Scarica Psicologia generale (Anolli e Legrenzi) - riassunto capitolo 5 e più Sintesi del corso in PDF di Psicologia Generale solo su Docsity! Capitolo 5 - Rappresentazione, conoscenza, simulazione mentale 1 Capitolo 5 - Rappresentazione, conoscenza, simulazione mentale Per affrontare e governare l’ambiente in cui viviamo, le informazioni da esso provenienti vanno non solo acquisite tramite la percezione, non solo selezionate e ricercate attraverso l’attenzione e la coscienza, ma anche elaborate a livello mentale in modo tale da avere una rappresentazione mentale fedele e completa del mondo con cui dobbiamo interfacciarci. Quindi, come si formano le rappresentazioni mentali? Qual è il loro fondamento cerebrale? In che modo giungiamo a conoscere e a comprendere la realtà? Facciamo ricorso sistematico all’impiego di categorie mentali per “dominare” il ventaglio illimitato degli eventi e degli oggetti. In che cosa consistono? Esistono categorie in natura? Esistono categorie universali? In che maniera siamo capaci di riprodurre e anticipare gli eventi che ci riguardano? Come funziona la nostra mente? Tutte le risposte a queste domande si trovano in questo capitolo. 1. RAPPRESENTAZIONE MENTALE Per conoscere e capire gli eventi, quindi, occorre rappresentarli nella nostra mente anche perché, altrimenti, sarebbe impossibile ogni successiva attività. Per Capitolo 5 - Rappresentazione, conoscenza, simulazione mentale 2 rappresentazione di un oggetto o evento intendiamo un’entità che sta per quell’oggetto e trasmette informazioni a esso congruenti. La rappresentazione può essere analitica, quando c’è un rapporto arbitrario fra rappresentazione e cosa rappresentata, o analogica, quando c’è un rapporto di somiglianza fra rappresentazione e cosa rappresentata. Per rappresentazione mentale, invece, intendiamo un’immagine, simbolo o modello presente nella mente, basato su una mappa cerebrale, in corrispondenza a un certo oggetto o evento. La rappresentazione mentale è fondata sull’esperienza (grounded cognition) che è in grado di stabilire una connessione stretta fra ciò che abbiamo in mente e ciò che esiste nell’ambiente. 1.1. Mente computazionale Se il mondo fosse omogeneo, sarebbe inconoscibile. Il mondo, al contrario, è un esplosione di differenze e, infatti, proprio la differenza è alla base della conoscenza. La differenza ci permette di elaborare le informazioni intese, secondo Gregory Bateson [1972], come “differenze che generano differenze”. I significati si fondano sul contrasto dell’opposizione come anche i valori e, ancora, anche per l’identità poiché generata da una rete di relazioni. Questa è la mente computazionale che è in grado di fare calcoli, confronti, combinazioni logiche, manipolazioni di simboli, operazioni di misura e di classificazione, equivalenze e graduatorie (ranking), capace di scelta fra alternative, di adeguamento a regole fissate (vedi l’andatura dei gatti di Yamaguchi a pagina 120-121). Le rappresentazioni mentali consentono di svolgere queste operazioni mentali in modo agevole, talvolta servendosi di automatismi associati alle abitudini apprese, talvolta richiedendo un notevole impiego delle risorse attentive. In tempi recenti, il funzionamento della mente è stato “spiegato” da due prospettive opposte: la mente modulare e la mente radicata nel corpo. Il “linguaggio” della mente Negli ultimi decenni del secolo scorso, all’interno delle scienze cognitive un gruppo di eminenti psicologi ha privilegiato fortemente lo studio delle strutture mentali rispetto alle funzioni. Per questo motivo, è stata elaborata una modellistica mentale che va dai moduli ai modelli, alle “reti semantiche”, al frame (struttura di relazioni) e al “linguaggio della mente”. Ipotizzando l’esistenza di una “natura umana”, infatti, assumiamo che i Capitolo 5 - Rappresentazione, conoscenza, simulazione mentale 5 ritiene che la mente sia fondata, momento per momento sull’interazione senso-motoria con l’ambiente. Parliamo, quindi, di mente situata e radicata nel corpo (embodied mind) in quanto costantemente immersa in un contesto immediato. L’ambiente, quindi, è considerato, oltre che come scenario materiale in cui l’individuo opera, come realtà dinamica, in grado di influenzare e dirigere l’attività della mente stessa in funzione degli stimoli che esso offre. La mente situata è una mente estesa al contesto che funziona come guida di controllo per il comportamento, momento per momento, trasformando i dati fruibili in una data circostanza in specificazioni circa ciò che è “corretto fare qui e ora”. Questa concezione appare più flessibile e dinamica, più aderente alle informazioni, più plausibile sul piano teorico, più potente e robusta, in quanto fondata su una mole ingente di dati sperimentali, compresi quelli neuropsicologici. 1.2.1. I neuroni specchio Un contributo rilevante alla concezione delle rappresentazioni mentali come radicate nell’organismo è venuto dalla scoperta dei neuroni specchio, fatta in Italia, a Parma, a metà degli anni Novanta da un gruppo di studiosi, fra i quali Giacomo Rizzolatti, Leonardo Fogassi e Vittorio Gallese. L’idea alla base prevede che le rappresentazioni mentali derivanti dai sistemi motori e quelle provenienti dai sistemi percettivi facciano ricorso a informazioni fra loro commensurabili e compatibili (ipotesi della codifica comune). In virtù di tale corrispondenza è possibile trasformare i modelli percettivi in corrispondenti modelli motori, e viceversa (legame percezione-movimento). Neuroni specchio nelle scimmie I neuroni specchio sono stati scoperti dapprima nella scimmia (macaco). Sono presenti nell’area premotoria ventrale (area F5) e si attivano sia quando un animale esegue una certa azione, sia quando osserva (”ri-specchia”) la medesima azione compiuta da un altro. L’attivazione di questi neuroni avviene solo se l’azione altrui non è gratuita, ma attuata per raggiungere uno scopo. Esiste, quindi, una corrispondenza fra azione eseguita e azione osservata perché lo stesso neurone è in grado di confrontare ciò che la scimmia fa con ciò che vede fare. Grazie al sistema dei neuroni specchio, l’animale pone in relazione la percezione delle azioni eseguite da altri con il proprio repertorio di azioni, mettendosi nella condizione di ottenere una comprensione implicita e immediata di ciò che sta osservando. Il fattore critico per la comparsa dell’attivazione dei neuroni specchio è lo scopo dell’azione dell’altro animale. I neuroni specchio, infatti, si attivano anche quando la scimmia non Capitolo 5 - Rappresentazione, conoscenza, simulazione mentale 6 vede l’azione in tutto il suo svolgimento. Ciò accade perché, anche in assenza di una completa informazione visiva, i neuroni specchio del macaco rispondono all’azione osservata come se fosse finita, grazie all’anticipazione del raggiungimento dello scopo sotteso all’azione stessa. Inoltre, i neuroni specchio parietali rispondono in modo differente alla stessa azione, ma compiuta con scopi diversi. La risposta dei neuroni specchio, quindi, predice ciò che sarà fatto successivamente dall’agente. Il sistema dei neuroni specchio nella scimmia, quindi, pone in evidenza che anche i primati non umani possiedono forme rilevanti di rappresentazione mentale degli eventi, in particolare delle azioni finalizzate dei consimili, in grado di anticipare le loro mosse future e di stabilire un certo grado di empatia tra i familiari. Emerge in modo inevitabile la dibattuta questione della continuità vs. discontinuità filogenetica fra i primati non umani e gli esseri umani. Neuroni specchio negli umani I neuroni specchio sono stati accertati nella nostra specie attraverso una serie ormai estesa di ricerche neuropsicologiche. I neuroni specchio negli umani sono distribuiti in numerose aree cerebrali e costituiscono la base cerebrale per le competenze mentali fondamentali. Prima fra tutte è l’imitazione che è sproporzionatamente più sviluppata negli umani rispetto agli altri primati. L’imitazione consiste nel convertire stimoli visivi prodotti dal comportamento di qualcun altro in un “programma” nel cervello dell’osservatore che gli consente di ripetere gli stessi movimenti e le stesse azioni. Grazie all’imitazione, infatti, siamo in grado di fare ciò che vediamo fare da altri. Diversamente dall’emulazione (mimicry), che consiste nella ripetizione meccanica di movimenti, azioni o posture di altri, l’imitazione implica l’abilità di riprodurre la sequenza di azioni del modello, comprendendone l’intenzione e anticipandone l’esito finale. Passiamo in tal modo dal ripetere ciò che altri fanno al riprodurre ciò che altri intendono fare. La comprensione delle intenzioni degli altri è resa possibile dall’attivazione dei neuroni specchio (vedi esempio a pagina 125). Inoltre, si attivano popolazioni diverse di neuroni specchio in corrispondenza delle differenti intenzioni. L’imitazione si fonda sul principio della “somiglianza sociale”: è l’atteggiamento mentale del trattare gli altri come “simili a sé”. Essa, quindi, implica una duplice e congiunta operazione di “proiezione” di sé sull’altro e di “appropriazione” di quanto fa l’altro dentro di sé: costituisce la base e la leva dell’apprendimento imitativo. A motivo di questa configurazione, vi è una predisposizione mentale che compare assai precocemente Capitolo 5 - Rappresentazione, conoscenza, simulazione mentale 7 nell’infanzia. Infatti, i neonati fra i 12 e i 21 giorni di vita sono già in grado di riprodurre la mimica facciale di un adulto. Questa predisposizione, tipicamente umana, diventa più forte attorno ai 9 mesi con la comparsa dell’intenzionalità e, successivamente, della teoria della mente. Questa analogia fra il proprio sé e quello degli altri, che è già stata sottolineata da George H. Mead nel 1934, costituisce un dispositivo molto potente per la comprensione degli altri, la socialità, la cooperazione e l’empatia nonché dell’apprendimento sociale e dell’apprendimento culturale. L’imitazione conduce alla condivisione e partecipazione di rappresentazioni mentali, modelli, stati d’animo ed emozioni. Queste condizioni, supportate da specifici circuiti di neuroni specchio, favoriscono la comparsa di una consonanza e risonanza immediata delle esperienze emotive degli altri. Si rivelano efficaci nel riconoscimento delle espressioni emotive degli altri e nei processi di empatia, intesa come consonanza di affetti ed emozioni, nonché nel contagio emotivo che consiste nel provare le stesse emozioni che sta provando un altro senza nessuna ragione. Il dispositivo di fondo dell’empatia si basa sulla relazione: “Gli altri hanno le stesse emozioni che proverei io al loro posto” (vedi esempio a pagina 126). 1.2.2. Mappe cerebrali e immagini mentali Le rappresentazioni degli oggetti/eventi dell’ambiente fisico e sociale, oltre a basarsi sul sistema dei neuroni specchio, consentono di cogliere in modo operativo i rapporti complessi fra cervello e mente. Queste rappresentazioni, infatti, sono presenti sia nel cervello come “mappe”, sia nella mente come “immagini”. Il cervello, infatti, è destinato a creare mappe nell’interazione costante con l’ambiente. Queste mappe cerebrali, tramite cui il cervello informa se stesso, sono modelli nervosi in continuo cambiamento perché si modificano ogni istante in corrispondenza ai cambiamenti che hanno luogo nei neuroni implicati, che, a loro volta, riflettono i cambiamenti dell’organismo e dell’ambiente. Quando elabora le mappe, il cervello interviene attivamente mediante i processi di associazione fra le informazioni sensoriali e quelle motorie, nonché quelle precedenti registrare nei depositi di memoria. In questi casi, le mappe cerebrali presentano una configurazione topografica in corrispondenza alla disposizione spaziale dello stimolo ambientale. In stretta connessione con l’esperienza, l’elaborazione delle mappe cerebrali coinvolge le modalità sensoriali e il sistema motorio nel suo complesso e ciò costituisce il Capitolo 5 - Rappresentazione, conoscenza, simulazione mentale 10 complesse. Le informazioni visive possono essere integrate con quelle provenienti dalle mappe acustiche, olfattive, motorie, immaginative o affettive e il risultato è un’”immagine spaziale” completa dell’oggetto in esame e la generazione della rappresentazione mentale corrispondente. Grazie a importanti circuiti nervosi di interconnessione, presenti nella corteccia frontale, parietale, temporale e occipitale del cervello, le diverse zone di convergenza-divergenza partecipano in modo sinergico all’elaborazione congiunta della rappresentazione di un oggetto, senza la necessità di prevedere uno specifico modulo dedicato a questo scopo. Le informazioni provenienti dalle varie modalità interagiscono fra loro per “mappare” i vari aspetti dell’esperienza e si influenzano reciprocamente per elaborare una rappresentazione multimodale, unitaria e globale dell’evento o oggetto, fondata sull’esperienza e radicata nell’organismo. Questa è una critica sostanziosa e sperimentalmente verificata contro il modularismo di Fodor, che prevedeva una rappresentazione amodale degli eventi dell’esperienza. Simboli percettivi, simulatori e simulazioni mentali Gli studi di Damasio sul funzionamento cerebrale della mente sono stati approfonditi a livello psicologico da un gruppo nutrito di studiosi e degno di interesse è sicuramente il modello dei simboli percettivi. Tenendo presente che le rappresentazioni mentali derivano dai processi con cui percepiamo e sentiamo gli accadimenti circostanti, occorre indagare in che modo esse sono elaborate a livello mentale. Nel corso della nostra esperienza quotidiana, incontriamo numerosi esempio dello stesso oggetto. Queste esperienze ripetute consentono all’organismo di cogliere e selezionare le informazioni concernenti le sue specifiche proprietà, trasmesse ai neuroni delle corrispettive aree cerebrali e immagazzinate nella memoria. Un simbolo percettivo è la registrazione dell’eccitazione di una popolazione di neuroni a seguito di un processo percettivo o di un’azione motoria. Il simbolo percettivo è una rappresentazione inconsapevole, di natura schematica e parziale, dinamica e componenziale, indeterminata e generica. Sono simboli in quanto “corrispondenza” fra due entità appartenenti ad ambiti diversi, e “percettivi” in quanto basati sulle modalità sensoriali e motorie. La formazione di simboli percettivi procede dal basso verso l’alto per ogni aspetto dell’esperienza. Come risultato, abbiamo una varietà illimitata di simbolo percettivi archiviata nei vari depositi di memoria. Essi non esistono in modo indipendente Capitolo 5 - Rappresentazione, conoscenza, simulazione mentale 11 dall’altro, ma sono collegati in relazione al medesimo oggetto. Sono integrati in una cornice riguardante un certo oggetto, elaborata dalle aree corticali frontali e prefrontali. In tale cornice le informazioni visive sono poi associate a numerose altre informazioni. I simboli percettivi, quindi, sono multimodali cioè generati da tutti i modi con cui viviamo l’esperienza. Il risultato è un sistema distribuito e unitario, corrispondente al contenuto mentale del “concetto” di un oggetto. Barsalou, nel 1999, ha definito simulatore mentale tale sistema, in grado di funzionare secondo due livelli: a) funge da cornice che integra i simboli percettivi relativi a un dato oggetto in base all’esperienza di molte sue occorrenze; b) opera come dispositivo generatore in grado di produrre un numero pressoché indefinito di simulazioni mentali a partire dalla cornice a disposizione. Il simulatore mentale, quindi, consente di riprodurre (”simulare”) un oggetto dell’ambiente in modo sufficientemente attendibile e valido. Fra simulatore mentale e oggetto esiste una struttura equivalente e dinamica di rapporti. I simulatori costituiscono sistemi aperti, dinamici, contingenti, in grado di modificarsi e arricchire le nostre possibilità di rappresentazione mentale della realtà in funzione di nuove esperienze. Possono essere combinati in modo ricorsivo per consentire la produttività del pensiero, sono in grado di generare proposizioni linguistiche, di definire concetti astratti, di programmare azioni complesse, di riattivare i ricordi, nonché di consentire il ragionamento e i processi di decisione. Una volta elaborato, un simulatore mentale è in grado di riattivare parte dei simboli percettivi in esso contenuto per dare origine a specifiche operazioni mentali. Pur in assenza di stimoli reali (off-line), queste operazioni mentali sono in grado di riportare in modo relativamente attendibile proprietà percettive, motorie e introspettive disponibili nei simboli percettivi del simulatore e depositate nelle memorie senso-motorie (zone di convergenza-divergenza). Senza avere l’oggetto presente, possiamo descriverlo, raccontarlo e ricordarlo. Tali operazioni mentali sono chiamate simulazioni mentali, in grado di “riprodurre” certi segmenti dei simulatori mentali che, a loro volta, rimandano agli oggetti della realtà, pur in loro assenza. Quindi, ogni frase che diciamo a questo riguardo è la simulazione mentale di una realtà non necessariamente presente. Le simulazioni mentali sono processi dall’alto verso il basso, capaci di “ri-utilizzare” (reuse) porzioni specifiche delle informazioni rese disponibili dai simulatori mentali in Capitolo 5 - Rappresentazione, conoscenza, simulazione mentale 12 funzione dei simboli percettivi, al fine di riprodurre a livello mentale determinati aspetti dell’esperienza originale. Ovviamente, è impossibile che una sola simulazione possa riprodurre un intero simulatore mentale, poiché esso fa riferimento a un numero potenzialmente infinito di componenti, occorrenze e situazioni. La simulazione mentale, infatti, riattiva solo una parte del simulatore in funzione del contesto immediato, in modo da fornire le informazioni appropriate in quella situazione. Fa riferimento a una circostanza particolare dell’esperienza. La simulazione, inoltre, è contingente perché in ogni situazione, nel riprodurre l’occorrenza di una data esperienza, assume una configurazione per certi tratti simile e per altri differente rispetto a ripetute occorrenze della stessa esperienza. Non “ripeschiamo” mai dalla nostra mente la stessa simulazione perfettamente identica in ogni occorrenza. La simulazione mentale, quindi, è l’altra faccia del processo di acquisizione e immagazzinamento delle informazioni provenienti dalle varie modalità. Questo è l’impiego di queste ultime per comunicare una data conoscenza o credenza, per esprimere una certa intenzione, desiderio ed emozione, nonché per raggiungere un dato scopo. Ogni simulazione è un processo dinamico perché, fra le infinite soluzioni che sono possibili per un certo simulatore, costituisce la realizzazione di una sua specifica configurazione in un dato contesto. Infatti, non può esistere una simulazione in vacuum (nel vuoto) ma, anzi, è sempre situata in un contesto definito e circoscritto. La simulazione, in conclusione, crea l’esperienza di “essere là” e di operare “come se” le cose si svolgessero seguendo un definito percorso e andamento analogo a quello reale. 2. CONOSCENZA 2.1. Conoscenza come comprensione La conoscenza (etimologicamente “con il cominciare ad accorgersi”) è un’attività fondamentale della nostra mente che ci consente di capire e spiegare le cose e che funge da vincolo per la nostra sopravvivenza. La conoscenza, quindi, è comprensione degli accadimenti che fanno parte della nostra esperienza. La comprensione è la capacità di intendere e interpretare in modo appropriato una data situazione, stabilendo le dovute connessioni e relazioni fra le sue varie Capitolo 5 - Rappresentazione, conoscenza, simulazione mentale 15 Le categorie, quindi, costituiscono un sistema di differenze. Siamo in grado di categorizzare le cose perché il nostro cervello e la nostra mente lavorano proprio sulla base delle differenze. La differenza stessa è il motore che genera la conoscenza, la comprensione e l’intelligibilità delle cose, il pensiero e il mondo dei significati. Senza differenze saremmo incapaci di pensare e capire. Inoltre, non esiste una categoria unica, ma ve ne sono molte, fra loro interconnesse, di solito disposte in modo gerarchico. In tal modo abbiamo una tassonomia, intesa come un sistema gerarchicamente organizzato di categorie fra loro intrecciate e inserite l’una nell’altra in funzione del livello di astrazione (principio di inclusività). Grazie all’impiego di una tassonomia, diventiamo “esperti” nel “governare” una dato ambito della realtà e siamo in grado di fare le opportune previsioni. Allo stesso tempo, però, non siamo capaci di richiamare tutte le informazioni racchiuse in una categoria quando ci viene chiesto di descriverla. Infatti, siamo vincolati a limitarci a quelle che ci vengono in mente in funzione della situazione contingente. La nostra mente elabora le categorie con gli indizi a disposizione in quel momento e produce associazioni che talvolta vanno in una direzione talvolta in un’altra. Le categorie, quindi, costituiscono la manifestazione “situata” dell’attività mentale nel corso di una data circostanza. Le categorie possono anche essere impiegate per fare delle inferenze sulla base delle loro proprietà implicite. Il processo dell’induzione basata su categorie rende possibile estendere la conoscenza al di là dell’esperienza immediata. Le relazioni di somiglianza fra categorie costituiscono la guida per fare inferenze e consentono di valutarne la forza. In generale, quanto più una certa proprietà è simile fra i componenti di diverse categorie, tanto più robusta è l’inferenza induttiva. Gli individui tipici di una categoria possiedono una forza induttiva maggiore rispetto a quelli atipici, poiché “coprono” meglio la categoria nella sua interezza (vedi esempio a pagina 134). 2.2.3. Vari tipi di categoria Le categorie mentali implicano un processo mentale assai esteso e articolato che si configura in una gamma tipologica. Concezione naturalistica delle categorie Secondo Eleanor Rosch e i suoi collaboratori, la struttura dell’ambiente fisico determinerebbe la configurazione delle categorie poiché le caratteristiche sensoriali del mondo non sarebbero distribuite in modo casuale, bensì in costellazioni ricorrenti di Capitolo 5 - Rappresentazione, conoscenza, simulazione mentale 16 indizi. A noi tocca il compito di riconoscere tali costellazioni di indizi e di identificarle con la categoria corretta. Secondo Rosch, le categorie presentano due dimensioni: una verticale e una orizzontale. La dimensione verticale consente di collegare fra loro diverse categorie attraverso il processo di inclusione. Rosch individua tre livelli di inclusione: il livello superordinato; il livello di base; il livello subordinato. Le categorie di base sono quelle più importanti, poiché gli oggetti che appartengono a questo livello implicano in modo conforme un certo programma motorio, condividono il numero più elevato di attributi comuni, sono più rilevanti e salienti a livello linguistico e sono le prime a essere apprese dal bambino. Queste categorie sono quelle che presentano la maggiore differenziazione categoriale e quelle che hanno la maggiore validità di indizio (cue validity) ovvero la probabilità che un oggetto appartenga a una certa categoria se possiede una data proprietà. La dimensione orizzontale di una categoria concerne il modo in cui ogni categoria è organizzata al proprio interno e quali relazioni sono istituite fra i suoi diversi membri in termini di appartenenza e rappresentatività. I vari membri di una categoria non sono tutti eguali, ma alcuni di essi hanno il valore di prototipo, perché sono i migliori esemplari della categoria, quelli che la rappresentano al meglio e che sono dotati di maggiore salienza (vedi la ricerca di Remo Job del 1998 a pagina 135). I prototipi di una categoria sono gli elementi centrali attorno a cui si organizza tutta la categoria e costituiscono i criteri in base ai quali valutare l’appartenenza categoriale di altri membri secondo il grado di somiglianza. Questo punto è oggi superato, poiché implica la confusione fra rappresentatività e appartenenza alla categoria. Categorie per somiglianza di famiglia Esistono anche le categorie per somiglianza di famiglia. Distinta dalla sinonimia e dall’omonimia, la polisemia semantica, intesa come molteplicità di significati connessi con la medesima parola, rappresenta una difficoltà rilevante per le teorie linguistiche e cognitive. Un’unica parola significa stati di cose differenti e rientra di diritto in categorie diverse (vedi l’esempio della parola FRESCO a pagina 135). Rispetto a questo fenomeno, la spiegazione più soddisfacente è quella proposta nel 1953 da Wittgenstein: il modello della somiglianza di famiglia. Questo è un modello di categorie “piatte”, organizzate solo a livello orizzontale (non prevedono gerarchia), in grado di analizzare termini complessi. Fra i vari significati veicolati da una parola Capitolo 5 - Rappresentazione, conoscenza, simulazione mentale 17 polisemica non esistono né il prototipo né un insieme di proprietà comuni, ma numerose sottocategorie, ciascuna delle quali è fondata su somiglianze parziali e locali, condivise da almeno due componenti. In questo caso i componenti di una data sottocategoria sono connessi gli uni con gli altri senza che vi siano proprietà comuni ai componenti delle altre sottocategorie. Categorie radiali Prendendo avvio dall’analisi di Wittgenstein, nel 1987, George Lakoff ha introdotto la nozione di categorie radiali, intese come ramificazioni che partono da una categoria centrale e procedono in modo associativo. Prendiamo, per esempio, i Dyirbal, una popolazione aborigena dell’Australia nordorientale che dispone solo di quattro categorie. Ognuna di queste categorie raggruppa significati totalmente eterogenei, inspiegabili alla luce delle teorie vigenti in tema di categorizzazione (vedi pagina 136). Queste categorie che possono sembrare assurde per il pensiero occidentale appaiono invece razionali agli occhi dei Dyirbal. Infatti, queste categorie non sono casuali ma sono regolate da una serie di somiglianze locali in funzione dei miti e delle credenze dei Dyirbal. Si tratta di categorie formate da concatenazioni di entità legate da somiglianze contigue, in cui vi è un caso centrale e variazioni che non possono essere previste da regole generali. Il caso delle categorie dei Dyirbal mette in evidenza come la mente umana disponga di diversi percorsi di categorizzazione in base alle esigenze dei vari habitat. Categorie funzionali Le categorie strutturali finora considerate vanno integrate con le categorie funzionali, basate su uno scopo. Non sono tassonomiche, ma ciascuna di esse è formata in modo coerente dai componenti indispensabili per raggiungere un dato scopo. Le categorie funzionali fanno riferimento a un altro modo di procedere della mente umana rispetto a quelle strutturali (vedi esempio dei Kpelle a pagina 137). Categorie “ad hoc” Una categoria “ad hoc” non emerge finché non sono attivate le nostre conoscenze enciclopediche che comprendono le proprietà degli oggetti e come esse sono fra loro collegate. Sono categorie momentanee e contingenti che appaiono e scompaiono insieme agli eventi che le generano. Pur essendo evanescenti, le categorie ad hoc sono Capitolo 5 - Rappresentazione, conoscenza, simulazione mentale 20 diverse situazioni in base alle informazioni che, momento per momento, ci sono fornite dalla memoria di lavoro. Sono il “come” (how) sappiamo fare le cose e riguardano le competenze operative. Sono “conoscenze in azione”, poiché si realizzano solo attraverso le azioni e spesso sono implicite e inconsapevoli, attivate da dispositivi automatici radicati nelle abitudini e che seguono la regola se x, allora y. Conoscenza tacita In molti casi, le conoscenze procedurali, essendo automatiche, conducono a una conoscenza tacita e implicita in opposizione alla conoscenza formale o esplicita. La conoscenza tacita si configura come l’insieme delle conoscenze ricavate, solitamente in modo progressivo, dalle pratiche quotidiane e dai procedimenti seguiti per raggiungere un certo risultato. Si tratta di conoscere “come” vanno fatte le cose, in antitesi al conoscere “che cosa” o “chi”. La conoscenza tacita è in larga misura inconsapevole, impiegata in modo piuttosto acritico nella pianificazione ed esecuzione dei compiti; è una conoscenza “in pratica”, immersa nell’esperienza, fondamentale per avere successo nell’ambiente di riferimento; si fonda sull’esercizio e può essere appresa e condivisa solo attraverso l’apprendistato e, quindi, mediante l’imitazione accurata di modelli (esperti) e una profonda interazione con loro in modo tale da imparare le procedure, le strategie, le accortezze ecc. sottese ai percorsi operativi degli esperti. Pur essendo implicita, la conoscenza tacita è in grado di assicurare un buon livello di competenza generale, che consente all’individuo di muoversi in modo efficace all’interno del proprio habitat. Inoltre, favorisce un buon livello di prevedibilità, poiché, essendo routinaria, si riproduce regolarmente nel tempo secondo certi modelli di comportamento. In poche parole è il fondamento delle pratiche quotidiane nelle loro diverse applicazioni ed è la collezione delle conoscenze riguardanti i sistemi di acquisizione delle informazioni, di produzione di beni o servizi, di comunicazione, di esibizione e regolazione delle emozioni, di governo delle relazioni interpersonali ecc. Infatti, molto spesso, la conoscenza tacita è impiegata in modo meccanico per accorciare i tempi e per ridurre l’impegno nella pianificazione ed esecuzione delle attività. A differenza di quelle formale, è molto difficile da verbalizzare, da codificare in forma astratta e, quindi, da partecipare ad altri. Per questo motivo non è oggetto di insegnamento curricolare. Per raggiungere un’effettiva condivisione di questa forma di conoscenza, occorre un prolungato e intenso periodo di osservazione e di esperienza Capitolo 5 - Rappresentazione, conoscenza, simulazione mentale 21 condiviso con un modello nell’eseguire compiti specifici. Per raggiungere questo traguardo, la gestione della conoscenza (knowledge management) ha approfondito i percorsi attraverso i quali è possibile passare da forme tacite a forme esplicite di conoscenza. Questa è la conoscenza riflessiva: partiamo dall’esperienza per ritornare all’esperienza in modo più consapevole e critico. La conoscenza tacita costituisce, pertanto, una premessa fondamentale per creare una nicchia ecologica, ottimizzare le risorse e gestire i vincoli. Essa ribadisce il fatto che, per conoscere una comunità, non è sufficiente studiarla. Una sua comprensione accademica è molto povera. Per conoscere una comunità, occorre praticarla, farne esperienza e condividerne le conoscenze tacite. 3. SIMULAZIONE MENTALE Come abbiamo già visto che cervello e mente sono potenti dispositivi in grado di riprodurre e anticipare eventi dell’ambiente e, quindi, in grado di “simulare” la realtà. Proprio per questo parliamo di mente simulativa, un ambito oggi sempre più rilevante in ambito psicologico e preceduto da apporti scientifici in merito all’intelligenza artificiale, al connessionismo e alla mente radicata nel corpo, nonché allo studio della realtà virtuale. 3.1. Simulazione e modello Una simulazione è la riproduzione di oggetti o eventi attraverso l’elaborazione di appositi modelli, è un’approssimazione attendibile e valida di fenomeni del mondo utile per studiarne e conoscerne meglio le proprietà sia in condizioni standard sia in condizioni estreme, per individuarne i cambiamenti al variare delle variabili in gioco, per avvicinarsi alla soluzione ottimale, per costruire prototipi ecc. Il termine “simulazione”, infatti, significa “fare il simile” cioè “darsi l’aspetto di, imitare, rappresentare”. Per essere una riproduzione attendibile della realtà, anche se non può mai esserne la fotocopia, la simulazione consiste in un modello (nozione introdotta da Eugenio Beltrami e Felix Klein), ovvero la rappresentazione in scala di un aspetto dell’ambiente. Fra modello e fenomeno esiste una struttura equivalente e dinamica di rapporti, ossia il modello funziona in modo corrispondente al fenomeno considerato. Questa indicazione fornita da Kenneth Craik nel 1943 è il fondamento della simulazione senza il quale non potremmo nemmeno parlare di quest’ultima. In quanto modello, la simulazione è una rappresentazione dei fenomeni che hanno luogo nella realtà così come siamo in grado Capitolo 5 - Rappresentazione, conoscenza, simulazione mentale 22 di osservarla. Poiché la simulazione “rappresenta” un fenomeno deve saper spiegare “che cosa succede se” si verificano certe condizioni. In poche parole, è connessa con ipotesi di situazioni nuove e impreviste e costituisce una delle massime espressioni del pensiero ipotetico e inferenziale. Accanto al mondo del reale e al mondo del fantastico, quindi, dobbiamo accostare il mondo del possibile ovvero tutto ciò che non è in questo momento ma che può accadere in futuro. Per questo motivo, la simulazione ha una lunga storia ed è stata impiegata fin dall’antichità (vedi esempi alle pagine 141-142). In questo contesto dobbiamo distinguere fra simulazione analogica e simulazione virtuale. La simulazione analogica si avvale di qualche dispositivo che ricrea “fisicamente” gli aspetti della realtà oggetto di studio e di analisi. In alcuni casi vi è una somiglianza vera e propria fra il sistema di simulazione e la realtà simulata. In essi siamo di fronte ad artefatti concreti che consentono di visualizzare ed esaminare il comportamento reale dei modelli nelle diverse condizioni ambientali (vedi Antoni Gaudí a pagina 142). La simulazione virtuale, invece, si avvale del supporto di un computer e si pone in un mondo virtuale. I fenomeni reali da simulare sono riprodotti attraverso l’elaborazione di programmi sofisticati. Tuttavia, dobbiamo tener conto che i processi reali sono continui mentre quelli di un computer non lo sono e in più non esistono i numeri reali. Pertanto ci troviamo davanti a simulazioni dei fenomeni reali dotate di un elevato grado di approssimazione e che non arrivano mai a una corrispondenza piena. Tuttavia, i vantaggi delle simulazioni virtuali sono molto alti rispetto a quelle analogiche, per rapidità di costruzione, costi, flessibilità e possibilità di cambiamento, gamma di applicazioni ecc. In quanto riproduzione, la simulazione non è la realtà (vedi Ceci n’est pas une pipe a pagina 142) ma una mappa della realtà. In quanto tale è una costruzione mentale che inevitabilmente implica un certo grado di scarto rispetto alla realtà. La simulazione non solo si ferma ai fenomeni, ma non è nemmeno una loro fotocopia statica, bensì è una loro elaborazione dinamica e contingente. In sintesi possiamo dire che la simulazione è un dispositivo efficace e potente per dare forma alla nostra mente. 3.2. Vantaggi della simulazione La simulazione ha enormi vantaggi per la conoscenza e la comprensione dell’esperienza, poiché consente di esplorare un numero elevato di funzioni e processi Capitolo 5 - Rappresentazione, conoscenza, simulazione mentale 25 remota vs. il pessimismo prossimo, oppure ancora alla fallacia della pianificazione (vedi a pagina 144). Ma che cosa facciamo in queste situazioni? La simulazione ci viene di nuovo incontro e costituisce un valido contributo all’attenuazione e alla correzione di queste e altre distorsioni mentali (debiasing strategies). Ma in che modo? Occorre “considerare l’opposto” e porci la domanda: “Quali sono le ragioni per cui il mio ragionamento di partenza potrebbe essere sbagliato?”. Nei rapporti fra teoria e fatti, pensare solo agli aspetti focali può condurre facilmente a una distorsione di ragionamento. Per converso, pensare alle alternative attraverso la simulazione comporta una forte riduzione delle possibilità di andare incontro a distorsioni e a fare errori. La simulazione, quindi, è un allenamento mentale efficace per evitare il rischio di cadere in “trappole cognitive”. Invenzione di mondi possibili Come sappiamo la simulazione non è vincolata alla realtà fisica o psicologica presente, bensì può rivolgersi in modo altrettanto efficace verso nuovi scenari. La simulazione appartiene al mondo del possibile, un mondo dove ciò che ancora non c’è, attraverso date circostanze, può esistere e diventare reale. Questa qualità è esclusiva degli esseri umani. In poche parole, la simulazione, oltre ad essere “ri-creazione” di ciò che c’è già nella realtà, è anche “creazione” di ciò che potrebbe essere altrove. Pensiamo alla realtà virtuale (RV), intesa come la raffigurazione simulata al computer di un ambiente, dove l’ambiente virtuale è la simulazione di un mondo reale o immaginario. Nonostante il termine viene citato per la prima volta in un’opera letteraria risalente a prima della Seconda guerra mondiale, la realtà virtuale, così come la intendiamo oggi, fa la sua comparsa nella scena scientifica e commerciale attorno agli anni Novanta e, ad oggi, conta numerose applicazioni. Pensiamo anche ai romanzi (vedi a pagina 145). Simulazione e prestazioni motorie La simulazione motoria consente di “mettere a punto” la pianificazione da compiere successivamente, spesso in modo automatico (gli atleti, immaginando i movimenti da compiere, favoriscono le loro prestazioni). L’intervallo di tempo per compiere dei movimenti simulati mentalmente non differisce in modo significativo da quello impiegato per i movimenti fisicamente eseguiti. Capitolo 5 - Rappresentazione, conoscenza, simulazione mentale 26 I tempi dei movimenti mentali riflettono le caratteristiche dei movimenti fisici in base alla legge di Fitts del 1954 secondo la quale il tempo di un movimento è una funzione logaritmica della distanza e delle dimensioni del bersaglio, poiché il tempo del movimento aumenta con la distanza, ma diminuisce con le dimensioni del bersaglio (vedi l’esempio della scrittura e della velocità del camminare a pagina 146). Inoltre, quando dobbiamo fare dei movimenti ampi ed estesi, l’intervallo temporale di programmazione mentale diventa più lungo rispetto al compito di eseguire piccoli movimenti (vedi l’esempio del camminare mentalmente e dei pianisti a pagina 146). In sintesi, quindi, più siamo abili nell’eseguire certe attività motorie, più siamo capaci nel simularle (e viceversa), e tanto più si attivano i neuroni specchio coinvolti in queste attività. Pensiero controfattuale e anticipazione della propria identità La simulazione è un dispositivo mentale molto potente per “ricostruire” eventi del passato (pensiero controfattuale) e per “anticipare” eventi del futuro (pensiero prefattuale). Nel pensiero controfattuale ci riferiamo ad avvenimenti accaduti e ipotizziamo che cosa sarebbe potuto accadere se ci fossimo comportati in modo diverso. Ci troviamo davanti ad una forma di pensiero condizionale, in cui siamo di fronte al modo congiuntivo delle possibilità. Nel modo indicativo, invece, le persone pensano a un’unica possibilità, mentre nel modo congiuntivo esse fanno riferimento a due possibilità: quella realmente accaduta e quella che sarebbe potuta accadere. Nel primo caso le persone seguono la forma logica del modus ponens, mentre nel secondo esse compiono un’inferenza in conformità alla forma logica del modus tollens. La simulazione, quindi, è in grado di raffigurarsi anche il futuro. Come affermava James nel 1890: “La conoscenza del passato e del futuro, vicino o lontano, è sempre mescolata con la conoscenza del presente”. Questo tempo psicologico è la totalità del sé che va sia all’indietro sia in avanti. Oltre che la ricostruzione del passato, ci prefiguriamo anche come potremo essere in futuro. Entrano in gioco così le simulazioni prefattuali ovvero delle anticipazioni di come attuali condizioni reali potrebbero essere nel futuro. Proprio come quelle controfattuali, anche quelle prefattuali seguono la regola del se x, allora y e possono rappresentare sia condizioni future inferiori (downward) quando anticipano risultati peggiori di quelli attesi, sia condizioni future superiori (upward) quando i risultati sono migliori di quelli attesi. In poche parole, attribuiamo maggiore importanza alle simulazioni concernenti il futuro Capitolo 5 - Rappresentazione, conoscenza, simulazione mentale 27 prossimo rispetto a quelle che riguardano il futuro remoto. Il futuro prossimo, infatti, viene valutato in modo più favorevole perché prevediamo di migliorare nel breve periodo, mentre il futuro remoto ci fa sentire più incerti perché è più lontano nel tempo. Le simulazioni che riguardano il nostro futuro, però, sono molto più frequenti di quanto pensiamo e servono a disegnare il futuro del nostre sé (sé possibile). Si tratta di chi vogliamo essere oggi e soprattutto domani. Ma perché facciamo queste “fughe in avanti”? Perché la pianificazione del proprio futuro dà senso alla nostra identità, ci fornisce una traiettoria della vita e migliora il nostro presente. Inoltre, sostiene il nostro impegno per comportamenti presenti che potranno avere esiti positivi in futuro. Ancora, innalza il livello di fiducia in noi stessi e il sentimento di autoefficacia, ci fa sentire in grado di governare la traiettoria della nostra vita in modo più ottimistico. Infine soddisfa il bisogno di sentirsi preparati (preparedness) in caso sia di opportunità (autorealizzazione) sia di minacce (autoprotezione). Possiamo intenderla come una “vaccinazione emotiva” che favorisce il governo delle nostre emozioni negative. Le simulazioni che riguardano il nostro futuro, quindi, oscillano fra la desiderabilità e la fattibilità. Questo contrasto mentale fra il conseguimento di un futuro desiderato e la valutazione delle condizioni attuali disponibili per raggiungere tale stato, ci fa attivare le nostre risorse mentali e ci fa sentire motivati a perseguire una condizione futura per noi soddisfacente. Innovazione e creatività La simulazione è altresì un motore potente della creatività umana. Infatti, prendendo avvio da alcuni indizi, la mente umana è in grado di creare attraverso la simulazione nuove combinazioni mai considerate prima grazie ad accostamenti insoliti e ad associazioni impreviste. Siffatta condizione vale per le diverse forme della creatività umana. Nell’ambito scientifico e tecnologico, invece, la simulazione è la delineazione di nuove prospettive e traiettorie, è il creare cose che non esistono ancora. Pensiamo alla storia e alla rivoluzione delle idee degli esseri umani nel corso dei secoli (vedi Albert Einstein a pagina 148). La simulazione mentale è anche la base del pensiero produttivo e della progettazione. 4. LIMITI DELLA SIMULAZIONE