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Psicologia generale (Anolli e Legrenzi) - riassunto capitolo 7, Sintesi del corso di Psicologia Generale

Riassunto approfondito del capitolo 7.

Tipologia: Sintesi del corso

2022/2023

Caricato il 11/01/2024

duransdurans
duransdurans 🇮🇹

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Scarica Psicologia generale (Anolli e Legrenzi) - riassunto capitolo 7 e più Sintesi del corso in PDF di Psicologia Generale solo su Docsity! Capitolo 7 - Memoria e oblio 1 🧶 Capitolo 7 - Memoria e oblio Se il cervello è una cartografia immensa di mappe cerebrali e la mente è una collezione illimitata di immagini mentali, come possiamo ricordarne un numero così elevato? In che modo codifichiamo e conserviamo le informazioni acquisite sotto forma di conoscenze esplicite (dichiarative) o contingenti (episodiche)? I depositi della memoria sono fuori dalla portata della coscienza. Che strada seguiamo per recuperare i ricordi da tali depositi rendendoli di nuovo coscienti? Per quale motivo ci ricordiamo di molte cose, mentre di altre non rimane traccia e le dimentichiamo? La memoria riguarda solo il passato o anche il futuro? Quando compiamo delle operazioni “qui e ora”, in che modo interviene la memoria? Come lavora la memoria di lavoro? 1. NATURA DELLA MEMORIA 1.1. Memoria come percorso nel tempo L’esperienza che facciamo in ogni momento è appresa in base a complessi dispositivi mentali. L’apprendimento, però, sarebbe inutile se non avessimo la capacità di conservare nella mente ciò che abbiamo appreso per potere utilizzare le competenze e le conoscenze acquisite in un momento successivo in funzione delle esigenze individuali e di quelle poste dall’ambiente. La conoscenza va immagazzinata nel nostro Capitolo 7 - Memoria e oblio 2 cervello per poter essere poi recuperata in un momento successivo. La memoria è la capacità di conservare nel tempo le informazioni apprese e di recuperarle quando servono in modo pertinente. Ogni nuova esperienza comporta dei cambiamenti nei circuiti nervosi, rafforzandone alcuni e indebolendone altri, così da creare nuovi percorsi nervosi. Anche ricordare qualcosa è un processo attivo che modifica il ricordo stesso. La memoria, quindi, va considerata come un processo attivo e dinamico, dipendente dalla storia di ciascun individuo. La memoria è un sistema in continuo divenire, una traiettoria inarrestabile che continua per tutta la nostra vita. Per certi aspetti possiamo affermare che noi siamo la nostra memoria poiché essa è la nostra storia come individui (memoria personale) ma anche come comunità a cui apparteniamo (memoria collettiva). La memoria non è la fotocopia della realtà per cui, essendo un’elaborazione, una ricostruzione e una conservazione attiva delle informazioni, implica in ogni caso un certo grado di distorsione rispetto a una ripresa oggettiva dei fatti. La memoria è soggetta a suggestioni e a processi di rielaborazione personale che, di solito, conducono a un miglioramento dei ricordi (ottimismo mnestico). La memoria, inoltre, anche se è molto estesa, non è infinita. Anzi, è limitata sia in termini quantitativi sia in termini di durata. La memoria, quindi, è strettamente connessa con l’oblio. Anche se in apparenza può sembrare uno svantaggio, dimenticare, invece, è un grande vantaggio perché elimina dalla mente tutte quelle informazioni superflue per lasciare spazio a nuovi apprendimenti. Chi non riesce a dimenticare, infatti, non solo diventa disadattato rispetto all’ambiente, ma non è più in grado di discriminare ciò che è importante da ciò che è insignificante. Il gioco fra ritenzione, recupero e oblio pone in evidenza che la memoria è un’attività dinamica in continua trasformazione. Occorre adesso pensare a un dispositivo in grado di far funzionare i processi di memoria. Accanto ai depositi stabili e attendibili della memoria a lungo termine, la memoria di lavoro, in passato chiamata memoria a breve termine, è uno spazio di manovra in grado di codificare e elaborare le informazioni provenienti dall’ambiente per renderle disponibili in format idonei per gli archivi della memoria a lungo termine. 1.2. Principali sistemi della memoria a lungo termine Il termine memoria, di per sé, è vago, poiché raccoglie sotto di sé un insieme eterogeneo di processi. Più che di memoria occorre parlare di memorie. La memoria, Capitolo 7 - Memoria e oblio 5 di ricordare senza averne consapevolezza, poiché è una conoscenza che si manifesta in prestazioni senza che il soggetto ne abbia conoscenza. Le nostre abilità motorie, per esempio, sono registrate come modelli e sequenze di movimenti nella memoria implicita ed è una memoria caratterizzata da modesta variabilità nel tempo, da una sostanziali indipendenza rispetto all’età e da una modesta connessione con l’intelligenza. Viene attivata dai gangli basali del cervello. La memoria implicita è connessa con processi importanti per il nostro funzionamento mentale (vedi esempi alle pagine 181-182), infatti, vi sono informazioni contenute nella memoria implicita, in grado di influenzare i nostri comportamenti al di fuori della nostra consapevolezza. Per esempio, pazienti con gravi forme di amnesia per informazioni esplicite riescono ad acquisire e conservare ricordi nella memoria implicita attraverso la facilitazione e l’apprendimento motorio. Inoltre, tali soggetti presentano gravi deficit nella memoria esplicita, ma non in quelle implicita. Memoria autobiografica La memoria è una componente essenziale dell’identità personale e sociale. Collega ciò che siamo stati, ciò che siamo e ciò che intendiamo essere domani in un intreccio unitario e coerente. Chi soffre di amnesia, infatti, viene inevitabilmente a compromettere la propria identità e la capacità di stabilire relazioni significative con gli altri. Parliamo di memoria autobiografica per indicare la capacità di conservare le informazioni e le conoscenze legate al sé a partire dagli inizi della seconda infanzia. Non è solamente una collezione di ricordi associati a singoli episodi, è anche la rete delle connessioni e le costellazioni dei ricordi che contribuiscono a dare senso alla propria esistenza. La memoria autobiografica è una sorta di regia che attribuisce unitarietà e distintività alla nostra persona. Inoltre, è connessa con il cortisolo, un ormone che, a livelli elevati, può provocare un deterioramento della memoria autobiografica, come avviene nella depressione. Memoria del passato e memoria del futuro La memoria retrospettiva concerne la conservazione e il recupero di ricordi riguardanti fatti, episodi e conoscenze del passato. Per questo motivo, questo tipo di memoria, riguarda la nostra storia. Esiste, però, anche una memoria per gli eventi futuri, parliamo allora di memoria prospettica. Ricordarsi di compiere un’azione nel futuro non è affatto un’operazione scontata, anzi, comporta un piano mentale complesso che Antonella Brandimonte, nel 1991, ha distinto in sei fasi: a) formazione delle intenzioni; b) ricordare Capitolo 7 - Memoria e oblio 6 che cosa fare; c) ricordare quando farlo; d) ricordare di compiere l’azione; e) compiere l’azione nel modo stabilito; f) ricordare di aver compiuto l’azione per non ripeterla. La pianificazione di queste fasi risente, inoltre, di altri fattori, quali la decisione autonoma o la necessità di ricordarsi azioni future imposte da altri, la familiarità, l’automaticità ecc. 2. MEMORIA COME PROCESSO La memoria non è un deposito statico e fisso di dati a nostra disposizione, bensì un’organizzazione articolata e dinamica delle informazioni che, pur prevedendo magazzini e registri di dati, implica una sequenza di processi: la codifica e l’elaborazione delle informazioni, il loro consolidamento nel tempo e il loro recupero in un tempo successivo in funzione delle nostre esigenze. 2.1. Codifica ed elaborazione delle informazioni Per poter collocare le informazioni nei depositi di memoria, occorre anzitutto codificarle. La codifica consiste nel trasformare un’informazione in una rappresentazione mentale collocata in un deposito di memoria. In questo processo sono coinvolti numerosi fattori come l’attenzione. Infatti, se non prestiamo attenzione a qualcosa o se siamo annoiati, la sua codifica è debole e sarà difficile poi ricordarlo (vedi esempio a pagina 183). L’attenzione, quindi, insieme ad altri fattori emotivi e motivazionali, determina la forza della codifica, che presenta tre livelli di elaborazione secondo la teoria dei livelli di elaborazione. A un livello superficiale, ci fermiamo agli aspetti strutturali e fisici di uno stimolo; al livello intermedio abbiamo gli aspetti fonologici di uno stimolo; al terzo livello abbiamo le componenti semantiche. A una prova di memoria, la codifica profonda degli stimoli conduce a ricordare il 78% degli stimoli, quella intermedia il 57% e quella superficiale solo il 16%. La codifica superficiale degli stimoli è attivata dalla corteccia temporale laterale sinistra, mentre quella profonda dalla corteccia frontale inferiore sinistra. Ma quali sono i fattori che potenziano il processo di codifica? Sono numerosi e diversi. Possiamo ricordare la partecipazione attiva nella produzione dell’informazione da ricordare (il cosiddetto effetto produzione). Infatti, quando siamo attivi nella produzione delle informazioni, le ricordiamo molto di più, poiché vi prestiamo maggiore attenzione e interesse rispetto alla loro semplice registrazione e “memorizzazione” passiva. Parimenti, a parità del numero delle ripetizioni, la codifica degli stimoli è assai più Capitolo 7 - Memoria e oblio 7 potente se è distribuita nel tempo in differenti periodi, anziché essere concentrata in un periodo unico (effetto distanziamento temporale). Se ammassiamo la codifica in una volta sola, rischiamo di essere distratti, di annoiarci e di raggiungere presto una condizione di saturazione. Inoltre, un fattore robusto nella codifica consiste nella capacità di collegare insieme le diverse caratteristiche di uno stimolo e evento in una rappresentazione unitaria e coerente. Questa integrazione (binding), già vista per quanto riguarda le simulazioni mentali, consente di ricordare un oggetto come unità e viene elaborata nel lobo temporale mediale, in particolare dall’ippocampo. In particolare, l’ippocampo destro è associato alla memoria episodica non verbale, mentre l’ippocampo sinistro alla memoria episodica verbale. Ancora, Allan Paivio ha sottolineato l’importanza del sistema della doppia codifica, una verbale e l’altra immaginativa. Partendo dalla constatazione che parole della stessa frequenza e lunghezza sono ricordate in modo diverso e che gli stimoli figurali sono ricordati meglio dei corrispondenti stimoli verbali, Paivio ha dimostrato che il diverso ricordo dipende dal tipo di codifica. Gli stimoli figurali sono più facili da ricordare, poiché attivano immediatamente una codifica per immagini e, se l’oggetto è familiare, anche la codifica verbale, dato che sappiamo dare un nome allo stimolo. Lo stimolo è così codificato due volte: una dal sistema immaginativo e una dal sistema verbale. Lo stesso avviene per le parole ad alto valore di immagine. Invece, gli stimoli verbali a basso valore di immagine non possono avvalersi della codifica per immagini e quindi sono più difficili da ricordare. Quando un’informazione attiva entrambi i sistemi di codifica, il suo recupero è molto più facile. 2.2. Ritenzione e recupero Una volta codificate le informazioni e rese compatibili con i format dei depositi di memoria, occorre consolidarle e mantenerle nel tempo finché ci servono. Si tratta della ritenzione, grazia a cui conserviamo nei magazzini di memoria le informazioni acquisite. Di solito, per favorire il processo di ritenzione facciamo ricorso alla reiterazione, che favorisce la fissazione delle informazioni che intendiamo trattenere. Le informazioni immagazzinate nei depositi della memoria sono disponibili a essere recuperate al momento opportuno in funzione delle nostre esigenze. Il recupero consiste nel riattivare informazioni depositate nei magazzini di memoria, rimaste fuori dal campo della nostra coscienza fino a quel momento. Si tratta dell’esperienza Capitolo 7 - Memoria e oblio 10 evidenza che il ricordo non è una copia ma una rielaborazione personale di fatti e conoscenze. I “peccati” della memoria Nel 2001 Daniel Schacter ha elencato i “sette peccati” della memoria per indicare i modi principali in cui la memoria fallisce e ci può tradire. Sono: labilità, distrazione, blocco, errata attribuzione, suggestionabilità, distorsione e persistenza. I primi tre fenomeni concernono carenze da omissione. La labilità indica la debolezza della memoria che ci impedisce di ricordare ciò che abbiamo fatto a distanza di un certo tempo, soprattutto se in condizioni routinarie. La distrazione è connessa con una mancanza di attenzione che è indispensabile per creare il ricordo. Il blocco riguarda l’incapacità di recuperare un’informazione che, in realtà, non abbiamo dimenticato e che poi ricordiamo quando non serve più. I secondi tre fenomeni fanno riferimento a carenze da commissione. L’errata attribuzione concerne il fatto di riferire le informazioni di un ricordo a una fonte o a un contesto sbagliato. La suggestionabilità consente di indurre e creare ricordi falsi. La distorsione indica il processo attraverso cui le nostre convinzioni attuali modificano i contenuti e le informazioni dei ricordi del passato. Il settimo “peccato”, la persistenza, è l’incapacità di dimenticare e genera il fenomeno della ruminazione mentale, per cui il soggetto ritorna in continuazione sugli stessi ricordi. Psicologia della testimonianza L’insieme degli studi citati sopra e di altri ancora ha dato luogo alla psicologia della testimonianza che studia la validità, attendibilità e accuratezza dei ricordi di un testimone. Già nel 1931 Cesare Musatti aveva iniziato ad occuparsi in Italia di tale ambito, che pone in evidenza l’intreccio complesso fra memoria, eventi e circostanze giuridicamente perseguibili, responsabilità del testimone e decisione del giudice. Nell’identificazione di un criminale si possono compiere errori sistematici con rilevanti conseguenze. Tali errori dipendono da due ordini di fattori: a) non sono presentate a un testimone di un processo tutte le alternative possibili a una data ricostruzione dei fatti; b) si pensa che la memoria funzioni in modo attendibile, veritiero e accurato. Nel 1995 Cesare Cornoldi cita casi anche clamorosi di condanne fondate sul presupposto che un singolo testimone “non poteva aver dimentica eventi traumatici”. Succede quindi che persone presunte esperte come i giudici ritengano che i ricordi di eventi con forte carica Capitolo 7 - Memoria e oblio 11 emotiva non siano soggetti a distorsioni. In realtà, essi vanno incontro a importanti processi di amnesia, di ricostruzione e di distrazione nella registrazione degli eventi. 2.4. Ipermnesia e amnesia La memoria non è un semplice magazzino in cui sono conservati degli oggetti mentali che prendiamo quando ne abbiamo bisogno ma è un processo attivo e ricostruttivo delle informazioni acquisite che va incontro a fenomeni particolari di eccitazione o depressione. In caso di eccitazione della memoria parliamo di ipermnesia intesa come la capacità particolarmente lucida di ricordare scene complesse in tutti i loro particolari, anche se lontane nel tempo. Di solito, è un fenomeno transitorio che ha luogo durante l’estasi maniacale e l’ipnotismo o sotto effetti di farmaci e di sostanze stupefacenti. Tuttavia, può essere anche una competenza permanente e parziale negli artisti (vedi esempi a pagina 188). In altri casi, l’ipermnesia può essere associata a disturbi psichici, come nella sindrome post-traumatica o per danni cerebrali (vedi esempio a pagina 188). In contrapposizione all’ipermnesia abbiamo l’amnesia intesa come una perdita totale o parziale di memoria a seguito di un trauma o di una malattia cerebrale. Può essere totale o parziale e viene distinta in amnesia retrograda e amnesia anterograda. L’amnesia retrograda è la perdita di memoria per eventi accaduti prima del trauma, ma si ha memoria per gli avvenimenti successi in seguito, mentre la seconda è la perdita di memoria che non compromette ricordi passati, ma limita enormemente la capacità di memorizzare informazioni presenti. 3. OBLIO E DIMENTICANZA 3.1. Inevitabilità dell’oblio La memoria è la facoltà dell’oblio - Henri Bergson Quando si deve ricordare qualcosa, l’imperativo è quello di non dimenticare. Tuttavia, la memoria ricorda e dimentica. A questo punto, è fondamentale capire perché “ricordare” Capitolo 7 - Memoria e oblio 12 è strettamente connesso con “dimenticare”. Per certi aspetti non si può ricordare se prima non si è dimenticato anche perché la mente non è in grado di conservare tutto ciò che elabora. Infatti, un sistema come quello della memoria, che raccoglie e conserva informazioni, per quanto grandi siano i suoi depositi, deve affrontare due problemi: a) la selezione delle informazioni in entrata; b) l’eliminazione delle informazioni non rilevanti o diventate tali. Queste due operazioni evitano a qualsiasi biblioteca o banca dati il raggiungimento di dimensioni tali da non poter essere più gestibili. Abbiamo visto che le funzioni di selezione sono realizzate nella mente da una serie di filtri attraverso cui passano le informazioni in entrata. La stessa rappresentazione incompleta delle informazioni è un filtro che permette un equilibrio tra lo spazio limitato della memoria di lavoro e le dimensioni di un problema da risolvere. 3.2. Curva dell’oblio di Ebbinghaus Nella sua classica opera sulla memoria, pubblicata nel 1885, Hermann Ebbinghaus esaminò su se stesso in modo sistematico come la memoria per stimoli codificati cambi quando l’intervallo di ritenzione (cioè il periodo di tempo fra la codifica e la rievocazione) aumenta. Osservò che la sua memoria per sillabe prive di senso declinava sistematicamente in funzione dell’aumento dell’intervallo di ritenzione. Tale curva fu replicata negli studi successivi e segue una legge di potenza: il tasso della dimenticanza diminuisce con il passare del tempo. Molto rapido all’inizio, rallenta progressivamente quando l’intervallo di ritenzione diventa più lungo. Essendo basata sullo scorrere del tempo, la curva di Ebbinghaus è stata interpretata come effetto del decadimento e quindi i ricordi più distanti nel tempo sarebbero i primi a essere dimenticati. Tale ipotesi, tuttavia, non si è dimostrata attendibile, poiché la memoria è una struttura organizzata e il trascorrere del tempo non è la causa diretta dell’oblio. Gli anziani, per esempio, hanno molti ricordi validi della loro giovinezza, mentre hanno difficoltà a ricordare gli eventi del giorno prima. 3.3. Natura dell’oblio L’oblio è l’eliminazione volontaria o involontaria di informazioni già memorizzate. Non va inteso come un difetto o una debolezza, bensì come una parte integrante della memoria. Non è un attentato contro l’affidabilità della memoria ma è una risposta utile ed economica alle richieste avanzate alla memoria dall’ambiente in cui viviamo. L’oblio costituisce una componente adattiva della memoria e va distinto dall’amnesia, che Capitolo 7 - Memoria e oblio 15 Già James, nel 1890, aveva distinto fra memoria primaria e memoria secondaria. La memoria primaria è un deposito iniziale provvisorio in cui le informazioni, rese disponibili all’attenzione e all’introspezione, non vanno mai perse. La memoria secondaria è, invece, la memoria a lungo termine, da cui le informazioni non possono essere recuperate senza il contributo di un processo mentale attivo. Tuttavia le idee di James vennero travolte dal comportamentismo e solo sessant’anni dopo ricomparvero indagini riguardo la memoria. Nello studio sulla capacità di immagazzinare informazioni nel breve termine, Miller, nel 1956, scoprì il “magico numero sette più o meno due” per indicare la portata limitata della memoria a breve termine (MBT): siamo in grado di conservare circa sette unità di informazioni diverse dopo una singola presentazione e in assenza di ripetizioni. Miller elaborò, inoltre, il concetto di “unità di immagazzinamento” della memoria impiegando il termine chunk. Nel codificare e “trattare” le informazioni, possiamo procedere per informazioni elementari singole separate o raggrupparle a due o a tre. La valutazione della portata della memoria a breve termine è data da un test conosciuto come span di cifre. Di solito, è una serie crescente di cifre da ripetere nel medesimo ordine (span di cirfre in avanti) o in ordine inverso (span di cifre all’indietro). Lo span di cifre all’indietro è assai più impegnativo di quello in avanti. La memoria a breve termine è assai precaria e volatile e la sua portata può essere valutata anche con il compito Brown-Peterson. Quest’ultimo consiste nel presentare ai soggetti una sequenza di tre consonanti da ricordare e d’impedire loro ogni forma di reiterazione chiedendo di iniziare a contare all’indietro da 100 a 3. Sono invitati a ricordare la sequenza a diversi intervalli di tempo. Dopo 6 secondi l’accuratezza del ricordo decade del 50%, a 18 secondi è praticamente nulla. In presenza di compiti distrattori (compiti di interferenza), la volatilità della memoria a breve può diventare molto elevata con una durata di appena 2 secondi. Se desideriamo il rapido deterioramento delle informazioni, occorre ripeterle con frequenza per mentenerke presenti nel tampone di reiterazione (rehearsal buffer). La memoria a breve termine è una “memoria tampone”, poiché per un certo periodo di tempo mantiene “vive” le tracce del materiale da ricordare. 4.2. Il modello Atkinson e Shiffrin: memoria come elaborazione in sequenza delle informazioni Nel 1971 Richard Atkinson e Richard Shiffrin, sulla scorta delle evidenze sino ad allora raccolte, ritennero che la memoria fosse un sistema complesso, composto da diversi Capitolo 7 - Memoria e oblio 16 stadi, dotati di funzioni distinte. Proposero un modello multiprocesso della memoria, basato sullo scambio input-output: ogni stadio riceve input che trasforma in output, che diventano input per lo stadio successivo. Gli stadi principali sono tre: a) il registro sensoriale; b) la memoria a breve termine; c) la memoria a lungo termine. In particolare, Atkinson e Shiffrin ritennero che nella memoria a breve termine, composta da un solo sistema per immagazzinare le informazioni, la reiterazione svolgesse un funzione rilevante. Più le informazioni sono reiterate nella memoria a breve termine, maggiori sono le probabilità che siano trasferite alla memoria a lungo termine dove, teoricamente, hanno una collocazione permanente. Il modello sequenziale di Atkinson e Shiffrin, pur essendo plausibile sul piano ipotetico, è risultato infondato sul piano empirico. Infatti, pazienti con danni cerebrali importanti tali da compromettere gravemente la memoria a breve termine sono egualmente capaci di registrare nuove informazioni nella memoria a lungo termine. Allo stesso modo, nella memoria a breve termine vi sono diversi sistemi di elaborazione delle informazioni che agiscono in contemporanea. 4.3. Memoria sensoriale La memoria sensoriale è la capacità di mantenere in modo sostanzialmente fedele le informazioni ambientali. Questa è una memoria modale, poiché corrisponde alle varie modalità sensoriali. Per questo tipo di memoria, occorre un registro sensoriale in grado di captare e trattenere per il tempo necessario le informazioni sensoriali. L’esistenza del registro sensoriale è stata provata nel 1960 da George Sperling, che si era posto la domanda: “Che cosa possiamo ricordare con un solo sguardo?”. Ai soggetti era presentata, per soli 50 ms, una matrice 3x3 contenente nove lettere. Il compito dei soggetti consisteva nel nominare quante più lettere potevano. Essi dicevano di averle “viste” tutte e nove, ma in effetti riuscivano a nominarne solo quattro o cinque (tecnica del resoconto totale). L’ipotesi di Sperling fu che i soggetti non riuscivano a conservarle abbastanza a lungo nel registro sensoriale per poi ripeterle tutte. Per controllare tale ipotesi, ideò la tecnica del resoconto parziale, con cui si richiedeva ai soggetti di riportare solo una parte delle lettere. Essi erano istruiti ad accoppiare la riga superiore della matrice con uno stimolo sonoro alto, quella intermedia con uno stimolo sonoro medio e quella inferiore con uno basso. Se il segnale sonoro era emesso dopo la presentazione visiva e se, grazie a esso, il soggetto riusciva a nominare tutta la riga segnalata, si dimostrava che tutte e nove le lettere erano state registrate. Capitolo 7 - Memoria e oblio 17 Sperling misurò così il livello del resoconto, quante lettere erano nominate in funzione del ritardo con cui il segnale sonoro veniva dato rispetto alla presentazione visiva. Quando il suono seguiva immediatamente la scomparsa della matrice, i partecipanti riuscivano a riportare tutte e tre le lettere della riga segnalata. Se il ritardo era di 300 ms nominavano, in media, solo due lettere. Se il ritardo superava il secondo, le prestazioni coincidevano con quelle ottenute con la tecnica del resoconto totale. In seguito agli esperimenti di Sperling, fu accertato che la memoria iconica è di grande capacità, dura assai poco (massimo 400 ms), ma per il tempo sufficiente a registrare le informazioni ambientali, decade assai rapidamente per lasciare spazio a nuove informazioni sensoriali. In modo analogo funziona la memoria ecoica, anche se ha una durata maggiore (fino ai 2 o 3 secondi). 4.4. Il modello di Baddeley e Hitch: la memoria di lavoro La concezione della memoria di lavoro elaborata da Alan Baddeley e Graham Hitch nel 1974 e approfondita negli anni successivi dallo stesso Baddeley, delinea un sistema della memoria a breve termine composto da due magazzini di item e un dispositivo centrale di controllo. A differenza del modello di Atkinson e Shiffrin sulla memoria a breve termine, la memoria di lavoro non è considerata una stazione di passaggio verso la memoria a lungo termine, ma uno spazio in cui si svolgono importanti attività mentali di integrazione, coordinazione e manipolazione delle informazioni in ingresso. Tali attività, rese possibili e governate dall’esecutivo centrale, si suddividono in due linee indipendenti di processi, riguardanti le informazioni verbali e quelle visivo-spaziali. La memoria di lavoro, quindi, è un sistema attivo e dinamico complesso, composto nella sua versione attuale da quattro sistemi indipendenti. Come lavora la memoria di lavoro? Partiamo, innanzitutto, dall’esecutivo centrale (central executive) ovvero un sistema flessibile per il controllo e la regolazione dei processi cognitivi richiesti dalla situazione. Collega le informazioni provenienti dalle diverse fonti in episodi coerenti, coordina i sottoinsiemi, orienta le risorse attentive a disposizione in modo selettivo e, inoltre, è in grado di cambiare i piani di reiterazione e attiva momentaneamente la memoria a lungo termine. Il circuito fonologico (phonological loop), invece, riguarda il parlato e conserva l’ordine in cui le parole sono presentate. A sua volta, è suddiviso in due componenti: il magazzino fonologico (phonological store), in grado di trattenere le tracce acustiche per circa 2 secondi, e il sistema articolatorio (articulatory system), che ha la funzione di