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pro caelio di Cicerone, Appunti di Letteratura latina

appunti, traduzione e commento pro caelio di cicerone

Tipologia: Appunti

2018/2019
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Caricato il 08/12/2019

AnnieFerra
AnnieFerra 🇮🇹

4.4

(11)

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Anteprima parziale del testo

Scarica pro caelio di Cicerone e più Appunti in PDF di Letteratura latina solo su Docsity! LEZIONE 1 PRO CAELIO Cicerone ha pronunciato questa orazione in difesa di un giovane avvocato romano, suo caro amico, e che era stato anche suo allievo. Il giovane Celio nei primi anni 60 aveva attuato il suo apprendistato (tirocinium fori) come avvocato al fianco di cicerone, è un suo pupillo. Poi i due si erano allontanati per divergenze di opinioni politche, ora però nel 56 Celio si trova a Roma nuovamente e ha già avviato la sua carriera forense con successo. Nel primo processo in cui è stato come avvocato ha addirittura battuto lo stesso cicerone con sua grande e bella soddisfazione. Ma ne 56 viene citato in giudizio da un certo Atratino, ragazzo giovanissimo di 17 anni, figlio di un uomo politico Lucio Calpurnio Bestia che Celio stesso aveva denunciato e attaccato in un processo poco prima. Atratino da bravo figlio volle vendicare il padre, citando Celio a sua volta in giudizio. Un’altra possibilità che conduce le radici di questo processo a un movente personale è quella su cui Cic insiste: si tratta di una vendetta di una donna gelosa. Atratino diventa cos’ lo strumento utilizzato da Clodia per vendicare il fatto che Celio dopo due anni di passione l’aveva abbandonata. Clodia è molto probabilmente la lesbia di Catullo. Vedova di un console, matrona dell’altra società romana, vita molto libera, amante di vari uomini (prima molto probabilmente Lesbia di Catullo poi di Celio) e soprattutto sorella di Clodio, uomo appartenente a partito dei populares e molto estremista. Nel 58 quando Clodia aveva carica di tribuno della plebe era stato il principale fautore della condanna all’esilio di Cic. quindi Cic difendendo Celio si oppone a Clodio anche per motivi personali. Celio è accusato di vari crimini in questo processo. Il più grave è quello DE VI= di violenza contro lo stato o contro i suoi magistrati. Nella fattispecie Celio era stato accusato di essere implicato nell’assassinio di un ambasciatore egiziano. C’era una delegazione egiziana che era giunta a Roma, il capo muore in circostanze misteriose forse avvelenato. Celio è accusato di aver macchinato questo omicidio e di essersi procurato il veleno. I processi legati a forme di violenza grave e diretta contro lo stato e i suoi rappresentati non si fermavano mai, anche nei giorni di otium (vacanza) andavano avanti. Ed è quello che succede qui e per questo noi sappiamo quando avviene di preciso perché si tratta di un giorno di festa: 4 aprile 56. Venivano celebrati i ludi megalensi= dedicati alla grande madre degli dei. da Megale in greco. Si riferisce alla grande dea Cibele. In suo onore si organizzavano anche spettacoli scenici, teatrali, forme di intrattenimento organizzati dallo stato per divertire il popolo romano Cic inizia l’orazione (EXORDIUM) con una captatio benevolentiae nei confronti dei giudici quasi compiangendoli perché mentre tutti si stanno divertendo e dedicando all’otium, loro devono lavorare e oltretutto inutilmente perché i capi di accusa non sono validi. Cic inoltre intesse l’intera orazione con una serie di riferimenti a teatro con citazioni e riferimenti a personaggi di tragedie, commedie ma anche al mimo (forma ancora più bassa). In questo modo è come se lui portasse il teatro ai giudici stessi, farà un’orazione talmente divertente e teatrale che i giudici non rimpiangeranno di essere lì a lavorare. Come se proprio si volesse sostituire ai ludi. L’elemento teatrale in realtà non è una cosa specifica di questo testo, c’è sempre stato un forte legame tra retorica e teatro Le 5 fasi di preparazione di un’orazione da Cic stesso teorizzate sono: INVENTIO: momento iniziale creativo, enunciazione degli elementi portanti e di forza DISPOSITIO: messa in ordine di tutti gli argomenti, tutto con logica e che mira a un determinato effetto ELOCUTIO: scelta delle parole e della forma, da un pdv di scelta del lessico e di ordo verborum, ritmo MEMORIA: imparare a memoria (qui affinità con ruolo attore), utilizzo di tecniche mnemoniche ACTIO: è la performance vera e propria davanti ai giudici Le ultime due fasi sono due momenti che accomunano oratore e attore. Inoltre in certi momenti della storia dell’oratoria ci sono stati oratori che hanno accentuato l’aspetto performativo per es inginocchiandosi davanti alla giuria per chiedere pietà (gesto non adatto alla situazione). Circa verso la fine 2 secolo a.c. iniziano a essere usati anche gesti, colpi teatrali, gestualità per cercare di impietosire es portando i figli piangenti, mostrando ferite ecc. quindi oratore è sempre anche attore e performer. EXORDIUM: molto denso e difficile da tradurre proprio perché vuole attirare l’attenzione e colpire TRADUZIONE: se uno, o giudici, per caso ora fosse presente ignaro delle leggi, dei processi e del nostro uso, certamente si stupirebbe di quale sia la così grande gravità di questa causa poiché in giorni di festa e durante spettacoli pubblici, interrotte tutte le attività forensi, viene celebrato questo solo processo. E non potrebbe dubitare che l’imputato sia accusato di un delitto così grande che, trascurato quello, lo stato non potrebbe rimanere saldo. La prima parte è un periodo ipotetico di secondo tipo con il congiuntivo presente: possibilità/eventualità. Questa possibilità è però del tutto retorica, è un EXEMPLUM FICTUM: una finzione, un’ipotesi del tutto irreale fatta per provocare. Il periodo ipotetico della possibilità è il più raro dei tre ed è legato a determinati contesti (primo: realtà, terzo: irrealtà). I casi più diffusi in cui viene utilizzato sono quelli dell’esempio finto, immaginario come questo inverosimile, è introdotto al fine di dare forza e persuadere rispetto a ciò che si sta dicendo. Oppure si trova in frasi formulari es in italiano: mentirei se negassi/ se dicessi. Il periodo ipotetico è fatto da due parti: protasi (la dipendente introdotta dalla particella dubitativa es si) e apodosi. QUIS: sta per aliquis, pronome indefinito. Indica una persona o cosa che esiste ma non è individuabile. FORTE: avverbio che deriva dall’ablativo del sostantivo fors, fortis=per caso PROFECTO: altro avverbio che deriva da pro facto=di fatto, veramente. È in contrasto con forte. CONSUETUDINIS ecc: è un genitivo oggettivo perché si può tradurre con un verbo (che ignora le leggi) MIRETUR PROFECTO: si stupirebbe / si chiederebbe stupito. È una interrogativa indiretta seguita da una casuale= per il fatto che viene celebrato questo solo processo. EXERCEATUR: di solito la causale si esprime con indicativo. Qui congiuntivo perché si tratta di una attrazione modale che si ha quando una proposizione subordinata che dipende da una al congiuntivo (miretur in questo caso esprime perplessità, dubbio) alla quale è strettamente legata, nella subordinata si ha il congiuntivo. Nel mezzo ci sono una serie di ablativi: ablativo di tempo determinato e uno assoluto: per rafforzare idea di giorno di vacanza. Si nota antitesi da OMNIBUS tutti quanti e UNO, solo. DUBITET: è una coordinata alla principale. Apodosi formata da miretur + nec dubitet che reggono tutto REUS: è un falso amico. Non vuol dire reo/ colpevole ma imputato. Come Crimen che vuol dire capo d’accusa e non crimine. Poi segue un genitivo di colpa generalmente retto da accuso, condamno ecc EO NEGLECTO: trascurato quello, abl assoluto Dal pdv della struttura del periodo vediamo che ci sono appunto due principali (miretur dubitet)+ serie di subordinate di primo grado (..hiusce cause) , secondo (quod exerceatur) che specifica l’interrogativa indiretta, terzo (omnibus..intermissis). poi abbiamo altra principale nec dubitet, poi subordinata di primo grado (..facinoris), secondo (ut civitas stare non possit) consecutiva, terzo (eo neglecto) Questa struttura che procede per subordinate è IPOTATTICA. Diversa dal concetto di paratassi (amata invece da Virgilio) da parà+ taxis= accanto+ schema,disposizione disporre acanto ,mettere in fila sullo stesso livello. Ipotassi da upò= disporre sotto. Cicerone è contro la brevitas e la linearità. LEZIONE 2 Cicerone scrive tre opere in cui affronta l’oratoria. Sono il DE ORATORE, L’ORATOR e il BRUTUS. In queste diligenti/impegnati ai quali non è concesso stare inoperosi/oziosi nemmeno nell’ozio comune.” Ci sono tre principali coordinate alla fine, di nuovo un tricolon. Non si sta parlando di un delitto veramente grave, nonostante si tratti di un processo de vi, ma viene chiamato in processo un adulescens, un ragazzo. È più una questione personale tra due ragazzini perché celio è chiamato dal figlio che Celio stesso a sua volta sta accusando in un altro processo. Tra i due ragazzi si inserisce di una figura femminili non nominata ancora ma tratteggiata in modo subito volgar. La scelta del termine adulescens non è ovvia perchè si può essere adulescens dai 15 ai 30 anni, iuvenes fino ai 45. Celio era già un avvocato formato che aveva circa 30 anni nel 56, adulescens è un po' una forzatura pr4oprio per smuovere i giudici nei confronti della sua “giovane” età. Allo stesso modo anche la donna che rimane sullo sfondo una meretrice è un’espressione molto forte per far nascere nei giudici un giudizio subito molto negativo. Quindi la scelta dei termini è orientata sin dall’inizio e anche in senso teatrale, in modo particolare per quanto riguarda la commedia di Plauto e Terenzio. Ci sono sempre i stessi ruoli come il padre sereno, lo schiavo furbo, il figlio che cerca di sottrarsi da autorità padre amando una donna sbagliata perché o troppo povera o prostituta. Quindi al centro c’è questo adulescens, è il protagonista spesso. Quindi entriamo in un contesto che in qualche modo è anche teatrale perché si basa su maschere del teatro di Plauto e Terenzio. Inoltre questa sessione presenta più di un tricolon con ripetizione di NULLUS proprio per far notare come non ci sia un capo di accusa reale. Anche ablativi si ripetono per far notare che si tratta di un ragazzo con talento e operosità da lodare. Questi sono anche ablativi di qualità morali. Quando si deve esprime una qualità fisica si usa invece il genitivo, inoltre è sempre accompagnato da un aggettivo. Il primo elemento è il talento, qualità innata. Il secondo è l’impegno per far crescere il proprio talento. L’ultimo elemento è il prestigio che gli deriva dalle prime due caratteristiche. Quindi la disposizione anche di questi elementi lessicali del tricolon non è per niente casuale. I giudici vengono considerati laboriosi. LABOR non significa semplicemente lavoro, ma proprio fatica. I giudici si affaticano per fare qualcosa. Termina quindi la captatio nei confronti dei giudici Celio viene citato in giudizio per una serie di motivi. La più importante è la cosiddetta questione egiziana. Era stato ucciso un ambasciatore dell’Egitto che all’epoca era un regno indipendente, non era ancora provincia romana. Il problema è di soldi. Il re d’Egitto era Tolomeo Aulete/ il flautista (sin da qui capiamo quanto poco fosse rispettato dal proprio popolo) e aveva questo incarico perché Cesare e Pompeo lo avevano appoggiato. Per avere questo appoggio li corrompe dandogli un sacco di soldi che loro usano per comprarsi i voti in senato. Però Tolomeo questo denaro effettivamente non lo ha e quindi chiede una sorta di prestito alle banche dell’epoca. A questo punto Tolomeo è costretto ad aumentare le tasse in Egitto per sanare il debito. La popolazione non è d’accordo e si ribella. Egli va a rifugiarsi a Roma da Pompeo. Però un gruppo di ambasciatori egiziani non appena sbarcano in Campania viene ucciso/maltrattato. Questo gruppo viene dispero con vari mezzi. Si ritiene che gli aggressori siano stati inviati da Tolomeo per non fargli parlare davanti al senato il capo di questi ambasciatori si rifugia però anche egli a Roma. Subisce un primo attentato al quale scapa, si rifugia a casa di un amico ma poco dopo viene trovato morto probabilmente avvelenato. L’accusa più grave mossa a Celio è di aver partecipato a questa congiura, di aver collaborato in varie fasi e in particolar modo di aver procurato il veleno. LEZIONE 3 Classificazione delle subordinate. Dato che l'ipotassi è un carattere evidente dello stile di Cicerone Noi l subordinate le classifichiamo a seconda del significato che hanno, in realtà per prima cosa si definisce di che grado è rispetto alla reggente, poi si guarda il modo (indicativo, congiuntivo, participio), poi se sono esplicite (con modo finito, ce quindi ha una persona) o implicite. Infine possono essere classificate secondo la loro funzione logica all'interno del periodo, cioè può avere una funzione che la rende simile ad un aggettivo, aa un sostantivo o a un verbo. Definizione. Secondo la loro funzione nel periodo le proposizioni subordinate si classificano in sostantive o completive, in quanto equivalgono ad un sostantivo, che può essere oggetto o complemento oggetto, aggettive o relative, in quanto equivalgono ad un aggettivo in funzione di attributo ed avverbiali o circostanziali in quanto equivalgono a determinazioni avverbiali che vanno a precisare la sovraordinata. Le sostantive si riconoscono in quanto senza di loro la sovraordinata rimane incompleta, perché fungono da oggetto o da soggetto (es. 'dico che domani pioverà' ). Le principali completive sono le infinitive (oggettivali e soggettivali), le interrogative indirette (es. 'ti chiedo se domani pioverà'), le espressioni con quin, tutte le subordinate introdotte o dal quod dichiarativo ( di solito con indicativo) o proposizioni completive introdotte da ut (di solito con congiuntivo). Queste sono le più difficili da riconoscere perché sia quod che ut introducono anche altre proposizioni. Le aggettive sono di fatto soltanto le proposizioni relative, in quanto esprime una caratteristica di una parte della reggente in funzione di un aggettivo attributivo (quelle che possono essere sostituite da un aggettivo). Tutte le altre sono proposizioni avverbiali, che indicano le circostanze dell'enunciato e sono accessorie rispetto alla sovraordinata, che sta in piedi ed ha senso anche senza questo tipo di proposizione. Quindi le finali, le consecutive, le temporali, le causali, le concessive. Traduzione Paragrafo 2 (prima parte) E infatti se avrete voluto (se vorrete) fare attenzione con diligenza e giudicare secondo verità rispetto ad ogni elemento di questa causa così giungerete a questa conclusione, che nessuno si abbasserebbe a questa accusa a cui fosse concesso di fare quella delle due cose che vuole, ne essendosi abbassato nessuno potrebbe avere speranza (sottinteso di vincere) se non si basasse sul capriccio intollerabile e sull'odio troppo aspro di qualcuno. Si rivolge ai giudici, all'inizio in parallelo i due infiniti specificati entrambi da un avverbio. De + ablativo = complemento di argomento. OMNI= c'è una grande differenza tra omnis e totus. Da omnis deriva ogni, tutto è diverso da ogni in italiano. Totus è tutto nella sua interessa, omnis è tutto preso in ciascuno dei suoi elementi. In questo caso è importante la differenza perché Cicerone va a smontare l'accusa pezzo per pezzo. Abbiamo tradotto con due futuri semplici perché il latino tende a distinguere l'azione che accadrà prima e quella che accadrà dopo, al contrario dell'italiano -> legge dell'anteriorità. Sta insinuando che Atratino del tutto inesperto non sia li di sua volontà, se avesse potuto scegliere non lo avrebbe fatto, se l'ha fatto è perché è stato spinto da qualcun altro. Quisquam solo nelle frasi interrogative. NEC QUEMQUAM corrisponde a et neminem. NEC QUICQUAM corrisponde a et nihil. ALICUIUS indica qualcuno che però non è definito, strano perché si riferisce a Clodia, vuole creare curiosità, non l'ha ancora nominata. Descendere ad accusationae = abbassarsi all'accusa, sembra quasi carico di un giudizio negativo, nessuno si sarebbe abbassato a portare un'accusa tanto ridicola. In realtà descendere in foro significava solo recarsi al foro, perché si trovava più in basso. Quicquam spei, è un genitivo partitivo. Dopo aggettivi o proponi indefiniti (quicquam) il genitivo che va a specificarne il contenuto è partitivo. Descensuro fuisse e habituro fuisse, sono infiniti irreali, fatto con participio futuro e dall'infinito perfetto del verbo sum, li usiamo nell'apodosi all'infinito del periodo ipotetico dipendente. Traduzione paragrafo 2 (seconda parte) Ma io perdono Atratino, giovane pieno di finezza e di virtù, mio amico che ha la scusante o del rispetto o dei vincoli o dell'età. Se ha voluto portare l'accusa lo attribuisco all'affetto, se gli è stato ordinato ai vincoli, se ha sperato qualcosa alla fanciullezza. Agli altri non solo non si deve perdonare, ma anzi bisogna opporsi con asprezza. L'accusa era portata da tre avvocati uno dei quali era Atratino, l'ha fatto per difendere il padre, è giovane e lo perdono. Per quanto riguarda gli altri che sono adulti, bisogna opporti con asprezza. Lui avrà un diverso atteggiamento nei confronti degli avvocati, sarà molto dolce con Atratino e sarà molto cattivo e pungente con gli altri due. Ecco che Atratino è ancora connotato attraverso la sua giovane età. Abbiamo per due volte la figura del tricolon, tre elementi accostati, introdotti da vel e che vanno a giustificare l'atteggiamento di Atratino. Il primo elemento è la pietas, a livello umano rispetto genitoriale, (definizione. subordinazione di se ai valori che trascendono l'io), specialmente per il padre e a livello inumano il rispetto per gli dei. Necessitas, sempre obbligo in un contesto di doveri familiari. Atratino si erge a difesa del padre o per rispetto o perché è costretto dalla volontà della famiglia. Questo tricolon è specificato da una parentetica in cui abbiamo un altro tricolon introdotto da si. Inizia la PRAEMUNITIO, cioè rafforzare prima, in qualche modo predisporre la difesa con una serie di argomenti in modo che ciò che seguirà appaia inattaccabile. Rendere solida la propria posizione di partenza. Non è un modo di procedere standard, perché di solito dopo l'exordium avveniva la narratio l'esposizione dei fatti, Cicerone sceglie di saltare la narratio. Perché? Cicerone parla per terso, quindi i fatti erano già stati ampiamente esposti ed acclarati, si poteva dare per scontato, ma soprattutto Celio era stato accusato di essere complice di un assassinio, ma poiché per Cicerone questa complicità non esiste, trova superfluo raccontarlo. Questo ci fa capire subito l'impostazione del discorso di Cicerone: negare completamente l'accusa. Inizia smontando una ad una, una serie di accuse secondare che mettevano in luce il carattere di Celio come una persona instabile, violenta e quindi capace di un omicidio. Ha quindi bisogno di smontare questo ritratto così negativo di Celio. Cosa viene detto? Tre capi d'accusa privi di valore giuridico. I primi tre punti sono: 1. Celio sarebbe stato uno scialacquatore, avrebbe vissuto al di sopra dei propri mezzi. Cicerone dice che hanno accusato il padre di essere taccagno, viene in mente la commedia, il padre avaro che non da i soldi al figlio. 2. È una pessima persona, tant'è che i suoi concittadini non lo stimano, era originario di Teramo, un municipium e va a Roma per fare carriera quindi Cicerone vede in lui un piccolo alter ego, non è vero dunque che non lo stimano, ma gli hanno conferito una serie di cariche locali. Questo ritrarlo come se stesso consente a Celio di essere messo in luce, lui sarà ciò che Cicerone è adesso. 3. È un impudicus, ha un comportamento sessuale immorale. Traduzione Paragrafo 3 (prima parte) E a me certo o giudici questo sembra il miglior approccio della difesa della giovinezza di Marco Celio, così che io risponda per prima cosa a quelle parole che gli accusatori hanno detto per offenderlo e per sottrargli ( spogliarlo) della sua dignità. Inizia spiegando cosa sta facendo, perché sta saltando la narratio, quindi deve giustificare il suo comportamento. Segue la falsa riga dell'accusa e smonta un Causa/grazia + genitivo= complemento di causa (vedi 'honoris causa'). Abbiamo un concetto molto difficile: DIGNITAS. Decoro, distinzione, prestigio, posizione sociale, stima, carica, grado. Ci sono varie traduzioni alcune molto astratte e alcune molto più concrete. Qui si intende prestigio, ma sappiamo che per i romani il prestigio si traduce in un alta carica ricoperta all'interno della scala sociale o a livello politico. Traduzione Paragrafo 3 (seconda parte) Gli è stato rimproverato variamente il padre poiché o lui stesso è stato detto poco generoso o trattato con poco rispetto dal figlio. Riguardo alla dignitas marco Celio (padre) risponde lui stesso a coloro che malevola non ha alcun intento e Cic lo dice con NIHIL+ genitivo partitivo (e non con aggettivo nullus). Non si propone nulla al di là dell’offesa personale. Il QUAE tecnicamente è un pronome relativo ed è un nesso relativo, cioè la proposizione è grammaticalmente autonoma (no legami con quella che la precede) e inizia con un relativo e non con un dimostrativo per sottolineare lo stretto rapporto logico con quello che la precede. URBANITAS è un concetto molto importante per la mentalità romana e per Cicerone lo traduciamo con spirito, umorismo ma elegante. In realtà è un sostantivo che deriva da URBS e si oppone a RUSTICITAS che deriva da RUS, campagna e quindi rozzo, poco raffinato, offensivo. Saltiamo poi dei paragrafi (7,8,9) in cui Cicerone ci dice che trova del tutto inappropriato che sia Atratino ad accusare Celio di impudicizia. Dice che un giovane così riservato non può portare un’accusa così pesante di ordine sessuale, perchè è un ragazzo di 17 anni, bello anche lui. Non è decoroso che lui parli di questi temi anche perché potrebbero essere rovesciati su di lui. In realtà lo tratta alla fine con superiorità e non se la prende tanto con lui, ma con gli altri che hanno incaricato Atratino di occuparsi di questa PARTE. Parte intesa sia come quella dell’accusa, sia c’è sempre il riferimento alla scena teatrale. Inoltre Atratino è cresciuto di fianco al padre, non può essere corrotto. Allo stesso modo neanche Celio cresciuto al fianco e allievo di Cicerone. Paragrafo 10: Celio è stato amico di Catilina. Questo non si può negare e quindi Cic adotta una strategia diversa. Si tratta di una vicenda che risaliva a 8 anni prima, quindi un tempo abbastanza lunga. Catilina era un nobile di famiglia decaduta, era stato partigiano del dittatore Silla, aveva anche partecipato a stragi, azioni violente nell’84 (quando Silla sconfigge Mario e gli avversari politici uccidendoli in modo crudele). Nonostante ruolo nelle stragi sillane, fa comunque il suo cursus honorum. Nasce nel 108, nel 78 diventa questore, 70 edile, 68 pretore, 67 amministra la provincia d’africa. Nel 66 si candida al consolato del 65 ma viene bloccato da un processo in cui viene accusato di abuso di potere quando gestiva la provincia, questa accusa blocca la campagna elettorale. Si ricandida nel 64 per il 63, nel frattempo inizia ad assumere atteggiamenti demagogici per avere voti (promettere terre, azzeramento debiti ecc). Ma anche questa volta va male, si ricandida nel 63 per il 62. Inizia a ordire allora la famosa congiura, a costo di prendersi il potere. Nelle fasi ancora iniziali di questo piano. A Cicerone che era console in quel momento, arrivano una serie di lettere anonime che smascherano ciò che Catilina stava tramando. Nell’autunno del 62 Cicerone le presenta al senato e pronuncia le famose 4 orazioni Catilianarie. Nel frattempo Catilina viene ancora sconfitto anche tramite una serie di brogli elettorali. A denunciarli fu Catone Uticense pubblicamente, uomo probo che vede una scorrettezza e la denuncia (nonostante non fosse affatto dalla parte di Catilina). Infine Catilina dice di andare in esilio, in realtà fugge coni suoi uomini fidati e verrà sconfitto nel 62 in una battaglia vicino Pistoia. I suoi compagni rimasti a Roma sono stati incarcerati e strangolati in carcere sotto ordine del console Cicerone. Il ritratto che Cicerone fa qui di Catilina è molto diverso da quello delle Catilinarie dove era completamente negativo. Qui è in qualche modo affascinante, attraente, pieno di energia. È quasi positivo perché Cicerone deve dimostrare che Celio è caduto nella sua rete, è stato attratto. A suo modo era una personalità straordinaria e non quel mostro come lo dipinge nelle Catilinarie. Nel paragrafo 11 dice che una volta terminato il tirocinio, Celio era libero di fare quel che voleva e quindi anche di essere amico di Catilina se voleva. Paragrafo 12 “ma favorì Catilina quando ormai si trovava nel foro da alcuni anni Celio e molti di ogni ceto e di ogni età fecero questa stessa cosa. Infatti egli ebbe, come credo che voi ricordiate, numerosissimi segni non espliciti ma abbozzati delle massime virtù.” AT è una forte avversativa. Il verbo regge un dativo di vantaggio. La difesa è che molti, non solo Celio, furono amici di Catilina. EX+ ablativo qui esprime complemento partitivo. L’incidentale è importante perché chiama in causa i giudici, anche loro sapevano del fascino e della personalità di Catilina. Poi descrive Catilina. “Si attorniava di molte persone svergognate e certo simulava di essere devoto a uomini eccellenti. Presso di lui erano molte lusinghe ai vizi, ma vi erano anche alcuni stimoli alla attività e alla fatica. Ardevano i vizi della libidine/ del piacere presso di lui anche era forte la passione per la vita militare. Né io credo che mai ci sia stato un tale mostro/portento sulla terra, tanto composto di interessi e desideri naturali opposti, diversi e in contraddizione tra loro”. Descrizione di Cat come MOSTRUM figura eccezionale composta da una serie di caratteristiche contrarie. La prima antitesi è che in effetti si accompagnava a persone basse ma simulava la dedizione ai migliori uomini della città. La seconda contraddizione si presenta con l’anafora del verbo ERAT: era attratto dal vizio ma anche da alcuni stimoli, impulsi verso attività positive e la fatica. LIBIDO da LIBET ciò che piace. La prima coppia di antitesi è basata sulla simulazione, la seconda invece è reale, vera perché lui contiene davvero industria e labor, solo che le indirizzerà verso il male. QUIDAM che di per sé è un aggettivo indefinito, qui lo traduciamo “per così dire, in qualche modo”. LEZIONE 5 Abbiamo fatto il paragrafo 6b chiudendo la questione della pudicizia e abbiamo fatto il paragrafo 12 vedendo come cicerone ritrae in modo peculiare Catilina. I punti che abbiamo trattato: 1. il lessico: differenza tra pudicitia e pudor, famiglia dell'aggettivo celeber e celebrare che hanno un significato diverso dall'italiano, celeber= affollato, preverbio per che dà l'idea di completezza dall'inizio alla fine, che rende quasi superlativo l'aggettivo (perleger= leggere dall'inizio alla fine), termine urbanità, nel senso di eleganza, concetti legati ad un ritratto positivo ed eroico del soldato umano, labor, industia, ecc. 2. La grammatica: varie completive, ut + congiuntivo, studeo, sostenere qualcuno, tre modi di tradurre il complemento partitivo, quidam= 'per così dire' 3. Contenuti: ritratto di Catilina come ritratto paradossale, personaggio ce è una strana mistione, qualcosa di meraviglioso, mistione di caratteri positivi e negativi, tratti caratteristici nella letteratura romana. Saltiamo il paragrafo tredici. Alla fine del 12 c'è la considerazione generale che Catilina è stato un mostrum, un portento che fondeva tra loro cose contrarie, diverse e divergenti. Il paragrafo successivo dà in dettaglio questa natura varia e contraddittori di C. con una serie di antitesi e di domande retoriche (chi era il più gradito ai migliori cittadini, ma allo stesso tempo legato ai peggiori?) e con questa struttura procede l'intero paragrafo. Al paragrafo 14 si ricomincia con una considerazione generica, ci si ricollega alla genericità con cui è terminato il 12., Cat. era una persona dal carattere vario, poi gli esempi e poi ancora la sua personalità. Da qui si fa lo scatto ulteriore in favore di Celio: Cat. Era un personaggio molto affascinante, non c'è da stupirsi se Celio e altri sono stati affascinati da lui. Quindi la descrizione per certi versi positiva di Cat. ha una funzione giuridica. Traduzione Paragrafo 14 (prima parte) Egli con questa natura così varia e sfaccettata non solo aveva raccolto tutte le persone disoneste e audaci( in senso negativo) da ogni terra, ma anche teneva (affascinava) molti uomini forti e onesti con una certa apparenza di simulata virtù. Ne mai da lui sarebbe scaturito un impeto tato scellerato di distruggere questo stato se una così grande enormità di così tanti vizi non fosse basata per così dire su radici di adattabilità e resistenza. Nelle prime 4 righe la correlazione si basa su CUM-TUM, CUM COLLEGERAT, TUM TENEBAT, cum tum etiam, sia sia anche, quindi eventualmente 'non solo, ma anche', il soggetto, ILLE, è espresso, anche se non ce ne sarebbe bisogno, ma C. spesso usa un pronome per definire Catilina, per metterlo al centro dell'attenzione. Grazie alla collocazione artistica delle parole abbiamo il poliptoto(ripetizione di una stessa radice) OMNES OMNIBUS, cioè abbiamo di seguito i due aggettivi, in un caso diverso riferiti a soggetti diversi (omnes a homines e omnibus con terris), in questo modo mette in evidenza il concetto di totalità, più è ampio il fascio esercitato da Catilina, più è innocente l'atteggiamento di Celio. TAM VARIA MULTIPLICIQUE NATURA, ablativo di mezzo, per mezzo di un carattere così vario e complesso, dove però MULTIPLICI si intende, multi+ plex che ha molte pieghe, sfaccettato. BONOS, per C. buono è inteso come persone che si attengono all'ordine costituito, non rivoluzionari. Nella prima parte, quella introdotta da cum si parla dei seguaci 'cattivi', nellaa seconda parte delle persone oneste comunque affascinate da Catilina, non a caso nella prima parte abbiamo come termine HOMINES e nella seconda VIROS, che ha una sfumatura più alta, più etica rispetto a HOMO, che invece era collegato a HUMUS, terra. SPECIE QUADAM VIRTUTIS, altro ablativo di mezzo, QUADAM è ablativo femminile di quidam. VIRTUTIS riprende viros, questa virtù in Catilina è solo nascosta sotto un'apparenza e per sottolineare questa ostentazione Cicerone aggiunge ASSIMULAATAE, che aveva già usato a metà del paragrafo 12. Nel periodo successivo, il soggetto dell'apodosi è TAM CONSCELERATUS IMPETUS, il soggetto della protasi è TANTA IMMANITAS, il concetto di base è che lui non sarebbe mai stato in grado di portare a segno un attacco allo stato se non avesse avuto veramente delle qualità, doti che vengono definite PATIENTIA, capacità di sopportazione, legate a industria e labor, resistenza, anche fisica, un bravo soldato e FACILITAS, la duttilità, flessibilità, abilità e prontezza nel cogliere le situazioni e adattarsi, qualcosa di positivo solo quando se ne fa un uso onesto. IMPETUS, impulso spinta di fare qualcosa, qui regge il genitivo, ma può reggere anche l'infinito e ad + accusativo; si passa da gerundio a gerundivo quando ho un complemento oggetto, se avessi solo 'l'impeto di distruggere' sarebbe un gerundio, di base il gerundio è un sostantivo, il gerundivo e un aggettivo. In realtà al genitivo io non sono tenuto a passare dal gerundio al gerundivo, potevo anche dire 'hoc imperi'. Traduzione paragrafo 14 (seconda parte) Perciò, o giudici, si respinga questa richiesta e non si addossi a lui l'amicizia di Catilina. È infatti, comune a molti e anche ad alcuni bravi cittadini, un tempo, vi dico egli ha quasi ingannato persino me, sembrando a me un bravo cittadino e preoccupato di ogni ottimo (cittadino, sottinteso) e amico saldo e leale; del quale io i suoi delitti per mezzo degli occhi prima che del ragionamento, per mezzo delle mani, prima che per mezzo del sospetto. Trae le conclusioni rispetto a quanto detto finora. QUARE, e perciò è un nesso relativo che qui diventa una sorta di avverbio. CONDICIO ha varie traduzioni, non è semplicissimo da rendere, può significare possibilità, circostanza, tesi, un po' estrema, in realtà in contesto processuale la cosa migliore sembrerebbe la richiesta della controparte, cioè di accusare Celio in quanto amico di Catilina. RESPUATUR e HAEREAT congiuntivi esortativi. Se nel 56 a C anno in cui era al potere il primo triunvirati, Cesare, Crasso e Pompeo, si dice che molti erano stati vicina a Catilina è normale che si intendesse che anche Cesare era stato vicino a Catilina, ma non può certo fare i nomi, allora espone se stesso, stesso lui che è stato il console che ha represso la congiura, sono stato affascinato da lui. E lo fa con una certa insistenza ME IPSUM ME. C'è una lettera ad Attico, migliore amico, nella quale dice che nel 65, quindi due anni prima che Catilina si rivelasse per quello che è, Cicerone aveva valutato se prendere le sue difese in un processo che lo vedeva coinvolto per una questione di corruzione. Attenzione al lessico, in italiano l'amicizia è un rapporto privato, amico fedele è qualcosa di intimo, a Roma non è così, amicizia non è solo qualcosa di intimo, ma può voler dire anche alleanza politica, rapporto di clientela, quindi tra due individui non sullo stesso piano, ed è un eufemismo per sottolineare il rapporto non alla pari. FIDELIS, significa anche lealtà rispetto ai patti, quindi che agisce anche in termini di politica interna ed estera. CUIUS è un nesso relativo perché viene dopo un segno di punteggiatura molto forte. Doppia antitesi tra OCULIS OPINIONE e MANIBUS SUSPICIONE; ci dice che lui stesso ha dovuto toccare con mano la colpevolezza di Catilina, se no non ci avrebbe creduto. Marco Crasso invece si era collegato a questo mito in relazione alla questione egiziana e all'arrivo del re Tolomeo in Italia, sottolineando il fatto che bisognava iniziare a raccontare dalle origini, noi diremmo 'da Adamo ed Eva'. A questo contesto si collega Cicerone portando avanti la citazione stessa, circa un ventina di versi e infatti dice : Traduzione paragrafo 18 (seconda parte) A me certo sarebbe possibile continuare un po' più a lungo questo canto, infatti mai la signora errando procurerebbe a noi questo fastidio: Medea dall'anima afflitto ferita da un crudele amore. ERA ERRANS, la padrona errando, allitterazione molto forte, e poi viene continuato in prosa da Cicerone. EXIBERET, congiuntivo irreale. È interessante il salto di registro stilistici, prima c'è questa citazione enniana così alta con l'allitterazione e poi una caduta di registro con il segmentino in prosa. C'è la volontà di contrastare un mondo alto e nobile della tragedia con il mondo basso e un po' ridicolo dell'alta società romana con cui si sta confrontando. La padrona, Medea, dall'animo afflitto ferita da un crudele amore, immagino dell'amore come malattia, ANIMO AEGRA, amore come nosos, come malattia e SAUCIA significa ferita. L'amore come malattia e come ferita. Il termine saucia in relazione alla ferita d'amore si troverà non a caso nel IV libro dell'Eneide, dove Didone è definita 'saucia cura', ferita dalla preoccupazione, chiaramente d'amore, è ovvio che in quel punto Virgilio sta pensando alla Medea di Ennio. Traduzione paragrafo 18 (terza parte) Così infatti o giudici, troverete ciò che mostrerò quando sarò giunto a quel luogo, cioè che questa Medea del Palatino e questo trasloco del ragazzo, sono stati la ragione sia di tutte le disgrazie o sia piuttosto di tutte le chiacchiere. Dal punto di vista grammaticale si nota la correlazione tra i due futuri: REPERIETIS e VENERO --> regola dell'anteriorità. QUOD è una prolessi. PALATINA MEDEAM disambigua di chi si tratta, cioè una Medea del Platino non può essere che Clodia. Questo attribuisce a Clodia una serie di caratteristiche di pericolosità che erano legate al personaggio di Medea che nella tradizione è una maga, un' avvelenatrice, un'assassina, una donna pronta a tutto per amore, quindi caratteri di estrema passionalità, ma anche di pericolosità. Infatti Mede, non solo uccide i figli, ma anche il fratello e Pelia. L'uccisione del fratello in particolar modo è decisamente efferata infatti mentre sta scappando dal padre, per non farsi raggiungere a sangue freddo uccide il fratello e lo fa a pezzi, getta i pezzi uno ad uno dietro le spalle così che gli inseguitori si fermino a raccoglierli e così rallentano la loro corsa e Medea riesce a fuggire. Celio che prima era stato definito un uomo adulto, perfettamente in grado di lasciare il padre, ora viene definito ragazzo, ADULESCENS, perché in confronto a questa donna conviene farlo vedere un ragazzino sprovveduto che cade nelle reti di una donna molto più grande che lo seduce. La ripresa SIVE MALORUM, SIVE SERMONUM con la geminatio che sottolinea il contrasto tra malorum, una cosa negativa, e sermorum, una chiacchiera, sono solo chiacchiere. Da questo punto fino alla fine del paragrafo 22 viene elencata una serie di imputazioni minori: Celio avrebbe aggredito fisicamente un senatore e avrebbe molestato una matrona, il cui marito sarebbe venuto al processo a deporre riguardo questa cosa. Sono tutte accuse di poco peso ma che nel complesso contribuiscono a tracciare il quadro di Celio come di un giovane debosciato, corrotto non rispettoso della legge. Cicerone le demolisce una ad una, ma anche le liquida arrivando a chiudere la risposta al discorso di accusa di Atratino, cioè dal paragrafo 3 al 22 Cicerone risponde punto per punto a l discorso di Atratino, dopo di che cambia oggetto della polemica. Dal paragrafo 23 al 24 sottolinea il fatto che non esista una questione egiziana, cioè che per quanto riguarda l'assassinio di Dione avvenuto a Roma, si tratta di un capo d'accusa fallace in quanto il colpevole in realtà lo si conosce molto bene ed è il re Tolomeo d'Egitto: se il mandante lo conosciamo, se il mandante neanche nega, perché è un re e non ha bisogno di negare un delitto, perché è al di sopra della legge, allora perché trovarne un altro? Quindi non è un argomento da dibattere, l'accusa più grossa, l'accusa de vi, di violenza con un risvolto politico di pericolosità per lo stato, legata all'attacco di questo ambasciatore della città di Alessandria, viene completamente smontato, è una vicenda egiziana casualmente svoltasi su territorio egiziano. In due soli paragrafi liquida l'accusa più consistente contro Celio. Dal paragrafo 25 si rivolge a Lucio Erennio, che è fra gli accusatori quello che ha fatto il discorso migliore, quello che Cicerone sente il suo vero avversario in questo contesto, perché ha fatto un discorso molto bello che ha impressionato la giuria e ha rischiato di far condannare Celio. Erennio aveva tracciato un quadro molto negativo e critico della gioventù contemporanea romana, collocando la corruzione di Celio all'interno di un quadro che condannava tutta la sua generazione. Il suo atteggiamento viene paragonato a quello di uno zio molto arcigno rigoroso ed esigente. PATRUS noi lo traduciamo come zio, ma i latino sono più precisi e hanno un sostantivo per indicare lo zio paterno, patrus, lo zio del padre e uno diverso per indicare lo zio paterno, avunculus, alla lettera nonnetto, comunque vezzeggiativo. Sostantivi diversi con connotazione diversa, perché lo zio paterno era quello severo, lo zio materno era quello che ti viziava, che ti coccolava. Chiaramente qui patrus è lo zio severo, e come se non bastasse viene specificato dall'aggettivo PROTRISTIS, dove tristis non significa necessariamente triste come atteggiamento di lutto, ma significa arcigno, rigoroso, severo, che pretende molto. E soprattutto c'è il prefisso PER che è intensivo, dall'inizio alla fine, dalla testa ai piedi, il più severo degli zii; riferimento è ad un personaggio teatrale, al personaggio teatrale dello zio rigoroso all'antica che pretende un certo comportamento da parte del nipote, in particolar modo questo personaggio si trova in Terenzio, il motivo dell'educazione improntata agli antichi costumi era stata tematizzata in età arcaica ed in particolar modo la Terenzio. La risposta di Cicerone alle critiche di Erennio non va a negare il carattere di Celio come giovane troppo libero, non ligio all'antica moralità, ma dice che non è una colpa individuale, ma una caratteristica di questa generazione, non si possono condannare tutti, dobbiamo accettare questo atteggiamento. Nel paragrafo 28 propone la sua soluzione, il suo atteggiamento nei confronti di questo problema: Traduzione paragrafo 28 (parte 1) Certo in questa città e ho visto e ho udito che molti che non solo hanno gustato a fior di labbra questo tipo di vita, e che non solo lo hanno toccato come si dice non la punta delle dita, ma che hanno dedicato l'intera giovinezza ai piaceri, che molti a un certo punto sono riemersi e sono ritornati come si dice a un buon raccolto (sulla retta via) e sono stati uomini seri e illustri. Il concetto è: uno può non uniformarsi alle regole nella giovinezza, l'importante è che dopo che si è sfogato, da un certo punto in poi ritornino sulla retta via. La principale è ET VIDI ET AUDIVI, che regge un accusativo MULTOS e tre infiniti EMERSISSE, RECEPISSE e FUISSE. Ed il soggetto, multus viene specificato da una subordinata di secondo grado, che è la relativa QUI GUSTASSENT ATTIGISSENT QUI DEDISSENT, relative al congiuntivo per attrazione modale, che si può avere in dipendenza o di un congiuntivo, ma anche in dipendenza da un infinito, la sovraordinata ha l'infinito, quindi non è l'infinito di per se a produrre l'attrazione modale ma il fatto che ci troviamo in un contesto presentato dal punto di vista soggettivo. PRIMORIBUS LABRIS , EXTREMIS DIGITIS è l'uso dell'aggettivazione con senso superlativo. Traduzione paragrafo 28 (parte 2) Infatti per consenso di tutti è concesso a quest'età un po' di gioco e la natura stessa moltiplica i desideri dell'adolescenza. Questi se si sfogano così che non rovinano la vita di nessuno, non sovvertono la casa di nessuno, sono di solito considerati leggeri e tollerabili. È per natura he gli adolescenti sono desiderosi di molte cose e la loro natura deve essere assecondata. QUAE nesso del relativo che si collega a CUPIDITATES. SI ITA che anticipa UT della consecutiva. Quindi UT LABEFACTENT e EVERTANT sono due consecutive. Questo principio educativo abbastanza dolce e tollerante viene commentato da Narducci nell'introduzione e secondo lui un discorso politico su come trattare la gioventù è centrale nella Pro Caelio, qui Cicerone non voleva soltanto difendere Celio, ma voleva fare un discorso polito sociale di portata più ampia, presentando questo modello di apertura ai desideri della gioventù romana. Apparentemente fare un discorso di questo tipo è molto banale che non ha nulla di politico o elevato, che non presuppone una grande riflessione dietro, tant'è che l'aveva già detto Terenzio 70 anni prima. In che cosa consiste la sua novità allora? La novità consiste nel fatto che questo modello che Terenzio applicava alla classe media (quella che oggi si direbbe borghesia), i giovani che erano destinati a diventare semplicemente dei bravi cittadini e nulla di più, viene trasposta da Cicerone alla nobiltà e alla classe senatoria, i futuri reggitori dello stato, quindi assume un valore anche politico e non solo sociale. I concetti apparentemente banali espressi nel paragrafo 28 saranno ripetuti in forma ampliata ma molto simile con delle ripetizioni anche vere e proprie, non soltanto di concetto, ma di parole, nei paragrafi 41 43. Un problema, infatti, della pro Caelio è quello di una serie di ripetizioni, ci sono concetti, veri e propri paragrafi e anche veri e propri nessi lessicali e letterari che vengono ripresi da un punto all'altro. In particolare sono due gli snodi: 1. il paragrafo 28 ripreso ai paragrafi 41-43 (ampliamento, da un paragrafo a tre ). 2. il paragrafo 35 che riguarda il comportamento di Clodia che viene ripreso e ampliato nei paragrafi 38 e 40-50. C'è quindi un problema di doppioni ed è difficile spiegare come mai, se parliamo di doppioni già stiamo svalutando, già ci mettiamo in un atteggiamento che tende a preferire o una o l'altra. La critica tradizionale riteneva che questa relazione di un concetto che ritorna sia un residuo dell'improvvisazione, infatti gli oratori romani si preparavano a casa dei testi, degli schemi, ma nel momento in cui dovevano rispondere al discorso della parte avversa erano chiamati ad improvvisare, ad inserire cose nuove, quindi è possibile che Cicerone, chiamato a rispondere ad un discorso di Erennio che aveva avuto così tanta presa sui giudici abbia insistito si questi due punti e che sarebbe poi rimasta traccia di questa improvvisazione nella stesura del testo giunto fino a noi. Narducci, invece ritiene che queste ripetizioni non rappresentino una trascuratezza stilistica, in quanto se presi ciascuno nel suo contesto, queste parti hanno un senso e stanno bene, se ne togliamo o una o l'altra andiamo a perdere qualcosa, non è un guadagno di linearità. Secondo lui i paragrafi 28 e 35 non costituiscono un doppione, ma un'anticipazione consapevole di quello che verrà trattato in modo più ampio nel corso dell'argomentazione. Traduzione paragrafo 30 (prima parte) Dunque le accuse sono due: dell'oro e del veleno. Nelle quali è di scena una e una stessa persona (uno e uno stesso personaggio--> metafora teatrale) l'oro è stato preso da Clodia, il veleno è stato cercato per darlo a Clodia come si dice. Tutti gli altri punti non sono accuse ma chiacchiere, adatte ad un chiassoso litigio piuttosto che a un processo pubblico. Adulto, impudico, corrotto è un insulto, non un accusa. Inizia a parlare di Clodia. I due capi d'accusa a cui vuole rispondere sono l'accusa dell'oro e del veleno, significa che Clodia avrebbe dato dei gioielli in prestito a Celio che doveva procurarsi del denaro che secondo l'accusa serviva per organizzare l'assassinio dell'ambasciatore egiziano. Il veleno perché secondo Cicerone, Clodia voleva assassinare Celio per non avere un testimone scomodo delle sue malefatte. La sua strategia è: nel momento in cui nega l'esistenza di una questione egiziana e che Celio sia coinvolto, nega che lui abbia chiesto i gioielli a Clodia in relazione all'assassinio. Quindi questi due fatti, l'oro e il veleno, che l'accusa aveva letto in modo politico, fatti per motivazione politica, vengono privati da Cicerone di quella dimensione così pesante che secondo lui non esiste e vengono ricondotti alla sfera privata di un litigio tra ex amanti, di una vendetta tra una signora di una certa età ed il ragazzo che poi l'ha lasciata, diventa quindi una vendetta privata piuttosto che un tassello di politica estera molto pesante in cui c'è stato un morto. Insiste molto sulla stessa persona. PERSONA in latino non significa individuo, ma è il personaggio teatrale o addirittura la maschera teatrale, quindi ancora la metafora. Prima volta che nomina Clodia, al paragrafo 30 abbiamo finalmente il nome della meretrix che fin dall'inizio è stata presentata come colei che ha mosso le fila della situazione. La afferma che è il modo per “far parlare i morti” e in questo caso prende la voce di Appio Claudio Cieco, protagonista della gens Claudia in epoca arcaica, tra IV-III secolo a.C., grande uomo politico, condottiero e oratore, di cui alcune erano tramandate tra cui una che tenne in senato contro la possibilità di chiedere la pace con Pirro, re dell’Epiro, che aveva cercato di invadere l’Italia. Di questo discorso, che per Cicerone non vale la pena leggerlo, sappiamo che venne rielaborato negli Annali di Ennio, quindi ha avuto una rielaborazione letteraria, anche se non sappiamo se il testo a lui attribuito fosse autentico, perché gli oratori romani in genere, prima di Cicerone, non scrivevano i propri discorsi, quindi è strano che Appio Claudio lo abbia fatto. Cicerone si è servito della prosopopea anche nelle Catilinarie, immaginando che una personificazione della Patria rimproveri l’uomo a causa della sua condotta; ma se in quest’altra opera si tratta di un passo drammatico, nella Pro Caelio si tratta di un lacerto abbastanza ironico, il cui scopo è, ancora una volta, riportare in foro un’atmosfera teatrale. [Par.33] Ma tuttavia prima chiederò (quaeram) a lei stessa se preferisca (malit) che io tratti (agere) con lei in modo severo solenne e antico (severe, graviter, prisce), oppure pacato e dolce e moderno (remisse, leniter, urbane). Se in quel modo e modalità austeri, dovrò richiamare dagli Inferi, qualcuno di quei barbuti, non con quella barbetta che piace a lei (ista), ma con quella ispida (illa horrida) che vediamo nelle statue antiche e nelle immagini. Uno dei quei barbuti che sgridi la donna e che la sgridi per conto mio, perché lei per caso non si arrabbi con me. Si alzi dunque da questa stessa famiglia qualcuno, in particolare il famoso Ceco, infatti proverà pochissimo dolore, lui che non la(istam) vedrà.  Introduce il momento passando dalla questione dello stile;  Quaeram reggente  interrogativa retorica con malit  che regge completive all’infinito me secum agere e an remisse;  Due tricolon in rapporto di antitesi tra di loro – severe/ remisse; graviter/ leniter; prisce/ urbane; terzo termine non è proprio antitetico, al posto di prisce doveva esserci rustice. Comunque, c’è sovrapponibilità tra la rusticitas e i costumi dei prisci (antichi) poiché erano semplici come quelli rustici, mentre la modernità era sovrapponibile all’urbanitas perché lussuosa e sfarzosa. Sono due avverbi che fanno riferimento allo stesso concetto, solo che uno mette in risalto il tempo (prisce) l’altro il luogo (urbane);  Gioco sul problema della barba – in età arcaica non ci si radeva, quindi erano molto ispide, pare che i barbieri arrivino dalla Sicilia nel 300 – barba in contrasto con barbula, il secondo termine è un vezzeggiativo con valore dispregiativo;  Horridus = ispido, che fa rizzare il pelo, quindi per analogia tutto ciò che fa paura;  Imaginibus fa riferimento ad un elemento preciso della cultura romana, le imagines degli antenati sono i ritratti degli antenati, che per i nobili avevano un grande peso ed erano dunque esposti nell’atrio della casa in quanto parte d’accoglienza per i visitatori, più facilmente accessibile, dove si accoglievano i clienti o chi si soffermava anche per poco; l’atrio era una sorta di vetrina, di presentazione e rappresentazione sociale della famiglia e della domus. Le imagines erano poste all’esterno della casa solo in occasione dei funerali, che erano quindi spettacolarizzati, venivano fatte sfilare. Fa riferimento ad elementi emotivi e pratiche antiche, tradizioni, che Clodia sta infangando e infangando con il suo comportamento;  Relativa al congiuntivo con valore finale [qui obiurget mulierem et pro me loquatur];  Istam ha sfumatura dispregiativa, presa di distanza, anche in latino può assumere questa sfumatura, perché indica qualcuno che è lontano da chi parla; [par.34] Lui (qui) sicuramente se sarà emerso (exstiterit), così tratterà e così parlerà: “Donna, che cosa [hai a che fare] con Celio? Che cosa con un ragazzino (homine adulescentulo)? Che cosa con un estraneo (alieno)? Perché o sei stata così sua amica da prestargli l’oro o così nemica (inimica) da temere il veleno? Non avevi sentito che tuo padre, che tuo zio, il nonno, il bisnonno e il bisbisnonno, erano stati consoli? Non, infine, sapevi che or ora (modo) eri sposata con Quinto Metello, uomo notissimo e fortissimo e affezionatissimo alla patria, che non appena metteva piede fuori dalla soglia di casa superava quasi tutti i cittadini per valore, gloria e rango (virtute, gloria et dignitate)? Dal momento che provenendo da una schiatta nobilissima ti sei sposata entrando in una famiglia famosissima, perché Celio ti è stato così vicino? Parente? Parente acquisito? Amico di tuo marito? Nulla di tutto ciò. Che altro fu dunque se non una qualche sconsideratezza (temeritas) e sfrenatezza (libido)?  Qui – nesso relativo;  Mulier, quid tibi – nesso colloquiale e incipit diretto – contrasti tra registri riversi, oscilla tra ricadute comiche colloquiali ed elementi arcaici e complessi. Inizia qui una serie di domande retoriche;  Tricolon introdotto da quid cum;  Celio ancora detto adulescens, ma calca la mano con il vezzeggiativo adulescentulus, forse per far risaltare differenza d’età di dieci anni e davanti pone il termine homine;  Cum alieno – le matrone non potevano avere rapporti stretti con uomini al di fuori della propria cerchia famigliare;  La richiama poi alla memoria del proprio contesto famigliare, una famiglia di consoli [patrem, patruum, avum, proavum, atavum], e suo marito Quinto Metello, console nel 60 e morto in circostanze misteriose nel 59. Questo fatto aveva gettato sospetti su Clodia come responsabile, tant’è che nel suo discorso di difesa, Celio, aveva definito Clodia, una Clitemnestra quadrantaria; ovvero l’aveva paragonata alla moglie di Agamennone, Clitennestra, e il secondo termine deriva da quadrans, ovvero una moneta di uso comune all’epoca, quindi sarebbe una “Clitennestra da due soldi”. Il riferimento alla moneta però implica anche una presunta attività di prostituzione, e abbiamo insito nel nome di Clitennestra anche il presunto omicidio del marito e l’adulterio con Egisto, complice nell’uccisione del marito. Secondo riferimento ad una donna pericolosa del mito [c.f.r. par.18, Medea];  Fortissimi; clarissimi; patriaeque amantissimi – tre superlativi riferiti a Metello per sottolineare prestigio ed eccellenza del marito di Clodia, che è anche detto vir, che sono in contrasto con gli attributi di Celio, detto homine;  Pedem limine extulerat – effetto di caduta stilistica, contrasto con i pomposi superlativi e con gli attributi che seguono, sempre riferiti a Metello (virtute, gloria, dignitate) che rappresentano caratteristiche ideali dell’uomo arcaico;  Continua con i superlativi riferiti alla famiglia di origine e a quella acquisita per matrimonio;  Propone tre possibilità per salvare la vicinanza a Celio, ovvero che sia parente di sangue (congnatus), parente acquisito (adfinis) o amico del marito (viri tui famigliaris) – non amicus; è quindi un tricolon decrescente di importanza del legame. Non si giustifica un’amicizia propria, l’amicizia è giustificata solo se legata al marito. Se i nostri ritratti virili non ti impressionavano (commovebant), nemmeno la mia discendente, quella (illa) famosa Quinta Claudia, ti spingeva (admonebat) a essere imitatrice della lode domestica, nella gloria femminile, non quella(illa) famosa vergine vestale Claudia, che avendo abbracciato il padre (patrem complexa) mentre trionfava non permise che fosse tirato giù dal carro dal tribuno della plebe ostile?  L’orazione di Appio Claudio Cieco si conclude con due exempla non dal mito, ma della gens claudia nello specifico della componente femminile della famiglia, da notare che entrambe le donne sono chiamate Claudia, non come nome proprio, ma perché appartenenti alla gens omonima.  Continua a costruire l’orazione di Appio Claudio con le domande retoriche – quindi se gli esempi maschili non sono stati sufficientemente persuasivi, perché non lo sono stati nemmeno quelli femminili? Entrambe sono anche dette illa, nel senso di “quella famosa/ proprio lei”.  Quinta Claudia – non si racconta nulla, perché viene dato per scontato che tutti conoscano la sua vicenda. Durante le guerre puniche, durante la guerra annibalica del III secolo, si temette di non riuscire a vincere contro i Cartaginesi con le sole forze delle divinità romane, quindi si decise di importare dalla Frigia il culto della dea Cibele, grande madre degli dei, culto orgiastico, esotico e del tutto estraneo alla cultura romana, poiché i sacerdoti della dea erano castrati, fatto che produceva un senso di disagio per i romani. Nel 204 a.C., decisero di portare a Roma una grossa pietra nera, simbolo della dea, e la si fece navigare su un battello, che però s’incaglio nel Tevere bloccando la barca, presagio nefasto. Quinta Claudia si offrì volontaria per liberare la barca con un semplice gesto come manifestazione della sua castità; la donna in questa occasione riscatta la sua reputazione, ingiustamente chiacchierata, infatti la nave riuscì a ripartire.  Della vergine vestale Claudia Cicerone aggiunge qualche informazione; ci troviamo in un contesto diverso, ma che comunque riguarda la castità delle donne della gens Claudia. La donna, vergine vestale, mentre suo padre celebrava il proprio trionfo, metà del II secolo, sul cocchio tirato dai cavalli, un tribuno della plebe per disonorarlo tenta di tirarlo giù dal cocchio e quindi sua figlia sale sul cocchio e abbraccia il padre, perché le vestali non potevano essere toccate quindi la sua presenza impedisce all’uomo di buttare giù il padre, quindi se l’uomo l’avesse toccata sarebbe stato punito. Perché, te i vizi del fratello (fraterna vitia), piuttosto che i pregi del padre e degli avi, ripetuti a partire da noi sia negli uomini che nelle donne, mossero? Per questo, io ho impedito la pace con Pirro, perché tu ogni giorno (cotidie)stringessi patti di amori vergognosissimi (turpissimorum foedera ferires)? Per questo ho portato l’acqua, perché tu te ne servissi in modo vergognoso? Per questo ho costruito la via, perché tu la frequentassi assiduamente (celebrares)accompagnata da uomini estranei (alienis viris)?  Insiste con le domande retoriche: nella prima Appio Claudio si chiede perché i vizi del fratello Clodio, abbiamo maggiormente influenzato Clodia, rispetto agli exempla postivi, che lei non sembra minimamente considerare o rispettare;  Poi retoricamente elevato, il finale è costituito da tre segmenti, ognuno introdotto da ideo;  superlativo riferito a Clodia e alle sue relazioni + allitterazione in foedera ferires = ferire i patti, è un’espressione arcaica che si trova negli Annales di Ennio, che vuol dire “stringere patti” facendo riferimento alla pratica per cui quando veniva stretto un patto, veniva effettuato un sacrificio che lo sancisse – qui ha effetto comico perché riferito alla contemporaneità. Questi tre elementi fanno riferimento a tre grandi eventi che hanno decretato l’importanza di Appio Claudio: l’impedimento della pace con Pirro, il fatto di aver costruito l’acquedotto Claudio e la costruzione della via Appia. Queste tre azioni vengono rovesciate e vanificate dal comportamento di Clodia, perché rapportate ad elementi di biasimo associati alla donna. L’avo ha evitato di stringere una pace che avrebbemo strato la debolezza dei romani, lei stringe amicizie con tutti; lo stesso vale per l’acquedotto e la strada Appia. LEZIONE 8 Affinità paragrafi 48-50 con le accuse a Clodia. C’è un problema infatti di “doppioni” in questa orazione cioè ci sono alcuni temi lessicali/tematici della prima parte che vengono ripresi successivamente e non sappiamo se sia un effetto voluto che l’oratore ha voluto sottolineare oppure se è una scelta dell’editore. TRADUZIONE paragrafo 35: “ma perché, o giudici, ho portato in scena un personaggio così serio da temere che lo stesso Appio improvvisamente si volga (cambi opinione) e inizi ad accusare Celio con quella sua severità da censore. Ma questo lo vedrò più avanti e in modo tale, o giudici, che sono fiducioso che mostrerò la bontà della vita di Marco Celio (otterrò approvazione per la vita di M. Celio) anche davanti agli esaminatori/giudici più severi”. SED QUID EGO è importante perché interro pe il discorso di Appio Claudio e interviene in prima persona. Interrompe perché dice che lui è così severo e all’antica che c’è il rischio che cambi opinione e anziché condannare i costumi di Clodia si rivolga invece contro Celio che è un personaggio alla moda. È quindi controproducente per Celio stesso. Poi continua la metafora teatrale con una scelta lessicale molto precisa con il termine PERSONA che indica personaggio o maschera teatrale. Anche il verbo INDUXI ha il significato tecnico di portare dentro nel senso di condurre sulla scena. GRAVITAS è la pesantezza ma qui significa proprio serietà all’antica. Ora non vuole stare a difendere Celio, ma vuole attaccare Clodia e quindi va avanti (di questo mi occuperò più avanti il verbo in realtà è un futuro anteriore). “ma tu donna infatti ormai parlo io stesso con te senza frapporre alcun personaggio/maschera, se pensi di dimostrare le cose che fai, che dici, che simuli, che ordisci, che accusi (c’è un cumulo= una anafora del sfumatura morale). È una protasi di irrealtà nel presente da cui dipendono una serie di relative al congiuntivo che può essere così ancora o per attrazione modale o perché ha sfumatura consecutiva. Da pdv lessicale notiamo il SE OMNIBUS PERVULGARET, il preverbio PER dà idea di completezza, dall’inizio alla fine, qui c’è l’idea di concedersi a tutti quanti da parte di Clodia; inoltre il concetto è rafforzato da omnibus. Notiamo poi il verbo ALO, ALERE che vuol dire nutrire. Questo verbo collegato con l’adolescens è divertente perché sottolinea la differenza d’età tra Clodia e i ragazzi con cui si intratteneva, come se fosse la loro mamma/nutrice. Notiamo anche molte allitterazioni importanti. Saltiamo al paragrafo 51. Dal 39 al 50 Cic ritorna a parlare del modello educativo e dell’opportunità di educare i giovani adottando un modello docile e permissivo piuttosto che secondo il rigido mos maiorum. Sono i passi in cui troviamo i famosi doppioni di cui abbiamo già parlato. Ritorna su concetti generici di cui ha già parlato in precedenza. Dice che Celio è un avvocato di grido, ottima posizione. Quindi è evidente che non ha tempo per certe sciocchezze, lavora talmente tanto e bene che non ha tempo per Clodia. Un altro motivo costante nel moralismo romano: è legittimo che un giovane vada con prostitute, si deve sfogare, è una funzione è perfettamente accettata. Clodia quindi è una prostituta, non c’è nulla che Celio ha fatto in modo irregolare e criticabile. Ci deve comunque sempre essere moderazione, ma in ogni caso era più che lecito andare a prostitute che facevano questo mestiere, lavoro. Inoltre parla anche dei due principali capi d’accusa: di oro e di veleno. Il primo erano i gioielli che Clodia avrebbe regalato a Celio affinchè lui si procurasse soldi per uccidere Dione, l’ambasciatore egiziano. Il secondo è il veleno che, a seguito della questione egiziana, Celio di sarebbe procurato per uccidere Clodia, testimone scomoda. TRADUZIONE 51 “Ma poiché la mia orazione sembra ormai essere emersa dalle secche (dai guadi) e aver oltrepassato gli scogli, la restante navigazione mi si presenta facilissima. Due sono infatti i capi d’accusa di enormi delitti in relazione a una sola donna. L’accusa dell’oro che è detto essere stato preso/ricevuto da Clodia e del veleno che Celio è accusato di essersi procurato al fine di uccidere la stessa Clodia.” La prima proposizione ha come sogg ORATIO MEA, poi VIDETUR principale (sembrare, nel senso di è evidente) che regge due infiniti. PERFACILIS è un superlativo di facilis. È l’immagine del testo dell’orazione come viaggio metafora del viaggio testuale, composizione del testo come viaggio del mare. È molto diffusa in tutto il mondo occidentale e che ha radice nei classici (pensiamo all’incipit del purgatorio della divina commedia: “percorre migliori acque la navicella del mio ingegno che lascia dietro a sé mar così crudele”). La frase successiva spiega che appunto vi sono DUE accuse in antitesi con UNA SOLA donna da cui partono appunto le accuse. Vengono ripresi i due CRIMINA a metà del capitolo 30b(vedi). AURI ET VELENI QUOD che introduce una proposizione relativa. “prese l’oro, come dite, che desse/doveva dare agli schiavi di Lucio Lucceio, attraverso i quali fosse ucciso Dione d’Alessandria che allora abitava presso Lucceio”. QUOD DARET relativa al congiuntivo con valore finale. Poi PER QUOS (riferito a schiavi) NECARETUR altra relativa al congiuntivo con valore finale di secondo grado. Poi ne arriva anche una di terzo grado ma all’indicativo (non congiuntivo, non c’è attrazione modale qui perchè non c’è senso di fine o conseguenza, è un’informazione oggettiva e basta qui). È vero che Dione si trovava presso Lucceio ( e qui utilizza indicativo perché è un fatto oggettivo) ma non è vero che per questo Celio voleva ucciderlo (congiuntivo). “Grande/terribile accusa sia nell’insidiare ambasciatori o nel fomentare/spingere gli schiavi (iperbato perché lontano) affinchè uccidessero un ospite del loro padrone, un piano piano di delitto, pieno di audacia” Poi fa testimoniare Lucceio il quale nega ciò che l’accusa dice. Arriva al paragrafo 56 a parlare dell’altro capo d’accusa: il veleno che Celio si sarebbe procurato per uccidere Clodia. A questo punto l’argomentazione di Cicè che se non esiste l’oro, che motivo ci sarebbe di cercare del veleno per ucciderla? Se non esiste l’roro, non esiste neanche il veleno, non c’è alcun movente per un’accusa del genere. Prima di continuare questa linea di difesa e giungere alla conclusione, Cic inserisce un ulteriore riferimento letterario. paragrafi 59 e 60: Cic finge di essere preso da un momento emotivo che lo porta lontano dal filo conduttore del suo discorso di difesa. Ricorda preso dall’emozione, dalle lacrime (è chiaro che sta recitando) la morte di Quinto Metello Celere, marito di Clodia morto 3 anni prima all’improvviso. C’è il sospetto che non si tratti di malattia improvvisa, no morte naturale, ma c’à il sospetto che sia stato avvelenato proprio da Clodia. La morte di Metello Celere viene narrata da Cic in termini tragici: utilizza molti superlativi e assume il ruolo del NUNTIUS del teatro. È l’anghelòs in greco. Le scene di maggior violenza in teatro infatti non venivano rappresentate direttamente ma raccontate da questa figura. Cic assume il ruolo di nuntius qui. Paragrafo 59: “o dei immortali, perché talvolta nei più grandi delitti degli uomini o siete distratti o chiudete gli occhi o riservate le punizioni del delitto presente per il futuro?” apparentemente è uno scoppio emotivo che porta Cic lontano dal filo che conduce la difesa. Segue un periodo lungo che fa capire la tensione emotiva “ho visto infatti e ho bevuto (ne ho ricavato) il dolore forse più amaro nella vita quando (cum narrativo) Quinto Metello fu strappato dal seno e dal grembo della patria e quando quell’uomo che si riteneva nato per (servire) questo stato , due giorni dopo che in senato ( i romani dicevano tre giorni dopo perché erano inclusivi noi invece escludiamo il giorno di partenza), sui rostri (sulla tribuna quindi davanti al popolo), nella repubblica (c’è una sorta di crescendo, prima senatori, poi popolo poi stato in generale, tricolon con cum), aveva avuto grande successo, nel fiore degli anni, in splendida forma, al massimo delle forze fu strappato nel modo più vergognoso ai bravi cittadini e all’intera collettività” quindi dice di aver assistito alla sua morte, come si vede dalla ripetizione del verbo VIDI (figura poetica dell’autopsia tipica della tragedia). Ne ha tratto il dolore forse più grave della sua vita, il che utilizza significa “attingere” come se lui bevesse, attingesse da questo dolore straziante. Da qui alla fine ci sono moltissimi superlativi, usati in relazione a determinati personaggi o situazioni e quindi possono avere una sfumatura ironica, di disprezzo, di elogio ecc. “in quel tempo lui morendo mentre ormai la mente era oppressa nelle altre parti (cum e congiuntivo), riservava l’ultima coscienza alla memoria dello stato (genitivo oggettivo) quando guardando me che piangevo (participio presente che dà l’idea di qualcosa di diretto) indicava con parole rotte e morenti (ablativo strumentale) quanta grande tempesta incombesse (completiva al congiuntivo) su di me / mi minacciasse (esilio di Cic di cui Clodio era responsabile) quanto grande pericolo minacciasse la città (forse fa riferimento al primo triumvirato ma la prof non è certa perché nel 56 era in vigore dal 60 e verrà poi prolungato per un ulteriore triennio) e spesso colpendo la parete che gli era stata in comune con Quinto Catulo nominava spesso Catulo, spesso me, spessissimo lo stato, come se non si dolesse tanto di morire quanto (comparativa) di privare (regge il dativo) della sua difesa sia la patria sia anche me (di nuovo Cic si mette sullo stesso piano dello stato)”. Scena della morte di Metello: Cic dice di essere stato presente alla sua agonia, quando ormai egli era incapace di pensare. La poca lucidità che gli era rimasta era servita per mettere in guardia Cic da qualcosa he stava per accadere a lui e alla patria. È difficile pensare che sia andata veramente così ma comunque Cic ce lo racconta e ci dice che colpiva la parete della casa a fianco, dove un tempo abitava Catulo. “infatti se (protasi irrealtà) nessuna violenza di un improvviso delitto avesse portato via quest’uomo, in che modo lui da consolare si sarebbe opposto (apodosi sottoforma di interrogativa) al suo fedele fratello, lui che da console, in presenza del senato (ablativo assoluto ascoltandolo in senato), aveva detto che avrebbe ucciso (esse sottintesto) di propria mano quello che iniziava a comportarsi in modo folle e a fare dei tentativi sconsiderati”. QUEM è un nesso relativo. Il fratello che si comporta da pazzo è Clodio. Il termine FURENTI ha una connotazione politica, furor in questo contesto non è una pazzia psicologica ma un’azione politica sconsiderata, sia perché Clodio l’anno dopo manda in esilio Cic sia perché aveva un comportamento violento e sconsiderato con le sue bande armate. CONSULARIS vuol dire ex console, uomo che ha ricoperto la carica di console. LEZIONE 10 Finiamo l paragrafo 60, in cui ci troviamo ala scena della morte, probabilmente per veleno, del marito di Clodia, Metello. Abbiamo rispetto alla tragedia il personaggio del Nunzio, l’atteggiamento molto coinvolto di Cicerone che fa finta di perdere il filo dell’orazione per narrare questa scena. Traduzione paragrafo 60 (parte 2) Dunque, uscita da questa casa, codesta donna oserà parlare della velocità del veleno? Non avrà paura nella casa stessa che non si lasci sfuggire qualche parola, non temerà i muri consapevoli, non quella notte funesta e luttuosa? Parla di Clodia, che abitava nella stessa casa di Metello, perché era la moglie. Clodia aveva accusato Celio di aver tentato di avvelenarla per far fuori una testimone scomoda dei suoi tentativi di uccidere l’ambasciatore egiziano. A questo punto Cicerone dice: lei che abbiamo sospettato che abbia ucciso suo marito, adesso accusa Celio di aver avvelenato lei? Rivolge l’accusa verso Clodia stessa. Quando si parla di CELERITAS il termine non è stato scelto casualmente, perché Metello come cognomen era CELER, quindi il sostantivo fa riferimento al cognome del marito assassinato. Qui Cicerone sta facendo finta di essere sconvolto dal dolore del ricordo, in realtà è molto consapevole del lessico. NON introduce l’interrogativa retorica che attende una risposta positiva, certo che sì. l’immagine della casa che parla e racconta i misteri e i delitti svolti al suo interno, è tragica, non è scelta a caso ed è una citazione dall’Agamennone di Eschilo, dove nel prologo si dice: se avesse voce la casa stessa parlerebbe chiare parole. CONSCIUS significa consapevole, ma anche complice del delitto. Traduzione paragrafo 60 (parte 3) Ma ritorno all’accusa, infatti questa menzione che ho fatto di quell’uomo famosissimo ed eccellente e ha indebolito la mia voce con il pianto e ha bloccato la mia mente con il dolore. Chiusa la parentesi drammatica Cicerone finge di tornare padrone di se e ritorna con un salto stilistico a svolgere punto per punto la sua accusa. Abbandona interrogative retoriche e torna all’accusa. L’unico elemento che rimane comune tra le due parti è l’uso dei superlativi. Per vedere il salto stilistico vediamo il paragrafo 61, in cui torna a parlare del veleno e l’accusa aveva formulato questa ricostruzione:Celio voleva avvelenare Clodia, per fare questo si sarebbe dato appuntamento con degli schiavi di Clodia nei bagni per consegnare un vasetto con il veleno con il quale gli schiavi avrebbero dovuto avvelenare Clodia. Traduzione paragrafo 61(parte 1) Ma tuttavia da dove sia provenuto il veleno, in che modo sia stato procurato, non si dice. Dicono che è stato dato a questo Licinio,un ragazzo a modo e bravo, amico di Celio. E è stato concordato con gli schiavi che andassero ai bagni di Seni,in quello stesso luogo sarebbe andato Licinio e a loro avrebbe consegnato il vasetto del veleno. NON DICITUR è la principale che regge le completive al congiuntivo che sono interrogative indirette. è interessante che Cicerone presenta tutto dal punto di vista dell’accusa,non c’è nulla di oggettivo, sintetizza i capi d’accusa come parole dell’accusa, non c’è nulla di reale. La seconda parte del paragrafo spiega il suo punto d vista riguardo a queste accuse. Traduzione paragrafo 61( parte 2) Per prima cosa mi chiedo questo, che senso ha avuto che accadesse in quel luogo convenuto, perché i servi non sono andati da Celio a casa sua. Se si manteneva tutta quella amicizia di Celio, quella grande familiarità con Clodia, che cosa ci sarebbe di sospetto se uno schiavo della donna fosse stato visto presso celio? Se invece ormai era subentrato l’astio si era spenta l’amicizia e si era generata una rottura, evidentemente da qui quelle lacrime e quella è la causa di tutti i delitti e accuse.