Scarica PSICOLOGIA GENERALE - Legrenzi e più Sintesi del corso in PDF di Psicologia Generale solo su Docsity! PSICOLOGIA GENERALE CAPITOLO 1- PARAGRAFO 1 Psicologia Ingenua e Psicologia Scientifica affrontano le opportunità e i vincoli della vita cui andiamo incontro. Tuttavia, le trattano in modo diverso. La storia che le separa inizia con l'ominide Sahelanthropus - detto “Toumai” (=speranza di vita), nel deserto del Ciad circa 7 milioni di anni fa, all'inizio del Pliocene (fase di inaridimento del clima africano). Da qui inizia la nostra separazione dagli scimpanzé, con cui ad oggi condividiamo il 96% del genoma. Dal confronto sistematico dei due genomi risulta che siamo diventati umani non per addizione ma per sottrazione (eliminando pezzi di DNA: es. gene recettore androgeno e gene inibitore del tumore cerebrale). L'evoluzione della nostra specie è avvenuta in modo contingente come sostiene il modello degli equilibri punteggiati di Stephen Gould (Vs. evoluzione lineare del modello della Sintesi moderna degli anni Trenta). Vi sono quindi degli “anelli mancanti” ma anche dei “salti in avanti”. Oggi la specie umana, unica al mondo, comparsa in Africa circa 160.000 anni fa, discende da Homo Sapiens Arcaicus, che all'epoca comprendeva diverse specie umane (definite “cespuglio di ominidi” per la discendenza ramificata). Circa 100.000 anni fa la nostra specie è diventata simbolica, in grado di “maneggiare” simboli (entità) che rappresentano mentalmente altre entità. In quel medesimo arco di tempo Homo sapiens migrò fuori dall'Africa per colonizzare tutta la Terra. Sempre in quello stesso momento probabilmente comparse il linguaggio, primo salto in avanti nella conquista di nuove abilità psicologiche. La psicologia, quindi, ha un percorso remoto ed affonda le sue radici nell'evoluzione dell'Homo sapiens. Lo sviluppo delle competenze psicologiche subisce un forte impulso circa 40.000 anni fa in virtù di un drastico avanzamento tecnologico: la rivoluzione del Neolitico e l'avvento dell'agricoltura. Non sappiamo se la rivoluzione sia avvenuta a seguito di importanti pressioni ambientali o sia dovuta anche a una riorganizzazione del cervello, ma comunque ha predisposto una “cassetta degli attrezzi mentali” tuttora validi e in uso. Oggi la “cassetta” è impiegata sia dalla psicologia ingenua sia da quella scientifica. Secondo gli empiristi inglesi ogni forma di conoscenza a nostra disposizione deriva dall'esperienza per il tramite delle sensazioni. Non vi sono idee innate, anche se alla nostra mente serve una gamma indefinita di dispositivi nervosi su base genetica. Il termine ESPERIENZA (=fare una prova) ha numerose accezione, ma in questa sede è la “totalità delle singole esperienze”. È l'enciclopedia delle conoscenze esplicite (formali) e implicite (tacite) acquisite nel corso del tempo tramite il coinvolgimento personale nelle azioni e l'imitazione dei comportamenti altrui. Già John Locke aveva posto in evidenza che la nostra conoscenza è fondata sull'esperienza, in quanto fonte delle informazioni acquisite attraverso le sensazioni. È altresì “sentire” gli eventi che ci riguardano e che influenzano il flusso dei nostri stati d'animo. Le conoscenze acquisite tramite l'esperienza hanno un valore eminentemente pragmatico. Consentono altresì di elaborare teorie per spiegare il comportamento. Sono tuttavia teorie ingenue, fondate su conoscenze poco attendibili. L'esperienza non è una dimostrazione ma un avvenimento personale, limitato nel tempo e nello spazio e soggetto a errori e distorsioni. La PSICOLOGIA DEL SENSO COMUNE (psicologia ingenua) è una forma indispensabile di sapere che consente di far fronte alle difficoltà, di intervenire nelle situazioni atipiche e di gestire circostanze complesse. Se alla psicologia ingenua introduciamo processi di verifica rigorosi, otteniamo conoscenze dotate di maggiore validità. La PSICOLOGIA SCIENTIFICA è quindi fondata sul metodo sperimentale ma, come ogni altra scienza naturale, si fonda sul sapere della psicologia ingenua. Fra scienza e sapere esiste un rapporto di continuità, di conseguenza la psicologia scientifica presenta un carattere di contingenza. Essa presenta anche un carattere di necessità. I criteri scientifici da essa ammessi valgono per tutti gli studiosi che vi si riconoscono — che hanno la possibilità di procedere alla verifica. Le due psicologie sono due livelli di conoscenza radicalmente diversi fra loro. Le conoscenze della psicologia scientifica, per essere feconde e produttive, dovrebbero ritornare al livello del senso comune + è l'operazione di divulgazione scientifica che costituisce un vincolo per gli studiosi (promuove la partecipazione ma favorisce anche nuove forme di convivenza sociale). Il termine psicologia compare per la prima volta nel poemetto Psichiologia de ratione animae humanae del poeta Marko Marulic nel 1520. Solo nel Settecento assume il significato attuale. Christian Wolff opera la distinzione tra psicologia razionale e psicologia empirica. La prima, di natura filosofica, fu messa in discussione da Kant. La seconda, “naturalistica”, è stata la radice da cui è sorta la psicologia scientifica. Lo studio psicologico attraversa la storie del pensiero in Oriente e in Occidente da millenni: Aristotele — De Anima — descrizione dei processi cognitivi. Ippocrate — classificazione della personalità — 4 tipi in funzione del prevalere di 4 umori. Eristrato — distinzione nervi sensoriali e nervi motori. Cartesio — distinzione fra res cogitans (pensiero) e res extensa (corpo) — corpo concepito come una macchina — primato della ragione sul corpo. Empirismo — importanza dell'esperienza per acquisire le conoscenze — mente come insieme di facoltà. Robert Whytt — riflessi di contrazione ed estensione. Charles Bell e Francois Magendie — nei nervi periferici le vie sensoriali erano indipendenti da quelle motorie — se recidiamo le prime perdiamo la sensibilità, mentre se recidiamo le seconde abbiamo una paralisi dei muscoli — Arco riflesso. Franz Gall e Johann Spurzheim — frenologia — le varie funzioni mentali dipendevano da aree del cervello ben delimitate. Paul Broca — centro cerebrale del linguaggio articolato. Carl Wernicke — aree cerebrali deputate alla comprensione del linguaggio scritto e orale. Kant + rifiutava la psicologia razionale di impostazione razionale e la psicologia empirica per l'impossibilità di “misurare” i fenomeni e i processi psichici. Dopo diversi tentativi fu individuato un parametro fisico idoneo a valutare il funzionamento mentale: il tempo. Johannes Muller — sostenne che era possibile misurare la velocità degli impulsi nervosi. Hermann von Helmholtz — conduzione nervosa di un impulso viaggia tra 26,4 e 27,25 metri al secondo. Sigmund Exner — nozione di “tempo di reazione” - misurò le diverse durate fra la stimolazione della cute in un certo punto del corpo e la sua rilevazione in un altro. Frans Cornelis Donders — “metodo della sottrazione” — tempi a/b/c Gustav Theodor Fechner — misurazione dei fatti mentali applicata alla sensibilità. La prospettiva di BRENTANO trovò espressione più completa nella scuola di Graz (o scuola austriaca), primo laboratorio austriaco di psicologia (1894), ove lavorarono i suoi allievi. In particolare, EHRENFELS fondò le basi per la scuola della Gestalt attraverso lo studio della qualità figurale. Le figure percettive restano invarianti nella loro organizzazione pur al variare degli stimoli che le compongono. Se facciamo riferimento ad un quadrato, questo non è l'insieme dei singoli elementi che lo compongono, bensì l'insieme dei rapporti fra loro esistenti. Nella percezione di una figura non conta lo stimolo nella sua interezza, ma l'organizzazione della configurazione: un quadrato è percepito come tale sia con i lati interi, sia anche solo con gli angoli, sia in condizioni minimali (quattro puntini disposti in modo regolare). Percepiamo, quindi, molto di più di quanto ci presentino gli stimoli (cap3). Tale evidenzia condurrà al principio “il tutto è più della somma delle singole parti”, duro colpo allo strutturalismo che assumeva una corrispondenza lineare tra stimoli e introspezione .1896 Kulpe e Marbe, scuola di Wuzburg: anche i processi mentali superiori (pensiero e ragionamento) possono essere studiati in modo rigoroso attraverso l'introspezione sperimentale sistemica, individuò il cd pensiero senza immagini (particolare evento della coscienza senza ulteriore caratterizzazione). SCUOLA DELLA GESTALT - Gli studi sulla percezione avviati dalla scuola di Graz furono approfonditi in modo sistematico dalla scuola della GESTALT, senza dubbio la più importante scuola di psicologia europea del secolo scorso. Fondata da MAX WERTHEIMER nel 1912 a BERLINO (cd. scuola di Berlino) e costituita da un gruppo di studiosi tra cui , LEWIN e KOHLER. Essi si occuparono in modo prevalente dei processi cognitivi con particolare riferimento alla percezione e al pensiero. Lewin estese i principi della Gestalt anche allo studio della personalità e di numerosi fenomeni sociali come il conflitto. Si fa coincidere l’inizio della scuola della Gestalt con la pubblicazione dei lavori di Wertherimer sul movimento apparente (o stroboscopico cap3). Questi studi sulla percezione furono integrati dal contributo di altri studiosi, con le figure anomale generate da margini quasi percettivi (cfr cap 3 effetto Kanisza). Il metodo cui la scuola della Gestalt ha fatto ricorso è originale e si distacca nettamente sia da quello introspettivo della scuola di Lipsia sia da quello psicometrico del funzionalismo. È il metodo fenomenologico, che consiste nel definire il campo percettivo in cui il soggetto si trova e nel rilevare ciò che in esso gli appare (fenomeno). Per campo percettivo intendiamo l’insieme dei suoi percetti, ciò che vede, non ciò che sa o pensa di sapere (cap3). In tale metodo è prestata particolare attenzione a evitare l’errore dello stimolo: descrivere non ciò che vediamo — percetto — ma ciò che sappiamo — concetto —. > mentre il metodo introspettivo si concentra sull'analisi delle proprie risposte interne allo stimolo, quello fenomenologico si focalizza sulla situazione esterna e su come è rilevata dal punto di vista di un soggetto. Accanto alla percezione, l’intelligenza, la soluzione di problemi (problem solving) e l’apprendimento negli animali furono oggetto di studio da parte di Kohler. In base ai dati raccolti sugli scimpanzé a Tenerife, egli propose un’interpretazione innovativa (insight) di questo processo (cap 6). A sua volta WERTHEIMER,, approfondì i fenomeni associati al pensiero produttivo in contrapposizione a quelli del pensiero riproduttivo ,ponendo in evidenza le condizioni per lo sviluppo di un pensiero creativo. Anche se oggi la scuola della Gestalt ha concluso la sua stagione , il suo apporto al patrimonio delle conoscenze in psicologia è stato rilevante (soprattutto in riferimento alla percezione, intelligenza e pensiero) grazie a un metodo non facile da seguire, ma valido e proficuo. COMPORTAMENTISMO CLASSICO — Negli Usa, nel 1913 Watson sostenne che la psicologia doveva essere una scienza rigorosa ed oggettiva al pari delle altre scienze naturali. Occorreva passare dagli eventi soggettivi (introspezione) agli eventi pubblici (osservabili da chiunque). Oggetto di studio della psicologia sono le manifestazioni del comportamento, studiate con metodi obiettivi, in quanto osservabili dall'esterno in modo intersoggettivo per via diretta o con l'ausilio di appositi strumenti (comportamentismo). Il comportamento è inteso come insieme delle risposte muscolari o ghiandolari dell'organismo in risposta ad un dato stimolo. Lo stimolo è un dato fisico; la risposta è un dato fisiologico, entrambi sono suscettibili di rilevazione da parte di osservatori indipendenti in condizioni controllate. Considerando le associazioni stimolo-risposta (S-R), la psicologia assume il compito di occuparsi di come l'individuo agisca (in chiave descrittiva, non interpretativa). L'organismo è una black box (al cui interno lo psicologo non può entrare): in ingresso (input) arrivano gli stimoli ambientali S, tali per cui il corpo emettere risposte R in uscita (output). Lo psicologo comportamentista esamina le associazioni S-R, in particolare come il variare delle risposte (variabile dipendente) dipende dal variare degli stimoli (variabile indipendente). Pertanto, Watson attribuì particolare importanza ai processi di apprendimento, idonei a istituire nuove associazioni S-R in funzione dell'adattamento all'ambiente. Il comportamentismo continuava gli studi iniziati da Thorndike 1911 con l'apprendimento per prove ed errori, e da Pavlov 1927 conil condizionamento classico (cap 6). questa linea fu approfondita da Skinner 1938 con il condizionamento operante. NEOCOMPORTAMENTISMO - Il metodo S-R era troppo rigido, così negli anni successivi un gruppo di comportamentisti prese in considerazione anche variabili intermedie assieme a quelle S e R. Tolman considera anche il comportamento nel suo insieme, il quale appare orientato al raggiungimento di uno scopo, ossia intenzionale , senza implicarne la consapevolezza (topo nel labirinto, esso apprende la via d'uscita associando S ad R; riempiendo il labirinto di acqua, il topo trova l'uscita perché non ha appreso una sequenza di movimenti, bensì una rappresentazione della forma del labirinto, cd mappa cognitiva: essa è una variabile interveniente frapposta tra quella indipendente S e quella dipendente R cap 6). Gli anni 50 sono stati l'apice del comportamentismo, il quale crollerà a causa del cognitivismo. PARAGRAFO 4 LE SCIENZE COGNITIVE - Per decenni fino agli anni 60 , lo studio della mente è stato ignorato per ciò che era imposto dal comportamentismo. A partire dagli anni 70, sono sorte le scienze cognitive, che si sono prefissate il traguardo di capire il funzionamento di un sistema di conoscenza in grado di riprodurre operazioni come percepire , ragionare, calcolare, immaginare e memorizzare. Sono operazioni che ci consentono di conoscere il mondo in cui viviamo e farne una mappa (diversa da quella di Tolman) cognitiva attendibile. Le scienze cognitive (plurale per i diversi metodi impiegati e campi di interesse), sorte ufficialmente negli STATI UNITI nel 1978 con una conferenza, si sono sviluppate grazie alla comparsa delle nuove tecnologie digitali. Forse per primo, CRAIK 1943, diede avvio alla prospettiva del cognitivismo, proponendo l’ immagine dell’uomo come elaboratore di informazione, ripresa negli anni successivi , in modo più compiuto da LINDESAY e NORMAN 1977 con il metodo dello Human Information Processing all’interno del paradigma dell’intelligenza artificiale . Nel 1960 SPERLING scoprì la memoria iconica , a brevissimo termine con tempi di immagazzinamento brevi . Il fiorire di queste scoperte sul funzionamento della mente confluì in quello che rappresenta il programma del nuovo paradigma scientifico. Oggetto di studio della psicologia cognitivista sono i processi di conoscenza : come gli individui elaborano le informazioni e costruiscono le rappresentazioni mentali utili per interagire con l’ ambiente (cap 5). INTELLIGENZA ARTIFICIALE : Il paradigma del’ intelligenza artificiale (IA), la cui nascita risale alle conferenza del 1956, aveva lo scopo di indagare i processi computazionali della mente considerandoli come corrispondenti a quelli effettuati con il computer. In tali processi rientravano i calcoli, confronti, graduatorie, combinazioni logiche, l’adeguamento. Fra l’ altro già Thomas HOBBES aveva sostenuto che ragionare consiste nel fare calcoli. In questa prospettiva il computer era considerato come un simulatore della mente umana. Elemento fondamentale di cui disporre per arrivare a questo traguardo era un elaborazione digitale delle informazioni, poiché i processori dei computer sono in grado di elaborarle solo in modo BINARIO, con valore DICOTOMICO 0 01 ( bit/ binarydigit ). Tali cifre indicano una condizione di assenza ( 0) , o di presenza (1) senza stadi intermedi in grado di trasformare qualsiasi variabile continua. La disponibilità di computer sempre più potenti alimenta la convinzione che sia possibile riprodurre il mondo reale nel mondo virtuale : simulare il mondo attraverso i computer . Il prototipo di tali macchine è la macchina di Turing: un dispositivo che , basandosi su funzioni ricorsive , consente di compiere numerose operazioni aritmetiche e rappresenta l’ embrione dei computer di oggi. Secondo L’IA , grazie a macchine di questo tipo sarebbe possibile simulare l’intelligenza della mente umana. Nella versione più forte L’IA ritiene che un computer correttamente programmato possa essere dotato di una intelligenza non distinguibile da quella umana. Esisterebbe uno stretto parallelismo tra mente e computer, secondo cui possiamo comprendere la mente solo se la riduciamo in modo cartesiano a parti meccaniche e materiali. Nella versione più debole, l’IA sostiene che un computer possono giungere a simulare alcuni processi cognitivi umani , pur non riuscendo a riprodurli nella loro interezza. PARAGRAFO 5 MODULARISMO , PSICOLOGIA , E CONNESSIONISMO - Il cognitivismo ha posto le premesse per comprendere l'architettura della mente umana, della quale si sono interessate le scienze psicologiche negli anni successive, con il modularismo e la psicologia evoluzionistica, nonché con il connessionismo. CONCEZIONE MODULARE DELLA MENTE E PSICOLOGIA EVOLUZIONISTICA — Fodor 1975 propone una concezione forte della mente computazionale, governata dal linguaggio della mente. Per Fodor è la combinazione di concetti semplici innati, intesi come entità univoche e chiuse che esprimono verità necessarie, elaborate secondo le regole logiche, attente solo alla forma non a contenuti. Fodor ha una visione modulare della mente, condivisa dalla psicologia evoluzionistica. Secondo il modularismo, la mente è organizzata in moduli, ciascuno dei quali con una struttura specializzata che lo rende un sistema esperto in un ambito specifico nell’interazione con l'ambiente. Questi moduli operano in ugual modo nelle varie situazioni, non possiamo scegliere di organizzare nostra percezione visiva: i moduli attribuiscono specifica struttura alla mente che funziona solo secondo processi predefiniti. Un aspetto che la psicologia evoluzionistica (versione psicologica dell'evoluzionismo) ha sottolineato è proprio in tal senso: i moduli sono il risultato della selezione naturale per affrontare i problemi; con l'evoluzione sono diventati sistemi esperti, geneticamente predisposti, finalizzati a trattare a livello mentale i problemi relativi a settori specifici dell’ambiente. Sono universali e sono costruiti in base ai cd algoritmi darwiniani (per soluzioni adattive ai problemi). I moduli mentali costituiscono nella loro totalità una mappa efficace del mondo. Rappresentano la ragione del nostro successo come specie. Siamo in presenza di una concezione di “mente adattata”. CONNESSIONISMO E RETI NEURALI ARTIFICIALI — Il connessionismo, che sorge a metà anni 80, pone in relazione l'architettura biologica del cervello con l'architettura funzionale dell’attività cognitiva e fa riferimento a modelli, cd. reti neurali artificiali ispirati alla struttura neurale cervello. Le reti neurali sono simulazioni che riproducono proprietà e processi funzionamento del sistema nervoso. Secondo il connessionismo, l'elaborazione delle informazioni avviene all’interno di ogni rete, composta da unità che procedono in modo parallelo, così da influenzarsi tra loro. La conoscenza , avviene sulla base di meccanismi di associazione, perché le proprietà che occorrono con maggiore frequenza sono associate tra loro rispetto alle altre. Ogni rete presenta un'architettura a 3 strati : -strato unità di input -strato unità nascoste -strato unità di output. Le diverse unità possono essere collegate fra loro secondo molti percorsi . L'attività di ogni rete è regolata dagli schemi di connettività tra i vari strati delle unità e simula in modi diversi i processi di elaborazione delle conoscenze. Ci sono reti che prevedono connessioni unidirezionali in avanti dallo strato in input a quello di output — feedforward, e altre bidirezionali in avanti ed in dietro + feedback. c) La consegna. I soggetti hanno delle istruzioni fornite dal ricercatore, la cd. consegna, che deve essere chiara e semplice, e favorisce la partecipazione attiva dei soggetti: seguendo le indicazioni, essi sono in grado di compiere le opportune azioni in riferimento agli stimoli sperimentali loro presentati. La presentazione degli stimoli avviene mediante specifici strumenti che consentono sia la loro determinazione sia la loro misurazione al fine di ottenere i protocolli dell'esperimento. I ricercatori usano l’osservazione del comportamento dei partecipanti, adottando diverse griglie di valutazione. La combinazione di queste varie componenti conduce alla configurazione della situazione sperimentale. Qui si prevedono diverse fasi che variano da esperimento a esperimento, ad esempio: strange situation — per lo studio dell'attaccamento infantile: n 8 episodi , di 3 minuti, il bambino è sottoposto a uno stress relazionale e dopo il momento di scambio e gioco spontaneo tra madre e bambino (interazione naturale), la madre su invito estraneo, esce dalla stanza e lascia solo il bambino (separazione) e poi rientra (ricongiungimento) — le diverse reazioni del piccolo conducono a classificazioni di diversi tipi di attaccamento. Still-face - perle capacità emotive del neonato: si applica a neonati 3\6 mesi. 3 fasi di 2 minuti, la madre interagisce con bambino come fa sempre, poi rimane immobile col viso e poi riprende l'espressione normale. Questa procedura permette di verificare la capacità del bambino di cogliere il blackout. Prima di accettare il protocollo e l’analisi, al termine esperimento, occorre verificare se i soggetti abbiano capito il compito e lo abbiano eseguito bene e senza trucchi: a tal fine, il ricercatore si serve del controllo di manipolazione, che consiste nel verificare la coerenza e la congruenza fra gli obiettivi dell'esperimento, le istruzioni fornite ed il comportamento dei soggetti sperimentali. La raccolta e l'analisi dei protocolli sperimentali > ogni partecipante assume un comportamento che viene riportato in un protocollo di ricerca. I dati ottenuti sono sottoposti a elaborazione statistica descrittiva e inferenziale (per stabilire connessioni e formulare previsioni). La diffusione dei risultati — se i risultati sono soddisfacenti e innovativi, il ricercatore documenta la sua ricerca in un'apposita pubblicazione, quale base per confronti aperti fra scienziati (abitudine di revisione dei pari esperti del settore (peer-review) per renderla più conforme agli standard scientifici. PARAGRAFO 2 RACCOLTA PSICOLOGICA IN PRATICA — Nel realizzare un disegno di ricerca, il ricercatore segue il metodo sperimentale, che consente di indagare i rapporti causali fra una data variabile e i suoi effetti su un'altra variabile. Fra le due variabili si stabilisce in tal modo un rapporto di causa effetto, in grado di contribuire alla spiegazione di dato fenomeno. Spiegazione e principio di causalità > Per noi spiegare le cose è una necessità, siamo sospinti da un vincolo di spiegazione convincente di quanto succede, per cui cerchiamo sempre le cause di certi accadimenti: l'evidenza delle cose non basta, abbiamo bisogno di domandarci perché sia così. Questo vincolo entra regolarmente in funzione nella nostra vita, comprare già precocemente nei neonati: è l’illusione del potere esplicativo. Tale illusione conduce al principio causalità (ricercare e capire le relazioni fra causa ed effetto), che risponde al perché si verificano certe connessioni fra due o più fenomeni. Abbiamo 2 tipi di connessione : - causalità fisica, fondata sulla forza, contiguità temporale, contiguità spaziale vincolante -causalità psicologica, fondata sull'intenzione, contiguità temporale, contiguità spaziale non vincolata, che può essere manifestata a distanza; presenza di un agente causale che in modo volontario avvii un'azione (agentività). L'esito è la tendenza a ricercare e individuare la funzione sottesa al funzionamento di ogni entità naturale o artificiale. Gli umani sono sistemi teleonomici — ovvero avvertono l’esigenza di raggiungere uno scopo e mettere in atto le funzioni idonee a tal fine. L'atteggiamento teleologico (finalistico) è dominante nei bambini, per loro tutto ciò che esiste è creato per raggiungere uno scopo . Metodo sperimentale — Per fornire una spiegazione ammissibile agli accadimenti in termini di causalità, via maestra è la sperimentazione rigorosa e verificabile, che implica un procedimento standardizzato (Newton e Galileo): il metodo sperimentale. Parliamo di vero esperimento + il ricercatore è in grado di controllare sia l'assegnazione casuale dei soggetti alle condizioni sperimentali, sia la manipolazione della variabili grazie alla presenza di un gruppo di controllo; quando manca uno di questi requisiti si parla di — quasi-esperimento. Gli eventi del mondo che osserviamo rientrano in varie categorie e assumono un certo valore. Tutti gli eventi della nostra esperienza, quindi sono potenzialmente delle variabili, in quanto entità che variano in quantità o qualità. Compito del ricercatore è determinare il rapporto tra variabili che osserva. Occorre distinguere fra: -variabili indipendenti — controllate dallo scienziato (manipolate); -variabili dipendenti > variano anche in dipendenza delle variazioni delle variabili indipendenti non considerate dal ricercatore. Il cuore del metodo sperimentale consiste nel manipolare una variabile indipendente per verificarne l’effetto sulla variabile dipendente. Le variabili sono controllate dal ricercatore, ma è impossibile controllare tutte le variabili, il che porta successivamente all'incomprensione del fenomeno esaminato a causa dell'eccessiva e ingovernabile complessità. Se il ricercatore vuole ottenere protocolli attendibili e validi, deve controllare l’esperimento in corso e quindi deve eliminare il più possibile le influenze delle variabili diverse da quelle da lui trattate. Le variabili estranee si distinguono in: — sistematiche (confondenti), influenzano costantemente la variabile dipendente. Il fattore tempo (per es ricerche per farmaco), per esempio, ne ha due: la maturazione e l'apprendimento. La maturazione comporta variazioni legate a fenomeni fisiologici, l'apprendimento è legato all'evidenza che tutti noi impariamo in funzione della nostra esperienza e la somministrazione di stimoli sperimentali provoca il miglioramento delle prestazioni dei soggetti. — asistematiche, consistono in interferenze casuali e imprevedibili, sono infinite e variano da situazione a situazione, dalla condizione mentale del soggetto e del ricercatore, alle condizioni atmosferiche. Le variazioni, in tutti i casi, sono standardizzate per renderle univoche, esplicite e costanti. Il ricercatore giunge a questo attraverso una definizione operativa a ogni variabile (età non è sufficiente bambino o anziano, è necessaria un'età specifica. Le variabili presentano valori diversi in termini di quantità e qualità, pertanto occorre determinarle attraverso procedimenti di misurazione — mettere in relazione proprietà di eventi con proprietà dei numeri reali. Le misure, derivate dai protocolli, vanno formulate in modo esplicito, esclusivo ed esaustivo. Stanley Stevens (1951), distingue 4 livelli gerarchici di questo processo : 1. livello nominale — proprietà dei numeri cardinali è la cardinalità: ogni numero è diverso dall’altro, così le variabili hanno valori che indicano una differenza tra un evento e l'altro. Per variabili dicotomiche — si assegna valore 1 o 2 ; L'unica cosa che conta è la differenza e non si compiono operazioni aritmetiche. I numeri hanno valore di semplici etichette. 2. livello ordinale — seconda proprietà dei numeri reali è che sono in progressione fra loro. Esiste una relazione asimmetrica crescente o decrescente, così molti fenomeni mostrano diversi gradi di intensità in base alla relazione fra maggiore o minore. Le misure ordinali consentono di dire che, data una certa entità, il valore di una condizione è maggiore o minore di quello di un'altra condizione, ma non di quanto poiché non è definita la grandezza tra gli intervalli. (es voti scolastici). 3. livello di intervallo — i diversi numeri reali si possono definire in base alla grandezza di un dato intervallo (differenza tra gli intervalli dei gradi centigradi, o del QI). Sono valori arbitrari (0° congelamento e 100° ebollizione): questo comporta la possibilità di compiere operazioni aritmetiche, ma non di fare rapporti ( 40° non è la temperatura doppia di 20°) 4. livello di rapporto — i numeri reali sono regolati tra loro anche dall’esistenza di rapporti. Si possono fare rapporti (20 è il doppio di 10). Qui lo 0 non è numero arbitrario, ma reale —> è assenza di quantità, è un'origine fissa. I disegni di ricerca — individuate le variabili interessate, il ricercatore deve confrontarle — è un'operazione di impostazione generale degli esperimenti che conduce al disegno di ricerca + ovvero la mappa per la successiva realizzazione dell’esperimento e consente di giungere a un'interpretazione non ambigua dei risultati ottenuti e di fare previsioni. Di norma, negli esperimenti sono previste diverse condizioni sperimentali, i cd. Trattamenti. In un esperimento tra soggetti — ad ogni trattamento corrisponde un gruppo (tanti gruppi quanti sono i trattamenti). In un esperimento entro i soggetti — lo stesso soggetto è sottoposto alle diverse condizioni e il comportamento soggetto è sottoposto a diverse condizioni. Il disegno entro i soggetti - Ogni soggetto è sottoposto a tutte le condizioni e il comportamento del soggetto in una condizione è confrontato con il comportamento dello stesso soggetto in un'altra condizione. Se i soggetti sono uguali, qualsiasi differenza è attribuita alle diverse condizioni. Questo disegno impiega un gruppo con un numero più ridotto di soggetti rispetto a quello “tra i soggetti”. È possibile solo se l’effetto di una condizione non influenza l’altra. Questo però è minacciato dagli effetti dell’ordine e della sequenza. Gli effetti dell'ordine derivano dalla posizione delle condizioni nell'esperimento: la condizione applicata per prima corre il rischio di produrre una prestazione diversa (superiore o inferiore) rispetto alle condizioni successive, perché i soggetti sono più attenti o non hanno ancora pratica del compito. Gli effetti della sequenza dipendono da interazioni tra le condizioni (effetto ancora o effetto contrasto): la sensazione dello stimolo antecedente influenza quella dello stimolo successivo. (se prima prendo una palla più pesante quella successiva può sembrare più leggera. Per evitare detti effetti, occorre procedere ad una distribuzione casuale (randomizzata) o controbilanciata degli stimoli. Il disegno tra i soggetti + Qui, a ogni condizione corrisponde un gruppo, pertanto vanno previsti nelle situazioni in cui i soggetti non possano essere usati come controllo di se stessi a causa degli effetti di ordine o sequenza. Pertanto, i soggetti vanno assegnati a caso alle varie condizioni, rendendo i gruppi equivalenti. Nel disegno più semplice abbiamo due gruppi: - gruppo sperimentale — a cui è applicato il trattamento vero: si dà un farmaco con un principio attivo - gruppo di controllo — a cui è applicato un trattamento finto, per il rispetto dell'equivalenza del trattamento. Se emergono differenze fra le due condizioni, si possono trarre conclusioni sull'efficacia terapeutica, altrimenti non è possibile dire alcunché Detto metodo si usa per evitare l'effetto placebo — che si verifica quando i partecipanti modificano le loro risposte in assenza di manipolazioni sperimentali (indotti dalla convinzione che prendendo una compressa, la salute migliorerà, anche se priva di principio attivo). Per tenere sotto controllo questo effetto, si usa tecnica del doppio cieco — né i soggetti né chi somministra conoscono il tipo di sostanza. Solo il ricercatore sa quali ricevono i farmaco e quali la sostanza inattiva. I disegni fattoriali — Il disegno tra i soggetti conduce ai disegni fattoriali, nei quali, nello stesso esperimento, il ricercatore cerca di valutare l’effetto di due o più variabili indipendenti (fattori) sulla variabile dipendente. Obiettivo è individuare le differenze nell'influenza dei diversi fattori e le interazioni tra i fattori medesimi. Quello più semplice ha 2 fattori con 2 livelli ciascuno — 4 combinazioni. La validità esprime il livello di pertinenza con cui una prova riesce a misurare ciò che si propone di misurare. La validità può essere verificata si mediante l'esame dei contenuti impiegati, sia mediante il grado di connessione con altre prove con contenuti equivalenti. Elaborazione dei dati - Dopo aver raccolto i dati, il ricercatore ha il compito di elaborarli: occorre sintetizzare i risultati e verificare poi se da essi si traggono inferenze interessanti. Per prima cosa si dispongono in ordine i dati grezzi (punteggi effettivi) mediante la distribuzione delle frequenze (rappresentata graficamente): sulla base della distribuzione, il ricercatore può procedere a descrivere in termini statistici i fenomeni osservati (statistica descrittiva) così come a verificare l'ipotesi sperimentale e fare le opportune induzioni (statistica inferenziale). Statistica descrittiva > fornisce un quadro sintetico dell'insieme dei dati grezzi ottenuti con le misure sia della tendenza centrale sia della variabilità; Statistica inferenziale > consente di verificare se sia possibile fare induzioni (inferenze) dai risultati ottenuti, al fine di convalidare o meno l'ipotesi sperimentale e di fare delle previsioni: mediante test statistici il ricercatore è in grado di decidere se le differenze di un insieme di dati diversi dai valori medi siano da attribuire in modo significativo alle variabili considerate oppure al caso. L'insieme dei risultati che ci consente di rigettare l'ipotesi nulla, chiamata regione critica, è regolato dalle leggi della probabilità. Nella ricerca psicologica, i ricercatori sono soliti ritenere accettabile (fondata su processi reali) una differenza quando la probabilità che essa sia dovuta al caso risulta inferiore al 5 % o all'1%: in queste condizioni parliamo di differenza significativa fra un gruppo e l'altro, fra una variabile e l'altra, la quale permette ai ricercatori di trarre conclusioni sulla natura e forza dei legami che esistono fra le variabili trattate, confermare o meno le ipotesi di ricerca, proporre modelli interpretativi dei risultati al fine di arricchire e conoscenze scientifiche in ambito psicologico. CAPITOLO 3 SENSAZIONE E PERCEZIONE. Non siamo neppure capaci di vivere senza stimoli e sensazioni: ben presto cadremmo in uno stato di allucinazione. Nel bagaglio dei nostri attrezzi mentali possediamo potenti dispositivi che ci consentono di sentire e percepire la realtà. Tramite le sensazioni e le percezioni il nostro organismo è costantemente informato sullo stato delle cose che ci riguardano. PARAGRAFO 1 Che cos’è una sensazione? L'ambiente fisico produce una moltitudine infinita di stimoli (particolari manifestazioni delle diverse forme di energia, come radiazioni luminose o onde sonore) che giungono ai nostri organi di senso. La sensazione può essere definita come l'impressione soggettiva, immediata e semplice che corrisponde a una data intensità dello stimolo fisico > sono eventi privati e soggettivi di cui si fa esperienza diretta, comunicabili agli altri e comprensibili e confrontate: questo è dovuto ad una relazione sistematica fra lo stimolo fisico (o stimolo distale) e la sensazione medesima (sono le cd relazioni psicofisiche, le quali costituiscono un'interfaccia tra realtà esterna fisica e realtà interna mentale. Siamo capaci di cogliere solo stimoli per cui abbiamo a disposizione particolari apparati recettivi (organi di senso) e solo quando questi hanno una certa intensità. Infatti, qualsiasi stimolo fisico deve raggiungere un livello minimo (cd. soglia assoluta) per suscitare una sensazione. La soglia assoluta segna il confine fra gli stimoli che vengono recepiti dall’organismo (stimoli sovraliminari) e gli stimoli che, pur essendo presenti, non sono avvertiti dall’individuo (stimoli infraliminari). La soglia assoluta (o valore liminare) è il valore di uno stimolo che al 50% suscita la sensazione corrispondente. Si distingue altresì tra la sogna assoluta iniziale, la quale è la quantità minima di energia capace di produrre una sensazione, e soglia assoluta terminale, ovvero il limite superiore al di sopra del quale la sensazione viene a cessare (raggi UV) o cambia natura (suoni molto forti provocano dolore). Altresì la variazione di intensità tra i due stimoli della medesima natura deve essere sufficientemente elevata per essere colta dall’organismo. In questo caso parliamo di soglia differenziale, intesa come la differenza appena rilevabile. Misurazione della soglia + Kant sosteneva che la psicologia sperimentale non potesse essere realizzata, poiché non era possibile precedere alla misurazione dell’attività psichica. Uno dei primi obiettivi della psicologia scientifica fu appunto dimostrare che questa operazione di misura poteva essere eseguita nell’ambito delle sensazioni. Infatti, furono messi a punto 3 diversi metodi psicofisici di misurazione (psicofisico significa che con essi si studia la relazione fra due variabili: da una parte la sanzione — di ordine soggettivo — e dall’altra la stimolazione — di ordine fisico —. * Metododeilimiti : in questo procedimento, al soggetto sono presentate ripetutamente diverse serie di stimoli. Alcuni partono da valori infraliminari e hanno un ordine ascendente nell’intensità degli stimoli, fino a quando si raggiunge un livello di intensità idoneo a suscitare in lui la sensazione corrispondente. Altre iniziano con stimoli sovraliminari e hanno ordine discendente, finché si giunge allo stimolo che non produce più nel soggetto la relativa sensazione. Le due serie sono combinate in maniera casuale fra loro, il valore di soglia assoluta corrisponde allo stimolo che è stato avvertito dal soggetto nel 50% dei casi. Detto metodo non è esente da errori quali errore della direzione della serie (se si inizia con quella ascendente o discendente). * Metodo dell’aggiustamento : Si richiede al soggetto di “aggiustare” in modo continuo, attraverso una manopola o un cursore, il livello di intensità di uno stimolo finché esso è in grado di suscitare in lui una risposta. * Metododegli stimoli costanti : In questo metodo viene presentato al soggetto, in ordine casuale e per diverse volte, un certo numero di stimoli che hanno differenti intensità (alcune sovra altre infra). Ogni volta il soggetto è invitato a riferire se ha avvertito o no una sensazione. Lo stimolo che ottiene 50% delle risposte corrisponde al valore di soglia. * La misurazione della soglia differenziale comporta dei metodi analoghi. Tuttavia, per la determinazione della soglia differenziale si presenta in ogni prova una coppia di stimoli di intensità differenti (lo stimolo standard tenuto costante e lo stimolo di confronto che varia di volta in volta). Il soggetto è inviato a riferire se è in grado di avvertire differenze fra i due stimoli (esempio “questo suono è più forte di quello di prima?”). In questa procedura possono insorgere distorsioni (biases) dovute a errori sistematici, quali l'errore del campione (stimolo standard tende a essere sovrastimato rispetto a quello di confronto) e l'errore di posizione (se gli stimoli sono disposti nello spazio in posizioni diverse si può verificare la sovrastima di quello che occupa una data posizione). La psicofisica — studia le relazioni che intercorrono fra gli attributi soggettivi di una data sensazione e gli attributi fisici controllabili dello stimolo corrispondente. Weber 1834, studiando la sensibilità tattile, si rese conto che la soglia differenziale (AR) dello stimolo è una proporzione costante (K) dell’intensità dello stimolo iniziale (R, dal tedesco Reiz) : costante di Weber > K = AR/R legge di Weber. Nel 1860 Fechner estese gli studi di Weber e si propose di verificare in che modo la sensazione (S) potesse variare al variare continuo dell’intensità della stimolazione (R) : S=clogR+C (legge di Fechner) dove S è la grandezza della sensazione; c è la costante di Weber; R è la grandezza dello stimolo, C è una costante di integrazione. L'intensità della sensazione è direttamente proporzionale al logaritmo dell'intensità dello stimolo. L'insieme di queste scoperte costituì la psicofisica classica; successivamente 1957 Stevens diede origine a una nuova psicofisica, da lui chiamata psicofisica soggettiva. Egli osservò che i metodi della psicofisica classica non erano in grado di giungere direttamente al giudizio sensoriale dell'individuo. Egli verificò (con il metodo (stima di grandezza) che i soggetti sono capaci di valutare l'intensità di una sensazione associandola ad un numero (primo suono, valore 1-10; poi altro suono e darà valore 20 se doppio). Il soggetto, quindi, funge da strumento di misurazione degli stimoli. Egli scoprì la funzione di potenza, la quale descrive la relazione fra il giudizio sensoriale del soggetto e l'intensità dello stimolo secondo cui la grandezza della sensazione è proporzionale all'intensità dello stimolo elevata a una certa potenza. Teoria della detenzione del segnale - Secondo la psicofisica classica e soggettiva, gli individui si comportano a guisa di registratori nei confronti degli stimoli. Posti di fronte ad uno stimolo, o lo rivelano o non lo rivelano. Nel processo di rivelazione devono altresì compiere una decisione circa la sua presenza o meno. Secondo la teoria della decisione statistica abbiamo quattro possibilità di rivelazione : > Dire di sì (dire che il segnale c’è quando questo esiste realmente: vero positivo); > Dire si (dire che il segnale c’è quando vi è solo rumore di fondo: falso positivo, falso allarme); > Dire no (dire che il segnale c’è quando esiste realmente: falso negativo, omissione); 2 Dire no (dire che il segnale non c’è quando non esiste davvero: vero negativo, rifiuto corretto). La teoria della detenzione del segnale ha posto in evidenza due fattori nello studio di questa matrice: la sensibilità dell’organismo nella finezza discriminativa degli stimoli e il criterio soggettivo di decisione (in tal senso vi sono soggetti più propensi al rischio e quelli più propensi alla prudenza). Secondo la teoria della detenzione del segnale, nello studio psicofisico del rapporto fra sensazione e stimolazione occorre considerare anche i fattori mentali legati alla decisione. La rivelazione della presenza di un segnale dipende, in modo sinergico dall’azione congiunta di questi due processi (dal basso verso l’alto e dall’alto verso il basso). PARAGRAFO 2 LA PERCEZIONE + non è una fotocopia dell'ambiente e ciò che percepiamo (percetti) non è una riproduzione di quanto si trova nella realtà (la visione opposta a questa è il cd realismo ingenuo, secondo cui il mondo si presenta così come è e vi è coincidenza fra realtà fisica e percettiva). Già Kant evidenziò che ciò che conosciamo è la realtà fenomenica, ovvero quella che appare a noi. Invero può accadere che 1) non vediamo ciò che esiste in realtà — assenza dell'oggetto fisico; 2) vediamo quello che non esiste nella realtà — assenza dell'oggetto fisico (effetto Kanizsa); 3) vediamo più cose in una figura unica (stimoli reversibili e ambigui); 4) vediamo ciò che non può esistere nella realtà (figure paradossali o assurde); 5) vediamo cose differenti da quelle che esistono (illusioni ottiche). Questi fenomeni evidenziano che la corrispondenza tra realtà fisica e quella percepita è il risultato della fusione di dati sensoriali provenienti dall'esterno (dal basso verso l'alto) e le conoscenze già disponibili per l'individuo (dall'alto verso il basso). Che cos'è la percezione - Le sensazioni, da sole, non contengono informazioni sufficienti a spiegare le nostre percezioni. Vanno integrate coerentemente nei percetti attraverso processi di associazione ed elaborazione. Il passaggio delle sensazioni ai percetti (ciò che percepiamo) è il risultato di una sequenza di mediazioni fisiche, fisiologiche e psicologiche, nota come catena psicofisica. PARAGRAFO 3 Organizzazione percettiva - La nostra mente organizza costantemente l’attività percettiva così da cogliere gli oggetti in modo unitario e coerente. Questa segmentazione del flusso continuo delle stimolazioni consente a tutti noi di orientarci e muoverci correttamente nello spazio, di distinguere in modo appropriato gli oggetti gli uni dagli altri. La percezione visiva è resa possibile sia dalla presenza di energia luminosa (se non vi è luce non vi è visione) sia dall’informazione ottica proveniente dall’ambiente. Articolazione figura-sfondo: La prima segmentazione del flusso delle stimolazioni consiste nell'articolazione figura sfondo. È un processo universale e costante, poiché non c’è figura senza sfondo. La figura ha forma, mentre lo sfondo è amorfo e indifferenziato. Il contorno appartiene alla figura e non allo sfondo (funzione unilaterale del contorno). La figura ha un’estensione definita, mentre lo sfondo continua dietro alla figura in maniera indeterminata. La figura appare in risalto rispetto allo sfondo. La figura ha un carattere oggettuale mentre lo sfondo è meno distinto. Percepiamo gli oggetti non in assoluto, ma sempre in quanto immersi in un contesto immediato. Se fossero isolati, sarebbero fonte di ambiguità e di orrore, anche nei confronti di stimoli a noi familiari, come un’espressione facciale. I fattori alla base di questa articolazione figura-sfondo sono: > Inclusione —a parità delle altre condizioni, diventa figura la ragione inclusa; > Convessità — a parità delle altre condizioni, diventa figura la ragione convessa rispetto a quella concava; > Area Relativa — a parità delle altre condizioni, diventa figura la ragione di area minore; > Orientamento — a parità delle altre condizioni, diventa figura la ragione i cui assi sono orientati secondo le direzioni principali dello spazio percettivo. Quando questi fattori non intervengono, si creano le condizioni per ottenere le cd figure reversibili: figure in cui si ha un'inversione tra figura e sfondo: sono configurazioni instabili e ambigue, percepibili entrambe ma solo una per volta — alternanza tra figura e sfondo. L'organizzazione percettiva degli stimoli comporta altresì la comparsa di fenomeni percettivi particolari: effetto Kanizsa, contorni anomali, quasi-percettivi, generati dalla distribuzione degli elementi della stimolazione. Segmentazione del campo visivo: Wertheimer (1923), in relazione ai fattori che determinano l'organizzazione di elementi in unità, pose in evidenza alcuni principi fondamentali, da lui esposti sotto forma di “leggi” che agiscono a parità delle altre condizioni. Esse sono: legge della vicinanza, si unificano gli elementi vicini; legge della somiglianza, si unificano gli elementi simili; legge del destino comune, si unificano gli elementi che condividono lo stesso tipo e la medesima direzione di movimento; legge della buona direzione, si unificano gli elementi che presentano continuità di direzione; legge della chiusura, vengono percepiti come unità gli elementi che tendono a chiudersi fra di loro; legge della pregnanza, sono preferite le configurazioni più semplici, regolari, simmetriche e stabili. Le figure si presentano, dunque, come totalità definite, coerenti e chiuse, strutturate ed organizzate, dotate di elevato valore di coesione interna. Percezione delle profondità - Lo spazio percettivo, al pari di quello fisico, possiede tre dimensioni. Gli oggetti sono disposti a diverse distanze da noi. Questa condizione è problematica ove si consideri che le immagini proiettate sulla retina sono bidimensionali: tutti i punti dello spazio si proiettano sullo stesso punto sulla retina. Sono diversi i fattori che spiegano questo enigma percettivo: * Disparazione binoculare: Nel caso della convergenza (indizio binoculare), quando fissiamo un oggetto, gli occhi, che hanno una certa distanza tra loro, convergono di un determinato angolo, in modo che l’immagine dell’oggetto cada sulla fovea di ciascun occhio. L’angolo di convergenza è più ampio quando l’oggetto è vicino rispetto a quando è lontano. Anche l’accomodazione del cristallino (indizio monoculare) consente la messa a fuoco dell’oggetto e costituisce un’altra informazione per la profondità. Convergenza e accomodazione, pur essendo indizi di profondità, da soli non sono sufficienti a spiegare il fenomeno, perché troppo limitati e circoscritti: valgono solo per pochi metri di distanza. Molto importante è il meccanismo della disparazione binoculare (o retinica). Poiché gli occhi distano di qualche centimetro l’uno dall’altro, ciò che vede l’occhio sinistro (emicampo visivo sinistro) non coincide perfettamente con ciò che vede l’occhio destro (emicampo visivo destro). * Gradienti di densità microstrutturale : esistono importanti indizi monoculari che contribuiscono a spiegare il fenomeno percettivo della profondità e della distanza. Un posto di rilievo assume la densità microstrutturale della stimolazione ambientale. Abbiamo sempre a che fare con superfici che possono essere frontali(parallele), longitudinali (perpendicolari) o variamente inclinate. Nella prospettiva tissurale la percezione del grado di inclinazione è in funzione del gradiente microstrutturale: un gradiente che decresce rapidamente è la condizione per la visione di una superficie longitudinale, mentre un gradiente nullo genera la percezione di una superficie frontale. Anche la prospettiva lineare, che prevede la convergenza delle linee in un unico punto di fuga, rientra in questo più ampio fenomeno della prospettiva tissurale. *. Indizi pittorici della profondità : Esistono anche altri indizi monoculari, i cd indizi pittorici, i quali generano la percezione della profondità. Uno di questi è il chiaroscuro: le parti più illuminate appaiono più vicine, mentre quelle in ombra sono percepite come più lontane; il passaggio “illuminato-in ombra” genera la percezione di una protuberanza (convessità), mentre il passaggio “in ombra-illuminato” suscita la visione di un’ incavatura (concavità). Parimenti, la sovrapposizione parziale costituisce un altro indizio pittorico di profondità: un oggetto che si sovrappone fra l’osservatore e un altro oggetto apparirà più vicino. Infine, la parallasse di movimento fornisce utili informazioni per la percezione della distanza, poiché gli oggetti si dispongono diversamente sulla retina in funzione del movimento dell’osservatore. Se muoviamo la testa, le immagini retiniche degli oggetti si spostano nella direzione opposta. Le immagini degli oggetti più vicini si muovono più velocemente delle immagini degli oggetti lontani. Costanze percettive > Le costanze percettive sono processi in base ai quali gli individui percepiscono gli oggetti del mondo circostante come dotati di invarianza e stabilità, pur al continuo variare delle stimolazioni prossimali (per forma, grandezza, intensità luminosa,...). > Costanza di grandezza: Tanto più un oggetto si allontana da noi, quanto più piccola diventa la sua immagine sulla retina. Secondo la legge di Euclide, la grandezza dell’immagine retinica è inversamente proporzionale alla distanza dell’oggetto dall’occhio; tuttavia, percepiamo gli oggetti lontani come dotati di grandezza simile a quella con cui li percepiamo quando sono vicini: è il fenomeno della costanza di grandezza. Per spiegarla, oltre alle info provenienti dall'immagine retinica, teniamo conto degli indizi di profondità sempre presenti nell'ambiente (il contesto genera una scala costante della distanza: la k di grandezza è una proprietà del campo percettivo ed è generata dalla relazione fra oggetto e contesto immediato). > Costanza di forma: la costanza di forma è la tendenza ad attribuire agli oggetti la medesima forma, nonostante la varietà di forme che essi proiettano nel tempo sulla retina: pur con inclinazioni differenti, l'oggetto contiene lo stesso numero di elementi. > Costanza cromatica: oltre ad avere una grandezza e una forma costanti, gli oggetti dell’ambiente hanno un colore stabile, per quanto grandi possano essere le variazioni dell’illuminazione. La luce riflessa da un oggetto varia in continuazione secondo il tipo e l’intensità dell’illuminazione, ciò nonostante, lo percepiamo come dotato delle medesime proprietà cromatiche. È il fenomeno della costanza di colore. In esso i corpi opachi sono quelli che riflettono tutte le radiazioni luminose. Per spiegare questo processo, la teoria proposta da Hering 1878 appare fondata: Teoria quadricromatica nella retina vi sarebbero tre sostanze che funzionano secondo processi biochimici di assimilazione (composizione) e di dissimilazione (scomposizione) sotto l’azione delle radiazioni luminose. C’è una sostanza fotosensibile rosso-verde, una sostanza giallo-blu e una sostanza bianco-nera. Sarebbero in atto processi antagonisti: quando si percepisce un colore di una coppia, non si può percepire l’altro. Questa teoria è compatibile con le tre dimensioni percettive fondamentali dei colori: tonalità, chiarezza e saturazione. Da questa teoria deriva il quadrato delle tonalità cromatiche, in base al quale i colori fondamentali (rosso, giallo, verde e blu) sono disposti ai vertici del quadrato (colori angolari) e i colori intermedi sono collocati lungo i lati del quadrato (colori laterali). La k cromatica è quindi di natura relazionale: tonalità e chiarezza non dipendono dai valori assoluti dell'illuminazione, ma dai rapporti con le zone adiacenti della stimolazione complessiva. Percezione del movimento — Percepiamo non solo oggetti statici, ma anche quelli in movimento. La percezione del movimento è un processo complesso, regolato da precisi meccanismi fisiologici. Anche nel caso del movimento non vi è necessariamente una corrispondenza fra il movimento reale e il movimento percepito. Percezione del movimento reale e del movimento indotto : La percezione del movimento reale consiste nella capacità di cogliere nel tempo gli spostamenti reali di un oggetto lungo una traiettoria rispetto ad altri oggetti che restano immobili nello spazio percepito. L'oggetto in movimento proietta successivi spostamenti della propria immagine sulla retina. La percezione del movimento indotto: se viene mostrato un rettangolo all’interno del quale si trova un punto luminoso ed il rettangolo è spostato in una determinata direzione, l'osservatore percepisce il movimento del punto incluso in direzione opposta a quella del rettangolo. Movimento apparente: Il movimento apparente o movimento beta consiste nella percezione di oggetti in movimento a partire da stimoli statici presentati a intervalli regolari di tempo. È anche detto movimento stroboscopico, poiché già dall’Ottocento questo fenomeno era stato scoperto attraverso lo stroboscopio. La percezione del movimento apparente è data dall'organizzazione temporale nella successione degli stimoli statici: se detto ritmo è ripido, emerge il fenomeno del movimento apparente. Per Wertheimer 1912 gli elementi sensoriali dal basso verso l'alto sono organizzati dai processi dall'alto verso il basso: nel processo percettivo, pertanto, l'organizzazione globale appare precedente rispetto agli stimoli (dall'intero alle parti e non viceversa). Movimento autocinetico: Se in una stanza totalmente buia fissiamo un piccolo punto luminoso statico, dopo un certo intervallo di tempo, abbiamo la percezione che il punto compia movimenti erratici di una certa ampiezza. La spiegazione di questo fenomeno, detto movimento auto cinetico, risiede nell’incapacità di mantenere a lungo la traccia dell’esatta direzione verso cui si guarda, in combinazione con l’assenza di ogni sistema di riferimento. In questo caso gli spostamenti del punto luminoso sulla retina, prodotti dai propri movimenti oculari, sono erroneamente attribuiti a movimenti dal punto luminoso medesimo. È sufficiente introdurre un secondo punto luminoso o alternare la sua comparsa e scomparsa , affinché l’effetto auto cinetico scompaia. CAPITOLO 4 qualcuno anche a distanza, mentre stiamo parlando con qualcuno, ci giriamo subito a vedere chi ci ha chiamato. Questa situazione è dotata di alta priorità. Questo fenomeno si chiama effetto cocktail party. Si parla di salienza tardiva, secondo cui nella nostra enciclopedia delle conoscenze ed in particolare nei depositi della memoria lessicale, alcuni elementi hanno una soglia di attivazione più bassa degli altri, sono più facilmente e rapidamente rilevati e richiedono meno analisi e quindi più agevolmente passano attraverso il filtro attentivo per giungere alla coscienza. Rimani l’ipotesi del filtro selettivo anche se è intesa in modo più articolato e dinamico. Selezione come fascio di luce: Spesso si è fatto ricorso alla metafora del fascio di luce per illustrare l’attività di selezione svolta dall’attenzione nei riguardi dell’ambiente. Essa sarebbe come un fascio luminoso che di volta in volta, illumina specifici aspetti della scena. Questa ipotesi non è stata verificata a livello sperimentale. Appare poco verosimile sul piano teorico, poiché presuppone che l’attenzione sia un processo on-off, dove le informazioni fuori dal campo selezionato sarebbero semplicemente ignorate. Più che fascio di luce l’attenzione è un processo modulato, in grado di elaborare gli stimoli selezionati in modo dinamico con incrementi o decrementi progressivi di risorse in funzione sia delle esigenze degli individui sia delle condizioni dell'ambiente. Selezione come ricerca degli stimoli: La ricerca disgiuntiva è più facile, perché il bersaglio salta fuori in modo immediato e indipendente dal numero degli stimoli grazie all’elaborazione in parallelo. La ricerca congiuntiva invece è quando il bersaglio è definito dalla congiunzione di più caratteristiche. L'operazione della ricerca disgiuntiva dipende dagli interessi e dagli scopi degli individui, dai compiti assegnati, dalla rilevanza dello stimolo. Se dovessimo trovare il viso di qualcuno arrabbiato fra la folla, Io riconosciamo più velocemente se ha un’espressione di collera. Una faccia arrabbiata salta fuori in modo prioritario rispetto alle altre, perché costituisce un segnale percepito come molto minaccioso di una faccia indifferenze, ponendo in allerta il nostro organismo grazie all’attivazione dell’amigdala. Per contro, nella ricerca congiuntiva ogni elemento è valutato singolarmente per accertare se rappresenta 0 meno il bersaglio. Il compito diventa più difficile e richiede maggior tempo. La ricerca di un bersaglio è associata alla presenza o assenza di certe caratteristiche. È più facile e rapida nel caso della selezione disgiuntiva e lenta in quella congiuntiva. La differenza fra la ricerca disgiuntiva e quella congiuntiva è messa in evidenza dalla teoria dell’integrazione delle caratteristiche. Se ricerchiamo un bersaglio in relazione a due caratteristiche, occorre confrontarle in modo sistematico e incrociarle fra loro. Questa operazione richiede un dispendio elevato di risorse rispetto all’individuazione di un bersaglio semplice. COMPETIZIONE FRA STIMOLI — Nella vita quotidiana, spesso ci troviamo nella situazione di far fronte a due o più compiti nello stesso tempo e a prestare attenzione a diversi stimoli, anche in competizione fra loro. I dispositivi digitali come internet, ci pongono nella condizione di svolgere più attività nello stesso tempo. Abbiamo un frazionamento dell’attenzione, che deve governare molti bersagli. È un fenomeno degno di attenzione. Attenzione focalizzata e attenzione divisa: Quando intendiamo svolgere due compiti nello stesso tempo troviamo difficile eseguirli entrambi in modo soddisfacente. La capacità di prestare attenzione a due fonti di informazioni è inferiore a quella di elaborare le informazioni di un’unica fonte. Quando dobbiamo fare attenzione a due compiti nello stesso tempo abbiamo due alternative: o seguiamo la tv oppure parliamo, o perdiamo informazioni da entrambe le fonti. Nella prima condizione abbiamo l’attenzione focalizzata: la concentrazione su una fonte informativa esclude l’altra. Nella seconda condizione abbiamo l’attenzione divisa: prestiamo attenzioni sia alla tv che alla conversazione ma la loro elaborazione è parziale e mediocre e questo porta a un costo supplementare per assicurare accuratezza o efficienza nei tempi di reazione delle risposte. Interferenze da doppio compito: Tale condizione di deterioramento delle prestazioni è da attribuire a un’interferenza da doppio compito. Abbiamo due fonti di stimolazione di tipo diverso, in competizione fra loro. Dobbiamo procedere a selezionare in qualche modo il loro accesso alla nostra mente. Incapaci di gestire una quantità eccessiva di informazioni, ci troviamo in questa condizione quando i due compiti da eseguire nello stesso tempo condividono il medesimo canale di elaborazione (interferenza culturale). È impossibile seguire un film e guidare una macchina perché entrambi i compiti coinvolgono il sistema visivo. Nell’interferenza da risorse la ripartizione dell’attenzione fra i compiti è inversa (tanto più alta per il compito primario tanto più bassa per quello secondario). Abbiamo inoltre, condizioni dovute all’incoerenza fra gli stimoli. Un esempio di ciò è l’effetto Stroop; se mi trovo difronte a parole come rosso, giallo, blu collocate su sfondo verde, blu e giallo, e siamo invitati a pronunciare il colore dello sfondo avremo tempi di reazione più brevi per gli stimoli congruenti rispetto a quelli incongruenti. Si può riscontrare anche l’effetto Navon. Competizione semplice e competizione polarizzata: Attenzione divisa e interferenza da doppio compito implicano che l’attenzione costituisca una forma di selezione fra stimoli in competizione fra loro. Nella competizione semplice lo stimolo che riceve la maggiore quantità di risorse perla sua salienza è analizzato in modo più dettagliato, ha la priorità e conduce l’attenzione focalizzata. Tale competizione può essere influenzata da altri sistemi cognitivi, soggetta a distorsioni in funzione sia delle caratteristiche dello stimolo ambientale, sia della pertinenza e rilevanza rispetto agli scopi e alle aspettative del soggetto. Si parla di competizione polarizzata. Questa emerge quando gli stimoli sono presentati simultaneamente anziché in serie, uno dopo l’altro. La competizione semplice o polarizzata pone in evidenza che l’attenzione, più che essere un collo di bottiglia o un fascio di luce sull’ambiente, è un dispositivo dinamico in grado di adattarsi in modo attivo a una gamma assai variegata di fenomeni. L'attenzione non è una semplice registrazione passiva degli stimoli, ma produce in ogni situazione una loro distorsione in funzione delle caratteristiche (basso-alto), sia della pertinenza a scopi e interessi (alto- basso). Questa inter-indipendenza genera la forza degli stimoli che entrano in competizione. Gli stimoli più forti hanno la preminenza rispetto a quelli più deboli. Tale forza è contingente, perché varia da momento a momento e da soggetto a soggetto. L'attenzione è un’attività mentale emergente e dinamica, immersa nella situazione immediata, in grado di fornire, in condizioni standard, le informazioni utili per gli individui. PARAGRAFO 2 - LA COSCIENZA. Gli esseri umani sono caratterizzati da un elevato grado di coscienza rispetto agli altri primati. La coscienza è una caratteristica primaria per divenire una specie simbolica. È una qualità emergente che si radica su una base molto ampia e profonda di processi inconsci senza i quali non potrebbe riaffiorare. Definizione di coscienza - Coscienza e vigilanza. La coscienza può essere definita come uno stato particolare della mente in cui si ha conoscenza dell’esistenza di sé e dell'ambiente. Ha sempre un contenuto in una condizione di vigilanza, percepito come un insieme integrato di parti, fondato su una grande quantità di informazioni provenienti dagli organi di senso, situata in un ambiente circostante in un dato fenomeno. È l'esperienza della prospettiva esclusiva e privata di ciascuno di noi. E il nostro baricentro. Nella storia dell'evoluzione la coscienza emerge quando prende forma il concetto di sé. Non è un sé statico, ma dinamico, in continuo cambiamento in funzione della situazione contingente immediata. Williams James aveva sottolineato la rilevanza di questa variabilità della coscienza definendola una corrente. Coscienza e vigilanza non sono la stessa cosa. Essere vigili e un prerequisito della coscienza, ma non è ancora coscienza. La vigilanza consente la rappresentazione mentale degli oggetti, la pianificazione di ciò che intendiamo fare. Non è un processo on-off, non è un processo monolitico, ma è presente una gradualità notoriamente assai ampia. La dissociazione fra vigilanza e coscienza è ben osservabile nei soggetti in stato neurovegetativo. Pur non essendo consapevoli, il loro elettroencefalogramma presenta un'alternanza fra veglia e sonno, e spesso aprono gli occhi senza dirigere lo sguardo verso un particolare bersaglio. Lo stato di vigilanza dipende da alcuni nuclei del tronco dell’encefalo e dell’ipotalamo che influenzano altri nuclei della corteccia cerebrale. I nuclei tronco encefalici sono associati al valore e alla rilevanza della situazione contingente e regolano la condotta di allerta in caso di emergenza. I centri ipotalamici sono strettamente connessi con la quantità di luce disponibile e con il ciclo giorno-notte. Principali proprietà’ della coscienza -> La coscienza ha varie proprietà. Consapevolezza cognitiva - La coscienza consiste, nella capacità di rispondere agli stimoli provenienti dall’ambiente “qui e ora”. Ognuno di noi è consapevole di quanto accada intorno a lui e dentro di lui. Quando dormiamo abbiamo un certo grado di risposta, soprattutto in seguito a forti stimoli o particolari. La coscienza di uno stimolo sensoriale emerge dopo circa mezzo secondo dalla sua comparsa. La coscienza, quindi, svolge una funzione di comparatore, perché consente di confrontare, istante per istante, lo stato attuale del mondo con quello previsto in base alla propria esperienza e alle proprie conoscenze e aspettative. Controllo - La coscienza esercita un controllo sui processi cognitivi. È un monitoraggio costante, che consente di organizzare e pianificare le nostre attività mentali, interromperle o modificarle in funzione della continua variazione delle condizioni soggettive e ambientali. In quanto tale svolge la funzione di sistema rilevatore degli errori: se qualcosa non va bene nell’esecuzione di un’operazione, la coscienza è in grado di scoprire l’errore e, se necessario di interrompere la sua esecuzione o modificarla. Per quanto concerne le azioni future, siamo capaci di prefigurare in modo consapevoli eventi probabili. Autoriflessione - A differenza di altre dimensioni psichiche, la coscienza può essere consapevole di se stessa, in un processo teoricamente senza fine (consapevolezza metacognitiva). Non solo conosciamo un certo numero di cose in base all’esperienza, ma sappiamo anche di sapere. Questa capacità di autoriflessione è alla base dell'evoluzione della specie, sia alla base dello sviluppo psicologico di ogni individuo. Livelli di coscienza — La coscienza oscilla nella sua intensità in modo incessante. Va da un minimo a un massimo. Pur essendo un processo continuo, vanno distinti alcuni livelli qualitativi al suo interno. Sé originario - Noi abbiamo processi che riguardano l’organismo e che forniscono una descrizione dei suoi aspetti relativamente stabili. Sono segnali interocettivi (suscitati dai visceri) e propriocettivi (suscitati dalle condizioni fisiologiche del corpo). L'insieme di tali segnali somatoviscerali è chiamato cenestesi, e indica il grado di funzionamento dell’organismo momento per momento e può variare da uno stato ottimale a uno più o meno alterato. Nel caso in cui i segnali somatoviscerali presentano scostamenti significativi dai valori standard, abbiamo l’esigenza di apportare delle correzioni per passare dalla condizione momentanea di bisogno a una più desiderabile. È un’operazione fondamentale che serve a garantire l’omeostasi e per promuovere una soddisfacente regolazione della vita. Tale condizione è assicurata da una gamma estesa e robusta di meccanismi automatici, di autocorrezione presenti in ogni essere vivente. La coscienza è un’alleata della regolazione automatica dell’organismo, in grado di aumentare in modo non indifferente le forme di adattamento attivo all’ambiente esterno e interno. Questa regolazione soddisfacente della vita è associata all’apprendimento fisiologico. Elaborati da specifiche regioni cerebrali, i segnali somatoviscerali danno origine ai sentimenti primordiali, associati alla sensazione di benessere, o di pena, al piacere di funzionare o alla sofferenza del disturbo, a un senso di forza o debolezza. In quanto tali sono qualificati da una valenza edonica positiva o negativa. I sentimenti primordiali confluiscono poi nelle emozioni. Gli stimoli somatoviscerali e i sentimenti primordiali danno origine a una forma di coscienza iniziale e basilare concernente il funzionamento del proprio organismo. In quanto tale costituisce il sé-come-oggetto, inteso come la collezione dinamica dei nelle attività necessarie alla sopravvivenza Privazione del sonno: Come esseri umani noi siamo capaci di non dormire diversi giorni, raggiungendo e superando abbondantemente le 200 ore. Per il momento il primato, certificato dal Guiness dei primati è detenuto dalla Signora Maureen Waston, rimasta sveglia per 449 ore. Nonostante la convinzione comune che la privazione del sonno abbia effetti negativi sui processi fisiologici, è stato verificato che essa non produce particolari alterazioni. Non genera neanche un declino delle funzioni cognitive, soprattutto quelle complesse. Dopo alcuni giorni di privazione del sonno compaiono i microsonni: cali improvvisi della vigilanza della durata di pochi secondi, durante i quali le palpebre si chiudono e i soggetti non rispondo agli stimoli ambientali. La quantità di sonno recuperata nelle notti successive alla privazione è, di solito, inferiore a 1/3 del sonno perduto. Si ha un recupero totale per lo stadio 4 e di circa la metà per il sonno REM. Il primo ha la precedenza rispetto al secondo. È il sonno a onde lente SWS a svolgere la funzione di recupero del dispendio di risorse psichiche che ha luogo nel corso della giornata. Nella privazione parziale, osserviamo un incremento nell’efficienza del sonno: una diminuzione nella latenza di addormentamento, un decremento dei risvegli notturni e una riduzione degli stadi 1 e 2 del sonno NREM, nonché una riduzione del sonno REM di circa il 25%. Rimane invece la quantità di sonno SWS (stadi 3.4 del NREM). Ipnosi: è un procedimento in cui un operatore (medico o psicologo), nella funzione di ipnotizzatore, induce il cliente a sperimentare significativi cambiamenti nei propri comportamenti in connessione con una sospensione temporanea della coscienza. La situazione ipnotica di solito è costituita da una fase di induzione che conduce a obnubilare la coscienza dell'ipnotizzato e a fargli compiere una serie di azioni atipiche. Talvolta queste distorsioni sono così evidenti che l’ipnotizzato sembra vittima di inganni percettivi di memoria. Induzione ipnotica: di solito nell’ipnosi un soggetto collaborante abbandona un certo grado di controllo sulla propria coscienza all’ipnotizzatore e accetta le sue indicazioni (suggestioni), che possono condurre a distorsioni della realtà. Il soggetto è posto in condizione di rilassamento (contesto ipnotico) e gli vengono impartite progressivamente diverse suggestioni, fra cui la classica prova di incrociare le dita seguita dall’indicazione di non poterle separare. Alla fine, segue l’ordine di non ricordare più cosa è successo durante l’ipnosi medesima (suggestione postipnotica). In passato, gli ipnotizzatori facevano ricorso a comandi autoritari, pendolo in mano e occhi magnetici puntati sul soggetto. Oggi questi metodi sono stati abbandonati. Le tecniche ipnotiche utilizzate attualmente sono molto più fini e basate sul linguaggio. Spesso soggetto a ipnotizzare sono seduti uno di fronte all’altro e l’induzione ipnotica consiste nel raccontare una “storia”, in cui si inseriscono fasi ricorrenti che conducono a un profondo rilassamento e portano Io sposta mento dell’attenzione su un determinato pensiero, oggetto o parte del corpo. Una volta raggiunta la condizione di ipnosi, l'ipnotizzatore può inviare le suggestioni per ottenere specifiche e anomale risposte da parte del soggetto ipnotizzato. I fenomeni più ricorrenti sono: allucinazioni positive e negative; reazioni ideomotorie; regressione di età; inibizione del dolore; incremento nel recupero dei ricordi. La fase terminale consiste nella preparazione e nell’uscita effettiva dall'ipnosi con suggestioni di risveglio e di riorientamento della realtà. Gli eventi che si verificano durante il periodo ipnotico sono dimenticati sulla base di una suggestione da parte dell’ipnotizzatore, al fine di evitare ogni ricordo spiacevole e indesiderato. Suscettibilità ipnotica: non tutti gli individui sono ipnotizzabili. Facendo ricorso alla Scala di suscettibilità ipnotica di Stanford che prevede 12 suggestioni, una quota di popolazione fra 5-10% non può essere ipnotizzata neanche da un ipnotizzatore esperto. Per contro, il 15% dei soggetti è altamente ipnotizzabile. La suscettibilità ipnotica costituisce un tratto stabile della personalità, con una predisposizione genetica e un’evoluzione nel corso della vita che ha un picco durante l’adolescenza. Secondo la psicologia ingenua i soggetti più facilmente ipnotizzabili sono anche quelli più suggestionabili e più accondiscendenti in altre circostanze. In realtà, questi individui sono caratterizzati da alcune qualità scientifiche: dissociazione: sono capaci di fare ricorso a meccanismi dissociativi; immaginazione: hanno un’immaginazione ricca, sono portati a fare sogni ad occhi aperti e riescono a concentrarsi così tanto sulle proprie fantasie da sentirsi totalmente coinvolti in esse; disposizione al contesto ipnotico: riescono a rispondere in modo nettamente favorevole all’ ambiente ipnotico e sono ben disposti nei confronti dell'ipnosi. Analgesia ipnotica: un fenomeno particolare dell’ipnosi degno di rilievo è costituito dalla possibilità di esercitare un controllo diretto sul dolore, senza necessità di interventi farmacologici (analgesia ipnotica). L’analgesia ipnotica si fonda sulle modificazioni dell’attività nervosa della corteccia cerebrale (primaria e secondaria) a seguito delle suggestioni ipnotiche e comporta una sorta di separazione fra la stimolazione dolorosa e l’esperienza affettiva della medesima. Fra i diversi campi di applicazione, i risultati più interessanti concernono i dolori da parto, da schiena e al petto, i dolori odontoiatrici ecc. Di solito si fa ricorso a tecniche di autoipnosi, attraverso cui ci convinciamo che la parte dolorante, o che gli stimoli dolorosi sono trasformati. Queste strategie ipnotiche sono dimostrate valide anche nell’ambito della psiconeuroimmunologia. Lo stato ipnotico ha ottenuto risultati favorevoli nel trattamento dell’orticaria cronica o della psoriasi, nell’aumento dei linfociti in soggetti affetti da AIDS, nonché nell’incremento delle attività delle cellule killer antitumorali nei soggetti anziani. Meditazione: la meditazione costituisce uno stato modificato di coscienza attraverso l’esecuzione di alcuni esercizi mentali, di solito realizzati in un ambiente tranquillo. È un metodo di rilassamento durante il quale il soggetto dirigendo l'attenzione in un punto fisso e invariabile su un unico stimolo, ottiene un elevato controllo nella regolazione della respirazione e giunge a limitare il proprio campo di attenzione e la ricezione degli stimoli ambientali. La meditazione crea un senso piacevole di benessere psicofisico. Genera un’espansione della coscienza, simile a quella che si ottiene con l’autoipnosi. Le forme tradizionali della meditazione seguono la pratica dello yoga o dello zen. Tra queste forme tradizionali degno di interesse e ricordare la meditazione di apertura e la meditazione di concentrazione. Nella meditazione di apertura il soggetto si impegna a non pensare a nulla e libera la mente per accogliere nuove esperienze. Nella meditazione da concentrazione il soggetto si impegna a concentrare la sua attenzione e il suo pensiero su un unico oggetto, idea 0 parola, escludendo ogni altra cosa. La meditazione trascendentale consiste nel focalizzare l’attenzione sulla ripetizione mentale di un suono mentale (mantra) o sulla respirazione nasale. In entrambi i casi l’impegno è quello di distogliere completamente l’attenzione dai normali stimoli esterni e di concentrarsi pienamente su uno specifico stimolo interno. La meditazione trascendentale è una tecnica efficace per indurre in uno stato profondo di rilassamento e produce un significativo abbassamento del ritmo respiratorio, una diminuzione del consumo di ossigeno e una minore eliminazione di anidride carbonica. La frequenza cardiaca rallenta e altre condizione fisiologiche cambiano. A livello psicologico risulta opportuna per combattere lo stress negativo e per superare gli stati di ansia cronica. Inoltre, è efficace nell’aumentare la capacità della memoria e l'efficienza mentale, nonché per migliorare il livello di autostima. La meditazione non solo consente un rilassamento dei differenti gruppi muscolari, ma contribuisce anche a simulare attraverso la formazione di immagini mentali vivide i movimenti giusti da compiere nei vari momenti di una gara. PARAGRAFO 3- AZIONE: in principio non era la parola, né il pensiero, né l’energia. In principio era l’azione, ha scritto Goethe nel Faust. Per interagire con l'ambiente in modo efficace non è sufficiente stare attenti e coscienti. L’azione è la sequenza consapevole e deliberata di movimenti finalizzati al raggiungimento di uno scopo, svolta in basa a un piano e controllata dall’attenzione esecutiva, idonea a generare specifici effetti sull'ambiente. Tramite le azioni un individuo è in grado di intervenire sulla realtà e di far accadere le cose. Un insieme di azioni fra loro diversificate ma coordinate in modo sufficientemente coerente per il raggiungimento di un unico scopo primario costituisce un’attività. Grazie alla capacità di agire siamo in grado di far accadere delle cose nel corso degli avvenimenti È il concetto di agentività come capacità di esercitare un potere casuale sugli accadimenti e di influenzare il loro andamento. Siamo convinti di poter ottenere risultati desiderati mediante le nostre azioni. Pianificazione dell’azione > Qualsiasi azione che compiamo non è un evento casuale, né totalmente automatico. I movimenti in sequenza implicati in un’azione sono volontari (prassici), idonei a realizzare uno scopo, delineato precedentemente secondo un progetto formulato in modo consapevole e intenzionale. Ogni azione si svolge secondo un piano che, in modo gerarchico, controlla l’ordine di una sequenza di operazioni motorie per consentire il raggiungimento dello scopo predefinito. La pianificazione comporta l’organizzazione nel tempo e nello spazio. Miller e Galenter hanno proposto un modello esplicativo definito TOTE. Occorre verificare inizialmente la situazione, procedere quindi alle opportune operazioni, controllare il loro esito e infine decidere di terminare l’azione. È un processo ricorsivo. Il piano di un’azione consiste in una mappa mentale della traiettoria delle operazioni da svolgere una dopo l’altra. Un piano è una simulazione mentale che si basa su un modello. Occorre che fra modello e azione ci sia una struttura equivalente e dinamica di rapporti, ossia che il modello funzioni in modo corrispondente all’azione che sarà svolta successivamente. Ogni azione è una totalità unitaria, organizzata in modo gerarchico in una sequenza di operazioni, ciascuna composta da una serie di movimenti volontari. Tra azione e operazioni vi è uno stretto rapporto mezzi-fine. Le singole operazioni sono mezzi per realizzare l’azione. Il piano ha funzione di regia e di guida. Il modello TOTE vale per ogni fase dell’azione Questi processi dall’alto verso il basso vanno integrati con quelli dal basso verso l’alto. Nella pianificazione di qualsiasi azione, dobbiamo tenere conto della condizione dell'ambiente in modo adeguato. Ogni azione che compiamo si svolge in una situazione che presenta variazioni. È situata, radicata in un contesto di opportunità e i vincoli per l'esecuzione di un'azione. Le opportunità rinviano alle affordances ambientali. Lo svolgimento di un’azione avviene, quindi, nel gioco dell’interdipendenza fra la pianificazione degli individui e le condizioni della situazione. Richiede una prospettiva binoculare che governi la combinazione degli elementi provenienti da entrambe le fonti. Ogni azione è contingente è l’esito congiunto sia della nostra attività personale, sia degli aspetti casuali. Esecuzione dell’azione > Ogni azione non solo va pianificata, ma va eseguita. Non è un’impresa semplice. Alan Baddeley ha usato l’espressione processi esecutivi per illustrare la complessità dei compiti sottesi alla realizzazione di un’azione. Fanno parte della memoria di lavoro e sono contenuti nell’esecutivo centrale. Le aree cerebrali coinvolte in questi processi si trovano nella corteccia prefrontale. È un’area importante, estesa negli umani in modo sproporzionato rispetto agli altri primati, in grado di ricevere info da tutte le altre regioni corticali percettive e motorie. La PFC ha molteplici proiezioni di ritorno ai sistemi sensoriali, percettivi e motori, esercitando un’influenza robusta e continua. Tali condizioni hanno condotto all’ipotesi dell'esecutivo frontale, che presiede a numerose attività mentali fra cui: l’attenzione esecutiva, l’alternanza del fuoco di attenzione, l’inibizione di un’informazione già percepita, la programmazione della sequenza delle operazioni, il monitoraggio e il controllo dei risultati. * Attenzione esecutiva: a differenza di quella selettiva, l’attenzione esecutiva dirige e - Sono composte da concetti innati e corrispondenti a proprietà del mondo - Sono composizionali, poiché le proprietà semantiche dipendono da quelle dei concetti. - Sono regolate secondo le condizioni di verità e le relazioni di implicazione. Nonostante la cecità semantica, le regole logiche hanno il pregio di conservare la verità delle premesse. La mente computazionale in grado di tradurre le rappresentazioni mentali assume il carattere di mente proposizionale. La mente è un sistema chiuso, che non interagisce con l’ambiente né sul piano percettivo né su quello motorio. Essa procede a compiere sofisticate comunicazioni su simboli amodali mediante il ricorso a regole logiche. Searle ha posto in evidenza l‘insostenibilità della mente come sistema chiuso, attraverso l'esperimento della stanza cinese. (quello di fare vedere gli ideogrammi a un italiano che se segue le istruzioni e in grado di superare il compito). A parimenti esiste il fondamento dei simboli: se i simboli sono definiti solo in termini di altri simboli il significato è infondato. Modularismo — in base all’ipotesi del linguaggio della mente, Fodor ha proposto una concezione fortemente localizzatrice della mente organizzata in moduli, ciascuno dei quali con una struttura specializzata che lo rende un sistema esperto in un ambito specifico rispetto all'ambiente. I moduli sono dominio-specifici, in grado di elaborare informazioni concernenti un ambito ristretto della realtà. Hanno un’architettura neurale fissa, poiché si sviluppa no in assenza di istruzione derivante dall’esperienza. Fodor, condivide l’idea di Chomsky per cui non si apprende ad avere la competenza linguistica o la facoltà visiva più di quanto non si apprenda ad avere le braccia o le ali. I moduli sono innati, definiti e operano allo stesso modo nei vari contesti in cui gli individui vengono a trovarsi. I moduli sono vincolanti. Gli individui non possono scegliere di organizzare la loro percezione come desiderano, i moduli attribuiscono una specifica struttura alla mente che può funzionare solo secondo processi predefiniti. I moduli sono veloci, in grado di risolvere i problemi nel loro specifico dominio, in tempi più rapidi dei processi cognitivi generali. Sono incapsulati a livello informativo, isolati e nessuno di essi ha accesso a tutta la gamma delle informazioni disponibili all’organismo. Ogni modulo può essere considerato come un simulatore esperto di uno specifico dominio del mondo, poiché è dotato di un insieme di programmi e di istruzioni in grado di rappresentare al meglio il dominio in oggetto. La mente in è come un coltellino svizzero. Più che parlare di mente modulare adattata, oggi è corretto dire e parlare della mente come mente dle sa adattarsi. La concezione di mente radicata nel corpo è fondata su dati sperimentali. L'ambiente, è considerato oltre che come uno scenario materiale in cui l’individuo opera anche come realtà dinamica. La mente situata è una mente estesa al contesto e funziona come guida di controllo per il comportamento momento per momento. Rispetto al modularismo, tale concezione è più flessibile e più aderente alle informazioni. I neuroni specchio — sono una scoperta del tutto italiana. Sono stati un contributo essenziale per le rappresentazioni mentali. Sono stati scoperti in Itali a metà degli anni ‘90 da un gruppo di studiosi: Giacomo Rizzolati, Fogassi, Gallese. Le rappresentazioni mentali derivanti dai sistemi motori e quelle provenienti dai sistemi percettivi fanno ricorso a informazioni fra loro commensurabili e compatibili. Per questo e possibile trasformare i modelli percettivi in corrispondenza di modelli motori. > Neuroni specchio negli animali: i neuroni specchio sono stati scoperti per primo nei Macachi. Presenti nell’area premotoria ventrale, si attivano quando un animale esegue una certa azione, sia quando osserva la medesima azione compiuta da un altro. Questa attivazione ha luogo solo se l’azione altrui non è gratuita ma ha uno scopo. Esiste quindi una corrispondenza fra azione eseguita e osservata poiché lo stesso neurone è in grado di confrontare ciò che la scimmia fa con ciò che vede fare. I neuroni specchio, si attivano nella condizione in cui il macaco, non veda un’azione in tutto il suo svolgimento. i neuroni specchio parietali rispondono in modo differente alla stessa azione ma compiuta con scopi diversi. In questo caso la risposta dei neuroni specchio predice ciò che sarà fatto successivamente. Emerge in modo inevitabile, la dibattuta questione della continuità contro la discontinuità filogenetica fra primati non umani e gli esseri umani. > Neuroni specchio negli umani: i neuroni specchio sono stati accertati nella nostra specie attraverso delle ricerche neuropsicologiche. È un sistema di neuroni distribuito in numerose aree cerebrali e costituisce la base cerebrale per competenze mentali fondamentali. L’imitazione è molto importante, perché profondamente coinvolta nei processi di simulazione mentale. Al contrario dell'emulazione, che consiste nella riproduzione meccanica di movimenti, azioni o posture di altri, l'imitazione implica l’abilità di riprodurre la sequenza anche insolita di azioni del modello. Passiamo dal ripete ciò che altri fanno al riprodurre ciò che gli altri intendono fare. La comprensione delle intenzioni degli altri è resa possibile dall’attivazione dei neuroni specchio. L’imitazione si fonda sul principio di somiglianza sociale: è l’atteggiamento mentale del trattare gli altri come simili a sé. Implica una duplice e congiunta operazione di proiezione di sé sull’altro e di appropriazione di quanto fa l’altro dentro di sé. È la base e la leva per l'apprendimento imitativo. A motivo di questa configurazione vi è una predisposizione mentale che compare precocemente nell’infanzia. Questa predisposizione continua nel tempo e diventa forte attorno ai 9 mesi con la comparsa dell'intenzionalità Questa analogia fra il proprio sé e quello degli altri è sottolineata da Mead e costituisce un dispositivo molto potente per la comprensione degli altri. L’imitazione conduce alla condivisione e partecipazione di rappresentazioni mentali, modelli, stati d'animo ed emozioni. Queste condizioni, supportati da circuiti di neuroni specchio, favoriscono la comparsa di una conoscenza e risonanza immediata delle esperienze emotive degli altri. Si rivelano efficaci nel riconoscimento delle espressioni emotive degli altri e nei processi di EMPATIA, intesa come consonanza di affetti ed emozioni che sta provando un altro. Il dispositivo difendo dell’empatia si basa sulla relazione: "gli altri hanno le stesse emozioni che proverei io al loro posto”. Mappe cerebrali e immagini mentali — le rappresentazioni degli oggetti/eventi dell’ambiente oltre che a basarsi sul sistema distribuito dia neuroni specchio, consentono di cogliere in modo operativo i rapporti complessi fra cervello e mente. Sono presenti sia nel cervello che nella mente delle Mappe. Nella mente ci sono le immagini. Il cervello è destino a creare mappe nell’interazione costante con l’ambiente. Le mappe cerebrali, sono modelli nervosi in continuo cambiamento, poiché si modificano ogni istante in corrispondenza ai cambiamenti che hanno luogo nei neuroni che riflettono i cambiamenti dell'organismo e dell'ambiente. Nell’elaborazione delle mappe il cervello interviene attivamente mediante i processi di associazione fra le informazioni sensoriali e quelle motorie. L'elaborazione delle mappe cerebrali coinvolge le modalità sensoriali e il sistema motorio, nel suo complesso. La totalità delle mappe costituisce il fondamento per l’origine della mente. A livello fenomenologico, le loro rappresentazioni costituiscono le immagini mentali generate dalle corrispondenti mappe cerebrali momentanee di una certa situazione. La coscienza ci permette di sperimentare le mappe cerebrali come immagini, di manipolarle ecc. Le immagini mentali sono connesse fra loro e si susseguono in modo veloce 0 lento. Mappe cerebrali e immagini, implicano un costante processo di influenza reciproca fra cervello e mente. Nessuna della funzioni distintive della nostra mente è presente subito già alla nascita. Tali funzioni si sviluppano solo grazie all’interazione con altri umani in un dato ambiente culturale. Per dare origine alla mente, il cervello ha bisogno delle menti di altri, per creare le connessioni indispensabili alla formazione dei circuiti nervosi implicati nelle varie attività psichiche. L’ipotesi dell’autosufficienza del cervello appare impercorribile quindi, perché in qualsiasi stadio è sempre immerso in un contesto denso di stimoli di variazione. Contesto biologico e psichico sono confinanti fra loro ma si influenzano a vicenda. Simulatori e simulazioni mentali — ci sono dispositivi che organizzano il funzionamento del cervello per acquisire informazioni dall’ambiente in modo sufficientemente attendibile. Questi dispositivi genetici vanno intesi come istruzioni che governano i processi cerebrali in modo interdipendente con gli stimoli ambientali. * Zone di convergenza e divergenza: le informazioni nervose provenienti dalle diverse modalità sensoriali, motorie e affettive, sono elaborate da corrispondenti aree cerebrali. Le diverse popolazioni di neuroni deputate a mappare queste caratteristiche del fenomeno, sono organizzate in modo gerarchico e sincronizzato. Tali informazioni sono organizzate fra loro attraverso complessi circuiti di Neuroni interconnettivi (INTERNEURONI), che interagiscono in modo intenso con gli altri neuroni, attraverso circuiti ricorsivi di anteazione e di retroazione. Il lavoro degli interneuroni consiste nell’elaborazione di disposizioni che confluiscono in mappe unitarie delle diverse caratteristiche dell’oggetto. Queste mappe sono depositate in depositi della memoria, che convergono in una data regione di confluenza- divergenza. I MICRONODI costituiscono le zone di Convergenza - Divergenza. Ognuna di esse, prossima al centro nervoso corrispondente a una specifica modalità procede a elaborare inizialmente in modo selettivo i dati provenienti dall’ambiente, per integrarsi mediante una serie di connessioni ricorsive con quelli provenienti da altre modalità nelle regioni associative di ordine superiore. Le ZDC sono organizzate fra loro e lavorano in parallelo. Gli interneuroni di livello superiore mettono in connessione e integrano le informazioni modali provenienti da ciascuna ZDC e possono dare luogo a informazioni più estese e complesse. Grazie a importanti circuiti nervosi di interconnessione, presenti nella corteccia frontale, parietale, temporale e occipitale del cervello le diverse ZDC partecipano in modo sinergico all'elaborazione congiunta della rappresentazione di un oggetto, senza la necessità di prevedere uno specifico modulo dedicato a questo scopo. Le informazioni provenienti dalle modalità sensoriali, motorie ecc.... interagiscono fra loro per mappare i vari aspetti dell’esperienza e si influenzano reciprocamente per elaborare una rappresentazione Multimodale, unitaria e globale dell’evento oggetto, fondata sull’esperienza e radicata nell’organismo. * Simboli percettivi, simulatori e simulazioni mentali: gli studi di Damasio sul funzionamento cerebrale della mente sono stati approfonditi a livello psicologico da un gruppo nutrito di studiosi, Menaray, Mesquita, Feldaman, Barrett e Smith, Semin ed Echeteroff. Degno di interesse è il modello dei simboli percettivi. Nel flusso della nostra esperienza quotidiana, incontriamo numerosi esempi del medesimo oggetto come ad esempio un’auto. Tali esperienze ripetute consento all’organismo di cogliere e selezionare le informazioni concementi le proprietà dell’oggetto, trasmesse ai neuroni delle corrispettive aree cerebrali e immagazzinate nella memoria. Un simbolo percettivo è la registrazione dell'eccitazione di una popolazioni di neuroni a seguito di un processo percettivo o di un'azione motoria. È una rappresentazione inconsapevole di natura schematica e parziale, dinamica e componenziale, indeterminata e generica. Sono simboli in quanto corrispondenza fra due entità appartenenti ad ambiti diversi e percettivi in quanto basati sulle modalità sensoriali e motorie. La formazione di simboli percettivi procede dal basso verso l’alto per ogni aspetto dell’esperienza. abbiamo una varietà illimitata di simboli. Sono integrati in una cornice riguardante un certo oggetto, elaborata dalle aree corticali frontali e prefrontali. I simboli percettivi sono multimodali generati da tutti i modi in cui viviamo l’esperienza. Barsalou, ha definito simulatore mentale tale sistema, in grado di funzionare secondo due conoscenze in azione, poiché si realizzano attraverso le azioni spesso implicite e inconsapevoli. * Conoscenza tacita: si fonda sull’esercizio e può essere appresa e condivisa solo attraverso l’apprendistato. Mediante l’imitazione accurata di modelli, e una profonda interazione con loro il novizio ha modo di impadronirsi delle procedure per svolgere il lavoro. Un esempio è lo stage lavorativo. PARAGRAFO 3 - SIMULAZIONE E MODELLO: una simulazione è la riproduzione di oggetti o eventi attraverso l'elaborazione di appositi modelli. È un approssimazione attendibile e valida di fenomeni del mondo utile per studiarne e conoscerne meglio i cambiamenti al variare delle forze per avvicinarsi alla soluzione ottimale, per costruire prototipi. La simulazione consiste in un modello, nozione introdotta da Eugenio Beltrami e Klein per illustrare le geometrie non euclidee. E la rappresentazione proporzionale, di un aspetto dell'ambiente. Fra modello e fenomeno esiste una struttura equivalente e dinamica di rapporti ossia il modello funziona in modo corrispondente al fenomeno considerato. La simulazione è una rappresentazione dei fenomeni che hanno luogo nella realtà. È connessa con ipotesi di situazioni nuove e costituisce una delle massime espressioni del pensiero ipotetico e inferenziale. Accanto al mondo del reale e al mondo del fantastico, esiste il mondo del possibile. Ciò che non è in questo momento ma che può accadere in futuro. Ai giorni nostri, presso il Neurosciences Institute della Rockfeller University di New York, vive la NOMAD Neurally Organized Multiply Adaptive Device, sviluppato da Edelman e collaboratori in grado di simulare la mente umana. Occorre distinguere fra simulazione virtuale e analogica. Quella analogica, ricrea fisicamente gli aspetti della realtà oggetto di studio e di analisi. Quella virtuale si avvale dell’aiuto di un computer. Vantaggi della simulazione — la simulazione ha enormi vantaggi per la conoscenza e la comprensione dell'esperienza poiché consente di esplorare un numero elevato di funzioni e processi mentali: dalla ricostruzione del passato, all'anticipazione del futuro.. * Versatilità, flessibilità e complessità: la simulazione rende possibile una versatilità illimitata di studio e di applicazione. Non esiste fenomeno che non possa oggi essere oggetto di simulazione. La simulazione dimostra una strada percorribile per analizzare, capire e spiegare meglio i sistemi complessi di qualsiasi genere. Privilegia il processo di sintesi e ricostituzione dei processi sottesi ai fenomeni. Ha un approccio reticolare e contestualizzato. La simulazione è in grado di analizzare anche le situazioni estreme in funzionamento di un sistema complesso. L’esisto di questa possibilità è la definizione dei valori di funzionamento di un sistema complesso. Sulla base di questa opportunità sono stati fatti progressi significativi nella teoria delle catastrofi e in altre. * La cultura come prodotto della simulazione: La cultura si fonda sull'evoluzione biologica della specie umana, ed è un prodotto della biologia. I neuroni specchio hanno promosso l’attività di simulazione a tutti i livelli. A un cervello simulativo corrisponde una mente simulativa. Senza simulazione non sarebbe possibile la cultura, perché è una condizione necessaria per la buona convivenza sociale. * Teoriae fatti nella simulazione: La teoria è immersa nella simulazione, poiché ogni variazione introdotta o ipotizzata deve rispondere alla domanda: “perché!". Questo continuo intreccio tra teoria e applicazione aiuta a capire la robustezza della simulazione stessa. Questa connessione intrinseca fra teoria e fatti attribuisce un vantaggio importante alla simulazione: fare previsioni in modo attendibile. È uno dei principi primi della teoria scientifica. La simulazione è un allenamento mentale per evitare di cadere in trappole cognitive. * Invenzione di mondi possibili: la simulazione appartiene al mondo del possibile, ciò che ancora non c’è ma che potrebbe esserci. Questa è una qualità esclusiva della mente umana. * Simulazione e prestazioni motorie: I tempi dei movimenti mentali riflettono le caratteristiche dei movimenti fisici in base alla Legge Fitts: il tempo di un movimento è una funzione logaritmica della distanza e delle dimensioni del bersaglio, perché il tempo del movimento aumenta con la distanza ma diminuisce con le dimensioni del bersaglio. Tramite la FMRI è stato verificato che i pianisti quando suonano una tastiera silente sia quando immaginano di suonare la stessa musica attivano le stesse reti neurali dell’area frontoparietale. * Pensiero controfattuale e anticipazione della propria identità”: La simulazione è un dispositivo molto potente per ricostruire eventi del passato (pensiero controfattuale) e per anticipare quelli del futuro (profattuale). Nel primo caso ci riferiamo ad avvenimenti accaduti e ipotizziamo che cosa sarebbe potuto succedere o come ci saremmo potuti comportare. In questo caso, le persone seguono la forma logica MODUS PONENS mentre nel secondo caso seguono la forma logica MODUS TOLLENS. La simulazione è in grado di raffigurarsi anche il futuro. Questo tempo psicologico e la totalità del sé. Entra no in gioco le simulazioni prefattuali. Sono quelle concernenti il proprio futuro, sono molto frequenti e servono a designare il proprio futuro. Costituisce una sorta di vaccinazione emotiva questa possibilità poiché ci affidiamo al futuro con la speranza che sia migliore. Le simulazioni concernenti la nostra vita, oscillano fra la desiderabilità e la fattibilità. È in gioco il contrasto mentale fra il conseguimento di un futuro desiderato e la valutazione delle condizioni attuali disponibili per raggiungere tale stato. * Innovazione e creatività”: La simulazione è un motore potente della creatività umana. E in grado di creare attraverso la simulazione nuove combinazioni mai considerate prima grazie ad accostamenti insoliti e ad associazioni impreviste. La simulazione è basilare perla progettazione e il pensiero produttivo. PARAGRAFO 4- LIMITI DELLA SIMULAZIONE al pari di qualsiasi attività umana, anche la simulazione ha dei limiti. I motivi di tale scontatezza concernono fondamentalmente a due dimensioni: a livello di costruzione delle simulazioni da parte degli esperti e il livello di impiego da parte dei destinatari. A livello di architettura la simulazione può consistere in una riproduzione distorta e lontana dai fenomeni che intende rappresentare. L'architettura della simulazione può essere semplificata rispetto agli altri fenomeni. In fase di progettazione, gli esperti possono commettere errori di grammatica nella connessione delle variabili, nella definizione delle regole, nella concatenazione dei passaggi e nella sequenza delle fasi. A livello di impiego nella simulazione da parte dei destinatari, possiamo avere un impiego cieco delle simulazioni. Nei confronti delle simulazioni occorre seguire il principio rispetto-sospetto: trattare i fenomeni con il dovuto rispetto e con il necessario sospetto. ASPETTI PATOLOGICI DELLA SIMULAZIONE. La mente umana è simulativa, è anche fondamento di disagio e disturbo psicologico poiché possiamo fare un impiego psicologico della simulazione. Possiamo credere che rappresenti realmente la realtà, crederci o anche inventare una realtà simulata a nostro piacere. E il reato di simulazione, che oltre che l’aspetto psicologico può coinvolgere anche le azioni come contraffare prodotti, fare truffe, fare finta di essere invalidi per prendere la pensione.. CAPITOLO 6: PARAGRAFO 1- ESPERIENZA COME FONTE DI APPRENDIMENTO Al momento nascita siamo una tabula rasa, in pochissimi anni disponiamo di un estesa enciclopedia di conoscenze, competenze e pratiche attraverso l'apprendimento. L'apprendimento è un dispositivo universale negli animali, poiché è supportato da una struttura nervosa sia pure elementare. L'apprendimento è inteso come una modificazione relativamente duratura e stabile nel e del comportamento a seguito di un'esperienza, di solito ripetitiva nel tempo. Esso è, inoltre, uno dei due motori per mandare avanti specie ed esistenza. 1° modo — meccanismi biologici (gene), già presenti al momento fecondazione, e implicati nei processi automatici di selezione della specie e maturazione degli individui; 2° modo — dispositivi culturali (apprendimento) fondati sull'esperienza e riguardanti tutto ciò che si acquisisce dopo nascita. Fra gene e apprendimento esiste un'interdipendenza intrinseca e una coevoluzione che conduce alla costruzione della propria nicchia ecologica mediante forme di adattamento attivo all'ambiente. Apprendimento situato — La radice dell’apprendimento è l’esperienza, infatti ogni apprendimento è esperienziale. Poiché l'esperienza è rappresentata dalla totalità delle singole esperienze e delle conoscenze accumulate nel tempo, siamo nella condizione di imparare sempre: attraverso l'apprendimento forniamo in continuazione stimoli al cervello e alla mente, stimoli che contengono gli elementi di novità: siamo spinti dalla curiosità e dall'esigenza di esplorare il noto (per conferme) e l’ignoto (per allargare l'orizzonte). È una predisposizione presente sin dalla nascita, senza la quale cervello e mente entrano in condizione di sofferenza ed apatia: quindi l'apprendimento è anche necessità, vincolo, non possiamo non imparare. L'apprendimento passa attraverso l'azione e il fare (imparare facendo), e questa condizione implica che questo processo sia sempre accompagnato da una forma di attività motoria (anche inconsapevole). In quanto connesso all'esperienza, l'apprendimento è situato — legato al contesto immediato, radicato nell’organismo. A seconda dei casi, procediamo ad un apprendimento intenzionale — orientato al raggiungimento di uno scopo, promuove un'elaborazione accurata delle info; accidentale - dovuto a fattori imprevedibili e non connesso con lo scopo di acquisire qualcosa di nuovo, impariamo per caso; contingente — (> delle volte) implica la combinazione fra elementi incidentali che provengono dall'ambiente (dal basso verso l'alto) e opzioni operate dagli individui in base ai loro interessi ed esigenze (dall'alto verso il basso). Apprendimento latente - Dato che impariamo in continuazione con le esperienze, il nostro apprendimento non può essere sempre esplicito, poiché richiederebbe un enorme e continuo impegno mentale e un notevole spreco di energie. Spesso adoperiamo forme di apprendimento latente, forma di apprendimento implicito che consente di imparare anche senza accorgersene, è un apprendimento spontaneo poiché non ha bisogno di rinforzi. Per dimostrare l'esistenza di questo processo Tolman e Honzik (1930) si servono di tre gruppi di ratti: -gruppo A + non fu mai rinforzato come ricompensa per aver percorso labirinto, -gruppo B — fu ricompensato ogni prestazione, -gruppo C + non fu rinforzato fino all'undicesimo giorno dell'esperimento. Il gruppo C, nel momento in cui fu rinforzato, ebbe prestazione immediate e superiori a quelle di B, e ciò comprensibile solo se si ammette che il gruppo C abbia appreso in modo latente e senza rinforzo la mappa cognitiva del labirinto durante: nella fase iniziale, quindi quella senza ricompensa, i topi avevano appreso molto più di quanto in realtà avevano dimostrato e, sulla base di ciò, Tolman e Honzik hanno sostenuto che l'apprendimento ha luogo grazie alla semplice esposizione all’ambiente ed hanno introdotto la differenza tra competenza (ciò che si apprende) e prestazione (l'esecuzione di ciò che si è appreso). In che modo è possibile l'apprendimento latente? Secondo Tolman, nello svolgimento delle varie attività abbiamo modo di scoprire le varie connessioni che esistono nell'ambiente in base a determinati indizi o segnali: queste rilevazioni, spesso casuali, conducono alla costruzione di mappe cognitive, facilitando l'animale a trovare la soluzione più breve ed efficace — principio del minimo abbandonate. Egli definì legge dell’effetto questa connessione poiché legami associativi tra stimolo e risposta non dipendono solo dalla contiguità temporale (esperimento di Pavlov), ma anche dagli effetti che seguono la risposta. Thorndike scoprì anche la legge dell’esercizio, secondo cui la ripetizione di una risposta diventa più probabile quanto più spesso è ripetuta. Skinner riprese le impostazioni di Thorndike e la tradizione pavloviana introducendo la distinzione tra: - comportamenti rispondenti — derivanti da riflessi innati (come la salivazione) o appresi tramite il condizionamento pavloviano (associazione tra SC+SI). - comportamenti operanti — non derivati da riflessi innati ma emessi spontaneamente dall’animale (associazione S-R). Skinner così, distinse il condizionamento operante (strumentale: il soggetto agisce, opera nell’ambiente e lo modifica attraverso dei comportamenti in risposta a stimoli) da quello classico(pavloviano) da lui chiamato rispondente, dato che il soggetto non controlla la risposta provocata dallo stimolo. Skinner è interessato alla catena associativa S-R e assume che la mente sia come una scatola nera (black box) non osservabile sul piano sperimentale pertanto da ignorare. Ponendo un ratto in una gabbia, questo compie molte azioni e casualmente preme la leva, a questo punto riceve del cibo come ricompensa, pertanto apprende l'associazione tra leva premuta ed erogazione del cibo, e pertanto il ratto ripeterà più spesso il comportamento. Tale effetto costituisce un rinforzo: ricompensa in grado di aumentare la probabilità del comportamento. Skinner distingue, inoltre, il rinforzo dalla punizione, quale realizzazione di una situazione spiacevole per far diminuire un comportamento sbagliato. Anch’essa può essere: -positiva + stimolo doloroso per il soggetto, come la scossa elettrica) -negativa — sottrazione di qualcosa di gratificante, come il cibo). I rinforzi possono essere: -positivi — gratificazione (cibo, acqua) -negativi > eliminazione di situazioni spiacevoli (cessazione di un rumore fastidioso). -primari — eventi che soddisfano i bisogni primari dell’individuo (fame, la sete, sesso); -secondari — siamo in presenza di stimoli (denaro, approvazione) egualmente in grado di rafforzare il comportamento in oggetto; -continui — il rinforzo viene eseguito ad ogni prestazione corretta -parziali — il rinforzo viene eseguito solo ogni tanto a prestazione corretta. Questo è più efficace poiché quello continuo conduce al fenomeno dell'assuefazione. Egli giunge a definire anche diversi piani di rinforzo per favorire l'incremento di un certo comportamento: -piano di rinforzi a intervallo fisso — il rinforzo è fornito a scadenze regolari (per esempio lo stipendio mensile) -piano di rinforzo a intervallo variabile — è il più efficace, il rinforzo è fornito a intervalli variabili nel tempo scelti a caso (per esempio gli elogi occasionali) -piano di rinforzo a intervallo fisso — il rinforzo è fornito dopo un numero prefissato e sempre uguale di risposte (per esempio il lavoro a cottimo) -piano di rinforzo a rapporto variabile — il rinforzo è dato dopo un numero di risposte che varia in modo casuale (per esempio le lotterie). Skinner introduce, inoltre, la tecnica del modellamento (shaping): per evitare che l'animale impieghi molto tempo prima di premere la leva, lo si premia anche quando si avvicina e pertanto viene rinforzata la risposta ad ogni avvicinamento a quella corretta, rendendone più probabile il raggiungimento. Il modellamento può condurre a esiti paradossali, come il piccione superstizioso: i piccioni attribuiscono valore all’ultimo evento rilevante, così, Skynner somministra il cibo a intervalli regolari ma frequenti e il piccione, nel frattempo, si muove a caso; ogni volta che il piccione ottiene il cibo si verifica un effetto moltiplicatore, in quanto il piccione esegue l’ultima azione fatta prima di aver ricevuto il cibo. Apprendimento per associazione selettiva - Negli anni 70 viene elaborata l’interpretazione cognitiva del condizionamento classico + un gruppo A di cani vengono sottoposti a scarica elettrica, preceduta da un suono per 20 volte, mentre, il gruppo B viene sottoposto a 40 scosse,20 volte con suono e 20 senza suono: il gruppo A fu condizionato alla paura, il gruppo B risultò incondizionato alla paura. Quindi, in base a questi dati, la contiguità temporale e il numero di volte in cui questi due tipi di stimoli sono associati non sono sufficienti per spiegare l'apprendimento. Secondo Rescorla e Wagner — bisogna tener conto anche della forza associativa fra stimolo incondizionato e stimolo condizionato: se è elevata, si ha condizionamento; se è debole, non compare condizionamento. La forza associativa implica la rappresentazione mentale di una situazione: si crea un’aspettativa mentale su quanto deve succedere, data una certa intensità di legame tra SI e SC; tale aspettativa può diventare sorpresa se non compare la detta associazione. Entra in gioco un processo di selezione fra stimoli da associare. La contiguità spazio-temporale è necessaria ma non sufficiente: ad esempio un ratto mangia cibo avvelenato una sola volta e ha mal di pancia dopo molte ore, può collegare i due eventi, cd selettività dell'associazione. Consideriamo lo schema di un sperimento di Mackintosh 1994 : nel caso 1 un topo beve caffè e un’ora dopo gli si procura mal di pancia. Il giorno dopo il topo non beve più il caffè perché collega lo stare male all’ultima sostanza bevuta. Nel caso 2, viene dato al topo del saccarosio tra la somministrazione del caffe ed il mal di pancia, questo rifiuterà il saccarosio ma non il caffè. Nel caso 3, il caffè viene seguito da un’iniezione di cloruro di litio un giorno sì e uno no e, di conseguenza, il ratto ha mal di pancia a giorni alterni: in questo caso il topo sviluppa l’avversione al caffè perché resta, comunque, anche se imperfetto, il miglior indizio per prevedere il mal di pancia. Se invece, nel caso 4, viene dato prima il saccarosio e dopo il caffè, facendolo seguire dal mal di pancia, il topo assocerà il mal di pancia al saccarosio e non al caffè che è l’ultima sostanza ingerita. Siamo in presenza, quindi, di un chiaro esempio di condizionamento associativo selettivo. Insight: alternativa al metodo associativo > Al modello associativo dell’apprendimento, uno dei padri fondatori della Gestalt, Kohler 1917, aveva contrapposto un modello cognitivo legato alla soluzione ingegnosa dei problemi (problem-solving): l'apprendimento non avviene attraverso un processo casuale e alla cieca, ma è l’esito di un processo attivo e intelligente, che avviene grazie alla capacità di collegare insieme elementi distribuiti nell'ambiente che fino a quel momento venivano considerati in modo isolato. Questa operazione di connessione di elementi avviene all’improvviso, come un’intuizione (appunto, insight) — perla Gestalt, dunque, l'apprendimento pertanto consiste nel processo di riorganizzazione degli elementi secondo una nuova configurazione mentale. Kohler pone uno scimpanzé di fronte ad una situazione che, apparentemente, può sembrare irrisolvibile: fuori dalla gabbia c’è una banana che, però, non riesce ad afferrare con il semplice allungamento dell’arto. Dopo un certo numero di prove, non riuscendo nell’impresa, deluso ritorna a giocare nella gabbia in cui sono stati inseriti dei bastoni e a un certo punto ha “l’insight” (l’intuizione) e con il bastone afferra la banana, arrivando addirittura, in certi casi, ad unire più bastoni insieme per creare uno strumento più lungo. Tale processo è anche alla base della creatività umana e si fonda sull’attivazione di quei processi cognitivi che conducono alla risoluzione dei problemi della vita quotidiana (problem solving). PARAGRAFO 3 - APPRENDIMENTO DA MODELLI Apprendimento individuale e apprendimento sociale — L'apprendimento è un’attività individuale, nessuno impara al nostro posto. L'apprendimento individuale è la competenza nell’acquisire nuove informazioni a seguito di un’esperienza personale nell’interazione diretta con l’ambiente. Esso è: * costoso (per l’elevato dispendio di risorse mentali) * lungo (poiché va ripetuto nel tempo per individuare la traiettoria giusta in base al tipo di contesto) * soggettoa errori (poiché è difficile da verificare in una gamma estesa di condizioni) * efficaceinsituazioni di cambiamento. A questo percorso di apprendimento si contrappone l'apprendimento sociale, inteso come la capacità di acquisire competenze e pratiche tramite e con i propri simili. E’ un apprendimento da modelli perché implica interazione fondata sull’esperienza altrui; questo è un apprendimento: -economico (in quanto richiede un minore dispendio di energie) - veloce (in quanto non occorre fare diversi tentativi e quindi incorrere ad errori) — stabile (poiché gli altri forniscono già “pacchetti” di conoscenze e di informazioni) - attendibile (in quanto già stato verificato da diversi individui) - socialmente esteso e condiviso (promuove forme di conformità e di adattamento agli standard del gruppo di riferimento) - meno valido nei periodi di cambiamento (in quanto tende a riproporre forma già consolidate, e quindi obsolete e non in aggiornamento e al passo con i tempi). Perciò, in questi casi, l'apprendimento individuale è più efficace rispetto a quello sociale. Imprinting e periodi sensibili - E' riconosciuto un forte valore ed importanza all'apprendimento sociale. Tra i fenomeni osservati vi è quello dell'imprinting > un apprendimento precoce, da parte uccelli che inseguono la prima cosa vista dopo la schiusa: essi stabiliscono un forte legame sociale col primo oggetto mobile che incontrano nelle prime ore di vita. Di norma, oggetto dell’imprinting è la madre, ma, tale legame, può avvenire anche con un oggetto arbitrario, come se stesso. L'imprinting è diverso da quello associativo: la costruzione del legame sociale neonato-modello avviene nel corso di un breve e circoscritto periodo che prende il nome di periodo critico ed è irreversibile. Tale concezione dell’imprinting è stata, oggi, rivista dall’etologia cognitiva, la quale ritiene che l’imprinting non è né così rapido, né irreversibile: infatti, affinchè si sviluppi l’imprinting, è necessario che il modello sia in grado di attivare le endorfine nel cervello del piccolo. Successivamente, il concetto di periodo critico è stato rinominato come periodo sensibile per indicare un periodo entro il quale le condizioni dell’ambiente sono più favorevoli all’apprendimento e, quindi, durante tale periodo le conoscenze sono facilitate, mentre, prima e dopo di esso, gli apprendimenti sono difficili, se non addirittura impossibili. Tale concetto vale soprattutto per le specie animali e, se pur in modo attenuato, è stato applicato anche agli esseri umani. Per esempio, è stato osservato che il secondo semestre di vita è considerato un periodo sensibile per lo sviluppo del legame di attaccamento da parte del bambino nei riguardi della madre; l’età compresa tra i 2 e i 6 anni è un periodo privilegiato per l’apprendimento della lingua materna e per quello delle lingue straniere. Quando dobbiamo imparare una lingua da adulti, infatti, facciamo molta più fatica con risultati meno validi. Apprendimento osservativo e imitativo > L'apprendimento sociale trova massima espressione nell’osservazione e nell’imitare le azioni degli altri. L'apprendimento osservativo si basa su una rete complessa di dispositivi che comprendono: attività dei neuroni specchio (cap 5) interdipendenza tra percezione e azione (cap 4) ricorso ai processi cognitivi (cap 5). Essa assume una rilevanza cognitive e sociali attraverso attività di formazione online, programmate e sistematiche, facendo ricorso alle tecnologie della rete.Al metodo della formazione in presenza, fondato sull’interazione diretta fra docente e allievo, si sostituisce quello della formazione a distanza (FAD), in cui il rapporto fra docente e allievo diventa virtuale ed è mediato dai nuovi mezzi tecnologici: è una forma di apprendimento incentrato sull’apprendimento dell’allievo attraverso percorsi formativi specifici e, quindi, è l'insegnamento che si adegua alle esigenze dell’allievo, piuttosto che il contrario. L’e-learning (electronic learning) — è un metodo di formazione a distanza attraverso il computer, con l’applicazione di pacchetti o programmi di apprendimento specifici, selezionati secondo i bisogni dei destinatari. È sorto negli anni ’70, ed in questo è indispensabile una connessione in rete per usufruire, ad esempio, dei materiali didattici. Con maggiore frequenza oggi si apprende insieme, e perciò, si parla di net learning. Questo sistema può essere rivolto alla promozione di varie competenze, può essere applicato a diversi ambiti formativi (come, ad esempio, quello scolastico o quello professionale); vi è elevata indipendenza nell'apprendimento poiché non vi è presenza fisica né orario. Occorre solo un monitoraggio del livello di apprendimento attraverso una valutazione esterna o un’autovalutazione. Deve essere caratterizzato da un buon livello di usabilità (grado in cui uno strumento elettronico può essere usato da tutti gli utenti in modo tale da permettere il raggiungimento degli obiettivi). È multimediale, il che consente di raggiungere una notevole personalizzazione, attraverso l’integrazione fra i diversi media in modo da favorire una migliore comprensione dei contenuti da imparare. In questo processo svolgono una funzione centrale l’ipertestualità (la possibilità di stabilire in tempo reale una serie di collegamenti o links) e l’ipermedialità (la possibilità di stabilire delle connessioni fra un contenuto e altre fonti di informazione che magari possono contenere immagini, video ecc). L’ipertestualità e l’ipermedialità favoriscono un elevato livello di interattività situata con i materiali da imparare, ottimizzando le modalità di apprendimento a seconda della situazione. Oggi l’e-learning appare un metodo di apprendimento datato, in quanto sostenuto da un grado di coinvolgimento ridotto. Serious games — Creati nel 2000 sono nuova frontiera dell’apprendimento. Essi sono simulazioni virtuali che consentano ai partecipanti di fare esperienze precise e accurate, in grado di promuovere attraverso la forma del gioco percorsi attivi e coinvolgenti di apprendimento nei vari domini dell’esistenza umana. È una forma di apprendimento esperienziale, in cui il virtuale è una riproduzione attendibile e fedele dei processi di realtà: si impara facendo. Essi consentono, inoltre, una valutazione dinamica, in grado di accertare l'apprendimento degli individui in tempo reale, nello stesso momento in cui eseguono le operazioni. I due processi sono contemporanei, consentendo una serie di correttivi in itinere. PARAGRAFO 6 - FONDAMENTI BIOLOGICI APPRENDIMENTO Per apprendere qualcosa è necessario, in primo luogo, avere a disposizione dispositivi genetici idonei ad affrontare tale attività. Tuttavia, i geni da soli non conducono all’apprendimento, bensì alla maturazione. Le informazioni genetiche assumono percorsi differenti di sviluppo in funzione delle condizioni dell’ambiente. L’epigenetica studia le possibilità di interdipendenza tra gene e ambiente. L’ambiente costituisce la “terza elica” del DNA in quanto, i geni da soli, non riuscirebbero a produrre alcun comportamento. L'apprendimento, quindi, ha un fondamento biologico necessario. L'esperienza fornisce le informazioni per generare nuove configurazioni dei circuiti nervosi. Apprendimento hebbiano - Donald Hebb 1949 sottolineò l'idea della plasticità neurale in connessione con l'attività nervosa indotta dall'esperienza. Si usa per descrivere i cambiamenti nella forza di connessione tra due o più neuroni, che possono o meno prolungare l’apprendimento. Potenziamento a lungo termine — ideato da Bliss e Lomo 1973, ha segnato un vero e proprio passo avanti per spiegare l’apprendimento. Il PLT consiste nell’applicazione di uno stimolo potenziante ad una via nervosa (ad esempio una breve scarica di impulsi); seguito di questo stimolo, la risposta sinaptica aumenta notevolmente rispetto alla risposta standard e si mantiene per ore. Si è visto, inoltre, che crea nuove connessioni sinaptiche grazie alla liberazione di neurotrofine (molecole stimolanti per la sopravvivenza e perla crescita dei neuroni). Il PLT svolge una funzione centrale nell’elaborazione dell’informazione e nel mantenimento dei ricordi attraverso la sintesi di proteine che possono durare per tutta la vita, anche se i collegamenti sinaptici durano pochissimo (al massimo qualche secondo). È stata fatta una distinzione (cap7) fra PLT precoci (della memoria di lavoro) e PLT tardivi (della memoria a lungo termine). In questo modo, perciò, possiamo notare come l’elaborazione dell’informazione e il suo apprendimento siano strettamente collegati alla memoria e al ricordo, infatti, l'apprendimento da solo non è sufficiente ed occorre ricordare tutto ciò che si è appreso. CAPITOLO 7 PARAGRAFO 1 - NATURA DELLA MEMORIA La memoria come percorso nel tempo — la memoria è la capacità di conservare nel tempo informazioni apprese e di recuperarle quando servono in modo pertinente, l'apprendimento sarebbe altrimenti inutile. Ogni nuova esperienza comporta dei cambiamenti nei circuiti nervosi, creando dei nuovi percorsi nervosi. La memoria va considerata quindi come un sistema in continuo divenire, nella sua natura di processo attivo e dinamico. E' una traiettoria inarrestabile che continua per tutta la vita, per certi aspetti noi siamo la nostra memoria. È la nostra storia come individui (memoria personale) e come comunità cui apparteniamo (memoria collettiva). La memoria é un'elaborazione delle informazioni secondo criteri esclusivamente personali, pertanto è soggetta a distorsioni. Solitamente, infatti, tendiamo a rielaborare nel tempo un miglioramento dei ricordi (ottimismo mnestico). Essa non è infinita, essa è limitata sia in termini quantitativi, cioè tutte le informazioni che possiamo immagazzinare, sia in termini di durata, ovvero ciò che noi apprendiamo nella nostra memoria decadono dopo un certo periodo di tempo. La memoria è strettamente correlata quindi all’oblio, che la psicologia comune considera come uno svantaggio, ma é in realtà un vantaggio, poiché permette di eliminare determinate informazioni superflue, lasciando spazio a nuovi apprendimenti. La memoria è di due grandi insiemi: la memoria a lungo termine e la memoria di lavoro (chiamata una volta a breve termine). Principali sistemi della memoria a lungo termine — il termine memoria raccoglie un insieme eterogeneo di processi: occorre pertanto parlare di memorie. La memoria a lungo termine ha una natura multi-sistemica, formata da processi e insiemi anche diversi fra loro. (vedi fig. 7.1 pag 179). *. La memoria procedurale (memoria per fare) riguarda la conservazione delle competenze e procedure con cui fare le cose. E' attivata da compiti di natura motoria (ad esempio nuotare, sciare) e riguarda il modo in cui svolgere determinate attività. A volte risulta più semplice far vedere come si fa che spiegarlo (valore ostensivo della memoria procedurale). Tale memoria è valutabile solo attraverso l’esecuzione delle attività in oggetto. Ha sede nei gangli basali del cervello. La memoria dichiarativa (memoria per conoscere) concerne la conservazione delle conoscenze sui fatti che possono essere acquisite in una volta sola e che sono direttamente accessibili alla coscienza. E' una memoria esplicita che ha sede nell'ippocampo e nella corteccia temporale mediale. * La memoria episodica (ciò che ricordiamo) si riferisce alla capacità di memorizzare e recuperare eventi specifici e contiene informazioni spaziali e temporali che definiscono il dove e il quando l’evento ha avuto luogo. In media le donne presentano risultati migliori con questo tipo di memoria. I ricordi resterebbero per un certo periodo nell'ippocampo per poi consolidarsi nelle aree neocorticali. Questa memoria è talvolta caratterizzata dai flash di memoria, ricordi particolarmente vivi di eventi sorprendenti che ci hanno colpito in modo profondo a livello emotivo e cognitivo. La memoria semantica (ciò che sappiamo) va considerata come un lessico mentale che organizza le conoscenze che una persona possiede circa le parole e i simboli e le relazioni fra essi esistenti. Al riguardo si ipotizzata una l'esistenza di reti semantiche in grado di collegare una parola con altre parole sulla base di relazioni logiche o associative. * La memoria esplicita (con consapevolezza) è la conservazione di informazioni che riguardano specifici eventi o conoscenze generali. E' un processo consapevole perché sappiamo di ricordare. La memoria implicita (senza consapevolezza) riguarda la capacità di ricordare senza averne consapevolezza, poiché è una conoscenza che si manifesta in prestazioni senza che il soggetto ne abbia coscienza. (es: abilità motorie). È una memoria con modesta variabilità nel tempo, indipendenza dall'età e connessione all'intelligenza. Vi sono informazioni contenute nella memoria implicita in grado di influenzare i nostri comportamenti al di fuori della nostra consapevolezza. * La memoria autobiografica indica la capacità di conservare le informazioni e le conoscenze legate al sé a partire, in media, dal 3° anno d’età. Essendo la memoria in genere una componente essenziale dell’identità umana, chi soffre di amnesia compromette la propria identità e le relazioni significative con altri. Di conseguenza è la rete delle connessioni e le costellazioni dei ricordi che contribuiscono a dare senso alla propria esistenza. * Memoria del passato (retrospettiva) e memoria del futuro (prospettica). La memoria retrospettiva concerne la conservazione e il recupero di ricordi riguardanti fatti, episodi e conoscenze del passato. È la nostra storia. La memoria prospettica è la memoria per gli eventi futuri, il ricordarsi che si dovrà fare qualcosa. Antonella Brandimonte ha distinto un piano mentale per compiere l'azione di 6 fasi: 1. formazione delle intenzioni; 2 ricordare cosa fare; 3 ricordare quando farlo 4. ricordare di compiere l'azione 5. compiere l'azione in modo stabilito; 6. ricordare di aver compiuto l'azione per non ripeterla. PARAGRAFO 2 - MEMORIA COME PROCESSO Codifica ed elaborazione delle informazioni - per poter depositare informazioni nella memoria, occorre codificarle. La codifica consiste nel trasformare un’informazione in una rappresentazione mentale collocata in un deposito di memoria. Una dei diversi fattori è l’attenzione, è chiaro che se non prestiamo attenzione ad un determinato evento lo ricorderemo meno facilmente. L’attenzione, insieme ad altri fattori emotivi e motivazionali, determina la forza della codifica, che presenta tre livelli di elaborazione (teoria dei livelli di elaborazione): * Livello superficiale: ci fermiamo ad aspetti strutturali e fisici di uno stimolo (lettere minuscole o maiuscole); * Livello intermedio: consideriamo anche gli aspetti fonologici di uno stimolo (come suoni, rime, assonanze); * Livello profondo: consideriamo le componenti semantiche, ovvero il significato. Vi sono però degli effetti che potenziano il processo di codifica: * Effetto produzione: quando siamo attivi nella produzione delle informazioni da ricordare, le ricordiamo molto di più poiché vi prestiamo maggior attenzione; poiché la memoria è molto potente ma non infinita, ergo se vogliamo ricordare alcuni processi e funzioni indispensabili, talune informazioni vanno dimenticate. Talvolta alcune informazioni filtrano, ma sono labili e scompaiono a meno di non essere deliberatamente rinforzate attraverso la reiterazione. Secondo Wegner si può ipotizzare che ci sia una fase di monitoraggio in cui è realizzata una scansione dei contenuti mentali, e successivamente una fase di tipo operativo mediante la quale si eliminano contenuti di pensiero non voluti o non desiderati. (inoltre, effetto ironico come fallimento della soppressione dei pensieri “non pensare a....” si pensa esattamente a quello). Le ragioni dell'oblio - Ci sono svariate ipotesi su come l’oblio operi, come quella del disuso (se un ricordo non è rievocato per molto tempo, a poco a poco va perduto), la quale non spiega per quale motivo certi ricordi posso riaffiorare dopo molto tempo, anche in modo spontaneo. È più attendibile l'ipotesi secondo la quale il nuovo materiale vada ad interferire con quello già conservato o viceversa: questa è la teoria dell’interferenza, che può essere di duplice natura: Interferenza proattiva: i ricordi remoti interferiscono e/o inibiscono l'assimilazione di nuove informazioni; Interferenza retroattiva: i ricordi recenti limitano o danneggiano quelli passati. Questa spiega come mai è più facile ricordare la sera che non il mattino. Spesso queste interferenze nella vita quotidiana agiscono insieme. Infine l’oblio può essere provocato anche dal blocco di un’informazione già depositata in memoria. Si verifica quando vi sono diverse associazioni riferite ad un indizio e una di esse è più forte delle altre, ostacolando il recupero totale delle informazioni del target. Questa ipotesi implica che le informazioni dimenticate restino ancora in memoria, ma il loro accesso è temporaneamente bloccato dall'informazione dominante. PARAGRAFO 4- MEMORIA DI LAVORO: La memoria lavoro (ML) può essere paragonata alla RAM dei pc, e la memoria a lungo termine all’hard disk. Come la RAM, la ML è completamente flessibile rispetto ai contenuti e quanto più è estesa tanti più “programmi” può far “girare” insieme. La capacità (span) della ML è direttamente proporzionale alle nostre competenze mentali (intelligenza, ragionamento, linguaggio). Dalla memoria primaria alla memoria a breve termine — James (1890) aveva distinto tra memoria primaria, cioè è un deposito iniziale e provvisorio in cui le informazioni non vengono perse; e memoria secondaria, ovvero la memoria a lungo termine, da cui le informazioni possono essere recuperate solo con il contributo di un processo mentale attivo. La MBT(memoria a breve termine) è una memoria assai precaria e volatile, la cui portata è stata valutata con il compito Brown- Peterson. Questo compito consiste nel presentare ai soggetti una sequenza di tre consonanti da ricordare ed impedire loro ogni forma di reiterazione chiedendo di iniziare a contare all'indietro da 100 a 3. Dopo 6 secondi, l'accuratezza del ricordo decade del 50%, a 18 secondi è nullo. In presenza di compiti distrattori (cd. di interferenza) la volatilità della MBT può diventare molto elevata, con una durata di appena due secondi. Se desideriamo non perdere le informazioni, occorre ripeterle con frequenza per mantenerle in quel dato spazio chiamato tampone di reiterazione. Il modello di Atkinson e Shiffrin: memoria come elaborazione in sequenza delle informazioni + Atkinson e Shiffrin (1971) ritennero che la memoria fosse un sistema complesso, composto da diversi stadi, dotati di funzioni distinte. Proposero un modello multiprocesso della memoria, basato sullo scambio di input-output, ogni stadio riceve input che trasforma in output, che diventano input per lo stadio successivo. Gli stadi principali sono tre: 1. il registro sensoriale; 2. la memoria breve termine; 3. la memoria a lungo termine. Inoltre, i due studiosi ritennero che nella MBT, la reiterazione svolgesse una funzione rilevante: quanto più le informazioni sono reiterate nella MBT, maggiori sono le possibilità che siano trasferite nella MTL. Ma questo modello è risultato infondato sul piano empiri pazienti con gravi danni celebrali importanti da comprometter la MBT sono ugualmente capaci di registrare nuove informazioni nella MLT. Memoria sensoriale — è la capacità di mantenere in modo sostanzialmente fedele le informazioni ambientali. È una memoria modale, poiché corrisponde alle varie modalità sensoriali (memoria iconica per la visione; memoria ecoica per l'udito, olfattiva, gustativa, tattile e propriocettiva). Le informazioni sensoriali vengono tenute nel registro sensoriale capace di captare e trattenere per il tempo necessario le informazioni sensoriali. La memoria iconica è di grande capacità, dura poco, il tempo di registrare informazioni ambientali; a differenza della memoria ecoica che, funziona analogamente, ma ha una durata maggiore.0 Il modello Baddeley e Hitch: la memoria di lavoro — La concezione di memoria di lavoro è stata elaborata da Baddeley e Hitch quale sistema attivo e dinamico complesso, non quale stazione di passaggio verso la MLT, bensì quale spazio in cui svolgono importanti attività di integrazione coordinazione e manipolazione delle informazioni in ingresso. La ML è suddivisa, secondo il modello Baddeley e Hitch, in quattro sottosistemi indipendenti. Esecutivo centrale: è il sistema flessibile per il controllo e la regolazione dei processi cognitivi richiesti dalla situazione. Collega le informazioni provenienti da diverse fonti in episodi coerenti. È in grado di cambiare i piani di reiterazione e attivare momentaneamente la MLT. Circuito fonologico: concerne il parlato e conserva l’ordine in cui le parole sono presentate. E' suddiviso in due componenti: il magazzino fonologico in grado di contenere le tracce acustiche per circa 2 secondi; e il sistema articolatorio con la funzione di reiterare tali tracce a livello subvocale. Taccuino visivo-spaziale: riguarda l’immagazzinamento e il trattamento delle informazioni visive e spaziali, nonché delle immagini mentali. È composto dal nascondiglio visivo (conserva le informazioni riguardanti forma e colore) e dallo scrivano interno (implicato nella reiterazione attivata per quanto concerne lo spazio o i movimenti) Tampone episodico: sottosistema schiavo, è dedicato a collegare le informazioni provenienti da diversi ambiti per formare unità integrate e coerenti in ordine cronologico a partire dalle informazioni visive, spaziali e verbali a disposizione. La memoria a lungo termine — si ritiene sia illimitata, con una conservazione stabile delle informazioni immagazzinate, e tale mantenimento può durare anni, ma anche tutta la vita. Svolge un'importante funzione nei processi dall'alto verso il basso (top-down), orientando l'attenzione, la percezione, il pensiero, in base alle informazioni in essa conservate. PARAGRAFO 5 - COME PREPARARE GLI ESAMI Uno dei metodi più efficaci per preparare un esame è quello ideato da Legrenzi, ed è chiamatoPQ4R. Preview: scorrere in modo preliminare i vari capitoli del testo per determinare i principali argomenti e individuare le sezioni di cui sono composti, Questions: porsi delle domande relative al contenuto dei capitoli. Read: leggere attentamente la sezione attentamente, cercando di rispondere alle domande. Reflect: riflettere su quanto si sta leggendo, capirne il significato. Recite: alla fine di una sezione cercare di ricordare le informazioni in essa contenute e rispondere alle domande, senza guardare il testo. Review: rassegna finale, alla fine del capitolo ripensarlo nel suo insieme e verificarne la corretta semantica. L'efficacia di questo metodo è basata sull'organizzazione ordinata e metodica, che favorisce la memorizzazione. CAPITOLO 8: DECIOSIONE RAGIONAAM ENTO CREATIVITA' PARAGRAFO 1 - ESPERIENZA DIRETTA E PENSIERO. Non c’è una separazione netta tra i processi con cui organizziamo il mondo percepito e le forme più elementari di pensiero. La mente umana cerca di ricondurre al noto ciò che la circonda. Il sistema di riconoscimento degli oggetti funziona assumendo una certa probabilità a priori che quel che appare come una macchia scura di notte in un bosco sia un cespuglio e non un orso. La persona camminando si avvicina e acquisisce nuove informazioni. Alla luce di queste rivede la sua stima iniziale: se sente rumori e fruscio di foglio, propende all’ipotesi orso e si spaventa. Se invece vede solo foglie, si rafforza l’ipotesi cespuglio e si tranquillizza. Questo esempio contiene ciò che caratterizza le decisioni della vita quotidiana: - Incertezza su quello che succederà (ci saranno gli sbirri?) - Scopi (evita gli sbirri) - Azioni (muoviti senza dare nell'occhio) - Vincoli temporali (decidi in fretta sulla base delle azioni altrui) - Emozioni (se ti pigliano hai paura della conseguenza) - Azioni conseguenti alla decisione (non passare davanti a loro se hai bevuto) PARAGRAFO 2 - LA DECISIONE. Prendere una decisione corrisponde a risolvere un problema con conseguenze vaghe nel futuro prossimo e pressoché ignote in una prospettiva a lungo termine. Decidere in un mondo incerto: piacere e dolore — il 20 luglio del 2011 il primo ministro britannico Cameron, parlando ai comuni ha ammesso che aver avuto come collaboratore Murdoch non è stata una buona idea. Poi ha aggiunto che non si prendono decisioni ripensando al passato ma si decide nel presente. Le emozioni possono darci forza, ma anche non. Non ci toccano solo quando scegliamo ma anche quando una scelta è stata presa ed è ormai immodificabile. Qui si presenta il problema della consapevolezza, decidere corrisponde a risolvere problemi. Avversione alle perdite e tempo — Esempio del gioco delle macchinette o d’azzardo. Solo se si considera no le scelte nel loro complesso, c’è un problema: le cifre e le probabilità in gioco sono le stesse. Nel primo caso si preferisce la vincita certa, mentre nel secondo caso si preferisce rischiare. Questa tendenza viene chiamata avversione alle perdite, nel senso che si rischia pur di evitarle, sapendo che le perdite fanno più male rispetto al piacere di guadagni della stessa entità. Un altro modo di dimostrare la forza dell'avversione alle perdite prende la forma del cosiddetto effetto dotazione, la preferenza per ciò che si ha per il fatto stesso che è in nostro possesso. Questo effetto, significa che si valuta più la propria dotazione di beni per il solo motivo che questi sono in nostro possesso. È plausibile supporre che l’avversione alle perdite abbia avuto un forte valore adattivo nella storia dell’evoluzione. L’uomo è un animale speciale che ha imperato a dilazionare i piaceri e a programmare il futuro. Se ha una festa abbiamo dei cibi succulenti e ottime bibite non è detto che ne approfittiamo spudoratamente. Oggi, la complessità della vita contemporanea richiederebbe la capacità di dilazionare i piaceri per tempi molto lunghi e nel frattempo un assiduo impegno in attività che porteranno benefici in un futuro lontano. Però abbiamo delle cadute dell’autocontrollo e scegliamo la gratificazione. Queste per quanto piacevoli al momento, possono avere conseguenze negative per tempi molto lunghi. Siamo indotti però a comportarci così ad apprezzare il presente e a svalutare quello che capiterà in futuro. Questo fenomeno si definisce sconto temporale. PARAGRAFO 3 - INDUZIONI, ABDUZIONI, ANALOGIE E CREATIVITA?. Laird, raccontò di un suo viaggio in Italia da giovane. Lui entrò dentro un bar, andò al bancone e ordinò un caffè. Il barista Ie indicò la cassa, e lui capì che prima di ordinare doveva pagare. Per lui fu una novità questo nuovo sistema e quando lo comprese andò a fare lo scontrino (induzione). La scoperta della spiegazione di questo sistema di funzionamento dei bar era un esempio del processo che gli studiosi chiamano abduzione. Come distinguere le abduzioni che producono spiegazioni dalle induzioni che non lo fanno? L’induzione dal funzionamento di quello specifico bar al sistema italiano di pagamento delle consumazioni nei locali pubblici non introduceva nuovi concetti, oltre a quelli già noti a Laird. Un altro sistema potente per produrre conoscenze di fronte a situazioni nuove è il ricorso all’analogia. Le analogie garantiscono conclusioni certe. Sono uno degli strumenti del pensiero che utilizziamo di più. L'esempio del coltello cacciavite è un caso di ricerca di soluzione fatto attraverso il ragionamento analogico. Se vogliamo costruire un’analogia bisogna seguire cinque sottoprocessi che caratterizzano il ragionamento analogico: Siamo esseri comunicanti, emotivi e sociali. La comunicazione non è un mezzo per mettersi in contatto con qualcuno ma un vincolo costitutivo di noi stessi. La comunicazione non è un processo astratto ma è sempre situata. Avviene in una data circostanza, e sono proprio le pratiche comunicative che intessono la nostra vita quotidiana. La comunicazione costituisce una piattaforma mentale in cui convergono funzioni cognitive, relazionali ed espressive. La comunicazione è in connessione col pensiero, il ragionamento pratico, l’intenzionalità e l’azione pianificata. L'enorme rilevanza della comunicazione nella nostra vita trae la sua origine nell'evoluzione della nostra specie, senza dubbio di gran lunga la più comunicativa fra tutte. Importante nella storia della comunicazione è la manipolazione di simboli, che costituiscono un forte impulso per la costruzione di attrezzi mentali idonei ad affrontare e governare società sempre più complesse, soggette a un ritmo di cambiamenti esponenziale. Il verbo comunicare viene dal latino comunicare e cioè rendere comune. Nell’etimologia del termine comunicazione sono comprese le idee di partecipazione, condivisione e reciprocità. La comunicazione non coincide con il comportamento, inteso come un qualsiasi azione motoria di un individuo osservabile in una qualche maniera da un altro. Comunicazione e comportamento sono due categorie distinte. Ogni comunicazione e comportamento, ma non ogni comportamento è una comunicazione. Tutte le azioni riflesse, involontarie e automatiche sono comportamenti ma non comunicazioni. " celebre assioma di Watzlawick, Beavin e Jackson, non si può non comunicare, è una frase ad effetto ma è erronea e fonte di confusione. In ogni comunicazione è presente un grado di intenzionalità mentre per il comportamento questa condizione non è necessaria. Occorre distinguere fra comunicazione e interazione, intesa come qualsiasi contatto sia fisico che non fra due o più individui, anche involontario, in grado di modificare lo stato preesistente delle cose fra loro. Ogni comunicazione è un’interazione, ma non il contrario. Tutto ciò che non è comunicazione è notizia. " riflesso patellare, un tic nervoso... sono notizie. Non sono dati comunicativi. Però grazie a loro si può passare molto facilmente a uno scambio comunicativo. La comunicazione si può definire lo scambio interattivo osservabile fra due o più partecipanti, dotato di un certo grado di consapevolezza e di intenzionalità reciproca, capace di partecipare e di far condividere un certo percorso di significati sulla base dei sistemi convenzionali secondo la cultura di riferimento. Lo studio scientifico della comunicazione ha richiesto l'elaborazione del concetto di informazione, intesa come una dimensione della realtà indipendente rispetto a quella di massa e di energia. Ma a differenza loro, l'informazione è espansiva, comprimibile e facilmente trasmissibile. L'informazione non va intesa come il dato isolato e considerato a sé stante, ma come una differenza che genera differenza. E una relazione fra due o più dati, in grado di generare ulteriori conoscenze e di ridurre una condizione di incertezza. PARAGRAFO 2 - PRINCIPALI PUNTI DI VISTA SULLA COMUNICAZIONE Matematico: come trasmissione dl informazioni + Secondo il modello matematico proposto da Shannon e Weaver la comunicazione va intesa come una trasmissione di informazioni. L’attenzione è focalizzata sul passaggio di un segnale da una fonte A, attraverso un trasmettitore, lungo un canale a un destinatario B, grazie a un recettore. L'emittente può trasmettere il messaggio in modi differenti; in ogni caso deve cifrarlo secondo un codice come la lingua italiana o l'alfabeto Morse. lI ricevente a sua volta, deve decifrare il segnale pervenuto, decodificando correttamente. L’informazione non consiste in ciò che è stato detto della fonte ma in ciò che è probabile che passi dall'emittente al ricevente. In questo modello matematico, e stata successiva mente introdotta la nozione di feedback, definita come la quantità di informazione che dal ricevente ritorna all’emittente, consentendogli di modificare i suoi messaggi successivi. Con l’introduzione del concetto di feedback la comunicazione è intesa come processo circolare ricorrente senza fine. L’approccio matematico ha introdotto anche la concezione di rumore, ridondanza e filtro. Costituisce una teoria forte del codice. Inoltre, la condizione necessaria e sufficiente per comunicare è avere a disposizione un codice inteso come un insieme di regole in grado di associare in modo coerente e tendenzialmente biunivoco gli elementi di un sistema con gli elementi di un altro sistema. Un esempio è il codice stradale con il rosso ti fermi col verdi riparti. È il risultato del processo di categorizzazione dell’esperienza, e convenzionale e culturalmente mediato. L'approccio matematico della comunicazione segue una concezione forte del codice, secondo la quale la comunicazione è resa possibile e spiegata nel migliore dei modi solo attraverso un codice. Secondo la concezione debole del codice esistono spaz per l’inferenza e per il ragionamento pratico nell'uso del codice. Il codice va integrato con le capacità di fare le opportune inferenze da parte degli interlocutori. Punto di vista semiotico: la comunicazione come significazione e segno —> La semiotica è la disciplina che studia la vita dei segni nel quadro della vita sociale. La comunicazione deve valutare per prima cosa, in che modo avviene il processo di significazione. Le rappresentazioni mentali, in quanto partecipate e condivise con altri membri della comunità di appartenenza presentano un carattere convenzionale, mediato dalla cultura. Occorre, comprendere che cosa si intenda per segno e in psicologia della comunicazione. Esistono due principali eccezioni: segno come equivalenza e segno come inferenza. Secondo Seassure e la prospettiva strutturalista che sostengono il segno come equivalenza, il segno è l’unione di un’immagine acustica e di una mentale. Significante e significato, espressione e contenuto vanno intesi come due facce della medesima realtà. Il segno è inteso in termini di equivalenza, poiché vi sarebbe una corrispondenza piena e stabile fra espressione e contenuto regolati da una relazione di identità. I segni hanno un carattere arbitrario e un carattere oppositivo. La lingua è definita sempre da Seassure come un sistema di differenze di suoni combinati a un corrispondente sistema di differenze di significati. La teoria strutturalistica sottolinea la stabilità e la fissità dei segni, racchiusi in un codice statico e immutabile. Peirce, a sua volta aveva definito il segno come qualcosa che per qualcuno sta al posto di qualcos’altro, sotto qualche rispetto o capacità. Un segno tipico è quello di indicare, in cui non conta l’indice puntato, ma l'oggetto verso cui è puntato. Il segno va inteso come inferenza poiché costituisce un indizio da cui trarre una conseguenza. Il segno come indizio implica la presenza di modelli mentali che sulla base di schemi tratti dalla logica o dall’esperienza consentono di individuare gli aspetti mancanti o carenti e di cogliere il senso degli enunciati. Il segno come inferenza spiega lo scarto fra ciò che è detto e ciò che è implicato da quanto è stato detto. Un soggetto comunica più di quanto dice. Punto di vista pragmatico: la comunicazione come interazione fra testo e contesto - Morris propose la distinzione fra semantica e pragmatica. La pragmatica si occupa dell’uso dei significati: i modi con cui i significati sono impiegati nelle diverse circostanze. Parlando di uso dei significati, la pragmatica prende in esame i processi impliciti della comunicazione, che comportano rilevanti dispositivi induttivi per inferire dal contesto ciò che il testo dice, anche se non espressa mente. * Teoria degli atti linguistici: Il punto di vista pragmatico, pone in evidenza la comunicazione come azione e come fare. La comunicazione è un processo, azione fra due o più interlocutori. Austin, proponendo la teoria degli atti linguistici ha inteso attirare l’attenzione proprio su questo aspetto. Per Austin dire qualcosa è anche fare sempre qualcosa e vi sono tre tipi d azione che compiamo quando parliamo: - Atti DI dire qualcosa: comprendo gli atti fonetici, fatici e retîci. - Atti NEL dire qualcosa: sono atti che compiamo tramite il parlare medesimo (fare una domanda) - Atti CON il dire qualcosa: è la produzione di effetti da parte del parlante sulle credenze, sentimenti e condotte dell’interlocutore. Austin e poi Searle, procedono alla distinzione fra atto e forza dell’atto stesso. Il modo in cui è interpretato un enunciato e il risultato di un atto linguistico dipendono dalla forza contenuta nell’atto e dai suoi effetti sull’interlocutore. Austin, distingue ulteriormente fra gli atti linguistici diretti e quelli linguistici indiretti. In quelli diretti la forza illocutoria è trasmessa in modo conforme e corrispondente al significato linguistico dell’enunciato medesimo. In quelli indiretti la forza illocutoria deriva dai modi non verbali con cui è manifesto (tono, intensità... tipo quando mi chiamano Alessàlll). Principio di cooperazione e implicature conversazionali: Grice, filosofo del linguaggio distingue significato naturale e convenzionale. Il significato non è inteso da Grice come il voler dire qualcosa da parlante a qualcun altro. La comunicazione è un processo costituito da un emittente che ha intenzione di far sì che l'emittente sta cercando di causare in lui quel pensiero o quell'azione. La comunicazione è possibile se realizziamo questo processo di conoscenza reciproca e condivisa che implica la consapevolezza di un’intenzionalità reciproca fra emittente e ricevente. Il successo della comunicazione si fonda sul principio di cooperazione. Questo principio è stato declinato da Grice secondo quattro massime che dovrebbero guidare la condotta dei comunicanti: 1. Massima di quantità: dai un contributo che soddisfi la richiesta di informazioni in modo adeguato agli scopi della conversazione 2. Massima di qualità: cerca di fornire un contributo vero; non dire cose che credi false; non dire cose per le quali non hai prove adeguate 3. Massima di relazione: i tuoi contributi devono essere pertinenti. 4. Massima di modo: evita espressioni oscure; evita le ambiguità; sii breve; procedi in modo ordinato. Ma tuttavia, fu lo stesso Grice a rendersi conto della profonda differenza fra ciò che dovrebbe succedere in teoria fra parlanti ideali e ciò che succede nella pratica fra partecipanti reali. Per questo procede con la distinzione di logica del linguaggio e logica della conversazione. La prima si applica al livello superficiale dei significati; la seconda considera i processi che gli individui usano per inferire ciò che il parlante intende comunicare. La logica della conversazione implica la differenza fondamentale tra il dire e il significare. Per superare questo scarto, occorre quindi che i partecipanti ricorrano a un lavoro mentale di inferenza da Grice chiamata impiccatura conversazionale. Questo processo costituisce un impegno comunicativo aggiunto per andare oltre le parole dette in modo da individuare l’intenzione comunicativa del parlante. Le implicatore conversazionali, contribuiscono a cogliere il percorso di senso di una frase, poiché consentono di estrarre il significato contenuto in modo implicito nell’enunciato. Contesto e sue funzioni: la pragmatica focalizza in modo specifico i rapporti che intercorrono fra testo e contesto. Occorre precisare subito che non vi è testo senza contesto, così come non vi e contesto senza testo. Il contesto è intrinseco in qualsiasi situazione. È un vincolo: la mente è necessariamente in un contesto. Gli effetti contestuali sono universali e continui. Il contesto va inteso come l’insieme delle restrizioni e delle opportunità biologiche, spazio-temporali, relazionali, istituzionali e culturali, che insieme a un dato testo genera un certo messaggio dotato di senso. Qualsiasi messaggio è la sintesi di interdipendente fra testo e contesto in modo simultaneo e dinamico. In funzione di questa interdipendenza intrinseca il testo influenza il contesto nello stesso tempo in cui avviene il processo inverso. È possibile distinguere nei significati gli aspetti che concernono il testo e quelli del contesto. Tale processo è reso possibile dall’azione cognitiva congiunta e concomitante fra aspetti semantici provenienti dal testo e aspetti semantici derivati dal contesto. Il contesto PARAGRAFO 4 - INTENZIONE COMUNICATIVA Intenzione comunicativa da parte del parlante > Quando generiamo un messaggio, abbiamo l’intenzione di comunicare qualcosa a qualcun altro. Grice ha distinto fra intenzione informativa e comunicativa. L'intenzione comunicativa è un processo caratterizzato da una graduazione continua. Tale gradualità intenzionale consente di mettere a fuoco e di calibrare i messaggi nel corso delle interazioni. Occorre parlare anche di forza dell’intenzione, direttamente proporzionale sia all’importanza dei contenuti, sia alla rilevanza dell’interlocutore sia alla natura del contesto. Tanto più l'intenzione comunicativa è forte quanto più l’atto conseguente tende a essere a fuoco. Il fuoco comunicativo è un processo attivo di concentrazione dell’attenzione e dell'interesse del parlante su certi aspetti della realtà da condividere con il destinatario. Produce pertinenza comunicativa grazie a cui alcuni aspetti diventano prominenti e più importanti rispetto ad altri per la presenza di una particolare accentuazione dei dispositivi espressivi. Intenzione comunicativa da parte del destinatario — All’inizio degli studi sulla comunicazione il ricevente era inteso in modo passivo come il terminare verso cui è destinato il messaggio. Questa prospettiva nota come intenzionalismo prevede che il significato di un messaggio dipenda dall’intenzione del parlante e che il compito del destinatario sia quello di identificare l’intenzione di partenza del parlante medesimo. Grìce ha introdotto il concetto di condivisione consapevole dell’intenzione comunicativa fra i comunicanti in base al principio: P sa che A sa che P e così via. In questo modo si raggiunge la reciprocità intenzionale: per avere successo, uno scambio comunicativo deve essere caratterizzato non solo dalla manifestazione comunicativa fra i comunicanti, ma anche dal suo riconoscimento da parte del destinatario. Questo riconoscimento implica un’attività consapevole e la partecipazione del ricevente all’elaborazione del significato. ll destinatario procede a una attribuzione di intenzione al messaggio del soggetto. Comprendere la sua intenzione vuole dire assumere che il suo messaggio abbia un significato e impegnarsi per spiegarlo. Considerata l’impossibilità di avere un accesso diretto all’intenzione del parlante, qualsiasi interpretazione è parziale e limitata, perché regolata dal dispositivo totum ex parte. Il destinatario attribuisce un’intenzione completa e coerente al messaggio sulla base di un insieme ristretto di indizi. Tale attribuzione di intenzione a ciò che comunica il parlante è un processo attivo, autonomo e soggettivo grazie al quale il destinatario si assume le sue responsabilità. Concetti come significato letterale o interpretazione autentica, vanno considerati in modo diverso. Il significato letterale o figurato di un enunciato dipende dall’attribuzione di intenzione fatta dal ricevente e l’interpretazione letterale. In condizioni standard, nel corso degli scambi quotidiani, l’attribuzione di un’intenzione comunicativa al parlante risulta un processo immediato, regolato dal dispositivo dell’assumere per garantito. 1l destinatario qui propende ad accogliere il primo significato del messaggio che gli viene in mente e che non è subito contraddetto. In numerose circostanze l’attribuzione delle intuizioni comunicative costituisce per il destinatario un compito importante, sottile e impegnativo. PARAGRAFO 5 - LINGUAGGIO Principali caratteristiche — a livello neurobiologico, il linguaggio è precipuamente regolato dall’area di Broca, adiacente alla parte inferiore dell’area motoria (giro prefrontale) dell’emisfero sinistro e dall’area di Wernicke localizzata nella regione post superiore del lobo temporale sinistro (giro temporale superiore). La prima è prioritaria perla produzione del linguaggio e controlla i movimenti implicati nell’articolazione della parola. La seconda interdipendente è connessa da un fascio di fibre nervose chiamato fascicolo arcuato. Ogni lingua è un sistema simbolico che consiste nella corrispondenza regolare fra un sistema di differenze di suoni e un sistema di differenze di significati. È composto da simboli arbitrari e convenzionali. Il sistema simbolico di una lingua risulta idoneo a generare un numero illimitato di enunciati e di discorsi a partire da un numero limitato di elementi. Presenta un carattere di sistematicità e composizionalità, poiché ogni lingua ha una struttura gerarchica e ricorsiva: è costituita da unità fra loro componibili in modo lineare. La composizionalità della lingua comporta: sistematicità, produttività, possibilità di dislocazione. Il linguaggio serve a elaborare, organizzare e trasmettere conoscenze fra i partecipanti. Assume una funzione proposizionale, perché le conoscenze non rimangono a uno stato vago ma sono raccolte, organizzate e veicolate sotto forma di proposizioni. Composizionalità e natura preposizionale del linguaggio sono legate alla capacità computazionale della mente umana. Fonetica e fonologia > Qualsiasi lingua parlata è un insieme di suoni. È oggetto sia della fonetica che della fonologia. La fonetica e lo studio della produzione e percezione dei suoni linguistici prodotti dall'apparato fonatorio umano. Noi siamo in grado di produrre 1000 foni diversi. La produzione avviene attraverso un continuum sonoro. Accanto alla fonetica acustica, uditiva, articolatoria, abbiamo il modo di articolazione (come pronunciamo certe lettere tipo le consonanti come la p e la b). Assume rilevanza il luogo di articolazione e cioè la zona di lavoro: bilabiale o velare. La trascrizione fonetica dei foni trova la sua matrice nell’international phonetic alpabet. In ogni fono occorre distinguere la fonetica segmentale e quella soprasegmentale. La prima tratta gli elementi linguistici dei singoli foni, la seconda si occupa degli aspetti sonori sovrapposti ai vari foni. Entro la fonetica soprasegmentale, occorre distinguere la prosodia del para linguaggio. La prosodia si occupa dei fenomeni linguistici, come l’accento e il ritmo. Essi sono in grado di cambiare il significato del parlato. II para linguaggio esamina gli aspetti sonori extralinguistici che non cambiano il significato del parlato e che sono connessi con altri processi psicologici come le emozioni. La fonologia è lo studio dei suoni di una lingua in rapporto alla loro funzione distintiva e discreta nella comunicazione linguistica. L'elemento di base è il fonema, inteso come unità fonica indivisibile, dotata di un valore linguistico distintivo e oppositivo, in grado di distinguere significati lessicali diversi in rapporto alla loro presenza vs. assenza all’interno della stessa parola. Tutti i fonemi sono foni ma non tutti i foni sono fonemi. È il caso degli allofoni: differenze di suono linguistico che non generano differenze di significato. Il suono nasale velare di banco, ha un suono diverso da nasale dentale di freno, ma per i parlanti italiano i due suoni sono trattati come equivalenti a livello di significato. In inglese i due fonî costituiscono fonemi diversi come thing e thin. Morfologia e lessico > la morfologia è la disciplina che studia la struttura interna delle parole e descrive le varie forme che esse assumono a seconda delle categorie di numero, genere, modo, tempo, persona. Le parole sono segmentabili in unità linguistiche più piccole. Ciascuno di questi elementi costituisce un morfema. Esso è l’unità linguistica minima, dotata di significato. II morfema, si distingue in libero, una parola per conto suo come adesso e morfema legato che richiede la combinazione con altri morfemî come gatt-o. Gatt è la radice, ed o è l’affisso. Il morfema grammaticale si suddivide in flessivo, si adopera solo per la flessione, e derivazionale, che serve a formare parole nuove cambiando la categoria di base da cui derivano. Le regole di formazione di una lingua forma il lessico. Si distinguono parole piene da parole vuote. Al lessico linguistico corrisponde quello mentale, inteso come l’insieme di conoscenze di un parlante sulle parole da lui usate in una data situazione. Fra le numerose ipotesi avanzate per spiegare i meccanismi di accesso a tale lessico si distinguono i modelli a ricerca e i modelli ad attivazione. Fra i primi spicca il modello Logogen di Morton, che funzioni come un rilevatore della parola stessa attraverso una rappresentazione mentale. Un certo logogen si attiverebbe prima degli altri raggiungendo il livello di soglia di riconoscimento della parola in oggetto. Tale ricerca è favorita dalla frequenza d’uso di una parola: più una parola è frequente, più è facile che il logogen corrispondente si attivi. Fra i secondi possiamo citare il modello ad attivazione interattiva di McClelland e Rumelhart. Il riconoscimento delle parole è organizzato secondo una sequenza a 3 stadi: 1. Analisi dei segmenti 2. Identificazione delle singole lettere 3. Riconoscimento della parola intera. Semantica e sintassi — sintassi: insieme organico delle regole che governano la formulazione degli enunciati e dei discorsi. Sono procedimenti computazionali che consentono di disporre in ordine gerarchico gli elementi del lessico per costruire unità di livello superiore: sintagmi, frasi, discorsi. 1 sintagmi sono le unità minime di una frase e si dispongono in nomi, verbi, aggettivi. Nel sintagma la parola principale è definita testa. Essa può associarsi ad altre parole con funzione di complemento o specificatore. La costruzione sintattica si fonda sulla ricorsività, che al pari di una matrìoska assicura un costante incapsulamento degli elementi linguistici. Tra universalità’ e relatività’ — * universali linguistici: la grammatica di Chomsky: Per spiegare la natura specie-specifica del linguaggio, Chomsky ha sviluppato la teoria della grammatica universale, che unendo fonologia e la morfologia alla sintassi, si propone di descrivere la grammatica di una qualsiasi lingua naturale sulla base di un insieme limitato di regole. Chomsky si è servito di un metodo formale che senza fare riferimento alcuno al significato, ha utilizzato la grammatica come fosse un calcolo matematico in grado di generare una lingua nelle sue infinite espressioni, a partire da pochi elementi semplici. I principi fondamentali sono: 1. Lingua: insieme infinito di frasi 2. Frase, unità fondamentale è costruita a partire da un insieme finito di elementi 0 alfabeto. 3. Tale alfabeto è un sistema astratto di regole che generano frasi unicamente equivalenti fra loro. 4. La grammatica è indipendente da ogni altro sistema cognitivo e dalla semantica 5. La grammatica è un sistema astratto di regole che generano frasi unicamente equivalenti fra loro 6. Esistono due livelli di rappresentazione della frase, struttura profonda e superficiale, e una serie di trasformazioni consente di passare da una struttura all’altra. 7. L’interpretazione semantica delle frasi è basata soltanto sulla loro struttura superficiale. 8. I processi mentali che sono alla base della grammatica sono quelli dell’astrazione e del ricorso a modelli ideali Chomsky, ha distinto fra competenza e prestazione. La prima descrive la capacità di usare una certa lingua e implica una conoscenza perfetta della lingua stessa posseduta da un parlante ideale. La seconda riguarda l’impiego concreto di tale lingua in una certa situazione. Riprendendo una proposta di Whorf, Chosmky ha distinto struttura superficiale e profonda. La prima concerne l’articolazione apparente e acusticamente percepibile di una frase, la seconda riguarda la categorizzazione linguistica che non è percepibile ma è necessaria. È stato rimproverato a Chosmky il suo rifiuto nell’affrontare il livello psicologico e sociologico dei processi linguistici. La speranza ha molte facce ed influenza in svariati modi di affrontare gli eventi, costituendo una potente leva per sostenere la realizzabilità dei desideri, in quanto rivolti al futuro. Possiamo avere desideri in positivo (raggiungimento di un livello di esistenza migliore) o in negativo (superamento di una situazione di disagio); presentano quindi un carattere di selettività, pertanto ogni desiderio è specifico e ha uno statuto differente in termini di cogenza: esiste infatti una gerarchia dei desideri in funzione della loro priorità. Sensibilità' ai vantaggi (guadagni) e agli svantaggi (perdite): Nell'appagamento dei desideri, entrano in gioco potenti fattori associati alla gratificazione della ricompensa. A livello neurobiologico, regioni della corteccia parietale laterale inferiore sono attivate in associazione con l'ampiezza della ricompensa: quest'ultima è il segnale dell'appagamento del desiderio in oggetto generando benessere ed un senso di completezza. Siamo molto sensibili a ciò che ci può portare vantaggio e beneficio, come pure a ciò che ci può arrecare danno o perdita. Vi è però un'asimmetria fra vantaggi e svantaggi (ostilità per ciò che è negativo è più intensa della propensione verso ciò che è positivo). Secondo il modello del valore atteso (o utilità attesa), elaborato negli anni 60 nello studio degli atteggiamenti verso il rischio, le persone presentano alcune caratteristiche ricorrenti: a) in caso di guadagno, emerge un effetto di diminuzione dell'utilità marginale (più si guadagna meglio è, ma i guadagni aggiuntivi sono valutati meno rispetto a quelli iniziali); b) in caso di perdita, si osserva un fenomeno analogo (le perdite maggiori colpiscono di più, ma la sofferenza diminuisce quando le perdite si accumulano); c) in ogni caso, l'avversione verso le perdite presenta una rilevanza psicologica doppia rispetto all'attrazione per il guadagno (perdita di entità uguale ad un guadagno colpisce il doppio rispetto a quest'ultimo). La repulsione nei confronti delle perdite compare in modo regolare nelle nostre scelte quotidiane e nella regolazione dei desideri. La perdita del valore (utilità) nel cedere qualcosa di nostro è maggiore del guadagno del valore nell'ottenere la medesima cosa per la prima volta, come se un oggetto acquistasse un valore aggiunto solo per il fatto che ci appartiene e di averlo posseduto per un certo periodo di tempo: è il cd. effetto dote.(cap8) Le diverse attribuzioni di valore allo stesso oggetto in caso di vendita o di acquisto a causa degli effetti di cornice. Seppure il valore di un oggetto è il medesimo in modo indipendente dal fatto di averlo posseduto, ma le nostre azioni sono governate dalla valutazione che diamo alle circostanze. Questi processi sono stati illustrati dalla teoria del prospetto (Kahneman e Tversky 1980) in riferimento ai valori che seguiamo e alle scelte che facciamo in situazioni di rischio. Rispetto alla linea retta delle probabilità oggettive (qualora fossimo razionali), la curva delle probabilità soggettive misura la probabilità degli eventi possibili filtrata dal valore. Questa curva è non lineare e ha una pendenza maggiore nella regione delle perdite come espressione dell'avversione a esse (andamento a S inversa): una perdita ha impatto maggiore di un guadagno, pertanto le persone in linea di massima preferiscono la certezza in caso di guadagno, l'incertezza in caso di perdita. Contingenza e necessità dei valori > Origine e contingente dei valori: In quanto costrutti culturali, i valori sono prodotti storici, determinati dalle vicende storiche. Hanno una radice intrinseca di contingenza: sono quindi elaborati nello scambio continuo e fitto dei rapporti interpersonali nell'arena sociale. Sono l'esito di un accordo su ciò che è bene e ciò che e male fra le persone e i gruppi di una società e sono oggetto di un incessante processo di negoziazione. Appare inverosimile l'esistenza di valori assoluti, dunque perenni universali seguiti da tutti e vincolanti, il proprio punto di vista dei valori non è l'unico valido ed accettabile (il valore della vita, per esempio, è ritenuto universale ma in realtà guerre e omicidi ci dimostrano altro). Invero, quelli riconosciuti come diritti universali stabiliti nella Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948 promossa dalle Nazioni Unite. Il fondamento del valori universali sembra pertanto risiedere nel consenso generale da parte degli stati facenti parte dell'assemblea ONU (ad oggi 198), una sorta di convenzione universale. Da subito tale Dichiarazione fu percepita come espressione dei valori della società occidentale e della visione giudaico-cristiana del mondo, infatti 1981 fu promulgata la Dichiarazione islamica dei diritti dell'uomo. Questa origine contingente dei valori ha consentito la formazione della prospettiva relativista. I valori sono locali, storicamente inquadrati, eterogenei in termini spaziali (ciò che è bene in una società è male in un'altra) e dinamici (cambiano nel tempo nella medesima comunità). I relativisti difendono il principio della tolleranza e del rispetto dei vari profili dei valori dei diversi paesi, così come il principio di non ingerenza nei valori delle altre società; tuttavia, questo giustificare qualsiasi valore può portare ad un atteggiamento di indifferenza verso gli altri. Allo stesso tempo può condurre al prevalere dei valori di gruppi che tendono a prevaricare con la forza, aggressività e violenza (esportazione dei valori da un popolo a un altro, facendo ricorso alla guerra. Statuto necessario dei valori: Dallo stato di contingenza dei valori deriva quello della necessità: lo stato di necessità dei valori attribuisce loro visibilità, consistenza e continuità nel tempo. Fornisce agli individui le linee di condotte cui attenersi, assegna responsabilità delle azioni, nonché promuove il confronto fra i valori dei diversi gruppi umani. Una volta istituiti in una comunità diventano vincolanti e tassativi per la stessa. La loro violazione è considerata come la rottura di un patto. Assieme ai valori specifici, vi possono essere valori comuni: prospettiva pluralista ovvero una via intermedia fra assolutismo e relativismo basato sulla molteplicità. Mentre il relativismo si fonda sul consenso generale fra i gruppi umani partecipanti, il pluralismo si basa sul confronto diretto e sullo scambio fra gruppi interessati — tale confronto implica il riconoscimento reciproco della legittimità del proprio punto di vista, quale esito di incessante negoziazione per la ricerca delle convergenze nel rispetto delle divergenze. Segue il principio della tolleranza, ovvero la disponibilità degli individui ad accettare la diversità come risorsa quale condizione per raggiungere forme soddisfacenti di convivenza fra i gruppi, con pari dignità. Ciò non implica la disposizione ad accettare ogni cosa, bensì rifiuta l'intolleranza, intesa come sopruso, violenza, sopraffazione — la prospettiva pluralista segue il principio dell'intolleranza dell'intolleranza (Voltaire 1760 e Popper 1945). PARAGRAFO 2 - MOTIVAZIONE Il nostro comportamento non è casuale, ma motivato (spiegato) da una serie di cause ed è orientato alla realizzazione di determinati scopi e soddisfazione di specifici bisogni. La motivazione è una spinta a svolgere una certa attività, è un processo di attivazione dell'organismo finalizzato alla realizzazione di un dato scopo in relazione alle condizioni ambientali. Livelli di motivazione - La motivazione prevede la presenza di livelli di complessità diversi fra loro, gerarchici: I riflessi - rappresentano il sistema più semplice di risposta dell'organismo come reazione a stimoli esterni o interni; sono meccanismi innati, automatici, involontari, determinati e regolati da dispositivi neurofisiologici a base genetica. Svolgono una funzione di difesa nei riguardi degli stimoli nocivi o di regolazione dell'organismo. La coscienza ha importante funzione di integrazione degli interventi automatici dei riflessi (cap4). Gli istinti — a livello superiore, questi costituiscono sequenze congenite, fisse e stereotipate di comportamenti specie-specifici su base genetica in relazione a date sollecitazioni ambientali. Nella prospettiva evoluzionistica di Darwin, l'istinto rappresenta lo schema di comportamento che assicura le maggiori probabilità di sopravvivenza degli individui di una specie. McDougall definì (primi 900) gli istinti come attività primarie che spingono l'organismo a prestare attenzione a certe categorie di stimoli ambientali, ad attivarsi di conseguenza e ad agire in un dato modo, al fine di soddisfare le proprie esigenze (psicologia ormica). La nozione di istinto fu ripresa negli anni 50 con un'altra accezione dall'etologia, che si propose di studiare il comportamento degli animali nel loro habitat naturale. Più che di istinto si parla di predisposizioni istintive, intese come condotte specie-specifiche, regolate da uno schema fisso di azione. Non si tratta di un comportamento intelligente bensì stereotipato, non consapevole dello scopo da raggiungere (costruzione dei nidi di uccelli). Nel 1950 Lorenz specifico il concetto di imprinting, inteso come la predisposizione istintiva del neonato a seguire, subito dopo la nascita, qualsiasi oggetto in movimento che emetta un richiamo definito; di solito il primo oggetto che il piccolo incontra e la mamma. Quindi, nell'ambito dell'etologia, la nozione di istinto è un processo articolato che, pur avendo una base genetica, può essere modulato dalle condizioni ambientali. * Bisognie pulsioni —- Negli anni '50 furono elaborati i concetti di bisogno e pulsione. Il primo indica una condizione fisiologica di carenza e necessità (fame, sete, sesso). Il secondo esprime uno stato di disagio e di tensione interna che l'individuo tende a eliminare o, quanto meno, a ridurre, qualora i bisogni non siano soddisfatti. Le pulsioni sono fattrici interne all’organismo e vanno distinte dagli incentivi, che rappresentano gli oggetti e gli eventi in grado di venire incontro ai bisogni dell'individuo. Cibi o bevande e partner sessuale sono incentivi per le pulsioni. Gli incentivi sono stati declinati come rinforzi, poiché possiedono la proprietà della ricompensa. Distinguiamo tra rinforzi primari e rinforzi secondari. I rinforzi primari sono indipendenti dall'apprendimento e si fondano su processi fisiologici (sapore dolce di un cibo); i rinforzi secondari sono appresi e si basano sull'appartenenza ad una determinata cultura (denaro, successo, affermazione di sè). * Motivazioni primarie e motivazioni secondarie - Le motivazioni connesse ai bisogni fisiologici sono state chiamate motivazioni primarie, mentre le motivazioni che fanno prevalentemente riferimento ai processi di apprendimento e di influenzamento sociale sono dette motivazioni secondarie. Detta distinzione non va intesa in senso assoluto poiché sia le prime che le seconde sono influenzate da aspetti dell'altra categoria. La connessione tra motivazioni primarie e secondarie lascia spazio allo sviluppo di nuove forme di motivazione. È in gioco il processo dell'autonomia funzionale dei bisogni, analizzato da Allport 1937. Dall'esercizio di certe attività connesse al soddisfacimento di motivazioni primarie possono derivare nuove motivazione secondarie (per esempio la pesca da soddisfazione della fame a piacere per sè). Gerarchia delle motivazioni (dei bisogni) + Maslow (1954) ha proposto una gerarchia dei bisogni in base alla quale alcuni devono essere soddisfatti prima di prenderne altri in considerazione. Vi è una piramide motivazionale in cui, partendo dalla base, si trovano: 1. bisogni fisiologici connessi con la sopravvivenza dell'organismo, su questi si innestano 2. bisogni di sicurezza che devono garantire all'individuo protezione, tranquillità; soddisfatte queste esigenze, emergono i 3. bisogni di appartenenza e attaccamento come sentirsi parte di un gruppo o il bisogno di amare; compaiono poi i 4. bisogni di stima, ovvero il bisogno di essere rispettati, apprezzati e sentirsi competenti; seguono poi i 5. bisogni di autorealizzazione, quale esigenza di realizzare la propria identità e occupare una posizione significativa nella società. Secondo Maslow, i bisogni dei primi gradini sono di carenza, ovvero cessano solo con l'appagamento, mentre gli altri sono bisogni di crescita, che continuano a svilupparsi man mano che sono soddisfatti. PARAGRAFO 3 - ESEMPIO DI MOTIVAZIONE PRIMARIA: LA FAME: preferenze alimentari e le avversioni alimentari — il cibo è un prodotto culturale e mentale; proibizioni alimentari + beneficiario. L'aiuto richiesto può suscitare reazioni positive nel destinatario, poiché vede soddisfatta la sua richiesta. Tuttavia, può essere considerato come minaccioso, a causa dell'implicita inferiorità e dipendenza di chi chiede aiuto. Bisogno di successo - consiste nella motivazione a fare le cose al meglio per un intrinseco bisogno di affermazione e di eccellenza. Il bisogno di successo individuale è fortemente distintivo della cultura occidentale, poiché privilegia i valori dell'indipendenza e dell'autonomia, l'affermazione di sè e l'individualismo. Per contro, nelle culture orientali detto bisogno è più attenuato a favore dei bisogni di affiliazione, di armonia e di appartenenza (talora punito nei bambini quale forma di egoismo e ostilità). * Bisogno di successo e aspettative: una delle radici più importanti del bisogno di successo è data dall'estensione delle aspettative che le figure parentali nutrono nei confronti del figlio. Se le aspettative sono: -elevate e realistiche, vi è una buona probabilità che il figlio sviluppi un elevato bisogno di successo; -eccessivamente alte o troppo basse, il bambino cresce con un modesto bisogno di successo. Il livello di motivazione al successo appare quindi associato al modello familiare di educazione. * Bisogno di successo e motivazione al lavoro: Il lavoro umano consiste in un'attività produttiva organizzata in modo collettivo da un'istituzione, che può essere alimentata e sostenuta da tre principali motivazioni: * motivazione razionale-economica (stipendio, sostentamento dei bisogni); * motivazione sociale (appagamento attraverso le relazioni sociali sul lavoro); * motivazione all'autorealizzazione (migliorare, progredire). Bisogno di potere — Il bisogno di potere consiste nell'esigenza di esercitare la propria influenza e il proprio controllo sulla condotta di altre persone. Chi ha un forte bisogno di potere cerca di occupare posizioni di comando e di concentrare l'attenzione altrui su di sè. Tale bisogno nasce da uno stato di disagio e di insicurezza interiore che si placa solo attraverso la strumentalizzazione dell'altro, al fine di dimostrare la propria capacità di dominio sociale. * Relazione di potere: Il potere non è un'entità assoluta, a sè stante, ma va concepito come una relazione fra A e B; la relazione è definita da vari parametri: a) le risorse possedute da A; b) l'asimmetria (A maggiore di B); c) la sfera del potere (il potere di A su B); d) la creazione di aspettative (A ha potere su B se B si aspetta che, adeguandosi ad A, ottenga dei vantaggi). Pertanto, la relazione di potere è intrinsecamente instabile ed è polemica, luogo di scontro; implica pertanto il concetto di coercizione e costrizione. * Potere e leadership: La leadership, intesa come attività di comando, prevede di occupare una posizione sociale in grado di prendere decisioni nei confronti degli altri e di dirigere le loro azioni verso un certo traguardo. Vi sono vari stili di leadership: - autoritario: accentratore e verticistico; - democratico: partecipativo e condiviso; - permissivo: laissez- faire, delega piena. Ogni stile ha vantaggi e svantaggi e non esiste uno migliore dell'altro, poiché la leadership va considerata in una determinata situazione, in funzione del momento, delle condizioni generali e del contesto, i quali determinano lo stile di comando più adeguato. La psicologia distingue fra due tipi di leader: -il leader funzionale: concentrato sul raggiungimento degli obiettivi e sulla realizzazione dei compiti; è attivo e dinamico, possiede idee ed una spiccata attitudine al problem-solving; -il leader socioemotivo: impegnato a mantenere la coesione del gruppo, si impegna per favorire i rapporti interpersonali. Competenza, motivazione intrinseca e interessi — Esiste inoltre un livello motivazionale di base che riguarda l'esigenza intrinseca di funzionare per la soddisfazione derivante dal funzionamento stesso. In base a questi processi riusciamo ad attribuire un senso alla nostra esistenza e a occupare una posizione favorevole nel gruppo. Entra in gioco il senso della propria competenza di base quale capacità di realizzare con successo i propri obiettivi, è una motivazione di fondo, essenziale per continuare a vivere. Su questa piattaforma occorre distinguere fra: motivazione intrinseca — svolgere un'attività perché è gratificante per se stessa; di norma più duratura ed efficace motivazione estrinseca - compiere la stessa attività per conseguire qualcos'altro. Premi e ricompense possono in certe circostanze ridurre anziché aumentare l'originaria motivazione intrinseca. In generale, il livello motivazionale di un soggetto è dato dalla quantità e qualità dei suoi interessi intesi come la tendenza a preferire determinati stati di sé e del mondo (cap 11). Gli interessi sono alla base delle aspirazioni, ordinati in base gerarchica, e sono fortemente collegati con le emozioni. In tal modo si delinea il sistema credenze-interessi-emozioni , cuore dell'esperienza umana e base della propria identità. CAPITOLO 11 PARAGRAFO 1 - CHE COS'È UN'EMOZIONE “Che cos'è un’ emozione? “ è il titolo di un articolo di William James, pubblicato nel 1884, che data l’inizio della psicologia scientifica delle emozioni. Da allora sono stati compiuti notevoli progressi e sappiamo per certo che l’esperienza emotiva è un processo articolato composto da alcune proprietà centrali. Le emozioni sono processi emergenti in funzione dell’organismo e degli accadimenti all’interno di un dato contesto (situazionalità). Sono dispositivi mentali di adattamento attivo all’ambiente, in grado di consentire all’individuo di rispondere in modo flessibile, efficace e dinamico agli accadimenti contingenti. * Teoria periferica. Secondo James 1884, l’emozione è il sentire i cambiamenti a livello neurovegetativo che hanno luogo a livello viscerale. Secondo la teoria periferica (teoria del feedback), la situazione rilevante scatena una serie di risposte nel sistema simpatico (come dilatazione della pupilla, accelerazione del battito ecc...); noi, avvertendo tali variazioni fisiologiche e percependo il cambiamento, sentiamo l’emozione. Si passa da evento- semplicemente percepito allo stesso evento-emotivamente-sentito. Si evince che il corpo e la mente sono in continua connessione e influenza reciproca. Anche Damasio pone attenzione al sentimento (feeling) che non coincide con l'emozione, ma si aggiunge a essa e consente di “sentirla” in modo consapevole. * Teoria centrale. In contrapposizione alla teoria già indicata, quella elaborata da Cannon (1927) è la teoria centrale delle emozioni , secondo cui il principale centro emotivo è situato nella zona talamica del cervello. I segnali nervosi provenienti da tale regione sarebbero in grado sia di indurre le manifestazioni di emozioni, sia di suscitare le loro componenti consapevoli attraverso le connessioni con la corteccia cerebrale. Pertanto, le emozioni sono considerate una sorta di reazione di emergenza, esito dell'eccitazione del sistema nervoso simpatico. Cannon ritiene inoltre che tali strutture cerebrali attivino una configurazione specifica di variazioni fisiologiche per ogni emozione, quindi assieme ad una attivazione generale dell’organismo, vi sono costellazioni di risposte fisiologiche per singole emozioni (punto tuttora controverso per dati contrastanti). Le due teorie, sia quella di James sia quella di Cannon, si sono dimostrate, seppur contrapposte, entrambe vere, ma parziali poiché entrambe hanno colto aspetti unilaterali della vita emotiva, ovvero quelli neurofisiologici. Teoria dei programmi affettivi > Intorno agli anni Sessanta, l'emozione ha iniziato ad essere studiata anche sotto il punto di vista psicologico e non solo neurobiologo. Rifacendosi alla teoria evoluzionistica di Darwin, molti studiosi come Plutchik e Tomkins asserirono che ogni emozione di base è regolata da uno specifico programma affettivo nervoso, evolutosi nel tempo per consentire alla nostra specie un adattamento efficace al proprio habitat. Siffatto programma si svolge in modo sequenziale e automatico. All’interno di questa prospettiva, oltre alle analisi dell'evoluzione riguardanti le espressioni emotive motorie così come comportamenti ed esperienze, sono state individuate sei emozioni di base (primarie): collera, disgusto, paura, gioia, tristezza e sorpresa. Esse vanno considerate come “blocchi” emotivi evolutivi universali, cui ogni individuo è dotato, quali processi unitari e precodificati, geneticamente determinati, automatici. Siamo in presenza, quindi, una concezione categoriale delle emozioni, poiché sono considerate come generi naturali immodificabili. Le emozioni di altra natura sono emozioni miste (secondarie), intese quali miscele delle emozioni primarie (teoria della tavolozza). Accenniamo qui secondo Ekman, le espressioni facciali delle emozioni primarie sono universali, in quanto configurazioni distinte del sistema nervoso autonomo — vi è dunque corrispondenza biunivoca fra emozione ed espressione. Le emozioni avrebbero un’insorgenza rapida e una durata breve (minuti, non ore) e sarebbero accadimenti involontari e automatici che capitano nella vita di un individuo ma che non possono essere scelti. La concezione categoriale come generi naturali ha ricevuto aspre critiche poiché non tiene conto del contesto immediato e degli aspetti culturali, privilegiando gli aspetti biologici ed evoluzionistici. Teoria dell’ “appraisal” — In contrapposizione alla concezione categoriale, la teoria dell'appraisal, sorte negli anni 60, sostengono che le emozioni sono suscitate da un’attività di conoscenza e di valutazione della situazione in riferimento ai propri significati, interessi e scopi. * L'interesse come centro delle emozioni: L’interesse è il cuore delle emozioni, poiché è ciò che attribuisce significato affettivo agli eventi. Questi costituiscono un atteggiamento affettivo basilare, e le emozioni sono un loro sviluppo. È ovvio che le emozioni siano strettamente collegate con le relazioni interpersonali; sono indispensabili per avviare, mantenere, modificare, rafforzare o rompere la relazione con un’altra persona. Possiamo distinguere gli interessi: profondi, i quali riguardano gli scopi, le aspettative e i desideri generali condivisi dalla maggioranza delle persone; superficiali, i quali concernono gli scopi e i desideri di una singola persona o di singoli gruppi. Vi è dunque una stretta connessione fra interessi e desideri poiché i desideri sono il motore del nostro funzionamento mentale. * La valutazione cognitiva: Secondo la psicologia ingenua, le emozioni si oppongono alla razionalità e sono considerate passioni, simili a condotte istintive che sorgono e si svolgono in modo involontario, senza che siano previste né programmate dall’individuo. Le emozioni capitano nella nostra vita e non possiamo scegliere quale emozione provare, o quando. Rispetto a questa prospettiva, le teorie dell’appraisal pongono in evidenza come le emozioni siano profondamente intrecciate con i processi cognitivi, poiché la loro attivazione implica l'elaborazione cognitiva della situazione. Fra emozione e cognizione esiste un legame diretto molto forte: le emozioni non compaiono all’improvviso senza una ragione d’essere, bensì sono l’esito di un’attività di conoscenza e di valutazione della situazione in riferimento alle sue aspettative nonché agli standard sociali e culturali. Le emozioni, suscitate da una valutazione cognitiva della situazione, implicano una sconnessione e una mediazione fra antecedente e condotta emotiva e hanno una stretta connessione con l’importanza degli scopi e interessi dell’individuo; le emozioni sorgono in risposta alla struttura di significato di una data circostanza: sono attivate dai significati e valori che un individuo attribuisce a questo stimolo. Situazioni che soddisfino i suoi scopi e desideri suscitano emozioni positive; situazioni valutate come dannose o minacciose conducono a emozioni negative; situazioni inattese generano sorpresa e stupore. Le emozioni, quindi, cambiano quando cambiano i significati e i valori di riferimento o quando le situazioni sono valutate in modo differente — significato situazionale, il quale spiega la diversità e l'intensità delle emozioni. Le teorie dell’appraisal mostrano la flessibilità e versatilità delle emozioni, rispondendo in maniera efficace e tempestiva, continue nelle vicissitudini della nostra esperienza. Tale attivazione avrebbe quindi un effetto opposto: primissimo piano per gli elementi centrali, annebbiamento per gli elementi periferici. * Inche modo le emozioni impediscono la memoria: Per quanto riguarda il deterioramento della memoria a seguito di episodi emotivi, già nel 1908 Robert Yerkes e John Dodson ipotizzarono che tale fenomeno potesse essere spiegato con il livello “ottimale” delle emozioni in modo conforme a una curva a U rovesciata: gli stimoli non esercitano un’influenza particolare sui processi di memoria, gli stimoli emotivi a livello intermedio aumentano la loro forza e persistenza, mentre gli stimoli emotivi estremi ostacolano il loro svolgimento fino all’inibizione totale (tuttavia tale ipotesi non è mai verificata a livello empirico). Il deterioramento della memoria in associazione alle emozioni ha ricevuto contributi importanti dalla neuropsicologia in connessione con gli effetti negativi del cortisolo su varie strutture cerebrali, in particolare sull’ippocampo: la riproduzione di tale ormone è strettamente collegata con l’esperienza di eventi traumatici. Nei reduci del Vietnam, colpiti da PTSD, si è osservata una riduzione del 26% del volume di questa struttura cerebrale. Il cortisolo interferisce in modo consistente con il funzionamento nervoso della corteccia prefrontale (coinvolta nella memoria di lavoro, autobiografica, modulazione emozioni e inibizione risposte): questa interferenza può favorire l’ottundimento emotivo e costituisce una condizione necessaria non sufficiente per capire i differenti fenomeni di potenziamento o di impedimento della memoria nei confronti degli eventi emotivi. PARAGRAFO 3 - SVOLGIMENTO DELLE EMOZIONI Le emozioni sono episodi della nostra esperienza e quindi processi organizzati secondo una sequenza di 5 fasi: insorgenza, sviluppo, apice, decremento, estinzione. Insorgenza delle emozioni > Perché proviamo emozioni? Vi sono una molteplicità di cause (universali — processi neurofisiologici; comuni a un gruppo di persone — cultura; individuali — storia personale). Pertanto, sono state elaborate diverse teorie per spiegare perché proviamo emozioni: Principali cause dell'insorgenza delle emozioni + * Emozioni come adattamento all’ambiente del Pleistocene. Secondo la prospettiva evoluzionistica, le pressioni selettive dell'ambiente hanno dato forma alle emozioni come modelli di attivazione e di risposta dell’organismo specifiche categorie di stimoli al fine assicurare la sopravvivenza della specie. Vi è una corrispondenza fra la categoria di stimoli e la condotta emotiva conseguente; ogni emozione svolge una specifica funzione per garantire il raggiungimento di questo scopo. Le emozioni sono quindi conseguenza dell'attivazione di programmi nervosi, innescati dalla comparsa di stimoli ambientali: i programmi sono innati e automatici, pertanto, le emozioni insorgono rapidamente e involontariamente. Critiche: è concezione statica della mente, adattata, invece la nostra mente è situata e contingente, connessa al contesto. * Emozioni come interruzione e priorità. Nel flusso della normale vita quotidiana, assieme agli accadimenti attesi, avvengono particolari eventi che suscitano attenzione e toccano i nostri interessi, da noi valutati come rilevanti. In queste circostanze proviamo emozioni; in questo senso l’emozione è un’interruzione nel corso continuo dell’esperienza e costituisce un segnale di allerta per l'organismo. È un segnale interno di attenzione con valore di precedenza, in grado di interrompere le altre attività, per consentire all’individuo di raccogliere le sue risorse e di fornire una risposta pronta, pertinente ed efficace alla nuova situazione. Emozioni come predisposizione all’azione. Le emozioni — più delle idee — spingono gli individui all’azione; esse sorgono come conseguenza di una specifica valutazione della situazione contingente e sono all’origine di precise azioni intraprese per modificare la situazione medesima. Questa predisposizione all’azione era già indicata da Magda Arnold 1960 che l’aveva definita come “tendenza sentita di muoversi verso qualcosa valutata intuitivamente come buona o di allontanarsi da qualcosa intuitivamente valutata come dannosa”. Tale concezione è stata approfondita da Frijda 1986, che ha sottolineato la tendenza e la prontezza all’azione come centrale per le emozioni. Ciascuna di esse conduce a specifici cambiamenti nella preparazione all’azione in funzione delle risorse disponibili. Emozioni come legami interpersonali. Siamo una specie ultra-sociale ed allo stesso tempo la più emotiva: è ovvio quindi che le emozioni siano strettamente intrecciate con le relazioni interpersonali. Le emozioni sono indispensabili per avviare, mantenere , rompere la relazione con un'altra persona. La violazione delle aspettative, in particolare, suscita in noi risposte emotive, poiché tali aspettative forniscono una guida su quando e come le emozioni dovrebbero essere provate. Questa condizione ha promosso negli esseri umani la comparsa di emozioni sconosciute presso i primati non umani, come le emozioni auto consapevoli (colpa, vergogna, orgoglio, imbarazzo). Allo stesso tempo, sono emozioni che riguardano la nostra immagine, associata ad aspetti sociali rilevanti (pudore, autostima, rispetto). I legami interpersonali suscitano, inoltre, una gamma molto estesa di emozioni in riferimento a vari giochi umani (umiliazione, esaltazione, imbroglio, inganno, istigazione). Sistema di valutazione degli stimoli attivanti - Ogni emozione è collegata a una circostanza attivante, che funge da antecedente emotigeno, e che può appartenere a diversi ambiti. Possiamo distinguere fra: valutazione primaria, la quale esplora e definisce grado di importanza di un evento in riferimento al benessere dell’individuo, valutazione secondaria, la quale esamina le diverse possibilità con cui l'individuo può far fronte ad una situazione e governarla ( congruenza motivazionale ). Il processo di valutazione si articola in diversi parametri idonei a prendere in considerazione i diversi aspetti della situazione emotigena. 1984 ha proposto una sequenza lineare di controlli di valutazione dello stimolo (CVS) , organizzata in ordine progressivo + dagli aspetti biologici a quelli cognitivi e a quelli sociali: Novità: l'organismo valuta la novità e la discrepanza dello stimolo rispetto alle proprie aspettative; Piacevolezza\Spiacevolezza intrinseca: l’organismo valuta la qualità edonica dello stimolo. La piacevolezza suscita risposte di avvicinamento, appartenenza ed inclusione; mentre la spiacevolezza induce reazioni di allontanamento, fuga, rigetto o attacco. Pertinenza dello stimolo per i bisogni e gli scopi dell’organismo: il soggetto procede a valutare se un certo stimolo favorisce o ostacola il raggiungimento dei propri scopi e desideri. Capacità di far fronte (“coping”) allo stimolo: l'organismo si trova a valutare le proprie possibilità di controllo nei confronti dello stimolo emotigeno, nel verificare la natura della causa, nell’accertare il grado di controllabilità dell’evento attraverso il ricorso a un'azione specifica o, in caso di impotenza, nel procedere a una sorta di ristrutturazione interna degli scopi, dei desideri e del concetto di sé. Il coping può essere primario (capacità controllare l'evento che ha attivato l'emozione), secondario (capacità di gestire le proprie reazioni emotive). Può essere attivo (prontezza ad entrare in azione), o passivo (preparazione alla difesa). Posto a parte merita il coping intrapsichico, quale tendenza dell’individuo a valutare un evento come più favorevole di quanto non consenta in un primo momento lo stato reale delle cose, attraverso la negazione, humor,ecc. Compatibilità con le norme sociali e con l’immagine di sé: il soggetto valuta se e quanto la situazione emotigena sia conforme con gli standard e le aspettative del proprio gruppo sociale. Si tratta delle cd. emozioni auto consapevoli. + Le emozioni rappresentano quindi l’indicatore per la lettura dello stato psicologico dell'individuo, in quanto impegnato ad affrontare le diverse situazioni. Dare un nome alle emozioni + Provata un’emozione, dobbiamo darle un nome, etichettarla. Non è un'operazione semplice, talvolta vi sono discrepanze fra ciò che sentiamo (esperienza interna) e il vincolo di chiudere tale esperienza in una categoria. Le nostre sensazioni interne, chiamate da Daniel Dennet 1988 qualia, sono sfuggenti. Lessico emotivo — è l'insieme delle entrate lessicali che in una lingua riguardano il mondo delle emozioni, dei sentimenti e degli affetti. Esiste un lessico universale delle emozioni? Sembra esistere un soddisfacente grado di somiglianza nei concetti emotivi fra le diverse culture, almeno a livello superficiale, poiché presentano diversità nei lessici emotivi. Questi si distinguono anche per estensione: dal lessico emotivo inglese di oltre 2.000 parole a quello cinese con 750 e dei Chewong con 10 parole — peril bambino, il primo ambiente facilita la differenziazione delle esperienze emotive. L'assenza della parola non è assenza di emozione. L'estensione del lessico comporta il problema della traducibilità dei significati delle esperienze emotive da una cultura all'altra, si pensi che il termine stesso “emozione” non è universale ed è assente presso alcune popolazioni, le quali hanno parole diverse per riferirsi alle esperienze emotive. Culture diverse, parole emotive diverse per la stessa emozione. Questa diversità culturale fra i lessici emotivi comporta rilevanti specificità linguistiche, che, a loro volta, influenzano in modo significativo le possibilità della corrispettiva competenza emotiva e affettiva. Diversi termini emotivi presenti nella lingua italiana non hanno l’equivalente semantico e lessicale in altre lingue e viceversa. Categorie emotive + Tassonomia delle parole emotive. Le categorie emotive sono strutturate secondo la dimensione verticale, avendo come: livello sovraordinato la categoria EMOZIONE, come livello di base categorie quali FELICITA’, PAURA, COLLERA, TRISTEZZA, ODIO, come livello subordinato categorie quali IRRITAZIONE, AGITAZIONE, FRUSTRAZIONE, FASTIDIO, RABBIA, FEROCIA, VENDETTA,FURIA in relazione a COLLERA. Il dominio EMOZIONE prevede un’organizzazione gerarchica interna simile a quella di molte altre categorie. Tale struttura gerarchica è regolata dalla presenza di alcune dimensioni come -valenza edonica (piacevoli o spiacevoli) -l’intensità (alta attivazione come la paura e bassa attivazione come tristezza) -la causa delle emozioni (esperienze di sé o degli altri). Per contro, le categorie emotive si sono dimostrate meno compatibili con la dimensione orizzontale della categorizzazione concernente la comparsa di prototipi, intesi come gli elementi che rappresentano al meglio e in modo esemplare la categoria medesima: tale condizione implica che le categorie emotive siano situate, associate a una circostanza particolare, dipendenti dal contesto. Categorie emotive e cultura. Le categorie emotive non sono rappresentazioni mentali di “generi naturali”, bensì modelli mentali, ampiamente influenzati dalla cultura. Esempio della categoria COLLERA: condotta emotiva di difesa e di attacco a fronte di un ostacolo che impedisce il raggiungimento o il mantenimento di una condizione desiderata. Essa assume significati molto diversi nelle culture; anche l'atteggiamento collettivo è differente a seconda della cultura. indessicalità: fanno riferimento a una certa realtà mediante indizi contestuali, pertanto, senza contesto il loro significato diventa indecifrabile. Solo il contesto è in grado di fornire gli indizi necessari per attribuire un significato attendibile all’espressione facciale, di volta in volta mostrata. (l'emozione della felicità, ad esempio, può creare espressioni facciali molto diverse). Di norma, le espressioni facciali sono accompagnate da movimenti corporei (gesti compresi), i quali forniscono una componente per la percezione delle manifestazioni emotive. Anche la voce contribuisce al riconoscimento delle espressioni facciali. * Effetto Kulesov. La successione degli stimoli emotivi modifica in modo intrinseco la loro valutazione; Kulesov, nel 1918, dimostrò l’importanza del montaggio per far percepire l’espressione dei personaggi in un certo modo anziché in un altro (espressione preceduta da zuppa — fame, da cadavere + tristezza, da donna nuda — eccitazione). E se presentiamo un'espressione fuori dal contesto? L'eventuale assenza di un contesto conduce in numerose situazioni a giudizi erronei. Se è isolata — rabbia, se contesto appropriato — esultanza. * Le espressioni facciali virtuali. Oggi lo studio delle espressioni facciali delle emozioni sta ricevendo un forte impulso grazie allo sviluppo di agenti conversazionali virtuali (entità software in grado di comunicare coni fruitori attraverso i canali verbali e non verbali). * L'effetto “uditorio”. Le espressioni facciali delle emozioni sono influenzate grandemente dal contesto sociale, in particolare dalla presenza di altri (effetto uditorio): la presenza di altri svolge una funzione di inibizione per esperienze negative, di facilitazione per eventi favorevoli. Oggi, la prospettiva contestualista e situazionista sta prevalendo su quella strutturalista. Senza gli indizi contestuali le espressioni emotive corrono il rischio dell’ambiguità, con rilevanti margini di inattendibilità e di soggettività. La voce delle emozioni -+ Già le scuole retoriche dell’antica Grecia e di Roma enfatizzavano il ruolo centrale delle proprietà vocali per esprimere le emozioni e sottolineavano la loro efficacia presso l’uditorio al fine di ottenere il consenso. La voce appare in grado di comunicare le emozioni attraverso la modulazione del ritmo, dell’intonazione e dell’intensità dell’eloquio. Possiede potere evocativo non solo per il cosa viene detto verbalmente, ma soprattutto per il come viene detto. * Espressione vocale delle emozioni. La produzione vocale delle emozioni è uno dei fenomeni più rilevanti all’interno del sistema paralinguistico (cap 9). La voce appare in grado di manifestare le emozioni attraverso la modulazione del ritmo, dell’intonazione e dell’intensità dell’eloquio. Esistono specifiche configurazioni dei profili vocali per ogni emozione, in grado di consentire una loro fine discriminazione. La collera è caratterizzata da un rilevante incremento dell'intensità della voce e della variabilità della frequenza. La paura è espressa con un forte elevata velocità del ritmo e intensità forte. La voce della paura è quindi sottile, testa e stretta. ecc. Questi studi dimostrano l’elevata capacità del canale vocale nel veicolare in modo autonomo precise informazioni circa gli stati emotivi del parlante; è dunque un codice paralinguistico che accompagna quello linguistico e ne modifica il significato. * Riconoscimento delle emozioni tramite la voce. Prestando attenzione solo alle caratteristiche vocali, emerge un'accuratezza media di riconoscimento dello stato emotivo del parlante attorno al 65%. Questo è da attribuirsi alle variazioni di tono, all'intensità e alle sue modificazioni, nonché al ritmo di articolazione. Gesti ed emozioni — Ad oggi non vi è un sistema di classificazione dei gesti, i quali svolgono una funzione essenziale nella manifestazione delle emozioni. * Gestiespressivi delle emozioni. I gesti espressivi sono particolarmente importanti per l’espressione delle emozioni; possiamo definire la qualità dei movimenti in funzione di: 1. Attività motoria (quantità globale dei movimenti), 2. Espansione spaziale dei movimenti 3. loro intensità e forza (dinamica); 4. accelerazione e velocità dei gesti (cinematica). Di norma le persone prestano maggiore attenzione all’estensione spaziale e temporale dei gesti e alla loro ripetizione, mentre appaiono meno sensibili alla loro fluidità e forza (la gioia è caratterizzata da movimenti rotondi, veloci, espansi e continui; la tristezza è collegata a una bassa attività motoria e a gesti fiacchi e lenti). * Congruenza vsincongruenza fra gesti ed espressioni facciali. Le situazioni di congruenza contro incongruenza fra le manifestazioni emotive della faccia e quelle dei gesti consentono di verificare come elaboriamo informazioni emotive complesse. Nella situazione in cui le espressioni provenienti da entrambi questi sistemi siano fra loro coerenti, abbiamo un forte incremento nell’accuratezza dei giudizi sia per la faccia sia peri gesti. Per contro, nella condizione di conflitto tra le manifestazioni emotive della faccia e quelle dei gesti, i soggetti tendono ad attribuire maggiore importanza ai gesti. In generale, il valore emotivo dei gesti tende a prevalere su quello della mimica facciale. PARAGRAFO 5 - REGOLAZIONE DELLE EMOZIONI Equilibrio instabile nella regolazione emotiva + Come esseri umani, non solo proviamo emozioni, ma siamo anche in grado di procedere alla loro regolazione. A fronte delle emozioni abbiamo una serie di grandi libertà che ci consentono di regolarle in modo selettivo. La regolazione delle emozioni va considerata come loro parte integrante, e opera fin dal momento in cui esse sorgono. La regolazione delle emozioni consiste nel dare forma alla condotta emotiva a fronte di un evento saliente, in modo da orientare la sua esperienza e manifestazione nel senso più consono ed efficace con la situazione. E’ un processo che mettiamo in atto molto spesso. Nel processo di regolazione occorre evitare qualsiasi forma di eccesso. Da un lato, abbiamo il rischio di un’iperregolazione emotiva come controllo rigido e costante delle esperienze affettive attraverso processi legati alla soppressione e alla coartazione delle emozioni. Dall’altro, vi è l’iporegolazione emotiva, che comporta manifestazioni di impulsività, reattività immediata agli stimoli emotigeni e labilità emotiva. Principali percorsi di regolazione delle emozioni + La regolazione delle emozioni prevede una gamma di processi concernenti le varie fasi dell’episodio emotivo: valutazione della situazione, attivazione dell’organismo, manifestazione dell’emozione stessa. James Gross e Ross Thompson hanno proposto un modello teorico che distingue fra le operazioni di regolazione concernenti gli antecedenti e quelle riguardanti la risposta emotiva. * Gliantecedenti emotivi: sono 4i principali interventi che gli individui possono compiere sugli antecedenti emotivi. Essi possono regolare le loro emozioni attraverso la selezione della situazione (accettare o evitare certe persone o certe situazioni poco desiderabili o difficili da controllare); la modificazione della situazione (introdurre un elemento di cambiamento nel contesto fisico o sociale); la dislocazione dell’attenzione (concentrare le risorse attentive su alcune informazioni anziché su altre); la rivalutazione della situazione (attribuire un significato diverso alla situazione rispetto a quello standard). * La risposta emotiva. In riferimento alla risposta emotiva, la regolazione delle emozioni consiste nel saperla modulare nelle sue diverse componenti. La modulazione può avvenire mediante farmaci (per l'ansia), jogging contro la depressione, esercizi di rilassamento come lo yoga. La modulazione riguarda altresì la calibrazione nelle forme delle espressioni: accentuazione o attenuazione della mimica facciale, della voce, della postura del corpo, ... Inoltre, è possibile modulare la risposta emotiva attraverso la condivisione sociale delle emozioni. Bernard Rimé ha rilevato che circa il 90% delle persone in età diverse condivide con altri le proprie emozioni, di solito, nel giorno stesso che le ha provate, anche se questa condivisione riattiva i sentimenti e le sensazioni fisiologiche provate durante l’episodio emotivo — questo favorisce la definizione del significato e la rilevanza personale e sociale. Infine, la modulazione della risposta emotiva può trarre rilevanti benefici dal riportare per iscritto le esperienze emotive provate nel corso della giornata. È il metodo della scrittura espressiva, messo a punto da James Pennebaker (1995). Ogni sera per circa 15-20 min occorre descrivere gli episodi emotivi provati durante il giorno, senza preoccuparsi dello stile e della grammatica. Questa pratica, che deve durare per un certo periodo di tempo (almeno una settimana), facilita il grado di apertura emotiva, consente di assumere una maggiore distanza dalle esperienze negative, espande il livello di elaborazione riflessiva e di comprensione emotiva. La regolazione delle emozioni è un indicatore valido e attendibile dell’intelligenza emotiva, intesa come abilità di percepire ed esprimere le emozioni, integrandole nel proprio pensiero, comprendendo e ragionando sulle emozioni stesse, nonché regolandole in se stessi e negli altri. PARAGRAFO 6 - EMOZIONI E CULTURA: Poiché le emozioni sono provate e manifestate nelle relazioni interpersonali, esse sono modellate dalle condizioni culturali. Valutazione delle situazioni attivanti + Dato che le emozioni sono attivate dal modo in cui interpretiamo le situazioni, la loro categorizzazione varia da cultura a cultura. In effetti, la cultura incide profondamente sulla prospettiva con cui considerare gli eventi emotivi: se dal punto di vista personale o degli altri. Nel caso dei cartoni animati, gli americani (indipendenti) si focalizzano sulle emozioni del protagonista, i giapponesi (interdipendenti) prestano attenzione anche gli altri presenti — l’esperienza emotiva è focalizzata sul gruppo nelle culture interdipendenti, mentre è centrata sull'individuo nelle culture indipendenti. Nella valutazione degli antecedenti emotivi, le culture individualistiche enfatizzano il conseguimento dei risultati positivi connessi con l’autoaffermazione. Sono culture della promozione delle emozioni positive. Per contro, quelle collettivistiche privilegiano l’evitamento dei risultati negativi, ponendo attenzione ai vincoli sociali, alle responsabilità di gruppo, all’armonia sociale. Sono culture della prevenzione e inibizione delle emozioni negative. Inoltre, le emozioni connesse con le relazioni interpersonali assumono una configurazione assai diversa in funzione della cultura. Svolgono un ruolo centrale nei rapporti sociali nelle società interdipendenti, assai meno in quelle indipendenti. Manifestazione delle emozioni e cultura - Anche la regolazione delle emozioni varia in modo profondo da cultura a cultura. Nelle culture occidentali le persone attribuiscono a se stesse la responsabilità e la capacità di governare le emozioni (controllo primario), e, in caso di successo, provano orgoglio. Gli individui appartenenti alle culture orientali considerano irrilevante il controllo personale, ma assegnano maggiore importanza al destino, alla partecipazione di più cause e all’interdipendenza con altri individui. In sintesi, ogni cultura fornisce una gamma estesa e comprensiva di criteri, spesso impliciti, in base ai quali valutare gli eventi, e di registri in grado di organizzare e manifestare le emozioni. Memoria delle emozioni e cultura — I sistemi di memoria variano in modo sistematico da cultura a cultura e questo incide anche sulla memoria emotiva. nelle culture occidentali — le persone ricordano più le esperienze positive che negative, tuttavia caratterizzate dall'ottimismo della memoria nelle culture orientali — i ricordi delle emozioni positive sono bilanciati da quelli delle emozioni negative. Tuttavia, pessimismo della memoria. Emozioni e predisposizione all’azione - Le emozioni preparano gli individui all’azione in modo conforme agli standard previsti da ogni cultura ( i comportamenti legati alla gioia o alla felicità sono configurati dalla cultura). Focalità emotiva e cultura > Ogni cultura ha una matrice di modelli mentali tale per cui alcune emozioni sono più rilevanti di altre. Pertanto, alcune sono centrali, altre periferiche o inesistenti. La cultura dipende dalla biologia nel medesimo tempo in cui influenza la biologia stessa per adattarla alle condizioni dell'ambiente e per renderla ottimale in funzione dei propri scopi. Il rapporto biologia apprendimento, oggi non è più considerato come una dicotomia, ma come un’interdipendenza intrinseca a doppia elica. Il cervello è destinato a creare mappe dell’interazione costante con l’ambiente. Le mappe cerebrali sono la base neurofisiologica per l'elaborazione delle immagini mentali. Per dare origine alla mente, il cervello ha bisogno delle menti di altri. Assieme al cervello, la cultura è necessaria per dare origine e far crescere la nostra mente, poiché offre gli stimoli appropriati al cervello per creare le connessioni indispensabili alla formazione dei circuiti nervosi implicati nelle varie attività psichiche. Ciò che noi siamo dipende dal gioco intrecciato fra corpo, mente e cultura. Principali premesse biologiche + * Stazione eretta e bipedismo: da quadrumani siamo diventati bipedi. Non sappiamo perché siamo diventati bipedi. Probabilmente per vedere meglio nella savana, avendo un orizzonte più ampio. Stazione eretta e bipedismo, hanno portato a cambiamenti profondi. La differenziazione e la specializzazione degli arti inferiori e superiori ecc. L’opponibilità del pollice attribuisce alla mano maggiore destrezza e plasticità consentendo una presa di precisione oltre che di forza. * Quoziente di encefalizzazione: la stazione eretta ha reso verticale la posizione del foro occipitale, con la testa eretta sulla colonna vertebrale, mentre nelle scimmie la testa sporge in avanti ed è sorretta da potenti muscoli. Questa modificazione ha favorito l’aumento della massa cerebrale, l'incremento del quoziente di encefalizzazione passa da 3,1 per i primi ominidi a 5,8 per l’homo sapiens. Nell'arco di 2mIn di anni il volume del cervello umano è aumentato di oltre il 300%. È cresciuta la superficie neocorticale. L'aumento del cervello umano avrebbe avuto un ritmo esponenziale a partire da 150.000 anni fa. L'espansione del sistema nervoso centrale costituisce una condizione biologica essenziale perla comparsa della cultura. L'enorme sviluppo del cervello ha consentito di elaborare le informazioni sociali oltre a quelle fisiche. Esiste una correlazione positiva fra la crescita della neocorteccia e la dimensione del gruppo sociale in cui viviamo. A livello evoluzionistico l’aumento della numerosità del gruppo e una robusta disposizione alla cooperazione costituiscono una forte pressione della selezione naturale, per innalzare le probabilità di sopravvivenza. In base ai calcoli di Dunbar, la neocorteccia umana è in grado di gestire le informazioni provenienti da un gruppo di 150 individui. Il magico numero 150 unità per gruppo, si è dimostrato valido nella storia dell’umanità. * Apparato vocale e linguaggio: la nostra cultura, richiede la capacità di produrre una gamma estesa di suoni vocali. Siamo in grado di generare 1000 foni distinti. L'evoluzione dell’apparato vocale ha comportato una definita conformazione del tratto vocale sopra laringeo composto da due cavità: la cavità faringea e la cavità orale. Tale conformazione rende possibile l'emissione di suoni diversi. Le corde vocali sorte in modo casuale come exapatation costituiscono una condizione essenziale perla comparsa del linguaggio. * Prematuranza neonatale: il piccolo dell’uomo è una prole inetta incapace di sopravvivere senza l’aiuto di un adulto. E la prematuranza biologica del neonato. Al momento della nascita il suo cervello ha un volume che circa il 25% inferiore a quello adulto e presenta un numero limitato di circuiti nervosi funzionanti. La crescita funzionale avviene dopo. Si può dire che al momento della nascita il cervello di un neonato è prevalentemente subcorticale. " suo sviluppo funzionale, avviene per gran parte in ambiente extrauterino e questo comporta un’enorme esposizione del neonato all’ambiente culturale in cui cresce. Il piccolo dell’uomo da organismo biologico diventa un soggetto culturale. Assieme ai ratti, gli umani sono la specie dotata di maggiore slancio di crescita cerebrale. * Cooperazione e altruismo spontaneo: gli umani hanno dovuto svolgere attività di caccia, raccolta o difesa in gruppo per la condivisione delle risorse. Essendo ultrasociale l’uomo, ha sviluppato un elevato grado di cooperazione, per formare coalizioni e alleanze di attacco o di difesa contro avversari. Si sono sviluppate importanti forme di altruismo spontaneo, inteso come condotta vantaggiosa per i propri simili ma svantaggiosa per sé. * Avvento dell’agricoltura. Per circa 280.000 generazioni, gli ominidi e gli uomini sono stati cacciatori e raccoglitori, fermandosi alla produzione di pietre scheggiate. L'evoluzione della cultura ha subito un’accelerazione grazie all'avvento dell’agricoltura, 30-40 mila anni fa. A questo periodo risalgono anche una raffinata manifattura di utensili, scultura ecc. Circa 400 generazioni fa, ebbe luogo la rivoluzione dell'agricoltura, alla fine della glaciazione di Wurm nella regione della mezzaluna fertile. Sino ad allora l’homo sapiens era stato nomade, raccoglitore e cacciatore, che in bande di 40-50 individui si muoveva alla ricerca di cibo. 10.000 anni fa diventa stanziale e si lega a una data regione. Prende via la cultura contadina. Nascono le realtà e i relativi concetti di territorio, stato, di suddivisione dei compiti, di organizzazione e stratificazione sociale, di difesa e attacco. L'avvento dell'agricoltura coincide con ciò che è stato chiamato la Rivoluzione del Neolitico. Industria litica e protocultura - L’homo habilis, vissuto durante il Paleolitico inferiore, in un periodo compreso tra 2,5 mln e 1,7 mln di anni fa, era un eccellente arrampicatore, e deve il suo nome alla manualità ottima della sua mano destra, nella produzione di strumenti di pietra. I primi utensili litici, trovati in Tanzania, risalgono a oltre 2 mln di anni fa e consistono nella scheggiatura di un lato delle pietre in modo da ottenere un bordo tagliente. L’industria litica prodotta da Homo Habilis è conosciuta come Industria litica Olduviana e rimase stazionaria per più di 80.000 mila anni. L’homo erectus, sviluppò tecniche costruttive più avanzate che gli consentirono di lavorare la pietra su due lati. Questi utensili litici bifacciali con la presenza di una punta e con un corpo arrotondato fecero la loro comparsa circa 1,5 milioni di anni fa in Africa e sono conosciuti come industria litica clanctoniana e poi abbevilliana. Tali lavorazioni furono perfezionate con la comparsa dell’industria acheuleana caratterizzata da manufatti litici a forma di mandorla. Questa durò fino a 200.000 anni fa. Nel Paleolitico medio, da 200.000 anni, l’uomo del Neanderthal fu l’artefice di una nuova tecnica, conosciuta come industria musteriana. Questa tecnica proseguì fino a 40-30 mila anni fa. Nel Paleolitico superiore, circa 40.000 anni fa, in Europa Homo sapiens, fu il pescatore della cultura aurignaziana. Compaiono nuovi manufatti, lamette, spatole ecc. seguono in contempo la cultura solutreana che fu caratterizzata da molte innovazioni, fra cui l’uso dell'arco di punte di lancia sottili, di frecce e coltelli, e la cultura magdaleniana dove troviamo punte arpionate, lance e mezzi minuti. Nel periodo magdaleniano furono realizzate vere e proprie opere d’arte: i graffiti e le pitture rupestri in Europa, in Africa e in Asia. Colpisce la sostanziale immobilità dell’homo habilis e dell’homo erectus. Il primo ha usato sempre il medesimo strumento per un milione di anni il secondo pur diffondendosi ovunque ha continuato a usare manufatti litici per 1,3 mln di anni. L’industria litica ha consentito di esercitare abilità motorie e di attivare strutture e processi biologici. Con la comparsa di Homo sapiens, ebbe inizio una nuova traiettoria evolutiva. Gli individui di questa specie avevano nuove caratteristiche fisiche e possedevano abilità cognitive più avanzate. PARAGRAFO 3 - CULTURA COME MEDIAZIONE E PARTECIPAZIONE. Come mediazione — ogni cultura, in quanto dominio generale, si configura come uno spazio di mediazione fra l’individuo e l’ambiente. Il rapporto fra soggetto e oggetto, può essere in certe occasioni immediato, ma in generale tale rapporto è mediato da uno o più artefatti. Gli artefatti sono elementi del mondo materiale assunti nell’azione umana come mezzi e modi per coordinarsi con l'ambiente fisico e sociale. L'attività umana, si serve degli artefatti come mezzi per raggiungere i propri scopi. Non esistono in modo isolato, ma sono connessi fra loro e con la vita sociale in modo più o meno organico. Wartofsky e Cole distinguono 3 categorie di artefatti: 1. Primari: impiegati direttamente per l’attività umana, consistono in strumenti e dispositivi che usiamo abitualmente per interagire fra di noi e con l'ambiente; costituiscono la cultura materiale. 2. Secondari: sono le rappresentazioni mentali degli artefatti primari e dei modi di agire a essi associati; consistono in modelli e simboli presenti nell’interazione sociale e costituiscono la cultura ideale. 3. Terziari: servono a costruire il mondo dell’immaginazione e della fantasia nell’ambito del gioco e nell’arena del non pratico. Rientrano in questo ambito, le attività artistiche nelle loro diverse espressioni creative; qui siamo in presenza di cultura espressiva. La mediazione, e un processo attivo che contribuisce in modo rilevante a organizzare, gestire e controllare le azioni e interazioni fra persone. Gli artefatti sono convenzioni e costituiscono pratiche sociali, che si trovano nello stesso tempo sia all’interno della mente sia all’esterno nel contesto pubblico. Giocano un ruolo essenziale nel dare forma all’azione. Gli artefatti esercitano la loro efficacia solo quando le persone li usano in modo appropriato. Grazie agli artefatti il rapporto fra oggetto e ambiente è reso culturale. La mediazione svolta dalla cultura è universale e trasversale poiché investe tutti gli ambiti dell’esistenza umana. Ci fornisce dispositivi basilari per gestire i vari domini della realtà. Appare naturale vivere nel modo in cui abbiamo imparato vivere come se fosse l’unico modo per condurre l’esistenza umana. La cultura appare come una lente che distorce la percezione e la valutazione degli eventi. Come partecipazione + visto che la cultura è un’invenzione della specie umana attraverso una serie progressiva di cambiamenti e scoperte, e l’esito di un processo di costruzione sociale attraverso la partecipazione dei soggetti. La cultura è un’attività collettiva, spesso dissonante poiché non può essere il risultato dell’azione di un solo individuo. È partecipazione, perché implica la condivisione dei processi di significazione, comunicazione, pratiche e valori, e anche l’accordo sulle regole da parte dei suoi componenti. Tale condizione rimanda alla diversità. Possiamo prendere parte a uno scambio solo in quanto diversi. Ciò che caratterizza le persone che condividono la medesima cultura non è il consenso ma la capacità di una reciproca comprensione. Secondo la prospettiva del dialogismo, proposta da Bachtin i processi culturali costituiscono un divenire non formalizzato di diverse voci secondo un andamento ciclico e rigenerativo. Il dialogo è fondato sull’eteroglassia come partecipazione fra parlante e destinatario nell'elaborare in modo congiunto i significati attraverso un processo di apertura di senso. Il significato di un atto culturale può essere compreso in profondità sollo quando incontra un significato diverso, perché insieme generano una partecipazione che supera la chiusura e l’unilateralità dei singoli significati considerati a sé stanti. Ogni cultura mantiene la propria unità aperte senza negare se stessa. Nello stesso tempo, le culture si arricchiscono insieme in modo reciproco. In quanto partecipazione di senso, la cultura ordina e delimita nello stesso tempo lo spazio della realtà cui conferisce senso, la rende intellegibile e gli attribuisce rilevanza a certi contenuti trascurandone altri. Da queste tacite opzioni, nascono le mappe del medesimo territorio, in funzione del diverso processo di rappresentazione e valutazione cognitiva. Ne consegue che la consapevolezza culturale costituisce una premessa rilevante per comprendere le culture altrui e per prendervi parte in modo attivo. PARAGRAFO 4 - DIVERSITA’ E IDENTITA’ CULTURALI Diversità’ — le culture nascono, si sviluppano, arrivano al loro massimo, declinano in modo più o meno lento e poi muoiono. La comparsa e la scomparsa delle culture è un fenomeno tipico dell’umanità. L'evoluzione della nostra specie ha costituito una via di mezzo: né totalmente uguali, né totalmente diversi. Non vi sono razze umare, le differenze che si osservano nelle popolazioni umane sono di carattere superficiale, fra loro eterogenee, dovute a variazioni climatiche. Il punto debole, concerne la definizione degli universali umani, in quanto base della rassomiglianza concetto di eguaglianza. (vogliono che facciano parte della maggioranza). 4. Segregazione: è la prospettiva di chi ritiene di riconoscere le diversità culturali, ma che allo stesso tempo le tratta in termini di isolamento e ghettizzazione. La mente monoculturale ha dei confini: Entocentrismo e fondamentalismo culturale: questa prospettiva esclusiva, racchiude in sé il rischio dell’entoncentrismo come radicalizzazione del proprio modo di vedere e capire le cose. È un provincialismo spaziale e temporale che identifica la totalità dell’esperienza con il segmento della propria esperienza. E’ il sentimento di possedere la verità. L’etnocentrismo può configurarsi come fondamentalismo. Questo è l’esigenza di stabilire dei confini netti e robusti fra le diverse culture, nonché di giungere alla loro discriminazione. Può trovare soluzioni per condurre a questo attraverso la guerra e il terrorismo. Diffidenza, paura e protezione: rispetto al fondamentalismo, la mente monoculturale può condurre ad atteggiamenti di diffidenza nei confronti dello straniero. È la paura dello straniero in quanto straniero. Rappresenta una minaccia implicita al nostro modo di pensare. In base a questo si innescano processi di difesa e di reazione, o di rivendicazione della propria identità per conseguire una condizione di sicurezza. L'adozione di barriere psicologiche e legislative può condurre anche una separazione fisica come il muro di Berlino 0 la grande Muraglia Cinese. Mente multiculturale - Le mutazioni ambientali più profonde provengono dalle attuali svolte culturali. Il revival etnico è l’esempio. Nel 1950 i paesi delle Nazioni Unite erano 58; nel 2000 erano circa 200. Gli imponenti flussi migratori di oggi impongono nuove forme di scambio e contatto. Le migrazioni hanno assunto dimensioni gigantesche e sono difficilmente controllabili. Anche la globalizzazione dei mercati è importante. Oggi i prodotti commerciali sono globali, distribuiti in tutto il mondo. Anche internet fa parte delle pressioni gigantesche che hanno rivoluzionato il mondo in poco più di 2 generazioni. Oggi abbiamo un intreccio denso di culture che pone in difficoltà il funzionamento della mente monoculturale e che indica i suoi limiti inesorabili. Oggi a fronte di queste pressioni, una minoranza di individui soprattutto giovani, ha elaborato una mente biculturale. A partire dagli anni 2000 un gruppo di studiosi ha individuato soggetti che si erano appropriati delle sindromi culturali sia collettivistiche sia individualistiche. Assieme alla loro cultura nativa, questi soggetti mediante l’esperienza e l’interazione regolare con gli esperti della nuova cultura si sono impossessati delle differenti sindromi e dei diversi modelli culturali. In questo modo possono raggiungere la piena disponibilità mentale dei relativi modelli culturali. Gli individui biculturali, quando si trovano ad esempio in contesti cinesi si comportano secondo l’armonia della collettivizzazione, sono partecipi... quando si trovano in contesti americani, sono indipendenti e manifestano comportamenti tipici americani, consapevolezza, edonismo ecc. La loro mente è integra nel suo funzionamento come la mente monoculturale, ma procede secondo due marce invece che una. Essi hanno una doppia identità culturale. Per gli individui biculturali, è sufficiente il contesto immediato per indicare loro quali percorsi culturali seguire. È governata dalla presenza di indizi tangibili forniti dal contesto che ogni volta costituisce la cornice di una data esperienza. in base a tali indizi, i soggetti sono in grado di scegliere quale percorso culturale seguire, dimostrando di adattarsi attiva mente alle aspettative sociali e relazionali in corso. Assume molta rilevanza, il processo di facilitazione, che favorisce l'accessibilità mentale delle sindromi e dei modelli culturali pertinenti con ogni situazione. È la strategia dell’alternanza culturale, declinata come passaggio da una cornice culturale a un’altra. Di volta in volta, dimostrano una robusta sintonia con la situazione contingente. Hanno a disposizione sempre due strade, e possono vedere le cose secondo uno o l’altro punto di vista. La strategia di alternanza implica il superamento di ogni forma di fondamentalismo culturale. La mente biculturale è una mente contingente e radicata nel contesto immediato. Gli individui biculturali sono dinamici. Inoltre, questa mente è un vantaggio evolutivo. È una mente versatile, duttile, ha un suo possesso più di un repertorio di criteri e modelli culturali. È aperta e complessa, flessibile e creativa. È al plurale. Un altro vantaggio è quello di possedere diverse griglie di valutazione delle situazioni sul piano affettivo e sulle varie esperienze emotive.