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Parini testo Il giorno, Esercizi di Italiano

Appunti lezione di Parini scuola superiore , il giorno II redazione , poesia testo.

Tipologia: Esercizi

2020/2021

Caricato il 09/10/2023

anna-sapio-2
anna-sapio-2 🇮🇹

2 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Parini testo Il giorno e più Esercizi in PDF di Italiano solo su Docsity! Il Giorno (Il redazione) 10 15 20 25 30 Sorge il mattino in compagnia dell'alba Dinanzi al sol che di poi grande appare Su l'estremo orizzonte a render lieti Gli animali e le piante e i campi e l'onde. Allora il buon villan sorge dal caro Letto cui la fedel moglie e i minori Suoi figlioletti intiepidìr la notte: Poi sul dorso portando i sacri arnesi Che prima ritrovò Cerere o Pale Move seguendo i lenti bovi, e scote Lungo il picciol sentier da i curvi rami Fresca rugiada che di gemme al paro La nascente del sol luce rifrange. Allora sorge il fabbro, e la sonante Officina riapre, e all’opre torna L'altro dì non perfette; o se di chiave Ardua e ferrati ingegni all’inquieto Ricco l’arche assecura; o se d'argento E d’oro incider vuol gioielli e vasi Per ornamento a nova sposa 0 a mense. Ma che? Tu inorridisci e mostri in capo Qual istrice pungente irtì i capelli AI suon di mie parole? Ah il tuo mattino Signor questo non è. Tu col cadente Sol non sedesti a parca cena, e al lume Dell’incerto crepuscolo non gisti Ieri a posar qual nei tugurj suoi Entro a rigide coltri il vulgo vile. A voi celeste prole a voi concilio Almo di semidei altro concesse Giove benigno: e con alu'arti e leggi Per novo ca me darvi è d Te qui e 40 45 50 55 60 65 In aureo cocchio col fragor di calde Precipitose rote e il calpestio Di volanti corsier lunge agitasti Il queto aere notturno; e le tenèbre Con fiaccole superbe intorno apristi Siccome allor che il Siculo terreno Da l'uno a l’altro mar rimbombar feo Pluto col carro a cui splendeano innanzi Le tede de le Furie anguicrinite. Tal ritornasti a i gran palagi: e quivi Cari conforti a te porgea la mensa Cui ricoprien prurigginosi cibi E licor lieti di Francesi colli E d’Ispani e di Toschi o l’Ungarese Bottiglia a cui di verdi ellere Bromio Concedette corona, e disse: or siedi De le mense reina. Alfine il Sonno Ti sprimacciò di propria man le còltrici Molle cedenti, ove te accolto il fido Servo calò le ombrifere cortine: E a te soavemente i lumi chiuse Il gallo che li suole aprire altrui. Dritto è però che a te gli stanchi sensi Da i tenaci papaveri Morfèo Prima non solva che già grande il giorno Fra gli spiragli penetrar contenda De le dorate imposte; e la parete Pingano a stento in alcun lato i rai Del sol ch'eccelso a te pende sul capo. Or qui principio le leggiadre cure Denno aver del tuo giorno: e quindi io deggio Sciorre il mio legno, e co’ precetti miei Te oa alte Jopipe ammaestrar cantando, — tili udìr 150 155 160 165 170 175, 180 E tra l’obliquo profondar d’inchini Del calzar polveroso in su i tapeti Le impresse orme indecenti? Ahimè che fatto Il salutar licore agro e indigesto Ne le viscere tue te allor faria E in casa e fuori e nel teatro e al corso Ruttar plebeiamente il giorno intero! Non fia che attenda già ch'altri lo annunci Gradito ognor benchè improvviso il dolce Mastro che il tuo bel piè come a lui piace Guida e corregge. Egli all’entrar s'arresti Ritto sul limitare, indi elevando Ambe le spalle qual testudo il collo Contragga alquanto, e ad un medesmo tempo Il mento inchini, e con l’estrema falda Del piumato cappello il labbro tocchi. E non men di costui facile al letto Del mio signor t’innoltra o tu che addestri A modular con la flessibil voce Soavi canti; e tu che insegni altrui Come vibrar con maestrevol arco Sul cavo legno armoniose fila. Nè la squisita a cerminar corona Che segga intorno a te manchi o signore Il precettor del tenero idioma Che da la Senna de le Grazie madre Pur ora a sparger di celeste ambrosia Venne all'Italia nauseata i labbri. All’apparir di lui l'Itale voci Tronche cedano il campo al lor tiranno: E a la nova inefabil melodia De sovrumani accenti odio ti nasca Più grande in sen contro a le bocche impure Chrosan macchiarse ancor di quel sermone Onde in Valchiusa fu lodata e pianta Già la bella Francese; e i culti campi All’orecchio de i re cantati furo Lungo il fonte gentil da le bell’acque. Or te questa o signor leggiadra schiera AI novo dì trattenga: e di tue voglie Irresolute ancora or quegli or questi Con piacevol discorso il vano adempia, Mentre tu chiedi lor tra i lenti sorsi 190 Dell’ardente bevanda a qual cantore Nel vicin verno si darà la palma Sovra le scene; e s'egli è il ver che rieda L’astuta Frine che ben cento folli Milordi rimandò nudi al Tamigi; 195 Oseilbrillante danzator Narcisso Torni pur anco ad agghiacciare i petti De palpitanti Italici mariti. Così poi che gran pezzo a i novi albori Del tuo mattin teco scherzato fia 200 Non senza aver da te rimosso in prima L’ipocrita pudore e quella schifa Che le accigliate gelide matrone Chiaman modestia, alfine o a lor talento O da te congedati escan costoro. 205. Doman quindi potrai o l’altro forse Giorno a i precetti lor porgere orecchio Se a bei momenti tuoi cure minori Porranno assedio. A voi divina schiatta Più assai che a noi mortali il ciel concesse 210 Domabile midollo entro al cerèbro, Sì che breve lavoro unir vi puote Ampio tesor d’ogni scienza ed arte. ate Il vulgo intanto a cui non lice il velo “de Aprir de’ venerabili miste Te l’ignavo tepor lusinga e molce, Però che te più gloriosi affanni Aspettan l’ore ad illustrar del giorno. O voi dunque del primo ordine servi Che di nobil signor ministri al fianco Siete incontaminati, or dunque voi AI mio divino Achille al mio Rinaldo L’armi apprestate. Ed ecco in un baleno I damigelli a cenni tuoi star pronti. Già ferve il gran lavoro. Altri ti veste La serica zimarra ove bei fregi Diramansi Chinesi; altri se il chiede Più la stagione a te le membra copre Di stese infino al piè tiepide pelli; Questi al fianco ti cinge il bianco lino Che sciorinato poi cada e difenda I calzonetti; e quei d’alto curvando Il cristallino rostro in su le mani Ti versa onde odorate, e da le mani In limpido bacin sotto le accoglie; Quale il sapon del redivivo muschio Olezzante all’intorno; e qual ti porge Il macinato di quell’arbor frutto Che a Rodope fu già vaga donzella, E piagne in van sorto mutate spoglie Demofoonte ancor Demofoonte; Un di soavi essenze intrisa spugna Onde tergere i denti; e l'altro appresta Onde imbiancar le guance util licore. Assai Signore a te pensasti: or volgi L'alta mente per poco ad altri obbietti Non men degni di te. Sai che comj Coi inner de