Scarica Pro Archia, Cicerone e più Dispense in PDF di Letteratura latina solo su Docsity! CICERONE, PRO ARCHIA → orazione, quindi appartenente a genere letterario che ha una dimensione performativa. Testo che nasce per essere performato all’interno di un tribunale e testo che ha diretto impatto con il contesto storico politico a cui si rivolge. CICERONE → 106 a.C., Arpino. Sempre considerato una sorta di straniero rispetto a quelle che sono le élite senatorie di Roma. Aspetto polemico che gli viene rivolto soprattutto negli anni del suo consolato e negli anni immediatamente successivi che sono un momento nevralgico della biografia di Cicerone. Esordisce come figura pubblica, come oratore, nell’81 a. C., con l’orazione Pro Quintio, orazione che ottiene un immediato successo. Successo che viene confermato dall’orazione che tiene nell’anno immediatamente successivo, la Pro Roscio Merino. Queste due prime orazioni sono caratterizzate a livello stilistico da una spiccata adesione a quello che viene definito stile asiano → in ambito oratorio si crea contrapposizione, su cui Cicerone riflette a più riprese nei suoi trattati dedicati all’oratoria, tra uno stile asiano e uno stile atticista, soprattutto alla fine dell’età repubblicana → due tendenze per certi versi opposti in ambito retorico → il primo è uno stile più fiorito, che ricercava maggiormente i colores, gli effetti retorici, con una maggiore esibizione delle figure retoriche -in particolare della metafora – e un ampio ricorso ai neologismi e quindi ad un’ampia creatività verbale. In Pro Archia, così come in Pro Roscio Merino Cicerone ancora giovane risente del fascino dello stile più moderno, della retorica asiana, ma è anche vero che dopo la Pro Roscio Merino, C. compie quello che in termini moderni definiremmo un grande tour, cioè passa tre anni della sua vita nel mondo greco. Visita la Grecia e l’Asia minore → aspetto caratteristico della formazione nel mondo romano che un giovane di nobile famiglia dedicasse un periodo della sua vita per recarsi nel mondo greco, culturalmente più avanzato, per poter compiere questa formazione culturale. Dopo questo viaggio di formazione in Grecia, è evidente una tendenza piuttosto marcata a moderare gli eccessi dello stile asiano verso un purismo linguistico che poi diventerà la caratteristica più nota dello stile ciceroniano. Non una vera e propria adesione all’atticismo, quanto un sorvegliato equilibrio indirizzato a un vero e proprio purismo linguistico, che evitava gli eccessi dello stile asiano, ma evitare per conto anche uno stile troppo asciutto e troppo poco incisivo sul piano del colpire emotivamente l’uditore. Dopo il 77 C. rientra in Roma, e una data importante è il 75 a. C. → anno in cui comincia il cursus honorum di C. con la questura: dapprima questore in Sicilia, durante il cui incarico governativo dimostra grande onestà e scrupolo, situazione molto diversa rispetto al governatore precedente Verre, al punto che nel 70 a.C. sono i siciliani stessi a chiedere a Cicerone di prendere le loro parti in un processo contro il precedente governatore, e di qui la genesi delle Verrine. Se le Verrine sono un’orazione con una forte connotazione politica, nella misura in cui si tratta di un reato come la malversazione, di politica si era occupato C. già in Pro Roscio nell’80 a.C. → l’accusa rivolta a Roscio, da figure piuttosto influenti legate a Silla, era di parricidio, una causa di diritto privato quindi con un coté politico che ha un suo peso e che condiziona la strategia oratoria che C. mette in campo. Altra data cruciale è il 66 a.C. → C. è pretore e si trova a difendere di fronte al popolo la proposta del tribuno Manilio: Pro Lege Manilia, a favore della legge di Manilio, tribuno della plebe, riguardo all’imperium da assegnare a Pompeo: richiesta di richiamare in patria Lucullo e di assegnare il comando delle truppe romane a Pompeo. Il contesto della legge: nel 73, Lucullo incaricato come imperator di guidare le truppe romane contro il re del Ponto, sul confine orientale del mondo romano, che resta un problema fino alla prima età imperiale → spedizione militare di L. inizialmente ottiene successo, ma poi cade in fase di lungo stallo. In seguito proprio ad uno stallo continuo nel 67 a.C. si verifica una ribellione dei soldati romani contro L. loro comandante, probabilmente rivolta che era stata istigata da figure legate a Pompeo, grande generale in forte ascesa, che vedeva nell’opportunità di guidare la guerra mitridatica un’occasione per imporre il proprio potere personale. Nel 66, l’anno successivo alla rivolta, il tribuno Manilio propone questa legge in cui si richiede al senato di richiamare a Roma L. e sostituirlo con Pompeo Magno. C. con la Pro Lege Manilia sostiene questa proposta → scelta che ha forti conseguenze politiche: L. è una figura centrale nella fazione degli optimates: Roma, soprattutto nella sua storia tardo-repubblicana, è caratterizzata dal confronto tra due fazioni: gli optimates, fazione conservatrice e aristocratica, e populares, che presenta istanze riformistiche, più vicina ai ceti popolari. L’ago della bilancia di questo bipolarismo diventano gli equìtes, i cavalieri, che non sono optimates, non hanno una tradizione nobiliare alle spalle, ma sono un ceto in forte ascesa perchè sono quelli che di più beneficiano dell’espansione politica di Roma, sul piano economico e su quello sociale: a loro è assegnata la gestione dei sistemi dei tributi da parte delle provincie, e loro dapprima si dedicano all’attività commerciale della Roma che in questo periodo ha incrementato per la grande espansione dei confini di Roma. Gli interessi dei cavalieri erano quindi i primi ad essere colpiti dalla situazione di stallo sui confini orientali e la scelta di affidare la guida della direzione militare a Pompeo andava a soddisfare anche i cavalieri, ed è per questo che Cicerone sceglie di appoggiare la richiesta del tribuno della plebe. Quindi la scelta di Cicerone non è legata alla vicinanza ai populares, ma alla volontà di favorire un’operazione che andava a vantaggio di quello che era il suo bacino elettorale privilegiato, gli equites. In questo c’è anche la volontà di creare un buon rapporto con Pompeo, che riconosce come un possibile interlocutore politico, in vista di un progetto politico nuovo (→ Pompeo come figura un po’ ambigua, né legata ai populares, né agli optimates), che si delineerà meglio negli anni successivi. 63 a. C. → anno cruciale della biografia ciceroniana. Anno in cui C. completa il cursus honorem diventando console, e in veste di console smaschera la congiura di Catilina, un tentativo di colpo di stato: Catilina, avversario di C., sconfitto alle elezioni, non accetta la sconfitta elettorale, e decide di instaurare un vero e proprio colpo di stato. C. smaschera il progetto, e grazie a questa operazione raggiunge il punto più alto della propria carriera politica perchè diventa addirittura pater patriae, salvatore della patria, ma è anche questo il punto in cui inizia il rapido declino di Cicerone → C. all’indomani della fine del suo consolato nel 62, viene accusato dai populares di aver condannato i congiurati senza concedere loro la provocatio ad populum → possibilità per un condannato a morte di chiedere un parere al popolo il quale ha la possibilità di annullare la pena capitale e di convertirla in pena altra. C. salta questo passaggio (perchè probabilmente teme che i populares potevano far leva sul popolo che avrebbe revocato la pena e che avrebbe provocato una sconfitta politica per C., mettendone in crisi il suo operato politico, e per gli optimates che insistevano sulla pena esemplare da dare ai catilinari, in anni poi particolari per Roma perchè sta cambiando la sua fisionomia politica, con l’emergere di varie figure carismatiche che hanno un’azione disgregante) e condanna a morte i catilinari che in quanto cittadini romani avevano il diritto di chiedere la provocatio ad populum, e C. si dimostra subito ben consapevole dei rischi di questa accusa e lo si vede se si esamina la corrispondenza, le lettere di C. dal 62 al 60. C. nel suo consolato si dà come obiettivo principale quello di creare un’alleanza con cui a sua volta dipende una subordinata di terzo grado (interrogativa indiretta nel primo colon, infinitiva negli altri due). La struttura del tricolon è crescente (con l’ultimo membro più lungo dei primi due), ma scandisce una climax discendente. L’intero periodo, fortemente ipotattico, è retto dall’apodosi del periodo ipotetico, posta in chiusura: la struttura permette di presentare prima la figura di Cicerone e solo successivamente quella dell’imputato, il cui nome è ritardato alla fine del periodo. Nella sua autopresentazione – caratterizzata da un’ostentata modestia – Cicerone focalizza tre caratteristiche essenziali dell’oratore, disposte come s’è detto, secondo una climax discendente: il talento naturale (ingenium), l’abilità data da una pratica costante (exercitatio), la competenza frutto dello studio (ratio). La struttura ha una funzione retorica ben precisa, orientata alla persuasione dell’uditorio: C. parla delle proprie abilità oratorie andando a relegare solo in ultimo nell’apodosi collocata a fine periodo il nome dell’imputato → Qui C. concretamente mette avanti la propria auctoritas. Altro fatto rilevante è che chiama il proprio imputato non Archia ma Aulo Licinio, il nome romano di Archia, quello che aveva ricevuto dopo l’89: in questo modo è implicito che C. dà per assodato quello che in realtà è l’oggetto del dibattito, cioè il fatto che Archia sia o meno un cittadino romano → fa passare all’uditorio come ovvio ciò che in realtà doveva ancora essere dimostrato. LICINIO è un gentilizio che rimanda alla gens dei Luculli, quindi già solo questo fa capire che l’imputato è legato a una delle più nobili e potenti famiglie di Roma. 1. Si quid est in me ingeni, iudices, quod sentio quam sit exìguum, aut si qua exercitatio dicèndi, in qua me non infìtior mediòcriter esse versatum, aut si huiusce rei ratio àliqua ab optimàrum àrtium studiis ac disciplìna profecta, a qua ego nullum confìteor aetatis meae tèmpus abhorruisse, earum rerum omnium vel in primis hic A. Licinius fructum a me repètere prope suo iure debèt. RICOSTRUZIONE: Iudices si est in me quid ingeni, sentio quam quod sit exiguum, aut si (SOTT. est in me) qua exercitatio dicendi, in qua non infitior me esse mediocriter versatum aut si (SOTT. est in me) ratio aliqua huiusce rei profecta ab studiis optimàrum àrtium ac disciplìna, a qua ego confiteor nullum tempus aetatis meae abhorruisse, earum rerum omnium hic A. Licinius vel in primis debet repetere a me fructo propre suo iure. TRADUZIONE: Giudici, se in me c’è un po’ di talento, e so bene quanto questo sia poco, o se (c’è in me) una qualche esperienza nel campo dell’oratoria, in cui non nego di essermi discretamente esercitato o se (c’è in me) una qualche competenza di questo tipo derivata dallo studio delle arti migliori e dall’educazione, alle quali io confesso di non aver sottratto mai alcun istante della mia vita, di tutte quante queste cose, questo Aulo Licinio forse per primo deve chiedere a me il frutto quasi per un suo diritto. ANALISI: ingeni: gen. partitivo. Il termine riveste notevole importanza nella visione estetica ciceroniana, dove designa il talento naturale in relazione alla tecnica. dicendi: gerundio genitivo di dico. Qui come altrove traduciamo con ‘eloquenza’, in latino appunto ars dicendi. LETT. “qualche esperienza del dire” non infitior: litote. Il verbo (infitior, -āris, -ātus sum, -āri) è derivato dal raro sostantivo infitiae (solo nella locuzione infitias ire, ‘negare’), a sua volta deverbativo di fateor (fateor, -ēris, fassus sum, -ēri) con prefisso negativo (in-). Si noti allora il legame etimologico col successivo confiteor (confiteor, -ēris, confessus sum, -ēri), composto apofonico di fateor. si … ratio aliqua: in frasi ipotetiche è generalmente impiegato quis, l’indefinito della pura possibilità (vd. i precedenti si quid … ingeni e si qua exercitatio): qui aliquis denota allora «l’interesse ad affermare un minimo di realtà» (Traina, Propedeutica, p. 207: lo stesso avviene quando aliquis è utilizzato in frasi negative, dove solitamente si trova quisquam, che pone in discussione l’esistenza di qualcuno o qualcosa). optimarum artium: qui genericamente le arti che plasmano la cultura (cf. § 2 omnes artem quae ad humanitatem pertinent), contribuendo alla formazione dell’oratore. Il concetto di ‘arti liberali’, i.e. degne di un uomo di condizione libera – come il loro numero di sette e la distinzione in trivio e quadrivio – si stabilirà progressivamente nel corso della tarda antichità, passando poi in eredità al Medioevo. a qua: si riferisce a disciplina a livello grammaticale, ma a livello logico si riferisce alla coppia ediadica studiis e disciplina. aetatis meae tempus: tempus (iperonimo) indica il tempo in maniera generica, aetas (iponimo) il tempo visto come un insieme ‘organico’, dunque la durata della vita. earum rerum ominium: Earum è un pronome che ha funzione epanalettica: richiama le tre qualità individuate nelle protasi (ingenium, exercitatio, ratio). Dai paragrafi successivi risulta però evidente che, su un piano puramente logico, Archia non può essere la causa immediata di tutte queste qualità: il talento è infatti innato, di contro la pratica oratoria manca a lui, che è poeta (cf. § 2); stando alle parole di Cicerone, Archia avrà semmai agito sulla ratio aliqua ab optimarum artium studiis ac disciplina profecta hic: ha valore deittico, indica qualcosa vicino a chi parla, e probabilmente accompagna il gesto della mano di Cicerone che indica l’imputato. Vel: non ha valore disgiuntivo, ma valore attenuativo Vediamo una frase ciceroniana, quindi non breve, caratterizzata da una struttura sintattica piuttosto marcata, e soprattutto caratterizzata dalla concinnitas. Struttura composta da tre elementi che riconosciamo per la presenza del “si”. Tre elementi= tre protasi di periodo ipotetico legate tra loro attraverso la congiunzione disgiuntiva “aut”. Si quid est … ingeni → subordinata di I grado, protasi p. ipotetico oggettività, il cui soggetto è QUID, che è un pronome indefinito, ed INGENII è il genitivo partitivo che va a specificarlo. Quod sentio → subordinata di II grado, relativa. L’antecedente di QUOD è il QUID Quam sit exiguum → subordinata di III grado, di tipo sostantivo, e interrogativa- esclamativa indiretta Aut si (est) qua exercitatio dicendi → principale e protasi p. ipotetico oggettività [coord. alla sub. 1°], coordinato alla precedente protasi per mezzo di AUT= congiunzione coordinante disgiuntiva In qua … non infitior → subordinata di II grado, relativa. L’antecedente di QUA è EXERCITATIO Me mediocriter esse versatum → subordinata III grado sostantiva, infinitiva oggettiva Aut si (est) huiusce … profecta → protasi p. ipotetico oggettività [coord. alla sub. 1°]. PROFECTO = participio perfetto con funzione attributiva, cioè che corrisponderebbe ad una relativa = “che è derivata” A qua ego ... confiteor → subordinata II grado, relativa Nullum ... tempus abhorruisse→ subordinata di III grado, infinitiva oggettiva Earum rerum … repetere … debet→ principale e apodosi p. ipotetico oggettività [principale + infinito oggetto. DEBET è un verbo modale quindi si può costruire con l’infinito, che in questo caso è infinito oggetto]. HIC AULUS LICINIUS è il soggetto. Nam quoad longissime potest mens mea respìcere spatium praetèriti tèmporis et pueritiae memoriam recordàri ultimam, inde usque rèpetens hunc video mihi prìncipem et ad suscipièndam et ad ingredièndam rationem horum studiorum exstitìsse. RICOSTRUZIONE: Nam quoad mens mea potest respìcere longissime spatium praetèriti tèmporis et recordari ultimam memoriam pueritiae inde usque rèpetens video hunc exstitisse mihi principem et ad suscipièndam et ad ingredièndam rationem horum studiorum TRADUZIONE: Infatti fin dove la mia mente può riguardare lontanissimo lo spazio del tempo passato e richiamare il più lontano ricordo della giovinezza riandando fin laggiù vedo costui stagliarsi per me come guida e nel suscitare e nell’indirizzare l’interesse per questi studi. ANALISI: nam: connettore logico dichiarativo che va a introdurre una giustificazione della chiusa del periodo precedente, e cioè il fatto che C. ammetta di avere un debito di riconoscenza nei confronti di Archia. quoad: congiunzione relativa; “fin dove”, come temporale esprime la concomitanza di due azioni verbali (= 2° dum). Prolessi della relativa il cui antecedente è INDE. 1 Dum: concomitanza generica (presente indicativo ‘acronico’) 2 dum; parallelismo cronologico: ‘per tutto il tempo che, finché’: i due processi corrono paralleli 3 dum: successione immediata: ‘fino al momento che, finché’: la subordinata indica il termine finale della sovraordinata. poterst: verbo modale che si costruisce con l’infinito; infatti seguono due infiniti praeteriti tempori: il passato. praeteritus è pt. perfetto di praetereo, composto di eo. pueritiae: l’età giovanile, fino al compimento del diciottesimo anno. recordari: recordor, deponente; rispetto a memini e reminiscor l’accento non è sulla memoria, ma sull’attività dell’animo. Si noti la serie di verbi allitteranti (respicere, recordari, repetens), dove il preverbio sottolinea il recupero del passato. Il preverbio RE, in tutti e tre i casi, indica il RIVOLGERSI ALL’INDIETRO. repetens: participio congiunto che ha valore condizionale ì, cioè corrisponde alla protasi di periodo ipotetico “se rivado fin laggiù” exstitisse: infinito perfetto con valore risultativo= “lui si si è configurato”= azione che risale al passato ma che ha conseguenze nel presente. principem: predicativo del soggetto. Il soggetto è l’accusativo HUNC. ad suscipiendam et ad ingrediendam rationem: finale implicita, espressa con il gerundivo in caso accusativo. Nam quoad … potest … respicere … et … recordari → relativa in prolessi + infinito oggetto inde usque repetens → pt. congiunto [valore condizionale] video mihi → principale hunc principem … exstitisse → sub. I grado infinitiva oggettiva ad suscipiendam → sub II grado finale et ad ingrediendam … → finale [coord. alla finale] TRADUZ. : E perchè qualcuno forse non si stupisca (=nessuno si stupisca) che ciò è stato detto così da noi (=me) dal momento che in quest’uomo c’è un certo altro tipo di talento e non questa educazione retorica o formazione retorica, nemmeno noi (=io) sono mai stato interamente dedito a questo unico interesse. ANALISI: ac: congiunzione coordinata quis: SOGGETTO e pronome indefinito della pura possibilità alia quaedam … facultas … ingenii: come chiarito dall’espressione successiva (neque haec dicendi ratio aut disciplina) Archia non ha le competenze oratorie di Cicerone, il che giustifica la necessità di affidare la propria difesa a un avvocato; a caratterizzare l’opposizione si noti il ritorno di ingenium, ratio, disciplina. Il talento di Archia, ora indefinitamente contrassegnato come ‘altro’, è la vis poetica, qui implicitamente distinta dall’abilità oratoria. ne nos quidem: la costruzione di ne … quidem pone l’enfasi sul termine incorniciato. NE + QUIDEM (avverbio) = modo con cui il latino dice “nemmeno”, che negano il termine inserito all’interno, quindi NOS. Struttura che possiamo paragonare ad ATMESI = un termine che graficamente viene spezzato nei suoi elementi costitutivi. dicendi: genitivo del gerundio si riferisce tanto a RATIO tanto a DISCIPLINA. Trad. Letterale “del dire”, ma l’ars dicendi è l’oratoria. uni: l’aggettivo unus, una, unum in latino è sempre enfatico “uno soltanto” Ac ne quis … mirentur → finale e OCCUPATIO in retorica = possibilità di immaginare una possibile obiezione funzionale a precedere la propria argomentazione per cui ha già una risposta. MIRENTUR= congiuntivo pres. volitvo. hoc ita dici → infinitiva oggettiva quod alia quaedam … sit … → causale soggettiva (verbo al congiuntivo). La causa addotta è tale a seconda del punto di vista di come viene recepita questa possibile obiezione. ne nos quidem … dediti fuimus → principale (pf. logico) → CONSECUTIO TEMPORUM DELLA CONTEMPORANEITA RISPETTO AD UN TEMPO PRINCIPALE = il verbo della principale è al perfetto logico= presente (una condizione che è iniziata nel passato ma le cui conseguenze sono ancora valide nel presente→ valore aspettuale del perfetto risultativo), E di conseguenza il verbo della finale è al congiuntivo presente, perchè la finale segue consecuzio. → OCCUPATIO = L’obiezione è: 1) Perchè se Archia è il maestro di C., perchè non può difendersi autonomamente? 2) Come fa Archia ad essere maestro di C. se A. non è nemmeno un oratore ma un poeta per giunta greco? La prima risposta che C. dà fa leva sul principio di AUCTORITAS, cioè parla di sè stesso, e mostra come lui è sì un oratore ma non è solo un oratore. La capacità oratoria si costruisce -dirà C. – su una cultura che è molto più vasta e articolata e in questo Archia ha avuto un ruolo fondamentale. Per evocare l’oratoria C. usa INGENIO, RATIO e DISCIPLINA, gli stessi tre termini che compaiono nell’EXORDIUM → tripartizione significativa perchè INGENIO→ talento innato in ciascuno di noi e che non può essere insegnato DISCIPLINA → abilità data dall’esercizio e che può essere insegnata RATIO→ competenza data dalla conoscenza e che può essere insegnata ètenim omnes artes quae ad humanitatem pèrtinent hàbent quoddam commùne vìnclum et quasi cognàtione quadam inter se continentur. RICOST. : Etenim omnes artes quae pèrtinent ad humanitatem hàbent quoddam commùne vìnclum et inter se continentur quasi cognàtione quadam TRADUZ. : Infatti tutte le arti che riguardano la cultura hanno come un legame comune e sono unite tra di loro quasi da una specie di parentela ANALISI: omnem artes quae ad humanitatem pertinent: l’insieme delle arti che costituiscono la cultura. L’astratto humanitas (denominativo da homo, letteralmente la ‘natura umana’) → concetto che si viene ad elaborare a Roma nell’epoca immediatamente dopo la stagione delle grandi conquiste, come nuovo modello culturale che inizialmente affianca ma che andrà a sostituire il MOS MAIORUM, NON autoctono ma ereditato dalla tradizione culturale greca, prima attraverso il filtro del mondo etrusco e magno-greco e dopo la conquista della Grecia con un contatto diretto. Indica l’insieme delle discipline che distinguono l’uomo dagli dei verso l’alto, e dagli animali verso il basso E concetto sostanzialmente intraducibile che mette al centro l’uomo in un ambiente storico che sta cambiando in maniera radicale con la fine della repubblica. quoddam commune vinclum et quasi cognatione quadam: l’uso metaforico è sottolineato dagli indefiniti, che individuano ma non identificano; si noti la struttura chiastica. etenim omnes artes … habent → principale quae ad humanitatem pertinent → relativa propria e NON prolettica. et inter se continentur → coord. alla principale → DAL PUNTO DI VISTA DEL SIGNIFICATO C. mette in relazione quelle che sono le varie discipline e in particolare mette in relazione quello che è l’OTIUM rispetto al NEGOTIUM, fondamentale per la strategia retorica nascosta nella Pro Archia di far emerge una nuova figura politica di intellettuale che vada ad affiancarsi al militare. L’OTIUM non è opposto al NEGOTIUM, ma diventa funzionale al NEGOTIUM. C. dice che la sua formazione culturale, in cui Archia avrebbe avuto un ruolo fondamentale, è stato presupposto necessario per la sua abilità oratoria e quindi professione di avvocato e poi anche per la sua attività politica. Nella mente di un romano del I sec a.C. questa elaborazione non è però pacifica, c’è ancora un forte pregiudizio nei confronti dell’OTIUM ancora percepito come uno spazio privato contrapposto all’attività pubblica. C. invece vuole dimostrare come la formazione culturale sia invece importante e funzionale alla stessa. Il 3 capitolo con questa cattedrale sintattica è volto a impressionare l’uditorio. L’EXORDIUM è infatti quella sede in cui si concentrano gli artifici retorici proprio perchè l’obiettivo è catturare l’attenzione dell’uditorio. QUAESO VOBIS sarà uno spartiacque. Il passo diventa decodificabile solo nel momento in cui si individua la CONCINNITAS che lo ordina, che non è un rigido parallelismo ma è una struttura giocata su una serie di variazioni: la simmetria che c’è tra la prima e la seconda parte del periodo non è speculare, ma con variazioni. C. focalizza il pubblico ed in particolare è interessante il riferimento al PRAETOR che ha il compito di presiedere al tribunale, e che in questo caso ha uno strettissimo legame con l’avvocato della difesa: C. sa di averlo come elemento favorevole a patteggiare per lui. Nella seconda parte soprattutto l’enfasi sulla cultura dei suoi interlocutori: HUMANITAS qui viene a caratterizzare il VOI = GIUDICI. Attribuire ai giudici l’HUMANITAS significa creare un campo comune tra lui e i giudici, e sottolineare una affinità culturale, in una orazione che si presenta come anomala: C. sottolinea per ben due volte qui e anche altrove (ad es. nel cap. 18) il fatto che sceglie di utilizzare un GENUS DICENDI, un tipo di eloquenza anomalo per il contesto giudiziario: qui C. sta contaminando due dei tre tipi di eloquenza stabiliti nella trattazione retorica antica: TRADIZIONALMENTE SONO TRE LE TIPOLOGIE DI ORAZIONE: l’oratoria di carattere deliberativo (ha come finalità il prendere decisioni, il sostenere o l’opporsi nei confronti di una decisione di natura politica, in assemblea); il genere giudiziario (in un contesto come quello dell’aula del tribunale, che accusa o difende un imputato, in un contesto come quello dell’aula del tribunale); genere epidittico (orazioni che elogiano o biasimano qualcuno o qualcosa, in un’adunanza pubblica). C. contamina elementi propri del genere deliberativo all’interno di un contesto che è propriamente giudiziario: C. difende un imputato, Archia, accusato di usurpaio civitatis, ma per difenderlo costruisce l’orazione con elementi propri del genere deliberativo. Perchè? Da un punto di vista concreto perchè non ha elementi provatori sufficienti per vincere la causa: le prove sono scarse o nulle, e anche l’elemento fondamentale che dovrebbe produrre, non la può produrre perchè dirà che il documento è stato bruciato. A questo punto deve far leva su altri elementi di carattere extra giudiziario: nella TRACTATIO in cui C. dovrà portare elementi a sostegno della difesa, diventerà un’orazione di carattere epidittico, e userà come argomento la difesa della poesia e la difesa di Archia come figura importante per la società di Roma e per la sua politica. C. prepara il suo pubblico – senza scioccarli quindi sul finale l’anomalia della sua orazione. 3. Sed ne cui vèstrum mìrum esse videatur, me in quaestione legìtima et in iudicio publico, cum res agàtur apud praetorem populi Romani, lectissimum virum, et apud severissimos iudices, tanto convèntu hominum ac frequentia hoc uti gènere dicendi quod non modo a consuetudine iudiciòrum vèrum etiam a forènsi sermone abhòrreat, quaèso a vobis ut in hac causa mihi detis hanc veniam accommodatam huic reo, vobis, quem ad modum spero, non molèstam, ut me pro summo poeta atque eruditissimo homine dicèntem hoc concursu hominum litteratissimorum, hac vestra humanitate, hoc dènique praètore exercènte iudìcium, patiàmini de studiis humanitatis ac litterèrum paulo loqui liberius, et in eius modi persona quae propter otium ac studium minìme in iudìciis periculisque tractata est uti prope novo quòdam et inusitàto gènere dicèndi. RICOSTR. : Sed ne cui vèstrum videatur esse mirum, me in quaestione legìtima et in iudicio publico, cum res agàtur apud praetorem populi Romani, lectissimum virum, et apud severissimos iudices, tanto convèntu hominum ac frequentia (SOTT. me) uti hoc gènere dicendi quod abhòrreat non modo a consuetudine iudiciòrum vèrum etiam a sermone forensi, quaèso a vobis ut in hac causa mihi detis hanc veniam accommodatam huic reo, vobis non molèstam, quem ad modum spero, (SOTT. quaèso a vobis ) ut me dicèntem pro summo poeta atque eruditissimo homine hoc concursu hominum litteratissimorum, hac vestra humanitate, dènique hoc praètore exercènte iudìcium, (SOTT. ut) patiàmini loqui paulo liberius de studiis humanitatis ac litterèrum, et uti in persona eius modi quae propter otium ac studium minìme tractata est in iudìciis periculisque prope quòdam novo et inusitàto gènere dicèndi. si non esset → protasi p. ipotetico irrealtà (inalterata, anche se p.i. dipendente). ESSET è cong. imperfetto. → Usando una forma irreale C. ribadisce implicitamente ancora una volta che Archia è cittadino romano: è irreale il fatto che Archia non sia cittadino romano, cioè Archia è cittadino romano. In questa direzione va anche il fatto che C. parli di Archia usando ancora una volta come nell’EXORDIUM il nome romano di Archia. Iniziando la NARRATIO invece C. chiamerà l’imputato con il suo nome greco, cioè Archia. Nell’EXORDIUM, nella correlazione VERUM ETIAM è possibile riconoscere l’APARTITIO: espediente retorico con cui l’oratore anticipa la struttura della sua argomentazione → qui C. dice due cose: - Sarà in grado di dimostrare che Archia non deve essere escluso dai cittadini perchè lui lo è - Sarà in grado di dimostrare che qualora non fosse stato inserito tra i cittadini dovrebbe esserlo Questa APARTITIO ricalca la struttura bipartita della TRACTATIO: la terza parte dell’orazione, in cui l’avvocato porta gli argomenti a sostegno della propria causa, è quella in cui C. ibrida argomenti giudiziari con argomenti di natura epidittica e di fatto seguirà due filoni: una ARGOMENTATIO DE CAUSA – costruita su argomenti legali – e una ARGOMENTATIO EXTRA CAUSA – costruita su argomenti di natura culturale, che va ad essere la protagonista del passaggio di C. da un genere giudiziario a un genere epidittico. QUESTA APARTITIO DI FATTO ANTICIPA QUESTA NATURA BIPARTITA DELLA TRACTATIO CHE ERA DI FATTO GIA ANTICIPATO IN CAPITOLO 3 QUANDO C. SOSTIENE DI UTILIZZARE UN “genere di eloquenza insolito”. COME DISTINGUERE TRA PERIODO IPOTETICO DIPENDENTE E INDIPENDENTE? Bisogna guardare l’apodosi: se l’apodosi è una subordinata è un periodo ipotetico dipendente, se è una sovraordinata è indipendente. Inizio NARRATIO: C. traccia la BIOGRAFIA di Archia dalla sua nascita fino al momento in cui consegue la cittadinanza nell’89. Ci dice che nasce ad Antiochia e che poi si sposta nel resto dell’Asia Minore e poi passa nella Grecia propriamente detta. Per sottolineare la fama crescente del poeta – capiamo che Archia è un poeta itinerante, figura tipica della Grecia ellenistica, in un momento in cui il sistema delle polis greche viene abolito, in cui viene meno il rapporto tra cittadino e città, e i poeti itineranti si spostano da una città all’altra e che vivono cercando committenza, offendo le loro abilità poetiche e letteraria (strumento concreto della propaganda) in cambio di un compenso e di una protezione – usa un’espressione retorica particolare, quella della GRADATIO. Nam ut primum ex pùeris excèssIt Archias atque ab eis artibus quibus aetàs puerìlis ad humanitatem informari sòlet, se ad scribendi studium còntulit, primum Antiochiae – nam ibi natus est loco nobili – cèlebri quondam urbe et copiosa atque eruditissimis homìnibus liberalissimisque studiis adfluenti, celèriter antecèllere omnibus ingèni gloria coepìt. RICOST.: Nam ut Archias excessit primum ex pueris atque ab eis artibus quibus aetàs puerìlis solet informari ad humanitatem, se contulit ad studium scribendi, primum Antiochiae - nam natus est ibi loco nobili – urbe quondam cèlebri et copiosa atque adfluenti homìnibus eruditissimis liberalissimisque studiis, celèriter coepìt antecèllere omnibus gloria ingeni. TRADU.: Infatti non appena Archia uscì dalla giovinezza e da quegli studi con cui l’età giovanile è solita essere plasmata alla cultura, si dedicò alla letteratura (LETT. all’interesse dello scrivere), inizialmente ad Antiochia – infatti nacque lì da una nobile famiglia – una città un tempo famosa e ricca e piena di uomini eruditissimi e di studi nobilissimi, rapidamente cominciò ad essere superiore a tutti per la qualità del suo talento. ANALISI: Nam ut primum: comincia la narratio, in cui viene tracciata la biografia di Archia. Antiochiae: locativo, esprime lo stato in luogo. Oltre alle forme domi e ruri, si impiega solo con nomi di città o piccola isola della I e II declinazione singolari (per i nomi di città o piccola isola plurali o della III si usa invece l’abl. semplice). Ad ANTIOCHIAE è concordata come apposizione URBE. Per concordare al toponimo ANTIOCHIAE un’apposizione URBS il latino non può ricorrere al locativo E ricorre all’ablativo perchè nell’evoluzione dei casi le funzioni relativa allo stato in luogo del locativo sono confluiti nell’ablativo che infatti è un caso sincretico. Adfluenti: participio presente con funzione attributiva Loco: difficoltà interpretativa. Qui non intende il senso spaziale ma in senso traslato per indicare l’ambiente familiare in cui era nato, quindi abbiamo un’informazione su quella che è la vita di Archia: Archia era originario di Antiochia e proveniva da una famiglia nobile. Coepit: si può trovare anche la VARIA LECTIO secondo LECTIO DIFFICILIOR còncigit Gloria: ablativo di limitazione Ingenio: talento naturale Nam ut primum ... excessit … atque ab eis artibus → sub. I grado temporale (= precedenza immediata) quibus aetas … solet informari→ sub di II grado relativa, che dipende dalla temporale. QUIBUS ha come antecedente ARTIS. se ad scribendi studium contulit→ principale primum Antiochiae … antecellere … coepit → coord. alla principale (per asindeto) – nam ibi natus est loco nobili – → incidentale Post in cèteris Asiae partibus cunctaque Gràecia sic eius advèntus celebrabantur ut famam ingèni exspectatio hòminis, exspectationem ipsìus adventus admiratioque superàret. RICOST.: Post in cèteris partibus Asiae et Graecia cuncta eius advèntus celebrabantur sic ut exspectatio hòminis superàret famam ingèni, adventus admiratioque superàret exspectationem. TRADUZ.: In seguito nelle altre regioni dell’Asia e in tutta quanta la Grecia il suo arrivo era festeggiato a tal Punto che l’attesa dell’uomo superava la fama del talento, il suo arrivo e l’ammirazione superava l’attesa. ANALISI: La struttura nel complesso crea una GRADATIO DI SOSTANTIVI CHE RAPPRESENTA ICONICAMENTE IL CRESCERE DELLA FAMA DI ARCHIA E IL MECCANISMO CHE REGOLA GLI SPOSTAMENTI DI ARCHIA: per sottolineare la fama crescente del poeta Archia C. mette in CLIMAX ASCENDENTE una serie di lessemi FAMAM EXPECTATIO ADVENTUS ADMIRATIO: la fama agisce in assenza, la fama crea un’attesa, l’attesa precede l’incontro con la persona, e all’arrivo della persona segue un’ammirazione, che è frutto di un’esperienza diretta. Post … sic eius adventus celebrabantur → principale con ut famam … superaret → consecutiva, SOGG.: Exspectatio e COMP.OGG: Fama ut adventus… (SOTT. superaret) → consecutiva, SOGG.: Adventus e COMP. OGG. Exspectationem 5. Erat Italia tum plèna Graecarum artium ac disciplinàrum, studiaque haec et in Latio vehemèntius tum colebàntur quam nunc isdem in oppidis, et hic Romae propter tranquillitatem rei publicae non neglegebàntur. RICOST.: Tum Italia erat plena artium ac disciplinarum Graecarum, haec studiaque tum colebantur et in Latio vehementius quam nunc isdem in oppidis, et hic Romae non neglegebàntur propter tranquillitatem rei publicae TRAD.: Allora l’Italia era piena delle arti e delle discipline dei Greci, e questi studi allora si coltivavano anche nel Lazio con maggiore impegno di quanto non si faccia ora nelle stesse città e qui a Roma non erano trascurati grazie alla pace dello Stato ANALISI: Romae: locativo (vd. supra). propter tranquillitatem rei publicae: si fa riferimento al periodo di relativa tranquillità avutosi tra le riforme dei Gracchi (133-121 a.C.) e il Bellum sociale (90-89 a.C.). non neglegebantur: litote Erat Italia tum plena … → principale (parte dall’Italia) studiaque haec … vehementius tum colebantur → coord. alla principale (in cui il focus è sul Lazio) quam nunc isdem in oppidis (coluntur) → comparativa accorciata perchè il verbo è sottinteso et hic Romae … non neglegebantur → coord. alla principale (il focus si restringe su Roma) ìtaque hunc et Tarentini <et Locrenses> et Regini et Neapolitani civitate cèterisque praemiis donàrunt, et omnes qui aliquid de ingeniis pòterant iudicare cognitiòne atque hospìtio dìgnum existimàrunt. RICOST.: Itaque Tarentini <et Locrenses> et Regini et Neapolitani donarunt hunc civitate ceterisque praemiis et omnes qui poterant iudicare aliquid de ingeniis existimàrunt dìgnum cognitiòne atque hospìtio. TRADU.: E così Tarentini, Locresi, Reggini e Napoletani onorarono costui con la cittadinanza e con altri doni e tutti coloro che potevano capire qualcosa del talento lo ritennero degno di rispetto e di ospitalità. ANALISI: Al suo arrivo in Magna Grecia c’è questo riconoscimento delle qualità di Archia. <et Locrenses>: suppl. Luterbacher, sulla scorta del § 10. Integrazione. donarunt … existimarunt: forme sincopate (= donaverunt, exsistimaverunt). civitate ceterisque praemiis: l’abl. Strumentale. La parola chiave è CIVITATE: Archia quando arriva in Italia in Magna Grecia riceve la cittadinanza onoraria da una serie di città Itaque hunc … donarunt → principale et omnes … existimarunt→ coord. alla principale. Il sogg. è OMNES qui … poterant iudicare→ relativa. OMNES è l’antecedente di QUI Hac tanta celebritate famae cum esset iam absentibus notus, Romam vènit Mario consule et Càtulo. anche alle principali figure di optimates e pertanto gode di un’ottima protezione politica. Galleria di uomini di spicco: l’elenco, mettendo in evidenza le relazioni intrattenute da Archia, enfatizza implicitamente le grandi qualità del poeta, capace di guadagnarsi la stima di personaggi influenti e colti. 6. Erat tempòribus illis iucundus Q. Metello illi Numìdico et eius Pio filio, audiebàtur a M. Aemilio, vivèbat cum Q. Càtulo et patre et filio, a L. Crasso colebàtur, Lucullos vero et Drusum et Octavios et Catonem et totam Hortensiorum domum devìnctam consuetudine cum tenèret, adficiebatur summo honore, quod eum non solum colèbant qui aliquid percìpere atque audire studèbant verum etiam si qui forte simulàbant. RICOST.: Illis temporibus erat iucundus Q. Metello illi Numìdico et eius Pio filio, audiebàtur a M. Aemilio, vivèbat cum Q. Catulo et patre et filio, a L. Crasso colebàtur, cum tenèret devìnctam consuetudine Lucullos et Drusum et Octavios et Catonem et totam domum Hortensiorum adficiebatur summo honore, quod non solum colèbant eum qui studèbant percipere atque audire aliquid, verum etiam si qui forte simulàbant. TRAD.: A quel tempo era caro al celebre Quinto Metello Numidico e a suo figlio Pio, era ascoltato da Marco Emilio, viveva con Quinto Lutazio Catulo, sia il padre sia il figlio, era onorato da Lucio Crasso, poichè teneva legata per mezzo della familiarità (intratteneva relazioni personali) con i Luculli con Druso, Ottavi, Catone e con tutta la casa degli Ortensi, era trattato con il massimo onore, dal momento che non solo lo rispettavano quanti desideravano imparare e ascoltare qualcosa, ma anche quanti casomai fingevano. ANALISI: et: in anafora Qui: NON è relativo ma è indefinito e soggetto di SIMULABANT Erat … Pio filio → principale audiebatur a M. Aemilio → coord. alla principale vivevat cum … filio → coord. alla principale a L. Crasso colebatur → coord. alla principale Lucullos … cum teneret → subordinata espressa con cum + cong. (cong. imperfetto perchè esprime contemporanteità rispetto al tempo della principale)(= causale) che anticipa la successiva coordinata per asindeto alla principale adficiebatur summo honore → coord. alla principale quod … colebant → subordinata di I grado alla coordinata, causale oggettiva qui aliquid percipere atque audire studebant → relativa che dipende dalla causale verum etiam si qui forte simulabant → subordinata alla causale, protasi p. ipotetico realtà (coord. alla relativa per mezzo della correlazione). Presenta una VARIATIO perchè coordinare una relativa con un’altra relativa, C. sceglie di coordinare una relativa con protasi di periodo ipotetico (LETT. “se alcuni per caso lo fingevano”). Interìm satis longo intervallo, cum esset cum M. Lucullo in Siciliam profèctus et cum ex ea provincia cum eodem Lucullo decèderet, vènit Heraclèam. RICOS.: Satis longo intervallo interim, cum esset profèctus in Siciliam cum M. Lucullo et cum decederet ex ea provincia cum eodem Lucullo vènit Heraclèam. TRAD.: Nel frattempo essendo trascorso un periodo abbastanza lungo, dopo essersi recato in Sicilia con Marco Lucullo e mentre ritornava da quella stessa provincia con lo stesso Lucullo, giunse ad Eraclea. ANALISI: Interìm satis longo intervallo: complemento di tempo eraclea: complemento di moto a luogo senza la preposizione ad perchè si tratta di un toponimo della prima decl. Interim satis longo intervallo … venit Heracleam → principale cum esset cum M. Lucullo in Siciliam profectus → cum + cong.(cong. piucch.) (cum narrativum = temporale: anteriorità) et cum ex ea provincia cum eodem Lucullo decederet → cum + cong. (cum narrativum = temporale: contemporaneità), coordinata alla precedente per mezzo di ET → Nelle due temporali, con un diverso uso temporale, C. sottolinea quello che è stato il viaggio di Archia in compagnia di Lucullo: da Roma in Sicilia, dalla Sicilia, mentre tornavano verso Roma, giungono ad Eraclea. C. inserisce un’indicazione temporale generica ma il dettaglio non è insignificante perchè C. dirà che è proprio durante questo viaggio che Archia giunge ad Eraclea e riceve la cittadinanza onoraria che poi nell’89 gli permetterà di diventare cittadino romano. La vaghezza nell’indicazione temporale si addice quindi ad un evento che magari è un po’ artefatto. Un secondo problema è rappresentato dalla natura di questo viaggio e dal compagno del viaggio: M. Lucullo è una correzione degli editori perchè qui i manoscritti riportano Lucio Lucullo, quindi il fratello, la figura a cui Archia è maggiormente legato. Questo era un viaggio in cui i due fratelli si erano recati in Sicilia con Archia (che si trovava con lui perchè stava celebrano le imprese belliche del popolo romano) per carcare prove per scagionare il padre. Nel capitolo successivo, come testimone di questo episodio, viene chiamato non Lucio ma Marco. Quae cum esset cìvitas aequissimo iure ac fòedere, ascribi se in eam civitatem voluit idque, cum ipse per se dignus putarètur, tum auctoritate et gratia Luculli ab Heracliènsibus impetràvit. RICOS.: Quae cum esset cìvitas aequissimo iure ac foèdere, (SOTT. Archia) voluit asctibi se in eam civitatem, idque impetràvit ab Heracliènsibus cum ipse dignus putarètur per se, tum auctoritate et gratia Luculli. TRAD.: E trattandosi di una città confederati in perfetta uguaglianza di diritti, (SOTT. Archia) volle essere iscritto in questa città, e questo lo ottenne dagli Eraclesi sia perchè ne era ritenuto degno personalmente, sia grazie all’influenza e all’autorità di Lucullo. ANALISI: civitas aequissimo iure ac foedere: Ablativo di qualità dal punto di vista sintattico. Eraclea, oggi Policoro, era un’antica colonia tarentina fondata in Lucania (l’odierna Basilicata) attorno al 432 a.C. La città era federata a Roma dal 278 a.C.; i foedera aequa implicavano uguaglianza di diritti fra Roma e le città federate, ma non garantivano l’indipendenza politica di queste. Si tratta di un’espressione solo apparentemente giuridica: l’espressione giuridica sarebbe i foedera aequa e la scelta del superlativo ha valore enfatico, a sottolineare quasi il fatto che Eraclea avesse uno status superiore alle altre città foederate, cosa che da un punto di vista giuridico non è assolutamente vero. → Nel momento in cui C. esprime la causa della ricompensa che valse ad Archia la cittadinanza onoraria, e cioè le proprie abilità, aggiunge il ruolo che in questa concessione aveva svolto l’autoritas di Lucullo, che è un modo per ribadire che Archia gode della protezione di Lucullo, figura massimamente influente. Quae cum esset … foedere → cum historicum (con valore causale) + cong. (= causale) + nesso relativo voluit → principale ascribi se in eam civitatem → infinitiva oggettiva idque … ab Heracliensibus impetravit → coord. alla principale cum … dignus putaretur, tum … Luculli → cum + cong. (= causale) Nel capitolo 7 C. citerà quasi alla lettera il testo della Lex Claudia Papiria: 7. Data est cìvitas Silvàni lege et Carbonis: “Si qui foederatis civitatibus ascripti fuissent, si tum cum lex ferebatur in Italia domicilium habuissent et si sexaginta diebus apud praetorem essent professi”. RICOST. : Cìvitas (SOTT. romana) data est Silvàni lege et Carbonis: “Si qui fuissent ascripti foederatis civitatibus, si habuissent domicilium in Italia cum lex ferebatur, et si professi essent apud praetorem sexaginta diebus”. TRAD. : La cittadinanza (SOTT. romana) gli fu concessa in base alla legge di Silvano e di Carbone: “ “Se qualcuno fosse stato iscritto in una delle città confederate, se avesse avuto un domicilio in Italia allora nel momento in cui veniva emanata la legge, e se si fosse recato di fronte al pretore entro sessanta giorni”. ANALISI: qui: ha valore indefinito e non relativo. QUI è anche il soggetto dei tre verbi al congiuntivo piuccheperfetto delle protasi di per. Ipotetico che seguono. Silvani lege et Carbonis: la lex Plautia-Papiria, emanata nell’89 a.C., che prende il nome dai tribuni Marco Plauzio Silvano e Gaio Papirio Carbone. La legge regolava e insieme estendeva l’inclusione degli alleati nella civitas romana (processo già inaugurato con la lex Iulia del 90 a.C.) Si qui … : espressione ellittica (stile indiretto). L’ipotesi più economica consiste nell’ipotizzare un implicito quae dicebat eam [sc. civitatem] datam esse, a formare l’apodosi del periodo ipotetico dipendente. Nelle protasi il congiuntivo piuccheperfetto risponde allora alla consecutio temporum (anteriorità in dipendenza da un tempo storico), che regola appunto l’uso dei tempi nel p. ipotetico dipendente di I e II tipo. Che senso avrebbe per un testo di legge usare le forme dell’irrealtà? Una legge deve essere oggettiva e non irreale. Qui C. ricorre ad una espressione ellittica, cioè sottintende qualcosa, ed è un uso tipico dello stile indiretto, cioè all’oratio obliqua → è come se ci fosse sottointesa una frase del tipo Data est civitas Silvani lege et Carbonis quae dicebat civitatem datam esse: nel complesso si avrebbe quindi un periodo ipotetico dipendente e non indipendente (con apodosi civitatem datam esse) ed è proprio la dipendenza che giustificherebbe la presenza di quel congiuntivo piuccheperfetto pur essendo all’interno di un periodo ipotetico dell’oggettività, garantito dal fatto che si tratta di un testo di legge che deve per forza essere oggettivo e non può essere irreale. adscripti fuisse: cfr. paragrafo precedente. Adscriptus indica i cittadini che hanno ottenuto la cittadinanza non per diritto di nascita ma in un momento successivo, e in quanto tali sono stati scritti in aggiunta nei registri dell’anagrafe locale. Questa situazione si adatterebbe ad Archia! → La legge prevede quindi che la cittadinanza vanga concessa in presenza di tutte e tre le condizioni. Il testo della legge crea una nuova APARTITIO che segnala i tre argomenti che C. affronterà nella prima parte della TRACTATIO. Data est civitas Silvani lege et Carbonis → principale Si qui … fuissent → protasi p. ipotetico dipendente (oggettività) se non opinari … sed egisse → 6 infinitive oggettive (tricolon composto da tre coppie antitetiche) Adsunt Heraclienses legati, nobilissimi homines, hùius iùdici causa cum mandàtis et cum publico testimonio venèrunt; qui hunc ascriptum Heracliae esse dìcunt. RICOS.: Adsunt Heraclienses legati, nobilissimi homines, venèrunt causa cum iudici cum mandàtis et cum publico testimonio; qui dicunt hunc ascriptum esse Heracliae. TRAD.: Sono qui presenti gli ambasciatori di Eraclea, uomini nobilissimi, sono giunti per questo processo Con dei mandati e con una testimonianza pubblica, e costoro affermano che costui (Archia) è stato registrato ad Eraclea. ANALISI: cum mandàtis et cum publico testimonio: complementi di unione che segnalano il carattere ufficiale della deposizione dei legati di Eraclea. qui hunc: “e costoro” Adsunt Heraclienses legati …→ principale huius iudici causa … venerunt; → coord. alla principale (per asindeto) qui … dicunt → principale (nesso relativo) Hic tu tabulas desìderas Heracliensium publicas, quas Italico bello incènso tabulario interisse scìmus omnes? RICOS.: Tu desideras hic publicas tabulas Heracliensium, quas omnes scimus interisse Italico bello incenso tabulario TRAD.: Tu vuoi qui i registri pubblici degli Eraclesi, che tutti noi sappiamo essere andati distrutti durante la guerra a causa dell’incendio dell’archivio ANALISI: qui: è avverbiale Italico bello: complemento di tempo determinato Incenso tabulario: ablativo assoluto con valore causale → Attraverso questa interrogativa C. sottolinea qual è la richiesta dell’accusa che chiedeva la prova documentale, che però non può essere prodotta perchè l’archivio di Eraclea era andato distrutto dall’incendio. Hic tu tabulas desideras … → principale quas … interisse scimus omnes → relativa incenso tabulario → abl. assoluto (= causale) Est ridiculum ad ea quae habèmus nihil dìcere, quàerere quae habere non pòssumus, et de hominum memoria tacère, litteràrum memoriam flagitare et, cum habeas amplissimi viri religiònem, integerrimi municipi ius iurandum fidemque, ea quae depravari nullo modo pòssunt repudiare, tabulas quas idem dìcis solère corrumpi desiderare. RICOS.: Est ridiculum nihil dìcere ad ea quae habèmus, quàerere quae non pòssumus habere, et tacere de memoria hominum, flagitare memoriam litterarum, et cum habeas religionem amplissimi viri, ius iurandum fidemque integerrimi municipi, repudiare ea quae nullo modo possunt depravari, desiderare tabulas quas idem dicis solere corrumpi. TRAD.: É ridicolo non dir nulla riguardo ciò che abbiamo, chiedere ciò che non possiamo avere, e non dir nulla il ricordo degli uomini, pretendere il ricordo dei documenti, e pur avendo a disposizione la correttezza di un uomo straordinario e la testimonianza giurata e l’onestà di un municipio rispettabilissimo, ripudiare quelle cose che non possono in nessun modo venir corrotte, desiderare i registri che tu stesso dici esser soliti venir manomessi. ANALISI: → Il periodo è costruito su una serie di antitesi, un TRICOLON, in cui C. cerca di valorizzare la testimonianza orale resa dai due testimoni, M. Lucullo e gli ambasciatori di Eraclea, rispetto alla testimonianza documentaria che non ha a disposizione (perchè il tabulario di Eraclea è andato distrutto nel 90 nella guerra sociale) e che invece viene chiesta dall’accusa. C. arriva a sostenere una maggior validità della testimonianza orale rispetto a quella scritta, marcando ancora una volta il rigore morale dei testimoni, il valore etico delle testimonianze. L’ultima relativa è importante perchè capiamo che l’accusa aveva sospettato che quell’unico documento in mano a Cicerone di manomissione. ad ea quae habemus nihil dicere, quaerere quae habere non possumus: l’opposizione, già marcata dalla figura etimologica, è ribadita dal chiasmo. nihil dicere … quaerere / tacere … flagitare / repudiare … desiderare: ancora una serie trimembre, dove ogni colon è costituito da coppie di verbi polari. All’interno di ogni coppia il primo elemento dice un rifiuto, il secondo una richiesta. Est ridiculum → principale nihil dicere … ad ea → infinito soggetto (ha funzione di soggetto rispetto alla principale) quae habemus → relativa quaerere → infinito soggetto (ha funzione di soggetto rispetto alla principale) quae habere non possumus→ relativa et de hominum memoria tacere → infinito soggetto (ha funzione di soggetto rispetto alla principale) litterarum memoriam flagitare → infinito soggetto (ha funzione di soggetto rispetto alla principale) et … repudiare → infinito soggetto cum habeas … ea → cum + cong. (= temporale/concessivo) quae depravari nullo modo possunt → relativa tabulas … desiderare → infinito soggetto quas idem dicis solere corrumpi relativa quas idem dicis solere corrumpi → relativa 9. An domicìlium Romae non habuit is qui tot annis <ante> civitatem datam sedem omnium rerum ac fortunarum suarum Romae conlocavit? An non est professus? RICOS.: An non habuit Romae domicilium Romae is qui tot annis <ante> civitatem datam sedem Romae omnium rerum ac fortunarum suarum? An non est professus? TRAD.: O forse non aveva un domicilio a Roma lui (Archia) tanti anni prima della concessione della cittadinanza aveva collocato a Roma la sede di tutte le sue attività e dei suoi beni? E non si è fatto registrare? ANALISI: Qui C. passa al secondo punto della sua ARGOMENTATIO DE CAUSA. Nel capitolo precedente ha discusso della cittadinanza di Eraclea, e adesso tratta il fatto di avere un domicilio stabile a Roma nel momento in cui la legge viene emanata. E introduce una riflessione circa il terzo punto: il recarsi davanti al pretore. an: uso di AN con valore analogo a NUM: di fatto sta introducendo un’interrogativa retorica is: soggetto della principale = Archia, e antecedente della relativa romae: enfatica ripetizione del locativo che serve a martellare nella testa dell’uditorio che A. avesse un domicilio a Roma. An domicilium Romae non habuit is → interrogativa diretta qui tot annis … Romae conlocavit? → relativa An non est professus? → interrogativa diretta Immo vero eis tabulis profèssus quae solae ex illa professione conlegioque praetorum obtìnent publicarum tabularum auctoritatem. RICOST.: Immo vero professus (SOTT.est) eis tabulis quae solae ex illa professione conlegioque praetorum obtìnent auctoritatem publicarum tabularum TRAD.: Anzi in verità si è fatto registrare in quei registri che sole in quella carica di pretori hanno l’autorità di liste pubbliche ANALISI: immo: ha valore correttivo. Eis tabulis: è l’antecedente di QUAE professione conlegioque: endiadi. La carica del pretore urbano era collegiale e ufficiale: di norma il pretore urbano era uno, ma nell’89 in seguito alla Lex Papriria vennero nominati due pretori straordinari che affiancavano nel compito di registrare queste domande di cittadinanza. Ed è per questo che sottolinea che si tratta di una carica collegiale, pur se straordinaria. Immo vero eis tabulis professus (est) → principale. quae solae … obtinent … →relativa Nam, cum Appi tabulae neglegèntius adservatae dicerèntur, Gabini, quam diu incolumis fuit, levitàs, post damnationem calàmitas omnem tabularum fidem resignàsset, Metellus, homo sanctissimus modestissimusque omnium, tanta diligentia fuit ut ad L. Lentùlum praetòrem et ad iùdices vènerit et unius nominis litura se commotum esse dìxerit. His ìgitur tabulis nullam lituram in nomine A. Licini vidètis. RICOS.: Nam, cum tabulae Appi dicerèntur adservatae neglegèntius, levitas Gabini, quam diu incolumis fuit, calàmitas post damnationem resignàsset omnem fidem tabularum Metellus, homo sanctissimus modestissimusque omnium, fuit tanta diligentia ut venerit ad L. Lentùlum praetòrem et ad iudices et dixerit se commotum esse litura unius nominis. His ìgitur tabulis vidètis nullam lituram in nomine A. Licini. TRAD.: Infatti, mentre le liste di Appio si diceva fossero compilate davvero superficialmente, la superficialità di Gabino, finché rimase incensurata, e la sua rovina dopo la condanna avevano tolto ogni valore alle sue liste (LETT. delle sue liste), Metello, uomo più onesto e coscienzioso tra tutti, fu di tal rigore che si recò di fronte al pretore Lucio Lentulo e ai giudici e ammise di essere adirato a causa della cancellatura di un solo nome. Dunque in questi registri (nelle liste redatte da Metello) non vedete nessuna cancellatura sul nome di Aulo Licinio ANALISI: adservatae: predicativo del soggetto TABULAE APPI ex illa professione conlegioque praetorum: professio e conlegio formano una sorta di endiadi, a denotare il carattere ufficiale (professio è deverbativo di profiteor, “dichiarare pubblicamente”) e collegiale della pretura. Con l’emanazione della lex Plauzia – Papiria (89 del momento in cui sei venuto»; haec dixi, antequam venires, «ho detto questo, senza aspettare che tu venissi». c2) successione immediata: dum, donec, quoad, con ind. o cong. come per antequam e priusquam: exspecto, dum venias, «aspetto che tu venga», «aspetto intanto che tu vieni» (terzo dum) Uso di dum → Come congiunzione che introduce le sub. temporali, dum ha tre diversi valori: 1) concomitanza: dum + presente indicativo, indipendentemente dal tempo della proposizione sovraordinata: «mentre», «nel momento che»: es. dum Romae consulitur, Saguntum expugnatum est, «mentre a Roma si discuteva, Sagunto fu espugnata». 2) parallelismo cronologico: dum + indicativo, spesso nello stesso tempo della sovraordinata: «per tutto il tempo che, finché»: haec feci, dum licuit, «ho fatto questo, finchè mi fu lecito». 3) successione immediata: dum (come donec, quoad) con ind. o cong.: «fino al momento che, finchè»: exspecto, dum venias, «aspetto che tu venga», «aspetto fintanto che tu vieni». 10. Quae cum ita sint, quid est quod de eius civitate dubitètis, praesèrtim cum aliis quoque in civitatibus fuerìt ascriptus? RICOS.: Quae cum ita sint, quid est quod dubitètis de eius civitate, praesèrtim cum Ascriptus fuerìt quoque in aliis civitatibus? TRAD.: Stando così le cose, qual è il motivo per cui dovreste dubitare della sua cittadinanza, soprattutto visto che è stato iscritto anche in altre città? ANALISI: quid est quod: nesso idiomatico, spesso anche con est sottinteso fuerìt ascriptus: predicato nominale. ASCRIPTUS è la parte nominale. Quae cum ita sint → cum + cong. (= causale) in cui QUAE nesso relativo con valore epanalettico che richiama le cose che sono state dette precedentemente. PRAESERTIM indica il valore causale. Il congiuntivo perfetto indica anteriorità quid est interrogativa diretta → (= principale) quod de eius civitate dubitetis → sostantiva (funzione epesegetica) dichiarativa. DUBITETIS è un congiuntivo perchè esprime un valore eventuale. Etenim cum mediocribus multis et aut nulla aut humili àliqua arte praedìtis gratùito civitatem in Graecia homines impertiebant, Regìnos credo aut Locrensis aut Neapolitanos aut Tarentinos, quod scaenìcis artificibus largìri solèbant, id huic summa ingeni praedito gloria noluisse! RICOS.: Etenim cum homines in Graecia impertiebant gratùito civitatem multis mediocribus et praedìtis aut nulla aut humili àliqua arte, credo Regìnos aut Locrensis aut Neapolitanos aut Tarentinos noluisse (largiri) huic praedito summa gloria ingeni id quod solebat largiri scaenìcis artificibus. TRAD.: Infatti quando in Grecia gli uomini assegnavano gratuitamente la cittadinanza a molti uomini mediocri e dotate di o nessuna capacità o di capacità modeste, immagino che i Regini o i Locresi o i Napoletani o i Tarantini non avrebbero voluto (assegnare) a costui dotato della massima gloria del talento ciò che erano soliti assegnare con prodigalità ai teatranti. ANALISI: largiri: il verbo viene sintatticamente sottinteso nella sua seconda occorrenza: la sua seconda occorrenza è però la sovraordinata perchè la relativa che contiene il verbo è in prolessi. LARGIRI è l’infinito oggetto tanto di SOLEBAT tanto di NOLUISSE. LARGO è corradicale e indica l’idea di un’assegnare con grande larghezza e facilità: in Grecia in questo periodo c’è una assegnazione molto libera a questi artisti veri o presunti. noluisse: nolo è un verbo modale quindi si costruise con infinito (in questo caso LARGIRI) huic: dativo di termine con valore deittico perchè Archia è presente in tribunale praedito: participio con valore attributivo scaenicis artificibus: perifrasi per indicare“teatranti”, con chiara accezione negativa: a Roma, infatti, gli attori erano generalmente tenuti in scarsa considerazione. Artifex è composto di ars e facio: implicita è l’opposizione tra ars, la tecnica, e ingenium, il talento, evidente anche nella contrapposizione fra aut nulla aut humili aliqua arte praeditis e summa ingeni praedito gloria. Praeditus da prae e do, letteralmente “che porta davanti a sé”. Etenim cum … homines impertiebant → temporale credo → principale (esclamativa: ironia) Reginos … id huic … noluisse → infinitiva oggettiva. ID è l’antecedente di QUOD. quod scaenicis largiri solebant → relativa in prolessi. → C. pone un ragionamento a fortiori: dal momento che in queste città della Magna Grecia si concede con facilità la cittadinanza a questi artisti, figuriamoci se Archia non l’ha ottenuta. C. non sta ammettendo che A. ha la cittadinanza onoraria con prova documentale, ma lo sta suggerendo per mezzo di un ragionamento a fortiori. E l’ironia del tono è veicolata dal verbo CREDO, che spesso in latino è usato per introdurre un tono ironico. Quid? cum cèteri non modo post civitatem datam sed etiam post legem Papiam aliquo modo in eorum municipiorum tabulas inrepsèrunt, hic qui ne ùtitur quidem ìllis in quibus est scriptus, quod semper se Heracliensem esse vòluit, reiciètur? RICOS.: Quid? cum cèteri non modo post civitatem datam sed etiam post legem Papiam inrepsèrunt aliquo modo in tabulas eorum municipiorum, hic qui ne quidem utitur illis in quibus est scriptus, quod semper se vòluit esse Heracliensem, reiciètur? TRAD.: Come? Mentre gli altri non solo dopo la concessione della cittadinanza ma anche dopo la legge Papia si insinuarono in qualche modo nelle liste delle loro città, costui che pure si serve di quelle liste in cui è scritto, dal momento che ha sempre voluto essere considerato Eraclese, sarà respinto? ANALISI: post legem Papiam: la legge Papia, dal nome del tribuno Gaio Papio che la propose nel 65 a.C. Suo obiettivo era far cessare l’esercizio illegale dei diritti di cittadinanza espellendo da Roma di tutti gli stranieri che risiedessero fuori dall’Italia. inrepserunt: verbo espressivo; composto di in e repo, significa propriamente “strisciare dentro”, quindi “insinuarsi” hic: ha valore deittico ne quidem: è una sorta di ATMESI → neppure E nega il termine inserito nella coppia Cum ceteri … tabulas inrepserunt → cum + indicativo, temporale che può avere anche sfumatura avversativa perchè si viene a creare un’antitesi data da diversa condizione tra coloro che si sono insediati nei registri e la condizione di Archia. hic … reicietur → principale, interrogativa diretta qui ne utitur quidem illis (SOTT. tabulis) → relativa in quibus est scriptus → subordinata I grado relativa quod semper … voluit → sub. II grado, causale se Heracliensem esse → sub III grado, infinitiva oggettiva → C. sottolinea come il modo attraverso cui questi stranieri ottenevano la cittadinanza romana in maniera illecita era ottenendo prima di tutto una cittadinanza in uno dei municipia, esattamente come Archia. La prassi illecita continua a proliferare anche oltre il 65, ma questo non può essere il caso di Archia perchè egli vuole essere così tanto cittadino di Eraclea e non si serve delle altre cittadinanze che ha acquisito (lo evoca in più punti della sua orazione ma di fatto non lo dimostra mai). Qui C. sta dicendo che Archia è sì cittadino romano, ma non vuole sfruttare più di tanto questa situazione, piuttosto preferisce essere considerato cittadino di Eraclea → Archia non ha nessun interesse a fingersi cittadino romano, ad aver ottenuto illegalmente un diritto che non fa però valere. 11. Cènsus nostros requiris. Scilicet; est enim obscurum pròximis censòribus hunc cum clarissimo imperatore L. Lucullo apud exercitum fuisse, superiòribus cum eodem quaestore fuisse in Asia, primis Iulio et Crasso nullam populi partem esse cènsam. RICOST.: Cènsus nostros requiris. Scilicet; enim est obscurum hunc pròximis censòribus fuisse apud exercitum cum clarissimo imperatore L. Lucullo, superiòribus fuisse in Asia cum eodem quaestore, primis Iulio et Crasso nullam partem populi esse cènsam TRAD.: Richiedi i nostri censimenti. Certo; infatti è segreto che costui al tempo dei censori più recenti (durante l’ultimo censimento) Fu insieme all’esercito con il grandissimo generale Lucio Lucullo, al tempo dei censori precedenti (il censimento avvenuto in precedenza) si trovasse in Asia con lo stesso (Lucullo) come questore, al tempo dei primi (censori) Giulio e Crasso (durante il primo censimento) non sia stata censita nessuna parte del popolo ANALISI: Scilicet: particella sedertiva con valore ironico proximis censoribus … superioribus … primis Iulio et Crasso: la serie di tre ablativi assoluti, con valore temporale, struttura il tricolon. Proximis censoribus si riferisce a Lucio Gellio Poplicola e Gneo Lentulo Clodiano, censori nel 70 a.C.; superioribus a Lucio Marcio Filippo e Marco Peperna, censori nell’86 a.C.; primis Iulio et Crasso a Lucio Giulio Cesare e Publio Licinio Crasso, consoli nell’ 89 a.C., cioè all’epoca del primo censimento dopo l’entrata in vigore della lex Iulia (90 a.C.) con la quale, nel corso del bellum Sociale, veniva estesa la cittadinanza romana ai Latini e agli alleati rimasti fedeli o che avevano già deposto le armi. L. Lucullo: Lucio Lucullo. Imperator si riferisce al suo ruolo di comandante nella guerra contro Mitridate, incarico affidatogli nel 74 a.C. (nel 66 a.C. il comando invece passò a Pompeo). Quaestor si riferisce invece al ruolo di questore (e proquestore) che Lucullo svolse in Asia agli ordini di Silla nel corso della prima guerra Mitridatica. Sullo strettissimo legame tra Archia e la famiglia dei Luculli vd. § 5 e passim; si ricordi poi che, come testimone dell’iscrizione di Archia nei registri di Eraclea, è chiamato Marco Lucullo, il fratello di Lucio Perchè mi (lett.ci) offre un luogo dove l’anima si rilassi da questo chiasso del foro e le orecchie si riposino fiaccate dalle liti. ANALISI: Quaeres: indicativo futuro con valore eventuale delectemur: congiuntivo presente in base alla norma della consecutio temporum per indicare contemporaneità. Ubi: avverbio relativo Reficiatur e conquiescant: congiuntivo presente. Conquiesco è incoativo quindi c’è l’idea di un’azione progressiva. Quaeres a nobis → principale cur tanto opere hoc homine delectemur → interrogativa indiretta con funzione di sostantiva oggettiva (infatti è il complemento oggetto di Quaeres) Quia suppeditat nobis → causale ubi et animus ex hoc forensi strepitu reficiatur → relativa impropria (= consecutiva) et at aures … conquiescant → coord. alla relativa impropria (= consecutiva) An tu existimas aut suppètere nobis posse quod cotìdie dicàmus in tanta varietate rerum, nisi animos nostros doctrina excolàmus, aut ferre animos tantam posse contentionem, nisi eos doctrina eadem relaxèmus? RICO.: An tu existimas aut posse suppetere nobis quod dicamus cotidie in tanta varietate rerum, nisi excolamus nostros doctrina, aut (SOTT. existimas) animos ferre posse tantam contentionem, nisi relaxemus eos eadem doctrina? TRAD.: O forse pensi o potrebbe bastarmi ciò che dico ogni giorno in una così grande varietà di argomenti, se non coltivassi il mio animo attraverso la cultura, o (SOTT. pensi) che l’animo potrebbe sopportare una così gran fatica, se non lo rilassassi con quella stessa cultura? ANALISI: An tu existimas → interr. diretta (tono vivace, polemico) aut suppetere nobis posse → sub II grado, infinitiva (= apodosi p. ipotetico dipendente - oggettività) quod cotidie dicamus … → quod dichiarativo → (= cong. indiretto) ha valore di soggetto rispetto all’infinitiva. nisi animos … excolamus → sub. II grado, protasi p. ipotetico dipendente (oggettività) aut ferre animos tantam posse contentionem → infinitiva (= apodosi p.i. dipendente, coord. alla precedente infinitiva) nisi eos … relaxemus → protasi p. ipotetico dipendente (oggettività) Ego vero fàteor me his studiis esse dèditum. Ceteros pùdeat, si qui ita se lìtteris abdiderunt ut nihil pòssint ex eis neque ad communem adferre fructum neque in aspectum lucemque proferre; me autem quid pudeat qui tot annos ita vivo, iùdices, ut a nullìus umquam me tèmpore aut còmmodo aut otium meum abstràxerit aut volùptas avocàrit aut dènique somnus retardàrit? RICOS.: Ego fàteor vero me esse dèditum his studiis. Ceteros pùdeat, si qui se ita abdiderunt litteris, ut nihil pòssint adferre ex eis neque ad communem fructum neque (SOTT. possint) proferre in aspectum lucemque; autem quid me pudeat qui tot annos ita vivo, iudices, ut aut otium meum abstràxerit aut volùptas avocàrit aut dènique somnus retardàrit umquam a tèmpore aut còmmodo nullius TRAD.: Io ebbene lo confesso sono dedito a questi interessi. Si vergognino gli altri, se questi si sono a tal punto sepolti nelle lettere (nelle opere letterarie), al punto da non poter più trarre qualcosa da lì né per il bene comune né (SOTT. possono) trarre nulla che sia degno di essere conosciuto; ma perchè io dovrei vergognarmi (io) che da tanti anni vivo così, giudici, al punto che mai né il mio riposo mi ha allontanato o il piacere mi ha trattenuto o il sonno mi ha infine ritardato dai problemi e dagli interessi di nessuno. ANALISI: ego: ego ha valore enfatico. C. enfatizza di proposito utilizzandolo con FATEOR perchè: sa che a questa altezza cronologica c’è ancora un pregiudizio riguardante l’otium letterario. Forte è il pregiudizio della cultura come un’attività inutile rispetto alla concreta azione politica, in anni avvertibile per chi – come Cicerone- si rende conto di essere un uomo NON d’azione circondato da uomini d’azione e giustifica il senso e lo spazio che la figura dell’intellettuale ha all’interno di un determinato contesto politico. neque ad communem adferre fructum neque in aspectum lucemque proferre: la figura etimologica rileva l’accusa rivolta a una cultura “autoreferenziale”, inutile perché incapace di portare il proprio contributo al bene comune. in aspectum lucemque: endiadi pudet: impersonale qui costruito con l’accusativo della persona che prova il sentimento, quindi CETEROS pudeat: congiuntivo indipendente presente che ha un valore tra l’esortativo e il concessivo, da intendere qui come esortativo. Possint: è un vermo modale che si costruisce con l’infinito Qui: è un indefinito ed è il soggetto di ABDIDERUNT quid me pudeat: pudeat è un congiuntivo indipendente dubitativo a tempore, aut commodo, nullius: complemento di moto a luogo che si riferiscono a tutte e tre le consecutive e quindi non vengono ripetuti. TEMPUS AUT COMMODO sono antonimi: TEMPUS indica “il problema (un brutto momento)”, COMMODO indica “il vantaggio”. Otium, voluptas, somnum: formano una climax data dal diverso impego e utilizzo del tempo: OTIUM impiego per una formazione, VOLUPTAS il tempo speso per sé (un tempo meno importante rispetto all’OTIUM), SOMNUM tempo speso senza l’impiego di un’azione (tempo perso) Ego vero fateor → principale me his studiis esse deditum → infinitiva oggettiva Ceteros pudeat → apodosi p.i. oggettività (cong. esort./conces.) si qui ita se litteris abdiderunt → protasi p. ipotetico oggettività ut nihil possint … adferre … neque … proferre → consecutiva. POSSINT è al congiuntivo presente perchè indica una conseguenza attuale me autem quid pudeat→ interr. diretta (cong. dubitativo) qui tot annos ita vivo → relativa ut … aut otium meum abstraxerit → consecutiva con verbo aut voluptas avocarit → coord. alla consecutiva hanno in comune il comp.ogg ME e aut denique somnus retardarit → coord. alla consecutiva il compl. di moto a luogo. 13. Qua re quis tandem me reprèhendat, aut quis mihi iure suscènseat, si, quantum ceteris ad suas res obeùndas, quantum ad festos dies ludorum celebrandos, quantum ad alias voluptates et ad ipsam requiem animi et corporis concèditur tèmporum, quantum alii tribuunt tempestivis convìviis, quantum dènique alveolo, quantum pilae, tantum mihi egòmet ad haec studia recolenda sùmpsero? RICOS.: Qua re quis tandem me reprèhendat, aut quis iure suscènseat mihi, si ad haec studia recolenda egomet sùmpsero mihi tantum temporum quantum ceteris conceditur ad obeùndas suas res, ad celebrandos festos dies ludorum, quantum (concèditur) ad alias voluptates et ad ipsam requiem animi et corporis, quantum alii tribuunt convìviis tempestivis quantum dènique alveolo, quantum pilae TRAD.: Per questo motivo chi alla fine potrebbe biasimarmi, o chi a diritto potrebbe adirarsi con me, se io per dedicarmi a questi studi mi sarò preso per me tanto tempo quanto dagli altri è assegnato a dedicarsi ai propri affari, a celebrare i giorni festivi dei giochi, quanto (è assegnato) agli altri piaceri e allo stesso riposo dell’anima e del corpo, quanto altri assegnano ai banchetti senza fine, quanto infine al tavolo dal gioco, quanto alla palla? ANALISI: Qua re: forma di nesso relativo in ablativo perchè indica la causa mihi: dativo di vantaggio temporum: genitivo partitivo quantum: l’anafora di quantum struttura due tricola, il primo retto da conceditur, il secondo da tribuunt. Si noti la struttura chiastica, che enfatizza la giustapposizione tra la prima serie, crescente, e la seconda, decrescente conceditur: il verbo è comune alle sei comparative, suddivise in due gruppi di tre, sperati perchè cambia il tipo di costruzione: per i primi tre elementi il verbo è CONCREDITUR, per il secondo gruppo il verbo è TRIBUUNT. Egòmet: accento d’enclisi Qua re quis tandem me reprehendat → interrogativa diretta (principale, cong. indipendente potenziale perchè il soggetto QUIS è un interrogativo, che ha un valore di per sé indefinito e non è identificabile) apo aut quis mihi iure suscenseat → interrogativa diretta (cong. potenziale, apodosi p.i. realtà) dosi si … tantum mihi egomet … sumpsero → protasi p. ipotetico realtà ad haec studia recolenda → finale implicita quantum ceteris … conceditur→ comparativa ad suas res obeundas → finale implicita ad festos dies ludorum celebrandos → finale implicita quantum alii tribuunt → comparativa Atque id eo mihi concedèndum est magis quod ex his studiis haec quoque crèscit oratio et facultas quae, quantacumque <EST> in me, numquam amicorum periculis dèfuit. expressas: termine del lessico della scultura, a cui la scrittura è spesso metaforicamente accostata. C. fa riferimento al lessico delle arti visive e sta associando metaforicamente la letteratura all’arte figurativa: la letteratura che grazie alle parole è in grado di dipingere delle scene. scriptores et Graeci: accostamento tra lett. latina e lett. greca, messe sullo stesso piano. Ciò è finalizzato anche a un obiettivo molto pratico: difende un poeta greco che scrive in lingua greca. Quam multas nobis imagines … reliquerunt → principale (= esclamativa) non solum ad intuendum → finale implicita verum etiam ad imitandum → finale implicita quas ego mihi semper in administranda re publica propònens animum et mentem meam ipsa cogitatiòne hominum excellentium conformàbam. RICOS.: Ego semper propones mihi in administranda re publica conformabam animum et mentem meam ipsa cogitatione hominum excellentium. TRADU.: Io tenendomene sempre dinanzi agli occhi nel governare lo stato plasmavo il mio animo e la mia mente per mezzo della riflessione su questi uomini straordinari ANALISI: ipsa cogitatione: ablativo strumentale quas ego mihi … proponens → participio congiunto (= causale) animum et mentem meam conformabam → principale 15. Quaeret quispiam: ‘Quid? illi ipsi summi viri quorum virtùtes lìtteris pròditae sunt istane doctrina quam tu effers laudibus eruditi fuèrunt?’ Difficile est hoc de omnibus confirmare, sed tamen est certum quid respòndeam. RICOST.: Quispiam quaeret: ‘Quid? illi ipsi summi viri virtutes quorum proditae sunt Litteris, fuèrunt eruditi istane doctrina quam tu effers laudibus?’ Est difficile hoc confirmare de omnibus, sed tamen est certum quid respòndeam. TRADU.: Qualcuno chiederà: ‘Cosa? Proprio quegli uomini straordinari le cui virtù sono state tramandate dalla letteratura, sono stati plasmati da questa cultura che tu esalti per mezzo di lodi?’ è difficile dirlo di tutti, tuttavia è certo quel che ti risponderò. ANALISI: C. solleva un’OCCUPATIO → una possibile obiezione Quispiam: soggetto dell’interr. diretta e pronome indefinito che indica la probabilità “Qualcuno probabilmente chiederà”, con verbo al futuro Quid: interrogativo che va ad imitare un’interiezione del parlato Istane: ne enclitico. Intonazione retorica. Illi ipsi summi viri: soggetto della principale, antecedente della relativa istane doctrina: ablativo di causa efficiente, antecedente della relativa est difficile: espressione impersonale costruita con l’infinito soggetto Quaeret quispiam → principale Illi ipsi summi viri … istane doctrina … eruditi fuerunt → interrogativa diretta (= principale) quorum virtutes … proditae sunt → relativa quam tu effers laudibus → relativa Difficile est hoc de omnibus confirmare → principale + infinito soggetto sed tamen est certum → coord. alla principale quid respondeam → interrogativa indiretta MANCANO: 15, 16, 17, 18 19. Sit ìgitur, iudices, sanctum apud vos, humanissimos homines, hoc poetae nomen quod nulla umquam barbària violàvit RICOS.: Igitur iudices sit sanctum apud vos, humanissimos homines, hoc nomen poetae quod umquam nulla barbària violàvit TRAD.: Dunque giudici sia santo per voi, uomini coltissimi, questo nome di poeta che mai nessuna barbaria ha violato. ANALISI: igitur: conclusivo che riprende la citazione enniana del capitolo 18. La citazione è un solo aggettivo: SANCTOS riferito ai poeti. Non sappiamo se si tratti di una citazione degli Annales o da una delle tragedie di Ennio, ed è difficile dare un’attribuzione certa. SANCTOS=INVIOLABILI, in riferimento ai poeti, e serve come elemento di unione rispetto alla nuova parte dell’argomentazione ciceroniana dove C. gioca sull’ambiguità semantica. SANCTUS è ciò che non può essere toccato perchè contamina o viene contaminato, e quindi c’è un’idea di un’inviolabilità, che sul piano giuridio significa NON CONDANNA. Archia non può essere condannato perchè SANCTUS poeta. apud vos: “presso voi giudici” VOS è accusativo costruito con APUD humanissimos homines: figura etimologica: l’aggettivo e il sostantivo sono corradicali. Espressione enfatica che vuole ribadire la cultura dei giudici proprio perchè è l’elemento che crea una comunione tra C., il suo assistito e i giudici: tutti e tre hanno un interesse per la cultura. humanissimos homines: la figura etimologica anticipa ed enfatizza la contrapposizione rispetto al successivo barbaria, astratto da barbarus. Barbaro è qualcosa che viene concepito all’homo. Sit igitur … sanctus … hoc poeta nomen → principale (= cong. esortativo). HOC NOMEN è antecedente di QUOD quod nulla umquam barbaria violavit → relativa Saxa atque solitùdines voci respondent, bestiae saepe immànes cantu flectùntur atque consìstunt; nos instituti rebus optimis non poetarum voce moveàmur? RICOS.: Saxa atque solitùdines respondent, bestiae saepe immanes flectuntur cantu atque consistunt; nos insitututi rebus optimis non moveamur voce poetarum? TRAD.: I sassi e i deserti rispondono alla voce (del poeta), bestie spesso terribili sono placate dal canto e si fermano; e noi formati dai migliori insegnamenti non saremo smossi dalla voce dei poeti? ANALISI: ARGOMENTAZIONE A FORTIORI: se mai i barbari non hanno mai osato attaccare i poeti, a maggior ragione dobbiamo fare noi, uomini coltissimi; e se il mondo inanimato è stato in grado di commuoversi alla voce del poeta, a maggior ragione dobbiamo fare noi. saxa … consistunt: l’espressione è citata, e commentata, da Quint. Come esempio di stile ricercato da parte di C. Con ogni probabilità Cicerone allude alle figure mitiche di Anfione e Orfeo (ammansiva le bestie feroci con il canto e smuoveva con il canto gli elementi inanimati). saxa e solitudines: coppia allitterante flectutut: “sono piegate” consistunt: composto di SISTO: verbo caratterizzato dal raddoppiamento del presente. Dice il placarsi degli animali. SISTO= ha la stessa radice di STO, ma SISTO è un verbo resultativo: “fermarsi”; STO= verbo di stato “stare”. omne … studium atque omne ingenium: lo studio e il talento naturale, dalla cui sinergia scaturisce l’eccellenza Saxa … voci respondent, → principale Moveare: verbo di natura causativa. C’è l’idea di fondo del MOVERE: funzione legata alla poesia del commuovere facendo leva sui sentimenti. bestiae saepe immanes cantu flectuntur → coord. alla principale atque consistunt → coord. alla principale nos … non poetarum voce moveamur? → principale (= cong. dubitativo). La domanda è retorica, la risposta è: sì. Homerum Colòphonii civem esse dicunt suum, Chii suum vìndicant, Salaminii repetunt, Smyrnaei vero suum esse confìrmant itaque etiam delubrum eius in oppido dedicaverunt, permùlti alii praeterea pugnant inter se atque contèndunt. RICOS.: Colophonii dicunt Homerum essse suum civem, Chii vìndicant suum, Salaminii repetunt, Smyrnaei Vero confirmant esse suum, itaque dedicaverunt etiam delubrum eius in oppido, permùlti alii praeterea pugnant inter se, atque contèndunt. TRAD.: I Colofoni dicono che Omero è loro concittadino, i Chii lo reclamano come proprio, i Salamini lo reclamano, gli Smirnei poi ribadiscono che è loro (che è uno di loro) e pertanto gli hanno anche dedicato un tempietto in suo onore nella loro città, e molti altri ancora disputano tra di loro e litigano. ANALISI: suum civum: predicativo del soggetto Homerum vero: ha valore prosecutivo C. sta compiendo un passaggio logico dal piano mitico delle figure non nominate ma evcocate di Orfio e Anfione, al piano leggendario di Omero, che funziona come termine medio che lega la figura mitica-Orfio a quella attuale di Archia. Evoca la contesa circa la patria di Omero, tema spesso sviluppato in età ellenistica, delle città dell’area ionica che si contendevano la patria di Omero. Eius: genitivo di specificazione “in suo onore” Colophonii … dicunt → principale Homerum … civem esse … suum → infinitiva oggettiva Chii suum vindicant → coord. alla principale Salamini repetunt → coord. alla principale Smyrnaei vero … confirmant → coord. alla principale suum esse → infinitiva itaque etiam delubrum … dedicaverunt → coord. alla principale permulti alii pugnant … → coord. alla principale atque contendunt → coord. alla principale Ergo illi aliènum, quia poeta fuit, post mortem etiam expètunt; nos hunc vivum qui et voluntate et lègibus noster est repudiamus, praesertim cum omne olim studium atque omne ingènium contùlerit Archias ad populi Romani gloriam laudemque celebrandam? RICOS.: Ergo illi expetunt etiam post mortem alienum, quia poeta fuit, nos Repudiamus hunc vivum qui et voluntate et lègibus est noster, praesertim cum Archias contùlerit olim omne studium atque omne ingènium ad populi Romani gloriam laudemque celebrandam? TRAD.: Dunque costoro reclamano anche dopo la morte uno straniero, per il fatto che era un poeta, noi invece ripudiamo costui vivo che è nostro concittadino sia per sua volontà sia in virtù della legge, soprattutto visto che Archia ha dedicato da tempo ogni suo ANALISI: item: è avverbio di modo L.Plozio: era un retore. Riferimento significativo perchè ci conferma quello che era già implicito: anche Mario era ben consapevole della funzione celebrativa e politica della poesia nella sua dimensione civile. Ille Marius … eximie L. Plotium dilexit → principale cuius ingenio putabat → relativa ea … posse celebrari→ infinitiva oggettiva quae gesserat → relativa. QUAE ha come antecedente EA Attrazione modale → In latino spesso proposizioni dipendenti da una sovraordinata al congiuntivo o all’infinito presentano il verbo al congiuntivo anziché all’indicativo. Di fatto il congiuntivo “attratto” mantiene quasi sempre il suo valore modale: infatti il congiuntivo, in quanto modo della soggettività, e l’infinito, in quanto privo di autonomia sintattica e dipendente da un’espressione soggettivizzante, creano un’atmosfera “soggettiva” e questa, se la natura della subordinata lo permette, tende a permanere in essa e quindi a favorire il congiuntivo. Le principali forme della soggettività che interessano l’attrazione modale sono a) il congiuntivo indiretto e obliquo, quando si presenta esplicitamente il processo verbale come pensato Efficitur igitur fato fieri, quaecumque fiant “Se ne conclude dunque che è fatale tutto ciò che avviene” b) il congiuntivo irreale, quando si presenta la subordinata come momento necessario di un’ipotesi irreale Si solos eos diceres miseros, quibus moriendum esset, neminem eorum qui viverent exciperes “Se chiamassi disgraziati solo quelli che devono morire, non faresti eccezione per nessuno di quelli che sono in vita”. c) il congiuntivo eventuale e indeterminato, quando il processo verbale della subordinata non è presentato come un fatto unico e individuato, ma generico, virtuale, ripetuto, supposto … Quis aut eum diligat, quem metuat, aut eum a quo se metui putet? “Chi potrebbe amare chi teme o chi crede che lo tema?” d) il congiuntivo “caratterizzante”, quando la subordinata sottolinea le caratteristiche di un individuo o di una categoria di individui della sovraordinata Tanta huius belli ad barbaros opinio perlata est, uti ab eis nationibus, quae trans Rhenum incolerent, mitterentur legati ad Caesarem “Così grande fu la fama di questa guerra giunta tra i barbari, che persino da oltre Reno furono inviati ambasciatori a Cesare” e) tutti i valori che possono avere i congiuntivi subordinati (causale, avversativo, concessivo, ipotetico … ) 21. Mithridàticum vero bellum magnum atque difficile et in multa varietate terra marìque versatum totum ab hoc expressum est; qui libri non modo L. Lucullum, fortissimum et clarissimum virum, verum etiam populi Romani nomen inlùstrant. RICOS.: Vero Mithridàticum bellum magnum atque difficile et versatum in multa varietate terra marique, expressum est ab hoc; qui libri inlustrant non modo L. Lucullum, virum fortissimum et clarissimum, verum etiam nomen populi Romani. TRAD.: Ma la guerra Mitridatica grande e difficile e condotta per terra e per mare con una grande varietà (di eventi), fu raccontata tutta quanta da costui; e questi libri danno onore non solo a Lucio Lucullo, uomo grandissimo e fortissimo, ma anche il nome del popolo romano. ANALISI: ab hoc: deittico Mithridaticum … bellum: la terza campagna militare contro Mitridate, re del Ponto (74-63 a.C.); l’imperium, inizialmente affidato a Lucullo, passò nel 66 a.C. a Pompeo. Archia oltre ad un’opera poetica dedicata alla guerra civica, ne aveva composto un’altra dedicata alla prima parte della guerra mitridatica, in cui le operazioni militari erano state comandate da Lucio Lucullo magnum atque difficile et … versatum: tricolon, il cui ultimo membro è espanso in una frase participiale. non modo L. Lucullum … verum etiam populi romani nomen: la coppia Lucio Lucullo / popolo romano – i due protagonisti della campagna militare – struttura l’intero periodo successivo, un tricolon scandito dall’anafora dove in ciascun membro è presente un riferimento al generale (gli abl. assoluti Lucullo imperante e eodem duce, lo strumentale eiusdem consilio). Totum: è predicativo dell’oggetto Qui: nesso relativo con antecedente logico espresso nella frase precedente. → C. nota che la poesia celebrativa rischia di essere un’esaltazione di un singolo, ma cerca di disinnescare questo rapporto dimostrando come nell’esaltazione del singolo ci sia l’esaltazione di un’intera comunità. Cerca quindi di dire che Archia non aveva solo esaltato Lucullo, ma tutto il popolo romano Mithridaticum vero bellum … expressum est → principale qui libri … inlustrant → principale (con nesso relativo) Populus enim Romanus apèruit Lucullo imperante Pontum et regiis quondam opibus et ipsa naturae regione vallàtum, populi Romani exercitus eodem duce non maxima manu innumerabilis Armeniorum copias fudit, populi Romani làus est urbem amicissimam Cyzicenorum eiusdem consilio ex omni impetu regio atque totìus belli ore ac faucibus erèptam esse atque servatam. RICOS.: Enim populus romanus Lucullo imperante aperuit Pontum quondam vallatum et regiis opibus et ipsa regione naturae, exercitus populi Romani eodem duce, fidit copias Armeniorum innumerabilis non maxima manu, làus est populi Romani urbem amicissimam Cyzicenorum consilio eiusdem erèptam atque servatam esse ex omni impetu regio atque ore ac faucibus totìus belli TRAD.: Infatti il popolo romano sotto il comando di Lucullo aprì il Ponto allora protetto sia dalle ricchezze del re sia dalla stessa conformazione del territorio, l’esercito del popolo romano con lo stesso comandante, sconfisse le truppe incalcolabili degli Armeni con una schiera non grandissima, è motivo di lode del popolo romano che la città fedelissima di Cizico grazie alla strategia dello stesso (Lucullo) sia stata salvata e strappata da ogni assalto del re e da una morsa e dalle fauci dell’intera guerra. ANALISI: → La struttura del periodo è un grosso TRICOLON spartito dalla ripetizione di POPULUS ROMANUS. Il tricolon fa riferimento a tre diversi episodi che caratterizzarono la prima parte della battaglia mitridatica: l’invasione del Ponto, la vittoria contro le truppe degli Armeni, e la liberazione della città di Cizico. Tre eventi qui ricordati ma non disposti in ordine cronologico. ipsa naturae regione: è forse preferibile la lezione dei codd. recenziori (natura regionis), se non il natura et regione congetturato da Mommsen. non maxima manu: litote, in opposizione a innumerabilis … copias. Non si tratta di mera enfatizzazione retorica: in effetti le truppe romane erano composte da circa 10.000 uomini, quelle di Mitridate ne contavano più di 200.000. Lucullo imperante: ablativo assoluto ereptam esse atque servata: endiadi giustificata per i due complementi di allontanamento: ERIPIO funziona bene con l’immagine metaforica del morso e delle fauci, SERVATA che si riferisce ad ogni assalto del re. Si tratta di una sorta di struttura chiastica in cui i due verbi corrispondono i due complementi di allontanamento, in una posizione complessiva chiastica. Regio: concordato con IMPETU. Al posto del genitivo di specificazione, troviamo l’aggettivo qualificativo corrispondente. È un uso tipicamente poetico. Eiusdem: valore epanalettico Vallatum: participio perfetto con valore attributivo rispetto a Pontum Populus enim Romanus aperuit … Pontum … → principale Lucullo imperante → abl. assoluto (= temporale) populi Romani exercitus … fudit → coord. alla principale eodem duce → abl. assoluto (= temporale) populi Romani laus est → coord. alla principale urbem … ereptam esse atque servata → infinitiva epesegetica Nostra semper ferètur et praedicabitur L. Lucullo dimicante, cum interfectis dùcibus depressa hostium classis est, incredibilis apud Tenèdum pugna illa navalis, nostra sunt tropaèa, nostra monumenta, nostri triumphi. Quae quorum ingeniis efferùntur, ab eis populi Romani fama celebràtur. RICOS.: Semper feretur et praedicabitur nostra, illa pugna navalis incredibilis apud Tenèdum, cum L. Lucullo dimicante interfectis dùcibus, classis hostium depressa est nostra sunt tropaèa, nostra monumenta, nostri triumphi. Fama populi Romani celebratur ad eis, quae quorum ingeniis efferùntur TRAD.: Sarà sempre ricordata e celebrata come nostra, quella straordinaria battaglia navale presso Tenèdo, quando al comando di Lucio Lucullo uccisi i generali la flotta dei nemici fu distrutta, nostri sono i trofei, nostri i monumenti, nostri i trionfi. La fama del popolo romano è celebrata da coloro, il cui talento esalta queste imprese. ANALISI: nostra: l’anafora struttura la serie asindetica di quattro elementi, gli ultimi tre organizzati in un tricolon discendente. NOSTRA ha funzione di predicativo dell’oggetto in tutti i casi. È solo il primo elemento di questo TRICOLON ad avere il verbo, mentre negli altri il verbo è sottinteso. Incredibilis\innumerabilis: prefisso privativo IN e suffisso in BILIS tropaèa, monumenta, triumphi: il generale vittorioso di ritorno dalla battaglia aveva diritto a questo riconoscimento pubblico. Questo riferimento al TRIONFO non è messo a caso perchè quando L. Lucullo fu richiamato a Roma nel 67 non gli venne concesso il trionfo con il pretesto che la battaglia non era stata conclusa. Il trionfo di Lucullo fu celebrato solo nel 63, quando Pompeo Magno sconfisse le truppe di Mitridate, proprio per intervento di Cicerone che in quell’anno era console. Il RICOS.: Nam si quis putat ex Graecis versibus pèrcipi minorem fructum gloriae quam ex Latinis, èrrat vehementer, proptèrea quod Graeca legùntur in omnibus fere gentibus, Latina continèntur sane suis finibus exiguis. TRAD.: Infatti se qualcuno pensa che dai versi greci si colga un minor frutto di gloria che dai Latini (SOTT. versi), sbaglia di grosso, per il fatto che le opere greche si leggono quasi fra tutti i popoli, le opere scritte in latino sono completamente rinchiuse ai propri angusti confini. ANALISI: → C. deve affrontare una possibile obiezione: un’OCCUPATIO. L’obiezione implicita deriverebbe dal fatto che Archia non scrive in latino, ma scrive in greco. Com’è conciliabile l’idea di Archia come poeta civile che non scrive nella lingua del popolo che viene esaltato? C. sottolinea che da un punto di vista propagandistico è molto più efficace l’uso del greco che non del latino: il greco non ha confini all’epoca in cui C. parla, mentre il latino no! Quindi questo permette a C. di mettere su un piano di maggiore importanza il greco. Il procedimento p già stato introdotto nei paragrafi preedenti: all’exemplum di Mario, è quello di Temistocle. E ritornerà nei paragrafi successivi: all’exemplum greco di Alessandro Magno viene associato l’exemplum romano di Pompeo Magno. La strategia di C. è quella di dimostrare come greco e latino debbano andare di pari passo soprattutto in un’ottica di propaganda e di poesia civile, in cui addirittura è più efficace il greco perchè consente di arrivare anche a popolazioni che non conoscono il latino, più ristretto rispetto al greco. Nam si quis … : occupatio, espediente retorico che anticipa la possibile obiezione: Ennio sarebbe più degno della cittadinanza perché scrisse in latino, Archia invece in greco. QUIS è il soggetto della protasi di periodo ipotetico; è indefinito della possibilità. Nam si quis … putat → protasi p. ipotetico oggettività minorem gloriae fructum … percipio → infinitiva oggettiva vehementer errat → apodosi p. ipotetico oggettività (= principale) propterea quod Graeca leguntur … → causale Latina … continentur → coord. alla causale Qua re, si res eae quas gèssimus orbis terrae regionibus definiuntur, cùpere debemus, quo + minus + manuum nostrarum tela pervenerint, eodem gloriam famàmque penetrare, quod cum ìpsis populis de quorum rebus scribitur haec ampla sunt, tum eis certe qui de vita gloriae causa dìmicant hoc maximum et periculorum incitamentum est et laborum. RICOS.: Qua re, si res eae quas gèssimus definiuntur regionibus orbis terrae, debemus cùpere quo manuum tela nostrarum pervenerint + minus +, eodem penetrare gloriam famàmque, quod haec ampla sunt cum ìpsis populis de quorum rebus scribitur, tum est maximum et periculorum et laborum incitamentum eis qui dimicant de vita causa gloriae. TRAD.: Pertanto, se le imprese che abbiamo compiuto sono delimitate dalle regioni della terra (= a dire che le imprese di Roma hanno ormai una portata mondiale), dobbiamo desiderare dove le armi dei nostri eserciti sono giunti a fatica, lì penetrino la gloria e la fama, perchè queste celebrazioni sono importanti per gli stessi popoli delle cui imprese si scrive, e allo stesso modo sono il maggior stimolo dei pericoli e delle fatiche (= ad affrontare pericoli e fatiche) per coloro che rischiano la propria vita a causa della gloria. ANALISI: Qua re: forma cristallizzata di nesso relativo con valore conclusivo quo + minus manuum nostrarum + tela pervenerint: questo il testo dei manoscritti (i recenziori omettono minus), sospetto di corruzione per l’incoerenza rispetto a quanto affermato nella frase precedente. Bases, seguito da molti editori, corregge in quo hominem nostrorum tela pervenerint, buono per il senso ma non facilmente giustificabile sul piano paleografico. Anche in questo caso la relativa impropria con valore consecutivo può alternativamente essere considerata un esempio di attrazione modale (congiuntivo caratterizzante). → C. sta sottolinenado che la letteratura propagandistica deve non solo seguire ma anche sostenere l’azione militare di Roma: laddove le armi sono giunte a maggior fatica, è proprio lì che deve diffondersi la fama e la gloria → la poesia con funzione propagandistica che consente di diffondere un’immagine idealizzata di Roma anche tra le popolazioni che Roma affronta al fine di suscitare paura e timore. C. è consapevole che perchè quest’effetto si raggiunga è necessario il greco: i popoli con cui Roma si sta scontrando sul limes conoscono il greco, ma non il latino. L’idea che la letteratura propagandistica non serva solo all’interno, ma anche all’esterno (i nemici). Altra idea: la prospettiva di gloria eterna che la poesia può garantire costituisce il principale motivo a compiere delle grandiose imprese belliche, spronando Roma ma anche i singoli cittadini a compiere grandi imprese. quo … tela pervenerint : prolessi della relativa. L’antecedente è il determinativo EODEM. si res eae … orbis terrae regionibus definiuntur → protasi p. ipotetico oggettività quas gessimus → relativa cupere debemus → apodosi p. ipotetico oggettività (= principale) eodem gloriam famamque penetrare → infinitiva oggettiva quo … tela pervenerint → relativa impropria (= consecutiva) / cong. caratterizzante quod … tum eis … incitamentum est → 2 causali coordinate attraverso la correlazione CUM, TUM = “così come” qui … dimicant → relativa cum ipsis populis … ampla sunt → coordinata alla causale (correlativa) de quorum rebus scribitur → relativa. QUORUM ha come antecedente IPSIS POPULIS 24. Quam multos scriptores rerum suarum magnus ille Alexander secum habuisse dicitur! RICOS.: Quam multos scriptores rerum suarum dicitur habuisse secum magnus ille Alexander! TRAD.: Quanti scrittori delle sue imprese si dice che abbia avuto con sé il famoso Alessandro Magno! ANALISI: ille: usato con valore enfatico. Il riferimento alla gloria innesca un primo esempio di carattere storico: Alessandro Magno Dicitur → principale quam multos scriptores … Alexander secum habuisse → sostantiva soggettiva (= nominativo + infinito = COSTRUZIONE IMPERSONALE PER IMPORRE ENFASI SULLA FIGURA DI A. MAGNO) Atque is tamen, cum in Sigeo ad Achillis tumulum astitisset: “o fortunate,” ìnquit,“adulescens, qui tuae virtutis Homerum praeconem inveneris!” Et vere. RICOS.: Atque tamen is, cum astitisset in Sigeo tumulum ad Achillis inquit “o fortunate adulescens qui inveneris Homerum praeconem tuae virtutis!” Et vere. TRAD.: E tuttavia lui, dopo che si fu fermato nel sigeo dinanzi alla tomba di Achille, disse “o giovane beato che trovasti in Omero il cantore del tuo valore”. E a ragione. ANALISI: → La battuta di A. Magno sono ricordate da varie opere perchè egli guardava in Achille una sorta di modello, anche da un punto di vista propagandistico. cum in Sigeo … astitisset → cum + cong. (= temporale) is tamen … “o fortunate” inquit “adulescens” → principale qui … Homerum praeconem inveneris → relativa impropria (= causale) L’antecedente è ADULESCENS. Nam, nisi Ilias illa exstitisset, idem tùmulus qui corpus eius contèxerat nomen etiam obruisset. RICOS.: Nam, nisi Ilias illa exstitisset, idem tùmulus qui corpus eius contèxerat, obruisset nomen etiam. TRAD.: Infatti, se non ci fosse stata la famosa Iliade, lo stesso tumolo che aveva ricoperto il suo corpo avrebbe sepolto anche il suo nome. ANALISI: nam nisi illi ars illa exstitisset: così i codici “infatti se non ci fosse stata per lui (=Achille) quella grande ars (il poema omerico)”; molti editori adottano però la brillante congettura del Naugerius nam nisi Ilias illa exstitisset, che permette di evitare tanto il poliptoto (qui effettivamente poco funzionale) quanto il riferimento all’ars (per definire il poema omerico) che, alla luce dell’uso ciceroniano, mal si adatta a caratterizzare l’opera di Omero = Iliade non come poema dell’ars ma poema dell’ingenio. Sembrerebbe strano quindi l’associazione ARS=poema omerico. ILLA è sato con funzione enfatica. nisi illi ars illa exstitisset → protasi p. ipotetico irrealtà → EPISODIO PASSATO CHE NON SI E VERIFICATO idem tumulus … obruisset → apodosi p. ipotetico irrealtà (= principale) qui corpus eius contexerat → relativa → C. contrappone ad un exeplum greco, un exemplum romano: Quid? noster hic Magnus qui cum virtute fortunam adaequavit, nonne Theophanem Mytilenaeum, scriptorem rerum suarum, in contione militum civitate donavit, et nostri illi fortes viri, sed rùstici ac mìlites, dulcèdine quadam gloriae commòti quasi partìcipes eiusdem laudis magno illud clamore approbaverunt? RICOS.: Quid? Hic noster Magnus qui adaequavit cum virtute fortunam, nonne donavit civitate in contione militum Theophanem Mytilenaeum scriptorem rerum suarum, et nostri illi fortes viri, sed rùstici ac mìlites, approbaverunt illud magno clamore commoti dulcedine gloriae quasi partìcipes eiusdem laudis. TRAD.: Come? Questo nostro Magno (=Pompeo) che eguagliò la fortuna al valore, non omaggiò con la Cittadinanza in assemblea militare, a Teofane di Mitilene scrittore delle proprie imprese, perchè aveva composto un epigramma in suo onore (di Silla) con versi più lunghi alternati (alternando versi più lunghi a versi più brevi), abbiamo visto ordinare subito che a lui venisse assegnato un premio tra quegli oggetti che stava mettendo all’asta, ma ad una condizione che poi non scrivesse più nulla. ANALISI: quem: si riferisce a Silla; nesso relativo. L’antecedente è Silla. epigramma in eum fecisset tantum modo alternis versibus longiusculis: gli epigrammi sono scritti in distici elegiaci, formati dalla successione di un esametro (verso più lungo) e di un pentametro (verso più breve). L’espressione ciceroniana suggerisce allora lo scarso valore del componimento offerto a Silla, poetico solo per il fatto di essere scritto in versi. ex eis rebus quae tum vendebat: nell’82 a.C. Silla, in qualità di dictator, mise all’asta i bene dei nemici che erano stati proscritti. quem nos in contione vidimus … iubere → principale + infinito oggetto (QUEM IUBERE) cum ei libellum malus poeta … subiecisset → cum + cong. (= temporale: cum narrativum) quod epigramma in eum fecisset → causale soggettiva con congiuntivo piuccheperfetto perchè siamo in un condizione di attrazione modale (dipende da un’infinitiva); ma è anche il congiuntivo che indica una causa soggettiva = “a suo dire è un epigramma” statim ex eis rebus … ei premium tribui … → infinitiva oggettiva, che dipende da IUBERE quas tum vendebat → relativa ne quid postea scriberet → consecutiva (restrittiva, valore volitivo). Qui è costituita con NE + CONG. VOLITIVO Qui sedulitàtem mali poetae dùxerit aliquo tamen praemio dìgnam, huius ingenium et virtutem in scribendo et copiam non expetìsset? RICOS.: qui duxerit dignam tamen aliquo praemio sedulitàtem mali poetae, non expetisset ignenio huius et virtutem in scribendo et copiam? TRAD: E un uomo così (Silla) che stimò degno di un qualche premio la premura di un poetastro non avrebbe Apprezzato il talento di costui (di Archia) e la sua abbondanza nello scrivere? ANALISI: Qui: con antecedente sottinteso che si riferisce a Silla. Il verbo della relativa DUXERIT è un congiuntivo perfetto perchè siamo nelle condizioni dell’attrazione modale, perchè dipende da un congiuntivo piuccheperfetto. DUXERIT = congiuntivo caratterizzante: si mette qui a fuoco una caratteristica di Silla, ma non la nomina espressamente. Huius: pronome dimostrativo e deittico non expetisset: dal verbo dipendono tre oggetti: INGENIO, VIRTUTEM, COPIAM. E INSCRIBENDO si riferisce a tutti e tre gli oggetti anche se c’è la scelta di collocarlo al secondo elemento con l’effetto enfatico su COPIAM: Archia era uno scrittore abbondante, copioso, in grado di scrivere tanto in poco tempo. Caratteristica messa in contrasto con le scarse capacità di questo poetastro che era riuscito a scrivere un epigramma, un componimento breve. Contrapposizione tra qualità e quantità tra poesia di questo poetastro e di Archia. Qui sedulitatem mali poetae duxerit … dignam →relativa impropria in prolessi (= consecutiva); antecedente sottinteso. huius ingenium … non expetisset →cong. indipendente irreale (= apodosi p. ipotetico irrealtà) interrogativa diretta retorica. La presenza del cong. piuchh. Serve a dare l’intonazione retorica = la risposta è SI, già suggerita dalla domanda stessa. 26. Quid? a Q. Metello Pio, familiarissimo suo, qui civitate multos donàvit, neque per se neque per Lucullos impetravisset? RICOS.: Quid? a Q. Metello Pio, familiarissimo suo, qui civitate multos donàvit Impetravisset neque per se neque per Lucullos ? TRAD.: Come? Da Quinto Metello Pio, suo grandissimo amico, che insignì molti della cittadinanza, non l’avrebbe ottenuta né per sé né attraverso i Luculli? ANALISI: per se, per Lucullos: complementi di mezzo espressi con per + accusativo, in quanto si fa riferimento a persone. Le intime qualità e il legame con i Luculli sono le motivazioni che avrebbero spinto a concedere la cittadinanza per Archia da parte di Metello. Q. Metello Pio … Lucullos: Archia era in grande familiarità tanto con Quinto Metello Pio quanto con i Luculli (cf. § 6). Metelli e Luculli erano poi legati da parentela in quanto Cecilia, sorella di Metello Numidico e quindi zia di Metello Pio, era la madre di Lucio e Marco Lucullo. C. sottolinea il rapporto di amicizia che legava Metello ad Archia. A Q. Metello pio … impetravisset →principale (= cong. irreale, i.e. apodosi p. ipotetico irrealtà). Interrogativa retorica che presuppone una risposta affermativa qui civitate multos donavit →relativa Qui praesertim usque eo de suis rebus scribi cùperet ut etiam Cordubae natis poetis pingue quiddam sonantibus atque peregrinum tamen auris suas dèderet. RICOS.: Praesertim qui usque eo scribi cùperet scribi de suis rebus ut dederet auris suas etiam poetis natis Cordubae quiddam sonantibus pingue atque peregrinum TRAD. Soprattutto visto che costui desiderava che si scrivesse delle sue imprese al punto di prestare le sue orecchie (=prestare ascolto) anche ai poeti nati a Cordova che risuonavano in maniera ampollosa e esotica. ANALISI: quiddam: indefinito che si riferisce sia a PINGUE che a PEREGRINUM e dice la difficoltà di spiegare quale fosse l’elemento che rendesse la propria parlata ampollosa e esotica. Cordubae: Cordova, città della Spagna Meridionale (Hispania Betica), che sarà patria dei due Seneca e di Lucano. Del particolare stile dei suoi oratori parla proprio Seneca Retore. Auris: accusativo plurale concordato con SUAS Sonantis: participio presente con funzione attributiva che si riferisce a POETIS qui praesertim usque eo … scribi cuperet→ relativa impropria (= causale) ut etiam … auris suas dederet → consecutiva SINTASSI → Non si ha la principale perchè di fatto la causale serve per giustificare la frase interrogativa retorica espressa precedentemente. Neque enim est hoc dissimulandum quod obscurari non pòtest, sed prae nobis ferendum: tràhimur omnes studio laudis, et optimus quisque maxime gloria dùcitur. RICOS.: Neque enim dissimulandum est hoc quod obscurari non potest, sed ferendum prae nobis: omnes trahimur studio laudis, et optimus quisque maxime gloria dùcitur. TRAD.: Infatti non può essere nascosto ciò che non può essere messo in ombra, ma bisogna manifestarlo: tutti siamo trascinati dal desiderio di lode, e chiunque è ottimo maggiormente è guidato dalla gloria. ANALISI: → Qui C. con gli exempla di Silla e di Metello ha chiuso una parte del suo ragionamento dimostrando il fatto che Archia, qualora non avesse ottenuto la cittadinanza grazie alla legge, in ogni caso l’avrebbe ottenuta grazie ai propri meriti letterari per concessione da parte di un generale, dal momento che nella sua vita si era imbattuto in almeno due generali che potevano essere disposti a concedergli la cittadinanza: Silla, estremamente prodigo nel concedere la cittadinanza a stranieri, e Metello presentato come una persona talmente desideroso di trovare qualcuno in grado di celebrare le proprie imprese militari che avrebbe sicuramente offerto la cittadinanza onoraria ad Archia, in cambio di un servizio come poeta da parte di Archia. C. vira l’argomentazione verso il finale e riprende in particolare un tema: la connessione tra desiderio di gloria-azione politica-letteratura. CARATTERE GNOMICO DELLA MASSIMA tràhimur omnes studio laudis, et optimus quisque maxime gloria dùcitur. Optimus e maximue + quisque: superlativi + indefinito distributivo “quanto più uno è grande tanto più è guidato dalla gloria”= ad esprimere proporzionalità. trahimur omnes studio laudis, et optimus quisque maxime gloria ducitur: si noti la costruzione chiastica, a rilevare l’opposizione tra il desiderio di lode, da cui tutti siamo trascinati, e la gloria, da cui vengono guidati i migliori. L’indefinito quisque, accompagnato da due superlativi, implica proporzione: “quanto più un uomo è grande, tanto più è guidato dalla gloria”. studio laudis E gloria: complemento di causa efficiente Neque enim est hoc dissimulandum → principale quod obscurari non potest → relativa + infinito oggetto. HOC è l’antecedente di QUOD sed prae nobis ferendum [est] → coord. alla principale trahimur omnes studio laudis → principale et optimus … gloria ducitur → coord. alla principale Ipsi illi philòsophi etiam in eis libèllis quos de contemnenda gloria scribunt nomen suum inscribunt; in eo ipso in quo praedicatiònem nobilitatèmque despìciunt praedicari de se ac nominari vòlunt. RICOS.: Ipsi illi philosophi etiam in eis libellis quos de contemnenda gloria inscribunt scribunt suum Nomen; in eo ipso in quo despìciunt praedicatiònem nobilitatèmque volunt praedicari de se ac nominari. TRAD.: E persino i filosofi anche in quelle opere che compongono sul disprezzo della gloria scrivono il loro nome; nello stesso momento disprezzano la fama e l’elogio vogliono essere celebrati e ricordati. ANALISI: in eis libellis quos de contemnenda gloria scribunt nomen suum inscribunt: la figura etimologica (scribunt / inscribunt) sottolinea la contraddizione; vd. anche la chiosa seguente (in eo ipso in quo praedicationem nobilitatemque despiciunt praedicari de se ac nominari volunt), ancora con figura etimologica rafforzata da parafonia (alla coppia praedicationem nobilitatemque rispondono praedicari … ac … nominari). SCRIBO è un verbo tecnico per indicare l’inserire il nome di un’opera De gloria: ablativo, complemento di argomento Contemnenda: gerundivo concordato con l’ablativo gloria in eo ipso: doppio determinativo per valore più marcato “e persino lì” = a sottolineare il paradosso della situazione. Praedicatio e praedicari: figura etimologica Atque ut id libentius faciatis → finale iam me vobis … indicabo → principale (Il futuro p usato con valore modale= sta a dire un’intenzione, una volontà) et … confitebor → coord. alla principale Nam quas res nos in consulatu nostro vobìscum simul pro salute huius urbis aeque imperi et pro vita civium proque universa re publica gèssimus, àttigit hic versibus atque inchoavit. RICOS.: Nam res quas nos in consulatu nostro vobìscum gessimus pro salute huius urbis aeque imperi et pro vita civium proque universa re publica, hic attigit versibus atque inchoavit. TRAD.: Infatti le imprese che io nel mio consolato assieme a voi ho compiuto per la salvezza di questa città e del potere e per la vita dei concittadini e per tutto quanto lo Stato, costui (=Archia) le ha esposte in versi o meglio ha cominciato a farlo. ANALISI: quas res nos in consulatu nostro vobiscum simul … gessimus: il riferimento è al consolato di Cicerone del 63 a.C. (l’anno precedente a questa orazione), durante il quale venne sventata la congiura di Catilina. huius aeque imperi: così il testo tràdito, sospetto però di corruttela (al posto di aeque il cod. E ha atque, da cui l’integrazione del Naugerius huius urbis atque imperi). attigit hic versibus atque inchoavit: Archia stava dunque preparando un poema sul consolato di Cicerone, di cui doveva verosimilmente aver già mostrato qualche anticipazione al diretto interessato doveva (vd., oltre alla precisazione et inchoavit, il successivo Quibus auditis, il cui antecedente sarà versibus). L’opera, forse promessa a Cicerone proprio per spingerlo ad accettare la difesa in questo processo, non fu mai conclusa. Atque: ha valore correttivo: C. afferma che Archia ha scritto un poema sul suo consolato, ma subito dopo aggiunge che non l’ha fatto ma ha cominciato a farlo: a questa altezza cronologica il poema non era stato scritto al più poteva essere iniziato. Sappiamo da una lettera di C. che C. scrivendo ad Attico, un anno dopo, scrive che Archia non l’ha più scritto. Sappiamo poi che C. fece da sé scrivendo il De consolatu suo, un poema autocelebrativo sul proprio consolato: mossa di facile bersaglio dei suoi avversari. La scelta di evocarlo qui serve ancora una volta per istituire la funzione civile della poesia, ma anche per vincolare in qualche modo Archia alla promessa che ha fatto di scrivergli un poema. C. mette in primo piano sé stesso. pro salute, pro vitacivum, pro universa rebubblica: complementi di vantaggio in anafora. Tricolon ascendente. quas res nos … gessimus → relativa (prolessi) La prolessi ha inglobato in sé l’antecedente: RES logicamente sarebbe parte della sovraordinata. RES è l’antecedente di QUA attigit hic versibus → principale atque inchoavit → coord. alla principale Quibus audìtis, quod mihi magna res et iucunda visa est, hunc ad perficièndum adornavi. RICOS.: Quibus audìtis, quod mihi magna res et iucunda visa est, adornavi hunc ad perficiendum. TRAD.: E dopo aver ascoltato questi versi, poichè la cosa (l’impresa) mi sembrava importante e gradita, mi sono sforzato affinchè lo portasse a termine ANALISI: ad perficièndum: ad + gerundio in caso accusativo per indicare un complemento di fine. Magna e iucunda: predicativi del soggetto RES Videor: costruito personalmente quibus auditis (SOTT. Versibus)→ ablativo assoluto (= temporale) con nesso relativo quod mihi … visa est → causale adornavi hunc → principale ad perficiendum → finale Nullam enim virtus aliam mercèdem laborum periculorumque desiderat praeter hanc laudis et gloriae; qua quidem detràcta, iudices, quid est quod in hoc tam exìguo vitae curriculo et tam brevi tantis nos in labòribus exerceàmus? RICOS.: Nam virtus desiderat nullam aliam mercedem laborum periculorumque, praeter hanc (SOTT. mercedem) laudis et gloriae; qua quidem detràcta, iudices, quid est quod exerceamus nos in tantis laboribus in hoc curriculo vitae tam exiguo e tam brevis. TRAD.: Infatti la virtù non desidera nessun’altra ricompensa per le sue fatiche e per i pericoli, se non questa (SOTT. ricompensa) di fama e di gloria; e in verità se togliamo questa, giudici, qual è il motivo per cui dovremmo cimentarci in così grandi fatiche in questa corsa della vita così breve e così rapida? ANALISI: Exerceamus: congiuntivo di natura dubitativa per il fatto che la domanda è retorica. Curriculo: metafora della vita come corsa → C. in questo caso confessa la propria sete di gloria, ma all’inizio dell’ARGOMENTATIO EXTRA CAUSA C. aveva confessato la propria passione per gli studi letterari. Queste confessioni fanno parte della stessa strategia: più che alla causa di Archia, serve richiamare l’AUCTORITAS di Cicerone. C. nel difendere Archia sta anche combattendo un’altra battaglia, personale, per ritagliarsi uno spazio all’interno della situazione politica a lui coeva e in questo caso C. deve riuscire a dimostrare che tra letteratura-cultura-politica c’è un legame molto forte, non solo come propaganda, ma anche come risorsa che un uomo politico deve avere per la propria competenza personale: è la figura dell’intellettuale che va al potere per risolvere la crisi della Repubblica, cioè il modo in cui C. prova a declinare a Roma il modello platonico del filosofo al potere, di fatto ritagliandoselo addosso. Nullam enim virtus aliam mercedem … desiderat … → principale qua quidem detracta → ablativo assoluto (= ipotetica) + nesso relativo QUA che si riferisce a MERCEDEM LAUDIS ET GLORIAE “tolta questo tipo di ricompensa” quid est → interrogativa diretta quod … exerceamus → sostantiva (funzione epesegetica). QUOD dichiarativo che spiega il QUID interrogativo 29. Cèrte, si nihil ànimus praesentìret in posterum, et si, quibus regionibus vitae spatium circumscriptum est, isdem omnis cogitationes terminàret suas, nec tantis se laboribus fràngeret neque tot curis vigiliisque angerètur nec totiens de ipsa vita dimicàret. RICOS.: Certe, si animus praesentiret nihil in posterum, et si terminaret omnes cogitationes suas isdem, quibus regionibus vitae spatium circumscriptum est, nec fràngeret tantis se laboribus, neque angerètur tot curis vigiliisque nec dimicàret totiens de ipsa vita. TRAD.: Certamente, se l’animo non si prefigurasse nulla per l’avvenire, e se delimitasse tutti i suoi pensieri in quei confini in cui è delimitato lo spazio della vita, non si logorerebbe in così grandi fatiche, né si angustierebbe in tante preoccupazioni e veglie, né così spesso rischierebbe la propria vita. ANALISI: nec tantis se laboribus fràngeret neque tot curis vigiliisque angerètur nec totiens de ipsa vita dimicàret: tricolon in climax ascendente: fatica, danno psichico, la propria vita. Si nihil animus praesentiret in posterum → protasi p. ipotetico irrealtà et si … cogitationes terminaret suas → protasi p. ipotetico irrealtà quibus regionibus … circumscriptum est → relativa (prolessi). L’antecedente di QUIBUS sarebbe REGIONIBUS che si trova attratto nella relativa ma che logicamente dovrebbe trovarsi in sovraordinata, richiamato nella sovraordinata per mezzo di ISDEM. nec tantis laboribus se frangeret → apodosi p. ipotetico irrealtà neque … angeretur → apodosi p. ipotetico irrealtà nec … dimicaret → apodosi p. ipotetico irrealtà Nunc insìdet quaedam in optimo quoque virtus, quae noctes ac dies animum gloriae stìmulis còncitat atque admonèt non cum vitae tèmpore esse dimetiendam commemorationem nominis nostri, sed cum omni posteritate adaequàndam. RICOS.: Nunc in optimo quoque insidet quaedam virtus, quae noctes ac dies concitat animum stimulis gloriae, atque admonet commemorationem nominis nostri non dimetiendam esse tempore vita, sed adaequàndam esse cum omni posteritate. TRAD.: Ora in ogni uomo eccellente è istillata una certa virtù, che di notte e di giorno sprona l’animo con lo sperone della gloria, e gli ricorda non che il ricordo del nostro nome non va commisurata al tempo della vita, ma deve essere rapportata all’intera posterità. ANALISI: nunc: il rapporto rispetto alla frase che precede è avversativo. non cum vitae tempore esse dimetiendam commemorationem nominis nostri, sed cum omni posteritate adaequandam: la correctio avversativa enfatizza la doppia opposizione vitae tempore / omni posteritate (tempo limitato\tutto il tempo che verrà) e dimetiendam / adaequandam (PERIFRATICA PASSIVA: adeguamento per restrizione\ adeguamento per estensione). Admoneo: ha valore causativo. Ha la stessa radice di COMMEMORATIONEM, quindi insieme formano una figura etimologica. Noctes ac dies: complementi di tempo continuato In optimo quoque: uso ciceroniano dell’indefinito distributivo con superlativo con funzione distributiva “ciascun uomo eccellente” vs tutti gli uomini eccellenti. Nunc insidet quaedam … virtus → principale quae … animum … concitat → relativa atque admonet → coord. alla relativa non … esse dimetiendam commemorationem → infinitiva oggettiva Haèc vero sive a meo sensu post mortem afutura est, sive, ut sapientissimi homines putavèrunt, ad aliquam animi mei partem pertinèbit, nunc quidem certe cogitatiòne quadam speque delèctor. RICOS.: Sive haec ( si riferisce a MEMORIAM) afutura est post mortem a sensu meo, sive, ut putaverun homines sapientissimi, (SOTT. haec memoriam) perfinebit ad aliquam partem animi mei, nunc certe delector quadam cogitatione speque. TRAD.: E sia che questo (ricordo) venga strappato dai miei sensi (= dalla mia capacità di sentire) dopo la morte sia, come hanno creduto uomini molto saggi, sia (SOTT. questo ricordo) si conserverà in qualche parte della mia anima, ora di certo mi compiaccio in qualche modo all’idea e alla speranza. ANALISI: ut sapientissimi homines putaverunt: la precisazione implicitamente suggerisce quale, tra le due ipotesi presentate, sia quella seguita da Cicerone; la conferma giunge dal seguente cogitatione quadam speque delector. Ut: comparativo modale. Sive… sive: due protasi in antitesi tra di loro che di fatto si escludono a vicenda. Due ipotesi tra cui non sa quale scegliere, ma le presenta in entrambi i casi come oggettive. Le due protasi mettono in atto quella che si definisce l’alternativa socratica, cioè quando c’è una riflessione su quello che accadrà dopo la morte: - Anche Seneca evoca l’alternativa socratica: le due alternative che Socrate figurava nell’Apològia era da un lato l’idea che ci fosse la sopravvivenza dell’anima dopo la morte, dall’altra l’ipotesi che con la morte non ci fosse alcun tipo di vita ultraterrena. L’alternativa è la propensione per la prima ipotesi: l’anima sopravvive dopo la morte e torna a ricongiungersi con la dimensione mortale. In C. l’alternativa socratica è riproposta: - Egli non propende per una delle due ipotesi ma segnala una netta predilezione per una delle due per mezzo di quel comparativo modale “ut sapientissimi homines putaverunt” a favore della seconda: l’idea che l’anima sopravviva dopo la morte. cogitatione quadam speque: ENDIADI haec … sive a meo sensu … afutura est → protasi p. ipotetico oggettività sive … pertinebit → protasi p. ipotetico oggettività ut sapientissimi homines putaverunt →relativa - modale cogitatione quadam speque delector → apodosi p. ipotetico oggettività Con il capitolo 31 si passa alla PERORATIO: il punto in cui C. conclude il suo discorso, rivolgendosi direttamente ai giudici, che da un punto di vista tematico richiama gli argomenti affrontati e i punti forti addotti durante l’orazione; da un punto di vista stilistico, rappresentando una soglia dell’orazione, risulta più ricercata e sintatticamente un po’ più complessa proprio perché l’obiettivo è quello di colpire l’uditorio lasciando una bella immagine di sé e della propria orazione. FUNZIONE DI RECAPITULATIO. 31. . Qua re conservate, iudices, hominem pudore eo quem amicorum videtis comprobari cum dignitate, tum etiam vetustate, ingenio autem tanto quantum id cònvenit existimari, quod summorum hòminum iuìciis expetìtum esse videatis, causa vero eius modi quae beneficio legis, auctoritate municipi, testimonio Luculli, tabulis Metelli comprobètur. RICOS.: Qua re iudices conservate hominem, pudore eo quem videtis comprobari cum divinitate tum Etiam vetustate amicorum, autem ingenio tanto quantum convenit existimari, quod videatis esse expetitum hominum iudiciis hominum summorum, causa eius modi quae comprobetur beneficio legis, auctoritate municipi, testimonio Luculli, tabulis Metelli. TRAD: Pertanto giudici difendete l’uomo, per quella dignità che vedete comprovata sia per l’importanza sia per la durata dei suoi amici (= delle sue micizie), per il suo talento quanto è giusto che sia apprezzato, per il fatto che lo vedete stimato dal giudizio di uomini grandi, per un processo di questo tipo che è sostenuta dalle indicazioni della legge, dall’autorevolezza di una città (= gli ambasciatori di Eraclea), dalla testimonianza di Lucullo, dai registri di Metello. ANALISI: Qua re: ablativo di causa: “per tal motivo” cum dignitate, tum etiam vetustate, ingenio … causa: gli ablativi (pudore, ingenio causa), che esprimono la causa efficiente (di fatto però possono intendersi come ablativi di qualità riferiti ad HOMINEM “un uomo di tale dignità, un uomo di tale ingegno” ma CAUSA rimane ablativo di causa efficiene = in questo caso parliamo parleremo di ZEUMA), strutturano un tricolon in cui vengo ricapitolati gli elementi addotti da Cicerone a difesa di Archia: l’importanza e la lunga durata delle sue amicizie, il talento poetico, le caratteristiche stesse della causa in questione. Queste ultime sono poi ricordate attraverso una nuova serie di ablativi di causa efficiente: le indicazioni della legge BENEFICIO LEGIS, l’autorevolezza del municipium di Eraclea AUTORITATE MUNICIPI, la testimonianza di Marco Lucullo TESTIMONIO LUCULLI, i registri di Metello TABULIS METELLI. È la presenza di autem e vero che ci fa capire che dopo INGENIO e CAUSA si introduce un secondo e un terzo elemento rispetto al primo evocato da PUDOR. Pudor: valore anche sociale di Archia, richiamando l’importanza delle sue amicizie Ingenium: richiama le qualità letterarie di Archia Causa: vengono richiamate punto per punto le argomentazioni di carattere giudiziario: la lex Papiria, la testimonianza degli ambasciatori di Eraclea e di Lucullo, e i registri del pretore urbano Metello che aveva certificato la richiesta di cittadinanza romana di Archia nell’89. Qua re conservate … hominem pudore eo →principale + nesso relativo. quem … videtis comprobari … → relativa. L’antecedente è EO PUDORE. quantum id convenit existimari → comparativa quod … expetitum esse videatis → quod dichiarativo da cui dipende un accusativo + infinito con soggetto sottinteso INGENIUM. (causa eiusmodi) quae … comprobetur → relativa impropria (= consecutiva) Quae cum ita sint, pètimus a vobis, iudices, si qua non modo humana verum etiam divina in tantis ingeniis commendatio dèbet esse, ut eum qui vos, qui vèstros imperatores, qui populi Romani res gestas semper ornavit, qui etiam his recentibus nostris vestrìsque domesticis periculis aeternum se testimonium laudis datùrum esse profitètur, quique est eo numero qui semper apud omnis sancti sunt hàbiti ìtaque dicti, sic in vestram accipiatis fidem ut humanitate vestra levàtus potius quam acerbitate violatus esse videatur. RICOS.: Cum ita sint, petimus a vobis, iudices, si qua commendatio in tantis ingeniis debet esse non modo humana verum etiam divina divina, ut accipiatis in vestram fidem eum qui semper ornavit vos, vèstros imperatores, qui populi Romani res gestas, qui profiteus daturum esse aeternum testimonium etiam his recentibus nostris vestrìsque domesticis periculis, quique est eo numero qui semper sunt hàbiti ìtaque dicti apud omnis sancti ut videatur levatus humanitate vestra potius quam violatus esse (vestra) acerbitate. TRAD.: E stando così le cose, vi chiedo giudici, se una certa predisposizione di fronte a talenti così straordinari ci deve essere, non solo umana ma anche divina, di accogliere sotto la vostra protezione costui che ha sempre dato lustro a voi, ai vostri generali e alle imprese del popolo Romano, a lui che ha confessato di voler dare l’eterna testimonianza di lode anche a questi miei e vostri recenti pericoli interni (= la congiura di Catilina) a lui che è parte di quel numero di coloro che sono sempre e da tutti stati considerati e definiti sacri, di modo che risulti protetto dalla vostra cultura piuttosto che offeso dalla (vostra) ottusità . ANALISI: Quae cum ita sint: VARATIO rispetto al precedente QUA RE: cum + congiuntivo con valore causale E nesso locativo. qui: l’anafora del relativo scandisce la funzione civile connessa all’attività poetica di Archia, e scandisce un TRICOLON: - il primo elemento del tricolon è a sua volta tripartito (VOS, VESTROS IMPERATORES, RES GESTAE POPULI ROMANI). QUI ha sempre come antecedente EO. Il tricolon serve a Cicerone per richiamare tre elementi dell’ARGOMENTATIO EXTRA CAUSA: il fatto che Archia ha scritto una serie di opere per celebrare le imprese del popolo Romano, una promessa di scrivere un’opera sul consolato di Cicerone, ricordare la citazione enniana che era stata messa nel paragrafo 18, a metà dell’orazione “i poeti sono sacri”: la citazione serve per dar forza alla richiesta finale di C. di proteggere Archia poeta. hominis: accusativo per homines. Profitetur: indicativo presente “LETT. lui che confessa”. his recentibus nostris vestrisque domesticis periculis: la congiura di Catilina, sventata da Cicerone durante il suo consolato (63 a.C.). Sul poema celebrativo che Archia starebbe componendo su questo argomento cf. § 28. qui semper apud omnis sancti sunt habiti atque dicti: i poeti, sancti secondo la definizione enniana riportata da Cicerone al § 18. ut humanitate vestra levatus potius quam acerbitate violatus esse videatur: il parallelismo formale è enfatizzato dal doppio omoteleuto che accoppia, e oppone, i termini polari (humanitate / acerbitate – levatus / violatus): LEVATUS e VIOLATUS sono quasi l’anagramma di uno dell’altro, una sorta di coppia paronomastica scelta per sottolineare l’antitesi tra i due soggetti. Quae cum ita sint → cum + cong. presente(= causale) con QUAE nesso relativo petimus a vobis → apodosi p. ipotetico oggettività E principale si qua … commendatio debet esse → protasi p. ipotetico oggettività ut eum … sic in vestram accipiatis fidem → sostantiva volitiva perchè PETO esprime un’intenzione qui … qui … qui … ornavit → sequenza di relative, unite dall’anafora di QUI che ha come antecedente EO (=Archia). qui … profitetur → relativa (coord. alla precedente). QUI ha come antecedente EO