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Psicologia Generale, anno accademico 2021-2022, Mirandola, Appunti di Psicologia Generale

Storia della psicologia, metodi di ricerca in psicologia, attenzione, percezione, sviluppo percettivo, apprendimento, memoria, la memoria nell'infanzia, pensiero, intelligenza, motivazione, le emozioni.

Tipologia: Appunti

2021/2022

Caricato il 08/12/2022

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Scarica Psicologia Generale, anno accademico 2021-2022, Mirandola e più Appunti in PDF di Psicologia Generale solo su Docsity! PSICOLOGIA GENERALE PRIMO ANNO-PRIMO SEMESTRE 1-STORIA DELLA PSICOLOGIA Origini storiche Le origini della psicologia vengono da grandi filosofi dell’antica Grecia. SOCRATE, PLATONE, ARISTOTELE, IPOCRATE E GALENO. Padre della ricerca Formularono la teoria sulla memoria della personalità Le differenze biologiche con cui gli esseri umani vengono al mondo e che si portano dietro causano delle differenze a livello psicologico PERSONALITA’ ≠ TEMPERAMENTO Insieme dei tratti che Ciò con cui si nasce: Nella loro teoria fanno sviluppare nel tempo agitato, tranquillo… individuano 4 una propria personalità temperamenti UMORE TEMPERAMENTO ELEMENTO QUALITA’ PERSONALITA’ Sangue Sanguigno Aria Caldo/umido Coraggioso/ambizioso Bile gialla Collerico Fuoco Caldo/secco Nervoso/ambizioso Bile nera Malinconico Terra Freddo/secco Introspettivo/sentimentale Flegma flemmatico Acqua Freddo/umido Calmo/non emotivo Dibattito natura-ambiente Nasciamo già con un bagaglio di conoscenze, con la capacità di apprendere (NATURA), oppure nasciamo come una tabula rasa in cui bisogna scrivere tutto da zero (AMBIENTE)? EPIGENETICA= Le esperienze che il bambino fa e le relazioni che ha vanno a plasmare i geni, quindi a modificare il cervello. ESEMPIO: Un bambino allevato dagli animali non impara a parlare Sostenitore della prospettiva naturalistica: CARTESIO Sostenitore della prospettiva ambientalista: LOCKE Gli inizi della psicologia scientifica L’inizio della psicologia scientifica si può attribuire a WUNDT che nel 1978 fondò il primo laboratorio di psicologia sperimentale: si occupava in particolare di percezione visiva. Egli riteneva che non fosse sufficiente parlare o teorizzare sulla psicologia, ma era necessario fare degli esperimenti, quindi bisognava dimostrare quello che succedeva nella mente dell’uomo. Wundt utilizzava l’INTROSPEZIONE come tecnica scientifica perché andava ad osservare e registrare in modo più neutrale possibile le sensazioni e le percezioni, quindi descriveva verbalmente una percezione. Wundt sosteneva che c’era un PARALLELISMO PSICOFISICO, cioè non è che quello che succede a livello celebrale causa un comportamento o un evento psicologico (o viceversa), ma PROCESSI PSICHICI E CEREBRALI VANNO DI PARIPASSO. Dopo Wundt si formarono altre 2 correnti di pensiero: 1- LO STRUTTURALISMO, fondato da TITCHENER, in cui gli eventi mentali sono una somma di diversi elementi più semplici, che formano il tutto. Si utilizzava l’introspezione. ESEMPIO: Le immagini mentali sono gli elementi semplici delle idee. 2- IL FUNZIONALISMO, fondato da JAMES, è il contrario dello strutturalismo, cioè sosteneva che gli eventi mentali non si potessero scomporre, ma dovevano essere guardati nel loro complesso. Intorno al 1920 si affermarono 3 grandi correnti psicologiche: 1- IL COMPORTAMENTISMO Fondatore: WATSON, che criticò l’introspezione come metodo scientifico. Secondo Watson era necessario studiare i comportamenti manifesto, ovvero studiare solo quello che si vede. ESEMPIO: Il caso del piccolo Albert. Esistono due tipi di condizionamento: - CONDIZIONAMENTO CLASSICO: Studiato da PAVLOV e studia l’associazione tra stimolo e risposta che crea un apprendimento condizionato. ESEMPIO: 1- Al cane si fa vedere il cibo e involontariamente inizierà a salivare. 2- Subito dopo al cibo viene fatta suonare una campanella. Quest’azione viene ripetuta. 3- Ora il cane saliva alla vista della campanella e del cibo. 4- Il cane saliverà anche solo alla vista e al rumore della campanella perché l’ha associata all’arrivo di cibo. - CONDIZIONAMENTO OPERANTE: Studiato da SKINNER che afferma come i comportamenti hanno degli effetti sull’ambiente e che il comportamento è strumentale, perché ha capito/imparato che ad un’azione ci sarà una ricompensa o una punizione. ESEMPIO: Il topo impara che se schiaccia la leva otterrà del cibo. 2- PSICOLOGIA DELLA GESTALT: E’ una teoria che supporta la clinica e il loro motto è: IL TUTTO E’ PIU’ DELLA SOMMA DELLE PARTI. È stata originata in Germania e il termine Gestalt in tedesco significa configurazione, forma. 2-METODI DI RICERCA IN PSICOLOGIA Fare una ricerca in psicologia significa fare un’ipotesi e verificarla. L’ipotesi può essere ricavata dalla letteratura scientifica: ci sono già delle teorie che affermano una determinata cosa e io vado a verificare se quella stessa ipotesi è ancora valida oppure magari trovo dei risultati che mi fanno produrre una teoria diversa che quindi annulla la precedente. Ma l’ipotesi può venire anche da due teorie in competizione: il ricercatore deve quindi verificare quale delle due teorie è più attendibile. SCHEMA RICERCA SCIENTIFICA OSSERVAZIONI INIZIALI Esistono diversi metodi di ricerca in psicologia: 1- METODO SPERIMENTALE E’ il metodo più scientifico, mi consente di utilizzare e ottenere risultati che possono essere replicati anche da altri ricercatori: la stessa scoperta che fa una persona può essere ripetuta e si può ottenere lo stesso risultato, così ottiene ancora più valore. Le variabili nel metodo sperimentale sono 2: - VARIABILE INDIPENDENTE: è indipendente da ciò che fanno i partecipanti. Questa variabile viene scelta dal ricercatore ed è sotto il suo controllo. Si vuole vedere se è proprio la variabile che è la causa di un determinato comportamento. INDICA LA CAUSA IPOTIZZATA. - VARIABILE DIPENDENTE: è la riposta dei soggetti, quindi ciò che si va a misurare. INDICA L’EFFETTO IPOTIZZATO. ESEMPIO: Variabile indipendente: quantità di caramelle Variabile dipendente: prestazione a problemi di matematica Ipotesi: i bambini hanno prestazioni migliori nei compiti di matematica in base alla quantità di caramelle data come ricompensa? Svolgimento: divido i bambini in 3 gruppi, del tutto CASUALI, altrimenti si avrebbe il rischio di mettere tutti i bambini bravi in matematica nel 1° gruppo e non si riuscirebbe più a sapere se sono le caramelle ad aver portato esito positivo o la bravura dei bambini. FORMARE UNA TEORIA PROPORRE DELLE IPOTESI RIGETTARE L’ATTUALE TEORIA NO MANTENERE E/O RIDEFINIRE L’ATTUALE TEORIA SI I DATI DI RICERCA CONFERMANO LE IPOTESI? PROGETTARE UNA RICERCA PER VERIFICARE LE IPOTESI NUOVE OSSERVAZIONI Una volta fatto l’esperimento bisogna misurare i risultati ottenuti e assegnare un valore numerico a ciò che ottengo. Questi numeri vengono poi elaborati attraverso analisi statistiche in cui si va a vedere se la prestazione media del gruppo di controllo differisce in modo significativo dalla prestazione media dei gruppi sperimentali. In genere servono più esperimenti per dar valore ad un’ipotesi. 2- METODO CORRELAZIONALE Si va a studiare la relazione tra due variabili, ma senza la relazione causa-effetto. Serve per vedere l’associazione tra due variabili. ESEMPIO: Ci sono due tipi di correlazione: - CORRELAZIONE NEGATIVA: Quando il valore di una variabile aumenta e l’altra diminuisce - CORRELAZIONE POSITIVA: Quando i valori delle due variabili aumentano o diminuiscono insieme Per stabilire il rapporto di casualità bisogna fare una ricerca sperimentale. 3- METODO OSSERVATIVO Si distingue in: - OSSERVAZIONE DIRETTA: guardare semplicemente il fenomeno che è oggetto di studio. Talvolta è il punto di partenza per molte ricerche. - METODO D’INCHIESTA: è un’osservazione indiretta. È meno attendibile dell’osservazione diretta perché si verifica il fenomeno di DESIDERABILITA’ SOCIALE, cioè per esempio se mi si sta facendo un questionario sull’aggressività, non mi fa molto piacere dire che molte volte io sono aggressivo, quindi non do una risposta molto vera. 1° GRUPPO 10 caramelle se i bambini fanno bene i compiti 2° GRUPPO 5 caramelle se i bambini fanno bene i compiti 3° GRUPPO Nessuna caramella GRUPPI SPERIMENTALI in cui è presente la variabile indipendente GRUPPI DI CONTROLLO in cui non c’è la variabile indipendente. Questo gruppo serve per poter affermare che è proprio per quella variabile (caramelle) che si afferma l’ipotesi. Studi longitudinali e trasversali 1- DISEGNO DI RICERCA LONGITUDINALE: è uno studio in cui gli stessi bambini vengono seguiti e studiati nel tempo. Possono però sorgere dei problemi: - EFFETTO DELLA PRATICA: il fatto di rifare lo stesso test ripetutamente alla stessa persona, a lungo andare “impara” il test ed è più bravo. - PERDITA SELETTIVA DEI PARTECIPANTI: è difficile che gli stessi bambini rimangano nel programma di ricerca per anni, per vari motivi. 2- DISEGNO DI RICERCA TRASVERSALE: Nello stesso momento valuto bambini di età diverse. Ed è il metodo più utilizzato. Un problema che può sorgere è quello dell’EFFETTO COORTE: è dovuto, non tanto alla differenza d’età, ma alle caratteristiche culturali individuali di quel gruppo di appartenenza (si manifesta più in adulti e anziani). Nei bambini è meno frequente che ci siano differenze culturali, ma possono esserci differenze socioculturali in culture diverse: la memoria del bambino funziona allo stesso modo, ma per esempio un bambino africano che non ha mai fatto prove di memoria, può fare peggio una prova di memoria rispetto ad un bambino occidentale. Principi etici della ricerca in psicologia Il ricercatore ha dei principi etici che deve rispettare, è ovvio che, avendo a che fare con gli esseri umani non può fare tutto quello che vuole. Bisogna tener conto di: - MINIMO RISCHIO: quanto stress psicologico è accettabile e giustificabile in un progetto di ricerca? Bisogna chiedersi fino a che punto posso arrivare nelle richieste. - CONSENSO INFORMATO: il partecipante, prima della ricerca, firma il consenso, ovvero il ricercatore deve dare tutte le informazioni indispensabili riguardanti il test. - DIRITTO ALLA RISERVATEZZA: i soggetti possono decidere di interrompere l’esperimento in qualsiasi momento. In caso di “inganno” si risolve con il DEBRIEFING; per esempio, in un test di memoria l’inganno può essere il non dire ai partecipanti che è un test di memoria, così non li induco a ricordare o a creare delle strategie, per rimanere più neutrali. Con il debriefing poi spiego perché si è preferito non spiegare all’inizio del test. Quindi i soggetti firmano all’inizio che non possono saperlo subito, ma che verrà spiegato alla fine. Nelle teorie più moderne l’idea del filtro è stata abbandonata, oggi si parla di: - MECCANISMI AUTOMATICI (o processi pre-attentivi), che ci consentono di fare le cose senza esserne consapevoli, per esempio andare in bicicletta. - MECCANISMI CONTROLLATI (o processi attentivi), in cui le informazioni vengono elaborate in modo consapevole, per esempio il processo di studio. Esistono diversi tipi di attenzione: Attenzione selettiva L’attenzione selettiva ci consente di selezionare le informazioni rilevanti ed escludere quelle irrilevanti. A volte però può provocare degli errori e ci può far ignorare delle informazioni che sono importanti: CECITA’ DA INATTENZIONE o CECITA’ AL CAMBIAMENTO. Un modo per misurare l’attenzione selettiva è l’ANALISI DEI MOVIMENTI OCULARI, cioè si va a vedere in che direzione vanno gli occhi. Sono comporti da: - SACCADI: rapidi spostamenti degli occhi - FISSAZIONI: brevi periodi dove gli occhi non si muovono EFFETTO STROOP Colore congruente con la parola EFFETTO NAVON Colore incongruente con la parola, quindi si avranno tempi di reazione più lenti. Possono intervenire processi automatici, come la lettura in questo caso, che ci può confondere e far sbagliare nella lettura VERDE ARANCIONE ROSSO VIOLA BLU NERO GIALLO VERDE ARANCIONE ROSSO VIOLA BLU NERO GIALLO CONDIZIONE CONGRUENTE CONDIZIONE INCONGRUENTE WEAPON FOCUS EFFECT: è un lato negativo dell’attenzione selettiva Se io sono vittima di un’aggressione e l’aggressore mi punta addosso un’arma, la mia attenzione selettiva mi porta a prestare attenzione all’arma e il volto dell’aggressore diventa un dettaglio irrilevante per me in quel momento e viene quindi ignorato. Attenzione distributiva (o divisa) Il nostro sistema attentivo è in grado di svolgere due compiti contemporaneamente, per esempio cucinare e ascoltare la radio, o guidare e sostenere una conversazione con il passeggero. La corretta esecuzione dei compiti dipende dalle loro caratteristiche: - COMPLESSITA’ - SOMIGLIANZA - PRATICA Cognitivamente non posso fare due compiti contemporaneamente, come per esempio guidare e scrivere un SMS, perché sono due azioni che richiedono molta attenzione. Attenzione sostenuta Consente di mantenere l’attenzione anche per lungo tempo su un’unica attività. La probabilità di errore aumenta in modo progressivo dall’inizio alla fine della prova, perché l’attenzione è maggiore all’inizio e va via via a diminuire. La VIGILANZA è un concetto simile all’attenzione sostenuta. Consente nel concentrarsi nello svolgimento di un compito per cogliere l’accadere di un evento diverso, che succede ogni tot di tempo. La differenza è che nell’attenzione sostenuta il soggetto fa una prova lunga, ma è sempre attivo nello svolgimento del compito, un esempio potrebbe essere: in un mix di 1000 oggetti, cerchia tutte le campane. Mentre nella vigilanza il soggetto rimane passivo per molto tempo fino a che non avviene un evento raro che si è chiamati ad individuare, per esempio in uno schermo compaiono uno alla volta una serie di pallini colorati, quando compare il pallino giallo bisogna schiacciare un pulsante (clock test). Il rischio della vigilanza è di riconoscere degli stimoli non presenti e ignorare quelli che ero chiamati ad individuare, per esempio ignorare qualche pallino giallo, e premere il pulsante magari quando compare il pallino di un altro colore. Memoria prospettica La memoria prospettica mi permette di ricordare qualcosa nel futuro. ESEMPIO: Alle 8 del mattino mi sveglio e mi devo ricordare che alle 16 devo andare a prendere mio figlio a scuola. Quindi mi permette di ricordare che dopo un tot di tempo devo fare quella cosa. Interviene quindi la vigilanza: controllare di tanto in tanto l’orologio per non dimenticarmi dell’azione che deve avvenire alle 16. Controllo delle azioni Può capitare che in certe circostanze il controllo venga alterato: 1- In condizioni di STRESS o ECCITAZIONE, per esempio: prendo 30 al primo esame e dalla felicità mi dimentico dell’appuntamento dal dentista che avevo quello stesso pomeriggio 2- Durante stati di IPNOSI o MEDITAZIONE, in cui viene alterato lo stato di coscienza 3- Per effetto di SOSTANZE PSICOTROPE COS’E’ LA COSCIENZA? E’ intesa come consapevolezza che abbiamo di quello che stiamo svolgendo per i nostri scopi. La coscienza è la consapevolezza degli stimoli che appartengono e me e a quelli che appartengono all’ambiente. La coscienza è uno stato che può essere alterato, ma è uno stato legato al concetto di controllo attenuato. I contenuti della coscienza sono di due tipi: - Conoscenze dichiarative (elaborazione automatica): Sono conoscenze che si hanno relative ad un determinato fenomeno, per esempio “io so qualcosa”. SENZA COSCIENZA - Conoscenze procedurali (elaborazione controllata): Sono conoscenze che mi dicono come fare un certo compito senza che io abbia controllo attentivo sul contenuto, per esempio “io so come fare qualcosa”. Per esempio quando un bambino impara a leggere ha bisogno di un grande controllo attentivo. Il bambino poi impara a leggere e la conoscenza diventa dichiarativa. 2- PRINCIPIO DELLA SOMIGLIANZA A parità di tutte le altre condizioni, tendono a formare un’unica unità nel campo visivo quegli elementi che sono simili tra loro. 3- PRINCIPIO DELLA BUONA DIREZIONE A parità di tutte le altre condizioni, tendono a formare un’unica unità nel campo visivo quegli elementi che si trovano in continuità di direzione 4- PRINCIPIO DELLA CHIUSURA A parità di tutte le altre condizioni, tendono a formare un’unica unità nel campo visivo quegli elementi che presi insieme, danno origine ad una forma chiusa. 5- PRINCIPIO DEL DESTINO COMUNE A parità di tutte le altre condizioni, tendono a formare un’unica unità nel campo visivo quegli elementi che subiscono una sorte comune. Costanze percettive Sono quel fenomeno che ci consente di percepire un unico oggetto, anche se qualcosa nell’ambiente cambia. Le principali sono: 1- COSTANZA DI FORMA Sono 4 forme diverse, ma le percepisco tutte come una porta. 2- COSTANZA DI DIMENTIONI Il cavallo lo percepisco e lo vedo bene come un cavallo, ma anche i due cavalli in fondo, li vedo che sono lontani, ma capisco che sono anche loro dei cavalli. 3- COSTANZA DI COLORE E DI CHIAREZZE Nonostante magari la luce che si percepisce. Un colore lo riconosco in ogni caso. Per esempio, una camicia rossa, la vedo rossa sia al sole che all’ombra. Processi dall’alto verso il basso (TOP DOWN) Quando ciò che si sa guida ciò che si percepisce. Questi processi utilizzano il contesto e le aspettative per poter dare un significato chiaro e preciso. ESEMPIO: Se io non ho mai visto e quindi non so com’è fatto un camion dei pompieri, non lo posso identificare, ma continuerò a vedere un oggetto rosso. Quando si percepisce un determinato stimolo in modo “non corretto” si sta percependo un ILLUSIONE. Con l’illusione: - non si vede quello che c’è - si vede quello che non esiste - si vedono più cose invece che una - si vede la stessa cosa da diversi punti di vista - si vedono cose differenti da quello che realmente sono 5-SVILUPPO PERCETTIVO Ci si collega al dibattito natura-ambiente: le nostre capacità percettive sono già presenti alla nascita o le si sviluppa nel tempo? Come si possono studiare le abilità percettive nei bambini molto piccoli? Metodi per studiare i bambini piccoli 1- METODO DELLA PREFERENZA Si basa sull’idea che i bambini preferiscono e passano più tempo a guardare un oggetto che cattura la loro attenzione. Vengono messi davanti al bambino 2 oggetti e si va a misurare il tempo di osservazione e fissazione su un oggetto e sull’altro; quindi, quanto tempo sta a guardare ciascun stimolo. Successivamente la posizione di questi oggetti viene invertita, se si nota che il bambino guarda e osserva uno dei due oggetti più a lungo e intensamente rispetto all’altro, mi sta dicendo che lo preferisce e che lo sa distinguere. Ci possono essere però dei problemi: se un neonato non mostra preferenza; quindi, non c’è differenza sulla quantità di tempo di fissazione tra i due oggetti, non si può capire con questo modo se è un problema percettivo o di interesse. 2- METONO DELL’ABITUAZIONE L’abituazione è un processo in cui uno stimolo che è intensamente osservato, ad un certo punto diventa familiare e quindi le reazioni del bambino (movimenti oculari, rotazione della testa verso lo stimolo…) smettono di verificarsi, perché quell’oggetto è diventato meno interessante. il bambino ha quindi imparato a riconoscere quell’oggetto: FORMA DI APPRENDIMENTO SEMPLICE. Se un neonato smette di rispondere ad uno stimolo familiare ci sta dicendo che lo riconosce come qualcosa di già visto e smette di avere reazioni perché l’oggetto è familiare. Per sperimentare questo metodo, lo sperimentatore da al neonato uno stimolo fino a che si abitua e smette quindi di provare interesse. A questo punto si mostra al neonato un secondo stimolo. Se il neonato mostra interesse per lo stimolo nuovo significa che si è disabituato del primo stimolo e si orienta verso il secondo oggetto con interesse. Se il neonato non reagisce al secondo stimolo significa che le differenze tra i due oggetti erano troppo sottili per poter essere individuate dal neonato. 3- METODO DEI POTENZIALI EVOCATI Attraverso il posizionamento di elettrodi nella testa del neonato per l’elettroencefalogramma (EEG) per rilevare le attività elettriche del cervello per mostrare cosa succede nell’attività celebrale quando vengono presentati stimoli particolari. 4- METODO DELLA SUZIONE Viene dato al neonato un ciuccio speciale che è collegato a dei sensori per andare ad individuare l’intensità di suzione (con che intensità il bambino ciuccia il ciuccio), maggiore è l’intensità di suzione, maggiore è il suo interesse. Differenza tra preferenza e abituazione All’inizio è difficile distinguere gli effetti della ‘preferenza da quelli dell’abituazione, perché i neonati mostrano interesse verso uno stimolo che pian piano diventa familiare. All’inizio mostrano interesse ad uno stimolo perché è nuovo, continuano a mantenere questo interesse finché il bambino ha quel livello di familiarità sufficiente da mantenere attivo il loro interesse. 1- CONDIZIONAMENTO CLASSICO 2- CONDIZIONAMENTO OPERANTE L’apprendimento è di tipo non associativo 6- APPRENDIMENTO L’apprendimento è un cambiamento nel comportamento relativamente permanente che avviene come risultato dell’esperienza. Esistono due tipi principali di apprendimento 1- CONDIZIONAMENTO CLASSICO, O PAVLOVIANO L’idea centrale di questo tipo di apprendimento è che quello che inizialmente era uno stimolo neutro diventa importante e in grado di scatenare quella reazione dopo ripetute associazioni con un elemento che invece provoca reazioni. ESEMPIO: Nell’esperimento classico ci sono diverse fasi: Nella PRIMA FASE, si ha un cane affamato e gli si mette davanti un pezzo di carne (STIMOLO INCONDIZIONATO-SI) perché biologicamente produce una risposta, in questo caso è l’aumento della salivazione del cane (RISPOSTA INCONDIZIONATA-RI), cioè una risposta che viene naturalmente dallo stimolo incondizionato. La saliva del cane viene misurata con un tubicino che misura il flusso di saliva prodotta dal cane. Al cane viene mostrata una lampadina (STIMOLO NEUTRO-SN), che è uno stimolo che di norma non produce nessuna risposta, quindi nessuna reazione da parte del cane. Nella SECONDA FASE la luce e la carne vengono ripetutamente presentati insieme e pian piano l’animale impara l’associazione tra i due stimoli. Arrivati a questo punto, se io presento al cane solo la luce, che prima era uno stimolo neutro, il cane inizierà a salivare, mi darà quindi una RISPOSTA CONDIZIONATA, perché la luce è diventata uno STIMOLO CONDIZIONATO. STIMOLO INCONDIZIONATO= CARNE RISPOSTA INCONDIZIONATA=SALIVAZIONE STIMOLO NUTRO=LAMPADINA/LUCE Dopo ripetute volte di associazione tra carne e luce STIMOLO CONDIZIONATO=LUCE RISPOSTA CONDIZIONATA=SALIVAZIONE Nella TERZA FASE, dopo il condizionamento, si smette di presentare gli stimoli abbinati e viene mostrato solo lo STIMOLO CONDIZIONATO, la luce. Il cane vedendo per un tot di volte la lampadina, capisce che non riceverà più niente, quest’apprendimento si chiama ESTINZIONE. Nella QUARTA FASE si lascia il cane a riposo per 24 ore, poi lo si rimette nella situazione sperimentale. Succede che, se ripresento di nuovo solo lo STIMOLO CONDIZIONATO il cane darà NON ASSOCIATIVO: relativo ad un singolo stimolo che non prevede l’associazione di diversi elementi ASSOCIATIVO: prevede l’apprendimento di relazioni tra diversi eventi o stimoli una RISPOSTA CONDIZIONATA, questo fenomeno prende il nome di RECUPERO SPONTANEO. Nella fase di estinzione il cane non si è dimenticato che vedendo la luce gli verrà data la carne. Generalizzazione degli stimoli I cani che per esempio sono addestrati ad avere una risposta condizionata ad un suono danno la stessa risposta a suoni di tonalità leggermente più ala o più bassa. Discriminazione degli stimoli Si ha quando si ottiene la risposta condizionata solo per un determinato stimolo e non anche per altri simili. Si ottiene associando allo stimolo incondizionato solo il suono in una certa tonalità, mentre per le altre tonalità simili non si associa lo stimolo incondizionato. Condizionamento classico di secondo livello Si suppone che il cane sia addestrato a salivare in risposta ad una luce, è possibile far si che il cane attraverso il condizionamento, possa apprendere di salivare in risposta ad un tono e si fa abbinando ripetutamente luce e tono. STIMOLO CONDIZIONATO=LUCE RISPOSTA CONDIZIONATA=SALIVAZIONE Dopo questi abbinamenti ripetuti di tono e luce, il tono da solo arriverà a portare il cane ad avere una RISPOSTA CONDIZIONATA. STIMOLO CONDIZIONATO 2 (SC2)=TONO RISPOSTA CONDIZIONATA=SALIVAZIONE STIMOLO CONDIZIONATO 1(SC1)=LUCE Pavlov ritiene che per avere condizionamento fosse sufficiente che lo stimolo condizionato e lo stimolo incondizionato venissero presentati vicini nel tempo. Invece perché il condizionamento avvenga BISOGNA CHE LO STIMOLO CONDIZIONATO VENGA PRIMA DELLO STIMOLO INCONDIZIONATO. Condizionamento classico nelle fobie WATSON con il caso del piccolo Albert ci fece capire che si può condizionare un bambino piccolo ad avere paura per uno stimolo che inizialmente non produceva alcuna paura. Esempio: Nel caso del piccolo Albert, Watson fa vedere al bambino degli animali: un cane, un coniglio, una scimmia, un topo… Il bambino li tocca, si mostra interessato e non ha paura. Gli vengono poi ripresentati gli animali e quando al bambino viene presentato il coniglio, Watson produceva un rumore fortissimo che spaventava e faceva piangere il bambino. A questo punto il bambino, ogni volta che gli veniva presentato il coniglio, aveva paura dell’animale (anche se in realtà il bambino generalizzava la paura a tutti gli animali). 2- CONDIZIONAMENTO OPERANTE, O STRUMENTALE È quella forma di apprendimento in cui un comportamento viene rinforzato o indebolito e di conseguenza avrà una maggiore o minore probabilità che il comportamento venga messo in atto di nuovo. Nel condizionamento classico le risposte dell’individuo sono involontarie, mentre nel condizionamento operante le risposte sono volontarie e messe in atto dall’individuo, dopo rinforzi o punizioni, per ottenere qualcosa. Il condizionamento operante opera a livello di RISPOSTA e CONSEGUENZA. Thorndike aveva studiato gli effetti di queste conseguenze, cioè se l’effetto fosse positivo o negativo. LEGGE DELL’EFFETTO: Thorndike diceva che se si ha uno stimolo che produce una risposta che ha una conseguenza sull’ambiente, se ha valenza positiva la risposta verrà riprodotta nel futuro, se ha invece effetto negativo la risposta non verrà più riprodotta. Esempio della Skinner Box Il topo è in una scatola, sopra una piastra che può emettere corrente elettrica. Se il topo schiaccia una leva, verrà erogato del cibo. Il rinforzo è la conseguenza ambientale dell’aver schiacciato la leva e serve per ripetere poi quell’azione. Se invece il topo schiaccia l’altra leva, parte la scarica elettrica. Il topo impara subito che quella leva da una cosa spiacevole e non la premerà più, perché la punizione farà in modo che non la prema più. Il quadrante di condizionamento operante RINFORZO POSITIVO Aggiungo qualcosa di piacevole RINFORZO NEGATIVO Tolgo qualcosa di spiacevole PUNIZIONE NEGATIVA Elimino qualcosa di piacevole Elimino il cibo Somministro cibo Somministr. scossa elettrica Elimino scossa elettrica PUNIZIONE POSITIVA Aggiungo qualcosa di spiacevole FATTORI COGNITIVI: conoscenze, aspettative, atteggiamenti AMBIENTE: le regole della società FATTORI COGNITIVI: abilità, autoefficacia I modelli sono quindi persone che vengono imitate, sia in atteggiamenti positivi che in atteggiamenti negativi. Oltre all’osservazione passiva, per imitare ci sono altre variabili: - LA MOTIVAZIONE, cioè che quel modello ha delle qualità che anch’io vorrei - L’IDENTIFICAZIONE, cioè adottare non solo i comportamenti di quella persona, ma anche i suoi valori Se un bambino imita i comportamenti di un modello e riceve una ricompensa, è molto più probabile che quel comportamento venga rinforzato e che quindi venga messo in atto nuovamente. ESEMPIO: Se i genitori vedono la figlia consolare un orsacchiotto perché lo ha visto fare dalla sua amichetta all’asilo e i genitori le dicono: ”Che gentile che sei!”, questa frase diventa per lei una ricompensa e quindi un rinforzo e farà sì che in una situazione simile possa ripetere questo comportamento. Il rinforzo può essere: - ESTERNO, per esempio l’approvazione dei genitori o dei compagni - INTERNO, sentirsi felici e appagati per aver messo in atto quel comportamento ed essere stati approvati. A me piace sentirmi bene, quel comportamento mi ha resa felice; quindi, lo rifaccio Bandura ha teorizzato questi processi di apprendimento osservativo e va a considerare il comportamento come risultato di tre diversi aspetti: Le abilità cognitive nell’apprendimento sociale sono: 1- ATTENZIONE, il bambino deve prestare attenzione per apprendere e osservare i comportamenti, ma anche le conseguenze che hanno nell’ambiente. 2- MEMORIA, il bambino si deve ricordare del comportamento messo in atto dal modello per poterlo poi imitare 3- SAPER RIPRODURRE IL MODELLO, quindi saper mettere in atto le azioni compiute dal modello 4- MOTIVAZIONE, il bambino deve avere un obiettivo per mettere in atto il comportamento del modello Comportamento/ personalità Sono molto importanti anche l’IMMAGINAZIONE e l’ANTICIPAZIONE del comportamento: il bambino deve anche un po' immaginare che cosa farebbe il modello in quella situazione e immaginare anche sé stesso che compie l’azione del modello. Il ruolo dei NEURONI SPECCHIO è importante: si attivano quando una persona osserva un’altra persona compiere una determinata azione. L’apprendimento osservativo ha di importante l’AGENTIVITA’, cioè ogni persona è attiva, agisce le proprie azioni L’EFFICACIA PERONALE sono le credenze di una persona nelle proprie potenzialità per raggiungere uno scopo. 7-MEMORIA Definizione La memoria è quel processo che prevede l’inserimento di informazioni nel sistema cognitivo (=codifica), l’immagazzinamento e il recupero dell’informazione. I tre stadi della memoria CODIFICA IMMAGAZZINAMENTO RECUPERO Per capire come avvengono questi sistemi di codifica, immagazzinamento e recupero, sono necessari dei modelli di riferimento: un primo modello è quello di Atkinson e Shiffrin del 1986: Secondo questo modello l’informazione che proviene dal mondo esterno viene gestita da 3 sistemi di memoria: - MEMORIA SENSORIALE - MEMORIA A BREVE TERMINE - MEMORIA A LUNGO TERMINE Inoltre il modello ha una serie di processi di controllo, le strategie di memoria, come per esempio la reiterazione per facilitare il recupero dell’informazione Mettere l’informazione all’interno della memoria Mantenimento dell’informazione Andare a ripescare l’informazione Come la tastiera del PC Come il cervellone del PC che mi permette il salvataggio Come il monitor con le varie cartelle, quando serve un’informazione (o un file) la si può reperire da una cartella Memoria sensoriale Processi di controllo Strategie di reiterazione e strategie di recupero Memoria a breve termine Memoria di lavoro Memoria a lungo termine informazioni Ogni sistema svolge un ruolo diverso, hanno anche capacità e durata diverse OPERATION SPAN TASK: è un compito verbale in cui è richiesto l’esecutivo centrale. Si tratta di risolvere, per esempio, delle operazioni aritmetiche e in contemporanea ricordare delle parole. In questo caso il doppio compito è molto semplice, ma costringe a fare un’elaborazione, quindi ha bisogno di risorse attentive e diventa difficile perché dobbiamo anche svolgere un’operazione di memoria. Memoria a lungo termine (MLT) Trattiene molte informazioni per molto tempo. - MEMORIA DICHIARATIVA: è quel tipo di memoria in cui si è consapevoli di ricordare - MEMORIA EPISODICA: è una memoria AUTONOETICA, cioè siamo consapevoli di essere gli attori principali della scena che stiamo rievocando - MEMORIA SEMANTICA: è una memoria NOETICA, cioè il ricordo non è legato a qualcosa che è successo a noi direttamente, ma siamo consapevoli di ricordare. ESEMPIO: La capitale della Francia è Parigi: SEMANTICA Sono andata a Parigi e mi ricordo che era bella: EPISODICA - MEMORIA NON DICHIARATIVA: è una memoria ANOETICA, cioè non siamo consapevoli che stiamo ricordando ESEMPIO: Andare in bicicletta. Quando diventa un movimento automatico è un tipo di memoria procedurale, cioè io mi ricordo come si fa ad andare in bicicletta, ma non è che ogni volta devo pensare e ragionarci, non sono consapevole che faccio certi gesti, ma li faccio. Autobiografica (conoscenze personali) SISTEMI DI MEMORIA A LUNGO TERMINE MEMORIA DICHIARATIVA, O ESPLICITA MEMORIA NON DICHIARATIVA, IMPLICITA O PROCEDURALE MEMORIA EPISODICA MEMORIA SEMANTICA ABILITA’ PRIMING CONDIZIONAMENTO memoria a lungo termine Memoria procedurale (abilità e abitudini) Memoria dichiarativa (informazioni fattuali e personali) Memoria semantica (conoscenze di fatti) Memoria episodica (conoscenze con connotazione spazio-temporale) Sia la memoria semantica che la memoria episodica possono andare a creare la memoria episodica, anche se spesso la memoria episodica e autobiografica vengono fatte coincidere perché di norma nella nostra sfera personale quando ricordiamo lo facciamo con un episodio. Ma può essere anche semantica, cioè so che in determinati contesti io agisco in un certo modo. EPISODICA SEMANTICA Ricordo che l’anno scorso sono stata a Parigi Può essere autobiografica Io so che la capitali della Francia è Parigi (non so nemmeno quando ho appreso l’informazione AUTONETICA: fa riferimento all’autoconsapevolezza di essere l’attore principale di quella scena che sto rievocando (Tulving 1985) NOETICA: Non legato ad un episodio che è successo proprio a noi, ma sono consapevole di sapere e ricordare RECOLLECTION: è il processo che mi consente di rievocare un episodio nei suoi dettagli. Per esempio: mi ricordo quando sono andata in questo parco, con chi ero, l’emozione che ho provato… FAMILIARITY: è quel senso di familiarità che ho legato ai ricordi, so solo che in quel parco ci sono stata, ma non ho ricordi precisi e dettagliati. Strategie di memoria Le strategie mnestiche servono per processare meglio il materiale di recupero e per migliorare il recupero delle informazioni. Permettono l’elaborazione di un numero maggiore di informazioni e un migliore mantenimento. Le strategie possono essere utilizzate solo per il recupero. Le strategie di memoria sono: 1- REITERAZIONE MECCANICA: ripetere più volte in modo meccanico, vocalico o sub vocalico le informazioni da ricordare. 2- RIPETIZIONE ELABORATIVA: ripetere il materiale cercando di comprenderlo e creando dei collegamenti e nessi logici con informazioni che già conosciamo. 3- ORGANIZZAZIONE DEL MATERIALE: raggruppare o classificare gli stimoli in sistemi significativi che sono più facili da mantenere, anche perché permettono di ridurre il materiale da ricordare. 4- ASSOCIAZIONE: collegare tra loro nuove informazioni da ricordare o collegarle a conoscenze pregresse 5- MEDIAZIONE: trasformazione di qualcosa di difficile da ricordare in qualcosa di più facile, attraverso l’individuazione di un terzo elemento (mediatore) che favorisce l’associazione tra i due elementi. 6- FORMAZIONE DI IMMAGINI MENTALI: pensando per esempio al significato della parola possiamo trasformarla in un’immagine mentale, così la parola diventa un’immagine, ed è più facile da ricordare. VIDEO DI H. M. (memoria esplicita e implicita) 1953. Il Dottor Scoville era un neurochirurgo rinomato all’epoca e tolse l’ippocampo a Henry Molaison (H.M.), uno dei pazienti più famosi che fornì informazioni sul funzionamento del nostro cervello. Da giovane Henry si ruppe il cranio in un incidente e iniziò presto ad avere delle crisi epilettiche e perdite di conoscenza e di controllo delle funzioni del corpo. Dopo anni passati ad avere questi episodi il ragazzo si rivolse al Dottor Scoville. All’epoca pensavano che le funzioni mentali fossero strettamente localizzate nelle aree del cervello corrispondenti. Scoville per risolvere il problema di Henry decise di rimuovere l’ippocampo, che è una parte del sistema limbico associato alle emozioni e alla memoria a lungo termine, ma all’epoca la sua funzione era sconosciuta. A prima vista l’operazione fu un successo, le crisi epilettiche di Henry erano praticamente sparite senza alcun cambiamento nella personalità e il suo quoziente intellettivo era addirittura aumentato. C’era però un problema: la sua memoria era stata danneggiata. Henry aveva perso quasi tutti i ricordi dell’ultimo decennio e non era in grado di crearne di nuovi, dimenticando che giorno fosse, ripetendo commenti o mangiando più pasti uno dietro l’altro perché si dimenticava che aveva appena mangiato. Scoville informò dei risultati un altro esperto: Wilder Penfield, che mandò la dottoranda Brenda Milner a studiare Henry a casa dei suoi genitori. Lui guardava gli stessi film come se fosse sempre la prima volta. Milner, dopo una serie di test e interviste, ridefinì completamente il significato della memoria, scoprì che, nonostante Henry non riuscisse creare nuovi ricordi, era comunque in grado di ritenere informazioni per un tempo sufficiente per finire una frase o per trovare il bagno. Il un test quando Milner gli chiede un numero a caso, Henry riuscì a ricordarlo per 15 minuti, ripetendolo a sé stesso in continuazione, ma solo 5 minuti dopo se lo dimenticò e dimenticò persino che fosse avvenuto un test. Gli scienziati dell’epoca vedevano la memoria come monolitica, ovvero tutta uguale e archiviata in tutto il cervello, ma la Milner diede quella che oggi è la distinzione tra memoria a breve termine e memoria a lungo termine e mostra anche che queste memorie utilizzano diverse regioni del cervello. oggi sappiamo che la creazione dei ricordi implica diversi passaggi: dopo che l’informazione sensoriale viene temporaneamente trascritta nei neuroni corteccia (MBT), viaggia fino all’ippocampo (MLT), in cui delle proteine speciali lavorano per rafforzare le connessioni sinaptiche corticali. Se l’esperienza è forte, la richiamo spesso alla mente i primi giorni, l’ippocampo trasferisce di nuovo la memoria alla corteccia per l’archiviazione permanente. La mente di Henry allora poteva formare le impressioni iniziali, ma senza l’ippocampo che andava a consolidare la memoria, queste si cancellavano ogni volta. Ma non fu l’unica distinzione che la Milner scoprì. in un esperimento chiese ad Henry di tracciare una terza stella nello stretto spazio tra i contorni di due stelle concentriche, potendo solo vedere carta e penna attraverso uno specchio. Come chiunque altra persona, anche Henry le prime volte andò malissimo, ma dopo diversi tentativi, in modo sorprendente migliorò, anche non avendo memoria dei tentativi fatti precedentemente. I centri motori inconsci ricordavano ciò che la mente conscia aveva dimenticato. Milner scoprì quindi che la memoria esplicita (dichiarativa)v di nomi, fatti e date era diversa dalla memoria procedurale (non dichiarativa o implicita), Henry con la rimozione dell’ippocampo aveva perso anche la memoria dichiarativa, perché abbiamo visto che l’ippocampo consolida le informazioni apprese per mandarle al magazzino a lungo termine, ma Henry può apprendere delle procedure e migliorare nell’apprendimento perché utilizzava la memoria senza consapevolezza. Quindi sappiamo che la memoria procedurale dipende dai gangli basali e dal cervelletto, che nel cervello di Henry erano intatte. Si distinse quindi “saper qualcosa” e “saper come”. A 82 anni Henry morì e il suo cervello venne studiato da più di 100 neuroscienziati facendo della sua mente la più studiata. Il suo cervello venne preservato e scansionato, diviso in più di 200 fette per creare una mappa digitale fino a livelli dei singoli neuroni. Tre stadi della memoria a lungo termine 1- CODIFICA: è basata sul significato, quindi è più di tipo concettuale che visivo o percettivo come la memoria di lavoro, si parla quindi di CODIFICA SEMANTICA. Quando si parlava di chunk e venivano dati una serie di numeri senza senso, se le facciamo diventare delle date importanti le ricorderemo meglio, la codifica semantica aiuta il successivo recupero delle informazioni. FASI ESEMPIO Viene presentata una lista di parole CASA-MOTEL-ALBERO Vengono presentate radici di parole incluse e non nella lista. In questo caso gli amnesici ricordano tanto quanto le persone “normali” perché per completare una lista di parole si utilizza la memoria implicita CA_ _-MO_ _ _- LI_ _ _ Se viene fatta invece una prova di riconoscimento, quindi andando a chiedere se queste parole erano presenti o no nella lista, gli amnesici faranno più fatica rispetto alle persone “normali” perché hanno più problemi con la memoria esplicita. CASA NO X ALBERO SI V LUNA SI X PESCE SI X MOTEL SI V Memoria autobiografica È uno speciale tipo di memoria a lungo termine. DEFINIZIONE di Conway: La memoria autobiografica è fondamentale per la propria identità, per la gestione delle proprie emozioni e per le esperienze che si fanno, proprio perché si è delle persone, individui con delle caratteristiche che lo rendono unico e diverso dagli altri, ovvero per le esperienze di sentirsi sempre gli stessi individui anche a distanza di tempo, anche se il tempo passa c’è qualcosa della nostra identità che dai nostri ricordi autobiografici ci consentono di rimanere tali e di percepirci la stessa persona nel tempo. La memoria autobiografico sono i ricordi legati alla nostra vita personale, se pensiamo ai nostri ricordi, quando eravamo piccoli, i nostri ricordi possono essere: - PERCEZIONE MOLTO VIVIDA: per esempio un profumo - UN’IMMAGINE CONSUETA: la mamma che legge un libro, non è specifico di un solo episodio, ma è un ricordo che si è ripetuto - PRIMA VOLTA DI QUALCOSA - EVENTO SPECIFICO: qualcosa che è successo un’unica volta e che non si è ripetuto nel tempo - INSIEME DI EVENTI CHE SEMBRANO UN TUTT’UNO: per esempio gli eventi successi in un viaggio, una serie di cose/eventi che me lo fanno ricordare come un unico evento - VASTI PERIODI DI VITA: in una persona più adulta potrebbero essere “gli anni del liceo”. Vasti periodi che hanno un significato circoscritto particolare. - RACCONTO CHE FA PARTE DELLA MEMORIA AUTOBIOGRAFICA, MA CHE VIENE RACCONTATO DAGLI ALTRI: tanti ricordi magari non li ricordiamo noi, non sono nostri, ma mamma ce lo ha raccontati talmente tante volte che adesso un nostro ricordo - RICORDO NON VISSUTO DIRETTAMENTE, MA ATTRAVERSO I MASS MEDIA: per esempio l’attacco alle torri gemelle, è una cosa che non ho vissuto in prima persona perché non ero li, ma me lo ricordo molto bene perché è stato raccontato molte volte dai mass media diventa un mio ricordo autobiografico - RICORDO DI PENSIERI, RIFLESSIONI ASTRATTE CHE PRESCINDONO DA IMMAGINI: per esempio essermi iscritta all’università - PARTICOLARE ATMOSFERA EMOZIONALE: caratteristica di valenza emotiva Organizzazione della memoria autobiografica E’ organizzata gerarchicamente: - Nel punto più alto ci sono dei PERIODI DI VITA PIU’ O MENO AMPI. - Subito sotto ci sono gli EVENTI GENERALI, che sono eventi che si ripetono in quel momento particolare. - Scendendo si trova l’EVENTO SPECIFICO, che è un ricordo molto dettagliato di singoli eventi che sono puntuali nel tempo e nello spazio e magari sono anche vividi percettivamente. In genere, se viene chiesto un ricordo e si stimola la memoria autobiografica, si tende a ricordare partendo dal livello intermedio, da eventi generali. Come studiare la memoria autobiografica E’ molto difficile da studiare sperimentalmente. - Si può chiedere di tenere un diario o un’agenda. - Si possono fornire dei cues (aiuti, suggerimenti) che innescano la ricerca in memoria. Per esempio: cercare in memoria un episodio relativo alla parola gelato. Quando si da una parola target si rievocano eventi specifici di u determinato episodio. I cues servono anche per indurre uno stato emotivo: emozioni e memoria autobiografica sono strettamente collegate, solo ricordare certe cose mi fa entrare in uno stato emotivo. - Narrazione autobiografica, molto più generico, senza suggerimenti Esempio di agenda autobiografica Istruzioni: la invito a pensare alla sua vita. qui di seguito le verranno suggeriti alcuni episodi. Lei dovrà indicare se li ricorda e con quanta intensità, utilizzando una scala a 5 punti 0= non ricordo assolutamente 1= so che è successo 2= ho un vago ricordo 3= ho un ricordo abbastanza vivido 4= ho un ricordo molto vivido 5= ho un ricordo perfettamente vivido La perdita di un dentino 1 2 3 4 5 Un regalo di Babbo Natale 1 2 3 4 5 Funzione della memoria autobiografica Il riconoscimento della propria identità personale: siamo quello che siamo perché abbiamo certi ricordi della nostra vita, se non avessimo certi ricordi della nostra vita non saremo noi stessi oggi. Ciò si vede bene nei soggetti che perdono la memoria per alcuni motivi tipo una malattia. Ci consente di costruire un'identità e mantenerla nel tempo, perché noi ci sentiamo gli stessi da adulti quando cresciamo ed è continuamente alimentata anche dal recupero dei ricordi autobiografici. Un esempio particolare di ricordi autobiografici FLASH BULB MEMORIES, O RICORDI FLASH. Come sono fatti? La cosa fondamentale è che sono abbinati ad un forte senso di sicurezza, cioè la persona che riporta questo ricordo è molto sicura di ricordare particolari dettagliati dell'evento, anche sfumature insignificanti. Questi ricordi hanno una fortissima carica emotiva ed è legato anche ad aspetti importanti dal punto di vista della collettività. È un ricordo autobiografico, ma con delle caratteristiche e sfumature diverse rispetto ad un semplice ricordo autobiografico. Lo viviamo attraverso i mass media, lo viviamo come testimoni, ma diventa un nostro ricordo intimo. C'è un dibattito aperto dal punto di vista teorico nella spiegazione di questo particolare tipo di ricordo. Da un lato c'è chi dice che siano frutto di un eccezionale meccanismo di codifica: È una notizia talmente grande, inaspettata e inattesa, che la codifica di quell'evento è molto più forte e più profonda rispetto al prendere una notizia più superficiale. Dall'altro lato alcuni sostengono che non sia tanto una codifica particolarmente profonda, ma quello che cambia è solo la percezione soggettiva, Cioè sono così emotivamente cariche che mi fanno attribuire un'elevata sicurezza al ricordo senza che in realtà lo possa verificare. È solo un problema di tanta sicurezza della persona virgola di percezione soggettiva individuale. Questo dibattito è ancora aperto. Visione di Neisser Neisser da una sfumatura più storico culturale in questo fenomeno. Lui dice che i ricordi autobiografici servono per dare un'identità storica la persona come se noi dicessimo “io c'ero”, “io ho vissuto l'attacco alle torri gemelle”. non ero fisicamente presente, ma diventa parte del periodo storico in cui sono, come se mi sentissi parte della storia della collettività. Va ad incontrare i ricordi autobiografici anche delle altre persone e non si parla del singolo episodio della vita personale di una persona. Problemi legati alla memoria autobiografica soprattutto il ricordo degli aspetti negativi può portare di disturbi: - PTSD: Disturbo da Stress Post-Traumatico sintomi che derivano da situazioni di stress estremo come per esempio violenza sessuale, incidente stradale grave, catastrofe naturale… le caratteristiche di questi disturbi: - FLASH BACK (involontari): continuo riemergere di immagini e ricordi autobiografici negativi legati all'evento, come se la persona fosse continuamente torturata da queste immagini dell'evento. Sono ricordi improvvisi, la persona magari in quel momento non ci sta neanche pensando e sta facendo altro ma all'improvviso gli vengono questi flash back memories che creano di nuovo uno stress molto elevato nella persona. Paura e ansia sono una conseguenza come i comportamenti da evitamento, la persona tende ad evitare di tornare nello stesso luogo dell'accaduto perché scatenerebbe ancora di più la riapparizione di questi ricordi involontari negativi. Non tutte le persone che hanno vissuto un evento traumatico hanno però questo disturbo. Per aiutare la persona a gestire le apparizioni involontarie e lo stress conseguente è l’EMDR, Eye Movement, Desensitization e Reprocessing. È una tecnica terapeutica: si invita la persona a pensare e a concentrarsi sull'episodio negativo e in contemporanea si muovono le dita davanti alla persona invitando la persona a seguire con gli occhi le dita e pensare all'episodio. Oppure il terapeuta batte ripetutamente sulle gambe della persona, l'importante è che ci siano da fare due compiti contemporaneamente (seguire le dita del terapeuta e contemporaneamente pensare all'evento). È come se questo doppio compito togliesse un po’ l'attenzione dall'esperienza negativa perché si è costretti a fare qualcos'altro. Con questa tecnica la persona riesce a non avere l'immagine disturbanti negative che compaiono, è una tecnica molto efficace. Un altro problema legato alla memoria autobiografica e l'amnesia. Tecnologie Oggi le tecnologie aiutano la memoria autobiografica e sono pensate soprattutto per le persone anziane che hanno una demenza o per le persone o bambini che hanno subito un trauma cranico o dei danni alla memoria autobiografica. LA SENSECAM: E’ una speciale macchina fotografica che si tiene al collo il registro in modo automatico le azioni e tutta la giornata della persona che la indossa senza che la persona tocchi la fotocamera. Ha dei Contenuto emotivo del materiale Nuovo paradigma Fasi: 1- Fase di codifica: vengono presentate le foto di una tipica cena in famiglia e alla fine vengono fatti vedere due episodi: In cui nella prima foto si può capire che il Papa sta per dare uno schiaffo al figlio per aver buttato per terra e per aver rotto la bottiglia di vetro. Nella seconda foto invece si vede che la bottiglia è rotta e che tutti dicono “pazienza". Quello che non viene fatto vedere ai soggetti e ciò che avviene un attimo prima. Ci viene spontaneo pensare che il bambino sia il colpevole della rottura della bottiglia, proprio perché l'umano è portato a dover trovare una spiegazione sempre a tutto. 2- Intervallo di ritenzione (15min.) C'erano due gruppi: un gruppo vedeva le foto della storia all'inizio, c'era un intervallo di 15 minuti e poi c'era 1/3 di memoria punto le foto effettivamente viste venivano mescolate a foto nuove che la persona non aveva mai visto, tra cui le foto anche delle cause delle azioni viste. Un altro gruppo faceva quello che spesso fanno i testimoni: dovevano raccontare per iscritto tutto quello che si ricordavano degli episodi visti. Si ha notato che il gruppo che doveva anche raccontare tutti gli episodi visti nella fase iniziale, faceva molti più falsi ricordi, soprattutto quando gli episodi erano di tipo negativo. Commettevano molti più errori di memoria di chi Ricordava le cause non viste degli effetti a cui era stato sottoposti in fase di codifica. È stato creato un nuovo paradigma con lo stesso principio, con un finale negativo neutre positivo. Si vedono due ragazzi che si stanno preparando perché si devono incontrare Ci possono essere tre possibili esiti: 1. positivo, in cui si capisce che i due sono fidanzati, si incontrano e si danno un bacio. 2. Negativo, in cui si vede chiaramente che il ragazzo ha infastidito perché lei è arrivata in ritardo e ha un gesto aggressivo nei suoi confronti. 3. Neutro, in cui due ragazzi sono amici, si sono trovati per scambiarsi un libro, senza nessuna valenza emotiva. Quello che non viene fatto vedere e cosa succede subito prima: Prove di working memory per valutare l'effetto dell'esecutivo centrale si devono avere due compiti contemporaneamente da svolgere: uno di memoria e uno di elaborazione più o meno complessa di qualche contenuto. Esempio di prova di memoria: Dal computer compaiono delle parole, uno alla volta e ogni volta che usciva una parola che rappresentava un animale la persona doveva premere la barra spaziatrice e in contemporanea dovevano ricordare Le parole per poi dire l'ultima parola che compariva nella lista. Risultati: la quantità di falsi ricordi prodotta da chi ha basse capacità di memoria di lavoro è molto più alta rispetto a chi ha buone capacità di memoria di lavoro; quindi, i soggetti che hanno scarsa memoria di lavoro producono più falsi ricordi e soprattutto quando sono negative. Per le immagini positive e neutre questo non si verifica. Nel caso delle immagini negative, i falsi ricordi sono molto simili rispetto a quelli neutri, ma in circostanze normali quello che si verifica è che l'aspetto emozionale fa produrre meno falsi ricordi virgola in questo caso va in base alla memoria di lavoro dei soggetti se i soggetti hanno una scarsa memoria di lavoro l'emozione negativa qui non li protegge dagli errori come succede in chi ha una buona memoria di lavoro. Le abilità di controllare le informazioni e di utilizzare quel controllo attenzionale in memoria breve termine aiuta a gestire la produzione di falsi ricordi in un compito di memoria a lungo termine. Sono importanti le abilità di memoria del soggetto mentre sta vivendo degli episodi negativi: ti riesce a gestire meglio le informazioni anche a carico della memoria di lavoro virgola di fatto è più bravo nel momento di un eventuale test di memoria a ricordare le informazioni negative. Chi ha una scarsa memoria di lavoro cade di più in errore quando il materiale negativo. Ricollegandoci alle testimonianze: le differenze individuali a livello della memoria di lavoro aiutano a gestire le informazioni e accadere o meno in errore. Inoltre, c'è relazione tra la personalità e i falsi ricordi, se c'è più estroversi si tende a fare meno falsi ricordi per gli episodi positivi rispetto alle persone introverse. 4- MAGGIORE METAMEMTORIA, è un termine che fa riferimento alle conoscenze metacognitive, ovvero la capacità di riconoscere i propri stati mentali, le proprie funzioni, riconoscere quindi il funzionamento della propria mente. La metamemoria in particolare è la conoscenza che ho sui miei processi di memoria. A che età i bambini capiscono che cosa significa dimenticare e ricordare? Noi adulti diamo per scontato e diciamo ai bambini “ma te lo sei dimenticato?”, i bambini di 1 anno però non sanno che cosa significa dimenticare. A 3 anni, per esempio, capiscono cosa significa ricordare e dimenticare, ma lo riescono a fare solo da un punto di vista comportamentale, cioè, se ricordano qualcosa, capiscono cosa vuol dire ricordare e se dimenticano qualcosa allora sanno cosa significa dimenticare, ma non è una conoscenza metacognitiva, perché inizia a svilupparsi a partire dai 4-5 anni. A 4-5 anni capiscono che prima di ricordare o dimenticare qualcosa bisogna prima averlo appreso precedentemente. Studio classico sulla metamemoria Studio di Lyon e Flavell (1993-1994) Questo studio era rivolto a bambini di 3-4 anni in cui era svolto con una casa delle bambole. Gli studiosi utilizzavano anche indicatori temporali, come il sole per esempio, per dare la percezione del tempo che passa; quindi, che c’è il giorno e che c’è la notte, poi arriva un altro giorno. In un caso la bambola andava via dalla casa delle bambole per un breve intervallo di tempo (una giornata) e nell’altro aveva un lungo intervallo di ritenzione (stava via anche la notte). Volevano trovare un modo semplice per i bambini per capire quanto tempo passava dal momento in cui si vede dove viene posto l’oggetto e il momento in cui la bambola lo deve ritrovare. I bambini di 4, ma non quelli di 3, mostravano di sapere che la bambola che stava via tutta la notte era più probabile che si fosse dimenticata dov’era l’oggetto nascosto perché “è passato tanto tempo” quindi l’idea che più passa il tempo, più posso dimenticare. Alla domanda “qual è la bambola che più probabilmente si è dimenticata l’oggetto?” per i bambini di 3 anni non c’era differenza tra la bambola che stava via poco tempo e la bambola che stava via più tempo, a 4 anni invece dicono che la bambola che sta via solo di giorno se lo ricorda meglio, quella che invece sta via tutta la notte se lo può dimenticare perché è passato tanto tempo. A 4 anni, ma non a 3, i bambini mostravano di sapere che questa bambola, se non avesse visto dove era stato nascosto l'oggetto nella casa delle bambole, non poteva né ricordarsi, né dimenticarsi, perché la bambola non ha visto dove lo aveva messo. Studi sperimentali E lo studio della memoria episodica sia in aspetti quantitativi (quante immagini riesco a ricordare e anche quanti dettagli) che qualitativi (quanti dettagli vengono rievocati o quanto ho solo la sensazione di ricordare qualcosa) in soggetti dai 6 ai 17 anni. Questo studio prevedeva una fase di codifica: venivano fatti vedere ai bambini 80 disegni per 1,5 secondi l'uno e c'era un intervallo di 4-5 secondi tra un'immagine e l'altra in questo intervallo dovevano dire l'oggetto, il suo colore e dovevano rispondere ad una di quattro domande, per capire se il bambino riusciva a fare una codifica di tipo semantico. Ad esempio il bambino doveva rispondere alla domanda “l'oggetto entra in una scatola di scarpe?”. Poi c'era un intervallo di ritenzione di 15 minuti, quindi viene lasciato tempo per il ricordo a lungo termine. la fase di memoria vera e propria era una fase di riconoscimento, dove gli 80 disegni mostrati nella fase di codifica venivano mescolati ad 80 disegni nuovi, tutti in bianco e nero e il bambino doveva dire “sì” o “no” sì sì la ricordava dalla prima fase oppure no e in più dovevo dire se la ricordava bene, con tutti i dettagli, oppure aveva solo un ricordo vago e dovevano dare bene tutti i dettagli per vedere se effettivamente era un ricordo episodico o meno, quindi dire di che colore era l'oggetto e a che domanda avevano dovuto rispondere. Risultati: La percentuale di risposte corrette (HITS) cresce con il crescere dell'età in modo molto lineare. Aspetti quantitativi: anche la percentuale di dettagli episodici correttamente evocati cresce con l'aumentare dell'età. Aspetti qualitativi: La capacità di associare una “risposta remember” (quindi di ricordarla con tutti i dettagli) e all'aspetto semantico (cioè quando dovevano rispondere alla domanda “entra in una scatola da scarpe?”) Cresce con l'età. Quando dovevano ricordare gli aspetti percettivi, quindi il colore è associarlo ad un'immagine, non cresceva tanto con l'età. Quando c'era una codifica superficiale non si vede un aumento con l'età legato alla capacità di rilevare i dettagli, quando invece la codifica è più semantica, quindi quando bisogna prestare attenzione al significato e al contenuto di quell'immagine, quell'abilità associata al ricordo effettivo dei dettagli aumenta con l'aumentare dell'età. Questo sia perché aumentano le conoscenze, ma anche perché dire di ricordarlo chiaramente o avere solo la sensazione è un'abilità metamnestica, quindi anche gli abilità metacognitive insieme alle abilità anestetiche/cognitive aumentano con l'aumentare dell'età. È stata fatta una prova di comprensione in questi bambini per vedere se era chiara la distinzione tra il termine “mi ricordo”e“mi è familiare” e per vedere se capivano a livello concettuale questi termini. Già i bambini a 6 anni, a queste domande a scelta multipla rispondevano correttamente, quindi avevano chiara la distinzione ma non sapevano applicarla in un compito di memoria complesso. Quali sono i processi implicati la memoria episodica? 1- PROCESSI ASSOCIATIVI (BINDING): Sono processi che consentono già alla codifica di associare diversi elementi tra loro e quindi di ricordarli come un evento unico, come un tutt'uno. Quindi questi processi permettono di associare il quando, dove sono e cosa sto facendo, per poi farmelo ricordare al momento del recupero come un unico episodio. 2- PROCESSI DI CONTROLLO (O METACOGNITIVI): Sono gestiti dalla parte frontale del nostro cervello e controllano quello che succede a livello di processi associativi. I processi metacognitivi consentono di fare una riflessione sui propri processi di memoria e regolano/plasmano i nostri ricordi. Modello di sviluppo tradizionale Prevedeva che i processi associativi rimanessero stabili già presto, intorno ai 6 anni e che invece la metacognizione o i processi controllati si sviluppassero con l'aumentare dell'età. con studi più recenti hanno mostrato come entrambi i processi, sia associativi che controllati, aumentano con l'aumentare dell'età. Come studiare i processi associativi I processi associativi vengono studiati con la risonanza magnetica funzionale: il bambino entra nella macchina (prima quella di prova) e vengono proiettate delle immagini, così da vedere quali sono le aree cerebrali che si attivano mentre il bambino sta svolgendo la prova. I principali processi di pensiero 1- CATEGORIZZAZIONE: Processo che consente di creare delle classi di concetti, perché se noi pensassimo senza dare un ordine ai nostri pensieri, avremmo una gran confusione, Perché avremmo così tante informazioni che non sapremmo collocarle nella nostra mente la categorizzazione ci semplifica il lavoro quando dobbiamo utilizzare determinate informazioni per qualcosa. Per esempio, sapere che i mammiferi sono una certa classe che ha dentro determinate caratteristiche e che sono diversi da altri animali, mi aiuta a gestire le mie conoscenze e in caso di bisogno saperle utilizzarla in modo diverso. 2- CATEGORIA: Concetto che raccoglie una serie di elementi specifici. Per esempio, la categoria animali. 3- CONCETTI: Sono un insieme di caratteristiche che accomunano una serie di esemplari. per esempio, nei mammiferi, l'esemplare essere umano difficilmente lo includiamo nella categoria mammiferi. Il prototipo Per ogni categoria esiste un prototipo, cioè il membro del gruppo che rappresenta meglio la categoria a cui appartiene, perché i membri di una categoria hanno caratteristiche anche molto diverse tra loro. Il prototipo ha un nucleo che comprende le caratteristiche essenziali per far parte di quella categoria. Il prototipo lo si utilizza per giudicare l'appartenenza di un elemento a quella determinata categoria, cioè se vediamo un'esemplare, ci viene spontaneo confrontarlo con il prototipo della categoria stessa per decidere se vi può appartenere o meno. Se c’è corrispondenza elevata tra un elemento X e il prototipo, allora significa che condivide molte caratteristiche con il prototipo. Se la corrispondenza è bassa significa che l'elemento che sto valutando condivide poche caratteristiche con il prototipo. Esempio: il pettirosso viene spontaneo dire subito che appartiene alla categoria uccello, mentre il pinguino si fa più fatica, non ci viene così spontaneo dirlo perché ha caratteristiche diverse virgola in chiediamo più tempo per categorizzarlo proprio perché almeno caratteristiche in comune con il prototipo di uccello. 10-IL RAGIONAMENTO IL RAGIONAMENTO DEDUTTIVO E’ il processo grazie al quale riusciamo a trarre delle conclusioni partendo da determinate affermazioni che si assumono come vere. Un esempio è il SILLOGISMO. Nel sillogismo si trovano sempre due premesse e una conclusione. I sillogismi possono essere: 1- CATEGORICI: Si parte da una legge universale per giungere a delle conclusioni più specifiche. Sono costituiti da uno premesso a maggiore, una premessa minore e una conclusione. - PREMESSA MAGGIORE: Mette in relazione il predicato con il termine medio - PREMESSA MINORE: metti in relazione il soggetto con il termine medio - CONCLUSIONI: elimina il soggetto medio e mette in relazione il soggetto e il predicato ESEMPIO: Tutti i bovini sono animali Premessa maggiore alcuni bovini sono mucche premessa minore tutte le mucche sono animali Conclusione Indipendentemente dal fatto che le premesse dicano qualcosa di vero, si traggono conclusioni da quelle premesse, tant'è che si verifica il BELIEF BIAS, cioè che una conclusione accettata come valida facendo questo tipo di ragionamento anche quando non è vero quello che viene detto. Le premesse possono essere - UNIVERSALI O PARTICOLARI - AFFERMATIVE O NEGATIVE 2- LINEARI: Partendo dalle premesse, nella conclusione viene esplicitata la relazione tra le variabili che nelle premesse erano implicite. nelle premesse quindi viene detto qualcosa in modo implicito e viene reso esplicito solo nella conclusione. Si appoggia sulla relazione tra i diversi elementi all'interno del ragionamento che è implicita nelle premesse e si manifesta nella conclusione. Si può basare su: - RELAZIONI SPAZIALI: l'oggetto si trova “a destra di…”,” sotto a…” - L’ALTEZZA: L'oggetto “è più alto di…”,” è più basso di…” - QUALITA’ SPECIFICHE: l'oggetto “e più piccolo di…”,” e più grande di…” la conclusione si trae collegando le premesse attraverso l'utilizzo del TERMINE MEDIO. Esempio: Anna è più alta di Maria premessa 1 Teresa è più bassa di Maria premessa 2 Anna è più alta di Teresa conclusione si mettono in relazione diversi elementi attraverso il termine contenuto nelle premesse. 3- CONDIZIONALI: Sono costituiti da una premessa ipotetica è una categoria. per esempio “Se… allora…”, chi è la PREMESSA IPOTETICA. La PREMESSA CATEGORICA può essere espresso in forma positiva o negativa. Esempio: Se è mercoledì, allora una giornata soleggiata. Non è una giornata soleggiata. Non è mercoledì. Compito di selezione di Wason Se una carta ha una vocale su un lato allora ha il numero pari sull'altro. Come verifico questa regola? Posso girare solo due carte per risolverlo che carte giro? Dovrei girare la lettera E e vedere se ho un numero pari così da confermare la regola. Giro anche il 7 per vedere se dietro c'è una consonante. Se dietro 7 trovo una vocale virgola non confermo questa regola. Solo al 10% del campione di Wason fornì la risposta esatta. Il 90 % del campione cerca di confermarla (“confirmation bias” - girando le carte E e 4). IL RAGIONAMENTO INDUTTIVO In questo ragionamento una regola o un principio generale viene dedotto da esempi specifici. Le conclusioni non sono necessariamente vere, ma si basano sul concetto di probabilità: quanto è probabile che si verifichi una determinata situazione. Un esempio di ragionamento induttivo sono le EURISTICHE (o scorciatoie di pensiero). Molti errori di ragionamento che facciamo dipendono da queste scorciatoie di pensiero. sono regole informali che noi ci facciamo in base alla nostra esperienza e quando dobbiamo risolvere un problema o fare un ragionamento nuovo, è come se rimanessimo un po’ fissati alle nostre conoscenze, che ci influenzano a fare quel ragionamento. Negli anni ’90 TVERSKY e KAHNEMAN Hanno individuato tre tipologie di euristiche: 1- EURISTICA DELLA RAPPRESENTATIVITA’: Viene considerata più probabile quell'ipotesi che appare più rappresentativa della categoria di argomento di cui stiamo parlando. ESEMPIO: quale sequenza ha maggiore probabilità di comparsa? A. ROSSO-NERO-ROSSO-ROSSO-NERO B. ROSSO-ROSSO-ROSSO-ROSSO-ROSSO Verrebbe da rispondere la lettera A, Invece hanno la stessa probabilità di comparsa, ma noi tendiamo a dire che ci pare più probabile la lettera a, quindi che escano i colori in modo alternato. 2- EURISTICA DELLA DISPONIBILITA’: quando noi facciamo un ragionamento basandoci su quello che ci è più disponibile a livello di memoria e di scelta lessicale: quanto è più facile ricordare un'informazione. ESEMPIO: in lingua inglese ci sono più parole che iniziano con la R o che hanno la R come terza lettera? Ostacoli alla risoluzione dei problemi FISSITA’ FUNZIONALE: cioè rimanere fissati con l'utilizzo primario di quel determinato oggetto: se io ho la fissità funzionale, nell'esempio della candela, se non riesco a pensare che la scatola di chiodi possa essere qualcos'altro, voi è chiaro che faccio fatica a vedere la soluzione, perché per me quella è solo una scatola di chiodi e non posso pensare che possa essere il supporto per la candela. OSTACOLO EMOTIVO: la paura di sbagliare, sono intollerante alle, mi dà un po’ fastidio pensare che la scatola di chiodi possa essere qualcos'altro. FATTORI CULTURALI: da adulti si tende ad essere più razionali e ad avere un po meno quella flessibilità cognitiva nell'utilizzare gli oggetti per scopi diversi dal loro scopo abituale punto i bambini lo fanno molto più velocemente perché hanno la creatività di dire per esempio “questa scarpa è il telefono”, quindi fanno finta di… L’APPRENDIMENTO: cioè ho preso delle abitudini che mi rendono difficile vedere degli altri oggetti, perché sono abituato a far così con quel determinato oggetto ed è difficile da smussare. Relazione tra insight e creatività L’insight è quando si ha un'illuminazione l'esempio della scimmia che per arrivare a prendere le banane mette insieme due bastoni e un insight, ma è anche creatività, perché utilizza due oggetti in un modo un po insolito, legandoli tra loro per raggiungere uno scopo. L'insight richiede di cambiare la nostra rappresentazione mentale per raggiungere uno scopo, per risolvere un problema utilizza contenuti mentali in un modo un po’ diverso dal solito. Caratteristiche dell’insight: L'insight non è il raggiungimento di uno scopo per prove ed errori, ma è una cosa improvvisa, un'illuminazione, quindi l'apprendimento non è un processo graduale, ma è improvviso ed è trasferibile, cioè posso utilizzare il risultato del mio insight o anche in altre circostanze. Il pensiero creativo si basa anche sugli insight: sembra un'intuizione improvvisa, non è dettata dall'apprendimento per prova ed errore e gli studiosi hanno iniziato a legare l’insight a qualche attività e hanno iniziato a studiare quali sono le caratteristiche del pensiero creativo: la creatività è soggettiva, c'è chi è più creativo e chi meno. Caratteristiche del pensiero creativo (o divergente) - si arriva alla produzione di qualcosa di originale, qualcosa che non c'era prima - questo tipo di pensiero viene attivato soprattutto in quelle situazioni che hanno diverse soluzioni o vie d'uscita punto il mio pensiero creativo mi consente di arrivare all'obiettivo in diversi modi. Aspetti del pensiero creativo - FLUIDITA’: abilità di produrre tante idee nuove e originali - FLESSIBILITA’: passare da una successione di idee ad un'altra virgola in tempi anche abbastanza brevi - ORIGINALITA’: trovare idee insolite, nuove - ELABORAZIONE: capacità di manipolare diverse informazioni contemporaneamente per poter trovare una soluzione - VALUTAZIONE: Selezionare tra le tante idee che sono venuti in mente quella che è più pertinente allo scopo Come misurare la creatività 1- Un test è L’ALTERNATE USES TEST: Per esempio,” ditemi tutte le cose che potete fare con una - sedia in un minuto di tempo”. la risposta bisogna darla in poco tempo, perché nel pensiero creativo si va a vedere quanto rapidamente funziona la mente per trovare quella determinata risposta. la persona che ha più creatività trova molti modi per utilizzare una sedia dopo aver fatto questo test si va a vedere: o La fluidità, cioè il numero di risposte o L'originalità, cioè la frequenza statica delle risposte, cioè ovvio che è una sedia la uso come appoggio o per sedermi, tutti lo direbbero, ma alcuni usi di una sedia che vengono utilizzati meno volte danno vita al pensiero più creativo. o l'elaborazione, cioè la quantità di dettagli è fornita 2- Il REMOTE ASSOCIATION TEST: I soggetti devono trovare la giusta associazione tra gruppi di parole che utilizzano anche in giochi tv per esempio “che cosa accomuna le parole casella, prioritaria, elettronica?”. La parola è posta. 3- Il ORRANCE TEST OF CREATIVITY AND THINKING (TTCT): C'è la versione verbale e la versione visiva. La versione verbale misura diversi aspetti, ad esempio: o Nomino tutte le cose che possono essere rosse e si possono mangiare o in che modo cani e gatti sono legati tra loro o scrivi quante più frasi riesci utilizzando le parole pioggia, stazione è estate La versione visiva: ci sono delle figure di partenza (STARTING SHAPES) e quegli oggetti vengono dati ai soggetti e gli viene chiesto di utilizzare queste figure o combinarle in un'unica figura/disegno. 11-INTELLIGENZA DEFINIZIONE (Accezione generale): E’ ciò che è comune a tutti gli esseri viventi, nell'uomo si può tradurre con la capacità di comprendere la realtà, di risolvere dei problemi, di raggiungere elevati traguardi mentali, quindi avere degli obiettivi e mettere in atto una serie di ragionamenti e pensieri per raggiungerli. DEFINIZIONE (accezione differenziale): L'intelligenza è anche ciò che differenzia le persone nell'affrontare i compiti. Non abbiamo tutti lo stesso livello di intelligenza e non abbiamo tutti la stessa capacità di mettere in atto le stesse strategie per risolvere un problema o raggiungere un obiettivo. Questa accezione, cioè che ci sono differenze individuali nei livelli intellettivi, è ciò che ha fatto nascere il test d'intelligenza, cioè strumenti che servono per stabilire il quoziente intellettivo e di poterlo misurare con delle norme di riferimento. Classi di teorie dell'intelligenza L’intelligenza è stata teorizzata da diversi punti di vista ci sono diverse teorie: 1- TEORIE UNITARIE: si può riflettere con questo esempio: che cosa rende un bambino di 10 anni diverso da un bambino da 5? Il bambino di 10 anni ha raggiunto una maturazione a livello intellettivo, capacità di ragionare, comportarsi e pensare più elevato rispetto al bambino di 5 anni. SPEARMAN agli inizi del ‘900 iniziò a considerare l'intelligenza come un'abilità o unitaria, integrata da sotto abilità, ma come valore unitario. Quindi IL FATTORE G DI SPEARMAN è quello in cui un'intelligenza generale, che è resa possibile da diverse abilità sottostanti: - RAGIONAMENTO VERBALE: comprensione dei vocaboli, - RAGIONAMENTO QUANTITATIVO: capacità di fare i calcoli - RAGIONAMENTO VISIVO ASTRATTO: per esempio il soggetto deve immaginare di piegare delle forme geometriche e dire cosa crea - MEMORIA A BREVE TERMINE (o working memory) quello che si ricava da queste quattro abilità è un tipo di intelligenza intesa in senso unitario, IL G FACTOR. 2- INDICE DI RAGIONAMENTO PERCETTIVO: al bambino vengono dati dei cubi, viene data una figura che è rappresentata dall'unione dei cubi e il bambino deve riprodurla utilizzando realmente i cubi a disposizione e gli si dà un tempo limitato. Il punteggio viene assegnato in base alla difficoltà dell'item. altri test per misurare l'indice di ragionamento percettivo: - CONCETTI ILLUSTRATI: Scegliere un oggetto per ogni riga. Gli oggetti selezionati devono avere qualcosa in comune. - RAGIONAMENTO A MATRICI: Scegliere l’alternativa che completa la matrice 3- INDICE DI MEMORIA DI LAVORO: Ripetere una serie di cifre subito dopo che sono state presentate oralmente. La prima serie va ripetuta in avanti, la seconda all’indietro. Ripetere una sequenza alfa- numerica separando e ordinando cifre e lettere. Le sequenze sono sempre più lunghe. È un compito attivo di memoria di lavoro (il compito passivo era solo ripetizione e non devo fare nessun’altra operazione mentale). è attivo perché devo tenere in mente la sequenza e intanto ricordarla pensando i numeri dal più piccolo al più grande e poi alle lettere in ordine alfabetico. Richiede maggior controllo da parte dell'esecutivo centrale della memoria di lavoro. 4- INDICE DI VELOCITA’ DI ELABORAZIONE: - CIFRARIO: Associare un simbolo a un altro simbolo (o a un numero) Completare più simboli possibili in un tempo limitato. - RICERCA DI SIMBOLI: Decidere se un certo simbolo target è presente in una serie di altri simboli. 3- TEORIE MULTIPLE: sono multiple perché alcuni studiosi iniziano a non essere d'accordo che l'intelligenza possa essere considerata come un'entità unica. Alcuni autori hanno iniziato ad evidenziare il fatto che ci siano diversi tipi di intelligenza che caratterizzano le persone e che non fosse possibile considerare l'intelligenza come un'unica unità. Gli autori principali che sostenevano le teorie multiple sono: THURSTONE, GARDNER e STENBERG. - - THURSTONE: Egli propose questa teoria sulle ABILITA’ MENTALI PRIMARIE, e ha individuato 7 tipi di intelligenza ciascuna dei quali era importante per svolgere un determinato compito. - GARDNER: pensava che le intelligenze fossero: linguistica, spaziale, logico matematica, interpersonale, corporeo cinestetica, intrapersonale, musicale. Gardner descrisse questi tipi di intelligenze e poi andò a trovare quello che secondo lui erano le professioni che meglio potevano sfruttare quel tipo di intelligenza. L’INTELLIGENZA LINGUISTICA la descrive come la sensibilità alle parole e alla struttura del linguaggio, resa possibile dall'emisfero cerebrale sinistro. Le professioni più tipiche con questo tipo di intelligenza potrebbero essere: il poeta, lo scrittore o il giornalista. L’INTELLIGENZA SPAZIALE è l'accurata percezione visuo-spaziale resa possibile dall'emisfero destro. Le professioni sono l'ingegnere e lo scultore. Questo è un tipo di intelligenza in cui c'è differenza di genere, gli uomini sono più bravi delle donne. L’INTELLIGENZA LOGICO MATEMATICA, cioè operare con simboli astratti e pensieri logici, resi possibili dal lobo parietale sinistro, l'emisfero destro per l'organizzazione e il lobo frontale per la pianificazione. Le professioni sono: matematico e scienziato. L’INTELLIGENZA MUSICALE: sensibilità alla melodia e capacità di combinare frasi musicali, si utilizza la parte destra anteriore e i lobi frontali temporali. Le professioni sono: il musicista e il compositore. L’INTELLIGENZA CORPOREO-CINESTETICA: è l'abilità di usare il corpo con consapevolezza, con capacità espressiva. Si utilizza la corteccia motoria. Le professioni sono: il ballerino e l'atleta. L’INTELLIGENZA NATURALE/BIOLOGICA: si utilizza il lobo parietale sinistro. La professione e il biologo. rappresentate con dei cilindri all’interno di questo cono e nella punta del cono ci sono i fattori emotivi e metacognitivi, cioè essere consapevole che posso riflettere sulle mie abilità di ricordare, sono il modo in cui la persona conosce la propria mente. Ci sono fattori motivazionali e culturali, che sono in generale le motivazioni. La cosa fondamentale di questo modello è il grado di controllo della memoria di lavoro, in cui maggiore è il controllo richiesto dal compito e maggiore sarà il ruolo richiesto dall’esecutivo centrale. Più ci si sposta verso l’alto, maggiore sarà il controllo dell’esecutivo centrale. Nel livello di controllo massimo si è in grado di svolgere compiti più complessi. Poi c’è il livello delle abilità specifiche e infine il livello delle abilità semplici, che è il livello minimo. E’ un modello complesso, perché non considera l’intelligenza un costrutto da misurare con un test, ma prende in considerazione un insieme di fattori importanti per una completa considerazione delle abilità mentali di una persona. Inoltre, in questo modello, le varie disabilità legate all’apprendimento vengono posizionate lungo questo cono. A mano a mano che si sale verso l’alto le disabilità saranno sempre più gravi, per esempio le persone con dislessia o discalculia si collocheranno in basso, mentre le persone con ritardo mentale si collocheranno nel livello massimo. il quoziente intellettivo (QI) Inizialmente veniva calcolato per esempio per dire se un bambino di una certa età era bravo a svolgere le attività tipiche di quell'età, se un bambino di 8 anni riusciva a fare delle attività o delle operazioni che normalmente faceva un bambino di 10 allora si pensava che quel bambino fosse più intelligente rispetto alla sua età (o inferiore se faceva attività per esempio di un bambino di 6 anni). Quindi L’ETA’ MENTALE non corrisponde per forza all'età cronologica, se il bambino di 8 anni svolge attività che farebbe un bambino di 10, 10 e l'età mentale e 8 quella cronologica. Il QI veniva calcolato: ETA’ MENTALE Oggi non è più così, oggi il quoziente intellettivo si calcola con IL PUNTEGGIO DI DEVIAZIONE, ovvero quanto si discosta il bambino dalla media dei bambini della sua stessa età, cioè quanto il punteggio in un test di intelligenza di un bambino si discosta dalla media dei test dei bambini della sua età. ETA’ CRONOLOGICA X 100 Curva a campana La concezione è quella di avere una distribuzione normale delle capacità intellettive, in cui la media è 100 e la deviazione standard è 15, cioè potenzialmente posso andare ad 85 e 115 come punteggio intellettivo. A mano a mano che vado verso sinistra di questa curva a campana, mi allontano dalla media e inizierò ad avere quello che una volta si chiamava ritardo mentale, che oggi sono le disabilità intellettive. spostandoci dalla media verso destra avrò persone che si discostano dalla media, ma verso l'alto, cioè avrò intelligenza superiore alla media e persone/bambini plusdotati, cioè che hanno un'intelligenza molto superiore alla media rispetto a persone/bambini della stessa età. Differenze individuali nei profili di intelligenza La maggior parte della popolazione, circa il 70%, ha un QI compreso tra 85 e 115. - DSA (Disturbi Specifici dell’Apprendimento): rientrano in questo range. una condizione per poter fare diagnosi di DSA è che ci sia l'intelligenza nella media, perché se l'intelligenza è sotto la media si inizia a parlare di disabilità intellettiva. le caratteristiche di questi disturbi è che ci sia un'intelligenza nella media e una caduta nella risoluzione specifica di certi compiti: la persona con dislessia farà fatica a leggere per esempio, ma avrà una buona intelligenza. I bambini con DSA :la memoria di lavoro di solito è un po' bassa per questi bambini, però magari possono andare bene in altro. Per esempio, un dislessico può andare molto bene in un compito di ragionamento. ci sono proprio delle differenze e si va a creare un profilo di intelligenza per ogni bambino, perché può andare male in qualcosa e bene in altre, la loro intelligenza è comunque nella media. - FIL (Funzionamento Intellettivo Limite): hanno un QI compreso tra 70 e 85, quindi sono al limite per entrare nella media. Sono caratterizzati dall'assenza di punti di forza nell'intelligenza e nell'apprendimento, quindi si vanno a vedere altri ambiti di vita, per esempio se sanno gestirsi nella propria giornata quotidiana. QI INFERIORE A 70: ricevono diagnosi di disabilità cognitiva e interessa circa il 2% della popolazione. anche qui bisogna fare una diagnosi con cautela, perché molto forte per la famiglia ricevere questa risposta, quindi per questo si guardano anche altri aspetti, per esempio se riesce a gestirsi, oltre al punteggio del QI. QI COMPRESO TRA 115 E 130: hanno un profilo intellettivo vivace e sono a circa il 13% della popolazione. Le persone con QI maggiore di 130 sogni plusdotati o i cosiddetti geni. PER RIASSUMERE… Come si applica l'intelligenza 1- NEL CONTESTO SCOLASTICO-relazione tra intelligenza e esito scolastico La maggior parte degli studenti evidenzia la correlazione che c'è tra INTELLIGENZA FLUIDA e PERFORMANCE SCOLASTICA. L'intelligenza fluida è un tipo di intelligenza che si basa prevalentemente sulla capacità di ragionamento astratto e si misura attraverso i test di QI. La relazione tra intelligenza fluida e performance scolastica: all'aumentare delle intelligenza fluida ci sono punteggi e risultati scolastici più alti. Il fattor G predice soprattutto l'area della matematica e delle arti. Il QI totale o il fattore G che si misura attraverso questo test di intelligenza è un forte predittore degli esiti scolastici.uesto è vero soprattutto alla scuola primaria e secondaria. C'è una correlazione anche tra PERFORMANCE SCOLASTICA e COSCIENZIOSITA’ E IMPEGNO SELETTIVO: e cioè quanto la persona si impegna a portare avanti gli studi. Andando avanti negli anni la personalità si sviluppa ed emerge, così che questi fattori pesano anche di più dell'aspetto intellettivo: non è più sufficiente quindi l'intelligenza, ma entrano in gioco aspetti anche di personalità che influenzano la correlazione tra intelligenza e performance scolastica. Il potere predittivo del QI sulle prestazioni scolastiche diminuisce dopo la scuola secondaria, sia per un'influenza della personalità a mano a mano che si cresce, ma anche perché per esempio all'università c'è un restringimento del range dei valori del QI. aumenta anche l'importanza dei tratti di personalità e interessi: per esempio ho degli interessi più specifici, mi scelgo l'indirizzo dell'università che mi interessa. L'idea di essere sottoposti a test porta ansia e paura di fallire che compromettono e influiscono le prestazioni. Il concetto di QI è inteso come una struttura intellettiva unica che si può misurare con un test, per tutti questi fattori che influenzano anche le abilità intellettive, è stato un po’ abbandonato o si continuano a fare test di intelligenza solo per diagnosi di disturbo dell'apprendimento, però quando si considera la relazione tra intelligenza e prestazioni si iniziano a considerare anche altri tipi di intelligenza e non solo quella fluida tipica del QI classico. principi di genetica comportamentale Sorge spontaneo chiederci: quali sono le origini dell'intelligenza? Cioè nasciamo con un certo bagaglio intellettivo e ce lo portiamo avanti, o nasciamo con una baseline che poi viene modificata da tutte le esperienze che facciamo nel corso della vita? Una disciplina, la genetica comportamentale, cerca di dare una spiegazione delle abilità cognitive delle differenze tra gli individui. Si torna allora ancora al dibattito natura-ambiente. Studiare le differenze tra aspetti genetici e ambientali quando si parla di intelligenza non vuol dire considerare l'intelligenza come un fattore genetico o come un fattore ambientale, perché le due cose sono intrecciate e collegate tra loro e interagiscono, non si può pensare che l'intelligenza sia causata solo dai geni. Sono entrambi importanti per studiare le differenze individuali, anche a livello intellettivo, sono complementari, devo valutare entrambe le prospettive. Il fatto che ci siano differenze individuali nei livelli intellettivi, che ci siano quindi persone che hanno QI diversi, non mi dice nulla circa la causa di quella differenza individuale. noto che persone diverse hanno diversi QI e diversi livelli intellettivi, ma qual è la causa? il test di cui non mi dà la causa, mi dice solo in quel momento il quoziente intellettivo di quella persona. La GENETICA COMPORTAMENTALE è lo studio sia delle cause biologiche e genetiche, sia di quelli ambientali circa le differenze individuali nelle abilità intellettive delle persone. Questa disciplina quindi studia entrambe le cause. Come le studio queste cause la genetica comportamentale che strumenti utilizza? Si possono avere STUDI DI FAMIGLIA e STUDI DI ADOZIONI. 1- STUDI DI FAMIGLIA: In questi studi si va a studiare i diversi livelli intellettivi prima nei genitori biologici e poi nei bambini. I figli convivendo con i loro genitori condividono sia aspetti genetici che aspetti ambientali. Questi studi vanno a studiare le somiglianze dell'intelligenza tra figli e genitori biologici. Hanno però dei limiti: perché genetica e ambiente sono insieme, quindi non si riesce a vedere gli effetti di un aspetto e gli effetti dell'altro, perché sono mescolati e confusi nei figli biologici che vivono insieme ai genitori. 2- STUDI DI ADOZIONI: Si hanno genitori biologici e genitori adottivi e si studia la relazione tra livelli intellettivi nei genitori biologici e il figlio e i livelli intellettivi dei genitori adottivi e del figlio. Con i genitori adottivi condivide solo l'ambiente e con i genitori biologici condivide solo la genetica, in questo caso genetica e ambiente sono separati e si possono analizzare in modo separato. Sono studi che danno già più informazioni, però non sono ancora lo strumento migliore che la genetica comportamentale ha a disposizione. Lo strumento migliore è lo studio dei gemelli Se i gemelli vengono separati alla nascita: il gemello che rimane con i genitori biologici condivide genetica e ambiente, chi è con i genitori adottivi condivide con loro solo l’ambiente. Questi studi ci dicono che l’intelligenza in questo caso è molto determinata geneticamente perché il gemello separato dai genitori biologici condivide sia una somiglianza a livello di intelligenza con il suo gemello, sia una somiglianza con i genitori biologici, ma non con i genitori adottivi. Quindi questi studi dicono che la genetica ha un’influenza elevata sulle abilità intellettive, perché quando vado a separare gli aspetti e a considerare solo l’ambiente, non c’è somiglianza con i genitori adottivi, dal punto di vista delle abilità intellettive la somiglianza rimane con i genitori biologici e con il gemello. C’E’ UNA FORTE COMPONENTE GENETICA SULLE ABILITA’ INTELLETTIVE. Ci dicono: i gemelli separati dai genitori biologici hanno un QI uguale o molto simile a quello dei genitori biologici, non hanno lo stesso QI rispetto ai genitori adottivi, con i quali condividono l’ambiente. Questo Condividono il 50% dei geni Condividono il 100 non vuol dire che l’ambiente non sia importante e non influisca, ma significa che l’aspetto genetico è fondamentale per la trasmissione delle abilità intellettive. DNA È la caratteristica portante dei nostri geni, in generale, non solo dell’intelligenza. Inizialmente si pensava che rimanesse immutato nel corso della vita e che venisse trasmesso alle generazioni future, cosa che tutt’ora succede, ma l’aspetto dell’“immutato” non è più così, perché l’epigenetica ci ha dimostrato che anche le esperienze che una persona fa e l’ambiente in cui vive possono modificare i tratti genetici. DNA, o genotipo, è ciò che ereditiamo. Fenotipo, è l’espressione di questi geni, cioè è come manifesto quell’aspetto genetico. HUMAN GENOME PROJECT del 2001, gli studiosi e i ricercatori avevano dimostrato che c’erano piccolissime differenze nel DNA tra gli esseri umani e gli altri animali, ci sono piccoli cambiamenti strutturali. Ereditabilità dell’intelligenza Si vede che più o meno il 50% della relazione tra i livelli intellettivi tra le persone sia determinata dalla genetica e il restante 50% è diviso in 25% dall’ambiente al di fori della famiglia biologica (pesa di più dall’adolescenza in poi) e 25% dall’ambiente familiare. In questi grafici si vede la differenza tra l’età prescolare e l’adolescenza. Sembra quasi che con il passare degli anni la genetica abbia un peso maggiore, perché? L’influenza dell’ambiente declina dopo l’adolescenza, mentre gli effetti dei geni aumentano nel tempo dopo 2- Motivazione che risponde a BISOGNI PSICOLOGICI: 1- TEORIA MOTIVAZIONALE DELL’ARROUSAL: E’ rappresentabile da questo grafico con curva a campana, è la legge di YERKES AND DODSON. sull'asse delle x c’è il livello di arousal, ovvero livello di attenzione psicofisiologica dell'organismo. sull'asse delle y c'è la performance. Quando c’è un basso livello di attivazione psicofisiologica la prestazione è bassa, cioè se sono mezzo addormentato è ovvio che la mia prestazione cognitiva in un compito sarà bassa. Se il livello di attivazione sale e raggiunge il punto massimo, la prestazione del compito è molto buona, ci deve essere quindi attivazione psicofisiologica per avere un'ottimale prestazione (ADRENALINA). Ma al posto dell'adrenalina poi, subentra l'ansia e la prestazione cala, allo stesso modo della noia, ci deve essere una giusta attivazione psicofisiologica per avere buoni risultati: ne troppo poca (NOIA) ne troppa (ANSIA). Questa teoria si può verificare in una competizione sportiva, in un compito in classe, in un colloquio di lavoro… 2- PERCEZIONE DI COMPETENZA E PADRONANZA 3- GOAL-SETING THEORIES Motivi impliciti MOTIVO AVVICINAMENTO ALLONTANAMENTO RIUSCITA Affrontare compiti per avere successo (senso di padronanza) Paura dell’insuccesso DOMINANZA Riuscire ad avere impatto sugli altri attraverso idee e comportamenti Paura di essere dominati, controllati AFFILIAZIONE Desiderio di vicinanza, di sentirsi accolti Paura di essere rifiutati MOTIVAZIONE ALLA RIUSCITA: un comportamento spinto dalla motivazione alla riuscita può essere un comportamento di avvicinamento, cioè si affronta il compito per avere successo e si è in grado di padroneggiare i compiti più difficili perché si è motivati alla riuscita. Se questa motivazione alla riuscita è bassa si può avere paura di avere insuccesso, di sbagliare e non farcela, e ci farà allontanare dal compito, perché la paura di sbagliare è forte e non si affronta il compito. MOTIVAZIONE ALLA DOMINANZA: riuscire ad avere impatto sugli altri attraverso i nostri comportamenti (avvicinamento). Si ha allontanamento quando si ha paura di essere dominati, controllati dall'altro. MOTIVAZIONE ALL’AFFILIAZIONE: il desiderio di stare insieme alle altre persone, di vicinanza. Se si ha paura di essere rifiutati, di ottenere un giudizio negativo allora ci si allontanerà, perché non è bello sentire cose negative. MOTIVAZIONE ALLA RIUSCITA: con questa motivazione ci si nasce. Sentirsi di portare a termine un compito è una grande spinta motivazionale. Da bambini questa motivazione alla riuscita è proprio il voler fare da soli, e i genitori per far sviluppare in modo sereno al bambino questa motivazione, concedono al bambino di poter fare da solo, altrimenti se fa sempre il genitore, il bambino lo interpreta come “non essere bravo a far qualcosa” e quindi i genitori daranno un blocco a quella riuscita e a quella spinta innata che il bambino ha. Andando avanti negli anni i bambini mettono in atto dei veri e propri tentativi di padronanza e di voler far da soli le cose. Si inizia ad 1 anno e mezzo e questa spinta diventa sempre più forte con lo sviluppo. I tentativi di padronanza possono essere: - APPROVATI E SOSTENUTI DALL’ADULTO, allora aumentano a catena degli elementi: • percezioni interna di controllo: il bambino pensò allora di essere capace • motivazione alla competenza: se tanti tentativi di padronanza sono valorizzati dall'adulto, messi insieme mi danno forte motivazione di competenza: non solo sarà capace di fare da solo, ma piano piano diventa un bambino competente ed affrontare da solo certi ostacoli. non significa che non avrò mai bisogno d'aiuto, ma significa che prima provo da solo, se poi la cosa che devo affrontare troppo grande chiedo aiuto. • diminuiscono i bisogni di approvazione esterni: cioè il bambino piano piano non dovrà sentirsi dire ogni volta che è stato bravo perché non ne ha più bisogno per essere motivato, è già motivato da solo. - BLOCCATI O SVILITI DALL’ADULTO: • Aumenta il bisogno di essere approvati per sentirsi motivati, perché da solo non l'ha sviluppata dato che sono stati bloccati i tentativi ogni volta che gli veniva spontaneo fare da solo. Diventa quindi una motivazione basata su quello che l'altro mi dice. • Si avrà ansia di non riuscire, ogni volta il mio tentativo è stato bloccato perché mi è stato detto che non ero capace, magari mi hanno pure rimproverato e quando sarò di fronte ad un compito difficile mi viene l’ansia. • L'ansia porta all'evitamento • Tutto questo va a diminuire la percezione interna di competenza: il bambino non riesce a sviluppare quell'istinto innato di essere motivato a riuscire perché ogni volta gli vengono bloccati. Teoria aspettativa per valori Quanto mi sento competente a svolgere un determinato compito dipende anche dal valore che io attribuisco al compito stesso, cioè se io ritengo che quel compito o situazione sia importante, è ovvio che il mio senso di padronanza e competenza avrà un ruolo maggiore per quella situazione.Se io invece il compito lo ritengo di poco valore e poco importante, la mia sensazione di padronanza nello svolgere quel determinato compito sarà più bassa. Ci sono due tipi di motivazione: 1- ESTRINSECA: i miei comportamenti volti a raggiungere un determinato obiettivo sono determinati dalle conseguenze, cioè dalla ricompensa che otterrò, per esempio, se i genitori lodano il figlio e gli fanno apprezzamenti ogni volta che prende un bel voto, il bambino inizia a non sentire più una motivazione interiore, ma metterà in atto il comportamento di studio per ottenere l'approvazione dei genitori e non per andare bene a scuola. Quindi una motivazione che viene dall'esterno e succede soprattutto quando questi tentativi di motivazione alla riuscita vengono bloccati e si ha bisogno quindi di essere approvati. 2- INTRINSECA: il bambino non è motivato dall'obiettivo esterno di raggiungere l'approvazione nell'adulto, ma è spinto dal suo interesse. Il bambino quindi non studia per ottenere un bel voto e per ricevere il complimento dai genitori, ma studia perché gli interessa quello che sta studiando. Il bambino è spinto quindi da una motivazione interiore, non ha bisogno che i genitori gli dicano che è bravo per essere motivato. Relazione credenze-intelligenza-motivazione (CAROL DWECK) TEORIE IMPLICITE DELL’INTELLIGENZA 1- LA TEORIA ENTITARIA (STATICA) legata all’aspetto motivazionale è: IO SONO NATO COSI’; questa concezione della mia intelligenza è una VISIONE ENTITARIA, nel senso che da poco spazio alla spinta motivazionale, a mettersi in gioco per fare le cose e ad agire in un certo modo, PERCHE’ TANTO SONO FATTO COSI’, NON POSSO MIGLIORARE E AUMENTARE LA MIA INTELLIGENZA. Questo fa anche evitare tutte quelle situazioni che possono mettermi in difficoltà proprio perché penso di non essere tanto bravo e competente, quindi evito di trovarmi in situazioni stressanti, che mi possono mettere in difficoltà. La valutazione fa riferimento all’attribuzione verso l’altro, cioè io sono o non sono competente/bravo, fa meno affidamento ad esempio alla possibilità che un compito sia meno difficile, pensa “ok, io non sono bravo a svolgere il compito”. Le emozioni tipiche sono la PAURA di sbagliare, di fallire e del giudizio altrui e la NOIA, perché si tende a scegliere compiti più facili per non fallire. Le reazioni al fallimento: se vado male in un compito la mia reazione sarà: “io non sono bravo in questa cosa” o so di non essere portato per quella cosa, quindi si torna a valutare sé stessi: sono io che non sono bravo. Si tende a sviluppare OBIETTIVI DI PRESTAZIONE, cioè voler ottenere un determinato risultato non perché mi sento bravo e competente, ma solo per il risultato. La persona tende a definirsi in termini di risultato, cioè se va bene sono bravo, se va male non lo sono. La persona ha bisogno del risultato per definirsi come persona. OBIETTIVI DI PRESTAZIONE: fanno sì che la persona non si impegni molto nei compiti, che abbia paura di fallire. favoriscono la scelta di compiti facili, sviluppano competitività è un'attivazione motivazionale di tipo estrinseco, ho bisogno dell'approvazione dell'altro per sentirmi bravo. 2- LA TEORIA INCREMENTALE:IO POSSO MIGLIORARMI, IMPARARE E ACQUISIRE NUOVE CONOSCIENZE. La valutazione si intende alla performance, non alla persona, cioè se il compito mi va male, posso dire magari di non essermi impegnato abbastanza o che questa volta mi è andata male per un determinato motivo, ma non metto in discussione le mie capacità e i miei valori. Le emozioni tipiche sono IL SENSO DI SFIDA, METTERMI IN GIOCO PER RAGGIUNGERE UN OBIETTIVO. Non ho paura o non scappo di fronte al compito, ma provo gioia perché penso che L'umore è diverso dalle emozioni. E’ uno stato affettivo più diffuso ed è anche uno stato in cui non so perché mi sento in quel modo: mi sveglio una mattina e mi sento bene, ma non è successo qualcosa che mi faccia capire da cosa è collegato questo umore. Può essere che questo stato di felicità mi duri per tutta la giornata senza avere uno stimolo preciso particolare. Differisce dalle emozioni anche per la funzione motivazionale che mi guida il comportamento. Teorie classica e sull’emozione 1- LA TEORIA BI-FATTORIALE DI SCHACHTER E SINGER: considerano l'emozione come la spiegazione che l'individuo si dà ad uno stato iniziale di attivazione psicofisiologica o di Arousal che inizialmente una persona non si sa bene spiegare, ovvero: si ha un'attivazione psicofisiologica nel corpo, quindi per esempio, ci sentiamo tremare le gambe e successivamente si fa la valutazione dell'emozione, in questo caso ho paura. Le emozioni sono determinate da due diverse componenti: - ATTIVAZIONE FISIOLOGICA: è considerata molto generale, ci fu un tremore al corpo o un aumento del battito cardiaco. voi in generale è uno scombussolamento a livello fisiologico del corpo che inizialmente non sappiamo a cosa si riferisca. - INTERPRETAZIONE SOGGETTIVA: in base degli indizi ambientali o interni riconosciamo che per esempio stiamo avendo paura. Lo studio classico di Schachter e Singer per sottolineare l'importanza di come queste valutazioni cognitive vengono dopo l'attivazione fisiologica è con questo esperimento: STATO INIZIALE INSPIEGABILE DI AROUSAL + SPIEGAZIONE (O VALUTAZIONE) COGNITIVA DELL’AROUSAL = EMOZIONE Ci sono due gruppi: uno sperimentale uno di controllo. Il gruppo sperimentale era diviso in altri due gruppi: un gruppo veniva informato sugli effetti che un farmaco di adrenalina avrebbe provocato su di loro, e un altro gruppo invece non veniva informato degli effetti che avrebbero sentito. Ad entrambi i gruppi veniva iniettata l'adrenalina, mentre nel gruppo di controllo riceveva un placebo. Lo sperimentatore in questo esperimento aveva un complice: in un caso il complice era istruito a manifestare emozioni di euforia e gioia mentre interagiva con il soggetto sperimentale. Un altro complice invece manifestava aggressività e rispondeva male al partecipante. Hanno notato che nei partecipanti che erano stati informati, cioè che sapevano gli effetti di questo farmaco iniettato, non cambiava per loro il modo di valutare il comportamento del complice euforico piuttosto che quello aggressivo e non si sentivano in modo diverso con uno o con l'altro, si valutavano in modo neutrale senza differenze. I soggetti invece che non erano stati informati sugli effetti del farmaco che avrebbero ricevuto, utilizzavano gli input ambientali per stimare la propria emozione: i soggetti che vedevano il complice euforico, effettivamente dichiaravano di sentirsi allegri anche loro, perché prendono questi stimoli ambientali e valutano e giudicano la propria attivazione psicofisiologica. I soggetti che invece vedevano il comportamento del complice aggressivo valutavano la propria attivazione psicofisiologica nella direzione dell'aggressività. Questi autori volevano dimostrare con questo esperimento che prima c'è un'attivazione psicofisiologica, un arousal a livello corporeo, poi secondariamente la valutazione in base a quello che l'ambiente mi offre. 2- LA TEORIA DI JAMES E LANGE Loro prevedono uno stimolo iniziale, poi un'attivazione fisiologica specifica per l'emozione. cioè loro ipotizzano che non c'è un'attivazione fisiologica generale, ma pensano che ci sia un'attivazione fisiologica specifica per ogni emozione e da qui c'è l'esperienza soggettiva di quell'emozione, per esempio: James diceva che ci sentiamo dispiaciuti perché piangiamo, quindi prima c'è un'attivazione fisiologica specifica (il pianto) e poi l'interpretazione (tristezza), non è che piangiamo perché siamo dispiaciuti, quindi l'attivazione specifica per l'emozione mi fa capire che emozione sto provando. Con questa teoria però ci sono dei problemi: se è vero che ogni emozione ha una specifica attivazione fisiologica nel sistema nervoso autonomo (SNA), differenti emozioni vengono vissute provate in modo differente, però non si piange solo quando si è tristi, si può piangere anche dalla gioia, quindi l'attivazione fisiologica specifica per ogni emozione non regge molto, perché non c'è un'unica manifestazione fisiologica per un'unica emozione. I cambiamenti interni del sistema nervoso avvengono troppo lentamente per far sentire subito l'emozione, mentre la manifestazione emotiva è più veloce. È difficile pensare che ci sia prima una specifica attivazione fisiologica caratteristica di un'unica emozione. Lo schema di attivazione del SNA non sembra differire molto tra uno stato emotivo e l'altro, per esempio la rabbia mi fa accelerare il battito cardiaco, ma la stessa cosa accade anche alla vista della persona amata. 3- TEORIA DI CANNON E BARD (O TEORIA CENTRALE DELLE EMOZIONI) Loro dicevano il contrario: si ha una percezione iniziale dello stimolo, subito le informazioni arrivano alla corteccia cerebrale e al talamo che inviano le informazioni al SNA e porteranno ad avere una risposta psicofisiologica, ma prima di questa attivazione psicofisiologica si avrà la percezione dell’emozione. 4- IPOTESI DEL FEEDBACK FACCIALE DI TOMPKINS L'idea è quella che si possa capire che emozione provi una persona guardando la sua espressione facciale. I movimenti muscolari facciali Ekman, sostenitore delle emozioni primarie, sosteneva che fossero universali. I movimenti muscolari facciali comunicano informazioni importanti (VEDI L’ESEMPIO DEL VISUAL CLIF CON LA VARIANTE DEL GENITORE CHE SORRIDE O CHE E’ SERIO), si capisce se l'amico è arrabbiato o triste senza neanche bisogno della parola. E’ vero che il riconoscimento delle emozioni è universale, però ciò non significa che in tutto il mondo esprimiamo le emozioni nello stesso modo, ci sono differenze culturali nella manifestazione delle emozioni, quindi il riconoscimento delle emozioni è universale, ma la manifestazione non lo è. L'ipotesi del feedback facciale: non solo siamo in grado di riconoscere l'emozione nell'altro attraverso le espressioni facciali, ma anche la nostra stessa emozione, a volte per esempio sorridiamo e non ci accorgiamo che lo stiamo facendo, però quando portiamo l'attenzione sulla nostra espressione, allora capiamo per esempio che siamo felici perché ci accorgiamo che stiamo sorridendo. Su questo hanno fatto uno studio: i partecipanti dovevano classificare delle vignette in base alla loro comicità. Metà dei partecipanti doveva tenere una penna tra i denti (erano costretti quindi ad avere un'espressione che assomiglia al sorriso) e metà dei partecipanti doveva tenere la penna tra le labbra, in cui è impossibile sorridere. I partecipanti che avevano la penna tra i denti valutavano le vignette più divertenti e loro stessi si sentivano più divertiti di fronte a queste vignette rispetto ai soggetti che dovevano tenere la penna tra le labbra, che non potevano quindi sorridere. Questo per dimostrare che se ho l'espressione facciale che assomiglia ad un sorriso per esempio, effettivamente mi sento più felice. È un'informazione che viene dalla mia stessa espressione facciale. L'approccio categoriale (Ekman) Ekman è lo studioso più importante che ha concettualizzato le emozioni secondo un approccio categoriale, cioè le emozioni sono delle categorie distinte con specifiche caratteristiche.