del processo di apprendimento motorio, si automatizzano diventando familiari, economici e precisi. Il grado di automatizzazione di questi movimenti dipende dal numero di ripetizioni eseguite e quindi dall'allenamento. L’azione automatizzata presenta alcune caratteristiche: - può essere molto veloce; - richiede bassi livelli di attenzione; - consente il controllo agevole di più compiti o movimenti anche in competizione tra loro; - è più economica dal punto di vista energetico; - consente l'esecuzione agevole di gesti motori complessi (come i gesti sportivi e acrobatici, abilità di manipolazione fine) Questa forma di controllo del movimento è quella che ci permette di svolgere compiti usuali o gesti sportivi senza prestare attenzione eccessiva, come camminare mentre si legge il giornale, eseguire un esercizio combinato da più difficoltà nella ginnastica artistica o nella ginnastica ritmica, sciare permettendoci di guardare il panorama. La maggior parte dei gesti automatizzati avvengono, quindi, senza uno stretto controllo attentivo, ma le reafferenze sensoriali mantengono sempre un ruolo di controllo del movimento. Infatti, può capitare che, mentre stiamo passeggiando ecco un temporaneamente leggendo un giornale, uno dei nostri piedi manchi l'appoggio al suolo in seguito al termine del marciapiede; nonostante la nostra attenzione sia coinvolta nella lettura, la mancanza della afferenza tattile e plantare ci induce a distogliere prontamente lo sguardo dal giornale e a reagire al mancato appoggio. 6.4.1 Il Controllo degli automatismi Il nostro sistema nervoso centrale può gestire e controllare i movimenti automatizzati; per fare ciò, devono essere “registrati” e, dunque, immagazzinati in una specie di memoria chiamata memoria cinestetica. 6.4.2 I Programmi motori o pattern Dopo aver praticato a lungo un movimento, l'uomo è in grado di eseguirlo automaticamente ponendo un'attenzione minima, se non addirittura nulla, a ciò che sta facendo. Questo fatto presuppone la progressiva formazione di programmi motori o pattern, definibili come un insieme di comandi motori che si strutturano con l'esperienza e vengono attuati grazie ad un coordinamento ed una sincronizzazione di output che arrivano al sistema muscolare. Il pattern contiene tutte le indicazioni per eseguire un gesto automatizzato e rappresenta dunque il pacchetto di comandi di riferimento per l'esecuzione dei gesti motori abituali e delle abilità sportive. Per esempio, gli atleti di alto livello non devono pensare ad ogni componente bel gesto tecnico che stanno eseguendo, ma devono semplicemente attivare il pattern relativo a quella abilità per eseguirla automaticamente (come il ginnasta che esegue un esercizio a corpo libero con estrema facilità); o, per esempio, pensiamo anche a qualsiasi abilità motoria eseguita in forma abituale (come scrivere, camminare, correre o suonare uno strumento musicale). Mentre compiamo questi atti la nostra attenzione può essere rivolta ad altro, e questo consente alla persona o all'atleta di concentrarsi su variabili ambientali e situazionali che possono modificare il programma motorio o, se è il caso, di cambiarlo attivandone un altro più appropriato; per esempio, il cambio di strategia di un playmaker, di traiettoria per uno slalomista, di direzione per il soggetto normale che sta semplicemente camminando. 6.4.3 La memoria cinestesica Per memoria intendiamo la ritenzione di informazioni apprese attraverso il sistema sensoriale; come siamo in grado di memorizzare date, fatti ed eventi, così, ogni volta che ci muoviamo, siamo in grado di ricordarci delle sensazioni legate all’ esecuzione di quell'atto e, pertanto, ricordiamo il gesto che abbiamo compiuto. La memoria per fatti ed eventi viene chiamata memoria dichiarativa, mentre quella per gli atti motori o per i gesti sportivi è detta memoria procedurale o cinestesica. Le memorie dichiarative si formano e si dimenticano con una relativa facilità, mentre quelle cinestesiche si formano con una continua ripetizione degli atti motori e con l'addestramento, ma si dimenticano difficilmente; per esempio, ti basti pensare a quanto sia relativamente semplice rigiocare uno sport tanto praticato in precedenza dopo un lungo periodo di astinenza. Lo studioso Schimdt identifica tre distinti sistemi di memoria: - il magazzino sensoriale a breve termine; modello delle reti neurali sono state condotte, nel tempo, delle ricerche sulla prensione motoria e sulla coordinazione occhio mano. - Poi, invece, abbiamo un secondo gruppo di teorie che invece si basano sulla teoria dell'azione, cioè non sulla elaborazione di informazioni e sul costrutto computazionale, ma sulle teorie proprio dell'azione. Queste teorie, al contrario delle prime, considerano marginale l'idea di un immagazzinamento di informazioni nel sistema nervoso centrale, e pongono, invece, maggiore attenzione sul ruolo dell'ambiente, che è importante proprio perché, attraverso l'ambiente, si origina il movimento. Queste teorie evidenziano che le azioni funzionali, cioè le azioni messe in atto, sono viste come emergenti dalla relazione tra l'organismo e l'ambiente; quindi, è molto importante la variabile ambientale. Quindi, queste teorie dell'azione sottolineano la reciprocità della relazione organismo - ambiente come sorgente del movimento; attraverso questa relazione reciproca tra soggetto e ambiente nasce il movimento. Questo aspetto porta alla considerazione che percezione e azione sono strettamente connesse tra di loro e non ha alcun senso tenerle separate; infatti, esse lavorano insieme in quella che noi definiamo la sfera percettivo - motoria. Quindi, queste teorie dell'azione prevedono l'emergere di nuovi movimenti ogni volta che interviene un cambiamento, sia a livello dell'organismo sia a livello ambientale, oppure quando c'è un cambiamento nel processo di relazione che lega organismo e ambiente. Però, le teorie che evidenziano il ruolo della percezione nel controllo motorio non affrontano realmente l'aspetto dell'apprendimento, e si arriva, così, a parlare di quelli che sono i sistemi dinamici o le teorie dinamiche. I sistemi dinamici (o teorie dinamiche) sono tutte quelle teorie che affermano che i comportamenti motori si evolvono con il tempo. Un esempio è il cammino; queste teorie dei sistemi dinamici dicono che il cammino è uno schema motorio di base che, però, si perfeziona e si evolve col tempo. Infatti, noi non camminiamo come camminavamo 15 anni fa, o vent'anni fa, o da bambini. Un altro esempio è la coordinazione o anche il controllo dei movimenti più complessi; queste teorie dicono che anche quando noi facciamo convergere più movimenti insieme, questi movimenti col tempo migliorano e si evolvono e, quindi, poi abbiamo il controllo e l'integrazione dei movimenti più complessi. Infatti, fondamentalmente, quando noi parliamo di coordinazione (che è un concetto molto ampio e complesso) non parliamo solo di coordinazione occhio mano, ma abbiamo tante forme di coordinazione. Questi sistemi dinamici possono essere anche caratterizzati dalla loro capacità di cambiare stato; per esempio, una caratteristica, o un pattern motorio. Quindi, sembra che mostri questa caratteristica di cambiare stato, come, per esempio, accade per il cammino; se la velocità del passo aumenta, la forma del modello motorio cambia, e diventa corsa (cioè, noi abbiamo la passeggiata, poi abbiamo la camminata veloce, poi abbiamo la corsa). Il cammino, quindi, è un sistema dinamico, perché ci consente di passare da una velocità all'altra; il passo aumenta fino a diventare una vera e propria corsa. Prima di parlare il controllo motorio, bisogna chiarire un aspetto importante: che cos'è il feedback motorio. Il feedback è un insieme di informazioni che il soggetto esegue. Il soggetto che esegue un movimento ha la possibilità di ricevere ed elaborare questi feedback, che permettono a un soggetto di controllare quel movimento e poi di eseguirlo con la massima efficacia. Quindi, il feedback è un pacchetto di informazioni che il soggetto in movimento esegue e che ha la possibilità di ricevere ed elaborare, e, allo stesso tempo, ha la possibilità di controllare il movimento ed eseguirlo con la massima efficacia. Ci sono due tipologie di feedback: - il feedback intrinseco, che è relativo alle informazioni conseguenti al proprio movimento, e che il soggetto è in grado di ricevere e di elaborare grazie ai propri analizzatori. Questi analizzatori sono quello visivo, quello prettamente cinestetico, quello tattile, quello acustico e quello vestibolare. Quindi, questo feedback si mette in atto proprio quando un soggetto in movimento riceve delle informazioni da questi analizzatori, cioè dalla vista, dall'aspetto tattile cinestetico, da quello acustico e da quello vestibolare. - il feedback estrinseco, che è relativo alle informazioni che provengono da fonti esterne. Ad esempio, quando l'allenatore vuole comunicare qualcosa al proprio atleta o al proprio giocatore lo fa attraverso sia informazioni verbali che attraverso il linguaggio corporeo o attraverso informazioni non verbali. Quindi, in questo caso, il feedback si trasforma in un vero e proprio linguaggio corporeo o linguaggio motorio. A sua volta, questo feedback estrinseco deve essere tradotto in qualche modo in un linguaggio motorio. Il feedback estrinseco, quindi, ha bisogno di essere in qualche modo tradotto e modificato in un linguaggio motorio; cioè le informazioni visive e acustiche devono integrarsi con quelle vestibolari e propriocettive del feedback intrinseco. Il feedback estrinseco si divide in altri due sotto feedback: - il feedback sul risultato, che informa il soggetto se il proprio movimento ha raggiunto l'obbiettivo prefissato. - il feedback sulla prestazione, che è relativo alla modalità di esecuzione del movimento, cioè a come si esegue il movimento e anche alla qualità di come si esegue il movimento. Il feedback, fondamentalmente, è anche un processo comunicativo; quindi, come tutti i processi comunicativi, produce degli effetti importanti sul piano relazionale. Il feedback influenza tantissimo il rapporto allenatore – atleta, e, se noi trasportiamo questo aspetto a livello didattico, diremo che questo accade anche nella didattica di tutti i giorni; si crea tra il docente e lo studente un feedback che, a tutti gli effetti, è un processo comunicativo che produce un effetto importante sul piano relazionale e influenza, di conseguenza, il rapporto tra docente e studente, come quello tra allenatore e atleta. Il feedback, inoltre, ha una duplice funzione: bisogna capire se è un feedback semplicemente informativo (per esempio, io sto comunicando una cosa al mio studente, sto lo sto informando), oppure se il feedback è di rinforzo. Quindi, bisogna sempre capire la funzione del feedback e dosare opportunamente le istruzioni che hanno un valore negativo con quelle che hanno un significato positivo, tenendo conto che i messaggi che si inviano ai nostri allievi possono essere anche di natura non verbale. Facciamo anche attenzione a come arrivano i messaggi, perché, se il feedback non è positivo ma è negativo, non si avrà un riscontro positivo. Dobbiamo anche immaginare che, oltre a comunicare in maniera informativa o di rinforzo, possiamo anche comunicare verbalmente qualcosa al nostro studente; anche in questo caso, comunque, si tratta di un feedback, cioè un feedback non verbale. Un feedback non verbale può anche essere, per esempio, la nostra postura nei confronti dei nostri studenti, che può assortire degli effetti negativi. Quindi, cerchiamo di dosare bene le istruzioni, e cerchiamo di creare un feedback che sia positivo e che tenga conto anche dei messaggi non verbali che si inviano ai nostri studenti. Si arriva, così, al concetto di controllo motorio a circuito chiuso e controllo motorio a circuito aperto: tipo, per ogni azione una serie di possibilità per la realizzazione di movimenti mai eseguiti prima. Quindi, questo programma motorio generalizzato possiede delle caratteristiche che non variano, che non cambiano, che sono invarianti e che restano uguali; quindi, parliamo di programma motorio generalizzato come un pattern motorio, un programma, come un'organizzazione di attività e di azioni motorie che non cambiano, che sono invarianti, che restano uguali, e sono proprio queste caratteristiche invarianti che definiscono un programma motorio generalizzato relativo a tutta una serie una categoria di movimenti con una certa identità di struttura e poi anche di rassomiglianza in senso globale. Quindi, Smith fa un ulteriore passo avanti, perché non si sofferma al concetto di programma o pattern motorio, ma parla di un programma motorio generalizzato, cioè un programma motorio postulato per ogni azione e che ci consente di pensare e di mettere in atto momenti mai eseguiti prima; è un programma che ha le caratteristiche dell'invarianza e, quindi, le azioni motorie e i gesti motori restano uguali (dunque definiscono la forma della base del movimento). Il compito di un programma motorio generalizzato è proprio quello di sviluppare degli schemi motori che siano basati sulla regolazione del feedback; quindi, non abbiamo sempre gli stessi schemi, ma questi schemi motori, fondamentalmente, si sviluppano secondo la regolazione del feedback. Possiamo vederlo, per esempio, l'esecuzione di un qualsiasi movimento, o anche una tecnica motoria sportiva, non viene mai ripetuta esattamente allo stesso modo, ma che il programma motorio subisce degli aggiustamenti, delle modifiche, che devono essere realizzate proprio per confermare, poi, l'esecuzione alle richieste ambientali. Smith ritiene che, dopo l’esecuzione di un movimento con un programma motorio generalizzato, il soggetto immagazzina quattro tipi di informazioni o di condizioni: - condizioni iniziali, cioè informazioni che riguardano lo stato del sistema muscolare; - l'ambiente, cioè la posizione del nostro corpo in relazione all'ambiente, la posizione degli arti del corpo e le condizioni ambientali generali; - Le specificazioni di risposta, cioè quei parametri come la forza, la velocità, che sono le capacità condizionali adeguate alla situazione per poter attuare un programma motorio generalizzato. - Le conseguenze sensoriali della risposta prodotta, cioè sono tutte quelle informazioni che si basano sul feedback sensoriale durante e dopo la realizzazione del movimento. Un'altra cosa importante sono i risultati del movimento, cioè sono le informazioni che noi riceviamo dal risultato ottenuto dopo il movimento. Lo schema motorio, quindi, diventa più ricco, più chiaro e preciso, e sulla base di esso possono essere generati ulteriori specifici movimenti mai eseguiti prima. CAPITOLO 3 IL MOVIMENTO UMANO 1. Definizioni Il movimento è una delle più importanti funzioni organiche che consente all’uomo di crescere, mantenere un buono stato di salute e di interagire con l’ambiente. La vita dell'uomo si manifesta attraverso il movimento non solo quando ci spostiamo nello spazio (camminiamo, andiamo in bicicletta, corriamo, ecc.), ma anche quando provvediamo ai nostri bisogni essenziali come il mangiare, il bere, l'andare in bagno. Possiamo addirittura Ehi affermare che vi è movimento anche nel mantenimento di posizioni statiche, in quanto, quando siamo fermi in stazione eretta o seduti, lo possiamo fare grazie a contrazioni statiche di alcuni muscoli che, per consentirci di mantenere quella posizione, esprimono una tensione sufficiente per opporsi alla forza di gravità. 2. Funzioni 2.1 Sviluppo delle capacità intellettive Il movimento favorisce fin dalla nascita lo sviluppo di capacità percettive e cognitive. Le esperienze motorie portano il bambino a conoscere e sperimentare il rapporto con l’ambiente ed hanno un ruolo decisivo nello sviluppo della capacità di percezione e quindi dell’elaborazione delle informazioni sensoriali provenienti dall’esterno del nostro corpo, dalla sua superficie e dall’interno (propriocettive). Anche la strutturazione delle competenze linguistiche ed espressive viene influenzata dalle esperienze del movimento che, nel bambino attivo e sicuro di sé, si manifestano con la comparsa a tempo debito delle tappe di acquisizione del linguaggio (lallazione, parole, frasi espanse, ecc..). Gli schemi motori di base sono le forme fondamentali de movimento. Sono chiamati di base perché rappresentano i fondamenti, i mattoni con cui costruiamo ogni nostro movimento. Gli schemi motori di base coincidono con i gesti motori naturali ed abitudini tipici della specie umana, e rappresentano il frutto del processo di apprendimento, automatizzazione e coordinamento di atti parziali che incomincia dalla nascita e che viene condizionato dalle esperienze di movimento. I principali schemi motori di base sono: - Camminare - Correre - Arrampicarsi/ appendersi - attaccare/ difendere - lanciare/ colpire - Afferrare - rullare/ ruotare - saltare - Atterrare - Scavalcare - Strisciare - procedere carponi Dall’evoluzione degli schemi motori di base si formano le abilità motorie, che sono schemi motori di base finalizzati al raggiungimento di un preciso obiettivo. Quindi, so che va oltre gli schemi motori di base diventa abilità motoria. Ad esempio, lo schema motorio di base del lanciare diventa abilità motoria quando si riesce a lanciare con precisione. Altri esempi di abilità motoria sono lanciare una palla o camminare all'indietro. Incrementando le abilità motorie il bambino riuscirà a migliorare il controllo del corpo e questo gli permetterà di affinare lo schema corporeo (l’immagine che ha di sé stesso). 3.3.1 Assi e piani del movimento Gli assi e i piani del movimento sono costituiti da tre ipotetici piani e tre assi fondamentali: - I piani possono essere: o Frontale (divide il corpo in 2 metà - anteriore e posteriore); o Sagittale (divide in corpo in 2 metà - destra e sinistra); o Orizzontale (divide il corpo in 2 metà superiore e inferiore). - Gli assi possono essere: o Longitudinale (percorre il corpo dalla testa ai piedi); o Trasversale (percorre il corpo da un lato all’altro); o Atero - posteriore (percorre il corpo dal davanti al dietro. 4. Effetti dell’inattività 4.1 Ipocinesi L’ipocinesi è la situazione che identifica la mancanza o l’insufficienza di attività motoria. Le malattie ipocinetiche dipendono da una molteplicità di fattori: - Carenza di strutture e di ambienti: quindi non si ricreano opportunità di movimento; - Sistema scolastico: Che non è in grado di educare al movimento e non sa ancora integrare alle culture umanistiche e scientifiche la cultura motoria - Sistema del lavoro: Che trascura totalmente il benessere psicofisico del lavoratore. 4.2 Analfabetismo motorio L'analfabetismo motorio è l’incapacità di svolgere compiti motori. Questa carenza di apprendimento motorio, nel corso dell'età evolutiva e, in particolare, negli anni della scuola primaria, da un lato causa la riduzione delle capacità funzionali e dall'altro riduce sensibilmente le sollecitazioni per uno sviluppo armonico della persona, sia per il dominio fisico – motorio sia per quello psichico e sociale. Le cause anche in questo caso sono diverse ma tra le più diffuse abbiamo l’avvento dei giochi elettronici e sedentari a danno ovviamente di quelli motori. Tra i giochi motori ricordiamo i giochi da cortile che favoriscono la crescita motoria qualitativa e quantitativa, oltre a quella intellettiva sociale. - Estensione: può essere considerato il ritorno dalla flessione (ad esempio, l'estensione della gamba, del piede, del braccio, ecc.); - Rotazione: movimento di un segmento attorno ad un'asse di movimento; - Supinazione: movimento di rotazione dell'avambraccio attorno al proprio asse verso l'esterno che porta il palmo della mano verso l'alto; - Elevazione: movimento traslatorio sul piano frontale della scapola o dell'emibacino verso l'alto (ad esempio, quando alziamo un segmento corporeo). 1.4 Ambito motorio L'ambito motorio analizza e studia le capacità di movimento, le abilità del movimento ed il processo di apprendimento motorio. In ambito motorio possiamo fare una distinzione tra capacità motorie coordinative e capacità motorie condizionali. Alcune capacità motorie condizionali: sono la forza, la rapidità, la resistenza, la mobilità articolare (le articolazioni), l'orientamento spaziale, l'orientamento temporale, la combinazione di movimenti, la ritmizzazione e i movimenti attivi, passivi e misti (e dipendono dal grado di partecipazione del soggetto). 1.5 Ambito energetico L'ambito energetico studia il movimento dal punto di vista del consumo calorico utilizzato dall'organismo umano per produrlo. Tale consumo viene oggi stimato in MET o equivalente metabolico dell'attività: il MET è l'unità di misura che stima la quantità di energia utilizzata dall'organismo durante l'attività fisica rispetto alla quantità di energia utilizzata dall'organismo per il metabolismo a riposo. Utilizzando il MET è possibile differenziare i comportamenti motori, che vengono suddivisi in: - Comportamenti sedentari: 1,0 – 1,5 MET (lavoro d'ufficio, stare seduti, guardare la tv, meditazione, ecc.) - Attività a lieve intensità: 1,5 – 2,9 MET (lavori domestici leggeri come il giardinaggio o cucinare, lavarsi e vestirsi, suonare uno strumento musicale, scrivere, camminare lentamente, pescare, yoga leggero, ecc.) - Attività ad intensità moderata: 3,0 – 5,9 MET (strofinare i pavimenti, portare le borse della spesa, tagliare l'erba, riparazioni di casa, pedalare lentamente, ballo da sala lento, ecc.) - Attività ad intensità vigorosa: > 6 MET (sollevare e trasportare oggetti pesanti, lavori agricoli, ballo veloce, corsa, salire le scale, giocare ad un gioco di movimento tradizionale, allenamento atletico, ciclismo da pista, ecc.) 2. Le forme attuali di attività motoria nell'uomo Le principali forme di attività motorie nell'uomo sono: - La motricità funzionale di locomozione; - La motricità di espressione di relazione; - Il gioco di movimento; - Lo sport; - Le forme del fitness e del tempo libero. 2.1 La Motricità funzionale di locomozione La motricità funzionale raggruppa tutti quei gesti segmentari o globali che l'uomo svolge abitualmente per muoversi e per interagire con l'ambiente fisico - naturale e sociale. Infatti, il termine funzionale comprende tutte quelle abilità motorie che servono o che sono servite all'uomo per vivere in un determinato ambiente. La motricità funzionale di locomozione prevede alcuni schemi motori di base come il cammino, il correre, l'arrampicarsi, lo strisciare e gattonare, lo scavalcare saltare e l'equilibrarsi. 2.1.1 Il Cammino Il cammino è la forma di traslocazione più utilizzata dall'uomo, che gli consente di procedere nello spazio attraverso una successione di appoggi degli arti inferiori e senza tempo di volo. Il bambino impara a camminare ad una età compresa tra i 10 e i 14 mesi. L’apprendimento di questa forma di locomozione avviene per imitazione, mentre i meccanismi del cammino sono innati e vengono utilizzati non appena il bambino è in grado di equilibrarsi. Nella motricità adulta l'uomo è in grado di gestire ed adattare il cammino alle differenti situazioni d'ambiente secondo una direzione spaziale (avanti/ indietro) o temporale (inizio/ interruzione/ ripresa del cammino), a differenti velocità (velocità naturale/ più lenta/ più veloce), in differenti situazioni spaziali (spazio libero/ spazio occupato), su superfici di vario genere (dure/ molli, di dimensioni più o meno ridotte, più o meno instabili), in rapporto a differenti situazioni di pendenza (in piano, in salita o discesa). 2.2 La motricità di espressione e di relazione La motricità di espressione e di relazione è fortemente legata al linguaggio verbale e non verbale e alla manipolazione. 2.2.1 Il linguaggio verbale e non verbale Il processo di coordinazione che coinvolge l'uomo dalla nascita in poi interessa anche quella muscolatura più piccola e meno nota deputata al controllo della fonazione, dei movimenti della lingua, dei muscoli del palato e della bocca. Parlare, dunque, e prima di tutto un atto di coordinazione motoria. Alla lingua parlata, normalmente, vengono associati un insieme di movimenti con funzione comunicativa di completamento, che comprendono le espressioni del viso e la gestualità delle altre parti del corpo. 2.2.2 La manipolazione La manipolazione consiste nell'abilità di interagire con gli oggetti utilizzando le capacità prensili delle nostre mani (ad esempio, raccogliere, appoggiare, muovere, lanciare, afferrare, ecc.). È Una delle abilità più importanti per l'uomo che, attraverso la prensione, gestisce gli oggetti presenti nell'ambiente, impara a scrivere, a disegnare e a manipolare gli attrezzi. A tal proposito, la scelta della mano da utilizzare dipende dallo sviluppo e dal consolidamento della dominanza della lateralità, che nel corso della nostra esistenza ci porta ad utilizzare meglio una delle due parti pari presenti nel corpo umano; componente congenita che influenza la struttura del tessuto connettivo della muscolatura e delle articolazioni, da fattori ormonali che si modificano nel corso dell'evoluzione dell'uomo, dalle nostre abitudini motorie che sollecitano determinate ampiezze articolari o allungamenti muscolari. 3. La reattività La Qualità o capacità di reazione può essere definibile come quella che ci permette, dato uno stimolo, di reagire motoriamente ad esso il più velocemente possibile. Si compone di un tempo totale identificabile come quello necessario per percepire, identificare, elaborare uno stimolo esterno e rispondere motoriamente. 4. L’equilibrio La Qualità o capacità di equilibrio possiamo definirla come quella che ci consente, attraverso aggiustamenti riflessi, automatizzati o volontari, di mantenere una posizione statica o di eseguire un movimento senza cadere anticipando reagendo ai possibili fattori di squilibrio. Distinguiamo due tipi di equilibrio: - l'equilibrio statico: ovvero la capacità del corpo o di un suo segmento di mantenere una posizione statica; - l'equilibrio dinamico: ovvero la capacità di mantenere, durante la gestualità e le traslocazioni, i segmenti corporei in una condizione di stabilità. 5. La Combinazione o capacità di accoppiamento e combinazione dei movimenti La capacità di accoppiamento e combinazione dei movimenti permette di integrare efficacemente in un'unica struttura motoria i movimenti parziali o segmentari secondo i criteri temporali di successione e/o simultaneità. 6. La Capacità di differenziazione cinestetica La capacità di differenziazione cinestetica possiamo definirla come la presa di coscienza del tono muscolare e la relativa capacità di dosarlo al fine di coordinare il giusto grado di tensione negli interventi segmentari o parziali. 7. L’orientamento spazio – temporale La capacità di orientamento spazio-temporale ci permette di organizzare i movimenti nella dimensione spazio-temporale (richiama i concetti topologici). Spazio e tempo sono due dimensioni sempre presenti e potremmo definirle come le “coordinate” nelle quali avviene il rapporto tra il sé ed il mondo. 8. La ritmizzazione La Capacità di ritmizzazione corrisponde all'organizzazione del movimento nel tempo, determinandone la periodicità, l'intensità, la velocità, le pause e la durata. 9. La trasformazione La Capacità di trasformazione è quella che ci permette di modificare un'azione motoria in atto in funzione dell'evoluzione delle situazioni, in modo che ne risulti un'azione più appropriata ed efficace. 10. La forza In Ambito cinesiologico e biomeccanico la forza è definibile come la capacità dei muscoli di opporsi, attraverso contrazioni, a resistenze esterne. 11. La resistenza La Capacità di resistenza è definibile come quella capacità di protrarre un'attività motoria senza diminuire l'efficacia della prestazione. 12. La rapidità La Rapidità e quella capacità che ci consente di realizzare un movimento nel minor tempo possibile. 13. La Flessibilità o capacità strutturale elastica La flessibilità o capacità strutturale elastica è una capacità che dipende da due componenti interdipendenti ma disgiunte: - la mobilità articolare, che è definibile come la capacità delle nostre articolazioni di consentirci l'esecuzione disinvolta dei movimenti alla loro massima ampiezza; - l'elasticità muscolare, che è la capacità del muscolo che elettrico di lasciarsi stirare e di recuperare la lunghezza fisiologica senza subire traumi. - Parziale: comporta l'utilizzo di un numero limitato delle parti del corpo (ad esempio, digitare un testo; annodarsi i lacci delle scarpe); - Complessa: quando si compone di un numero elevato di atti parziali, o di movimenti fini da coordinare, o quando è completamente nuova (ad esempio, effettuare uno schema motorio o un gesto motorio per la prima volta) - Semplice: quando si compone di un numero limitato di atti parziali, o quando non è nuova, o quando può dipendere in modo significativo da abilità preesistenti (ad esempio, effettuare uno schema motorio o un gesto sportivo già conosciuto o simile ad un altro gesto ben conosciuto); - Discreta: si manifesta quando un'azione è breve e da un inizio ed una fine definiti (ad esempio, portare un bicchiere alla bocca per bere; tirare a canestro); - : si evidenzia quando un compito motorio e ordinato con una sequenza periodica e ripetitiva di abilità discrete (ad esempio, avvitare con il cacciavite; lavarsi i denti; palleggiare la palla) - Continua: quando l'azione si svolge in modo ciclico senza un inizio ed una fine identificabili (ad esempio, camminare; correre; pattinare; remare; pedalare); - Utilitaristica: quando l'azione che si svolge è utile per la vita ed il benessere dell'uomo (ad esempio, nuotare; scavalcare; alzarsi e sedersi); - Di prestazione: quando il gesto viene praticato ai fini del raggiungimento di una prestazione sportiva (ad esempio, saltare in alto; correre una gara di velocità); - Chiusa: compito motorio eseguito in un ambiente prevedibile e che non necessita di adattamenti (ad esempio, salire e scendere le scale; eseguire un esercizio di ginnastica artistica); - Aperta: compito motorio che, eseguito in un ambiente imprevedibile e mutevole, necessità di un continuo adattamento (ad esempio, lottare; giocare; praticare uno sport di situazione). 2.1 Sport ad abilità chiuse (open skill) In molte discipline sportive ricorrono prevalentemente abilità chiuse; lo possiamo vedere nell'atleta quando, negli attimi che precedono la partenza, deve attivarsi per lanciare un pattern (il pattern è un insieme di azioni motorie già presenti nella memoria dell'atleta) precostituito già presente in memoria e ripeterlo per tutta la durata della gara. Due esempi di gesti tecnico – sportivi prevalentemente “closed” sono la partenza di una gara di velocità in atletica leggera, ho la partenza di una gara di nuoto stile dorso; in entrambi i casi ci troviamo di fronte a una reattività semplice, dove il pattern o programma motorio che segue come risposta al segnale di partenza e precostituito. 2.2 Sport ad abilità aperte (open skill) Negli sport di situazione i gesti tecnici fondamentali individuali e di squadra sono abilità aperte (“open”), e come tali devono essere allenate per adattarsi velocemente alla situazione di gara. Con la pratica e l'allenamento un atleta sviluppa una serie di pattern motori o unità esecutive o automatismi specializzati per la gestione di particolari compiti simili e ricorrenti di elaborazione dell'informazione: al presentarsi di un determinato stimolo il pattern viene attivato per generare la risposta appropriata, al punto che se un difensore sapesse riconoscere queste unità esecutive nell'attaccante (come in effetti avviene negli atleti evoluti) potrebbe facilmente utilizzare la capacità di anticipazione per intervenire in tempo. Un esempio di abilità “open” e la capacità di anticipazione, che può essere di due tipi: temporale e spaziale. In un atleta molto abile è quella capacità di prevedere ciò che sta per accadere nell'ambiente e, quindi, è in grado di eseguire in anticipo diverse attività di elaborazione dell'informazione. Naturalmente i vantaggi esistono se l'anticipazione spazio-temporale è corretta. Per farlo bisogna conoscere molto bene il proprio avversario e la regolarità con cui produce eventi sincronici o diacronici. Nell'esempio del calcio di rigore, se l'attaccante guarda sempre verso destra, o assume una determinata postura, o ancora tiene il piede che calcia in un certo modo, avvantaggia e rende efficace l'anticipazione del movimento del portiere verso quella direzione. Per non consentire l'anticipazione del movimento, l'attaccante dovrebbe sviluppare in allenamento delle varianti per essere imprevedibile e dunque non anticipabile. Un altro esempio di abilità “open” è la capacità di finta. La finta è definibile come un tentativo intenzionale di trarre in inganno un avversario per acquisire un vantaggio nel contesto competitivo. Esistono diverse tipologie di finte: - Finte attive: inducono l'avversario ad anticipazioni errate facendolo reagire alla finta ed impedendogli di far fronte alla reale azione offensiva dell'attaccante; - finte passive: nascondono le intenzioni dell'attaccante lasciando al difensore incertezza sugli eventi; - Finte in attacco: fanno credere all'avversario che avrà inizio un'azione d'attacco ben precisa; - finte in difesa: il difensore lascia credere di stare per commettere un errore, inducendo l'attaccante ad intervenire; - finte individuali; - finte di squadra: vengono attuate in situazione sincronica o diacronica da tutti i componenti, e corrispondono a precise strategie di squadra di attacco e di difesa; - finte di tipo spaziale: vengono attuate disorientando l'avversario da un punto di vista spaziale (cambi di direzione, variazione di distanze, ecc.); - finte di tipo temporale: vengono attuate disorientando l'avversario da un punto di vista temporale (cambi di velocità, di ritmo, di successione, ecc.) - finte semplici: attraverso stimoli con certe caratteristiche, innescano un riflesso di orientamento che permane solo a livello sensoriale, aumentando la leggibilità del segnale falso; - finte complesse: diminuiscono la leggibilità del segnale vero alterando il rapporto segnale – rumore. 3. “Open Skills” e competenze cognitive Le abilità “closed” sollecitano competenze cognitive elementari quali l'attenzione bene la memorizzazione e l'esecuzione di un numero limitato di pattern motori automatizzati, mentre le abilita “open” richiedono l'utilizzo di competenze - La Fase della maestria o dell'abilità di alto livello o ancora della disponibilità variabile: In questo caso, l'automatizzazione completa del movimento consente all'allievo di poterlo attuare anche con il cambiamento di situazione o con la comparsa di fattori di disturbo. In questa fase il movimento si manifesta: o automatizzato e quindi eseguito con estrema facilità e disinvoltura; o adattabile a situazioni nuove; o eseguibile anche in presenza di fattori di disturbo. Il soggetto è, dunque, in grado di esprimere un'elevata possibilità di prestazione, e l'attenzione può essere dedicata alla tattica, all'anticipazione mentale e allo sfruttamento intelligente delle capacità condizionali. 5. I fattori dell'apprendimento motorio Possiamo concepire l'apprendimento come un processo che tende a “far crescere” i livelli di competenza (intellettiva, motoria, sociale e comunicativa) dell'allievo, e che avviene grazie all'interazione tra quattro componenti: - la competenza o compito motorio - l'allievo - l'insegnante - l'ambiente 5.1 L’allievo L’allievo è Sicuramente la componente primaria è più importante; senza la sua volontà ad apprendere, le competenze dell'insegnante e un ambiente favorevole possono incidere in minima misura. Per quanto riguarda la motivazione ad apprendere, Se essa è presente, l'allievo può riuscire ad apprendere con più facilità, in quanto aumentano in modo volontario e spontaneo le capacità di attenzione e di concentrazione sul compito, le situazioni di sopportazione della fatica e di superamento dell'errore. Da ciò si traggono due considerazioni fondamentali: possiamo apprendere in un tempo inferiore e con più facilità quelle abilità che veramente ci interessano e, inoltre, questa motivazione, qualora non sia presente, può essere in parte indotta dalle capacità di un buon insegnante. Il livello psicomotorio, Ossia il grado di capacità e di abilità motorie presenti nell'allievo, è un fattore determinante per l'apprendimento. Impara più facilmente e prima colui che possiede un grado di destrezza maggiore, in quanto può utilizzare le esperienze passate e le capacità di movimento per commettere meno errori o per eliminarli e raggiungere la padronanza del movimento. Si pensi, per esempio, a quanto sia più facile per un bambino imparare a sciare quando è già in grado di pattinare. Per ciascuno di noi diventa importante avere un'idea complete precisa di ciò che si vuole apprendere e, pertanto, la comprensione del compito è un elemento rilevante nell'apprendimento motorio. Le prime esecuzioni di un'abilità nuova possono comportare anche errori grossolani che, se capiti, possono essere eliminati nelle ripetizioni successive. Per affrontare questo processo di eliminazione degli errori diventano fondamentali le ripetizioni del compito, unite alla consapevolezza degli errori commessi e alla conoscenza degli interventi di correzione. In ultimo, risulta particolarmente significativo, ai fini di una maggiore facilità nell'apprendimento, la aspetto della gratificazione personale derivante dalla riuscita del compito. Il rendersi conto dei progressi anche minimi ma costanti delle nostre esperienze ci porta ad avere piccole ma importanti gratificazioni, che provengono anche dalla nostra consapevolezza o dai complimenti del nostro maestro. In questo modo il processo di apprendimento viene affrontato con maggiore sicurezza e fiducia nelle nostre possibilità. Al contrario, un allievo che non riesce ad eseguire un compito motorio per un certo numero di volte può decidere di non continuare esperienze per lui negative o poco piacevoli che comportano, a volte, senso di incapacità e frustrazione. Da questo si evince quanto sia importante per l'insegnante proporre situazioni di apprendimento di compiti ed abilità motorie adeguati al livello psicomotorio dell'allievo. 5.2 L’insegnante Il compito di un'insegnante o educatore è “far crescere” i propri allievi facilitando il loro processo di apprendimento. Per farlo deve, innanzitutto, possedere conoscenze culturali non solo sul movimento ma anche sull'età evolutiva, adulta ed anziana, e ciò gli consente di adattare il movimento al soggetto, e non viceversa. Oltre a questo, all'insegnante è indispensabile la conoscenza dell'allievo e della sua situazione di partenza, dunque, la ricerca sistematica ed oggettiva del suo livello psicomotorio. A tal fine, devono essere prese in considerazione le capacità (condizionali, coordinative, intellettive e sociocomunicative), le abilità preesistenti, gli interessi e le motivazioni. Gli strumenti necessari ad un'eventuale raccolta dati vanno dai test motori alle prove di abilità, dai sociogrammi ai test intellettivi, ma possiamo semplicemente servirci di questionari informali da far compilare a casa. La capacità di programmare è un'ulteriore competenza che consente all'insegnante di pianificare gli apprendimenti degli allievi individuando gli obiettivi, i contenuti, i mezzi, gli ambienti e i sistemi di verifica a breve, medio e lungo termine. Saper programmare è utile anche all'allenatore di una squadra di alto livello, che deve saper dosare i carichi di lavoro in dipendenza del calendario degli incontri e della pericolosità delle squadre avversarie. La scelta dei mezzi (attrezzature ed ambienti) e delle forme organizzative è altrettanto importante per evitare incidenti e per consentire a tutti gli allievi tempi di lavoro efficaci e momenti di apprendimento individualizzati. Il momento della programmazione si completa solo con il momento valutativo, determinato dalla verifica degli apprendimenti, dove vengono messi a confronto gli obiettivi prefissati con i risultati ottenuti; se questi coincidono, significa che la programmazione è stata ben impostata, mentre se vi sono differenze rilevanti è necessario riprogrammare gli obiettivi ponendosi traguardi di apprendimento più modesti o, nella situazione opposta, molto più grandi. Per quanto riguarda la scelta delle esercitazioni, per l'insegnante potrebbe essere utile: - proporre attività piacevoli; - scegliere attività con difficoltà superabili per dare soddisfazione, autostima e fiducia in sé; 7. Metodologia dell'apprendimento motorio Le Modalità di apprendimento (come avviene l'apprendimento) possono essere rapportate a tre: - per imitazione; - per tentativi, errore ed intuizione; - per analisi e comprensione del compito. 7.1 Apprendimento per imitazione La spontaneità e la naturalezza sono le caratteristiche fondamentali della modalità di apprendimento per imitazione. Gran parte degli apprendimenti motori di tipo funzionale ed utilitaristico del bambino in età evolutiva avviene imitando gli altri, che rappresentano, quindi, il “modello” a cui rapportarsi. Le prime forme grezze degli schemi motori (camminare, correre, salire, ecc.), infatti, avvengono tentando di imitare i fratellini o i genitori. Quando, però, le abilità da apprendere diventano via via più complesse, i tempi di riuscita dell'apprendimento per imitazione si allungano notevolmente e non garantiscono l'efficacia e automatizzazione del compito, che può risultare impreciso e con errori. 7.2 Apprendimento per tentativi, errori ed intuizioni L’aspetto originale della modalità di apprendimento per tentativi, errori ed intuizioni è la situazione – problema. Dato un problema motorio da risolvere (ad esempio, centrare il canestro, superare un ostacolo, non farsi colpire dalla palla, ecc.), l'allievo sceglie ed attiva la soluzione che ritiene più appropriata. L’allievo non ha un modello da imitare e l'insegnante non gli spiega come fare; da solo cerca di risolvere il problema ricorrendo alla sua memoria cinestetica e alle sue capacità cognitive. Nella maggior parte dei casi, non individua subito la soluzione più efficace, e gli errori sono una componente fondamentale del metodo; quando sbaglia, l'allievo è portato a trovare una soluzione più idonea arrivando a scegliere, con il tempo, quella più efficace. Quindi, l'allungamento dei tempi di apprendimento è necessario per la ricerca della soluzione giusta ma, in compenso, il metodo è attivo e coinvolgente e presenta come grande vantaggio il fatto di “far ragionare” l'allievo, sollecitando l'aspetto intellettivo – intuitivo. Le fasi che caratterizzano questa metodica sono: - fase dell'esplorazione; - fase dei tentativi ed errori; - fase della scelta della risposta più efficace; - automatizzazione della risposta efficace. Per questa metodica è necessaria la presenza e la competenza di un'insegnante che sappia porre problemi alla portata delle competenze cognitive, sociali e motorie degli allievi: questa è una condizione fondamentale per la riuscita dell'apprendimento. 7.3 Apprendimento per comprensione del compito La modalità di apprendimento per comprensione del compito e la metodica che istruttori ed educatori del movimento utilizzano maggiormente, in quanto assegna a chi insegna un ruolo fondamentale. Infatti, l'insegnante è il vero direttore dell'apprendimento, in quanto può scegliere le più idonee strategie di comunicazione (verbale, audiovisiva, espressivo – motoria), e attività di movimento da proporre nella giusta progressione di difficoltà e gli interventi di correzione da attivare. All’allievo e richiesto prima di capire, poi di eseguire, ed infine di correggere il movimento sotto l'attenzione vigile ed esperta dell'insegnante. Può avvenire in forma analitica (cioè, l'abilità viene scomposta in parti e l'allievo impara, dapprima, l'esecuzione corretta delle singole parti e poi le ricompone per automatizzare il gesto globale) oppure in forma globale (cioè, le correzioni vengono apportate direttamente sull’ esecuzione globale). Aspetto peculiare del metodo è la trasmissione costante e continua delle informazioni, che avviene prima (tramite spiegazione, dimostrazione pratica, suggerimenti), durante (tramite interventi di correzione) e dopo il compito motorio (tramite la riflessione sugli errori e le modalità per eliminarli). Sicuramente tutte e tre le metodiche fanno parte di situazioni che, nel corso della vita, succedono a tutti noi e, inoltre, un buon insegnante dovrebbe conoscerle ed utilizzarle tutte e tre (anche in modo integrato) a seconda dell'età degli allievi, del tipo di abilità da far apprendere e, ancor di più, se ci sono bambini con bisogni educativi speciali. individuo includerebbe gli oggetti percepiti, i segnali emessi dagli oggetti e dal soggetto e le azioni possibili, determinando il senso degli oggetti per ciascun soggetto, nella misura in cui influiscono nelle sue relazioni di sopravvivenza e nelle sue relazioni sociali. Nell’approccio semplesso, Proposto da Berthoz, è suggerita una visione in cui il soggetto si destreggia nel proprio Umwelt, guidato da una serie di principi semplificativi che attribuiscono al soggetto il ruolo di costruttore attivo di nuovi mondi. In questo quadro, diventa centrale, per quel che concerne la didattica, la corporeità del discente, che assume le funzioni di dispositivo per mezzo del quale si avvia il processo di formazione orientato ad una costruzione di significati. In tale processo, assumono importanza i meccanismi che il corpo mette in atto per decifrare la complessità del reale e per strutturare il proprio Umwelt. In questo scenario, al docente è demandato il compito di partire dal corpo e dalle sue potenzialità di azione per la strutturazione della progettazione educativa, e di acquisire consapevolezza sei significati che il discente veicola attraverso forme di comunicazione analogiche, che si traducono in comportamenti non sempre manifesti. Il corpo che insegna Una Prospettiva didattica della corporeità induce a riflettere sul ruolo formativo del corpo in atto, attraverso la valorizzazione: - del potenziale didattico del corpo e della sua abilità cognitiva, che “incorpora” esperienze nel mondo, conferendo ad esse significato in contesti di azione; - del potenziale trasformativo della mediazione del corpo dell'insegnante, che traduce scelte, decisioni e intenzioni in forme di comunicazione corporea di cui spesso non è consapevole. Si tratterebbe, comunque, di individuare nella corporeità del docente un potenziale di relazionalità e di significatività, da cui dipendono la socializzazione e la condivisione necessarie alla costruzione della conoscenza. In questo scenario di riflessioni, la proposta delle corporeità didattiche in azione si configura come una modalità attraverso la quale è possibile individuare una pluralità di elementi che, nella loro interazione, determinano la postura didattica del docente, che si esprime nella soggettività della propria comunicazione corporea durante il processo di insegnamento – apprendimento. Il concetto di postura didattica consente di rintracciare nei meccanismi di controllo motorio uno degli elementi che influenzano l'agire didattico, in quanto la postura può essere considerata come una rappresentazione agita, che esplicita sia la capacità di controllo che le caratteristiche espressive e di intenzione del soggetto. Nella postura agisce la rappresentazione che ognuno ha di sé stesso, il proprio schema corporeo e la propria capacità di interazione armonica con l'ambiente. In tale visione, gli aspetti che possono entrare in gioco, condizionando la corretta strutturazione della postura, sono le caratteristiche e le funzioni del soggetto, la capacità di interazione con l'ambiente e i contesti. Analogamente, l'azione didattica incarna le rappresentazioni del docente che agisce, esprimendo caratteristiche, esercitando funzioni, utilizzando spazi materiali ed immateriali, attingendo a risorse di varia natura fruibili durante il processo di insegnamento – apprendimento. Il docente, nella didattica, proietta non solo la rappresentazione che ha di sé stesso, ma anche il rapporto che intrattiene con l'ambiente. Questa chiave interpretativa traduce nel corpo le epistemologie personali del docente che, inevitabilmente, influenzano la postura didattica. Le corporeità didattiche, in questo senso, costituiscono una rappresentazione incarnata dei principi che regolano l'azione didattica, ed esprimono una ricchezza percettiva ed un potenziale cognitivo che rende visibile la relazione tra corpo e mente. L’assunzione di consapevolezza, da parte del docente, del modo in cui traduce in azione le rappresentazioni che ha di sé stesso e le proprie visioni della conoscenza e del mondo, richiede una problematizzazione costante del modo in cui gestisce l'interazione della relazione educativa, auspicando una perfetta armonizzazione di natura e cultura; tale consapevolezza risponde ad un'esigenza deontologica dell'agire professionale. Fronteggiare La complessità della didattica del movimento La Didattica del movimento implica una serie di specificità che sono proprie dell'educazione motorio - sportiva e che caratterizzano il profilo disciplinare di tale insegnamento. In particolare, ci sono alcuni elementi di questa disciplina che la rendono esclusiva: - L'uso di spazi codificati e non, interni o esterni all'edificio scolastico: Che possono essere utilizzati per realizzare le esperienze formative - la conoscenza degli effetti fisiologici e funzionali dell'esperienza sportiva: cioè, la capacità di osservare e di misurare nei discenti gli esiti del movimento (come cambiamenti di parametri respiratori, circolatori, vascolari, cardiaci, articolari e muscolari); - la capacità di svolgere azioni preventive di accompagnamento assistito delle attività: corrispondenti a forme di assistenza diretta ed indiretta, in grado di ridurre i rischi esecutivi insiti in alcune attività di movimento. La pluralità dei luoghi, la loro eterogeneità, il contatto con attrezzi e con materiali che hanno un diretto contatto con il corpo che agisce, presuppongono un necessario legame tra tecnica e metodologia nell'azione didattica. L’adozione una prospettiva semplessa per la didattica del movimento consente di fronteggiare queste particolari caratteristiche, che rendono complessa l'esperienza motoria in ambito educativo, attraverso i principi della semplessità: - Inibizione e principio del rifiuto: costituiscono le capacità in grado di fungere da armonizzatore tra dimensione emotiva e funzione professionale del docente. Il docente, nel corso di competizioni sportive, trova, secondo questo principio, la capacità di imprimere valori in ogni azione competitiva svolta nei contesti scolastici; - anticipazione probabilistica: consente di operare diagnosticamente sul discente, oppure preventivamente, su azioni che presentano rischi esecutivi, o su comportamenti potenzialmente pericolosi per il discente o per il gruppo classe; - specializzazione e selezione: la capacità di individuare attività, materiali, sussidi e spazi in grado di rispondere alle reali esigenze formative dei discenti e alle loro caratteristiche funzionali; - Deviazione: si traduce nella capacità di utilizzare percorsi didattici alternativi, di allestire spazi esecutivi non convenzionali e che siano sostitutivi di palestre o di spazi codificati; - cooperazione e ridondanza: richiamano la necessità di integrare la funzione orale, quella corporeo – chinestetica e quella mimico - gestuale nelle differenti azioni didattico – motorie; rappresentazione del processo di insegnamento - apprendimento sia soggettivo che collettivo, nel quale emerge la dimensione personale del soggetto e la sua specifica capacità di interazione, da cui deriva una esclusiva forma di significazione. Il set dei comportamenti che possono trasmettere informazioni non verbali è ampio e comprende: lo sguardo degli occhi, la postura, l’uso dello spazio, l’espressione del viso, gesti delle mani. Il senso del movimento nella ricerca educativa Nel movimento si sostanzia l’interconnessione corpo-cervello, si esprime la dimensione cognitiva dell’azione che motoriamente si esplicita e diventa visibile nelle sue forme volontarie, automatiche e riflesse, costituendo una modalità di adattamento dinamica e intelligente, cosciente e subcosciente. Lo studio del movimento ha sollecitato collegamenti e analogie che hanno rappresentato aperture e prospettive neuroscientifiche della didattica, riconoscendo lo stesso processo che definiamo conoscenza come EMBODIED, ovvero mappata nel nostro sistema senso-motorio, considerato non solo come ciò che fornisce la struttura al contenuto concettuale, ma anche come ciò che caratterizza il contenuto semantico dei concetti conformemente al modo con cui noi funzioniamo nel mondo col nostro corpo. Le ricerche neuroscientifiche di Berthoz affermano che non vi è alcuna percezione del mondo che non faccia riferimento in qualche modo al corpo che agisce. Negli studi di Berthoz, infatti, si evidenzia il rapporto tra azione e cognizione in una visione che configura un ribaltamento del paradigma “classico” percezione-azione. In questo scenario il corpo, attraverso la dimensione sensori-motoria, presuppone alla relazione con il mondo, determinando i processi che sono alla base della costruzione del significato e più in generale della conoscenza, diventando così centrale la co-emergenza di azione e conoscenza in una dinamica co-evolutiva con l’ambiente. La cognizione trova così fondamento nell’azione e il corpo diviene strumento di cognizione: la cognizione è fondata sull’attività concreta dell’intero organismo, cioè sull’accoppiamento senso- motorio. Il movimento si configura come uno dei dispositivi d’interazione della persona con l’ambiente, indispensabile per una molteplicità di processi adattivi, compreso quello didattico, in cui il corpo assume i connotati di un agente che grazie al movimento è attivo e co-evolve nella costruzione dei significati. Si delinea così una visione del movimento in ambito educativo come esplicitazione materiale e dinamica dell’interazione che implica, in particolare nella didattica finalizzata all’educazione al movimento, la co - azione, ovvero la costruzione e la co-definizione dell’azione motoria condividendone esplicitamente ed implicitamente gli elementi costitutivi e il loro significato. L’educazione al movimento richiede una didattica in grado di garantire un monitoraggio che espliciti il processo di coazione tra docente e discente. Tale didattica non solo richiede una trasposizione da cui rilevare una costante co- evoluzione insegnante-allievo, ma costituisce una modalità originale di interconnettere parola, suoni, immagini, gesti e scrittura. Il corpo come cursore della didattica Alcuni studi neurofisiologici hanno individuato nelle regioni parieto - premotorie del cervello umano un sistema di “neuroni specchio” funzionale alla comprensione degli atti motori eseguiti da altri individui. Questo sistema si basa su un meccanismo di accoppiamento visuo - motorio tra l’atto motorio osservato e quello eseguito (NEURAL EMBODIED SIMULATION). Le neuroscienze dimostrano, in modo sempre più evidente, come l’intelligenza sociale della nostra specie non sia solo ed esclusivamente meta-cognizione sociale, cioè capacità di pensare esplicitamente i contenuti della mente altrui per mezzo di simboli o di altre rappresentazioni in formato preposizionale, ma sia in larga parte frutto di un accesso diretto al mondo dell’altro attraverso forme di interazione giustificabili attraverso la funzionalità dei neuroni specchio. Percepire un’azione o l’intenzione che l’ha determinata, e comprendere il significato equivale a simularla internamente. Tale meccanismo di risonanza motoria funge da precondizione alla comprensione del significato dei comportamenti dell’altro, configurando in tal senso la stessa soggettività come un derivato dell’intersoggettività, o piuttosto, dell’ intercorporeità. Grazie all’attivazione del sistema specchio, sarebbe possibile instaurare un legame diretto tra docente e discente, dove il corpo in azione e i suoi alfabeti divengono effettivamente il perno attorno al quale attivare quella consonanza intenzionale o sintonizzazione interpersonale che caratterizza la reciprocità intrinseca a ogni pratica interindividuale e, quindi anche le relazioni di reciprocità in didattica consentendo di creare e mantenere lo spazio noi - centrico. Si tratterebbe quindi di identificare nel corpo del docente un potenziale di relazione comunicativa dal quale estrarre e capitalizzare il senso di reciprocità, le modalità di condivisione e di sintonizzazione, lo spazio di contagio emotivo, la dimensione corporea di risonanza emotiva indispensabile alla decodifica del senso e, più in generale, alla conoscenza. Gesti, emozioni, sensazioni e parole derivano il proprio senso condiviso dalla comune radice del corpo in azione, il principale protagonista e artefice della cognizione. In termini funzionali, ogni azione del corpo del docente avrebbe una valenza strategica che assumerebbe un ruolo determinante nel processo di conoscenza del discente. Bisognerebbe, in tale ottica, ravvisare sempre nelle azioni e nelle attività di movimento del corpo del docente un potenziale di educabilità. Il corpo in movimento nei processi di insegnamento-apprendimento delinea l’esplicitazione dell’azione didattica che dovrebbe avvalersi di una piena consapevolezza delle potenzialità e dei limiti corporei, sia quando il corpo agisce coscientemente che quando è regolato da forme di controllo ed interazione subcosciente e incosciente. Si imporrebbe quindi al docente la necessità di adoperare un agire corporeo consapevole, competente e responsabile. Il movimento in questa prospettiva rappresenta dunque il cursore della didattica, la sua forma corporea. Pluralità semantica della corporeità: la grammatica del movimento Negli ultimi decenni le riflessioni scientifiche in campo didattico hanno messo in evidenza la pluralità semantica della corporeità, la sua ricca capacità simbolica, riconoscendo le potenzialità di un corpo capace di agire in forme comunicative diverse, ognuna delle quali costituisce una specifica modalità per supportare o vicariare altri linguaggi. Il registro comunicativo del corpo fonda le sue radici sul suo potenziale di decodifica e di significazione e richiede l’utilizzazione di un ricco inventario percettivo. La decodifica che il corpo mette in gioco può essere di tipo esterocettivo, propriocettivo ed enterocettivo e consente un’interazione con l’ambiente che attribuisce forma alla realtà. Il rapporto tra corpo e ambiente si gioca, in ambito didattico, sulla capacità corporea di rendere accessibile la trasposizione di una conoscenza o l’acquisizione di una capacità, elaborando una modalità comunicativa che solleciti nel discente le risorse necessarie ad una condivisione dei significati o delle attese, in termini di capacità. CAPITOLO 4 CORPOREITA’, MOVIMENTO E INCLUSIONE L'esperienza Vissuta attraverso il corpo è fondamentale per lo sviluppo cognitivo, affettivo e socio - relazionale di ogni bambino, nessuno escluso. Ma l’agire con il corpo si va sempre più affievolendo, Proprio perché la maggior parte del tempo è assorbita da esperienze virtuali che, pur se sviluppano alcune abilità, ne limitano altre fondamentali per l'autonomia della persona. È importante che i bambini possano muoversi (correre, camminare, saltare, strisciare, spostare, afferrare, lanciare, stivare). La strutturazione del movimento parte dall'attivazione integrata data delle funzioni senso – percettive, che si organizzano in relazione alla corporeità, allo spazio, al tempo, agli oggetti, ai soggetti, in reciproca combinazione. Le percezioni corporee, insieme a quelli ambientali, forniscono i dati per la risposta motoria e lo sviluppo del gioco simbolico, su cui si rifondano i processi di metaforizzazione della realtà e della costruzione di sostituti della stessa. Lo Sviluppo motorio si caratterizza per abilità in cui il movimento è prevalente e in cui cominciano ad evidenziarsi processi di lateralizzazione e di orientamento spazio-temporale, richiedono la maturazione di competenze linguistiche che rendano possibile la rappresentazione in forme sempre più simboliche della realtà e del mondo personale e sociale. Di qui l'importanza di valorizzare l'attività motoria sin dalle prime esperienze formative e, in particolare, nella scuola dell'infanzia e in quella primaria. Gli Orientamenti Del 1991, come i Programmi del 1985, insieme alle successive Indicazioni Nazionali, Hanno previsto la presenza e lo sviluppo delle attività motorie, fisiche ed espressive, per almeno due ore settimanali. Da più parti si sostiene che le scuole non diano ai propri alunni la possibilità di svolgere queste attività a causa di una scarsa competenza degli insegnanti; si chiede, di conseguenza, che questi insegnanti siano sostituiti da tecnici specialisti e che venga portato a tre il numero delle ore settimanali da dedicare al movimento e allo sport. Sin Dalla fine degli anni ‘90, la formazione universitaria iniziale degli insegnanti di scuola dell'infanzia e primaria prevede la presenza dell'insegnamento delle scienze motorie e sportive nel percorso di studio, anche se una formazione universitaria che chiede la conoscenza di tutte le discipline scolastiche e rischia di essere generica. È pur vero, però, che chi ha conseguito la laurea triennale in scienze motorie non può insegnare, perché richiesto l'incremento delle competenze anche didattiche e pedagogiche. Ad Ogni modo, l'esperienza scolastica, per essere significative ed efficace, dovrebbe essere centrata sulla azione più che sulla ricezione, proprio perché l'azione motoria e il movimento sono il fondamento dello sviluppo cognitivo, socioaffettivo e relazionale della persona. Una nuova cultura motoria e sportiva I nuovi significati di corporeità, di movimento e di gioco - sport sono alla base di una nuova cultura motoria e sportiva. Il corpo, infatti, è espressione totale della persona e va assunto in un'accezione olistica della persona. Il movimento è strumento privilegiato di maturazione dell'autonomia personale e concorre al processo di formazione integrale. Lo sport e, nel nostro caso, il gioco è forma privilegiata di mediazione didattica ed oggetto culturale da assumere nei suoi significati culturali, educativi ed etico – sociali. È proprio per questo che già nella scuola dell'infanzia è previsto un campo di esperienza dal titolo “corpo e movimento”, per un'alfabetizzazione motoria funzionale allo sviluppo, in forma ludica, delle prime conoscenze ed abilità morfo – funzionali, delle capacità senso – percettive, Ehi dell'immagine corporea e degli schemi posturali e motori e della coordinazione motoria. Per la scuola primaria, già nei programmi del 1985 si assumeva l'educazione motoria come nucleo del curricolo scolastico, in ragione delle sue caratteristiche specifiche e trasversali, funzionali allo sviluppo dei processi cognitivi e socioaffettivi e alla scoperta e conquista significativa degli altri saperi disciplinari. Le acquisizioni più recenti delle neuroscienze evidenziano l'esistenza di un senso condiviso del corpo in azione. Gallese ha teorizzato il modello della simulazione incarnata, fornire un quadro unitario che dia una spiegazione funzionale sulla molteplicità dei meccanismi di rispecchiamento e risonanza, che si identificano nel sistema cervello - corpo attraverso rilevanza funzionale dei neuroni specchio. Il nostro sistema motorio, infatti, funziona in modo tale da permetterci non soltanto di agire, ma anche di simulare ciò che fanno gli altri. La valorizzazione della dimensione corporea trova la sua premessa nella riformulazione del concetto di corpo, inteso oggi come medium di conoscenza e di comunicazione con sé stessi, con gli altri e con l'ambiente. A partire dalla propria esperienza, il soggetto va sviluppando la propria azione in forma adattiva, creativa e costruttiva di “sè nel mondo”, di “sè con il mondo” e del mondo stesso. Ciò avviene, sin dalla nascita, grazie alle interazioni, Ehi che sono alla base della propr ia matrice cognitiva e affettiva. La maggior parte delle interazioni con l'ambiente avviene in un luogo entro il confine del corpo. Esiste una conoscenza implicita, che si esprime attraverso il nostro corpo senza che ce ne rendiamo conto. La nostra coscienza e il disvelamento della nostra essenza prendono forma a partire dal mondo e grazie al mondo. Si sa, infatti, di sé, il mondo e degli altri attraverso il proprio corpo. Correre, saltare, toccare, abbracciare, sporcarsi, farsi male, ammalarsi e guarire sono modi fondamentali di crescita e di maturazione. È così che l'intelligenza prende corpo nelle azioni. Pertanto, riveniamo e di svegliamo noi stessi attraverso la conoscenza il controllo e l'autocontrollo del corpo, attraverso l'interazione con gli altri e con il mondo, attraverso l'azione ed il movimento, ma anche attraverso la comunicazione e la gestualità, insieme alla parola; inoltre, produciamo schemi e rappresentazioni attraverso il gioco e le attività motorie e sportive e, attraverso queste, mettiamo alla prova le nostre potenzialità, trasformandole incapacità e competenze motorie, ma anche sociali e pro – sociali. Sviluppare l'autonomia personale comporta, dunque, incrementare la capacità di interpretare e governare il proprio corpo, aver fiducia in sé e negli altri, esprimere in diversi modi sentimenti ed emozioni, prendere coscienza e acquisire il senso del proprio sé fisico (dominando le principali funzioni del corpo), imparare ad avere cura del corpo anche attraverso l'educazione alla salute. Nel suo farsi e nel suo tipizzarsi, la persona si disvela, comunque, nel suo valore e nella sua originalità anche in presenza di deficit. A tal proposito, Crispiani mette in evidenza le connessioni esistenti tra disturbi specifici dell'apprendimento e motricità, sottolineando che apprendimenti funzionali di base come il leggere, lo scrivere e il far di conto - tematizzare sono anche funzioni mentali frutto di processi coordinativi che regolano tutto il comportamento umano. La cognitività è la capacità, infatti, di produrre e controllare processi cognitivi, cioè di organizzare e coordinare il pensiero in tutte le sue manifestazioni senso – motorie, coordinative, rappresentative, formali e mnestiche. Essa ha a che fare, pertanto, con l'organizzazione coordinata delle azioni di ogni tipo, secondo parametri di sequenzialità, ordine spaziotemporale, simultaneità, coordinamento e controllo. Una cultura inclusiva La Promozione di una vera cultura inclusiva chiama in causa la pedagogia, come scienza delle relazioni educative, la didattica, come scienza della formazione, e i processi mediatori, soprattutto i mediatori attivi ed analogici come il gioco, le drammatizzazioni, il teatro, ecc. La drammatizzazione e il gioco sono forme e strumenti che aiutano tutti i ragazzi, compresi quelli in situazione di disabilità e più fortemente quelli con ritardo cognitivo, a trovare canali di comunicazione e di espressione di sé diversi da quelli formali, facilitando la relazione con gli altri e la strutturazione di positivi processi identitari. L'attività teatrale mette in gioco, inoltre, il controllo dei movimenti corporei e dei linguaggi in funzione espressiva, risponde ai bisogni di azione e di movimento, dà spazio all'immaginazione creatrice, stimola la fantasia, favorisce la conoscenza e la crescita personale attraverso il decentramento cognitivo - affettivo e la padronanza dei propri sentimenti e delle proprie azioni, in una vita di relazioni e di scambi. I laboratori teatrali sono un'occasione preziosa per lo sviluppo di processi di integrazione è la concretizzazione di contesti inclusivi, favoriscono l'integrazione tra le persone e la costruzione di rappresentazione con i corpi. Il teatro consente, infatti, l'integrazione attraverso la parola, il gesto, il ritmo e la mimica, per ritrovare, anche nelle residue possibilità personali, il modo per esprimersi, partecipare e superare quelle barriere che sono spesso segno di paure e di pregiudizio. È importante, allora, incoraggiare, stimolare ed avviare i ragazzi al piacere del movimento, al gusto dell'attività motoria, all'esperienza dei giochi motori e sportivi, sollecitando lo sviluppo della capacità di stare insieme ad altri, in modo da vivere l'esperienza e la sfida del gioco in tutte le sue forme: competitive, cooperative e creative. Gli spazi ideali sono i giardini, i parchi, le spiagge, le aree verdi, i luoghi naturali in cui naturalmente si può svolgere esercizio fisico e motorio. Tali spazi, insieme a quelli più istituzionalizzati e formali come le palestre ed i campi attrezzati, dovrebbero divenire contesti relazionali ed esperenziali significativi, oltre che luoghi di cura del sé nella relazione con l'altro. Consentire a ciascuna persona di esprimere con il corpo ciò che prova (emozioni, bisogni), vuol dire creare le condizioni per la messa in atto del proprio compito di sviluppo, senza stereotipi e pregiudizi. L'integrazione nello sport può favorire lo sviluppo della persona con disabilità e, nel contempo, delle persone cosiddette “normodotate”. Perseguendo con decisione lo sviluppo di una cultura dell'integrazione anche nello sport e nelle attività motorie, L'Italia sta accumulando importanti e sempre più diffuse esperienze di sport integrato per tutti e con tutti, sia nelle scuole che nei contesti extrascolastici. D'altronde, lo sport integrato fa leva sulla capacità del gruppo di modificare i propri comportamenti per consentire al disabile di apportare il suo contributo; questo richiede attenzione, capacità di accoglienza e di sintonizzazione sulla lunghezza d'onda di chi si ha di fronte. Quindi, occorre impegnarsi per: - coinvolgere l'allievo con disabilità in tutte le attività motorie, una volta rese compatibili, assegnandogli un ruolo non marginale ma coinvolgente all'interno di un gruppo; - favorire l'accoglienza, la tolleranza e il rispetto della diversità da parte di tutti; - curare la continuità delle attività motorie nei vari gradi di scuola e nei gruppi classe, attraverso la presenza di personale esperto nei processi di integrazione anche motoria e sportiva; - Stimolare la collaborazione con famiglia ed enti locali per i necessari supporti materiali e culturali; - curare la presenza di attività motorie e sportive integrate anche nell'extra scuola. L'esperienza motoria, quindi, è fondamentale nella formazione della persona, intesa nella sua integralità, promuovendo, così una cultura orientata al benessere e, dunque, ha un bene più generale e comune. Si tratta, In definitiva, di promuovere esperienze significative rispetto ai bisogni e agli interessi dei bambini, che moltiplichino gli spazi, gli ambienti e le opportunità, e che facciano leva su un approccio globale, attento all'azione al suo risultato, e non solo alla riproduzione analitica dei gesti. Le abilità motorie non sono fini a sé stesse, ma orientate al compito reale; vanno, pertanto, sviluppate e contestualizzate in situazioni reali di apprendimento, favorendo nel contempo lo sviluppo delle aree morfologico – funzionale, intellettivo – cognitiva, socioaffettiva e morale. Ma ciò Comporta la presenza nelle scuole e nei territori di spazi, risorse e strutture laboratoriali permanenti, che accolgano i ragazzi durante la giornata e consentano loro di svolgere attività ludico - espressivo - motorie capaci di rendere possibile quanto previsto nel piano educativo personalizzato e nell'ambito del progetto di vita per lo sviluppo dei processi di autonomia personale e sociale, in forma attiva e partecipata. Lo studioso Lowen, in riferimento alle caratteristiche espressive e comunicative della corporeità, asserisce che il soggetto, in ogni suo gesto, parla un linguaggio che anticipa e trascende l'espressione verbale. Un altro autore, Argyle, afferma che ci sono molte cose che non si possono esprimere a parole, e l'uso corretto della comunicazione non verbale è una parte essenziale della capacità sociale e di specifiche competenze sociali. Proprio in funzione dell'integrazione sinergica e sincronica di diverse forme comunicative, l'entità corpo, come esperienza incarnata, contribuisce a rendere la didattica efficace, permettendo di decifrare la complessità dei bisogni educativi e formativi. La corporeità didattica, in tale accezione, si inquadra come una prospettiva della ricerca educativa, che fa emergere dalla prassi soluzioni semplificative, non prescrittive, per un ripensamento della teoria dell'insegnamento su base semplessa. Corporeità e didattica Una didattica corporea che sappia consapevolmente valorizzare il suo potere educativo permette il conseguimento di obiettivi cognitivi, relazionali e comunicativi, migliorando comportamenti e atteggiamenti problematici. I Contesti scolastici dovrebbe promuovere l'adozione di strategie didattiche che permettano di valorizzare il potere proprio dell'esperienza corporea. Dal punto di vista pedagogico, spesso, l'azione didattica è dominata da una visione dualistica del rapporto psiche – corpo, in cui il comportamento del docente è, spesso, ancorato alla logica del sapere trasmesso, in cui gli aspetti senso - motori vengono trascurati o non adeguatamente valorizzati. È Interessante valutare, a tal proposito, le prerogative della neuro didattica, che utilizza l'educazione motoria, in quanto disciplina legata all'emotività e alla spontaneità, per acquisire conoscenze o metodi in altri ambiti del sapere, considerando il corpo come mediatore didattico attivo nello sviluppo dell'apprendimento. L' efficacia di un'azione didattico - formativa personalizzata, che voglia cogliere appieno il valore della corporeità e del movimento, implica una piena consapevolezza delle caratteristiche e delle potenzialità delle corporeità didattiche. Il bambino, infatti, dovrebbe svolgere attività in un contesto sereno e motivante, in modo da sviluppare, attraverso il movimento, un'identità solida e una reale autostima, in larga parte costituita dal riconoscimento e dalla valorizzazione della propria corporeità, non in senso meramente estetico o prestazionale, ma come entità corporea unica e irripetibile. Le Potenzialità della corporeità per una didattica personalizzata Le Attività motorie sono lo strumento elettivo per una didattica personalizzata che possa valorizzare le specificità ed unicità espressive e comunicative del bambino attraverso il corpo, contribuendo alla qualificazione delle differenze come espressione di autenticità e unicità esistenziale. L' apprendimento personalizzato rappresenta oggi uno degli snodi più significativi dell'attuale dibattito educativo e scolastico; esso, infatti, offre una via d'uscita per la questione dello svantaggio, e pone ogni allievo nella condizione di realizzare tutto il suo potenziale. Le Indicazioni Nazionali per il curricolo della scuola dell'infanzia e del primo ciclo di istruzione del 2012 Evidenziano la necessità di adozione, da parte dei docenti, di esperienze di apprendimento più efficaci e scelte didattiche più significative. Infatti, negli ultimi anni, dagli studi condotti dalla comunità scientifica internazionale è emerso che c'è una stretta relazione tra capacità motorie e rendimento scolastico. La didattica delle attività motorie, quindi, se adeguatamente strutturata e programmata, rappresenta il canale d'accesso privilegiato per lo sviluppo di capacità cognitive riferite anche ad ambiti teorico - prassici apparentemente distanti dall'area motoria. Le attività motorie e sportive offrono, inoltre, la possibilità a tutti gli alunni di superare le discriminazioni, enfatizzando le abilità possedute rispetto a quelle carenti, facendo leva sulla determinazione personale nel voler raggiungere il confine dei propri limiti e nel superamento degli ostacoli riferiti ai diversi domini di complessità della persona. Una caratteristica permeante dell'attività motoria è rappresentata dalla qualificazione della differenza. In quest’ ottica, Un importante contributo può essere rappresentato da spazi di apprendimento attraverso il movimento, in cui tutti gli alunni si confrontano in un contesto di interazione e scambio di esperienze e competenze, basato sulla valorizzazione della specificità espressiva di ogni bambino e sul valore arricchente della diversità. Questa metodologia didattica potrebbe dimostrarsi particolarmente efficace se è considerata come una prerogativa della didattica personalizzata: l'impiego di metodologie e strategie didattiche a elevato coinvolgimento cognitivo, sociale, emotivo e affettivo, possono promuovere le potenzialità e il successo formativo di tutti gli alunni, attraverso lo sviluppo del pieno potenziale di ciascun allievo. In particolare, il laboratorio si configura come una modalità didattica che tende a stimolare l'azione formativa sui diversi piani dello sviluppo del bambino, agendo sulla sfera cognitiva, sociale, psichica e organizzativa. Al laboratorio, inteso come metodologia della ricerca educativa e opportunità metodologica a supporto della didattica, è dedicato uno spazio specifico nelle Indicazioni Nazionali per il curricolo della scuola dell'infanzia e della scuola primaria, che cercano di definirne gli orizzonti e la funzionalità. Questa strategia può assumere una funzione centrale per una personalizzazione dell'insegnamento capace di valorizzare e sviluppare le diverse potenzialità di ciascun alunno. legge, pur risentendo dell'impronta militareggiante del tempo, apre la strada ad un insegnamento caratterizzato da finalità altamente educative. Nel 1893, l'allora Ministro della Pubblica Istruzione Ferdinando Martini Nomina una commissione ministeriale per lo studio di un programma di insegnamento dell'educazione fisica; si assiste, dunque, ad un significativo mutamento lessicale che determina la sostituzione del termine “ginnastica” con il termine “educazione fisica”. La Posizione assunta dalla commissione è esposta nel testo L'educazione fisica della gioventù, pubblicato da Angelo Mosso nel 1894: partendo dall'assunto che la rilevanza dell'educazione fisica è un aspetto di fondamentale importanza per lo sviluppo mentale del bambino, si individua nell'esercizio corporeo il vero fondamento dell'educazione intellettuale, e si contrappone al modello torinese l'impostazione di Emilio Baumann (allievo di Obermann), che nel 1890 identifica il concetto di ginnastica con quello di psico – cinesia. Precursore della psicocinetica ed autore del primo trattato sull'educazione fisica nelle scuole elementari, Baumann definisce per primo in Italia la dimensione scientifica e le basi epistemologiche delle attività motorie. Nel 1900 il Congresso internazionale di Parigi segna l'inizio di una nuova fase per l'educazione fisica in ambito europeo: nasce, infatti, l'esigenza di delineare un comune indirizzo di studio e di ricerca. Due anni dopo, L'Italia nomina una commissione, presieduta da Angelo Mosso, che porrà le basi per la Legge Rava – Daneo (o Legge Sull'insegnamento e sugli insegnanti di educazione fisica), con la quale si sancisce l'obbligo dell'educazione fisica nelle scuole pubbliche e private, viene stabilita la durata delle lezioni e viene previsto l'approntamento di palestre e campi sportivi: si tratta di un importante traguardo che e durerà per 15 anni. Nel 1923 si assiste ad una riforma strutturale del sistema scolastico italiano elaborata da Giovanni Gentile in collaborazione con il pedagogista Giuseppe Lombardo Radice. Nello specifico, la Legge Gentile, pur presentando innovazioni significative, mostra limiti derivanti dall'eliminazione, nelle materie di studio, della didattica e della psicologia, e dall'assenza di attività di tirocinio; inoltre, riconfina l'educazione fisica, la dimensione corporea ed i suoi operatori ai margini della scuola, limitando la crescita e lo sviluppo delle scienze motorie e la loro funzione educativa. Durante il ventennio fascista, dunque, l'insegnamento dell'educazione fisica era caratterizzato da un forte modello ideologico nazionalista e paramilitare, e viene assegnato ad enti extrascolastici, quali l'Ente Nazionale per l'Educazione Fisica, l'Opera Nazionale Balilla e la Gioventù Italiana delle Littorio. L'evoluzione educativa delle attività motorie nel secondo dopoguerra Dopo il crollo del regime fascista, l'educazione fisica torna nell'alveo del Ministero della Pubblica istruzione. Nei Programmi per le scuole elementari e materne, emanate il 24 maggio 1945, L'educazione fisica viene intesa come una disciplina inglobata nell'educazione morale e civile. Si evince, inoltre, un nuovo interesse per il corpo e, per la prima volta, le attività motorie sono finalizzate a costruire esperienze motorie dirette degli alunni in contatto con l'ambiente naturale, in linea con una fervida rivisitazione dei problemi educativi legata alla diffusione dei principi pedagogici di Dewey e alla sempre più marcata affermazione della teoria montessoriana. Nel 1946 La ridefinizione delle attività motorie con l'Approvazione dei programmi di insegnamento dell'educazione fisica per gli alunni delle scuole elementari e secondarie; I nuovi programmi si focalizzano sugli aspetti metodologici dell'insegnamento, sul gioco, sulle finalità preventive e formative, sulla ginnastica tra i banchi. Nel 1947 l'educazione fisica rientra a pieno titolo nella scuola. Seguirà la pubblicazione, nel 1952, dei nuovi programmi e la creazione dell'Associazione Nazionale Educazione Fisica, nel 1955, avente l'obiettivo di promuovere studi ed organizzare convegni e congressi. Nel 1955, con l'emanazione dei Programmi didattici per la scuola primaria, La scuola elementare ottiene un documento programmatico destinato a durare trent'anni, nel quale si registra un chiaro invito ad una valorizzazione delle attività manuali da svolgersi attraverso le attività corporee. Nei programmi è possibile, dunque, ravvisare riferimenti non solo al learning by doing di Dewey, ma anche all'idealismo di Lombardo Radice e al positivismo di Gabelli. Dagli anni Sessanta alle Indicazioni Nazionali Tra il 1958 e il 1962 si assiste ad una significativa trasformazione del sistema scolastico italiano, innanzitutto con l'approvazione della prima legge organica sull'educazione fisica nel 1958 (Provvedimenti per l'educazione fisica) e, successivamente, nel 1962, con l'Istituzione e ordinamento della scuola media statale. Nella seconda metà degli anni ‘70 si realizzano ulteriori interventi legislativi, rappresentati in primis dalla Legge n. 517 del 1977, Norme sulla valutazione degli alunni e sull'abolizione degli esami di riparazione nonché altre norme di modifica dell'ordinamento scolastico; con esse, l'insegnamento dell'educazione fisica, nella peculiarità delle sue manifestazioni e delle sue tecniche, rientra naturalmente nel concerto dell'azione educativa della scuola media, fornendo un particolare contributo alla formazione dell'uomo e del cittadino. La disciplina, dunque, prova reale cittadinanza nella scuola, come testimoniato dall'apertura ad approcci interdisciplinari, dall'abolizione delle differenze di genere, dall'interesse al recupero (attraverso l'attività motorio – sportiva) degli allievi con disabilità. Un cambiamento rilevante si ha nel 1985 con l'Approvazione dei nuovi programmi per la scuola primaria: viene introdotto il principio della continuità educativa, assegnando alla scuola elementare funzioni di raccordo pedagogico, curricolare ed organizzativo con la scuola materna e la scuola media. I programmi delle 1985, nei quali la disciplina è definita educazione motoria, collocano in una posizione di centralità l'esperienza motoria nella formazione del bambino, ed evidenziano la necessità che le funzioni motorie, cognitive ed affettive giungano ad operare progressivamente e puntualmente in modo sinergico, suscitando nel fanciullo il gusto di un impegno dinamico, nel quale si esprime tutta la sua personalità. Tale documento legislativo, attribuendo nuovi significati alla corporeità, al movimento e allo sport, evidenzia gli stretti rapporti che esistono tra attività motorie e attività mentale. CAPITOLO 9 IL CORPO E IL MOVIMENTO NELLA SCUOLA DELL’INFANZIA Le Indicazioni Nazionali per il Curricolo della scuola dell'infanzia e primaria italiana (2012) Le Indicazioni Nazionali per il Curricolo della scuola dell'infanzia e primaria italiana, emanata nel 2012, Nel ridefinire le caratteristiche didattico - metodologiche della scuola dell'infanzia e primaria, hanno rilanciato l'importanza che il curricolo formativo degli alunni si caratterizzi di percorsi formativi sempre più rispondenti alle inclinazioni personali degli studenti, nella prospettiva di valorizzare gli aspetti peculiari della personalità di ognuno, nell'ottica dello sviluppo di un'identità consapevole e aperta. Fin dalla scuola dell'infanzia si chiede, infatti, di accogliere le diversità e di promuovere le potenzialità di tutti i bambini, che fra i tre e i sei anni esprimono una grande ricchezza di bisogni ed emozioni, e di promuovere lo star bene e un sereno apprendimento attraverso la cura degli ambienti, la predisposizione degli spazi educativi, la conduzione attenta dell'intera giornata scolastica. Pertanto, si evidenzia la centralità dello studente in tutti i suoi aspetti: Cognitivi, affettivi, relazionali, corporei, estetici, etici, spirituali e religiosi; per cui diventa fondamentale che, fin dai primi anni di scolarizzazione, i docenti definiscano le loro proposte in una relazione costante con i bisogni fondamentali e i desideri dei bambini e degli adolescenti. Il nuovo curricolo per la scuola dell'infanzia e primaria del 2012 si articola in percorsi di conoscenza progressivamente orientati alla ricerca delle connessioni tra i diversi saperi, ponendo l'accento sulla programmazione di attività plurime e diversificate a disposizione di ogni alunno. È compito dei docenti, infatti, scegliere l'itinerario più opportuno per consentire agli studenti il miglior conseguimento dei risultati, elaborando specifiche scelte coerenti con le finalità di ciascun ordine scolastico. Nella scuola dell'infanzia, secondo i documenti ministeriali del 2012, le attività educative offrono occasioni di crescita all'interno di un contesto educativo orientato al benessere, alle domande di senso e al graduale sviluppo di competenze riferibili alle diverse età (dai tre ai sei anni). Le attività curricolari della scuola dell'infanzia si organizzano attraverso l'integrazione di momenti/ rituali formali (l'accoglienza, il pranzo, ecc.) ed informali (discussione tra compagni, ordinare i giochi, ecc.), che svolgono una preminente funzione regolativa per la strutturazione di nuove esperienze e sollecitazioni. Spetta ai docenti la funzione di mediazione e di facilitazione attraverso l'azione, l'esplorazione, il contatto con gli oggetti, la natura, l'arte e il territorio, in una funzione ludica, da intendersi come forma tipica di relazione e di conoscenza. Gli insegnanti, infatti, aiutano i bambini a pensare e a riflettere meglio, sollecitandoli a osservare, descrivere, narrare, fare ipotesi, dare e chiedere spiegazioni, in contesti cooperativi e di confronto diffuso, rispettando i naturali bisogni di gioco, di movimento, di espressione, di intimità e di socialità degli alunni. I campi di esperienza permettono al bambino, opportunamente guidato, di approfondire e sistematizzare gli apprendimenti, suggerendo all'insegnante i necessari spunti per organizzare attività ed esperienze volte a promuovere lo sviluppo delle competenze. Le stesse Indicazioni Nazionali del 2012 recepiscono la profonda significatività del corpo e il movimento, che viene connotata, innanzitutto, come importante mezzo di contatto con sè e gli altri. Il riconoscimento della stretta relazione tra corpo, movimento e cognizione si è tradotto, nelle Indicazioni Nazionali, nella definizione di un campo di esperienza intitolato “il corpo e il movimento”, nel quale le attività ludico - motorie si configurano come strumento di conoscenza di sé nel mondo. In questa prospettiva, la didattica del movimento è tesa a favorire la capacità del bambino di acquisire il dominio delle principali funzioni del proprio corpo, valorizzandone la dimensione psicofisica, attraverso attività informali, di routine e di vita quotidiana. I giochi e le attività di movimento libero o guidato possono, pertanto, essere occasione per l'educazione alla salute, attraverso una sensibilizzazione alla corretta alimentazione e all'igiene personale. Nel documento si insiste, anche, sull’importanza delle attività di movimento per consentire ai bambini della scuola dell'infanzia di integrare i diversi linguaggi, di alternare la parola e i gesti, di produrre e fruire musica, di accompagnare narrazioni, di favorire la costruzione dell'immagine di sé e l'elaborazione dello schema corporeo, nell'ottica dello sviluppo di una buona autonomia personale. In questa prospettiva, fin dalla scuola dell'infanzia, i bambini, attraverso il protagonismo dell'azione, prendono coscienza del proprio corpo, utilizzandolo come strumento di conoscenza di sé nel mondo e acquisendo capacità comunicative, espressive, logiche ed operative. Nel campo d'esperienza intitolato “il corpo e il movimento” si conferisce, infatti, un ruolo strategico all'agire quotidiano del bambino; il movimento è il primo fattore di apprendimento: cercare, scoprire, giocare, saltare, correre a scuola è fonte di benessere e di equilibrio psicofisico. Corporeità e motricità sono le chiavi efficaci per accedere a nuove e personalizzate forme di apprendimento, facendo leva su una corporeità intelligente. Nelle Indicazioni Nazionali del 2012, la sfera corporea e motoria assume, quindi, la funzione di canale privilegiato di interazione e comunicazione, per cui diventa fondamentale, fin dalla scuola dell'infanzia, imparare a sviluppare la capacità di esprimersi e di comunicare attraverso il corpo. Il movimento si configura, in tal senso, come una singolare occasione formativa per il bambino, che la utilizza come modalità alternativa per recepire la completezza del proprio sé, consolidando autonomia e sicurezza emotiva. Il curricolo della scuola dell'infanzia si caratterizza per un'equilibrata integrazione di momenti di cura, di relazione e di apprendimento.