Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Promessi sposi, riassunto capitoli 1,2,3,4, Sintesi del corso di Letteratura Italiana

Un riassunto breve ma completo dei primi quattro capitoli dei Promessi Sposi, di Alessandro Manzoni.

Tipologia: Sintesi del corso

2014/2015
In offerta
30 Punti
Discount

Offerta a tempo limitato


Caricato il 19/09/2015

Eleonora.3
Eleonora.3 🇮🇹

4.3

(9)

2 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Promessi sposi, riassunto capitoli 1,2,3,4 e più Sintesi del corso in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! I Promessi Sposi Riassunto capitolo 1 Alessandro Manzoni apre il suo romanzo presentando i luoghi che faranno da sfondo alle vicende principali dei Promessi Sposi: il lago di Lecco, i monti che lo circondano, i campi e le stradine, il fiume Adda, la città di Lecco ed i paesini circostanti. La città di Lecco dà subito all’autore lo spunto per accennare con ironia alla dominazione spagnola, ed ai soldati stranieri che insegnavan la modestia alle fanciulle e alle donne del paese, accarezzavan di tempo in tempo le spalle a qualche marito, a qualche padre; e, sul finir dell’estate, non mancavan mai di spandersi nelle vigne, per diradar l’uve, e alleggerire a’ contadini le fatiche della vendemmia, intendendo chiaramente gli stupri, le violenze, i furti ed i soprusi commessi da loro commessi. Lungo una di quelle stradine, il giorno 7 Novembre dell’anno 1628, Don Abbondio, al termine della sua passeggiata quotidiana, sta tornando verso casa leggendo il breviario. Ad un bivo obbligato, nei pressi di un tabernacolo che riporta raffigurate le anime e le fiamme del purgatorio, il curato vede fermi due uomini e dai loro comportamenti capisce subito che sono lì per lui. L’aspetto dei due uomini indica chiaramente che si tratta di ‘bravi’: hanno capelli lunghi raccolti in una reticella, dalla quale esce solo un grande ciuffo che ricade loro sulla fronte, e sono equipaggiati con spadone, coltelli e pistole. A quel tempo personaggi simili erano molto comuni. Numerose grida avevano tentato in ogni modo di porre fine allo loro esistenza, senza però avere alcun successo, tanto erano potenti le caste e le fazioni per cui tali individui operavano. I due malviventi si incamminano verso Don Abbondio, che prima valuta possibili vie di fuga, poi cerca di ricordare eventuali torti fatti a uomini potenti, infine accellera il passo correndo quasi loro incontro. Non potendo evitare il pericolo cerca almeno di ridurre l’angosciante attesa. I bravi non nascondono la loro missione: obbligare con minaccie Don Abbondio a non celebrare il matrimonio tra Renzo Tramaglino e Lucia Mondella. Celebre la frase questo matrimonio non s’ha da fare, né domani, né mai. Il curato è terrorizzato dai due uomini, ad incutere in lui una paura ancora maggiore (come un fulmine durante un temporale) è il nome del loro mandante: Don Rodrigo. Don Abbondio per sua natura non può quindi che dichiararsi disposto all’obbedienza. Cerca però almeno di farsi dare suggerimenti su come agire, ma i due bravi hanno però ormai svolto la loro missione, salutano il curato e lo lasciano solo con la sua disperazione. Vivendo in una società spietata ed essendosi reso subito conto d’essere, in quella società, come un vaso di terra cotta, costretto a viaggiare in compagnia di molti vasi di ferro, non essendo nato nobile, né ricco e né tantomeno coraggioso, Don Abbondio aveva da giovane ubbidito di buon grado ai parenti, che lo volevano prete. La sua non era stata pertanto una vocazione, ma solo la necessità di entrare a far parte di una classe forte e riverita. Durante tutta la sua vita aveva quindi cercato di tenersi fuori da ogni contesa, di cedere in quelle che doveva inevitabilmente affrontare, di non prendere mai posizione, se non al limite, quella del più forte, senza però esporsi troppo. Si può quindi ben capire quale fosse la disperazione e lo sconforto di Don Abbondio in quel momento, inveisce prima contro Renzo e poi contro Don Rodrigo. Giunto infine a casa, il curato non riesce a nascondere il proprio stato d’animo alla sua serva, Perpetua, che subito cerca in ogni modo di conoscere il suo segreto (i bravi l’hanno minacciato anche di non dir niente a nessuno). La volontà di trovare conforto in una persona fidata è troppo grande nel curato ed anche la volontà di Perpetua di conoscere gli avvenimenti lo è altrettando, dopo aver più volte fatto giurare la donna di non dire niente a nessuno, Don Abbondio finisce quindi per confessarle tutto. Perpetua suggerisce al suo padrone di chiedere l’intervento dell’arcivescovo. Don Abbondio non accetta il consiglio, temendo sempre più che il suo segreto diventi di dominio pubblico. Lascia la sua donna e si rifugia nella sua camera da letto, non prima di aver chiesto ancora una volta alla serva di mantenere il silenzio. Renzo torna dalle donne, si congratula subito ironicamente con Agnese per il buon consiglio che gli ha dato, e racconta quindi la sua vicenda. La donna vorrebbe poter difendere la sua posizione, ma Lucia interrompe subito la discussione tra i due, dicendo di sperare nell’aiuto di padreCristoforo. Le donne salutano infine Renzo che torna così, con il cuore in tempesta, alla propria casa. Riassunto capitolo 4 Il sole sta ancora sorgendo quando fra Cristoforo esce dal convento di Pescarenico, un piccolo villaggio di pescatori posto sulla riva sinistra dell’Adda, per recarsi a casa di Lucia. Il suggestivo paesaggio autunnale non può che dare gioia, guastata però da ogni figura d’uomo incontrata: l’aspetto ed i gesti di ognuno lasciano trasparire una profonda sofferenza, causata dalla povertà e dalla carestia di quel tempo, ed il frate cappuccino non può che provare una profonda tristezza e un crescente presentimento di dover andare a sentire una sciagura. Per comprendere bene il personaggio è necessario conoscerne la storia. Padre Cristoforo era un uomo ormai prossimo ai sessant’anni. L’aspetto umile da frate non riusciva a nascondere completamente uno spirito inquieto e fiero, che traspariva a volte nel suo sguardo vivace. Il vero nome del cappuccino era Ludovico ed era figlio di un mercante divenuto tanto ricco da potersi concedere una nuova vita da signore, spesa nel tentativo disperato di dimenticare e far dimenticare le sue origini. Cresciuto nobilmente ed abituato a vivere tra adulatori, Ludovico non era però mai riuscito ad integrarsi con la vera nobiltà. Il dispiacere per il rifiuto l’avevano spinto, quasi per vendetta, ad operare contro di loro, contro i loro atti di prepotenza, facendolo diventare così un protettore degli oppressi ed un vendicatore dei torti. Per fare questo aveva però dovuto inevitabilmente circondarsi di bravi, andando contro la propria coscienza, che molte volte, disgustata, gli aveva presentato la possibilità di farsi frate. Un giorno, una banale disputa con un nobile arrogante su una questione di precedenza finì con la morte del suo fedele servitore, di nome Cristoforo, per mano del nobile e, dello stesso nobile per sua mano. Ludovico venne condotto dal popolo in salvo, lontanto dagli sbirri e dai parenti del nobile in cerca di vendetta, in una chiesa di cappuccini. Lo sconvolgimento per le due morti ed il credere che la vicenda fosse un segno di Dio, convertirono la sua fantasia di farsi frate in una profondo desiderio: donò tutti i suoi averi alla famiglia del fedele servitore e divenne così fra Cristoforo. Prima di partire per raggiungere il luogo del suo noviziato, fra Cristoforo ottenne di poter incontrare la famiglia del nobile e chiedere il loro perdono. Il fratello dell’ucciso organizzò una vera e propria festa per celebrare il proprio orgoglio ripagato, credeva infatti che Ludovico si fosse fatto frate per paura. Il contegno umile di fra Cristoforo mosse però a commozione tutti i presenti, convinse tutti che la conversione era sincera, gli fecero ottenere il perdono del fratello e quasi quasi molto di più.. quasi quasi gli chiedevo scusa io, che m’abbia ammazzato il fratello penserà l’uomo al termine della giornata. Come simbolo del perdono ottenuto, padre Cristoforo ricevette in dono dal fratello del nobile un pane, del quale conserverà un pezzo come ricordo perpetuo del suo peccato. La nuova condizione di vita non spense la sua volontà innata di difendere gli oppressi, né l’impeto antico con cui affrontava i problemi di giustizia. Intanto il frate, giunto all’uscio della casa di Lucia e Agnese, viene accolto con gioia dalle due donne.