Scarica Plauto, Anfitrione: analisi grammaticale, sintassi, sintesi e più Traduzioni in PDF di Lingua Latina solo su Docsity! 1 Plauto Alle radici del teatro comico europeo La palliata di Plauto e Terenzio: palliata, commedia romana di ambientazione greca, ebbe enorme successo – sensibile ai problemi della tradizione artistica e della creazione di un teatro romano dotato di caratteri originali secondo tradizione ateniese. Plauto e Terenzio unici di cui si hanno commedie integre. Entrambi della tradizione della Commedia Nuova, iniziata con Menandro, nel IV secolo, giunsero indipendenti e differenziati. Plauto: successo immediato; commedie plautine piacevano al pubblico per inventiva verbale, trovate comiche, varietà registri metrico-stilistici. Teatro di Terenzio si rivolgeva invece prima all’élite aristocratica (circolo degli Scipioni) di cui metteva in scena ideali di rinnovamento culturale: commedia seria destinata a pubblico colto. Escluso da autori delle scuole tardo-antiche, ignorato anche da Dante nel Medioevo, Plauto fu riscoperto da Umanisti. Luogo di nascita è Sarsina; non di origine romana: diversamente da Livio Andronico e da Ennio, non apparteneva ad area culturale già grecizzata. Era cittadino libero: notizia che svolgesse lavori servili è infenzione biografica, basata su assimilazione tra Plauto e servi bricconi delle sue commedie, minacciati di questa destinazione. Data di morte, 184 a.c. è sicura; data di nascita da notizia di Cicerone, secondo cui Plauto scrisse da senex la commedie Pseudolus: rappresentata nel 191 e la senectus per Romani cominciava a 60 anni, probabile nascita fra 255 e 250 a.c. Fioritura letteraria intorno al 200: attività letteraria fra periodo seconda guerra punica (218-201) e ultimi anni di vita del poeta: Casina allude a repressioni dei Baccanali nel 186. Il nome figura tra dati biografici incerti. Antichi lo citano come Plautus, forma romanizzata di cognome umbro Plotos (“dalle grandi orecchie” o “dai piedi piatti”), elemento sicuro. Compare nelle edizioni moderne ottocentesce nome completo Marcus Accius Plautus: sospetta; i tria nomina – cioè identificazione di una persona per prenome (Marco, per es.), nome gentilizio (per es. Tullio) e cognome (per es. Cicerone) – si usano per chi è dotato di cittadinanza romana, e non si sa se l’abbia mai avuta. Il Palinsesto Ambrosiano: antichissimo codice di Plauto, rinvenuto primi dell’Ottocento dal cardinale Angelo Mai, chiarì questione. Nome completo si presenta nella versione come Titus Maccius Plautus; da Maccius, per errore di divisione, tradizionale M. Plautus. Il nome Maccius non è nome gentilizio; ma derivazione da Maccus, nome di un personaggio tipico della farsa popolare italica, l’atellana. Derivazione deve avere legame con personalità e attività di Plauto: influssi dell’atellana in Plauto notati sin da Orazio. Verosibile che poeta teatrale Titus Plotos o Plautus si fosse dotato, a Roma, di un nome di battaglia che alludeva al mondo della 2 scena comica, e conservasse nei tre nomi canonici traccia libera e irregolare del suo mestiere di commediante. Le commedie Plauto fu autore di grande prolificità e di enorme successo. Nel corso del II sec. sembra circolassero 130 commedie legate al suo nome: verosimile che alcuni fossero apocrifi o rimaneggiati da altri. Le prime edizioni: verso metà II secolo, cominciò attività editoriale. Prodotte edizioni ispirate ai criteri della filologia. alessandrina (primi strumenti per analisi testo e critica letteraria di grammatici e letterati che lavorano nella Biblioteca di Alessandria istituita all’inizio III sec. a.C.). Benefici di questa attività fino a noi: commedie dotate di didascalie, sigle dei personaggi; versi scenici impaginati da curatori. Le 21 commedie scelte da Varrone: fase critica nella trasmissione seganta da intervento di Varrone: grande erudito d’età repubblicana: Amphitruo; Adinaria (Commedia degli Asini); Aulularia (Commedia della pentola); Captivi (I prigionieri); Curculio; Càsina; Cistellaria (Commedia della cassetta); Epidicus, Bacchides; Mostellaria (Commedia del fantasma); Menaechmi; Miles gloriosus (Il soldato vantone); Mercator (Il mercante); Pseudolus; Poenulus (L’uomo di Cartagine); Persa (Il persiano); Rudens (La gomena); Stichus; Trinummus (Le tre monete); Truculentus (Lo zotico); Vidularia (Commedia del bauletto). Nel De comoediis Plautinis, Varrone accettà solo queste come sicuramente autentiche. Tuttavia molte altre continuarono ad essere rappresentate e lette nella Roma antica. Difficile farsi idea di evoluzione nella poeticaplautina. Impressione è che commedie più ricche. di ritmi siano più tarde. La cronolgia ha punto fermo: lo Stichus (200 a.C.); lo Pseudolus (191); Casina (186). La struttura delle commedie plautine Le venti commedie hanno un complesso di più di 21.000 versi. La più lunga Miles gloriosus, la più breve Curculio. Osservazione complessiva: prevedibilità intrecci e tipi umani incarnati dai personaggi. Non vuole porre interrogativi problematici sul carattere personaggi, né particolare interesse per etica e psicologia. Tende anche a usare prologhi espositivi che forniscono informazioni essenziali sullo sviluppo della trama a spese di qualsiasi sorpresa o colpo di scena. I personaggi si possono ridurre a numero limitato di tipi: servo astuto, vecchio, giovane amatore, il lenone, il parassita, il soldato vantone. Tipi inquadrati dai prologhi. Mentre uso dei personaggi tipici è risorsa frequente nella dramamturgia antica, caratteristica peculiare di Plauto è previdibilità intrecci. Trame Amphitruo: Giove arriva a Tebe per conquistare bella Alcmena. Dio impersona Anfitrione, signore della città e marito della donna; aiutato da astuto Mercurio, Giove approfitta dell’assenza di Anf. che è in guerra per entrare nel letto della moglie ignara. Mercurio intanto impersona Sosia, servo di Anfitrione. Ma improvvisamene 5 solo soldi. Lotta si decide con successo di una parte e danneggiamento altra. Buona norma che vincitore sia giovane, e perdente giustificazioni del suo essere perdente (vecchio, uomo sposato, lenone, ricco trafficante schiavi): vittoria finale trova rispondenza nei codici culturali che pubblico possiede. Adottando semplice schema generativo – dalle convenzioni della Commedia Nuova – Plauto libero di puntareprevalente interesse su particolari forme d’intreccio. La commedia del servo Il servo ingannatore: forma preferita – e più divertente. Azione di conquista del bene messo in gioco delegata dal giovane a servo ingegnoso; progressivamente servi crescono intellettualmente e di libertà fantastica: creano inganni. Nelle opere più mature, servo al centro azione come vero demiurgo, artista della frode: Edipico, Crìsalo nelle Bacchides, Palestrione nel Miles e Pseudolo, servo-poeta che si abbandona a narcisistico dialogo con pubblico o Tranione nella Mostellaria che si distingue per illusionismo e gusto dell’assurdo. Servo inventore dell’azione scenica: Pseudolo, per esempio, rivendica proprio ruolo creativo in colloquio con spettatori: “come il poeta, quando ha preso le sue tavolette, cerca qualcosa che non c’è in nessun luogo, eppure lui la trova, e fa che sia credibile ciò che è menzogna – io ora mi farò poeta: le venti mine, che ora non esistono in alcun luogo, pure io le troverò”. Variazioni sul tema: coppia giovane desiderante-servo raggiratore è costante tematica nel teatro di Plauto. Numerose varianti: raggiratore può essere parassita o servo può essere giovane innamorato. Definita è scansione temporale che prevede fasi distintive: servo medita inganno, agisce e infine trionfa. Fortuna, alleata o antagonista: forza onnipresente, Fortuna, Tyche, regina incontrastata nel teatro ellenistico. Presenza della Fortuna grande valore stabilizzante. Il servo ha bisogno di un alleato e di antagonista: altrimenti rischierebbe di dominare trama. Trama comica ha spesso bisogno di scatto irrazionale, di quoziente imprevedibile. La commedia del riconoscimento Identità ritrovate: accanto (e insieme) alla commedia del servo, Plauto afferma altra preferenza: commedie che ruotano su un riconoscimento, identità prima o nascosta e poi rivelata. Commedie possono passare per fase di errori e confusioni di persone – commedia degli equivoci come Menaechmi – o problema identità salta fuori nel finale: in comune scatto fortunoso dell’agnizione conclusiva. Cortigiane e schiave tornano donne libere; si scoprono figli, figlie, fratelli, sorelle; figli illegittimi diventano legittimi. Servo e Fortuna a confronto: in quasi tutte le commedie del riconoscimento c’è schiavo furbo al lavoro: lavoro immorale, ma a fini accettabili, destinato ad avere successo. Opera su realtà preesistente, lavoro è falsificare, confondere, cambiare contenuti. Contrasto tra messinscena e realtà non può durare per sempre: entra in gioco Fortuna: esiste realtà più autentica e sincera, quella per cui schiavo operava. 6 Plauto e la commedia greca I modelli: a differenzia di autori successivi come Terenzio, si preoccupa poco di comunicare nome, paternità della commedia su cui si è orientato. Il suo teatro non presuppone pubblico ellenizzato per gustare riferimenti e modelli. Titoli non sono trasparenti. Uso nomi schiavi come titolo ha poco a che fare con prassi greca. Cistellaria, Stichus, Bacchides si basano su tre. commedie menandree; Rudens, Casina, Vidularia da Difilo; Poenulus da Alessi; Asinaria da Onagos di un certo Demofilo. Plauto, pur attingendo ai grandi maestri della commedia ellenistica, non ha preferenza. Differenze strutturali Dalla metrica ai nomi, trasformazioni dei modelli greci: Plauto non rivoluziona intreccio nelle linee generali, ma opera trasformazioni significative, a partire da ristrutturazione metrica (riscrittura in cantica polimetrici di brani recitati in trimetri giambici e tetrametri trocaici dell’originale greco) e cancellazione divisione in atti; completa trasformazione del sistema onomastico. Plauto non dà quasi mai a personaggio nome dell’originale, introduce nomi non attestati sulla scena greca. Voleva proporre autonomo “stato civile”: nomi greci, ma non stessi dei modelli; e nomi nuovi, non nomi fissi che portavano maschere della farsa italica. I meccanismi del comico: Plauto ha lavorato per assimilare singoli modelli attici e e il loro codice formativo: convenzioni, modi di pensare, personaggi tipici, drammaturgia, espressività. Ma ha lavorato anche per distruggere qualità fondamentali dei modelli: coerenza drammatica, sviluppo psicologico, realismo linguistico, motivazione, caratterizzazione, serietà di analisi, senso sfumatura e limite; cioè qualità che determinano originalità e valore della Commedia Nuova. Differenze stilistiche Originalità e coerenza di stile: stile di Plauto, vario e polifonico, cambia poco da commedia a commedia. Compattezza stilistica si spiegherebbe male se Plauto si lasciasse condizionare troppo da stile dei modelli ellenistici. Tratti costanti e dominanti dello stile plautino hanno poco di ellenistico. Costanti non riguardano intreccio singole commedie ma le attraversano tutte: giochi di parole, bisticci, metafore, similitudini, paragoni mitologici, doppi sensi, allusioni scherzose a istituzioni e al linguaggio militare di Roma – registro di stile è iniziativa originale di Plauto. Letteratura e pubblico: riflessi nella società romana nelle commedie plautine Risonanze storico-culturali degli intrecci plautini: intrecci delle commedie sono aspetto in cui Plauto è più legato a fonti: non subisce passivamente la tradizione: predilizione per certo schema narrativo corrisponde a intenzioni originali e determinate dell’autore, si rileva funzionale all’idea di teatro propria di Plauto. Struttura tipica intrecci, nella ripetizione modelli noti, è strumento con cui autore dialoga con suo pubblico, invitandolo implicitamente a riflettere su aspetti più significattivi della società romana contemporanea. 7 Il rovesciamento dei valori tradizionali: quasi sempre messa in gioco di un bene si tramita in fase critica dove possono vacillare valori sociali e familiari: persone libere trattate come schiave, padri insidiano donne desiderate dai figli, uomini sposati le pretendono da libertini a spese scapoli. Commedie minacciano sovversione di tutto ciò che pubblico reputa norma e naturale. Nella società romana è anche normale e naturale che figli siano vincolati all’autorità del capofamiglia. Nascere conflitti in cui si scontrano valori e aspettative legittime: quando un figlio trama contro autorità paterna mentre padre utilizza potere familiare ed economico per fine immorale. Commedia plautina tratta conflitti entro piano comico intreccio senza mai assumere direttamente valore di riflessione critica e rinnovamento delle mentalità tradizionali, come accade invece in Terenzio. Qualche volta crisi rimescola e confonde valori più generali e fondamentali, quali identità personale e distinzione fra uomini e dei. Il ritorno all’ordine: scoglimento tipico consiste in rimettere a posto le cose. Punizione del lenoone, sconfitta del vecchio libertino o del soldataccio, riunione della coppia di innamorati predestinata, scioglimento dell’equivoco, ricostruzione della giusta identità personale non sono altre che diverse esecuzioni di schema obbligato. Pubblico trova in questo movimento da disordine a ordine un particolare piacere; quadro sociale e materiale in gioco da commedia compatibile con esperienza vissuta da pubblico. Teatro privo di finalità didascalica Ambientazione greca: Greci sono nomi dei personaggi e luoghi, sfumature legali, istituzioni politiche o allusioni storiche: dettagli garantiscono che genere comico ha sede altrove. Al di là di dettagli esootici, che Plauto propone senza riadattare, corpo intreccio tocca problemi reali e quotidiani, quali disponibilità delle donne e uso denaro nella famiglia. Nessuna morale: primato del servo: pubblico romano partecipa. al precipitare delle crisi e al comporsi finale di un ordine più ragionevole e rassicurante. Nessuna pretesa didattica e moraleggiante. Primato e protagonismo dello schiavo furbo, motore della trama e del riordino finale. Personaggio centrale incompatibile con trasmissionee serio messaggio morale o culturale. Fonte principale del divertimento e personaggio più fantastico del cast; personaggio in cui meno di tutti pubblico può riconoscere fondamento realistico e intonazione quotidiana; personaggio che marca distacco Plauto da modelli. Servo tramatore: azione di personaggio creativo e antirealistico tratto caratterizzante della palliata plautina. Orientata a riconferma ordine e normalità sociale, commedia plautina ha poco di sovversivo: anche protagonismo dello schiavo, non vuole discutere o corrodere dogmi della vita sociale; per converso, azione imprevedibile e amorale del servo ingegnosoo porta nella trama quoziente di disordine e irriverenza che arriva quanto meno a sospendere la normalità irrigimentata della vita quotidiana. Servo è colui che persegue un risultato legittimo, ma lo fa con mezzi illegittimi e truffaldini. Da questa contraddizione nasce paradosso arte che sfugge a tradizionali definizioni di conformismo e anticonformismo. 10 rendono incisivo messaggio imprimendolo nella mente dell’interlocutore o impiego di interiezioni e diminutivi affettivi che manifestano coinvolgimento emotivo del parlante. La lingua d’uso risponde anche alla tendenza all’economicità: struttura sintattica semplificata con prevalenza della paratassi sull’ipotassi (proposizioni giustapposte senza gerarchia logico-sintattica che subordi una all’altra); la frase spesso scarnificata con ellissi soggetto o verbo essere; frequente frase nominale (ellittica del verbo) mentre uso dei verbi universali dal significato generico (facio o dico) si estende a danno verbi specifici. I grecismi: caratteristica della ricchezza lessicale plautina, la ubertas sermionis Plautini celebrata da antichi, forte presenza grecismi: tratti di lingua d’uso che attestano influenza greca sulla vita quotidiana di Roma: termini marineria (nauta, prora, carina), commercio e finanza (danista, logista, symbolum, talentum), tecnologia (architectus, ballista, machaera, pessulus), urbanistica (platea, macellum); nomi di animali (balanus, ballaena, concha, scomber), di recipienti per vino e utensili domestici (ampulla, cadus, cantharus, cyathus, lagoena, patina, cista, scyphus) – greco è anche lessico dello sport, del teatro, dei prodotti di lusso già diffusi nella Roma arcaica. Arcaismi: latino di Plauto conserva caratteristiche arcaiche che lo differenziano dalla lingua parlata dell’età di Cicerone (latino classico). Le differenze si registrano a livello morfologico e fonetico, dove scarti dal latino. classico attestano una fase arcaica e uno strato volgare, mentre a livello sintattico distanza dal latino classico è ridotta a usi particolari. Esempi: Fonetica conserva vocalismo -o- in vor- (vorto, advorsus per verto, adversus) e quello in -u- in sillaba mediana non accentata (existumo per existimo o nei superlativi come amoenissumus, optume). La -o- in sillaba finale non ancora chiusa in -u- (regolari nom. sing. in -os e acc. in -om), abl. del pronome ego e tu ancora in forma arcaica med e ted. Nella morfologia nominale voc. puere (per analogia con tipo dominus); gen. singolare della quarta declinazione in -i (per analogia con la seconda decl.); assenza di distinzione tra abl. singolare in -e per participi e in -i per aggettivi. Pronomi presentano forme come ipsus per ipse; nom. plurali illisce (da illi con particella deittica - ce; stessa di hic) e hisce; abl. sing. qui (interrogativo, relativo e indefinito) e aliqui. Nella morfologia verba notevoli forme del futuro sigmatico, suffisso -so, caratteristico della coniugazione greca, come faxo, capso e forme collegate di ottativo come faxim, dixim, induxim. Infinito presente passivo in -ier, come adducier per adduci e seconda. persona singolare desinenza eloquere per eloqueris. Congiuntivo presente del verbo essere: siem, sies, siet in luogo di sim, sis, sit. Volgarismi sono imperativi face, dice (atematici nel latino classico) o perfetto con raddoppiamento tetuli per tuli. Costruzione di utor con accusativo in luogo di ablativo strumentale; uso indicativo nelle interrogative indirette; infinito nella finale in luogo del congiuntivo. Fortuna del teatro plautino: venti commedie della scelta canonica di Varrone ricopiate per tutto il Medioevo, ma lettura diretta di Plauto era fatto eccezionale. Dante e contemporanei lo ignorano, mentre grande fortuna ha Terenzio. 11 A partire dalla generazione di Petrarca, una parte delle commedie plautine – da Amphitruo a Epidicus – cominciano a conoscere diffusione. Dal 1429 tornano in corcolazioni anche le altre dodici commedie “varroniane”. Comincia lavoro filolofico sul testo di Plauto e rinasce passione per questo autore; rivisitazioni e aqdattamenti. La commedia umanistica vive di adattamenti e trasformazioni dei modelli. plautini; si sviluppa teatro in latino; e nel ‘500 un teatro che italiano che vuole liberamente inserirsi nel codice scenico costituito dalla palliata romana: non solo teatro comico di Ariosto, ma anche Macchiabelli assimilaazione del modello plautino. Tra ‘500 e ‘700 fortuna di Plauto sempre intrecciata con sviluppo teatro comico europeo. Figura chiave del teatro plautino, il servo astuto con macchinazioni, come spia per disegnare evoluzione commedia e opera buffa dei primi umanisti fino ad Illuminismo e oltre. Plauto è anche oggi il più rappresentato di tutti i poeti scenici latini. 12 Amphitruo Tema, struttura e movimento Amphitruo è una delle tre commedie Plautine sul tema del doppio. Si distingue dagli altri due (Bacchides, Menaechmi) per le dimensioni mitologiche e dal fatto che l’argomento richiama l’imitazione più che gemelli identici. Ma la cosa che la rende ancora più unica è l’autocoscienza del tema della geminazione. Un impluso primario di ogni commedia che riguardi i doppi, è creare la permutazione di personaggi e situazioni, per sfruttare ogni possibilità di confusione umoristica. Tipicamente, una scena porta i doppi faccia a faccia, dove il problema dell’identità è risolta. Il mito del doppio pervade l’Amphitruo ad un grado assurdo. La tradizione mitologica ha fornito il doppio di Anfitrione, la nascita dei gemelli, e la precoce uccisione di Ercole di due serpenti, come riporta Bromia. Ma Plauto gioca su altri doppi (Mercuio e Sosia) e sui dialoghi dei messaggi, Naucate e Blapharo, e un secondo incontro sessuale tra Alcmena e il falso Anfitrione. Un affascinante articolazione del tema della geminazione involve anche il linguaggio. Evidente soprattutto nel prologo. Come parte del processo di trasporto del pubblico nel mondo dei doppi della commedia, Mercurio utilizza doppi della stessa parola (poliptoto e ripetizioni): vs. 7 quasque… quasque; inceptis…inceptabitis; 9 ea…ea; 17 cuius…quam; venio…venerim; 28 humana…humano; 32 pace…pacem; 39 velle…velimus; 47 bonis…boni. Lo stesso vale per parole semanticamente uguali: adficere atque adiuvare; 6 bono…amplo; 9 adferam… nuntiem; 11 concessum et datum; 16 aqeui et iusti; 118 veterem atque antiquam; 129 servom et conservom. Vi sono anche ripetizioni vicine: 1 vos in vostris; 137 donis donatus; e doppi antitetici 2 emensi vedendisque; peregri et domi; 35 iniusta…iustis. Il dio stesso descrive la sceneggiatura come un miscuglio di due generi: tragicomoedia. La geminazione linguistica si trova in tutto il testo, anche oltre il prologo, soprattutto quando si riferisce alla gravidanza e al parto di Alcmena: 487 uno ut fetu… uno ut labore, 681 gravidam… plenam; 878 gravida est…gravidastœ; 1089 geminos:geminos. Lo stesso linguaggio assume un ruolo quasi magico per assistere alla della duplicità nel mondo di Amphitruo. Qualche volta, le convenzioni del linguaggio si rompono e non possono descrivere adeguatamente la situazione, come quando Sosia racconta la sua strana esperienza con il suo doppio ad Anfitrione: neque, ita me di ament, credebam primo mihimet Sosiae, donec Sosia illic egomet fecit sibi uti crederem. (597) nec lac lactis magis est simile qua mille ego similest mei (601) La risoluzione finale di tutte le convufioni avviene con misure fantastiche – nella scena in cui Anfitrione e Giove si incontrano, la trama arriva alla sua conclusione attraverso l’intervento e la rivelazione divina. Prima si parla di eventi miracolosi che attendono la nascita, attraverso il racconto di Bromia. La sua rivelazione, che Alcmena ha partorito senza dolore due gemelli, uno dei quali è di Giove, calma Anfitrione, che. ordina un sacrificio agli dei e dichiara che consulterà Tiresia. Ma prima che Anfitrione possa lasciare il palco, Giove fa un’apparizione come deus ex 15 sua preoccupazione era la ricezione del pubblico di una peculiare opera di Giove come personaggio, e Mercurio nel ruolo inusuale di schiavo. Il tema magico attraversa tutto l’Amphitruo. La classificazione della stessa opera come tragicomedia è articolata in termini analoghi alla magia, quando Merc. prova che userà i sui poteri magici per trasformare una tragedia in una commedia, miracolosamente (vs. 53). Nel magico mondo dell’opera, i personaggi divini, uno dei cui è notoriamente vorsipellis, sono chiamati ad assumere e anche a rubare le imagines delle loro controparti umani. Anfitrione accusa Sosia e Alcmena di essere stati stregati, e la stessa a cusa gli viene fatta da Mercurio nelle vesti di Sosia. Plauto chiama l’assistente di Alcmena Thessala, per evocare la regione greca tradizionalmente associata alla magia e alla stregoneria; ma sono emblematici del teatro plautino, dove inganno e figura incantata sono preminenti. Anfitrione, alla sua prima entrara, si stabilisce figura logica che rifiuta di accettare strane vecchie storie dal suo schiavo, più versatile(vs. 553). Anfitrione non scopre mai da solo la vera fonte del ludus contro di lui; anche se arrabbiato occasionalmente accusa qualche forma di incantesimo dietro quella confusione, tenta soluzioni logiche e puntaa al trucco di un altro uomo. La sua resistenza al sovrannaturale si addice al suo ruolo come personaggio fermo in opposizione all’inganno sessualedegli dei. L’ultima scena dell’Am., in cui si viene a sapere della miracolosa nascita dei gemelli e Giove appare spettacolarmente come deus ex machina, serve a dare una chiusura a un dramma permeato di magia e miracoli, che mettono in discussioni apparenza e realtà. Accuse di pazzia e pretese di sanità diventano dilaganti. La distinzione convenzionale fra realtà e bugia sono sfuocate, considerati i personaggi che ripetutamente insistono sul fatto di dire la verità. Per Sosia, confusione dei fatti e finzione riguardano metateatro. Per sua stessa ammissione, è padrone dell’inganno e dell’astuzia, e la sua narrazione della battaglia illustra le sue abilità di improvvisazione; in una commedia plautina messa in atto sul puro piano umano, lui e non Mercurio dovrebbe essere causa di un incanno. In una finzione poetica intrica, nel suo discorso da messaggero, un resoconto dettagliato della battaglia, come Mercurio deve sapere. Ma quando Sosia riappare con Anfitrione, il padrone respinge tutto come finzione quello che ha riportato lo schiavo. Sosia si sta realmentecomportonto come servus bonus che affermadi essere: più insistentemente dà voce alla veridicità del suo resoconto, più vemente diventa Anfitrione nell’accusarlo di mentire. La sua reazione riflette le relazioni convenzionali tra padrone e schiavo nelle commedie plautine: crede che. Sosia stia architettando qualcosa contro di lui. L’umorismo di Sosia dipende dalla manipolazione dati dagli stereotipi. comici. Lo stesso accade per inversione sonno/sogno e veglia; ubriachezza e sobrietà; seriosità e burla. L’ironia ha una funzione importante in un’opera come Am.; è soprattutto utilizzata per rafforzare la cospirazione contro un personaggio umano, mentre incoraggia allo stesso tempo il pubblico a mantenere una prospettiva comica. Leggendo si può dimenticare che l’intonazione dell’attore e la sua gestualità dovrebbe rendere l’ironia più esplicita possibile. Più frequentemente, gli dei esprimono un desiderino o 16 maledicono la loro stessa divinità. Similarmente, i personaggi umani spesso invocano Giove, Mercurio o gli dei; per esempio nel momento in cui Alcmena giura di non aver commesso adulterio, e giura sullo stesso Giove (vs. 831). Il giuramento, con allitterazioni e assonanze, aiuta il pubblico a mantenere la distanza emotiva da cui dipende la farsa. L’asserzione di innocenza di Alcmena su Gioneno e Giove, come la sua asserzione che “nessun mortale” eccetto Anfitrione ha mai toccato il suo corpo, sono elementi della commedia nella commedia. L’ironia in Plauto viene portata anche a livelli estremi e anche a spese di un dio. Durante l’apertura, Mercurio si oppone all’accusa di Sosia di ubriachezza alle divinità che allungano la notte – gli dei mitologici sono stravagantemente umani nei loro appetiti. Tra i confini del teatro plautino, membri di un pubblico vengono continuamente richiamati per il fatto di avere un ruolo essenziale nella dinamica della performance, e più l’opera è artificiosa, più sono in grado di goderne da una prospettiva amorale e comica. I festival romani sembravano essere occasioni speciali, in cui i desideri umani si abbandonavano in opere immaginarie. Anche chi proveniva dalla classe sociale più bassa, poteva godere, durante l’opera, di una distinzione gerarchica meno pressanti; il fatto poi che l’elite dirigente mantenesse queste attività di intrattenimento per l’intera popolazione, dimostra che anche le classi sociali più basse avevano una sorta di rilevanza politica. Mentre nella commedia plautina ci sono inversioni della gerarchia, come schiavi che con astuzia superano il padrone; i membri delle classi governanti erano estremamente visibili nella platea, e i senatori avevano posti speciali. Mostrando continuamente le fondamenta teatrali, la commedia plautina ricorda al pubblico che gli eventi sul palco sono manifestazione di un più grande ludi e non hanno molto oltre la semplice rappresentazione nel festival. La commedia plautina non sembra avere possibilità di mettere in discussione l’ordine sociale romano. Nel caso di Amphitruo, il pubblico è esortaato a identificare gli dei sul palco, con cui confividono una posizione di superiorità, essendo a conoscenza. dei fatti. Sono invitati ad entrare in uno spazio magico, un mondo socialmente fluido dove anche un attore di basso rango può impersonare il dio più grande. La palese autoproclamazione di artificio del gioco teatrale rende l’esperienza più palliativa per l’elite; che in altre circostanze si sarebbe potuta sentire minacciata. Recezione e reazione Riferimenti nei prologhi suggeriscono un pubblico eterogeneo: uomini e donne, schiavi e uomini liberi, i diversi ranghi della società romana, vecchi e giovani: è fuorviante usare un’espressione monolitica come: “il pubblico romano”. Potrebbero aver riso all’uniscono per alcune scene, come potrebbero aver avuto reazioni diverse per altre. Discussioni teoretiche sulla commedia e sulla risata hanno spesso discusso sul fatto fatto che maggior parte degli esseri umani si diverte nell’osservare pazzie e sfortune di altri; e forse anche qualcosa nel nostro comportamento psicologico ci incoraggia a 17 godere di una posizione relativamente superiore. Altri approcci (come Freud) privilegiano la natura catartica dell’umorismo. In Am., l’istituzione fondamentale del matrimonio sembra essere topos univarsale di umorismo e ironia. Teorici hanno discusso sul fatto che questo tipo di ironia sia socialmente distruttiva o semplicemente rinforza l’ordine sociale esistente. Entrambe valide, ma l’ultima opinione si avvicina più alla comnmedia plautina, il cui contesto festivalesco dei ludi romani si svolgono in una temporanea “violazione delle regole”. Am è una sorta di mediazione culturale rispetto l’istituzione del matrimonio. La trama non diverge di molto dalla storyline fondamentale di Plauto: vi è sempre opposizione tra possessione e desiderio, e le trame sono insieme di buoni che possono essere trasferiti da una parte. all’altra. Le opere si articolano con due tematiche di base: “distribuzione di donne”, “distribuzione di ricchezze”. In molte opere, un personaggio femminile viene “trasferito” da antagonista a “ricevente”: solitamente un adulescens che collabora con un aiutante (schiavo) per “rubare” un’amata meretrix al suo opponente: solitamente pappone o soldato. Il trasferimento riguarda spesso anche trasgressione di norme sociali: somma di soldi estorta a senex, per esempio. Am. presenta variazioni: meretrix rimpiazzata da matrona, il cui marito è antagonista contro desiderio di Giove di godere di una relazione adultera con sua moglie. Giove, nell’imitare Anfitrione e la sua etica da soldato, è mascherato come vigoroso giovane miles, ma elementi del testo dimostrano che il suo doppio indossa maschera di senex. Il pubblico è infatti incoraggiato a immaginare (vs. 104) un Giove più giovane dietro la maschera, e Anfitrione, come il senex stereotipizzato delle commedie plautine, ha la funzione di “nemico del piacere”. Il ruolo di Mercurio è chiaro: è pronto aiutante della ricerca amorosa di Giove. Nonostante le variazioni, il pubblico riconosce la struttra della trama costruita attorno “la distribuzione delle donne”. Mentre sia Alcmena che Anfitrione ricevono compensazione – parto senza dolore, fama e gloria associata a Giove e Ercole - l’opera dipinge l’istante di un adulterio consumato nella palliata. Il personaggio di Alcmena è fondamentale e molti critici moderni hanno cercato di sentamentalizzare il suo ruolo. Prima di tutto, non bisogna dimenticare che Alcmena è incinta: sul palco, la donna incinta è figura irresistibilmente comica: la natura l’ha presa. Prima che appaica, Mercurio ripetutamente sottolinea la sua condizione; e all’entrata di Alcmena (vs. 499, 500) le parole di Giove richiamano l’attenzione del pubblico sulla sua figura. L’Alcmena di Plauto è l’unico personaggio del dramma romano e greco ad apparire incinta sul palco. Naturalmente il pubblico era consapevole dell’attore uomo che la rappresentava (come per tutti i ruoli femmini). E anche se usava una maschera neutrale, la distinzione tra il genere dell’attore e il personaggio femminile era chiaro: non solo usa espedienti visivi e grotteschi sul palco, ma mantiene il pubblico focalizzato sul suo stato di gravidanza attraverso continue burle. Il flirt di Giove viene descritto con il linguaggio della finanza, essendo che sia Giove che Mercurio la descrivono come uxor usuraria del dio; la sua moglie in prestito. Mercurio, nel prologo, dice al pubblico che Giove “ha preso in prestito il suo corpo” e il re degli dei dice lo stesso (vs. 1135) ad Anfitrione. 20 Nella scena XV, Bromia racconta nascita dei gemelli e l’episodio dei serpenti: mentre Alcmena aveva doglie e pregava dei ci fu un tuono improvviso, fulmineo e potente; tutti caddero a terra per frastuono, una voce esclama: Alcuma adest auxilium, ne time. Bromio credeva che la casa andasse a fuoco. Accorsa da Alcmenache a gran voce la chiamava, vice che ita profecto sine dolore peperit (vv. 1100). Nessuno si era accorto di nulla. Dopo il parto, Alcmena ordina di lavare i bambini, ma nessuno in grado di avvolgere nelle fasce quello lavato da Bromia. Venuto a conoscenza della verità Anfitrione decide di riappacificarsi con Giove e consultare indovino Tiresia (secondo versione di Apolldoro II, sarebbe stato Tiresia, non Giove, a svelare ad Anfitrione la verità sulla vicenda); ma, annunciato da un tuono pootente, Giove gli consiglia di lasciar andare gli indovini e gli racconta per filo e per segno come sono andate le cose. 21 ARGUMENTUM I In faciem versus Amphitruonis Iuppiter, Iuppiter: sogg, nom. sing. masch. versus part. perfetto nom. sing. masch. di verto/vorto, is, verti/vorti, versum/vorsum, vertere: trasformare cambiare, mutare, trasformare; mutarsi in: con in+acc (faciem, da facies, ei – faccia, viso, aspetto) Amphitruonis – Amphitruo è compromesso tra pronuncia classica Amphitryon e arcaica Ampitruo Participio – partecipa alle caratteristiche sia del nome (morfologicamente simile ad aggettivo, concorda con sostantivo in numero, genere, caso) sia del verbo (esprime rapporti di tempo, presenta diatesi, può essere seguito da complement diretto o indiretto o da subordinata). Come aggettivo funga da attributo, ccomplemento predicativo, nome del predicato o da aggettivo sostantivato; come verbo da participio congiunto o da ablativo assoluto in cui assume valore di una proposizione avverbiale implicita (temporale, cauasale, concessiva, ipotetica). Participio presente si declina come aggettivo II classe a una uscita; i participi perfetto e futuro come aggettivi I classe in -us, -a, -um. Diatesi ATTIVA PASSIVA Funzione TRANSITIVA INTRANSITIVA presente laudans hortans veniens - - perfetto - hortatus - profectus laudatus futuro laudaturus hortaturus venturus profecturus - - Participi presenti e futuro hanno solo diatesi attiva e propri dei verbi transitivi e intransitivi attivi e deponenti - participio perfetto è dei verbi transitivi con diatesi passiva (laudatus, [che è stato] lodato) e dei verbi deponenti sia transitivi (hortatus, che ha esortato) sia intransitivi (profectus, partito), con diatesi attiva (forme perifrastiche impersonali del tipo ventum est/erat, si giunse, si era giunti solo part. perf. intransitivo verbi in -o). Eccezione participi perfetti di verbi attivi con diatesi attiva: cenatus, da ceno: che ha pranzato iuratus, da iuro: che ha giurato potus, da poto: che ha bevuto pransus, da prandeo: che ha fatto colazione - participi non esprimono nozioni temporali assolute, ma solo relative al tempo della reggente: participio presente esprime contemporaneità; participio perfetto un’azione anteriore; participio futuro un’azione futura o proposito, intenzione che essa si compia. Participio in funzione nominale: participio, indipendentemente dal tempo, può assumere tutte le funzioni dell’aggettivo, che può fungere da: - attributo (aggettivo o relativa): vobis dedi bona certa, mansura: vi ho consegnati beni sicuri, destinari a rimanere - nome del predicato: Gallia est omnis divisa in partis tres: la Gallia nel suo complesso è divisa in tre parti. Participio futuro compone la perifrastica attiva: Cum ape siam evolaturae sunt, consonant vehementer [imminenza]: le api, quando sono sul punto di sciamare, emettono tutte insieme un forte ronzio. 22 In corporibus aegris nihil quod nociturum est medici reliquunt [destinazione]: i medici non lasciano nulla nei corpi malati che sia destinato a nuocere Bellum scripturum sum quod pupulus Romanus cum lugurtha rege Numidarum gessit [intenzionalità]: intendo scrivere sulla guerra che il popolo romano ha condotto contro Giugura re dei Numidi - complemento predicativo: Te volo monitum: ti voglio dare un consiglio [lett. ti voglio ammonito] - sostantivo: Magna pars hominum est quae non peccatis irascitur, sed peccantibus: c’è una gran parte di uomini che non si adira con i peccati ma con i peccatori Abs te futura exspecto: da te attendo di conoscere il futuro. Participio in funzione verbale: Participio congiunto e ablativo assoluto: - Participio congiunto: participio svolge funzione verbale quando esprime, in forma implicita, una subordinata di natura avverbiale, concordando in genere, numero, caso con termine della reggente: Hanc epistulam dictavi sedens in raeda: Ho dettato questa lettera mentre sedevo in carrozza [temporale] Dionysius, cultrso mutuens tonsorios, candenti carbone sibi aduerabat capillum: Dioniso, poiché temeva il rasoio dei barbieri, si bruciava la barba con il carbone [causale] Ne mente queidem recte uti possumus multo cibo et potione completi: neppure la mente possiamo bere se siamo satolli di cibo e bevande [ipotetico] Vehementissime perturbatus Lentulus tamen et signum suum et manum cognovit: Sebbene fosse profondamente sconvolto, Lentulo riconobbe tuttavia il suo sigillo e la sua scrittura [concessivo] Alexander reliquum noctis acquieturus in tabernaculum rediit: Alessandro ritornò nella tenda per riposare il resto della notte [finale] - Ablativo assoluto: participio presente o perfetto (raro futuro) può costituire in unione con sostantivo o aggettivo sostantivato o pronome in ablativo, un sintagma autonomo, detto ablativo assoluto; privo di legami grammaticali con reggente: Hannibal, hac pugna pugnata, Romam profectus est, nullo resistente: Annibale, combattuta questa battaglia, parì alla volta di Roma senza che nessuno opponesse resistenza. [hac pugna e nullo sono seggetti logici dei due abl. assoluti] Ablativo assoluto riveste funzioni sintattiche del participio congiunto ma, diversamente da questo, condizionato da alcune limitazioni: - sono ammessi tutti i participi presenti ma, tra participi perfetti, solo quelli dei verbi in -o transitivi (con diatesi passiva) e dei deponenti intransitivi (con diatesi attiva) - soggetto della reggente non coincide con soggetto logico dell’ablativo assoluto; - soggetto dell’ablativo assoluto non è di norma richiamato nella reggente da pronome. Tuttavia autonomia dell’ablativo assoluto, specie per quanto riguarda il divieto di richiamare soggetto nella reggente, talvolta infranta per motivi di chiarezza o simmetria espressiva. Frequenti ablativi assoluti privi di participi, solo nominali (natura duce, sotto la guida della natura; Cicerone consule, durante il consolato di Cicerone; diis invitis, contro la volontà degli dei) oppure privi dell’elemento nominale, solo principio (con valore impersonale: auspicato, presi gli auspici; augurato, presi gli auguri; sortito, tirata la sorte; explorato, fatta ricognizione; audito, essendo corsa voce): Caesar albente caelo omnes copias castris educit: Cesare all’alba [lett. quando il cielo è chiaro] conduce tutte le truppe fuori dall’accampamento [temporale] Quae potest esse vitae iucunditas sublatis amicitiis?: quale gioia ci potrebbe essere nella vita se si togliessero le amicizie? [ipotetico] Caesar, obsidibus imperatis centum, hos Haeduis custodiendos tradit: Cesare, ordinato la consegna di cento ostaggi, li affida alla custodia degli Edui. [eccezionalmente sogg. abl. richiamato da pronome hos] Bellum Gallicum Caesare imperatore gestum est: la guerra gallica fu combattuta sotto il comando di Cesare [abl. ass. privo di particio] 25 rediere sta per redierunt (poetico): ind. perfetto III pl. di redeo, is, ii, itum, redere: tornare uterque deluduntur [dolis] in mirum modo (PP) uterque, nom. pron. indefinito: l’uno e l’altro, entrambi: nom. deluduntur pass di deludo, is, delusi, delusum, deludere: vengono ingannati [dolis, dat. agente] in mirum modo: in modo straordinario hinc iurgium, tumultus uxori et uiro [cepit]: PP con ellissi verbo hinc, avv. di moto da luogo: di qui; da ciò iurgium, acc. sg. da iurgium, ii (n.): litigio, diverbio tumultus, nom. cepit uxori et viro: dativo di relazione: tra moglie e marito dativo di relazione: indica in rapporto a chi vale quanto è espresso dal predicato; detto anche “dativo del punto di vista” o dativus iudicantis Donec cum tonitru voce missa ex aethere: sub. temporale donec, cong. ineclinabile, introduce temporale: mentre missa abl.ass. del part. perfetto di mitto, is, misi, missum, mittere, concorda con voce, abl. femm. sing. di vox, vocis à voce missa: parlare cum tonitru: compl di modo: con i tuoni, al modo dei tuoni, come i tuoni ex aethere: compl. moto da luogo: dal cielo adulterum se [esse]: infinitiva oggettiva Iuppiter confessus est (àGiove confessa) confessus est: ind. perfetto attivo di confiteor, eris, confessus sum, confiteri (confessare) 26 ARGUMENTUM II – Senari giambici. Secondo argomento dell’Amphitruo, quello acrostico, da cui deriva forma corrente del titolo. Tranne le Bacchides, tutte le commedie superstiti di Plauto sono fornite di un riassunto acroostico risalente a grammatici dell’epoca imperiale. Amore captus Alcumenas / Iuppiter captus part. congiunto con Iuppiter (nom) part.presente di capio, is, cepi, captum, capere à aspetto incoativo di amore captus – innamorarsi: perifrasi, uguale a amore capi, in amorem incidere, amare incipere Incoativi, da incoho, incomincio à verbi della III coniugazione caratterizzati da suffisso - sco. Gli incoativi indicano un divenire graduale, in progressivo cambiamento di stato. Il loro dinamismo li oppone a verbi di stato in -e, egualmente durativi. Es: rubeo – sono rosso/rubesco – divento rosso; albeo/albesco; palleo/pallesco; caleo/calesco, etc. Incoativi spesso da antichi grammatici mediante perifrasi con fio: frigescere=calefieri Perifrasi anche con incipio: calesco=calere incipio; cogliendo solo valore ingressivo – incipio può coesistere con incoativo: cum flavescere incipit. Come può coesistere con desino: donec sol desiverit tabescere. Progressione può concentrarsi in un momento (momento in cui si cambia stato) à valore da progressivo a ingressivo, cioè da durativo a momentaneo; ma avviene già normalmente mediante aggiunta preverbi. Negli incoativi dove valore ingressivo predomina sul progressivo, generalizzato forma del composto: doleo/condelesco, mi viene male; stupeo/obstupesco – resto di sasso; taceo/con-,obticesco – ammutolisco; timeo/pertimesco – mi viene una gran paura; ualeo/conualesco – guarisco. Più raramente incoativi, semplici e composti, si oppongono a verbi di stato con temi diversi da -e: hio/hiasco, labo/labasco, memini-ho in mente/reminiscor-mi torna in mente, tremo/(con)tremisco, cupio-ho voglia/concupisco-mi viene vooglia. Talvolta incoativo deriva direttamente da nome, aggettivo, sostantivo, senza intermediario di un verbo (denominativo, non deverbativo): irascor da ira, (re)puerasco da puer, iuvenesco da iuvenis etc. Se non è chiaro né rapporto oppositivo né derivativo, l’incoaotivo rischia di perdere caratterizzazione semantica: quiesco, posco, ulciscor – mentre valore dinamico (progressivo o ingressivo) incora percepibilee in cresco, pascor, vescor – prendo il cibo, nosco – prendo conoscenza, (con)suesco – mi vado avvezzando, opposto a soleo, profiscor – mi pongo in cammino, nascor – vengo al mondo. Suffisso -sco limitato all’infectum: perfectum è comune al verbo di stato, nell’azione compiuta non si distingue fra stato e progressione. Solo quando perfectum assunse valore temporale di passato potè distinguersi l’aspetto complessivo (uno spazio di tempo concluso) da quello ingressivo tramite i preverbi. I perfetti obdormiui, exarsi etc. rimandano ad incoativi obdormisco, exardesco, etc. Solo tardi, non sempre, per analogia le retroformazioni obdormio, exardeo, exhorreo, expalleo, erubeo, condoleo, conticeo. Di norma in verbi di stato in -e- per la staticità del loro aspetto rifiutano composti dinamici con preverbi. infectum perfectum durativo statico ardeo arsi dinamico ardesco momentano exardesco exarsi Azione ingressiva può essere espressa anche da perifrasi, prima: incipio/coepi con infinito, poi tramite sostantivi: mi innamoro=in amrem incido, amore capior; mi ammalo=in morbum incido, morbo corripior, afficior; fuggo=fugam capeesso, fugae me mando, di fronte al durativo fugio=sono in fuga, e al terminativo effugio=sfuggo. 27 Alcumenas (o alcumenae)genitivo arcaico di Alcumena – anattissi: inserzione elemento vocalico – u – nel gruppo cons. – lcm. genitivo in -as falso arcaismo, perché Plauto non lo usa più tranne che nel nesso formulare mater/pater familias. Genitivo in -as dei temi in -a-: grammatici antichi chiedono se si trattasse di acc. o grecismo. Parallelo con genitivo greco, ma di rapporto non diretto. Gen. sing. indoeuropeo dei temi in -a- conservato in greedo, e sopravvissuto in latino come residuo di norma antica. Genitivo in ae<ai<a-i (lungo), è innovazione analogica del gen. in -i- (lunga) dei temi in -o/e- . Attestazioni gen. in -as rarissimo tranne nel giustapposto pater famili-as – se gen. preposto è famili-ae. Scrittori usavano famili-as e famili-ae secondo rispettive tendenze grammaticali: - -as per anomalisti (Cicerone) - -ae per analogisti (Cesare, Livio). Al di fuori di pater familias, forme in -as limitate a epica arcaica, dove hanno funzione di arcaismo solenne (entrano in iuncturae rispondenti a patronomici greci). Iperarcaismo. del. II sec. d.C. è Alcumenas nel II argumeentum dell’Amphitruo. Funzione stilistica gen. in -as ereditata da gen. in -ai, già arcaici in Plauto. Di fronte a formula della lingua d’uso, pater familias/familiai attraverso triplice fattore desinenza, anteposizione e iperbato acquista carica stilistica che si accorda sia con gen. -um (meum) sia con tono generale dell’invocazione parodicamente solenne: Di penates meum parentum, familiai Lar pater. (Plauto) Se sul piano diacronico familias è anteriore a familiai, sul piano sincronico è familiai a godere del prestigio dell’arcaismo. Fu Ennio a consacrare come poetismo il genitivo in -ai. Da lui lo ereditano Virgilio, Cicerone, Lucrezio. (PP) Mutavit sese in formam eius coniugis, / mutavit, ind. perfetto da muto, as, avi, atum, are sese: raddioppiamento riflessivo eius, pron. personale genitivo di is, ea, id coniugis, gen. di coniunx, coniugis Pro patria Amphitruo dum decernit cum hostibus: sub. temporale decernit, ind. presente di decerno, is, decrevi, decretum, decernere, composto: de+cerno: decidere combattendo, combattere, verbo epico dum decernit: sub. temporale Concomitanza, espresso da dum, quoad, donec, quamdiu. Valore originario temporale di dum (per ora, in questo tempo, intanto) conservato in non dum (per ora non), vix dum (per ora a stento) e negli imperativi rafforzativi: manédum, aspetta un po’. Tre valori di dum: - Concomitanza generica: mentre – pres. indicativo anche in riferimento a passato o futuro, particelle correlative: interea, interim. Pres. indicativo. è acronico: mettere al presente processo verbale in realtà è in altro tempo o non limitato al presente: non riflette tempo effettivo del processo verbale (acronico, atemporale). Presente storico: al posto del perfetto storico per dare più vivacità e immediatezza a narrazione: fatto narrato come se fosse attuale. Presente letterario: per citare passo di un’opera anche se scritta in passato, generalmente il soggetto è l’autore o il personaggio dell’opera. Presente gnomico: per enunciare massima la cui verità è sempreattuale. Dum bibimus, dum serta, unguenta, puellas – poscimus, obrepit non intellecta senectusàMentre beviamo, mentre cerchiamo corone, unguenti, ragazze, senza che ce ne accorgiamo la vecchiaia striscia (senectus onbrepit). 30 Prologo Amphitruo opera che si distingue all’interno del corpus plautino per ambiguo status di “tragicommedia” (genere misto in cui parti tragiche sono mescolate a quelle comiche). Opinione che prologhi delle commedie di Plauto contengano poco di autentico, quello dell’Amphitruo per eccezionalità impianto scenico e per quello che Mercurio confida a spettatori ritenuto plautino ed oggi lo si riconosce integralmente come opera del poeta. Prologo, il più lungo tra quelli plautini, nonostante abbia tratti salienti dei prologhi divini (digressioni, ripetitivo: per questo critici in passato espressero dubbi sull’autenticità; oggi si considerano anche le ripetizioni come parte integrante di una strategia comunicativa volta a fornire agli ascoltati una massa notevole di informazionii articolate su più livelli), si distingue nella produzione del poeta perché pronunciata da una divinità della mitologia greco-latina e perché dio Mercurio è deus proloquens e allo stesso tempo uno dei personaggi principali dell’opera (nell’Amphitruo, diversamente che alttrove, esplicita menzione nome personaggi à prologo di tipo tragico, perché come nelle tragedie, nome personaggi mitici basta a richiamare alla mente del pubblico il mito che si stta mettendo in scena). Per questioni di perspicuitas e brevitas, Plauto predilige “terminologia d’intelaiatura”, poeta cioè nel prologo fa solo riferimento a personaggi della commedia attravers indicazione della loro qualifica scenica (“maschera”) e/o dei rapporti di parentela, e non mediante i loro nomi: lessico privilegiato fa emergere usi della fabula rendendo immediato processo comunicativo tra poeta e pubblico. Prologo in senari giambici, costituitto dall’unione di tre parti: - vs. 1-49, presentazione e introduzione, esprime una captatio benevolentiae, il cui scopo è far stare zitto e tranquillo il pubblico; - vs. 50-96, indicazioni utili per miglior comprensione opera, contiene serie di raccomandazioni perché si giunga ad un giudizio obiettivo; - vs. 97-152 espone argumentum. Prima di giungere alla sua autopresentazione (vs. 19, Iovis iússu venio, nomen Mercurio est mihi), Mercurio, venerato a Roma soprattutto come dio del commercio, si preoccupa fin da subito di instaurare con pubblico rapporto di allegra complicità, toccando argomento di sicuro effetto: la benedizione divina sul guadagno. Il dio fa sfoggio di retorica in un complesso periodare ricco di allitterazioni (figura di suono polivalente: nelle tragedie dona solennità allo stile: Plauto ne fa uso abbondante rifacendosi al fenomeno dell’omofonia tipico del teatro popolare italico), ma anche anafore, enjambements, stilemi elevati per catturare attenzione pubblico promettendo. sicuri guadagni in cambio del silenzio. Prima di giungere al contenuto dell’ambasceria, dio ha serie di divagazioni creando suspense. La prima riguarda la presentazione di Giova, concomitante ad abbassamento di tono vs. 20-29: pater huc me misit ad vos oratum meus… Con una scherzora rottura ai 31 vs. 26-29 (non minus quam vostrum quivis formidat malum: humana matra natus, humano patre, mirari non est aequom, sibi si praetimet), attribuita a pare degli dei la paura dell’attore che ne recita la parte: “e infatti, quel Giove per ordine del quale io vengo, teme le disgrazione come chiunque di voi: è nato da madre mortale, da padre mortale, non è il caso di meravigliarsi, se ha una gran paura per sé?”. La stessa paura ammette. di provarlal’attore che interpreta Mercurio: atque ego quoquee etiam, qui Iovis sum filius, contagione mei patris metuo malum. propterea pace advenio et pacem ad vos affero, vs. 30-32 àcarattere metateatrale dell’Amphitruo; Mercuio è colui che, certo della complicità del pubblico, gioca a fare la commedia. PROLUGUS MERCURIUS àIl personaggio che apre è identificabile con Mercurio, grazie al pétaso, copricapo con le alucce che porta sulla testa (v.143). Vv. 1-16, che sottolineano meriti del dio, sono unico periodo, ricco di allitterazioni e giochi fonetici. Mercurio ha maschera, si riconosce. Captatio benevolentia: cerca di convincere in cambio di qualcosa: promette guadagni (Mecurio è il dio degli affari). Ut vos in vostris voltis mercimoniis: sub. concessiva ut, introduce concessiva vos vostris voltis, allitterazione voltis arc. di vultis, ind presente di volo, vis, volui, velle in vostris mercimoniis, abl. pl. da mercimonium, ii: beni, merci Mercurio non si identifica con il proprio nome fino al vs. 19, così il pubblico non sa molto dell’opera – con mercimoniis inizia ad identificarsi. Il costume e la maschera suggeriscono immediatamente che è un tipico schiavo plautino; ma finchè non indosserà il petasus e il distintivo pinnulae(143) ci sono punti essenziali che lo identificano, primo fra tutti la descrizione della sua funzione. emundis vendundisque me laetum lucris emundis gerundivo abl. di emo, is, emi, emptum, ere vendundis gerundivo abl. di vendo, is, didi, ditum, ere laetum pred. oggetto (me), agg. favorevole, di buon augurio (utilizzato spesso per riferirsi al comportamente di una divinità) lucris, nt. pl. ablativo di lucrum, i: profitto, retto da adficere – il plurale invece del più logico sg. causato da mercimoniis, con cui fa rima. Predicativo dell’oggetto – molti verbi determinato dall’accusativo dell’oggetto e del complemento predicativo dell’oggetto: i verbi che nella forma passiva si costruiscono con doppio nominativo (appellativi, elettivi, esclamativi); verbi che significano “mostrarsi” (me praebeo, me praesto, me ostendo); reddo, igngo, facio, fero, do, trado, invenio àme praesto solo in senso buono (“mi mostro come devo essere”) àlocuzioni: certiorem aliquem facere de aliqua re, alicuius rei, informare solo di una cosa; uxorem aliquem ducere, prendere uno in moglie, sposarsi àme gero, “mi comporto”, generalmente determinato non da un aggettivo in funzione predicativa, ma da un avverbio, o da pro e ablativo 32 adficere / atque adiuvare in rebus omnibus: inf. oggettiva coord. alla prec. adficere, inf di adficio, is, feci, fectum, ere – provvedere di + abl (emundis vendundisque) adiuvare inf di adiuvo, as, iuvi, iutum, are + abl (in rebus omnibus): aiutare in rebus omnibus: in tutte le vostre cose àadficere atque adiuvare: per finanziarvi e sostenervi Et ut res rationesque vostrorum omnium: sub. concessiva res rationes: endiadi vostrorum, gen. arc. al posto di vestrum per metri causa subordinata concessiva: introdotte da cong. che rispondono al significato di “benché, sebbene, nonostante, per quanto, quantunque”, in due gruppi: - concessive oggettive: riguardano fatto concesso in sé – introdotte da quamquam, etsi (tametsi) con indicativo, cum (cum concessivum) con congiuntivo àquamquam, etsi si trovano anche con. valoore coordinante di una particella avversativa (“ma, d’altronde, senonchè, benchè, eppure”: quamquam, etsi correttivi) àindicativo con quamquam e etsi risponde a valore di constatazione, mentre congiuntivo con cum lo differenzia da cum temporale. Congiunttivo con quamquam, quando non è indiretto, classicamente raro, ma nel latino postclassico si estende per convergenza di quamvis e quamquam - concessive soggettive: atteggiamento di chi concede – introdotte da - quamvis, quanto vuoi, perquanto – con cui si fa massima concessione all’altrui volontà, a prescindere da realtà del fatto; - etiamsi (etiam si), anche se – con cui fatto concesso presentato come una supposizione; - ut, “posto che, anche ammesso che” – con cui si sottolinea carattere fittizio e astratto della concessione; - licet, quand’anche, sia pure che – con cui concessione assume tono polemico e di sfida àmodo è congiunttivo, ma etiamsi ha anche indicativo; con licet si ha consecutio dei tempi principali (presente e perfetto congiuntivo) àvalore etimologico di quamvis trasparente, secondo elemento può coniugarsi: quam velit; quam volente cc. Indicativo frequeente nel latino poetico e postclassicoo àetiam si è protasi di un periodo ipotetico, come tale può assumere tutte le forme dei tre tipi con corrispondenti apodosi; ma congiuntivo può essere solo nella protasi, come avviene anche con il si ipotetico-concessivo bene [me] expedire vultis peregrique et domi: inf oggettiva expedire inf di expedio, is, ivi/ii, itum, ire à expedire rem: sbrigare un affare, raro uso del verbo in modo intransitivo – alcuni lo intendono come transitivo e sott. me. Leo inserisce me dopo bene. Ma Mercurio è facilmente comprensibile come oggetto di auctare perché la parola appartiene al linguaggio del culto. vultis, II pl. prs. ind. volo, is, volui, velle peregri et domi: locativi 35 vs.17-96 costituiscono l’unità più strutturata del prologo – la promessa di Mercurio annuncia una res sul comportamento di Giove; Mercurio assume il ruolo di emissario di Giove, dell’opera e della sceneggiatura. Dopo una serie di falsi inizi e digressioni, l’annuncio è decreto parodico di un istrionica ambitio. Nunc / cuius iussu venio / et quam ob rem venerim / dicam/ simulque ipse eloquar nomen meum. nunc dicam: pp nunc: ora che… dicam: ind. futuro di dico, es, dixi, dicum, dicere cuius venio: int. indiretta à cuius pronome interrogativo venio: ind. pres. di venio, is, veni, ventum, venire et quam venerim: int. indiretta ob rem: complemento di causa esterna Ablativo di causa: si esprime in ablativo semplice la causa sia interna che esterna al soggetto Causa esterna, avvertita come agente sul soggetto, resa con ob, propter e accusativo; con ab, ex, de e ablativo se vi è connessa idea di provenienza; prae e ablativo se causa impediente, cioè se. ostacola azione. Con causa e gratia e genitivo si esprime causa finale venerim: cong. perfetto di venio, anziché indicativo motivato da metrica simulque meum: coord. alla PP ipse: proprio quello, non altro – idem: identità eloquar: ind. futuro di eloquor, eris, locutus sum, loqui (dichiarare, affermare): in Plauto più comune come “divulgare” Iovis iussu venio (PP); nomen Mercuriost mihi (coord). Iovis all’inizio della frase nomen Mercuriost mihi: costruzione doppio dativo = mercur(i) est Mercuriost: concorde con una convenzione della New Comedy, Mercurio identifica se stesso con il suo nome. àNella commedia antica, il dio, sovrano del mondo, spesso presentato in aspetti ridicoli. La trovata di Plauto è l’aver affidato il prologo al diodella mercatura e delle merci, Mercurio, sottolineando le note affaristico-pratiche, con insistenza sull’avere e sul guadagno. La recitazione frontale di Merc, strumento indispensabile dell’azione, garantisce presa diretta con pubblico, mantenuta nei frequenti a parte. Pater huc me misit ad vos oratum meus meus pater, nom. misit, ind. perfetto di mitto me, acc. ad+acc. vos 36 oratum: supino in -um finale di oro, as, avi, atum, are – il significato originario di orator è “ambasciatore” non “oratore”: in Plauto assume entrambi i significati; come esistono i due significati in Ennio, Annales. Le sfere diplomatica e giudiziaria si sovrappongono, essendo che in entrambi il parlante cerca di persuadere una terza parte. Qui, Mercurio sottolinea che è presente per richiesta di Giove, e un pubblico romano capisce un riferimento aggiuntivo al sostegno giudiziario. La natura inusuale dell’opera chiama una difesa ulteriore, e Mercurio nelle parti dell’avvocato di Giove costituisce un’innovazione. plautina, essendo che ad Atene la difesa era malvista e permessa solo in circostanze speciali. àmio padre mi ha mandato qui da voi per pregarvi (oratum) Tametsi / pro imperio / vobis quod dictum foret / scibat / facturos (esse) / quippe qui intellexerat àanche se sapeva (scibat) che se qualcosa doveva essere detto a voi (vobis quod dictum foret), in virtù del suo potere, l’avrebbe fatto. tametsi scibat: concessiva tametsi introduce concessiva (tam etsi = tametsi) scibat ind. imperfetto di scio, is, scivi/ii, itum, ire scibat/sciebat pro imperio facturos (esse): inf. oggettiva pro imperio: costruito in accordo con offerta, ma l’enfasi sul timore referenziale per Giove facturos (esse): perifrastica attiva vobis quod dictum foret: relativa condizionale vobis: dat. retto da dictum foret dictum foret: foret=esset da tema fu del perfetto fui à dictum esset/foret: cong ppf. di dico quippe qui intellexerat: causale quippe qui: com’è naturale per uno che…. quippe è originariamente interrogativo (*quid pe, perché allora?) usato per introdurre una spiegazione qui è nom. del relativo, legato a quippe, come accade spesso in Cicerone intellexerat, ind. ppf. intellego, is, intellexi, intellectum, ere: intendersi, avere conoscenza - il ppf. ha spesso valore di perfetto in Plauto. Vereri vos se / et (vos, sott.) metuere, / ita ut aeqeuum est Iovem / vereri vos se: infinitiva oggettiva à vereri inf. di vereor, eris, vertus sum, eri et metuere: infinitiva oggettiva à metuere inf di metuo, is, ui, utum, ere à vereri et metuere endiadi – in vereor rispetto/venerazione, in metuo paura : comportamento convenzionale romaninei confronti di una divinità ita ut: incidentale Iovem, sott. vereri et metuere 37 Verum profecto / hoc petere me precario / a vobis iussit / leniter dictis bonis verum profecto iussit: PP iussit, ind. perfetto di iubeo, es, iussi, iussum, iubere à”comunque sia, mi ha ordinato” hoc petere me precario leniter dictis bonis: infinitiva oggettiva petere: costruz. petere ab aliquo (a vobis) dictis bonis: abl strumentale Ablativo strumentale o di mezzo: designa mezzoo strumento mediante il quale si realizza azione. Latino è logico e rigoroso nell’esprimerlo, anche nei casi in cui italiano non vi ricorre esplicitamente. Se mezzo è una cosa viene espresso con ablativo semplice; se è una persona con per + accusativo (valore metaforico di moto per luogo: “per il tramite di”) Cornibus tauri, apri dente, morsu leones, aliae bestae fuga, aliae occultatione se tutantur: i tori si difendono con le corna, i cinghiali con le zanne, i leoni coi morsi, altri animali con la fuga, altri ancora col nascondersi Per magnum est salva puella Iovem: la fanciulla è salva per opera del grande Giove Si costruiscono con ablativo strumentale verbi utor, uso; fungor, adempio, compio; fruor, godo; vescor, mi cibo; potior, mi impadronisco (anche con genitivo nella locuzione potiri rerum, “impadronirsi del sommo potere”, dove si sottintende abl. summa) Utar tuo consilio: mi avvarrò del tuo consiglio Con locuzione opus est, “c’è bisogno, serve” la persona cui occorre qualcosa, se nominata, in dativo; ciò che occorre in ablativo (costrutto impersonale) o in nominativo (costrutto personale, specie nel caso di pronomi e aggettivi neutri) Nunc animis opus, Aenaes, nunc pectore firmo: ora c’è bisogno di coraggio, Enea, e di un cuore saldo Anche aggettivi dignus, “degno” e indignus, “indegno” sono determinati da abl. strumentale, talvolta da proposizione relativa con congiuntivo (consecutivo/caratterizzante): in it. “di+inf.” Nec se sapiens indignum ullis muneribus fortuitis putat: Il saggio non si sente indegno di nessun dono della sorte Dignus erat Marius qui illa pateretur, Sulla qui iuberet, Catilina qui faceret: Mario era degno di soffrire quelle cose, Silla di ordinarle, Catilina di attuarle. Etenim ille / cuius huc iussu venio / Iuppiter Non minus quam vostrum quiuis formidat malum / cuius huc iussu venio: relativa cuius: pr. relativo huc: avv. moto a luogo etenim ille Iuppiter malum: PP etenim: il punto della questione è vostrum: gen. partitivo quiuis: pronome indef. assoluto (rel. è quisquis) formidat: da formido, as, avi, atum, are – avere paura àironia si muove attorno al fatto che malum indica solitamente un pestaggio o una fustigazione in Plauto – e che gli attori romani ai tempi di Plauto, in contrasto con le controparti greche, erano schiavi e quindi soggetti a punizioni corporali nelle loro 40 Vs. 39-40 eco delle ansie e trepidazione degli anni duri e gloriosi relativi e successivi alla seconda guerra punica. Secondo Paratore, l’opera si rivolge a pubblico inorgoglito da recenti vittorie: insieme a vs. 75, versi sono testimonianza eco che nel teatro plautino hanno avuto le vittorie romane fra fine III e inizio II aC. (38) (PP) Nunc iam huc animum omnes /quae loquar (rel) / advortite / nunc iam: in due parole per distinguirle dal trisillabico nunciam; più spesso separato nunc…iam: implica (diversamente da nunciam) un contrasto con il passato: presta attenzione, se non lo hai fatto finora loquar spiega huc à”adesso, dunque, fate attenzione a ciò che vi dirò”, Merc. parla direttamente al pubblico. Debetis (PP) / velle (inf. oggettiva) / quae velimus (rel.) / meruimus et ego et pater de vobis et re publica (coord) debetis: uso raro, di solito perifrastica passiva, da debeo, es, ui, itum, ere nel senso di “dovere”+infinito velle: inf. presentee attivo di volo, verbo ripetuto 8 volte, in riferimento a volere spettatori (vel-/vol-) velimus: cong. pres di volo, caratterizzante Di norma, si ha indicativo con pronomi e avverbi relativi indefiniti (quicumque, quisquis, ubicumque, quotienscumque) Una subordinata può trovarsi al cong. se azione enunciata come eventuale, supposta e ripetuta (cong. eventuale); come espressione personale del pensiero di altri o dello stesso autore (cong. obliquo); o caratterizzante un particolare individuo o gruppo di individui rispetto agli altri (cong. caratterizzante con sfumatura consecutiva). meruimus, ind. perfetto di mereo, es, merui, meritum, merere (guadagnare, meritare) 41 Vs. 41 primo riferimento al mondo della tragedia: Mercurio vi allude paragonandosi con atteggiamento di superiorità alle divinità delle tragedie romane. Termine tragoedia compare di rado nell’intera produzione del poeta, tuttavia nell’Amphitruo presente cinque volte. Vs. 41-45: espressione ut alios in tragoediis come affermazione scherzosa, che appare anche nel Mercator: “io non faccio come ho visto fare ad altri nelle commedie”. Primo cenno al mondo da cui trae origine modello dell’opera, quello della tragedia romana cui Mercurio fa riferimento. (41)à “Perché dovrei menzionare (come ho visto altri dei in tragedie – Nettuno, Virtutem, Victoriam, Martem, Bellona – ricordare le loro imprese) le buone intenzioni di padre, re degli dei, che fu padre/architetto di ogni cosa?” Nam quid ego memorem (int. ind) / (ut alios in tragoediis Mercurio utilizza la ternica retorica (praeteritio, occultatio) con speciale enfasi memorem: cong. pres. dubitativo di memoro, as, avi, atum, are (ricordare, raccontare) cong. dubitativo esprime incertezza sul da farsi in forma interrogativa e sempre con soggetto determinato (ego); ricorre al presente se dubbio riguarda presente/futuro; all’imperfetto se riguarda passato. Se incertezza non è reale ma retorica, interrogazione. assumetono di protestta. (quid ego nunc faciam, ed ora cosa dovrei fare?) vidi, Neptunum, Virtutem, Victoriam, Martem, Bellonam, commemorare) / quae bona vobis fecissent, / quis bene factis meus pater, deorum regnator, architectus[t] omnibus? ut alios commemorare: parentetica commemorare, molti esempi in Pl. di verbi semplici seguiti da composti (memorare; com-memorare) con senso correttivo – il composto più forte suggerisce che il concetto prima è inadeguato per enfatizzare la realtà della situazione. quae bona vobis fecissent: relativa quae, pron. rel. nom. femm. plurale fecissent, cong. ppf. III pl. di facio, facis, feci, factum, facere soggetto generico. (qualunque buona azione abbiano fatto per voi) quis bene factis.. omnibus: relativa à quis = quibus, dat. pron. interrogativo, dativus pro genetivo, cioè dativo di interesse dove ci si aspetterebbe genitivo. meus pater: essendo che Giove è appena stato smascheerato architectus[t] = architectu est: prodelisione + dat invece che gen. deorum regnator: apposizione di pater omnibus: per tutti (dei ed esseri umani) àVirtus, Victoria, Bellona divinità dell’antica religione romana. 42 Virtutem: antico strato della religione romana che impersonificava astrazioni o poteri, ma Virtus appartene alle innovazioni religiose dalla Grecia – nel 205 a.C. un tempio fu dedicato a Honos e Virtus in onore della conqueista di Siracusa di Marco Claudio Marcello. Victoriam, la dea greca della vittoria – un tempio le fu dedicato durante la guerr sannitica del 294 a.c. Il suo culto era importante per i soldati romani e spesso associato sia a Marte che a Giove. Bellonam, antichissima dea della guerra (antica forma di Duellona) con un tempo nel Campo Marzio, dove erano codnotti gli affari militari. Spesso legata a Virtus Sed mos numquam illi fuit patri meo / mos, nom. m. modo, abitudine numquam, avv. indeclinabile: mai illi, dat. patri meo, dat. ut exprobraret / quod bonis faceret boni; / exprobraret, cong. imperfetto di exprobro, as, avi, atum, are – con ogg. come quod…bonis è ossimoro bonis, abl. nt. boni, gen. nt faceret, cong. imperf. di facio Gratum arbitratur esse id a vobis sibi / à”lui è dell’opinione che siete grati a lui per questo” lett. riceve gratitudine per se stesso da voi meritoque vobis bona se facere / quae facit. / à”e come ve li meritate, fa buone azioni per voi” adulazione tipica nelle captatio 45 quia solitamente più comuni con verba sentiendi che quod, preferito nel latino classico (contraxistis frontem: sei preoccupato/disturbato) Le proposizioni causali esprimono causa dell’azione della reggente: causa può essere constata in forma obiettiva (oggettiva) o presentata in formna soggettiva perché supposta o riferita, riportata come opinione dello scrittore o riferita al persiero di cui si tratta: oggettiva ha indicativo; soggettiva ha congiuntivo. Introducono le causali: quod, quia, quoniaam, di rado quando e quandoquidem (sempre con ind.) Hanno modo congiuntivo ma esprimono causa oggettiva proposizioni introdotte da cum, da solo o preceduto da quippe, utpote “naturalmente perché”, praesertim “specialmente perché, tanto più che” quod+indicativo: relativo neutro quod ha assunto funzione di congiunzione con due diversi valori: causale (poiché, perché, dal momento che) e completivo- dichiarativo (il fatto che, che; se precede reggente: quanto al fatto che). Hanno valore causale anche congiunzioni quia e quoniam. Brutus, quia reges eiecit, consul primus factus est: Bruto, poiché cacciò i re, fu eletto primo console. hanc futuruam (esse): “che questa sarà (una tragedia): infinitiva oggettiva commutavero, fut anteriore da commuto, as, avi, atum, are – futuro rende immediatezza, rapidità con cui Mercurio cambia la tragedia in commedia – idea istantaneità: fut anteriore + preverbo cum con valore perfettivizzante Durativo/momentaneo: processo verbale considerato nel suo durare indefinito (durativo: “sto gridando”) si opponee al processo verbale considerato in un momento (momentaneo: “getto un grido”): tale momento può essere iniziale (ingressivo) o finale (egressivo o terminativo). Latino ricorre a preverbi perfettivizzanti (un tempo valore affidato ad altri mezzi, come raddoppiamento del presente: si-sto, “mi fermo” di fronte a sto, “sto fermo”; *si-sdo>sido, “mi siedo” di fronte a sedeo “sto seduto; e infisso nasale recu-m-bo “mi sdraio” di fronte a recubo, “sto sdraiato): ab-, ad-, de-, dis-, ex-, in-, ob-, per-, re-, sub- e specialmente con-, che oltre a mantenere significato originario, aggiungono a verbo composto aspetto momentaneo in opposizione a verbo semplice. Eandem hanc, /si uultis, / faciam ex tragoedia comoedia/ ut sit omnibus isdem uorsibus. (sub. sostantiva). Eandem hanc … faciam ex con iato, a meno che non si inserisca qualcosa come ego, Hermann; iam, Lachmann eandam hanc: oggetto di faciam, logicamente soggetto di sit àprolessi dell’accusativo (uso dell’accusativo per denotare l’oggetto visto nell’uso anticipato, uso normale con facio) tragoedia / comoedia ut sit: costrutto dovuto alla fusione di due espressioni: eandem hanc faciam ex tragoedia comoediam e l’espansione del complemento predicativo nella proposizione sostantiva ut sit comoedia vorsibus per versibus vultis: gruppi -uo- e -quo- non in -uu- prima dell’età di Augusto Ai vs. 56-58 Mercurio continua a scherzare con il pubblico, fingendo di lasciar scegliere agli spettatori a quale genere assistere: trad. “volete che sia così o no? ma che stupido, come se non sapessi ch lo voleete, io che sono un dio! so qual è la vostra opinione in materia”. Verbo volo, in riferimento al volere degli spettatori, ripetuto otto 46 volte (vs. 1, 5, 9, 13, 39, 54, 56): tecnica di fingere improvvisazione per dimostrare che si accondiscende alla volontà della gente. (56) Vtrum sit an non uoltis? / Sed ego stultior (sum), / quasi nesciam / uos uelle, / qui diuos siem. utrum sit an non voltis: int. diretta disgiuntiva – in correlazione a utrum o a -ne: an nelle int. per disgiunzione. voltis con dissimilazione fonica -uu- a partire dall’età augustea sed ego stultior: omesso sum, tipico del parlato: senso è rafforzativo à stultior è intensivo, esclamazione “ma che sciocco” quasi nesciam: comparativa ipotetica con congiuntivo à nesciam cong. pres. nescio, is, ivi, itum, er vos velle, infinitiva oggettiva: alternanza vocalica vel-/vol- dipendente da natura di -l-: - con -l- palatale (davanti a i/l) si ha e (velle, velim) - con -l- velare (davanti a a, o, u e cons.) si ha e>o>u (volt>vult; volunt) – alla II sg. al posto di vel- s>vell si ha supplettivismo da vis corradicale di invitus qui divos siem: rel. impropria causale al cong: perché sono un dio divos: allotropo di deus (deivos) la cui decl regolarr: deus, divi, divo, deum, dive, divo; di, deum < *divom, dis, divos. declinazione normalizzata dal nom. deus. siem (cong. caratterizzante) originario ottativo aoristo, sim formato per analogia dal pl. simus, sitis, sint – qui utilizzato per metri causa àcong. sottolinea il fatto, mettendolo in rapporto causale con precedente; indic. lo avrebbe solo constatato Teneo / quid animi uostri super hac re siet: teneo: “afferro, capisco” quid animi vostri siet: int. ind. con cong. (siet metri causa) animi vostri: gen. partitivo retto da quid, animus è la totalità àanimus est quo sapimus, anima qua vivimus: animus è quello grazie al quale abbiamo il senno, l’anima quella grazie alla quale siamo vivi. (anima: principio animale della vita, soffio vitale; animus: principio spirituale, ragione) Ai vs. 59-63 chiarisce natura opera. Trad. “farò in modo che sia una commedia con un misto di tragedia. perché non mi par giusto far che sia una commedia, dall’inizio alla fine, un’opera dove compaiono re e dei. e allora? visto che anche uno schiavo recita qui la sua parte, farò in modo che sia, come ho detto, una tragi-commedia”. (59) faciam / ut commixta sit tragico comoedia: ut: sub. sostantiva volitiva retta da faciam tragico comoedia: dove però metro richiederebbe tragicomoedia – molti correggono. Ma Plauto presenta al pubblico concetto di tragicommedia in due momenti, prima mostrandone genesi e isolandone elementi costitutivi, e solo dopo arrischiando neologismo tecnico, ormai chiarito nella sua etimologia. 47 àMercurio fa eco alla distinzione aristotelica tra commedia e tragedia come mimesi di ciò che è peggio e ciò che è meglio – i teorici rinascenti pongono l’enfasi sullo status sociale per distingue tragedia e commedia. nam me perpetuo facere / ut sit comoedia, …facere: subordinata infinitiva oggettiva ut sit comoedia: sub. sostantiva II gr. nam me: in evidenza se stesso + verbo facere alla fine perpetuo: avv, dall’inizio alla fine, con originale valore spaziale di peto - perpes, etis, perpetus: che avanza in continuo reges quo ueniant et di, /non par arbitror [esse]. reges: personaggi regali: traduttori trascurano il fatto che non appaiono re in Amphitruo (Creone, non Anfitrione, è il re di Tebe) quo veniant: relativa al congiuntivo, valore avversativo quo: avv. rel. moto a luogo veniant: sogg. generico; Mercurio sta dichiarando un principio non par arbitor, sott. esse: PP: l’omissione del copulativo comune nelle espressioni colloquiali Quid igitur? / Quoniam hic seruos quoque partis habet, / quid igitur: formula interr. meccanizzata: e allora?/cosa fare allora? – utilizzato dagli oratori per sottolineare la conclusione – qui crea un senso di naturalezza nella conversazione quoniam hic.. habet: causale ogg. all’indicativo hic: avv st. in luogo “nell’opera” seruos, gli schiavi hanno un ruolo significante nelle tragedie greche – Mercurio pensa al tipico schiavo astuto della New Comedy quoque: anche un servo, come i re – quoque (pospost) aggiunge livellando (tu quoque: anche tu, come gli altri); etiam aggiunge isolando (etiam tu: persino tu, in più degli altri) partis: desinenza di acc. plur. dei temi in -i- della III decl. (uscita estesa anche a temi in conson. nell’età repubblicana e augustea). Pars<*parti-s con tema in -i- con nom. sigmatico, caduta -i- interna e sibilante dinanzi dentale (mons, montis; gens, gentis). Tema in -i- evidente al gen. plur. partium Vs. 63, accettando idea del conio plautino del termine tragicomoedia, nelle intenzioni del poeta non doveva indicare creazione di un nuovo genere letterario attraverso commistione di riso e pianto e alternanza momenti tragici ad altri comici, ma la compresenza sulla scena di personaggi appartenenti ai due generi letterari contrapposti. faciam / [ut] sit, / proinde ut dixi, / tragicomoedia. faciam / ut sit tragicomoedia: sostantiva volitiva con ellissi ut Sub. sostantive o completive ruolo di un sostantivo in funzione di soggetto, oggetto, apposizione: completano senso della reggente. Sono: 50 pignus: pred. di togae – uso poetico al posto del più comune pignori, da pignus, pignoris/pignores (pegno, ostaggio) capiantur: cong. esortativo da capio togae, originariamente toga indossata da tutti uomini e donne di proprietà, nei tempi di Plauto era indossata solo da uomini nati liberi. Sive qui ambissent palmam histrionibus sott. favitores ambissent forma sincopata da ambivissent, ind ppf attivo da ambio, is, ivi/ii, itum, ire histrionibus: da lingua etrusca: attori sive cuiquam artifici – seu per scriptas litteras cuiquam: pron indefinito artifici: un termine vago che potrebbe riferirsi a qualcuno coinvolto in ogni aspetto della produzione teatrale sive qui ipse ambisset seu per internuntium - ; sott. favitor, non histrio sive adeo aediles perfidiose cui duint serie di sive: anafora sive adeo: climax: addirittura; o se nel caso… aediles, da aedilis, is (m, abl. aedili): edili curali che preparavano e allestivano spettacoli di teatro: dovevano essere curales più che plebeii, perché solo i primi avevano il diritto di esercitare pignoris capio; inoltre dà indicazioni su fatto che Amphitruo doveva essere prodotto o durante i ludi Romani a settembre o i Megalensia in Aprile, perché solo i curales sovrintendevano questi festival. cui: pron. indefinito ipotetico: che può esserci o non esserci, dat. di quis, quid duint, antico ottativo da do=dent; la posizione alla fine del verso sottolinea il suo ruolo come arcaismo. àAnche Aristofane si è spesso lamentato che i giudici avessero assegnato premi ingiustamente nel passato àseu…internuntium= seu qui per scripta leetteras sive ipse seu per internuntium ambisset ài tre modi di interrogare – per lettera, di persona, per intermediario – sono ridicolmente applicati a favitor che agiscono per conto di un attore. Sirempse legem iussit esse Iuppiter quasi magistratum sibi alterive ambiverit sirempse: è antico indef (similis+res+ipsa), arcaico termine legale inserito in contesto che sembra parodiare le leges de ambitu, leggi sulla propoganda elettorale introdotte a Roma sin dai tempi antichi. ambiverit, sogg. sott. la parte colpevolte Vs. 75, forte allitterazione, sottolinea valore romano della virtus, che finisce per asusmere sfumatura ironica dal momento che l’opera dimostrerà la vittoria dell’inganno e della forza sul valore. 51 (75) Virtute dixit vos victores vivere virtute è concetto base della società romana (forte allitterazione) virtute è tema predominante dell’elegia scipionia: essenza delle aspirazioni dell’artistocratico Romano: virtus non significa sempliceemente coraggio, ma riguarda l’intero ideale aristocratico che enfatizza gloria vinta dalla commissione di buone azioni in servizio alla republica, in accordo con certi standard di comportamento. àchiarito dalla cominazione con vivere, che guarda oltre la sfera militare. Il concetto puòessere esteso anche alle classi più basse, nella promozione del patriottismo e nello svolgere propri doveri. non ambitione neque perfidia; /qui minus ambitione: entro pochi anni dal debutto di Amphitruo, una lex de ambitu prescriveva la morte per colore che venivano reputati colpevoli di propaganda illegale qui minus: perché non dovrebbe… qui antico ablativo o strumentale in origine. eadem histrioni sit lex quea summo viro? sit è cong. dubitativo qui…quae: comparazione summo viro: un membro di un’oligargia che dominava la politica repubblicana, e la sua opposizione a histrio nella gerarchia sociale. Mercurio, probabilmente, sottintende la comica assurdità di una teatrale lex de ambitu. àPlauto rovescia la tecnica dell’auto-elegia, il classico invito dell’autore all’applauso, minacciando le claques rivale (operae, i prezzolati; i fanatici di questo o quello scrittore erano i fautores). Ambitus ossia, andirivieni dei candidati dai loro sostenitori, le visite (e promesse) di propaganda, fu oggetto di cure giuridiche a Roma: nel I sec. a.c. sei leggi. Allusione a vittore ottenute con valore (virtute ambire oportet), insistenza sul dono della pace, sospetta un omaggio a Sciopione l’Africano dopo il trionfo di Zama (202 a.C.), o a spettatori reduci da brillanti campagne militari. Virtute ambire oportet, non favitoribus oportet, ind. pres. impersonale àè proprio dell’ispettore sulla forza della virtus di uno, non dei sostenitori Sat habet favitorum semper / qui recte facit, sat, agg. e avv.: abbastanza: sat scio, so bene; sat poenae, castigo sufficiente favitoribus, abl. m. pl. da fautor/favitor, oris: applauditori favoritum, gen. partitivo in dipendenza da avverbio sat sillis fides est /quibus est ea res in mani, àcolui che si comporta correttamente non manca maidi sostenitori, procurati da coloro che giudicano il fatto sono onesti Hoc quoque etiam mihi in mandatis dedit / in mandatis <is> dediti: variatio 52 ut conquistores fierent histrionibus. fierent, cong. imperf. III pl. (fierem, fieres, fieret, fieremus, fieretis, fierent) passivo di facio: fio, fis, factus sum, fieri (83) Qui sibi mandasset delegati / ut plauderent quive / quo placeret / alter fecisset minus à” o coloro che hanno provveduto per vedere. che un altro potrebbe ricevere meno favorevolmente” quive è oggetto di fecisset quo introduce sub. finale negativa quo al posto di ut usato normalmente nel latino classico quando c’è un comparativo; in Plauto sia quo che qui, abl. e caso strumentale, sono ristretti ad alcuni casi. E ut utilizzato liberamente con un comparativo. quominus, anchein tmesi come quo…minus si distingue dal quo minus in frasi come quo dixi minus: come ometto di dire eius ornamenta et corium / uti conciderent. ornamenta: costumi corium uti conciderent: il linguaggio comico di Plauto spesso espande le capacità semantiche dei verbi conciderent, esprime doppio significato; in riferimento a ornamenta valore letterale di “tagliare”, riferito a corium quello metaforico “fare a pezzi, percuotere” Vs. 86-95, in cui Mercurio/Plauto si preoccupa di avvertire il pubblico dell’insolita presenza di Giove sulla scena (ipse hanc acturust Iuppiter comoediam). Versi interessanti sotto diversi aspetti: forte carattere metateatrale, Mercurio/Plauto parla a spettatori dell’opera; al vs. 96 il dio, certo che ormai sia chiara per pubblico genesi e natura opera, annuncia argumentum comoediae. Richiama vs. 51, differenza che là riferimento all’argumentum tragoediae, qui all’argumentum comoediae. (86) Mirari /nolim/ vos, quapropter Iuppiter nunc histriones curet./ ne miremini: nolim + infinito mirari (non vorrei vi domandaste): congiuntivi presenti velim, nolim, malim (vorrei, non vorrei, preferirei) usati per introdurre un desiderio ritenuto realizzabile o realizzaato; i congiuntivi imperfetti vellem, nollem, mallem per esprimere desiderio irrealizzabile o non realizzati (rimpianto). àgeneralmente seguiti da infinito quando c’è identità di soggetto; con soggetti diversi seguiti dal congiuntivo senza congiunzione. curet, cong. pres. di curo, as, avi, atum, are: occuparsi di histriones ne miremini: cong. presente di miror: non c’è da stupirsi 55 legionibus: esercito o nomico; significato sia nel sg. che nel pl. Nam cum Telebois bellum est Thebano poplo Nam: frequente - non sempre con significato di infatti: congiunzione di passaggio cum + abl (Telebois) Telebois, abl. pl. di Teleboae, arum (m.): Teleboi antica popolazione dell’Acarnania, strato etnico pre-greco. Praticavano pirateria nelle isole del Mar Ionio (Isola di Capri, da Virg. Aen Teleboum Capreas regna) Thebano poplo: nom à poplo forma contratta per populus, metri causa Is prius quam hinc abiit ipsemet in exercitum is anafora ipsemet: rafforzativo ipse: valore intensivo stabilisce opposizione rafforzata da met (lingua colloquiale) in exercitum: in campagna (militare) Gravidam Alcumenam uxorem fecit suam uxorem sottintende la natura adultera della relazione fra Giove e la moglie di Anfitrione (suam uxorem) Nam ego vos novisse credo iam / ut sit pater meus/ nam, ora poi ut sit: com’è fatto novisse è perfetto logico infinito, indica azione già compiuta quam liber harum rerum multarum siet, / àharum rerum multarum, gen. retto da liber: uso tipicamente plautino del Gen. “di rispetto”: nel rispetto di, di solito espresso anche con abl. e spesso difficilmente distinguibile dal genitivo oggettivo. quantusque amator siet / quod complacitum est semel. quantusque.. siet: int. ind. sott (eius) amator: amante, in senso sessuale quod=eius quod; nel latino colloquiale, comune l’omissione dell’antecedente nei casi obliqui – neutro generico (107) Azione dell’Amphitruo comincia di notte e termina di mattina con il parto gemellare di Alcmena. Si svolge nell’arco consentito e imposto dalle prescrizioni artistoteliche per la tragedia. is amare occepit Alcumenam clam virum/ is anafora occepit: ob+capio clam virum: senza che suo marito lo sappia; clam come preposizione nel latino arc. ha sempre acc. usuramque eius corporis cepit sibi, / et gravidam fecit is eam compressu suo. / 56 is giustapposto con eam, per rinforzare idea di compressu – compressu suo: dal suo abbraccio, comprimere comune eufemismo sessuale àl’ha messa incinta pure lui Nunc de Alcumena ut rem teneatis rectius àespressione formulare nei prologhi di Plauto che riflette il deisderio di controllare la reazione del pubblico all’opera. nunc è formula di passaggio rectius è comparativo assoluto Utrimque est gravida, et ex viro et ex summo Iove/ àuna reiterazione di un punto essenziale. utrimque est gravida, antica tradizione scientifica che considerava superfetatio è possibile solo quando un breve periodo di tempo separa i due atti del concepimento: ma Plauto non si aspetta che il pubblico rifletta sui modi. utrimque, avv. con suffisso im sono largamente utilizzati nel latino arc, ma rari nel latino classico et meus pater nunc intus hic cum illa cubat, cubare + cum o abl. per derscrivere ruolo sessuale che può avere uomo o donna come oggetto. vs. 113-14, esplicitata ragione della nox longa: non è, come nel racconto tradizionale, finalizzata esclusivamente al concepimento di Eracle: la nox longa ha come unico scopo quello di allungare la voluptas di Giove. et haec ob eam rem nox est facta longior, nox, l’opera va in scena all’aperto durante la giornata – ambientato durante la notte, finchè l’oscurità è fatta magicamente disperdere da Giove durante l’opera, ma a parte la lanterna di Sosia, nessuno sforzo è fatto per creare l’illusione la notte. L’ambiente notturno serve principalmente per fornire a Sosia e Mercurio materiale umoristico. dum <cum> illa quacum vult voluptatem capit. àallitterazione e assonanza per descrivere l’avventura. di Giove. Ultima parte prologo si caratterizza per carattere metatreatale. Mercurio svela al pubblico ogni dettaglio relativo ai finti Anfitrione e Sosia, dall’abbigliamento alle ragioni dello stesso. (115) Sed ita adsimulavit se/ quasi Amphitruo siet sed ita.., e inoltre (ellissi ut) quasi: comparativa ipotetica, rende più forte la metafora 57 vs. 116-119, Mercurio spiega perché non indossa usuale abito (che avrebbe indossato in una tragedia); gli schiavi plautini erano grottescamente equipaggiati: Pseudolos è descritto con “capelli rossi, pancetta, polpacci sottili, carnagione scura, e piedi grandi”. Sosia ha anche la barba. Gli schiavi indossano una tunica e mantello, e il pallium, mantello che poteva essere gettato sulle spalle per creare movimento. Nunc ne hunc ornatum vos meum admiremini ne admiremini: imperativo negativo ornatum, il suo costume non solo inaspettato, ma in conflitto con la sua immagine Quod ego huc processi sic cum servili schema; huc: avv. moto a luogo processi, ind. perfetto I sg. di procedo, is, processi, processum, procedere: uscire allo scoperto, farsi vedere servili, agg. abl. si servilis, e: servile, di/da schiavo schema è tradu. greco, alla III decl invece che I: veterem atque antiquam rem novam ad vos proferam à”presenterò a voi in modo nuovo una vecchia storia”: l’anico mito veterm atque antiquam: endiadi àstoria di Alcmena e Zeus è raccontata per esteso nello Scudo di Eracle; a esso fa riferimento Pindaro nella VII Istimca; Alcmena anche tra titoli di Eschilo ed Euripide. In origine, la versione greca del mito finalizzata alla nascita di Eracle. Queello di Plauto primo testo dove compare Sosia e la doppia coppia di simillimi; tramite fra drammi greci e commedie di Plauto fossero parodie italiote delle storie di Alcmena sedotta con l’inganno, circolanti a Roma a fine III sec. a. C. propterea ornatus in novum incessi modum. propterea, avv. perciò, per questo incessi, ind. perfetto I sg. di incedo, is, incessi, incessum, incedere ornatus, agg. nom. (Merc.) in novum modum, acc. vs. 120-30 dopo aver spiegato al pubblico che lui, come Giove, apparirà nell’opera, Merc. descrive la situazione per chiarezza. Ripetizioni, falsi inizi, e frasi circolari sono caratteristiche del tono colloquiale plautino, specialmente nei prologhi. Nam meus pater intus nunc est eccum Iuppiter. nam: sì, poi… per marcare transizione eccum, proprio qui (accompagnato da gesto), <*ec + ce deittico. + *hom = hunc In Amphitruonis vertit sese imaginem imaginem, somiglianza omnesque eum esse censent servi/ qui vident, 60 Ultima parte del prologo, carattere metatreatale assume rilevanza assoluta: Mercurio non solo svela al pubblico come distinguere i doppi divini dai veri Anfitrione e Sosia, ma evidenziaun altro aspetto: attori che interpretano ruolo di Giove e Mercurio “giocano a fare gli attori” interpretando un doppio ruolo, quello di due divinità che per prendersi giocoo dei protagonisti umani della vicenda mitica assumono identità diversa dalla loro. Fanno nella finzione scenica ciò che attori normalmente fanno a teatro. Mercurio, mediante doppio senso espressione facere histrioniam, annuncia al pubblico che si staper assistere a caso di teatro nel teatro. (140) Nunc hodie Amphitruo veniet huc ab exercitu Et servos, cuius ego hanc fero imaginem. Nunc internosse ut nos possitis facilius, ego has habebo usque in petaso pinnulas; tum meo patri autem torulus inerit aureus sub petaso; id signum Amphitruoni non erit. inerit da insum, composto sum Ea signa nemo horum familiarium nemo horum familiarium: gen. partitivo videre poterit, verum vos videbitis videbo, futuro semplice raro àMercurio trascina il pubblico più a fondo nella cospirazione degli dei. àAnnuncio di una transizione della scena. Non ulteriori informazioni sull’opera, fatto salve del fatto che Anfitrione arriverà. Sed Amphitruonis illic est servus Sosia; illic è agg dimostrativo (no avv) A portu illic nunc cum lanterna advenit a portu: abl moto da luogo: porto immaginario – alternativamente, Antedone, il porto naturale di Tebe, è 15 miglia fuori dalla città: distanza “teatrale” lanterna: abl, perché notte àPlauto ricco di particolari realistici, ma. anche indifferente a scarti dal dato di fatto e dal verosimile psicologico: la commedia immette in un mondo dislocato, dove può succedere di tutto. Plauto immette la continentale Tebe sul mare, adeguandosi alla struttura scenica: le due porte laterali (hospitalia) rispondevano alle direzioni (da e per) porto e città. Abigam iam ego illunc advenientem ad aedibus abigam: abiro, egi, actum: scacciare àlo scaccerò non appena arriverà illunc al posto di illum adeste: erit operae pretium hic spectantibus 61 adeste, fai attenzione erit operae pretium: ne varrà la pena – variatione dell’espressione operae pretium est audire aut sim con scopo di prendere l’attenzione del pubblico Iovem et Mercurium facere histrioniam adeste: composto di sum à chiede di fare silenzio hic: avv st in luogo erit operae pretium: ne varrà la pena, modo di dire latino 62 ACTUS I – scena si svolge a Tebe, davanti alla casa di Anfitrione, è notte e Sosia arriva dal Porto con incarico di riferire ad Alcmena che Anfitrione ha sconfitto Teleboi e sta per tornare. Entra in scena parlando tra sé e sé senza accorgersi di. Mercurio. Conversazione comica tipica del teatro antico. Prime parole di Sosia fanno emergere viltà del personaggio: la paura, prima di tutto, immagina. di essere vittima di teppista o di finire in prigione. Non è il tipico servo eroico, astuto e abile, negli inganni – questo è il ruolo del suo doppio: Mercurio. Tipico del servo plautino, sono fantasie di punizioni. Tipico il riferimento a istituzioni romane (tresuiri, hospitium publicum). Sosia entra in scena subito dopo che Mercurio ha finito di recitare il prologo, in agguato per ascoltare i suoi discoorsi, in attesa del momento opportuno per intervenire e sconvolgerlo ponendogli di fronte altroo se stesso. Servo inizia canticum di oltre 100 versi (153-262) interrotto solo da alcuni a parte di Mercurio, che si lamenta per impazienza padrone che lo ha inviato da solo dinotte, espoonendol al pericolo di finire in prigione. Dopo alcuni versi di entusiasmo al ricordo delle imprese di Anfitrionee, si preoccupa del discorso che dovrà riferire ad Alcmena: vista la sua viltà (nam cum pugnabant maxume, ego fugiebam maxume, vs. 199), sa ben poco della battaglia. Ma subito lo soccorre una dote: quello di raccontare bugie. SOSIA MERCURIUS (153) <SOSIA> Qui me alter est audacior homo aut qui confidentior, qui è agg interr. concorda con homo: interrogativa indiretta Interrogative dirette: prop. indipendenti che pongono una domanda diretta: - reale: se domanda non lascia prevedere risposta - retorica: se implica già una risposta - volitiva: se equivale a esortazione Int. diretta introdotta da: - pronomi, agg, avvinterrogativi - particelle interrogative enclitica -ne per interrogative reali num per interrogative reteroiche a risposta negativa, interrogative retoriche a risposta positiva (nonne venit?) - da intonazione Int. dirette e indirette sono: - semplici - disgiuntive: introdotte da an, in correlazione a utrum o a -ne me: abl di ego, II termine di paragone: spesso all’inizio il comparativo in Plauo, di modo che personaggio possa esibire primato in qualche ambito audicior, confidentior: agg. comparativi, primitivi sono audax e confidens comparativo si forma aggiungendo -ior (m. f) e -ius (n) al tema dell’aggettivo. Comparativo segue III declinazione, come aggettivi della II classe. Iuventutis mores qui sciam, qui hoc noctis solus ambulem? 65 consecutive, causali (relativo talora rafforzato da quippe, ut, utpote), ipotetiche, concessive, avversative, condizionali <malo> abl. dignum regge abl come indignus: dignum malo à “meritevole del male” deputent, pl. concorda con senso, cong. pres. III pl. di deputo, as, avi, atum, are à”chi non mi classificherebbe come…” Ita quasi incudem me miserum homines octo validi caedant ita quasi… caedant: apodosi II tipo caedant, cong. presente da caedo, is, cecidi, caesum, ere (perfetto mostra apofonia latina) homines octo validi: otto uomini robusti quasi incudem me: Sosia si immagina come un’incudine (vv 160-espunto da editore: estraneo al senso: erroneamente ricopiato da vv 173) [nec aequum anne iniquum imperet cogitabit] Ita peregre adveniens hospitio publicitus accipiar à”eccome come verrei trattato, quando arrivato dall’estero, sarrei ospitato a spese pubbliche”: secondo prassi ricondotta a Servio Tullio, ambiasciatori stranieri a Roma ospitati a spese pubbliche (hospitium publicum) à Pl. ne parla sarcasticamente peregre, avv. dal di fuori (con verbi di quiete e moto): dall’esteroo adveniens, part. presente nominativo da advenio, is, adveni, adventum, advenire hospitio, abl. nt. sg. publicitus, avv. per disposizione dello Stato accipiar, cong. presente da accipio, is, accepi, acceptum, ere (ad+capio, con apofonia latina) – ricevere – conclude la serie di cong. dell’apodosi. + abl. o in+acc: accogliere, ospitare: accipere hospitio: ospitare àaccipere è formulare con abl. Haec eri inmodestia coegit me, /qui hoc noctis a portu ingrati<i>s excitavit. àhaec… coegit me: mi hai costretto a queste cose, regge doppio acc. (haec, me) inmodestia, nom.: irragionevolezza eri, gen. di erus: erus nome affettivo del padrone, quindi usato in commedia: dominus, termine giuridico coegit ind. perfetto da cogo, cogis, coegi, coactum, cogere – cogo ammette doppio accusativo, se la cosa è pron. neutro, altrimenti ad/in+acc (cogere ad militiam eos: costringerli al servizio militare) à coegit me: mi ha costretto haec a questo ingratis: contro la mia volontà: abl. avverbiale di ingratia: prefisso in- con valore negativo, anche in in-modestia hoc noctis: Sosia insiste sull’ora notturna che il padrone gli ha imposto excitavit, ind. perfetto di excito, as, avi, atum, are: spingere fuori a+abl. portu: dal porto 66 Nonne idem hoc luci me mittere potuit? ànon avrebbe potuto mandarmi di giorno per questa cosa? nonne: int. ind. retorica a risposta positiva, quindi introdotta da nonne mittere costruito doppio acc. della persona (me) e della cosa (idem hoc) idem: «la stessa cosa» pronome determinativo (idem, eadem, idem). Pronomi determinativi: Is e i suoi composti idem, ipse - is di regola rinvia ad altra persona ed è detto quindi «anaforico». Unito a et, atque, - que può aggiungere una determinazione a un'idea già espressa: (rem tibi narro pulchram eamque singularem, «ti racconto una cosa bella e per giunta non comune»); - idem è pronome di identità, stabilisce identità tra due termini, eodem die, «nello stesso giorno». Con et, atque, -que ha gli stessi valori diis: (rarum est felix idemque senem, «è cosa rara un uomo fortunato e nello stesso tempo vecchio»; - ipse, pronome enfatico,sottolinea un termine a differenza dagli altri: eo ipso die, «proprio in quel giorno» (e non in un altro). ipse può tenere il posto di un pronome personale (venit ipse, «è venuto lui stesso») o accompagnarsi ai pronomi personali in frasi del tipo se ipse laudat, «si loda da se stesso» o se ipsum laudat, «loda se stesso». luci – di giorno: da lux, lucis; luci<lucei è antico locativo (mani, vesperi, temperi) potuit: avrebbe potuto: falso condizionale, a volte latino usa indic. e non atteso cong, per idea di possibilità: quando idea di potenzialità già insita nel significato del verbo (potere) Falso condizionale possibile con tutti i verbi e le locuzioni verbali che significano potere, dovere, necessità, opportunità, convenienza, come: oportet, sarebbe opportuno; aequum est, sarebbe giusto 67 (166-175) da vs. 166 nuova parte del discorso distinto nel metro, in cui Sosia si lamenta della sua condizione di servo e dell’immodestia del padrone – lamenti del genere frequenti nei testi plautini. Opulento homini hoc servitus dura est àper questo è dura essere al servizio di un uomo ricco opulento homini: sost. servitus regge dat. – analogo al verbo servire hoc: per questo: abl ripreso al vs 167; legato a dura àdopo aver aperto la questione sul fatto che il suo padrone sarà arbitro, Sosia generalizza sul fatto che sia difficile essere in schiavitù dio un uomo ricco. Hoc magis miser est divitis servos servus, nom. divitis, gen. di dives, divitis: di un ricco magis miser: allitterazione sillabica: più sfortunato (miser, nom. attributo del sogg. servus) (PP) Noctesque diesque assiduo satis superque est noctesque diesque: acc. di tempo continuato – coppia caratterizzata da isosillabismo, sfruttato nella poesia esametrica – concetto ribadito da abl. avverbiale assiduo: senza pausa satis superque est: è più che abbastanza, locuzione ridondante, tipica della lingua colloquiale (relativa) Quod facto aut dicto ade<o>st opus / quietus ne sis (sub. II grado finale) quod, nom. opus adest costruito con abl. nt. sing. del participio perf. passivo (costruzione arc) opus est+ abl (facto dicto) adeo, avv. tanto, perfino quietus, nom. sis, cong. II sg. di sum; sogg. generico (uno, una persona) ipse dominus dives operis [et] laboris expers ipse: uso di ipsa e ipse per indicare padrona/e dives agg. regge gen. operis: ricco di bisogni exprers, (privo di) regge laboris, gen. partitivo: privo di fatiche à o chiasmo (agg+gen, gen+agg); o entrambi gen. riferiti a expers (ex+par) / (rel.) quodcumque homini accidit / libere (infinitiva) / posse (infin.) /retur; àconsidera possibile, qualunque cosa accada, colpire l’eleganza di una persona quodcumque: pron. indef. relativo accidit da accido (ad+cado) regge infinitiva soggettiva libere 70 (180) – terminato lamento sulla condizione servile, Sosia reduce da un viaggio, ricorda di dover essere grato a dei. Operano multiple ironie: Sosia sta per essere flagellato da Mercurio; nons a che sta comunicando il suo fallimento a un dio; qualcuno è stato commissionato per picchiarlo al suo arrivo, ma lontano dall’essere un homo come lo stesso Sosia suppone, è uno degli dei. <Sosia> Sum vero verna verbero: /numero mihi in mentem fuit vero verna verbero: triplice allitterazione verbero, onis apposizione di verna termine ingiurioso tipicamente comico, “uomo da bastonare” – nella commedia plautina schiavo spesso apostrafato con termini che invocano punizioni corporali, come ulmitriba, logoratore di olmi, o flagritriba, logoratore di frustra; si tratta di neologismi, frutto dell’inventiva verbale di Plauto. à”sono proprio uno schiavo buono per il bastone/da bastonare”: verberare, bastonare numero: avv. arc. (subito); dall’abl. sg. di numerus fuit: int. indiretta con risposta negativa à”mi è forse venuto in mente….?” (inf. soggettiva) Dis advenientem gratias pro meritis agere / atque alloqui? advenientem – part. pres. rifeto a sott. me, soggetto infinitiva: al mio arrivo pro meritis: in ritorno per la loro beneficenza (natura contrattuale della religione romana) gratias agere: ringraziare (dis: dei) alloqui, da alloquor, eris, locutus sum, loqui, regge acc. (sott. eos): invocare, termine formulare religioso àviaggiatori in Plauto spesso offrono una preghiera per ringraziare del loro arrivo Ne illi edepol, si merito meo /referre /studeant /gratiam, ne: qui particella asseverativa “sicuramente, certo”, diverso da ne neg. àutilizzata in posizione iniziale e seguita da pronome personale, spesso cominata con interazioni come edepol edepol: per Polluce! – interiezione della lingua d’uso tipicamente maschile. Le donne usano imprecare per Castore (Mecastor, Ecastor) si merito meo studeant: “se volessero” protasi II tipo, dipende da allegent merito meo: abl. “secondo il mio merito” referre gratiam: infinitiva, “restituire il favore”, infinito retto da studeant – studeo significa “sono interessato, appassionato” a qualcosa (regge dativo) aliquem hominem allegent,/ qui mihi advenienti os occillet probe aliquem hominem allegent: apodosi del periodo ipotetico aliquem: acc. pron. indef. 71 allegent, “dovrebbero incaricare” qui: introduce relativa impropria con valore finale (spiega il cong. occillet) mihi advenienti: dat+part.pres: a me che arrivo, Sosia si augura che al suo arrivo Dei mandino qualcuno a punirlo, non sa che c’è Mercurio pronto a farsi beffe di lui. Ironia tipica del teatro antico, possibile solo con la partecipazione del. pubblico. os occillet: nesso allitterante - occillet da occare, con suff. diminutivo – hapax plautino per allitterazione: verbo derivato da occoo “erpicare” mediante suffisso intensivo -illo come conscribillo da conscribo – alla creazione del termine ha contribuito la volontà di formare allitterazione con os. probe: assolutamente, colloquialismo quoniam / bene quae in me fecerunt, /ingrata ea habui atque inrita à”perché ho accolto senza gratitudine (ingrata) come fossero senza importanza (inrita) quei beni (ea)” quoniam: congiunz. sub. causale oggettiva con indicativo ingratus, in senso passivo “che non ha ricevuto ringraziamento” anziché in senso attivo “che non ringrazia” inritus da in+ratus con apof. latina: “non ratificato”, quindi “non valido, intuile” bene quae in me fecerunt: sub. rel. “i loro benefici verso di me” ingrata – inrita: allitterazione Merc. Facit ille / quod volgo haud solent, /ut /quid se sit dignum/ sciat. facit ille “costui fa”, introduce nuovo intervento di Mercurio quod volgo solent: sott. facere; volgo avv. di vulgus “generalmente” haud=non à”quello che generalmente gli esseri umani non fanno” solent: semidep. soleo, es, solitus est, solere sogg. sott. generico: uomini ut sciat; ut introduce sost. epesegetica che spiega PP (facit ille) quid se sit dignum: int. indiretta, dipendente da sostantiva con ut(dignum+abl) à”quello che merita” 72 II parte: il racconto delle gesta di Anfitrione. A questo punto Sosia assume ruolo del messaggero sfruttato sia nel genere tragico che comico per raccontare al pubblico vicende non rappresentabili sulla scena, come gli episodi bellici. Il racconto del messaggero è microgenere teatrale che nella tragedia riproduce stile dell’epica. Quanto alla commedia nuova un racconto simile appare nello Scudo di Menandro, da cui Plauto sembra raccontare, nel racconto di Sosia, forme tipiche della poesia epica, impiegando stile ricercato, che trova riscontri in Ennio e Nevio. Modello epico tuttavia, per quanto imitato, viene rovesciato parodisticamente: racconto delle eroiche imprese di Anfitrione è affidato a schiavo, che dall’inizio della scena caratterizzato come vile. Monologo presenta sezioni: 1. vs. 186-196: gratulatio: Sosia ringrazia dei per esito positivo della spedizione; àsfrutta modello della preghiera di ringraziamento (gratulatio) che comandante vittorioso pronunciava nel tempio di Giove in Campidoglio; testimonianze nelle tabulae triumphales, iscrizioni esposte in Campidoglio per ricordare la vittoria. Plauto recupera stereotipi del genere, sia tematici (ritorno felice, eliminazione del nemico, ricco bottino) sia formali (espressioni formulati, terminologia arcaica, accumulazione sinonimi, ablativo assoluto e asindeto). Simile linguaggio suona ridicolo sulla bocca di Sosia. 2. vs. 197-202: breve intervento di Mercurio 3. vs. 206-261: rievocazione battaglia. So. Quod numquam opinatus fui, /neque alius quisquam civium à”che non avrei mai pensato né io né qualcun altro dei cittadini quod .. fui: relativa opinatus fui: falso condizionale (freq. in locuzioni come numquam credidi, numquam potavi: non avrei mai creduto, pensato) da opinor; uso ausiliare fui invece che sum per formare il perfetto estraneo a latino classico ma non rato in Plauto numquam/neque: allitterazione opinatus/alius: omeoteleuto neque alius quisquam civium: né io né nessuno dei miei concittadini civium, gen. partitivo: dalla bocca di un verna denota più un connazionale che un cittadino Sibi eventurum,/ id contigit, / ut salui poteremur domi eventurum: infinitiva, dipendente da opinatus fui sibi eventurum: sarebbe successo a lui; avrebbe sperimentato id contigit: PP à “è accaduto ciò” contigit: ind. perfetto da contingo, is, contigi, contactum, contingere (cum+tango con apof. lat.) 75 stabilivit da stabilo, is, ivi, itum, ire – in origine delle costruzioni, poi metaforicamente linguaggio politico regnum stabilivit: “ha consolidato il regno” àeuforia di Sosia e il successivo racconto delle vittorie del suo signore contro Teleboi si spiegano perché pubblico di Roma viveva nel clima di grande entusiasmo seguito alla vittoria della II guerra punica. Tono parodico colpirebbe eccessi di propaganda militarista e retorica. 76 (195) – Sosia enuncia scopo della sua venuta: incarico di preannunciare alla moglie di Anfitrione imminente ritorno del marito: freq. nel mondo antico Me a portu praemisit domum, / ut haec nuntiem uxori suae: praemisit da praemitto, is, praemisi, missum, ere ut haec nuntiem: sub. finale, consecutio non rispettata come accade talvolta in Plauto perché scopo non ancora raggiunto Ut gesserit rem publicam ductu, imperio, auspicio suo. à”come ha condotto un affare di stato sotto il suo potere, comando e auspicio”; anticipato da haec ut gesserit rem publicam: int. indiretta “come abbia retto le sorti dello stato” rem publicam gerere, da gero, is, gessi, gessum, gerere: dal lessico politico ductu imperio auspicio: ablativi: sotto la sua guida, il suo comando, i suoi auspici – asindeto: uso tre elementi tipico della lingua arc. (197-202) Pausa riflessiva di Sosia che dopo aver fornito versione spedizione, elabora racconto più dettagliato per Alcmena. Problema: Sosia dovrebbe riferire ciò che ha visto, ma non ha assistito, essendo pauroso, ed essendo fuggito durante il combattimento – ricostruisce fatti in base al sentito dire trasformandosi, per l’occasione, in. poeta epico. Il gesto di Sosia annuncia al pubblico una prova generale del discorso che imbastirà: rottura illusione scenica: metateatro. Ea nunc meditabor / quo modo illi dicam, / cum illo advenero/ meditabor, ind. fut. semplice da meditor, aris, atus sum, ari “penserò” à indica sia preparazione di un piano (consiulium meditari) che composizione di un’opera – nelle commedie plautine la meditatio è momento in cui schiavo si concentra per escogitare trovata risolutiva – Sosia, temporaneamente poeta, si applica a composizione discorso. quo modo illi dicam: int ind. illi: dat (riferito a Alcmena) cum illo advenero: sub. temporale illo, avv. là advenero ind. fut. anteriore: da advenio, is, adveni, adventum, advenire àsiccome è appena arrivato, Sosia per primo non ha tutti i dettagli e deve ricordare cosa ha sentito per formulare un. racconto. Oniga paragona Sosia al poeta omerico che chiama lemuse quando deve enumerare una lunga lista o descrivere scene di grande importanza – Sosia,nella sua apertura, invoca la sua stessa intelligenza e la capacità. come schiavo comico di ingannare. Si dixero mendacium, / solens meo more fecero à”se finirò per dire una bugia, seguirò il mio solito modo di fare” si dixero mendacium: protasi di periodo ipotetico I tipo (oggettività) 77 dixero, fut. anteriore di dico: fut. anteriore può essere usato per esprimere azione che si attuerà rapidamente e sicuramente (processo verbale visto come realizzato nel futuro) – dato per certo che Sosia mentirà. solens: part. presente di soleo, usato con valore avverbiale: “come è solito per me”, rinforzato da meo more Nam cum pugnabant maxume, / ego tum fugiebam maxume pugnabant, indicativo imperfetto III pl. pugno, as, avi, atum, are fugiebam, indicativo impergetto I sg. da fugio, is, fugi, - , fugere àantitesi tra viltà di Sosia e combattimento dei valorosi in risalto nella struttura – correlazione tum/cum e ripetizione maxume alla fine di ogni emistichio verum quasi adfuerim / tamen simulabo / atque audita eloquar verum quasi adfuerim: sub. comparativa ipotetica: “come se fossi stato presente” adfuerim cong. perfetto I sg. da adsum, es, adfui, adesse tamen simulabo: PP simulabo: ind. fut. da simulo, as, avi, atum, are audita: “quello che ho sentito”, nt. pl. acc. – fa affidamento sugli altri – messaggeri nella tradizione drammatica distinguono attentamente le loro osservazioni personali dalle cose che hanno sentito dagli altri. eloquar: ind. fut. semplice da eloquor, eris, locutus sum, loqui “riferirò” à Sosia tradisce il ruolo di nunzio, che dovrebbe riferire ciò che ha realmente visto Dal verso 201 inizia “prova generale” del racconto da riportare ad Alcmena. Tipicameditatio, momento creativo in cui servus plautino risolve con propria inventività le situazioni che rischiano di precipiatare. Forma di metateatro. (201) Sed quo modo et verbis quibus me deceat / [me] fabularier / quo modo et verbis quibus: “in qual modo e con quali parole”: chiasmo (determinante+determinato-determinato+determinante), introduce. la int.ind. (deceat) deceat: impersonale: cong. presente di decet, - , decuit, -, decere à regge infinitiva soggettiva (me fabularier, “che io svolga il racconto”) fabulor è denominativo di fabula (racconto, ma anche rappresentazione scenica). Infinito in -ier arcaico, da fabulor, aris, atus sum, fabulari Prius ipse mecum etiam volo hic meditari: / sic hoc proloquar ipse: determinativo – “da solo”: ironia involontaria, pubblico sa che Sosia non è solo. volo, da volo, vis, volui, velle: alternanza vocalica radicale (vel-/vol-) e supplettivismo nella II sing. (*vers da vis<veis) hic, avv. meditari, inf. di meditor, aris, atus sum, meditari 80 (narrazione oggettiva), caratterizzata da occasionale recupero di singole tematiche o locuzioni omeriche. Ma diverso situarsi del punto di vista del narratore è vera novità. della tragedia. Contrariamente alla prospettiva distaccata del cantore epico (concessa dall’onniscenza divina delle Muse), la narrazione tragica è focalizzata su ciò che nunzio ha visto personalmente, partecipanto in modo umano e appassionato a eventi. Più simili a quella plautina, sono le narrazioni di battaglia nei racconti dei nunzi tragici. Quello di Sosia è racconto diverso: è inventato, falso, ma si avvicina molto alla realtà. Avviene sulla base di quello che Sosia “ha sentito dire”: spostamento del punto di vista del narratore che avvicina il suo racconto più all’epica che alla tragedia. Mentre nunzio tragico riferisce quello che ha visto assistendo ai fatti in prima persona, il poeta epico narra anche senza essere stato presente, ma seguendo ispirazione, e la sua conoscenza dei fatti è quella globale dell’autore, non quella parziale del personaggio. Spostamento di prospettiva in Amphitruo funzionale al fatto che Sosia dovrebbe riferire battaglia come normale nunzio, ma si trova impossibilitato a farlo: quando i soldati erano nel massimo del combattimento, lui era nel massimo della fuga. Paradosso di vederlo diventare una specie di poeta epico, malgrado lui e anche malgrado il codice della commedia. Sosia è uno che diventa poeta solo perché ha obbligo di inventare una storia,esolo formalmente nelle stesse condizioni del cantore epico: distanza da campo di battaglia è quella di un vile e la sua onniscenza quella di un servo che escogita inganni. Sosia non è servo eroe, ma servo vile e tremebondo, che inventa un racconto bellico solo per camuffare propria codardia. Inganno va a suo beneficio, perché lo deve salvare da un guaio. àcomplessità Amphitruo: in questa commedia il ruolo del servus è sdoppiato fra Mercurio e Sosia, e lo statuto eroico, quello del servo furbo, è attribuito in parte a Mercurio, mentre Sosia viene ad essere il suo opposto. Nell’Amphitruo la rhesis tragica che probabilmente Plauto trovà nel modello greco dell’Aspis di Menandro, viene deformata con intento. parico. Si sovrappone figura del servo mentitore, dello statuto letterario del poeta epico, su quello del nunzio tragico: già nel corso della meditatio (vs. 200) si può notare la contaminazione dei due procedimenti tipici della tragedia (quasi adfuerim) e dell’epos (audita eloquar). Far diventare Sosia poeta epico significa far descrivere la guerra non solo a chi è estraneo ai suoi valori, ma con essi contrasta. La vera prospettiva secondo la quale Sosia ha vissuto battaglia al vs. 254: hoc adeo hoc commemini magis, quia illo die impransus fui. E al vs. 427: SO: si tu Sosiaes, legiones cum pugnabant maxume, quid in tabernaclo fecisti? victus sum, si dixeris. ME: cadus erat vini, inde implevi hirneam. SO: Ingressust viam. ME: eam ego, ut matre fuerat natum, vini eduxi meri. La parodia appare come trasgressione di quella regola fondamentale del codice culturale che vuole assoluta distinzione del guerriero al rammollito. 81 Principio ut illo advenimus,/ ubi primum terram tetigimus principio: avv. (subito) – nel testo rete di avverbi per scansione temporale (continuo, illice, postridie) – importanti per resoconto del messaggero ut illo advenimus: sub. temporale di precedenza immediata (ut+ind) ubi primum: introduce temporale precedenza immediata (ind.) terram tetigimus: allitterazione tetigimus, perfetto a raddoppiamento da tango, is, tetigi, tactum, ere à ubi primum terram tetigimus: “non appena toccammo terra” Continuo Amphitruo delegit viros primorum princeps continuo: avv. temporale. dele(^)git, presente senza apof (arcaismo), penultima è breve, comune è deligo, is, le(-)gi, lectum, ere – uso presente storico primorum principes: allitterazione sillabica: tra i capi i più insigni, ipersuperlativo, “i primi dei primi” eos legat; / Telebois iubet sententiam / ut dicant suam: eos legat: “li manda in ambasceria”, legati sono ambasciatori iubet da iubeo, es, iussi, iussum, iubere conf inf.+acc della persona a cui si comanda iubeo / ut è arcaismo: riservato a comandi ufficiali del senato suam, di Anfitrione (206-210) Sosia riferisce condizioni poste da Anfitrione ai nemici – periodo complesso è esempio antico di discorso indiretto – periodo come se retto da DICIT – da discorso diretto a indiretto influise sui modi, tempi, persone. Si sine vi et sine bello velint rapta et raptores tradere si velint tradere: “se vogliono consegnare”, protasi di periodo ipotetico I tipo, congiuntivo indiretto. rapta et raptores: “la preda e i predoni”: fig. etimologica Si /quae asportassent/ redderent,/ se exercitum (esse) / extemplo domum si redderent: “se restituivano” protasi I tipo coord. alla prec. – cong. indiretto redderent cong. imperfetto da reddo, is, reddidi, redditum, reddere quae asportassent: “ciò che avevano portato via”: sub. rel. II grado con antecedente sott. (ea, quae), al cong. perché discorso indiretto asportassent cong. ppf. sincopato per asportavissent, da asportas, avi, atum, are se exercitum: infinitiva, sott. esse se si riferisce ad Anfitrione, corrrisponde a enunciativa del discorso diretto (ille exercitum) extemplo: avv. (all’istante) reducturum (esse), / abituros (esse) agro Argivos, / pacem atque otium reducturum: apodosi periodo ipotetico à part. fut. di reduco, reducis, reduxi, reductum, reducere abituros: infinitiva coord. per asindeto a precedente 82 à part. fut. acc. pl. da abeo, ab+eo agro: abl. di provenienza, moto dal luogo: “dal territorio” Argivos: Tebani comandati da Anfitrione à Argivi invece che Teleboi per allitterazione dare illis; /sin aliter sient animati /neque dent /quae petat pacem atque otium dare illis “dava loro pace e tranquillità” dare illis: infinitiva – dare sta per daturum esse àinfinito presnte per futuro dopo verbi “dire, promeettere, sperare” sin aliter sient animati: ipotesi opposta simmetricamente a prec. protasi (I tipo con cong. indiretto: sin aliter sunt animati) da animor, aris, animatus sum, animari “sono disposto” denominativo di animus neque dent: “e non danno” coord. neg. a protasi con cong. indiretto quae petat: “quello che chiede” sub. rel II grado con cong. indirretto Sese igitur summa vi virusque eorum oppidum oppugnassereàinfinitiva igitir, “allora”, significato temporale arcaico oppugnassere: inf. futuro arcaico (oppugnaturum esse) sese raffozativo per Anfitrione – opposizione con eorum (i Teleboi) Haec ubi Telebois ordine iterarunt/ quos praefecerat haec ubi: temporale iterarunt sincopato per iteraverunt, indicativo perfetto da itero, as, avi, atum, are quos (sott. ii) praefecerat à ind. ppf da praeficio, is, praefeci, praefectum, praeficere ordine (avv): esattamente, per filo e per segno Amphitruo (nom.) / magnanimi viri freti virtute et viribus magnanimi (magnus+animus), altisonante, tipico dell’epos, da agg. magnanimus, livello stilistico elevato superbe nimis ferociter legatos nostros increpant àloro rimprovenao i nostri rappresentanti con superba arroganza e insolenza” – in accordo all’ideologia della iustum bellum, nemici romani sono tipicamente dipinti come possessori di superbia, il che suggerisce depravazione e barbarismi che si sfogano in violazioni di leggi internazionali. nimis ferociter: nimis + avv. o agg. per formare superlativo: arcaico increpant da in+crepo, primo rumore, crepitare à ind. pres. da increpo, as, avi, atum, are Superbe: nemico che non accetta la via diplomatica – quindi può essere aggredito: ideologia bellica romana respondent bello se et sui tutari posse / proinde uti/ à”loro rispondono che possono proteggere se stessi nella battaglia” properre de suis finibus exercitus/ deducerent. proinde: congiunzione conclusiva, de- introduce esortazione uti deducerent: volitiva 85 valet, ogg. di edit valet da valeo, es, valui, valere edit, ferro ferit, tela frangunt, boat edit: fa vedere, ogg. è id quod etc. boat, verbo appartene alla dizione elevata della poesia arcaica, qui in contesto comico àsequenza asindetica con bruschi cambi di soggetto: infilza con spada, tutti spezzano le aste, cielo rimbomba. Momento culminante battaglia: uso verbi onomatopeici (frango) e allitterazioni per evocare rumori armi caelum fremitu virum, ex spiritu atque anhelitu nebula constat, cadunt vulnerum vi viri. àimmagine iperbolica “una nebbia si forma dai loro respiri ansimanti, ex spiritu atque anhelitu nebula constat” cadunt da cado, is, cecidi, casurrus, ere allitterazione: vulnerum vi viri: uomini (cadono sotto) la violenza dei colpi Denique,/ ut voluimus, / nostra superat manus: àl’inclusione di Sosia di se stesso durante la battaglia è comicamente contraddistinto, essendo che prima aveva ammesso di essere fuggito nostra superat manus, il nostro esercito prende il sopravvento manus: schiera militare hostes crebri cadunt, nostri contra ingruunt hostes crebri cadunt: parallelismo struttura ingruunt, da ingruo, is, ingrui, ingruere – verbo epico, poetico, trovato di nuovo solo in Virgilio [vicimus] vi feroces. àferoci come siamo, prendiamo il sopravvento ferocemente: impulso di eliminare vicimus malintesto, ma il perfetto dà un senso carente; così che la vittoria assoluta non può ancora essere dichiarata. allitterazione. -v- feroces: pred. del soggetto vs. 238-41 La vittoria di Tebano è imminente, Teleboi mantengono eroicamente terreno, come ci si aspetterebbe dai soldati romani. Topos della resistenza dei guerrieri fino alla morte e il rifiuto della vergogna della fuga. In Pl. qui l’idea convenzionale è articolata enfaticamente attraverso una serie di prop. affermative e nagative, con significato iperbolico. sed †fugam in se tamen nemo convortitur in fugam convertere: darsi alla fuga – anomalo l’uso medio di convortitur, da convortor, eris, conversus sum, converti se convortitur: si dirige/ dirige se stesso – uso di pron. riflessivo all’acc. con verbo medio pass. forse uso colloquale – il parlante è schiavo che è mandato eroicamente a portare buone notizie: ipereleganza 86 nec recedit loco quin statim rem gerat; recedit loco: abbandoni il suo posto: espressione della linguamilitare – recedo (re+cedo): mi allontano + abl. di allontanamento (loco). Etica soldato imponeva di non allontanarsi dalla posizione recedo, is, recessi, recessum, recedere quin: valore consecutivo statim, avv. in -im da sto, as, avi, atum, stare: valore spaziale, sul posto, invece di solito valore temporale (subito) – significa “fermamente” <stare gerat cong. presente da gero, is, gessi, gessum, gerere – rem gero: combattere, dirigere la guerra animam omittunt prius quam loco demigrent: amittunt/omittunt, da omitto, is, omisi, omissum, omittere: rinunciare a prius quam: piuttosto che. – temporale demigrent cong. pres. III pl. da demigro, as, avi, atum, are: cong. perché connota intenzionee àrinunciano alla vita piuttosto che sgomberare il campo quisque ut steterat iacet optinetque ordinem àciascuno giace dove aveva resistito e tiene i ranghi/ognuno conserva cadendo il posto che occupa nella fila ut=ubi (dove) staterat: stare in senso tecnico: mantenere la posizione in battaglia iacet da iaceo, es, citurus, ere – giacere (morto) optinetque ordinem = obtinere ordinem (optineo arc. per obtineo) = servare ordinem: mantenere ranghi serrati optinet ind. pres. da optineo, es, optinui, optentum, optinere: permette l’allitterazione ordo nel lessico militare è fila combattenti Hoc ubi Amphitruo erus conspicatus est, hoc ubi: accortosi di ciò/quandoo vide ciò introduce temporale della precedenza immediata con perfetto (conspicatus est) in dipendenza da un presente storico (iubet) conspicatus est: ind. perfetto di conspicor, aris, atus sum, conspicari (dep.): percepire, tipico dei contesti militari ilico equites iubet dextera inducere. ilico: avv. teemporale (subito) iubeo: costruito con infinito (inducere) inducere: fa avanzare equites (c.o.); il sogg. destinatario dell’ordine (sott.) sarà l’ufficiale a cui Anfitrione comanda di guidare cavalleria all’attacco inducere da induco, is, induxi, inductum, inducere Equites parent citi: ab dextera maximo parent da pareo, es, ui, itum, ere: obbediscono citi: rapidi, pred. del sogg.; quasi avverbiale uso di citius (rapidamente) maximo (cum clamore): abl. modale con cum interposto cum clamore involant impetu alacri; involant (in+volo) ind. pres. da involo, as, avi, atum, are: volare su; piombare su 87 impetu alacri: impetuoso ardore/con un ardore impetuooso foedant et proterunt hostium copias foedant ind. pres. III pl. da foedo, foedas, foedavi, foedatum, foedāre – schiacciare proterunt ind. pres. III pl. da protero, proteris, protrivi/protrii, protritum, proterĕre – travolgere àcoppia verbale esprime violenza: foedera: rendere foedus, ossia turpe, orrende; e proterere (calpestare) da protrero, is, trivi, tritum, ere – violenza giustificata secondo romani dal fatto che nemici fossero iniusti – castigati legittimimamente (iure) iure iniustas. àal momento del violento climax della battaglia, Sosia sottintende la giustizia della guerra dei Tebani contro i Teleboi, in accordo con ius fetiale. Come per molti nel mondo antico e moderno, la vittoria in guerra fu raggiunta da. romani come conferma del fatto che la loro entrata in guerra fosse giusta. In questa visione legittimistica, gli dei servono come iudices finali in dispute internazionali. (248) ME. Numquam etiam quicquam adhuc verborum est prolocutus perperam; verborum: gen. partitivo perperam: avv. erroneamente, avv. colloquiale <perperus (sbaglio) verborum prolocutus est: ind. perfetto da proloquor, eris, prolocutus sum, proloqui à variazione di verba dare, ingannare namque ego fui illi in re praesenti et meus, cum pugnatum est, pater. cum pugnatum est: temporale con impersonale passivo in re praesenti: sul fatto/là sul posto; sul luogo dell’azione (250) – Sosia riprende. racconto: sequenza dei Teleboi SO. Perduelles penetrant se in fugam; ibi nostris animus additust. perduelles: nemici, da duellum/bellum con prefisso intensivo per- ossia che persiste nel fare la guerra in modo eccessivo – hostis, invece, è straniero con rapporti di scambio e ospitalità – inimicus è nemico privato da in+amicus con apof. latina penetrant, usato spesso con in+acc (in fugam): si danno alla fuga (perduelles, i nemici, sogg.) da penetro, as, avi, atum, are perduelles penetrant: allitt. Vortentibus Telobois telis complebantur corpora, vortentibus Telebois: dat. svantaggio: ai Teleboi che volgevano le spalle telis complebantur corpora: iperbole epica: i corpi erano riempiti di lance telis, abl. ipsusque Amphitruo regem Pterelam sua obtruncavit manu. 90 (403-422) L’atto primo, sc. I (vv. 153-462), dopo un prologo eccezionalmente lungo, mette in scena Sosia e Mercurio. Si apre con il cantico di Sosia, un pezzo di bravura in cui, in stile epicizzante, Sosia ricostruisce il racconto della battaglia che dovrà riferire a Tebe, senza accorgersi, almeno inizialmente, della presenza di Mercurio dinanzi alla casa del padrone. Mercurio – il vero servo furbo dellla commedia – origlia prima silenziosamente, poi interviente con un crescendo di a parte (vv. 263-299), fino al momento in cui inizia il confronto tra i due ‘doppi’, con un Sosia già spaventato dalle battute di Mercurio. Questi induce Sosia alla perdita di identità mediante una «persuasione forzata» (Oniga): dapprima un interrogatorio serrato (vv. 335-410), quindi (vv. 411-462) mediante l’esibizione di prove false che minano definitivamente la credibilità di Sosia. SO. Quid, malum, non sum ego seruos Amphitruonis Sosia?7 malum: acc. di relazione: imprecazione di maledizione – attenuata – forse ellittica della forma plautina malum (magnum) habebis: in Plauto compare come esclamazione di impazienza, per lo più solo nel corso di un dialogo pieno di malintesi o dominato da stati di irritazione – in domanda introdotta da quis, quae, quid occupa sempre secondo o terzo posto ego: insistenza sul pronome personale e sul possessivo di prima persona da parte di Sosia: riaffermare propria identità, messa in discussione non sum; nonne; non me; nonne: serie di int. retoriche Le interrogative possono essere introdotte classicamente • da pronomi o avverbi interrogativi (es. ubi, quis, qui); • da particelle secondo questo schema: (interr. diretta) (int. indiretta) int. reale -ne -ne, num int. retorica positiva: nonne nonne negativa: num num. Plauto usa Non per interr. retoche con significato positivo al posto di nonne, impiegato solo davanti a voc. o h- Amphitruonis: forma Amphitruo è compromesso tra ortografia arc. Ampitruo e quella greca classica Amphitryon. Nonne hac noctu nostra nauis * ex portu Persico hac noctu: analogico di diu, loc. originario di dies (da tema *noctu-). Forma arc. atttestata da Nevio, ma conservata in tutta la latinità *di solito integrato huc àPersico, secondo commentatore Festo, porto del mare d’Eubea, nel quale flottta dei persiani avrebbe fatto scalo durante spedizione contro Grecia. Ma regioni dei Teleboi dalla parte opposta rispetto a Tebe. Deve trattarsi, quindi, di un errore geografico di Plauto; inoltre spiegazione di Festo è anacronistica. uenit, / quae me aduexit? / Non me huc erus misit meus?/ aduexit, ind. perf. III sg. da adveho, is, advexi, advectum, advehere 91 Nonne ego nunc sto ante aedis nostras? /Non mihist lanterna in manu?/ aedis nostras=aedes, acc. pl. (forma originaria di acc.); al pl – individualizzante – indica la casa come insieme di ambienti, come fores, battenti: quindi porta. Al sg. è tempio, dal valore di luogo dove si accende il fuoco, focolare del dio (radice di aestas, aestus) mihist = mihi est à mihi est lanterna è dat. di possesso lanterna, tenuta in mano da Sosia per l’intera scena Non loquor? /Non uigilo?/ Nonne hic homo modo me pugnis contudit? nonne appropriato prima di una vocale; mentre non usato interrogativamente prima di cons. o vocale àPl. utilizza nonne prima di hic contudit da contundo con preverbo perfettivizzante – infisso nasale, durativo, non si trova nel tema del perfetto a raddoppiato – con assimilazione alla vocale radicale (del tipo momori, cucurri rispetto a cecini, cecidi) contudit, ind. perf. da contundo, is, contudi, contusum, contundĕre àripresi i vv298, sia per il pugilato sia per la domanda vigilo? di Sosia: “Sono finito! Ho già un senso d’irritazione ai denti: certo al mio arrivo, costui mi farà trattare come un ospite… in un incontro di pugilato! Ma sì, è un animo pietoso: il padrone mi ha coostretto a stare sveglio, e lui adesso, a suon di pugni, mi metterà a dormire (hic pugnis faciet ut dormiam). Sono completamente spacciato. Pietà, per Ercole, com’è grande e grosso!” à nel suo bisogno di certezza, Sosia passa dai fatti e dalle cose più lontane alle più vicine, per fermarsi su se stesso e sulla testimonianza più sicura che gli dà il suo corpo: il dolore dei pugni di Mercurio. Fecit hercle, nam etiam <mi> misero nunc malae dolent. etiam…nunc: ancora; antico etiamnum Quid igitur ego dubito? Aut cur non intro eo in nostram domum? dubito: valore di “esitare” costruito con infinito Completive con quin/quonimus: ammessa solo se reggente è negativa, in dipendenza da verbi e locuzioni di “dubbio”: non dubito, nemo dubitat, non est dubium, quis dubitat?/dubitet? (interrogativa retorica di senso negativo). Modo congiuntivo, con consecutio. Quando seguito da infinito, dubito significa “esitatre, titubare”, ma anche “considerare con perplessità” in nostram domum/quid, domum vostram?: domanda di Merc. riprende le parole di Sosia rovesciando ordine e mutando ottica possessivo: nostram/vostram vs. 410-25 Mercurio controbatte al messaggero. Nonostante Sosia aveva anticipato che potesse dire mendacium, il resoconto pare essere accurato. ME. - Quid, domum uostram? SO. - Ita enim uero. enim vero: proprio così, certamente: enim valore asseverativo; vero valore prosecutivo – anche come una sola parola enimvero, per confermare 92 affermazione: enimvero ego occidi, ora sì che sono morto; o come risposta con valore di: “certamente” ME. – Quin, quae dixisti modo/ quin: valore correttivo – anzi, al contrario. Quin asseverativo e accrescitivo (quin etiam/et) da un quin ‘perché no?’ originariamente usato nella risposta e poi meccanizzato, in seguito a perdita del valore interr. ed all’assunzione dell’intonazione della frase asseverativa. dixisti, ind. perf. da dico, is, dixi, dictum, dicere omnia ementitu’s: /equidem Sosia Amphitruonis sum. àemintitutus es omnia /quae dixisti modo ementitu’s=ementitu es da ementior, iris, itus sum, iri: dire mentendo, simulare: te lo sei inventato di sana pianta. equidem: asseverativo, certamente, ma latini lo sentivano legato a ego quidem: insistenza sulla I persona contrapponendola a interlocutore. àrovescia ordine parole (Amphitruonis…Sosia) per rendere con maggiore efficacia impadronirsi della sua identità – il doppio riprende racconto epico di Sosia fatto tra sé e sé rovesciando ordine parole. Nam noctu hac solutast nauis nostra e portu Persico, solutast = soluta est, ind. perf. passivo di solvo: solvor, solveris, solutus sum, solvi – liberare: abl. sempl. o a/ab + abl et ubi Pterela rex regnauit oppidum expugnauimus, ubi: dove, introduce sub. rel Pterela rex regnavit: fig. etimologica, posposizione dell’apposizione rex, che normalmente precede, in quanto indica qualità permanente regnavit, ind. perf. da regno, as, avi, atum, are expugnavimus, ind. perf. da expugno, as, avi, atum, are àMerc. ribatte con ricchezza di dettagli. Sosia stupito in quanto in antico le notizie erano molto lente a diffondersi, e Sosia era primo a tornare in patra. et legiones Teloboarum ui pugnando cepimus, à “prendemmo le legioni dei Teleboi combattendo con forza” vi pugnando: tipica dei bollettini di guerra pugnando: abl. strumentale gerundio da pugno, as, avi, atum, are vi abl. sing. di vis, roboris, sost. difettivo à vi pugnando: “combattendo duramente” cepimus, ind. perfetto I pl. di capio, is, cepi, captum, capere Teleboarum, gen. m. pl. da Teleboae, arum: Teleboi sono popolo mitico, abitante. nell’isola di Tafo, nel mar Ionio, fra Acarnania e Etolia. Gerundio è sostantivo verbale che completa declinazione infinito. A differenza del participio e dell’infinito, non ha tempi, ha forma e valore attivo; tutti i verbi attivi deponenti, trans. e intrans. Gerundio formato dal tema dell’infectum allargato seguito da suffisso -nd- per la I, II, III (del tipo mitto) coniug. e -end- per la III (del tipo capio) e IV + da desinenze di un sostantivo neutro della II declinazione. nom. legere – leggere gen. legendi – di leggere dat. legendo – a leggere acc. legere – leggere (c. oggetto) 95 (423-447) vs. 423-6, Sosia parla direttamente al pubblico SO. Argumentis uicit, /aliud nomen quaerundum est mihi./ argumentis: abl. plu. di argumentum, i: “con le prove”: Sosia comincia a vacillare, ma gli resta un’ultima prova. quaerundum est (mihi): perifrastica passiva: devo cercare – quaero, quaeris, quaesivi/quaesii quasitum, quaerere quaerundum ha un vocalismo arcaico rimasto in formule fisse e in antichi gerundivi passati ad aggettivi (oriundus, secundus). La costruzione perifrastica passiva è composta dal gerundivo in unione al verbo sum; essa implica un’idea di necessità; il c. d’agente è espresso in dativo (e solo in casi particolari con a /ab + abl.): es. hoc faciendum est tibi «devi fare questo». Con i verbi intransitivi e con i transitivi usati assolutamente la perifrastica passiva ricorre solo alla terza persona singolare: es. moriendum est «si deve morire». Nescio unde/ haec hic spectauit. /Iám ego hunc decipiam probe;/ spectavit, ind. perf. di specto, as, avi, atum are – indicativo si spiega perché nescio si riferisce solo a unde: non so da dove ho visto tutto questo decipiam cong. pres. da decipio, is, decepi, deceptum, decipere (de+capio, con apof. latina) nam quod egomet solus feci, /nec quisquam alius affuit,/ quod egomet solusi feci: sub. rel. I grado, prolettica nec quisquam alius affuit: parentetica quisquam: pron. indefin. affuit = adfuit da adsum, es, fui, esse, ind., perfetto in tabernaclo, id quidem hodie numquam poterit dicere. tabernaclo: senza anattissi (vs. tabernaculo): più antica id quidem.. PP; id antecedente di quod. Si tu Sosia es, /legiones cum pugnabant maxume,/ si tu Sosia es: suppositiva. I grado: protasi di periodo ipotetico legiones cum pugnabant maxume: temporale quid in tabernaclo fecisti?: PP, apodosi àriferimento di Sosia al fatto che, durante battaglia era scappato: cum pugnabant maxume, ego fugiebam maxume quid in tabernaclo fecisti?/ Victus sum,/ si dixeris./ victus sum: apodosi “mi do per vinto” part. perf. esprime azione conclusa si dixeris: protasi I tipo dixeris, ind. fut. anteriore di dico, is, dixi, dictum, dicere: (ego dixero, tu dixeris, ille dixerit, nos dixerimus, vos dixeritis, illi dixerint) à fut. anterioroe da tradurre con presente per anteriorità ME. Cadus erat uini, /inde impleui hírneam./ 96 cadus erat, invece di dare la risposta a ego tum fugiebam maxume, Mercurio aumenta suspense di Sosia cominciando con una formula usata per introdurre enfasi. cadus, grande vaso usato per contenere vino hirneam: il fiasco (di vino) SO. Ingressust uiam. à ha imboccato la strada. ingressus est: ind. perfetto di ingredior, eris, ingressus sum, ingredi (dep.) Sosia commenta tra sé e sé 430 ME. Eam ego, / ut matre fuerat natum, /uini éduxi meri. / à“e quella, tutta di vino schietto, qual era nato dalla madre vite, me la tracanna” ut matre fuerat natum: prop. sub. comparativa natum fuerat/erat: ind. ppf. di nascor, eris, natus sum, nasci matre, abl. sing. femm. di mater, matris vini: gen. sing. di vinum, i (n.) meri: gen. sing. agg. merus, a, um di merum, i (n.): puro/schietto eduxi, ind. perf. di educo, is, eduxi, eductu, educere – estarre àantichi non bevevano normalmente vino schietto, ma Sosia in quell’occasione aveva troppa paura: metafora della lett. antica: madre vite da cui si ricava vino puro. SO. Factum est illud, / ut ego illíc uini hirneam ebiberim meri./ factum est illud: PP ut… meri: sub. sost. epesegetica, spiega illud ebiberim, cong. perfetto di ebibo, ebibis, ebibi, ebibitum, ebibere – tracannare, bere sino in fondo cong. perfetto raro invece dell’imperfetto in questo tipo di frase vuole precisare, puntualizzare fatto. hirneam, acc. di hirnea, ae: boccale Mira sunt / nisi latuit intus illic in illac hirnea. mira sunt: mira, da mirus, a, mirum ME. Quid nunc? Vincon argumentis, /te non esse Sosiam? quid nunc: e quindi? vincon=vincone; -ne enclitico introduce interrogativa te non esse Sosiam: sub. inf. oggettiva SO. Tu negas /med esse? med esse: sub. sostantiva oggettiva infinitiva. Sott. Sosiam med è acc. arc. = me ME. Quid ego ni negem,/ qui egomet siem? àe perché non (ni) dovrei dirlo, visto che sono proprio io? quid ego ni negem: e perché non dovrei negarlo? ni da ne-i ha valore originario di non – si è conservatti in nimirum, non strano, e in quidni, perché non – assume valorre di nisi (se non) partendo da frasi come quod ni ita esset: la qual cosa non fosse così. qui egomet siem: dato che sono proprio io: relativa impropria con valore causale (cong.) 97 SO. Per Iouem iuro /med esse /neque me falsum dicere. per Iovem iuro: ironia comica: Sosia non sa che la causa dei suoi guai è proprio Giove. ME. At ego per Mercurium iuro, /tibi Iouem non credere;/ nam iniurato, /scio, /plus credet mihi /quam iurato tibi./ iniurato, iurato: participi congiunti con valore attivo iniurato, part. perfetto di iniuro, as, avi, atum, are iurato, part. perfetto di iuro, as, avi, atum, are SO. Quis ego sum saltem,/ si non sum Sosia? /Te interrogo. saltem: almeno: quidem indica opposizione qualitativa; saltem opposizione quantitativa, dal più al meno. Sosia, persa la sua identità originaria, dovrà pur sapere qualcosa. Può rinunciare ad essere se stesso, ma non ad essere qualcuno. ME. Vbi ego Sosia nolim esse, /tu esto sane Sosia; àironia metateatrale: Sosia può riavere la sua identità unica indietro quando lo stratagemma degli dei sarà finito. ubi nolim: quando non volessi: cong. eventuale nolim attribuisce alla temporale (ubi) una sfumatura suppositiva. nolim, cong. presente I sg. di nolo, non vis, nolui, nolle tu esto: propr. sarai tu: esto imperativo futuro di sum.