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Descrizione recettori tattili, nocicettori, propriocettori. e più Sbobinature in PDF di Neurobiologia solo su Docsity! NEUROFISIOLOGIA La fisiologia è lo studio dei meccanismi di funzionamento di un organismo vivente in condizioni fisiologiche, quindi in condizioni normali. Tali meccanismi consentono di vivere in una condizione equilibrata. La fisiologia si basa su un meccanismo integrato: a partire dall'infinitamente piccolo, la molecola, l’informazione si propaga alla cellula, per poi passare all’organo ed infine al sistema. La fisiologia è la scienza che studia le funzioni degli organismi viventi per conoscere le cause, le condizioni e le leggi che determinano e regolano i fenomeni vitali. Il primo ad approcciarsi alla fisiologia fu Goethe, il quale descrisse la materia come la forma in atto: tale materia quindi spiega il perché un determinato organo abbia quella forma ed esplichi quella funzioni. Claude Bernard poi introdusse il concetto, sviluppato poi da Cannon, di omeostasi: la fisiologia tende a studiare quei meccanismi che portano a mantenere un equilibrio. Egli descrissi inizialmente il concetto di omeostasi idrico salina, in quanto si interessò a studiare il meccanismo della sete. Egli introdusse delle fistole nello stomaco e nell’intestino, studiando come l’acqua ingurgitata determinasse dei cambiamenti nell’animale. Il senso della sete era dato da un equilibrio di ioni il quale doveva rispettare un rapporto con l’acqua presente nel sangue. A livello del centro ipotalamo esistono degli osmocettori deputati a controllare tale equilibrio. In realtà tale concetto è applicabile a qualsiasi frangente. Cannon ampliò il concetto di omeostati cercando di creare un collegamento con l’attività di organi diversi integrata e reciproca. La sua teoria afferma che gli animali reagiscono alle minacce con una scarica generale del sistema nervoso simpatico che prepara l'animale a combattere o a fuggire. Più specificamente, la midollare del surrene produce una cascata ormonale che determina la secrezione di noradrenalina e adrenalina. Anche gli ormoni estrogeno, testosterone, e cortisolo, assieme ai neurotrasmettitori dopamina e serotonina influenzano il modo in cui gli organismi reagiscono allo stress. Quindi l’omeostasi è la capacità di un individuo di mantenere costanti le condizioni fisico- chimiche interne anche al variare delle condizioni ambientali esterne (Cannon, 1926). L’omeostasi si basa sulla comunicazione rapida e sulla comunicazione lenta. La prima interessa il SNC e il SNP con una velocità del PA molto elevata (180 m/s). Esiste poi una comunicazione più lenta la quale utilizza il sangue come mezzo di trasporto: delle sostanze chimiche vengono rilasciate nel sangue e trasportate dallo stesso, impiegando da decine di secondi fino a periodi di tempo lunghi. Le catene di cellule nervose (neuroni) costituiscono una rete di comunicazione con l’ambiente, interno ed esterno. Il neurone si compone di: - dendriti, deputati alla ricezione di messaggi, i quali vengono stimolati da alterazione ambientali. - Soma o corpo cellulare, all’interno del quale sono presenti il nucleo e gli organelli - Cono di emergenza assonale, il punto in cui le cellule passano dal produrre stimoli locali a generare stimoli in grado di scorrere lungo l’assone e propagarsi ad un’altra cellula. In questo punto sono presenti i canali voltaggio dipendenti - Assone il quale si occupa di condurre l’impulso nervoso - Terminazioni sinaptiche o bottoni, i quali trasportano l’informazione ad altri neuroni. Sono tanti poiché l’informazione essendo complessa deve contattare tanti neuroni differenti (chiamati secondari), attivando conseguentemente diversi circuiti. Tale fenomeno è noto come divergenza. Al contrario la convergenza porta all’attivazione di un solo circuito/centro. Tale sistema di comunicazione veloce è composto quindi dai neuroni, che nel loro insieme formano il sistema nervoso. Il sistema nervoso si divide in SNC (encefalo, contenuto nella scatola cranica, tronco encefalico e midollo spinale, contenuto nel canale vertebrale) e il SNP (costituito dai prolungamenti assonici delle cellule neuronali e sono deputati al trasferimento dei segnali verso il SNC (vie afferenti) e dal SNC verso la periferia (vie efferenti)). I nervi uscenti dal midollo spinale sono dei fasci contenenti migliaia di neuroni, i quali si dividono in afferenti ed efferenti. Quindi di fatto è lo stesso nervo a portare l’informazione dal SNC al resto del corpo e allo stesso modo è il medesimo nervo a portare la riposta dall’area del corpo al SNC. La via afferente si divide in stimoli sensoriali (esterocettori) e stimoli viscerali (enterocettori) mentre la via efferente si compone del sistema nervoso somatico, composto dai motoneuroni i quali attivano i muscoli scheletrici, e del sistema nervoso simpatico e parasimpatico, il quale interessa i muscoli lisci, il muscolo cardiaco e le ghiandole. L’attivazione dei muscoli, che essi siano scheletrici o lisci, portano all’attivazione degli organi effettori, formati da tessuto ghiandolare e muscolare. I centri del SNC si trovano a livello del midollo spinale o più a monte a livello del tronco encefalico: il neurone che arriva dalla periferia incontra una prima sinapsi (un primo controllo); il neurone di primo ordine incontra quindi un secondo neurone. Tale sistema prevede poi un terzo neurone (livello di terzo ordine) con il pirenoforo nel talamo, il quale porterà l’informazione alla corteccia. A livello corticale lo stimolo verrà identificato: trattandosi sempre di un’informazione complessa e di diversa natura non interverrà solamente la corteccia primaria ma vi sarà, al contrario, una cooperazione con la corteccia associativa. Quindi le vie afferenti prevedono la presenza di tre neuroni. Questi centri sono deputati a: - riconoscimento delle caratteristiche degli stimoli ambientali trasmesse tramite i messaggi elettrici - elaborazione della risposta agli stimoli - generazione e trasmissione di segnali di comando per gli organi effettori deputati ad eseguire una risposta adeguata. A questo punto interverranno altri centri, come quelli collegati alla memoria e all’apprendimento dello stimolo ricevuto. Dai centri superiori parte una via efferente la quale porterà una risposta motoria (motoneuroni) oppure comportamentale (muscolatura liscia). Si pensi ad esempio quando si tocca una superficie calda: a seguito del contatto con la superficie calda l’individuo ritrae l’arto (riflesso flessorio) ancora prima di sapere di essersi scottato. La risposta motoria quindi porta all’induzione della contrazione, alla modulazione della forza (numero di fibre muscolari coinvolte collegate al numero di bottoni sinaptici che il motoneurone va ad attivare), alla direzione e alla velocità di contrazione. Inoltre, consente la coordinazione della contrazione della muscolatura scheletrica e al mantenimento della postura durante il movimento. La via efferente è data da due motoneuroni: il motoneurone superiore, il quale si localizza a livello del SNC, diretto verso le corna ventrali dove incontra il secondo motoneurone, o motoneurone inferiore, il quale è diretto al muscolo. Si pensa poi che per alcuni movimenti molto fini delle dita esista un solo motoneurone, il quale parte direttamente dalla corteccia e si dirige al muscolo della mano. Il sistema efferente determina diversi tipi di controllo di tipo motorio: - centri del controllo motorio e organizzazione delle funzioni motorie - controllo locale del movimento (riflessi spinali), attivato in caso di contatto con una superficie calda oppure l’eccitazione del quadricipite a seguito di uno stimolo sul tendine rotuleo. Questi riflessi sono molto più evidenti nell’animale in quanto nell’uomo, in modo inconscio, viene inibito tale meccanismo. - controllo tronco-encefalico della postura e del movimento. I nuclei vestibolari, i quali controllano i riflessi vestibolari, regolano la posizione della testa rispetto all’asse. Esiste un controllo dell’equilibrio del corpo continuo quindi vi è una continua attivazione di tali centri. Necessario è equilibrare la posizione del corpo per permettere la vista. Il potenziale di membrana è influenzato da: 1) gradiente di concentrazione; 2) permeabilità della membrana a quegli ioni. L’equazione GHK calcola il potenziale di membrana a riposo risultante da tutti gli ioni che possono attraversare la membrana, include i valori di permeabilità, perché la permeabilità di uno ione influisce sul suo contributo al Vm. Il contributo di ogni ione è proporzionale alla sua capacità di attraversare la membrana. I potenziali locali, tratta fino ad ora, determinano una condizione stabile. Tale equilibrio è però influenzato da condizioni esterne che portano ad una diversa permeabilità degli ioni. Le molecole di segnalazione (segnale chimico) agiscono su proteine canale di membrana determinando l’apertura e la chiusura dei canali ionici (canali chemo-dipendenti). Altri canali cambiano la loro permeabilità a seguito di un segnale elettrico (canali voltage-gaping). i canali chemodipendenti sono quelli maggiormente coinvolti nel sistema nervoso. Un terzo tipo, molto importante, sono i segnali meccanici (ovvero un cambiamento della forma, ad esempio) che determinano un cambiamento del canale. La stragrande maggioranza dei recettori legati al tatto sono di questo tipo. Quando tasto un oggetto deformando i recettori attivo dei canali e il voltaggio di membrana cambia. Fra tutti i meccanocettori il più conosciuto è il corpuscolo di Pacini, recettore sensoriale presente nel derma. La pressione deforma le guaine connettivali, le quali avvolgono la fibra nervosa, e spingono sulla terminazione nervosa. Questo determina un cambiamento della permeabilità per lo ione sodio. Essendo presente un liquido all’interno delle guaine connettivali la pressione si ridistribuisce in maniera uniforme e porta all’inattivazione del recettore. Inizierà a funzionare nuovamente solo quando smetterò di applicare una pressione. Si tratta di un recettore a rapido adattamento. ∆Vm = voltaggio membranario dato dagli ioni che passano attraverso la membrana. - Aumenta → diventa più negativo → iperpolarizzazione - Diminuisce → diventa più positivo → depolarizzazione Potenziale locale I potenziali locali sono delle variazioni transmembranarie che non sono in grado di essere trasportate. Il potenziale locale è graduale, ossia può variare - in ampiezza: Depolarizzazione lenta ma con una diversa intensità, cioè a seconda dello stimolo che determina la depolarizzazione si può assistere ad una maggiore o ad una minore caduta del Vm. Di fatto la caduta dipende da come cambia la permeabilità per quel determinato catione, ovvero dal numero di canali che si aprono. L’apertura dei canali è legata all’intensità dello stimolo, il quale causa una perturbazione dell’omeostasi. Lo stimolo è di diversa natura a seconda del canale coinvolto: per i canali chemosensibili la variazione dello stato degli stessi è data dalla concentrazione di una determinata molecola mentre per i canali meccanosensibili si assisterà ad una deformazione meccanica. In generale, data l’entità delle depolarizzazioni (10-25 mV), l’ampiezza è modesta. Stimolo intenso → potenziale graduale ampio Stimolo lieve → potenziale graduale minore - in durata: La variazione del potenziale persiste fino a quando è presente lo stimolo. Ad esempio, finché è presente la molecola di segnalazione o lo stimolo meccanico permane la variazione conformazionale dei canali ionici e di conseguenza la variazione di Vm. Fa eccezione il corpuscolo di Pacini. La variazione del voltaggio di membrana fornisce un messaggio elettrico ricco di informazioni sulle caratteristiche di intensità e persistenza dello stimolo. Il potenziale locale si propaga con decremento: l’ampiezza della variazione di potenziale si riduce con l’aumentare della distanza dal punto di applicazione dello stimolo. Uno stimolo applicato a 4.5 mV è ben leggibile dagli elettrodi nel punto di applicazione ma, all’aumentare della distanza, l’intensità si riduce sempre di più (a 2.5 mm è praticamente nullo). La membrana è paragonabile ad un circuito elettrico, avente due caratteristiche: piastra di condensazione, rappresentata dai foglietti di fosfolipidi che impediscono la diffusione libera degli ioni resistenza Rm, rappresentata invece dai canali. La resistenza sarà molto elevata quando vi saranno pochi canali aperti e vi sarà una differenza di potenziale tra i due foglietti della membrana, al contrario Rm sarà bassa quando vi saranno molti canali aperti. Quindi, la resistenza è l’inverso della conduttanza elettrica e dipende dall’apertura dei canali ionici. Con l’applicazione dello stimolo si assiste ad un cambiamento della permeabilità in quel determinato punto (depolarizzazione); i punti contigui, invece, si trovano ancora in una condizione di riposo e sono, per tanto, più negativi. Le correnti elettrotoniche che si formano spostano gli ioni all’interno della membrana poiché il centro di carica positivo, formatosi a seguito dell’applicazione dello stimolo, sarà attratto dai centri di carica negativi dei tratti di membrana contigui. Tali correnti renderanno quindi più depolarizzate le aree vicine al punto di applicazione dello stimolo. Pertanto se nel punto di applicazione dello stimolo si avrà un valore di -60 mV le aree contigue tenderanno a questo valore, senza tuttavia raggiungerlo (-55 mV, ad esempio). Il circuito che stiamo considerando non è isolato in quanto sono presenti dei canali perennemente aperti, a prescindere da quelli aperti dallo stimolo. I canali passivi riducono la resistenza. La depolarizzazione in prossimità del punto inizierà ad avere una compensazione da parte dei cationi che passivamente tendono ad entrare, riducendo la forza dello stimolo e l’intensità di queste correnti. La differenza di potenziale generata dallo stimolo è molto alta nel punto di applicazione ma, allontanandosi da questo punto, diminuisce sempre più. Quindi parte della corrente passa attraverso le vie a bassa resistenza e l’intensità di corrente si riduce progressivamente. V= IR → riducendosi I si riduce anche V La legge di Ohm è una formula matematica che descrive la correlazione delle grandezze elettriche (resistenza, corrente, tensione) al loro variare. Per resistenza (R) si intende l'ostacolo che incontra la corrente nel suo percorso. Per corrente (I) si intende la quantità di cariche elettriche che percorrono un conduttore nell'unità di tempo. Per tensione (V) invece si intende la differenza di potenziale di un punto rispetto ad un altro espressa in volt. Chiaramente più l'ostacolo è alto, minore sarà l'intensità di corrente che lo attraversa. L’intensità si riduce progressivamente, riducendo l’intensità si riduce anche il voltaggio. La proprietà che determina questa caduta della propagazione dell’effetto elettrico del potenziale locale deve tenere conto di una costante di spazio, legata alla proprietà della membrana che a seconda di come è fatta, fa sì che la differenza di potenziale cala. La costante di spazio è la distanza alla quale la differenza di potenziale decade al 37% (+- 2/3) del valore misurato nel punto di iniezione della corrente. Questa costante definisce le proprietà della membrana come conduttore: λ = √ Rm/Ri + Re dove Rm indica la resistenza di membrana, ovvero la densità della pervietà dei recettori di membrana, mentre Ri indica la resistenza interna, cioè la velocità di flusso delle correnti elettrotoniche, è legata all’intensità del centro di carica che si è venuto a formare, che continua a diradarsi per l’arrivo degli elettroni quindi è una velocità che diminuisce sempre di più. Re, ovvero la resistenza esterna, è trascurabile in quanto gli ioni nel liquido extracellulare la rendono praticamente nulla. La costante di spazio nel neurone è di 1-2 mm: dal punto di applicazione dello stimolo elettrico, si ha una perdita dei 2/3 dell’intensità dello stimolo dopo circa 1-2 mm misurati dall’elettrodo. In generale maggiore è il rapporto Rm/Ri minore sarà la perdita di corrente attraverso la membrana e maggiore la costante di spazio. L’insorgenza del segnale elettrico e la conseguente evoluzione e propagazione del potenziale di azione, dipendono dalle proprietà elettriche passive della membrana, cioè dal potenziale locale. Genesi del potenziale locale: ⁃ I potenziali locali nascono nei dendriti o nel soma (a livello del corpo pirenoforo), essi sono così sviluppati per aumentare l’area di membrana disponibile che può contribuire alla generazione di un potenziale locale. Questo non solo per i recettori ma anche per neuroni che sono in sequenza, aumentando il loro contatto, i dendriti danno la possibilità a migliaia di neuroni di comunicare tra loro, in particolare nell’hilock possono contribuire alla formazione di un potenziale di azione e quindi allo scorrimento a valle dell’informazione elettrica. ⁃ Questi segnali sono generati da stimoli fisici o chimici e incidono sui cambiamenti di permeabilità e quindi aprono o chiudono i canali chimici, cioè cambiamenti di polarizzazione: esempio il potenziale postsinaptico eccitatorio (potenziale locale che ha determinato una depolarizzazione e un cambiamento della permeabilità dello ione sodio) o anche inibitori (legati a un cambiamento di permeabilità dello ione potassio e quindi si avrà una iperpolarizzazione, il neurone quindi non genera potenziale di azione). L’effetto di molti farmaci può essere depolarizzante o iperpolarizzante, impediscono quindi l’insorgenza del potenziale di azione. ⁃ L’ampiezza è proporzionale all’intensità e la loro durata alla persistenza dello stimolo ⁃ Si propagano con decremento su brevi distanze: diminuiscono di intensità man mano che ci si allontana dal punto di applicazione dello stimolo. Creano delle condizioni ma non sono in grado di generare un potenziale di azione. A seconda di dove sono posizionati possono generare un’informazione che può essere propagata o meno: se un’intensità di 4.5 mV viene applicata nel soma e nel dendrite sarà la prima a propagarsi con più facilità in quanto si trova più vicino al bottone assonale. - Canali ionici voltaggio dipendenti del SODIO: hanno una cinetica rapida. Possono avere 3 stati conformazionali: chiuso, aperto e inattivati. Hanno una particolare caratteristica: sono inattivati: viene bloccata l’entrata degli ioni sodio anche quando c’è uno stimolo sufficiente ad aprire il cancelletto. Questo permette di capire perché le cellule neuronali non sono sensibili per un piccolo spazio di tempo a un secondo stimolo → periodo refrattario assoluto: un secondo stimolo anche sopra la soglia non è efficace nel determinare l’entrata di ioni sodio, rappresenta il tempo necessario ai cancelli dei canali al Na+ di ritornare allo stato di riposo. La soglia di apertura è sempre una depolarizzazione di 15 mV. - Canali al potassio: hanno 2 stati conformazionali aperto (attivato) o chiuso. Soglia di apertura: depolarizzazione di 20-30 mV. Il potenziale di azione dura 2-3 millisecondi, il picco dura 1 millisecondo. GENESI IONICA del Potenziale di azione Picco del PA: canali Na tutti inattivati → il cancelletto determina la chiusura del canale e l’ingresso di ioni Na cessa. Il neurone in questo punto è refrattario assoluto; mentre i canali K aperti con un conseguente flusso elevato di K uscente. Nel caso dei canali del Na questi sono ancora inattivati, a causa del secondo gate chiuso. Si dice pertanto che il neurone è refrattario poiché non è possibile attivare alcun PA (periodo refrattario assoluto). Ripolarizzazione: canali K+ aperti, flusso uscente elevato; canali Na: il cancelletto che era chiuso si apre, se arriva uno stimolo sopra soglia, si genera un nuovo potenziale di azione → Periodo refrattario relativo, che durerà fino al ritorno al potenziale di riposo: non tutti i cancelli dei canali Na+ sono ritornati nella posizione di partenza, qualsiasi PA innescato in questo periodo avrà un’ampiezza inferiore al normale. Il periodo refrattario distingue i PA dai potenziali locali e limitano la frequenza alla quale i segnali possono essere trasmessi lungo un neurone. Fasi tardive della ripolarizzazione: canali K in parte aperti e in parte chiusi; canale Na in parte ancora inattivati ma in parte tornati allo stato chiusi, quindi attivabili. Se esiste un periodo refrattario assoluto, quando si genera un PA in quel punto, le aree del neurone più facile da influenzare sono quelle che sono a riposo rispetto a quelle che sono ancora inattivate. Da un punto di vista spaziale questo si traduce nel riuscire ad eccitare solo le aree successive, e non quelle precedenti, nelle quali persiste in periodo refrattario assoluto. Il periodo refrattario rappresenta la unidirezionalità del potenziale di azione lungo l’assone: il potenziale scorre nell’unica direzione possibile in quanto nell’altra persiste il periodo refrattario assoluto, non possono essere sovrapposti e non possono viaggiare all’indietro. Fase di iperpolarizzazione postuma: i canali Na sono tutti chiusi e quindi attivabili, ma sono ancora presenti alcuni canali K+ aperti per la lenta cinetica di questi canali. Tipi di fibre: i potenziali di azione sono continuamente rigenerarti per la presenza dei canali voltaggio dipendenti lungo l’assone. La conduzione senza decremento del PA consente di trasmettere il messaggio elettrico su lunghe distanze mantenendo inalterato il contenuto informativo. La mielina rende ancora più efficiente questa riproduzione. La velocità di propagazione del potenziale d’azione dipende dal tipo di cellula stessa: questa varia a seconda che si tratti di cellule mieliniche o amieliniche. Le cellule amieliniche hanno un diametro modesto (velocità del circuito elettrico dipende dall’area del circuito stesso) e una minore resistenza di membrana. Questo determinerà una minor velocità di conduzione (0.5-5 m/ s). Le fibre C, ad esempio, sono di questo tipo e sono legate al dolore cronico: la scarica è lenta e mantenuta nel tempo. PROPAGAZIONE SENZA DECREMENTO E UNIDIREZIONALE Lidocaina è un farmaco che blocca la formazione del potenziale di azione perché blocca la conduttanza degli ioni sodio, per cui non si percepisce il dolore perché il potenziale di azione nel punto in cui è stato depositato il farmaco non viene generato. Le proprietà elettriche passive che dipendono dal diametro dell’assone e dalla resistenza della membrana, influenzano: 1. la velocità di insorgenza del PA: dipende da alcune caratteristiche della membrana: velocità di variazione del mV per il raggiungimento del potenziale soglia che dipende dal Rm e Cm. Maggiore è il rapporto tra resistenza membrana e resistenza interna e minore è la perdita di corrente attraverso la membrana e maggiore è la distanza a cui il potenziale di azione può essere trasmesso elettronicamente. Maggiore è il valore di lambda maggiore sarà la velocità di conduzione del PA lungo la cellula. Lamba è la costante di spazio, maggiore è questa costanza e maggiore è l’efficacia del potenziale locale di generare potenziale di azione. La velocità di conduzione è diversa se si considerano cellule mieliniche o amieliniche. Quelle amieliniche non hanno una Rm elevata e un diametro modesto (la concentrazione degli ioni + e – può variare a seconda del diametro) e quindi hanno una minore velocità di conduzione (0,5-5 m/sec), insorgerà più lentamente; normalmente sono le fibre C, presenti in un dolore cronico, scarica lenta. Neurone mielinico: hanno una resistenza maggiore dovuta alla produzione di una sostanza gelatinosa che avvolge gli assoni delle cellule nervose, è la mielina è una miscela di colesterolo, fosfolipidi, cerebrosidi, proteine e acqua. Oligodendrociti e cellule di Schwann generano la mielina., rendendo le cellule più isolate rispetto ai passaggi di ioni che determinano l’abbassamento di Rm; hanno un maggior diametro. Questi manicotti hanno una lunghezza di 1 mm, ma non sono continui (altrimenti l’impulso non potrebbe generarsi), ma ci sono aree dove non sono presenti, nodi di Ranvier con spessore di 1 μm, dove sono presenti i canali per il Naè. La mielinizzazione aumenta la resistenza della membrana, il rapporto tra Rm e Ri (quindi la costante di spazio), e di conseguenza aumenta la velocità di conduzione (5-70 m/sec; 70-180 m/sec). Esempio di fibre mieliniche sono le fibre di tipo A e B, con un diametro maggiore delle fibre C. Velocità di conduzione 5-180 m/s vs 0.5-0.15 m/s. Conduzione saltatoria: in una fibra mielinica, l’impulso salta da un nodo di Ranvier (questi presentano i canali per Na+) a un altro. Codifica segnale elettrico → intensità del segnale elettrico. Il segnale elettrico è sempre lo stesso, lo si interpreta attraverso la modulazione frequenza e durata della scarica del PA. La velocità del PA dipende da quanto viene mantenuto. La frequenza è il numero di Potenziale di azione per secondo (n/sec); a riposo i muscoli scheletrici mantengono una frequenza di scarica bassa, quindi un numero di PA nell’unità di tempo ridotto. Se si aumenta l’intensità della stimolazione, il potenziale di azione aumenta la frequenza con ui insorge ma avrà sempre la stessa ampiezza. Tuttavia, aumentando l’intensità, aumenta la frequenza con cui i potenziali di azione si susseguono. Quindi il neurone non codifica l’intensità di un segnale con l’ampiezza del potenziale d’azione, ma con la frequenza dei potenziali di azione generati. Nei diversi neuroni com’è possibile differenziarsi nella frequenza di scarica del PA? La diversità è data da una sottopopolazione dei canali al potassio nella membrana nauronale. Ci sono delle aree che prevedono due tipi di canali al potassio: canali voltaggio dipendenti e canali che prevedono una veloce ripolarizzazione e una rapida uscita dalla refrattarietà (attività ripetitiva). 4. Questi arrivano nel vallo sinaptico dove ci saranno i rispettivi recettori (generalmente proteine intrinseche che attraversano la membrana) che interagiscono con i neurotrasmettitori, i recettori sono specifici ma possono essere anche per più neurotrasmettitori. I recettori di membrana possono essere: ionotropici (recettori canali, entra direttamente lo ione nella proteina): i neurotrasmettitori hanno un effetto diretto sul potenziale di membrana aprendo o chiudendo dei canali ionici, come acetilcolina o glicina; metabotropici (associati all’attivazione delle proteine G e hanno un’azione indiretta sui canali ionici, sono quindi più lenti; es catecolammine: adrenalina e noradrenalina), prevedono cambiamenti metabolici nella cellula post-sinaptica utilizzando mediatori chimici quali secondi messaggeri. L’interazione neurotransmettitore – recettore determina variazioni di permeabilità di membrana e quindi di potenziale di membrana. Possiamo avere 2 casi: potenziali locali 1. EPSP: potenziale post sinaptico eccitatorio (depolarizzazione) → possibile insorgenza di PA 2. IPSP: potenziale post sinaptico inibitorio (iperpolarizzazione) → non si ha insorgenza di PA Il potenziale post sinaptico è un potenziale locale: ⁃ graduale ⁃ Si propaga con decremento per via elettrotonica su brevi distanze. Depolarizzazione lenta: 10mV. Neurotrasmettitori a basso peso molecolare: 1. Amminoacidi e derivati: dall’acido glutammato tramite una decarbossilasi si ha il GABA (principale inibitorio cerebrale). Oppure la glicina (principale inibitorio a livello del midollo spinale). Altri derivano dalla tirosina che portano alla formazione delle catecolammine: tirosina → idrossilasi →driidroxi fenilalanina → decarbossilasi→ Dopamina →idrossilasi→ noradrenalina → metilazione→ adrenalina. A seconda degli enzimi presenti si hanno diverse tipologie di neurotrasmettitori. 2. Acetilcolina: colina + gruppo acetilo dell’acetilCoA (trasferito mediante una colina-acetil- transferasi). Neurotrasmettitori ad alto peso molecolare: essendo più lunghi vengono degradati più lentamente; sono definiti neuropeptidi, si ritrovano non solo nelle sinapsi ma anche nel liquido cefalorachidiano, si legano a recettori sulla membrana pre e post sinaptica, attivando specifici enzimi. Tendono a modulare funzioni cerebrali. 1. Peptidi: es sostanza P → mediatore dell’evento del dolore. 2. Neuropeptidi oppioidi → met-encefalina; leu-encefalina; α-endorfina (16 amminoacidi); dinorfina-8. Li troveremo soprattutto a livello talamico, la funzione principale è l’inibizione della secrezione della sostanza P. Un singolo potenziale di azione che arriva al terminale assonico provoca il rilascio di una quantità costante di neurotrasmettitore. Quindi i neuroni possono utilizzare la frequenza dei PA per trasmettere informazioni sulla forza e sulla durata degli stimoli che li hanno attivati. Uno stimolo più forte fa sì che ogni secondo arrivino più PA al terminale assonico che a sua volta determina il rilascio di maggiori quantità di neurotrasmettitore. Sinapsi elettrica: sovrapposizione del segnale nella membrana pre e post sinaptica Sinapsi chimica ritardo sinaptico di 0.3-5 ms tra l’arrivo del PA nel bottone sinaptico e l’effetto sulla membrana post sinaptica. Minore è il numero di sinpasi coinvolte, più veloce sarà la risposta ad uno stimolo, come nel caso dei riflessi che sono rapidi proprio perché hanno poche sinpasi; la trasmissione del segnale é unidirezionale. Fatica sinaptica: momento durante il quale la sinapsi resta inattiva finchè non viene rifornita di neurotrasmettitore. Nelle sinapsi chimiche c’è affaticabilità perché il segnale elettrico deve essere trasformato in segnale chimico e questo dipende dalla concentrazione di neurotrasmettitori presenti nel bottone presinaptico; se questo bottone è troppo stimolato, il neurotrasmettitore non è in grado di essere ricostituito e quindi ci saranno dei tempi morti per ricostituire il full di neurotrasmettitore (effetti tipico delle anfetamine). É un meccanismo protettivo. Ogni vescicola determina una certa quantità di eccitazione. Gli effetti delle sinapsi chimiche sono locali e l’effetto può essere inibitorio o eccitatorio, questo è dato dal tipo di neurotrasmettitore che può determinare un cambiamento di polarità della membrana e dal tipo di recettore post sinaptico. SINAPSI CHIMICHE - PROPRIETÀ DI INTEGRAZIONE Ci sono delle proprietà che possono dare maggiore informazione a un segnale; ci sono migliaia di terminazioni sinaptiche su soma e dendriti di ogni neurone. La risposta del neurone post sinaptico sarà collegata all’informazione che il neurone riceve da altri circuiti. Ci possono essere sinapsi attive simultaneamente sullo stesso neurone. I neuroni non arrivano da un’unica area che riceve lo stesso tipo di informazione, possono essere neuroni presinaptici che arrivano da circuiti differenti e che integrano quindi informazioni differenti generate da stimoli differenti, alcune risposte quindi possono essere eccitatore e altre inibitorie. La risposta finale che si genera nell’encoder dell’elemento dipende da: 1. Attività di ogni singolo neurone presinaptico, 2, numero di sinapsi simultaneamente attive, 3. Proporzione tra sinapsi eccitatorie e inibitorie. 1. Sommazione temporale: somma delle attività locali di ogni singolo neurone presinaptico; si verifica quando due potenziali graduati di un unico neurone presinaptico si sviluppano a breve distanza temporale, provocando un PA. Le correnti generate da EPSP di bassa ampiezza spesso non sono di intensità sufficiente per depolarizzare fino alla soglia l’encoder. Se aumenta la frequenza di scarica del PA, si formerà un potenziale locale sufficiente per formare il PA di 10 mV nell’encoder. Più PA giungono in sequenza alla terminazione presinaptica, si sommano quindi depolarizzazioni locali successive dovute all’attività ripetitiva nel neurone presinaptico. Ciascun EPSP si somma al precedente. Di conseguenza si avrà una maggiore ampiezza. QUANTI più PA giungono in sequenza alla terminazione aumenta: l’intensità di corrente di Ca2+ che entra nella cellula pre sinaptica Numero di vescicole che aderiscono alla membrana Quantità di mediatore liberato nella fessura sinaptica → Di conseguenza aumenta il numero di recettori post sinaptici che sei legano al neurotrasmettitore → aumenta l’ampiezza della risposta postsinaptica. 2. Numero di sinapsi simultaneamente attive: sommazione spaziale: è la somma dell’effetto di input sinaptici multipli e simultanei in punti diversi del soma e dei dendriti della cellula. Due stimoli eccitatori sotto soglia se sommati possono dare un EPSP di maggiore ampiezza e una depolarizzazione dell’enconder che raggiunge la soglia. 3. Proporzione tra segnali eccitatori e inibitori: IPSP e EPSP contribuiscono a determinare l’attività del neurone post-sinaptico, mediante fenomeni di integrazione, sono sommazioni algebriche. La capacità di una sinapsi di poter modificare la propria attività viene definita plasticità sinpatica, questa può migliorare l’attività a livello delle sinapsi (facilitazione o potenziamento) o diminuirla (inibizione o depressione). I recettori sono trasduttori di energia dello stimolo in una variazione di tipo elettrico. Tutti i recettori creano un potenziale locale, ma non sono in grado di far correre il segnale, hanno bisogno di un neurone afferente. I recettori possono codificare la caratteristica dell’intensità dello stimolo, cioè la variazione ambientale a seconda del numero di potenziale di azione che possono essere generati nell’encoder del neurone recettore. In questo le sinapsi sono sempre di tipo chimico. Codificazione delle proprietà degli stimoli ambientali 1. La qualità dello stimolo non è legata solo alla specificità del recettore; ma dipende anche dalla linea neuronale attivata (neurone afferente), cioè dalla via da cui arriva. 2. Intensità: in trasduzione e codificazione, aumento della frequenza → aumento dell’intensità dello stimolo → ogni recettore ha una sensibilità specifica per ogni stimolo in un determinato range. Correnti a bassa intensità genereranno una scarica di depolarizzazione a bassa frequenza; correnti ad alta intensità generano una scarica di depolarizzazione ad alta frequenza. Il sistema nervoso quindi utilizza un codice di attività neuronale per riconoscere l’intensità dello stimolo e quindi la frequenza. La conversione intensità – frequenza dei PA avviene su scala logaritmica → legge di Weber – Fechner. All’inizio è lineare; quando lo stimolo diventa evidente, non c’è più variazione nell’intensità dello stimolo, si raggiunge il plateau. La codifica di popolazione permette di risalire all’intensità perché non tutti i recettori hanno la stessa soglia per il loro stimolo adeguato. I recettori a soglia più bassa, sono più sensibili, rispondono a stimoli di più bassa intensità; quando aumenterà l’intensità dello stimolo si attiveranno quelli a soglia più alta. Il SNC interpreterà il numero di recettori attivati come una misura dell’intensità dello stimolo. La discriminazione dell’intensità in un singolo neurone sensoriale inizia dal recettore. Se aumenta il numero di recettori specifici attivati, ma anche il numero di vie afferenti attivate si ha un aumento dell’intensità e non si perde l’informazione → codice di popolazione. 3. Durata: la durata del potenziale locale è attiva fino a che persiste lo stimolo ambientale. più c’è variazione elettrica → più tempo per produrre PA nell’encoder. Questo vale solo per determinati tipi di recettori. Per quanto riguarda la durata, si distinguono due tipi di recettori: recettori tonici a lento adattamento, continuano a rispondere per tutta la durata dello stimolo, segnalano la persistenza del segnale statico; recettori fasici si adattano più velocemente a uno stimolo costante e poi si inattivano, quando lo stimolo cessa, i recettori fasici possono attivarsi di nuovo. Sono sensibili solo alle variazioni di energia e non al mantenimento della variazione nel tempo; rispondono quindi solo allo stimolo segnale, cioè a un segnale dinamico. Segnalano al SNC il momento di applicazione dello stimolo e rapide variazioni di questo. 4. LOCALIZZAZIONE E CAPACITA’ DISCRIMINATIVA DEL RECETTORE SENSIBILE Un singolo neurone afferente con tutte le sue terminazioni recettoriali è un’unità sensoriale; l’area del corpo che, se stimolata, genera attività nell’unità sensoriale è detta campo recettivo di quel neurone. L’ampiezza del campo recettivo varia inversamente alla densità dei recettori (+ ampiezza – recettori), di conseguenza si ha una minore sensibilità. Un’alta densità recettoriale dà origine a piccoli campi recettivi che generano una maggiore abilità discriminativa nella localizzazione dello stimolo. Maggiore è l’area, è meno efficace la sua capacità di discriminazione. Il corpuscolo del Pacini ad esempio è posto molto in profondità che non riesce bene a discriminare gli stimolo; mentre i corpuscoli di Merkel sono più in superficie e hanno una maggiore capacità discriminata, molto sviluppati nei cechi, anche per discriminare le lettere nell’alfabeto. Quindi c’è un piano organizzativo comune ai vari sistemi sensoriali; questi estraggono dallo stimolo le stesse informazioni di base: modalità, qualità, intensità, durata e localizzazione. I meccanismi attraverso cui danno le informazioni al sistema nervoso sono: trasduzione e codificazione. L’informazione viene poi elaborata dai nuclei di ritrasmissione, in cui l’informazione viene ri- elaborata e integrata con altre informazioni, e si ha infine la risposta al messaggio. I sistemi sensoriali sono vari: - Sistema somato – sensoriale → raccoglie informazioni sulle modificazioni chimico – fisiche (meccaniche, termiche e chimiche) del mezzo esterno e del mezzo interno. I recettori sono presenti nella cute, muscoli-tendini (danno le prime informazioni sulla propriocezione: consapevolezza della nostra posizione nello spazio) e articolazioni, pareti dei visceri (enterocettori), sistema cardiocircolatorio. - Sistemi sensoriali speciali → gustativo, olfattivo, uditivo, vestibolare (equilibrio), visivo. I recettori sono localizzati in organi specializzati concentrati a livello del capo. MECCANOCETTORI → sulla cute si chiamano esterocettori; nei muscoli propriocettori, avremo un fuso neuromuscolare, l’apparato tendineo del Golgi o anche nelle capsule articolari. Sono fibre mieliniche con un Diametro: 6-12 μm, 13-20 μm, dimensione legata alla velocità conduzione: 35-75 m/s, 80-120 m/s. - I meccanocettori cutanei (esterocettori) sono attivati da stimoli pressori, vibrazioni → sensazione tattile, pressoria, vibratoria. - Nei meccanocettori muscolari (propriocettori) invece gli stimoli sono cambiamenti di lunghezza dei muscoli scheletrici in senso di allungamento passivo del muscolo, tensione sui tendini e articolazioni. - Meccanocettori viscerali sono piccole fibre mieliniche A delta e possono essere anche amieliniche con una velocità di conduzione più bassa 5-30 m/s mieliniche 0.5-5 m/s amieliniche. - Più in profondità i meccanocettori profondi rilevano modifiche del volume di sangue che arriva nell’arco aortico o nella biforcazione carotidea, il cambiamento di volume è correlato al cambiamento di pressione arteriosa, in questo caso sono pressocettori, questo per l’apparato cardiocircolatorio; per l’apparato digerente sono quei recettori che rilevano la presenza del bolo e attivano il meccanismo della peristalsi. L’energia per tutti i meccanocettori è un’energia meccanica, questa può provocare modificazioni alle strutture membranali. CHEMOCETTORI → recettori chimici sono superficiali (meno presenti) o profondi, avvertono i cambiamenti della composizione chimica del mezzo interno e trasmettono l’informazione al SNC. I chemocettori carotidei rilevano modifiche nella concentrazione dei gas nel sangue, ossigeno o anidride carbonica. Le fibre legate a questi recettori possono essere amieliniche di tipo C o mieliniche di tipo A delta. - Recettori dolorifici → Nocicettori non rilevano delle concentrazioni di sostanze liberate nell’ambiente, ma concentrazioni alterate di sostanze chimiche. In particolare rilevano una particolare modifica di energia che ha causato un danno tissutale. Possono essere presenti sulla cute o anche nei visceri. Sono dei chemocettori perché il danno tissutale libera delle sostanze, e saranno queste sostanze che li andranno poi ad attivare. I nocicettori sono attivati da: K o ATP, molecole pro – infiammatorie come istamina, sostanza P, CGRP, bradichinina. di calore e generando calore attraverso l'ossidazione dei trigliceridi. Fornisce protezione meccanica contro i traumi. Influenza il metabolismo corporeo tramite il rilascio di sostanze ormono-simili. I recettori sono posti o nella parte apicale del derma o tra il derma e l’ipoderma. Recettori superficiali: sensazione tattile fine - Dischi di Merkel (tonici) → Sensibili alla pressione fine, consentono di percepire il contatto continuo di oggetti sulla cute. Essendo un recettore tonico, vuol dire che depolarizza ma che risponde per tutto il tempo in cui è presente lo stimolo, quindi è quello che dà l’informazione statica sull’intensità della stimolazione, sulla persistenza dello stimolo. - Corpuscoli di Meissner (fasici) → terminazione nervosa incapsulata. Non rispondono a pressione persistente ma alle variazioni di pressione (applicazione stimolo, variazioni rapide di pressione, movimento oggetto sulla cute), si attiva solo quando viene applicato lo stimolo. Recettori profondi: - Organi di Ruffini (tonico): terminazioni incapsulate e pluriramificate (tensione continua nel tessuto, pressione persistente) - Corpuscoli del Pacini (fasico): Rapidissimo adattamento. Terminazione rivestita da lamelle connettivali. Segnalano inizio e fine della stimolazione pressoria, vibrazioni ad alta frequenza Recettori piliferi fasici → sensibili ad oggetti in movimenti sulla cute perché flettendo il pelo, stimola il meccanocettore. Se sono ad alto o basso adattamento, possiamo vedere la diversità di applicazione dello stimolo, cioè se abbiamo un’informazione statica (che perdura) o dinamica. I recettori superficiali hanno un campo recettore più piccolo e quindi una maggiore capacità di discriminazione, quelli più profondi un campo recettivo più grande e minore capacità di discriminazione. - Campo recettivo di un recettore: area cutanea dalla quale il recettore riceve stimoli; - campo recettivo di un neurone afferente: area cutanea dalla quale ricevono stimoli i suoi recettori. Se la pelle viene stimolata in due punti appartenenti allo stesso campo recettivo, la differenza spaziale non viene percepita. La dimensione del campo recettivo determina la risoluzione spaziale con cui gli stimoli sono percepiti. La sovrapposizione tra campi recettivi aumenta la risoluzione spaziale fino a 2 mm sul polpastrello; la dimensione del campo recettivo di un recettore aumenta con la profondità del recettore nell’epidermide. Meccanocettori: trasduzione – codificazione: 1. trasduzione: Lo stimolo meccanico provoca una deformazione dell’estremità del recettore con apertura di canali meccanosensibili di membrana (canali cationici principalmente per il Na+) 2. codificazione: generazione del potenziale di azione. Se lo stimolo è sufficiente ad aprire i canali, si va a depolarizzare a livello dell’estremità, genera correnti che si portano al 1° nodo di Ranvier e qui abbiamo insorgenza di uno o più potenziali d’azione. Intensità dello stimolo 1. Attività neuronale (ampiezza PA del recettore e frequenza dei PA nel neurone recettore); 2. Codice di popolazione (numero di recettori attivati) PROPRIOCETTORI → percezione di: - Grado di allungamento passivo, accelerazione e velocità di allungamento del muscolo (fusi neuromuscolari) - Tensione esercitata dal muscolo sulle articolazioni (organi tendinei del Golgi) - Posizioni relative dei vari segmenti degli arti (recettori articolari) Fusi neuromuscolari: strutture disposte in parallelo rispetto alle cellule muscolari extrafusali, 4-10 mm. Sono costituiti da un fascio di piccole fibre muscolari dette “intrafusali” perché rivestite da una guaina connettivale. Le fibre “intrafusali” sono cellule muscolari modificate per cui solo le loro estremità sono contrattili, mentre la parte centrale è priva di miofibrille, ed è la struttura dove arriva la terminazione. Ci sono 2 tipi di fibre: a catena nucleare (sono più piccole e disposte in periferie); a sacco nucleare più grandi e poste più al centro. Queste fibre sono a contatto con il neurone sensoriale che può avere terminazioni a fiorami (parte più distale della fibra) o anulospirali (avvolgono ad anello la fibra muscolare). I fusi neuromuscolari non sono mai a riposo, quando il muscolo è a riposo i recettori hanno una bassissima attività: modesto grado di allungamento delle cellule muscolari ancorate tramite i tendini all’articolazione. Quando si ha un allungamento passivo, si ha una risposta fasico – tonica: abbiamo informazioni dinamiche sulla velocità di allungamento (fase iniziale della scarica di PA a maggior frequenza) e informazioni statiche sul grado di allungamento passivo del muscolo (fase successiva a minor frequenza, proporzionale all’allungamento raggiunto), queste sono date dalla contemporanea azione delle fibre a fiorame (informazioni dinamiche) e anulospirali (informazioni statiche). Recettori tendinei e articolari: disposti in serie rispetto alle cellule muscolari. I recettori tendinei del Golgi, le terminazioni periferiche del neurone recettore si collocano all’interno dei tendini che ancorano il muscolo all’articolazione (informazioni sulla tensione), i tendini schiacciano su queste terminazioni e quindi si avrà un’apertura dei canali meccanosensibili. I recettori articolari, collocati nelle capsule articolari, segnalano la flessione o l’estensione dell’articolazione; sono disposti in serie rispetto alle cellule muscolari. Lo stimolo più efficace per il fuso è l’allungamento, lo stimolo più efficace per gli organi tendinei del Golgi è la contrazione. Per i propriocettori c’è un flusso continuo di informazioni: - informazioni statiche sulla lunghezza del muscolo a riposo - Informazioni dinamiche sulla accelerazione e velocità di allungamento passivo - informazioni statiche sulla nuova lunghezza (grado di allungamento passivo). Il fuso neuromuscolare ha anche motoneuroni efferenti chiamati gamma motoneuroni, danno informazioni sulla nuova lunghezza anche durante la contrazione. Vanno ad attivare le miofibrille presenti nel fuso neuromuscolare perché contraendo queste porzioni di muscolo, rendono possibile una maggiore sensibilità del fuso alla nuova lunghezza. Quelli alfa invece controllano l’accorciamento del muscolo e vanno a contattare le fibre extrafusali dello stesso muscolo, cioè quelle che determinano la contrazione del muscolo. Recettori termici: recettori presenti soprattutto come terminazioni libere; neuroni amielinici di piccolo diametro. Invaginazioni del neurone nella cute, in prossimità del derma (in parti più superficiali). Il numero di recettori disponibili è molto basso, quindi abbiamo dei campi ricettivi estesi, ma abbiamo una minima discriminazione spaziale. Deve tradurre in un potenziale di azione, uno stimolo dato da una variazione termica importante. Queste variazioni tecniche si riflettono su modifiche della membrana cellulare. In modo particolare, modificano il funzionamento delle pompe sodio – potassio, in questo modo modificano anche il potenziale di membrana. Possono essere risposte di tipo statico (costante di temperatura) o dinamico (variazioni di temperatura). Frigocettori: hanno una maggiore frequenza di scarica a determinate temperatura della cute, fino a 25°, quindi riescono ad avvertire variazione di temperatura massima quando la mediana è a 25 (22-28°); calocettori: hanno una mediana intorno ai 40°-42°. Esistono delle aree in cui c’è una parziale attivazioni di calocettori e frigocettori. Ci sono soglie temperature, come <15° o >45° che sono temperature in cui i recettori termici iniziano ad essere anche recettori plurimodali, cioè scaricano anche sensazioni di tipo dolorifico. Ci sono dei frigocettori che iniziano ad avere un trend di scarica di PA quando la temperatura è molto alta, oltre i 45°-48°, si chiama freddo paradosso, cioè sensazione di freddo quando c’è molto caldo. Quindi sono dei recettori poco precisi perché hanno scariche di PA in situazioni estreme. Le fibre propriocettive hanno il soma nel nucleo mesencefalico, avendo questo legamento diretto, hanno un ramo diretto del motore del trigemino (riflesso di stiramento del trigemino), è una risposta immediata del muscolo corrispondente. Le fibre del capo quando arrivano al talamo si dirigono alla parte laterale della corteccia somatosensoriale primaria (aree 3, 1 e 2 di Brodman) e integrata poi all’area secondaria. Riflesso trigemino – cardiaco: è un’attività inibitoria con abbassamento della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca. Può essere evocato da una stimolazione meccanica, elettrica o chimica, di una qualsiasi delle fibre sensoriali afferenti trigeminali, incluso quelle propriocettive, (es. forte mal di denti). Nel caso del riflesso di origine esterocettiva, le afferenze sensoriali raggiungono il ganglio di Gasser e proiettano centralmente al tronco cerebrale. Il nucleo spinale del nervo trigemino situato nel midollo allungato è la prima stazione dell'arco afferente del riflesso. Evidenze neurofisiologiche mostrano l'esistenza di fibre che dai nuclei trigeminali raggiungono la formazione reticolare midollare, che è uno dei due centri nervosi insieme al nucleo dorsale motorio del vago che invia proiezioni inibitorie al cuore. La frequenza cardiaca è data dalla modulazione del sistema nervoso autonomo, simpatico (fa alzare la frequenza cardiaca) e parasimpatico (fa abbassare la frequenza cardiaca) (che sono antagonisti). Come le sensazioni che entrano in questo sistema vengono poi modulate Possono essere modulate attraverso alcuni sistemi che possono bloccare il segnale o creare un percorso obbligato nel raggiungimento dei nuclei talamici e poi corticali: fenomeni di convergenza e divergenza del segnale elettrico. Convergenza → Molte fibre afferenti convergono su un singolo neurone dei nuclei delle colonne dorsali; questo è legato al numero di neuroni sensoriali reclutati da quel tipo di informazione. La pelle della schiena ha una bassa densità di fibre afferenti. Solo pochi neuroni sono richiesti per “rappresentare” una certa area della pelle. La conseguenza è: - grandi campi recettivi del neurone centrale, più esteso dei tre recettori da cui riceve afferenze; quindi il neurone centrale è la somma dei 3 recettori che hanno fatto convergenza su quello centrale. - bassa discriminazione tattile → pochi neuroni elaborano l’informazione di vaste aree della cute. È una sensibilità protopatica. Convergenza alta → campi recettivi estesi; piccoli campi recettivi → alta discriminazione tattile. Nelle dita invece ogni fibra afferente primaria contrae sinapsi con 1 solo neurone a livello dei nuclei delle colonne dorsali. La pelle della punta del dito ha un’alta densità di recettori. Molti neuroni sono richiesti per “rappresentare” una certa area cutanea. La conseguenza è: - piccoli campi recettivi del neurone centrale - alta discriminazione tattile → molte fibre sensoriali sono coinvolte nella rilevazione dello stimolo. Sono quelle aree in cui abbiamo la possibilità di percepire le distanze tra due stimoli, quando questi stimoli sono meno di 2 mm l’uno dall’altro. Divergenza → ad ogni nucleo la fibra afferente si distribuisce ad un numero sempre maggiore di neuroni. Amplificazione del numero di neuroni centrali che rappresentano una certa area cutanea e che elaborano le informazioni provenienti da quell’area. Una delle interpretazioni dello stimolo è proprio la comparazione di neuroni ad alte frequenze e neuroni a basse frequenze. È una sensibilità epicritica. Uno stimolo che cade in una certa regione, naturalmente attiva dei recettori, lo stimolo è abbastanza intenso per attivare non solo quello tissutale ma anche due recettori affiancati. Il significato della divergenza è quello di aumentare l’area di SNC che si occupano di elaborare questi segnali, che ‘’rappresentino’’ un’area. Per evitare la riduzione della discriminazione spaziale, si attua un meccanismo che avviene sempre a livello del nucleo di ritrasmissione che non fa altro che accentuare questo profilo di attivazione che si vede già nell’immagine. Principalmente ci sono fenomeni di inibizione laterale Per identificare l’area precisa è data una prima inibizione operata dal neurone sensoriale: 1. prima inibizione feed – forward → l’inibizione laterale, attivano interneuroni di tipo inibitori che vanno a inibire fibre vicine del neurone attivato. Quindi si crea un maggiore contrasto tra una linea di neuroni secondari maggiormente attiva e linee di neuroni adiacenti meno attive. Meccanismo ad opera del neurone primario sensoriale che inibisce neuroni secondari adiacenti. 2. inibizione laterale feed – back → operata dai neuroni di secondo ordine della discriminazione fine che partono dal bulbo, i neuroni di 2° ordine possono ulteriormente inibire le cellule di proiezione circostanti attivando, con collaterali, interneuroni inibitori, anche in questo caso per marcare le differenze tra la via principale e quelle secondarie per rendere evidente qual è la via che è stata attivata. In questo caso il tipo di inibizione può essere di tipo presinaptico o post sinaptico. I segnali provenienti da regioni circostanti al punto stimolato tendono ad essere inibiti; si crea un profilo di attivazione: maggior differenza tra l’attivazione dei neuroni centrali e quelli periferici → è un meccanismo che porta al mantenimento e affinamento della discriminazione spaziale degli stimoli. 3. inibizione distale → neuroni di 3 tipo che hanno il corpo nella corteccia e la sinapsi nel nucleo talamico. Neuroni corticali o sottocorticali possono modulare la scarica di cellule di proiezione, mediante attivazione di interneuroni inibitori (inibizione pre e postsinaptica) → riduzione delle informazioni in ingresso verso la corteccia. Area 3, 1 e 2 di Brodman: specifiche nella corteccia per la percezione precisa della sensibilità. NOCICETTORI, recettori dolorifici → neuroni sensoriali primari che vengono attivati da stimoli capaci di causare danno tissutale (esistenza proposta da Sherrington). In accordi con tale modello, i nocicettori hanno caratteristiche di soglia e sensibilità che li distinguono dalle altre fibre sensoriali. Rispondono a bruciature, schiacciature, irritanti chimici. Servono per l’organismo come meccanismo di difesa; stimoli termici (quando la temperatura >45°); stimoli meccanici (forte pressione), e stimoli chimici. Il danno tissutale determina liberazione o sintesi di sostanze chimiche algogene, in grado di modificare la permeabilità della membrana del neurone recettore, aumentandola, quindi il neurone è più sensibile alle depolarizzazioni e scarica potenziale. Un concetto importante è come il dolore viene trasdotto a livello periferico, parliamo quindi di nocicezione, meccanismo attraverso cui determina una lesione e di conseguenza l’attivazione di neuroni sensoriali. Un’altra cosa è la percezione del dolore, questa può variare in base all’individuo, sulla base di: • contesto ed esperienze passate • fattori psichici, socio-culturali •modulazione intrinseca dovuta a processi di inibizione. Nocicezione → neurone della via afferente che arriva dalla via più periferica. Sono ampiamente distribuiti in superficie e nei tessuti degli organi interni; hanno una massima densità a livello cutaneo. Possono essere piccoli neuroni mielinici o amielinici, e i recettori sono tonici, privi di adattamento, mantiene una frequenza di scarica. Trasduzione → in seguito alla sensazione di dolore, c’è la liberazione di sostanze algogene, tra queste una delle più conosciute è la bradichinina, deriva dall’azione degli enzimi proteolitici rilasciati da cellule danneggiate su una pre-proteina ma anche stimolazione di serotonina, CGRP, sostanza P che portano ad attivare secrezione di istamina dai mastociti (localizzati nell’ipoderma). Per l’iperalgesia, cioè l’aumento della sensazione del dolore successiva alla lesione, può essere più supportata per la liberazione di prostagladine che operano una maggiore vasodilatazione che sarà la causa di quel forte passaggio di elettroliti che sono la base per la generazione della depolarizzazione. Sostanze interne che non hanno bisogno di vasodilatazione ma già di per sé costituiscono un elemento che porta alla formazione del potenziale, sono il potassio liberato dalle cellule lese che determina una variazione del rapporto di concentrazione [K]esterno/[K]interno in prossimità della terminazione del recettore: riduzione del flusso uscente di K+. Se aumenta la concentrazione di K esterno, il tessuto si mantiene più polarizzato e quindi determina una difficoltà della cellula di tornare nella condizione di riposo e si ha una maggiore eccitabilità dell’area. La teoria del cancello viene localizzata nell’area chiamata sostanza gelatinosa di Rolando nelle corna dorsali; controlla gli stimoli dolorifici attraverso le vie ascendenti (fascio spino – talamico). Questi interneuroni attivati dalle fibre tattili, esplicano la loro azione, grazie alla presenza nelle loro sinapsi di oppiacei endogeni (encefaline) che vanno a ridurre la produzione di sostanza P. Questi punto però può essere inibito anche da vie discendenti, tramite neuroni che arrivano dal tronco encefalico, dal nucleo del Rafe Magno o dal locus coeruleus; le vie discendenti modulatrici del dolore sono due: - una via prende origine dal locus coeruleus e manda gli assoni fino al corno dorsale dove il neurotrasmettitore che viene liberato è la noradrenalina, la quale inibisce la liberazione della sostanza P, e in tal modo riduce la percezione del dolore. - la seconda via analgesica discendente prende origine dal mesencefalo (nella sostanza grigia periacqueduttale – PAG, intorno all’acquedotto di Silvio) e dal midollo allungato (nucleo del rafe dorsale) e proietta i suoi assoni al midollo spinale dove viene liberata la serotonina. Le vie discendenti contribuiscono alla modulazione della trasmissione del dolore a livello spinale attraverso un’azione post sinaptica sulle proiezioni dei neuroni o sugli interneuroni nelle corna dorsali del midollo spinale. Molte regioni encefaliche proiettano fibre sulla PAG: la corteccia, il sistema limbico, l’ipotalamo e l’amigdala. Quindi pensieri, emozioni e stress possono influenzarne l’attività di questa area. Questo sistema utilizza mediatori oppioidi come encefalina, dinorfina, serotonina per un’analgesia endogena quando attivato. La sostanza grigia periacqueduttale, nota anche come grigio periacqueduttale è quella porzione di materia grigia che circonda l'acquedotto cerebrale di Silvio, situato nel mesencefalo. È il centro di controllo primario per la modulazione discendente del dolore, modulando le vie discendenti di controllo a partenza da locus coeruleus e rafe magno, secernenti noradrenalina e serotonina, che agiscono inibendo i neuroni di proiezioni della sostanza gelatinosa di Rolando e stimolando gli interneuroni encefalinergici presenti a livello midollare. Gli stessi neuroni che si dipartono dal PAG sono encefalinergici. Un esempio dell’importanza del PAG per la modulazione del dolore è: stimolando con la luce PAG questa produce un’analgesia pari ad una dose di 10 mg/kg di morfina o è in grado di bloccare dolore intrattabile nell’uomo. PAG inoltre è attivata anche attraverso la visualizzazione di immagini di forte impatto associate al dolore. Ciò determina l’attivazione della via modulatrice discendente. In generale potremmo dire che forti emozioni, stress o grande determinazione possono produrre una buona soppressione delle sensazioni di dolore. 3. inibizione distale → Sia la terminazione presinaptica (1° neurone) sia l’elemento post- sinaptico (2° neurone) presentano recettori per gli oppioidi. Questi peptidi hanno una struttura simile, per i primi 3 aa. Questi oppioidi agiscono in due modi: - a livello pre-sinaptico: inibiscono il rilascio della sostanza P perché vanno a inibire quei canali al calcio presinaptici che sono quelli che operano l’aumento del calcio a livello del neurone presinaptico e favoriscono la pinocitosi delle vescicole del neurotrasmettitore nel vallo sinaptico; - a livello post-sinaotico: riducono il potenziale post sinaptico eccitatorio, riduzione dei segnali dolorifici. Abbiamo una iperpolarizzazione della membrana post-sinaptica. Controllo delle afferenze nocicettive mediante controllo farmacologico – oppioidi esogeni: morfina possono agire nel mesencefalo e nella sostanza gelatinosa di Ronaldo nelle corna dorsali. ELABORAZIONE SOTTOCORTICALE DEI SEGNALI SOMATOSENSORIALI – 2° nucleo di ritrasmissione Il talamo ha una struttura ovoidale, costituito da sostanza grigia, ed è diviso da una lamina bianca (assoni). Questa suddivisione fa sì che il talamo sia costituito da 4 porzione: laterale, anteriore, posteriore e mediale, in particolare interessano due nuclei che sono quelli della sensibilità: 1. quelli che arrivano dal tratto spino – talamico del lemnisco e quindi sensibilità epicritica e che arrivano dal corpo → nucleo ventero postero laterale del talamo 2. quelli che arrivano dal capo, che arrivano dalle branche del trigemino (occhio, mandibola, mascella, dal ganglio di Gasser poi arrivano al talamo) → nulceo ventero postero mediale Nei nuclei del talamo abbiamo un’organizzazione delle sensazioni somatotopica, cioè a seconda della posizione della sensazione, avremo un punto del talamo che la elabora. Ci sono delle mappe somatotopiche anche del talamo: - l’arto inferiore è rappresentato più lateralmente, - quello superiore più medialmente nel nucleo VPL - il capo ancora più medialmente nel nucleo VPM il talamo quindi fa una prima grossolana e approssimativa valutazione delle informazioni sensoriali. CORTECCIA SOMATO-SENSORIALE Divisa in: Area somatosensitiva primaria lobo parietale posteriormente alla scissura di Rolando (S-I) lateralmente scissura di Silvio. Posteriormente alla scissura di Rolando c’è un giro, giro post-centrale, dove ci sono le aree della corteccia sensoriale di tipo 1, che riconosce l’input proveniente dalla periferia, sono le aree 3-2-1 di Brodman. Davanti alla scissura c’è l’area 4 della corteccia motoria primaria, quella da cui parte l’ordine finale per muovere un muscolo. Area somatosensitiva Secondaria (S-II) riceve da S-I, si trova lateralmente alla scissura di Rolando e sotto all’area somatosensitiva primaria. Area somatosensitiva di ordine superiore: corteccia parietale Posteriore: aree 5 e 7, area di sensibilità; queste sono posizionate tra il secondo solco dopo la scissura e il secondo giro. Questi giri sono poi divisi in aree ancora più precise: colonne che si distribuiscono nell’area 3-2-1 di Brodman. La nostra sensibilità può essere osservata attraverso la descrizione di come una certa area del cervello è sensibile ai vari dermatormeri presenti sul nostro corpo. HOMUNCULUS SENSITIVUS: rappresentazione controlaterale delle parti cefaliche del corpo nelle porzioni laterali e delle parti caudali in quelle mediali. Le proiezioni sensitive occupano una superficie corticale non proporzionale all’estensione delle diverse parti del corpo ma proporzionale alla densità recettoriale di ogni parte e quindi alla capacità discriminativa; L’area di corteccia che si occupa di elaborare le informazioni sensoriali provenienti dalla testa occupa una regione che è uguale rispetto all’area che si occupa di elaborare tutte le informazioni proveniente dal tronco e arti inferiori anche se come dimensioni nel corpo è diverso. L’Homunculus è appoggiato sulla corteccia sensoriale primaria. Organizzazione neuronica colonnare → colonna o ipercolonna o macrocolonna di corteccia (300-600 micron): modulo funzionale elementare. I neuroni dei sei strati di una colonna vengono attivati ed elaborano le informazioni provenienti da una sola classe di recettori con campi recettivi simili se non identici (rispondono alla stessa proprietà stimolante) → ricostruzione proprietà dello stimolo per punti efficace per la precisa localizzazione. Ogni macrocolonna è composta da 50-100 microcolonne. Ogni microcolonna contiene da 80 a 110 neuroni; ci sono in tutto 200 milioni di microcolonne. Organizzazione anatomica differenti per stimoli differenti: S – I, aree 3,2,1 di Brodman. - l'area 3 riceve informazioni di tipo propriocettivo dai fusi neuromuscolari e dagli organi tendinei del Golgi. Queste informazioni comprendono lo stato di tensione delle articolazioni e quindi informano il cervello dello stato in cui il corpo si trova. L'area 3A distribuisce le informazioni, proietta anche fibre efferenti all'area motoria primaria (area 4) che permettono al sistema motorio di integrare le informazioni della volontà del movimento con quelle della propriocezione. Lo strato 3 contiene le fibre efferenti per le informazioni intracorticali L'area 3B riceve informazioni somatosensitive (sensibilità epicritica e protopatica: tatto fine e grossolano, temperatura, dolore, pressione ecc.) ed invia fibre efferenti all'area 1 (corteccia postero parietale) per la texture degli oggetti ed all'area 2 per la forma e le dimensioni. 3B sono a rapido adattamento; 3A sono a lento adattamento; nelle aree 3A e 3B i neuroni hanno campi recettivi molto piccoli e quindi sono in grado di effettuare una notevole discriminazione spaziale. Si ha cosi un primo riconoscimento globale dello stimolo nelle sue caratteristiche elementari. - Area 2 i neuroni rilevano caratteristiche di notevole complessità: sensibilità al movimento dell’oggetto sulla cute; riconoscimento delle qualità geometriche dell’oggetto (curvatura e orientamento dei margini); forma tridimensionale. - I neuroni dell’area 3a e 3b proiettano all’Area 1: I neuroni hanno campi recettivi più grandi (convergenza perché ricevono l’informazione da più neuroni); possono rispondere alla stimolazione di più dita → riconoscimento delle proprietà generali dell’oggetto (forma, tipo di superficie, materiale). Informazioni più generali. L’area 2 e l’area 1 ricevono informazioni dall’area 3, ma le ricevono da neuroni che convergono sullo stesso neurone, quindi i neuroni di queste due aree hanno campi recettivi più grandi perché ricevono le informazioni contemporaneamente da più neuroni. Questa convergenza è importante perché le varie microcolonne che danno informazioni molto fini di quel determinato punto della cute, hanno bisogno di avere un neurone che mette insieme le varie informazioni, per capire se l’oggetto che ad esempio preme sull’indice, preme anche sul medio o sull’anulare. Poi dall’area 1 possono convergere all’area 2. Davanti alla scissura di Rolando c’è l’area 4, deputata all’area motoria. Corteccia parietale posteriore: occupa una porzione del lobo parietale posteriore alla corteccia somatosensoriale primaria; presente quindi dal secondo giro verso la parte più posteriore occipitale. È una porzione del lobo parietale posteriore. La corteccia secondaria integra l’informazione della corteccia primaria anche con informazioni precedentemente memorizzate. In questa ci sono l’area 5 e l’area 7: - Area 5: la composizione e la forma dell’oggetto ricevuta dall’area di Brodman vengono elaborate e combinate per una identificazione definita dell’oggetto. Piena consapevolezza del tipo di oggetto. - Area 7: svolge già funzione associativa, integrando informazione di tipo visivo e acustico sull’oggetto, per rendere più completa la percezione dell’oggetto nello spazio o e/o distanze dall’oggetto con cui interagire. La corteccia parietale posteriore proietta alla corteccia frontale, aree premotoria e motrice supplementare e motrice primaria per l’ideazione e la pianificazione del movimento volontario per interagire con lo stimolo; quindi è coinvolta nella produzione di movimenti pianificati. Prima che un movimento possa essere effettivamente compiuto, il SN deve conoscere le posizioni originali delle parti del corpo che vanno mosse e le posizioni di ogni oggetto esterno con cui dovranno interagire. Le proiezioni sottocorticali vengono dallo strato V e VI. Controllo discendente delle vie somatosensitive serve per ridurre il flusso di informazioni afferenti con elisioni di informazioni sensoriali non utili, perché c’è un’inibizione distale sui nuclei di ritrasmissione. Questa inibizione utilizza le vie discendenti situate nella regione post – rolandica e proietta ai nuclei talamici o ai nuclei delle colonne dorsali per un’inibizione distale. VIE AFFERENTI DELLA SENSIBILITA’ DOLORIFICA 1. Via spino – talamo – corticale: riconosce lo stimolo dolorifico, percepisce in modo cosciente il dolore e lo proietta ad altre aree corticali associative, in questo modo si ha un’elaborazione di risposte allo stimolo (motorie, neurovegetative, emozionali). Le risposte a questo stimolo saranno risposte comportamentali: insieme delle manifestazioni osservate nella persona che soffre (posture antalgiche, mimica facciale, allontanamento dallo stimolo lesivo per la presenza di riflessi spinali). SENSI SPECIALI: hanno la proprietà di trasdurre segnali specifici sempre in potenziali di azione; recettori localizzati in organi specializzati e localizzati principalmente a livello del capo: sistema olfattivo e gustativo, spesso trattati insieme, uditivo, vestibolare e visivo. I recettori olfattivi e gustativi sono associati perché riconoscono lo stesso stimolo di tipo chimico, riconoscimento di concentrazioni variabili di sostanze chimiche disperse nell’ambiente o nell’alimento; sono modalità sensoriali filogeneticamente più antiche. Animali meno evoluti utilizzano la chemocezione per la ricerca del cibo e del partner, per comunicare o per delimitare il territorio. I recettori olfattivi e gustativi lavorano in modo cooperativo; nello stimolo olfattivo le molecole chimiche sono contenute nell’aria respirata; nello stimolo gustativo le molecole sono presenti in soluzione nel cavo orale, come molecole solubili nel bolo. Questi due sistemi sono legati perché: masticando gli alimenti, molte molecole volatili si disperdono nell’aria all’interno della bocca e tramite i canali naso-faringei raggiungono la cavità nasale attivando i recettori olfattivi (sensazione olfattiva) → comunicazioni naso-faringee. Ci sono riflessi condizionati e incondizionati (dati dall’aumento della secrezione gastrica e biliare, in seguito all’attivazione dei recettori olfattivi o gustativi) Questi due sistemi lavorano in modo cooperativo: - Nella percezione dei sapori - Nell’avviare i processi digestivi - Nell’avviare risposte comportamentali - Nel regolare l’assunzione del cibo SISTEMA OLFATTIVO Nell’epitelio olfattivo che riveste la porzione superiore delle fosse nasali, sono ubicati i recettori olfattivi per la percezione degli odori. Gli stimoli che evocano le sensazioni olfattivi sono chiamati odoranti, le sensazioni olfattive evocate dallo stimolo sono dette odori. La superficie dell’epitelio olfattorio varia in base alla specie; nell’uomo ha una superficie di 2.5 cm2, con 5 milioni di neuroni sensoriali. Animali molto sensibili agli odori come il cane sono detti macrosmatici; quelli meno sensibili come gli uccelli microsmatici; animali privi di epitelio olfattivo sono detti anosmici. C’è un secondo olfatto: olfatto accessorio situato davanti all’arcata superiore sulle labbra, chiamato flehmen, importante per gli animali per percepire sostanze odorose, come feromoni disciolti in goccioline di saliva, sudore, che stimolano l’epitelio secondario specifico per questi odori dispersi in un sistema acquoso. L’olfatto è importante perché per molti animali serve per il riconoscimento individuale, riconoscimento madre figlio, modulazione dell’aggressività, comportamento territoriale (marcatura). Un caso particolare riguarda proprio il cane che quando segue una traccia annusa fino a 200 volte al minuto ma espira attraverso la bocca. La testa può essere rivolta verso l’alto verso la direzione del vento e l’aria penetra per lunghi periodi di tempo e in modo continuo. La velocità di flusso dell’aria entrando abbassa la pressione e l’aria scorre liberamente anche durante l’espirazione; quindi anche durante la corsa mantengono viva la stimolazione dell’epitelio olfattorio che si manifesta anche quando c’è l’atto espiratorio. Molecole odoranti: le molecole che stimolano l’epitelio olfattorio sono molto piccole, volatili, con un peso molecolare massimo di 300 dalton; quelli con un PM maggiore sono poco volatili e probabilmente mancano recettori con strutture di membrana capaci di interagire con molecole più grandi. Queste molecole odoranti che entrano nelle cavità nasali, si legano a delle proteine, OBP, che aiutano queste molecole a dissolversi nel muco nasale e arrivano all’epitelio olfattorio. Nell’epitelio olfattorio ci possono essere: - recettori olfattivi (chemocettori), cellule nervose bipolari. Hanno ciglia molto lunghe; queste cellule sensoriali attraversano poi la lamina cribrosa ed entrano nell’etmoide dove formeranno il bulbo olfattivo. Le ciglia olfattive sono lunghe fino a 200 μm che si proiettano nel muco che riveste la superficie interna delle cavità nasali. Sulle ciglia ci sono chemocettori con un’elevata sensibilità, riescono a percepire la molecola anche a basse concentrazioni molari, e un’elevata specificità, cioè riescono a distinguere fino a 10 mila odori diversi. Questa informazione produce un potenziale locale che sarà correlato direttamente alla qualità dello stimolo: tanto più è concentrato lo stimolo, tanto più sarà efficace la produzione di un potenziale recettoriale. Il processo di trasduzione a livello delle ciglia è legato alla concentrazione della sostanza che viene a colpire la mucosa. Il potenziale del recettore genera delle correnti elettrotoniche che fluiscono verso il soma e il segmento iniziale dell’assone, inizia quindi il processo di codificazione del segnale a livello del cono di emergenza che presenta caratteristiche di encoder. La trasduzione è data dalla presenza di proteine G, attivate quando la molecola odorante si lega al recettore, si attiva il recettore e si ha il distacco della subunità α che si lega a GTP, la subinità α migra lungo la membrana e attiva l’enzima adenilato – ciclasi, di conseguenza si ha un aumento di AMPc che attiva i canali cationici AMPc – dipendenti → si avrà un cambiamento della permeabilità della membrana e questo determinerà un potenziale locale. Servono circa 7- 12 molecole di odorante per dare origine ad un potenziale di azione da parte dei recettori olfattivi (alta sensibilità); si ottiene una percezione cosciente dell’odore quando si hanno 40 PA al secondo. La qualità dello stimolo è quindi data dal tipo di sostanza odorosa. I geni coinvolti nell’espressione dei recettori di membrana olfattivi sono circa 1000 per i topi, e 350-400 nell’uomo. Quindi si possono riconoscere 10 mila odori diversi con l’espressione di solo 350-400 tipi di recettori si membrana associati a proteine G, questo perché i recettori attivati da una singola molecola possono essere differenti, questi poi vengono sommati in modo diverso, a seconda delle combinazioni con cui vengono attivati i recettori, si possono classificare odori differenti → pattern di attivazione. - cellule di sostegno a funzione trofica, - cellule basali che via via si differenziano in nuovi recettori. Glomeruli olfattivi → pattern di attivazione (modello di attivazione) Ogni odorante recluta in maniera differenziata recettori differenti. 1° neurone: Per ogni molecola odorosa si attivano più tipi di recettori ma in maniera diversa. La maggiore attività neuronale si avrà solo in un tipo specifico di recettore. Nucleo di ritrasmissione del 2° neurone (sinapsi tra 1 e 2 neurone) nel bulbo olfattivo, aldilà della lamina cribrosa dell’etmoide. Seconda sinapsi tra 2 e 3 neurone a livello talamico o in altre aree. I fenomeni di inibizione laterale nel nucleo di ritrasmissione accentuano le differenze tra neuroni maggiormente attivati e neuroni meno attivi → (si affina il Pattern di attivazione dopo il nucleo di ritrasmissione). Primo nucleo di ritrasmissione → Nel bulbo olfattivo gli assoni del neurone di primo ordine formano sinapsi con il secondo neurone delle vie olfattive, in particolari strutture chiamate glomeruli olfattivi dentro il bulbo olfattivo, delle strutture in cui cellule mitrali o a pennacchio (neuroni), ricevono afferenze in modo convergente dai neuroni sensoriali, in rapporto 1:1000; per 1000 neuroni sensoriali abbiamo 1 cellula mitrale. Le informazioni prodotte da un recettore che arrivano al neurone secondario sono: la capacità di trasdurre il segnale in modo specifico e la capacità di determinare una certa intensità del segnale, riguarderà cioè il numero di PA generati al primo encoder. Intensità dello stimolo: concentrazione della sostanza odorosa nell’aria: 1. Trasduzione: è proporzionale all’ampiezza del potenziale del recettore, formazione di un potenziale locale: ci sono correnti elettrotoniche; 2. Codificazione: proporzionale alla frequenza di PA nell’assone. Durata dello stimolo: tempo di persistenza della molecola odorosa nell’aria inspirata nell’epitelio olfattorio: 1. Trasduzione: durata del potenziale del recettore; 2. Codificazione: durata della scarica di PA nell’assone. L’esposizione prolungata agli odori genera dei fenomeni di adattamento e riduzione della percezione dello stimolo odoroso. Questi recettori sono fasico – tonici: fasici perché attivati dall’odore che arriva, tonici perché i meccanismi di adattamento sono principalmente 2 che vanno a ridurre la sensibilità del recettore; sono meccanismi calcio dipendenti: liberando il calcio si attiva il meccanismo di trasduzione, il legame con il calcio determina un cambio conformazionale che porta alla chiusura dei canali. 1. Il calcio viene liberato perché si ha un aumento di AMPc. C’è una molecola, CaMKII (calcio calmodulina dipendente chinasi 2), presente nel SNC, quando viene prodotta in dipendenza dal calcio, va ad inibire la produzione di adenilatociclasi (AMPc); più calcio entra, più CaMKII viene prodotto, più AMPc viene inibito. 2. Il calcio entra e di per sé blocca AMPc che regola il canale di entrata per il canale di calcio. Questi meccanismi si hanno quando il recettore è più stimolato. Arrivati al secondo neurone, ci sono meccanismi che puliscono ulteriormente il segnale (feed- forward o feedback). SISTEMA GUSTATIVO Stimolo: molecole chimiche disciolte in un liquido che è quello prodotto dalla masticazione e salivazione. La sensazione evocata è il sapore. Informazioni gustative e olfattive vengono integrate dal nostro sistema percettivo per definire una sensazione complessa: Sapore. I recettori gustativi sono in diversi punti della cavità orale, in particolare sulla lingua dove in alcuni punti, a seconda delle specie, sono sulla punta della lingua, laterale e sulla parte più posteriore di essa; ma anche sul palato, epiglottide, faringe, esofago. Sulla lingua abbiamo delle strutture chiamate papille gustative, ispessimenti della mucosa di 30- 70 μm di larghezza; al loro interno contengono le gemme gustative, formazioni tondeggianti contenenti cellule recettoriali. In questo caso la gemma gustativa è una struttura annessa a un neurone sensoriale. All’interno delle gemme abbiamo: - Cellule recettrici (chemocettori): cellule sensoriali connesse mediante sinapsi chimica al primo neurone afferente; - Cellule di sostegno: hanno funzione trofica - Cellule basali: si differenziano in nuove cellule recettrici in circa 10 giorni, non sono neuronali e non sono cellule staminali, ma progenitrici. Le cellule recettrici presentano una polarizzazione morfo – funzionale: - Polo apicale (che guarda al lume) presenta microvilli che hanno la capacità di interagire con la molecola disciolta nel liquido presente nel cavo orale. Sulla membrana dei microvilli la molecola gustativa interagisce con recettori specifici di membrana (recettori associati a Proteine G o canali ionici chemosensibili). In questa area si formerà il potenziale locale, che tramite correnti elettrotoniche che porteranno le informazioni nella parte basale, questa modifica elettrica della membrana basale determina l’esocitosi dell’acido glutammico, ciò determina un ESPS. Il polo apicale è la sede della trasduzione dello stimolo da chimico a elettrico. - Polo basale: l’esocitosi determina un cambiamento della permeabilità allo ione sodio (aumento per il sodio) e potassio (riduzione per il potassio) depolarizzando la membrana, aprendo così canali calcio voltaggio dipendenti, liberando le vescicole sinaptiche. Sinapsi glutammatergiche → EPSP nel primo neurone sensoriale. L’interazione-Glu recettori post-sinaptici del primo neurone della via gustativa determina l’insorgenza di un potenziale post-sinaptico eccitatorio nel neurone e l’attivazione in successione dei recettori AMPA e NMDA (recettori ionotropici glutaminergico, iGluR, direttamente aprono canali per lo ione sodio, depolarizzando la membrana del neurone sensoriale). Tutti i sapori che siamo in grado di percepire derivano dalla combinazione, in diverse proporzioni, di 5 qualità gustative fondamentali che vanno ad attivare diversi recettori: salato (cloruro di sodio), acido (concentrazione di protoni), dolce (glucosio), amaro affiancato da un’altra sottoclasse di sapore: umami dal giapponese “buon sapore”, evocato da cibi ricchi di proteine come formaggi stagionati e carne che contengono glutammato, a seconda della concentrazione di queste sostanze possono diventare anche amari e per questo è associato all’amaro. Le prime 3 hanno soglie abbastanza alte: 0.0.1 M, l’unica soglia molto bassa 0.000001M è quella dell’amaro; questo perché l’amaro è associato ai veleni o a sostanze tossiche, questa particolare capacità di percepire l’amaro è data proprio da una maggiore capacità di preservare la vita, rispetto all’introduzione di sostanze tossiche e pericolose per l’organismo. I meccanismi molecolari della trasduzione riflettono le caratteristiche molecolari dei composti in grado di stimolare il recettore. I recettori che rilevano salato sono: Canali del Na+ amiloride-sensibili (ENaC) sono permeabili solo agli ioni Na+; l’ingresso di ioni positivi depolarizza la cellula. 1) La depolarizzazione si propaga lungo la membrana della cellula recettoriale e determina apertura dei canali Ca2+ Voltaggio dipendenti; 2) il Ca2+ citosolico determina la liberazione del mediatore chimico EPSP nel 1° neurone afferente. I recettori che rilevano acido hanno due meccanismi: 1. canale sensibile agli acidi (ASIC: acid sensing ion channel) permeabile agli H+; 2. H+ bloccano un canale cationico del K+ (Canale di leakage costitutivamente attivo) → Depolarizzazione (trasduzione-potenziale del recettore). Attivazione canali del Ca2+ Voltaggio dipendenti e liberazione del mediatore chimico → EPSP nel primo neurone. I recettori che rilevano il dolce: recettori accoppiati a proteine G: attivazione AC → aumento dell’AMP ciclico, attivazione della chinasi PKA, fosforilazione e chiusura di un canale K → depolarizzazione. Al polo basale: attivazione dei canali Ca2+ Voltaggio dipendenti e liberazione del mediatore chimico. I recettori che rilevano Amaro/umami: Attivazione di diverse classi di recettori specifici accoppiati a proteina G e attivazione della via dei secondi messaggeri inositidici, IP3 → liberazione dai depositi intracellulari di Calcio attraverso canali-Ca++, IP3-sensibili → Aumento della concentrazione di Ca2+ citosolico → liberazione del mediatore. Tutti i meccanismi di trasduzione in queste cellule sono legati a un aumento di calcio intracellulare che consente la liberazione del mediatore chimico. Codificazione della qualità dello stimolo: esiste un’alta specificità per uno degli stimoli gustativi fondamentali anche se non assoluta. Per ogni specifico stimolo gustativo, si identifica un gruppo di recettori e di neuroni primari ad essi connessi aventi la massima attività rispetto ai recettori non specifici che possono essere non attivi o con attività minore (pattern di attivazione). Intensità dello stimolo: concentrazione della molecola gustativa che può determinare un codice di attività neuronale e un codice di popolazione: numero di recettori specifici e fibre afferenti attivate; ampiezza del potenziale del recettore; frequenza dei PA nell’assone. Durata: persistenza della molecola gustativa nel cavo orale: durata del potenziale del recettore; durata della scarica di PA nell’assone. Vie afferenti centrali gustative: I tre nervi cranici (VII-facciale, IX-glossofaringeo e X-vago) convogliano attraverso fibre afferenti (1° neurone della via gustativa) le informazioni provenienti dai recettori gustativi, su fibre differenti sono convogliate anche le informazioni provenienti dai recettori termici, tattili e dolorifici del cavo orale. Queste informazioni arrivano al ganglio di Gasser; hanno la prima sinapsi nel bulbo, la seconda sinapsi a livello del talamo e da qui parte il 3 neurone della via gustativa fino alla corteccia gustativa primaria: porzione dell’insula e del contiguo opercolo frontale. Nella corteccia gustativa si ha la percezione cosciente del gusto: riconoscimento di specifici sapori: comparazione tra il grado di attivazione delle diverse vie specifiche → codice combinatorio. Le sensazioni gustative vengano distinte dal sistema nervoso in base all'attivazione di diverse combinazioni di recettori e di fibre afferenti. Ci sono proiezioni con la corteccia frontale sede delle 4 aree deputate all’attività motoria: processi cognitivi di valutazione e confronto con esperienze passate dipendono anche da informazioni provenienti da altri sistemi sensoriali. Le esperienze consapevoli di un sapore sono il risultato di esperienze olfattive, gustative e tattili che tramite il trigemino inferiscono con quelle gustative. Le sensazioni meccaniche, termiche, dolorifiche, generate dal contatto con la mucosa orale hanno vie nervose del tutto distinte dalle vie afferenti propriamente gustative, per cui andranno a colpire la corteccia somatosensoriale, in particolare nella parte parietale laterale, percepita in modo diversa dalle sensazioni gustative, ci sarà poi l’integrazione delle due aree per capire qual è quella più importante → analisi della consistenza, dimensioni, temperatura e posizione nella cavità orale dei bocconi ai fini del controllo della masticazione e della deglutizione. Ci sono connessioni importanti per la componente affettiva legata alla percezione dei sapori e per l’avvio dei processi digestivi. L’ipotalamo controlla le funzioni vegetative, stimolando il SNA: risposte vegetative e risposte endocrine (motilità intestinale, attivazione secrezione ghiandole gastriche e pancreatiche, attivazione centri della sazietà e della fame). ORGANO UDITIVO: costituito da orecchio esterno, orecchio medio e orecchio interno. Orecchio esterno a contatto con ambiente aereo, è composto da: - Padiglione auricolare - Meato acustico (canale esterno) in cui si incanalano le onde sonore - Membrana timpanica costituita da tessuto epiteliale su un basamento di fibre collagene ed elastiche. Funzione di raccolta delle onde sonore e trasmissione all’orecchio medio. Il mezzo in questo caso è l’aria. Orecchio medio contenente aria, retrostante la membrana del timpano: Catena ossicina: martello, incudine e staffa che iniziano a vibrare quando il timpano vibra; essendo rigidi, quando propagano la vibrazione, amplificano l’effetto dato dall’oscillazione che aveva percorso il timpano e la trasmettono poi alla finestra ovale. C’è bisogno di questa amplificazione perché poi nell’orecchio interno il mezzo elastico in cui si distribuiscono le onde sono, è un mezzo acquoso e c’è bisogno di più energia. Membrana ovale è tra l’orecchio medio e l’inizio della coclea Membrana rotonda Tuba di Eustachio mette in comunicazione l’orecchio medio con la faringe (fa passare aria) e serve per riequilibrare la pressione presente nell’orecchio esterno e in quello medio. Funzione di trasmissione e amplificazione del segnale meccanico – acustico. La membrana timpanica ha una superficie circa 20 volte superiore a quella della membrana che chiude la finestra ovale, la pressione dell’onda acustica che arriva al timpano si trasmette alla finestra ovale amplificata di un fattore 20. Orecchio interno: è costituito da vestibolo e coclea: organi membranosi contenenti liquidi e recettori che decodificano la sensazione uditiva. La chiocciola (coclea): organo membranoso contenente liquidi con determinate concentrazioni ioniche e le cellule recettoriali acustiche (meccanocettori). Anche il vestibolo è formato da tre canali circolari posti su piani perpendicolari: canale superiore, posteriore e orizzontale. La coclea (3.5 cm) è un organo membranoso, c’è una struttura ossea ma è rivestito da membrane contenenti liquidi con determinate concentrazioni ioniche (in particolare si fa riferimento alla concentrazione del potassio) Membrane della coclea come rivestimento delle strutture interne: - Membrana di Reissner specializzata nel produrre un liquido ma è impermeabile agli ioni e separa la scala vestibolare dalla scala media - Membrana basilare è più permeabile agli ioni; separa media e timpanica Internamente alla coclea ci sono tre canali o scale piene di liquido dove l’onda sonora scorre: - Scala vestibolare (superiore) in cui si apre la finestra ovale - Scala media: parte centrale dove ci sono le cellule recettoriali - Scala timpanica (inferiore) che va a finire nella finestra rotonda I recettori timpanici sensoriali sono tra la scala media e la scala timpanica lungo tutta la coclea, , ci sono file di cellule sensoriali che hanno la particolarità di essere sostenute dalla membrana basilare ed essere coperte da un ulteriore struttura detta membrana tettoia per bloccare il movimento delle ciglia delle cellule sensoriali. Elicotrema: è un forame che in corrispondenza dell’apice della coclea fa comunicare la scala timpanica con quella vestibolare. La scala timpanica riceve le onde che poi trasmette alla finestra rotonda, questa assorbe energia che è stata prodotta dall’arrivo delle onde dalla scala vestibolare. È importante la presenza di questa struttura che blocca l’energia perché blocca la produzione di altri suoni. La scala vestibolare e timpanica contengono un liquido, detto perilinfa, che ha una bassa concentrazione di potassio, molto simile a quella del liquido extracellulare. La parte interna della scala media, contiene endolinfa con una alta concentrazione di potassio. Nella scala media ci sono strutture colonnari che formano l’organo del Corti e al loro interno sono presenti le cellule sensoriali. È il caso in cui i recettori svolgono ruolo di cellula deputata alla trasduzione del segnale in segnale elettrico. I recettori acustici sono dotati di ciglia ma non sono cellule nervose. Sono di due tipi: una più isolata, nella parte più mediale e infatti è detto strato interno e sono circa 3500, poi ci sono tre strati esterni: cellule cigliate esterne circa 15 mila. Abbiamo una cellula sensoriale che si lega al sottostante neurone sensoriale mediante sinapsi oppure 3 cellule esterne legate al neurone sensoriale posto nell’organo del Corti o ganglio spirale, quindi le cellule sensoriali subiranno una trasformazione elettrica che verrà comunicata al neurone sensoriale che parte dall’organo del Corti. Qui opereranno una trasformazione del segnale in segnale elettrico, determinando esocitosi di glutammato e questo determinerà la produzione di EPSP, potenziale di azione di tipo eccitatorio. C’è un ulteriore Lamina reticolare che suddivide nella scala media il corpo delle cellule cigliate dalle ciglia stesse, questa lamina è impermeabile agli ioni, ed è importante per la trasduzione. Centri di rotazione: punti in cui l’organo del Corti può rotare, può spostarsi verso l’alto o verso il basso a seconda che sia compresso o decompresso. La concentrazione del potassio nella parte dove sono presenti i corpi cellulari delle cellule sensoriali è uguale a quella della perilinfa, quindi è una concentrazione bassa. Ciglia: a contatto con endolinfa (ricca di K+) Corpo delle cellule cigliate: a contatto con un liquido in equilibrio con la perilinfa, povero di K+ Queste ciglia subiscono meccanicamente delle modifiche dovute al fatto che il liquido della perilinfa le sposta in seguito alle oscillazioni prodotte dalla finestra ovale, con una compressione che spinge verso la parte più interna o una decompressione perché l’onda appena passata è molto concentrata e quindi si ha un minor effetto. Quando le ciglia subiscono queste variazioni ci possono essere due situazione, le onde sonore provocano un movimento della membrana basilare verso il basso e poi verso l’alto; le ciglia delle cellule ciliate si flettono nell’una o l’altra direzione: 1. Le ciglia modificano la loro conformazione sulla membrana tettoria. Nel momento in cui queste cellule sono modificate, ci sono dei canali sensibili a questa modifica che si aprono (compressione) cambiando la permeabilità allo ione potassio. 2. il movimento delle ciglia in senso opposto (decompressione) determina chiusura dei canali meccano-sensibili L’apertura dei canali determina ingresso di K+ e depolarizzazione del recettore acustico (perché all’interno è povera di potassio). Queste cellule hanno un potenziale di riposo di -60mV; nel momento in cui arriva l’onda sonora e i canali sono chiusi, questi si aprono e cambia la permeabilità, il potenziale di membrana tende ad arrivare a 0. quarto neurone per arrivare alla corteccia uditiva a livello parietale. Ci sono però tante altre diverse connessione: connessione con nuclei dell’oliva superiore, integra le informazioni che arrivano dalle due orecchie a livello del bulbo. L’area acustica primaria è l’area 41 e 42 nella zona temporale. Sia nel talamo che nella corteccia abbiamo una organizzazione tonotopica. Questi recettori hanno anche delle fibre efferenti, fibre che vanno a modificare le caratteristiche del recettore stesso: c’è una sinapsi in cui si possono distinguere vescicole di neurotrasmettitore acetilcolina, questa ha un’azione di tipo inibitorio: riduce l’efficacia della sensazione che aveva determinato un potenziale locale, quindi iperpolarizza quella cellula. Queste cellule neuronali efferenti derivano dal bulbo, dal nucleo olivare superiore laterale e controlaterale; formano un fascio olivo – cocleare, i neuroni efferenti sono presenti principalmente sulle cellule cigliate esterne. Funzione: permette di ridurre le fasce di minor eccitazione (con un potenziale locale minore) e aumentare il rapporto segnale – disturbo (potere risolutivo) per la discriminazione di suoni di frequenza. I nuclei dell’oliva superiore e del collicolo inferiore, che integrano le informazioni provenienti dall’orecchio destro e sinistro, sono importanti per la localizzazione delle sorgenti sonore. La localizzazione del suono avviene a partire dalle informazioni binaurali, sulla base di differenze interaurali di fase (dato da un ritardo, cioè da una velocità diversa di arrivo nelle due orecchie, e i recettori sono in grado di recepire questi ritardi) e differenze di intensità (diverso grado di ampiezza, questa si riduce quando il suono dall’orecchio sx o dx deve giungere alla scatola cranica). Non siamo però sempre in grado di rilevare la localizzazione del suono. Suono prodotto davanti al naso, a metà tra l’orecchio dx e sx, la distanza tra la coclea dx e sx è uguale, e quindi l’onda acustica raggiunge simultaneamente le due orecchie e non c’è differenza nel raggiungimento del talamo; stessa velocità di attivazione del neurone centrale. Sorgente spostata di 20°, abbiamo una differenza di fase ed ampiezza: l’onda acustica raggiunge prima e con maggiore ampiezza l’orecchio destro. Ci sono afferenze binaurali su gruppi di neuroni centrali perché c’è un’analisi del profilo di attivazione differenti di questa catena di neuroni. Questi centri hanno la possibilità di misurare queste differenze perché queste informazioni che arrivano dall’orecchio destro vanno a colpire il primo neurone guida dell’orecchio destro, collegato dalla parte sinistra come ultimo neurone al controlaterale; lo stesso segnale è come se avesse due interpretazioni. Poi ci sarà il secondo neurone che sarà il penultimo al lato opposto. Questa diversa distribuzione del segnale fa sì che se il segnale arriva dal neurone laterale più velocemente e quello dal controlaterale arriva più sfasato, il neurone riesce a misurare la differenza con cui il PA è arrivato perché riesce a leggere il ritardo tra l’attivazione del laterale e quella del controlaterale; quindi quella laterale si attiva più velocemente rispetto a quella controlaterale che si attiva in modo secondario. Questo avviene se la posizione del suono è laterale → profilo di attivazione differente. Anche il numero di PA che arriva dal laterale è maggiore rispetto a quello che arriva dal controlaterale e quindi c’è anche una differenza di intensità. Le afferenze talamiche dal nucleo genicolato mediale arrivano al IV strato granulare, che riceve le informazioni da aree extracorticali. Anche nella corteccia uditiva primaria abbiamo un’organizzazione tonotopica e colonnare: ipercolonne di isofrequenza che ricevono informazioni dal nucleo talamico, cioè dal corpo genicolato del talamo. La parte più anteriore della corteccia riceve informazioni dall’apice della coclea; la parte più posteriore riceve informazioni provenienti dalla base della coclea. La distribuzione di queste ipercolonne si differenza per diversi strati di ipercolonne → per ogni frequenza ci sono colonne alternate di sommazione (EE) o di soppressione (EI); nelle colonne di sommazione (EE) i neuroni rispondono in modo massimale per informazioni binaurali simultanee per suoni di qualunque intensità. Nelle colonne di soppressione (EI) i neuroni mostrano la massima attività per stimoli monoaurali (orecchio controlaterale). Questa diversa capacità delle microcolonne ha come fine ultimo quello di migliorare la discriminazione della provenienza del suono → discriminazione periferica (per la localizzazione del suono) e discriminazione corticale (dà priorità ad un suono se arriva contemporaneamente da dx e sx o se arriva da una sola parte). La discriminazione corticale porta a una percezione conscia delle caratteristiche del suono: - intensità (analisi della frequenza dei PA nella linea maggiormente attiva) - Tono acuto o basso (colonna di isofrequenza a maggiore attività) - Timbro: sorgente (quali colonne di isofrequenza sono attivate) - Provenienza (profilo di attivazione delle colonne EE ed EI) Queste informazioni sono proiettate alle aree associative che integrano le informazioni. Le proiezioni ad altre aree corticali originano dal terzo strato. La corteccia primaria porta le informazioni soprattutto all’area associativa posteriore: comprende parte dei lobi occipitale, temporale e parietale, area associativa multisensoriale: Integra informazioni uditive, visive e somatosensitive. È importante questa associazione (che ha poi connessioni con l’area motoria) perché nell’area posteriore abbiamo: - Area 22 di Wernike → integra le informazioni per la comprensione della parola udita (corteccia associativa posteriore); questa area avrà delle efferenze verso: - Area 45 di Broca → corteccia associativa anteriore in prossimità della corteccia premotoria, I ciuffi di ciglia, sia nelle creste ampollari sia nelle macule dell’utricolo e del sacculo, si estendono al di fuori della cresta in una massa gelatinosa, la cupola, arricchita anche dalla presenza di otoliti che aumentano la difficoltà della massa gelatinosa di spostarsi quando c’è una spinta indotta da uno spostamento della testa. Ci sono differenze sulle caratteristiche motorie delle posizioni della testa, se consideriamo i recettori delle creste ampollari o i recettori del sacculo e dell’utricolo. - Creste ampollari recepisce informazioni data da un qualsiasi movimento angolare del capo, questi movimenti sono recepiti in maniera differente dall’endolinfa presente nei canali semicircolari. - La macula utricolare e sacculare sono sensibili rispettivamente alle accelerazioni lineari della testa e a variazioni lineari della posizione del capo. Durante i movimenti del capo (avanti o all’indietro) gli otoliti si muovono seguendo la legge di gravità. Lo spostamento degli otoliti trascina la membrana otolitica gelatinosa che muovendosi provoca la flessione delle ciglia delle cellule recettrici e l’apertura dei canali allo ione K+. Trasduzione nelle cellule recettrici: stimolo efficace → flessione delle ciglia. 1) al polo apicale si ha la flessione nella direzione del chinociglio, aumenta la densità di canali meccanosensibili aperti, si ha depolarizzazione della cellula cigliata per ingresso di k+ e in parte Ca++ per gradiente elettrochimico. 2) Al polo basale: la depolarizzazione si propaga lungo la membrana della cellula inducendo al polo basale apertura di canali Calcio V-dipendenti e ingresso di Ca++, di conseguenza si ha rilascio del neurotrasmettitore (GLU) e nel primo neurone scarica di EPSP. Creste ampollari → rispondono a rotazione del capo (accelerazione angolare) Nella rotazione del capo (es. verso dx) l'endolinfa, per ragioni inerziali legate alla sua viscosità, tende a rimanere immobile all'inizio della rotazione, mentre la struttura ossea ed il labirinto membranoso si muovono; l’endolinfa preme sulla cupola provocandone una distorsione. Le ciglia si flettono verso il chinociglio promuovendo una depolarizzazione del recettore. Questa scarica di potenziale di azione si ha fino a quando la velocità della gelatina non ha raggiunto la velocità dell’endolinfa. Alla fine della rotazione scaricano di nuovo PA e quindi decelerazione (es. verso dx) a causa della sua inerzia l’endolinfa continua il suo movimento nella direzione in cui è ruotata la testa. La flessione della cupola e delle ciglia in direzione opposta alla precedente, lontano dal chinociglio, determina una iperpolarizzazione del recettore. Le cellule recettrici delle ampolle forniscono informazioni su: accelerazione e decelerazione angolare del capo. Come fa il labirinto a dare informazioni sulla direzione della rotazione della testa? I canali sono organizzati a coppie: ciascun canale ha un partner controlaterale, quando uno è eccitato, l’altro è inibito. Se la testa ruota a destra, vi è eccitamento nel canale orizzontale destro e inibizione in quello sinistro. Saccolo e utricolo → rispondono a variazioni lineari della posizione del capo e accelerazioni e decelerazioni lineari Durante i movimenti lineari del capo gli otoliti si muovono seguendo la legge di gravità. Lo spostamento degli otoliti trascina la membrana otolitica che muovendosi provoca la flessione delle ciglia delle cellule recettrici. La macula sacculare, posta verticalmente fornisce informazioni su variazioni lineari della posizione del capo: piegamento in avanti o indietro della testa. La macula utricolare, posta orizzontalmente fornisce informazioni su: accelerazione e decelerazione lineare del capo, in questo caso saranno importanti anche pressocettori che avvertono l’attrito formato dall’aria quando ci si sposta. VIE AFFERENTI VESTIBOLARI Come l’organo dell’equilibrio informa i centri superiori → Il neurone primario sensitivo di tipo bipolare, ha il soma localizzato nel ganglio di Scarpa con - Prolungamenti periferici in connessione con i recettori labirintici; - Prolungamenti centrali nel tronco encefalo, qui abbiamo la prima sinapsi (primo nucleo di ritrasmissione) nei quattro nuclei vestibolari. Da qui potranno andare a contattare dei nuclei talamici e da qui ci sarà la sinapsi con le aree corticali corrispondenti. Le vie che arrivano ai nuclei vestibolari possono avere due direzioni: ascendente o discendente. Si forma un fascicolo longitudinale mediale dei secondi neuroni che dal vestibolo vanno verso l’alto o verso il basso. Ci sono anche dei collaterali che vanno alla sostanza reticolare o diramazioni al cervelletto. I nuclei vestibolari ricevono dall’organo vestibolare e poi da questi nuclei le informazioni vanno: al talamo quindi via talamo-corticale per sapere qual è la posizione della testa e del corpo al cervelletto sotto al lobo occipitale perché è una delle regioni sovracorticali che corregge i comandi motori e ci aiuta a mantenere la postura nei movimenti volontari in base alle informazioni che arrivano anche dal vestibolo. alla sostanza reticolare bulbare e pontina e abbiamo neuroni che fanno parte della sostanza reticolare che a loro volta mandano informazioni discenti, ad esempio al midollo spinale. Vie discendenti → arrivano ai nuclei vestibolari e tramite organizzazioni nervose determina per riflesso motorio un’attivazione dei muscoli del tronco, arti anteriori e posteriori, questi riflessi servono per spostare il corpo in maniera compensatoria per mantenere una stabilità posturale e quindi prevengono le cadute. 1. Riflesso vestibolare tonico → nasce dai neuroni dal sacculo e utricolo, in particolare dagli organi otolitici, da recettori che sono sensibili ad accelerazioni lineari della testa; proiettano al nucleo vestibolare laterale, il quale proietta tramite il tratto vestibolospinale laterale ai motoneuroni spinali i quali, eccitati, controllano i muscoli degli arti aiutando a mantenere la postura. Porta informazioni ai muscoli flessori degli arti anteriori o ai muscoli estensori degli arti posteriori o inferiori. I neuroni che vanno a contattare i mielomeri lombari sono ipsi laterali, quelli che invece controllano il tronco o la zona cervicale sono spesso controlaterali. 2. Riflesso vestibolare cinetico → i neuroni arrivano dai canali semicircolari, proiettano al nucleo vestibolare mediale e inferiore che inviano assoni tramite il tratto vestibolo-spinale-mediale ai motoneuroni che innervano i muscoli del tronco e del collo. È importante per il coordinamento dei movimenti del corpo e della testa rispetto allo spostamento/movimento degli occhi. Queste vie discendenti hanno un’importante attivazione a livello spinale nelle corna ventrali, dove ci sarà un motoneruone che andrà a contattare il muscolo; questi motoneuroni sono definiti superiori perché arrivano al midollo; ci sono poi i motoneuroni inferiori: motoneuroni α del muscolo scheletrico e motoneuroni gamma quelli dei fusi neuromuscolari, che partiranno da mielomeri corrispondenti, per cui le patologie a livello di locomozione si definiscono patologie del motoneurone superiore o patologie del motoneurone inferiore (zoppie). 3. Riflesso vestibolo – oculare → ascendente: i neuroni partono dai canali semicircolari, sono controllati al nucleo vestibolare superiore che invia assoni tramite il fascicolo longitudinale mediale del tratto ascendente ai nuclei oculomotori deputati allo spostamento degli occhi. Dal nucleo vestibolare superiore e mediale partono connessione per i nuclei dei nervi oculomotori (III, IV e VI). Queste connessioni si stabiliscono anche indirettamente per mezzo della formazione reticolare. Il sistema vestibolare proietta anche al nucleo ventero posteriore del talamo (ipsi e controlaterale) e da questo poi alla corteccia in area posteriore in corrispondenza della corteccia somatosensitiva primaria della faccia. Il sistema vestibolare infine proietta al cervelletto (verme e lobulo floculonodulare), coordina sempre l’equilibrio, queste informazioni saranno quelle per modulare le risposte corticali. L’insieme dei riflessi motori vestibolari (cinetico e tonico) genera reazioni complesse intese a correggere con immediatezza, durante i movimenti rapidi del capo, gli sbilanciamenti del corpo rispetto alla normale posizione di equilibrio e coordinare i movimenti occhi-testa. STRUTTURA DELL’OCCHIO Nella parete ci sono tre strati concentrici: - Sclera: lamina connettivale che si prolunga anteriormente con la congiuntiva e nella parte più esterna con la cornea, funzione di protezione della camera oculare interna. La cornea è una struttura connettivale trasparente che ha una importante funzione sia dal punto di vista conservativo ma anche da un punto di vista ottico. - Coroide: tunica connettivale vascolarizzata, rivestita da epitelio pigmentato che contiene melanina, un pigmento nero che assorbe tutte le onde elettromagnetiche per evitare riflessioni all’indietro del raggio, e termina anteriormente con i corpi ciliari provvisti di muscolatura a cui sono legate fibre zonulari. Connesso ai corpi ciliari ci sono altre strutture muscolari con fibre a decorsi circolare e radiale: la cornea e l’iride. - Retina: contiene i recettori visivi e i neuroni I e II° ordine che andranno a costruire l’immagine retinica, variazione elettrica che daranno luogo al neurone afferente che parte dalla retina di creare una serie di PA che andrà a colpire poi il talamo e successivamente la corteccia primaria visiva. Nella retina c’è un disco cieco dove non sono presenti fotorecettori e fovea dove c’è una grande concentrazione di fotorecettore e i neuroni di I e II ordine si aprono e lasciano il fotorecettore a diretto contatto con l’onda elettromagnetica, è il punto più preciso per l’identificazione delle onde elettromagnetiche che sono entrate nella camera oculare. Struttura interna dell’occhio C’è un comparto delimitato dalla cornea e dall’iride ricco di un liquido viscoso detto umor acqueo costituito da acqua, sali, proteine, è simile al liquido extra-cellulare, contenente fibre collagene, trasparente alla luce contribuendo alla sua rifrazione sull’asse ottico. Funzioni: ottica; nutritiva (cristallino, cornea); statica (mantiene la pressione intraoculare, dando forma alla camera anteriore). Posteriore al cristallino c’è l’umor vitreo, tessuto connettivale, gelatinoso e trasparente con funzione statica (mantiene la forma dell’occhio), diffusione di nutrienti e funzione ottica (capacità di rifrazione della luce). Funzione statica dell’umore acqueo → Glaucoma: patologia collegata ad un cambiamento della pressione statica nell’umor acqueo maggiore rispetto alla pressione fisiologica; questo andrà ad impattare sulla retina e sulle altre strutture sottostanti, determinando principi di apoptosi, se non controllata può portare a cecità. L'umore acqueo è prodotto dall'attività secretiva continua e filtrante del corpo ciliare nel corpo posteriore. Il flusso dell'umore acqueo è creato dalla differenza di pressione esistente tra i liquidi all'interno dell'occhio (14- 20 mmHg, pressione normale all’interno dell’occhio) e quella plesso coroideo nelle vene episclerali (circa 9-13 mm Hg): l'umore acqueo si forma come fluido interstiziale, prevalentemente da meccanismi di secrezione attiva: sono processi ciliari e viene riversato nella camera posteriore. Da questa passa, superando la pupilla, nella camera anteriore dove è riassorbito. Il riassorbimento avviene nella camera anteriore, principalmente in corrispondenza del margine dell'iride e si immette nel canale di Schlemm (o seno venoso della sclera, permette il passaggio del liquido dalla camera anteriore al plesso coroideo) e da qui passa alle vene episclerali. Il riassorbimento per questa via dipende, quindi, dal gradiente della pressione intraoculare. Una eccessiva produzione dell'umore acqueo o un ostacolo al suo deflusso nel canale può determinare un aumento della quantità di liquido nella camera interiore e di conseguenza un aumento della pressione intraoculare che nel tempo spingerà sull’umor vitreo e questo a sua volta sulla retina, determinando processi di morte cellulare dei fotorecettori; un’altra causa può essere l’ipertensione oculare, condizione che predispone all'insorgenza del glaucoma. Tra la camera anteriore e la camera posteriore dell’occhio c’è: - l’iride: lamina contenente muscolatura liscia con fibre radiali e concentriche e pigmenti, questa muscolatura liscia è controllata dal sistema nervoso autonomo. Le fibre parasimpatiche innervano la muscolatura circolare, le fibre simpatiche innervano la struttura radiale, per determinare il restringimento della pupilla (miosi) e la dilatazione di questo (midriasi), questi sono fenomeni continui. - pupilla (foro al centro dell’iride): il diametro può variare per contrazione della muscolatura dell’iride; lo stimolo che determina queste risposte è il grado di luminosità: la pupilla si dilata per far entrare una maggiore quantità di luce e si restringe quando ne fa entrare di meno. - tra la camera anteriore e la camera posteriore c’è il cristallino, formazione lenticolare trasparente, può modificare i suoi diametri trasversi: più globoso o può appiattirsi, può cambiare il raggio di curvatura di questo sacchetto, in questo modo è importante per aggiustare la focalizzazione dell’immagine a seconda della distanza dell’oggetto dall’occhio. Questo può essere fatto perché questa lente è attaccata alle fibre zonulari a loro volta attaccate ai corpi ciliari; quando il corpo ciliare si contrae la tensione prodotta sulle fibre zonulari diminuisce come se scaricasse la tensione delle lacinie rendendole meno tese, più allentante e in questo caso il cristallino può cambiare la sua curvatura rendendolo più sferico; quando i corpi ciliari non sono contratti, le lacinie sono in tensione sul cristallino e quindi questo è più appiattito; il cambiamento del cristallino da piatto a sferico è importante per riuscire a mettere a fuoco, soprattutto, nelle problematiche legate alla miopia. Cataratta: degenerazione del cristallino, delle proteine presenti al suo interno o possono essere presenti precipitati di zuccheri, rendendolo più opaco e di conseguenza abbassa le sue proprietà ottiche di focalizzazione e di rifrazione delle onde elettromagnetiche. L’occhio funziona come una macchina fotografica: - mezzi ottici in grado di interagire con l’onda elettromagnetica: cornea, cristallino e umor acqueo e vitreo → sistema di lenti convergenti - diaframma: forame che permette di modulare l’intensità della luce che entrano nella pupilla in grado di stringersi o dilatarsi a seconda dell'illuminazione ambientale - pellicola: materiale su cui viene impressa la conseguenza dell’impatto dell’onda elettromagnetica, retina su cui va a fuoco l’immagine. Sistema ottico Se un raggio passa da un mezzo ad un altro di densità differente e giunge in modo perpendicolare alla superficie di separazione procede in linea retta, non viene deviata. Se giunge in direzione obliqua, si rifrange: modifica il suo angolo di uscita dal secondo mezzo ottico. Dipende dalla direzione del raggio ma anche dalla forma del mezzo (ad esempio se è curvo) La direzione del raggio rifratto dipende dalla legge di Snell: seno incidente / seno rifratto = N (costante) → indice di rifrazione, può essere detenuto dalla cornea (i meridiani che formano la parte globosa della cornea, non hanno tutti la stessa forma, qualcuno ha una curvatura maggiore e qualcuno minore, questo determinerà una curvatura differente), umor acqueo, cristallino e umor vitreo. Lente convergente: mezzo trasparente delimitato da due superfici sferiche convesse aventi un determinato raggio di curvatura. A seconda della curvatura si hanno indici di rifrazione differenti. Rifrazione: deviazione differente dei raggi luminosi che colpiscono la lente, in base a come questi colpiscono la lente. L’entità della rifrazione dipende dal raggio di curvatura della lente. Messa a fuoco: - asse ottico → retta che congiunge i centri di curvatura delle due facce della lente - fuoco → punto sull’asse ottico in cui convergono tutti i raggi rifratti che raggiungono la lente paralleli all’asse ottico stesso; fuoco primario (convergono raggi che giungono tutti paralleli) - distanza focale → distanza dal fuoco alla lente convergente Ogni raggio parallelo all’asse ottico si rifrange passando per il fuoco principale e viene costruita una immagine retinica di qualsiasi oggetto situato davanti all’occhio: immagine sempre capovolta e rimpicciolita. L’angolo che sottende l’oggetto osservato è detto angolo visivo e varia in proporzione inversa alla distanza dell’oggetto dall’occhio. Acuità visiva: la capacità dell’occhio di discriminare differenze minime nella configurazione spaziale degli oggetti (distanza minima alla quale due punti sono riconosciuti come separati). Il limite è dato dalla possibilità che questi due punti possano stimolare due elementi recettoriali differenti. La fovea rappresenta la zona retinica dove l’acuità è massima. Funzione della retina: come viene costruita l’immagine nella retina: 1. Fototrasduzione → avviene nei recettori retinici di primo ordine, bastoncelli e coni 2. Elaborazione retinica → da cellule bipolari, cellule gangliari, amacrine e orizzontale, è una rete neuronale che modifica il segnale elettrico in modo da creare un PA nelle cellule gangliari 3. Codificazione del segnale → cellule gangliari, neuroni efferenti che portano il PA fuori dall’occhio e andranno a creare le ragioni per costruire l’immagine a livello occipitale. 1. Fototrasduzione: ci sono fotorecettori di due tipo: coni e bastoncelli; la differenza tra i due è nei pigmenti. Bastoncelli, 108: maggior presenza del pigmento di un solo tipo di rodopsina e assorbono più luce, stimolati anche da un solo fotone; hanno una sensibilità elevata, responsabili della visione notturna, acromatica – minore quantità di luce a disposizione; danno luogo a risposte temporali lente con immagini di breve durata che si susseguono rapidamente e non sono bene distinte. Coni, 5 milioni: bassa sensibilità alla luce, visione diurna, contengono meno fotopigmenti di rodopsina che riescono a percepire tre particolari lunghezze d’onda: verde, giallo e rosso. Danno luogo a risposte rapide (alta risoluzione temporale) con breve tempo di integrazione tra fotorecettori e cellule neuronali della retina. I recettori sono cellule epiteliali modificate con polarizzazione morfo- funzionale; creano estroflessioni che permettono alla membrana di essere estesa e la rodopsina può incastrarsi in essa. Hanno un segmento esterno costituito da dischi membranosi sovrapposti costituiti da introflessioni della membrana cellulare e sono quelli che interagiscono con lo stimolo luminoso e responsabile della trasduzione del segnale. Segmento interno in cui c’è il nucleo e organuli cellulari e una parte terminale con caratteristiche di elemento presinaptico esocitosi del neurotrasmettitore glutammato. Densità e distribuzione spaziale dei recettori visivi sulla retina: Coni: presenti nella fovea centrale con connessioni private tra recettore e cellula bipolare, hanno un’alta acuità visiva Bastoncelli: non presente nella fovea centrale, hanno bassa acuità visiva, connessioni ad alta convergenza, tanti fotorecettori che vanno a colpire un neurone bipolare → maggiore efficacia nel rilevare un segnale che però non è così chiaro come nei coni. - Cellule bipolari che prendono contatto da un lato con il polo basale dei recettori e dall’altro con i dendriti delle cellule gangliari; - Cellule gangliari costituiscono i neuroni afferenti i cui assoni escono dalla retina e danno origine alle fibre afferenti del nervo ottico, danno origine all’insorgenza della scarica di PA che partirà dall’occhio. - Cellule orizzontali sono cellule di collegamento tra cellule bipolari e foto – recettori più o meno vicini. - Cellule amacrine collegano le cellule bipolari e cellule gangliari vicine, secernono GABA, quindi sono interneuroni inibitori. Sulla membrana troviamo il pigmento rodopsina = formato da opsina + retinale (aldeide della vitamina A). La rodopsina (PM 40.000) è una proteina integrale di membrana con 7 eliche che la attraversano, ci sono migliaia di molecole distribuite sulla membrana di ogni disco del segmento esterno. Ha un particolare legame in posizione 11 e ha una conformazione cis, questo è il punto che verrà sfruttato per la trasduzione del segnale. Il gene della rodopsina è stato il primo ad essere clonato e sequenziato. Nathans, J. et al. (1984). La trasduzione visiva a livello dei dischi membranosi inizia quando le radiazioni luminose raggiungono la rodopsina e si ha la sua isomerizzazione dalla forma 11 – cis alla forma trans; l’energia luminosa di un fotone è trasformata in movimento atomico; questo ha come conseguenza immediata il fatto che l’opsina perde affinità per il retinale, perché si viene a creare una sorta di ingombro sterico. La rodopsina passa attraverso una serie di intermedi altamente instabili che sono: prelumirodopsina (o batorodopsina), lumirodospina, metarodopsina I e metarodopsina II che è la forma attiva del recettore che determina variazioni elettriche nel fotorecettore. Condizioni di buio: il retinale è in forma 11 – cis, la rodopsina è inattivata. Essendo inattivata, le proteine G presenti nella membrana interna sono inattive, in particolare è inattiva la trasducina e di conseguenza è inattiva la fosfodiesterasi attivabile da questa. Questo permette una forte azione del guanilato ciclasi, con una grande concentrazione finale di GMPc in condizioni di buio. La grande quantità di GMPc permette l’apertura di canali allo ione sodio e allo ione calcio, i cationi entrano nei fotorecettori che sono depolarizzati, si arriva a -40 mV, quindi al buio c’è l’esocitosi di glutammato ma non c’è trasduzione. Condizioni di luce: si ha la trasformazione della rodopsina da cis a trans, diventando metarodopsina II, si ha l’attivazione della trasducina e di conseguenza della fosfodiesterasi che porta a una riduzione di GMPc. Questo comporta la chiusura dei canali allo ione sodio e allo ione calcio; la cellula è iperpolarizzata con un potenziale di membrana di -70mV, di conseguenza si riduce il rilascio di GLU. Fototrasduzione: Il potenziale del recettore è rappresentato da una iperpolarizzazione, con riduzione del rilascio del neurotrasmettitore. Fenomeno di adattamento alla luce dei coni, fenomeno che avviene con il recupero della capacità dei coni di tornare a essere sensibili a cambiamenti ulteriori di luce (es. quando si è accecati dalla luce), all’inizio si ha una desensibilizzazione alla luce ed un ritorno a potenziali di membrana più depolarizzati. La desensibilizzazione è mediato dallo ione calcio che normalmente nei fotorecettori al buio, inibisce la guanilato ciclasi. Normalmente però c’è un sistema di trasporto che riequilibra la concentrazione intracellulare di calcio. Al blocco dell’entrata di calcio per la luce vi è anche la riduzione dell’inibizione esercitata dal calcio sulla guanilato ciclasi (feed-back) e aumenta la concentrazione di GMPc, ciò determina almeno in parte la riapertura dei canali e conseguente lenta depolarizzazione che porta i fotorecettori ad essere di nuovo sensibili ad una nuova stimolazione luminosa. 2. Elaborazione retinica: Ci sono altre cellule che formano questa rete: Cellule orizzontali di collegamento tra cellule bipolari e foto-recettori più o meno vicini. Cellule amacrine di collegamento tra cellule bipolari e cellule gangliari più o meno vicine Ci sono fotorecettori, cellule bipolari, orizzontali e amacrine che determinano una continua variazione di permeabilità ionica che costituirà poi la base del potenziale locale, sono attraversate da correnti elettrotoniche, quindi si depolarizzano o iperpolarizzano, in questa organizzazione le cellule gangliari finali invieranno potenziale di azione per la ricostruzione dell’immagine livello talamico e corticale. I PA nascono solo dalle cellule gangliari, il neurone efferente costituisce il nervo ottico. Questi neuroni (le cellule gangliari) iperpolarizzano a -70 mV quando sono eccitati dalla luce; quando non c’è luce sono depolarizzati a -40 mV. Le cellule bipolari quando non sono eccitate sono iperpolarizzate, quando arriva l’informazione dei fotorecettori, depolarizzano. La depolarizzazione delle cellule bipolari si trasmette alle cellule gangliari. Le cellule bipolari e le cellule gangliari quando sono depolarizzate, hanno delle connessioni ben definite: sono vie private, che vanno ad informare in posti specifici del talamo e di conseguenza della corteccia che consentono poi di ricostruire l’immagine. - periferia del campo recettivo: comunicazione tra fotorecettore e cellule bipolari mediata dalle cellule orizzontali, queste andranno a influenzare il fotorecettore centrale producendo un secondo neurotrasmettitore inibitorio per potenziare o ridurre il rilascio di glutammato. Luce al centro: I coni della periferia liberano GLU in modo continuo sulle cellule orizzontali, mantenendole in uno stato leggermente depolarizzato (- 40 mV). Ogni cellula orizzontale libera un trasmettitore inibitorio (GABA o glicina) che accentua lo stato iperpolarizzato del cono al centro (ulteriore riduzione della liberazione di GLU), di conseguenza si accentua la risposta differenziata delle cellule bipolari centro – on (ulteriormente si depolarizza) e centro – off (ulteriormente si iperpolarizza) → Codificazione nelle cellule Gangliari connesse con le Cellule bipolari centro-on e centro-off. Luce alla periferia: iperpolarizzazione dei coni alla periferia, scarsa liberazione di GLU, iperpolarizzazione delle cellule orizzontali a cui i coni sono connessi. Le cellule orizzontali riducono la quantità di GABA liberato sul cono posto al centro del campo recettivo, e questo produce una maggiore depolarizzazione del cono al centro e maggior rilascio di GLU. Si avrà una iperpolarizzazione accentuata della cellula centro-on e depolarizzazione accentuata della cellula bipolare centro- off. I campi recettivi sono circolari e hanno una risposta opposta a seconda che venga stimolato il centro o la periferia del campo recettivo. Cellule gangliari centro on: - Massima produzione di PA: quando i stimoli vanno a coprire tutto il centro recettivo: attivazione cellule centro on, risposta massimale per stimoli che si estendono a tutto il centro del campo, massimo numero di potenziale di azione presenti nel centro on e zero potenziali di azione che si producono nel centro off. - stimoli che si estendono per tutta la periferia: riduzione delle cellule centro on e inibizione massimale per stimoli che si estendono su tutta la periferia. - Situazione intermedia: tutto il campo recettivo viene colpito sia centro che periferia, attivazione moderata Conclusioni: 1) Le cellule centro-on rispondono massivamente per uno stimolo luminoso localizzato nel centro del loro campo recettivo, mentre le cellule centro-off rispondono massivamente per uno stimolo luminoso localizzato alla periferia del loro campo recettivo. 2) Condizioni opposte al punto 1, provocano l'annullamento dei potenziali d'azione in entrambe le cellule. 3) Per ogni cellula il centro dà una risposta contrastante alla periferia. Questo comporta che un'illuminazione diffusa produce solo una debole risposta in ambedue le cellule. Queste proprietà di cellule centro-on e cellule centro-off permette una adeguata e precisissima percezione dei contrasti: l'alternarsi e il sovrapporsi dei campi recettivi di queste stesse cellule, produce zone ad elevatissima discriminazione luminosa. In una stessa piccola zona di un millimetro quadrato, possono esserci tantissimi campi recettivi di entrambe le cellule. Un quadrato a linee tratteggiate ci appare diverso da un quadrato a linee punteggiate proprio perché punti e linee scure sono zone che riflettono meno la luce e che quindi possono essere percepite in maniera definitissima dall'alternarsi di campi recettivi centro-on e centro-off. Questo fenomeno è di fondamentale importanza poiché il sistema visivo costruisce l'immagine a partire dai contorni degli oggetti deducendo in seguito movimento, profondità e poi colore. Cellule orizzontali: aumentano il contrasto tra segnali provenienti da regioni delle immagini con transizione da luce a buio → migliorare la definizione dei margini delle immagini. Visione dei colori → tipi di rodopsina. Il colore è dato da particolari proteine presenti nella rodopsina, attivate da luce a diversa lunghezza d’onda: Bastoncelli hanno rodopsina con un picco 495 nm e una luce monocromatica, si trovano quindi tra luce blu e luce verde; coni: hanno 3 fotopigmenti con picchi di assorbimento per radiazioni con λ = 430 nm (430 nm-blu) λ = 550 nm (550 nm-verde) λ = 640 nm (640 nm-rosso) Il riconoscimento dei colori è dato dal numero di bastoncelli e di coni attivati da un’immagine che riflette una determinata lunghezza d’onda, quindi c’è un codice di popolazioni, tanto più coni rossi o verdi eccitatati, tanto più l’immagine sarà rossa o verde; percentuale relativa di attivazione delle diverse famiglie di recettori contenenti diverse rodopsine. Inoltre bisogna integrare il fatto che l’immagine viene definita dai campi recettivi, con il fatto che i campi recettivi sono costituiti da coni e bastoncelli con diverse caratteristiche. Il centro e la periferia del campo recettivo di ogni cellula bipolare e gangliare ad essa connessa sono attivati da classi diverse di coni: 1. risposta ON/OFF al centro del campo per stimoli di luce accoppiata rossa/verde nelle cellule gangliari di tipo P; 2. risposta ON/OFF al centro del campo per stimoli di luce blu/giallo: giallo che colpisce la periferia: si attivano i coni rossi e verdi; il blu così viene annullato → opponenti= cellule con comportamento opposto centro-periferia. → capacità di percepire contrasti di colore. 3. Codificazione del segnale visivo: cellule gangliari, neuroni di 3 ordine che formano con i loro neuriti il nervo ottico, sono i neuroni afferenti: Informazioni sulla intensità dello stimolo luminoso - Informazioni sui contrasti di Intensità luminosa – definizione dei contorni delle immagini - Informazioni sui colori e contrasti di colore. Visione scotopica: essenzialmente data dai bastoncelli (grigio/blu) Visione fotopica: essenzialmente data dai coni, tende a privilegiare quelli a più alta lunghezza d’onda. In condizioni di bassa luminosità → v. scotopica. In condizione di maggiore luminosità → v. fotopica. Poiché la retina ha un numero circa pari di coni sensibili al rosso e verde mentre quelli sensibili al blu sono meno del 10% di tutti i coni, per questo i coni sono nel loro insieme più sensibili a luci con lunghezze d’onda superiori a quelli dei bastoncelli, con conseguenza di spostamento di Purkinje: con il decrescere dell’intensità luminosa si perde acuità visiva (capacità di discriminare i dettagli) ma l’immagine tende a tinte blu-grigio, perché avendo meno luce si attivano meno i coni verde – rossi e si attivano di più i coni blu che sarà un colore che privilegia le basse lunghezze d’onda. Il daltonismo è una condizione in cui si ha un’alterata percezione dei colori. Ci sono persone affette da acromatopsia hanno una visione monocromatica: in bianco e nero perché non percepiscono né il rosso né il verde né il blu. Invece coloro che sono colpiti da protanopia, deuteranopia o tritanopia hanno una visione bicromatica, in quanto non percepiscono uno dei tre colori primari: 1. protanopia (insensibilità al rosso) e protanomalia (insufficiente sensibilità al rosso); 2. deuteranopia (insensibilità al verde) e deuteranomalia/teranomalia (scarsa sensibilità al verde); 3. tritanopia (insensibilità al blu, al violetto e al giallo) e tritanomalia (insufficiente sensibilità a questi colori). La causa più frequente di questa patologia è un’alterazione ereditaria dei fotorecettori. La forma congenita dei disturbi rosso-verde è dovuta a una mutazione recessiva sul cromosoma X e sono, quindi legati, al sesso dell’individuo. Perché un soggetto sia daltonico per i disturbi rosso verde non deve avere neanche un cromosoma X “sano”. Poiché gli uomini hanno un solo cromosoma X (ereditato sempre dalla madre), devono avere una madre che sia portatrice o affetta dalla malattia per avere, rispettivamente, il 50% o il 100% di possibilità di esserne colpiti. Al contrario, non è influente se il padre sia o meno daltonico, in quanto il figlio maschio non eredita mai il cromosoma X del padre. La forma più comune di daltonismo è la cecità rosso-verde: i soggetti affetti non sono in grado di distinguere i due colori perché le lunghezze d'onda del rosso e del verde, (700 nm e 540 nm), sono percepite come identiche. Una qualsiasi immagine verde su sfondo rosso (come in figura), infatti, non è distinta dai soggetti daltonici. Cellule gangliari → 1° neurone della via afferente sensitiva. Nella retina dei primati sono presenti circa 25 tipi di cellule gangliari classificati in base alla morfologia dell’albero dendritico e alle proprietà della risposta (scarica dei PA). Le più comuni sono: cellule midget (cellule P) con corpi cellulari di piccole dimensioni - campi recettivi piccoli - risposta tonica e cellule a parasole (cellule M, ampie estensioni di tipo dendritico, ricevono informazioni da tante cellule bipolari) corpi cellulari più grandi - campi recettivi grandi - Risposta fasico-tonica, sono le più comuni. Tutte le cellule gangliari sono dotate di modesta attività spontanea; gli stimoli luminosi inducono variazioni di frequenza dei potenziali di azione sia in aumento sia in diminuzione. Queste due vie danno informazioni differenti: cellule M → Informazioni su intensità di luce e contrasto di luminosità; cellule P → Informazioni su colore e contrasto di colore. La codificazione della lunghezza d’onda dello stimolo consente di percepire colore e contrasti di colore dell’immagine. Codificazione intensità dello stimolo luminoso e contrasti di luminosità → codice attività neuronale. A livello corticale vengono integrate le 2 informazioni provenienti dalle vie M e P e si ottiene la ricostruzione finale dell’oggetto sfruttando i contrasti di luminosità e di colore e il pattern di attivazione. I neuroni del IV strato si dividono in A, B e C; i C (a sua volta suddivisi in α e β) hanno campi recettivi circolari e sono monoculari mentre negli altri strati vi sono «neuroni di orientamento» rappresentati da una barra con un determinato orientamento spaziale, registrano la deviazione dell’immagine verso destra o verso sinistra. È presenta una incisura, scissura calcarina che divide la parte destra dalla parte sinistra dell’aria V1. In una ipercolonna lo strato IV è più o meno al centro rappresentato da campi circolari, ma ci sono anche i neuroni di orientamento. Organizzazione retinotopica di V1: c’è una diversa sensibilità tra l’area della fovea e le altre parti; l’area foveale presenta una rappresentazione corticale maggiore rispetto alle altre aree del campo visivo con una maggiore densità di recettori nella fovea e di conseguenza una maggiore rilevanza funzionale, pur essendo più piccola. La maggior parte delle afferenze arriva allo strato 4: le vie magnocellulare e parvocellulare arrivano a zone differenziate. Gli altri strati dell’area V1 danno origine ad efferenze: queste vanno verso l’altra parte V1 (fibre commissurali), ad aree visive secondarie (area V2), altre zone neocorticali, al colliculus superiore (nel mesencefalo) e corpo genicolato laterale. Le colonne (30-100 um) hanno un’organizzazione funzionale, sono organizzate da vari tipi di neuroni che a loro volta formano delle micro – colonne e sono suddivise in tre gruppi: - Di dominanza oculare: neuroni binoculari che rispondono a stimolazioni di uno stesso occhio, ma rispondono in modo prevalente alla stimolazione di fibre provenienti da un occhio rispetto all’altro - Di orientamento: neuroni che rispondono a stimoli con lo stesso orientamento spaziale. - BLOB: cellule di forma cilindrica organizzati in strati sopra e sotto lo strato 4 che sembrano essere monoculari, rilevano diverse lunghezze d’onda. Ricevono afferenze monoculari dalle cellule P centrali, non sono sensibili all’orientamento dello stimolo ma al colore e al contrasto di colore. Nell’insieme si possono definire funzionalmente delle IPERCOLONNE che occupano un’area di corteccia di circa 1 mm3 e comprendono: 1) due colonne di dominanza oculare (una per ciascun occhio): tutti i neuroni delle colonne di dominanza destra si attivano maggiormente quando ricevono informazioni provenienti dall’occhio di destra, lo stesso vale a sinistra. 2) per ogni colonna di dominanza oculare ci sono colonne di orientamento (a ricoprire gli interi 180°) che rispondono meglio per informazioni che provengono dai margini dell’oggetto in base a come è orientato 3) alcuni blob per l’analisi dei colori. È un’organizzazione presente sin dalla nascita; ci sono problemi di sviluppo di questa parte del cervello se dopo la nascita ci sono delle situazioni che vanno ad arrestare la stimolazione dei neuroni che vanno a costituire queste ipercolonne → periodo critico si ha se c‘è una riduzione della stimolazione luminosa, possono esserci dei fenomeni di atrofia delle cellule di dominanza o a barre e ipertrofia di quelli che regolano l’occhio non deprivato, questo può determinare una riduzione funzionale permanente della proprietà visiva, perché questa modifica può non essere più recuperata. Organizzazione neuronica ed elaborazione delle informazioni: - Via magnocellulare: parte dalle cellule gangliari M, nel primo neurone, n. genicolato laterale del talamo che si inserisce negli strati 1,2 che vanno allo strato IV C α della corteccia V1 e successivamente lo strato IVB; sono particolarmente sensibili i neuroni di orientamento. Hanno una maggiore caratteristica di convergenza. - Via parvocellulare: parte dalle cellule gangliari P, arrivano al genicolato laterale del talamo (strati 3-6) e da qui allo strato IV C β e successivamente ai neuroni BLOB e INTERBLOB. Classificazione dei neuroni corticali in base alle caratteristiche del loro campo recettivo ed alla risposta a stimoli luminosi. Le classi principali comprendono: - NEURONI SEMPLICI che costituiscono la corteccia V1; - NEURONI COMPLESSI costituiscono l’area V1 e aree visive secondarie, rispondono a stimoli con specifici orientamenti - NEURONI IPERCOMPLESSI sono presenti nelle aree visive secondarie e sensibili alla lunghezza d’onda. SISTEMA NERVOSO AUTONOMO È indipendente dalla corteccia e dall’azione volontaria dell’individuo, per questo va ad organizzare l’attività motoria di organi viscerali o di attività basali che regolano la vita vegetativa (respiro, attività cardiaca, attività gastroenterica); attività mirata principalmente al mantenimento dell’omeostasi. I centri coinvolti sono: - Ipotalamo - Centri del tronco encefalico: sede dei controlli vegetativi principali; - Neuroni pre e post – gangliari: in prossimità del midollo spinale o davanti al rachide (al talamo) Il SNA si divide in simpatico e parasimpatico, in entrambi, l’ultimo neurone è fuori dal SNC, si trova in strutture periferiche. Gli organi effettori del simpatico e del parasimpatico sono muscoli lisci, muscolo cardiaco e ghiandole (ad esempio le ghiandole surrenali, sono dei gangli modificati, il neurone efferente stimola la secrezione della midollare del surrene, immettendo nel torrente circolatorio le catecolammine → unione tra SN e endocrino). C’è un’organizzazione gerarchica che controlla l’omeostasi. Sopra l’ipotalamo c’è un centro superiore, la corteccia limbica, che in parte va a modificare l’azione dell’ipotalamo legate alla componente emozionale ed affettiva. Nel tronco encefalo l’area sede di tutti i nuclei dei centri nervosi involontari è il bulbo. Ipotalamo: ha la funzione di controllo e coordinazione di funzioni vegetative complesse quali la termoregolazione, assunzione di cibo, equilibrio idrico – salino; nell’ipotalamo laterale c’è il centro della fame, nell’ipotalamo mediale c’è il centro della sazietà. È la zona periventricolare che costituiscono quelle aree ipotalamiche deputate al controllo neurormonale delle funzioni vegetative, mediante: vie nervose che attivano i centri a livello midollare o gangliare, o mediante la produzione di sostanze chimiche. Neuroni efferenti legati alle fibre post – gangliari → catecolammine, noradrenalina. Sono recettori metabotropici, attivano (o inibiscono) l’adenilato ciclasi che porta alla formazione di AMPc che porta apertura (o chiusurra) di canali calcio della membrana, o attivazione/non attivazione di proteinchinasi (aumento/riduzione di proteine fosforilate). Recettori colinergici che attivano enzimi di membrana con aumento di inositolo, con liberazione o riduzione di calcio dei depositi cellulari. I due sistemi agiscono in maniera antagonista: il simpatico e il parasimpatico agiscono eccitando o inibendo la stessa funzione per mantenere l’omeostasi. Ogni organo è innervato da ambedue i sistemi; un esempio è quello dell’attività cardiaca: il parasimpatico agisce in modo inibitorio, riduce l’attività cardiaca, quello simpatico aumenta la frequenza e la forza di contrazione. Per l’attività intestinale il simpatico è inibitorio e invece il parasimpatico è tipo eccitatorio tramite il nervo vago. Attività cardiaca → Il parasimpatico, attraverso il nervo vago, ha attività sul tessuto di conduzione e non sul muscolo, alla base del cuore: sul nodo seno atriale e nodo atrio – ventricolare, il parasimpatico agendo in queste aree modula la frequenza del cuore. Invece il simpatico che ha un effetto di tipo eccitatorio, ha un effetto sulla forza e sul ritmo, questo perché va a contattare anche la muscolatura ventricolare, controllando anche quelle in prossimità del nodo seno atriale e nodo atrio – ventricolare, avendo così un’azione sul muscolo del cuore. Azioni sulla frequenza del ritmo del cuore → le cellule del nodo del seno sono cellule autoeccitabili, (possono essere isolate dalla muscolatura del sistema gastro enterico che hanno queste caratteristiche); hanno un potenziale di membrana poco polarizzato di -60 mV; a -40 mV si ha l’apertura di alcuni canali di calcio e di sodio, questi entrano in modo da polarizzare la cellula, quando questa arriva al potenziale soglia parte il potenziale di azione. Essendo sempre parzialmente aperti queste cellule attivano il potenziale di azione indipendente dal sistema nervoso, ma viene comunque modulato dal simpatico (nicotiniche prima del ganglio e catecolammine sull’organo effettore) e dal parasimpatico (nicotiniche e muscariniche) a seconda del tipo di recettore presente. Persona normale → 65 – 70 battiti/min (depolarizzazione al minuto) Bradicardico → 35 battiti/min Tachicardico → 80 – 90 – 100 battiti/min Come fa il sistema nervoso autonomo simpatico e parasimpatico ad agire sulle attività ritmiche (parametri elettrici) → il simpatico aumenta la frequenza cardiaca e quindi la velocità con cui il cuore si autoeccita, aumentando così il potenziale di azione che sono generati nel nodo del seno, sono indipendenti dal sistema nervoso e generano continuamente potenziali di azione del cuore che determinano la contrazione del cuore, il simpatico velocizza questa caratteristica → effetto tachitropo, questo si traduce in minor tempo del cuore a irrorarsi, riducendo il tempo di diastole. La differenza tra il cuore e le altre cellule è la fase di pre potenziale: dalla fase di riposo occorre arrivare al potenziale soglia di -45 mV; questa fase è caratterizzata dalla permeabilità a cationi calcio e sodio: questo permette ogni secondo di arrivare al potenziale soglia, creare un potenziale di azione che andrà ad eccitare il cuore in tutti i suoi distretti. La noradrenalina delle sinapsi del SN autonomo incontra dei particolari recettori della noradrenalina, recettori β 1, che hanno la capacità di agire sui canali a calcio AMPc – dipendenti e aumentare la permeabilità agli ioni calcio; si avrà quindi un potenziale di membrana più prossimo al potenziale soglia, di conseguenza: - Il potenziale è più depolarizzato - L’inclinazione del potenziale è più ripida, quindi è più rapido il passaggio da inattivazione ad attivazione dei canali. Questi picchi possono essere generati in maggior numero e in minor tempo e questo fa sì che aumenti la frequenza cardiaca. Il sistema nervoso parasimpatico tramite il nervo vago arriva nel nodo seno atriale, si ha una minore permeabilità agli ioni calcio. Si ha un recettore muscarinico che media l’azione dell’acetilcolina, si ha una iperpolarizzazione con una inibizione dell’adenilato ciclasi e di conseguenza minore AMPc, questo riduce l’attivazione dei canali calcio e di conseguenza la permeabilità agli ioni calcio → effetto bradicardico (riduzione della frequenza cardiaca). Effetto dromotropo → effetto sulla velocità di conduzione, dato dal tempo in cui si ha il raggiungimento del potenziale soglia. Effetto inotropo → effetti sui parametri meccanici e quindi aumento della forza di contrazione (cellule di lavoro), riguardando le fibre del sistema nervoso simpatico. I neuroni efferenti simpatici agiscono sul reticolo sarcoplasmatico, la noradrenalina agisce attivando AMPc con attivazione di una fosfochinasi di tipo A, questo meccanismo intracellulare aumenta la liberazione di ioni calcio dal reticolo sarcoplasmatico, rendendo più efficiente lo scorrimento di actina su miosina e di conseguenza aumenta la forza di contrazione, e anche sui meccanismi di recupero di calcio e di conseguenza aumenta anche sulla forza di rilasciamento. Innervazione sulla muscolatura liscia dell’apparato digerente Attività del simpatico sull’apparato digerente → effetto inibitorio (fasico), risponde a stimoli particolari (stress, paura), riducendo l’azione della muscolatura liscia intestinale. Parasimpatico sul digerente → effetto eccitatorio (tonico), controllo delle funzioni viscerali Nell’intestino ci possono essere anche cellule autoeccitabili, che possono dare ritmo causando una maggiore o minore predisposizione a una depolarizzazione Innervazione sulla muscolatura dell’iride Miosi → il parasimpatico agisce sulla muscolatura circolare costringendo la pupilla (miosi) Midriasi → il simpatico agisce sulla muscolatura radiale dilatando la pupilla (diosi) Innervazione semplice: azioni singole → ci sono particolari azioni date solo uno dei due sistemi, in particolare il sistema nervoso simpatico: per quanto riguarda il tono basale o l’erezione del pelo e ghiandole sudoripare: un aumento del simpatico causa vasocostrizione, una riduzione del simpatico causa vasodilatazione, riguarda sempre la frequenza di scarica che si può registrare nei neuroni post gangliari simpatici: quando aumenta l’arteria riduce il suo calibro, quando diminuisce l’arteria aumenta il suo calibro. Il sistema nervoso autonomo ha un controllo locale mediato da riflessi spinali di tipo viscerale: sono dei movimenti della muscolatura liscia o di ghiandole che sono mediate da un circuito semplice attivato da un recettore sensoriale posto nei visceri il quale troverà una via afferente che arriva al midollo spinale usando un nervo spinale, trovano una sinapsi (o due) che porteranno una risposta che esce dalle corna ventrali, efferente. La via che arriva al sacro tramite S2, incontra: - Simpatico → due sinapsi; il recettore sensoriale arriva nelle corna dorsali e incontra neurone afferente è un interneurone; seconda sinapsi nel fascio laterale, uscita dalle corna ventrali, incontro poi con il ganglio paravertebrale, posto in prossimità delle vertebre. Il neurone post – gangliare porterà la risposta nel viscere, in questo caso del tratto dell’intestino. - Parasimpatico → una sinapsi: dal recettore sensoriale arriva tramite le corna dorsali nel midollo spinale, incontra la sinapsi con il neurone efferente in prossimità dell’organizzazione dell’organo. Differenza funzionale tra i due sistemi → è più veloce il sistema con una sinapsi; inoltre il neurone efferente quando esce dal midollo è mielinizzato, in questo caso c’è uno corto che arriva subito al ganglio e uno lungo che arriverà al viscere; sarà più veloce per il segnale quello lungo e quindi il parasimpatico. Nell’ipotalamo ci sono cellule neurosecretrici nella zona periventricolare (terzo ventricolo) che secernono fattori di rilascio: vengono lasciati nel liquido extracellulare e da qui assorbiti poi nella piccola circolazione per quanto riguarda l’adenoipofisi e stimolare la produzione di determinati ormoni (e controllare tutte le ghiandole endocrine dell’organismo) da parte di questa, che ha due capillarizzazioni; per quanto riguarda la neuroipofisi non ha un rilascio ematico ma i neurormoni vengono trasportati nell’assone lungo tutto il peduncolo ipofisario fino alla neuroipofisi dove vengono escreti nel sangue: ossitocina e vasopressina o ADH. GnRH → regola l’attività riproduttiva regolato anche dalla produzione di melatonina; GnRH va a regolare a sua volta la produzione di LH e FSH: queste vanno a livello di organi dell’apparato riproduttore: nella femmina stimola la crescita e la maturazione di follicoli ovarici, nel maschio aumenta la produzione di testosterone. GHRH → ormone della crescita; produce a livello ipotalamico GH (azione metabolica), questo agisce sul fegato stimolando la produzione di IGF – I. Somatostatina → inibente su GHRH Ormone tireotropo → colpisce la tiroide e la produzione di T3 e T4 CRH → rilascia ACTH a livello ipofisario che a livello della corticale del surrene porta alla produzione di cortisolo (ormone del benessere) e aldosterone PIF → stimola la produzione di prolattina che stimola la produzione di latte. Questi fattori possono andare a bloccare l’azione ipotalamica, quindi sono azioni di feedback. Neuroipofisi → ossitocina e ADH; regolata da nuclei sopraottico e paraventricolare Le fibre nervose raggiungono la neuroipofisi attraverso il tratto ipotalamo ipofisario e secernono direttamente nel circolo sistemico gli ormoni. Ci sono proteine neurotrasportatrici, neurofisina 1 e 2, che portano gli ormoni prodotti dall’ipotalamo all’ipofisi: vasopressina o ormone antidiuretico (ADH) che interviene nella regolazione del bilancio idrico-salino, svolgendo un ruolo importante nel controllo della pressione arteriosa) ossitocina che interviene nella regolazione di contrazione della muscolatura uterina ed eiezione del latte dalla ghiandola mammaria. ORGANIZZAZIONE DIVISIONE EFFERENTE Fino ad oggi abbiamo studiato i sistemi sensoriali, che forniscono informazioni al SNC sul mondo esterno e sulle caratteristiche del mezzo interno, informazioni che poi vengono integrate e elaborate. Funzione principale: riconoscere le caratteristiche dello stimolo ambientale, “estrarre” l’informazione necessaria per guidare i movimenti che costituiscono il nostro repertorio comportamentale (efferenze motorie) ed adeguare coerentemente le funzioni vegetative (SN efferente autonomo). Una volta elaborate, le informazioni vengono trasmesse mediante la divisione efferente somatica o motoria, ovvero agli effettori muscoli scheletrici inducendo movimento-risposte comportamentali, oppure fasci di muscolatura liscia, inducendo una risposta non consapevole ma comunque dettata dalle sensazioni percepite dal sistema afferente. Il motoneurone avrà una prima parte nel SNC e una seconda parte nel SNP, fuori dal midollo spinale; i motoneuroni possono essere: - Superiori → dai centri integratori arrivano al midollo spinali - Inferiori → dalle corna ventrali del midollo, entrano nel NSP e tramite nervi periferici andranno a contattare i muscoli scheletrici del miotomo specifico. Le informazioni generate per determinare le risposte comportamentali hanno bisogno dell’integrazione di più centri corticali. Le aree 1,2,3 percepiscono le sensazioni sensitive, mentre le aree motorie che daranno l’ordine per una determinata modifica della lunghezza del muscolo specifico è un’area posta immediatamente davanti il solco di Rolando ed è l’area 4, area motoria principale, la quale viene a sua volta influenzata da informazioni che arrivano da altre aree Motorie associative: area motoria supplementare, area premotoria e la corteccia prefrontale. Si trovano davanti l’area motoria primaria, sono importanti perché sono quelle che determinano l’ideazione del movimento, quindi la progettazione del movimento e anche la sequenza di atti motori necessaria per determinare quel movimento. Quindi se io voglio camminare, ma per camminare devo spostare gli arti inferiori in una sequenza ritmata, devo generare una sequenza di contrazione a livello motorio, e poi c’è l’area primaria che determina la scelta di contrarre i miei quadricipiti. Questa sequenza motoria è influenzata da tutti gli stimoli che colpiscono il sistema nervoso, ma queste aree a loro volta sono influenzate dalle aree associative che portano informazioni da altre parti della corteccia, per esempio la corteccia parietale posteriore, 5/7 che porta informazioni sensoriali, che vengono integrate da aree di tipo visivo, in questo caso le informazioni visive sono quelle che ricevono informazioni dalle aree primarie visive come la 17 V1, oppure l’area 41 della corteccia uditiva. Quindi per ideare un movimento queste aree integrano con dei collaterali le informazioni proprio nelle aree dove verrà presa la decisione di mediare una risposta. Queste informazioni sono importanti per pianificare la corretta sequenza dei movimenti, importanti per determinare la corretta posizione del corpo nello spazio, le distanze e le caratteristiche dello stimolo ambientale (oggetto) con cui si interagisce. Flusso delle informazioni dalle aree associative alle aree motorie → Le aree associative posteriori integrano le informazioni sensoriali, primariamente visive – somatosensitive ed acustiche, necessarie per la pianificazione corretta dei movimenti o Proiezioni alla corteccia associativa del lobo frontale (ideazione del movimento) o Proiezioni alla premotoria e motoria supplementare (pianificazione dei comandi motori per l’esecuzione movimento) Controllo nervoso della funzione motoria – corteccia motoria primaria Le aree pre motorie informano in modo specifico la CORTECCIA MOTORIA PRIMARIA, posta in prossimità della scissura di Rolando, anteriormente, in cui c’è la sede dei motoneuroni, che direttamente o indirettamente andranno ad attivare quelle unità motorie dedicate allo spostamento degli arti interessati a quel tipo di comportamento. L’influenza avviene tramite la nascita di potenziali di azione, che moduleranno sia come intensità che come durata le caratteristiche della contrazione muscolare per quel tipo di movimento. La funzione è quella di inviare ai centri motori inferiori, lungo la via efferente, i comandi motori (serie di PA modulate in frequenza) OGNI COMPORTAMENTO RAPPRESENTA IL RISULTATO DI UNA COMPLESSA FUNZIONE CEREBRALE Anche amigdala e ipotalamo portano informazioni a livello della corteccia motoria pre frontale: dopo aver scelto di colpire una pallina, c’è l’attivazione del pattern comportamentale per riuscire a colpirla, quindi ci sarà la pianificazione del movimento e ci sarà l’attivazione della corteccia supplementare soprattutto, che porta ad identificare la corretta sequenza dei movimenti che saranno utili per andare a spostare l’arto in modo corretto. Per riuscire a determinare questa corretta sequenza occorreranno però anche altre informazioni, per identificare la posizione del corpo nello spazio in quel momento, cioè se siamo stabili o siamo in movimento, queste aree saranno le aree del cervelletto, i nuclei dei tronchi dell’encefalo, la corteccia parietale posteriore, quindi gli spostamenti dovranno essere controllati. Alla fine avviene la scelta di quali motoneuroni efferenti attivare per far svolgere quel movimento specifico che è stato pianificato. CONTROLLO NERVOSO DELLA FUNZIONE MOTORIA Insieme di meccanismi attraverso i quali vengono generati segnali in grado di coordinare la contrazione della muscolatura del tronco (muscoli assiali deputati al controllo dell’equilibrio del corpo nello spazio) degli arti (muscoli prossimali e distali, deputati allo svolgimento del movimento) e del capo (per un orientamento della nostra posizione nello spazio). Gli effettori saranno poi i muscoli scheletrici, le conseguenze di queste contrazioni saranno: o Mantenere l’equilibrio e la postura o Muovere tronco, arti, capo e occhi o Comunicare attraverso il linguaggio e i gesti