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Psicologia generale (Anolli e Legrenzi) - riassunto capitolo 2, Sintesi del corso di Psicologia Generale

Riassunto approfondito del capitolo 2.

Tipologia: Sintesi del corso

2022/2023

Caricato il 11/01/2024

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Scarica Psicologia generale (Anolli e Legrenzi) - riassunto capitolo 2 e più Sintesi del corso in PDF di Psicologia Generale solo su Docsity! Capitolo 2 - Metodi della ricerca in psicologia 1 🔬 Capitolo 2 - Metodi della ricerca in psicologia La sfida di Kant è stata vinta dalla psicologia scientifica grazie a rigorosi metodi di ricerca. Oggi disponiamo di strumenti ben più precisi e collaudati in termini di raccolta ed elaborazione dei dati, estremamente necessari per fare delle previsioni sul comportamento umano. Kant nel 1781, come abbiamo già visto, si era schierato contro la possibilità di una psicologia sperimentale poiché, per lui, la matematica non era applicabile ai fenomeni del “senso interno” e alle loro leggi. Detto semplicemente, non è concepibile “misurare” i fenomeni mentali. Se non sono disponibili questi strumenti di misurazione, allora la psicologia scientifica diventa fuori portata per gli umani. Alla luce di ciò, la posizione di Kant non risulta poi così tanto estrema ma anzi assume un “senso” e ci fa porre delle domande. In che modo possiamo “misurare” il pensiero, la percezione ecc.? Come possiamo “valutare” l’andamento ritmico dell’attenzione? Come possiamo “calcolare” l’intensità delle sensazioni? Come possiamo “determinare” i flussi continui e variabili della coscienza? Sono certamente delle domande imponenti che la psicologia si è proposta di affrontare. Per fare ciò dobbiamo adesso chiederci che percorsi ha imboccato oggi la psicologia, Capitolo 2 - Metodi della ricerca in psicologia 2 quali procedimenti e quali strumenti utilizza. In questo capitolo troveremo tutte queste risposte. 1. OGGETTO E METODO DELLA PSICOLOGIA SCIENTIFICA 1.1. Teoria ingenua e teoria scientifica Come abbiamo già ribadito, in qualche modo siamo tutti “psicologi”. Questa è un’ovvietà e un vincolo senza il quale non saremmo in grado di sopravvivere e di interfacciarci con gli altri e con l’ambiente. Anche il bambino deve farsi “psicologo” se vuole vivere bene con se stesso e con gli altri. In più, come abbiamo già detto, l’enciclopedia delle nostre conoscenze psicologiche si rifà alla psicologia ingenua che è sufficiente per la nostra vita quotidiana ma che, allo stesso tempo, non è in grado di fornire delle conoscenze attendibili che possano spiegare i processi sottesi ad un determinato comportamento. Per giungere ad una tale spiegazione, è necessario elaborare una teoria, ovvero un insieme coerente e parsimonioso di proposizioni (ipotesi, enunciati, dimostrazioni ecc.), fondate su criteri espliciti, verificabili sul piano empirico tramite opportune operazioni, in grado di dare ragione di certe evenienze (e non di altre), delle regolarità osservate, nonché di fare previsioni attendibili sull’evoluzione dell’attuale stato di cose. Una teoria ci aiuta a capire meglio le situazioni e come agire in modo efficace nei confronti di quest’ultime. Quindi qual è la differenza tra teoria ingenua e teoria scientifica in ambito psicologico? La differenza sostanziale sta nei metodi di controllo delle spiegazioni e nella capacità di impiegare criteri espliciti per acquisire conoscenze e fare previsioni. La psicologia scientifica si avvale del metodo sperimentale che venne messo a punto nel Seicento da Galileo Galilei e in seguito perfezionato da Isaac Newton. Per Galileo il metodo sperimentale è frutto dell’unione delle “sensate esperienze” (tutte le esperienze fatte con i sensi e, pertanto, comunicabili agli altri) e “necessarie dimostrazioni” supportate dalla matematica. In questo modo si potevano individuare le leggi fisiche e le cause sottese a un dato fenomeno accertate attraverso misurazioni ed equazioni matematiche. Il metodo sperimentale ci permette quindi di arrivare alla comprensione e alla spiegazione di un fenomeno attraverso una connessione coerente tra teoria e fatti. Capitolo 2 - Metodi della ricerca in psicologia 5 Una volta precisate le ipotesi, occorre verificarne la loro accettabilità attraverso una serie di accurati esperimenti realizzati seguendo il metodo scientifico. Prima di tutto, bisogna ottenere la partecipazione di soggetti che rispondano ai requisiti di una serie di variabili. I “soggetti sperimentali” (gruppo target) costituiscono la fonte delle informazioni. Inoltre, in numerosi esperimenti, è presente anche un gruppo di controllo per verificare le differenze tra il comportamento “guidato” dei soggetti sperimentali e quello “naturale” dei soggetti di controllo. Oppure, ancora, in altri esperimenti vi è la presenza di più gruppi sperimentali in funzione di diverse variabili. I soggetti sono invitati ad eseguire una serie di operazioni (compito sperimentale) in una condizione artificiale (laboratorio) o naturale (ambiente naturale). In una condizione artificiale c’è un livello di controllo più elevato e, pertanto, protocolli più attendibili ma, allo stesso tempo, rischiosi se applicati a delle condizioni naturali. Di conseguenza, in una condizione naturale abbiamo una maggiore validità ecologica ma c’è il pericolo di affidarsi a dei protocolli poco attendibili. In laboratorio vi sono esperimenti guidati, mentre nell’ambiente esperimenti naturali. Per raggiungere gli obiettivi di ricerca, è necessario che i partecipanti seguano le istruzioni fornite dal ricercatore (consegna). La consegna deve essere chiara e semplice in modo tale da rendere comprensibile il compito e da far partecipare in modo attivo i soggetti. Seguendo le indicazioni, i soggetti possono compiere le azioni in modo opportuno rispondendo agli stimoli sperimentali. L’elaborazione degli stimoli non è affatto un’impresa semplice: per esempio, come possiamo suscitare una determinata emozione in un laboratorio anonimo? Per fare ciò, oggi, i ricercatori dispongono di numerosi dispositivi in grado di attivare nei soggetti delle determinate esperienze emotive. Gli stimoli vengono presentati attraverso determinati strumenti che consentono di ottenere sia la loro determinazione che la loro misurazione. Ad oggi, nell’ambito della ricerca psicologica, sono disponibili moltissimi strumenti, da quelli più tradizionali fino a quelli più moderni e sofisticati. Nelle ricerche esplorative di fenomeni poco conosciuti, per esempio, si fa riscorso a questionari, interviste, colloqui o anche la semplice osservazione dei comportamenti dei partecipanti. La combinazione di tutte queste componenti conduce alla situazione sperimentale. L’originalità del ricercatore si manifesta nella creazione di situazioni sperimentali “eleganti” come ad esempio strange situation e still-face (studio dell’attaccamento infantile e delle capacità emotive del bambino). Capitolo 2 - Metodi della ricerca in psicologia 6 Prima di accettare in modo definitivo i protocolli, non ci resta che verificare se i soggetti hanno eseguito l’esperimento secondo quanto indicato dal ricercatore. Quest’ultimo, per fare ciò, si serve del controllo di manipolazione (manipulation check) che verifica la coerenza e la congruenza tra gli obiettivi dell’esperimento, le istruzioni fornite e il comportamento dei soggetti sperimentali. La raccolta e l’analisi dei protocolli sperimentali Ogni partecipante produce dei comportamenti che vengono inseriti all’interno di un protocollo di ricerca che diventa un vero e proprio oggetto di misurazione. I dati ottenuti, infatti, vengono sottoposti ad un’elaborazione statistica descrittiva e inferenziale. La statistica descrittiva rappresenta in modo accurato e sintetico le caratteristiche numeriche dei fenomeni indagati in riferimento alle variabili considerate. La statistica inferenziale, invece, impiega la probabilità per formulare delle previsioni. La diffusione dei risultati Se i risultati ottenuti sono soddisfacenti, il ricercatore può documentare la sua ricerca e comunicarla all’intera comunità degli studiosi attraverso una pubblicazione. In questo modo si pongono le premesse per un confronto tra i vari scienziati. Oggi, è abitudine sottoporre la pubblicazione ad una revisione da parte di esperti del settore in modo tale da renderla più conforme agli standard scientifici in vigore. Questo processo è rigoroso e soprattutto selettivo in modo tale da garantire una buona qualità della ricerca. 2. RICERCA PSICOLOGICA IN PRATICA Come abbiamo già detto, il ricercatore costruisce la sua ricerca in base ad un progetto (disegno di ricerca). Per realizzare il disegno di ricerca, il ricercatore si avvale del metodo sperimentale che indaga i rapporti causali fra una data variabile e i suoi effetti su un’altra variabile. Fra le due variabili si costruisce un rapporto di causa-effetto in grado di spiegare un determinato fenomeno. Occorre quindi precisare cosa si intende per “spiegazione delle cose”. 2.1. Spiegazione e principio di causalità Per noi umani spiegare le cose è una necessità: se non fossimo in grado di arrivare ad una spiegazione ci sentiremmo smarriti. Spinti da questo vincolo, andiamo alla ricerca Capitolo 2 - Metodi della ricerca in psicologia 7 delle cause che possano spiegare certi avvenimenti. L’evidenza delle cose non ci basta, abbiamo bisogno di chiederci perché. Questo vincolo entra in funzione nella nostra vita quotidiana fin da quando siamo neonati: è l’illusione del potere esplicativo che promuove forme efficaci di adattamento attivo al nostro habitat. Questa illusione conduce al principio di causalità che è in grado di rispondere al perché si verificano delle connessioni fra due o più fenomeni. Per questo motivo parliamo di causalità fisica ovvero quella che ci consente di “spiegare” la maggior parte dei fenomeni fisici e che è indagata dalle scienze naturali. Parliamo però anche di causalità psicologica perché oltre ad avere a che fare con oggetti inanimati, abbiamo a che fare anche e soprattutto con esseri animati ai quali attribuiamo emozioni, pensieri eccetera. Tuttavia, dobbiamo dire che tra causalità fisica e causalità psicologica ci sono delle profonde differenze. Il fondamento della causalità fisica è la forza mentre quello della causalità psicologica è l’intenzione. La contiguità temporale è necessaria per entrambe mentre la contiguità spaziale, vincolante per la forza, non lo è per l’intenzione che si può manifestare anche a distanza. Per l’intenzione, infatti, è necessaria la presenza di un agente causale che avvii volontariamente un’azione. Il risultato di questa predisposizione mentale è la tendenza a ricercare e individuare la funzione che sta dietro al funzionamento di ogni entità naturale o artificiale che sia. Gli esseri umani sono sistemi teleonomici e, in quanto tali, sentono l’esigenza di raggiungere uno scopo e di mettere in atto tutte le funzioni possibili per raggiungerlo. Nei bambini, per esempio, l’atteggiamento teleologico è dominante: per loro tutto ciò che esiste è realizzato per raggiungere uno scopo. Lo stesso atteggiamento viene applicato dagli adulti che però non solo attribuiscono intenzioni ad esseri animati, ma anche agli utensili e alle entità fisiche. 2.2. Il metodo sperimentale Per dare una spiegazione ammissibile degli avvenimenti facciamo ricorso alla sperimentazione che, a sua volta, richiede un procedimento standardizzato, risalente a Galileo e Newton: il metodo sperimentale. Grazie a quest’ultimo possiamo ottenere conclusioni dettagliate, precise e fondate su evidenze empiriche. Parliamo di vero esperimento quando il ricercatore è in grado di controllare sia l’assegnazione casuale dei soggetti alle condizioni sperimentali, sia la manipolazione delle variabili grazie alla Capitolo 2 - Metodi della ricerca in psicologia 10 Una volta individuate le variabili, il ricercatore deve confrontarle per verificare se esistano (o meno) dei legami significativi tra di loro. Per fare ciò, il ricercatore deve elaborare un disegno di ricerca che funge da vera e propria mappa per la realizzazione dell’esperimento. Normalmente, negli esperimenti sono previste differenti condizioni sperimentali (trattamenti): un esperimento tra i soggetti (between-subjects) dove ad ogni trattamento corrisponde un gruppo, oppure un esperimento entro i soggetti (within- subjects) dove lo stesso soggetto viene sottoposto a diverse condizioni. Il disegno entro i soggetti Nell’esperimento entro i soggetti ogni soggetto viene sottoposto a tutte le condizioni. Il comportamento del soggetto in una condizione viene confrontato con il comportamento dello stesso soggetto in un’altra condizione. Il disegno entro i soggetti ha il vantaggio di essere “economico” poiché viene impiegato un solo gruppo ed è percorribile solo se l’effetto di una condizione non influenzi quello di una delle altre condizioni. Questo presupposto è però minacciato dagli effetti dell’ordine e della sequenza. Gli effetti dell’ordine derivano dalla posizione delle condizioni nell’esperimento: qualsiasi condizione sia applicata per prima corre il rischio di produrre una prestazione diversa rispetto alle condizioni successive poiché i soggetti o sono più attenti o non hanno ancora sufficiente pratica del compito. Gli effetti della sequenza dipendono, invece, da interazioni fra le condizioni. Stiamo parlando dell’effetto àncora (o effetto contrasto) ovvero che la sensazione dello stimolo antecedente influenza quella dello stimolo successivo. Per evitare questi effetti bisogna utilizzare una distribuzione randomizzata o controbilanciata degli stimoli: in questo modo il ricercatore può controllare che ogni condizione sia presentata ai soggetti con la stessa frequenza in ciascuna posizione e può disporre le condizioni in modo che ciascuna di esse segua qualsiasi altra con la stessa frequenza. Il disegno tra i soggetti Gli esperimenti tra i soggetti prevedono che ad ogni condizione corrisponda un gruppo e vanno previsti nelle situazioni in cui i soggetti possono essere usati come controllo di se stessi a causa degli effetti di influenza di una prova sull’altra. Inoltre, i soggetti vanno assegnati a caso alle varie condizioni in modo tale che i gruppi siano equivalenti. Capitolo 2 - Metodi della ricerca in psicologia 11 Nell’esempio più semplice abbiamo un gruppo sperimentale e un gruppo di controllo. Al gruppo sperimentale viene applicato il trattamento vero mentre al gruppo di controllo viene applicato un trattamento “finto”. Questo tipo di esperimento, infatti, viene impiegato spesso in ambito farmacologico: al gruppo sperimentale viene somministrato il farmaco con il principio attivo mentre al gruppo di controllo viene somministrato un placebo. Se emergono delle differenze significative allora il ricercatore può trarre conclusioni sull’efficacia del farmaco. In molti casi, però, i ricercatori hanno osservato che i miglioramenti ottenuti con i farmaci sono raggiunti allo stesso modo nella maggioranza dei casi del placebo. Questo è l’effetto placebo che si verifica quando i partecipanti a un esperimento modificano le loro risposte in assenza di qualunque tipo di manipolazione sperimentale, indotti dalla convinzione che, prendendo una compressa, la loro condizione di salute migliori. Per tenere sotto controllo l’effetto del placebo si usa la tattica del doppio cieco: né i soggetti né chi somministra conoscono il tipo di sostanza ma solo il ricercatore. I disegni fattoriali Il disegno fra i soggetti conduce ai disegni fattoriali con i quali il ricercatore vuole valutare nello stesso esperimento l’effetto di due o più variabili indipendenti (fattori) sulla variabile dipendente. L’obiettivo è quello di individuare sia eventuali differenze significative nell’influenza dei diversi fattori considerati, sia eventuali interazioni tra i fattori medesimi. Il disegno fattoriale più semplice è quello costituito da due fattori e due livelli (disegno 2 x 2). I disegni fattoriali ci permetto di acquisire risultati dotati di maggiore affidabilità e favoriscono l’elaborazione di previsioni. Nonostante ciò, i disegni fattoriali presentano anche alcuni limiti: più aumenta il numero di fattori più tempo sarà necessario per realizzare l’esperimento e, inoltre, più aumenta il numero di partecipanti più l’interpretazione finale dei dati sarà difficile per la comparsa di interazioni fra i fattori stessi. Accettati questi limiti, gli esperimenti fattoriali più utilizzati in psicologia sono quelli con due o tre fattori e due o tre livelli ciascuno (da 2 x 2 a 3 x 3 x 3). 2.2.4. Artefatti sperimentali Nella realizzazione di un esperimento, sono molti i fattori che possono intervenire e che possono portare a distorsioni (biases). Un altro artefatto che è ricorrente negli esperimenti in psicologia è l’aspettativa, sia del ricercatore che dei partecipanti, che conduce ad un’interpretazione idiosincratica (antipatica) dei fatti ed altera la Capitolo 2 - Metodi della ricerca in psicologia 12 configurazione dei dati, attribuendo maggiore rilievo ad alcuni di essi (salienza) e trascurandone altri (marginalità). Le aspettative, inoltre, conducono al fenomeno della profezia che si autoavvera (effetto Rosenthal) ovvero quando il ricercatore trasmette la sua aspettativa ai partecipanti che, di conseguenza, cercano di assecondarlo. L’efficacia di questo effetto è robusta e possiamo osservarla anche con gli animali (vedi esperimento di Rosenthal e Fode con i ratti a pagina 51). Ci sono però numerosi altri fattori che interferiscono nello svolgimento degli esperimenti quali gli atteggiamenti, i tratti di personalità, il sistema delle credenze eccetera. Nonostante ciò, accettato questo vincolo, il metodo sperimentale rimane, ancora oggi, un dispositivo valido per acquisire conoscenze documentate e rigorose. 2.3. Raccolta e analisi dei dati Come abbiamo visto, i disegni di ricerca ci permettono di avere una raccolta di protocolli attendibili e validi in modo tale da fare le opportune inferenze. Più robusti sono i risultati, più il ricercatore è in grado di fare induzioni e previsioni su ciò che sta indagando. 2.3.1. Strumenti e procedure Per acquisire protocolli pertinenti bisogna impiegare strumenti validi in grado di raggiungere il bersaglio (target) della nostra ricerca. Come abbiamo già detto, oggi è disponibile una vasta gamma di tecniche che vanno da quelle più tradizionali a quelle più moderne e avanzate. Tecniche “self-report” In ambiti ancora poco indagati, il ricercatore ha l’obiettivo di ampliare le conoscenze mediante una ricerca esplorativa. In questo tipo di ricerca si fa ricorso a strumenti self- report che consentono di raccogliere informazioni tramite questionari, interviste e colloqui clinici. Un questionario è uno strumento standardizzato di raccolta di informazioni destinato a campioni più o meno estesi di soggetti e che consiste in una struttura di domande chiuse o aperte. Possiamo avere quindi un questionario chiuso, aperto o scalato (quando la risposta è indicata su una scala graduata). Capitolo 2 - Metodi della ricerca in psicologia 15 cerebrali. Maggiore è l’attività funzionale di una certa regione cerebrale, maggiore sarà l’afflusso di sangue e maggiore sarà il consumo di ossigeno trasportato dall’emoglobina dei globuli rossi. Il contrasto fra l’emoglobina ossigenata e l’emoglobina non ossigenata è rilevato dal segnale “dipendente dal livello dell’ossigenazione del sangue” (Blood Oxigenation Level Dependent, BOLD). La risonanza magnetica funzionale è quindi una tecnica di localizzazione cerebrale perché ci consente di individuare le regioni cerebrali che si attivano in corrispondenza di certe attività mentali. Tuttavia, la risonanza magnetica funzionale si limita solo a dirci dove nel cervello una certa operazione mentale innesca l’attività di una struttura nervosa specializzata, ma non ci aiuta a capire come si svolga tale corrispondenza fra mentale e cerebrale. Per questo motivo, la risonanza magnetica funzionale solleva alcuni interrogativi vista la complessità di questa tecnica. Infatti, dato che il cervello è sempre attivo, quest’ultimo tenderà a creare delle interferenze nelle neuroimmagini grezze che vanno quindi “trattate”. Per superare questo ostacolo basta applicare il metodo della sottrazione cognitiva di Donders elaborato nel 1868 con i tempi di reazione: il compito sperimentale è confrontato con un compito di controllo che richieda esattamente le stesse funzioni mentali, meno quelle che interessano il ricercatore ma, purtroppo, non sempre è così facile individuare un compito di controllo valido. Ci sono ancora altre difficoltà. Visto che da una neuroimmagine ottenuta con la risonanza magnetica funzionale si ottengono confronti multipli, i metodi tradizionali di analisi non sono utilizzabili. Questi ultimi sono utilizzabili solo per un numero limitato di confronti, mentre in una neuroimmagine i confronti da effettuare sono dell’ordine di decine di migliaia. Occorre quindi molta cautela nei confronti dei risultati ottenuti con la risonanza magnetica funzionale. Nonostante ciò, oggi la risonanza magnetica funzionale è applicata nei campi più diversi e spesso se ne fa un uso eccessivo tanto che Legrenzi e Umiltà, nel 2009, parlano di “neuromania”. La stimolazione magnetica transcraniale La stimolazione magnetica transcraniale (Transcranial Magnetic Stimulation, TMS) è una tecnica non invasiva che causa la depolarizzazione o l’iperpolarizzazione dei neuroni cerebrali. La tecnica è stata elaborata da Anthony Barker e impiega l’induzione elettromagnetica per generare delle correnti elettriche deboli grazie a rapidi Capitolo 2 - Metodi della ricerca in psicologia 16 cambiamenti nel campo magnetico: in questo modo viene prodotta un’attività in una specifica area del cervello e consente di studiare il funzionamento e le interconnessioni cerebrali. La stimolazione magnetica transcraniale, interferendo selettivamente con queste aree, consente di stabilire se ciascuna di esse ha una funzione causale nello svolgimento di determinate attività mentali. A differenza della risonanza magnetica funzionale, la stimolazione transcraniale, consente di localizzare dove si svolge l’attivazione di una data popolazione di neuroni, ma anche di progredire nella comprensione del come si svolge una certa attività mentale a livello cerebrale. 2.3.2. Attendibilità e validità delle misure Una volta acquisiti i protocolli, occorre procedere alla loro misurazione con l’obiettivo di disporre di un insieme di dati validi e degni di fiducia, da sottoporre successivamente a un’elaborazione statistica. Attendibilità delle misure Un ostacolo che ogni ricercatore si ritrova ad affrontare è quello della variabilità dei fenomeni. Quest’ultima è generata da alterazioni dovute a fattori temporali, ai partecipanti e allo stesso soggetto. Sono delle interferenze inevitabili che influenzano l’accuratezza delle misure. Il ricercatore è quindi interessato a ottenere misure dotate di un alto grado di attendibilità intesa come la possibilità di ottenere gli stessi risultati sia in prove ripetute (stabilità), sia con strumenti equivalenti (equivalenza). La stabilità nel tempo è misurata con la tecnica test-retest, ripetendo la rilevazione sugli stessi soggetti a una distanza congrua di tempo. L’equivalenza è valutata tramite l’applicazione di due procedure diverse, ma assai simili fra loro. Validità delle misure La validità esprime il livello di pertinenza con cui una prova riesce a misurare ciò che si propone di misurare. La validità può essere verificata sia grazie all’esame dei contenuti impiegati, sia mediante il grado di connessione con le altre prove che misurano contenuti equivalenti. Abbiamo varie forme di validità: validità di contenuto, convergente, predittiva, concorrente e di facciata. Capitolo 2 - Metodi della ricerca in psicologia 17 2.4. Elaborazione dei dati Dopo aver raccolto i protocolli in modo rigoroso, il ricercatore ha il compito di elaborarli. I protocolli sono difficili da capire e interpretare direttamente: per questo motivo, occorre verificare se da essi è possibile trarre inferenze degne di interesse. Per fare ciò, il ricercatore ricorre alla distribuzione delle frequenze: si registra quanto soggetti di ogni gruppo si distribuiscono nella gamma dei valori di una data variabile. Questa operazione va ripetuta per ogni variabile e per ciascun gruppo. Le distribuzioni delle frequenze possono essere rappresentate visivamente tramite grafici. Il ricercatore, inoltre, può procedere a descrivere anche in termini statistici i fenomeni osservati (statistica descrittiva) e può anche verificare l’ipotesi sperimentale e fare le opportune induzioni (statistica inferenziale). Statistica descrittiva La statistica descrittiva fornisce un quadro sintetico sia della tendenza centrale sia della variabilità. Le tendenze centrali sono il centro di gravità dei fenomeni e consistono classicamente in moda, mediana e media. Le variabilità, invece, sintetizzano la dispersione dei dati, poiché il valore della prestazione di ogni soggetto si discosta dal valore medio del gruppo. La principale misura della variabilità di un fenomeno è la deviazione standard. Nella statistica descrittiva, inoltre, è utile verificare se e quanto una certa variabile X sia connessa con un’altra Y: al variare dei valori di X variano anche i valori di Y in positivo o in negativo (correlazione). Il coefficiente di correlazione misura l’entità della connessione tra due variabili che va da +1 (massimo positivo) a -1 (massimo negativo) e dove il valore 0 indica che le due variabili sono indipendenti fra loro. Statistica inferenziale La statistica inferenziale ci consente di verificare se sia possibile fare induzioni (inferenze) dai risultati ottenuti al fine di convalidare o meno l’ipotesi sperimentale e fare delle previsioni. Grazie a dei test statistici, il ricercatore può verificare se le differenze di un insieme di dati che si discostano dai valori medi registrati siano da attribuire alle variabili considerate oppure al caso. I fenomeni naturali, per esempio, si verificano regolarmente con una certa probabilità dove i fenomeni tipici (standard) sono molto più probabili di quelli atipici (anomali).