Scarica Nozioni generali sul tributo e le sue fonti e più Sintesi del corso in PDF di Diritto Tributario solo su Docsity! PARTE PRIMA. NOZIONI GENERALI. CAPITOLO PRIMO. Gli istituti. La nozione di tributo. Nel linguaggio comune “tributo”, “imposta” e “tassa ” sono sinonimi. Nel lessico giuridico hanno invece significati differenti. In mancanza di una definizio ne da parte del legislatore bisogna tener conto del significato attribuito a questi termini nel lessico giuridico. • In generale il tributo comporta il sorgere di un’obbligazione. Si distingue da altri istituti che comunque comportano limitazioni di altro tipo (es: espropriazione) ed è un'obbligazione con effetti definitivi e irreversibili. • In secondo luogo è un’entrata coattiva, sempre imposto con un atto dell’autorità; possono esservi entrate pubbliche imposte coattivamente che non hanno carattere tributario (es. Sanzioni). • Inoltre il fatto generatore del tributo è un fatto economico a differenza delle sanzioni pecuniarie che sono comunque imposte autorativamente ma hanno come presupposto un fatto illecito. • Dal punto di vista funzionale, il tributo realizza il concorso alla spesa pubblica ed il suo gettito è destinato a finanziare lo Stato e gli altri enti pubblici. Ciò che è rilevante è il fatto che il tributo sia destinato a finanziare lo Stato o altri enti pubblici mentre è irrilevante lo scopo per cui il tributo è istituito, fini fiscali (entrate per lo Stato) o extrafiscali (es dazi protettivi). Il finanziamento delle casse pubbliche è anche un mezzo per realizzare I fini sociali fissati dalla Costituzione. Di regola non vi sono destinazioni prestabilite di queste risorse, eccetto i “tributi di scopo” → I comuni possono deliberare l'istituzione di imposte di scopodestinate alla parziale copertura delle spese per la realizzazione di opere pubbliche. La classificazione tradizionale: imposte, tasse, contributi. Tributo è termine che comprende imposte, tasse e contributi. La scienza delle finanze distingue tra spese pubbliche indivisibili (finanziate dalle imposte) e spese pubbliche divisibili (finanziate dalle tasse). Diversi sono anche i presupposti. 1) Presupposto dell’imposta è un fatto economico posto in essere dal soggetto passivo; senza alcuna relazione specifica con una determinata attività dell'ente pubblico, è un evento cui sono estranei enti e attività pubbliche (es: conseguimento di un reddito o possesso di un bene). Le imposte sono dovute a titolo di solidarietà e sono commisurate alla dimensione economica del presupposto. 2) Il presupposto della tassa invece è un atto o un’attività pubblica (es. fruizione di un servizio pubblico, riguardanti un determinato soggetto). Ciò che distingue la tassa dall’entrata di diritto privato è il suo regime giuridico: la prestazione imposta coattivamente è una tassa; se ha base contrattuale, ha natura privatistica. Nella tassa non vi è rapporto di corrispettività tra attività pubblica e prestazione pecuniaria, ma un rapporto di correlatività (tasse dovute anche se il servizio non è concretamente utilizzato). 3) È nominato contributo quel tributo che ha come presupposto l’arricchimento (es. incremento del valore degli immobili) che determinati soggetti ritraggono dall’esecuzione di un’opera pubblica destinata alla collettività in modo indistinto. Le nozioni in uso nella giurisprudenza. La giurisprudenza costituzionale adotta una nozione di tributo più ampia di quella tradizionale, tenedo conto della molteplicità delle norme pee cui il tributo nasce. A questo propposito la giuri ricomprende tra I tributi anche I contributi previdenziali e sanitari. Secondo la Corte costituzionale devono ricorrere due elementi: l’imposizione di un sacrificio economico individuale realizzata attraverso un atto autoritativo e la destinazione del gettito a copertura delle spese pubbliche. La giurisprudenza ordinaria considera tributarie tutte le prestazioni imposte in via coattiva, purché non rappresentino il corrispettivo di una prestazione dell’ente impositore e siano destinate a finanziare spese pubbliche. Tale definizione è rilevante nella delimitazione: • delle controversie devolute alle commissioni tributarie; • dell’ambito di applicazione dello “Statuto del cont ribuente”; • dell’ambito di applicazione delle sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie; • della norma che concerne la deducibilità degli “oneri fiscali e contributivi”. Il diritto tributario e le sue partizioni interne. Il diritto tributario è per definizione quel settore dell’ordinamento che disciplina i tributi. Al suo interno troviamo tre tipi di norme. Le norme possono essere di disciplina sostanziale (riferite a presupposti, esenzioni, soggetti passivi…) o formale. Alcune norme hanno una finalità fiscale (che riguar dano componenti positivi e deduzioni), altre extrafiscale. Vi sono negli altri settori dell'ordinamento norme con oggetto tributario es: costituzionale art 23 r 53, proc civ art 9 ecc... siamo di fronte ad una sovrapposizione di settori disciplinari che a seconda dei punti di vista sono da guardare come diritto tributario o costituzionale/procedurale. CAPITOLO SECONDO. Le fonti. La riserva di legge. L’art. 23 della Costituzione dispone che “nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base a una legge” e viene riservato al Parlamento il potere di disporre in materia delle entrate. La riserva di legge è espressione di democrazia (il Parlamento è eletto dal popolo, portatore degli interessi connessi alla redistribuzione del reddito e dall'altra parte è un controllo sul potere esecutivo). Elementi dell'art 23 Cost.: • esecuzione delle leggi e dei decreti legislativi (regolamenti esecutivi); • integrazione e attuazione di leggi e decreti legislativi recanti norme di principio (regolamenti attuativi e integrativi); • l’organizzazione e il funzionamento delle amministrazioni pubbliche (regolamenti organizzatori); • attuare il fenomeno della delegificazione (regolamenti delegificativi) per I quali però è necessaria una previa autorizzazione legislativa per le materie non coperte da riserva di legge assoluta. Dato che il diritto tributario è oggetto di una riserva di legge relativa possono aversi quindi regolamenti esecutivi emessi anche in assenza di un'apposita norma autorizzativa. E regolamenti delegati purchè la disciplina di base della materia sia dettata da una legge in rispetto dell'art 23 Cost. I regolamenti ministeriali. Sono adottati nelle materie di competenza di un singolo Ministro, quando la legge espressamente conferisca tale potere. Se la materia è di competenza di più ministri si adottano regolamenti interministeriali. Non possono dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti governativi e debbono essere comunicati al Presidente del Consiglio dei ministri prima della loro emanazione. Seguono lo stesso iter di emanazione dei regolamenti governativi. Il riparto della potestà legislativa tra Stato e re gioni. La potestà legislativa èè ripartita tra stato e regioni. Lo Stato ha potestà legislativa esclusiva nelle materie indicate dal comma 2 dell’art. 117. Allo Stato spetta in via esclusiva la potestà di disciplinare il sistema tributario e contabile dello Stato e la perequazione delle risorse finanziare. La potestà legislativa regionale assume due connotazioni: concorrente (limitata dai principi fondamentali fissati dalla legge dallo Stato) e residuale (riguarda materie che non sono riservate alla competenza dello Stato). Le regioni hanno potestà legislativa concorrente in materia di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; hanno inoltre potestà legislativa in materia di tributi regionali e locali, nell’ambito dei principi stabiliti dalla legge statale. Lo Stato deve fissare tali principi e occuparsi del coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario complessivo (che deve finanziare sia lo Stato, sia gli enti che lo compongono visto che le regioni oltre a finanziarsi con tributi propri, riceve parte dei tributi erariali). Competenza legislativa in materia di tributi regionali. L'art 117 non indica la potestà legislativa regionale in materia di tributi regionali e locali. Ciò non vuol dire che si tratta di una materia attribuita a competenza regionale residuale. La disciplina dei tributi regionali è competenza legislativa regionale non in quanto residuale, ma in quanto strumentale alle funzioni materiali attribuite alle regioni. Infatti la riserva di legge ex art. 23 è riserva statale e regionale. Le regioni stabiliscono ed applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la costituzione e secondo i princìpi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario. I tributi regionali sono di tre tipi: • tributi propri derivati, istituiti e regolati da leggi statali, il cui gettito è attribuito alle regioni; le regioni possono, con propria legge, modificare aliquote e disporre esenzioni, detrazioni e deduzioni secondo criteri dettati dalla legge statale; • addizionali sulle basi imponibili dei tributi erariali: le regioni possono introdurre variazioni percentuali delle aliquote delle addizionali e possono disporre detrazioni e deduzioni entro i limiti fissati dalla legge statale; • tributi propri istituiti dalle regioni con proprie leggi in relazione ai presupposti non assoggettati ad imposizione erariale. Competenza legislativa in materia di tributi locali. In materia di tributi locali non vi è riserva espressa a favore dello Stato o delle regioni ma solo la riserva di legge ex art 23 cost, possono esservi quindi tributi locali creati e disciplinati da leggi statali e tributi locali creati e disciplinati da leggi regionali. Quindi leggi statali o regionali come norme primarie, seguite da regolamenti comunali attuativi. Le regioni sono dotate di potestà legislativa e quindi possono disciplinare compiutamente, in via primaria, tributi propri.Gli enti locali, invece, devono operare in via secondaria, con norme attuative o integrative delle leggi statali o regionali (rispettando la riserva di legge). La legge primaria deve disciplinare almeno le caratteristiche basilari del tributo (nei suoi profili oggettivi e soggettivi) demandando l’ulteriore disciplina alla fonte secondaria (espressione dell’autonomia locale). La legge di coordinamento: • individua tributi propri dei comuni e delle province, ne definisce i presupposti, soggetti passivi e basi imponibili; stabilisce le aliquote di riferimento; • disciplina i tributi propri comunali e provinciali; • permette alle regioni di istituire nuovi tributi dei comuni, delle province e delle città metropolitane; • prevede che gli enti locali, nei limiti fissati, possano disporre del potere di modificare le aliquote dei tributi affidatigli da tali leggi e introdurre agevolazioni. I regolamenti delle regioni, delle province e dei comuni. Le regioni possono emanare regolamenti anche in materia tributaria (la potestà regolamentare generale di province e comuni può avere per oggetto le entrate tributarie). Gli enti locali non possono disporre in materia di fattispecie imponibili, soggetti passivi ed aliquota massima. Le convenzioni internazionali Nel diritto internazionale pubblico vi sono norme tributarie che derivano da convenzioni; chi le ratifica accoglie nel proprio ordinamento le disposizioni che contiene. Perciò è incostituzionale la norma di legge che si pone in contrato con norme di convenzioni internazionali (che riguardano dazi, doppia imposizione dei redditi e delle successioni). Le finalità di questi accordi sono diretti anche a realizzare una collaborazione tra autorità fiscali di Stati diversi, la lotta all’evasione e all’elusione fiscale. Di regola, le norme delle convenzioni in quanto norme speciali, prevalgono sulle norme interne; nei casi in cui la norma interna è più favorevole al contribuente rispetto a quella del trattato, si applica la norma interna. Le fonti comunitarie. L’Italia, essendo Stato membro della Comunità europea, ha trasferito parte dei suoi poteri normativi alla Comunità. Il giudice nazionale deve applicare le norme comunitarie nella disciplina di materie che competono all’ordinamento comunitario, senza che sia necessario rivolgersi alla Corte costituzionale per dirimere il conflitto. I regolamenti comunitari sono l’equivalente delle leggi negli ordinamenti statali e sono direttamente applicabili (entrano in vigore immediatamente in tutti gli stati dell’Unione rendendo inappplicabili le norme nazionali). Sono obbligatori in tutti i loro elementi, e hanno portata generale nel senso che si rivolgono a categorie di destinatari determinate in modo astratto. Gli stati possono emanare norme di attuazione dei regolamenti solo quando è previsto dallo stesso regolamento. Le direttive vincolano gli stati membri per quanto riguarda il risultato da raggiungere, mentre è rimessa alla discrezionalità dei singoli Stati l’adozione dei mezzi per raggiungerlo. Non hanno portata generale in quanto si rivolgono ai solo stati membri. Esse sono uno strumento di legislazione indiretta che si concretizza attraverso norme di recepimento. Scaduto il termine entro cui gli Stati devono attuare la direttiva, le disposizioni precise acquistano efficacia diretta nell’ordinamento dello Stato inadempiente qualora contengano disposizioni precise ed incondizionate. In materia tributaria l'esempio è le direttive che prevedono delle esenzioni e che possono essere applicate senza bisogno di norme di recepimento. Le decisioni sono atti comunitari simili ai provvedimenti amministrativi e hanno effetto diretto. Sono di particolare importanza le decisioni inerenti alla revoca di benefici fiscali considerati “aiuti di Stato” non compatibili con quanto disposto dell'art 107 TFUE. Anche le sentenze della Corte di giustizia hanno effetto diretto negli ordinamenti; così non è per raccomandazioni e pareri non vincolanti. Efficacia delle norme tributarie nel tempo. Sono pubblicate nella Gazzetta ufficiale ed entrano in vigore a partire dal quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione. Di regola la data di entrata in vigore è anche la data di iniizio dell'efficacia della norma, a volte però, efficacia ed entrata in vigore non coincidono (gli effetti della stessa sono differiti o retroagiscono). La legge non dispone che per l’avvenire: essa non ha effetto retroattivo. La regola generale (posta da legge ordinaria) è dunque la irretroattività . Tale regola può essere derogata da altre norme di legge; non è possibile farlo con regolamenti. La retroattività può riguardare la fattispecie dell ’imposta, gli effetti od entrambi gli aspetti. La capacità contributiva come limite quantitativo. Il sacrificio patrimoniale che viene imposto ai contribuenti deve essere rapportato alla possibilità del singolo di privare se stesso per il bene della collettività, quindi non è indice di capacità contributiva un reddito minimo e lede l’art. 53 Cost. ogni tributo la cui misura sia tale da incidere sul minimo vitale. Rientra nella discrezionalità del legislatore fissare la misura del tributo, ma nei limiti della ragionevolezza, e tenendo conto di tutti i tributi che gravano su di una medesima manifestazione di ricchezza. Si ritiene che le imposte sul patrimonio o sui redditi patrimoniali non possono essere tanto elevate da trasformarsi in esproprio o da distruggere l'economia privata. Il requisito di effettività. Forfetizzazioni e prin cipio nominalistico. Il collegamento tra fatto rivelatore di capacità contributiva e tributo deve essere effettivo. Sono infatti state ritenute incostituzionali: 1. la norma che imponeva un contributo minimo al servizio sanitario nazionale; 2. la norma che assumeva come base imponibile la superficie dei locali utilizzati nell’attività; 3. la norma che imponeva di valutare le aziende agricole al lordo delle passività. Sempre più di frequente il legislatore tributario si avvale di norme che forfetizzano la quantificazione di un qualche elemento dell’imponibile come il reddito catastale o certe detrazioni dall'imposta nell'irpef. Il postulato dell’effettività dovrebbe rendere incostituzionali tali norme; la giurisprudenza della Corte segue un indirizzo “realistico” ed ha perciò considerato costituzionalmente legittimo il sistema catastale, in quanto comporta la tassazione di un reddito medio ordinario. Solo in casi di eccezionale gravità la corte ha ritenuto che rientra nella discrezionalità del legislatore tener conto o meno degli effetti della svalutazione monetaria e solo in casi di particolare gravità il legislatore deve depurare dalla base imponibile gli effetti conseguenti dalla svalutazione per eliminare conseguenze inique o eccessivamente gravose. Il requisito di attualità. Limiti di ammissibilità dei tributi retroattivi. Oltre che effettiva, la capacità contributiva deve essere attuale; il tributo, nel momento in cui trova applicazione, deve essere correlato ad una capacità contributiva in atto, non ad una capacità contributiva passata o futura. I tributi retroattivi sono in contrasto con il principio di capacità contributiva se colpiscono fatti del passato che non esprimono una capacità contributiva attuale. Inoltre I tributi retroattivi ledono il principio di certezza del diritto. Si ammette però che, in deroga al principio generale, il legislatore possa emanare norme retroattive, purché trovino giustificazione sul piano della ragionevolezza e non si pongano in contrasto con valori e interessi costituzionalmente protetti. Secondo la giurisprudenza costituzionale, i tributi retroattivi sono costituzionalmente legittimi se colpiscono fatti del passato che esprimono efficacia contributiva ancora attuale. L’affidamento riposto dal cittadino nel principio di irretroattività e nella certezza del diritto non deve essere leso dal sopravvenire di tributi retroattivi non prevedibili. Pagamenti anticipati rispetto al presupposto. Il requisito di effettività impedisce al legislatore anche di imporre pagamenti anticipati dei tributi che si collegano a presupposti futuri. In realtà, il legislatore può imporre pagamenti anticipati, ma è necessario: 1. che la fattispecie cui si collega il prelievo anticipato non sia del tutto scollegato dal presupposto (non violi il requisito dell'effettività); 2. che l’obbligo di versamento non sia incondizionato (possibilità al contribuente di non versare se prevede di non produrre reddito); 3. che al prelievo anticipato si saldi la previsione di meccanismi di riequilibrio. Capacità contributiva e rimborso del’indebito. L'art 53 richiede anche che il fisco non trattenga prelievi avvenuti indebitamente in assenza di capacità contributiva, quindi il non poter ottenereil rimborso dell'imposta indebiamente pagata viola il principio di capacità contributiva e di uguaglianza in quanto si ha disparità tra chi abbia pagato un'imposta non dovuta e chi nelle stesse coondizioni non l'abbia pagata. Capacità contributiva e norme formali. Il principio di capacità contributiva riguarda la disciplina sostanziale dei tributi e non le norme formali (procedimentali e processuali). Quindi le norme che devono essere conformi al principio di capacità contributiva dell'art 53 sono quelle relative a presupposto, base imponibile, aliquota, soggetti passivi, diritto al rimborso dell’indebito…, mentre se ci sono norme che non tutelano adeguatamente il contribuente ma che siano di tipo processuale o procedimentale sono contestabili con articoli costituzionali diversi dal 53. Capacità contributiva e obblighi di terzi. L’art. 53 Cost. (dato che indica che ognuno contribuisce in forza della propria capacità contributiva) pone un requisito soggettivo: occorre cioè che il presupposto indichi un’attitudine soggettiva del contribuente a concorrere alle spese pubbliche. Ed occorre che l’obbligazione tributaria sia posta a carico di chi ha realizzato il presupposto del tributo. In tutti i casi nei quali l’obbligazione tributaria è posta a carico di soggetti diversi da colui che realizza il fatto espressivo di capacità contributiva, occorre che il terzo sia posto in grado di far ricadere l’onere economico del tributo su chi ne realizza il presupposto (ad esempio, il sostituto e il responsabile d’imposta che sono ritenuti responsabili ma possono riversare l'onere s chi realizza il presupposto del tributo tramite ritenuta o rivalsa), altrimenti l'onere economico graverebbe su un soggetto al quale non è riconducibile la manifestazione di capacità contributiva che giustifica il tributo. Capacitò contributiva e tributi commutativi. In base alle regole di scienze delle finanze I tributi possono fondarsi o sul principio del beneficio (le spese pubbliche sono finanziate da chi ne fruisce, si hanno così I tributi commutativi identificati con le tasse) o sul principio della capacità contributiva (le imposte sono a carico di chi ha attitudine a contribuire). Secondo la lettera dell’art. 53, deve essere giustificato dalla capacità contributiva ogni concorso alle spese pubbliche. Vi sono però interpretazioni restrittive della disposizione costituzionale, che limitano la nozione di concorso o la nozione di spesa pubblica. Secondo la giurisprudenza della Corte, l’art. 53 ha riguardo soltanto a prestazioni di servizi il cui costo non si può determinare divisibilmente → non intacca quindi le tasse perchè destinate a finanziare spese pubbliche il cui costo è divisibile. Le entrate collegate a servizi divisibili possono essere addossate a chi ne fruisce, solo se il fruirne è segno di capacità contributiva. Vi sono servizi pubblici che pur essendo divisibili soddisfano bisogni essenziali costituzionalmente tutelati (es sanità), e il legislatore non può addossarne il costo a chi ne fruisce senza tener conto della sua capacità contribtiva. La garanzia costituzionale può venir meno solo per i servizi pubblici non essenziali, che si basano sul principio del beneficio. Il concetto di spesa pubblica quindi ricomprende I servizi indivisibili che quelli divisibili essenziali. Capacità contributiva, uguaglianza e ragionevolezza . Dagli artt. 3 e 53 Cost. discende il principio di eguaglianza tributaria: a situazioni uguali devono corrispondere uguali regimi impositivi e, correlativamente, a situazioni diverse un trattamento tributario diseguale. La maggior parte delle questioni di costituzionalità coinvolgono insieme il principio di uguaglianza con quello di capacità contributiva, se ne trae una formula generale → la legge tributaria deve trattare in modo uguale i fatti economici che esprimono pari capacità contributiva; e deve trattare in modo diverso fatti che esprimono capacità contribut iva in misura diversa → inn tal modo il principio di capacità contributiva integra quello di uguaglianza in quanto esprime il criterio concui valutare se due situazioni meritano un trattamento uguale o meno. Nella giurisprudenza della Corte si afferma che: • il principio di uguaglianza postula trattamenti uguali di situazioni uguali, trattamenti diversi di situazioni diverse; • spetta al legislatore stabilire se due situazioni sono uguali o diverse, ma la Corte può sindacare queste scelte se sono irragionevoli cioè quando sono trattamenti differenziati di situazioni uguali o viceversa; • limite dell'art 3 → non possono esservi discipline discriminatorie per ragioni di razza, sesso, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali. Principio di uguaglianza e agevolazioni fiscali. Il problema del rispetto del principio di uguaglianza si pone anche per le norme di favore (quelle in deroga al regime ordinario e derivano da scelte discrezionali del legislatore che possono essere sindacabili dalla corte solo se irragionevoli). Il legislatore può concedere agevolazioni se ciò risponde a scopi costituzionalmente validi cioè se il trattamento differenziato trova giustificazione in una norma costituzionale. Raramente viene sollevata una questione di costituzionalità, che solitamente non riguarda l’eliminazione del beneficio, ma l’estensione di questo ad altre categorie che sono escluse es: la corte Le libertà fondamentali. La libera circolazione dei lavoratori. Le leggi fiscali degli Stati membri dell’Ue debbono essere compatibili con le norme del Trattato che sanciscono la libertà di circolazione dei lavoratori, la libertà di stabilimento, la libera prestazione dei servizi e la libertà di circolazione dei capitali. Residenti e non residenti sono assoggetti nei diversi ordinamenti a regimi fiscali diversi, in quanto i primi sono soggetti ad imposta illimitatamente, i secondi in modo limitato (per i redditi prodotti nello Stato). Infatti, nella maggior parte dei casi, il reddito percepito nel territorio di uno Stato da un non residente costituisce solo una parte del suo reddito complessivo, è nello stato in cui risiede (ossia dove ha vive stabilmente ed ha il centro dei suoi interessi personali ed economici) che il contribente di solito produce la maggior parte del suo reddito (e si manifesta in modo pieno la sua capacità contribtiva). In linea di principio, le legislazioni che distinguono tra residenti e non residenti non violano il principio di uguaglianza. Può però accadere che un soggetto produca la maggior parte del suo reddito in un Paese dell’Ue diverso da quello di residenza. La Corte ha fissato il principio che, quando un lavoratore produce la maggior parte del suo reddito in uno Stato in cui non è residente, gli devono essere accordate le stesse attenuazioni del carico fiscale che sono concesse ai residenti (c.d. “trattamento nazionale”) altrimenti è lesa la libertà di circolazione. È così emersa una nozione economico sostanziale di residenza fiscale. La libertà di stabilimento. La libertà di stabilimento presenta due aspetti: essa comporta, da un lato, il diritto di esercitare un’attività economica in uno Stato membro diverso da quello d’origine (trasferendo l’attività da un Paese all’altro: libertà di stabilimento primaria) e, dall’altro, il diritto di aprire filiali, agenzie o succursali in un altro Paese membro (libertà di sta bilimento secondaria). La libertà di stabilimento secondaria deve essere garantita innanzitutto dallo Stato d’origine, che non deve ostacolare il diritto delle società residenti di stabilirsi anche in altri Stati (non si possono inserire delle exit tax). Inoltre, il Paese ospitante deve assicurare parità di trattamento tra società residenti e stabili organizzazioni. La libertà di prestazione dei servizi. La libertà di prestazione dei servizi prevede il divieto di restrizioni alla libera prestazione dei servizi all’interno della Comunità nei confronti dei cittadini degli Stati membri stabiliti in un Paese della Comunità che non sia quello del destinatario della prestazione. Questa libertà riguarda attività svolte in modo non permanente da chi è stabilito in un Paese diverso da quello in cui il servizio è reso. Il principio in esame ha un carattere residuale, in quanto opera quando non valgono le norme sulla libera circolazione delle merci, delle persone e dei capitali e riguarda servizi “transfrontalieri”. Sono state censurate dalla Corte le norme fiscali degli Stati che negavano o limitavano la deducibilità di costi sostenuti per prestazioni rese da imprese non residenti. La libertà di circolazione dei capitali. Il Trattato vieta ogni restrizione ai movimenti di capitali tra Stati membri, nonché tra Stati membri e paesi terzi. Il principio di libera circolazione dei capitali implica che i Paesi membri non debbano ostacolare gli investimenti con norme fiscali che possono avere effetti restrittivi della circolazione dei capitali o effetti discriminatori tra investitori residenti e non residenti. Es: I dividendi in entrata ( distribuiti da società non residenti a contribuenti residenti) e I dividendi in uscita (distribuiti da società residenti a contribuenti non residenti) non devono essere tassati in modo discriminatorio rispetto ai dividendi domestici (di società residenti a contribuenti residenti). “Rule of reason”. Possono darsi deroghe al divieto di non discriminazione. Gli Stati membri hanno la facoltà di introdurre restrizioni, rispettivamente alla libera circolazione delle merci e dei capitali a tutela dell’ordine pubblico, della moralità e della salute pubblica e, per quanto riguarda la circolazione di capitali, per impedire la violazione delle leggi fiscali. In materia di libertà di stabilimento, come abbiamo visto, è possibile fare discriminazioni tra redditi di residenti e redditi di non residenti. • La Corte di giustizia ha elaborato altre cause di giustificazione, denominate “rule of reason”: l’esigenza di contrastare l’elusione fiscale, • l'esigenza di preservare l’efficacia dei controlli fiscali, • il principio di coerenza dell’ordinamento fiscale nazionale. In sostanza, secondo la Corte, il trattamento dei contributi deve essere coerente con quello delle pensioni: se i contributi sono deducibili, la pensione può essere tassata; se i contributi non sono deducibili, la pensione non deve essere tassata. Il divieto di “aiuti di Stato”. Per i fini del Trattato, è necessario non soltanto che il mercato europeo sia un mercato senza frontiere, ma anche che, al suo interno, le imprese possano operare “ad armi pari”. Perciò, sono incompatibili con le regole del mercato comune, gli aiuti concessi dagli Stati sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o produzioni, falsino la concorrenza. Possono manifestarsi sottoforma di aiuti di vario tipo: sovvenzioni, riduzioni di oneri finanziari, etc. Una misura si considera aiuto quando presenta quattro requisiti: 1. vi è un alleggerimento di costi o sovvenzioni; 2. lo Stato concede il vantaggio con risorse statali; 3. il vantaggio incide sulla concorrenza; 4. il vantaggio è concesso in maniera specifica e selettiva. L’art. 87 prevede una serie di deroghe. Sono fatte salve le discipline speciali previste dal Trattato in materia di agricoltura, pesca, trasporti, cultura, sicurezza nazionale, etc. Sono compatibili con il mercato comune gli aiuti a carattere sociale concessi a singoli consumatori e gli aiuti concessi in occasione di calamità naturali o altri eventi eccezionali. Vi sono poi aiutii che possono considerarsi compatibili con il mercato interno, cioè aiti che la commissione può con valutazione discrezionale, giudicare compatibili. Gli Stati, prima di adottare un provvedimento a favore delle imprese, devono comunicare il progetto alla Commissione e non devono eseguirlo prima che questa si sia pronunciata. Se gli Stati concedono aiuti non notificati o non compatibili, la Commissione può disporne la revoca ed ordinare il recupero dell’aiuto (ad esempio, restituzione della somma e di eventuali interessi). PARTE SECONDA. STRUTTURA DELL’IMPOSTA. CAPITOLO QUINTO. L’obbligazione tributaria. Tipologia delle norme tributarie. Occorre distinguere tra norme tributarie sostanziali e norme tributarie formali. Le prime disciplinano l’obbligazione tributaria; tra di esse, occorre poi distinguere le norme che disciplinano le fattispecie, da quelle che stabiliscono gli effetti. Gli effetti della fattispecie tributaria sono di diritto sostanziale e di diritto formale. Lo Stato assume una duplice veste: è titolare di poteri autoritativi ed è titolare di un diritto di credito. Effetto principale della fattispecie dell’imposta è l’obbligazione tributaria. Il verificarsi della fattispecie non sempre determina, di per sé, il sorgere dell’obbligazione tributaria. Occorre insomma distinguere nettamente, da un lato, il presupposto dell’imposta (la fattispecie imponibile), cui si collega l’obbligazione tributaria, e, dall’altro, le altre fattispecie, produttive di altri effetti. Molteplici sono gli obblighi formali: tali obblighi possono essere anche indipendenti rispetto all’obbligazione tributaria. Si notano poi un profilo statico e uno dinamico della disciplina. Accanto all'esame (statico) dei caratteri della fattispecie dell'imposta e dell'obbligazione d'imposta, vi è poi da esaminare in qual modo il tributo trovi attuazione. Vi sono dunque da esaminare i poteri di cui è dotata l’Amministrazione finanziaria, le forme d’esercizio di questi poteri. La disciplina dell’obbligazione tributaria. L’obbligazione tributaria è un’obbligazione di diritto pubblico e, quando la disciplina tributaria presenta delle lacune, l’interprete può colmarla ricorrendo alle norme del codice civile, ma solo se ricorrono i presupposti dell’analogia. Devono verificarsi le seguenti condizioni: • la disciplina tributaria presenta lacune tecniche; • le norme del codice civile sono suscettibili di essere estese oltre l’ambito del diritto privato; • le norme del codice civile sono compatibili con le peculiarità del diritto tributario. Un esempio di possibilità di estensione per analogia è in tema di ritardo di pagamenti del debito d'imposta e la mora. L’obbligazione tributaria come obbligazione legale. L’obbligazione tributaria è un’obbligazione legale, definizione che indica che la disciplina dell'obbligazione è tutta stabilita dalla legge e dalle altre fonti normative che, nel rispetto dell'art 23 Sovrimposte e addizionali. Vi è sovrapposizione di fattispecie quando la fattispecie imponibile di un tributo (“imposta madre”), viene usata come fattispecie di un’altra imposta, detta “imposta figlia”. L’imposta figlia è denominata addizionale (ad esempio, le addizionali comunali, provinciali e regionali all’Irpef sono applicate alla stessa base imponibile dell’Irpef). Fattispecie alternative e fattispecie condizionali. Si hanno fattispecie alternative quando un fatto, che è di regola, presupposto di applicazione di una imposta, non lo è allorquando è soggetto ad altra mposta. Può darsi, cioè, che la sovrapposizione di fattispecie non determini l’applicazione di più imposte, ma l’applicazione di una sola imposta e la non applicazione (o applicazione in misura ridotta) dell’altro tributo. Es: alternatività tra Iva e imposta proporzionale di registro. L’efficacia della fattispecie imponibile può essere sottoposta a condizione, sospensiva (l’avveramento della condizione determina il sorgere del debito d’imposta) o risolutiva (estingue il debito d’imposta). Esempio: registrazione a debito → casi in cui un atto viene registrato, ma il sorgere del debito d'imposta è sospeso, si tratta degli atti di procedimenti contenziosi in cui è parte un'amministrazione pubblica. Il debito d'imposta è sospensivamente subordinato alla conclusione del procedimento contenzioso, una volta chiuso l'imposta potrà essere riscossa nei confronti del soggetto obbligato (la parte soccombente del procedimento contenzioso). Anche le agevolazioni fiscali possono essere sottoposte a condizione (sospensiva o risolutiva). La condizione risolutiva fa cessare un’agevolazione, rendendo dovuto il pagamento dell’imposta. Se la condizione è sospensiva, vi è dapprima una situazione di pendenza, che può atteggiarsi in modi diversi. Può darsi che, durante la pendenza, il contribuente cesserà di essere soggetto ad imposta. Potrà essere eventualmente prevista l’efficacia retroattiva della condizione e, quindi, il diritto al rimborso di quanto pagato. Se la condizione non si verificherà, cesserà di operare il regime di favore e sarà dovuta l’imposta per effetto congiunto dell'ordinario presupposto e della fattispecie secondaria che ha eliso gli effetti dell'esenzione. Vi sono poi casi in cui l’ordinamento prevede che le agevolazioni fiscali operino in via provvisoria, in presenza di determinati presupposti, per poi consolidarsi solo se, entro limiti temporali predeterminati, si verifichino altri eventi. Sia nel caso di condizione sospensiva, sia nel caso di condizione risolutiva, la perdita del beneficio è una conseguenza di una fattispecie distinta da quella tipica, che ordinariamente segna la nascita del tributo. Calcolo dell’imposta. La base imponibile. La quantificazione del debito d’imposta dipende dalla base imponibile e dal tasso: l’imposta si calcola applicando un tasso alla base imponibile. La base imponibile è concettualmente diversa dal presupposto; quest’ultimo è ciò che provoca l’applicabilità del tributo (l'an), mentre la base imponibile ne determina la misura (il quantum). Può aversi identificazione o sovrapposizione di concetti: il reddito, ad esempio, è al tempo stesso presupposto e base imponibile. La base imponibile è costituita, nella maggior parte delle imposte, da una grandezza monetaria. In materia di imposte dirette, la base imponibile è un importo netto, pari a ciò che residua dopo aver applicato al reddito tutte le deduzioni e riduzioni previste. In molti casi una somma algebrica di elementi positivi e negativi; in altri casi, è un importo unitario, senza deduzioni. Se gli elementi della base imponibile non sono entità monetarie, ma beni o servizi, sarà necessario quantificarne il valore in moneta. Il legislatore non si limita a stabilire quale sia la base imponibile di un tributo, ma detta anche norme che fissano la composizione della base imponibile ed i criteri di valutazione. Le deduzioni della base imponibile possono dipendere o da ragioni di tecnica tributaria o da ragioni extrafiscali (ad esempio, agevolative). Il tasso. L’imposta è liquidata applicando un tasso alla base imponibile. Il tasso può essere fisso o variabile. Si ha il primo quando l’imposta è predeterminata in una somma fissa (ad esempio, l’imposta fissa di registro dovuta ugualmente per ogni attoo da registrare). Il sistema prevalente è però quello del tasso variabile, costituito, quando la base imponibile è una grandezza monetaria, da una aliquota (percentuale dell'imponibile), che può essere fissa o progressiva. Nel caso di imposta proporzionale, l’aliquota non muta con il variare della base imponibile. Vi sono diverse modalità tecniche con cui un’imposta può essere resa progressiva: vi è una progressività per classi, una progressività per scaglioni, una progressività continua ed una progressività per detrazione. Nell’Irpef, è adottata la progressività per scaglioni → ad ogni scaglione di reddito corrisponde un'aliquota via via crescente, che non varia all'interno dello scaglione. Le imposte sono regressive quando l’aliquota diminuisce con l’aumentare della base imponibile. La misura dell’imposta, inoltre, può dipendere da situazioni personali o familiari del debitore es: le aliquote dell'imposta sulle successioni (e donazioni) variano a seconda del rapporto di parentela tra de cuius ed erede (o tra donante e donatario). La varietà delle aliquote può dipendere tanto da motivi tributari (sulla base della capacità contributiva) quanto da ragioni extrafiscali (per fini agevolativi). Le norme di favore: agevolazioni, esenzioni ed esclusioni. Può essere definita agevolazione, o aiuto fiscale, ogni tipo di norma che, in deroga a quanto previsto in via ordinaria, riduce il peso dell’imposta (esenzioni, deduzioni, detrazioni, sospensioni,…). Le esenzioni sono enunciati normativi che sottraggono all’applicazione del tributo fattispecie che invece sono imponibili in base alla definizione generale del presupposto. Le esenzioni possono essere temporanee e permanenti. Vi sono poi esenzioni a carattere oggettivo, soggettivo o che richiedono sia il carattere oggettivo che soggettivo. La distinzione tra esenzioni soggettive e oggettive ha rilievo pratico perché le esenzioni oggettive non vengono meno se muta la proprietà del cespite. Invece una esenzione soggettiva non opera più quando muta la proprietà del cespite. Talvolta il legislatore esenta una fattispecie da un'imposta perchè prevede l'applicazione di un'altra imposta es: vi sono dei proventi che sono esenti dalle normali imposte sul reddito, ma sono assoggetate a ritenute alla fonte a titolo d'imposta. Le esenzioni possono comportare tanto l’esonero da qualsiasi imposta quanto l’applicazione di un’altra imposta; e solo se l’applicazione dell’altra imposta comporta un minore onere economico per il contribuente si può affermare che un simile trattamento ha natura agevolativa. Per individuare le fattispecie esenti, si possono seguire due criteri, uno di tipo logico, uno di tipo nominalistico. In base a quello logico, sono esenzioni tutti i casi che sono in rapporto di deroga rispetto alla norma che si definisce presupposto. Oltre a tale criterio, sono ovviameente considerate esenzioni quelle che il legislatore qualifica espressamente come tali. È superfluo verificare se ognuna di esse rappresenti una eccezione rispetto alla categoria delle operazioni imponibili. Per quanto riguarda il modo di operare delle esenzioni, vi sono esenzioni operanti ex lege, altre operanti solo a seguito di istanza di parte o di apposito provvedimento esonerativo. Le esenzioni si differenziano dalle esclusioni perché le prime costituiscono una deroga alla disciplina generale del tributo, mentre le esclusioni risultano da enunciati con cui il legislatore chiarisce i limiti di applicabilità del tributo, se nza derogare a quanto risulta dagli enunciati generali. I crediti d'imposta. Si tratta del credito che il contribuente ha nei confronti del fisco. Primi fra tutti sono I crediti accordati per porre rimedio a fenomeni di doppia imposizione → attribuiti a coloro che percepiscono redditi di fonte estera, il credito d'imposta serve ad evitare che all'imposta pagata all'estero si sommi l'imposta dovuta al fisco italiano. Vi sono poi I crediti d'imposta accordati per motivi extrafiscali → si tratta in realtà di finanziamenti di cui I beneficiari fruiscono compensando I crediti così attribuiti con I debiti d'imposta. Si distingue tra I crediti rimborsabili e I non rimborsabili. Questi ultimi sono utilizzati dal contribuente solo a compensazione del debito d'imposta e se vi è un'eccedenza, il contribuente non ha diritto al rimborso. Di fatto tali crediti equivalgon a delle detrazioni. I crediti d'imposta di regola devono essere indicati nella dichiarazione dei redditi, altrimenti il contribuente decade dal diritto di farli valere. I crediti d'imposta possono essere ceduti, ma deve essere fatto tramite atto pubblico o scrittura privata autenticata, e dev'essere notificata all'ente pubblico cui spetta ordinare il pagamento. Il contribuente creditore può chiedere all'agenzia delle entrate l'attestazione dei crediti tributari che gli spettano. Tale attestazione non può essere utilizzata per agire nei confronti dell'amministrazione finanziaria come titolo per l'esecuzione forzata o per un decreto di ingiunzione, ma è utile per I rapporti tra privati es: cederlo a terzi o per chiedere un mutuo. possibile imputare per quote il presupposto, la stessa suddivisione si riflette sulla divisione del debito nei rapporti interni. Quando, invece, la suddivisione non è possibile, occorre verificare se il legislatore detta norme ad hoc, oppure considerare uguali le quote. In ogni cas I privati possono disciplinare in via convenzionale la ripartizione tra di essi dell'onere tributario. La sostituzione tributaria. Vi è “sostituzione tributaria” nei casi in cui l’obbligazione tributaria, o altri debiti tributari, sono posti a carico di un soggetto diverso da colui che realizza il presupposto del tributo. Secondo la definizione legislativa, sostituto è chi, in forza di disposizioni di legge è obbligato al pagamento di imposte in luogo di altri, per fatti o situazioni a questi riferibili anche a titolo di acconto. Il sostituto non è un obbligato che sostituisce un altro soggetto obbligato prima di lui, ma vi è dall'origine nella legge, l'imposizione di un obbliga a carico del sostituto. Il coinvolgimento del terzo nell'attuazione del tributo è per il fisco notevole garanzia che non vi sarà evasione. Il sostituto ha anche il dovere di trattenere dalla somma che corrisponde al reddituario, un importo pari alla somma di cui è debitore verso il fisco. Es: sono sostituti d'imposta I curatori fallimentari quando corrispondono • somme o valori che costituiscono reddito da lavoro dipendente o reddito assimilato a quello di lavoro dipendente • interesse, dividendi e altri redditi di capitale • premi e vincite. I sostituti devono operare la ritenuta (a titolo definitivo o provvisorio) e devono versare le somme ritenute. Operare la ritenuta è un obbligo la cui violazione è punita con sanzione amministrativa (20% dell’importo non trattenuto, 30% se non è stato versato l’importo). Il rapporto interno, o rapporto di rivalsa, che intercorre tra sostituto e sostituito, è un rapporto di diritto civile, pur se originato da una norma fiscale, perchè è un rapporto tra privati. La sostituzione a titolo d’imposta. La sostituzione a titolo d’imposta comporta l’applicazione di una aliquota fissa su di un determinato provento, che è così sottratto alla sua inclusione nel reddito complessivo del percipiente. Essa realizza al tempo stesso una sostituzione in senso oggettivo (la ritenuta a titolo d'imposta ossia un regime fiscale sostitutivo) e in senso soggettivo (l'obbligazione tributaria è posta a carico di un soggetto diverso da colui che percepisce il reddito). La figura della sostituzione a titolo di imposta è da confrontare, innanzitutto, con quella del responsabile d’imposta. La nozione di responsabile d’imposta è contraddistinta dal fatto che l’obbligazione tributaria ricade, oltre che su colui che realizza il presupposto, anche su colui che realizza il presupposto, anche – solidalmente – su un altro soggetto: il responsabil e d’imposta. Mentre nella solidarietà dipendente vi sono più sog etti passivi (l’obbligato principale e il responsabile), nella sostituzione d’imposta, invece, di regola, il soggetto passivo è uno soltanto (il sostituto). Solo se il sostituto non opera la ritenuta e non provvede al versamento, alla sua obbligazione si aggiunge quella del sostituito, sicché essi diventano obbligati in solido verso il fisco. La sostituzione d'imposta è una deroga rispetto alla tassazione delle persone fisiche, è perciò prevista in un numero limitato di casi: 1. le ritenute dei compensi corrisposti a lavoratori autonomi non residenti 2. le ritenute sui dividendi e altri redditi di capitale spettanti a non residenti 3. le ritenute su taluni redditi di capitale e quelle sulle vincite. Il sostituto a titolo d’imposta è unico debitore, verso il fisco, dell’imposta dovuta sul presupposto che altri realizza (il sostituito). Tra fisco e sostituito non v’è alcun rapporto; quest’ultimo non deve neppure dichiarare i redditi, che siano soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta. Tra sostituto e sostituito v’è un rapporto privatistico: in primis, v’è il rapporto di base (di solito privatistico) che prevede il sostituto in posizione debitrice verso il sostituito. La norma tributaria influisce su questo rapporto in quanto il sostituto estingue il suo debito verso il sostituito versandogli una somma minore di quanto dovuto; ciò è una conseguenza del diritto di rivalsa, ossia del diritto del sostituto di operare una ritenuta sulle somme che corrisponde al sostituito. La posizione del sostituito muta se il sostituto omette sia le ritenute che il versamento. In tal caso sostituto e sostituito sono obbligati in solido (sia per le imposte sia per sanzioni ed interessi). Bisogna infatti distinguere la situazione originari (dove tra fisco e sostituito non intercorre alcun rapporto) a e la situazione successiva, di natura “patologica ”, da cui scaturisce la solidarietà prevista dalla legge. Il sostituito diventa coobligato solo quando il sostituto non effettua ritenuta e versamento. La sostituzione a titolo d’acconto. Nella sostituzione a titolo d’acconto, il sostituto non è debitore in luogo del soggetto che sarebbe obbligato, ma è soggetto passivo di un autonomo obbligo di versamento (previa effettuazione delle ritenute), al quale non è riferibile alcuna idea di sostituzione. Il sostituto a titolo d’acconto nei confronti del fisco non è un soggetto passivo dell'obbligazione tributaria, ma è tenuto per obblighi di natura diversa che hanno come fattispecie l'erogazione di somme al sostituito e che consistono nell'operare una ritenuta e nel versamento di una somma pari alla ritenuta. Le ritenute di acconto per chi le subisce costituiscono un acconto dell'imposta che sarà dovuta sui redditi idi quel periodo d'imposta. Chi subisce la ritenuta acquisisce un credito di pari ammontare nei confronti del fisco, che sarà indicato nella dichiarazione dei redditi e sarà detratto dal debito d'imposta di quell'anno → la sostituzione a titolo d'imposta è una forma di riscossione anticipata. La misura delle ritenute e del versamento deriva da una aliquota che, nella più parte dei casi, è fissa; nel caso dei redditi di lavoro dipendente è invece variabile, perché dipende dall’ammontare globale della retribuzione annua. La posizione delle ritenute e del versamento deriva da una aliquota che, nella più parte dei casi, è fissa; nel caso dei redditi di lavoro dipendente è invece variabile, perché dipende dall’ammontare globale della retribuzione annua, in modo che l'ammontare delle ritente possa coincidere con l'imposta che sarebbe dovuta se quei redditi sono gli unici del sostituito. La posizione del sostituito, nei confronti del fisco, è quella di qualsiasi altro percettore di reddito: le somme che percepisce, al lordo della ritenuta, sono componenti del suo reddito complessivo, ma esso acquista il diritto di dedurre, dall’imposta globalmente dovuta, l’importo delle ritenute subite. Se il sostituto non versa le somme ritenute, il fisco può agire nei confronti del sostituto, non nei confronti del sostituito. Quindi se il sostituto opera la ritenuta, ma non versa, il sostituito acquista ugualmente una sorta di credito verso il fissco: questo rapporto sostituito-fisco è indipendente dal rapporto sostituto-fisco, se il fisco non riceve il versamento può agire solo nei confronti del sostituto. Più problematica (perchè non espressamente regolata dalla legge) invece è la situazione in cui non sono operate le ritenute d'acconto. Se il sostituito include quelle somme nei suoi redditi complessivi, e quindi si costituisce debitore, libera anche il sostituto. Ma se il sostituito non si costituisce debitore, il fisco non può pretendere 2 volte l'imposta, una volta nei confronti del sostituito ed una del sostituto. Il sostituto che non effettua le ritenute d’acconto rimane obbligato nei confronti del fisco; al tempo stesso, permane il suo diritto-dovere di rivalersi sul sostituito (c.d. “rivalsa successiva”). Nessuna norma pone, a carico del sostituito, l’obbligo di corrispondere al fisco le somme che dovevano formare oggetto di ritenuta. Non vi è infatti solidarietà tra sostituto e sostituito. Secondo la giurisprudenza, invece, il fisco può non solo accertare, nei confronti del sostituito, i redditi sui quali è stata omessa la ritenuta d’acconto, ma può anche riscuotere la relativa imposta in quanto il sostituito resta l'obbligato principale. Traslazione e rivalsa. Vi sono dei casi in cui il debitore dell’imposta ha il diritto di rivalersi verso gli altri. Gli economisti distinguono tra contribuente di diritto e contribuente di fatto; il primo è il debitore, che è tenuto a pagare il tributo, il secondo è colui che sopporta l’onere del tributo, senza poterlo riversare su altri. Vi sono tributi, posti a carico di un soggetto, che però sono destinati a gravare economicamente su altri soggetti. È il caso delle imposte sui consumi (iva), delle quali sono debitori gli operatori economici (fabbricanti, commercianti...), ma che sono destinate a gravare sui consumatori. Il trasferimento dell’onere tributario dal soggetto passivo al consumatore può avvenire come fatto pura mente economico (traslazione di fatto), mediante inglobamento dell’onere tributario nel prezzo del bene. Nei casi in cui il soggetto passivo del tributo è diverso dal soggetto che pone in essere il fatto economico è necessario che il debitore del tributo sia in grado di trasferirne l’onere economico sul soggetto che realizza il fatto espressivo di capacità contributiva: quando ciò non si verifica, il tributo non si realizza in conformità alla sua ratio. Ma vi sono anche dei casi in cui il soggetto passivo dell’imposta è un soggetto diverso da colui che realizza il presupposto; ci riferiamo alle figure del sostituto d’imposta e del responsabile d’imposta . Essi hanno diritto di rivalsa nei confronti di colui che ha posto in essere il presupposto; le leggi tributarie prevedono espressamente tale diritto. La rivalsa è quindi un rapporto di diritto privato inserito in un istituto di diritto pubblico quale è il tributo. Si ha surrogazione legale a vantaggio di chi, essendo tenuto, con altri o per altri, al pagamento di un tributo, ha assolto il debito d’imposta: tale soggetto può surrogarsi, nei confronti del debitore PARTE TERZA. DINAMICA DELL’IMPOSTA. CAPITOLO SETTIMO. La dichiarazione. Lo schema standard di attuazione dei tributi. Il tributo deve trovare compiuta attuazione senza interventi dell'amministrazione finanziaria. Se il contribuente non dichiara compiutamente il tributo, o non versa, è compito dell'amministrazione finanziaria accertare il tributo non dichiarato e riscuotere le somme non versate, entro I termini previsti a pena di decadenza. L'avviso di accertamento contiene anche l'irrogazione di sanzioni amministrative perchè omettere la dichiarazione,o presentare una dichiarazione infedele o incompleta, è un illecito punito con sanzione amministrativa. L'azione dell'amministrazione finanziaria è soggetta a prescrizione non a decadenza. Le scritture contabili. L’applicazione delle principali imposte del vigente (imposta sui redditi e sul valore aggiunto) sistema tributario è affidata, in primo luogo, agli stessi contribuenti. Vi sono obblighi contabili ed obblighi strumentali e formali. All'interno della categoria( fiscale) degli imprenditori commerciali, bisogna distinguere gli imprenditori soggetti al regime della contabilità ordinaria e gli imprenditori (imprese minori) l cui regime di contabilità è semplificato. Sono sottoposti al regime di contabilità ordinaria: • le società e gli enti commerciali soggetti all’impo sta sul reddito delle società (Ires); • gli imprenditori individuali e le società di persone con ricavi superiori a un dato ammontare. Il regime di contabilità semplificata è applicato alle imprese minori, ossia agli imprenditori individuali e alle società di persone che conseguon o ricavi entro un certo ammontare. Agli effetti dell’imposizione sui redditi, gli imprenditori commerciali (in senso fiscale) debbono tenere le seguenti scritture contabili: 1. il libro giornale e il libro degli inventari; 2. i registri Iva; 3. i conti di mastro di elementi patrimoniali e reddituali; 4. le scritture di magazzino; 5. il registro dei cespiti → registra i beni per i quali è ammesso l’ammortamento e accoglie tutte le scritture ad essi relativi (costi d’acquisto, rivalutazioni, cessioni, ammortamenti, ed altri eventi che comportino l'eliminazione del bene dal processo produttivo). Ai fini dell’Iva debbono essere tenuti due registri: quello delle fatture emesse (iva a debito) e quello degli acquisti (iva a credito). Ogni operazione fiscalmente rilevante deve essere fatturata; le fatture devono essere annotate, entro quindici giorni dalla loro emissione, secondo l’ordine della loro numerazione, nell’apposito registro. La nozione fiscale di impresa minore è legata alle dimensioni del fatturato; sono imprese minori le imprese individuali e le società di persone il cui fatturato annuale non supera 400.000 euro per le imprese che prestano prevalentemente servizi e 700.000 euro per le altre. La contabilità fiscale semplificata è composta dai due registri Iva (acquisti e vendite) e la dichiarazione dei redditi viene elaborata sulla base dei dati desunti dai registri Iva. Perciò, la contabilità fiscale semplificata rileva i flussi reddituali ma non la situazione patrimoniale (è quindi poco attendibile). In questi casi, il controllo del fisco è fondato su standard medi di redditività (studi di settore). I lavoratori autonomi devono tenere i due registri Iva e, ai fini delle imposte sui redditi, un registro dal quale risultino le somme incassate, le spese fatte e il valore dei beni da ammortizzare. Centri autorizzati di assistenza fiscale. I contribuenti possono essere assistiti da “Centri autorizzati di assistenza fiscale” (Caaf), che si distinguuono in caaf delle imprese e caaf dei lavoratori dipendenti.. I “Caaf delle imprese” sono società di capitali, co stituiti da sindacati degli imprenditori e la loro funzione è quella di assistere i contribuenti nella tenuta della contabilità e nella preparazione della dichiarazione dei redditi. Essi possono: • tenere e conservare le scritture contabili; • predisporre le dichiarazioni annuali; • apporre il visto di conformità formale dei dati esposti nella dichiarazione rispetto ai dati risultanti dalla contabilità; • inoltrare le dichiarazioni dei redditi all’Amministrazione finanziaria per via telematica. I lavoratori dipendenti sono assistiti, nei loro adempimenti fiscali, dal proprio datore di lavoro, o dai “Caaf dipendenti”, o dai professionisti abilitati. I Caaf dipendenti sono costituiti dalle organizzazioni sindacali di lavoratori dipendenti; essi sono obbligati a prestare assistenza ai dipendenti e pensionati che lo richiedano. La dichiarazione d’imposta in generale. Nella disciplina della maggior parte delle imposte, ai contribuenti è imposto l’obbligo di presentare una dichiarazione all’Amministrazione finanziaria, nella quale devono essere indicati il presupposto e l’ammontare dell’imposta. La dichiarazione dei redditi e la dichiarazione Iva devono essere presentate ogni anno, in quanto concernono tributi periodici la cui base di commisurazione varia di anno in anno. Vi sono poi tributi la cui base imponibile può permanere invariata nel tempo; di conseguenza, la dichiarazione ha efficacia fino a quando non si verifichino variazioni (ad esempio tributi locali, Ici, Tarsu,…). Altri tributi a carattere istantaneo richiedono che la dichiarazione sia presentata ogni volta che si verifica il presupposto (ad esempio, imposta di registro sulle successioni). Infine, vi sono tributi nei quali non è prevista la dichiarazione. Il contribuente, verificandosi il presupposto, deve versare il tributo. La dichiarazione dei redditi. I soggetti obbligati. La dichiarazione dei redditi dev’essere presentata, per regola generale, da ogni soggetto che, nel periodo d’imposta, abbia posseduto redditi. La dichiarazione deve essere presentata anche se dai redditi che si dichiarano non consegue alcun debito d’imposta, e I soggetti obbligati alla tenuta delle scritture contabili devono presentare la dichiarazione annualmente anche se non hanno prodotto redditi → vi sono casi in cui vi è l'obbligo di presentare la dichiarazione ma non vi è un debito d'imposta. Esoneri: 1. Sono esonerati i soggetti che hanno solo i redditi di lavoro dipendente e il reddito dell’abitazione principale. 2. Non devono presentare dichiarazione i soggetti che possiedono soltanto redditi esenti o redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta. 3. Non devono presentare la dichiarazione i soggetti che hanno redditi di ammontare inferiore al minimo imponibile. I contenuti della dichiarazione dei redditi. I contenuti principali della dichiarazione sono i seguenti: il contenuto caratteristico della dichiarazione sia ai fini irpef che ires → l’indicazione degli elementi attivi e passivi necessari per la determinazione degli imponibili secondo le norme che disciplinano le imposte stesse + I redditi soggetti a tassazione separata. Inoltre nella dichiarazione Irpef devono essere indicati tutti gli elementi necessari alla determinazione dell’imposta dovuta (ad esempio, gli oneri deducibili, le detrazioni dall’imposta, le ritenute e i versamenti d’acconto, I crediti d'imposta…). Le dichiarazioni Ires e Irpef devono contenere anche elementi utili all’effettuazione dei controlli. La dichiarazione è dunque un atto il cui contenuto è complesso in relazione alle molteplici funzioni che assolve. Inoltre è la sede dove il contribuente deve indicare le eventuali opzioni di scelta del regime contabile, la scelta tra rimborso e riporto a nuovo di crediti d’imposta, etc. Se vi sono perdite pregresse, il contribuente può utilizzarle a compensazione del reddito dell’esercizio. Per effetto di tali opzioni, la base imponibile e l’imposta non dipendono solo dalla legge, ma anche dalle scelte effettuate dal contribuente, che concorre a determinare il quantum. L’opzione e la revoca dei regimi speciali, se non sono riportate nella dichiarazione, possono essere desunte da comportamenti concludenti (come la tenuta delle scritture contabili in maniera conforme a un dato regime come quello ordinario al posto di quello forfettario). Altra opzione da effettuare in dichiarazione è la destinazione dell'8 per mille alla chiesa o del 5 per mille ad altre associazioni no profit. La dichiarazione semplificata dei lavoratori dipendenti. I lavoratori dipendenti (se la loro situazione reddituale non è complessa) possono presentare una dichiarazione dei redditi semplificata (mod. 730), avvalendosi dell’assistenza del proprio datore di lavoro, o di un Caaf, o di un professionista abilitato. Requisiti formali e sottoscrizione. non è sostituibile e il contribuente può porre rimedio alle violazioni commesse presentando una nuova dichiarazione (c.d. integrativa) che sani le violazioni formali, o rechi un aumento dell’imponibile, o la riduzione della perdita dichiarata. Tale facoltà può essere esercitata entro il 31 dice mbre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la prima dichiarazione. La dichiarazione in diminuzione. La dichiarazione in diminuzione è fatta per ridurre l'onere fiscale. La dichiarazione una volta presentata è acquisita in modo definitivo da fisco, il contribuente non può revocarla, può però rettificarla a suo vantaggio. La modifica delle dichiarazione pò essere fatta sia prima, sia dopo la scadenza del termine entro cui va presentata, ed anche dopo la notifica dell'avviso di accertamento. Se la modifica ha luogo prima della notificazione dell'avviso di accertamento l'ufficio ne deve tener conto, se la modifica è successiva è onere del contribuente dimostrare la correttezza della modifica. Per le dichiarazioni di redditi, irap e della dichiarazione dei sostituti possono essere integrate dai contribuenti per correggere errori od omissioni che abbiano determinato l'indicazione di uun maggior reddito o di un maggior debito d'imposta o di un minor credito, se la dichiarazione correttiva è presentata non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d'imposta successiva, l'eventuale credito emergente dalla correzione può essere utilizzato in compensazione dei debiti d'imposta. La dichiarazione nulla, incompleta e infedele. Ai fini delle sanzioni amministrative, la dichiarazione può essere omessa, nulla, incompleta e infedele. Si ha omissione nel caso in cui la dichiarazione non sia stata presentata o sia stata presentata oltre novanta giorni dalla scadenza. Si ha nullità se la dichiarazione non è redatta secondo il modello predisposto o se non è sottoscritta da persona legittimata. Dal punto di vista dell’accertamento, la dichiarazione nulla è equiparata a quella omessa; l’amministrazione può emettere un accertamento d’ufficio e accertare il reddito nei modi previsti (privato in modo sintetico, d’impresa in modo induttivo). La dichiarazione è infedele quando un reddito netto non è indicato nel suo esatto ammontare; è incompleta quando è omessa l’indicazione di una fonte reddituale. La dichiarazione nell’Iva e nell’imposta di registro. La dichiarazione annuale Iva deve essere presentata da tutti i soggetti passivi Iva, anche se non hanno effettuato operazioni imponibili. Sono esonerati dall’obbligo di presentazione della dichiarazione i contribuenti che hanno registrato nel periodo in questione solamente operazioni esenti. Nella dichiarazione annuale Iva sono indicati i dati e gli elementi necessari per la determinazione dell’ammontare delle operazioni e dell’imposta e per l’effettuazione di controlli. Redatta in base alle registrazioni effettuate nel periodo d’imposta; devono essere indicati: 1. l’ammontare delle operazioni imponibili e delle relative imposte; 2. l’ammontare degli acquisti e delle importazioni (con le relative imposte); 3. l’ammontare delle somme versate ed il saldo finale. Nel procedimento applicativo dell’imposta di registro, la dichiarazione occupa un’importanza ridotta, poiché gli elementi da portare a conoscenza del fisco sono generalmente racchiusi nello stesso atto da registrare. Il contribuente svolge un’attività dichiarativa ai fini fiscali: • quando la dichiarazione è finalizzata alla richiesta di agevolazione; • quando l’atto da registrare è un contratto verbale; • quando si verificano eventi successivi alla registrazione fiscalmente rilevanti. CAPITOLO OTTAVO. L’azione amministrativa. L’Amministrazione finanziaria. Il Ministero e le agenzie. Con il D. lgs. 30 luglio 1999 l’Amministrazione finanziaria è stata ristrutturata separando nettamente le funzioni operative da quelle di indirizzo e controllo. Un solo Ministero (Economia e Finanze) ha assunto le competenze riguardanti la politica economica e finanziaria, il bilancio ed il fisco. Le agenzie sono enti pubblici economici, hanno personalità giuridica di diritto pubblico e sono autonome dal punto di vista regolamentare, amministrativo, patrimoniale, contabile e finanziario. Le agenzie fiscali sono quattro: Agenzia delle Entrate, delle Dogane, del Territorio e del Demanio. L’Agenzia delle Entrate amministra tutti i tributi statali, con l’eccezione di quelli doganali e delle accise, da cui dipendono le Direzioni regionali. I compiti strettamente operativi sono svolti in periferia (controllo dichiarazioni, indagini, accertamenti, formazione di ruoli,…). La titolarità dell’obbligazione tributaria (cioè il credito) è rimasta allo Stato, mentre l’esercizio dei poteri in materia d’imposizione fiscale sono stati trasferiti all’Agenzia. [Lo schema standard di attuazione dei tributi. Dall’esame delle leggi d’imposta si desume un modello standard di attuazione delle norme fiscali. Secondo tale modello, l’attuazione del tributo è affidata, in primis, agli stessi contribuenti, ai quali sono imposti obblighi molteplici di autoliquidazione dei tributi, di versamento, di dichiarazione. A fronte degli obblighi imposti ai contribuenti vi sono dei poteri dell’Agenzia delle entrate e degli altri enti impositori. Se il contribuente omette di dichiarare, o non dichiara compiutamente il presupposto e la base imponibile del tributo, è compito dell’Agenzia delle entrate svolgere indagini ed emettere un atto amministrativo, denominato “avviso di accertamento” o “atto d’imposizione”. L’emanazione di un atto d’imposizione comporta, di regola, anche l’applicazione di sanzioni, di natura amministrativa e, in casi gravi, di natura penale. L’Agenzia deve controllare anche l’adempimento degli obblighi. Distinto dal potere di determinare il tributo, vi è quello di riscuoterlo, con la formazione di un atto (il ruolo), con cui vengono riscosse sia le somme dovute in base alle dichiarazioni dei contribuenti, sia le somme dovute in base agli atti di accertamento. Il legislatore potrebbe prevedere un intervento necessario dell’Amministrazione finanziaria, prima della riscossione: questo accade nell’applicazione dell’imposta di registro (la liquidazione effettuata dall’Amministrazione è presupposto necessario per l’adempimento). Vi sono infine dei casi nei quali la nascita dell’imposta ne comporta direttamente l’adempimento, senza la necessità di atti del contribuente o dell’ Amministrazione (ad esempio, in caso di accise, imposta di bollo, tributo sugli autoveicoli). L’inadempimento comporta l’attivazione della procedura sanzionatoria.] La disciplina generale dei procedimenti tributari. Le regole dei procedimenti tributari sono racchiuse in più testi. L'amministrazione deve agire osservando le regole del giusto processo, principio generale dell'ordinamento. La disciplina generale si trae inanzitutto dalla l 241/1990 e dallo statuto del contribuente, più I vari testi con regole specifiche. La legge 241 del 1990, in tema di procedimenti amministrativi, ha modificato profondamente alcune tradizionali regole di comportamento e modificato la disciplina dei rapporti Stato-cittadini, che ora non ha pià solo un acaratteere autoritativo ma anche natura collaborativa. A tal fine sono stati istituiti l’interpello, l’accertamento con adesione, la conciliazione e l’autotutela. La legge, inoltre, indica come princìpi generali dell’azione amministrativa i princìpi di economicità, efficacia, pubblicità e trasparenza. Gli atti dell'amministrazione finanziaria devono indicare il responsabile del procedimento che svolge quindi il ruolo di guida del procedimento, di coordinatore dell'istruttoria e di organo di impulso, ed è soggetto attraverso il quale la pubblica amministrazione dialoga con il cittadino. Tra i princìpi dell’ordinamento comunitario che possono interessare l’azione delle agenzie fiscali, sono da ricordare l’imparzialità, la partecipazione , l’obbligo di motivazione, il contraddittorio, la risarcibilità dei danni prodotti dall’Amministrazio ne, il termine ragionevole, la proporzionalità e il legittimo affidamento. Il procedimento d’imposizione inizia sempre d’ufficio, perchè la dichiarazione tributaria non può essere considerata un atto di avvio del procedimento, infatti il contribuente non mira ad avviare un procedimento ma assolve un obbligo impostogli dalla legge. Il contraddittorio. [Gli interpelli speciali. Accanto all’interpello ordinario l’ordinamento tributario prevede altre forme di interpello, per finalità e con esiti diversi. In materia di norme antielusive, può essere proposto al Direttore regionale delle entrate un interpello c.d. disapplicativo, che autorizzi la disapplicazione di norme antielusive.] Potere di autotutela. Nel potere di emettere un atto è insito anche quello di ritirarlo, quando alla stessa autorità che l’ha emanato appaia del tutto o in parte viziato: ciò è espressione del potere di autotutela della pubblica amministrazione, la quale, in ossequio al principio di legalità e buona fede, ha il dovere di eliminare i vizi che rendono illegittimo un atto e di ritirare gli atti illegittimi. L’Amministrazione ha a disposizione diversi rimedi tra cui annullare o riformare l’atto che riconosce viziato → l’autotutela concerne quest’ultima ipotesi . In diritto tributario, a differenza del diritto amministrativo, non essendovi discrezionalità, l’esercizio dei poteri di autotutela non presuppone valutazioni di convenienza. Il ritiro o la correzione dell'atto viziato vanno compiuti in applicazione della regola di buona fede, cui deve attenersi la pubblica amministrazione, la correzione presuppone dunque un vizio e null'altro, ossia è giustificata solo dalla necessità di ripristinare la legalità. L’annullamento è da riferire agli atti che presentano vizi di legittimità, la revoca è da riferire agli atti infondati, ossia viziati nel contenuto. L’autotutela può essere esercitata a seguito di richiesta dal contribuente o d’ufficio, sia in pendenza di giudizio, sia dopo che l’atto è divenuto definitivo, e può riguardare qualsiasi atto dell’Amministrazione finanziaria. L'autotutela può riguardare anche gli atti della riscossione e può avere per oggetto sia lo sgravio, sia la sospensione della riscossione. L’utilità pratica dell’autotutela, per il contribuente che abbia ricevuto un atto illegittimo, emerge soprattutto quando l’atto è divenuto definitivo, perchè non impugmato o perchè il ricorso proposto non ha raggiunto il risultato richiesto. Il Garante del contribuente. Presso ogni Direzione regionale dell’Agenzia delle entrate è istituito il Garante del contribuente, che è un organo collegiale, formato da tre membri, scelti e nominati dal Presidente della Commissione tributaria regionale, all’interno di categorie professionali qualificate (magitrati, professori universitari, notai...). Il Garante è autonomo rispetto all’Amministrazione ed ha il compito di tutelare il contribuente che lamenti disfunzioni, irregolarità e qualunque comportamento suscettibile di incrinare il rapporto di fiducia tra cittadini e Amministrazione finanziaria. Per svolgere i suoi compiti, può richiedere documenti o chiarimenti agli uffici competenti. Non si tratta di un organo con poteri autoritativi; la sua è una funzione di persuasione morale. Il Garante può: • stimolare procedure di autotutela; • rivolgere raccomandazioni ai dirigenti degli uffici ai fini della tutela del contribuente e della migliore organizzazione dei servizi • richiamare gli uffici al rispetto dei loro obblighi in materia di informazione del contribuente; • individuare casi di particolare rilevanza in cui le disposizioni in vigore o i comportamenti dell’Amministrazione determinano pregiudizi per i contribuenti, segnalandoli ai competenti organi amministrativi o alla Guardia di Finanza. CAPITOLO NONO. L’istruttoria. L’istruttoria ed il sistema informativo. Ogni contribuente ha un numero di codice fiscale ed è iscritto nell’Anagrafe tributaria, che è un grande sistema informativo, posto al servizio delle agenzie fiscali, con il compito di raccogliere dati e notizie che possono assumere rilevanza ai fini tributari. Il sistema è integrato con la Guardia di finanza attraverso un collegamento telematico. L’anagrafe registra anche i rapporti bancari dei contribuenti. Il sistema informativo viene utilizzato non solo per l’attività investigativa degli uffici, ma anche a fini statistici e come supporto conoscitivo per l’emanazione di provvedimenti amministrativi o legislativi. L’attività investigativa è svolta anche dalla Guardia di finanza, che dispone degli stessi poteri di indagine degli uffici finanziari. In materia di imposte dirette ed Iva, vi è innanzitutto un esame di tutte le dichiarazioni fatto mediante procedure informatiche; seguono il controllo formale e quello sostanziale, secondo particolari criteri selettivi determinato dal Ministro dell’economia e delle finanze (che determinano i contribuenti da controllare). La liquidazione in via informatica. La liquidazione è un controllo (eseguidto mediante procedure automatizzate) limitato sia nell’oggetto, sia negli effetti, in quanto non è finalizzato alla rettifica del reddito, ma solo alla verifica dell’esattezza numerica dei dati dichiarati. Se risulta che l’importo da versare in base alla stessa dichiarazione è inferiore a quello autoliquidato si procede direttamente alla riscossione della somma non versata. Sulla base dei dati richiamati e dei dati tratti dall’Anagrafe tributaria, l’Amministrazione finanziaria: 1. corregge gli errori materiali e di calcolo commessi dai contribuenti; 2. riduce le detrazioni, deduzioni e i crediti d’imposta indicati in misura superiore a quella prevista dalla legge o non spettanti sulla base di quanto dichiarato; 3. controlla che i versamenti siano tempestivi e corrispondenti a quanto dichiarato. Il risultato del controllo, se è diverso dal dichiarato, è comunicato al contribuente, che è invitato a versare la maggiore somma così liquidata; se il contribuente versa, è evitata l’iscrizione a ruolo e la sanzione è ridotta ad un terzo. Il controllo formale delle dichiarazioni. Alla liquidazione può seguire il controllo formale delle dichiarazioni. Il controllo formale delle dichiarazioni non è un controllo automatico ma è svolto in base a criteri selettivi fissati dal Ministero e riguarda alcune voci della dichiarazione, che devono essere giustificate documentalmente. In sede di controllo formale, il contribuente è infatti invitato a fornire chiarimenti in ordine ad alcuni elementi della dichiarazione, a trasmettere i documenti che li giustificano, o a esibire le ricevute dei versamenti. Si differenzia dalla liquidazione in quanto qquesta si limita al controllo della dichiarazione mentre il controllo formale tocca anche I documenti che devono corredarla. In esito al controllo formale, gli uffici: • escludono lo scomputo delle ritenute d’acconto non documentate; • escludono le detrazioni d’imposta non spettanti; • escludono le deduzioni non spettanti in base ai documenti richiesti; • quantificano i crediti d’imposta spettanti; • liquidano la maggiore imposta; • correggono gli errori materiali e di calcolo contenuti nelle dichiarazioni dei sostituti d’imposta. L’esito del controllo formale è comunicato al contribuente con l’indicazione dei motivi che hanno dato luogo alla rettifica degli imponibili o di altri dati dichiarati, anche per consentire al contribuente di segnalare all’Ufficio elementi non considerati o valutati erroneamente. Tali attività, in sintesi, sono dirette alla determinazione del debito d’imposta derivante dal reddito dichiarato, e, se ad esse non segue l’esatto adempimento da parte del contribuente, l’Amministrazione provvede ad iscrivere a ruolo le somme dovute. Accessi, ispezioni e verifiche. Il controllo sostanziale delle dichiarazioni è svolto dagli uffici dell’Agenzia delle entrate e dalla Guardia di finanza. Consiste in una serie di operazioni che iniziano con l’accesso, seguito da ispezioni documentali e da altri controlli e si conclude con la redazione di un “processo verbale di constatazione”. Il controllo di imprese di rilevanti dimensioni viene fatto periodicamente. Secondo l'art 14 Cost. Il domicilio è inviolabile, ma ammette che vi siano delle deroghe per eseguire ispezioni, perquisizioni e sequestri nei casi e modi stabiliti dalla legge secondo le garanzie prescritte per la tutela della libertà personale → sutorizzazione data con atto motivato dall'autorità giudiziaria. Il legislatore ha ritenuto che la tutela costituzionale del domicilio non riguardi l’accesso nei locali destinati all’esercizio di attività commerci ali, agricole, artistiche o professionali; per accedere in tali locali, non si richiede l’autorizzazione dell’autorità giudiziaria, ma l’autorizzazione del capo dell’ufficio o del Comandante di zona, con un provvedimento che ne identifica lo scopo. È necessaria la presenza del titolare dello studio o di un suo delegato. Nel caso di accessi in studi professionali, vi è da contemperare la tutela dell’interesse fiscale con quella del segreto professionale; perciò, è necessaria l’autorizzazione del Procuratore della Repubblica per l'esame di documenti e la richiesta di notizie relativamente ai quali è eccepito il segreto professionale. incentivare la collaborazione dei comuni, ad essi è attribuita una quota del 33% delle somme riscosse in più a titolo definitivo a seguito dell'intervento del comune. Scambio di informazioni con altre amministrazioni finanziarie. Le convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni prevedono lo scambio di informazioni tra le amministrazioni finanziarie degli Stati contraenti, sia al fine di applicare le disposizioni della convenzione, sia per l’applicazione delle imposte di ciascuno Stato contraente. Si prevede anche la reciproca assistenza per la riscossione. Se un contribuente deve essere sottoposto ad indagine da parte di più autorità fiscali, possono essere effettuati controlli simultanei da parte delle Amministrazioni fiscali interessate, ciascuna nel proprio territorio, per poi scambiare le informazioni così ottenute. Rapporti di istruttoria amministrativa e processo penale. La Guardia di finanza è anche organo di polizia giudiziaria, per cui se, nel corso di una verifica, emergono notizie di reato, deve informare la Procura della Repubblica. Se, dunque, nel corso di indagini amministrative, emerge una fattispecie penalmente rilevante, ogni successiva fase del procedimento deve raccogliere prove e dati funzionali all’applicazione della legge penale quindi con le modalità previste dal cpp altrimenti tali elementi non potranno essere utilizzati in sede penale. La Guardia di finanza può trasmettere agli uffici fiscali documenti, dati, e notizie reperiti in sede di indagini preliminari, ma occorre autorizzazione dell’autorità giudiziaria. Ciò significa immediata trasferibilità ed utilizzabilità da parte degli uffici dell’Agenzia delle Entrate, degli elementi probatori raccolti in ambito penale. Definizioni agevolate mediante adesione. A conclusione della verifica, il processo verbale è trasmesso all'ufficio dell'agenzia delle entrate, se i verificatori ritengono di aver rilevato fatti penalmente rilevanti, devono inoltrare il verbale (o un rapporto) alla Procura della Repubblica. Il contribuente entro 60 giorni può presentare osservazioni e richieste agli uffici impositori, esponendo le ragiooni di fatto I di diritto, per cui ritiene che le conclusioni del verbale debbano essere disattese. Se nel processo verbale sono rilevate violazioni di norme fiscali, al contribuente sono date le seguenti facoltà: 1. può prestare adesione ai verbali di constatazione, entro 30 giorni da quando gli è stato consegnato. La procedura si chiude con l’emissione di un atto di definizione dell’accertamento parziale, che applica le sanzioni nella misura di 1/6 del minimo, e le somme da pagare possono essere rateizzate. 2. l’ufficio può formulare e notificare al contribuente un invito al contraddittorio, o invito a comparire, nel quale è indicata la pretesa fiscale. Il contribuente che presta adesione all’invito comunicandao all'ufficio o versando le somme dovute entro il 15° giorno antecedente alla data di comparizione, fruisce di un regime agevolato, con la riduzione della sanzione a 1/6 del minimo e della rateizzazione; 3. infine, il contribuente può presentare istanza di “ accertamento con adesione”, chiedendo all’Ufficio di formulare una proposta, al fine di pervenire ad un accertamento concordato. A sua volta, l’ufficio può inviare al contribuente un invito a comparire, allo scopo di raggiungere un accordo, che si traduce nella formazione di un “accertamento con adesione”. In tal caso le sanzioni sono ridotte ad 1/3 del minimo previsto per legge. CAPITOLO DECIMO. L’avviso di accertamento. Sezione prima (disciplina generale) Natura giuridica. Il procedimento amministrativo di applicazione delle imposte sfocia in un provvedimento impositivo, che le leggi denominano “avviso di accertamento”. Le leggi tributarie disciplinano compiutamente i presupposti, la misura, i soggetti passivi dell’obbligazione tributaria: l’Amministrazione finanziaria, in presenza di ciò che la legge richiede, deve emanare l’avviso di accertamento, con contenuti aderenti ai criteri prestabiliti dalla legge. All’ufficio non è data alcuna possibilità di scelte discrezionali. Negli atti d’imposizione, non è riscontrabile il vizio di eccesso di potere, che può aversi solo negli atti discrezionali. Requisiti di contenuto. La parte dispositiva. Nel contenuto dell’avviso di accertamento possiamo distinguere due parti: motivazione e dispositivo. La parte dispositiva è data dalla statuizione relativa alla base imponibile e all’obbligazione tributaria; la motivazione invece è l’indicazione dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche per cui è emanato l’avviso. Ciò che appare essenziale è soltanto la determinazione dell’imponibile. Solitamente, l’avviso statuisce l’imposta dovuta. Ma vi sono anche avvisi senza imposta. Un’ipotesi di questo tipo è l’accertamento dei redditi delle società di persone; con esso, si ha la determinazion e dell’imponibile della società, da imputare poi, pro quota, a ciascun socio. Nell’Iva, il contenuto dell’avviso di accertamento può contenere, non solo una nuova determinazione dell’imposta dovuta, ma anche una nuova determinazione dell’imposta detraibile o rimborsabile. Oltre che determinare l'imposta, solitamente gli avvisi di accertamento contengono anche l'irrogazione di sanzioni (es: per infedele o omessa dichiarazione). La motivazione Ogni provvedimento amministrativo deve essere motivato indicando i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione, in relazione alle risultanze dell’istruttoria. L’obbligo di motivazione è previsto per tutti gli atti dell’Amministrazione finanziaria dallo Statuto dei diritti del contribuente. Si richiede, inoltre, il distinto riferimento ai singoli redditi delle varie categorie e la specifica indicazione dei fatti e delle circostanze che giustificano il ricorso a metodi induttivi o sintetici e delle ragioni del mancato riconoscimento di deduzioni e detrazioni. Negli avvisi in materia di Iva oltre ai presupposti di fatto e alle ragioni giuridiche, devono essere indicati specificatamente, a pena di nullità, gli errori, le omissioni e le false o inesatte indicazioni su cui è fondata la rettifica e I relativi elementi probatori. Per le omissioni e le inesattezze desunte in via presuntiva devono essere indicari I fatti certi che danno fondamento alla presnzione. Se, prima dell'emanazione dell'avviso di accertamento, il contribuente interviene nel procedimento esponendo le se ragioni, sorge l'obbligo della motivazione rafforzata → contenente l'esame delle deduzioni del contribuente. Es: se il contribuente dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni di verifica, comunica all'ufficio le sue osservazioni e richieste, la motivazione dell'avviso di accertamento ne deve tenere conto. Stesso vale per l'irrogazione di sanzioni, la motivazione del provvedimento sanzionatorio deve tenere conto della memoria difensiva presentata dal contribuente. Molto spesso gli avvisi di accertamento sono emessi in base ad altri atti, richiamati nell’avviso (la motivazione del provvedimento deve garantire la conoscibilità dell’iter logico seguito dall’ente impositore – allegando le norme a cui si rimanda o riportandone sinteticamente il contenuto). Possono non essere allegati gli atti già conosciuti dal contribuente o quelli immediatamente riconoscibili, senza bisogno di ricerche che comprimono il termine per proporre il ricorso. L’avviso di accertamento è un provvedimento amministrativo e le norme in tema di motivazione richiedono non soltanto la pretesa ma anche i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che giustificano l’atto, poste a garanzia del contribuente. La notificazione. La notifica dell'avviso di accertamento non è solo una normale procedura con cui tale atto viene portato a conoscenza del destinatario ma è la modalità con la quale l'avviso viene ad esistenza → l’atto di imposizione esplica effetti giuridici solo se notificato al destinatario. Gli atti tributari sono notificati secondo le modalità previste dal cpc salvo qualche modifica: • La notificazione degli atti tributari è eseguita dai messi comunali o da messi speciali autorizzati dall’Agenzia delle entrate: • il messo deve far sottoscrivere l’atto al consegnatario; • se il consegnatario non è il destinatario dell’atto o dell’avviso, il messo consegna o deposita la copia dell’atto da notificare in busta (il consegnatario sottoscrive una ricevuta); • salvo I casi di consegna per mano, la notificazione degli avvisi o degli atti è eseguita mediante spedizione a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento; • la notificazione deve essere fatta nel domicilio fiscale del destinatario. Se nel comune del domicilio fiscale non vi è luogo presso cui la notifica può essere fatta validamente, l’atto da notificare è depositato presso la casa del comune, ed il messo affigge un avviso del deposito presso l’albo del comune e ne dà notizia al destinatario con raccomandata. Quando la verifica deve essere fatta ad un non residente, questi elegge in Italia un luogo presso cui fare notifica. Egli può nominare un rappresentante per i rapporti tributari ai fini delle imposte dirette o ai fini dell’Iva. Altrimenti per le imposte dirette il domicilio è nel comune in cui è prodotto il reddito, per le altre imposte nel comune in cui si verifica il presupposto. È facoltà del contribuente Alcune violazioni non comportano l’annullabilità del provvedimento. Non è annullabile il provvedimento adottato in violazione delle norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello adottato. La corrispondenza dell’imposta accertata alla situazione di fatto e alle norme di legge rende irrilevanti i vizi per i quali non vi sia una norma ad hoc che ne preveda la nullità o l’annullabilità. È comunque rilevante il vizio di motivazione degli atti impositivi nei casi in cui sia palese che il contenuto dispositivo del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso. Facoltà difensive del contribuente. Il contribuente al quale è notificato un avviso di accertamento: può presentare istanza di accertamento con adesione (con ridimensionamento del tributo e riduzione delle sanzioni ad 1/3 del minimo), NB: l'istanza sospende il termine per impugnare di 90 giorni; • può anche definire solo le sanzioni e impugnare l’avviso di accertamento nella parte concernente il tributo; • Se il processo giunge al suo epilogo naturale e il ricorso è accolto, l’atto cessa di esistere perché annullato. Se il ricorso è respinto, l’atto sopravvive al processo come definitivo. • Il contribuente può, nel termine di 60 giorni dalla notifica, impugnare l'avviso di accertamento dinnanzi alle commissioni tributarie. Se il contribuente non impugna l'avviso di accertamento o di liquidazione e non presenta istanza di accertamento con adesione, le sanzioni irrogate sono ridotte ad 1/3. occorre però che le somme dovute (imposte, interessi e sanzioni ridotte) siano pagate prima che scada il termine per proporre ricorso. Le sanzioni irrogate sono ridotte, per mancanza di impugnazione dell'avviso, ad 1/6 se al cotribuente non è stata data possobilità di definire il rapporto d'imposta mediante adesione ai contenuti dell'invito a comparire o al processo verbare (definizioni che comportano la riduzione delle sanzioni ad 1/6). Non si applica la riduzione di 1/6 ma di 1/3 quando il contribuente avrebbe potuto aderire al processo verbale o ad invito, ma non lo ha fatto. Sezione seconda (tipologia) L’accertamento analitico del reddito complessivo delle persone fisiche. L’accertamento analitico ricostruisce l’imponibile delle persone fisiche considerandone le singole componenti. È effettuato quando sono note le singole fonti dei redditi e si perviene al reddito complessivo sommando i redditi delle singole fonti. All'accertamento di un maggior reddito l'ufficio può arrivare anche mediante presunzioni semplici o legali (es: movimenti bancari). Per i redditi d’impresa esso presuppone che la contabilità, nel suo complesso, sia attendibile. L’accertamento sintetico del reddito complessivo delle persone fisiche. Mentre l’accertamento analitico ha per oggetto redditi appartenenti a singole categorie, con l’accertamento sintetico si ottiene direttamente la misura del reddito complessivo. Il metodo sintetico ha come punto di partenza l’individuazione di elementi e fatti economici diversi dalle fonti di reddito (spese per consumi, investimenti, etc.). Perciò l’accertamento sintetico può essere indicato anche come accertamento basato sulla spesa. L’ufficio può operare direttamente il confronto tra reddito complessivo netto dichiarato dal contribuente e reddito complessivo accertabile in via sintetica, senza che sia obbligato a verificare la congruità dei singoli redditi dichiarati prima di adottare il metodo sintetico → il confronto deve portare a redditi omogenei. L'accertamento è ammesso fino al limite che il reddito netto complessivo accertabile si discosta di 1/5 da quello netto dichiarato. I parametri dell’accertamento sintetico. I criteri di quantificazione del reddito sintetico. • Attraverso il c.d. “redditometro” → determinazione fondata sul contenuto di elementi indicativi della capacità contributiva, individuati mediante l'analisi di campioni significativi di contribuenti, differenziati anche in funzione del nucleo famigliare e dell'area territoriale di appartenenza (disponibilità di barche, auto, residenze, …). L'ufficio deve solo accertare l'esistenza dei fatti-indice → è una presunzione relativa in quanto l'onere della prova è invertito e non grava sull'ufficio l'onere della prova positiva ma sul contribuente l'onere della prova contraria. • Attraverso la spesa globale si tiene conto del tenore di vita → calcolo di tutto ciò che il contribuente ha speso (vitto, casa, viaggi, auto + quota-risparmio) durante il periodo imponibile, se l'insieme delle spese è superiore al reddito netto dichiarato si presume che la differenza sia reddito impoibile non dichiarato. Il contribuente può difendersi dimostrando che le spese sostenute sono avvenute con redditi diversi da quelli posseduti nello stesso periodo d'imposta, o con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte o comunque legalmente esclusi dalla formazione dell'imponibile es: redditi di anni precedenti, beni ricevuti per successione, vincite... L’accertamento analitico-contabile dei redditi d’impresa. L’accertamento analitico-contabile dei redditi d’impresa consiste in rettifiche di singole componenti del reddito dichiarato. Presuppone che la contabilità si attendibile. Le ipotesi di rettificac anlitico-contabile: quando si riscontra la violazione di una norma in materia di reddito d'impresa, che può comportare variazionei del reddito fiscale es: si deducono quote di ammortamento superiori a quelle previste dalla legge o se si deducono componenti passive non deducibili. Non vi è corrispondenza tra dichiarazione e bilancio siano ritenute altre prove documentali (risposte a questionari, esame di atti e documenti, esame di conti bancari ecc) da cui risultino in modo certo e diretto gli elementi probatori che determinano la rettifica. Accertamento analitico-induttivo, si può affermare l'esistenza di attività non dichiarate o inesistenza di passività dichiarate anche sulla base di presuzioni semplici purchè queste siano gravi, precise e concordanti, o su gravi incongruenze tra I ricavi e quelli desumibili dalle caratteristiche e condizioni di esercizio della specifica attività svolta oppure dagli studi di settore (es: incongruenza tra prezzo di vendita di un bene e il suo valore corrente). L’accertamento “standardizzato” mediante studi di settore. Il reddito degli imprenditori può essere determinato su base contabile quando l’impresa tiene in modo sistematico la contabilità, secondo il regime della contabilità ordinaria. Per quanto riguarda le imprese minori che operano in regime di contabilità semplificata, sono stati previsti specifici strumenti di determinazione di reddito (coefficienti presuntivi, studi di settore, parametri), questo perchè il loro sistema di contabilità è semplificato e meno affidabile. Il legislatore quindi ha introdotto normative dirette a tassare le imprese minori su base presuntiva mediante procedure di accertamento standardizzato con lo strumento degli studi di settore. Oggetto degli studi di settore è la determinazione presuntiva dei ricavi o compensi attribuibili al contribuente sulla base della sua capacità potenziale di produrli, definita in base ad una varietà di fattori, interni ed esterni all’azienda ed in base ad indici di normalità economica. Le imprese sono divise in gruppi omogenei (cluster), in base ad una molteplicità di fattori (tipo clientela, area di mercato, ecc). Sulla base di tali elaborazioni, e valutando dei campioni significativi di contribuenti, è individuata una funzione matematica mediante la quale sono calcolati i ricavi per ciascun cluster. Gli studi di settore si applicano agli imprenditori e lavoratori autonomi.l'elaborazione di studi di settore delle attività di lavoro autonomo è più problematica in quanto per le attività artistiche e professionali contano molto le caratteristiche soggettive. Ogni contribuente che appartenga ad una categoria alla quale si applicano gli studi di settore deve presentare, insieme alla dichiarazione dei redditi, un modello con cui comunica i dati rilevanti ai fini degli studi. Ogni contribuente deve: 1. inquadrare la propria attività in un cluster; 2. indicare se il volume dei ricavi e compensi dichiarati è “congruo”, cioè rientra o meno nell'intervallo di confidenza parametrale; 3. individuare la “coerenza” dei principali fattori economici che caratterizzano la sua attività, rispetto agli standard del cluster di appartenenza. L'amministrazione quando riscontra che I redditi dichiarati non corrispondono a quelli risultanti dagli stiudi di settore, non può emettere avvisi di accertamento automatici ma deve attivare obbligatoriamente il contraddittorio con il contribuente. È necessario quindi che sia verificata in concreto la sussistenza di indizi di maggior reddito che siano gravi, precisi e concordanti. È poi onere del contribuente dimostrare le circostanze per le quali I ricavi o compensi presunti non siano stati effettivamente conseguiti. L’accertamento induttivo-extracontabile dei redditi d’impresa. l’accertamento analitico presuppone l’attendibilità complessiva della contabilità. È quando si ha una contabilità inattendibile che si ricorre al metodo induttivo-extracontabile, si tratta di casi previsti tassativamente dalla legge: 1. il reddito d’impresa non è stato indicato nella dichiarazione; Per le imposte sui redditi e Iva, il contribuente può prendere l'iniziativa dopo che sono stati effettuti accessi, ispezioni o verifiche, presentando un'istanza con cui chiede all'ufficio di formulare una proposta. Può formulare tale richiesta anche a seguito dell'avviso di accertamento. L'istanza avvia un confronto tra contribuente e ufficio, che entro 15 giorni dalla ricezione dell'istanza deve inviare al contribuente un'invito a comparire. Se dal contraddittorio scatrisce una ccordo, ad esso segue la redazione di un atto di accertamento, sottoscritto dal titolare dell'ufficio e per adesione dal contribuente. Nell'accertamento per adesione sono indicati, come nell'accertamento ordinario, gli elementi e la motivazione su cui la definizione si fonda, nonchè la liquidazione delle maggiori imposte e delle sanzioni → il contenuto è analogo all'accertamento normale con la sola differenza che questo non è notificato al contribuente dato che è sottoscritto pure da lui. Un incentivo per il contribuente a tale procedura è la riduzione delle sanzioni al 1/3 del minimo. La procedura si perfeziona con il versamento delle somme dovute entro venti giorni dalla sottoscrizione. Il versamento può essere rateizzato e il perfezionamento si ottiene con il versamento della prima rata entro 20 giorni. L’accertamento con adesione nasce definitivo; il contribuente non può proporre ricorso e l’ufficio non può modificarlo. Può essere integrato con un su ccessivo accertamento solo in alcuni tassativi casi: 1. si viene a conoscenza di nuovi elementi che fanno presupporre un reddito superiore al cinquanta per cento di quello dichiarato 2. la definizione riguarda accertamenti parziali 3. la definizione riguarda redditi derivanti da partecipazioni nelle società di persone o da associazioni o da aziende coniugali non gestite in forma societaria. Sulla natura giuridica del concordato, vi sono, in dottrina, due orientamenti. Uno utilizza concetti privatistici e ravvisa nel concordato un contratto. Secondo altri, invece, l’atto dell’ufficio resta pur sempre un atto di accertamento (a cui il contribuente presta la sua adesione). Questo secondo orientamento è da preferire, in quanto il concordato è comunque forma di esercizio del potere impositivo; non può essere, perciò, un atto di diritto privato. L’avviso di liquidazione. Nell’accertamento dell’imposta di registro, la legge distingue tra determinazione del valore imponibile e determinazione (o liquidazione) dell’imposta. Può esservi, come atto autonomo, l’avviso di liquidazione, nei casi in cui (essendo già determinato l’imponibile) si tratta solo di liquidare l’imposta e chiederne il pagamento. Ad esempio, la rettifica della liquidazione dell’imposta (principale) liquidata in sede di registrazione di un atto, può essere fatta con avviso di liquidazione. Perciò, l’avviso di liquidazione è un atto impositivo, le cui determinazioni hanno valore autoritativo e divengono definitive se non impugnate. Atto di recupero. Emesso quando un contribuente dichiara un credito d'imposta che non gli spetta e lo compensa con somme da versare. Con l'atto di recupero l'amministrazione accerta l'insussistenza del credito e recupera le somme che nonsono state versate a seguito della compensazione. L'atto di recupero è un'atto impositivo, dev'essere motivato e notificato ed è inoltre anche titolo esecutivo. L’ingiunzione fiscale. L’ingiunzione aveva, in passato, funzioni di precetto e di titolo esecutivo, quando non era preceduto da un atto di accertamento aveva anche funzioni di accertamento del tributo. Dopo la riforma della riscossione del 1988, l’ingiunzione ha perduto tali funzioni, ma rimane in vita come atto di accertamento delle imposte dirette per le quali la legge non prevede l’avviso di accertamento come atto tipico (tributi doganali e imposte di fabbricazione). Inoltre, la riscossione coattiva dei tributi di spettanza di province e comuni è effettuata mediante ingiunzione fiscale se è svolta in proprio dall’ente locale. CAPITOLO UNDICESIMO. L’elusione. Nozione di elusione. L’evasione è generalmente realizzata non dichiarando il presupposto dell’imposta; è violazione diretta di norme fiscali, punita con sanzioni amministrative e/o penali. L’elusione può essere definita come una forma di risparmio fiscale che è conforme alla lettera della norma, ma non alla sua ratio in modo da realizzare un risparmio fiscale non giustificato da ragioni extrafiscali. Non è una violazione ma un aggiramento dei precetti fiscali. Il contribuente che elude evita di applicare la tassazione più onerosa seguendo un percorso anomalo, abusivo. Vi è elusione quando sono posti in essere comportamenti privi di valide ragioni economiche, diretti ad aggirare obblighi o divieti previsti dall’ordinamento tributario, e a ottenere riduzioni di imposte o rimborsi, altrimenti indebiti. Chi elude non viola alcuna specifica disposizione, ma ottiene un vantaggio fiscale che è indebito perchè deriva da comportamenti privi di ragioni economicamente apprezzabili → è frutto di un comportamento posto alla luce del sole. L’elusione è un comportamento realizzato senza occultamenti della materia imponibile ed è posta in essere con strumenti leciti (mentre l'evasione rimane nel campo degli illeciti). Il risparmio fiscale non è indebito se è la conseguenza dell'applicazione di una norma fiscale in modo conforme alla sua ratio. In tali casi per il sistema delle norma tributarie, è ammesso che il contribuente, posto di fronte a due schemi di comportamento, adotti quello fiscalmente meno oneroso. La ricerca del risparmio fiscale, mediante l’insediamento di strutture societarie in Stati che adottano un regime tributario favorevole, non è di per sé uncomportamento riprovevole. Sono invece elusive le costruzioni societarie puramente artificiose, prive di reale organizzazione e di concreta attività, costituite essenzialmente per spostare materia imponibile verso paesi a bassa fiscalità. Elusione e frode alla legge. Un contratto con fini di elusione fiscale non è nullo, ma invalido e rimane efficace sul piano civilistico, come stabilito dall’art.10 dello Statuto dei diritti del contribuente. Le norme fiscali, infatti, operano su un piano diverso rispetto a quelle civilistiche; queste ultime considerano nulli i patti che eludono l’applicazione di una norma imperativa e le norme tributarie non sono comprese tra le norme imperative. Perciò, l’elusione di norme fiscali non rende illecita la causa del negozio. La riqualificazione degli atti e negozi elusivi. La riqualificazione è un modo per far emergere, al di là dell'apparenza formale, il vero negozio posto in essere dalle parti. Consiste nel superamento della forma che i contraenti hanno dato al contratto, applicando il principio della prevalenza della sostanza sulla forma. Ciò avviene applicando i criteri di interpretazione dei contratti in modo non formalistico. Significativa la fattispecie dei “contratti a gradini”. Con tale espressione si indica un’operazione realizzata con una pluralità di contratti, tutti finalizzati ad un dato risultato. Es: caso di un padre che ha donato dei buoni del tesoro (operazione esente dal fisco) al figlio, successivamente ha venduto un immobile al figlio che l'ha pagato retrocedendo al padre I buoni del tesoro. La giurisprudenza optò per la tesi sostenuta dal fisco, affermando che si deve tener conto, non dei singoli contratti isolatamente presi, ma dell’intera operazione. Norme con ratio antielusiva. Per contrastare l’elusione vi sono norme a contenuto espressamente antielusivo, che collegano, a fattispecie qualificate come elusive, particolari poteri impositivi dell’Amministrazione finanziaria. L’altra tecnica è data da norme specifiche, la cui antielusività non è esplicita, ma risiede nella ratio. Esse sono norme implicitamente antielusive e possono essere della più diversa specie e natura. Un esempio di norma antielusiva è quella che limita la deducibilità delle perdite di società incorporate, in quanto la finalità dell’operazione non è quella di unire due organismi produttivi, ma quella i acquisire il diritto di dedurre le perdite dell’incorporata. Le norme a contenuto espressamente antielusivo. Con le norme espressamente antielusive il legislatore non modifica le ordinarie norme impositive, ma attribuisce all’Amministrazione finanziaria il potere di qualificare come elusiva una determinata operazione e di imporre il pagamento del tributo eluso. Nell’ordinamento giuridico italiano non vi è, in forma esplicita, una clausola antielusiva generale. L’elusione secondo l’art. 37- bis del D.p.r. n.600/1973. Sono inopponibili all’Amministrazione finanziaria gli atti, i fatti e i negozi, anche collegati tra loro, privi di valide ragioni economiche, diretti ad aggirare obblighi o divieti previsti dall’ordinamento tributario, e a ottenere riduzioni d’imposte o rimborsi, altrimenti indebiti. L’elusione assume rilievo quando: 1. sia stato conseguito un vantaggio fiscale indebito, sia stato posto in essere l’aggiramento di un obbligo o divieto fiscale 2. l’operazione sia priva di valide ragioni economiche. il contribuente deve chiedere il preventivo parere della Direzione generale dell’Agenzia delle entrate, fornendole tutti gli elementi conoscitivi utili ai fini della corretta qualificazione tributaria della fattispecie prospettata; la Direzione deve rispondere entro centoventi giorni; trascorso questo termine, il contribuente può inviare una diffida ad adempiere; la mancata risposta entro sessanta giorni dalla diffida ha valore di silenzio-assenso. Gli interpelli disapplicativi. Le norme con ratio antielusiva sono norme che negano, in via astratta e generale, un determinato beneficio, ma il legislatore prevede un correttivo (“interpello antielusivo”), che consiste nella facoltà del contribuente di richiesere, e nel potere dell'amministrazione di disporre, la disapplicazione di una norma antielusiva. Possono essere disapplicate le norme tributarie che, allo scopo di contrastare comportamenti elusivi, limitano, deduzioni, detrazioni, crediti d'imposta o altre posizioni soggettive altrimenti ammesse dall’ordinamento tributario, nel caso in cui non possono verificarsi effetti elusivi. Ad esempio, la deduzione delle perdite di anni pregressi è ammessa entro dati limiti, fissati per ragioni antielusive. Il contribuente può esperire l’interpello disapplicativo per ottenere il diritto di dedurre le perdite oltre i limiti consentiti, se dimostra che non c’è elusività. Il contribuente, per ottenere la disapplicazione, deve presentare istanza al Direttore generale dell’Agenzia delle entrate; nell’istanza deve: 1. descrivere compiutamente l’operazione; 2. dimostrare che non possono verificarsi effetti elusivi; 3. indicare le disposizioni normative di cui richiede la disapplicazione. L’istanza è accolta o respinta con provvedimento definitivo, dal Direttore regionale dell’Agenzia delle entrate. CAPITOLO DODICESIMO. La riscossione. Aspetti generali. La disciplina generale è contenuta nel dpr 602/1973 alla quale si aggiungono alcune particolarità per l'iva e le imposte indirette. Dal 2006 (soppresso il sistema di affidamento in concessione ai privati) le funzioni relative alla riscossione sono state pubblicizzate, essendo state affidate all'agenzia delle entrate, che le esercita mediante la società Equitalia spa. Le funzioni degli uffici della riscossione possono essere così sintetizzate: • incassare le somme pagate mediante versamento diretto e quelle iscritte a ruolo; • gestire il conto fiscale e provvedere ai rimborsi connessi a tale conto; • provvedere alla esecuzione forzata; • eseguire i rimborsi. La legge innanzitutto obbliga i contribuenti a provvedere di propria iniziativa al pagamento delle imposte (c.d. autotassazione); il compito dell’Amministrazione finanziaria è, quindi, in primo luogo, quello di controllare gli adempimenti dei contribuenti, e, in secondo luogo, di formare atti diretti a provocare il pagamento. L’estinzione dell’obbligazione tributaria avviene in forme tipiche, rigidamente disciplinate. L’ente impositore non può riscuotere, se non nei modi previsti dalla legge, né il contribuente può liberarsi in forme diverse da quelle stabilite dalla legge. L'obbligazione è estinta dal pagamento del dovuto e talvolta da compensazione. La riscossione delle imposte sui redditi. Le ritenute alla fonte. Le ritenute sono operate dai sostituti d’imposta a titolo d’acconto o a titolo d’imposta. Le ritenute d’acconto, per chi le subisce, costituiscono un acconto dell’imposta che sarà dovuta sui redditi di quel periodo d’imposta. Obbligati ad operare le ritenute (cc.dd. sostituti) sono le società ed altri quando corrispondono: 1. redditi di lavoro dipendente o assimilati; 2. compensi di lavoro autonomo; 3. provvigioni inerenti a rapporti di commissione, agenzia, mediazione, rappresentanza, etc.; 4. interessi, dividendi e altri redditi di capitale; 5. compensi per avviamento commerciale; 6. premi e vincite. Simili alle ritenute alla fonte sono le ritenute dirette, operate dalle amministrazioni pubbliche. Sono dirette perchè fatte dallo stesso creditore. Alla ritenuta diretta sono soggetti: i redditi di lavoro dipendente e assimilati, i redditi di capitale, i contributi ed i premi e vincite. Le ritenute dirette, come le ritenute alla fonte operate dai sostituti, sono eseguite a titolo di acconto o a titolo d’imposta. I versamenti diretti delle imposte sui redditi e di altre imposte. Versamento diretto → pagamento di somme effettuate dal contribuente in esecuzione di un obbligo di legge ed in base ad autonoma liquidazione della somma da versare. Si dice diretto per distiguerlo da quello fatto a seguito di iscrizione a ruolo. Con i versamenti diretti viene attuata la c.d. riscossione anticipata → le imposte sui redditi snoo imposte periodiche, ciò significa che ad ogni periodo d'imposta corrisponde un'obbligazionoe tributaria il cui presupposto si perfeziona quando si coclude il periodo d'imposta. La riscossione dell'imposta avviene già durante il corso del periodo, in via anticipata rispetto al perfezionamento della fattispecie imponibile. La riscossione anticipata è realizzata in due modi: • mediante ritenuta d’acconto, da parte di sostituti e pubblica amministrazione, e successivo versamento; • mediante versamento di acconti, da parte del contribuente. I sostituti, mensilmente, entro il giorno 16, devono versare le ritenute operate nel mese precedente. Inoltre, ciascun contribuente deve effettuare, nel corso del periodo d’imposta, due versamenti d’acconto; tali versamenti hanno come parametro l’imposta dovuta per il precedente periodo e valgono come acconti dell’imposta che risulterà dovuta per il periodo in corso. Il contribuente può versare meno di una certa percentuale di quanto dovuto per l’anno precedente se prevede di produrre un reddito inferiore e di dover pagare un’imposta minore, ma assume il rischio di una sanzione amministrativa se la sua previsione si rivela errata. Nell’Iva, l’imposta deve essere versata entro il girorno 16 di ciascun mese, in base alle liquidazioni mensili. Entro il 27 dicembre deve essere versato un acconto calcolato in base all’ultima liquidazione dell’anno. Dopo che il periodo d’imposta si è concluso, con la presentazione della dichiarazione dei redditi e della dichiarazione annuale Iva, deve essere versato il saldo che risulta dovuto in base alla stessa dichiarazione. Se dalla dichiarazione annuale risulta un credito, il contribuente ha diritto di computare l’importo dell’eccedenza in detrazione nell’anno successivo e , in certe ipotesi, può chiederne il rimborso. Versamenti “unitari” e compensazione. I contribuenti versano cumulativamente sia le imposte dirette e le ritenute, sia altre imposte, sia i contributi previdenziali e assistenziali. Viene utilizzato un modello denominato F24; ed il versamento è effettuato o direttamente negli uffici della riscossione, o presso banche o uffici postali. Per indicare il titolo cui imputare le somme che si versano si utilizza un codice tributo. Il pregio dei versamenti unitari è che consentono la compensazione tra partite attive e passive del contribuente, coinvolgendo non solo imposte diverse, ma anche i rapporti con gli enti previdenziali e gli enti locali. Se la dichiarazione dei redditi reca un saldo attivo, il contribuente ha diritto, a sua scelta, di computare l’eccedenza in diminuzione dell’imposta relativa al periodo d’imposta successivo o di chiederne il rimborso in sede di dichiarazione dei redditi. La compensazione orizzontale è ammessa, in sede di versamento unitario, entro importi annui prefissati, tra imposte e contributi da versare con il mod. F24. Modalità dei versamenti diretti. I versamenti diretti sono destinati all’agente della riscossione o alla Tesoreria provinciale dello Stato. I versamenti diretti, al netto della compensazione, sono eseguiti in via telematica o mediante delega irrevocabile ad una banca convenzionata o all’Ente Poste. Il delegato deve rilasciare un’attestazione recante l’indicazione dei dati identificativi del soggetto che effettua il versamento, la data, la causale e gli importi dell'ordine di pagamento. L'attestazione deve anche recare I crediti per I quali il contribuente si è avvalso della facoltà di compensazione. La compensazione. L'art 8 dello statuto dei contribuenti prevede la formula generale secondo la quale l'obbligazione tributaria può essere estinta anche mediante compensazione, ma di fatto la compensazione è ammessa solo nei casi e nei modi previsti dall legge o da regolamenti attuativi del principio statutario. Per le iscrizioni a titolo provvisorio, la loro sorte dipende dall’esito del processo; l’entrata che produce non è definitiva (l’accertamento, se annullato, genera un debito verso il contribuente). Le iscrizioni a titolo definitivo appaiono destinate alla riscossione di somme definitivamente dovute, ma lo stesso dichiarante può impugnare l’iscrizione che si basi sulla sua dichiarazione. Inoltre, gli accertamenti definitivi possono essere rimossi dalla stessa Amministrazione, in via di autotutela; infine, può essere esperita con successo, da parte del contribuente, un’azione di revocazione straordinaria contro una sentenza tributaria. Riscossione integrale in caso di pericolo per la riscossione. In presenza di un fondato pericolo per la riscossione, quando sono decorsi 60 giorni dalla notifica degli avvisi di accertamento esecutivi e dalla intimazione ad adempiere, può essere disposta la riscossione delle somme in essi indicate, nel loro ammontare complessivo (con interessi e sanzioni). In deroga alle regole della riscossione provvisoria, la legge prevede dei “ruoli straordinari”, in cui sono iscritte, in via anticipata, le somme per le quali vi sia fondato pericolo di non riscuoterle (ad esempio, è possibile la riscossione di intere imposte in pendenza dei processi di primo grado). Il pericolo deve essere espressamente indicato. La cartella di pagamento. L'agente della riscossione deve rendere noti ai contribuenti le iscrizioni a ruolo che li riguardano mediante notificazione della cartella di pagamento. Tale cartella è formata sulla base del ruolo, dall'agente della riscossione territorialmente competente in relazione alla residenza delle persone fisiche e alla sede delle persone giuridiche. Nella cartella sono indicate le imposte iscritte a ruolo, i relativi interessi e sanzioni e l’importo da corrispondere a titolo di compenso per la riscossione, la data in cui il ruolo è reso esecutivo, istruzioni sulle modalità di pagamento. La cartella deve contenere, a pena di nullità, l’indicazione del responsabile del procedimento di iscrizione a ruolo e di quello di emissione e di notificazione della stessa cartella. Una singola cartella si riferisce a tutte l,e iscrizioni a ruolo di un determinato periodo. Il contenuto può essere eterogeneo: iscrizioni di tributi erariali e locali ed anche di entrate non erariali (contributi previdenziali, sanzioni amministrative ecc). La cartella, oltre ad essere una richiesta di pagamento, equivale al precetto dell’esecuzione forzata ordinaria. Se il contribuente non paga l'agente di riscosione può intraprendere esecuzione forzata, enza altri avvisi, 60 giorni dopo la notifica della cartella. Decorso un anno dalla notifica senza che sia iniziata esecuzione forzata, l'intimazione ad adempiedere esaurisce il suo effetto → per iniziare esecuzione forzata è necessario la notifica di una nuova intimazione ad adempiere. Le cartelle di pagamento relative alle imposte sui redditi e iva devono essere notificate: • entro il 31 dicembre del 3° anno successivo a quello della presentazione della dichiarazione, per le somme che risultano dovute a seguito dell'attività di liquidazione. • Entro il 31 dicembre del 4° anno successivo a quello della dichiarazione per le somme che risultano dovute a seguito di un controllo formale • entro il 31 dicembre del 2° anno successivo a quello in cui l'accertamento è divenuto definitivo per le somme dovute in base agli accertamenti. Dalla data di notificazione decorrono I 60 giorni sia per l'esecuzione che inizia dopo sia per presentare ricorso. Scadenza del pagamento. Dilazioni e sospensioni. Il pagamento delle somme iscritte a ruolo deve essere eseguito entro sessanta giorni dalla notificazione della cartella di pagamento. Il contribuente che si trova in una “temporanea situazione di obbiettiva difficoltà” può chiedere una rateizzazione, la competenza spetta all'agente della riscosione, che può conceder la ripartizione del pagamento delle somme iscritte a ruolo fino ad un massimo di 72 rate mensili. Interessi a aggio. Sono dovuti interessi per ritardata iscrizione a ruolo al tasso del 4% annuo a partire dal giorno successivo a quello di scadenza del pagamento e fino alla data di consegna sei ruoli all'agente di riscossione. Interessi di pari importo si applicano sulle imposte dovute a seguito di avviso di accertamento, a partire dalla data in cui avrebbe dovuto essere effettuato il versamento se le imposte fossero state dichiarate. In caso di rateizzazione o sospensione si applicano interessi al tasso del 4,5% annuo. Se il contribuente non versa le somme iscritte a ruolo (entro 60 giorni dalla notifica della cartella), sono dovuti interessi di mora, la cui misura è stabilita annualmente dal Ministro delle finanze sulla base della media dei tassi bancari attivi. Agli agenti di riscosione spetta un aggio del 9% delle somme (iscritte a ruolo e) dei rlativi interessi di mora, l'aggio è pagato dal contribuente in misura pari al 4,65% se il pagamento avviene entro il 60° giorno dalla notifica della cartella. In tal caso il restante è carico dell'ente creditore. Se il pagamento avviene oltre il 60°giorno il contribuente è tenuto a pagare la percentuale intera (tutto il 9%). Natura giuridica ed effetti del ruolo. Il ruolo da un lato attualizza un obbligo di versamento; dell'altro se l’obbligo non è adempiuto, l’iscrizione a ruolo legittima l’esecuzione forzata (il ruolo rende “esigibile” l’obbligazione tributaria). Ciò è vero quando il ruolo è fondato sull’avviso di accertamento → il contribuente è già teuto a versare in base all'avviso. La notifica della cartella pone una scadenza all'adempimento. Nel caso di ruolo fondato sulla dichiarazione dei redditi, il ruolo ha per oggetto un debito che doveva essere soddisfatto dal contribuente già in precedenza, mediante versamento diretto. In questo caso il ruolo e la successiva cartella di pagamento pongono un nuovo termine di pagamento a seguito del quale se persiste l'inadempimento, può avere inizio l'esecuzione forzata. Schema: inadempimento dell'obbligo di dichiarazione → ruolo, inadempimento dell'obbligo di ruolo → esecuzione forzata. Gli effetti del ruolo nei confronti di terzi. In linea di principio, il ruolo esplica effetti solo nei confronti del soggetto a cui si rivolge. Nel caso di pluralità di soggetti obbligati in solido, il ruolo ha efficacia solo nei confronti dei soggetti iscritti. In caso di solidarietà, l’agente della riscossione, per i tributi indiretti ed altre entrate, notifica la cartella di pagamento solo al primo dei soggetti iscritti, mentre agli altri invia una semplice comunicazione. Resta fermo che, in caso di solidarietà, l’Amministrazione finanziaria può agire solo nei confronti dei soggetti ai quali abbia notificato l’avviso di accertamento. In conclusione, il ruolo non ha efficacia verso terzi. La sospensione amministrativa del ruolo. Il ricorso contro il ruolo non sospende la riscossione; il contribuente può infatti chiedere la sospensione alla commissione tributaria alla quale ha presentato ricorso. Il contribuente può chiedere la sospensione del ruolo anche all’Ufficio dell’Agenzia delle entrate, che può accordarla fino alla pubblicazione della sentenza della Commissione tributaria provinciale, ma può revocarla ove sopravvenga fondato pericolo per la riscossione. La riscossione dell’imposta di registro. L'imposta principale è quella richiesta dall'ufficio sulla base dell'atto sottoposto a registrazione. È stata però introdotta la facoltà di utilizzare procedure telematiche. Le richieste sono presentate utilizzando un modello informatico che è trasmesso per via telematica, con la documentazione necessaria, ed il tributo non è liquidato dall'ufficio ma dal contribuente. Gli uffici controllano la regolarità dell'autoliquidazione e del versamento, e se risulta dovuta una maggiore imposta entro il termine di 30 giorni dalla presentazione del modello, un avviso di liquidazione , entro 15 giorni dalla notifica deve essere eseguito il pagamento della maggiore imposta → È suppletiva l’imposta applicata successivamente se diretta a correggere errori od omissioni effettuati in sede di autoliquidazione, quando la richiesta di registrazione viene presentata per via telematica. È invece complementare l'imposta applicata in ogni altro caso. NB: il notaio è coobligato con le parti di un contratto per il pagamento della sola imposta principale. L'avviso di accertamento nell'imposta di registro determinasolo la base imponibile, non è atto di riscossione, ad esso segue l'avviso di liquidazione e se vi è inadempimento l'iscrizione a ruolo. Accertamento dell'imponibile e liquidazione possono essere conteuti anche nello stesso documento. L’avviso di liquidazione contiene la determinazione autoritativa del quantum dell’imposta; esso è anche atto della riscossione, e racchiude un invito al pagamento dell’imposta, entro sessanta giorni, scaduti I quali scatta la sanzione amministrativa. Riscossione di altre imposte dirette. Vi sono imposte indirette il cui pagamento è connesso alla presentazione della dichiarazione. L’ingiunzione non ha più il ruolo di titolo esecutivo ma viene tuttora usata come avviso di accertamento, nelle imposte in cui aveva anche tale funzione. Essa conserva anche la funzione di atto con cui l’Amministrazione invita a pagare il tributo; se il pagamento non avviene, l’ingiunzione costituisce titolo di base a cui iscrivere a ruolo il dovuto. Il fisco vota come tutti gli altri creditori, il suo assenzo non è una conditio sina qua non del concordato, invece potrà essere assoggettato al volere della maggioranza. L’esecuzione forzata. Quando il contribuente non paga le somme iscritte a ruolo, l’agente della riscossione può sottoporre ad esecuzione forzata i suoi beni. Come l'esecuzione forzata ordinaria anche questa presuppone la notifica del titolo esecutivo e del precetto (intimazione ad adempiere) che qua può essere contenuta nell'avviso di accertamento o nella cartella di pagamento. L'espropriazione deve essere avviata a pena di decadenza entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello in cui l'accertamento è divenuto definitivo. Se non è iniziata entro un anno dalla notifica della cartella, l’espropriazione deve essere preceduta dalla notifica di una intimidazione ad adempiere entro cinque giorni. Scaduto il termino di 60 giorni dalla notificazione della cartella di pagamento, l'agente della riscossione può iscrivere ipoteca sugli immobili, disporre il fermo dei beni mobili e iniziare l'esecuzione forzata. Per individuare I beni da pignorare, gli agenti della riscossione • sono autorizzati ad accedere agli uffici pubblici con facoltà di prendere visione e di estrarre copia degli atti riguardanti I beni dei debitori iscritti a ruolo e dei coobligati • sono autorizzati ad accedere alle informazioni disponibili presso il sistema informativo del monistero delle finanze e presso I sistemi informativi degli altri soggetti creditori. L’esecuzione forzata si articola in tre momenti: 1. pignoramento; 2. la vendita del bene tramite messa all’incanto (vengono effettuati due incanti – ed un eventuale terzo incanto – poi, se rimane invenduto, il bene viene elargito allo Stato); 3. assegnazione del ricavato (epilogo della procedura). Liti esecutive. Contro il processo esecutivo ordinario, il codice di procedura civile prevede tre rimedi: 1. l’opposizione all’esecuzione, con cui si contesta il diritto di procedere; 2. l’opposizione agli atti esecutivi, con cui si contesta la regolarità formale del titolo esecutivo; 3. l’opposizione del terzo, promossa dal terzo che assume di essere proprietario dei beni 4. pignorati. Il contribuente può: • impugnare il ruolo dinanzi alle commissioni; • proporre opposizione dinanzi al giudice ordinario per contestare la pignorabilità dei beni; • proporre opposizione dinanzi al giudice ordinario contro i singoli atti esecutivi. Chiunque si ritenga leso dall’esecuzione forzata può agire contro l’agente della riscossione, dopo il compimento dell’esecuzione, per il risarcimento dei danni. La procedura esecutiva può essere sospesa dal giudice dell'esecuzione alla duplice condizione che ricorrano gravi motivi e vi sia fondato pericolo di grave e irrevocabile danno. CAPITOLO TREDICESIMO. Rimborsi e crediti d’imposta. Il rimborso dell’indebito e i crediti d’imposta. Il contribuente può essere anche creditore, ci sono 3 ipi di crediti: 1. crediti per rimborsi da indebito 2. crediti risultanti dalla dichiarazione del reddito o per rimborso di altre somme debitamente versate 3. credito d'imposta in senso stretto. Le fattispecie dell’indebito. Il pagamento di un indebito genera un credito di rimborso a favore del solvens. Le cause dell’indebito tributario sono molteplici. Può accadere, ad esempio, che manchi ab origine o venga meno la norma di legge alla quale si ricollega l'imposta che è stata pagata. Altre ipostesi sono l'abrogazione retroattiva della norma impositiva o l'introduzione retroattiva di una norma di favore. Sono poi da prendere in particolare considerazione la dichiarazione di incostituzionalità di una norma impositiva e il c.d. debito comunitario. Per quanto riguarda le imposte incostituzionali, i pagamenti fatti in base a norme dichiarate incostituzionali assumono ex post la qualifica di pagamenti non dovuti: il rimborso è però escluso quando il pagamento è stato fatto in base ad un “rapporto esaurito” (pagamento effettuato in esecuzione di un atto impositivo definitivo, per effetto di sentenza passata in giudicato, o non impugnato, oppure quando è scaduto il termine entro cui il rimborso deve essere richiesto). Se un’imposta è stata pagata in base ad una norma nazionale che risulti in contrasto con il diritto comunitario, il giudice è tenuto ad applicare la norma comunitaria e a non applicare la norma nazionale. Pagamento indebito può aversi, innanzitutto, perché viene presentata una dichiarazione erronea (il contribuente ha diritto al rimborso, che va richiesto nei limiti temporali e nei modi opportuni). Se, con l’avviso di accertamento, l’ufficio costituisce un debito superiore a quello risultante dalla corretta applicazione della legge, l’obbligazione sorge ugualmente. L’indebito si profila solo se l’avviso è annullato dal giudice. Per le somme iscritte a ruolo, potrebbe darsi un vizio proprio del ruolo (ad esempio, viene iscritta una somma superiore a quella dovuta in base all'avviso o alla dichiarazione). Interessi per il ritardato rimborso. In caso di ritardo nel rimborso di imposte sui redditi, il contribuente ha diritto all’interesse, nella misura percentuale prevista dalla legge, per ognuno dei semestri interi, escluso il primo, compresi tra la data del versamento e la data dell’ordinativo del rimborso. Tutela del diritto al rimborso. La fase amministrativa. Per ottenere il rimborso, l’avente diritto ha l’one re di presentare un’istanza, entro termini e con modalità prefissate. La domanda di rimborso, in mancanza di disposizioni specifiche, deve essere presentata entro due anni dal pagamento oppure, se posteriore, dal giorno in cui è sorto il diritto alla restituzione. Se la domanda è esplicitamente respinta, il rifiuto espresso è atto impugnabile dinnanzi alla commissione tributaria provinciale. Se l’Amministrazione rimane inerte per novanta giorni dalla presentazione della domanda di rimborso, il silenzio si interpreta come rifiuto e l'interessato può proporre ricorso alla commissione tributaria. In caso di silenzio quindi il contribuente può ricorrere dopo il 90° giorno ma comunque entro il termine di prescrizione del diritto alla restituzione. Il rimborso delle ritenute dirette e dei versamenti diretti. Per il rimborso delle ritenute dirette e dei versamenti diretti, è necessario che sia presentata istanza all’Agenzia delle entrate entro il termine di decadenza di 48 mesi dal versamento. La domanda presentata ad un ufficio non competente non è efficace Se il versamento riguarda ritenute indebitamente operate e versate, l’istanza di rimborso può essere presentata sia dal sostituto (che ha versato), sia dal sostituito (che ha subìto la ritenuta). Il termine decorre per il sostituito da quando ha subito la ritenuta, e per il sostituto da quando ha versato se la ritenuta e il versamento sono indebiti ab origine. Il termine di quarantotto mesi inizia a decorrere dal momento in cui è stato effettuato il versamento, o da quando è stata operata la ritenuta, solo se la ritenuta o il versamento sono indebiti ab origine. Il termine decorre, invece, dal versamento del saldo nel caso in cui il relativo diritto derivi da un’eccedenza degli importi anticipatamente corrisposti rispetto all’ammontare del tributo che risulti al momento del saldo complessivamente dovuto, oppure rispetto ad una successiva determinazione in via definitiva dell’ an e del quantum dell’obbligazione fiscale. Il rimborso di somme riscosse mediante ruolo. Quando vi è iscrizione a ruolo di una somma non dovuta, il contribuente può tutelarsi impugnando il ruolo e chiedendo, cumulativamente, sia l’annullamento del ruolo, sia la condanna dell’Amministrazione a rimborsare le somme indebitamente riscosse. Al rimborso delle somme iscritte a ruolo che siano riconosciute indebite prevvede l'agente della riscossione. Secondo la giurisprudenza, quando una somma è stata riscossa mediante ruolo, non se ne può ottenere la restituzione se non è stato previamente impugnato il ruolo → la restituzione presuppone l'annullamento del ruolo ed è quindi una sua conseguenza. Questo orientamento è fortemente criticato della dottrina → il ruolo non è un atto cositutivo dell'obbligazione tributaria, ma mero strumento di riscossione, da ciò dicende che la mancata impugnazione del ruolo non consolida altro che gli effetti del ruolo e non impedisce il rimborso delle somme indebitamente riscosse. La preclusione non opera, in primo luogo, per le iscrizioni a ruolo a titolo provvisorio. La sorte di ciò che viene riscosso in base ad una iscrizione a ruolo provvisoria dipende dall’esito del processo riguardante l’avviso di accertamento. La riforma attuata dal dlgs 472/1997 ha segnato il passaggio dal modello risarcitorio a quello personalistico. Il “principio personalistico”, secondo cui la sanzione è riferibile alla persona fisica che ha commesso o concorso a commettere la violazione, ha cessato di aver valore per gli illeciti delle società e degli enti con personalità giuridica. Le sanzioni amministrative relative al rapporto fiscale proprio di società o enti con personalità giuridica sono esclusivamente a carico della persona giuridica. Coesistono dunque 2 modelli: uno che si applica alle società ed enti con personalità giuridica, l'altro si applica a tutti gli altri soggetti. Principi generale delle sanzioni amministrative: Principio di legalità e favor rei. È un principio gengerale del sistema sanzionatorio il principio di legalità → nessuno può essere assoggettato a sanzioni se non in forza di una legge entrata in vigore prima della commissione della violazione ed esclusivamente nei casi considerati dalla legge. Quindi : • solo la legge può comminare sanzioni • deve trattarsi di legge etrata in vigore prima della violazione (divieto di retroattività) • la legge deve prevedere il fatto e la sanzione, non sono ammesse estensioni analogiche Principio del favor rei: se la sanzione è già stata irrogata con provvedimento definitivo il debito residuo si estingue, ma non è ammessa ripetizione di indebito. Se la legge in vigore al momento in cui è stata commessa la violazione e le leggi posteriori stabiliscono sanzioni di entità diversa, si applica la legge più favorevole, salvo che il provvedimento di irrogazione sia definitivo. La nuova legge è quindi retroattiva se dispone una sanzione più lieve; non lo è se la aggrava. Responsabilità personale, imputabilità e colpevolezza. Perché vi sia un illecito, devono ricorrere due elementi: un comportamento che viola una norma e un elemento soggettivo. l’autore materiale di un illecito non è punito se lo ha commesso perché ha subìto violenza o minaccia, o perché è stato indotto in errore. L’imputabilità è data dalla capacità di intendere e di volere; per colpevolezza si intende un particolare elemento psicologico (dolo e colpa). Sanzione pecuniaria e sanzione accessorie. Il principale tipo di sanzione amministrativa si concreta nell’obbligo di pagare una somma di denaro, cui si aggiungono sanzioni accessorie. La misura della sanzione pecuniaria: • può variare tra un minimo ed un massimo (La sanzione è irrogata in una misura determinata discrezionalmente, avendo riguardo alla gravità della violazione, desunta anche dal comportamento dell'agente, alla sua personalità desunta anche dai precedenti fiscali, e alle sue condizioni economiche e sociali) • può essere pari a una frazione o a un multiplo del tributo cui si riferisce la violazione; • può essere stabilita in misura fissa. Le sanzioni accessorie sono: 1. l’interdizione dalla carica di amministratore, sindaco, revisore di società di capitali; 2. l’interdizione dalla partecipazione a gare pubbliche; 3. interdizione dal conseguimento di licenze, concessioni o autorizzazioni 4. la sospensione per un massino di 6 mesi dall’esercizio di attività di lavoro autonomo o di impresa. Concorso, progressione, continuazione e recidiva. Come nel codice penale, in materia di sanzioni amministrative tributarie vige il principio generale del cumulo materiale delle pene (cioè la sommatoria di tante sanzioni, quante sono le violazioni commesse), che è però derogato dal c.d. cumulo giuridico, che comporta una sola sanzione, ma maggiorata. Se la sanzione risultante dal cumulo giuridico è superiore a quella calcolata col cumulo materiale, si applica il cumulo materiale → si applica quella più favorevole al trasgressore. Vi sono 4 ipotesi di cumulo giuridico: il concorso formale, il concorso materiale, la progressione e la continuazione. Nei primi 3 casi la sanzione è aumentata da ¼ al doppio. Vi è “concorso formale” quando un soggetto, con una sola azione, viola più norme, anche relative a tributi diversi. Il concorso è • omogeneo quando con una sola azione o omissione si commettono diverse violazioni della medesima disposizione • eterogeneo quando con una sola azione o omissione vengono violate disposizioni diverse. Si applica soltanto la sanzione più grave, aumentata da un quarto al doppio (cumulo giuridico). Lo stesso calcolo va fatto in caso di “concorso materiale”, ossia quando la medesima disposizione è violata più volte; ossia quando taluno commette, anche con più azioni o omissioni, diverse violazioni formali della medesima disposizione. Si applica la sanzione più grave, aumentata da un quarto al doppio, anche in caso di progressione, ossia quando taluno, anche in tempi diversi, commette più violazioni che nella loro progressione pregiudicano o tendono a pregiudicare la determinazione dell’imponibile ovvero la liquidazione anche periodica del tributo. Gli elementi della progressione: • una molteplicità di violazioni, commesse anche in tempi diversi • l'unitarietà di tali violazioni, data dalla loro progressione e dall'unico fine (alterare la determinazione dell'imponibile). Quando le violazioni della stessa indole vengono commesse in periodi di imposta diversi, si applica la sanzione base aumentata dalla metà al triplo. Se le sanzioni rilevano ai fini di più tributi la “sanzione base” è aumentata di 1/5, se vi è continuazione la sanzione deve essere aumentata prima dalla metà al triplo, poi dal quarto al doppio (a causa della pluralità di violazioni). L’ufficio, se emette in tempi diversi gli accertamenti relativi a periodi d’imposta diversi, deve determinare la sanzione complessiva tenendo conto dei provvedimenti già emessi. La sanzione può essere aumentata fino alla metà in caso di recidivia, cioè nei confronti di chi, nei 3 anni precedenti, sia incorso in altra violazione della stessa indole. Vi è recidiva non solo quando le violazioni ripetute riguardano la stessa disposizione, ma anche quando riguardano disposizioni della stessa indole. I responsabili in solido del pagamento della sanzione. Quando è punita una persona fisica, l’obbligo di pagare la sanzione è posto anche carico del contribuente che ne ha beneficiato (se diverso dal trasgressore), con diritto di regresso verso il trasgressore. Il diritto di regresso verso l’autore materiale permette di ritenere non contraddetto, il principio della personalità della sanzione. I casi sono quelli di rappresentanti legali, amministratori o dipendenti di una società ecc... Quando l’autore della violazione è diverso dal contribuente che ne ha beneficiato, e la violazione non è stata commessa con dolo o colpa grave, l’autore non risponde per più di 51.615,69. La legge definisce grave la colpa quando l’imperizia o la negligenza del comportamento sono indiscutibili e non è possibile dubitare ragionevolmente della portata della norma violata e di conseguenza risulta evidente la macroscopica inosservanza di elementari obblighi tributari. La responsabilità in solido del cessionario di azienda. Il cessionario d’azienda è responsabile, in solido con il cedente, per il pagamento delle sanzioni derivanti da violazioni commesse dal cedente, in particolare risponde delle sanzioni riferibili alle violazioni commesse nell'anno in cui èè avvenuta la cessione e nei 2 precedenti, nonchè di quelle già irrogate e contestate nel medesimo periodo. Al cessionario è accordato il beneficio della preventiva escussione del cedente e la sua responsabilità è limitata dal valore dell’azienda acquistata. La responsabilità del cessionario nonè soggetta ad alcun limite quando la cessione sia stata fatta per frodare il fisco → la frode è presunta quando il trasferimento si verifichi entro 6 mesi dalla contestazione di un reato. Concorso di persone. Responsabilità del professioni sta e autore mediato. Se la violazione della norma finanziaria è commessa da più persone, queste non sono obbligate in solido ma ciascuna è responsabile della sanzione ad essa singolarmente irrogata. Non è necessario che tutti i soggetti realizzino compiutamente il fatto illecito, un soggetto è punibile quando contribuisca alla commissione dell'illecito sia a livello materiale che a livello psiclogico. Ad esempio, il concorso psichico può consistere in suggerimenti o consigli che favoriscano la violazione della norma tributaria (professionista che suggerisce di tenere un comportamento illecito). L’autore materiale dell’illecito non è punito, quando ricorre la figura dell’autore mediato: l’autore materiale è stato determinato a compiere la violazione con violenza o minaccia o perché indotto incolpevolmente in errore. Vi sono due ipotesi di autore mediato. • La prima è quella del soggetto che viene indotto, senza sua colpa, a commettere un illecito dal parere di un professionista. • La seconda è quella del socio di una società di persone che, non essendo amministratore, e non avendo potuto esaminare la documentazione della società, riporta nella sua dichiarazione il reddito che gli è imputabile in base a quanto risulta dalla dichiarazione della società. In tal caso si può considerare come responsabile, quale autore mediato, il socio amministratore che ha predisposto la dichiarazione della società. obblighi di documentazione e contabilizzazione (puniti con una sanzione che varia da un minimo ad un massimo e che prescinde dall’entità dell’evasione); obblighi relativi alle dichiarazioni (in caso di dichiarazione omessa, la sanzione va dal 120 al 240 % del’imposta non dichiarata; se incompleta, dal 100 al 200% ); obblighi relativi alla riscossione (per chi non esegue i versamenti le sanzioni sono più lievi, pari al 30% del tributo non versato). PARTE QUARTA. LE SANZIONI. CAPITOLO SEDICESIMO. Il processo tributario. Sezione prima (le commissioni e le parti) Le commissioni tributarie. Il processo tributario è disciplinato dal D.lgs. 546/1992, il cui art. 1 attribuisce la giurisdizione alle commissioni tributarie. Inoltre è richiamato il codice di procedura civile come disciplina generale per I caso non regolati dal regolamento 546/92 a condizione che la norma del codice risulti compatibile con I caratteri del processo tributario. Se nel processo tributariosorge una questione di giurisdizione, è ammesso il regolamento preventivo di giurisdizione dinanzi alla corte di Cassazione, secondo le norme del codice di procedura civile. Le commissioni si articolano in provinciali e regionali. Il reclutamento e lo status dei membri delle commissioni tributarie, sono scelti dal “Consiglio di Presidenza della Giustizia tributaria” secondo graduatorie formate in base a criteri e punteggi predeterminati. Possono essere membri delle commissioni anche magistrati non togati, senza garanzia che siano dotati di competenza tecnica adeguata → non si richiedono, per alcune categorie, i dieci anni di attività, e si ammette la nomina di professionisti iscritti ad albi di professioni che non hanno per oggetto attività giuridiche o economiche. Giurisdizione e competenza delle commissioni tributarie. La giurisdizione delle commissioni tributarie comprende tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie, comunque denominati. Le liti relative all’esecuzione forzata appartengono però alla giurisdizione del giudice ordinario. La competenza territoriale delle Commissioni tributarie provinciali è determinata dalla sede dell’ufficio o ente che ha emesso l’atto che si impugna. Per l’appello è competente la relativa Commissione regionale. Se la Commissione si dichiara incompetente, il ricorrente deve assumere la causa dinanzi alla Commissione dichiarata competente. Se la riassunzione non è fatta nei termini, il processo si estingue. Sono in situazioni di incompatibilità coloro che svolgono attività professionale di consulenza in materia tributaria e coloro che sono iscritti ad albi professionali che li abilitano all'assistenza tecnica nel procecsso tributario. La giurisdizione del giudice ordinario. Non tutte le controversie sono di competenza delle commissioni tributarie → appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario le controversie riguardanti l’esecuzione forzata tribuaria (a prescindere dal valore). Va ricordato che le questioni riguardanti il titolo esecutivo (il ruolo) devono essere sollevate mediante ricorso contro il ruolo, da proporre alle commissioni tributarie; l’opposizione all’esecuzione è proponibile dinanzi al giudice ordinario solo quando concerne la pignorabilità dei beni (se l'opposizione regolarità formale o notificazione del titolo esecutivo si va davanti le commissioni). Inoltre, appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario le cause di opposizione a terzo, ossia le cause proposte da terzi che assumono di avere la proprietà o altro diritto reale sui beni pignorati . La giurisdizione del giudice amministrativo. Sono impugnabili dinanzi al giudice amministrativo i regolamenti governativi o ministeriali ed i regolamenti degli enti locali che istituiscono o disciplinano tributi, tali atti possono essere disapplicati dal giudice tributario, ma è fatta salva l'eventuale impugnazione nella diversa sede competente (ricorso al TAR). Inoltre, sono impugnabili in via residuale, dinanzi al giudice amministrativo, gli atti individuali non impugnabili dinanzi alle commissioni. Le parti private e la difesa tecnica. Può proporre ricorso il destinatario dell’atto che viene impugnato. Il ricorrente è obbligato a farsi assistere da un difensore tecnico. La parte può agire personalmente nelle controversie di valore inferiore a 2.582,28 euro e nelle controversie promosse da soggetti abilitati all’assistenza tecnica. Difensori tecnici possono essere avvocati, dottori commercialisti, ragionieri, etc. Vi sono poi delle categorie di soggetti che sono abilitati all’assistenza tecnica dinanzi alle commissioni, ma con capacità limitata a specifiche materie (ad esempio, ingegneri, architetti e agronomi in materia catastale). Gli uffici dell'agenzia e gli enti locali stanno in giudizio senza difensore tecnico, gli uffici dell'agenzia in secondo grado, possono farsi assistere dall'avvocatura di Stato. Litisconsorzio necessario e intervento. Nel processo tributario vi è litisconsorzio quando l’oggetto del ricorso riguarda inscindibilmente più soggetti → presuppone in primo luogo che la fattispecie costitutiva dell'obbligazione, rappresentata dall'atto autoritativo impugnato, presenti elementi comuni ad una pluralità di soggetti e, in secondo luogo, che siano proprio gli elementi comuni ad essere posti a fondamento del ricorso proposto da uno dei soggetti obbligati. Secondo la giurisprudenza vi è litisconsorzio necessario ad es nella cause d’impugnazione degli atti di accertamento dei redditi delle società di persone → società e soci devono essere parti dello stesso processo. Il litisconsorzio facoltativo ricorre quando, pure si è in presenza di un atto impositivo unitario con pluralità di destinatari, e l'impugnazione proposta da uno dei coobligati non è fondata su motivi comuni a tutti I destinatari. In questa ipotesi il litisconsorzio può sorgeredal fatto che altri soggetti intervengonon in un processo già instaurato, o sono chiamati a giudizio. Sono legittimati ad intervenire i soggetti destinatari dell’atto impugnato e coloro che sono parte del rapporto controverso. Inoltre accanto all'intercento volontario e la chiamata in giudizio vi è pure la chiamata per ordine del giudice. Le azioni esperibili. Nel processo tributario possono essere esperite azioni di impugnazione e azioni di condatta. Quelle di impugnazione sono rivolte ad ottenere l’annullamento dell’atto impugnato. • Il ricorrente non può agire in via preventiva, con azione di mero accertamento, senza che l’amministrazione abbia emesso un atto impugnabile. • Il ricorrente non può sottoporre al giudice questioni estranee all'atto impugnato • L’Amministrazione finanziaria, costituendosi in giudizio, non esercita un autonomo potere di azione, ma si limita a difendere l’atto impugnato e, quindi, non può fondare la sua difesa su ragioni giuridiche diverse da quelle indicate nell’atto impugnato. • L'amministrazione non può proporre domande riconvenzionali. Il contribuente che mira ad ottenere un rimborso può esperire un'azione di condanna, ma prima di ricorrere al giudice deve presentare istanza di rimborso e impugnare il rifiuto espresso o tacito. Se l'amministrazione risponde negativamente con un provvedimento espresso il ricorso deve essere presentato entro 60 giorni dalla notifica dell'atto. Se invece l'amministrazione rimane inerte, l'interessato può presentare ricorso non prima di 90 giorni dalla presentazione dell'istanza (non oltrer il termine di prescrizione del diritto di rimborso). Il mero annullamento del rifiuto non soddisfa il bisogno di tutela del ricorrente, alla domanda di annullamento del rifiuto deve aggiungersi la richiesta di una sentenza di condanna, in base alla quale agire in via esecutiva. Atti impugnabili e motivi di ricorso. Il legislatore divide gli atti impugnabili in due categorie: atti autonomamente impugnabili ed altri atti, non impugnabili autonomamente ma solo con impugnazione differita (non indicati espressamente). Gli atti autonomamente impugnabili sono elencati in modo tassativo: 1. avviso di accertamento del trributo 2. avviso di liquidazione del tributo, 3. provvedimento sanzionatorio, 4. il ruolo e la cartella di pagamento, 5. l'avviso di mora, 6. iscrizione di ipoteca sugli immobili Il ricorrente, entro trenta giorni dalla notifica del ricorso, deve costituirsi in giudizio, depositando il suo fascicolo nella segreteria della commissione. Nel fascicolo deve essere inserito il ricorso con i documenti che vengono prodotti. Deve costituirsi in giudizio anche la parte resistente, depositando il proprio fascicolo, con le controdeduzioni e i documenti. Nelle controdeduzioni il resistente espone le sue difese prendendo posizione sui motivi dedotti dal ricorrente e indica le prove di cui intende valersi, proponendo anche le eccezionni si aprocessuali che di merito che non siano rilevabili d'ufficio. I fatti affermati dal ricorrente e non contestati si considerano provati in base al principio di non contestazione. La mancata costituzione del ricorrente rende inammissibile il ricorso. I fascicoli delle parti sono inseriti nel fascicolo del processo. Il presidente compie un esame preliminare del ricorso e, se riscontra uno dei casi di inammissibilità manifesta espressamente previsti, la dichiara. Altrimenti assegna il ricorso ad una sezione. Il passo successivo del processo è la fissazione, da parte del presidente della sezione, dell’udienza di trattazione, di cui deve essere dato avviso alle parti costituite almeno 30 giorni liberi prima. Se l’udienza si tiene senza che le parti o una delle parti siano state ritualmente avvertite, la decisione è nulla. Le parti possono fino a 20 giorni prima dell'udienza depositare documenti e fino a 10 giorni prima depositare memorie. Il doppio termine è stato fissato per dar modo alle parti di predisporre le memorie, tenendo conto dei documenti prodotti dall'avversario. La trattazione della controversia da parte del collegio può avvenire in pubblica udienza o in camera di consiglio. La trattazione in pubblica udienza deve essere richiesta da una delle parti. In mancanza di istanza di pubblica udienza, la trattazione avviene in camera di consiglio (cioè in modo non pubblico, e senza la partecipazione delle parti). La controversia è decisa con sentenza: non sono ammesse sentenze non definitive o limitate ad alcune domande. La sospensione cautelare. Il ricorso proposto contro uno degli atti impugnabili non ne impedisce l'efficacia, ma il riccorrente può chiedere, nel ricorso o con atto separato, la sospensione dell'esecuzione dell'atto impugnato. La sospensione è legata a 2 presupposti: 1. la probabile fondatezza del ricorso 2. il pericolo che nelle more del procedimento si verifichi un danno grave e irreparabile. La decisione sulla domanda cautelare spetta alla commissione ma in caso di “eccezionale urgenza”, il presidente può disporre la sospensione fino alla decisione del consiglio. La sospensione può anche essere parziale, può essere subordinata alla presentazione di idonea garanzia (cauzione, fideiussione ecc..). Gli effetti della sospensione cessano con la pubblicazione della decisione di primo grado. La sospensione del processo. Possono accadere eventi che arrestano lo svolgimento del processo. Alcune volte si tratta di un arresto temporaneo, altre di arresto definitivo. Il processo deve essere sospeso in ogni caso in cui la decisione della causa dipenda dalla risoluzione di un’altra controversia da parte di un altro giudice. La sospensione quindi è il rimedio previsto dalla legge per evitare il contrasto di giudicati tra cause in rapporto di pregiudizialità-dipendenza. Il processo tributario è sospeso quando è presentat querela di falso o deve essere decisa in via pregiudiziale una questione sullo stato o la capacità delle persone, salvo che si tratti della capacità di stare in giudizio. Sono gli unici casi tassativi in cui il processo sia sospeso per altro processo davanti al giudice civile, altrimenti in altri casi il processo non si sospende e le questioni saranno risolte dal giudice tributario in via incidentale. Il processo tributario deve essere sospeso quando la causa pregiudiziale sia pendente dinanzi ad altro giudice tributario, ma solo se le parti della causa pregiudiziale sono le medesime della causa dipendente. Secondo regole comuni a tutti i processi, anche il processo tributario deve essere sospeso nei seguenti casi: • quando viene sollevata una questione di costituzionalità; • quando viene sollevata una questione di interpretazione di norme comunitarie; • quando viene presentato regolamento preventivo di giurisdizione; • quando viene presentato un ricorso per ricusazione del giudice. Durante la sospensione non possono essere compiuti atti del processo. Quando cessa la causa della sospensione, deve essere presentata istanza di trattazione nel termine di 6 mesi, altrimenti il processo si estingue. L’interruzione del processo. Si ha interruzione del processo quando muore la parte privata o il suo legale rappresentante o il suo difensore. L'interruzione si ha nel momento in cui l'evento (morte del contribuente) viene dichiarata dal difensore. Le conseguenze dell’interruzione sono analoghe a quelle della sospensione. L’estinzione del processo. Possono darsi casi in cui il processo non giunge al suo epilogo naturale e si estingue. Ciò accade: per rinuncia al ricorso (deve essere accettata dalle altre parti costituite che abbiano un effettivo interesse nella prosecuzione del processo e normalmente la parte pubblica non ha interesse); per inattività delle parti (quando l’impulso è necessario per la prosecuzione del giudizio come a seguito di sospensione o interruzione); quando viene meno l’oggetto del processo, ossia l’a ttoimpugnato (ad esempio, in seguito a conciliazione, autotutela e sanatorie). L’estinzione in seguito a conciliazione. Anche nel processo tributario le parti possono raggiungere un accordo, per effetto del quale cessa la materia del contendere. La conciliazione può avvenire solo mentre la lite pende in primo grado e può avvenire in udienza o in sede extra-processuale. L'iniziativa può essere proposta da una delle parti, nell'istanza con cui domanda la discussione. L’iniziativa può essere assunta anche dalla Commissione, che, nel corso della discussione, può sollecitare le parti a raggiungere un accordo. La conciliazione deve avvenirte non oltre la prima udienza, ma se l'accordo non viene raggiunto, la commissione può assegnare alle parti un termine non superiore a 60 giorni per la formazione di una proposta in via stragiudiziale. Quando, in udienza, è raggiunto l’accordo, viene redatto un processo verbale che chiude il processo e costituisce titolo per la riscossione delle somme dovute. Il processo verbale costituisce titolo per la riscossione delle somme. La conciliazione è sottoposta al vaglio del giudice tributario, che ha il potere-dovere di valutarne la legittimità formale e l’ammissibilità. La conciliazione si perfeziona con il versamento, entro il termine di 20 giorni dalla data di redazione del processo verbale, dell’intero importo dovuto ovvero della prima rata e con la presentazione della garanzia sull’importo delle rate successive. Se l'obbligo viene adempiuto il processo si estingue altrimente prosegue. Il legislatore non indica quale sia l’oggetto possibile della conciliazione. Ma la mancanza di limiti espressamente previsti dalla legge non significa, per l’Amministrazione, facoltà di comportarsi arbitrariamente, perché operano i limiti deducibilidalla particolare natura dell’oggetto della lite e dal rispetto del principio di legalità. Non sono conciliabili le questioni che riguardano le sanzioni anche se si tratta di questioni riguardanti solo il quantum. Questo si deduce dalla norma che fa seguire la riduzione delle sanzioni come effetto della conciliazione. Infatti la conciliazione comporta la riduzione del 40% delle sanzioni altrimenti irrogabili. Altro beneficio è la riduzione delle pene previste per i reati tributari, con la non applicazione delle pene accessorie. La conciliazione può anche riguardare solo alcuni a spetti della controversia; in tal caso, essa prosegue nei modi ordinari per la risoluzione delle questioni residue.