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PERCHE' LEGGERE I CLASSICI, Calvino, Dispense di Letteratura

Riassunto completo del paragrafo di "forse un mattino andando" di Montale.

Tipologia: Dispense

2020/2021

Caricato il 12/07/2021

Priscilla1997
Priscilla1997 🇮🇹

4.5

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Scarica PERCHE' LEGGERE I CLASSICI, Calvino e più Dispense in PDF di Letteratura solo su Docsity! EUGENIO MONTALE: forse un mattino andando. Le poesie permettono una “recitazione mentale quasi inconsapevole”, riaffiorano a distanza di anni. Calvino legge Montale da giovane quando ancora pochi lo conoscevano, ora verifica quali poesie gli sono rimaste e in che modo, osservare le oscillazioni che subiscono porta ad un’esplorazione in profondità di quei versi. Tra le poesie che riecheggiano nel suo “giradischi mentale” c’è forse un mattino andando in un’aria di vetro, de gli ossi di seppia. Essa si distacca dalla raccolta non perché è una poesia narrativa ma perché è priva di oggetti, paesaggio determinato, emblema naturale, ma risulta una poesia di pensiero astratto, raro per Montale. Infatti Calvino ha un ricordo erroneo nel verso della poesia dove recita un verso come “/alberi o uomini case strade” invece di “alberi case e colli”, ambientando l’azione in uno scenario cittadino, forse perché la parola colli sembrava troppo vaga o perché il fatto che nella poesia ci siano “uomini che non si voltano” suggerisce un via vai di passanti, in cui Calvino interpreta la scomparsa del mondo come scomparsa della città piuttosto che scomparsa della natura. Mentre il “miracolo” è scatenato dall’elemento naturale, cioè quello atmosferico, come la trasparenza dell’aria invernale che rende le cose tanto nitide da creare un effetto di irrealtà, come se la foschia che normalmente sfuma il paesaggio rappresenti ora lo spessore e il peso dell’esistenza. Poi calvino si chiarisce meglio, è la concretezza di quest’aria che pare appunto vetro e che con la sua solidità finisce per imporsi sul mondo e farlo sparire. l’aria- vetro è il vero elemento della poesia, situata in una città di vetro che si fa talmente tanto trasparente da scomparire. c’è un senso di sospensione, già dall’inizio con “forse un mattino” che non è indeterminatezza ma attento equilibrio, e anche “andando in un’aria di vetro” ovvero quasi camminando in aria, fino ad accorgersi di essere sospesi nel vuoto. Sospensione e concretezza continuano nel secondo verso con “compirsi” dove il lettore è continuamente tentato di leggerlo con “compiersi”, ma che serve per smorzare l’enfasi della constatazione del miracolo. Un altro elemento modificato dalla memoria di Calvino è “rivolgendomi” che è tentanto di abbreviare continuamente in voltandomi/girandomi. Un motivo per cui una poesia resta in testa è la particolarità metrica: in Montale le rime > rime imperfette o rime in posizioni insolite, e la sorpresa della rima non è solo fonetica, poiché è usata da lui per abbassare il tono e non per alzarlo come fanno tanti altri poeti; come “miracolo” smorzato totalmente dalla rima con “ubriaco”, lasciando come in bilico tutta la quartina. Il miracolo è un tema tipico di Montale ma in questo caso viene rappresentato in termini di irrealtà, pur senza sfiorare l’indeterminatezza, come le religioni letterarie orientali che ne fanno il loro fondamento ma muovendosi in un altro orizzonte gnoseologico, di nitidezza e trasparenza (aria di vetro, mentale). Come nella fonomenologia della percezione di Merleau-Ponty descrive casi in cui l’esperienza soggettiva dello spazio si separa da quella del mondo oggettivo, anche questa poesia potrebbe esservi inserita in quanto lo spazio si disgiunge dal mondo e si impone quanto tale, vuoto e senza limiti. Ciò è visto dall’autore come miracolo, come acquisizione della verità contrapposta all’”inganno consueto”, ma questa conoscenza viene anche sofferta, fa paura, è un “terrore di ubriaco”. Nemmeno l’aria di vetro sostiene più infatti i passi dell’uomo, dove prima c’è un “andando” liberatorio, ma poi risvolta in un barcollare senza punti di riferimento. “Gitto” che chiude il primo verso della seconda strofa circoscrive l’esperienza del nulla in un istante, il movimento che esprime è quello di andare verso un paesaggio solido ma che diventa ora sfuggente, ci si accorge che il poeta segue una delle linee lungo le quali si muovono gli altri uomini presenti in quello spazio, ovvero “gli uomini che non si voltano”, la poesia si chiude in un molteplice e uniforme movimento rettilineo, ma resta il dubbio se questi uomini fossero spariti anche loro quando è sparito il mondo. Tra gli oggetti che tornano ad “accamparsi” ci sono gli alberi per cui gli uomini potrebbero essere rimasti lì, infatti lo sparire del mondo a cui resta esterno l’Io del poeta, potrebbe risparmiare ogni altro soggetto dell’esperienza e del giudizio. Il vuoto definito da Montale è costellato da schiena in movimento, ovvero io puntiformi e monadi che si voltassero scoprirebbero l’inganno, ma appaiono solo come schiene in movimento, sicure della loro solidità e traiettoria. Qui termina la lettura di Calvino, vi inizia poi una riflessione sulla percezione visiva e l’appropriazione dello spazio: una poesia vive anche grazie a ciò che irradia in termini di divagazioni/associazioni. In Calvino la poesia non è una indeterminata sensazione di dissoluzione