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Petrolio, energia e materiali, Sintesi del corso di Chimica

Riassunto capitolo "petrolio, energia e materiali" chimica impiantistica

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019

Caricato il 02/07/2019

arianna.tammone
arianna.tammone 🇮🇹

4.4

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Scarica Petrolio, energia e materiali e più Sintesi del corso in PDF di Chimica solo su Docsity! • L’origine del petrolio e la formazione dei giacimenti In un primo tempo si pensò ad una origine inorganica (ipotesi abiogenetica); alcune prove sperimentali dimostravano che in particolari condizioni di temperatura ed in presenza di opportuni catalizzatori, era possibile ottenere idrocarburi a partire da acido carbonico e metalli alcalini (secondo Berthelot), carburi metallici e vapore acqueo (secondo Mendeleeff) o per idrogenazione catalitica dell’acetilene (secondo Sabatier). Le obiezioni a queste ipotesi derivavano dal fatto che i giacimenti di petrolio si trovano per lo più a profondità relativamente modeste, alle quali le temperature non erano sufficientemente elevate da favorire termodinamicamente le reazioni precedenti. L’ipotesi biogenetica, secondo cui la formazione sia stata determinata dalla trasformazione dei detriti organici depositati sul fondo marino a partire dal Cambriano1. Nelle rocce sedimentarie in cui si trova il petrolio si trovano notevoli quantità di sostanze di origine biologica; tra queste vi sono sempre quantità apprezzabili di composti azotati e porfirine. La presenza di queste sostanze indica anche che la temperatura alla quale le trasformazioni sono avvenute non poteva essere troppo elevata. Infine il petrolio presenta un potere rotatorio nei confronti della luce polarizzata, fatto che non è compatibile con una origine inorganica che risulterebbe nella formazione delle miscele. ■ Formazione ed accumulo di materia organica Il processo di formazione del petrolio ebbe inizio con lo sviluppo della fotosintesi da parte di alcuni microrganismi marini. I primi furono i cianobatteri2. Successivamente si aggiunsero le diatomee, i dinoflagellati e le alghe. La comparsa dei cianobatteri e degli altri fotosintetici determinò un flusso del carbonio atmosferico verso gli oceani, dove veniva trasformato in materia organica. Gli organismi decompositori aerobici determinavano il flusso inverso, trasformando la materia organica nuovamente in anidride carbonica ed innescando il ciclo del carbonio. La proliferazione dei fotosintetici fu possibile negli strati superficiali delle acque, dove l’intensità di radiazione luminosa è sufficiente, ed è particolarmente favorita in prossimità delle coste. Allo sviluppo del fitoplancton3, seguì quello dello zooplancton, che si nutriva di fitoplancton, arricchendo ulteriormente la sostanza organica in superficie. Lo strato di acque immediatamente sottostante era caratterizzato invece da una bassa intensità di radiazione e da una scarsa concentrazione di ossigeno. Di conseguenza la sostanza organica che raggiungeva questo strato dall’alto continuava a scendere verso il fondo senza essere ossidata ad anidride carbonica. In definitiva, una quantità minima di carbonio usciva continuamente dal ciclo per raggiungere i fondali determinando un enorme accumulo di sostanza organica. Una quantità di carbonio, stimabile tra lo 0,01% e lo 0,1% è uscita dal ciclo ed è andato a costituire la cosiddetta roccia madre. ■ La formazione dei giacimenti Gli originari sedimenti, costituiti da argille, marne e calcari, per effetto della elevata pressione, si sono trasformati in scisti, rocce metamorfiche a grana finissima e poco permeabili. A seguito delle trasformazioni del cherogene nelle rocce madri, l’olio grezzo e i bitumi che da esso si sono generati, insieme alla presenza dei gas disciolti, determinano una pressione sugli scisti che cominciano a fratturarsi. Ciò innesca una migrazione primaria durante la quale l’olio grezzo e i gas si muovono all’interno della roccia madre, sia verso l’alto che lateralmente. L’olio grezzo può uscire dalle rocce madri, trasferendosi in strati di pietra arenaria. Qui, in assenza di materia organica originaria non trasformata, l’olio si può accumulare formando un serbatoio. Sotto la spinta di nuovo olio proveniente dagli strati inferiori, può avere luogo facilmente una migrazione secondaria che fa risalire lentamente il grezzo verso strati di terreno relativamente superficiali. La struttura e la conformazione del terreno possono determinare la formazione di una trappola, in cui strati superiori impermeabili bloccano la risalita del grezzo o la migrazione laterale. La trappola può essere economicamente sfruttabile e costituisce un giacimento. Esistono diversi tipi di trappole, ma le più comuni sono l’anticlinale e la faglia. Nella trappola anticlinale gli strati di rocce di contenimento e rocce serbatoio formano un rilievo dove il petrolio si va ad accumulare, compresso dal basso dalla spinta dell’acqua salmastra. Il gas naturale si trova in parte disciolto nel petrolio ed in parte sulla sommità del giacimento. La trappola per scorrimento di faglia si crea quando, per effetto di uno scorrimento relativo, le rocce serbatoio si vengono a trovare chiuse ad una estremità da rocce di contenimento. • Caratterizzazione del grezzo PETROLIO, ENERGIA E MATERIALI PETROLIO, ENERGIA E MATERIALI 1 Cambriano= periodo geologico risalente a circa 500 milioni di anni fa. 2 Cianobatteri= alghe azzurre o azzurro-verdi. 3 Fitoplancton= insieme dei fotosintetici. Il petrolio grezzo è una miscela di idrocarburi che può presentare caratteristiche fisiche e chimiche molto diverse in funzione della provenienza. In generale si presenta allo stato liquido; il colore assume tonalità dal bruno chiaro al nero, con le tonalità più scure per quei grezzi che contengono mediamente idrocarburi a catena più lunga e quindi a più elevato peso molecolare medio. La composizione elementare dei grezzi varia poco rispetto all’origine, soprattutto rispetto al carbonio ed all’idrogeno, che rappresentano i costituenti principali. La classi di idrocarburi presenti sono principalmente gli alcani, che nell’industria petrolifera vengono indicati come paraffine, i cicloalcani, detti nafteni e in misura molto minore, gli aromatici. Le paraffine possono avere un numero di atomi di carbonio da 1 a circa 30 35 e sono presenti sia in forma lineare (normal paraffine) che ramificate (isoparaffine). I nafteni presentano uno o più anelli saturi a 5 o 6 atomi di carbonio, mentre gli aromatici uno o più anelli a 6 atomi. Nei grezzi sono sempre presenti una quantità di composti solforati, soprattutto mercaptani, detti anche tioalcoli. Infine si ritrovano generalmente numerosi elementi metallici sia combinati in composti organici che in sali disciolti nelle tracce di acqua. L’analisi principale per avere informazioni precise sulle rese di un grezzo è la prova di distillazione. Questa simula su scala di laboratorio, impiegando apparecchiature, quantità e parametri operativi rigorosamente standardizzati, i risultati del topping, ovvero l’operazione con cui si suddivide il grezzo in una serie di frazione. Diverse sono le tecniche standard con cui può essere condotta la distillazione. Tra quelle più comuni per l’analisi dei grezzi si hanno lo standard metodo Hempel, del Bereau of Mines, e a distillazione TBP (True Boiling Point). La prima consiste in una distillazione discontinua condotta a pressione atmosferica riscaldando il campione fino a 275°C. I vapori che si producono progressivamente vengono condensati e raccolti separatamente per intervalli di distillazione di 25°C a partire da 50°C. Il residuo rimanente alla temperatura finale di 275°C viene portato alla pressione di 40 mm Hg e se ne prosegue la distillazione a partire da 200°C fino a 300°C. Di ogni frazione raccolta si misura la percentuale volumetrica di distillato raccolto rispetto al volume totale iniziale, la percentuale progressiva, le densità relative e le densità in °API. Dai valori di temperatura media di ebollizione e di densità relativa, si calcola per ogni frazione l’indice di correlazione, da cui si valuta se la frazione è a base paraffinica, naftenica o aromatica. • Caratteristiche ed impieghi dei prodotti petroliferi Dalla lavorazione del petrolio si possono ottenere, per semplice separazione, senza che intervengono reazioni chimiche, un certo numero di frazioni che, sottoposte ad opportune raffinazioni, raggiungono le specifiche necessarie per essere direttamente commerciate. Si parla di impianti o processi petroliferi e si chiama raffineria lo stabilimento produttivo relativo. I processi petrolchimici tramite opportune trasformazioni chimiche, producono importanti bulk chemicals come olefine leggere, etilene, propilene, butene e butadiene, e aromatici, come benzene, toluene e xileni. ■ Le frazioni petrolifere Le frazioni ottenute dalla lavorazione del petrolio sono ancora miscele di numerosi idrocarburi, appartenenti a classi diverse che vengono definite dall’intervallo di distillazione e dalle caratteristiche chimiche o chimico-fisiche che concorrono alla definizione delle specifiche commerciali. PETROLIO, ENERGIA E MATERIALI PETROLIO, ENERGIA E MATERIALI 21 insieme all’acido solfidrico, essere causa di tensiocorrisione. La presenza di questi sali negli oli combustibili causa la formazione di depositi ed incrostazioni nei bruciatori. Il desalting viene effettuato pompando il petrolio alla pressione di 12 bar e preriscaldandolo sino a 150°C, temperatura alla quale la viscosità si abbassa notevolmente, agevolando la successiva separazione. L’elevata pressione impedisce la vaporizzazione dell’acqua e dei disemulsionanti che si aggiungono subito dopo. Quindi si passa al desalter (D1) dove un campo elettrostatico da 15.000 a 30.000 volt agevola la sedimentazione delle particelle di acqua salata verso il basso, mentre il grezzo dissalato esce dall’alto. • Il topping Qualunque sia il ciclo di lavorazione scelto questo ha inizio con il topping che consiste in una distillazione atmosferica con cui si ottiene il frazionamento del petrolio in frazioni il cui numero e le cui caratteristiche possono essere differenti da una raffineria all’altra. Il topping realizza una distillazione multicomponente. Il grezzo, proveniente dal dissalaggio, viene preriscaldato recuperando calore dalle frazioni in uscita nel treno di preriscaldo, composto dagli scambiatori E1, E2, E3, E4. Questi sono disposti in maniera che lo scambio termico avvenga prima con le frazioni più leggere, relativamente più fredde, ed infine con il residuo, molto più caldo. Quindi il grezzo fa ingresso nel forno da topping dove i tubi, all’interno dei quali passa il petrolio, sono esposti inizialmente, nella zona convettiva, ai fumi caldi prodotti dalla combustione di oli combustibili e successivamente sono esposti, nella zona radiante, all’irraggiamento diretto della fiamma. All’interno del forno il grezzo vaporizza progressivamente, mentre la pressione comincia a diminuire per effetto delle perdite di carico. La pressione si abbassa ulteriormente nella linea di trasferimento dal forno alla colonna (transfer line) sino all’ingresso nella colonna di topping, nella zona di flash, dove la pressione cade a circa 1,4 bar, con conseguente ulteriore vaporizzazione di grezzo. Nella sezione di ingresso si ha la vaporizzazione per diminuzione di pressione di tutti gli idrocarburi, non vaporizzati precedentemente nel forno, che presentano temperatura di ebollizione inferiore a 360°C. I vapori complessivamente prodotti risalgono vero l’alto, mentre il residuo non vaporizzato scende verso il fondo della colonna. Nella zona di ingresso viene immessa una rilevante portata di vapor d’acqua che ha la funzione di abbassare le pressioni parziali dei vapori di idrocarburi; Ciò favorisce la vaporizzazione. I vapori passano dalla zona di flash alla zona di rettifica che è separata in un numero di sezioni pari al numero di frazioni laterali da produrre. Dal fondo della colonna viene immesso vapor d’acqua di stripping che ha lo scopo di abbassare le pressioni parziali degli idrocarburi in fase vapore, ottenendo una vaporizzazione maggiore. Ogni sezione è costituita da un piatto di raccolta e da una serie di normali piatti di contatto liquido/vapore. Il prodotto prelevato al piatto di raccolta viene in parte raffreddato e riciclato in testa alla sezione ed in parte estratto dal sistema. Tra una sezione e l’altra è consentito il passaggio della corrente di vapore, ma non della correte di liquido, per cui questa è assicurata da un sistema di riflusso interno. I vapori in salita, costituiti da tutti gli idrocarburi eccetto il residuo, vengono a contatto con la frazione di gasolio che viene riciclata in testa alla sezione dopo essere stata raffreddata. Ciò determina una condensazione della parte più altobollente dei vapori, costituita dagli idrocarburi appartenenti alla frazione dei gasoli. Quindi, con il calore di condensazione reso disponibile, si ottiene la vaporizzazione della parte più bassobollente del liquido. In questa maniera i vapori, privati dei gasoli, possono risalire verso le altre sezioni, mentre i gasoli della corrente di riciclo si liberano di eventuali idrocarburi più bassobollenti, appartenenti alle frazioni superiori. Le frazioni laterali escono tutte alla temperatura di inizio ebollizione della frazione. La parte che esce dal sistema viene sottoposta a strippaggio, in corrente di vapor d’acqua, allo scopo di eliminare eventuali sostanze più volatili della frazione uscente. Il vapor d’acqua utilizzato, insieme ai vapori strippati, viene reintrodotto in colonna. Dalla testa della colonna escono i gas incondensabili sino ad una temperatura di ebollizione di circa 110°C. I gas uscenti vengono raffreddati in maniera da condensare le benzine leggere, che vengono separate nel raccoglitore di testa ed in parte riciclate in testa colonna. PETROLIO, ENERGIA E MATERIALI PETROLIO, ENERGIA E MATERIALI Nello stesso raccoglitore vengono separate allo stato liquido anche le condense del vapor d’acqua. La temperatura in colonna passa dai 315°C del fondo ai 110°C della testa, mentre la pressione diminuisce gradualmente da 1,4 bar del fondo sino a valori di poco superiori alla pressione atmosferica in testa. La differenza di pressione è necessaria per consentire il flusso ascendente del vapore e superare le perdite di carico in colonna. La benzina leggere uscente dalla colonna di topping deve essere sottoposta a stabilizzazione, ovvero alla eliminazione dei componenti più leggeri. La stabilizzazione viene effettuata introducendo le benzine primarie in una colonna munita di un ribollitore di fondo che assicura la portata dei vapori in salita che strippano i gas. Le benzine possono essere anche sottoposte a splitting, operazione che consiste in un ulteriore frazionamento in una benzina relativamente leggera ed una relativamente più pesante. Le due frazioni risultanti presentano caratteristiche diverse, per cui lo splitting può risultare comodo nella fase di blending (miscelazione) delle varie benzine, per ottenere le specifiche più opportune. • Il vacuum Il residuo del topping è un prodotto poco pregiato costituito da idrocarburi con un punto di ebollizione superiore ai 360°C. L’ulteriore frazionamento del residuo non è però attuabile a pressione atmosferica in quanto alle elevate temperature richieste il peso delle reazioni di cracking aumenterebbe notevolmente. Per questo il residuo viene sottoposto a distillazione vacuum, che consiste in una distillazione a pressione ridotta e, di conseguenza, a temperature ancora accettabili. La pressione di esercizio è di circa 40 mm Hg, le temperature di colonna sono leggermente più alte rispetto a quelle del topping, e il massimo del fondo di colonna e 420°C. Questi sono costituiti da gasoli da vacuum che possono essere utilizzati come alimentazione per il cracking catalitico, da cui si ottengono benzine ad alto numero di ottano, o possono essere raffinati per produrre lubrificanti. Il residuo da topping viene introdotto al forno di vacuum da cui esce, in buona parte vaporizzato, alla temperatura di 420°C. Una ulteriore frazione vaporizza all’ingresso della colonna, nella zona di flash che particolarmente spinto per la ridotta pressione di esercizio. Anche nella distillazione vacuum si opera in corrente di vapore che, immesso dal fondo, incrocia il residuo prima che essa dalla colonna. La colonna del vacuum è suddivisa in sezioni separate per quanto riguarda la corrente di liquido in discesa. Da ogni sezione si estraggono i gasoli da vacuum in uscita e si provvede al riciclo interno raffreddando con uno scambiatore. Dalla testa i vapori non condensati vengono aspirati dal sistema da vuoto, costituito da una batteria di tre stadi di eiettori. Il residuo del vacuum è costituito da dagli idrocarburi in assoluto più pesanti e possono essere impiegati in processi di conversione o impiegati come bitume nella preparazione di asfalti. • Le caratteristiche delle benzine Le benzine per autotrazione sono costituite da idrocarburi che possiedono da 5 a 10 atomi di carbonio, con una predominanza di C6, C7 e C8. L’intervallo di distillazione va da circa 30°C fino a circa 205°C. I requisiti commerciali delle benzine sono in stretta relazione con il funzionamento del motore a ciclo Otto PETROLIO, ENERGIA E MATERIALI PETROLIO, ENERGIA E MATERIALI 21 che funziona secondo un ciclo termodinamico costituito da due adiabatiche e due isocore, realizzato tramite un motore a 4 tempi. È costituito da 4 cilindri muniti di valvole di aspirazione e di scarico, in ognuno dei quali un pistone si muove con un moto alternato tra un punto morto superiore (pms) ed un punto morto inferiore (pmi). Nella prima fase, in cui il pistone scende verso il basso e la valvola di aspirazione è aperta, si ha l’aspirazione della miscela all’interno del cilindro. Poco prima di giungere al punto morto superiore scocca una scintilla, procurata dalla candela, ce incendia la benzina e procura il calore. La combustione si completa mentre il pistone completa il suo cammino fino al punto morto superiore, per cui la trasformazione si può considerare a volume costante. I gas all’interno del cilindro si trovano così ad elevata pressione e possono compiere lavoro nella successiva fase di espansione adiabatica, in cui il pistone scende verso il basso con valvole sempre chiuse. Completata la fase di espansione si completa il ciclo termodinamico, con l’apertura della valvola di scarico e caduta di pressione istantanea. Nell’ultima fase il pistone si muove verso l’alto scaricando i gas di combustione. Il potere calorifico deve essere sufficientemente elevato, per poter fornire la quantità di calore necessaria durante l’isocora. La tensione di vapore deve essere sufficientemente elevata per permettere la vaporizzazione completa e la formazione di una miscela perfetta con l’aria priva di particelle liquide che impedirebbero la completa combustione e lo sfruttamento totale del potere calorifico. Nel caso di combustione corretta della benzina, la scintilla da l’avvio al fronte di fiamma che si propaga in tutta la camera con una velocità sufficientemente bassa da completare la combustione al punto morto superiore. L’aumento di temperatura causato dalla combustione genera un fronte di pressione che si muove alla velocità del suono, l’onda di pressione può provocare, rimbalzando all’interno del cilindro, un aumento della temperatura al di sopra di quella di accensione causando la detonazione, ovvero l’autoaccensione della benzina indipendente dal fronte di fiamma. Gli idrocarburi non presentano tutti lo stesso potere detonante: le paraffine lineari detonano facilmente, mentre le isoparaffine, gli aromatici e taluni composti ossigenati detonano più difficilmente. Il potere indetonante complessivo della benzina si misura tramite il numero di ottano. A questo proposito si attribuisce valore 0 al n-eptano, un idrocarburo lineare, e valore 100 al 2,2,4- trimetilpentano. • Il cracking catalitico a letto fluido Il cracking catalitico a letto fluido è una delle operazioni di conversione più importanti nell’industria petrolifera. Con questo processo si trasformano i gasoli da vacuum, idrocarburi ad alto peso molecolare e quindi poco pregiati, in una serie di prodotti che presentano mediamente un peso molecolare molto più basso. Il cracking catalitico è uno dei processi più importanti per l’economia della raffineria. ■ I diagrammi di Francis e gli aspetti termodinamici del cracking In questi diagrammi vengono rappresentate sull’ascisse le temperature e sulle ordinate e energie di Gibbs di formazione degli idrocarburi per mole di carbonio, ovvero il di formazione degli idrocarburi diviso il numero di atomi di carbonio di ciascuna molecola. Valori elevati, sempre più positivi, indicano che la reazione opposta, la decomposizione della molecola, presenta un G0 negativo è quindi una reazione favorita. Dallo studio dei diagrammi di Francis si possono ottenere informazioni sulla stabilità dei vari idrocarburi e sulla tendenza di trasformarsi. Tutti gli idrocarburi presentano un /n sempre più positivo all’aumentare della temperatura. La stabilità degli idrocarburi diminuisce con la temperatura ed è sempre più favorita la reazione di decomposizione, per cui il diventa sempre più negativo. Considerando un qualunque alcano ed un qualunque alchene, a causa della diversa pendenza, le curve /n si intersecheranno ad una determinata temperatura: a temperature inferiori sarà più stabile l’alcano mentre a temperature superiori l’alchene. All’aumentare del numero di atomi di carbonio, a parità di temperatura, il /n diviene sempre più alto. A maggior ragione anche il sarà maggiore per gli idrocarburi più pesanti. Il cracking di idrocarburi relativamente pesanti diventerà termodinamicamente favorito a temperature relativamente più basse. Nei diagrammi di Francis si mette in evidenza come le reazioni di cracking termodinamicamente più favorite siano quelle che portano agli elementi carbonio e idrogeno. In tutti gli impianti che lavorano frazioni pesanti ad alta temperatura si ha il problema della decomposizione del coke delle reazioni di cracking. Le reazioni di cracking degli idrocarburi sono reazioni PETROLIO, ENERGIA E MATERIALI PETROLIO, ENERGIA E MATERIALI Nel reforming gli idrocarburi processati possiedono mediamente 10 atomi di carbonio e presentano un molto meno positivo. Essendo le temperature dei due processi molto simili, intorno ai 500°C, la produzione di cole è di gran lunga minore nel reforming. Oltre che alla natura della carica, un altro effetto è legato alla scelta di operare in presenza di una corrente di idrogeno che, sebbene influenzi negativamente le rese termodinamiche delle reazioni di deidrogenazione e deidrociclizzazione, penalizza molto di più le reazioni di cracking totale. I catalizzatori che presentano attività più elevate ed assicurano una maggiore resa sono a base di platino e non sono compatibili con un reattore a letto fluido che comporta perdite significative dai cicloni, poco rilevanti per il catalizzatore a base di silice/allumina. Per questi motivi la maggior parte dei processi di reforming catalitico sono a letto fisso con catalizzatore a base di platino e allumina. I processi a letto fisso si possono distinguere in processi rigenerativi, in cui si ha una rigenerazione frequente del catalizzatore, e non rigenerativi, in cui la rigenerazione avviene solo alla fine di un ciclo di 150 200 giorni. Nei processi rigenerativi è necessaria la presenza di una batteria di reattori, di cui uno in rigenerazione e gli altri in fase di esercizio. Una delle alternative di processo molto diffusa è il platforming che utilizza un catalizzatore a base di platino su un supporto di allumina. Prima di essere processata al reforming la benzina pesante da topping deve essere sottoposta a idrodesolforazione, trattamento indispensabile a causa della elevata sensibilità del platino all’azione di veleni come zolfo, azoto, arsenico e acqua che lo disattiverebbero irreversibilmente. Nel processo di idrodesolforazione la carica viene miscelata ad una corrente di idrogeno preriscaldata ed immessa nel forno, che fornisce il calore per le reazioni endotermiche di idrogenazione. Un processo tipico di reforming prevede una sequenza di tre reattori adiabatici ognuno preceduto da un forno che provvede a fornire il calore necessario per le reazioni endotermiche. La carica desolforata viene preriscaldata nello scambiatore a spese dei prodotti di una reazione in uscita dal terzo reattore. Quindi si aggiunge la corrente di idrogeno con un rapporto molare con la carica compreso tra 4 e 12. Uscita dal primo forno, con una temperatura superiore a quella minima di attività del catalizzatore, la miscela passa al reattore dove, per effetto delle reazioni endotermiche, la temperatura diminuisce. Quindi entra nella seconda sezione e nella terza. Completata la conversione la miscela dei prodotti viene prima raffreddata con acqua refrigerante. L’idrogeno prodotto dalle reazioni viene separato nel drum e compresso, viene in parte riciclato in testa e la rimanente parte viene impiegata nel precedente impianto di idrodesolforazione. I prodotti di reforming vengono inviati alla colonna stabilizzatrice dove vengono eliminati eventuali gas e GPL dalla testa. PETROLIO, ENERGIA E MATERIALI PETROLIO, ENERGIA E MATERIALI 21 • Alchilazione L’alchilazione è un processo di conversione in cui il prodotto, le cosiddette benzine di alchilazione, è più pesante delle materie prima, costituite da isobutano e dalle frazioni C 3 e C4 sia sature che insature. La benzina prodotta con l’alchilazione presenta un numero di ottano elevato, grazie al meccanismo di reazione che prevede il passaggio di un intermedio carbocationico e la formazione finale di isoparaffine. La carica da trattare è costituita dalla corrente gassosa prodotta al reforming e al cracking catalitico, fondamentali per ottenere una benzina di alchilazione con un N.O. elevato. Quando la quantità di isobutano è insufficiente, se ne può aumentare la quantità isomerizzando il n-butano. Nel processo Philips che utilizza acido fluoridrico come catalizzatore, la carica costituita da isobutano e olefine C3 e C4 viene disidratata nella colonna di essiccamento, quindi passa al reattore all’acido fluoridrico ed inviata al reattore. Qui si forma un’emulsione costituita da una fase acida e da una fase idrocarburica. Dal reattore i prodotti vengono inviati al separatore dove la fase organica e quella acida in emulsione vengono separate. L’acido esce dal basso, viene refrigerato e rimandato al reattore, mentre l’alchilato procede verso la colonna di frazionamento. Da questa si separano l’alchilato dal fondo e l’acido fluoridrico e i non reagenti dalla testa, che vengono inviati al reattore. • Isomerizzazione Il processo di isomerizzazione consente di trasformare paraffine lineari in paraffine isomere, con lo scopo di aumentare il numero di ottano. La carica trattata in questo processo può essere costituita da benzine leggere, come pentano o esano, provenienti direttamente dal topping o anche dal reforming o da idrocracking. La funzione principale dell’isomerizzazione è quella di aumentare il N.O. Research dei componenti leggeri delle benzine, mentre l’alchilazione agisce sui componenti relativamente pesanti del blending. Le reazioni di isomerizzazione vengono catalizzate da catalizzatori bifunzionali simi a quelli del reforming che presentano insieme siti con attività deidrogenante e siti acidi che catalizzano la formazione di carbocationi. La carica viene inizialmente disidratata nella colonna di essiccamento e quindi miscelata con l’idrogeno di riciclo. Vengono preriscaldati e introdotti nel reattore a letto fisso, dove avvengono le reazioni esotermiche. I prodotti in uscita vengono refrigerati sino alla condensazione. L’idrogeno gassoso viene separato e ritorna indietro all’uscita. I prodotti vengono quindi sottoposti a frazionamento e stabilizzazione per l’eliminazione dei leggeri nella colonna dal cui fondo esce la benzina isomerizzata e stabilizzata. ■ Produzion e di metanolo PETROLIO, ENERGIA E MATERIALI PETROLIO, ENERGIA E MATERIALI da gas di sintesi Il metanolo viene prodotto con un processo analogo alla sintesi dell’ammoniaca, in cui la miscela di sintesi, costituita da CO e H 2 reagisce secondo la reazione fortemente esotermica: La reazione viene fatta avvenire su un catalizzatore a base di rame, che consente una elevata conversione per passaggio. La temperatura di reazione è di circa 250°C ed il reattore utilizzato è del tipo a letto fisso. Nel processo Lurgi il gas di sintesi viene compresso e separato dagli eventuali trascinamenti di olio e dall’umidità. Quindi viene immesso nel reattore a strati adiabatici e frazionato in diverse aliquote: una prima frazione viene immessa all’ingresso del primo stadio, una seconda frazione viene immessa tra il primo ed il secondo stadio, in maniera da raffreddare i gas riscaldati dalle reazioni esotermiche. Una terza aliquota, con la stessa funzione, entra tra il secondo ed il terzo stadio. In uscita dal reattore i prodotti di reazione vengono raffreddati, prima preriscaldando la carica e dopo nel refrigeratore, fino a condensare il metanolo mentre i reagenti vengono riciclati in testa all’impianto. Quindi il metanolo prodotto viene separato in due colonne di distillazione, dove nella prima vengono separati i più leggeri inviati al riciclo, mentre nella seconda si produce dalla testa il metanolo e dalla coda eventuali prodotti più pesanti. • Processi di raffinazione I prodotti delle lavorazioni petrolifere necessitano in molti casi di processi di raffinazione allo scopo di eliminare sostanze non desiderate e raggiungere le specifiche commerciali. Dalla combustione di composti solforati si produce anidride solforosa, uno dei parametri principali nella valutazione della qualità dell0aria e principale responsabile del fenomeno delle piogge acide. Sono inoltre causa di corrosione sui materiali delle apparecchiature in cui vengono utilizzati o conservati, e impartiscono ai prodotti in cui sono contenuti, un odore particolarmente sgradevole. La desolforazione dei prodotti petroliferi, chiamata addolcimento, può essere realizzata tramite numerose tecniche raggruppabili in tre grandi gruppi: i processi chimici, i processi di estrazione ed i processi catalitici. ■ La desolforazione di gas e benzine I gas incondensabili prodotti in raffineria vengono generalmente utilizzati come combustibili all’interno dello stesso stabilimento e non vengono solitamente sottoposti a trattamenti, mentre a desolforazione è sempre sottoposto il gas naturale tramite un lavaggio dei gas con DEA (dietanolammina) o MEA (monoetanolammina). Lo zolfo può essere contenuto sia come H2S che come mercaptani leggeri ad uno o due atomi di carbonio. La rimozione viene realizzata per assorbimento chimico in una colonna di lavaggio in cui i gas vengono trattati in contro corrente con una soluzione alcalina di NaOH, ottenendo solfuri e mercapturi leggeri che vengono trattenuti nella fase acquosa. Un processo utilizzato per i C4, sia alcani che alcheni provenienti da vari processi della raffineria, è il MEROX. Esso consiste in un primo trattamento con NaOH diluito con mercapturi superiori. Segue un ulteriore lavaggio con NaOH concentrati per completare l’eliminazione dei mercaptani. Gli idrocarburi risultano così desolforati, mentre la soluzione acquosa di NaOH esce dal basso, viene preriscaldata e dopo l’aggiunta di un catalizzatore a base di cobalto entra in una colonna di ossidazione. Qui viene aggiunta aria che ossida i mercaptani a disolfuri. I prodotti di ossidazione passano al separatore dove l’aria in eccesso e i disolfuri strippati procedono verso la torica, mentre la soda rigenerata viene riciclata. PETROLIO, ENERGIA E MATERIALI PETROLIO, ENERGIA E MATERIALI 21 • La produzione di olefine leggere Un processo esclusivamente dedicato alla produzione di olefine leggere è lo steam cracking, con cui è possibile produrre etilene, propilene e C4 in quantità sufficienti a soddisfare le richieste del mercato. L’alimentazione dello steam cracking è costituita da virgin naphta, ovvero la benzina pesante da topping. La composizione dei prodotti di reazione varia in funzione della carica, con le maggiori rese in etilene ottenute a partire da etano. PETROLIO, ENERGIA E MATERIALI PETROLIO, ENERGIA E MATERIALI ■ Aspetti termodinamici e cinetici Il meccanismo di reazione è di tipo radicalico. Le razioni radicaliche procedono attraverso i classici stadi della attivazione, propagazione e terminazione. Per il primo stadio, la rottura del legame C-C rappresenta l’alternativa più probabile, almeno per le cariche più pesanti. Il destino più probabile per il radicale così formato è rappresentato dalla scissione in rispetto all’elettrone spaiato, rottura che consente la formazione di etilene. Infine, quando reagiscono due radicali, si hanno reazioni di terminazione della catena. Oltre alla formazione di etilene è possibile la formazione di quantità significative di altre olefine, C3 e C4, dalle reazioni di estrazione di idrogeno e di isomerizzazione. Inoltre, tra i prodotti si possono ritrovare anche una certa quantità di idrocarburi di massa molecolare non inferiore alla carica, provenienti dalle reazioni di polimerizzazione. ■ Processo a variabili operative Immediatamente all’uscita del forno si bloccano le reazioni di cracking con un raffreddamento rapido (quenching), per evitare la formazione di cole, ottenuto facendo passare i vapori di reazione prima attraverso la caldaia che produce vapore ad alta pressione, successivamente alla colonna di lavaggio con olio freddo. • Il frazionamento dei C4 I vari isomeri possono essere isolati per essere inviati a lavorazioni successive, come il butadiene e l’isobutene, oppure, se necessario, si possono convertire i buteni a loro volta in butadiene. La soluzione adottata per le correnti provenienti da steam cracking consiste nel separare inizialmente l’1-3 butadiene per distillazione estrattiva. A tal fine si utilizza una soluzione acquosa al 4% di furfurolo, che abbassa la volatilità dei butadieni ed in parte dei 2-buteni che si separano dal fondo colonna, mentre dalla testa escono gli altri C4. • Produzione di butadiene PETROLIO, ENERGIA E MATERIALI PETROLIO, ENERGIA E MATERIALI 21 • Estrazione degli aromatici La tecnica più utilizzata è l’estrazione con solventi selettivi, in grado di formare miscele con gli aromatici, ma non con le paraffine. Alla fase di estrazione segue una fase di frazionamento in benzene, toluene e xileni. Un processo molto comune è il processo UDEX che adopera, come solvente, glicol etilenico. La carica viene preriscaldata, quindi viene portata alla temperatura di estrazione nello scambiatore, ed infine immessa, ad una quota intermedia, nella colonna di estrazione. Dall’alto viene immessa la soluzione acquosa di glicole rigenerata che estrae gli idrocarburi aromatici che escono dal fondo. Il fondo colonna viene quindi inviato alla colonna di strippaggio che separa dalla testa una frazione leggera che viene riciclata all’estrattore come contro solvente. Dal fondo della colonna esce la soluzione di glicole etilenico rigenerato. Gli aromatici vengono condensati e separati dall’acqua. PETROLIO, ENERGIA E MATERIALI PETROLIO, ENERGIA E MATERIALI