Scarica Pro Archia di Cicerone e più Dispense in PDF di Letteratura latina solo su Docsity! CICERONE PRO ARCHIA I CAPITOLO Il primo capitolo della Pro Archia, un’orazione giudiziaria, introduce il lettore nel tribunale dove Cicerone, attraverso l’exordium, cerca di creare un canale di comunicazione con l’uditorio al fine di attrarre la sua attenzione. In questo passo Cicerone spiega quanto Archia sia stato importante nella sua infanzia, perché grazie a lui ha intrapreso studi alti. Archia è un esempio di uomo con la mentalità aperta, pronto ad acquistare nuove conoscenze. Questa orazione vuole sottolineare l’importanza per ogni uomo di crearsi un solido bagaglio culturale e una buona padronanza dell’arte della parola, competenze essenziali per ogni cittadino romano, soprattutto per coloro che intendono svolgere un’attività pubblica. Perché un oratore si impegna in una causa di secondo ordine così tanto? C’è qualche motivazione politica? Possiamo creder proprio all’orazione, Archia è alla base della formazione umanistica di Cicerone. Le persone potrebbero meravigliarsi che Cicerone si sia formato da un poeta, ma tutte le arti che riguardano l’humanitas hanno una sorta di vincolo comune e sono tenute insieme da una sorta di parentela. Tutte le discipline umanistiche sono tenute insieme. (1) Se c’è in me dell’ingegno, che sento che sia poco, o se in me c’è qualche esperienza nel parlare, per cui non nego di essere particolarmente versato, o se c’è qualche conoscenza in questo campo portata dallo studio e dall’interesse per le arti più nobili, dalle quali confesso di non essermene privato in nessun momento della mia vita, di tutte queste cose Aulo Licinio per primo deve chiedermi il frutto quasi per suo diritto. Infatti, per quanto la mia mente può ricordare il più lontano possibile molto indietro lo spazio del tempo passato e ricordare l’ultima memoria della fanciullezza, fin lì riconsiderando vedo che per me è stata una guida nell’affrontare e nel suscitare l’interesse per questi studi. E se questa voce educata dalle esortazioni e dai precetti di costui, fu di salvezza per qualcuno, dal quale ho ricevuto quello che posso fare per poter aiutare gli altri, derivato proprio da lui, devo portare per quanto ci è possibile soccorso e difesa (a lui) (2) E affinché nessuno si meravigli che sia detto questo da me fortemente, perché in lui è presente un qualche altro tipo di ingegno, e non la conoscenza e la disciplina del parlare, nemmeno io sono stato dedito ad un solo studio interamente. Infatti, tutte le arti, che sono pertinenti all’umanità, hanno qualche vincolo in comune e sono collegate tra loro. II CAPITOLO Il secondo capitolo fa parte dell’exordium dove viene presentato l’oggetto dell’orazione in modo da fornire una prima impressione di impatto. Cicerone introduce il discorso chiedendo il permesso di usare un’orazione inusuale per poter difendere Archia, un poeta meritevole di una tale difesa in quanto mentore e insegnante di retorica dello stesso. Archia era stato accusato di usurpazione della cittadinanza romana. Con questo secondo capitolo, Cicerone fa già intuire le sue intenzioni di difendere il poeta concentrandosi di più sugli aspetti legati alla poesia, piuttosto che agli aspetti legati alla causa. L’oratore anticipa che Aulo Licinio sarebbe fatto cittadino persino se non lo fosse. Il merito dello scrittore, oltre a quello di essere in poeta, e quindi un uomo di ingegno e di cultura. Era quello di aver tramandato con le sue opere il ricordo glorioso delle imprese del popolo romano (3) Ma affinché a nessuno di voi sembri che sia strano che io, in un tribunale legittimo e in un processo pubblico, essendo svolto presso il pretore del popolo romano, uomo molto ragguardevole, e presso giudici molto severi, in una così folla e frequenza di persone, io usi questo genere di oratoria che si allontana non solo dalla consuetudine dei processi, e si discosta anche al vero dal linguaggio del foro, chiedo a voi, affinché mi diate questo permesso, adatto a questo imputato (che spero sia a modo per voi) e non molesto, che tolleriate (patiamini) che io parli di un grande poeta di un uomo molto erudita, tra una grande folla di uomini molto acculturati, tra questa vostra cultura, e infine a questo pretore che presiede il processo e che io parli poco più liberamente degli studi umanistici e delle lettere per una persona di questo calibro, che non è mai stata coinvolta minimante in un processo pericoloso a causa della sua dedizione e del suo studio, mi serva di un insolito e inusuale stile oratorio. (4) E se sentirà che questo mi venga accordato da voi, farò in modo che Aulo Licinio non solo non debba essere escluso dal numero dei cittadini, essendo lui un cittadino, ma anche se non lo fosse stato sarebbe stato da accogliere. III CAPITOLO È la fase della narratio. Cicerone inizia a descrivere in parte la storia di Archia ed elencare i numerosi titoli di studio da lui conseguiti che gli conferirono una stimata fama in molte parti del mondo tanto che Cicerone afferma l’attesa dell’uomo superava la fama dell’ingegno”. In seguito, l’oratore introduce l’arrivo di Archia in Italia e successivamente a Roma dove, grazie alla disponibilità e alla stabilità dello stato, riuscì a completare ottimamente molti suoi lavori e a ricevere grandi onori. Durante il suo soggiorno nella capitale erano consoli Mario e Catulo, i quali riuscirono a garantire un periodo di pace e stabilità dopo la dittatura di Silla (…) Infatti, non appena Archia uscì dalla fanciullezza e da quegli studi con cui è solito educare l’età puerile alla cultura, si applicò nell’arte dello scrivere, prima ad Antiochia; infatti, è nato lì da una famiglia nobile, città un tempo celebre e ricca e piena di uomini nobilissimi e studiosissimi, e iniziò velocemente a superare tutti per gloria. Dopo in altre parti dell’Asia e in tutta la Grecia il suo arrivo fu così festeggiato, al punto che l’attesa dell’uomo superava la fama del suo talento e l’ammirazione superava l’attesa. (5) L’Italia, a quel tempo, era ricca di arti e discipline greche e questi studi erano coltivati molto nel Lazio di quanto ora lo siano nelle stesse cittadine, e qui a Roma non erano negati grazie alla stabilità dello Stato. E così i Tarantini, i Locresi, i Regini e i Napoletani gli diedero la cittadinanza e altri doni, e tutti coloro che erano in grado di poter giudicare il talento in qualche modo lo ritennero degno di ospitalità. Con questa grande celebrità di fama, essendo noto anche agli assenti, giunse a Roma sotto il consolato di Gaio Mario e Lutazio Catulo. Venne prima a contatto con gli stessi consoli, dei quali di uno era in grado di celebrare grandissime imprese e l’altro, oltre alle gesta gloriose, poteva mettere a sua disposizione anche lo studio e un orecchio da intenditore. Subito i Luculli, quando Archia indossava ancora la toga pretesta, lo accolsero nella loro casa. Ma questo (avvenne) non solo per l’ingegno e le lettere ma anche per la sua natura e per la sua virtù che la casa, che era la prima della sua adolescenza, fosse la stessa familiarissima alla vecchiaia Ricorda: Mario poteva far scrivere di epica, mentre Lutazio conosceva molto bene la poesia, perché faceva parte anche della cerchia dei sodales dei poetae novi. Subito i Luculli poiché Archia era ancora vestito di pretesta lo accolsero a casa loro. (Cicerone per dire l’età di Archia usa un’espressione tutta romana, per indicare la provenienza di Archia che deve essere considerata tutta romana) né trarre qualcosa per il bene comune e né portare qualcosa e né portare qualcosa in piena luce, ma per quale motivo mi darei vergogne se vivo così da tanti anni, giudici, perché mai in nessun tempo mi ha allontanato dal mio studio o interesse o mi ha distolto dal piacere o mi ha tolto sonno. (13) Per questo, tuttavia, chi mi fermerà, o chi si adirerà con me per diritto, se per questo tempo che gli atri concedono per i propri affari, per la celebrazione di giochi dei giorni festivi, quello che concede gli altri piaceri al riposo stesso dell’animo e del corpo, il tempo che gli altri trattano ai banchetti tempestivi, quanto (si dà) ai dadi, quanto alla palla, questo io lo spendo nel coltivare ancora questi studi? E tanto più mi deve essere concesso, perché grazie a questi studi crescono anche la mia eloquenza e le mie capacità che, per quanto mi è possibile, mai sono venute meno agli amici in difficoltà. E se questo a qualcuno può sembrare più modesto, io so bene da quale fonte attingo quei principi che certo sono grandi. (14) Infatti, se grazie agli insegnamenti di molti e alle molte lettere non mi fossi convinto che nella vita con nessun grande entusiasmo si deve desiderare se non la lode e l’onestà, ma nella stessa si deve perseguire e si deve ordinare che siano poche cose ogni tormento del corpo, ogni pericolo di morte e pericolo; mai mi sarei esposto per la vostra salvezza e tante e grandi lotte e anche in questi assalti quotidiani di uomini corrotti. Ma piene di esempi sono i libri, piene di voci di sapienti, piene di esempi degli antichi, che giacerebbero nelle tenebre profonde, se non si conoscesse il lume delle lettere. Quante immagini i Greci e i Latini ci hanno lasciato non solo affinché le contemplassimo, ma anche per imitare le espressioni degli uomini fortissimi! Che io sempre ponevo davanti a me nell’amministrare lo stato modellando la mia mente con la mediazione di uomini eccellenti. RICORDA: Qui si fa riferimento he per Cicerone l’otium deve superare il negotium, perché l’affermazione del civis supera quella privata, la funzione delle lettere è quella di trarre insegnamento dalle gesta degli uomini illustri. Qui si vede come una volta passate in rassegna le caratteristiche della difesa passa ad una difesa argomentativa, nella mancanza di molte fonti, allora Cicerone, quando termina l’orazione giuridica, per far capire quanto sia importante la civitas di Archia, elogia la cultura umanistica che lo ha permesso di diventare ciò che è VII CAPITOLO Questo capitolo si trova all’interno della ampia confirmatio extra causam. Cicerone afferma che una personalità luminosa e straordinaria è il frutto di una natura virtuosa accostata ad una profonda formazione culturale. Elogia lo studio delle lettere, visto come strumento di educazione per i giovani, di diletto per gli anziani e di compagnia. Questi studi, inoltre, sono in grado di offrire rifugio e consolazione nelle avversità e di dare lustro ai successi. Ed è proprio lo studio delle lettere che ha reso esemplari i grandi personaggi virtuosi del passato e di cui Cicerone riporta l’esempio a sostegno della sua tesi. L’oratore conclude con una sorta di paradosso: anche se lo studio fosse solo semplice diletto, vista la sua evidente utilità, esso sarebbe comunque degno dell’animo umano e dell’uomo libero. (15) Qualcuno chiederà? Come? Quegli stessi uomini buoni di cui le virtù sono tramandate dalle lettere furono formari da questa cultura che tu esalti con lodi? È difficile affermare ciò su tutti, ma tuttavia è certo che risponderò. Io confesso che ci siano uomini eccellenti d’animo e di virtù senza cultura, e che per una predisposizione quasi divina della loro stessa natura si siano rivelati di per sé moderati e seri. E aggiungo anche questo; che alla lode e ala virtù è valsa più spesso la natura senza la cultura che la cultura senza la natura. E aggiungo anche questo, avendo aggiunto ad una natura straordinaria ed eccelsa un metodo adatto con la cultura, allora è solito rivelarsi un non so che di insolito e meraviglioso (16) da questo caso c’è una categoria che i nostri padri videro. L’uomo divino, l’Africano, e con questo C. Lelio, L. Furio, uomini tra i più moderati e temperati, da questa categoria di fortissimi uomini è presente uno dei più saggi di quei tempi, M. catone il Vecchio; che se le lettere non avessero portato nessun aiuto per la conoscenza e la pratica delle virtù, mai si sarebbero dedicati allo studio di queste cose. Perché se non si dimostrasse un frutto così grande e non si chiedesse da questi studi il solo piacere, come credo, giudichereste questa occupazione degnissima e nobilissima. Infatti queste altre occupazioni non sono adatte né a tutti i tempi né a tutte le età, né a tutti i luoghi, ma questi studi spronano l’adolescente, dilettano l’anziano, adornano la prosperità, offrono rifugio e confortano nelle avversità, dilettano in casa, non ostacolano fuori, vegliano la notte fuori, viaggiano e si godono la campagna. VIII CAPITOLO All'interno del capitolo VIII, che fa parte della digressio (la confirmatio extra causam) della Pro Archia, Cicerone afferma il valore di Archia celebrando l’importanza dell’arte poetica che lui esercita. Ennio stesso definisce sacrosanto il titolo di poeta e, come vedremo, anche Cicerone sottolinea all'interno del capitolo questa ulteriore caratteristica che le altre discipline invece non possiedono. L'arte del poeta dovrebbe perciò essere ascoltata e ammirata dalle altre persone che possono solo immaginare di avvicinarsi a tali studi. (17) Perché se noi stessi non possiamo attingere né da questa cosa né gustare con il nostro senso, tuttavia dovremmo guardarle, che vediamo anche negli altri. Chi tra noi allora fu così rozzo e serio d’animo da non commuoversi per la morte, di poco tempo fa, di Roscio? Che pur essendo morto da vecchio, per la sua arte eccellente e per il suo talento sembrava non dovesse mai morire. Perciò quello con il movimento del corpo si era procurato tanto amore da tutti noi, noi che neghiamo il movimento degli animi e l’agilità degli impieghi? (18) Quante volte ho visto Archia, giudici, userò la vostra magnanimità, perché mi seguite con tanta diligenza in questo mio nuovo modi di fare orazione, quante volte lo vidi, senza scrivere nessuna lettera, dire a quel tempo un grande numero di ottimi versi sugli avvenimenti che allora si svolgevano, quante volte ho pregato di raccontare le stesse cose cambiando parole e frasi. E quanto davvero aveva scritto con cura e riflessione e l’ho visto apprezzato al punto di raggiungere la gloria degli scrittori antichi. Per questo io non dovrei amarlo, ammirarlo e pensare di difenderlo in ogni modo? E così abbiamo appreso da molti uomini coltissimi che gli studi delle altre discipline sono imbevuti di dottrina, precetti e tecniche, il poeta vale quella stessa natura ed è mosso dalle forze della mente ed è pervaso quasi da uno spirito divino. Ben di diritto per questo cose, il nostro santo Ennio chiama poeti, perché sembrano quasi esserci stati affidati da un dono e un privilegio dagli dèi. (19) perciò sia, o giudici, sacro per voi, uomini buonissimi, questo nome di poeta che mai nessuna barbaria violò. Rocce e deserti rispondono alla voce, spesso bestie feroci sono placate dal canto e si fermano e noi, educati dai migliori insegnamenti, non saremo smossi dalla voce dei poeti? I colofoni dicono che Omero sia un loro cittadino, i Chii lo rivendicano, i Salamini lo richiedono, gli Smirnei confermano che sia davvero uno di loro, e molti altri ancora se lo contendono con dispute accese. IX CAPITOLO Molti esempi importanti a sostegno della sua tesi vengono portati dall’oratore nel capitolo IX, che è parte della confirmatio extra causam. Essi celebrano l'importanza della poesia e fanno della Pro Archia un’opera degna di essere ricordata. Cicerone loda l’arte del bene dicere, anche in un’orazione di tipo forense senza però dimenticare di celebrare la propria Patria, inserendo fatti ed avvenimenti che possano rendere grazia al nome del popolo romano. Per questo motivo nomina Lucio Lucullo e Caio Mario, personaggi nobili nella Roma del I secolo. Li elogia anche per ottenere sostenitori influenti che ricambino il favore procurandogli fama e gloria. Inoltre, il testo è ricco di ornatus, tipico dell’oratoria asiana, che punta a movere l’uditorio. Crea un parallelo tra Archia e Ennio (…) e così questi lo reclamavano anche dopo la morte perché era un poeta, e noi invece ripudiamo costui che per volontà e per le leggi è parte di noi visto che Archia ha consacrato con lo studio e con l’impegno la celebrazione della gloria e della lode del popolo romano? Infatti, da giovane si dedicò alla campagna contro i Cimbri e fu caro a Gaio Mario, che sembrava il più ostile a questi impegni. (20) Nessuno, infatti, è tanto nemico delle muse da non permettere, di buon grado, che si affidi ai versi, l’eterno elogio delle proprie fatiche. Si racconta che lo stesso Temistocle, grande uomo ateniese, disse, quando gli fu domandato quale voce tra queste ascoltasse più volentieri, disse “di colui dal quale la sua virtù sarebbe stata celebrata meglio”. È così lo stesso Mario apprezzò particolarmente Lucio Plozio dal cui talento considerava potessero essere celebrate quelle che aveva compiuto. (21) la grande e difficile guerra mitridatica, condotta per terra e per mari con grande varietà di eventi, fu interamente raccontata da costui, e questi libri non danno lustro solo a Lucio Lucullo, uomo buonissimo e fortissimo, ma anche al nome del popolo romano. Infatti, sotto la guida di M. Lucullo, il popolo romano aprì il Ponto, ben difeso dalle ricchezze dei re e dalla stessa conformazione naturale, l’esercito del popolo romano con lo stesso generale e con una schiera non grandissima sconfisse le truppe degli Armeni, va ad onore del popolo romano la città fedelissima di Cyzico grazie alla stessa strategia di Lucullo e strappata dal morso e dalle fauci della guerra intera e da ogni assalto. Sarà sempre detta come nostra e celebrata la straordinaria battaglia navale presso Tenedo che combatteva Lucio Lucullo, quando uccisi i generali fu distrutta la flotta dei nemici, sono nostri i trofei, i monumenti e i trionfi. Queste cose di coloro che esaltano queste imprese, da questa è celebrata la fama del popolo romano. (22) Fu caro all’Africano il nostro Ennio, così tanto che si considera che nel sepolcro degli Scipioni sia stata posta una sua statua. Ma di certo lo stesso non fu solo lodato per le sue lodi ma anche è onorato per il popolo romano. È innalzato al cielo catone, antenato di quello che conosciamo, si aggiunge un grande onore alle case del popolo romano, infine tutti i vari Massimo, Marcello, Fulvio non sono celebrati senza il comune elogio di tutti noi. X CAPITOLO I temi proposti da questo capitolo sono due. Cicerone reputa giusto concedere la cittadinanza ad uno straniero per i suoi meriti artistici e culturali, poiché la poesia esalta e glorifica, ed essendo residente a Roma è per merito considerabile un cittadino. Questo si lega con il secondo tema, che motiva l'opinione di Cicerone: è importante per un popolo, soprattutto nel caso dei Romani, che governano un territorio immenso composto da popolazioni diverse, diffondere la propria fama e gloria laddove le differenze sono più marcate e il controllo militare è minore? Implicitamente Cicerone attribuisce alla poesia di Archia, come a quella di molti altri, un valore politico oltre che culturale. Al tempo della res publica, inoltre, il greco è la lingua più conosciuta e quindi Archia è famoso in tutto il mondo allora conosciuto.