Scarica Pro Archia Cicerone, Analisi e Traduzione e più Traduzioni in PDF di Lingua Latina solo su Docsity! Letteratura Latina, a.a. 2016/7 Seminario sull’orazione Pro Archia di Cicerone Per informazioni, scrivere a
[email protected] Cicerone, Pro Archia 1. Si quid est in me ingeni, iudices, quod sentio quam sit exiguum, aut si qua exercitatio dicendi, in qua me non infitior mediocriter esse versatum, aut si huiusce rei ratio aliqua ab optimarum artium studiis ac disciplina profecta, a qua ego nullum confiteor aetatis meae tempus abhorruisse, earum rerum omnium vel in primis hic A. Licinius fructum a me repetere prope suo iure debet. Nam quoad longissime potest mens mea respicere spatium praeteriti temporis et pueritiae memoriam recordari ultimam, inde usque repetens hunc video mihi principem et ad suscipiendam et ad ingre- diendam rationem horum studiorum exstitisse. Quod si haec vox huius hortatu praeceptisque conformata non nullis aliquando saluti fuit, a quo id accepimus quo ceteris opitulari et alios servare possemus, huic profecto ipsi, quantum est situm in nobis, et opem et salutem ferre debemus. 1. Se in me, giudici, c’è un po’ di talento – e ben so quan- to sia modesto – o una qualche esperienza dell’elo- quenza – nella quale non nego di essermi discretamente esercitato – o qualche competenza in questo campo, derivata dalla pratica e dallo studio delle arti più nobili, alle quali confesso di non aver mai sottratto alcun istante della mia vita, di tutte queste cose Aulo Licinio, forse per primo, deve chiedermi il frutto, quasi per suo diritto. Infatti, fin dove la mia mente può ripercorrere lo spazio del tempo trascorso e richiamare i più lontani ricordi della giovinezza, rievocando quegli anni vedo stagliarsi lui, mia guida nel suscitare e nell’indirizzare l’interesse per questi studi. E se questa voce, plasmata dalle sue indicazioni e dai suoi insegnamenti, è stata un tempo di aiuto a qualcuno, di certo proprio a lui, da cui ho ricevuto i mezzi per soccorrere e difendere altri, devo portare, per quanto mi è possibile, soccorso e aiuto. Si quid est … ingeni protasi p. ipotetico oggettività quod sentio relativa quam sit exiguum interrogativa-esclamativa indiretta aut si (est) qua exercitatio dicendi protasi p. ipotetico oggettività [coord. alla sub. 1°] in qua … non infitior relativa me mediocriter esse versatum infinitiva oggettiva aut si (est) huiusce … profecta protasi p. ipotetico oggettività [coord. alla sub. 1°] a qua ego ... confiteor relativa nullum ... tempus abhorruisse infinitiva oggettiva earum rerum … repetere … debet apodosi p. ipotetico oggettività [principale + infinito oggetto] Nam quoad … potest … respicere … et … recordari temporale + infinito oggetto inde usque repetens pt. congiunto = sub. implicita [coord. alla temporale] video mihi principale hunc principem … exstitisse infinitiva oggettiva ad suscipiendam finale implicita et ad ingrediendam … finale implicita [coord. alla finale] quod si … fuit protasi p. ipotetico oggettività huic … ferre debemus apodosi p. ipotetico oggettività [principale + infinito oggetto] quantum est situm in nobis relativa limitativa a quo id accepimus relativa quo … opitulari et … servare possemus relativa impropria (= finale / consecutiva + inf. oggetto) L’exordium, spazio tradizionalmente deputato alla captatio benevolentiae, si apre con un serie di tre protasi, ciascuna seguita da una subordinata relativa da cui a sua volta dipende una subordinata di terzo grado (interrogativa indiretta nel primo colon, infinitiva negli altri due). La struttura del tricolon è crescente (con l’ultimo membro più lungo dei primi due), ma scandisce una climax discendente. L’intero periodo, fortemente ipotattico, è retto dall’apodosi del periodo ipotetico, posta in chiusura: la struttura permette di presentare prima la figura di Cicerone e solo successivamente quella dell’imputato, il cui nome è ritardato alla fine del periodo. Nella sua autopresentazione – caratterizzata da un’ostentata modestia – Cicerone focalizza tre caratteristiche essenziali dell’oratore, disposte, come s’è detto, secondo una climax discendente: il talento naturale (ingenium), l’abilità data da una pratica costante (exercitatio), la competenza frutto dello studio (ratio). ingeni: gen. partitivo. Il termine riveste notevole importanza nella visione estetica ciceroniana, dove designa il talento naturale in opposizione alla tecnica, l’ars (cf. orat. 68; 161; Tusc. 3,48; in riferimento all’oratoria cf. de or. 1,113; 2,232; fin. 4,10). Giudizio su Lucrezio: multis luminibus ingenii, multae tamen artis. dicendi: gerundio genitivo di dico. Qui come altrove traduciamo con ‘eloquenza’, in latino appunto ars dicendi. non infitior: litote. Il verbo (infitior, -āris, -ātus sum, -āri) è derivato dal raro sostantivo infitiae (solo nella locuzione infitias ire, ‘negare’), a sua volta deverbativo di fateor (fateor, -ēris, fassus sum, -ēri) con prefisso negativo (in-). Si noti allora il legame etimologico col successivo confiteor (confiteor, -ēris, confessus sum, - ēri), composto apofonico di fateor. si … ratio aliqua: in frasi ipotetiche è generalmente impiegato quis, l’indefinito della pura possibilità (vd. i precedenti si quid … ingeni e si qua exercitatio): qui aliquis (che si riferisce a persona o cosa non individuabile) denota allora «l’interesse ad affermare un minimo di realtà» (Traina, Propedeutica, p. 207: lo stesso avviene quando aliquis è utilizzato in frasi negative, dove solitamente si trova quisquam, che pone in discussione l’esistenza di qualcuno o qualcosa). optimarum artium: qui genericamente le arti che plasmano la cultura (cf. § 2 omnes artem quae ad humanitatem pertinent), contribuendo alla formazione dell’oratore. Il concetto di ‘arti liberali’, i.e. degne di un uomo di condizione libera – come il loro numero di sette e la distinzione in trivio e quadrivio – si stabilirà progressivamente nel corso della tarda antichità, passando poi in eredità al Medioevo. aetatis meae tempus: tempus (iperonimo) indica il tempo in maniera generica, aetas (iponimo) il tempo visto come un insieme ‘organico’, dunque, in relazione all’uomo, la durata della vita. earum rerum ominium: le tre qualità individuate nelle protasi (ingenium, exercitatio, ratio). Dai paragrafi successivi risulta però evidente che, su un piano puramente logico, Archia non può essere la causa immediata di tutte queste qualità: il talento è infatti innato, di contro la pratica oratoria manca a lui, che è poeta (cf. § 2); stando alle parole di Cicerone, Archia avrà semmai agito sulla ratio aliqua ab optimarum artium studiis ac disciplina profecta. quoad: congiunzione temporale, esprime la concomitanza di due azioni verbali (= 2° dum: parallelismo cronologico). 1 dum: concomitanza generica (presente indicativo ‘acronico’) 2 dum; parallelismo cronologico: ‘per tutto il tempo che, finché’: i due processi verbali corrono paralleli 3 dum: successione immediata: ‘fino al momento che, finché’: la subordinata indica il termine finale della sovraordinata. praeteriti tempori: il passato, cioè il tempo ‘trascorso’. praeteritus è pt. perfetto di praetereo, composto di eo. pueritiae: l’età giovanile, fino al compimento del diciottesimo anno. recordari: recordor, deponente; rispetto a memini e reminiscor l’accento non è sulla memoria, ma sull’attività dell’animo (cor). Si noti la serie di verbi allitteranti (respicere, recordari, repetens), dove il preverbio sottolinea il recupero del passato. ad suscipiendam et ad ingrediendam rationem: finale implicita, espressa con ad e il gerundivo in caso accusativo (equivale, sul piano sostantivale, a un complemento di fine/scopo, estensione ‘per astrazione’ del c. di moto a luogo). A. Licinius: Aulo Licinio Archia, l’imputato qui difeso da Cicerone. La scelta di presentarlo col nomen e prenomen romano, tacendo il cognomen greco, è funzionale allo scopo della difesa: dimostrare che il poeta ha diritto alla cittadinanza, di cui è già in pieno possesso. Con una sorta di petizione di principio, il demonstrandum è dunque posto come demonstratum. Licinius rivela poi il legame di Archia con la potente gens Licinia: suo protettore sarà in particolare il generale Lucio Licinio Lucullo. fructum … repetere … suo iure: lessico giuridico. fructum indica propriamente il guadagno, l’utile ricavato da una proprietà. non nullis aliquando saluti fuit: l’allusione, sempre velata di modestia (si noti la litote), non rimanda solo alla carriera forense di Cicerone, ma certo anche al suo recente consolato (63 a.C.), durante il quale aveva sventato la congiura di Catilina. Il verbo è costruito col doppio dativo, rispettivamente di termine (non nullis) e di fine (saluti). a quo … huic … ipsi: prolessi del relativo. ceteris opitulari et alios servare: alius indica un altro indeterminato (vs alter, l’altro tra due), ceterus invece oppone tutti gli altri all’elemento individuato (Archia, che qui deve ancora essere menzionato). opem et salutem: la coppia sinonimica richiama i precedenti opitulari (corradicale) e seruari (allitterante), collegando le due espressioni: difendere Archia è un dovere, perché è stato lui che ha fornito a Cicerone i mezzi hoc concursu … hac vestra humanitate … hoc praetore: l’anafora del dimostrativo marca il tricolon, che riprende il precedente apud praetorem populi Romani, lectissimum virum, et apud severissimos iudices, tanto conventu hominum ac frequentia: uno stretto parallelismo è però evitato dall’inversione nell’ordine dei membri e dalla variazione della costruzione. uti prope novo quodam et inusitato genere dicendi: riprende il precedente uti genere dicendi quod non modo a consuetudine iudiciorum verum etiam a forensi sermone abhorreat. La struttura ad anello ribadisce il punto chiave, cioè la natura ‘inconsueta’, dell’orazione. Notevole, in tutto il periodo, il ricorso a coppie endiadiche; l’effetto è enfatico e solenne, come dimostra bene l’espressione in iudiciis periculisque, caratterizzata da parallelismo e endiadi (di contro all’atteso periculis iudici). 4 Quod si mihi a vobis tribui concedique sentiam, perficiam profecto ut hunc A. Licinium non modo non segregandum, cum sit civis, a numero civium verum etiam, si non esset, putetis asciscendum fuisse. Nam ut primum ex pueris excessit Archias atque ab eis artibus quibus aetas puerilis ad humanitatem informari solet, se ad scribendi studium contulit, primum Antiochiae – nam ibi natus est loco nobili – celebri quondam urbe et copiosa atque eruditissimis hominibus liberalissimisque studiis adfluenti, celeriter antecellere omnibus ingeni gloria coepit. Post in ceteris Asiae partibus cunctaque Graecia sic eius adventus celebrabantur ut famam ingeni exspectatio hominis, exspectationem ipsius adventus admiratioque superaret. 4. E se capirò che voi mi permettete e concedete questo, di certo riuscirò a convincervi che questo Aulo Licinio non solo non va escluso dal numero dei cittadini, essendo egli cittadino, ma anche che sarebbe stato da accogliere, qualora non lo fosse. Infatti non appena uscì dalla fanciullezza e da quegli studi con cui l’età giovanile è solita prepararsi alla cultura, si rivolse all’attività della scrittura e cominciò rapidamente a superare tutti per la gloria del talento, dapprima ad Antiochia – infatti lì è nato da nobile famiglia –, città un tempo celebre e ricca e piena di uomini eruditissimi e studi nobilissimi. Poi nelle altre regioni dell’Asia e in tutta la Grecia il suo arrivo era festeggiato al punto che l’attesa dell’uomo superava la fama del talento, mentre il suo arrivo, e l’ammirazione, superava l’attesa. Quod si mihi … tribui concedique sentiam protasi p. ipotetico oggettività perficiam profecto apodosi p. ipotetico oggettività (= principale) ut … putetis sostantiva di fatto hunc … non modo segregandum [esse] infinitiva oggettiva cum sit civis cum + cong. (= causale) verum etiam … asciscendum fuisse infinitiva oggettiva si non esset protasi p. ipotetico irrealtà Nam ut primum ... excessit … atque ab eis artibus temporale (=coincidenza / precedenza immediata) quibus aetas … solet relativa se ad scribendi studium contulit principale primum Antiochiae … antecellere … coepit coord. alla principale (per asindeto) – nam ibi natus est loco nobili – incidentale Post … sic eius adventus celebrabantur principale ut famam … superaret consecutiva cum sit civis: ambiguità semantica della costruzione. Il parallelismo strutturale sovrappone al rapporto causale quello ipotetico (esplicito nel successivo si non esset). Nam ut primum: comincia la narratio, in cui viene tracciata la biografia di Archia. Antiochiae: locativo, esprime lo stato in luogo. Oltre alle forme domi e ruri, si impiega solo con nomi di città o piccola isola della I e II declinazione singolari (per i nomi di città o piccola isola plurali o della III si usa invece l’abl. semplice). loco nobili: c. di origine. Andrà verosimilmente inteso come ‘da nobile famiglia’, piuttosto che ‘da nobile città’. gloria: abl. di limitazione. 5. Erat Italia tum plena Graecarum artium ac disciplinarum, studiaque haec et in Latio vehementius tum colebantur quam nunc isdem in oppidis, et hic 5. In quel tempo l’Italia era piena delle arti e delle discipline greche e questi studi si coltivavano anche nel Lazio con maggior impegno di quanto non si faccia ora nelle stesse città; e anche qui a Roma, grazie al momento Romae propter tranquillitatem rei publicae non neglegebantur. Itaque hunc et Tarentini <et Locrenses> et Regini et Neapolitani civitate ceterisque praemiis donarunt, et omnes qui aliquid de ingeniis poterant iudicare cognitione atque hospitio dignum existimarunt. Hac tanta celebritate famae cum esset iam absentibus notus, Romam venit Mario consule et Catulo. Nactus est primum consules eos quorum alter res ad scribendum maximas, alter cum res gestas tum etiam studium atque auris adhibere posset. Statim Luculli, cum praetextatus etiam tum Archias esset, eum domum suam receperunt. Sed +etiam+ hoc non solum ingeni ac litterarum verum etiam naturae atque virtutis ut domus, quae huius adulescentiae prima fuerit, eadem esset familiarissima senectuti. di tranquillità politica, non erano trascurati. E così Tarentini, Locresi, Reggini e Napoletani lo onorarono con la cittadinanza e con altri doni, e tutti quelli che in qualche modo potevano apprezzare il talento lo ritennero degno di rispetto e ospitalità. In seguito alla diffusione di una fama così grande, essendo ormai noto anche a quanti non l’avevano mai visto, venne a Roma durante il consolato di Mario e Catulo. Inizialmente incontrò questi consoli, dei quali uno poteva offrire grandissime gesta da celebrare, l’altro non solo imprese, ma anche un interesse e orecchie da intenditore. Subito, quando Archia aveva ancora la toga pretesta, i Luculli lo accolsero nella loro casa. Ma ciò [avvenne] non solo [grazie] al talento e alla cultura, ma anche per l’indole e la virtù, tanto che la casa che per prima si aprì alla sua giovinezza fu la stessa familiaris- sima alla sua vecchiaia. Erat Italia tum plena … principale studiaque haec … vehementius tum colebantur coord. alla principale quam nunc isdem in oppidis (coluntur) comparativa accorciata et hic Romae … non neglegebantur coord. alla principale Itaque hunc … donarunt principale et omnes … existimarunt coord. alla principale qui … poterant iudicare relativa Hac tanta celebritate … cum esset … notus cum + cong. (= causale) Romam venit … principale Nactus est primum consules eos principale quorum alter … alter … adhibere posset relativa impropria (= consecutiva) ad scribendum finale implicita Statim Luculli … eum domum suam receperunt principale cum praetextatus etiam tum Archias esset cum + cong. (= temporale) Sed etiam hoc … virtutis principale ut domus … eadem esset familiarissima senectuti consecutiva quae huius adulescentiae prima fuerit relativa (al cong. per attrazione modale = cong. caratterizzante) Romae: locativo (vd. supra). propter tranquillitatem rei publicae: si fa riferimento al periodo di relativa tranquillità avutosi tra le riforme dei Gracchi (133-121 a.C.) e il Bellum sociale (90-89 a.C.). non neglegebantur: litote. <et Locrenses>: suppl. Luterbacher, sulla scorta del § 10. donarunt … existimarunt: forme sincopate (= donaverunt, exsistimaverunt). hac tanta celebritate: l’abl. di causa precede la congiunzione cum, a sottolineare anche iconicamente come la fama di Archia ne precedesse l’arrivo. Romam: c. di moto a luogo. Con i nomi di città o piccola isola il c. di moto a luogo è espresso con l’accusativo senza preposizione. Mario consule et Catulo: l’abl. assoluto indica il 102 a.C., anno appunto del consolato di Caio Mario e Quinto Lutazio Catulo. L’espressione attesa sarebbe stata Mario et Catulo consulibus: la variazione sembra allora funzionale a enfatizzare la figura di Mario. alter res ad scribendum maximas: Gaio Mario (158/7 – 86 a.C.), figura centrale per la storia di Roma tra la fine del II e l’inizio del I sec. a.C. Fu grande militare e uomo politico di spicco, combatté con Scipione Emiliano a Numanzia, e poi comandò la guerra contro Giugurta (vinta nel 105 a.C.). Durante la guerra sociale (91-89 a.C.) sorse quel contrasto con Silla che porterà alla guerra civile. Nacque ad Arpino come Cicerone, che lo celebrerà in un poema di cui ci restano solo pochi frammenti (frr. 18-22 Bl.). alter cum res gestas tum etiam studium atque auris: Quinto Lutazio Catulo. A differenza di Mario non è ricordato tanto per le imprese belliche, quanto per la sensibilità letteraria. Fu infatti oratore, ma scrisse anche carmi di gusto “preneoterico” (si sono conservati due epigrammi: frr. 1-2 Bl.). praetextatus: la toga pretesta, orlata di porpora, era indossata dai fanciulli nobili fino al loro ingresso nell’età virile. Qui Cicerone commette un vistoso – e voluto – anacronismo (Archia diventerà cittadino romano solo nell’ 89 a.C.), funzionale all’obiettivo dell’orazione (dimostrare la cittadinanza romana del poeta). Luculli: Lucio Licinio Lucullo e i figli Lucio Licinio Lucullo (117-56 a.C.) e Marco Terenzio Varrone Lucullo (116 – post 56 a.C.), quest’ultimo adottato da Varrone. sed +etiam+ hoc non solum …: testo corrotto. Traduciamo ipotizzando che la serie di genitivi dipenda da un perduto causa o gratia, o da un abl. di causa come lumine o ui caduto per aplografia. quae huius adulescentiae prima fuerit: la relativa impropria ha valore consecutivo; alternativamente si può interpretare il congiuntivo come “caratterizzante” (attrazione modale). Alcuni editori preferiscono tuttavia correggere, ipotizzando un indicativo come favit e patuit. 6. Erat temporibus illis iucundus Q. Metello illi Numidico et eius Pio filio, audiebatur a M. Aemilio, vivebat cum Q. Catulo et patre et filio, a L. Crasso colebatur, Lucullos vero et Drusum et Octavios et Catonem et totam Hortensiorum domum devinctam consuetudine cum teneret, adficiebatur summo honore, quod eum non solum colebant qui aliquid percipere atque audire studebant verum etiam si qui forte simulabant. Interim satis longo intervallo, cum esset cum M. Lucullo in Siciliam profectus et cum ex ea provincia cum eodem Lucullo decederet, venit Heracleam. Quae cum esset civitas aequissimo iure ac foedere, ascribi se in eam civitatem voluit idque, cum ipse per se dignus putaretur, tum auctoritate et gratia Luculli ab Heracliensibus impetravit. A quel tempo era caro al celebre Quinto Metello Numidico e a suo figlio Pio, era ascoltato da Marco Emilio, viveva con Quinto Catulo padre e figlio, era onorato da Lucio Crasso; poiché intratteneva relazioni con i Luculli, con Druso, Ottavio, Catone e con tutta la casa degli Ortensi, a lui legata da familiarità, era trattato con massimo onore, dal momento che lo onoravano non solo quelli che desideravano imparare e ascoltare qualcosa, ma anche quanti casomai fingevano. Trascorso nel frattempo un periodo abbastanza lungo, dopo che era partito per la Sicilia con Marco Lucullo e mentre tornava da quella provincia assieme allo stesso Lucullo, giunse ad Eraclea. E trattandosi di una città confederata e in perfetta uguaglianza di diritti, volle essere iscritto in quella cittadinanza, e lo ottenne dagli Eracleesei, essendone personalmente ritenuto degno e inoltre grazie all’autorità e all’influenza di Lucullo. Erat … Pio filio principale audiebatur a M. Aemilio coord. alla principale vivevat cum … filio coord. alla principale a L. Crasso colebatur coord. alla principale Lucullos … cum teneret cum + cong. (= causale) adficiebatur summo honore coord. alla principale quod non solum colebant dichiarativa (epesegetica) qui aliquid percipere atque audire studebant relativa verum etiam si qui forte simulabant protasi p. ipotetico realtà (coord. alla sostantiva) Interim satis longo intervallo … venit Heracleam principale cum esset cum M. Lucullo in Siciliam profectus cum + cong. (= temporale: anteriorità) et cum ex ea provincia cum eodem Lucullo decederet cum + cong. (= temporale: contemporaneità) Quae cum esset … foedere cum + cong. (= causale) + nesso relativo voluit principale ascribi se in eam civitatem infinitiva oggettiva idque … ab Heracliensibus impetravit coord. alla principale cum … dignus putaretur, tum … Luculli cum + cong. (= causale) Galleria di uomini di spicco: l’elenco, mettendo in evidenza le relazioni intrattenute da Archia, enfatizza implicitamente le grandi qualità del poeta, capace di guadagnarsi la stima di personaggi influenti e colti. cum M. Lucullo: la correzione M. dello Schutz per L. dei codici è difendibile sulla scorta del § 8. civitas aequissimo iure ac foedere: Eraclea, oggi Policoro, era un’antica colonia tarentina fondata in Lucania (l’odierna Basilicata) attorno al 432 a.C. La città era federata a Roma dal 278 a.C.; i foedera aequa implicavano uguaglianza di diritti fra Roma e le città federate, ma non garantivano l’ indipendenza politica di queste ultime. 7. Data est civitas Silvani lege et Carbonis: “Si qui foederatis civitatibus ascripti fuissent, si tum cum lex ferebatur in Italia domicilium habuissent et si sexaginta diebus apud praetorem essent professi”. 7. La cittadinanza gli fu concessa in base alla legge di Silvano e Carbone, [la quale affermava che la cittadinan- za sarebbe stata concessa] “se qualcuno fosse stato iscrit- to nelle città confederate, se allora, quando la legge ve- niva emanata, avesse avuto un domicilio in Italia e se <in> tabulis nullam lituram in nomine A. Licini videtis. un solo nome. E in queste liste non vedete nessuna cancellatura sul nome di Aulo Licinio. An domicilium Romae non habuit is interrogativa diretta qui tot annis … Romae conlocavit? relativa An non est professus? interrogativa diretta Immo vero eis tabulis professus (est) principale quae solae … obtinent … relativa cum Appi tabulae neglegentius adservatae dicerentur cum + cong. (= avversativa) Gabini .. omnem fidem resignasset levitas .. calamitas cum + cong. (= avversativa, coord. alla precedente per asindeto) quam diu incolumis fuit temporale (concomitanza) Metellus … tanta diligentia fuit principale ut … venerit consecutiva et dixerit consecutiva (coord. alla sub.) se commotum esse infinitiva oggettiva ex illa professione conlegioque praetorum: professio e conlegio formano una sorta di endiadi, a denotare il carattere ufficiale (professio è deverbativo di profiteor, “dichiarare pubblicamente”) e collegiale della pretura. Con l’emanazione della lex Plauzia – Papiria (89 a.C.), in seguito al gran numero di stranieri che si presentò per l’iscrizione nei registri, il praetor urbanus venne affiancato nell’adempimento delle operazioni anche da altri pretori. Appi: Appio Claudio Pulcro, questore nel 99, edile forse nel 91, pretore nell’ 89 a.C. Cicerone qui ne critica la negligenza nella compilazione dei registri (critica funzionale alla sua argomentazione), ma altrove lo definisce vir egregius dissimilisque filii (dom. 83; suo figlio, Publio Clodio Pulcro, fu infatti il tribuno nemico di Cicerone). neglegentius: comparativo di maggioranza dell’avverbio neglegenter, qui impiegato assolutamente. Gabini: Publio Gabinio Capitone, pretore nell’ 89 a.C.; al ritorno dalla provincia d’Acaia fu accusato di estorsione e quindi condannato intorno all’87 a.C. Metellus, homo sanctissimus modestissimusque omnium: Quinto Cecilio Metello Pio, figlio di Quinto Cecilio Metello Numidico, entrambi già ricordati in precedenza come persone in grande familiarità con Archia (§ 5). L’apposizione è caratterizzata dalla coppia di superlativi relativi, che rimarcano la superiorità morale del pretore rispetto ai colleghi. ad L. Lentulum praetorem et ad iudices venerit: difficile stabilire l’anno in cui fu pretore Lucio Cornelio Lentulo; qui probabilmente il riferimento è a una commissione incaricata di indagare sulla falsificazione di atti pubblici o, più specificatamente, sull’inserimento illegale di nomi all’interno delle liste dei cittadini. A. Licini: Archia è ancora una volta definito con il suo nome romano che, stando all’affermazione di Cicerone, era quello che compariva anche sull’atto ufficiale. Interrogative dirette Le interrogative dirette sono proposizioni indipendenti che pongono una domanda diretta. L’interrogativa si dice • reale se la domanda non lascia prevedere la risposta («come stai?») • retorica se implica già la risposta («non vuoi bene a tua madre?» «certo che vuoi bene a tua madre») • volitiva se equivale a un’esortazione («non taci?» = «taci!»). L’interrogativa diretta latina può essere introdotta: 1) da pronomi, aggettivi e avverbi interrogativi (quis es?, «chi sei?»); 2) da particelle interrogative: • l’enclitica –ne per le interrogative reali (uenisne? «vieni?») • num per le interrogative retoriche a risposta negativa (num uenit? «è forse venuto?» = «non è venuto»); con questo valore si impiega anche an, quando introduce un’interrogazione semplice. • nonne per le interrogative retoriche a risposta positiva (nonne uenit? «non è venuto, forse?» = certo che è venuto) 3) dalla sola intonazione (uenis?, «vieni?»). Infine, le interrogative, sia dirette che indirette, sono distinte in semplici (pongono una domanda sola: «dove vai?»), o disgiuntive (pongono più quesiti: «vai o resti?»); in latino queste ultime sono introdotte da an, di solito in correlazione a utrum, oppure a –ne (es. utrum abis an manes?/ abisne an manes?). Temporali 1. Determinazione temporale generica: si colloca l’evento A nel tempo dell’evento B. - cum + indicativo, «quando». Nella sovraordinata si può trovare tum, «allora». - altri tipi di cum + indicativo sono: il cum iterativum e il cum inversum - cum con il congiuntivo (cum narrativum o historicum) 2. Determinazione temporale specifica: dati due avvenimenti, si intende: che A, indicato dalla temporale, è anteriore a B: precedenza (semplice o immediata); che A è concomitante a B: concomitanza; che A è successivo a B: successione, semplice o immediata. Le congiunzioni e i modi sono i seguenti: a1) precedenza semplice: postquam + ind. perfetto di regola, più che perfetto se è indicato il tempo trascorso tra i due eventi, «dopo che»: Dion, postquam Corinthum pervenit, bellum comparare coepit, «Dione, dopo che giunse a Corinto, cominciò a preparare la guerra»; Cimon, post tertium annum quam expulsus erat, in patriam revocatus est, «Cimone, dopo il terzo anno da che era stato cacciato, fu richiamato in patria». a2) precedenza immediata: ut, ubi, ubi primum, ut primum, cum primum, statim ut, simul ac, simul ac primum + IND., «non appena che»: b) concomitanza: dum + presente indicativo: «mentre», «nel momento che» (primo dum); dum, donec, quoad, quamdiu, con tutti i tempi dell’indicativo, «mentre», «per tutto il tempo che» (secondo dum): - dum Romae consulitur, Saguntum expugnatum est, «mentre a Roma si discuteva, Sagunto fu espugnata»; - haec feci, dum licuit, «ho fatto questo, finchè mi fu lecito». c1) successione semplice: antequam, priusquam + indic. (semplice rapporto di tempo); + cong. (intenzionalità): haec dixi, antequam venisti, «ho detto questo, prima del momento in cui sei venuto»; haec dixi, antequam venires, «ho detto questo, senza aspettare che tu venissi». c2) successione immediata: dum, donec, quoad, con ind. o cong. come per antequam e priusquam: exspecto, dum venias, «aspetto che tu venga», «aspetto intanto che tu vieni» (terzo dum) uso di dum Come congiunzione che introduce le sub. temporali, dum ha tre diversi valori: 1) concomitanza: dum + presente indicativo, indipendentemente dal tempo della proposizione sovraordinata: «mentre», «nel momento che»: es. dum Romae consulitur, Saguntum expugnatum est, «mentre a Roma si discuteva, Sagunto fu espugnata». 2) parallelismo cronologico: dum + indicativo, spesso nello stesso tempo della sovraordinata: «per tutto il tempo che, finché»: haec feci, dum licuit, «ho fatto questo, finchè mi fu lecito». 3) successione immediata: dum (come donec, quoad) con ind. o cong.: «fino al momento che, finchè»: exspecto, dum venias, «aspetto che tu venga», «aspetto fintanto che tu vieni». 10. Quae cum ita sint, quid est quod de eius civitate dubitetis, praesertim cum aliis quoque in civitatibus fuerit ascriptus? Etenim cum mediocribus multis et aut nulla aut humili aliqua arte praeditis gratuito civitatem in Graecia homines impertiebant, Reginos credo aut Locrensis aut Neapolitanos aut Tarentinos, quod scaenicis artificibus largiri solebant, id huic summa ingeni praedito gloria noluisse! 10. E stando così le cose, qual è il motivo per cui dovreste dubitare della sua cittadinanza, soprattutto visto che è stato iscritto anche in altre città? Infatti, in un tempo in cui in Grecia gli uomini assegnavano facilmente la cittadinanza a molte persone mediocri e dotate di capacità infime o nulle, devo credere che i Reggini, i Locresi, i Napoletani o i Tarentini, dal momento che erano soliti accordarla a teatranti, non volessero assegnarla a costui, che è dotato della somma Quid? cum ceteri non modo post civitatem datam sed etiam post legem Papiam aliquo modo in eorum municipiorum tabulas inrepserunt, hic qui ne utitur quidem illis in quibus est scriptus, quod semper se Heracliensem esse voluit, reicietur? gloria del talento? Cosa? Mentre gli altri si sono in qualche modo insinuati negli elenchi delle loro città non solo dopo la concessione della cittadinanza, ma anche dopo la legge Papia, sarà respinto costui, che neppure si serve di quelle liste in cui è stato iscritto, dal momento che ha sempre voluto essere Eracleese? Quae cum ita sint cum + cong. (= causale) quid est interrogativa diretta (= principale) quod de eius civitate dubitetis sostantiva (funzione epesegetica) praesertim cum … fuerit ascriptus cum + cong. (= causale) Etenim cum … homines impertiebant temporale credo principale (esclamativa: ironia) Reginos … id huic … noluisse infinitiva oggettiva quod scaenicis largiri solebant dichiarativa Cum ceteri … tabulas inrepserunt temporale hic … reicietur principale qui ne utitur quidem illis relativa in quibus est scriptus relativa quod semper … voluit dichiarativa se Heracliensem esse infinitiva oggettiva quid est quod: nesso idiomatico, spesso anche con est sottinteso. scaenicis artificibus: “teatranti”, con chiara accezione negativa: a Roma infatti gli attori erano generalmente tenuti in scarsa considerazione. Artifex è composto di ars e facio: implicita è l’opposizione tra ars, la tecnica, e ingenium, il talento, evidente anche nella contrapposizione fra aut nulla aut humili aliqua arte praeditis e summa ingeni praedito gloria. Praeditus da prae e do, letteralmente “che porta davanti a sé”. post legem Papiam: la legge Papia, dal nome del tribuno Gaio Papio che la propose nel 65 a.C. Suo obiettivo era far cessare l’esercizio illegale dei diritti di cittadinanza espellendo da Roma di tutti gli stranieri che risiedessero fuori dall’Italia. inrepserunt: verbo espressivo; composto di in e repo, significa propriamente “strisciare dentro”, quindi “insinuarsi”. 11. Census nostros requiris. Scilicet; est enim obscurum proximis censoribus hunc cum clarissimo imperatore L. Lucullo apud exercitum fuisse, superioribus cum eodem quaestore fuisse in Asia, primis Iulio et Crasso nullam populi partem esse censam. Sed, quoniam census non ius civitatis confirmat ac tantum modo indicat eum qui sit census ita se iam tum gessisse, pro cive, eis temporibus <is> quem tu criminaris ne ipsius quidem iudicio in civium Romanorum iure esse versatum et testamentum saepe fecit nostris legibus, et adiit hereditates civium Romanorum, et in beneficiis ad aerarium delatus est a L. Lucullo pro consule. Quaere argumenta, si quae potes; numquam enim hic neque suo neque amicorum iudicio revincetur. 11. Tu chiedi i nostri censimenti. Ma certo: è infatti un bel segreto che costui, al tempo dei censori più recenti, sia stato a sèguito dell’esercito col grandissimo generale Lucio Lucullo, al tempo dei censori precedenti sia stato in Asia con lo stesso Lucullo, questore, e che al tempo dei primi censori, Giulio e Crasso, non sia stata censita nessuna parte del popolo. Ma poiché il censimento non conferma il diritto di cittadinanza ma indica soltanto che colui che è stato censito già da tempo agiva così, come un cittadino, a quei tempi colui che tu accusi di non aver goduto, nemmeno a suo dire, dei diritti di un cittadino romano, aveva spesso fatto testamento secondo le nostre leggi, aveva avuto accesso alle eredità di cittadini romani, era stato segnalato all’erario tra i gratificandi dal proconsole Lucio Lucullo. Cerca delle prove, se puoi; costui infatti non verrà mai smentito dalle parole sue o dei suoi amici. Census nostros requiris principale est enim obscurum principale (ironia) proximis censoribus abl. assoluto (= temporale) hunc … apud exercitum fuisse infinitiva soggettiva superioribus abl. assoluto (= temporale) quantum: l’anafora di quantum struttura due tricola, il primo retto da conceditur, il secondo da tribuunt. Si noti la struttura chiastica, che enfatizza la giustapposizione tra la prima serie, crescente, e la seconda, decrescente. oratio et facultas: l’eloquenza; qui come altrove Cicerone, attraverso l’endiadi, “scompone” un concetto nei suoi elementi costitutivi. 14. Nam nisi multorum praeceptis multisque litteris mihi ab adulescentia suasissem nihil esse in vita magno opere expetendum nisi laudem atque honestatem, in ea autem persequenda omnis cruciatus corporis, omnia pericula mortis atque exsili parvi esse ducenda, numquam me pro salute vestra in tot ac tantas dimicationes atque in hos profligatorum hominum cotidianos impetus obiecissem. Sed pleni omnes sunt libri, plenae sapientium voces, plena exemplorum vetustas; quae iacerent in tenebris omnia, nisi litterarum lumen accederet. Quam multas nobis imagines non solum ad intuendum verum etiam ad imitandum fortissimorum virorum expressas scriptores et Graeci et Latini reliquerunt! quas ego mihi semper in administranda re publica proponens animum et mentem meam ipsa cogitatione hominum excellentium conformabam. 14. Infatti se grazie agli insegnamenti di molti e alle molte letture non mi fossi persuaso fin dalla giovinezza che nella vita nulla si deve ricercare con grande impegno se non la lode e l’onore, e che nel conseguirli ogni tormento del corpo, ogni pericolo di morte o d’esilio deve essere considerato di poco conto, mai mi sarei gettato per la vostra salvezza in tante e tanto grandi lotte, e in questi quotidiani assalti di uomini vili. Ma di esempi sono pieni i libri, piene le voci dei saggi, piena l’antichità: cose che giacerebbero tutte nelle tenebre, se non vi si accostasse la luce delle lettere. Quante nitide immagini di uomini fortissimi, non solo da ammirare ma da imitare, ci hanno lasciato gli scrittori Greci e Latini! E io, tenendomele sempre dinnanzi nel governare lo stato, plasmavo il mio animo e la mia mente grazie alla riflessione su questi uomini eccelsi. Nam nisi multorum praeceptis … mihi … suasissem protasi p. ipotetico irrealtà nihil esse in vita magno opere expetendum … infinitiva oggettiva in ea … omnia pericula parvi esse ducenda infinitiva oggettiva numquam me … obiecissem apodosi p. ipotetico irrealtà (= principale) Sed pleni sunt … principale quae iacerent in tenebris omnia apodosi p. ipotetico dell’irrealtà (= principale) nisi litterarum lumen accederet protasi p. ipotetico dell’irrealtà Quam multas nobis imagines … reliquerunt principale (= esclamativa) non solum ad intuendum finale implicita verum etiam ad imitandum finale implicita quas ego mihi … proponens participio congiunto (= causale) animum et mentem meam conformabam principale numquam me pro salute vestra in tot ac tantas dimicationes atque in hos profligatorum hominum cotidianos impetus obiecissem: allude verosimilmente al proprio consolato dell’anno precedente (63 a.C.), durante il quale aveva sventato la congiura di Catilina. quae iacerent in tenebris omnia, nisi litterarum lumen accederet: la metafora, ormai stereotipata, dell’oblio come oscurità è qui rivitalizzata attraverso l’immagine della “luce delle lettere” che, come una lampada, si accosta agli esempi passati, illuminandoli. non solum ad intuendum verum etiam ad imitandum: la paronomasia enfatizza la correctio: gli esempi passati non vanno solo ammirati, ma imitati. La cultura deve infatti spronare, e informare, l’azione. expressas: termine del lessico della scultura, a cui la scrittura è spesso metaforicamente accostata (vd. anche § 30). 15. Quaeret quispiam: ‘Quid? illi ipsi summi viri quorum virtutes litteris proditae sunt istane doctrina quam tu effers laudibus eruditi fuerunt?’ Difficile est hoc de omnibus confirmare, sed tamen est certum quid respondeam. Ego multos homines excellenti animo ac virtute fuisse 15. Qualcuno chiederà: “Cosa? Proprio quegli uomini grandissimi, le cui virtù sono state tramandate dalle opere letterarie, furono formati da questa cultura che tu esalti con lodi? Ciò è difficile affermarlo di tutti, ma tuttavia è sicuro quel che risponderò. Ammetto che ci sono stati molti uomini di animo e virtù eccellenti senza sine doctrina, et naturae ipsius habitu prope divino per se ipsos et moderatos et gravis exstitisse fateor; etiam illud adiungo, saepius ad laudem atque virtutem naturam sine doctrina quam sine natura valuisse doctrinam. Atque idem ego hoc contendo, cum ad naturam eximiam et inlustrem accesserit ratio quaedam conformatioque doctrinae, tum illud nescio quid praeclarum ac singulare solere exsistere. cultura e che, per una disposizione quasi divina della loro stessa natura, si sono dimostrati di per sé saggi e autorevoli. E aggiungo anche questo, che alla lode e alla virtù è valsa più spesso la natura senza cultura che la cultura senza natura. E però sostengo anche questo, che quando a una natura eccelsa e straordinaria si sono aggiunti un certo metodo e la formazione data dalla cultura, allora è solito manifestarsi quel non so che di meraviglio e unico. Quaeret quispiam principale Illi ipsi summi viri … istane doctrina … eruditi fuerunt interrogativa diretta (= principale) quorum virtutes … proditae sunt relativa quam tu effers laudibus relativa Difficile est hoc de omnibus confirmare principale + infinito soggetto sed tamen est certum coord. alla principale quid respondeam interrogativa indiretta Ego … fateor principale multos homines … fuisse infinitiva et … moderatos et gravis extitisse infinitiva adiungo principale saepius … naturam sine doctrina (valuisse) infinitiva oggettiva quam … valuisse doctrinam comparativa Atque idem ego hoc contendo principale illud nescio quid … solere exsistere infinitiva cum … accesserit ratio cum + cong. (= temporale) quaeret quispiam: di nuovo un esempio di occupatio, in cui viene anticipata e confutata una possibile obiezione. Quispiam è il pron. indefinito della probabilità. Illi ipsi summi viri: espressione enfatica, come dimostra la compresenza di dimostrativo e determinativo. effers laudibus: effero (ex + fero) è qui determinato dall’ablativo strumentale laudibus. excellenti animo ac virtute: abl. di qualità. per se ipsos: quando il complemento di mezzo si riferisce a una persona il latino usa solitamente per + accusativo, di fatto uso metaforico del complemento di moto per luogo. saepius ad laudem atque virtutem naturam sine doctrina quam sine natura valuisse doctrinam: la comparazione, che contrappone gli isosillabici natura e doctrina, è marcata dalla struttura chiastica. nescio quid praeclarum ac singulare: nel nesso nescio modifica il senso del pronome (o dell’avverbio: ad es. nescio quare, “chi sa perché”) senza influire sul modo del verbo. Si distingua allora nescio qui dixit “un non so chi | ha detto” e nescio quis dixerit “non so | chi ha detto”. Congiuntivo indipendente volontà (negaz. ne): • esortativo: si usa per esortare, consigliare, comandare Speremus quae volumus, sed quae acciderint feramus! “Speriamo quello che vogliamo, ma sopportiamo quello che accadrà!” • desiderativo / ottativo: si usa per esprimere l’augurio che qualcosa avvenga o sia avvenuta, o il rimpianto che qualcosa non avvenga o non sia avvenuta Utinam id sit, quod spero “Magari sia quello che spero” • concessivo: si usa per concedere che qualche cosa avvenga o sia vera. Sed fruantur sane hoc solacio “Ma abbia pure questa consolazione” eventualità (negaz. non) • potenziale: indica che qualcosa potrebbe o sarebbe potuta accadere. Riserit aliquis fortasse hoc praeceptum “Qualcuno forse potrebbe ridere di questo precetto” • irreale: indica che non avviene o non avvenne qualche cosa che in diverse circostanze avviene o sarebbe avvenuta. Tu vellem ego adesses: nec mihi consilium nec consolatio deesset “Vorrei che tu ci fossi: non mi mancherebbe né consiglio né conforto” • ipotetico: enuncia un ipotesi presentata come realizzabile (e quindi in riferimento al presente- futuro) o come non realizzata (e quindi in riferimento al passato). Assem habeas, assem valeas “Hai un soldo, vali un soldo” • dubitativo: esprime in forma interrogativa il dubbio, reale o fittizio, sul da farsi Quid ergo agam? “Che devo dunque fare?” 16. Ex hoc esse hunc numero quem patres nostri viderunt, divinum hominem, Africanum, ex hoc C. Laelium, L. Furium, moderatissimos homines et continentissimos, ex hoc fortissimum virum et illis temporibus doctissimum, <M.> Catonem illum senem; qui profecto si nihil ad percipiendam colendamque virtutem litteris adiuvarentur, numquam se ad earum studium contulissent. Quod si non hic tantus fructus ostenderetur, et si ex his studiis delectatio sola peteretur, tamen, ut opinor, hanc animadversionem humanissimam ac liberalissimam iudicaretis. Nam ceterae neque temporum sunt neque aetatum omnium neque locorum; at haec studia adulescentiam agunt, senectutem oblectant, secundas res ornant, adversis perfugium ac solacium praebent, delectant domi, non impediunt foris, pernoctant nobiscum, peregrinantur, rusticantur. 16. Di questa categoria faceva parte lui, che i nostri padri hanno conosciuto, un uomo divino, l’Africano, di questa Gaio Lelio, Lucio Furio, uomini di grande temperanza e moderazione, di questa quell’uomo fortissimo, e per quei tempi coltissimo, Marco Catone il vecchio; e costoro, se dalle lettere non avessero tratto alcun aiuto per la conoscenza e la pratica della virtù, di certo non si sarebbero mai dedicati allo studio di queste cose. Ma anche se non se ne dimostrasse un’utilità così grande, e se da questi studi si ricercasse solo un piacere, tuttavia, come credo, giudichereste questa occupazione la più degna dell’uomo e la più nobile. Le altre infatti non sono né per tutti i tempi, né per tutte le età, né per tutti i luoghi. Invece questi studi spronano la giovinezza, allietano la vecchiaia, adornano la prosperità, offrono rifugio e conforto nelle avversità, rallegrano in casa, non ostacolano fuori, con noi vegliano la notte, viaggiano, si godono la campagna. Ex hoc esse hunc numero … ex hoc … ex hoc infinitiva (retta dal precedente contendo) quem patres nostri viderunt relativa si nihil … litteris adiuvarentur protasi p. ipotetico irrealtà ad percipiendam colendamque virtutem finale implicita numquam se ad earum studium contulissent apodosi p. ipotetico irrealtà (= principale) si non hic tantus fructu ostenderetur protasi p. ipotetico irrealtà et si ex his studiis delectatio sola peteretur protasi p. ipotetico irrealtà (= coord.) hanc animadversionem … iudicaretis apodosi p. ipotetico irrealtà (= principale) ut opinor incidentale Nam ceterae neque temporum sunt neque … principale at haec studia adulescentiam agunt principale senectutem oblectant coord. alla principale secundas res ornant coord. alla principale adversis perfugium ac solacium praebent coord. alla principale delectant domi coord. alla principale non impediunt foris coord. alla principale Qua re … Ennius “sanctos” appellat poetas principale + nesso relativo quod … commendati nobis esse videantur causale soggettiva Quotiens: si noti l’anafora dell’avverbio esclamativo che in un caso riprende la frase lasciata in sospeso, nell’altro introduce una nuova condizione. utar … attenditis: l’espressione parentetica richiama quanto Cicerone aveva annunciato al § 3, e cioè il carattere “inconsueto” dell’orazione. Come in quel passo anche qui l’indicazione anticipa, e in effetti giustifica, la focalizzazione sull’attività poetica di Archia. ex tempore: in contesti come questo la locuzione segnala l’improvvisazione (cf. Cic. De or. 3,194 verus fundere ex tempore); da qui il nostro “estemporaneo”. Non: l’anafora struttura un tricolon ascendente con cui Cicerone di fatto giustifica “su base estetica” la propria difesa di Archia. ceterarum rerum studia … inflari: l’opposizione tra gli studia ceterarum rerum e il poeta è marcata dal contrasto fra gli elementi che rispettivamente li caratterizzano, disposti in due serie trimembre. quasi divino quodam spiritu: per l’espressione “doppiamente” indefinita cf. § 2 quasi cognatione quadam, ma vd. anche il seguente quasi deorum aliquo dono atque munere. 19. Sit igitur, iudices, sanctum apud vos, humanissimos homines, hoc poetae nomen quod nulla umquam barbaria violavit. Saxa atque solitudines voci respondent, bestiae saepe immanes cantu flectuntur atque consistunt; nos instituti rebus optimis non poetarum voce moveamur? Homerum Colophonii civem esse dicunt suum, Chii suum vindicant, Salaminii repetunt, Smyrnaei vero suum esse confirmant itaque etiam delubrum eius in oppido dedicaverunt, permulti alii praeterea pugnant inter se atque contendunt. Ergo illi alienum, quia poeta fuit, post mortem etiam expetunt; nos hunc vivum qui et voluntate et legibus noster est repudiamus, praesertim cum omne olim studium atque omne ingenium contulerit Archias ad populi Romani gloriam laudemque celebrandam? Nam et Cimbricas res adulescens attigit et ipsi illi C. Mario qui durior ad haec studia videbatur iucundus fuit. 19. Giudici, uomini coltissimi, sia dunque sacro per voi questo nome di poeta, che mai nessuna barbarie ha violato. Rocce e deserti rispondono alla sua voce, spesso bestie feroci sono placate dal canto e si fermano; e noi, educati dai migliori insegnamenti, non saremo smossi dalla voce dei poeti? I Colofonii affermano che Omero è loro concittadino, i Chii lo rivendicano come proprio, i Salaminii lo reclamano, gli Smirnei poi ribadiscono che è loro e pertanto gli hanno anche dedicato un tempietto nella città, e molti altri ancora disputano tra loro e se lo contendono. E così questi, anche dopo la morte, reclamano uno straniero perché era un poeta; e noi invece ripudiamo costui, vivo, che per sua volontà e per legge è nostro, soprattutto visto che da tempo Archia ha consacrato ogni suo sforzo e talento a celebrare la gloria e la fama del popolo romano? Infatti da giovane si dedicò alla campagna contro i Cimbri e fu caro allo stesso Gaio Mario, che si mostrava particolarmente ostile a queste occupazioni. Sit igitur … sanctus … hoc poeta nomen principale (= cong. esortativo) quod nulla umquam barbaria violavit relativa Saxa … voci respondent, principale bestiae saepe immanes cantu flectuntur coord. alla principale atque consistunt coord. alla principale nos … non poetarum voce moveamur? principale (= cong. dubitativo) Colophonii … dicunt principale Homerum … civem esse … suum infinitiva Chii suum vindicant coord. alla principale Salamini repetunt coord. alla principale Smyrnaei vero … confirmant coord. alla principale suum esse infinitiva itaque etiam delubrum … dedicaverunt coord. alla principale permulti alii pugnant … coord. alla principale atque contendunt coord. alla principale Ergo illi alienum … expetunt principale quia poeta fuit causale nos hunc vivum … repudiamus principale qui et voluntate et legibus noster est relativa praesertim cum … contulerit Archias cum + cong. (= causale) ad populi Romani gloriam … celebrandam finale implicita Nam et Cimbricas res adulescens attigit principale et illi ipsi C. Mario … iucundus fuit coord. alla principale qui durior ad haec studia videbatur relativa humanissimos homines: la figura etimologica anticipa ed enfatizza la contrapposizione rispetto al successivo barbaria, astratto da barbarus. saxa … consistunt: l’espressione è citata, e commentata, da Quint. inst. 8,3,75; 9,4,44 (ma vd. anche 11,1,34; 11,3,84). Con ogni probabilità Cicerone allude alle figure mitiche di Anfione e Orfeo. omne … studium atque omne ingenium: lo studio e il talento naturale, dalla cui sinergia scaturisce l’eccellenza (cf. § 15). ad pouli Romani gloriam laudemque celebrandam: la finale introduce un tema che sarà centrale nel proseguo dell’orazione: la funzione civile della poesia, tesa alla celebrazione non tanto dei singoli generali, ma dell’intero popolo Romano. attigit: alla luce del contesto Archia non “affrontò” la campagna da soldato, ma vi si dedicò da poeta. 20. Neque enim quisquam est tam aversus a Musis qui non mandari versibus aeternum suorum laborum praeconium facile patiatur. Themistoclem illum, summum Athenis virum, dixisse aiunt, cum ex eo quaereretur quod acroama aut cuius vocem libentissime audiret: “eius a quo sua virtus optime praedicaretur”. Itaque ille Marius item eximie L. Plotium dilexit, cuius ingenio putabat ea quae gesserat posse celebrari. 20. Nessuno infatti è tanto nemico delle Muse da non sopportare di buon grado che si affidi ai versi l’eterno elogio delle proprie fatiche. Si racconta che quando gli venne chiesto quale cantore o la voce di chi ascoltasse più volentieri, il famoso Temistocle, quel grande Ateniese, rispose la voce di colui dal quale la sua virtù sarebbe celebrata meglio. E così allo stesso modo il celebre Mario apprezzò particolarmente Lucio Plozio, dal cui talento pensava potessero essere celebrate le imprese che aveva compiuto Neque enim quisquam est tam aversus a Musis principale qui non … facile patiatur relativa impropria (= consecutiva) mandari uersibus … praeconium infinitiva oggettiva aiunt principale Themistoclem illum … dixisse … [vocem] eius infinitiva oggettiva cum ex eo quaereretur cum + cong. (= temporale) quod acroama … audiret interrogative indirette a quo sua virtus … praedicaretur relativa al cong. per attrazione modale (= cong. caratterizzante) ille Marius … eximie L. Plotium dilexit principale cuius ingenio putabat relativa ea … posse celebrari infinitiva oggettiva quae gesserat relativa acroama: traslitterazione del greco , letteralmente “anything heard, esp. with pleasure” (LSJ9), quindi “lettura”, “recitazione” ma per metonimia anche la persona a ciò adibita. Significativo che qui Cicerone, conformemente al suo uso, offra una parafrasi latina del grecismo (in vero piuttosto raro: compare ancora in Cic. Verr. 2,4,49; Sest. 116 e poi solo in Nep. 14,1 e Petron. 78,5). Attrazione modale In latino spesso proposizioni dipendenti da una sovraordinata al congiuntivo o all’infinito presentano il verbo al congiuntivo anziché all’indicativo. Di fatto il congiuntivo “attratto” mantiene quasi sempre il suo valore modale: infatti il congiuntivo, in quanto modo della soggettività, e l’infinito, in quanto privo di autonomia sintattica e dipendente da un’espressione soggettivizzante, creano un’atmosfera “soggettiva” e questa, se la natura della subordinata lo permette, tende a permanere in essa e quindi a favorire il congiuntivo. Le principali forme della soggettività che interessano l’attrazione modale sono a) il congiuntivo indiretto e obliquo, quando si presenta esplicitamente il processo verbale come pensato Efficitur igitur fato fieri, quaecumque fiant “Se ne conclude dunque che è fatale tutto ciò che avviene” b) il congiuntivo irreale, quando si presenta la subordinata come momento necessario di un’ipotesi irreale Si solos eos diceres miseros, quibus moriendum esset, neminem eorum qui viverent exciperes “Se chiamassi disgraziati solo quelli che devono morire, non faresti eccezione per nessuno di quelli che sono in vita”. c) il congiuntivo eventuale e indeterminato, quando il processo verbale della subordinata non è presentato come un fatto unico e individuato, ma generico, virtuale, ripetuto, supposto … Quis aut eum diligat, quem metuat, aut eum a quo se metui putet? “Chi potrebbe amare chi teme o chi crede che lo tema?” d) il congiuntivo “caratterizzante”, quando la subordinata sottolinea le caratteristiche di un individuo o di una categoria di individui della sovraordinata Tanta huius belli ad barbaros opinio perlata est, uti ab eis nationibus, quae trans Rhenum incolerent, mitterentur legati ad Caesarem “Così grande fu la fama di questa guerra giunta tra i barbari, che persino da oltre Reno furono inviati ambasciatori a Cesare” e) tutti i valori che possono avere i congiuntivi subordinati (causale, avversativo, concessivo, ipotetico … ) 21. Mithridaticum vero bellum magnum atque difficile et in multa varietate terra marique versatum totum ab hoc expressum est; qui libri non modo L. Lucullum, fortissimum et clarissimum virum, verum etiam populi Romani nomen inlustrant. Populus enim Romanus aperuit Lucullo imperante Pontum et regiis quondam opibus et ipsa naturae regione vallatum, populi Romani exercitus eodem duce non maxima manu innumerabilis Armeniorum copias fudit, populi Romani laus est urbem amicissimam Cyzicenorum eiusdem consilio ex omni impetu regio atque totius belli ore ac faucibus ereptam esse atque servatam. Nostra semper feretur et praedicabitur L. Lucullo dimicante, cum interfectis ducibus depressa hostium classis est, incredibilis apud Tenedum pugna illa navalis, nostra sunt tropaea, nostra monumenta, nostri triumphi. Quae quorum ingeniis efferuntur, ab eis populi Romani fama celebratur. 21. La guerra Mitridatica, grande, difficile, condotta per terra e per mare con grande varietà di eventi, fu interamente raccontata da costui. E questi libri non danno lustro solo a Lucio Lucullo, uomo grandissimo e fortissimo, ma anche al nome del popolo romano. Infatti il popolo romano, sotto la guida di Lucullo, aprì il Ponto, allora ben difeso dalle ricchezze del re e dalla stessa conformazione naturale; l’esercito del popolo romano, assieme allo stesso generale, sconfisse con una schiera non grandissima le sterminate truppe degli Armeni; va a onore del popolo romano che la fedelissima città di Cizico, grazie alla strategia di Lucullo, sia stata salvata da ogni assalto del re e strappata dal morso e dalle fauci dell’intera guerra. Nostra sarà sempre detta e celebrata la straordinaria battaglia navale presso Tenedo – vi combatteva Lucio Lucullo – quando, uccisi i generali, fu distrutta la flotta dei nemici, nostri sono i trofei, nostri i monumenti, nostri i tronfi. E la fama del popolo romano è celebrata da coloro i cui ingeni esaltano queste imprese. Mithridaticum vero bellum … expressum est principale qui libri … inlustrant principale (con nesso relativo) Populus enim Romanus aperuit … Pontum … principale Lucullo imperante abl. assoluto (= temporale) populi Romani exercitus … fudit coord. alla principale eodem duce abl. assoluto (= temporale) populi Romani laus est coord. alla principale urbem … ereptam esse atque servata infinitiva epesegetica nostra semper feretur … pugna principale et praedicabitur coord. alla principale L. Lucullo dimicante ablativo assoluto (temporale) cum … depressa hostium classis est temporale interfectis ducibus abl. assoluto (= temporale) nostra sunt tropaea … coord. alla principale qui corpus eius contexerat relativa noster hic Magnus … nonne … civitate donavit interrogativa retorica, risp. positiva (= principale) qui … fortunam adaequavit relativa et nostri illi fortes viri … approbaverunt coord. all’interrogativa nam nisi illi ars illa exstitisset: così i codici; molti editori adottano però la brillante congettura del Naugerius nam nisi Ilias illa exstitisset, che permette di evitare tanto il poliptoto (qui effettivamente poco funzionale) quanto il riferimento all’ars che, alla luce dell’uso ciceroniano, mal si adatta a caratterizzare l’opera di Omero. noster hic Magnus: richiama il precedente magnus ille Alexander, favorendo il passaggio dall’aneddoto sul condottiero greco (356-323 a.C.) all’attualità del generale romano (106-48 a.C.). Pompeo Magno fu a capo di vittoriose spedizioni in Sicilia, Africa e Spagna; nel 67 a.C. gli venne affidata la lotta contro i pirati e nel 66 a.C. rilevò il comando della guerra mitridatica. Theophanem Mytilenaeum: consigliere politico di Pompeo e storico delle sue imprese, lo accompagnò nella spedizione contro Mitridate, e in questa occasione ricevette la cittadinanza romana. in contione militum civitate donavit: poiché la cittadinanza era un diritto che poteva essere concesso solo dal popolo, Pompeo, essendo impegnato in una campagna militare, dovette ottenere il consenso dell’assemblea dei soldati. dulcedine quadam gloriae commoti quasi participes eiusdem laudis: il chiasmo mette in evidenza i motivi che spinsero i soldati a ratificare la proposta. Nominativo con infinito Oltre al caso di videor (costruzione personale), il nominativo con l’infinito si incontra anche con altri verbi copulativi passivi, perlopiù verba dicendi e existimandi (dicor, narror, audior, nuntior, feror, trador, perhibeor; existimor, putor, habeor, credor, iudicor, reperior, invenior) Tali verbi preferiscono tuttavia la costruzione impersonale (verbo alla 3a pers. Singolare, sostantiva seguente con accusativo e infinito): – nelle forme composte In hac habitasse platea dictum est Chrysidem “Mi è stato detto che Crisisde abitava in questa piazza” – con i verbi servili Ut facile existimari posset nihil eos de eventu eius diei timuisse “Di modo che si poteva facilmente pensare che essi non avevano avuto alcun timore sull’esito di quella giornata” – nelle proposizioni incidentali Germani ad eum venerunt, ut dicebatur, sui purgandi causa “I Germani vennero da lui, come si diceva, per giustificarsi. La costruzione del nominativo con infinito si incontra poi con alcuni verbi passivi che significano “comandare, permettere, vietare”, e cioè iubeor, vetor, prohibeor, sinor, cogor. 25. Itaque, credo, si civis Romanus Archias legibus non esset, ut ab aliquo imperatore civitate donaretur perficere non potuit. Sulla cum Hispanos et Gallos donaret, credo, hunc petentem repudiasset; quem nos vidimus, cum ei libellum malus poeta de populo subiecisset, quod epigramma in eum fecisset tantum modo alternis versibus longiusculis, statim ex eis rebus quas tum vendebat iubere ei praemium tribui, sed ea condicione ne quid postea scriberet. Qui sedulitatem mali poetae duxerit aliquo tamen praemio dignam, huius ingenium et virtutem in scribendo et copiam non expetisset? 25. E allora, ma certo, se Archia non fosse cittadino romano in virtù delle leggi, non avrebbe potuto ottenere che gli venisse concessa la cittadinanza per opera di qualche comandante! Ma certo, Silla, mentre la concedeva a Spagnoli e Galli, avrebbe respinto lui che ne faceva richiesta! Però nell’assemblea, quando un poetastro del popolo gli porse un libretto, per il fatto che vi aveva composto un epigramma in suo onore soltanto alternando versi un po’ più lunghi, l’abbiamo visto ordinare che gli venisse assegnato un premio fra le cose che allora metteva all’asta, ma a condizione che poi non scrivesse più nulla. E un uomo così, che stimò la premura di un poetastro degna comunque di un premio, non avrebbe apprezzato il talento, le qualità e l’abbondanza nello scrivere di Archia? Credo parentetica si civis Romanus Archias … non esset protasi p. ipotetico irrealtà non potuit perficere apodosi p. ipotetico realtà + infinito oggetto ut ab aliquo imperatore civitate donaretur sostantiva di fatto cum Hispanos et Gallos donaret cum + cong. (= temporale) Sulla … hunc petentem repudiasset principale (cong. irreale) quem nos in contione vidimus … iubere principale + infinito oggetto cum ei libellum malus poeta … subiecisset cum + cong. (= temporale) quod epigramma in eum fecisset causale soggettiva statim ex eis rebus … ei premium tribui … infinitiva oggettiva quas tum vendebat relativa ne quid postea scriberet consecutiva (restrittiva, valore volitivo) Qui sedulitatem mali poetae duxerit … dignam relativa impropria (= consecutiva) + nesso relativo huius ingenium … non expetisset cong. irreale (= apodosi p. ipotetico irrealtà) credo: la parentetica, ripresa anche nel periodo successivo, segnala l’ironia. Si civis Romanus Archias legibus non esset: protasi dell’irrealtà: per Cicerone Archia è infatti cittadino romano in virtù della legge Plautia – Papiria dell’89 a.C. (cf. supra, §§ 7-8). Silla: Lucio Cornelio Silla (138-78 a.C.). Sulle sue concessioni della cittadinanza a Ispani e Galli vd. anche Cic. Balb. 50. epigramma in eum fecisset tantum modo alternis versibus longiusculis: gli epigrammi sono scritti in distici elegiaci, formati dalla successione di un esametro (verso più lungo) e di un pentametro (verso più breve). L’espressione ciceroniana suggerisce allora lo scarso valore del componimento offerto a Silla, poetico solo per il fatto di essere scritto in versi. ex eis rebus quae tum vendebat: nell’82 a.C. Silla, in qualità di dictator, mise all’asta i bene dei nemici che erano stati proscritti. 26. Quid? a Q. Metello Pio, familiarissimo suo, qui civitate multos donavit, neque per se neque per Lucullos impetravisset? Qui praesertim usque eo de suis rebus scribi cuperet ut etiam Cordubae natis poetis pingue quiddam sonantibus atque peregrinum tamen auris suas dederet. Neque enim est hoc dissimulandum quod obscurari non potest, sed prae nobis ferendum: trahimur omnes studio laudis, et optimus quisque maxime gloria ducitur. Ipsi illi philosophi etiam in eis libellis quos de contemnenda gloria scribunt nomen suum inscribunt; in eo ipso in quo praedicationem nobilitatemque despiciunt praedicari de se ac <se> nominari volunt. 26. E poi? Da Quinto Metello Pio, suo grandissimo amico, che insignì molti della cittadinanza, non l’avrebbe ottenuta ricorrendo al suo prestigio o a quello dei Luculli? Soprattutto visto che costui desiderava che si scrivesse delle sue imprese al punto di prestare ascolto anche ai poeti nati a Cordoba, la cui parlata aveva un non so che di ampolloso ed esotico. Infatti ciò che non può essere messo in ombra non bisogna dissimularlo, ma manifestarlo: tutti siamo trascinati dal desiderio di lode, e più uno è grande più è guidato dalla gloria. I filosofi stessi mettono il proprio nome anche in quelle opere che compongono sullo spregio della gloria; e proprio là dove disprezzano l’elogio e la fama vogliono essere celebrati e ricordati. A Q. Metello pio … impetravisset principale (= cong. irreale, i.e. apodosi p. ipotetico irrealtà) qui civitate multos donavit relativa qui praesertim usque eo … scribi cuperet relativa impropria (= causale) + nesso relativo ut etiam … auris suas dederet consecutiva Neque enim est hoc dissimulandum principale quod obscurari non potest relativa + infinito oggetto sed prae nobis ferendum [est] coord. alla principale trahimur omnes studio laudis principale et optimus … gloria ducitur coord. alla principale philosophi etiam in eis libellis … nomen suum inscribunt principale quos de contemnenda gloria scribunt relativa in eo ipso … praedicari de se ac se nominari volunt principale + infinito oggetto in quo … despiciunt relativa Q. Metello Pio … Lucullos: Archia era in grande familiarità tanto con Quinto Metello Pio quanto con i Luculli (cf. § 6). Metelli e Luculli erano poi legati da parentela in quanto Cecilia, sorella di Metello Numidico e quindi zia di Metello Pio, era la madre di Lucio e Marco Lucullo. Cordubae: Cordova, città della Spagna Meridionale (Hispania Betica), che sarà patria dei due Seneca e di Lucano. Del particolare stile dei suoi oratori parla proprio Seneca Retore in suas. 6,27 e contr. 1 praef. 16. trahimur omnes studio laudis, et optimus quisque maxime gloria ducitur: si noti la costruzione chiastica, a rilevare l’opposizione tra il desiderio di lode, da cui tutti siamo trascinati, e la gloria, da cui vengono guidati i migliori. L’indefinito quisque, accompagnato da due superlativi, implica proporzione: “quanto più un uomo è grande, tanto più è guidato dalla gloria”. in eis libellis quos de contemnenda gloria scribunt nomen suum inscribunt: la figura etimologica (scribunt / inscribunt) sottolinea la contraddizione; vd. anche la chiosa seguente (in eo ipso in quo praedicationem nobilitatemque despiciunt praedicari de se ac <se> nominari volunt), ancora con figura etimologica rafforzata da parafonia (alla coppia praedicationem nobilitatemque rispondono praedicari … ac … nominari). 27. Decimus quidem Brutus, summus vir et imperator, Acci, amicissimi sui, carminibus templorum ac monumentorum aditus exornavit suorum. Iam vero ille qui cum Aetolis Ennio comite bellavit Fulvius non dubitavit Martis manubias Musis consecrare. Qua re, in qua urbe imperatores prope armati poetarum nomen et Musarum delubra coluerunt, in ea non debent togati iudices a Musarum honore et a poetarum salute abhorrere. 27. Decimo Bruto, uomo e comandante grandissimo, adornò gli ingressi dei templi e dei monumenti da lui commissionati con carmi di Accio, suo grandissimo amico. E addirittura il famoso Fulvio che, avendo Ennio al seguito, combatté contro gli Etoli, non esitò a consacrare alle Muse il bottino di Marte. Pertanto, in questa città dove generali quasi ancora in armi hanno venerato il nome dei poeti e i santuari delle Muse, i giudici in toga non devono essere avversi all’onore delle Muse e alla difesa dei poeti. Decimus quidem Brutus … exornavit principale qui cum Aetolis … bellavit relativa ille … Fulvius non dubitavit … consecrare principale in qua urbe imperatores … coluerunt relativa (prolessi del relativo) in ea non debent togati iudices … abhorrere principale Decimus … Brutus: Decimo Giunio Bruto Callaico, console nel 138 a.C., fu uomo di cultura e oratore, patrono del poeta Accio. Acci: Lucio Accio (170 - ca 84 a.C.) fu uno dei più grandi poeti tragici latini; delle sue opere ci restano solo frammenti di tradizione indiretta. Fulvius: Marco Fulvio Nobiliore, console nel 189 a.C., sconfisse gli Etoli e al suo ritorno fece erigere il tempio di Hercules Musarum. La sua vittoria fu cantata da Ennio nell’Ambracia e nel XV libro degli Annales. Ennio comite: secondo una prassi diffusa il poeta accompagnava nelle campagne militari il proprio protettore. Qua re … abhorrere: il parallelismo, alterato mediante efficaci chiasmi, mette a confronto l’atteggiamento che i generali ebbero verso i poeti, suggerendo così ai giudici il giusto comportamento da seguire. 28. Atque ut id libentius faciatis, iam me vobis, iudices, indicabo et de meo quodam amore gloriae nimis acri fortasse, verum tamen honesto vobis confitebor. Nam quas res nos in consulatu nostro vobiscum simul pro salute huius aeque imperi et pro vita civium proque universa re publica gessimus, attigit hic versibus atque inchoavit. Quibus auditis, quod mihi magna res et iucunda visa est, hunc ad perficiendum adornavi. Nullam enim virtus aliam mercedem laborum periculorumque desiderat praeter hanc laudis et gloriae; qua quidem detracta, iudices, 28. E affinché lo facciate più volentieri ora, giudici, mi denuncerò a voi e vi confesserò quel mio amore per la gloria, forse troppo ardente ma di certo onorevole. Infatti le imprese che io, assieme a voi, ho compiuto durante il mio consolato per la salvaguardia di questo potere, per la vita dei cittadini e per lo stato tutto, costui le ha esposte in versi, e ha già cominciato. E dopo averli ascoltati, poiché mi sembrava un lavoro importante e gradito, mi sono speso perché lo portasse a termine. La virtù infatti non desidera altra ricompensa per le fatiche e i pericoli se non questa ricompensa di fama e gloria; e tolta questa, giudici, per quale scopo ci