Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Le emozioni e la teoria psicoevoluzionista di Ekman, Schemi e mappe concettuali di Psicobiologia delle emozioni

La teoria psicoevoluzionista di Ekman sulle emozioni, che sono risposte a uno stimolo valutato immediatamente e accompagnate da attivazione fisiologica, comportamento ed espressione. Ekman individuò sei emozioni universali di base, associate a un'espressione facciale facilmente riconoscibile. Il documento approfondisce la componente espressiva delle emozioni, ma non altrettanto quella cognitiva. Viene presentato il programma RULER per la gestione delle emozioni nelle scuole primarie e secondarie, che ha dimostrato di aumentare il benessere degli insegnanti e il quoziente intellettivo degli studenti.

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2020/2021

In vendita dal 24/01/2024

megh_gyver
megh_gyver 🇮🇹

3.8

(14)

29 documenti

1 / 14

Toggle sidebar

Spesso scaricati insieme


Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Le emozioni e la teoria psicoevoluzionista di Ekman e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Psicobiologia delle emozioni solo su Docsity! EMOZIONI Le emozioni sono un processo complesso, costituito da pensieri, azioni, comunicazione e attivazione fisiologica. Infatti, le emozioni sono risposte a uno stimolo che viene valutato immediatamente. La valutazione e accompagnata dall’attivazione o dall’inibizione fisiologica, dall’attuazione di un comportamento E dall’espressione all’esterno. Questo processo generalmente si compie in tempi rapidi, può essere influenzato da variabili socio culturali, definite “display rules” da Ekman (1972), ma può essere attivamente regolato, come sostiene lo studioso contemporaneo Gross (1988), che dagli anni 90 ha approfondito appunto la regolazione delle emozioni. TEORIA 1 LA TEORIA PPSICOEVOLUZIONISTA DI EKMAN Ekman ha elaborato una teoria , secondo cui le emozioni sono strategie di sopravvivenza nell’ambiente. La valutazione cognitiva, presupposta da Ekman è molto semplice e basilare e consiste nello stabilire se lo stimolo è positivo, e quindi ci si può avvicinare, oppure negativo, e quindi richiede misure difensive. Le emozioni sono costituite da altre componenti innate e universali, come l’espressione all’esterno, le caratteristiche fisiologiche, gli antecedenti situazionali, la coerenza tra i vari aspetti della risposta emozionale, la breve durata. Nel 1972, Ekman individuò sperimentalmente sei emozioni universali di base: Felicità, Sorpresa, Disgusto, Rabbia, Paura, Tristezza, ciascuna associata a un’espressione facciale che la rendeva facilmente riconoscibile, a prescindere dalla propria cultura di appartenenza. Nel 1992, questa lista venne ampliata, aggiungendo ulteriori emozioni come d’imbarazzo, l’eccitazione, la colpa, la vergogna, l’orgoglio, il sollievo. Tra le componenti delle emozioni, Ekman ha approfondito quella espressiva, in particolare l’espressione facciale delle emozioni, già studiata da Darwin, che aveva rilevato come nei primati superiori si potesse osservare una mimica universale e simile a quella della specie umana. Egli ha documentato come le espressioni facciali spontanee si differenzino da quelle intenzionali, comportando una asimmetria nella mimica facciale, poiché le emozioni spontanee risultano più accentuate sul lato sinistro del volto, in quanto sono attivate dall’emisfero cerebrale destro, che controlla la parte sinistra del volto, mentre quelle intenzionali sono più accentuate sul lato destro del 1 volto, perché regolate dall’emisfero sinistro. Ekman e Friesen si sono occupati anche dei gesti dividendoli in cinque categorie. I gesti simbolici o emblematici sono utilizzate intenzionalmente in sostituzione delle parole, per svolgere un’azione o connotare culturalmente un’interazione, conferendo ad essa un significato comprensibile soltanto da quanti condividono la stessa cultura. I gesti illustratori consentono di codificare contenuti astratti, rendendoli visibili plastici, quindi più comprensibili all’interlocutore. Sono utilizzati spesso dai conferenzieri, che ricorrono all’accentuazione delle mani per enfatizzare il discorso E fornire un ancoraggio visivo all’uditorio, sostenendone l’attenzione per tempi prolungati. I gesti espressivi rivelano le emozioni dell’emittente, possono essere coerenti con queste dimensioni oppure in contraddizione, dunque l’emittente può cercare di controllarli per non rendere manifeste le sue effettive intenzioni. I gesti regolatori sono utilizzati da entrambi gli interlocutori per punteggiare il flusso della conversazione, gestendo l’alternanza dei turni, il ritmo, le pause. I gesti adattivi o di manipolazione di sé sono auto-consolatori e sono utilizzati sin dalla prima infanzia per affrontare lo stress, oppure vengono impiegati per regolare la distanza da un interlocutore o da un oggetto e per modificarla. L’espressione delle emozioni e la gestualità sono regolati anche dalle regole sociali (display rules). RICERCA Un primo studio fu condotto da Ekman e Friesen (1971) in Nuova Guinea, analizzando diversi gruppi culturali. A ciascun gruppo fu chiesto di riprodurre sul volto l’emozione di cui si parlava in un breve racconto. Le espressioni registrate furono poi mostrate al gruppo composto da americani che riconobbero ciascuna emozione, avvalorando l’ipotesi che l’espressione di queste emozioni fosse universale. LIMITI Ekman approfondisce la componente espressiva delle emozioni, ma non altrettanto quella cognitiva, che risulta schematica e riduttiva. Egli si sofferma sull’espressione delle emozioni attraverso il volto, analizzando in modo meno approfondito altre componenti espressive, come quelle corporee, che possono risultare altrettanto importanti per comunicare un vissuto. Egli si sofferma sul modo in cui un’emozione viene comunicata all’esterno, ma non sul modo in cui viene decodificata dagli altri, dunque sembra che l’emozione sia un processo individuale, mentre è contestualizzato e riguarda anche l’interazione con gli altri. 2 come nella noia) e sulle ascisse c’è la piacevolezza/ spiacevolezza. Ciascuno studente, ogni mattina, si colloca in un quadrante, in base all’umore che prova. Poi vi è il Meta-Moment (Meta Momento), un momento, che può diventare anche una routine a cadenza regolare, in cui si sospendono le altre attività, per prendersi un momento di riflessione E analisi delle emozioni, per riconoscerle, comprenderle, etichettarle, regolarle in un modo efficace, anche condividendo strategie. Un’altra attività e il Blueprint, uno schema per gestire conflitti passati, presenti e futuri, con una serie di domande che sollecitano gli studenti e gli insegnanti a riflettere e ad analizzare le cause e le conseguenze delle proprie emozioni e del comportamento di un’altra persona o di un gruppo in relazione a un particolare conflitto o problema. RICERCA Brackett e Rivers (2014) hanno compiuto una meta-analisi di sperimentazioni di RULER effettuate in America in scuole primarie e secondarie, in contesti urbani, extraurbani e rurali, evidenziando l’efficacia del programma non soltanto sulla dimensione emotiva degli studenti ma anche sul benessere degli insegnanti. Per quanto riguarda gli studenti, somministrando test a gruppi sperimentali e di controllo, è emerso un aumento del quoziente intellettivo, evidenziando la relazione tra apprendimento emotivo E potenziamento delle prestazioni cognitive e scolastiche. Anche gli insegnanti, avendo una classe di studenti che riuscivano a regolare il loro comportamento, risultavano meno stressati, non dovendo costantemente richiamarli alle regole e all’attenzione, ma provavano maggiore gratificazione dall’essere ascoltati E constatare un miglioramento del clima di classe. LIMITI L’attuazione del programma RULER avveniva in modo frammentato, Ad esempio soltanto all’interno della scuola, senza lavorare in rete con altre istituzioni come centri adolescenti, consultori familiari, Asl e associazioni che operavano sul territorio. Tali programmi richiedono almeno due anni per mostrare effetti e ciò ha un costo, ma non tutte le scuole hanno fondi per finanziarli. Occorre, inoltre, che il corpo docenti sia convinto dell’efficacia di questo programma, perché esso non può essere demandato solo agli psicologi e a incontri saltuari, ma occorre integrarne i presupposti all’interno della didattica quotidiana. STRUMENTI Le diverse componenti delle emozioni possono essere rilevate attraverso strumenti, colloqui e osservazione. Per quanto riguarda gli strumenti, è possibile utilizzare la Scale for Interpersonal 5 Behavior (SIB), questionario di autovalutazione del comportamento interpersonale e assertivo. Il SIB permette di individuare precoci difficoltà relazionali e valutare le abilità sociali. AMBITI APPLICATIVI I presupposti teorici E pratici alla base del modello RULER possono essere applicati in diversi ambiti, ad esempio nella Psicologia dello sviluppo e nella Psicologia scolastica, ma anche nella Psicologia Clinica, nella Psicologia del benessere e nella Psicologia del lavoro, con l’obiettivo di promuovere il riconoscimento, la comprensione, l’etichettamento, l’espressione e la regolazione delle emozioni. È possibile impostare cinque attività. Lo psicologo posso amministrare il SIB per valutare cambiamenti nella capacità assertiva dei partecipanti, connessa all’espressione delle emozioni. Nella prima attività, dedicata riconoscimento delle emozioni si stimolano i partecipanti a riconoscere le proprie. Nella seconda attività dedicata alla comprensione delle emozioni, lo psicologo spiega le cause e gli effetti, sia mentali che fisiologici, delle emozioni. Nella terza attività, lo psicologo illustra il processo di etichettamento delle emozioni, per ampliare il vocabolario emotivo dei partecipanti. Nella quarta attività dedicata all’espressione delle emozioni, lo psicologo stimola un confronto di gruppo in cui ciascun partecipante, a turno, deve esprimere il proprio stato emotivo. Nella quinta attività, lo psicologo facilita l’acquisizione di strategie concrete per la regolazione delle emozioni. 6 PRINCIPALI MODELLI TEORICI CONTEMPORANEI SULLE EMOZIONI TEORIE DELL’APPRAISAL (valutazione dell’evento come aspetto centrale del processo emotivo):  APPROCCI DISCRETI O CATEGORIALI: emozioni di base qualitativamente distinte e attivate da specifiche categorie di eventi (gli eventi che cadono nella medesima categoria ricevono la medesima valutazione o appraisal) es. rabbia derivante dalla frustrazione dei propri obiettivi. Goal-relevance theory (Oatley e Johnson-Laird) : enfatizzazione delle differenze tra le emozioni in rapporto agli eventi che le producono; esiste un set di emozioni di base (felicità, tristezza, paura, rabbia) causate da una percezione e valutazione (appraisal) di alcune categorie di eventi (riuscita, mancanza, minaccia, frustrazione) rilevanza dell’obiettivo felicità (riuscita e raggiungimento dell’obiettivo); rabbia (frustrazione dell’obiettivo); paura (minaccia della propria integrità e sopravvivenza); tristezza (perdita).  APPROCCI DIMENSIONALI: Focus su somiglianze o processi trasversali a tutte le emozioni (processo valutativo e segnalazione). Scherer : riconosce la differenza tra gli eventi che fanno nascere determinate emozioni, ma anche le somiglianze, cioè aspetti trasversali che accomunano le varie emozioni; la valutazione di queste avviene tramite una sequenza gerarchicamente organizzata di controlli valutativi dello stimolo: novità, piacevolezza/spiacevolezza, rapporto tra stimolo e bisogni, capacità di far fronte all’evento (coping), compatibilità con le norme sociali e immagine di sé focus su variazioni culturali e individuali nella valutazione di eventi emotigeni. Frijda : relazione tra emozioni e interessi personali - concerns (l’emozione è elicitata dal significato che l’individuo attribuisce all’evento, comprensibile alla luce dei suoi interessi, non all’evento in quanto tale); relazione tra emozione e azione (le emozioni predispongono ad una azione, ci inducono ad agire in un certo modo; identificazione set pattern d’azione: avvicinarsi, fuga…) TEORIE PSICOEVOLUZIONISTICHE (valore comunicativo delle espressioni emotive nell’infanzia; reazioni di rabbia predispongono all’attacco)  DARWIN: emozioni fondamentali, ad attivazione innata e regolata da circuiti neurali specifici evoluti a livello filogenetico – continuità tra biologico e psicologico. Tassonomia delle espressioni emotive nell’uomo/animale: ogni emozione ha specifico vissuto e pattern espressivo. Funzione adattiva delle emozioni/espressioni: consentire un’azione efficace nei confronti dell’ambiente; comunicazione interpersonale universale; base per l’avvio degli scambi interattivi tra neonato e caregiver (approccio evolutivo) – emozione riflessa dall’altro come mezzo di conoscenza di sé.  EKMAN E FRIESEN: caratteristiche delle emozioni fondamentali (felicità, paura, tristezza, collera, sorpresa, disgusto) specifici pattern espressivi; modalità espressive universali; al di sotto di un anno; nei primati non umani; attribuzione di significato universale. Cambiamento di posizione successivamente: attenuazione dell’universalismo e riconoscimento del ruolo dell’influenza culturale/apprendimento (regole di esibizione sociale e teoria neuroculturale).  GIOVANNI LIOTTI: prospettiva psicobiologica nello studio delle emozioni base biologica (attivazione emotiva, comune a emozioni di base); processi cognitivi (regolazione, interpretazione delle situazioni motivanti). Sistemi motivazionali interpersonali: innati, evolutivi, regolanti (scopi, condotte e valori) regolano le interazioni sociali finalizzate a sistema dell’attaccamento (chiedere cura, protezione, conforto); sistema dell’accudimento (dare cura, protezione, conforto); agonistico (competizione finalizzata a definire il rango sociale); cooperativo (perseguimento congiunto di un obiettivo condiviso); sessuale 7 GORDON: approccio socio-culturale e concetto di cultura emozionale (forte legame tra emozione e cultura). SALOVEY E MAYER: intelligenza emotiva come attitudine a ragionare con le emozioni. CAROLYN SAARNI: la competenza emotiva è influenzata da senso di sé, senso morale e la propria storia evolutiva. Si pone enfasi sulla dimensione sociale e morale e sullo sviluppo atipico e le ricadute cliniche Ci sono 8 abilità necessarie per essere efficaci nelle transazioni sociali (le prime 6 da rassegna della letteratura, le ultime 2 sono forme di consapevolezza sull’adeguato funzionamento dei sistemi socio- emotivi in cui siamo inseriti): 1. Consapevolezza delle proprie emozioni (prerequisito: senso del sé) 2. Riconoscimento delle emozioni altrui 3. Abilità di usare il vocabolario emotivo (base per script emotivi) 4. Capacità di coinvolgimento empatico 5. Comprensione che gli stati emotivi interni non necessariamente coincidono con l’espressione esterna 6. Capacità di regolare emozioni negative, intervenendo sugli aspetti di durata e intensità 7. Comprensione del ruolo che le emozioni giocano nelle relazioni interpersonali (comunicazione emotiva, reciprocità emotiva, genuinità dell’espressione, immediatezza espressiva, ecc) 8. Autoefficacia emotiva: il proprio vissuto emotivo è coerente con la morale e le credenze dell’individuo su ciò che costituisce un equilibrio emotivo desiderabile SUSANNE DENHAM: espressione, comprensione, regolazione. Relazione tra competenza emotiva e competenza sociale competenza socioaffettiva (affective social competence, ASC) inviare messaggi emotivi, ricevere messaggi emotivi, fare esperienze emotive  consapevolezza, identificazione, adattamento alle situazioni contestuali, gestione. I fattori che influenzano la ASC sono concetto di sé, temperamento e visione del mondo e aspettative sugli eventi.  Inviare messaggi emotivi : (bambino a scuola materna che desidera giocare con altri) consapevolezza (per raggiungere un obiettivo bisogna comunicare all’altro); identificazione (quale emozione comunicare?); adattamento al contesto (come comunicare la propria emozione in modo adeguato al contesto?); gestione (come modulare il proprio stato interno per non perdere o interrompere l’interazione con l’altro?).  Ricevere messaggi emotivi : consapevolezza dello stato emotivo altrui (i segnali emotivi dell’altro trovano spazio nell’interazione); identificazione (cosa mi sta comunicando l’altro?); adattamento al contesto (riesco a tener conto dell’emozione dell’altro in funzione del contesto in cui ci troviamo? Riesco a valutarne l’adeguatezza?); gestione dei segnali emotivi altrui (adeguatezza della propria risposta – come rispondere all’aggressività altrui?).  Esperienza emotiva nelle relazioni con altri : consapevolezza (cosa sto provando?); identificazione (corretto etichettamento dell’emozione in funzione della valenza – “sto male” o “sto bene” vs provo tristezza piuttosto che collera); adattamento al contesto (analisi del proprio stato emotivo interno in relazione ai limiti imposti dal contesto); gestione (come modulare il proprio stato interno sia positivo che negativo). Emozioni e apprendimento sono, dunque, concetti collegati, in quanto entrambi sono considerati processi che hanno luogo nella nostra mente. Apprendere significa acquisire conoscenze o competenze. 10 L’ apprendimento richiede di pensare e i pensieri influenzano direttamente i vissuti emotivi. Il legame tra queste due dimensioni è evidente nel momento in cui si valuta come ci si sente quando si apprende. Molti studi confermano l’ipotesi, secondo cui lo stato d’animo attuale è influenzato dal modo di pensare, dal modo di percepire gli eventi, da ciò che viene ricordato e dalle decisioni che si prendono (Goleman, 1999; Mayer, 1983). Poiché non si è in grado di vedere direttamente le emozioni provate, queste si possono inferire solo attraverso il comportamento, interpretabili dalla visione soggettiva degli eventi stessi. Le emozioni negative possono essere la causa o l’effetto delle difficoltà di apprendimento. Ansia o depressione, rabbia o frustrazione possono interferire con l’apprendimento creando disadattamento. L’espressione difficoltà di apprendimento, si riferisce, generalmente, a tutti quegli ostacoli che gli alunni riscontrano nel processo di apprendimento dei contenuti disciplinari, con esiti significativamente negativi nei risultati scolastici. In uno studio di D’Andreagiovanni, Giammario e Addario (2002), si è indagato circa le nuove ricerche in campo psicologico e pedagogico con una più efficace prassi educativo–didattica finalizzata all’integrazione scolastica (Goleman, 1999; Mayer, 1983). Partendo dal concetto di QI (quoziente intellettivo) e di QE (quoziente emotivo), nonché dalla differenza diagnostica tra il DAA (disturbo di apprendimento aspecifico) e il DSA (disturbo di apprendimento specifico), si è prefissato di ottimizzare l’integrazione scolastica del bambino o preadolescente con l’eventuale disturbo di apprendimento. L’obiettivo è di formulare con esattezza una eventuale diagnosi differenziale del DAA, la cui natura è prevalentemente di ordine emotivo–relazionale, ma le cui manifestazioni sintomatiche nell’area dell’apprendimento sono spesso simili a quelle riscontrate nel DSA, la cui eziologia è di natura neuropsicologica (Kline, 1996; Tressoldi,1999). Nella scuola, infatti, si assiste spesso ad una confusione tra i diversi aspetti diagnostici (depressioni infantili e comportamenti iperattivi) con ricadute negative sulla gestione/integrazione del soggetto e sulle programmazioni e valutazioni didattiche. Si è visto che, in 30 casi si è verificata una discrepanza tra il QI ottenuto con la scala WISC e il QI ottenuto con il test della figura umana. Questo potrebbe essere spiegato dalla presenza di fattori psicogeni – emotivi che guidano verso un DAA. Ci potrebbe essere una disfunzione nella working memory a causa, ad esempio, di traumi, forti disagi emotivi, inibizioni, tendenze alla depressione infantile, iperattività secondaria etc., che possono avere effetti determinanti sull’ apprendimento simili a quelli prodotti dalle disfunzioni neuropsicologiche specifiche. Ne emerge, così, un quadro clinico maggiormente attendibile che permette agli operatori di programmare attività didattiche più adeguate e funzionali, che finiscono con avere una ricaduta notevole anche sulla stessa autostima. INTELLIGENZA EMOTIVA 11 “L’apprendimento non avviene a prescindere dai sentimenti” (Daniel Goleman). Apprendere non significa una mera trasmissione di conoscenze da insegnante ad alunno, ma piuttosto un processo bidirezionale: uno scambio in un contesto relazionale e la relazione è fatta anche di emozioni. L’apprendimento, per essere efficace, ha bisogno di diventare un’esperienza significativa e, se possibile, emozionale. Le emozioni giocano un ruolo importante anche nella capacità di memorizzare i contenuti di una lezione. Perciò non possiamo prescindere dal considerare fattori emotivi e relazionali. Scopriamo quindi che cos’è l’intelligenza emotiva, anche in rapporto con i disturbi specifici dell’apprendimento, e come ci si può lavorare tramite percorsi di alfabetizzazione emotiva. Il concetto di intelligenza La concezione classica vede l’intelligenza come capacità globale dall’individuo di far fronte ai problemi della vita, dunque come capacità di adattamento al mondo esterno (Lewin). L’approccio cognitivista ha sottolineato perlopiù i fattori cognitivi dell’intelligenza: capacità di ragionamento logico, pensiero astratto, abilità nel prendere decisioni e nel problem solving. Successivamente l’intelligenza è stata indagata dagli studiosi come un insieme di abilità. Cos’è l’intelligenza emotiva Considerando l’intelligenza come un insieme di abilità vengono incluse tra queste le competenze emotive e sociali degli individui, e qui si introduce il concetto di intelligenza emotiva Con intelligenza emotiva si intende la capacità di riconoscere (in se stessi e negli altri) le diverse emozioni, saperle esprimere e affrontare in maniere adeguata. Secondo Daniel Goleman l’intelligenza emotiva si caratterizza in quattro fasi fondamentali:  Auto consapevolezza, ovvero la capacità dell’individuo di prendere coscienza delle proprie emozioni e di come l’aspetto emotivo personale possa essere risorsa o fragilità.  Auto motivazione ovvero la capacità di individuare i nostri obiettivi e di porsi con approccio positivo alle difficoltà.  Empatia, ovvero la capacità di comprendere le emozioni delle altre persone.  Capacità di relazionarsi con gli altri, ovvero entrare in relazione e comunicare, creando interazioni positive. Daniel Goleman: implicazioni dell’intelligenza emotiva Daniel Goleman, il primo ad aver studiato e approfondito l’intelligenza emotiva, afferma che molti problemi e manifestazioni cliniche adolescenziali (chiusura in se stessi, aggressività, depressione, …) derivano da “lacune” nelle competenze emotive e sociali. Secondo l’autore, gli adolescenti in questione non sarebbero in grado di riconoscere le emozioni e i segnali comunicativi altrui. La riflessione di Goleman parte da dati statistici, che mostrano un aumento di episodi di violenza e problemi psicologici tra gli adolescenti. L’aggressività infantile rappresenta un segno premonitore di difficoltà emozionali e di altro tipo. Goleman associa ai soggetti aggressivi tre caratteristiche:  Deficit percettivo, in quanto essi fraintendono come gesti minacciosi e ostili, atti che in realtà sono del tutto insignificanti; i gesti comunicativi altrui sono percepiti come un attacco personale, perché (per usare le parole di Goleman) non hanno ricevuto una buona “alfabetizzazione” emotiva.  Scarsa capacità di verbalizzare, ovvero prediligono il passaggio all’azione perché non sono in grado di comunicare ed esprimere il loro dissenso in maniera adeguata. Reagiscono con un 12