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Metodi e strumenti per l'insegnamento e l'apprendimento della fisica. Marta Gagliardi,Enrica Giordano, Sintesi del corso di Fisica

riassunto completo e dettagliato di tutti i capitoli del libro "metodi e strumenti per l'insegnamento e l'apprendimento della fisica".

Tipologia: Sintesi del corso

2016/2017

Caricato il 02/10/2017

silviaaa91
silviaaa91 🇮🇹

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Scarica Metodi e strumenti per l'insegnamento e l'apprendimento della fisica. Marta Gagliardi,Enrica Giordano e più Sintesi del corso in PDF di Fisica solo su Docsity! RIASSUNTO: Metodi e strumenti per l’insegnamento e l’apprendimento della FISICA CAPITOLO 1 Tutti gli insegnanti di fisica hanno un’immagine di cosa sia la fisica e di come proceda. Un insegnante riflessivo dovrebbe essere consapevole dell’immagine che ha della fisica e di quella che trasmette agli allievi. La metaconoscenza viene intesa nel senso di riflessione sui modi in cui si costruisce la conoscenza scientifica nella comunità degli scienziati attraverso la storia. Essa può essere utile per l’insegnante e può essere proposta in modo esplicito ad alunni della scuola secondaria; la metacognizione viene intesa nel senso di riflessione di ciascuno sui propri modi di capire. Essa può essere proposta a qualsiasi età. Il positivismo e l’empirismo L’immagine moderna di fisica nasce tra la seconda metà del ‘500 e la fine del ‘600 con la rivoluzione scientifica. La modellizzazione e l’astrazione, che accompagnano l’indagine sperimentale, sono i caratteri distintivi di questa forma di conoscenza rivoluzionaria. Si scoprono nuovi fatti anche grazie all’utilizzo di nuovi strumenti creati appositamente (telescopio di Galileo); si guarda a questi fatti con occhi nuovi; si formulano modelli interpretativi sia concreti-materiali sia teorici-matematici. Con la rivoluzione scientifica si afferma la necessità di sperimentare e la necessità di fare “sensate esperienze”, selezionare i fenomeni da studiare e farli avvenire in situazioni controllate. Le esperienze vanno pianificate, i fenomeni vanno descritti e interpretati. La generalizzazione è un altro dei caratteri distintivi della conoscenza scientifica: è la capacità di dare forma matematica alle regolarità del mondo naturale e di prevedere nuovi fenomeni e fatti arrivando a formulare teorie scientifiche. All’inizio del XX secolo prevale un’immagine della fisica che deriva dalle ricerche in filosofia della scienza che prendono il nome di neopositivismo o empirismo logico. Le tesi di questo movimento filosofico sono ispirate ad una teoria della conoscenza di derivazione humiana secondo la quale: ✓ L’unica forma autentica di conoscenza è quella che deriva dall’esperienza; ✓ Il controllo empirico sono l’unica forma per valutare la validità di una teoria scientifica; ✓ Il lavoro scientifico tende a conseguire come scopo l’unità della scienza applicando l’analisi logica al materiale empirico. In sintesi, il nucleo del modello empirista sottolinea 3 componenti: 1. Un apparato logico-linguistico: la teoria scientifica deve essere espressa in un linguaggio formale e preciso. Hanno un ruolo fondamentale gli assiomi o postulati, che rappresentano gli assunti fondamentali della teoria e definiscono gli enti della teoria. Gli assiomi parlano di enti astratti; 2. Un insieme di regole di corrispondenza, per assegnare un contenuto empirico all’apparato logico- linguistico, per far corrispondere alle parole e alle proposizioni fatti e oggetti; 3. Un’interpretazione. Gli oggetti empirici che vengono associati agli enti astratti dalle regole di corrispondenza non coincidono con tali astrazioni, ma le approssimano in misura accettabile. Il processo base di costruzione della conoscenza scientifica è dunque: • Partire dall’esperienza; • Formulare una teoria in termini di enti astratti derivati dall’esperienza e delle relazioni tra essi; • Ritornare all’esperienza per confrontare i risultati dell’elaborazione teorica con i fenomeni reali. La distinzione tra piano teorico-astratto e piano osservativo-empirico e la riducibilità del piano astratto a quello osservativo è uno dei tratti distintivi dell’empirismo, insieme alla nozione di assiomatizzazione e di sistema formale. Una teoria si ritiene valida se è possibile verificarla sperimentalmente. L’immagine di scienza che viene proposta da molti libri di testo tradizionali aderisce a questa filosofia empirista. Comportamentismo In filosofia l’influenza aristotelica si fa sentire fortemente soprattutto nella psicologia comportamentista. A questa si oppone il cognitivismo, che sposta l’attenzione del comportamento degli individui ai loro processi mentali e che darà vita al costruttivismo. Il comportamentismo sostiene che solo quello che è osservabile devono essere oggetto di studio di una ricerca sulla conoscenza. I comportamentisti condividono la scelta ispirata all’empirismo e al positivismo: studiare come la conoscenza del mondo si sviluppi negli animali e negli esseri umani deve essere fatto limitandosi al comportamento manifesto. I comportamentisti condividono alcuni assunti: • La conoscenza consiste nelle idee che ci formiamo a partire dalle sensazioni; • Le idee non hanno valore in sé; • La conoscenza avanza per associazione di idee in base a 3 principi: somiglianza, contiguità spaziale e temporale, contrasto, delle esperienze sensoriali. L’apprendimento è il meccanismo base della ricerca di conoscenza. All’inizio siamo tabulae rasae e acquisiamo tutto dall’ambiente. In molti casi l’insegnamento in classe segue l’impostazione del libro di testo; a volte in laboratorio si fanno eseguire esperimenti per verificare le leggi già presentate. Agli studenti viene richiesto di studiare, memorizzando definizioni e formule, utilizzandole per soluzione dei problemi proposti alla fine del capitolo del libro di testo. Aver appreso, sapere o aver capito viene giudicato dalla capacità di ripetere in modo corretto quanto memorizzato, di risolvere problemi analoghi a quelli sui quali ci si è esercitati, di rispondere a test e questionari. Molte caratteristiche di questo tipo di insegnamento sembrano derivare da un modello di apprendimento di tipo comportamentista. Suddivide un contenuto complesso in elementi più semplici, li mette in sequenza, propone stimoli ripetuti, considera solo le risposte osservabili, conferma e premia risposte e comportamenti corretti, penalizza e scoraggia comportamenti e risposte ritenuti scorretti. Questo insegnamento riflette una visione dell’apprendimento che si svilupperebbe per addestramento e condizionamento di alunni passivi. CAPITOLO 2 La relazione teoria-esperienza che sta alla base dell’empirismo viene messa in crisi negli anni intorno al 1960 dalle ricerche di Hanson e Kuhn che criticano l’idea ingenua di esperienza finora adottata, secondo la quale l’esperienza sarebbe neutrale e comune a tutti i soggetti di conoscenza. Si propone l’idea che qualunque osservazione non è separabile dalla teoria. Un altro aspetto su cui Kuhn attacca l’empirismo è la dinamica con cui una teoria scientifica evolve. Kuhn propone una nuova immagine di scienza che chiama paradigma. La comunità dei ricercatori di fisica condivide: metodi di indagine e di comunicazione dei risultati, tecniche sperimentali e strumenti di formalizzazione, modelli e teorie che vengono ritenuti consolidati. Questo insieme di teorie e pratiche costituisce il paradigma. Si tratta di un periodo di scienza normale, in cui si amplia la base osservativa, si risolvono i problemi, si fanno controlli di coerenza dei risultati ottenuto con quanto già si conosce e che viene confermato. In questa fase, gli scienziati svolgono un lavoro di ampliamento, consolidamento e rifinitura dei principi del paradigma. A questa fase di scienza normale si alternano fasi di rivoluzione in cui vengono messi in crisi alcuni dei cardini portanti del paradigma dominante. Da questa crisi nascono nuovi paradigmi. Si apre un confronto tra gli scienziati su quale sia il paradigma migliore, finché ne prevale 1. Kuhn sostiene che il paradigma vincente sia quello in grado di attrarre più ricercatori. Il nuovo paradigma deve essere in grado di spiegare tutti i fenomeni che erano spiegati dal paradigma precedente, interpretare alcuni che per esso erano anomalie, prevederne di nuovi che verranno poi sottoposti a verifica sperimentale. La parte della teoria di Kuhn che introduce elementi di natura non strettamente scientifica e razionale nella scelta dei nuovi paradigmi, ha raccolto molte critiche ma anche molti consensi nella fase di rivoluzione anche sociale che si è verificata negli anni intorno al ’68. Popper e Lakatos hanno contribuito a cambiare l’immagine della scienza e del suo processo di sviluppo. Popper con il suo Congetture e confutazioni introduce l’idea di falsificazione. La scientificità di una teoria deriva dal fatto che sia possibile sottoporla a prove che potrebbero falsificarla. Basterebbe che un’unica previsione venisse smentita per falsificare una teoria. Sono scientifiche solo le teorie che possono indicare circostanze empiriche che potrebbero falsificarla. Nella visione di molti popperiani assumono un ruolo fondamentale gli esperimenti cruciali, quelli che permetterebbero di discriminare tra 2 teorie alternative o che smentirebbero definitivamente una teoria. La posizione di Lakatos critica sia Popper che Kuhn. Lakatos, nel saggio Critica e crescita della conoscenza del 1974, sottolinea come spesso il passaggio da una teoria all’altra non avvenga per brusche rivoluzioni, ma in maniera più evolutiva. Spesso non si tratta di un’unica teoria, ma di una successione di teorie saldate con continuità in quello che Lakatos chiama programma di ricerca. In ogni programma di ricerca si può riconoscere un nucleo non confutabile. Attorno al nucleo si costruisce una cintura protettiva, ossia una catena di modelli sempre più complessi che simulano la realtà. Rielaborando le evidenze contrarie. Al PSSC si affiancò l’Harvard Project Physics Course, dedicato a trattare gli argomenti in prospettiva storica, per una formazione con caratteristiche più specificamente culturali. Da un lato questa innovazione nella didattica ha avuto merito di portare molti esperti a interessarsi e preoccuparsi dell’educazione scientifica dalla scuola dell’infanzia alla fine delle superiori. Ma organizzare un curricolo che presentasse la scienza autentica e risultasse di maggiore comprensione da parte degli studenti si è rivelata un’impresa più complessa di quanto si era pensato. Alla metà degli anni 70 le valutazioni sull’impatto di questi curricoli sulla situazione scolastica reale rivelarono che era stato molto modesto. CAPITOLO 3 Il tema del confronto tra le caratteristiche della fisica con quelle del pensiero degli alunni caratterizza molte ricerche in didattica della fisica degli anni 70/80. È necessario studiare quali siano le idee degli studenti circa i fenomeni naturali, quali le differenze rispetto alle descrizioni/ interpretazioni che ne dà la scienza e quali le ragioni di tali differenze, al fine di definire per l’insegnamento scientifico linee di intervento innovative ed efficaci. Si possono riscontrare ipotesi generali condivise da tutte le linee e in antitesi con le teorie comportamentiste: 1. La possibilità di fare inferenze scientificamente fondate su aspetti interni del funzionamento cognitivo di un individuo; 2. La possibilità di riconoscere qualcosa di comune nelle abilità cognitive e/o nelle forme di pensiero e/o nel processo di sviluppo cognitivo; 3. La possibilità di individuare aspetti e/o processi più specificamente legati alla comparsa e all’evoluzione di modi di pensare relativi ai fenomeni che sono oggetto d’indagine scientifica. Le ricerche che presentiamo di seguito hanno visioni diverse rispetto a questa relazione e al suo ruolo nell’apprendimento. Una visione è quella che considera il pensiero spontaneo procedere in modo diverso da quello scientifico. Altre sottolineano una maggiore continuità tra pensiero spontaneo e pensiero scientifico. Le prime ricerche considerano che le concezioni spontanee contrastanti con i concetti scientifici siano resistenti al cambiamento e costituiscano degli ostacoli all’apprendimento. Gli altri autori sottolineano una continuità nel procedere dei due tipi di conoscenza e considerano la struttura e i contenuti della conoscenza comune organizzati in modo fluido. In generale, si sottolinea che i 2 tipi di conoscenza si differenziano per grado di generalità e coerenza, consapevolezza ed esplicitazione dei modi di procedere e grado di formalizzazione. Si possono distinguere ricerche mirate a studiare tipologie di comportamento individuali; ricerche mirate a costruire distribuzioni statistiche di comportamenti individuali; ricerche mirate allo studio di comportamenti di piccolo gruppo o di classe. Gli strumenti di indagine sono questionari a risposta aperta p chiusa, su concetti di fisica o su situazioni sperimentali. Ci sono alcune indagini in cui si chiede ai soggetti di compiere azioni opportune per raggiungere risultati definiti, indagini basate su interviste individuali, osservazioni/interventi dei ricercatori in contesti in interazione sociale. I dati raccolti possono essere registrazioni di risposte scritte, di risposte/colloqui orali, di azioni dirette in situazioni sperimentali. L’elemento discriminante tra le diverse ricerche è l’atteggiamento con il quale vengono condotte: con l’intenzione di mettere in rilievo differenze del pensiero spontaneo rispetto alle caratteristiche della conoscenza disciplinare o con l’intento di ricercare possibili punti di raccordo. Le ricerche cui abbiamo fatto riferimento tendono a vedere il pensiero spontaneo come un insieme di teorie più o meno internamente coerenti che guidano l’interazione cognitiva del soggetto con la realtà, costruite negli anni attraverso l’osservazione e l’interpretazione dell’esperienza quotidiana. Un articolo le condizioni che, secondo gli autori, una conoscenza scientifica deve soddisfare per poter essere assimilata e dare vita ad un cambiamento concettuale: 1. Lo studente deve trovarsi in condizione di conflitto cognitivo; 2. Il nuovo contenuto di conoscenza che gli viene proposto deve apparirgli comprensibile, plausibile e fruttuosa. Non tutti i ricercatori condividono questa visione drastica di apprendimento. Alcuni vedono il processo di cambiamento concettuale come un evento a lungo termine, caratterizzato da fasi intermedie di accrescimento di nuovi significati e di lenta trasformazione delle conoscenze spontanee. Altri affermano la possibilità di costruire un raccordo tra visioni spontanee e conoscenza scientifica. La prima e l’ultima delle situazioni devono essere appartenenti all’esperienza comune. Le altre sono costruite appositamente in modo da presentare caratteristiche percettive intermedie che le rendono via via razionalmente riconoscibili come equivalenti. Nella prima metà degli anni 80 emerge l’idea di Andrea diSessa, secondo la quale la conoscenza spontanea è costituita da un insieme di molti elementi intuitivi tra loro indipendenti o debolmente legati, denominati primitive fenomenologiche o p-prims, che nella vita operano soprattutto a livello inconscio. Ognuna di esse è razionalmente fondata. Il passaggio dalla conoscenza spontanea a quella accreditata è visto come un processo di arricchimento e progressiva strutturazione delle p-prims in modo funzionale a un loro utilizzo sempre più adeguato. Esempio di p-prims: • “più vicino implica più forte”; • Situazioni in cui si identificano 3 elementi: uno considerato “causa, spinta”, uno come “risultato”; uno come “resistenza”. Questa p-prim consiste nello stabilire una relazione diretta e una indiretta. Insegnare in termini di p-prims significa guidare a scegliere quali p-prims attivare in un determinato contesto e problema; imparare significa apprendere nuove p-prims e modalità più sofisticate di selezione e di gestione di quelle che si posseggono in funzione del compito da svolgere. La ricerca sulle rappresentazioni mentali degli studenti è proseguita per molti anni. Dalla metà degli anni 80 i ricercatori hanno cercato di mettere a punto strumenti affidabili per l’indagine della comprensione di alcuni concetti di base da parte degli studenti in ingresso ai corsi dei primi anni universitari. Lo strumento più diffuso è il concept inventory, un questionario a scelta multipla che si somministra a una classe per far emergere quello che gli studenti sonno/pensano relativamente a un certo argomento. Le domande e le risposte tra cui scegliere sono basate sulla ricerca sulle misconcezioni. Utilizzati all’inizio di un corso danno al docente un’idea del livello medio degli studenti in relazione alle misconcezioni più diffuse; utilizzati alla fine indicano l’efficacia dell’intervento didattico nel far evolvere le concezioni iniziali verso la conoscenza accreditata. Nel processo di apprendimento potrebbero essere usati come oggetto di discussione. CAPITOLO 4 Le posizioni sull’immagine attuale di scienza si sono arricchite negli ultimi decenni delle analisi dell’impresa scientifica da almeno 3 punti di vista: ✓ Punto di vista sociologico: ha studiato il costruirsi della conoscenza scientifica come impresa collettiva e competitiva, in laboratorio, nei convegni e nelle pubblicazioni, nelle comunicazioni telematiche, nelle grandi collaborazioni per la fisica delle particelle o la fisica spaziale; ✓ Punto di vista neurologico: studia lo sviluppo della conoscenza scientifica in connessione con lo sviluppo delle pratiche sperimentali per lo studio della mente e del cervello. Si propongono prospettive diverse su cosa è scienza, su come procede, su quali sono le sue pratiche: • Scienza come complesso di conoscenze sul mondo naturale; • Scienza come processo di ragionamento logico sull’evidenza; • Scienza come processo di cambiamento di teorie; • Scienza come pratica e partecipazione a reti di ricercatori e istituzioni. I concetti di processo e pratiche scientifiche hanno un ruolo centrale nella definizione di scienza. La scienza non è solo un corpus di conoscenza, ma anche una forma di conoscenza, un modo di conoscere. Il processo attraverso cui le teorie scientifiche si costruiscono e si sottopongono a controllo sperimentale è iterativo, usa la logica sia induttiva che deduttiva, incorpora molti altri strumenti al di là dell’esperimento diretto. La condivisione attraverso all’interno di una comunità di ricerca che deve validare i risultati sperimentali confermando la riproducibilità degli esperimenti e controllando la coerenza dell’interpretazione fornita. Particolare attenzione ha ricevuto la pratica dell’argomentazione. Da un lato argomentazione si può intendere come contrasto; dall’altro intesa come confronto per arrivare a conclusioni condivise più solide. Esaminare la propria conoscenza e i propri quadri concettuali, valutarli in relazione a nuove informazioni o a quadri alternativi, alterarli consapevolmente sono pratiche scientifiche chiave. Le ricerche europee e russe inaugurano una nuova linea di ricerca: socio-costruttivismo. Le ricerche di neuroscienze e quelle sulla dimensione sociale della conoscenza hanno cambiato profondamente la visione della mente e dei processi di conoscenza. Di seguito vengono presentati i risultati delle ricerche sui bambini in età prescolare. Molto di quello che si sa oggi sulla mente umana viene da studi su come i bambini imparano e capiscono. Anche i bambini piccoli sono sensibili a modelli astratti e alle relazioni causali. Essi utilizzano queste informazioni per guidare i modi in cui generalizzano, fanno inferenze, e danno un senso al mondo. Già alcuni studi sulle misconcezioni avevano evidenziato come anche i bambini piccoli abbiano idee ben stabilite sul mondo naturale. I piccoli che apprendono usano la loro conoscenza ed il linguaggio per porre domande e dare senso al mondo. Il progetto sviluppa un’analisi dei risultati di ricerca sulle 3 componenti essenziali del pensiero relativamente all’ambito dell’educazione scientifica: idee, forme di ragionamento, consapevolezze e abilità metacognitive, dalla prima infanzia all’adolescenza. Un intero capitolo di TSS K8 è dedicato ai bambini in età prescolare. In una prima parte del capitolo vengono considerati 4 ambiti: • Fisica ingenua: già dal quarto mese di vita un bambino sa che gli oggetti solidi non possono penetrarsi e che continuano a esistere anche se sono fuori dal campo visivo. Al termine del primo anno di vita un bambino avrebbe già molte aspettative coerenti con molti dei comportamenti che caratterizzano un oggetto. I bambini capaci di parlare impiegano il ragionamento causale in modo spontaneo e flessibile, distinguendo gli eventi di tipo fisico dagli eventi di tipo biologico e psicologico. • Psicologia ingenua: la comprensione della mente e delle modalità di acquisizione e uso della conoscenza sia condizionante per l’apprendimento in ambito scientifico. Viene sottolineata la comparsa e lo sviluppo della capacità di distinguere 2 categorie, una di oggetti inanimati e l’altra di entità cui possono essere attribuite motivazioni attendendosi che abbiano comportamenti diversi. Nei bambini che hanno appreso a parlare si notano sviluppi notevoli nella comprensione della mente. È in discussione la capacità di comprendere, già nel terzo anno di vista, che possono esserci convinzioni false che portano a comportarsi in modo diverso da come ci si comporterebbe avendo convinzioni vere. • Biologia ingenua • Sostanze e loro trasformazioni: già in età preverbale sembrerebbe che i bambini riescano a usare livelli diversi di analisi riguardo a ciò di cui le cose sono fatte e alle proprietà degli oggetti. Prima di andare a scuola sanno usare sia parole che indicano diversi tipi di oggetti o di “corpi” delimitati, sia parole che indicano nomi di materiali, sia parole che indicano proprietà percettibili. A 3-4 anni i bambini iniziano a distinguere tra proprietà che dipendono dalla sostanza e non dall’estensione e proprietà che dipendono dall’estensione; a partire da 4 anni iniziano a riconoscere che oggetti diversi possono essere fatti con lo stesso materiale e viceversa. Le conoscenze dei bambini a quest’età sono basate sulle loro esperienze percettive. Tuttavia i loro interessi e le loro intuizioni iniziali possono essere elementi di appoggio per l’insegnamento scientifico. Altre competenze che si formano in età prescolare riguardano le capacità simboliche che consentono ai bambini di apprezzare le qualità rappresentative di giocattoli, modelli in scala, disegni, video, o di utilizzare nei loro giochi un oggetto come rappresentativo di qualcos’altro, senza tuttavia confondere i due livelli della realtà e del simbolo. I bambini piccoli, in alcune situazioni, sanno usare forme sofisticate di ragionamento, anche se in molte altre non ne sembrano capaci. La ricerca ha messo anche in luce alcuni fattori che influenzano la possibilità di evidenziare o meno queste forme di ragionamento: la conoscenza o meno di relazioni concettuali rilevanti per il caso in esame, la familiarità con le situazioni considerate; il fatto che il problema posto abbia significato per chi deve risolverlo; il fatto che si riesca a rispondere al problema facendo ricorso a processi di ragionamento impliciti. È necessario lo sviluppo della metacognizione per poter controllare i propri processi di ragionamento e scegliere quando e come usare le diverse strategie. I bambini sviluppano una consapevolezza crescente della propria mente e una capacità crescente di capire e predire il comportamento altrui. In età prescolare i bambini sviluppano una teoria iniziale della mente. A 3 anni usano parole come pensare, conoscere, dimenticare, volere che indicano una distinzione tra stati mentali diversi e un confronto tra sé e gli altri che porta a essere consapevoli del fatto che la loro comprensione può essere tentativa, incompleta e anche sbagliata. A 4 anni sanno che una persona può credere in qualcosa di falso, consapevolezza indispensabile per capire la pratica scientifica di testare sperimentalmente le ipotesi. Tra 3 e 4 anni acquistano la capacità di confrontare la credibilità di racconti e di persone. Verso l’inizio della scuola elementare iniziano a capire che esistono domini di conoscenza diversi. Tra i 4 e i 6 anni inizia a svilupparsi la capacità di distinguere tra le proprie convinzioni e l’evidenza empirica. Concludendo: ✓ I bambini in età prescolare costruiscono un vasto insieme di proprietà relazionali e causali del mondo che li circonda; secondo strategie di decomposizione/ricomposizione in elementi, relazioni tra elementi, strutture di relazioni, permettono di disaccoppiare dall’interazione diretta fra interno ed esterno la meta-funzione di interpretazione, gestione, progettazione ottimale. Un umano viene così a disporre di una specie di duplicato di mondo riorganizzabile secondo forme che sono interne alla specifica rappresentazione simbolica, ma al tempo stesso aderenti in modo nuovamente risonante alle altre forme di risonanza percettivo-motoria che già garantiscono il successo dell’interazione immediata con l’ambiente. Riflettendo ancora sulla dinamica cognitiva altre tre considerazioni: • i diversi ingredienti sopra accennati possono essere cognitivamente distinti ma non possono essere pensati come separabili. • il linguaggio si è formato e sviluppato nel tempo come potenzialità naturale dell’individuo umano e come strumento cruciale e polivalente per l’ottimizzazione risonante sia dell’interazione individuo- mondo, sia dell’interazione tra individui, sia dell’interazione dell’individuo con le sue stesse potenzialità cognitive. • la possibilità di duplicazione simbolica di aspetti selezionati della realtà è strutturalmente legata alla possibilità di elaborazione, stabilizzare e comunicare strategie di successo risonante nell’interazione fra dinamiche cognitive interne agli individui e dinamiche contestuali esterne. Democrito “il discorso è l’ombra dell’azione, e viceversa”. Un umano nasce con potenzialità biologicamente definite. Il sistema cognitivo umano viene messo in forma dalla sovrapposizione e interferenza costruttiva dello sviluppo percettivo-motorio e dello sviluppo linguistico, ambedue caratterizzati come apriori rispetto a ogni particolare esperienza individuale. L’uso interno ed esterno del linguaggio implica sempre un’azione: • interna, che traduce schemi di azione mentale implicita in possibili schemi di azione verbale strutturata sequenzialmente secondo canoni di grammatica, sintassi e semantica, • in reazione all’esterno, che trasforma l’azione interna in azione fisica verbale e/o materiale agendo come interfaccia efficace con il mondo fisico e umano. Strutture linguistiche C’è un modo di guardare/vedere che associa l’evidente instabilità dei fatti del mondo a due categorie strettamente intrecciate: quella di inter-azione tra sistemi, categoria che struttura le forme fondamentali del guardare per cause; e quella di variazione cor-relata di alcune delle proprietà variabili che definiscono ciascuno dei sistemi interagenti, categoria che struttura le forme fondamentali del guardare per effetti. “Se io tiro più forte, l’elastico diventa più lungo” viene fatta una sintesi formale linguistica e fattuale percettiva, sintesi destinata a proiettarsi in modo risonante sulle infinite situazioni future in cui l’esperienza vedrà modulata l’interazione corpo-elastico secondo le variabili correlate del fare forza e dell’esser-lungo. L’azione linguistica che duplica schematicamente e simbolicamente la propria esperienza percettivo motoria ha la stessa forma che il linguaggio appreso, evocato in modo risonante permette/impone di associare a una moltitudine di altre esperienze di vita che vengono a formare una famiglia di situazioni caratterizzate dalla condivisione di una stessa possibile forma simbolica. Platone se ne era ben accorto: il primo passo per capire il mondo consiste nell’associare/dissociare fra loro i diversi aspetti di ogni cambiamento graduale secondo i criteri del più e del meno. Ci sono anche altri cambiamenti ad esempio i cambiamenti nella numerosità di un gruppo di sistemi-oggetti. Si può contare di tutto e il contare introduce attraverso le sue operazioni una nuova padronanza interpretativa normativa e progettuale. Platone afferma poi che approfittando del fatto che la numerosità discreta e le variabili continue soddisfano le stesse relazioni d’ordine è possibile mescolare tra loro questi due modi di guardare nati da situazioni diverse giungendo a imporre cognitivamente e operativamente numeri a ciò che di per sé numeroso non è. È il passo che noi individuiamo come misura. Il mescolare modi di guardare rendendoli più efficaci presuppone un’originaria separatezza condizionata dal loro emergere da differenti famiglie di contesti. Una volta separati ed eventualmente rimescolati tra loro questi ingredienti formali possono tuttavia essere utilizzati anche per mettere in forma situazioni concrete di per sé lontane da tutte quelle che hanno costituito le basi originarie dell’astrazione. Aristotele afferma che il lavoro del matematico consiste nel separare dai fatti del mondo le forme che hanno la massima potenzialità organizzativa nei confronti di ogni possibile contesto, il lavoro del fisico nel separare all’interno degli stessi fatti le forme contestualmente specifiche che mescolate alle forme generali consentono di dare forma ad ogni contesto in modo risonante rispetto alla sua interpretazione, gestione, progettazione. I continui intrecci/interferenze delle risonanze split (separazione) e fit (aggiustamento reciproco) determinano l’evoluzione della dinamica di ogni capire. A questo punto interviene un altro elemento-base del modello cognitivo quello che vede ogni tipo di elaborazione cognitiva strutturalmente associata a un’essenziale strategia metaforica. Quella che viene codificata simbolicamente è una conoscenza sempre intrinsecamente e duramente astratta. Le nozioni di assimilazione e accomodamento introdotte da Piaget sono essenziali per interpretare ogni cambiamento cognitivo e infatti possono essere viste come le due componenti base di ogni dinamica che tende a una possibile risonanza. Eventi e fenomeni risultano frequentemente sostantivati in un intreccio di metaforizzazioni e trasferimenti semantici. Ma se una configurazione di relazioni astratte può essere assimilata a un sistema-oggetto, allora possono entrare in azione tutte le strategie di elaborazione concettuale che un pensiero/linguaggio già definito sulla base di referenti percettivamente e operativamente concreti è in grado di dominare perfettamente e creativamente arrivando così a gestire strutture di relazioni fra elementi astratti che sono derivati dalla oggettuazione di altre strutture. Due esempi per illustrare a livello elementare le dinamiche fin qui accennate nel contesto delle inter-azioni fra pensiero matematico e pensiero fisico. • Galileo e il movimento In ogni movimento percettivamente schematizzato come elementare ci sono tre variabili mutuamente correlate: la lunghezza del percorso, la corrispondente durata, la velocità che individua in modo uniforme il movimento. Da un lato tutte e tre le variabili sono percettivamente valutabili in maniera diretta secondo criteri di più/meno e già a livello di relazioni d’ordine molti aspetti del movimento possono essere messi in forma. D’altro lato la variabile-lunghezza e variabile-tempo possono essere misurate mentre un procedimento del genere appare impossibile per la variabile velocità. Galileo interviene sul problema del moto con un modo di guardare radicalmente nuovo. Dimostra che confrontando tra loro diversi “moti equabili” le rispettive velocità possono/devono essere numericamente caratterizzate da rapporti caratteristici invarianti (V=L/T). Galileo affronta poi un altro problema. Lungo una caduta la velocità certamente cresce in relazione al dislivello. Quale può essere la relazione quantitativa fra velocità e percorso? Galileo assume che la velocità cresce in proporzione alla lunghezza totale del percorso coperto. Cambia poi il modo di guardare. Se la velocità cresce uniformemente con il tempo, allora (per via matematica) la lunghezza percorsa deve crescere in proporzione al tempo al quadrato e la velocità stessa in proporzione al quadrato della lunghezza. • Regole del galleggiare Nella semantica del piano cartesiano Peso-Volume, un punto corrisponde a un qualunque oggetto in quanto caratterizzato da un valore definito da due variabili, mentre una linea fra due punti individua, attraverso tutti gli infiniti possibili oggetti intermedi, la trasformazione di un oggetto iniziale in uno finale (con il vincolo di mantenere costante il rapporto Peso/Volume). Un tratto di retta verticale caratterizza una trasformazione che vede variare il peso di un oggetto a volume costante, e un tratto di retta orizzontale caratterizza una trasformazione a peso costante. La condizione di galleggiamento è definita dalla posizione del punto rispetto alla linea dell’acqua ed è possibile analizzare graficamente quanto materiale di per sé affondante è necessario aggiungere ad un corpo di per sé galleggiante per farlo affondare. L’oggetto affonda non appena il suo peso specifico globale o peso specifico uniforme equivalente supera quello dell’acqua. CAPITOLO SESTO PERCORSI LONGITUDINALI NELLA SCUOLA DI BASE • Luce e visione Studio di cosa fa la luce e spiegazione di quello che vediamo. Classificazione dei vari oggetti del mondo nelle categorie: sorgenti attive primarie di luce, produttori di luce, es. candela, torcia, sole, sorgenti secondarie, oggetti che quando ricevono la luce ne rimandano una parte nello spazio circostante. Chiamiamo luce un’entità che esce dalle sorgenti primarie, viaggia nello spazio circostante e raggiunge gli occhi aperti e funzionanti provenendo dalle sorgenti primarie o secondarie, dando luogo alla visione. Vedere richiede come condizione essenziale che entri luce negli occhi. La luce, secondo il modello a raggi, viaggia in linea retta finché non incontra un ostacolo, un oggetto o un mezzo materiale diverso. Quando questo avviene la luce in parte viene rimandata nello spazio dove si trova la sorgente, viene cioè riflessa/diffusa; in parte viene assorbita e rimane intrappolata nell’oggetto; in parte riesce ad attraversare il corpo, si tratta della parte di luce trasmessa o rifratta. Sorgenti diverse hanno intensità luminosa diversa. La luce emessa si allontana dalla sorgente espandendosi su superfici di ampiezza crescente. Per ogni sorgente la quantità di luce che ad ogni istante investe ognuna di queste superfici è sempre la stessa cioè tutta la luce istantaneamente emessa dalla sorgente. Di conseguenza la luce che arriva a ogni punto dello spazio circostante a una sorgente diminuisce via via che ci si allontana dalla sorgente. C’è distinzione tra il segnale che raggiunge i nostri occhi che chiamiamo luce e la risposta del nostro apparato visivo che chiamiamo visione. La fisica tende ad ignorare tutto quello che attiene alla visione. Una sorgente di luce primaria o secondaria si può considerare come un insieme di punti, di sorgenti puntiformi che emettono luce nello spazio esterno circostante. Lo spazio d’ombra che si crea dietro un corpo opaco si può studiare tramite le sue sezioni. Nello studio delle ombre è essenziale sia individuare le relazioni tra gli elementi fondamentali per la formazione dell’ombra in una data situazione sia i cambiamenti dell’ombra provocati da una loro variazione. Al guardare per sistemi corrisponde una strategia di riconoscimento di individui/oggetti/fenomeni rispetto a uno sfondo e a una loro organizzazione per classificazione. Al guardare per variabili una strategia di organizzazione per seriazione. La costruzione di modelli che rappresentano solo alcuni aspetti delle fenomenologie è un modo di procedere tipico della fisica. È fondamentale arrivare a comprendere cosa è un modello, vantaggi e limiti del suo uso. Un modello è una rappresentazione astratta richiede fantasia e immaginazione. I modelli che si usano dipendono anche dalla familiarità che abbiamo con gli oggetti concreti/informatici/matematici. Usare più di un modello aiuta a non confondere un modello con la realtà a imparare a tenere distinti anche se collegati i fatti le descrizioni le interpretazioni. • Movimento Tutti i molteplici movimenti di oggetti e persone si possono ridurre a due forme base: traslazione e rotazione e la loro combinazione. Nel caso del moto traslatorio tutti i punti fanno lo stesso movimento pertanto basta descrivere la traiettoria di un solo punto. Nel caso del moto rotatorio bisogna considerare la traiettoria di ciascun punto intorno ad un asse appartenente al corpo o esterno ad esso. Un movimento per quanto complesso è riducibile a una combinazione di moti rotatori e traslatori. Le variabili del moto: posizione, spostamento, istante e intervallo di tempo, velocità media e istantanea, accelerazione media e istantanea. Per parlare di movimento di un corpo bisogna sempre specificare un sistema di riferimento, un osservatore a cui il moto va riferito. La valutazione precede, accompagna, segue i percorsi curricolari. È una operazione di interpretazione di una vasta documentazione raccolta di dati che considera l’apprendimento come processo. Le finalità di un processo di apprendimento sono più che le conoscenze che possono essere memorizzate senza essere apprese, le competenze cioè l’essere in grado di attivare e utilizzare conoscenze/capacità sia pratiche che teoriche in una varietà di contesti. La valutazione si propone come un’operazione scientifica di raccolta di dati, qualitativi e quantitativi, su elementi del processo definiti inizialmente in maniera sufficientemente ampia da essere aperti agli eventi imprevisti, alle emergenze. I dati dovrebbero non richiedere sempre le stesse conoscenze/abilità di base ed essere raccolti in contesti diversi e con strumenti diversi. Anche l’interpretazione dei dati dovrebbe confrontarsi con altre interpretazioni, usando un procedimento scientifico la triangolazione, la ricerca cioè di elementi di coerenza tra serie di dati indipendenti. La valutazione deve essere un’operazione ricca di significato, collaborativa e partecipata, in cui insegnanti e alunni collaborano nella raccolta dei dati necessari. Importanti sono l’autovalutazione e la valutazione tra pari in quanto sviluppano la consapevolezza delle proprie possibilità e dei propri limiti. Infine la valutazione consente di sviluppare vere e proprie ricerche sulla propria azione didattica, l’obiettivo non è quello di confermare la superiorità della propria proposta didattica ma quello di migliorarla e di arricchirla. Programma DeSeCo definisce la competenza come la capacità di svolgere efficacemente una attività o un compito in risposta ad esigenze individuali o sociali. Si cerca di definire la nozione di competenze chiave o essenziali indispensabili a tutti gli individui per assumere un ruolo attivo in molteplici contesti sociali. Il rapporto DeSeCo prevede nove competenze chiave essenziali raggruppate in tre categorie che si sovrappongono e si integrano: servirsi in maniera interattiva di strumenti, interagire in gruppi eterogenei, agire in maniera autonoma. La valutazione scolastica si riferisce quasi sempre solo alla prima categoria di competenze. Successiva alla proposta DeSeCo è la proposta del 2006 dell’Unione Europea per le competenze per un apprendimento permanente. Le competenze sono definite come una combinazione di conoscenze, abilità e attitudini appropriate al contesto e le competenze chiave sono quelle di cui tutti hanno bisogno per la realizzazione e lo sviluppo personale, la cittadinanza attiva, l’inclusione sociale e l’occupazione. Per l’Unione Europea le competenze chiave sono 8: comunicazione nella lingua madre comunicazione nelle lingue straniere competenza matematica e competenze di base in scienza e tecnologia competenza digitale imparare ad imparare competenze sociali e civiche spirito di iniziativa e imprenditorialità consapevolezza ed espressione culturale. È importante notare che le competenze sono competenze da sviluppare lungo tutto l’arco della vita e hanno quindi bisogno di essere prese in considerazione e costruite a partire dalla scuola dell’infanzia. Unione Europea (2006) competenza in campo scientifico: capacità e disponibilità a usare l’insieme delle conoscenze e delle metodologie possedute per spiegare il mondo sapendo identificare le problematiche e traendo conclusioni che siano basate su fatti comprovati. Comporta la comprensione dei cambiamenti determinati dall’attività umana e la consapevolezza della responsabilità di ciascun cittadino. L’indagine TIMSS si rivolge a studenti di quarta elementare e di terza media e propone un’analisi sia dei contenuti appresi sia dei processi cognitivi che li accompagnano avendo come fuoco comune l’apprendimento di una modalità scientifica di guardare il mondo e di indagare. Per ogni area di contenuto il quadro di riferimento elenca con chiarezza cosa lo studente dovrebbe conoscere e fino a che punto dovrebbe saper utilizzare le proprie conoscenze. Programma PISA, l’attenzione è sulle competenze a lungo termine disponibili per il futuro cittadino anche dopo la conclusione della scuola. Al centro del programma è il concetto di literacy. La proposta è quella di non limitarsi a guardare indietro, a verificare cioè se gli studenti hanno imparato quello che è stato loro insegnato, ma di guardare avanti di valutare cioè se gli studenti saranno in grado di comprendere le informazioni scientifiche e di utilizzarle in maniera autonoma una volta inseriti nella società. Per il 2015 PISA definisce la literacy scientifica come l’abilità di coinvolgersi come cittadino riflessivo su argomenti collegati alle scienze e sulle idee relative alla scienza. Competenze: dare una spiegazione scientifica ai fenomeni, valutare e progettare un’indagine scientifica, interpretare scientificamente dati ed evidenze sperimentali. Queste competenze richiedono conoscenze: dei contenuti, procedurali, epistemiche (comprensione della logica). Il quadro di riferimento per Scienze 2015 è costituito da quattro aspetti: il contesto della domanda, personale, locale, globale, la componente cognitiva della domanda, l’osservabilità di competenze funzionali in quanto applicabili a contesti concreti, gli atteggiamenti verso la scienza, interesse, apprezzamento, sensibilità, consapevolezza. Si ha quindi un approccio sistemico alle competenze che vengono messe in relazione non solo alle conoscenze ma anche alla motivazione e all’interesse. In Italia le materie scientifiche non godono della stessa considerazione di cui godono all’estero. Manca una riflessione diffusa tra gli insegnanti sul valore dell’apprendimento scientifico e sulla didattica più confacente. A livello di insegnamento i risultati peggiorano se si sale di livello scolare e se ci si sposta da Nord a Sud. I risultati dipendono anche dall’indirizzo di scuola superiore scelto. Inoltre il numero di ore medio effettivamente dedicato alle scienze sono poche soprattutto se messe in relazione con i contenuti affrontati. L’attenzione alla riflessione, al pensare ad alta voce, valutando le proprie ipotesi manca nella scuola italiana.
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