Scarica primo elaborato Teologia III - prof.ssa Gaia de Vecchi e più Prove d'esame in PDF di Teologia solo su Docsity! 1Il cristiano nel mondo di Aristide Fumagalli, pagina 25 2Il Cristiano nel mondo di Aristide Fumagalli, pagina 70 Primo elaborato Teologia 3 (De Vecchi) – AA 2022-23 Cognome e nome: Roberta Margarito Matricola: 5002076 Corso di laurea: Scienze dei beni culturali – profilo archeologico «Scienza morale»: scienza del ‘fare’ o scienza ‘dell’'essere’? Il «teologico» è indispensabile o inutile? Il significato della parola “morale” e della parola “etica” oggigiorno è sostanzialmente sovrapponibile. Le origini dei due termini sono differenti, l’aggettivo “morale” è stata introdotto da Cicerone a partire dal sostantivo “mos” che significa modo di comportarsi, modo di agire, ed è l’adattamento dell’aggettivo “etica” di origine greca. Questi due termini sono stati usati anche con significati differenti, se etica può essere considerata la riflessione di taglio filosofico, “morale” può andare ad indicare una filosofia di matrice religiosa, in ogni caso nonostante le possibili distinzioni rimane comune l’uso sinonimo di entrambi i termini. Se scaviamo ancora di più nel passato delle origini di queste parole scopriamo che entrambi i termini derivano dal sostantivo greco ethos scritto in due modi diversi, quello con la epsilon si può tradurre in abitudine, usanza, costume o tradizione, se la parola ethos è scritta con l’eta può indicare anche il concetto di carattere, alla luce di tutto ciò possiamo quindi definire l’etica/morale come “ciò che caratterizza l’agire umano”1. Questo è confermato anche da un’ulteriore eccezione del termine ethos che andrebbe intesa come “dimora” propria dell’uomo, ovvero ciò che caratterizza l’agire di ogni essere umano, questo è importante in quanto bisogna ricordare che l’agire del l’uomo è libero, esso infatti non compie solo azioni, ma le compie sapendo e volendo agire in quel determinato modo e momento. Questo basta per comprendere che la “morale” riguarda l’agire libero dell’uomo, decidendo se è buono o cattivo, facendo di Cristo colui che andrà a giudicare il bene e il male. Per capire il motivo per cui la morale sia definita la scienza dell’essere bisogna capire la distinzione tra “fare” e “agire”: quando facciamo un’azione ci limitiamo a eseguire una serie di azioni per arrivare a un obbiettivo prestabilito, il verbo “gire” comporta un coinvolgimento nel profondo della persona in quanto è riconducibile al suo stare al mondo, quando una persona agisce non porta solo un compito a termine, ma ne sperimenta anche gli effetti che la sua azione ha sul resto del mondo e questo 1Il cristiano nel mondo di Aristide Fumagalli, pagina 25 2Il Cristiano nel mondo di Aristide Fumagalli, pagina 70 comporta consapevolezza e responsabilità nella scelta del fare o non fare una determinata azione. Ma quindi alla domanda cosa vuol dire essere moralmente corretto cosa rispondiamo? Ho sempre visto la morale come un codice, delle regole da seguire per essere in pace con me stessa, con la mia etica; un modo per avere una linea da seguire in quelle situazioni dove la mia scelta avrebbe portato a un effetto nel mondo e in tal senso fin da piccoli si impara la distinzione tra bene e male, ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, cosa si può fare e cosa non si deve fare. La morale penso sia legata al rispetto verso sé stessi e verso gli altri, in una visione romantica e forse utopistica di un “amore” (inteso come rispetto o come non voler male a un’altra persona) che va oltre i pregiudizi, oltre le ideologie differenti, oltre l’etnia, con l’accettazione delle differenze viste come un punto di forza di ogni persona e non come una minaccia per se stessi. Tutto ciò ci riporta quindi alla caratteristica peculiare della scelta: la libertà, impegnata nell’alternativa tra due possibili opzioni: “la malaugurata scelta del male o la felice scelta del bene”2. Ma come distinguiamo i peccati? L’iniziativa dello Spirito santo obbliga la libertà ad agire, impedendone l’astensione rispetto all’amore di Cristo:” Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me, disperde” (Mt 12,30), l’alternativa data alla libertà le permette di cogliere l’essenza del peccato come resistenza allo Spirito santo, non a caso il peccato contro quest’ultimo è l’unico imperdonabile. Il peccato assume quindi il termine di “disamore”, in latino dis- indica opposizione, separazione e dispersione; quindi, il disamore è la maligna opposizione all’amore dal quale ci si separa e ci si perde, commettere peccato significa omettere di amare integralmente. Ma in tutto ciò come collochiamo la scienza morale? Essa poggia su tre elementi fondamentali: la libertà, la coscienza e la norma morale. La libertà, come già detto in precedenza, è l’elemento essenziale in quanto la potremmo definire un po’ il motore delle azioni umane: esse sono, infatti, quelle che il soggetto sa di compiere e vuole compiere. La coscienza è lo strumento valutativo che consente all’uomo di distinguere ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, guidandolo nel suo cammino morale. Infine, la norma prescrive il corretto agire dell’uomo, che nella prospettiva teologica possiamo riferire al già citato comandamento d’amore e al Decalogo, i cui comandamenti esprimono quella legge naturale che è propria e intrinseca nell’uomo. Tutti questi elementi permettono una distinzione tra scelte giuste e sbagliate, anche se non sempre questo basta a permetterci di riconoscere la strada giusta, anche in questo caso è la scienza morale a venirci incontro grazie a una serie di criteri: le fonti della moralità (l’oggetto, il fine e le circostanze). Questi tre elementi, dove l’oggetto va