Scarica Psicologia sociale - Fulvia Castelli - 1 anno scienze e tecniche psicologiche unipv e più Appunti in PDF di Psicologia Sociale solo su Docsity! PSICOLOGIA SOCIALE dott.ssa Fulvia Castelli – 9 CFU – MPSI/05 Libro di testo nuovo ‘psicologia sociale. fondamenti teorici ed empirici’ 2020 Andrighetto e Riva ed. Mulino + il testo ha delle risorse online di approfondimento. Capitoli oggetto di esame: da 1 a 7, 10, 11, 13 Farà vedere documentari, stimolerà a pensare in modo critico, saranno lezioni interattive LEZIONE 1 CAPITOLO 1: INTRODUZIONE ALLA PSICOLOGIA SOCIALE Programma della lezione: - Che cos’è la psicologia sociale (definizione, tematiche che affronteremo, confronto con altre discipline) - Introduzione storica (in europa e stati uniti, comportamentismo, rivoluzione cognitiva, kurt lewin e il principio di sistemi di tensione) - I capisaldi della psicologia sociale (oltre il senso comune, hindsight bias o errore del senno di poi, il potere della situazione, il principio del costrutto mentale) cioè il messaggio che ci dobbiamo portare a casa. La bellezza della psicologia sociale è quello di studiare gli effetti della nostra vita, avremo delle ragioni perché certi fenomeni succedono. DEFINIZIONI DI PSICOLOGIA SOCIALE. Che cos’è la psicologia sociale? Prima definizione di psicologia sociale si ha a metà del 900, definizione di Allport: ‘è la ricerca scientifica di come pensieri, emozioni e comportamento degli individui siano influenzati dalla presenza degli altri, sia questa reale, immaginata o implicita’. La psicologia sociale adotta un metodo scientifico, è una scienza, per cui si basa su dati sperimentali, questo è un problema complesso perché è una scienza umana, gli umani non si possono mettere sotto il microscopio per cui è complesso indagare scientificamente il comportamento umano. Si parla poi di influenza sociale, ossia l’effetto che gli altri hanno su di noi a più livelli, quindi quello che proviamo, quello che pensiamo, come agiamo. Gli altri devono essere presenti per influenzare il nostro comportamento? Anche no. Gli altri possono essere presenti, immaginati o possono essere impliciti. Nella definizione appunto si fa riferimento anche alle modalità con le quali gli altri ci influenzano. 3 modalità: presenza reale (o oggettiva, fa riferimento alla presenza fisica di un’altra persona), immaginata (fa riferimento alla nostra capacità di pensare gli altri anche quando questi non sono fisicamente di fronte a noi), implicita (fa riferimento al concetto di norme sociali perché interiorizziamo le norme sociali e le richieste degli altri, esempio: se con chi viviamo, quindi genitori, fratelli, nonni, amici ci hanno chiesto più volte di fare il letto al mattino, ora ci svegliamo e facciamo il letto, questo vuol dire che abbiamo con noi la presenza implicita delle persone che ci hanno chiesto di farlo. Lo stesso vale per il fermarsi al semaforo rosso anche se non c’è nessuno, anche se siamo alle due di notte e non c’è nessuno, abbiamo interiorizzato la presenza implicita in questo caso della norma o della richiesta sociale. implicita è richiesta o norma sociale che abbiamo fatto nostra). Spesso vedremo la definizione di psicologia sociale come collegata all’ABC. L’ABC della psicologia sociale sta per Affects = emozioni, Behaviour = comportamento, Cognition = pensiero. Queste parti di noi vengono influenzate dalla presenza degli altri. Il principale compito della psicologia sociale è infatti quello di cercare di predire come si sentiranno (affect, emozioni), come si comporteranno (behavior, comportamento) e cosa penseranno (cognition, cognizione) degli esseri umani in un contesto sociale. L’interesse per la disciplina infatti è posto sull’intersezione tra la dimensione individuale e quella sociale; quando consideriamo un’emozione, un pensiero o un comportamento di una persona ci dobbiamo chiedere quanta parte di esso sia legata a variabili personali e quanto a variabili situazionali e sociali. Dobbiamo considerare ormai altri due aspetti importanti rispetto alla definizione di Allport: - Non è solo la presenza degli altri a influenzarci ma anche la loro assenza; infatti, l’essere esclusi e isolati socialmente influenza profondamente le persone - L’influenza degli altri può avvenire anche secondo modalità virtuali/online Altra definizione contemporanea di psicologia sociale ‘la psicologia sociale è lo studio scientifico del modo in cui le emozioni, pensieri e comportamenti degli individui sono influenzati dalla presenza – o assenza – reale, immaginata, implicita o virtuale di altri esseri umani’ . Altro aspetto fondamentale. La realtà oggettiva non esiste, perché se noi siamo costantemente influenzati dalla presenza degli altri, virtuale, immaginata, implicita o reale, fisica in modi diversi, ma allora dov’è la realtà? L’essere umano costruisce il contesto sociale. Ognuno di noi vede la realtà in modo diverso perché ognuno di noi è influenzato in modo diverso dalla presenza degli altri. Gli autori del testo che ci ha consigliato hanno paragonato la mente umana a un caleidoscopio; nel caleidoscopio se lo giri vedi sempre una realtà diversa, per cui la mente sociale è un caleidoscopio che continua a trasformarsi perché costantemente costruito in funzione della presenza degli altri. Per esempio, se cammino per strada e vedo una mamma con un bambino, io la noto, sto attenta se ha bisogno con la carrozzina, salire le scale, aprire una porta, perché essendo stata mamma considero la sua situazione. Se io cammino con una persona che non ha mai avuto quest’esperienza forse questa persona vede solo persone nella strada, non nota la mamma con la carrozzina. La mente umana non si limita a recepire la realtà in modo a essa fedele, ma la rielabora attivamente per produrre rappresentazioni dotate di significato che possono arrivare a essere anche molto distanti dalla realtà oggettiva. Quindi possiamo dire che la psicologia sociale è lo studio di come la differenza tra la realtà oggettiva e la percezione soggettiva delle persone è determinata dalla presenza degli altri. LA PSICOLOGIA SOCIALE TRA LE DISCIPLINE SOCIALI E PSICOLOGICHE. Spesso si fa fatica a comprendere il dominio di pertinenza dei diversi settori della psicologia o di scienze che si occupano del comportamento umano. (+ vedi tabella su slide) Differenze psicologia sociale e sociologia: sono entrambe scienze sociali, hanno un interesse per le influenze sociali sul comportamento, studiano gli individui all’interno dei gruppi e delle società e si interessano agli stessi fenomeni sociali. Tuttavia, la psicologia sociale fonda la sua analisi a livello dell’individuo, livello microscopico, si occupa di come i gruppi influenzino l’individuo, per cui l’oggetto finale è come si comporta l’individuo, quindi si lavora a livello microscopico sull’individuo, indaga come i pensieri, le emozioni e i comportamenti della persona influenzino e siano influenzati dai gruppi sociali o dalla società di appartenenza. La sociologia invece vede il comportamento umano sotto una lente macroscopica, cioè vede la struttura sociale e i diversi gruppi e li analizza, per cui capisce capisce, investiga, lavora sul comportamento dei gruppi, si pone quindi a un livello di analisi più generale (livello macroscopico), il focus è sui gruppi e sulla società. esempio: diseguaglianza sociale, psicologi sociali focus sui processi psicologici individuali che permettono il mantenimento di queste disuguaglianze, sociologi focus su come le disuguaglianze sociali portano un cambiamento nella struttura della società Differenze psicologia clinica e psicologia sociale: anche la psicologia clinica si occupa dell’individuo, ma dei disordini, del funzionamento dei processi cognitivi che dovrebbero essere nella categoria di mental health. Si occupa di capire il disordine mentale degli individui che creano il distress emotivo. In realtà c’è un coontinuum tra disordine e salute mentale. La psicologia clinica si occupa di capire il disordine mentale degli individui che crea distress emotivo. Differenze tra psicologia cognitiva e psicologia sociale: la psicologia cognitiva studia l’individuo nel suo processo mentale, le strutture mentali, la memoria, il linguaggio, le emozioni… Differenze tra psicologia della personalità e psicologia sociale: la psicologia della personalità si occupa dell’individuo, dei tratti individuali che possono avere un impatto sulla psicologia sociale ex una persona con poca autostima è target di influenze maggiori rispetto a certe comunicazioni - La piere, economista di origine francese: ricerca ‘attitudes vs actions’: ricerca in cui paragona quello che una persona dice di pensare o di essere vs. le azioni che fa. Ha fatto una ricerca di campo. Ha fatto un viaggio con una coppia di persone cinesi che in quegli anni non erano ben amati per ragioni socio storico economiche dagli americani, c’erano degli atteggiamenti di razzismo nei confronti dei cinesi. È andato per alberghi e ristoranti insieme a questa coppia. Parte. Tutti i ristoranti e gli alberghi li hanno ospitati dandogli alloggio e cena, le azioni erano non razziste. Ha inviato al ritorno a caso dei questionari agli albergatori e ai ristoratori rispetto all’accettare i cinesi. E questi hanno risposto il contrario, gli intervistati dichiaravano che avrebbero avuto difficoltà a ospitarli. Quindi vediamo un gap tra quello che si dice e quello che si fa. - Sherif, scienziato di origine turca, ricerca sulla dinamica di gruppo, ha fatto un esperimento sulla chinetica, in cui fa vedere come le persone si adeguano nei loro giudizi di percezione, sulla loro percezione si adeguano a quello detto dal gruppo. Iniziano a formarsi delle norme sociali. Negli anni 60-70 la psicologia sociale inizia a radicarsi in europa - Moscovici: fa studi sull’influenza sociale delle minoranze - Tajel: fa studi sulla categorizzazione sociale, sui gruppi minimi, i suoi studi sono alla base degli atteggiamenti di pregiudizio e attribuzioni di stereotipi. Pioniere sulla ricerca di pregiudizi e stereotipi. COMPORTAMENTISMO (in inglese BEHAVIORISM): siamo nella prima metà del 900. Comportamentismo e rivoluzione cognitiva/cognitivismo sono le grandi correnti che hanno plasmato il pensiero e la ricerca sul comportamento umano. Sono i due grandi macro filoni di cui dobbiamo tener conto quando studiamo qualunque psicologo. La cognitive behavioral psychotherapy psicoterapia cognitivo comportamentale è un qualcosa che si collega a questi due filoni. Il pensiero di fondo del comportamentismo è che tutte le cose che gli organismi fanno (agire, pensare e sentire, action, cognition e emotion) devono essere considerate come dei comportamenti. I comportamenti possono essere descritti scientificamente senza ricorrere ad eventi fisiologici interni e ad ipotetici costrutti come la mente. Il comportamentismo si sviluppa contro l’idea che esistesse l’anima, la psiche, lo spirito, forze innate, tutto quello che non si poteva indagare oggettivamente, tutto ciò che non si poteva mettere sotto il microscopio. Sforzo di rendere la psicologia oggettiva, scientifica, in modo da poterla investigare. Per il comportamentismo esiste solo il corpo come si comporta, non esistono le idee chiare e distinte. Il primo obiettivo del comportamentismo è quello di fornire dati verificabili e controllabili. Skinner è uno dei fondatori del comportamentismo. Egli considerò il metodo sperimentale come l’unico criterio che garantisce la scientificità. La sua polemica è diretta contro ogni forma di teorizzazione di nozioni mentali non osservabili. Il metodo skinneriano suggerisce di spiegare tutti i comportamenti animali e umani adducendo una catena di stimoli e risposte che si possono investigare e osservare. Per esempio, se stiamo studiando il linguaggio, avremo una associazione tra stimolo (vedere il gatto) e la risposta (gatto). C’è l’associazione tra la percezione e la parola, osservabili entrambi. La scatola nera è la mente. La freccia rossa è visto lo stimolo ho una risposta, è lineare, ho imparato un’associazione, ho messo insieme stimolo causa effetto. (vedi immagine su slide). Tutti i comportamenti sono associazioni acquisite. RIVOLUZIONE COGNITIVA. Tolman è un comportamentista nella sua metodologia ma meno radicale di Skinner. Faceva ricerca sull’apprendimento indagando i ratti e il loro comportamento tipico nei labirinti. Nel 1932 studia l’apprendimento nei ratti, dimostra che gli animali possono imparare fatti che vengono in seguito utilizzati in modo flessibile invece che semplicmente apprendere risposte automatiche che sono state innescate da stimoli ambientali. Qual è l’esperimento di Tolman che ha permesso di ripensare al comportamentismo/ha rivoluzionato il modo di pensare al comportamentismo tale da aprire nuove possibilità nel pensare alla mente? Premessa: noi oggi nel 2020 sappiamo come funzionano il cervello e la mente perché alla fine degli anni 90 c’è stata una nuova tecnica di neuroimmagine ossia gli scan del cervello mentre l’individuo svolge un compito, così grazie a una sovrapposizione di fotografie sappiamo quali parti del cervello sono attive nell’esecuzione di un determinato compito, abbiamo iniziato a vedere la mente sotto il microscopio. Prima invece si poteva solo speculare su cosa fosse la mente, cioè una scatola nera, quindi cosa succede dentro la mente? siamo ancora in scatola nera, non sappiamo cosa succede, possiamo fare delle ipotesi. Esperimento: abbiamo un topo che deve prendere il formaggio in un labirinto, attraverso vari tentativi percorre la strada corretta e la apprende. Il topo inizialmente impara la strada e continua a fare questa strada dopo che l’ha imparata. Poi gli viene dato un altro stimolo dove il punto che lui ha imparato è bloccato, il topo allora prende la via più vicina al posto di arrivo precedente. Cosa vuol dire? Il topo ha mantenuto l’immagine del tragitto precedente, ha eliminato il tragitto, ha tenuto in mente il punto di arrivo e in modo flessibile ha fatto un nuovo percorso per arrivare comunque al punto di arrivo. Che cosa vuol dire? Ha preso il punto di partenza e quello di arrivo e ha escluso il tragitto, ha elaborato lo schema che aveva appreso. Cosa vuol dire? Che la box nera della mente non è fatta di semplici associazioni lineari stimolo-risposta ma all’interno della box succedono tante cose, cioè si tengono cioè a mente degli schemi che vengono rielaborati in funzione dell’obiettivo finale di un comportamento. Tolman ci dice che l’apprendimento non consiste nelle connessioni stimolo-risposta, ma nella costruzione di set del sistema nervoso che funzionano come mappe cognitive. Tali mappe cognitive possono essere caratterizzate come una varietà che va dall’essere una piccola striscia a una più ampia globale mappa. Questo apre al nuovo mondo della cognizione, un’ampia mappa globale con tante funzioni che si intrecciano, si intersecano. Dobbiamo ricordarci la complessità delle interazioni di mappe cognitive. La parola che Tolman ha coniato è appunto mappe cognitive. È una parola che utilizziamo ormai molto, parliamo di mappe mentali, schemi mentali… nel nostro lessico quotidiano utilizziamo parole che sono ispirate alle mappe cognitive di Tolman, è una parola che ci dà l’idea di una complessità rispetto all’associazione stimolo-risposta. La rivoluzione cognitiva è stata aperta da Tolman. È un filone di pensiero in cui siamo ancora dentro oggi. Qual è il capisaldo di questo filone di pensiero? È possibile indagare la mente umana mantenendo come obiettivo la scientificità (come esigeva il comportamentismo). L’analogia è mente-computer: la mente elabora stati mentali, dati. La descrizione del funzionamento della mente si svolge a diversi livelli dal più complesso al più semplice. La psicologia cognitiva è lo studio di come le persone percepiscono, ricordano, pensano, parlano e risolvono problemi. Queste sono le facoltà umane con cui poi facciamo i giudizi sociali. Con la rivoluzione cognitiva siamo figli di Turing. L’altro giorno la prof ha visto il film su Steve Jobs e ha capito perché il simbolo della Apple è la mela morsicata, ha a che fare con come si è ammazzato Turing. Turing si è ucciso mettendo del cianuro su una mela. Si è ucciso perché era omosessuale ed era illegale essere omosessuali, per cui il governo inglese, dopo che Turing gli ha fatto vincere la guerra con la sua macchina che ha decodificato i messaggi dei tedeschi, gli hanno imposto la castrazione chimica e lui si è ammazzato. Lo scorso governo inglese ha chiesto pubblicamente perdono. Comunque, domanda, pensiamo che l’analogia mente-cervello-computer sia ancora una analogia esaustiva per la complessità del cervello? Mi sembra personalmente riduttiva, perché per quanto siano complicate le operazioni del computer, vengono ridotte a operazioni la complessità del comportamento umano. Daniel Dennet è un filosofo che studia su questo, chiede di fare un salto immaginativo, la complessità va al di là di ciò che possiamo indagare, ma comunque la indaghiamo, la complessità all’ennesima potenza è il nostro cervello, non è una questione di fede. Perché un’analogia così è troppo semplice, perché manca la plasticità del cervello, il cervello è plastico e si autoregola, anche in modo imprevedibile, il computer invece si deve aggiustare; tuttavia è anche vero che se nella complessità delle funzioni abbiamo anche un software di auto clean all’ennesima potenza allora il cervello computa e basta e non c’è nulla di misterioso. IL SENSO COMUNE. Sembra che la psicologia sociale abbia a che fare con il senso comune. Spesso affrontando gli argomenti del corso ci capiterà di dire ‘vabbè ma questo lo sapevo già, è ovvio’ e molto spesso è così, ma molto spesso non è così. Anche quando c’è l’idea ‘ma questo si sapeva già’ possiamo dire di saperlo con delle basi scientifiche, è sempre importante indagare anche aspetti banali. Interessante vedere come le cose vadano diversamente quando davamo per scontato che le cose andassero in un certo modo. Esempio: brexit. Referendum sulla brexit. Si dava per scontato che il referendum sarebbe stato un no, si rimane nell’unione europea, che neanche i partiti si erano preparati a fare propaganda. I partiti avevano bussato e avevano dato dei volantini su altre votazioni, alla domanda se non si occupavano della brexit era che no, ci avrebbero pensato dopo. Quando è arrivata la notizia della brexit c’è stato un sconvolgimento. Per cui, la domanda è: la psicologia sociale è semplicemente senso comune mascherato da scienza? Dobbiamo innanzitutto avere in mente la definizione di senso comune. Senso comune: prendere acriticamente per vera un’opinione o un sapere che hanno solo il merito di essere diffusi. Le cospiracy theories si basano su questo. Si iniziano a diffondere, poi diventano ovvie perché lo dicono tutti. Non parliamo dell’effetto di danning cruger che spiega esattamente la ragione per cui le cospiracy theoris prendono piede. Si basano sul fatto di far diventare un’idea così diffusa da renderla credibile. Perché si può diffondere un’idea così facilmente? Perché l’effetto dunning cruger ci dice che meno sappiamo di una certa materia più crediamo e siamo credibili. Più conosciamo una materia e più siamo in grado di comprenderne i limiti. Questa è la ragione per cui le cospiracy therories prendono piede. Gioco: ci sono 10 domande, dobbiamo dire se sono vere o false e dopo contiamo quante sono (vedi slide per le domande). Le risposte vere sono 0. Questo per dire quanto è il senso comune. Quindi qual è il risultato di questo esercizio? Che non è così facile avere opinioni su come ci si comporta nel mondo sociale, su come gli altri influenzano noi e viceversa. non è facile dare risposte corrette, prima di aver studiato psicologia sociale. sembrano domande ovvie ma non lo sono. EFFETTO HINDSIGHT BIAS/ERRORE DEL SENNO DI POI è un effetto importante. È quando si dice ‘era ovvio, lo sapevo già’. È la tendenza a credere erroneamente che saremmo stati in grado di prevedere un evento correttamente, una volta che l’evento è ormai noto. In politica ‘era ovvio che avrebbe vinto Trump nel 2016, nessuno era pronto per Hilary Klinton che era una donna’, lo si dice quando ha già vinto. Si dice ‘era lì da vedere’. Lo sappiamo in realtà solo quando succede realmente la cosa. Esempio attacco terroristico del 2001 delle torri di new york, siamo una generazione che è rimasta traumatizzata, c’era la volontà di darsi una spiegazione dell’evento, ci si domandava come fosse stato possibile un atto terroristico così complesso, che per forza era stato preparato per anni; Malcom Gladwell ha scritto un pezzo intitolato ‘connetting the dots’ quindi connettere i puntini, perché per darsi ragione di quella tragedia c’è stata la teoria del ‘si poteva evitare, il governo avrebbe potuto capire quello che sarebbe successo’. Perché vogliamo dirci che ‘si sarebbe potuto?’. Perché rifiutiamo le incertezze. Ci dice che ‘putroppo raramente c’è una storia chiara, almeno fino a dopo che è successo’. Possiamo mettere insieme i pezzi del puzzle solo quando sappiamo quali pezzi guardare, se siamo nell’infinta possibilità di infiniti puzzle, prima non possiamo sapere. Questo è il dramma dell’essere umano che non riesce a vivere nell’incertezza, dobbiamo per forza sapere e giudicare gli altri per dare significato a quello che è successo. In generale possiamo dire che: - I temi della psicologia sociale sono domande comuni a cui tutti gli individui cercano di rispondere, tuttavia la persona comune non risponde a queste domande con imparzialità scientifica - Spesso pensiamo che i risultati degli esperimenti di psicologia sociale siano scontati ma dobbiamo tenere in considerazione: o Effetto hindsight bias o È importante continuare a fare ricerche su cose che già conosciamo perché molte delle cose che consideriamo vere si rivelano poi false dopo che sono state approfondite o La psicologia sociale differentemente dalle persone comuni è una scienza, utilizza un metodo scientifico e conduce esperimenti PRINCIPALI CONTRIBUTI DELLA PSICOLOGIA SOCIALE quelli che vanno oltre il senso comune. Facciamo un esperimento per capire un altro capisaldo della psicologia sociale. uno abbiamo visto essere il bias quindi l’errore del senso di poi, pensare che è ovvio quello che è successo quando è avvenuto il fatto. L’altro è come ci comportiamo con le persone. Esperimento: tizio camminando velocemente per presentarsi ad La scienza è un atto creativo e organizzativo. Possiamo fare un paragone tra scienza e arte. La scienza è l’osservazione dell’ambiente per cercare di organizzare quello che non si sa in modo sensato e significativo. L’arte invece riorganizza ciò che si conosce per cercare qualcosa di nuovo. È l’inverso. La scienza ha un livello di creatività altissimo che generalmente non viene considerato, inventiamo delle variabili per rispondere a una domanda che l’osservazione della realtà ci ha messo davanti. Un altro aspetto da considerare è che incontreremo sempre nella nostra vita delle persone o degli articoli su quotidiani o riviste o documentari che ci faranno pensare che si è trovata la risposta a qualcosa che ci sta a cuore. Esempio: in qualità di scienziati sociali dovremo avere gli strumenti per capire se quello che ci stanno raccontando è vero o falso. Per esempio, leggiamo un articolo che ci dice una notizia, studio sulle carceri a new york, il problema delle carceri è che le persone che escono sono recidive, hanno un’alta probabilità di tornare in carcere, per cui andare in carcere non serve a niente. Ci si domanda quindi cosa serve andare in carcere. È un problema che sta a cuore a tutti i governi. Si legge che tutti i detenuti che hanno studiato in carcere, hanno fatto uno studio di livello secondario e preso un diploma, queste persone quando sono uscite non sono stati recidivi. Quindi, studiare in carcere ha fatto sì che la recidività dei detenuti diminuisca. Questo può essere perché è aumentata la nostra autostima, ci sappiamo relazionare meglio… ha avuto un ruolo educativo di reinserimento nella società. È una buona notizia. Ci sono dei dati e li analizziamo. Qual è il problema in questo report? È un report reale del new york times del 1951. Perché non possiamo accettare questi risultati come validi? Il punto centrale è che magari alcuni non hanno aderito allo studio. Non conosciamo la motivazione dell’adesione o non adesione allo studio. Possono avere una ragione per cui hanno sempre voluto studiare ma non potevano. Alcuni sono stati obbligati a studiare. Quando abbiamo una grossa variabilità dei fattori, cosa possiamo fare? Ogni individuo è diverso dall’altro in moltissimi aspetti. Come facciamo allora a credere a dei dati quando c’è una tale variabilità nella popolazione? Come facciamo a mettere sotto il microscopio solo quello che vogliamo sapere? È la cosa più importante nella ricerca scientifica. Dobbiamo fare due cose: 1) randomizzare i soggetti e 2) creare condizioni di controllo. Poi possiamo determinare un rapporto causa-effetto. Dobbiamo avere i risultati determinati da varie situazioni. Bisogna nell’esempio che dicevamo andare in carcere e assegnare casualmente un gruppo al gruppo studio, l’altra parte dei detenuti viene assegnata al gruppo non studio, in modo che la chance che tu sia il volenteroso che abbiamo sempre voluto studiare vada in modo simile/ugualmente probabile in entrambi i gruppi, lo stesso vale per la condizione opposta, si eliminano in questo modo gli effetti del tuo vissuto, dell’essere individuo unico, sono ora valide solo le variabili che ci interessano. È importante fare questo perché la prima domanda davanti a un risultato del genere è ‘chi si è iscritto?’, si sono iscritti chi ha sempre voluto studiare, è probabile che queste persone erano propense a non avere recidività, anche senza lo studio, dobbiamo essere certi che sia solo lo studio a determinare la non recidività. La randomizzazione è fondamentale, questa porta al controllo delle variabili. Il controllo è uno dei maggiori vantaggi degli esperimenti; negli esperimenti infatti è possibile controllare l’ambiente e le variabili in modo che gli effetti di ogni variabile possano essere studiati con precisione. La randomizzazione è l’elemento che costituisce la differenza fondamentale tra il metodo sperimentale e gli approcci non sperimentali. La randomizzazione è così importante perché tutte le variabili che non possono essere controllate completamente, vengono distribuite casualmente tra le varie condizioni e, in questo modo, hanno scarsissime possibilità di influenzare sistematicamente i risultati. Randomizzazione: i partecipanti vengono assegnati casualmente a diverse condizioni sperimentali, ovvero ogni partecipante ha le stesse possibilità di essere assegnato a una qualsiasi delle condizioni previste dallo studio. Cose fondamentali da ricordare: - Variabile indipendente: sono le cause che si possono ipotizzare, esempio del buon samaritano: quello che avevano in mente (causa interna all’individuo), livello di fretta (causa esterna all’individuo). Sono quelle che stanno dietro e poi si scende a cascata. In un grafico vengono messe in alto. - Variabili dipendenti: sono quelle che mi permettono di misurare le variabili indipendenti, è ciò che è misurato, è l’effetto, è ciò che è misurato, è l’effetto. Indipendenti: cause, dipendenti: effetto. La randomizzazione avviene nella scelta degli individui che fanno parte dei gruppi. La randomizzazione è a priori. Abbiamo i detenuti e a sorte vengono assegnati a un gruppo piuttosto che all’altro. randomizzazione = assegnazione casuale, random. Esempio altro problema che abbiamo nella comunicazione dei dati scientifici nella comunità non scientifica è confondere una correlazione con una relazione causa-effetto. La correlazione molto spesso equivale a un’osservazione. La correlazione non mi dà la spiegazione del perché qualcosa succeda. Esempio di correlazione di cui sentiamo sempre parlare: il livello di tempo in cui i bambini, gli studenti spendono a giocare videogiochi violenti o guardare film violenti o essere coinvolti in attività in cui si è esposti alla violenze e si è familiari con questo comportamento causa un comportamento antisociali ex si diventa dei bulli, si risponde male, non si studia… la violenza nei media crea persone violente, aggressive o comportamenti non benevoli. Questo è vero o falso? Non è né vero né falso, dipende. Lo stesso vale per la situazione opposta, esempio leggere solo commedie romantiche ti fa diventare leggero, romantico, credere nell’amore. Sì se vai a vedere un film dei grandi amori esci e sei speranzosa di avere questa cosa per te. Se vai a vedere un film di omicidi e inganni esci e sei un po’ depresso. Ma quanto dura questo senso? Qualche minuto? Qualche ora? Qualche giorno? Non di più. dobbiamo capire l’esposizione. Per quanto tempo il bambino che ha fatto un gioco violento ha mostrato un comportamento violento. Generalmente in questi esperimenti si fa giocare un bambino a un video gioco, poi gli si dà una spallata e si vede la reazione del bambino, sulla base di questo si stabiliscono le relazioni. Di solito gli esperimenti di questo genere registrano la risposta subito dopo. La domanda che ci si fa è: si c’è correlazione, ma per quale ragione? Esempio: abbiamo un bambino che ogni giorno gioco alla playstation dalle 4 alle 8 ore, questo sicuramente ha un impatto sul suo comportamento, ma la domanda è perché il bambino gioca così tanto? Perché non esce? Perché la situazione familiare sarà particolare, allora va studiata quella. Hanno fatto uno studio sull’impatto dello stare collegati ai social network che sicuramente ha un impatto, ma dobbiamo valutare anche le altre opzioni. Non possiamo trarre conclusioni sulla causa di un comportamento quando abbiamo solo delle correlazioni. Esempio per capire cos’è una correlazione. Ci sono studi che dicono che le persone che sono felici, le persone che si dicono essere felici sono quelle sposate. Le persone che sono sposate dicono di essere felici più delle persone che non sono sposate. Questo vuol dire che essere sposati implica che il matrimonio crea la felicità? Essere sposati crea felicità? Che nesso causale c’è tra il matrimonio- essere sposati e la felicità? Sembra che sposarsi induce le persone a essere felici, questa è una direzione, in realtà essendo una correlazione può essere l’inverso, quindi la felicità crea il matrimonio. Potrebbe essere che le persone che sono già felici sono quelle prone ad andar fuori, conoscere gente, innamorarsi e sposarsi, per cui si sposano soprattutto le persone felici, quindi è ovvio che le persone sposate dicono di essere felici, ma non è il matrimonio che crea le persone felici. Quindi non dobbiamo fermarci all’osservazione di correlazioni. Importante è l’interpretazione dei dati. Quindi, davanti a uno studio del genere non possiamo dire che sposarsi fa diventare felici. Non stiamo capendo la causa del comportamento essere felici. È solo un’interpretazione dei dati. Quando ascoltiamo i politici questo è quello che raccontano. Quando abbiamo questa doppia possibilità, direzionalità della correlazione si può dire qualsiasi cosa. METODOLOGIA SPERIMENTALE È la seconda parte di fare ricerca in psicologia. Si concentra sui livelli di analisi causale. Nel libro ci parla di livelli di analisi facendo riferimento a: - Livello descrittivo: osserviamo quello che succede e si raccolgono dati, le indagini descrittive possono essere svolte mediante l’osservazione, cioè la raccolta dei dati attraverso la vita e i propri sensi, mediante questionari e ricerche d’archivio. Un’analisi descrittiva può costituire il primo approccio a un’area di ricerca e può aiutare ad arrivare a definizioni operative dei concetti maggiormente accurate. - Livello correlazionale: che correlazione c’è? È un tipo di ricerca quindi che ha lo scopo di studiare come ciò che accade a livello comportamentale, cognitivo ed emotivo, è in relazione con altri fattori e condizioni (dimensioni e variabili). È pratica e flessibile. Si possono studiare contemporaneamente le correlazioni tra molte variabili attraverso misure differenti. Si può coinvolgere un grosso numero di partecipanti, soprattutto se si utilizzano questionari. Tuttavia, come dicevamo, l’esistenza di una correlazione tra due variabili non costituisce una prova sull’esistenza di una relazione causale tra le due variabili che si stanno considerando. La qualità delle indagini correlazionali in ultima analisi è strettamente legata alla qualità delle misure utilizzate, oltre che a un buon campionamento. - Livello sperimentale: per rispondere a una domanda del genere dobbiamo fare degli esperimenti con dei controlli, ci sono molte variabili quindi sono difficili da fare. un’indagine sperimentale è caratterizzata da 3 elementi: 1) presenza di una manipolazione sperimentale, ossia la creazione di due o più condizioni sperimentali che riflettono i diversi livelli della variabile indipendente; nella condizione più semplice abbiamo una condizione sperimentale in cui i partecipanti sono sottoposti a un certo trattamento e un gruppo di controllo ove i partecipanti non sono sottoposti ad alcun tipo di trattamento. 2) presenza di un controllo, 3) randomizzazione dei partecipanti allo studio. I livelli di analisi causale/di indagine descrittiva sono i diversi livelli con cui si può studiare un fenomeno, sono le diverse tipologie di studio che si possono effettuare. L’impianto di studio che scegliamo di mettere in atto dipende dallo scopo della nostra ricerca. Secondo la professoressa il livello di analisi causale è un po’ diverso. Raccontiamo un quadro molto generale di sperimentazione. LIVELLI DI ANALISI CAUSALE. Le cause delle esperienze mentali e del comportamento sono complesse e possono essere analizzate in diversi modi. Il termine livello di analisi è usato in psicologia e in altre discipline e si riferisce al livello o tipo di processo causale che viene analizzato. Il libro parla di livello micro e macro quando si riferiva alla analisi della psicologia sociale – livello micro – e sociologia – livello macro perché si riferisce alla società. Il focus è sul processo causale, non sul livello di analisi. MODELLO CAUSALE. Nell’ambito della psicologia è stato definito da Morton & Frith. Il modello causale è stato descritto per i disordini mentali ex autismo, dislessia, anoressia, antisociale… la cosa più importante è che questo modello è molto semplice, è un framework con 3 linee a cascata in cui abbiamo: il cervello, la cognizione e il comportamento. Cosa intendiamo per cognizione? Questo termine cognizione è tra cervello e comportamento, quello che facciamo. Se sono capace di mettere in atto un comportamento, presupponiamo di avere un cervello che funziona. La persona è costituita da cervello, cognizione e comportamento. L’intelligenza è una parte della cognizione. La cognizione è la mente. Cos’è la mente? Cognizione è come è organizzata la nostra mente, è tutto, è la nostra mente, come è organizzata, l’output del cervello. Cognizione è il software come muovo la parte del cervello, la organizzo in modo che metta in atto un comportamento. Questa è la rivoluzione cognitiva: abbiamo un cervello, una macchina complessa, abbiamo il comportamento che è quello che osserviamo nell’essere umano e come metto insieme questi due livelli di operazione? Attraverso la cognizione. La cognizione organizza e produce l’output. Nella cognizione c’è la consapevolezza, il senso di sé, l’attenzione, i 5 sensi, come organizziamo l’udito, la vista, il linguaggio, il tatto, è proprio l’organizzazione del cervello. È quella cosa che produce l’essere umano dalla consapevolezza, la percezione delle cose, la padronanza… è quello che la psicologia studia. È l’insieme dei processi mentali. La cognizione non è solo una cosa tipica degli esseri umani, tutti gli animali ce l’hanno. La cognizione comprende tutto quello che non vediamo, comprende anche le emozioni, è tutto quello che non possiamo vedere con nessuna tecnica, possiamo solo fare delle inferenze sulla cognizione, possiamo fare delle inferenze guardando parti del cervello con le neuroimmagini e la neurofisiologia, ma non vediamo niente che ci faccia dire che abbiamo la cognizione. Anche gli animali hanno la cognizione perché hanno un situazione, che influiscono la gelosia dell’individuo maschio-femmina? Come si esprime la gelosia in una coppia sposata/fidanzata/giovane/anziana, ossia qual è l’influenza di come si è all’interno della coppia? LEZIONE 3 Nelle scorse lezioni abbiamo fatto la prima parte del libro. Con questa lezione iniziamo la seconda parte del libro. Parliamo da adesso in poi dei fondamenti della psicologia sociale, che cos’è, che domande ci siamo fatti e come rispondere a queste domande. Capitolo 3: LA COGNIZIONE SOCIALE. COME DIAMO SENSO AL MONDO SOCIALE (ossia al mondo che ci circonda che è abitato da persone)? il significato di fare ricerca sulla cognizione sociale è legato a questa domanda. Oggi parliamo di - Definizione di cognizione sociale - Complessità del mondo sociale cioè che siamo vittime di una continua distorsione della realtà, non esiste una realtà oggettiva ma solo una soggettiva e della variabilità di quello che si percepisce tra individuo e individuo e all’interno dello stesso individuo - Il libro parla poco della storia della cognizione sociale, lei espande il discorso. Quindi vedremo modelli teorici di cognizione sociale nella storia, le domande che sono state fatte sono come diamo senso al mondo? Siamo economizzatori delle risorse cognitive? Siamo razionali o no? che strategie usiamo? (queste sono le euristiche cognitive, di cui parleremo nella prossima lezione) COGNIZIONE SOCIALE: definizione: sono i processi mentali che consentono all’individuo di comprendere i pensieri e le azioni degli altri e di far sì che i propri pensieri e le proprie azioni vengano compresi dagli altri. Per cui ci sono io, gli altri, gli altri come mi vedono ma anche io come vedo loro. La cognizione sociale analizza l’individuo immerso nel contesto sociale alle prese con la raccolta, l’elaborazione e l’interpretazione di informazioni. Studia le strutture e i processi che permettono alle persone di pensare e di dare un senso a sé stesse, agli altri e alle situazioni sociali. La cognizione è un’attività mentale attraverso cui si elaborano, comprendono e memorizzano informazioni percettive e attraverso cui si programma e pianifica ciò che si dice e si fa. Parliamo di cognizione sociale perché questo paradigma si focalizza su alcuni processi cognitivi (attenzione, memoria, ragionamento, inferenze, elaborazione di informazioni categorizzazione). Tuttavia, non bastano in questo contesto i processi cognitivi, nel senso che tali processi cognitivi vengono inseriti nell’ottica sociale, ossia questi ci permettono la percezione e l’elaborazione di un giudizio sugli altri, sono influenzati dal contesto sociale in cui avvengono, forgiano il nostro comportamento nei confronti di altri esseri umani. La cognizione sociale non si occupa esclusivamente di processi cognitivi, ma anche di fattori motivazionali, di risposte emotive e comportamentali, oltre che della loro interazione. La cognizione sociale si è occupata di investigare come le persone percepiscono sé stesse, gli altri individui durante le relazioni interpersonali, le categorie sociali. All’interno della cognizione sociale ci sono diverse componenti (il libro parla di livelli, il livello dà un senso di oligarchia, chi viene prima chi viene dopo, quindi la prof preferisce la parola componente). All’interno della cognizione sociale i componenti più importanti sono: - Processi impliciti/automatici, cioè automatici, non si ha controllo, vengono senza pensarci, sono veloci, relativamente inflessibili, essendo veloci non hanno molta flessibilità, avvengono senza consapevolezza; si attivano in modo non intenzionale e non sono consapevoli , richiedono una quantità ridotta di risorse cognitive, non possono essere interrotti volontariamente, generano impressioni che potremmo definire intuitive - Processi espliciti/intenzionali sono deliberati, intenzionali, richiedono sforzo mentale, quindi contrariamente agli automatici sono lenti ma anche flessibili perché ho il controllo su questi, li posso manipolare, trasformare, gestire, richiedono sforzo mentale; sono attivati e terminati consapevolmente, richiedono una quantità considerevole di risorse cognitive e svolgono le loro funzioni sotto il controllo volontario dell’individuo - Processi bottom up sono processi dal basso verso l’alto, la percezione e l’elaborazione del giudizio si basa su informazioni sugli altri e comportamenti direttamente osservabili dal soggetto, non su informazioni pregresse. Sono processi utili nel caso in cui la persona si trovi in un contesto nuovo o di fronte a persone non conosciute - Processi top down dall’alto verso il basso, in questo caso la percezione e l’elaborazione del giudizio avviene sulla base di schemi, strutture cognitive interne formate sulla base di conoscenze ed esperienze passate che permettono all’individuo di processare i dati provenienti dall’esterno con maggiore efficienze. Esempi: camminiamo in giro e vediamo una persona davanti a noi, cosa guardiamo? in una persona vediamo i segnali sociali (sguardo, espressioni del viso, postura -come sta in piedi, come cammina-, vestito, come è pettinato). Questi sono segnali che il libro le chiama informazioni. Processiamo le informazioni bottom up: dalla percezione (occhi, orecchie…) e li elaboriamo, sono segnali automatici. Dopo abbiamo da decidere cosa fare davanti a questa persona, per cui abbiamo un processo top down che controlliamo, lo pensiamo, valutiamo e tipicamente ci domandiamo ‘mi fido? O non mi fido? Quali segnali sono veri? Quali falsi? Cosa devo fare? Devo scappare? Devo stare ferma?’, decisione sociale rispetto a questa persona che sta davanti a me. - Conoscenza sociale è un’altra componente della cognizione sociale, anch’essa è intenzionale, è riflettere sulla propria conoscenza, è una conoscenza sul sé, quindi chi sono io, che narrativa ho di me stesso, che cosa devo trasmettere agli altri rispetto chi sono, ma anche che tipo di informazione ricevo dagli altri per essere chi sono. Il mondo sociale quindi è complesso. Quotidianamente cerchiamo di dare un senso a questa complessità. Come facciamo? Come riusciamo a dare senso al mondo sociale? - Dobbiamo percepire segnali dalle persone che sono attorno a noi - decodificarli e valutarli - decidere quali segnali inviare. Nell’elaborare le informazioni sociali facciamo riferimento a dei filtri cognitivi/principi di elaborazione cognitiva/principi che regolano i nostri processi cognitivi: - Principio della accessibilità ovvero più le informazioni sono accessibili e più esercitano un’influenza sulla nostra vita mentale, sul nostro modo di percepire gli altri e di interpretare la realtà sociale. un’informazione è accessibile perché è in grado di attirare la nostra attenzione in virtù della salienza o della rarità o perché è particolarmente presente nella nostra memoria. Quindi è che cosa mi viene in mente più velocemente quando qualcuno si avvicina o mi parla, e quanto saliente è il dato che io ho. Esempio: viene in classe uno studente vestito di piume e luccichini, assumo che sia anticomformista per cui gli do un compito per cui lui rappresenterà la parte creativa. È un filtro perché questo dato è particolare e salta all’occhio per cui mi fa pensare e attivare altre mie esperienze precedenti. - Altro aspetto da considerare è che tipo di elaborazione di questi dati userò/principio della profondità di elaborazione. Possiamo elaborare le informazioni in maniera automatica o in modo esplicito intenzionale, ma anche velocemente o lentamente. Altro aspetto è la superficialità o profondità dell’elaborazione. Se non vogliamo troppo pensare, consumare tempo e risorse cognitive faremo un’elaborazione veloce ma superficiale oppure possiamo scegliere di fare un’elaborazione lenta e approfondita. Gli individui, quando possono tendono a risparmiare energie cognitive e ad affidarsi a un’elaborazione superficiale e il più possibile rapida delle informazioni, a utilizzare processi automatici e non controllati come ad esempio le euristiche. Le persone intraprendono dei percorsi di elaborazione più profondi, controllati e dispendiosi cognitivamente quando le loro aspettative e i loro schemi pregressi vengono contraddetti oppure quando hanno particolari motivazioni a farlo. Abbiamo detto che percepiamo e ricordiamo gli eventi attraverso il principio di accessibilità. Poi giudichiamo gli eventi sulla base delle proprie impressioni, emozioni ed intuizioni (altro filtro per decodificare) e si creano atteggiamenti. Gli eventi possono essere spiegati in due modi diversi: o attribuendoli a situazioni, contesti, situazioni particolari in cui la persona si trova o altre volte li interpretiamo come effetto della personalità della persona. Noi osserviamo quello che una persona fa e automaticamente ci creiamo delle aspettative, quindi come si comporterà domani, tra 10 minuti, tra un anno. Ci creiamo una aspettativa, facciamo delle predizioni sul comportamento futuro. Spesso facciamo accadere quello che ci aspettiamo che accada, questa si chiama profezia che si autoavvera, è un effetto importante che vedremo in modo approfondito. Siamo animali sociali, continuiamo a interpretare il mondo che ci sta attorno. Il modo in cui prendiamo decisioni importanti o meno dipende dalla realtà che ci circonda o dal modo in cui interpretiamo la realtà? La psicologia della cognizione sociale ci insegna che noi rappresentiamo sempre la realtà. Abbiamo una mappa della realtà, uno schema della realtà o semplicemente abbiamo una rappresentazione già acquisita. Questa idea che la realtà di per sé non esiste, ma esistono le persone che la rappresentano non è una scoperta della psicologia sociale. Il filosofo greco del 500 ac Eraclito da efeso ‘tutto scorre non ci si può immergere due volte nello stesso fiume’ questo vuol dire che la realtà non è fissa, non c’è un momento fisso, un t1 e io dentro, l’individuo dentro fisso, per cui non c’è mai la stessa realtà. Cosa vuol dire? Esiste la variabilità dell’individuo. La variabilità dell’individuo: la stessa persona varia come comportamento in due situazioni quasi identiche, perché l’individuo non è mai sempre sé stesso. C’è variabilità anche tra diversi individui: due persone diverse possono interpretare la stessa situazione in modi diversi. Esempio: due persone incontrano un isalamico gentile. Incontriamo una persona che indossa gli abiti islamici. Questa persona in un contesto lavorativo o sociale si comporta in modo molto gentile con noi, come viene giudicato? Ci sono due persone diverse, tizio e caio. Tizio utilizza un processo bottom up, quello che vede, che percepisce, quello che gli dice l’esperienza adesso, dice che è gentile. Caio utilizza un processo top down, ha un’idea, uno schema, un’assunzione su chi sono gli islamici, pensa che sia gentile ma non genuino, da un giudizio stereotipico. Lo stesso dato viene interpretato, elaborato in modo completamente diverso, uno utilizza un processo bottom up, uno un processo top down. Uno è filtrato da stereotipi, l’altro si ferma alla percezione del qui e adesso. Esercizio. Pensiamo al nostro comportamento e rispondiamo a questa domanda: siamo la stessa persona con tutte le persone presenti nella nostra vita? + elenco dei ruoli sociali che abbiamo. Pensiamo a noi stessi come persona sociale. Le persone che ci conoscono sarebbero tutte d’accordo su quello che ci riguarda? Di quanto siamo consapevoli di questa variabilità di comportamenti che abbiamo con persone diverse, in diverse situazioni, in diversi ruoli? Anche noi stessi ci comportiamo diversamente in situazioni e con persone diverse. Questo ci fa vedere la complessità del mondo sociale. esempio sulla prof: donna italiana che vive all’estero. Stereotipi: le piace la pasta, l’espresso forte, le piace vestirsi elegante, è cattolica…. Talvolta nella vita si è adeguata alle aspettative dell’altro, a cena si inventa che le piace il cibo, la pasta. In realtà mangia queste cose raramente e neanche le interessa. Quindi lei cambia di fronte a un italiano o di fronte a uno straniero. Cambia se è di fronte a una mamma o a una persona che non ha mai avuto figli, questo perché si tiene sempre conto di chi è l’altro. altro motivo è perché ho una percezione di me stessa, un modello di me stessa, mi attribuisco delle caratteristiche che cerco di mantenerle flessibile nei miei rapporti sociali. Questi sono i fattori che determinano il mio comportamento sociale. Per cui non è un problema essere diversi nelle varie situazioni, bisogna essere animali sociali e non essere rigidi. Modulo la mia conversazione rispetto a con chi sto parlando per non offendere l’altro, per non creare domande che Abbiamo parlato di razionalità. Quindi si può parlare anche di irrazionalità. È l’altro lato della medaglia. Dobbiamo tenere conto che esiste una tensione e stare nella tensione, scommettere, come abbiamo visto nel caso di Linda. Quindi, qual è il miglior approccio da animali sociali che siamo? Capire i nostri limiti cognitivi, non possiamo elaborare tutte le informazioni sociali che abbiamo con correttezza e coerenza logica tutti i dati sociali che abbiamo. Possiamo sapere che non lo stiamo facendo. Questo significa che la conoscenza ci permette di non rimanere schiavi dei nostri limiti cognitivi. Non dobbiamo dire ‘eh, siamo fatti così, eh, è la mia personalità’. Dobbiamo conoscere il comportamento nostro e degli altri e dei limiti. In modo che, come dice Stick negli anni 90 ‘è possibile poter migliorare le modalità cognitive tanto quanto lo sia il poter migliorare i mezzi di trasporto o di comunicazione (qualunque altra cosa)’. Non fermiamoci mai al ‘eh siamo fatti così’. Si ritorna al concetto di razionalità. Il concetto di razionalità è un concetto elusivo. I modelli di cognizione sociale comunque si sono sempre messi a confronto con questo concetto. Quando diamo senso al mondo sociale che ci circonda lo facciamo in modo razionale o no? in modo efficace o no? come lo facciamo? Ci sono diversi esempi nella storia. Bentham primo filosofo utilitarista del XVIII secolo. Bentham pensava che per essere felici l’essere umano in fondo fa dei calcoli ben precisi, si fanno i pro e contro degli aspetti su cui decidere, poi si sommano vantaggi e svantaggi e si prende una decisione. Molte persone lo fanno ancora. Si basa sul concetto di razionalità ideale, cosa sono vantaggi e svantaggi, è un puro calcolo, non c’è motivazione, non ci sono altri aspetti, oltre a un’elaborazione dei dati, è quello che farebbe un computer, è semplicemente un’elaborazione dei dati. Altro esempio. Prendiamola alla lontana. Siamo elaboratori di informazioni, come pensiamo quando ci sono dei dati non sociali? Come prendiamo decisioni? Facciamo degli esempi e vediamo l’impatto che ha la nostra percezione, quello che vediamo, rispetto a quello che vediamo rispetto alle decisioni che prendiamo. Immagine su slide con due tavoli, quale va meglio nel nostro salotto. Ci domandiamo quale dei due tavoli andrebbe meglio per il nostro salotto? I tavolini sono uguali. Si tratta di una illusione ottica, è il famoso ‘turning table illusion’. L’illusione ottica, uditiva, del tatto è costante in qualunque decisione. Tutto il marketing è basato sull’illusione. La persuasione si basa su illusioni. Per cui, il nostro cervello non è un grande elaboratore. Qui ha dovuto fare un top down, per capire che sono uguali bisogna fare un’elaborazione top down per non cadere nell’illusione percettiva. Bisogna fare un’elaborazione top down per non avere un’illusione percettiva. Il libro ci fa l’esempio di un triangolo di kanizca (p.23). Come elabora il cervello la causalità vs casualità. Nella slide c’è un’immagine di Londra, sono immagini reali, vere, bombardamenti tedeschi durante la II guerra mondiale, il governo aveva la mappa di dove cadevano le bombe dei tedeschi in città. Si pensava che ci fosse una decisione precisa su dove bombardare, che ci fosse una ragione precisa del bombardamento perché la concentrazione sembra più vicino al Tamigi, dove ci sono i ministeri ossia il centro della città, sembrava che i tedeschi mirassero molto bene. Questo giudizio che abbiamo detto deriva dal fatto che quando osserviamo quest’immagine siamo abituati a dividerla in quadranti con linee perpendicolari. Ma non siamo abituati a dividere un’immagine secondo le diagonali. Se dividiamo diagonalmente vediamo che le bombe cadono casualmente. Per cui non sappiamo effettivamente che strategia avessero i tedeschi. Non è un’illusione, ma una decisione su come fare, ma la prima strategia ci sembrava ovvia. Questo ci serve per fare un parallelismo per vedere come noi interpretiamo i dati non sociali e i dati sociali. Torniamo a come valutiamo gli altri ex impiegato islamico gentile o terrorista. Rivediamo i modelli della cognizione sociale che avevamo accennato precedentemente. Festinger l’essere umano usa l’autogiusitificazione in modo compulsivo. Se l’essere umano è bombardato continuamente da informazioni, da dati e deve prendere continuamente delle decisioni a livello sociale, questo vuol dire che deve sempre giustificare la decisione che ha preso, è in continua modalità di autogiustificazione. Il libro ci dice così ‘le principali teorie socio cognitive hanno proposto il modello dell’agente come ricercatore di coerenza’. Festinger in realtà parla di autogiustificazione non di coerenza, sottolinea l’importanza nel nostro comportamento sociale e non di fare scelte e dopo averle fatte sentire di aver fatto la scelta giusta, non posso pensare di aver fatto una scelta sbagliata. Esempio di Festinger del 57: evento storico reale: in California c’erano molte sette, erano gli anni che si sarebbe vista una cometa, il passaggio della cometa evocava grande interesse, significato dell’universo, del cosmo, umani piccoli universo infinito. La setta pensava che potessero salire sulla cometa e salvarsi (forse cometa di halley). Sono andati a comprare un potente telescopio per vederla e salire sulla cometa, mettersi in postazione e salire. Passa la cometa. Nessuno viene preso dalla cometa e portato nello spazio, per cui prendono il telescopio e vanno a restituirlo. Chiedono perché lo restituiscono, perché la cometa non è passata a prenderci, per cui vuol dire che il telescopio funziona male, è sbagliato. Continua autogiustificazione. Altro esempio: al supermercato c’è un’esposizione di tanti elettrodomestici, ci chiedono di dare un voto da 0 a 10 per ogni elettrodomestico, assegnamo i voti, ci regalano uno di questi elettrodomestici a cui avevamo assegnato un certo lavoro, ci chiedono di riassegnare dei voti, adesso assegnamo il massimo punteggio a quello che abbiamo ricevuto. Altro esempio, giustificazioni morali, è un qualcosa che purtroppo succede, quando c’è un abuso domestico e interroghiamo l’abusatore lo stereotipizziamo, se chiediamo perché ‘lei ha causato la mia rabbia’, giustifico la scelta di aver picchiato la moglie, lei è colpevole, io ho reagito, lei l’ha provocato. Questo succede storicamente nelle guerre i governi giustificano gli attacchi militari perché loro si sono comportati male. Ricapitolando: l’essere è compulsivo nel doversi giustificare per convincersi di fare scelte giuste. La premessa è: io sono razionale, onesto e buono. La persona si convince di aver ragione, lo facciamo per sopravvivere. In parte va bene autogiustificarsi, ma comprendere il limite. Sono in generale buono, ma oggi sono stato cattivo. Sono funzionamenti tipici del nostro comportamento. L’autogiustificazione ci porta la tranquillità dopo aver preso la nostra decisione, ma non ci fa vedere i nostri errori. Oscura la realtà, distorce i fatti, non ci fa raccogliere le informazioni in modo completo, ci fermiamo. Quando la decisione è irrevocabile innesca il desiderio di fare proseliti ‘anche tu faresti così vero?’. Non ci fa cambiare abitudini dannose, se ogni giorno dico il mio gatto e dico che è colpa sua non cambiamo mai, non ci rendiamo conto che diventiamo violenti. Aumenta la distanza tra gli atteggiamenti di diverse persone, io sono sempre nel giusto, gli altri sono sempre sbagliati. È particolarmente dannoso questo fatto di autogiustificarsi, questo perché il sentirsi nel giusto vuol dire io sono razionale, ma abbiamo detto che la razionalità non esiste, esiste modificare le credenza. La teoria di Festinger è quella della DISSONANZA COGNITIVA. La DISSONANZA COGNITIVA è uno stato di tensione/disagio che si verifica quando un individuo possiede contemporaneamente due cognizioni (esempio idee, atteggiamenti, credenze, emozioni), una è incorente/dissonante con l’altra. Esempio: mi piace Giulio, sono innamorata di Giulio, però ha opinioni diverse dalle mie, ha una diversa idea politica dalla mia/mi piace Giulio ma Giulio mi fa anche soffrire tanto perché vuole che io stia in casa alla domenica con lui a vedere la televisione ma a me non importa del calcio. Sono esempi di dissonanza. Sono situazioni tipiche della vita. Come si fa in casi di dissonanza cognitiva? Come mi comporto con Giulio? O cambio opinione politica o smetto di pensare che Giulio mi piace o smetto di pormi il problema. Qualcuno dice che anche Giulio potrebbe cambiare e venirmi incontro. Comunque tutto si gioca sul cambiare credenze. Il focus è: si cerca sempre di essere in equilibrio con le proprie credenze e questo è uno sforzo continuo. È un continuo cambiare idee, adeguarsi, giustificare la propria scelta. Esempio: se sono innamorata di Giulio e spero che lui cambi partito sto facendo una scommessa forte sull’altro, se dopo due anni che stiamo insieme lui comincia a giudicare tutti i miei amici, la mia relazione con Giulio peggiora, devo giustificarmi, perché sono stata anni con Giulio e lui non cambia. In ogni momento quindi ci giustifichiamo per la nostra scelta. Ogni scelta implica una dissonanza cognitiva. Perché? Perché l’alternativa che è stata scelta raramente è tutta positiva, così come quella che non è stata scelta raramente è tutta negativa. Post decisione si è sempre un po’ in dissonanza. Ci si chiede sempre ‘ma ho fatto bene?’, non lo so. Questa è la dissonanza post decisione. La dissonanza post decisione viene ridotta con l’aumento della piacevolezza dell’alternativa che si sceglie e la svalutazione dell’alternativa scartata. Se nell’esempio di prima abbiamo scelto di stare con Giulio, Giulio è veramente una persona per cui ne vale la pena. Se abbiamo scelto di non stare con Giulio = votare quel partito era veramente da pazzi. Si passa la vita ad alternare momenti di dissonanza cognitiva. Cosa facciamo allora del concetto di razionalità? In definitiva, raccontando di quello che facciamo quando prendiamo una decisione abbiamo capito che non possiamo pensare veramente di essere sempre razionali o sempre dei pazzi scatenati (ci può essere anche l’altra parte della personalità che non ha mai fatto niente di giusto). La teoria della dissonanza sottolinea come gli esseri umani non possono essere razionali ma cercano di essere razionalizzanti, cioè si mettono nel processo di modificare le credenze, generarne di nuove e modificarle perché sono sempre motivati a credere di essere nel giusto, per cui è abbastanza pensare alla motivazione di essere razionali, giusti e intelligenti. Non siamo razionali ma siamo razionalizzanti. È una definizione che è sempre piaciuta alla prof. Anni 50: si ritorna a togliere dal focus su come decidono le persone si ritorna a togliere l’aspetto motivazionale e si ritorna sugli aspetti cognitivi e di elaborazione dei dati. L’uomo viene definito ‘scienziato ingenuo’ ‘pseudo-scienziato’ dotato di razionalità. ‘scienziato ingenuo’ perché traducono naif scientist in maniera letterale, in realtà vuol dire che non è la sua professione. Il focus comunque è su è dotato di razionalità. In quegli anni c’era tanta enfasi sulla teoria dell’attribuzione causale, causa-effetto, cosa causa il mio comportamento e le mie decisioni. Processo di attribuzione causale: si riferisce al processo cognitivo in atto quando si cerca di comprendere le cause del comportamento di una persona (che è appunto cognizione sociale). Hider è stato il primo a proporre una semplice dicotomia per le spiegazioni del comportamento della gente: queste possono essere 1) attribuzioni interne o 2) attribuzioni esterne. Le attribuzioni in realtà contengono ancora dei processi motivazionali. Per ATTRIBUZIONE INTERNA si intende: la deduzione che una persona si comporta in un certo modo a causa di qualcosa in un certo modo a causa di qualcosa relativo al suo atteggiamento, carattere, personalità. Cause interne. Per ATTRIBUZIONE ESTERNA si intende: la deduzione che una persona si comporta in un certo modo a causa di qualcosa relativo alla situazione in cui si trova (l’ipotesi è che la maggior parte delle persone avrebbe risposto nello stesso modo in quella situazione). Heider + festinger: esistono cause interne e cause esterne, attribuzioni interne ed esterne, motivazionali e situazionali. Negli anni 70 vanno molto di moda i modelli degli pseudoscienziati. Rientra in questa categoria il modello di Kelly. Ha un approccio per rispondere alla domanda delle ragioni del comportamento delle persone con un focus che si concentra sul modo in cui la gente decide tra un’attribuzione interna ed una esterna. Il suo modello detto di ‘co variazione’ afferma che al fine di formare una attribuzione di ciò che ha causato il comportamento di una persona dobbiamo sistematicamente notare il pattern tra la presenza (o assenza) di possibili fattori causali e se il problema persiste. Ritorniamo a quello che diceva bentham nel 18esimo secolo, cioè fare un elenco degli svantaggi e dei vantaggi. Secondo Kelly l’elenco è più complesso, ma si tratta comunque di analizzare la situazione secondo 3 fattori. Kelly ipotizza che quando siamo nel processo di formazione di attribuzione causale raccogliamo info che ci aiuteranno a raggiungere un giudizio. Il suo modello prevede che le persone facciano attribuzioni causali in modo sistematico . Esempio: abbiamo bisogno di una macchina per andare a fare un weekend con un’amica. Il nostro amico ha una macchina e pensiamo di chiedergliela in prestito. L’amica dice no. devo continuare ad essere amica di questa amica o no? Perché ha detto di no? sono io che gli sto antipatico? È lei che è antipatica? È una questione passeggera? Formuliamo tante ipotesi su questa negazione. Non dobbiamo farci delle domande sulla sua personalità, non dobbiamo dire ‘ho sempre saputo che questo era antipatico’, dobbiamo valutare, è molto più complesso capire il suo comportamento. Cosa dobbiamo valutare? Il consenso del suo comportamento: è la co variazione del comportamento tra persone diverse. L’amico presta la macchina ad alcuni suoi amici e ad altri no? amici o alla nostra nuova libertà nel vedere nuove persone rispetto all’ex ragazzo. Utilizziamo il contesto per far apparire migliore o peggiore una persona. Effetto priming: è l’esposizione a uno stimolo anche se in modo sublimale, anche se viene fatto vedere per pochi millisecondi, questo stimolo influenza poi la risposta in momenti successivi. Processo attraverso cui le esperienze recenti o le idee che vengono attivate più di frequente tendono a tornare alla mente con maggiore facilità rendendo più probabile il loro impiego nell’interpretazione del mondo sociale. Bandura ha fatto degli esperimenti interessanti sull’influenza degli oggetti negativi sull’aggressività; si prendevano le stesse situazioni, ma talvolta a un bambino si faceva vedere una pistola, a un altro gruppo invece non si presentava la pistola, poi si facevano domande sulle relazioni sociali con l’altro. i bambini che avevano visto la pistola attivano l’aggressività, gli altri no. per cui il priming attiva un comportamento senza rendersene conto. In psicologia sociale si definisce in modo più complesso, e in particolare si definisce priming un processo attraverso cui le esperienze recenti o le idee che vengono attivate più di frequente tendono a tornare alla mente con maggiore facilità rendendo più probabile il loro impiego nell’interpretazione del mondo sociale. il senso è ho qualche cosa in mente ed è sempre lì e lo utilizzo quando giudico gli altri, quando interpreto il mondo sociale. può avvenire anche solo con le parole. Esempio vivere in una famiglia dove il valore importante è la moralità, come ci si comporta nella nostra comunità. Cresciamo in una famiglia dove le parole onestà, sincerità, aiuto, compassione, carità sono sempre dominanti. Siamo cresciuti in questa famiglia. All’opposto possiamo essere cresciuti in una famiglia dove è molto importante l’impegno, il valore dello studio, il successo. Un’altra famiglia, lavoro, fare sacrifici, impegnarsi per avere uno stipendio, importanza del denaro, del successo. Ogni famiglia ha i suoi valori, trasmette i valori che ci hanno portato nella nostra crescita come adulti. Incontriamo qualcuno di nuovo. Ognuno di noi quando incontra una nuova persona cerca di capire l’altro se ha quei valori che gli sono stati trasmessi dalla famiglia. Se il valore fondante che ci ha dato la nostra famiglia era la moralità, cercheremo innanzitutto di capire se la persona che abbiamo davanti è onesta e sincera. Questo è il priming dello schema di sé, ed è una cosa molto importante. L’effetto priming lo vediamo tutti i giorni in come ci relazioniamo con gli altri. Se qualcuno ci ha trattato in modo maleducato o educato questo ci fa scattare un dato comportamento nei confronti di quella persona. Effetto priming dell’emozione, se qualcuno mi ha fatto arrabbiare la mattina vado in ufficio e la prima frase che la collega mi dice la interpreto malamente perché sono primed a interpretare qualunque intervento degli altri come aggressivo. Il proprio atteggiamento è un priming per il nostro comportamento ex sentirsi giovane, anziano… fondamentale la tecnica del priming e la vediamo tutti i giorni sui social media, le notizie nel nostro feed, sono un aspetto manipolativo per farci creare un’opinione su qualche cosa. Soprattutto in questo periodo siamo condizionati costantemente dai feed delle nostre piattaforme sociali, per cui stiamo attenti come siamo primed. Tutte le notizie ormai sono manipolate emotivamente. Ex ti faccio vedere la polizia che picchia un afroamericano in America e poi parlo di giustizia sociale, vi ho primed in un certo modo. Faccio vedere dei ladri, le rivolte e i saccheggi, poi parliamo di giustizia sociale, a questo punto vediamo la giustizia sociale in modo completamente diverso. Grande connessione della psicologia sociale con il marketing, la pubblicità. È diventata importante anche per prevedere il comportamento delle persone durante la pandemia. Esempio: i politici vorrebbero tanto poter prevedere il comportamento delle persone e non ci stanno riuscendo. In Inghilterra usano la tattica dei lockdown locali in modo da non mettere in ginocchio l’economia locale, il governo investe solo alcune zone particolarmente colpite per dare pacchetti di aiuto e di supporto, manchester ha combattuto contro il governo perché non accettava di essere messa nel pacchetto di rischio più alto perché il pacchetto di supporto non era abbastanza per tamponare la situazione economica, è un gioco politico, non sulla salute o sul benessere economico delle persone, di cosa parliamo, qui si perde in senso di prevedere di cosa le persone sono disposte a fare, le persone non sono disposte a perdere il lavoro, ma sono disposte a vedere morire un certo numero di persone, sono cose che passano in secondo piano rispetto al perdere il lavoro e non avere soldi per mangiare, il governo non riesce più a capire i bisogni delle persone. La psicologia sociale ha sempre a che fare con la previsione del comportamento umano in situazioni nuove, non familiari oppure ambigue, e siamo in un momento storico dove questo è sotto gli occhi di tutti. Parlavamo dell’effetto delle parole, del priming. Citazione di un editore americano ‘i mass media possono anche non riuscire nell’intento di dire alle persone come pensare a qualcosa, ma riescono nell’intento di dare alle persone a che cosa pensare. Il mondo appare diverso agli occhi delle persone e ciò dipende dalla mappa che gli scrittori, i redattori e gli editori creano per i lettori attraverso i loro giornali’. Se leggiamo un certo tipo di notizie, abbiamo l’esperienza del mondo come un posto dove si è assaliti tutti i giorni, dove si perde il lavoro tutti i giorni, tutti stanno male, se leggiamo altre notizie vediamo un altro mondo, di sforzi perché le cose migliorino ecc. esempio: dibattito dei candidati alla presidenza degli USA, le sembrava che fosse inutile che li facessero, sembravano due caricature che si negavano a vicenda, sembravano attori, pensava che i dibattiti dovrebbero essere fatti tra due fazioni politiche variegate e ognuno dice il suo pensiero, così noi decidiamo sulla complessità. Quando ci sono dei dibattiti politici sono delle parole che ci dicono cosa dobbiamo pensare e cosa dobbiamo votare perché sono loro a suggerircelo. Effetto primacy. Sempre scoperto da Ash. Si ottiene quando il giudizio è funzione dell’ordine di presentazione in cui sono esposti gli eventi. Possiamo dire che le prime cose di cui veniamo a conoscenza riguardo a una persona sono anche quelle che condizionano maggiormente la formazione dei nostri giudizi. È l’effetto che fa definire una persona con delle caratteristiche. Viene detto a un gruppo che anna è una ragazza intelligente, critica, impulsiva e invidiosa. A un altro gruppo viene detto che è invidiosa, testarda, impulsiva, critica e intelligente. Sono le stesse definizioni ma in ordine diverso. Se chiediamo ai due gruppi che tipo è anna è la prima definizione che è importante, perché quella definizione non solo è la prima che ti ricordi, ma la prima definizione ha letteralmente cambiato il significato dell’ultima. Il fatto che sia per prima cosa invidiosa ha fatto sì che quell’invidioso abbia un connotato positivo, potrebbe essere invidiosa di chi ha più tempo per fare sport perché lavora in ambienti che richiedono molto lavoro. Quindi vediamo anche qui la manipolazione. Tale effetto influisce sulla formazione delle impressioni per due possibili motivazioni: 1) per il fenomeno del calo dell’attenzione, le persone tendono a prestare meno attenzione agli ultimi elementi di un elenco perché si stancano, quindi tali elementi hanno un minor peso nella formazione del giudizio, 2) i primi elementi dell’elenco servono a creare un’impressione iniziale che verrà utilizzata dall’individuo per interpretare le informazioni successive, sia sminuendo le informazioni contraddittorie sia attraverso piccoli cambiamenti nel significato delle parole che si trovano più in basso nella lista. Effetto diluizione: i giudizi su un argomento sono influenzati dalle informazioni aggiuntive e non pertinenti riguardanti l’argomento . È la tendenza delle informazioni neutre e superflue ad attenuare i giudizi e le impressioni. Esempio: Carlo passa 31 ore alla settimana a studiare in biblioteca, mentre Tommaso passa 31 ore alla settimana a studiare in biblioteca, ha un fratello e due sorelle e va a trovare i nonni ogni mese. Domanda: quale studente ha la media più alta a scuola? Tommaso o Carlo? I soggetti rispondono che Carlo ha la media più alta di Tommaso. Perché? Perché c’è questo effetto? Perché descrivendo Tommaso vengono inserite anche delle distrazioni. Il numero di ore che studiano è lo stesso, sempre 31 ore. Tommaso fa tante altre cose per cui non è concentrato su quello che sta facendo, diversamente da Carlo. Avendo più informazioni di Tommaso, ma informazioni di base circa la sua famiglia, Tommaso diventa uno come noi, un ragazzo normale, non è né troppo bravo, né cattivo. Carlo è più astratto, non riesco a proiettare me stesso. Questa è la ragione per cui i politici mostrano la loro quotidianità, lo fanno per far vedere che sono uno di noi, per cui si occupano dei nostri interessi e lavorano per noi. Un altro effetto importante relativo al contesto è l’effetto alone, è molto comune, è l’effetto per cui una definizione, caratterizzazione di una persona o positiva o negativa, ha un effetto generale su tutto il resto. È stato studiato da un filone di ricerca che si è occupato di indagare gli effetti che l’aspetto delle persone ed elementi superficiali immediatamente osservabili hanno sulla formazione delle impressioni e sul giudizio sociale. Per esempio, giulia è intelligente e simpatica o intelligente e bella, l’effetto alone su chi vede e deve giudicare giulia è che sia tutta positiva, è bella, intelligente, caritatevole, buona con gli altri… avviene l’opposto se descriviamo la persona con una caratteristica negativa. Esempio: dovresti conoscere Carlo, è divorziato e lavora nell’ambito no profit in un’associazione che si occupa di aiutare bambini con difficoltà cognitive. Pensiamo che Carlo è divorziato, ha cambiato valori nella sua vita e adesso si vuole occupare di qualcosa di socialmente rilevante. Ma possiamo anche pensare che Carlo abbia avuto un brutto divorzio con la moglie, l’ha tradita per cui adesso deve ricostruire un personaggio buono e caritatevole perché ne ha fatte di ogni alla moglie. L’effetto alone è determinato se l’enfasi della persona che ti dice chi è Carlo è sul fatto che si sia divorziato e darti i dettagli del divorzio o quanto è buono e socialmente coinvolto con le persone bisognose. Altro effetto molto interessante che è legato alla percezione del sé è un effetto che è fonte di grandi litigi nelle famiglie, nei posti di lavoro, nelle coppie, è un effetto ed è un errore, un falso, è un po’ come l’insight bias. Parliamo dell’effetto del falso consenso. È quando si dice ‘tutti mi danno ragione, non fare così, tu sei nel torto e io ho ragione perché tutti fanno così’. Tutti nella tua percezione sociale. la motivazione per sentirci nel giusto è che tutti gli altri fanno come me o farebbero come me. Dobbiamo avere questa certezza. Noi nell’analizzare e interpretare i dati sociali tendiamo non solo a sovrapporre la rappresentazione di noi stessi e delle persone a noi vicine, ma siamo anche portati a utilizzare lo schema di noi stessi come punto di riferimento egocentrico per definire gli altri. Tendiamo in modo inappropriato a pensare che gli altri la pensino come noi, si comportino come noi, abbiano i nostri valori e le nostre aspirazioni. Esempio: marito che dice alla moglie ‘ma esci ancora stasera con le amiche?’’si perché?’’sono l’unico marito che fa uscire la moglie e lascia il marito da solo a casa’. Ci si paragona agli altri. Lo leghiamo al fatto che la motivazione per prendere decisioni sociali ha come obiettivi sentirsi nel sicuro, non avere più l’incertezza, dobbiamo avere il senso che tutti si comportano come sé. lo possiamo vedere anche nelle aspettative tra le coppie, fare le vacanze insieme, smettere di lavorare e fare figli… dobbiamo renderci conto che si tratta di una falsa percezione, tutti gli altri fanno così, tutti quelli che scegli tu supportano la tua idea. È importante capire che non c’è la verità, sono prospettive diverse e tutte sono valide. Vediamo le euristiche. Cosa vuol dire euristiche? Dal greco trovare, cercare, sono scorciatoie mentali/scorciatoie del pensiero, vuol dire che cerchiamo di trovare soluzioni che siano soddisfacenti per uno scopo preciso. Quindi sono scorciatoie mentali a cui le persone ricorrono per elaborare giudizi in modo rapido ed efficace. Si ricorre alle euristiche quando dobbiamo elaborare giudizi in modo rapido ed efficace, scorciatoie, il problema è che le diamo troppo per scontate, le utilizziamo anche in situazioni in cui non siamo in fretta cognitiva. In definitiva, le euristiche indicano delle scorciatoie di pensiero, delle strategie nella risoluzione di problemi che si affidano all’intuito e allo stato temporaneo delle caratteristiche più che a processi controllati. Sebbene il loro uso sia estremamente efficiente e adattivo rispetto alle richieste ambientali, esso porta talvolta a esiti non accurati o veri e propri errori nel giudizio sociale. Le euristiche rappresentano dei modi per riuscire a dare senso all’enorme e confusa quantità di informazioni che riceviamo. Sono scorciatoie mentali, regole o strategie semplici e spesso approssimative che utilizziamo per risolvere un problema. L’uso delle euristiche non richiede alcuna riflessione; è sufficiente selezionare la regola (che non sempre è quella adeguata) e applicarla alla situazione che si deve affrontare. Possono essere messe quindi in opposizione con un tipo di pensiero sistematico, in cui si prende in considerazione un problema da diverse angolature, si raccoglie e si valuta il maggior numero di informazioni possibile e si studiano dettagliatamente le implicazioni delle diverse soluzioni. Sono 3 le euristiche: - Della rappresentatività - Della disponibilità - Dell’atteggiamento EURISTICA DELLA RAPPRESENTATIVITà che cosa mi rappresenta, che memorie mi vengono a galla sulla persona quando ce l’ho davanti, definizione: classifichiamo un evento, oggetto o persona sulla base della della ricerca sulla profezia che si autoavvera è che i nostri schemi/le nostre aspettative possono essere resistenti al cambiamento perché vediamo una buona dose di false prove che li confermano. È difficile cambiare le nostre aspettative perché continuiamo a ottenere delle prove che le confermano, anche se in realtà si tratta di false prove, pensiamo all’esempio della maestra che ci dicevamo prima. PROCESSI DI ATTRIBUZIONE. Sono quelli di cui la prof ci ha parlato nella prima lezione. Sono quelli per cui noi attribuiamo alle persone il fatto di comportarsi in linea con la propria personalità molto più spesso di quel che succeda, spesso si comportano in linea con il contesto sociale. processi di attribuzione, cosa sono? Vediamo nella slide, guerra contro il terrorismo, bush parla di bin laden, l’unica cosa che so con certezza è che è il diavolo, questo è attribuzione. Attribuzione significa dare una spiegazione al comportamento umano. Lo facciamo sempre e specialmente quando siamo di fronte a eventi inaspettati o negativi per fare delle ipotesi, per capire gli obiettivi sociali e controllarli. Perché si comporta così? Ci fa vedere ai mondiali la testata di Zidane. Zidane dà un colpo di testa alle finali di coppa del mondo in Francia viene espulso e si perde la partita. Quando è successo questo ha fatto grande scalpore, ci si è domandati ma perché, cos’è successo, cosa è stato detto a Zidane perché facesse questo. Il mondo intero ha fatto ipotesi per capire che cosa fosse successo. Pare ci sia stato un insulto alla madre di Zidane. Questa comunque è stata la reazione. Evento misterioso, seguito da ipotesi. Dovevamo dare una spiegazione al comportamento di Zidane. Jonny Rotten era il cantante dei the sex pistols negli anni 1970 cantava ed esprimeva un rifiuto delle istituzioni. Ci fa vedere sempre due video, uno degli anni 70 e uno attuale. Jonny Rotten attualmente fa la pubblicità per il burro inglese, con la glorificazione delle istituzioni dell’essere inglese. Come ci spieghiamo il comportamento di Jonny Rotten? Quando cerchiamo di capire il comportamento di una persona cerchiamo di dare spiegazioni di due tipi (come ci diceva heider negli anni 50): - Attribuzioni interne fa la pubblicità perché gli piace veramente il burro - Attribuzioni esterne fa la pubblicità perché gli hanno dato un sacco di soldi per fare da testimonial Abbiamo detto che ogni giorno nella nostra vita cerchiamo di fornire delle spiegazioni di ciò che accade a noi e intorno a noi. Le spiegazioni che forniamo sono spesso razionali e precise, ma a volte sono anche soggette a distorsioni e imprecisioni. Studiando il modo in cui interpretiamo il mondo sociale, gli psicologi sociali hanno identificato 3 tipi di distorsioni che spesso condizionano le nostre attribuzioni e le nostre spiegazioni: - L’errore fondamentale di attribuzione - La differenza attore-osservatore - Le distorsioni attributive nella conoscenza di sé ERRORE FONDAMENTALE DI ATTRIBUZIONE/ERRORE DELL’INFERENZA CORRISPONDENTE. Chi odia Zidane può dire che è sempre stato un arrogante, aggressivo, non capace di trattenersi oppure chi lo odia dice che ha grande stile anche nel dare la testata. Possiamo giudicarlo sulla base della situazione o sulla base della sua personalità, in ogni caso si tratta semplicemente di un giudizio non è la verità assoluta, ma un nostro giudizio. Facciamo un altro esempio. Facciamo un incidente in strada, una macchina ci sorpassa in un punto pericoloso, ci arrabbiamo, urliamo contro il guidatore, per noi ha una personalità negativa, ma non sappiamo che quel guidatore ha appena ricevuto una telefonata dall’ospedale, ha un parente che si sta dissanguando e solo lui può dare sangue per la donazione, quindi si comporta così perché c’è una situazione che glielo ‘impone’, è l’effetto della situazione non lo posso giudicare per la sua personalità in questo caso. Stiamo parlando proprio di questo. La forte propensione di giudicare le persone sempre sotto il profilo di cause interne, personalità, tratti della personalità rispetto al contesto in cui si trovano . L’errore fondamentale di attribuzione infatti è la tendenza generale degli esseri umani a sopravvalutare l’importanza della personalità e dei fattori disposizionali rispetto a quelli situazionali o ambientali quando si descrivono e si spiegano le cause del comportamento sociale. Esempio studio di Jones e Harris del 1967 quando in America c’era il problema di castro e kennedy, castro dittatore comunista cubano nemico degli stati uniti. Castro era il diavolo come lo era bin laden per bush. Effetto dell’inferenza corrispondente = errore di attribuzione. Ai partecipanti viene chiesto di leggere un saggio uno contro casto e uno pro castro e devono giudicare chi lo ha scritto. Noi diremo è ovvio se il testo è procastro l’ha scritto un pro castrista e viceversa. invece no. l’esperimento viene manipolato in questa direzione. I soggetti vengono divisi in due gruppi. A un gruppo viene detto che le persone che hanno scritto questi testi sono stati scelti in modo casuale tra persone pro e contro castro, quindi può anche essere che una persona contro castro abbia scritto un testo a favore di castro. All’altro gruppo invece è stato detto che agli autori è stato chiesto di scrivere liberamente un testo pro o contro castro. Domanda sperimentale: qual è il vero atteggiamento di chi ha scritto il saggio? L’autore era pro o contro castro? I soggetti che credevano che gli scrittori scegliessero liberamente posizioni a favore o contro casto, giudicavano gli autori come aventi un atteggiamento positivo verso castro. I soggetti che credevano che gli scrittori avevano scritto pro o contro castro in modo casuale hanno comunque valutato gli scrittori che parlavano a favore di castro come aventi un atteggiamento più positivo nei confronti di castro rispetto a quelli che parlavano contro di lui. In altre parole, i soggetti non sono stati in grado di vedere adeguatamente l’influenza dei fattori situazionali posti sugli scrittori e non si sono trattenuti dall’attribuire una fede sincera agli scrittori. Il gruppo sperimentale ha fornito attribuzioni più interne allo scrittore. Quindi quello che ci dice questo studio e che succede costantemente è che si sottovalutano sempre e comunque le pressioni situazionali sia nel caso i soggetti pensassero che la scelta fosse libera, sia nel caso fosse obbligata. Altro esempio: quiz televisivi, vediamo Gerry Scotti e un concorrente. Hanno fatto l’esperimento in america con un altro quiz televisivo negli anni 70. Hanno detto ai soggetti che facevano i quiz. Hanno diviso a caso chi è il partecipante e chi è il presentatore. Poi si fa vedere che il presentatore fa domande sempre più difficili e il partecipante risponde male. Alla fine, si chiede chi è più intelligente e la risposta è il presentatore. È il ruolo che determina la propensione ad attribuire tratti della personalità e non la situazione. altro esempio medico che parla con un’infermiera, se c’è un errore in ospedale siamo propensi a pensare che il ruolo del medico sia consono a un livello maggiore di intelligenza rispetto all’infermiera. Il ruolo è il fattore situazionali a cui sono stato assegnato in modo casuale. Un altro errore importante nella nostra vita quotidiana: ERRORE ATTORE-OSSERVATORE. Attore siamo noi, osservatore è l’altro. è la tendenza di spiegare il nostro comportamento in termini situazionali se questi ci portano ci portano un vantaggio e il comportamento degli altri viene invece spiegato in termini disposizionali (esempio: mi è andato male l’esame perché il prof è stato severo, al mio amico è andato male perché non ha studiato bene). io mi giustifico con un termine situazionale, all’altro attribuisco delle caratteristiche di personalità interne come causa per essere andato male. è un bias automatico, lo facciamo sempre, perché è adattivo. Altri errori riguardano le distorsioni attributive nella conoscenza di sé. all’interno di questo gruppo riconosciamo: - Il pensiero egocentrico: la maggior parte delle persone tendono a percepire sé stesse più al centro degli eventi di ciò che sono realmente. Le persone che ricorrono a questo tipo di pensiero, ricordano gli avvenimenti passati pensando a sé stesse come l’elemento fondamentale che ha influenzato il corso degli eventi e il comportamento degli altri. - Le attribuzioni a proprio favore: si riferiscono alla tendenza degli individui a compiere attribuzioni disposizionali per spiegare i propri successi e compiere attribuzioni situazionali per spiegare i propri insuccessi. Le distorsioni attributive nella conoscenza di sé sono come abbiamo detto errori ma possono essere anche molto utili. Per esempio, le persone che sono convinte di essere la causa di eventi positivi si impegneranno maggiormente e più a lungo per raggiungere obiettivi difficili e tali sforzi possono portare a importanti traguardi. Questa visione distorta del mondo possiamo dire essere causata dal costante desiderio di giustificare noi stessi e il nostro comportamento, di interpretare o distorcere il significato delle nostre azioni in modo da renderle conformi a un comportamento che consideriamo proprio di una persona moralmente retta e dotata di buon senso, abbiamo bisogno di sentirci persone buone e dotate di buon senso. Nonostante la letteratura parli di un ‘errore’ di attribuzione, questo è un processo utile e altamente adattivo. Le persone devono rappresentare una realtà sociale stabile e affidabile. Questa è la motivazione per conoscere il mondo, abbiamo bisogno di rassicurarci di qualcosa sia prevedibile e controllabile da noi stessi. Quando parliamo di noi stessi per cui noi ci conosciamo, noi possiamo contare sulla stabilità dell’attribuzione interne a noi stessi. Questo lo valutiamo sempre, automaticamente lo desideriamo, vogliamo che sia questo. I fattori situazionali sono per definizione mutevoli e quindi non ci forniscono un senso di stabilità, non possiamo pensare che i fattori situazionali siano quelli da considerare, perché per definizione sono mutevoli. Per cui cosa ci rimane a noi agenti sociali? Sapere che abbiamo questa propensione, ma gli altri li dobbiamo sempre considerare che fanno sempre più errori di no? no, anche loro s Nono esseri individuali che cercano la motivazione interna e questa va bene anche per loro. Dobbiamo considerare questo atteggiamento automatico adattivo anche per gli altri, solo così è possibile un confronto. È una situazione per cui abbiamo tempo di valutare. LEZIONE 5 CAPITOLO 5: GLI ATTEGGIAMENTI Cosa vediamo nella lezione di oggi - Definizione - Come si formano - Atteggiamenti prevedono il comportamento? È una grande tematica. Adesso che si parla di elezioni in America questo è il clu dell’analisi politica fare previsioni che poi definiscono i comportamenti delle propagande politiche dei candidati. - Come si cambiano gli atteggiamenti? Anche questo è importante, è il cuore dell’applicabilità della psicologia sociale. una volta definiti gli atteggiamenti, in determinate situazioni è importante capire come si possono cambiare gli atteggiamenti. Dal nostro libro sono esaminati due fattori a riguardo: o Dissonanza cognitiva quando un atteggiamento è incompatibile con un pensiero, un comportamento o un evento, parleremo quindi ancora della teoria della dissonanza cognitiva o Persuasione DEFINIZIONE DI ATTEGGIAMENTO IN PSICOLOGIA SOCIALE: è un’organizzazione relativamente stabile di credenze, sentimenti e tendenze comportamentali verso oggetti, gruppi, eventi o simboli socialmente significativi. Un atteggiamento è ciò che pensiamo e ciò che facciamo. Caratteristiche degli atteggiamenti: - Gli atteggiamenti sono relativamente stabili, resistono nel tempo e nello spazio e quindi un sentimento temporaneo non è un atteggiamento - Sono limitati a eventi o a oggetti socialmente significativi - Generalizzabili e almeno parzialmente astratti Queste credenze e sentimenti hanno una valutazione favorevole o sfavorevole (valutazione in questo contesto vuol dire hanno un giudizio). E la conseguenza di avere queste credenze positive o negative è che si ha un comportamento preciso, disposizione comportamentale che ne deriva. Un atteggiamento è inoltre una disposizione relativamente durevole e stabile nel tempo, sebbene possa modificarsi. È un costrutto che precede il comportamento e guida le nostre scelte e azioni relative alle azioni che compiamo. avevano compilato il questionario sui comportamenti ecologici e la differenza era significativa solo per i pazienti che erano risultati incerti nel definirsi ambientalisti alla domanda inziale. - Apprendimento sociale (Bandura): il comportamento di una persona funge da modello per un’altra (modellamento). Il modellamento richiede l’osservazione. Gli atteggiamenti si possono formare attraverso processi consapevoli, ossia mediante un’attenta riflessione su argomenti, oggetti, comportamenti che ritengono importanti. Secondo l’approccio funzionale gli atteggiamenti si formano perché svolgono delle funzioni psicologiche e soddisfano dei bisogni psicologici. In particolare, sono state riconosciute 4 funzioni degli atteggiamenti: 1) Funzione utilitaristica/adattiva 2) Funzione conoscitiva 3) Funzione ego difensiva 4) Funzione di espressione di valori Fonti di apprendimento dei nostri atteggiamenti: - Azioni delle persone che ci circondano (ex - Mass media Lo studio degli atteggiamenti è l’individuo cosa pensa e come faccio a cambiare l’atteggiamento e cambiare il comportamento dell’individuo. Quindi è uno studio sull’individuo. Tra quello che diciamo e quello che facciamo c’è di mezzo il mare. Questa è una regola fondamentale di psicologia sociale. le buone intenzioni che non vengono portate alla fine. Questa è la ragione per cui le palestre ci continuano a reclutare a inizio anno e prima dell’estate e a fine anno. Le palestre giocano sul fatto che la maggior parte di quelli che si iscrivono non va in palestra ma paga l’iscrizione. Un’altra grande tematica di ricerca in psicologia sociale è questa: quanto l’atteggiamento agisce da predittore di un certo comportamento. Si può prevedere il comportamento dall’atteggiamento delle persone? In altre parole, gli atteggiamenti prevedono il comportamento? Per lungo tempo vi è stato un generale consenso tra gli studiosi sul fatto che gli atteggiamenti prevedano il comportamento. Tuttavia, l’assunto secondo cui l’atteggiamento è un affidabile precursore del comportamento è stato messo in discussione. Abbiamo parlato degli studi di LaPiere del 1934. Nel suo esperimento infatti LaPiere mostra un’inconsistenza tra ciò che le persone dicono e ciò che fanno realmente. L’esperimento mostra come il comportamento delle persone cambia a seconda della situazione in cui si registra (in questo caso azione pubblica e azione privata). Questa differenza non significa tuttavia che è cambiato l’atteggiamento, quanto che il comportamento dipende dalla situazione. Egli condusse uno studio sulla coerenza tra atteggiamenti e comportamenti. In particolare, ha analizzato la differenza tra gli atteggiamenti di pregiudizio verso i cinesi e i comportamenti discriminatori mostrati nei confronti di una coppia cinese. Intraprese un viaggio con una coppia di cinesi in un periodo storico in cui i cinesi erano mal visti. L’ipotesi era che molti ristoranti e alberghi avrebbero rifiutato di ospitarli e di servirgli la cena, secondo l’assunto per cui gli atteggiamenti predicono il comportamento (discriminatorio). Bisognava in sostanza capire l’atteggiamento dei ristoratori e degli albergatori nei confronti dei cinesi. Solo 1 albergatore su 66 rifiutò di dare la camera, nessuno dei ristoranti che erano 184 si rifiutò di dare la cena ai cinesi, quindi dimostrarono un comportamento non razzista. Poi al termine del viaggio viene inviato un questionario chiedendo se si sarebbero rifiutati o dare una camera a cinesi e il 91% di quelli che risposero affermarono che si sarebbero rifiutati di dare alloggio o servire la cena ai cinesi, mostrando un atteggiamento razzista. Quindi vediamo un’incoerenza. Il loro atteggiamento era razzista, ma il loro comportamento non lo era. Le risposte dei ristoratori e degli albergatori contraddicevano il modo in cui si erano comportati effettivamente. Non è un esperimento controllato in laboratorio, questo comunque dobbiamo tenerlo presente e ci fa capire come la relazione tra atteggiamento e comportamento può non essere così lineare. Questo era il primo studio che ha mostrato le discrepanze tra atteggiamenti vs comportamento reale . Lo vediamo anche su noi stessi. Ci diciamo da domani mangio sano perché fa bene e invece poi andiamo al bar e prendiamo la brioches anziché la mela. Quindi, in Inghilterra sulla metropolitana vediamo scritto ‘mind the gap’ che è il vuoto che c’è tra la pedana e il treno e parliamo di ‘the attitude beheaviour gap’ perché diciamo una cosa ma facciamo il contrario. Nel 69 Wicker ha esaminato 42 articoli scientifici che hanno esaminato il legame tra atteggiamento e comportamento, ha visto come solo il 2% del comportamento è spiegato dall’atteggiamento. Importante è cheating ossia copiare a un esame, a un test, ed è il copiare nostro, è un’offesa sociale molto grave. Oppure andare in chiesa da credente vero o perché si fa, è un momento sociale. oppure razzismo, come l’esperimento che abbiamo visto. Oppure se allattare un bebè naturalmente vs con il latte artificiale. Queste sono le tematiche che sono state affrontate nel corso della psicologia sociale. a che cosa è dovuta questa distanza tra quello che diciamo e cosa facciamo? Dipende, dipende da che prospettiva lo vediamo e dipende da come si fa la domanda e da come ti fai la domanda anche a te stesso. Vi sono dei fattori che influenzano il grado di associazione tra atteggiamento e comportamento tra cui ricordiamo: - Specificità dell’azione/della misurazione: Se a me domandi ‘hai un comportamento ecologico nella tua quotidianità?’ ti dico di si. Oppure ‘hai bisogno di fare un cambiamento nella direzione del salvare il pianeta?’ si. Cosa fai? Ho cambiato un po’ di abitudini. Arrivano degli amici e vado a comprare un arrosto, quindi ammazza salvare il pianeta, non è il miglior cibo per salvare il pianeta, eppure avevo detto di comportarmi in maniera ecologica. Se invece mi domandi ‘compri più carne bianca o rossa? Più carne ecologica o non ecologica?’ ti dico compro carne bianca ecologica perché in quel momento sono attenta, mentre se arrivano amici voglio fare festa. Per cui dipende dalla domanda. Per cui specificità dell’azione. Dipende dalla compatibilità delle tue credenze con l’azione. Dipende da cosa ti viene in mente quando ti viene chiesto. Un esempio sulla specificità. Abbiamo detto quello sul comportamento ecologico. Altro esempio ‘userai la pillola anticoncezionale? È una domanda di una ditta farmaceutica che vuole lanciare sul mercato una nuova pillola. Se chiediamo in generale il tuo atteggiamento verso un comportamento anticoncezionale la correlazione con il comportamento, cioè crediamo una buona pratica e il comportamento, siamo vicini a una correlazione, c’è una grande corrispondenza tra quello che diciamo e quello che facciamo. Se si chiede ‘siete per la pillola anticoncezionale?’ un terzo delle persone dice di sì e la prende. Se si chiede ‘usate la pillola?’ la metà delle persone lo dicono e lo fanno, l’altra metà lo dice e non lo fa. Se la domanda è ‘che atteggiamento avete vs usare la pillola nei prossimi due anni. la specificità determina il comportamento, determina l’avvicinamento tra atteggiamento e comportamento. Se io dico ‘ho un comportamento ambientalista in generale nella mia vita’ posso pensare veramente di farlo, ma se penso alla specificità è lì che vedo la discrepanza tra quello che dico e faccio. Non ci devono fare domande generali per capire il mio comportamento. Ma ci devono fare delle domande specifiche per capire se c’è una grande corrispondenza tra il mio atteggiamento e il comportamento. - Compatibilità (azione ragionata) - Accessibilità (alla memoria): fa riferimento al grado in cui un atteggiamento è facilmente recuperabile dalla memoria e disponibile. Gli atteggiamenti accessibili sono quelli che più facilmente recuperabili alla memoria e che vengono espressi rapidamente. È un caso di euristica della disponibilità (euristica della disponibilità: scorciatoia cognitiva in cui la stima della frequenza o della probabilità del verificarsi di un evento è basata sulla velocità con cui vengono alla mente esempi o associazioni). Gli atteggiamenti accessibili esercitano una forte influenza sul comportamento, rafforzando il collegamento tra atteggiamento e comportamento e sono dunque più stabili, più selettivi nel giudicare informazioni rilevanti e più resistenti al cambiamento. L’accessibilità di un atteggiamento dipende dalla frequenza dell’esperienza diretta con il suo oggetto. Esempio: se siamo in america e le persone vengono fermate in strada per chiedere se voteremo trump o biden, più rispondi in fretta vuol dire che veramente lo fai, quindi quello è il tuo atteggiamento a cui seguirà l’azione del voto, se invece esitiamo nella risposta non è detto che voteremo per quello che abbiamo detto. Si dice che se la risposta è veloce l’atteggiamento è molto accessibile, se invece è lenta l’atteggiamento è poco accessibile. Gli atteggiamenti maggiormente accessibili hanno maggiore capacità di influenzare i comportamenti. - Forza/intensità: gli atteggiamenti più forti sono quelli più facilmente attivabili e quindi con maggiore capacità di influenzare il comportamento. esempio ‘devi vedere assolutamente questa mini series tanto che non facevo altro, devi assolutamente’ l’intensità dell’emozione con cui lo dico predice il mio comportamento. - Tempo che passa tra atteggiamento e azione: maggiore è il tempo che intercorre tra la misurazione di un atteggiamento e la misurazione del corrispettivo comportamento, minore sarà l’associazione tra questi due elementi, principalmente a causa del fatto che i nostri atteggiamenti possono modificarsi; esempio vediamo la maratona per sponsorizzare la charity che mi interessa, il prossimo anno ci diciamo che parteciperemo perché crediamo in quella causa, l’anno dopo però non lo facciamo, perché è passato un anno da avere l’intenzione e il comportamento. Questi sono i fattori che determinano il legame tra atteggiamento e comportamento, ossia quello che mi fanno dire che quello che dico poi lo faccio. Non tutte le classi di comportamento sociale possono essere previste con precisione a partire dagli atteggiamenti espressi verbalmente. Vediamo delle teorie che hanno fornito nuovi orientamenti su come ottenere una migliore corrispondenza tra atteggiamenti e comportamento; tra queste teorie vi è la teoria dell’azione ragionata. La Teoria dell’azione ragionata fu proposta da Ajzen e Fishbein nel 1977 per spiegare il legame tra atteggiamenti e comportamenti. È stata la prima teoria ad aver affrontato esplicitamente il problema dello scarso collegamento tra atteggiamento e comportamento. Secondo questa teoria il principale antecedente del comportamento sono le intenzioni comportamentali, ovvero i propositi di attuare un determinato comportamento. Le intenzioni comportamentali sono determinate a loro volta dall’atteggiamento verso il comportamento e dalle norme soggettive. secondo questa teoria le credenze e le intenzioni di una persona sono coinvolte nel modo in cui essa agisce. All’interno di questa teoria dobbiamo considerare diverse componenti: - Norma soggettiva: il risultato di ciò che l’individuo pensa che gli altri credano. Altre persone significative fungono da orientamento rispetto alla cosa giusta da fare. Sono definite come le percezioni e le credenze riguardo a come gli altri significativi (ex familiari, amici, colleghi) giudicano il comportamento. - Atteggiamento verso il comportamento: basato sulle credenze individuali relative al comportamento specifico e sulle modalità di valutazione di tali credenze. È un atteggiamento riguardante un’azione, non un oggetto. Viene definito come le credenze riguardo le conseguenze del comportamento e il valore associato a tali conseguenze - Intenzione comportamentale: una dichiarazione interiore di agire - Comportamento: l’azione eseguita Secondo questa teoria un’azione verrà generalmente eseguita se l’atteggiamento della persona è favorevole e la norma sociale è di sostegno. Importante inoltre è l’intenzionalità personale ad agire. Esempio: un individuo ha un atteggiamento positivo verso le cinture di sicurezza in macchina. Prima non erano obbligatorie. La cintura di sicurezza in estate è fastidiosa. Alcuni non volevano metterla. Qualcuno però ha un atteggiamento positivo, pensa che sia rischioso fare un incidente e perdere la vita perché non si ha messo la cintura. Possiamo fare lo stesso esempio con le mascherine. Poi l’individuo percepisce che anche gli altri lo fanno. Per cui sviluppa l’attenzione di mettersi la cintura, per cui anche quando sale lui in macchina lo fa. tanta fatica per ottenere qualcosa, per cui il motore della autogiustificazione è la dissonanza cognitiva. È stata teorizzata da Festinger negli anni 50. La teoria della dissonanza non descrive le persone come essere razionali, ma come esseri che razionalizzano, vogliono arrivare a dire che le proprie scelte sono giustificate. Gli esseri umani sono motivati a pensare di essere sempre nel giusto, razionali, intelligenti e buoni. Per dissonanza cognitiva si intende lo stato di attivazione e tensione psicologica determinato dalla percezione di un’incoerenza tra proprie cognizioni, come ad esempio tra propri atteggiamenti e consapevolezza dei propri comportamenti/stato di tensione psicologica prodotto dal possesso simultaneo di due cognizioni opposte. Festinger propose l’idea secondo cui cerchiamo nei nostri atteggiamenti, credenze e comportamenti e tentiamo di ridurre la tensione generata da ogni incoerenza; nel fare ciò le persone cambieranno una o più cognizioni incoerenti. Quando una persona esperisce dissonanza cognitiva è motivata a cambiare una delle cognizioni per ripristinare lo stato di equilibrio. Nel caso di una dissonanza tra atteggiamento e comportamento è più probabile che l’individuo modifichi l’atteggiamento. Lo stato di dissonanza si manifesta principalmente per comportamenti messi in atto di propria volontà e la dissonanza viene provata principalmente nel caso di incoerenza tra comportamenti e atteggiamenti forti e importanti. Quindi le persone modificano l’atteggiamento per risolvere la dissonanza. Quanto maggiore è la dissonanza, tanto più forte è il tentativo di ridurla. Negli anni 50 abbiamo visto della setta della cometa di Halley. Purtroppo, non si tratta sempre di casi estremi come quello della setta. È uno stato quotidiano. Quando discutiamo siamo davanti a persone che non vedono la stessa realtà che vediamo noi, non la interpretano nello stesso nostro modo. La realtà non esiste oggettivamente. Due persone vedono la realtà in modi diversi. Nella nostra esperienza quotidiana ci sentiamo sempre delle vittime e siamo convinti che gli altri siano degli aggressori. Il modo in cui le persone tendono ad interpretare (e distorcere) le informazioni dipende da quanto sia radicato il proprio atteggiamento (credenza, valutazione e comportamento). È una funzione ego difensiva della riduzione della dissonanza (lo sforzo di mantenere immagine di sé positiva). Esempio: nel 1980 c’era J Carter che doveva essere eletto per la seconda volta contro Regan. A novembre una rivista scrive un articolo riportando le posizioni di entrambi i candidati. le lettere dei lettori dimostravano che chi era di parte comunque non era contento. Lo stesso articolo veniva interpretato in maniera diametralmente opposta. Entrambi i gruppi pensavano che l’articolo fosse contro il loro candidato favorito. Nessuno era contento di come era descritto il candidato, la colpa era del giornalista. Esempio: era stato fatto vedere un video di una partita tra due università, venivano rifatte vedere le parti controverse, i tifosi delle due squadre comunque non riuscivano a intrepretare oggettivamente le chiamate dell’arbitro. Questo è un bias, un’inclinazione erronea di tutti noi, abbiamo un’attenzione selettiva sugli elementi che portano a validare un nostro atteggiamento. Siamo ben coscienti di quello che vogliamo vedere o sentire, poi lo cerchiamo selettivamente nella realtà . Questo è come funziona il nostro cervello. Sapendo che funziona così abbiamo la risorsa per cambiarlo. Esempio: la nostra amica è innamorata di un ragazzo che le fa del male ma è anche gentile, l’amica vede solo quando il ragazzo fa le cose carine, ha un’attenzione selettiva, deve giustificare il suo interesse per lui. Il nostro cervello ha la tendenza a essere bias cioè incline a vedere quello che vuole vedere. Esempio: quando abbiamo un pensiero fisso, in strada vediamo tutte persone che ripresentano il pensiero fisso che abbiamo in mente. Esempio: si fanno leggere ai partecipanti le argomentazioni pro o contro per la segregazione razziale. Una volta che si leggono degli articoli che sono esplicitamente pro o contro, malgrado ci sia un taglio specifico, colui che legge che è o pro o contro si ricorda solo le argomentazioni che portano acqua al suo mulino. È un ricordo selettivo: argomentazioni plausibili a sostegno della propria posizione e argomentazioni assurde a sostegno della posizione opposta (io sono razionale quelli che non pensano come me sono irrazionali). Esempio: anche quello che sta succedendo adesso in America, il problema è la polarizzazione delle idee politiche e sociali, vediamo gli estremi di un atteggiamento socio- politico. C’è una selezione di attenzione di importanza, di diniego… è molto difficile se non impossibile cambiare l’atteggiamento delle persone in modo diretto. non possiamo portare argomentazioni che possono convincere una persona a cambiare un atteggiamento inziale. Paradigmi della dissonanza cognitiva: - DISSONANZA POST DECISIONALE. Abbiamo visto che costantemente prendiamo decisioni, la decisione è anche come interpreto la realtà intorno a me, per giustificare la mia decisione devo sentirmi buono, intelligente e onesto. Quando si decide qualcosa le persone vivono comunque in uno stato di dissonanza, raramente l’alternativa che si sceglie è del tutto positiva o negativa, ci sono sempre pro e contro in tutte le situazioni. quindi per ridurre la dissonanza occorre trovare la rassicurazione della propria decisione. Abbiamo fatto l’esempio delle decisioni quando siamo consumatori, esperimenti di questo genere ci sono anche quando scegliamo un potenziale partner romantico. Quando si è presa una decisione ci si concentra sugli aspetti positivi delle proprie scelte e si minimizzano le caratteristiche attraenti delle alternative scartate. Decisioni irrevocabili. Un elettrodomestico puoi non usarlo o comprarne un altro. il partner possiamo poi decidere di non frequentarlo più. ci sono però anche delle decisioni irrevocabili. Esempio chiediamo alle persone che sono in coda per fare la scommessa all’ippodromo, vengono intervistate poco prima e poco dopo la loro scommessa. Alla domanda iniziale ‘quanto pensi da 1 a 10 che il tuo cavallo possa vincere?’ prima della scommessa rispondono 7, poi 10. Aumenta la percezione della positività della decisione dopo la scommessa. Stessa cosa succede alle elezioni dopo che abbiamo votato aumenta la nostra percezione che vincerà il nostro candidato preferito. Come si riduce la dissonanza? O si cambia una delle due cognizioni o se ne aggiunge un’altra per renderle più compatibili. La prof ha vissuto in california, in california a novembre-dicembre è come se fosse primavera, chi vive nella east cost muoiono dal freddo sotto la neve, quelli che stanno al freddo stanno che chi sta sulla west coast vivono nella costante paura che ci sia un terremoto ed effettivamente lì il terreno trema. Quindi chi vive a est dicono che gli altri sono pazzi perché vivono in un territorio ad alto rischio sismico, mentre quelli che vivono a ovest dicono che gli altri sono pazzi perché vivono al freddo. - GIUSTIFICAZIONE DELLO SFORZO. Nella foto sulle slide vediamo persone che hanno ingerito cianuro per loro stessi e dei figli, è stato un suicidio di massa di Guyana, c’era una grande scontentezza sociale, il reverendo Jim Jones ha portato i suoi seguaci da san francisco fino in africa dove hanno instaurato il loro villaggio. Nel 1978 li hanno trovati tutti morti. La domanda è: come possono delle persone normali che hanno una famiglia lasciarsi guidare da un leader di una setta fino ad accettare questa tragica fine? Agiscono tanti fattori, carisma del reverendo, supporto sociale degli altri membri, in quegli anni c’era un grande desiderio di dare senso alla propria vita al di là del lavoro e della famiglia, senso sociale del ruolo dell’individuo. Uno dei fattori che può spiegare una decisione del genere può essere la dissonanza cognitiva che viene creata dal sacrificio richiesto per diventare e rimanere membro della setta. Parlavamo nella scorsa lezione della giustificazione dello sforzo. Lo sforzo era fare la fatica di fare un test cognitivo. pensiamo se lo sforzo è reale e ha un impatto sulla nostra vita. Queste persone hanno lasciato amici e parenti, hanno donato i propri averi, le donne si sono lasciate sfruttare sessualmente. Tutti questi sacrifici hanno aumentato il loro impegno verso la setta. Quindi l’aver messo in dubbio le loro scelte, le loro azioni, quando ti fermi? Se continui devi metterti in dubbi, metterti in dubbio crea una dissonanza e la dissonanza la devi risolvere e la risolvi dicendoti che sei nel dubbio e più continui più gradualmente ti giustifichi e continui su quella strada. Se non fosse stato graduale non lo avrebbero fatto. La gradualità delle decisioni e dei sacrifici ti fa fare una ascesa fino a quando qualcosa è irrevocabile. È un fatto storico realmente accaduto. Abbiamo parlato di sacrifici su sé stessi, azioni irrevocabili sul comportamento morale o immorale. Esperimento pioniere. Abbiamo detto che copiare in classe è veramente immorale per la cultura americana, mentre in italia prevale l’aiutarsi. Un bambino americano ha il senso che copiare è scorretto, non si fa, ma c’è anche la conoscenza che ho bisogno di prendere un bel voto se no non passo l’anno, perdo gli amici… qualunque sia la decisione lo stato di dissonanza è assicurato. Quando non si copia c’è la dissonanza con ho bisgono di prendere un bel voto con non ho fatto il possibile per prendere un bel voto. Quando invece si ha copiato si ha dissonanza perché non si copia e io mi sono comportato in modo scorretto. Nell’esperimento hanno preso due gruppi, per uno era più facile e per l’altro era più difficile copiare. Sono variabili indipendenti che sono state manipolate per fare in modo che un gruppo avesse un tipo di dissonanza e l’altro gruppo l’altro tipo di dissonanza. Risultato: la variabile dipendente era ‘come ti senti adesso rispetto all’aver copiato o non copiato’. C’era un pre test. A tutti era chiesto di dare un valore morale al copiare ‘come consideri copiare? Altamente scorretto o accettabile?’. La stessa domanda viene fatta dopo l’esperimento. Nel caso in cui non si ha copiato l’atteggiamento morale si è accentuato ‘non si deve copiare è la cosa più importante’. Nel caso si ha copiato ‘non è tanto importante copiare o no’. facciamo un altro esempio, sempre sulle decisioni morali: giudicare l’omosessualità. Le persone che si oppongono più duramente ad una determinata condotta sono quelle che hanno avuto la tentazione di adottare proprio quella condotta. Non tutti gli omofobi hanno questo, parliamo sempre di probabilità, di statistiche. Ma quando qualcuno è molto rigido su un aspetto morale dobbiamo chiederci il perché. Esperimento di Adams del 1996 sulla tendenza eterosessuale e omosessuale delle persone. I partecipanti erano uomini. La variabile dipendente era il grado dell’erezione, quindi molto oggettiva. Si valutava l’eccitazione sessuale guardando 3 video che differivano perché potevano essere tra coppie omosessuali o eterosessuali. Prima dello studio veniva chiesto di dare un voto sulla omosessualità e sull’eterosessualità. Dopo aver visto il video e dopo aver risposto alle domande iniziale, i soggetti con gli atteggiamenti più negativi verso l’omosessualità avevano avuto maggiore eccitazione alla visione di video erotici tra coppie di uomini. La ragione è la giustificazione. Lo sforzo che una persona con tendenze omosessuali e la società non è ancora aperta per le persone omosessuali, decide quindi di reprimere la sua sessualità, questo costa un grande sforzo, ma lo fai e continui con la tua vita. Questo sforzo porta a dire ‘io ho pagato tanto con questa decisione, ho negato la mia natura, quelli che non hanno preso la mia decisione non mi piacciono perché non hanno fatto come me, non hanno sacrificato la loro sessualità in nome di qualcosa, per cui io sono nel giusto, loro no’. si giustifica il proprio sforzo. Rafforzo l’idea che io ho avuto ragione. - GIUSTIFICAZIONE INSUFFICIENTE che è una conseguenza della teoria della dissonanza. Siamo nell’ambito sempre di come far cambiare l’atteggiamento a una persona. La premessa è sempre che gli atteggiamenti radicati hanno a monte un atteggiamento di autogiustificazione forte e quindi abbiamo resistenza a qualunque tentativo diretto di cambiare atteggiamento. Ma si può cambiare atteggiamento. Aronson chiamava questo processo il moderno macchiavellismo. Per attenuare gli atteggiamenti morali di una persona verso un’azione forte bisogna indurla in tentazione in modo tale da spingerlo a compiere la stessa azione. Per accentuare gli atteggiamenti morali verso un’azione forte bisogna indurla in tentazione ma non abbastanza da spingerla a compiere l’azione. Facciamo degli esempi per chiarire. La dissonanza implica una giustificazione della decisione presa. Possiamo avere due tipi di giustificazione: una giustificazione esterna e una interna. Le giustificazioni esterne sono quelle che riportano a una ricompensa o a una punizione. Pensiamo alle bugie che diciamo, entrano in dissonanza con ‘dico sempre la verità’. Una bugia innocente è quella che non ci fa dire la verità per non ferire l’altra persona ex la mamma ci fa un regalo che non ci piace ma non lo diciamo per non ferirla. La dissonanza qui è molto semplice tra dico sempre la verità e dico la bugia innocente perché non c’è lo sforzo, la giustificazione giustifica l’azione, dico una bugia per non ferire i sentimenti della mamma. La giustificazione esterna è la spiegazione per il proprio comportamento dissonante determinato dalla situazione (o altri fattori esterni come ad esempio ottenere una ricompensa o evitare una punizione). La ricompensa nel nostro caso è che non abbiamo ferito la mamma pur avendo detto una bugia. Le giustificazioni esterne sono sempre legate a una punizione o a una ricompensa. I genitori danno un regalo per far fare qualcosa in casa ai ragazzi. È una ricompensa esterna che fa sì che il figlio non consideri parte del suo lavoro di team in famiglia fare dei lavori domestici. Se vuoi educare tuo figlio all’idea che una famiglia è un gruppo di lavoro, che insieme ci si aiuta, i lavori si fanno insieme senza una ricompensa esterna. Le giustificazioni interne sono difficili da definire, sono ‘lo faccio perché ho voglio di farlo’, non ho capacità decisionale. Dobbiamo quindi renderci conto come decifrare un messaggio persuasivo. Vediamo quindi oggi quali sono i fattori che determinano come veniamo persuasi. Pensiamo cosa vuol dire ‘Influire’. L’obiettivo dei messaggi persuasivi è di influire sul nostro atteggiamento, farcene assumere uno nuovo o cambiarlo o farlo diventare più forte. Influire in latino vuol dire scorrere dentro, infondere, entrare in noi in modo da farlo diventare proprio e questo è proprio il senso dell’atteggiamento che abbiamo visto. Per comunicazione persuasiva si intende un messaggio destinato a un pubblico di cui si intende cambiare un atteggiamento e i comportamenti a esso collegati. La storia dell’influenza è della seconda metà dello scorso secolo. Negli anni 50 la psicoanalisi stava prendendo piede. Le campagne pubblicitarie si basavano sulla premessa della psicodinamica che i mass media possono, lavorano in modo magico senza che il ricevente se ne accorga, desideri da soddisfare inconsci, la premessa era che l’inconscio fosse l’agente del nostro comportamento, chi decide per noi. La teoria dell’elaborazione dell’informazione ossia il cognitivismo si è affiancata all’idea della psicoanalisi e la premessa non era che l’inconscio determinasse le nostre azioni, ma la razionalità e l’elaborazione dei dati ci portasse a prendere le decisioni e modificare il nostro comportamento. Per cui gli argomenti della persuasione dovevano essere capiti e considerati come portatori di verità. Sono premesse entrambe valide. Vedremo che l’importante è capire a chi si deve rivolgere la comunicazione. Si sono creati comunque dei modelli di persuasione diversi. Quello cognitivo è quello che ancora è valido per la persuasione politica in america. I mass media creano il nostro mondo di bisogni e ci dicono cosa e come pensare . Esempio: quando bush ha deciso di invadere l’iraq con grande investimento economico e di risorse da parte del governo, c’era chi sosteneva l’invasione e chi non la sosteneva, la differenza era basata sul fatto di guardare o meno i notiziari, in particolare chi era favorevole all’invasione guardava i notiziari, chi non era favorevole all’invasione guardava poco i notiziari. Noi comunque non siamo passivi recipienti. Tutto dipende da come il ricevente interpreta il messaggio, c’è una grande variabilità dell’individuo, delle situazioni contingenti e del messaggio. La persuasione può essere guidata dalla razionalità, dal pregiudizio, dalle emozioni. La regola dell’efficacia del messaggio persuasivo ci dice che un messaggio è efficace quando indirizza i pensieri del ricevente in modo che pensi come il comunicatore, la tattica efficace è quella che elimina i pensieri negativi e promuove quelli positivi rispetto alla proposta del messaggio. Nelle campagne politiche gli slogan sono sempre positivi (ex yes we can, facciamo l’america di nuovo grande). Che cosa determina i pensieri del ricevente? - Le euristiche - L’autogiustificazione, cioè che siamo animali razionali e siamo moralmente corretti L’idea dell’approccio cognitivo che ingloba il modello psicoanalitico nasce negli anni 50, dopo guerra, nel 1953 holland, janis e kelly studiarono l’attitude change approach-l’approccio per il cambiamento dell’atteggiamento. È un approccio sempre valido. La ricerca per il cambiamento del comportamento degli altri si basa su who, what e to whom, quindi chi, cosa, a chi. Quindi a chi parlo, cosa dico e chi lo dice. La prof da giovane lavorava in mondadori, c’era una riunione per lanciare un nuovo prodotto, un magazine di viaggi. Un signore aveva fatto una presentazione di questo nuovo magazine. Mancava l’idea della audience, a chi si rivolgeva il giornale. Non si può fare niente nell’ambito della comunicazione se questi 3 aspetti non sono legati insieme. Dobbiamo prestare attenzione a queste condizioni - Fonte della comunicazione/comunicatore: punto di origine della comunicazione persuasiva - Contenuto della comunicazione/messaggio: comunicazione generata da una fonte e diretta a un pubblico - Caratteristiche del pubblico: bersaglio a cui è destinata la comunicazione persuasiva Chi comunica? La domanda che ci dobbiamo porre è ‘quali sono le caratteristiche del comunicatore che aumentano l’efficacia del messaggio?’. Dobbiamo creare un messaggio persuasivo, come lo dobbiamo creare per essere efficace? Bisogna senz’altro affidarci a un comunicatore attraente per il ricevente (i messaggi persuasivi per i teenager utilizzano determinati promoter), deve essere simile a noi (un promoter per un teenager non deve essere lo stesso che parla a un 50enne per un’assicurazione sulla vita), deve essere credibile (un promoter su youtube che promuove delle scarpe da indossare o prodotti dietetici non può essere la stessa persona che mi spiega i pro e contro di avere una polizza sulla vita), non deve essere direttamente interessato (l’oratore deve apparire non direttamente interessato nel risultato finale della nostra decisione, esempio: se dobbiamo convincere nostra sorella a non mettere un vestito perché vogliamo mettercelo noi, nostra sorella non si convince, capisce la nostra intenzione), gli esperti sull’argomento sono più persuasivi dei non esperti, i comunicatori popolari e attraenti sono maggiormente persuasivi, le persone che parlano velocemente sono più convincenti di quelle che parlano lentamente. Cosa si comunica? Dobbiamo prestare attenzione alla natura della comunicazione. Dobbiamo domandarci: quali sono le caratteristiche del messaggio che aumentano la sua efficacia? Ci devono fare tante domande e possono essere del tipo: dobbiamo far leva sulle emozioni degli altri o sulla loro capacità di elaborare informazioni? Dobbiamo mostrare statistiche o esperienze personali? Comunicazioni unilaterali o bilaterali? Ossia dobbiamo far vedere una prospettiva da un punto di vista o due? Quanto è valida la mia comunicazione se siamo più persone? È meglio essere ascoltati per primi o per ultimi? La risposta a queste domande è dipende, non c’è una risposta unica, ma dobbiamo comunque porci queste domande. Generalmente veniamo persuasi più facilmente se pensiamo che il messaggio non sia deliberatamente teso a influenzarci. Inoltre, un messaggio comunicato con uno stile linguistico debole (caratterizzato da frequenti affermazioni vaghe, formule interrogative, esitazioni…) è meno persuasivo di uno espresso con stile linguistico efficace. Uno stile debole invece dà un’impressione negativa sia delle argomentazioni sostenute sia del comunicatore. I messaggi che attivano la paura possono essere molto efficaci. A chi si comunica? È il punto forse più importante ma anche il più problematico. Dobbiamo conoscere le caratteristiche del pubblico. Dobbiamo sapere il livello di autostima di ogni singolo individuo del pubblico, le loro capacità di elaborazione dell’informazione (risorse cognitive), tempo a disposizione delle persone, se quello che comunico ha rilevanza per loro, che conoscenza hanno già riguardo all’argomento di cui la comunicazione fa parte. Quindi entrano in gioco le caratteristiche della personalità dell’individuo e la situazione in cui sono. Dobbiamo tenere sempre in considerazione entrambi i fattori. Quando si sa tutto questo sappiamo che ci sono due diversi modi di persuadere le persone (e quindi cambiare l’atteggiamento delle persone), due diverse modalità di comunicazione, ossia: - Via centrale o sistematica: si basa sull’elaborazione dei contenuti delle argomentazioni, è un processo di pensiero controllato, consapevole e razionale. Gli atteggiamenti utilizzando questa via sono influenzati dalla qualità delle argomentazioni. - Via periferica o delle euristiche: utilizza le scorciatoie mentali/euristiche (ex gli esperti hanno sempre ragione per cui mi affido, se ascolto il governo che fa una comunicazione ai cittadini e prima fa parlare degli esperti, il fatto di vedere gli esperti mi fa pensare ‘va bene quello che decidono mi va bene perché sono esperti loro e io non sono esperta). È un processo di pensiero automatico e inconsapevole. È più veloce e non richiede l’utilizzo di risorse cognitive. Utilizzando questa via gli atteggiamenti sono influenzati non tanto dal contenuto e dalla qualità delle argomentazioni, quanto da indici periferici (attrattività della fonte, somiglianza della fonte, credibilità della fonte, numero elevato di argomentazioni). Che cosa determina la propensione a elaborare un messaggio secondo la via sistematica o secondo la via euristica? Le persone che sono interessate, motivate e hanno la capacità cognitiva di elaborare le argomentazioni hanno maggiore probabilità di prendere la via centrale (elaborazione sistematica). In realtà è anche questione di tempo e di rilevanza personale dell’argomento. Infatti, quando un problema è di scarsa rilevanza personale, le persone non presteranno la massima attenzione agli argomenti e prenderanno una scorciatoia mentale. Quindi l’attenzione è un fattore importante e la manipolazione infatti può agire distraendoci. Un altro fattore da tenere in considerazione è l’umore. Quando le persone sono di umore positivo è più probabile che la persuasione avvenga per la via periferica più veloce. Le pubblicità durante una commedia comica non sono su prodotti complessi, sono prodotti che decidiamo subito se comprare o meno. le persone di umore positivo hanno meno probabilità di analizzare un messaggio con attenzione rispetto a quando sono di umore negativo, soprattutto vogliono preservare il buon umore in modo da evitare qualsiasi attività che potrebbe rovinarlo. Le persone di umore triste o neutro hanno maggiore probabilità di prendere la via sistematica (via principale) per analizzare ogni argomento in dettaglio. Per cui se il comunicatore non vuole che si analizzino in dettaglio i dati della sua proposta deve mettere la audience in uno stadio di umore positivo. Esempio: propaganda politica di trump è quella di essere leggero, far ridere, mentre biden fa più fatica a far ridere le persone. Quindi fattori da prendere in considerazione: - Rilevanza personale del messaggio: più un messaggio è rilevante per noi più è probabile che analizzeremo le argomentazioni e quindi ricorreremo a una via sistemica di elaborazione - Disponibilità di risorse cognitive: quando le risorse sono ridotte o il messaggio è troppo complesso utilizzeremo la via periferica - Tempo a disposizione: se il messaggio viene comunicato troppo velocemente o abbiamo poco tempo a disposizione abbiamo meno possibilità di riflettere sulle argomentazioni quindi è probabile che utilizzeremo una via periferica - Conoscenze o informazioni disponibili sull’argomento: se le informazioni che abbiamo a disposizione sono insufficienti elaboreremo il messaggio attraverso una via periferica - Differenze individuali o Bisogno di cognizione: si tratta di persone che prediligono attività che richiedono uno sforzo intellettuale per cui tenderanno a utilizzare la via sistemica o Bisogno di chiusura cognitiva: preferiscono avere una risposta veloce alle loro domande piuttosto che rimanere in uno stato di incertezza quindi tenderanno ad utilizzare la via periferica I dati forniti dagli esperimenti ci dicono che le persone che basano i propri atteggiamenti su un’attenta analisi degli argomenti hanno più probabilità di mantenere questo atteggiamento nel tempo . Perché? Ritorna la dissonanza. Ci ho impiegato così tanto a capire che non è facile farmi cambiare idea poi sono diventato esperto per cui riesco a controbattere tutto. queste persone sono anche più coerenti nei loro atteggiamenti e sono più resistenti alla contro persuasione. Per chi fa comunicazioni politiche l’importanza è avere il voto, quindi possiamo anche convincere una persona all’ultimo e poi può anche cambiare idea, non c’è più il senso di persuasione nel senso di cercare di abituare le persone a vedere il mondo in un certo modo. Nel nostro libro c’è un riquadro intitolato ‘messaggi persuasivi estremi: evocare la morte produce atteggiamenti più salutari?’. L’idea di fondo è che la paura, indurre una persona ad aver paura può essere contro producente o producente in funzione dell’autostima che la persona ha e se l’azione che viene richiesta dal messaggio persuasivo debba essere attuata sul breve o sul lungo termine. lo vediamo nei pacchetti delle sigarette, vediamo un polmone nero massacrato da un tumore o non fumare in presenza dei tuoi cari. Qualche anno fa i vari governi e ministeri della sanità hanno deciso di intraprendere questa campagna con questi messaggi dissuasivi. Possiamo anche pensare a una madre che ha un figlio che va in discoteca che è persuaso a bere, assumere delle droghe, avere rapporti sessuali non protetti. Spavento o no? non c’è un’unica risposta. Dobbiamo capire quali sono i fattori che entrano in gioco quando dobbiamo persuadere qualcuno. Gladwell ha scritto dei libri molto semplici di psicologia sociale, questo autore ci dice che se vogliamo convincere qualcuno non solo dobbiamo dargli delle argomentazioni, dirgli che è bravo, buono se fa una cosa, ma anche come può incanalare la sua buona intenzione. Esempio: terremoti, tsunami sono emergenze di cui siamo osservatori, ci vengono richieste delle donazioni, ci viene detto ‘vogliamo fare una donazione per la popolazione dell’aquila? Donate ora, questo è l’iban per la donazione’. Ci si dice che cosa dobbiamo fare. Altre situazioni, vediamo volantini di persone che ci dicono di aiutare la comunità e ci dicono di telefonare. Non lo faremo. Dobbiamo dare un canale di certezza, dobbiamo avere il - Sé interpersonale/Sé pubblico: confluiscono in quest’area delle funzioni del sé tutti gli attributi che noi utilizziamo per definire la nostra identità da presentare al pubblico. - Agenticità del sé: funzioni esecutive che il sé esplica, come la capacità decisionale, l’autocontrollo e la risposta attiva a situazioni quotidiane. Meccanismi motivazionali del sé: Dopo aver parlato del sé e dell’auto consapevolezza il nostro testo ci parla dei meccanismi motivazionali. Perché ci parla di motivazione? Perché è la motivazione attraverso cui gli individui si pongono verso sé e verso gli altri. noi pensiamo, facciamo, ci relazioniamo perché abbiamo un obiettivo, è la motivazione che ci fa alzare alla mattina, ci sono motivazioni semplici e complesse per il raggiungimento di status sociali. La vita è piena di sfide. Per esempio decidere che facoltà fare. Chi voglio essere, chi sono, come lo faccio. È un processo costante, ogni minuto abbiamo un nuovo obiettivo all’interno di questa sfera. Facciamo costantemente decisioni con obiettivi diversi ogni volta. la motivazione per raggiungere questi obiettivi è il meccanismo che ci fa agire ogni volta. Bandura negli anni 80 ha parlato della AUTOEFFICACIA PERCEPITA. Che cosa vuol dire? Vuol dire come io mi sento, ex mi sento che ce la posso fare ad avere questo obiettivo o no, è il modo di porsi con la realtà, questo vuol dire che io in quel momento sono agente, sono responsabile delle mie scelte, decido e metto in moto un processo di azioni perché io possa farcela. Essere efficaci per raggiungzaere questo obiettivo. Il libro fa degli esempi legati alla nostra quotidianità ex che esame facoltativo voglio fare il più semplice che mi interessa meno o uno più complicato ma più interessante. Sono sfide che ci poniamo, ma per porcele prima di tutto dobbiamo sapere come siamo noi stessi, ce la possiamo fare o non ce la possiamo fare? l’idea è focus sulla capacità dell’individuo di percepirsi come agenti, io posso e voglio. L’autoefficacia percepita viene in sostanza definita come uno stato mentale consapevole di potercela fare in una situazione specifica; rappresenta un modo di porsi con la realtà, l’individuo si percepisce come agente che attraverso l’esperienza può continuamente generare in modo autonomo nuove abilità e competenze . È qualcosa di fondamentale per qualunque psicoterapia. l’importanza di questa teoria è vedere l’individuo che si percepisce come individuo in continuo cambiamento e l’importanza nella relazione con gli altri e di ricevere da questi feedbacks positivi e negativi e in base a questo cambiare, trasformarsi, svilupparsi. Questo essere in relazione alla realtà e all’altro e avere un flusso costante, ricorda la teoria della profezia che si autoavvera (maestra che pensa che i maschi siano più bravi in matematica, ha degli atteggiamenti più positivi nei confronti dei maschi, maschi che vanno meglio effettivamente in matematica; altro esperimento, due gruppi bambini con QI alto e QI basso, quelli con QI che la maestra pensava avessero QI alto avevano voti alti, viceversa quelli pensati con un QI basso). Questo è quello che succede con i feedbacks positivi e negativi. Abbiamo parlato della profezia e abbiamo posto l’accento sul bias della maestra, su come lei si comporta con i ragazzi. Qui il focus è sul soggetto che si sente i feedbacks dagli altri che influenzano le mie reazioni. Anche la responsabilizzazione di noi stessi può rientrare nell’autoefficacia percepita. Gli attributi del sé sono in costante formazione e l’influenza dell’esterno è fondamentale. Higgins nel 1987 teorizza la DISCREPANZA DEL Sé. il focus è come ci percepiamo. Anche qui possiamo vedere delle aree di sovrapposizione con la psicoanalisi. Higgins parla di DISCREPANZA DEL Sé di come uno si percepisce e di come l’individuo si pone in relazione a degli obiettivi e come si comporta abitualmente. Definisce 3 livelli cui una persona valuta sé stesso: - Sé reale ossia chi sono io, come sono io, è riferito a come siamo realmente - Sé normativo ossia come dovrei essere io, norme a cui dovrei obbedire, rispecchia come pensiamo che dovremmo essere - Sé ideale ossia come vorrei essere io, rispecchia come vorremmo essere Higgins ha fatto la Teoria dei foci regolatori. Secondo questa teoria il sé possiede 2 tipi diversi di meccanismi motivazionali (=quali motivazioni metto in atto per raggiungere un determinato scopo): - Un sistema di promozione che fa riferimento a ciò che vorremmo essere (genera comportamento in linea con potenziali esiti positivi mettendo in atto una strategia di approccio volta a realizzare i propri obiettivi come soddisfacimento delle proprie aspirazioni). Esempio: il vorrei fare qualche cosa mi mette in uno stato di valutazione di cosa posso e non posso fare. Si usano le parole sfida, buttarsi, osare. Se lo vuoi metti in modo una serie di azioni per cui ti dai un obiettivo alto che vuoi raggiungere e ti prendi il rischio di farcela o non farcela. Questo è il meccanismo della motivazione che si chiama promozione, che vai avanti osi, sai che puoi fallire, l’importante è sentire di avere dei potenziali e aspirare a questi, il focus è può andare male ma anche bene per cui lo faccio, promuovere ossia andare verso. È volto a realizzare desideri, speranze, aspirazioni, gli ideali di una persona. Ci si focalizza sugli esiti positivi mettendo in atto una strategia di approccio volta a realizzare i propri obiettivi come soddisfacimento delle proprie aspirazioni. - Un sistema di prevenzione che fa riferimento a ciò che dovremmo essere (genera comportamento in linea con potenziali esisti negativi mettendo in atto una strategia di evitamento del fallimento). Esempio: chi me lo fa fare? se fallico ho perso anni, non lo voglio fare, è un sistema di prevenzione perché metto l’attenzione sui potenziali rischi negativi, il sistema è di prevenire il fallimento. È volto ad adempiere alle norme e quindi al compimento di doveri e obblighi. La persona è più concentrata sui potenziali esiti negativi mettendo in atto una strategia di evitamento del fallimento, quindi si eviteranno nuove situazioni. Secondo Higgins un individuo può definirsi come una persona che prevalentemente mette in atto un sistema motivazionale o un altro. La prof vede l’individuo come agente responsabile della propria vita, vede l’individuo molto più complesso, possiamo avere cambiamenti all’interno dell’individuo, quindi possiamo avere un atteggiamento motivazionale di un certo tipo in certe situazioni e un altro in altre situazioni, valuta maggiormente la discrepanza presente all’interno dell’individuo tra diversi sistemi. L’essere umano è sempre più complesso delle teorie che possiamo applicare. Parliamo sempre della valutazione di noi stessi in relazione a. Higgins era interessato a capire cosa mi fa stare bene e cosa mi fa stare male quando ho delle motivazioni e devo scegliere cosa fare. ovviamente ho aspettative ed emozioni. Una delle determinanti principali del valore percepito di un evento è la misura in cui soddisfa gli obiettivi del percipiente. Quando le persone realizzano i loro obiettivi che rispecchiano chi idealmente vorrebbero essere o credono di dover essere, si sentono bene. quando non succede si sentono male. Higgins elaborò anche la teoria del fit regolatorio. Secondo l’autore il fit regolatorio rappresenta quel principio secondo cui le situazioni nelle quali l’orientamento abituale della persona (promozione vs prevenzione) dà luogo a delle performance migliori se il compito viene prospettato in termini di promozione oppure di prevenzione coerenti con il proprio orientamento abituale. Higgins nel 98 ha fatto un esperimento e vede che le persone con un focus di promozione risolvevano più facilmente anagrammi se questi venivano presentati con il colore verde per guadagnare punti. Se invece gli anagrammi venivano presentati con il rosso stop per evitare di perdere punti erano più lenti. Questo vuol dire avere obiettivi, percepire il risultato finale in linea con il nostro sistema. Questo ricade in quello che dicevamo nella scorsa lezione. Non dobbiamo pensare che la cognizione che una persona ha di sé stesso è fissa, c’è molta più complessità a monte, dipende da come viene presentata la comunicazione. La performance di un compito è determinata da fattori diversi dall’essere veloce, intelligente, da attributi cognitivi statici, fissi, ma è come tu ti motivi verso un obiettivo; se siamo abituati a vedere gli esiti positivi ci devono dare feedbacks positivi perché la mia prestazione sia elevata. La psicologia sociale ci dice che non c’è la personalità fissa che si comporta in un certo modo, il fattore situazione ha un’influenza molto importante. Rivediamo ancora la teoria del fit regolatorio di Higgins: quando una persona ha un approccio di promozione (sfida), si trova facilitato nei compiti che vengono presentati in termini di promozione (condizione di fit regolatorio); al contrario, quando una persona privilegia un approccio di prevenzione (mantenimento), si trova facilitato nei compiti che vengono presentati in termini di prevenzione (condizione di misfit regolatorio). Bisogna essere in linea con la nostra abituale attenzione e motivazione rispetto agli obiettivi che vogliamo ottenere. Applicabilità del messaggio persuasivo nell’area della salute. Si applica bene il focus sugli esiti positivi o negativi di una motivazione. Quando siamo davanti a una popolazione che è abituata a comportarsi in linea con i benefici che si ottengono ed è abituata a vedere il proprio comportamento in termini si rischi e di sfida si può utilizzare un messaggio in termini di promozione. Se invece è una popolazione che si concentra maggiormente sulla sicurezza e mantenimento del proprio stato si deve parlare in termini di prevenzione. Qual è il problema? Esempio: governo deve fare una campagna per il lockdown, la sua campagna è rivolta a tutti i cittadini che possono essere cittadini diversi tra di loro, quindi cerchiamo di dare un messaggio più neutro, né di prevenzione né di promozione, cercare di evitare gli estremi. Non dobbiamo dare per scontato che quelle motivazioni sono accettate da tutti, cambia per età (giovani, anziani, adulti… i giovani non hanno il senso della salute e della mortalità quindi tendenzialmente non agiscono in modo preventivo, non si mettono la mascherina). Infatti, purtroppo, solo nelle condizioni sperimentali possiamo conoscere e misurare le caratteristiche motivazionali abituali delle persone. (seconda parte della lezione – nuova registrazione – lezione 9) Il capitolo del libro prosegue parlandoci di un nuovo approccio ossia la MINDFULNESS, è una delle pratiche volte all’autoconoscenza. Mindfulness significa prestare attenzione ai propri stati mentali. C’è stata molta ricerca su questa pratica. È una pratica che si prescrive online alle persone che soffrono di ansia o di depressione lieve (questo accade in Inghilterra). Mindfulness significa prestare attenzione con intenzione, al momento presente (qui e ora), in modo non giudicante. Ha senso nell’ambito della psicologia sociale quando si parla di ‘se sai chi si, se hai autoconsapevolezza, ti relazioni meglio agli altri’. quando si usa il termine di mindfulness significa una tecnica per prestare attenzione al sé, ai propri stati mentali, prestare attenzione a quello che succede nella propria mente. come si presta attenzione? Con intenzionalità, lo voglio fare, si sta fermi, si chiudono gli occhi e ci si ascolta. In realtà nei corsi di mindfulness si dice che lo si può fare in ogni momento, ogni volta che siamo soli con noi stessi. Prestare attenzione ai propri stati mentali vuol dire che l’attenzione è sul presente, questo vuol dire che non è su quello che ci è appena successo o quello che vorremmo fare, c’è solo il sé agente nell’adesso. Questo prestare attenzione inoltre è senza giudizio, è la parte più difficile, perché come esseri umani, con qualunque atteggiamento noi ci autovalutiamo. È un corso di 8 settimane. È diventata una cosa anche molto commerciale. È la parte che ha tolto l’aspetto religioso alla religione. Kabat Zinn che è colui che ha inventato la mindfulness l’ha applicata alla depressione e alla resilienza e ha scoperto che in realtà tutti ne beneficeremmo per affrontare le sfide della nostra vita. È una pratica comunque difficile da applicare per i nostri automatismi, perché la realtà ci sopraffà, perché siamo abituati a vivere con le nostre emozioni forti, le emozioni fanno parte del nostro essere. È difficile essere costanti nell’applicarla e riuscire a modificare l’autoconoscenza. Con la mindfulness si migliora il rapporto dell’individuo che ha con sé stesso e con gli altri. nella meditazione prestiamo all’essere noi stessi in quel momento godendo di quel momento. Prestiamo attenzione ai nostri stati mentali. Pensiamo di essere sotto la doccia, l’acqua scorre continuamente, allo stesso modo siamo sottoposti a stati mentali continuamente, prestare attenzione ai propri stati mentali è come se noi uscissimo dalla doccia e osservassimo la doccia dall’esterno con l’acqua che scorre. Possiamo anche descriverlo come vedere i propri stati mentali come nuvole che passano, vedere la nostra mente che scorre invece che essere immersi dentro. ci sono delle emozioni che hanno degli effetti sul nostro sistema nervoso. la meditazione non ci fa passare le emozioni, ma ce le fa vedere e affrontare. Ci mettiamo nella posizione di osservatori di noi stessi e questo è abbastanza per riprendere un flusso normale del nostro corpo. Quando ci allontaniamo e osserviamo i nostri stati mentali iniziamo a vedere e facciamo esperienza solo di quello, le ragioni del perché abbiamo quegli stati mentali sono fuori dalla nostra visione in quel momento, il passato e il futuro sono esclusi, passano in seconda linea, osserviamo, questo porta a una consapevolezza del nostro stato mentale senza attanagliarsi. Vantaggi dell’attenzione meditativa: - Fare esperienza del presente e stare nel presente, per cui non ti immergi nell’ansia del futuro e sull’ineluttabilità del passato su cui non abbiamo controllo l’informazione ricevuta, ascoltiamo di più la prospettiva a cui non siamo abituati, non della maggioranza, gli lasciamo spazio su qualcosa che non è dominanza. Ascoltare la minoranza è un processo lungo che più che farci cambiare idea ci fa assumere prospettive multiple, essere meno rigidi e più flessibili. Ci sono tante minoranze per cui c’è più spazio di ragionamento e di dibattito. Questo è quello che succede a livello sperimentale. La minoranza non influenza le persone direttamente sulla tematica di un dibattito, ma la influisce indirettamente su tematiche legate a questo. Deutsch e Gerard nel 1955 hanno distinto due tipi di conformismo/influenza sociale: - conformismo informativo/influenza sociale informativa: avviene quando abbiamo bisogno di sapere cosa sia giusto. Esempio: dobbiamo andare in bagno, siamo all’università, non ci sono i cartelli per il bagno delle donne e degli uomini, non sappiamo cosa fare, aspettiamo, entra qualcuno in una delle due porte e capiamo, se è entrato un uomo sappiamo che quello era il bagno degli uomini, guardiamo il comportamento degli altri per prendere la decisione di dove andare, cosa sia il giusto. Non conosciamo la verità, utilizziamo gli altri per saperla. Altro esempio: in inghilterra il traffico è al contrario, fondamentale è vedere cosa fanno gli altri quando attraversano la strada, dopo un po’ lo automatizziamo. Secondo questo modello l’influenza di altre persone ci porta a conformarci per l’importanza di sapere cosa sia giusto. Sottolinea l’importanza di essere nel giusto. Questo tipo di influenza entra in gioco quando ci troviamo in una condizione di incertezza e siamo per questo propensi a fare affidamento sugli altri, a considerare un’informazione proveniente da un’altra persona o gruppo di individui come prova di verità. La motivazione è che l’individuo prova il desiderio di essere nel giusto e pensa che gli altri possano aiutarlo a soddisfare questo desiderio. Studio pioniere sul conformismo/influenza sociale normativa: studio di Sheriff (1973): è uno studio sull’illusione ottica chiamato effetto autochinetico. Quando guardiamo le stelle in un cielo scuro, se continuiamo a osservare un puntino luminoso, vediamo che il puntino si sposta, è un’illusione ottica. L’effetto autochinetico è appunto un’illusione ottica che consiste nel percepire un punto luminoso fisso in un ambiente completamente buio come invece in movimento a causa dei rapidi e normali movimenti oculari, i movimenti saccadici, che supportano la funzione visiva. Se chiediamo alle persone che vedono il puntino che si muove di quanto si muove tutti hanno una percezione estremamente individuale. L’autore appunto cercava una situazione di incertezza e di ambiguità. Sheriff ha fatto un esperimento molto lungo. Per 3 giorni ha fatto vedere un lumino in una stanza buia e ha chiesto agli individui di quanto si spostasse la luce (tale lumino in realtà rimaneva fermo). I partecipanti dovevano dare una valutazione individuale sia in gruppo. Gruppo a: prima valutazione individuale, seguita da valutazione in gruppo. Gruppo b: prima valutazione in gruppo, poi valutazione individuale. risultati: gruppo a: le persone abbandonarono la valutazione individuale assunta nella prima sessione per convergere verso un valore di gruppo del movimento del puntino, si adeguavano a quello che diceva il gruppo. Gruppo b: mantenevano quella di gruppo. Il gruppo vince sempre. Se applichiamo questo ad ambiti importanti quali decisioni politiche (ex vaccini, immigrati…) e pensiamo all’influenza del gruppo di cui fanno parte, il gruppo sono persone che non conosciamo, in rete i gruppi sono di persone che non conosciamo, non sono persone di cui abbiamo interiorizzato i valori, influenza del gruppo di persone che non si conoscono, è un esperimento molto attuale. Questi esperimenti hanno questi risultati perché la situazione è ambigua, incerta, devi guardare gli altri. è anche vero che ogni decisione importante nella vita sociale è nuova. Ex brexit era nuova nella storia, non sappiamo se sarebbe stato meglio o peggio, per cui ti rifai un po’ a quello che dicono gli altri. sheriff ha fatto una dimostrazione dove l’ambiguità è percettiva, non abbiamo norme e quindi guardiamo gli altri. più siamo incerti, più non è chiaro come ci dobbiamo comportare, più guardiamo gli altri per prendere una decisione. Questo è un approccio alle situazioni. alla fine dell’esperimento si chiedeva ai partecipanti nuovamente la distanza della lucina e tutti riportavano quella detta dal gruppo, quindi avevano interiorizzato la risposta del gruppo. Questo viene chiamato in psicologia sociale ACCETTAZIONE PRIVATA ossia convinzione che quello che stanno facendo o dicendo sia giusto. Diversa è ACCETTAZIONE PUBBLICA ossia adeguarsi al comportamento di altre persone in pubblico senza necessariamente credere in ciò che stanno facendo o dicendo, ci si adegua a un comportamento ma non ci si crede, lo si fa per essere accettati dagli altri (è il caso del conformismo normativo). Facciamo ancora degli esempi sull’importanza del guardare agli altri per essere nel giusto. Esempio: giudici in tribunale ad un processo. In italia non ci sono giudici popolari, sono esperimenti americani. Quando i nostri giudizi hanno una conseguenza importante, cosa facciamo? Se dobbiamo fare affidamento a quello che ci dicono gli altri in situazioni difficili come ci comportiamo? Esperimento di Baron et al del 1996: il compito è di individuare il criminale confrontando con altre foto. Le variabili che vengono manipolate sono l’influenza sociale informativa (ossia cosa si decide quando ci sono 3 sperimentatori che forniscono la risposta sbagliata) e l’importanza dell’essere accurati. Risultato: Più il compito è importante e deve essere accurato più siamo suscettibili all’influenza degli altri. se gli altri sbagliano, sbagliamo anche noi. + scherzo di halloween fatto da Orson Welles che conduceva un programma alla radio sulla guerra dei mondi, raccontava una storia a episodi alla radio, il 30 ottobre ha deciso di fare uno scherzo ai suoi ascoltatori dalla radio, durante la trasmissione ha mandato in onda dei falsi notiziari in cui si diceva che gli alieni erano sbarcati sulla terra, cosa è successo? Tutti hanno trovato conferma che effettivamente i marziani erano arrivati. In qualunque situazione l’ascoltatore della radio fosse quando ha ascoltato la notizia alla radio è andato a vedere, si guardava in giro. Qualunque situazione veniva interpretata in quel modo, si giustificavano la credenza in qualunque modo, vogliamo sempre avere ragione, vogliamo sempre vedere confermato quello che crediamo. Quando succede il conformismo informativo? Quando siamo soggetti a essere influenzati dagli altri? quando non sappiamo e cerchiamo di essere nel giusto, quando la situazione è ambigua, quando la situazione è una crisi e non si ha tempo per decidere con calma, quando gli altri sono esperti. Esempio reale: guerra del vietnam. Un pilota comunica che ha visto dei movimenti in un villaggio che potrebbero essere i viet kong che stavano preparando degli attacchi. Avvisa e il villaggio si chiamava ‘mai lai’, questo villaggio viene preso di mira, arrivano i battaglioni. In realtà è tutto calmo. Si rimane spiazzati, era stato detto che c’erano i viet kong che preparavano gli attacchi, un comandante dà l’ordine di sparare, ammazza una donna, tutto questo succede in brevissimo tempo, finisce nel massacro di donne e bambini che non c’entravano nulla. Non avere tempo per decidere è fondamentale. - conformismo normativo/influenza sociale normativa: in questo tipo di influenza le persone conformano le proprie idee e/o il proprio comportamento alle aspettative altrui. l’influenza di altre persone ci porta a conformarci per poter essere apprezzati e accettati da loro, dal gruppo. Sottolinea l’importanza di essere accettati. L’influenza normativa agisce soprattutto tramite la pressione sociale e si fonda sul desiderio di evitare l’esclusione sociale e ottenere il massimo vantaggio dal rapporto con gli altri. Abbiamo parlato dell’importanza del gruppo, sappiamo che siamo animali sociali, che siamo definiti dalla presenza degli altri, guardiamo gli altri, ascoltiamo gli altri, ci adeguiamo agli altri anche per essere noi stessi, per cui è ovvio che l’influenza sociale fa parte della nostra quotidianità. Il vantaggio di appartenere a un gruppo è evitare di essere rifiutati, essere accettati vuol dire essere insieme. La privazione dell’appartenenza provoca stress e angoscia, vuol dire essere da soli, non sapere più chi siamo. Sono comportamenti tipici anche nell’adolescenza, cerco la mia identità partendo dal gruppo. L’influenza sociale normativa si verifica quando vogliamo rimanere membro del gruppo, godere i vantaggi di appartenenza al gruppo ed evitare di essere ridicoli ed essere rifiutati. In quanto animale sociale, l’essere umano ha bisogno di essere accettato dai membri del proprio gruppo. La privazione del contatto col gruppo di appartenenza provoca stress e angoscia. esempio: adolescenti di rio de janeiro, riti di iniziazione per appartenere a un gruppo, correvano su treni in corsa, era una cosa che causava 150 morti all’anno. Esperimento pioniere per il conformismo normativo: paradigma di Ash (1951): l’autore si domandava: qual è il nostro comportamento quando il gruppo in cui ci troviamo esprime un giudizio che è senz’altro sbagliato, un giudizio che va contro quello che i nostri stessi occhi ci dicono guardando la realtà? Fa quindi un esperimento con l’obiettivo di studiare le condizioni sociali e personali che inducono l’individuo a resistere o a conformarsi alle pressioni del gruppo quando tale gruppo esprime un parere contrario all’evidenza percettiva. Nel suo esperimento infatti la percezione non era ambigua, era chiara. L’esperimento era il seguente. C’era il partecipante in mezzo a un gruppo di persone non conosciute. Erano in 8, il partecipante era sempre il penultimo. Uno alla volta, gli venivano proiettate una linea target X e altre 3, doveva dire quale delle altre 3 era uguale alla X. La risposta era molto semplice. Le persone del gruppo davano risposte sbagliate (erano tutte d’accordo con l’esaminatore a parte appunto il soggetto), quindi quando arrivava il turno dell’intervistato si conformava agli altri, alla maggioranza, che dava una risposta contraria all’evidenza percettiva, pur credendo la risposta sbagliata. Hanno visto appunto che il 37% delle persone di confermava costantemente, 25% dissente, 38% dissenso misto, ma tutte le persone almeno in una delle 12 prove risponde influenzato dagli altri. il soggetto deve obbedire ai propri sensi, vede una cosa chiara e distinta, ma il parere del gruppo è unanime, il soggetto deve decidere come vuole apparire, deve dire se vuole dare una risposta per non apparire un pazzo. Un terzo delle persone ha un’accettazione pubblica ma non l’ha privata. Alla fine dell’esperimento si chiedeva appunto cosa pensassero della loro risposta. La pressione normativa avviene pubblicamente, ma non privatamente, quindi non c’è un cambiamento di atteggiamento. Possiamo dire in sostanza che con l’aumentare della privacy, la tendenza al conformismo diminuisce. Quello che è rilevante è che gli altri sono estranei, non li rivedrò, ma mi interessa se mi considerano pazzo qui e adesso. Nell’esperimento non venivano espresse in modo esplicito le conseguenze dell’anticonformismo, non erano previste né ricompense, né punizioni, ma comunque si conformano. Gli obiettivi dei partecipanti allo studio erano due principalmente: essere nel giusto e essere accettati dagli altri cercando di soddisfare le loro aspettative, ma questi due obiettivi nell’esperimento si trovavano in conflitto tra loro. Asch studiò anche successivamente le variabili che facilitano od ostacolano l’influenza della maggioranza: 1) discrepanza tra giudizio della maggioranza e realtà dei fatti (dati molto discordanti con il dato reale espressi dalla maggioranza rispetto al dato reale): vi è una relazione curvilinea tra discrepanza e influenza ossia un aumento lieve della discrepanza tende a produrre un equivalente lieve aumento dell’influenza ma quando la discrepanza supera una certa soglia l’influenza della maggioranza torna a diminuire fino ad annullarsi nei casi di discrepanza estrema, 2) unanimità e/o sostegno sociale: se viene introdotto un altro soggetto che risponde prima dell’intervistato in modo corretto o scorretto ma comunque interrompe l’unanimità, l’influenza sociale diminuisce, la persona infatti quando non era la prima a rompere l’unanimità del gruppo tendenza ad omologarsi di meno al giudizio della maggioranza (la stessa cosa fu verificata successivamente da Allen che notò anche come se il soggetto aggiunto a un certo punto si omologava, si omologava anche l’intervistato, ma se il soggetto aggiunto non riusciva a rispondere per cause esterne, in questo caso invece l’intervistato non si omologava + accettazione pubblica ma non privata). L’unanimità della maggioranza è uno dei fattori che influenzano maggiormente la decisione di uniformarsi all’opinione del gruppo. 3) un altro fattore che influisce sul conformarsi alla maggioranza è rappresentato dall’impegno che ci mettiamo nel nostro giudizio iniziale. Ex siamo arbitri, abbiamo deciso di espellere un partecipante, alla fine della partita altri 3 arbitri ci dicono che non lo avrebbero espulso, cosa facciamo in questo caso? Non ci conformiamo, cerchiamo di difendere la nostra posizione. 4) il dovere rendere conto al gruppo tende ad aumentare il conformismo. 5) fattori personali e culturali. Le persone che hanno poca autostima e che hanno poca fiducia nelle proprie capacità di svolgere una determinata attività si conformeranno più facilmente. Il conformismo risulta inoltre maggiore nelle società collettiviste rispetto a quelle individualiste. Inoltre sembra essere maggiore nei maschi rispetto alle femmine e tali differenze aumentano se lo sperimentatore è uomo e se si indagano concetti tipicamente Un effetto importante è l’effetto GROUPTHINK (concetto elaborato da Irving Ianis), ossia pensiero di gruppo, è un genere di pensiero in cui il mantenimento della coesione e della solidarietà all’interno del gruppo ha maggiore importanza della considerazione realistica dei fatti/è un modo di pensare che le persone mettono in atto quando sono altamente coinvolte in un gruppo coeso, in cui la tendenza alla ricerca dell’unanimità è più forte delle motivazioni che ognuno di loro possiede a intraprendere un’altra azione. Il groupthink si verifica maggiormente se sono soddisfatte alcune condizioni iniziali: alta coesione del gruppo, isolamento dalle opinioni contrarie, guidato da un leader che dirige i membri del gruppo ed esplicita gli obiettivi del gruppo. Le persone che mettono in atto questo tipo di strategie decisionali tendono a credersi invulnerabili: sono accecate dall’ottimismo e ogni possibilità di esprimere disaccordo viene scoraggiata. Di fronte alla solidità del gruppo gli individui arrivano a mette in dubbio la validità delle proprie opinioni discordanti e si trattengono dall’esprimerle apertamente. La ricerca del consenso è talmente importante che alcuni membri del gruppo diventano delle vere e proprie ‘guardie della mente’ ossia persone che hanno il compito di censurare informazioni che potrebbero essere pericolose. In presenza di un groupthink si verificano alcune conseguenze: - Il gruppo comincia ad avvertire di essere invulnerabile e invincibile. Gli individui autocensurano le opinioni contrarie, non gli danno voce, per timore di rovinare l’eccitazione generale, lo spirito del gruppo o essere criticati dagli altri - Se qualcuno esprime un punto di vista contrario si espone alla critica degli altri con pressione su di questo perché si conformi all’opinione della maggioranza - Crea un’apparenza di unanimità dove sembra regnare un accordo generale Lo svantaggio di un gruppo coeso è che in situazioni di emergenza hanno un processo decisionale molto scarso. Nello sforzo di rimanere coesi si scelgono soluzioni sbagliate. La condizione di groupthink induce le persone a implementare un processo decisionale scadente poiché il gruppo non prende in considerazione l’intera gamma di alternative, non congegna piani dettati dalla contingenza, non soppesa dovutamente i rischi della scelta preferita. Come ridurre il groupthink? - Un leader può rimanere imparziale invece di assumere dal principio un ruolo direttivo - Un leader può dividere il gruppo in sottogruppi che dapprima si incontrano separatamente e quindi si rincontrano per discutere le diverse opinioni - Un gruppo può sollecitare opinioni provenienti dall’esterno, da persone che non sono membri del gruppo e che pertanto hanno minore interesse a preservarne la coesione interna - Il gruppo può anche servirsi di sondaggi o altri metodi per ottenere anonimamente le opinioni dei membri, assicurando così che la loro sincerità non verrà punita da una possibile recriminazione da parte del gruppo Il groupthink viene solo studiato a posteriori, sono eventi storici. Ex reich che ha sostenuto hitler fino alla fine, ha preso decisioni sbagliate. Altro esempio: water gate scandalo, il gruppo dei repubblicani che era intorno a nixon ha preso decisioni sbagliate, nixon diede le dimissioni. Significa che il gruppo è così coeso che ha come obiettivo finale l’unanimità del gruppo per cui fa di tutto per escludere le idee discordanti per rimanere coeso. Esempio di groupthink, fatto realmente accaduto nel 1986, news: shuttle con a bordo 7 persone che esplode, era una missione organizzata dalla NASA in un periodo in cui stava perdendo consenso popolare e fondi dal governo, era una missione molto importante proprio per questo, cercavano di creare un evento di forte impatto popolare, su questo shuttle c’era a bordo anche una maestra. Dopo pochi minuti dal lancio, è esploso. Cos’è successo? Si viene a conoscenza di tanti fatti, uno di questi fatti era che l’agenzia che ha costruito i razzi e altri materiali, il gruppo degli ingegneri responsabile della costruzione dei razzi ha dovuto dare l’ok finale la sera prima del lancio in una condizione di grande tensione. Le condizioni metereologiche erano di grave pericolo, c’era pericolo di gelo. Non era una condizione di lancio ottimale, ma c’era la pressione della nasa. Hanno dato l’ok. Da mesi circolava nel gruppo un meme dicendo che questi materiali a temperature basse si potevano craccare. È stato un memo che non è stato discusso. Hanno preso quella decisione senza stare troppo a sentenziare perché era un momento difficile economicamente e avevano bisogno del contratto con la nasa. Su youtube possiamo vedere il film ‘the challenger disaster’ è un film della BBC proprio su questo. Feyman faceva parte della commissione di indagine. Era l’unico veramente indipendente, gli altri avevano dei legami politici, lui era stato chiamato come indipendente fisico. Le commissioni come lavorano? Li portavano in giro. Lui a un certo punto si allontana dal gruppo e comincia a raccogliere pezzi sulla sua versione. Ha fatto vedere la grande prova di cosa succede quando si mette la plastica nel ghiaccio, questa si restringeva perdendo elasticità, quindi fa vedere la causa dell’esplosione. LEZIONE 11 Obbedienza all’autorità vs. conformismo: in entrambi i casi vediamo che le persone cedono in modo manifesto di fronte alla pressione della fonte. Tuttavia, ci sono 4 differenze: - Nel conformismo la pressione è implicita, l’obbedienza invece costituisce una risposta a comandi espliciti - L’obbedienza comporta una struttura gerarchica, una disuguaglianza sociale tra fonte e bersaglio, la persona di staus superiore obbliga quella di status inferiore a fare qualcosa; il conformismo invece implica il cedimento di una persona a un gruppo che può avere il suo stesso status - Nel conformismo la persona segue quello che fanno gli altri, riproduce le loro azioni; nell’obbedienza il bersaglio è il solo che svolge l’azione che gli è richiesta dalla fonte - Chi obbedisce all’autorità lo riconosce, chi si conforma no L’obbedienza può essere importante per il rispetto delle norme sociali, consentendo un buon funzionamento del sistema sociale (si pensi all’obbedienza nei confronti dell’autorità genitoriale). Nella storia però abbiamo visto che talvolta viene richiesta obbedienza all’autorità anche per l’esecuzione di azioni immorali e socialmente riprovevoli. Obbedienza: comportamento di una persona che esegue gli ordini che un’altra persona gli impartisce Disobbedienza: momento in cui la persona smette di eseguire gli ordini che gli sono stati impartiti Stanley Milgram era uno psicologo a Yale, la sua carriera è iniziata come studente in scienze politiche, ha fatto un phd ad harvard con ash che è lo psicologo del conformismo normativo, quindi ha fatto studi pilota sul conformismo, la pressione delle altre persone quando si trattava di fare del male agli altri, quindi non solo avere giudizi percettivi ma anche nella sfera della moralità, quando gli altri fanno qualcosa di sbagliato e io devo decidere cosa fare. si trattava di azioni che coinvolgevano la mano, far del male, prendere la mano di una persona e metterla su un piano caldo. Si è accorto di dati interessanti e si è chiesto che cosa comportava fare del male agli altri in un contesto molto particolare, ossia l’OBBEDIENZA ALL’AUTORITà. Perché era importante questo studio? Eravamo negli anni 60, erano gli anni in cui iniziava il processo contro Adolf Eichmann che era un ufficiale tedesco nazista a capo della gestapo durante la guerra, era responsabile di milioni di gesuiti durante la seconda guerra mondiale, 6 milioni di ebrei sono stati uccisi. Dopo la guerra gli ufficiali nazisti sono scappati. Eichmann fu trovato dai servizi segreti israeliani. Fu portato a Gerusalemme e processato, trovato colpevole e giustiziato con la pena di morte (nel 1961). Per proteggerlo l’interesse si era spostato verso l’obbedienza agli ordini. La domanda era: com’è possibile che Eichmann e i suoi complici semplicemente seguissero gli ordini che ricevevano? L’idea era di domandarsi quale fosse la natura del comportamento umano. L’idea della filosofa Hannah Arendt in quegli anni era di non colpevolizzare il singolo individuo, ma di dare attenzione alla situazione e studiando le caratteristiche della personalità di Eichmann era arrivata alla conclusione che lui fosse un burattino che obbediva agli ordini e non era un mostro sadico. Eichmann non appariva come un mostro spietato e crudele. Era un uomo comune dall’aspetto mite e dimesso. Nel corso del processo Eichmann si difese affermando che nella sua attività di gerarca delle SS stava semplicemente eseguendo degli ordini che aveva ricevuto e che svolgeva in virtù del suo giuramento. Dichiarò infatti ‘non potevo sottrarmi e non ho mai provato a farlo. Ma non ho mai agito secondo la mia volontà’. Questa interpretazione suscitò critiche soprattutto per il concetto della banalità del male. Dobbiamo prestare attenzione alla situazione, anche se la personalità dell’individuo entra ugualmente in gioco, non siamo burattini, siamo comunque influenzabili, dobbiamo tenere in considerazione entrambi i fattori. Riprendendo il caso di Eichmann e compiendo altri studi, negli stessi anni, MIlgram dimostrò che i comportamenti di obbedienza distruttiva non sono necessariamente frutto di perversione e sadismo individuale ma possono essere diffusi e indotti dalla struttura di un particolare contesto sociale. Vediamo il setting dell’esperimento. L’esperimento è come, in che situazioni, fino a quanto si obbedisce all’autorità che per definizione è la fonte dell’ordine. Abbiamo lo sperimentatore che è l’autorità, impartisce ordini. I partecipanti sono reclutati tra la gente comune tramite un’inserzione pubblicitaria. Vengono cercati partecipanti per uno studio sull’apprendimento e la memoria, ai partecipanti viene detto che lo scopo dell’esperimento era quello di studiare gli effetti delle punizioni sull’apprendimento (era ovviamente una copertura, il vero scopo dell’esperimento era quello di studiare fino a che punto gli individui sono disposti a obbedire agli ordini impartiti da un’autorità). I partecipanti arrivano al laboratorio e gli fa credere di essere scelti random nel ruolo dell’insegnante e dell’allievo (in realtà a loro viene assegnato solo il ruolo di insegnanti, mentre gli allievi sono collaboratori dello sperimentatore che fingono però di essere ignari dell’obiettivo dello studio). L’allievo viene messo in una stanza chiusa, viene collegato a degli elettrodi e viene punito con una scossa ogni volta che dà una risposta sbagliata. Questo è quello che si fa credere agli insegnanti/ai partecipanti, anche se in realtà agli allievi non veniva data nessuna scossa elettrica. Chi impartisce la punizione se l’allievo sbaglia è l’insegnante che non vede lo studente ma sente solo le sue risposte. Il compito di apprendimento è di dare delle coppie di parole che l’allievo deve imparare, l’insegnante dà l’input con una parola e l’allievo deve dire la parola a cui è associata. Il paziente veniva punito con scosse elettriche che partivano da leggere e poi crescevano al crescere delle parole sbagliate, quindi sempre maggiore dolore inflitto all’allievo (si alzavano di 15 volt in 15 volt, da 15 fino a 450 volt). In realtà come dicevamo l’esperimento è finto. Il soggetto allievo è un attore, bisogna far credere all’insegnante che il soggetto sta ricevendo delle scosse, fa finta di provare dolore e voler smettere l’esperimento. Il soggetto si lamenta per il dolore all’aumentare delle finte scosse con delle risposte predefinite (da 150 volt: lamenta problemi cardiaci, da 300 volt: batte contro il muro, sopra i 300 volt: nessuna risposta). Se l’insegnate vuole smettere l’esperimento, l’autorità risponde all’insegnante con 4 livelli di incitamento: - Per piacere continui, vada avanti - L’esperimento richiede che lei continui - È assolutamente necessario che lei continui - Non ha altra scelta, deve continuare Se dopo 4 incitamenti, l’insegnante si ferma, l’esperimento si interrompe, altrimenti si va avanti fino a quando il partecipante si prende la responsabilità di fermarsi e disobbedisce. Ci fa vedere il documentario ‘the milgram experiment’. Il risultato è che il 65% delle persone sono arrivate a somministrare il massimo della scossa elettrica malgrado le urla e dopo i 300 volt il silenzio, bastavano gli incitamenti dell’autorità. Con l’incitamento il 65% obbediva e arrivava fino alla fine. Sono stati fatti diversi esperimenti arrivando sempre allo stesso risultato. Sono state fatte anche delle modificazioni, ma non sono risultate significative; ci sono state differenze quando la vittima era visibile, se la scossa bisognava somministrarla in modo diretto, se c’erano più insegnanti, se l’autorità era a distanza. Per il resto no. il 65% delle persone è arrivato a somministrare il massimo della scarica. I partecipanti erano 40 cittadini maschi normali, comuni, privi di ideologie politiche o altro, cittadini della comunità di New Haven, individui di strati sociali differenti. rapina sono esempi di aggressività strumentale). C’è l’intenzione di fare del male a un’altra persona, ma l’azione aggressiva è soltanto un mezzo per raggiungere un obiettivo diverso dal provocare dolore. L’aggressività può essere classificata in base a: - Modalità: verbale, fisica, gestuale, relazionale - Modalità: esplicita (umiliare qualcuno di fronte ad altri) o non esplicita - Direzione: diretta (ex dare una sberla) o indiretta (ex diffondere pettegolezzi) - Tipo di azione: attraverso un’azione (obbligare a fare qualcosa) o la mancata azione (non dire qualcosa di importante) - Effetti: danno psicologico o fisico, effetto duraturo o passeggero - Tipologia sociale: diadica o di gruppo Teorie sull’aggressività: sono teorie che cercano di spiegare le origini del comportamento aggressivo. Distinguiamo due principali teorie: - Teoria biologico evoluzionistica: secondo questo approccio l’aggressività costituisce un comportamento in gran parte innato nell’individuo. Secondo questa teoria le persone sono geneticamente predisposte a essere aggressive e queste consentono la sopravvivenza genetica e individuale, la selezione naturale ha fatto sì che gli esseri umani, come qualsiasi altro animale, abbia sviluppato comportamenti aggressivi per il mantenimento della specie. - Teoria sociale: secondo questo approccio l’aggressività è un comportamento che viene in gran parte appreso nel contesto sociale Antecedenti dell’aggressività: si tratta dei fattori che favoriscono l’insorgenza dei comportamenti aggressivi. Possiamo distinguere tra: - Approcci biologici evoluzionistici secondo cui l’aggressività è un comportamento in gran parte innato negli esseri umani - Antecedenti individuali: queste teorie vedono nell’individualità, nella personalità, nei fattori disposizionali le origini dell’aggressività a livello individuale - Antecedenti sociali: queste teorie vedono l’aggressività come un comportamento che viene determinato dal contesto Approccio biologico evoluzionistico. In generale, la prospettiva biologico evoluzionistica è una teoria dell’istinto per cui l’aggressività rappresenta qualcosa che non è appreso, bensì è universale, è un’energia che definisce il nostro essere. Per Freud è un impulso autodistruttivo che si indirizza verso gli altri ma è un primitivo desiderio di morte. Quando parliamo di aggressività in ambito psicoanalitico non è mai una rabbia acquisita, ma una rabbia inconscia. Per Lorentz invece parla invece di un comportamento adattivo piuttosto che autodistruttivo. In generale, secondo l’approccio biologico evoluzionistico, gli esseri umani come qualsiasi altro animale hanno sviluppato i comportamenti aggressivi per la trasmissione dei propri geni e la sopravvivenza. L’aggressività è dunque utile per il mantenimento della specie. Questo approccio ha delle debolezze; per esempio, esso non permette di spiegare i comportamenti aggressivi nella loro complessità e non spiega le differenze culturali ed individuali. Non è facile abbandonare la teoria evoluzionistica perché tutti i vertebrati mostrano aggressività e tutti i vertebrati manifestano capacità inibitoria dell’aggressività, tuttavia, questa capacità inibitoria dell’aggressività è soltanto una strategia opzionale ed è determinata dalle esperienze precedenti dell’animale e dal contesto in cui esso si trova. Si ha un’opzione ad essere aggressivi o meno. studio del 1946 da Kropotkin: uno scimpanzè in una gabbia a cui viene dato il cibo e nella gabbia di fronte c’è un compagno a cui non viene dato da mangiare, scatena la compassione per l’altro, gli passa da mangiare con riluttanza, gli costa fatica ma lo fa. Riassumendo, tra gli psicologi sociali c’è il consenso che l’aggressività non ha più senso cercare di capire se sia innata o no, se sia un istinto o no, è una strategia opzionale, si sceglie di adottarla perché abbiamo anche l’opzione di essere collaborativi, altruisti, trovare compromessi. Ormai si capisce che le attivazioni di un’aggressività anche se fosse innata o più veloce della fatica della cooperazione dell’altruismo, l’aggressività è attivata dalla situazione, dai fattori sociali. Secondo berkowitz e nisbett i modelli di comportamento aggressivo sono flessibili e soggetti a un’infinta gamma di modificazioni. Tanto che la cultura modifica la tendenza dell’aggressività che può essere aumentata o ridotta. questo lo vediamo nei modelli dei leader. Quindi in definitiva secondo l’approccio evoluzionistico l’aggressività fa parte della natura umana. la risposta è sì, ma anche altruismo e cooperazione, per cui è una strategia opzionale. Altro approccio, basato sugli antecedenti individuali : possiamo parlare di aggressività se parliamo di individui, in questo approccio il focus è su quali sono le caratteristiche dell’individuo che determinano la sua aggressività. Modello del big 5 in relazione all’aggressività: - L’amicalità (quantità e qualità di relazioni interpersonali positive intraprese) è correlata negativamente all’aggressività, ossia più siamo amicali, meno siamo aggressivi. - La coscienziosità (autodisciplina e scrupolosità) è correlata negativamente all’aggressività, più siamo coscienziosi, meno siamo aggressivi. - Il nevroticismo (tendenza a essere emotivamente instabili e insicuri) è correlato positivamente al comportamento aggressivo - Estroversione: la relazione tra estroversione e aggressività non è ancora chiara - L’apertura mentale non sembra influenzare in alcun modo il comportamento aggressivo Vengono prese in considerazione anche altre variabili di personalità non presenti nel big 5: - Autostima: l’aggressività è legata sia ad alta sia a bassa autostima. Bassa autostima comportamento aggressivo. Alta autostima comportamento aggressivo - Narcisismo: narcisista è colui che è compiaciuto di sé stesso e ha un senso di essere superiore agli altri. secondo uno studio del 1997 la persona con un profilo diagnostico in linea con il narcisismo è più aggressiva di altre solo però se è provocata direttamente. Quindi, secondo questo modello è importante considerare i tratti di personalità dell’individuo per predire il comportamento aggressivo. Dobbiamo poi considerare anche le differenze di genere: c’è il senso comune che il gli uomini sono più violenti delle donne, ma come dimostrato da studi questo non è vero. Sappiamo che l’aggressività delle donne è indiretta, mentre quella degli uomini è diretta, non c’entra la quantità. Esperimento: c’era un avversario fittizio che poteva essere punito, le donne punivano con un suono dilungato, gli uomini punivano con un suono più forte. Possiamo vedere anche un legame tra biologia e interazione comportamentale: si pensava che gli uomini fossero più aggressivi e questo fosse legato alla presenza di testosterone. In realtà, il testosterone non è legato all’aggressività. il testosterone non è legato al maschio dominante o più forte, ma allo status rispetto agli altri. maggior testosterone induce dominanza questo determina acquisizione di un elevato status, ma l’innalzamento dello status aumenta i livelli di testosterone. C’è una correlazione bidirezionale tra fattori biochimici e comportamento. Altra cosa da considerare è l’uso di sostanze: il consumo di alcool e droghe aumenta la probabilità di reazioni aggressive poiché riduce la capacità degli individui di interpretare in modo appropriato gli stimoli provenienti dall’ambiente. Altro approccio, basato sugli antecedenti situazionali e sociali . È importante l’effetto dei fattori ambientali, ossia di caratteristiche particolari dell’ambiente fisico che favoriscono l’insorgenza di condotte aggressive. In questo contesto occorre considerare: - Temperatura: secondo la temperature aggression theory, le temperature sgradevoli favoriscono un aumento dei fattori motivazionali che predispongono all’aggressività portando quindi a comportamenti violenti e aggressivi in condizioni appropriate. Sono state analizzate soprattutto le conseguenze all’esposizione ad alte temperature. Si è visto come le alte temperature possono influenzare le prestazioni cognitive, come ad esempio favorire la formazione di atteggiamenti di ostilità o alterare le capacità di vigilanza visiva e uditiva. Inoltre le alte temperature favoriscono la sensazione di spossatezza, angoscia e ansia che hanno a loro volta un impatto sul comportamento aggressivo. Si assiste inoltre a una diminuzione della frequenza cardiaca. - Inquinamento acustico: provoca stress fisiologico che facilita comportamenti aggressivi - Affollamento: attivazione fisiologica di fastidio, irritazione, quindi aggressività - Cambiamenti climatici: quindi la stagionalità, si è visto come le società basate su un ritmo delle stagioni, pensiamo agli agricoltori che devono imparare a fare la raccolta e fare scorta, hanno imparato nel corso delle generazioni ad avere la capacità di pianificazione delle risorse e dell’autocontrollo. I paesi che hanno minore dipendenza dalle stagioni, ha creato una società con meno autocontrollo perché sono meno preoccupate del futuro, quindi la minore capacità di autocontrollo e preoccupazione del futuro predispongono all’aggressività. Questa teoria che pone in relazione l’aggressività con i cambiamenti climatici viene chiamata CLASH – climate, aggression, and self-control in humans. Molto più importanti nel determinare le condotte aggressive sono i determinanti sociali, ossia il contesto entro cui le persone agiscono e i fattori ad esso collegati. In questo contesto risulta importante considerare la disinibizione e la deindividuazione. La disinibizione si verifica quando vengono messi in atto comportamenti impulsivi che sono il frutto di una disattivazione delle norme sociali e del venir meno delle forme di controllo apprese che generalmente regolano la vita sociale della comunità. Secondo Le Bon vengono perse le inibizioni rispetto al proprio comportamento aggressivo e quindi avviene la disinibizione dello stesso, perché avviene la deindividuazione, ossia all’interno di un gruppo coeso, di una folla, gli individui tendono a perdere la propria identità personale e quindi il senso di responsabilità personale, il che implica un aumento dei comportamenti aggressivi. Secondo il social identity model of deindividuation effects (SIDE model) la deindividuazione in realtà nasce da un processo di rafforzamento del senso di appartenenza dall’individuo al proprio gruppo, il singolo rafforza la sua immagina come elemento integrante del gruppo; per cui il soggetto seguirà le norme del gruppo: se il gruppo è disposto a mettere in atto un comportamento aggressivo, il soggetto metterà in atto un comportamento aggressivo sulla base di questa appartenenza piuttosto che su credenze e valori individuali, se invece il gruppo non è disposto a mettere in atto un comportamento aggressivo, il soggetto non metterà in atto un comportamento aggressivo. Dobbiamo tenere conto in questo contesto anche dei fattori culturali. Vediamo infatti come i livelli di aggressività in paesi diversi siano differenti, per cui comprendiamo come gli ambienti culturali esercitano una grande influenza sull’espressione del comportamento aggressivo umano. Nisbett e Cohen hanno fatto degli studi e hanno visto che la cultura determina l’aggressività negli individui. Gli stati del nord america hanno minore aggressività rispetto a quelli del sud. Hanno interpretato le differenze di aggressività negli stati del nord e del sud sulla base di fattori culturali ed economici. In particolare, i cittadini del Sud discendevano da allevatori di bestiame, mentre i popoli del nord erano coltivatori, dediti all’agricoltura. Pertanto, i cittadini del sud si sono dovuti adattare al rischio del furto di bestiame, quindi sempre allerta. È nata la cultura dell’onore, che rappresenta un insieme di norme secondo le quali gli individui si sentono in dovere di proteggere il bestiame, il proprio onore e la propria reputazione rispondendo a insulti, minacce e affronti spesso attraverso l’uso della violenza, diversamente da quello che succede al nord. Questo si è visto anche in altre parti del mondo (ex medio oriente, quartieri delle città controllati da bande e associazioni criminali, organizzazioni mafiose siciliane). Prendiamo ora in esame i fattori situazionali sociali. Esperimento di Zimbardo e collaboratori del 1973 nel carcere di Stanford: cercavano di capire se i comportamenti aggressivi fossero dovuti a specifiche caratteristiche individuali o se derivavano dalla situazione specifica dell’agire in gruppo. Nell’esperimento crearono una prigione nel sotterraneo dell’istituto di psicologia di Stanford dotata di videocamere e video registratori. Furono reclutati dei Anche essere esclusi da un gruppo può portare a maggiore aggressività (esempio caso alla columbine high school di littleton in colorado due allievi uccisero un insegnante e 14 studenti). Critiche alla teoria della frustrazione aggressività: I gruppi discriminati dovrebbero mostrare aggressività nei confronti di coloro che li discriminano, mentre si è visto che mostrano tendenze aggressive verso qualunque gruppo estraneo in maniera indifferenziata Non tiene conto del contesto situazionale, non riesce a spiegare gli episodi di aggressività in ambienti privi di cause di frustrazione Non sempre le persone agiscono in modo aggressivo dopo una situazione frustrante Teoria dell’apprendimento sociale di Bandura. Viene definita anche teoria dell’apprendimento sociale e dell’aggressione, è stata postulata da Bandura, in realtà da sempre, primo esperimento 1963, l’idea è che il comportamento aggressivo non sia innato ma venga appreso da un modello a cui si è stati esposti . Secondo l’autore, le persone non nascono con un set di intenzioni comportamentali pre determinato, ma il comportamento viene appreso osservando il comportamento altrui. La maggior parte dei comportamenti umani vengono appresi indirettamente, osservando il comportamento di altri in diversi contesti. L’importanza di questa teoria è sulla modalità dell’apprendimento, è quando ci sono le situazioni che fanno sì che qualcuno sia più propenso ad adottare un comportamento aggressivo perché lo ha imparato da qualcun altro. Le forme specifiche che assume il comportamento aggressivo, la frequenza con cui viene utilizzato e gli obiettivi specifici selezionati per l’attacco sono in gran parte determinati da fattori di apprendimento sociale. Si viene necessariamente influenzati dal modello a cui si è esposti. L’esperimento più famoso è quello della bobo doll (venne scelto questo nome perché è neutro, non familiare ed è non conosciuto). Il campione era composto da bambini di età media di 4 anni e 4 mesi, 36 maschi e 36 femmine. I modelli erano un maschio e una femmina adulti. I bambini sono stati divisi in 3 gruppi sperimentali in base alla loro aggressività pre esistente, valutata osservando il comportamento dei bambini alla scuola materna e giudicando il loro comportamento aggressivo sulla base di 4 scale. Si fa vedere ai bambini un filmato in cui si vedono degli adulti che hanno un comportamento aggressivo verso una bambola. La bobo doll era un pupazzo molto grande (lo vediamo nella foto nelle slide), era una bambola gonfiata d’aria, si vede l’aggressività di un adulto che o urla qualcosa di non familiare (sillabe che non hanno senso, che non sono mai state sentite prima in un ambito aggressivo, si vede se i bambini ri utilizzano quelle parole successivamente) o aggressività fisica (con un martello picchiavano questa bambola). Altri bambini invece vedono un filmato dove non vi era un comportamento aggressivo. Si lasciano i bambini in una stanza da soli a giocare con dei giocattoli e la bambola, si osserva il loro comportamento, se è aggressivo o meno e in che modalità. Come avveniva la misura dell’aggressività? il modello dell’aggressività non era familiare, cioè non innescava nei bambini nessuna associazione già vista. L’obiettivo era quello di valutare in maniera libera da vissuti nei partecipanti il loro modo di agire aggressivo. Lo scopo dell’esperimento era quello di dimostrare che se i bambini fossero stati testimoni di un’esibizione aggressiva da parte di un adulto, avrebbero imitato questo comportamento aggressivo quando ne avrebbero avuto l’opportunità. Risultati: i bambini nella condizione di modello aggressivo hanno dato risposte più aggressive rispetto ai bambini nella condizione di modello non aggressivo. I maschi hanno dato risposte più aggressive delle femmine. I maschi nelle condizioni del modello aggressivo hanno mostrato risposte più aggressive quando il modello era maschio rispetto al modello femmina. Le femmine nelle condizioni del modello aggressivo hanno mostrato risposte fisiche più aggressive quando l’adulto era maschio ma risposte verbali più aggressive quando l’adulto era femmina. Perché? È un risultato da calare storicamente nella situazione, il papà puniva fisicamente, la madre rimproverava verbalmente. I risultati quindi supportavano la teoria dell’apprendimento sociale di Bandura: i bambini imparano comportamenti sociali come l’aggressività attraverso il processo di apprendimento dell’osservazione, osservando il comportamento di un’altra persona. Critiche: i bambini si rendono conto della situazione fittizia quindi interpretano quell’aggressività come non vera quindi svalutata dai fattori di è giusto o sbagliato. Mentre i bambini sono pronti a replicare l’aggressività quando l’oggetto è una bambola, è molto raro che i bambini la riproducano su un altro bambino o adulto. Il modello di apprendimento comunque è stato validato. Ha creato poi un filone di ricerca che dura tutt’ora. Modello neoassociazionistra. È un modello proposto da Berkowitz nel 1989. Prosegue il filone di ricerca iniziato da Bandura. Secondo questo modello, non solo si imita il modello, ma gli stimoli aggressivi fanno da trigger per un comportamento aggressivo. Secondo questo modello, la frustrazione determina uno stato interno di attivazione emotiva che crea le condizioni per agire aggressivamente, ma non inevitabilmente si traduce in comportamento aggressivo. La condizione è manipolata con presenza o meno di un’arma da fuoco, pistola sul tavolo mentre un adulto fa qualcosa, la presenza visiva dell’arma senza che sia stata indicata, crea maggiore aggressività nel bambino. La presenza dei cosiddetti indizi aggressivi (pistola, coltello…) fa aumentare l’aggressività. Si chiama teoria del segnale stimolo ed effetto arma. effetto arma: il fatto stesso che un’arma sia visibile aumenta la possibilità di attivare risposte aggressive. l’oggetto presente, nessuno lo usa, ti dice quando usarlo o come usarlo, si associa l’oggetto con quello che conosciamo e questo determina la nostra aggressività. Questo succede perché vedere un’arma o uno strumento aggressivo può favorire l’accessibilità dei pensieri e script aggressivi a essa associati attraverso un processo di diffusione e attivazione. Una maggiore accessibilità di pensieri ostili può facilitare il successivo comportamento aggressivo in diversi modi, ad esempio influenzando l’interpretazione delle situazioni sociali in corso, o aumentando la percezione dell’appropriatezza di una soluzione aggressiva a una disputa, segnalando all’individuo che l’azione violenta è appropriata in quella particolare situazione. Teoria del trasferimento dell’eccitazione: proposta da Zillman nel 1979. Secondo l’autore l’eccitazione psicologica ha un ruolo nell’interpretazione cognitiva delle condotte aggressive. Egli propone il concetto di dislocazione dell’emozione. Secondo l’autore se due eventi particolarmente rilevanti sono separati da un breve lasso di tempo, l’attivazione psicologica derivante dal primo evento può erroneamente essere attribuita al secondo. GAM = general aggression model di Anderson e Bushman del 2002. Fornisce una cornice teorica integrata delle teorie sociali dell’aggressività viste precedentemente. Questo modello considera fattori situazionali, individuali e biologici che determinano risposte cognitive, emotive, fisiologiche e comportamentali legate all’aggressività. È diviso in 3 aree: - Fattori prossimali: sono le premesse, gli antecedenti del comportamento aggressivo, si distingue tra: o Fattori individuali: caratteristiche proprie delle persone (tratti di personalità, atteggiamenti, credenze, genere) o Fattori situazionali: caratteristiche proprie della situazione in cui una persona agisce e che possono favorire una condotta aggressiva (essere provocati, frustrati, esposizione a contenuti violenti, assunzione di droghe o alcool) o Interazione sociale - Processi interni/cognitivi/stato interno dell’individuo: vediamo un triangolo ai cui vertici ci sono emozioni, attivazione psicologica= arousal, risorse cognitive. Questi 3 elementi possono influenzarsi reciprocamente. - Conseguenze: valutazione e processi decisionali: azione riflessiva, azione impulsiva (risposte comportamentali) È un modello circolare: le valutazioni derivanti dallo stato interno di un individuo influenzano l’interazione sociale che a sua volta influenza nuovamente i fattori individuali e situazionali e lo stato interno degli attori. La violenza dei media e la riduzione della sensibilità. Tutto ciò che vediamo attraverso i media può influenzare il nostro modo di pensare. Ci si domanda quindi se la violenza che si vede nei film o altro che effetto ha sullo spettatore. Se l’apprendimento attraverso l’osservazione è così potente, allora guardare la violenza nei media rende le persone più violente? Sì, anche se dipende anche da altri fattori. La differenza è il lungo o breve termine. L’esposizione alla violenza televisiva promuove atteggiamenti favorevoli rispetto ai comportamenti aggressivi nella vita reale. Maggiore è la violenza che le persone guardano in tv da bambini, maggiore è la violenza che mostreranno da adolescenti o adulti (ma intendiamo sempre che abbia guardato tanti film violenti). L’esposizione alla violenza in TV aumenta il comportamento aggressivo nei bambini. Uno studio di Josephson ha riportato che guardare la violenza in TV ha avuto il maggiore impatto sui giovani che sono in qualche modo inclini alla violenza. Secondo lui i bambini non inclini alla violenza non mostrano la loro aggressività, almeno non come risultato della visione di un solo film violento. ma quanto impatto ha il resto? Non solo guardare la violenza ti fa diventare violento. Bisogna considerare anche il resto che avviene nella nostra vita. Potremmo parlare in un certo senso di ‘predisposizione’, anche se non nel senso di qualcosa di innato. Per quanto riguarda i video giochi non c’è ancora consenso in letteratura: alcuni ricercatori sostengono che non vi siano effetti significativi sul comportamento aggressivo, la maggior parte invece è concorde nel ritenere che l’esposizione a videogiochi violenti favorisca l’insorgere di condotte aggressive soprattutto nei bambini e negli adolescenti, almeno a breve termine. Il meccanismo è analogo a quello che avviene per quanto riguarda l’esposizione alla violenza tramite la TV. All’interno dei social media spesso vediamo nei commenti vere e proprie manifestazioni di aggressività verbale. Si parla di flame words. Una delle motivazioni principali che porta alla nascita di manifestazioni aggressive online può essere attribuibile all’anonimato di cui si gode nella rete. Inoltre un ruolo importante è giocato dall’influenza dei commenti precedenti: se i commenti precedenti sono aggressivi, tendiamo a uniformarci e postare noi stessi un commento aggressivo. Anche gli adulti vengono influenzati dalla televisione violenta, soprattutto dalle news. Philipps ha scoperto che i tassi di omicidio negli stati uniti sono quasi sempre aumentati durante la settimana successiva a un incontro di pugilato dei pesi massimi; maggiore era la pubblicità (più si parlava di questi incontri) che circondava la lotta, maggiore era il successivo aumento di omicidi. Philipps ha parlato anche dell’aumento di suicidi quando si è esposti a news di sucidi. L’esposizione ripetuta ha un effetto di soppressione della nostra sensibilità, diventiamo abituati alla violenza, non ci fa più impressione, quindi la possiamo utilizzare con maggiore familiarità. La familiarità viene manipolata molto dai media. Perché la violenza dei media influenza a diversi livelli l’aggressività degli spettatori? L’idea è che si riduca la sensibilità. Secondo Bandura, la violenza veicolata attraverso la televisione o attraverso qualunque mezzo mediatico tende a falsare la percezione che le persone hanno del comportamento aggressivo attraverso il meccanismo della desensibilizzazione alle scene violente: gli individui tendono cioè ad avere una ridotta percezione delle conseguenze di un gesto aggressivo, ma anche una minore propensione ad agire in favore di una vittima quando si verifica un’aggressione. Se possono farlo loro, allora posso farlo anche io, perdo la inibizione, il controllo del mio grado di aggressività. oh, ecco come si fa, adesso lo faccio anche io (emulazione del comportamento). Nel GAM model abbiamo visto elaborazione cognitiva, sono in uno stato di arousal, sono agitata perché c’è qualcosa che mi ha fatto stare male, non ho ancora una buona capacità introspettiva, non è una giornata buona, capisco che sono arrabbiato guardando la tele, c’è qualcuno che mi dà l’opportunità di capirlo e ho il priming per l’aggressività. che noia ancora sangue, riduzione della sensibilità di fronte alla brutalità, questo comporta una riduzione di simpatia. Quali sono le vie per ridurre la violenza. La violenza ha un costo sociale, quindi dobbiamo poterla prevenire. Anche se fosse innata non è la ragione per convivere con l’aggressività, perché comunque abbiamo detto che è un’opzione del nostro agire. Nella nostra società è comune pensare che la punizione - Sessismo ambivalente. È un concetto che due psicologi sociali glick e fiske hanno coniato nel 1996. È un pregiudizio particolarmente complesso perché riguarda uomini e donne. uomini e donne hanno un rapporto complesso per quanto riguarda soprattutto la famiglia o i ruoli nel mondo di lavoro, sono due gruppi che non si possono ignorare, c’è una convivenza fisica costante e una dipendenza psicologica. C’è una asimmetria di potere, dominanza dell’uomo sulla donna, che sta migliorando. Il pregiudizio quindi di sessismo è ambivalente proprio per questa dipendenza costante fisica e psicologica. Si esprime in: sessismo ostile che racchiude gli atteggiamenti misogini di svalutazione della donna, che viene vista come inferiore rispetto agli uomini, e sessismo benevolo che è invece un caso di pregiudizio con violenza (apparentemente) positiva, è quello di cui non ci accorgiamo, né gli uomini che lo fanno, né le donne che lo subiscono, ex le donne angeli, grazie alle madri che fanno dei lavori incredibili, le donne sono belle, le vorrei ricoprire solo di regali e di fiori… in realtà sottolinea comunque un ruolo della donna, ci sono donne che non vogliono essere madri, non vogliono essere brave mogli, il sessismo benevolo comunque confina la donna in ruoli stereotipici che non le permettono di essere quello che vuole essere. Il sessismo benevolo vale anche per l’uomo che deve essere forte, coraggioso, non avere emozioni che lo rendono vulnerabile, uomo che deve essere sempre sessualmente disponibile, l’uomo viene percepito come animale sessuale e invece non lo è… le donne vengono viste come più premurose e meno autoritarie rispetto agli uomini. Come al solito lo stereotipo applica dei concetti a tutte le persone facenti parte di quel gruppo indistintamente privandole del loro diritto di essere trattate come individui con qualità e abilità specifiche. Gli stereotipi di genere possono avere effetti dannosi (esperimento in cui si vede che si prova meno fiducia nei confronti di una donna medico rispetto a un uomo). Inoltre, se lo stereotipo sessuale è abbastanza forte tende a essere acquisito anche dalle persone che ne sono vittima (esperimento viene mostrato un compito molto difficile ma ben svolto da un ragazzo o da una ragazza a un uomo e a una donna. Sia l’uomo che la donna dicono che se il compito è stato svolto dal ragazzo è perché è stato bravo, se è stato svolto dalla donna è perché è stato un colpo di fortuna, la stessa cosa vale se il compito è andato male, sfortuna nel caso dell’uomo, incapacità nella risoluzione del compito per la donna). potremmo vedere un potremmo potremmo vedere un vedere potremmo vedere un un collegamento potremmo vedere uncon potremmo vedere unla potremmo vedere unprofezia potremmo vedere unche potremmo vedere unsi potremmo vedere unautoavvera. si distingue tra: o Sessismo ostile: visione stereotipata delle donne che vengono viste come esseri inferiori rispetto agli uomini (meno intelligenti, meno capaci…) o Sessismo benevolo: visione stereotipata delle donne in modo positivo, quasi cavalleresco, le donne appartengono al sesso debole Alcuni autori hanno inoltre evidenziato come il sessismo possa essere un’ideologia inconsapevole, ovvero un insieme di credenze che le persone accettano implicitamente perché non sono in grado di concepire visioni alternative del mondo (è un qualcosa di culturalmente determinato). - Esiste anche il neurosessismo. Idea che il cervello femminile sia biologicamente diverso da quello maschile e sono diversi per quanto riguarda le emozioni, le donne più empatiche, sociali, attente alle emozioni degli altri, alla salute degli altri, mentre uomo più sistemico e attento alle regole. Perché esiste il neurosessismo? Le teorie si basano su delle premesse, le premesse derivano da dati raccolti scientificamente, non validati, ma nella storia rimane sempre più impressa la validazione, in natura le femmine si comportano diversamente… la scienza è ancora basata su differenze di sesso. La cosa importante per vedere i compiti sperimentali che vengono proposti negli esperimenti hanno sempre un bias per gli uomini e per le donne, per esempio negli anni 60 Janis aveva fatto un esperimento sul livello di influenzabilità delle donne rispetto agli uomini, era arrivato alla conclusione che le donne si lasciassero influenzare maggiormente, ma i compiti erano basati su conoscenze politiche, dello sport, ambiti non familiari alle donne e gli uomini non venivano testati sulla conoscenza della cucina, del giardinaggio, dell’educazione dei figli, il test era fatto nell’ambito di competenza degli uomini. + esempio ci sono persone che dicono che le donne non sono brave in matematica, perché non hanno mai vinto un nobel in merito, ma questo è l’effetto del pregiudizio, stessa cosa quando obama ha vinto le elezioni, prima non erano ammessi alla vita politica Definizione di pregiudizio: È un atteggiamento tipicamente ostile o negativo nei confronti di un gruppo riconoscibile che si basa su generalizzazioni che derivano da informazioni scorrette o incomplete . il pregiudizio è un atteggiamento e in quanto tale ha una componente cognitiva, affettiva, comportamentale. Vediamo una ad una le componenti del pregiudizio, quindi componenti cognitiva, affettiva e relazionale. La componente cognitiva sono le credenze e i pensieri (cognitions) riguardanti il target del pregiudizio. è legata alla stereotipizzazione. Il pregiudizio è un atteggiamento. La stereotipizzazione è la componente cognitiva dell’atteggiamento del pregiudizio. La sterotipizzazione è un tipo di pensiero riguardante un determinato gruppo di persone, è una forma particolare di attribuzione, categorizzazione di persone, l’attribuzione è quando le persone cercano di capire il comportamento degli altri facendo delle supposizioni sulle cause che l’hanno provocato. La stereotipizzazione è un’euristica. Socialmente l’essere umano in quanto animale sociale è sempre in una situazione sociale con altre persone che si conoscono o meno, di cui si ha paura o meno. come faccio a capire? Generalizzo, è un sistema per avere una risposta veloce, automatica, per capire chi ho di fronte, è costante classificare gli altri che abbiamo intorno a noi, in qualunque situazione. ex arriva il postino, ah ok, è una brava persona, anche se non lo conosco, ma l’ho categorizzato come una brava persona. Questo modo di categorizzare gli altri è presente fin dalla nascita. Ci sono studi che dicono che i bambini piccoli vedono l’altro quando hanno la visione completa, distinguono l’altro rispetto alle figure di cui sono abituati (mamma e papà) e sviluppano delle preferenze entro i primi anni, per cui se vede il papà e la mamma con un colore della pelle, a quelle persone attribuisce un volersi bene e poi c’è il resto del mondo. Su quel primo imprinting poi abbiamo lo sviluppo delle preferenze che avviene con la cultura, l’educazione, l’esposizione a certe informazioni rispetto ad altre. quando nasciamo abbiamo l’abilità di notare categorie differenti, ma poi quest’abilità è modellata dall’esperienza personale. Nasciamo con la capacità di creare categorie sociali, che è la stereotipizzazione e queste categorie sociali sono molto forti, difficili da sradicare. Agli inizi del 2000 ci sono stati degli studi indiretti come tutti quelli sul pregiudizio, wigboldus e altri hanno fatto un esperimento per vedere se le persone giudicano automaticamnte l’onesta o la disonestà di una persona senza vedere il comportamento che ha fatto ma giudicando a priori che tipo di persona è ex prete – tossico dipendente. Le categorie sono utili, necessarie, sono delle euristiche che ci fanno fare una prima scrematura di tutto quello che ci sta attorno, mi danno un’idea di come muovermi in situazione di emergenza o ambigue, ma se le manteniamo sono il primo passo per la creazione di pregiudizi. Si toglie quindi l’individualità ad ogni singola persona. Prete = buono, tossico = cattivo. Le categorizzazioni sono utili e necessarie, ma possono avere conseguenze importanti: esse non generano inevitabilmente il pregiudizio, ma sono il primo passo verso la sua creazione. Quindi lo stereotipo è la semplicistica generalizzazione di un gruppo di persone – attraverso l’attribuzione di caratteristiche identiche a qualsiasi persona di un gruppo – senza tenere in considerazione le effettive differenze che esistono tra singoli membri del gruppo. Senza tenere in considerazione e senza fare lo sforzo di pensare che possa essere diverso. Gli stereotipi sono facili, mi semplificano la vita. Quindi, gli stereotipi sono un’euristica e pertanto ricorrere agli stereotipi non è necessariamente offensivo, spesso è un modo in cui gli esseri umani semplificano la loro visione del mondo. Gli stereotipi si basano sull’esperienza. L’aspetto negativo è che lo stereotipo rende ciechi di fronte alle differenze individuali, allora diviene pericoloso. Componente affettiva/emotiva. È l’emozione positiva o negativa associata con l’oggetto dell’atteggiamento. Qualunque atteggiamento è associato a emozioni positive e negative. Ha una valenza positiva e negativa. Il pregiudizio in quanto atteggiamento può essere positivo o negativo, anche se le sue conseguenze sono sempre negative. Il fatto che la componente affettiva sia una parte importante dell’atteggiamento del pregiudizio fa sì che il pregiudizio sia difficile da cambiare; abbiamo detto infatti nelle scorse lezioni che gli atteggiamenti sono difficili da cambiare a causa della loro componente emotiva. La componente affettiva dell’atteggiamento rende la persona con pregiudizio resistente al ragionamento. Le spiegazioni logiche infatti non hanno alcun effetto sulle emozioni. Questo lo aveva già detto Allport nel 1954 il quale diceva che questo è quello che rende molto difficile modificare il pregiudizio attraverso argomentazioni logiche (Allport aveva dimostrato che è difficile modificare il pregiudizio attraverso argomenti logici). Esempio di Allport, qualcuno che è resistente al cambiamento del pregiudizio, mr x persona con pregiudizio razziale nei confronti degli ebrei. Viene mostrato un dibattito tra due persone, mister x e mister y, dove mister x ha un pregiudizio nei confronti degli ebrei e mister y cerca di mostrargli come quanto afferma non sia veritiero. Non si riesce a convincere una persona con prove logiche, anche di fronte a prove contraddittorie la persona con pregiudizio risponde ‘è un’eccezione’ o ‘è un falso’. Quindi, in definitiva, gli stereotipi sono altamente resistenti al cambiamento, anche di fronte a prove contraddittorie. Come dicevamo, a causa della componente affettiva, è difficile convincere a cambiare i pregiudizi. Componente comportamentale. Si riferisce alle azioni che ne conseguono, tra cui la discriminazione, ossia l’azione ingiustificata, negativa o pericolosa verso un membro dell’outgroup determinata semplicemente dal fatto di appartenere a tale gruppo . Ex non studierò mai più con uno di pavia, non assumerò più donne nella mia azienda. Gli stereotipi esistono perché è vero che la maggioranza di… si comporta così. Lo stereotipo non dovrebbe comportare il mio comportamento verso queste persone. La discriminazione esplicitamente è illegale. Non si può per esempio fare un annuncio di lavoro solo per uomini. Ma ci sono anche comportamenti di cui non ci si accorge, sono impliciti. Quindi vediamo le discriminazioni implicite. Tra le discriminazioni implicite rientrano: - Discriminazione per la salute . C’è un’azienda di vestiti sportivi riciclati e ha modelle online di qualunque taglia. Un articolo di qualche anno fa un’azienda ha messo un manichino di una persona fuori dalla norma del peso ottimale ed è stata criticata perché promuoveva un modello di salute non salutare. In linea di massima è vero che essere in sovrappeso fa male, ma non sappiamo niente della vita di quelle persone, quindi giudicare una persona solo dal suo peso è estremamente sbagliato. L’essere magri può essere discriminante. Quindi vediamo una discriminazione delle persone in sovrappeso. La discriminazione rivolta contro le persone in sovrappeso può addirittura portarle a ricevere cure mediche differenti e meno accurate rispetto alle persone normopeso, come ci mostra uno studio di Finkelsterin, Demuth e Sweeney del 2007 (caso di una ragazza con una tosse persistente con tracce ematiche, i medici dicevano che era dovuto al suo peso, si scopre poi che aveva un tumore al polmone). - Discriminazione istituzionalizzata , sul lavoro. Abbiamo detto che è illegale. Hanno fatto un esperimento nel 2012 (Moss-Racusin et al, 2012) con professori universitari, viene mostrata l’application di studenti per un dottorato, alcuni uomini e donne, tutti volevano un maschio, avrebbe ricevuto uno stipendio più alto e una supervisione più curata. - Discriminazione quotidiana . Sono microaggressioni di cui ci rendiamo conto e facciamo finta di niente. Il pregiudizio in questo caso si manifesta con microaggressioni, offese e mancanze di rispetto che molte minoranze devono subire quotidianamente. Esempio: un professore che si complimenta con uno studente americano asiatico per il suo eccellente accento inglese, nonostante sia nato e viva negli USA. - Discriminazione nel sistema giudiziario . Diversi studi hanno evidenziato come le persone di colore vengano maggiormente arrestate, condannate e imprigionate con l’accusa di traffico di stupefacenti rispetto alle persone bianche. Una ricerca condotta a Seattle in una città con il 70% di bianchi la maggior parte di coloro che spacciano e fanno uso di droga sono bianchi, ma almeno due terzi di coloro che vengono arrestati sono afroamericani. I ricercatori hanno anche con il covid ex se una persona è positiva avrà fatto senz’altro qualcosa di sbagliato, magari ha fatto qualcosa di permesso ma è stato sfortunato. Questo bias aumenta il pregiudizio che ognuno si merita ciò che gli capita. Una variante del biasimare la vittima è la scusa della ‘reputazione meritata’, se i membri del gruppo x sono sempre stati perseguitati vuol dire che devono aver fatto qualcosa per meritarselo. possiamo potremmo vedere unfare potremmo vedere unun potremmo vedere uncollegamento potremmo vedere uncon potremmo vedere unl’hindsight potremmo vedere unbias potremmo vedere un(quando potremmo vedere unl’evento potremmo vedere unè potremmo vedere unorami potremmo vedere unnoto, potremmo vedere unle potremmo vedere uncomplesse potremmo vedere uncircostanze che potremmo vedere unl’hanno potremmo vedere undeterminato potremmo vedere unci potremmo vedere unappaiono potremmo vedere unchiarissime) Studio del 1985 di Frey e Gaertner: esperimento del comportamento prosociale delle persone caucasiche verso afroamericani. I partecipanti sono adulti caucasici che sono presenti duranti gli esami di giovani studenti che sono sia afroamericani sia caucasici. Ai partecipanti viene detto che c’è un gruppo di ragazzi pigri e un gruppo di ragazzi studiosi. La variabile dipendente è vedere quando i ragazzi chiedevano aiuto che comportamento avevano i partecipanti verso le diverse etnie e le diverse tipologie di studenti. I soggetti caucasici offrono aiuto a tutti gli studenti volenterosi, a prescindere dal colore della pelle, ma aiutano gli studenti pigri solo se sono caucasici. Nell’ingroup aiuto tutti, nell’outgroup aiuto solo se sono bravi. L’interpretazione di questi dati è che il razzismo sottile, quello di cui non ci si rende conto, emerge solo quando ci si può giustificare. Aiuto solo il ragazzo volenteroso e non l’altro perché posso giustificare il fatto di non avere aiutato l’altro ‘non aveva studiato, quindi non l’ho aiutato’. È una forma sottile di pregiudizio. Altri studi hanno mostrato che quando si cerca di abbassare il prezzo con i venditori di auto, i prezzi delle macchine per donne e afroamericani sono maggiori. Altri studi inoltre hanno mostrato la distanza e la freddezza di chi intervista e il candidato nei colloqui di lavoro di persone omosessuali o di colore. Sono altre forme di pregiudizi sottili. Questo comporta ansia nella persona e minori performance (collegamento con la profezia che si autoavvera). Negli anni 80 sono stati fatti degli studi in cui è stato analizzato anche il rapporto tra pregiudizio e media. Si è osservato come dal 1946 al 1987 nei fumetti era apparso un solo personaggio afroamericano. Inoltre, le donne nelle pubblicità erano sterotipizzate e oggettualizzate con conseguenze nelle loro aspirazioni di vita. Alle donne veniva offerta un’immagine limitata degli obiettivi a cui poter aspirare. Lo stereotipo della donna mostrato nelle pubblicità ha delle ripercussioni sull’immagine che la donna ha di sé stessa. Le persone di colore compaiono poco negli spot pubblicitari o nei film. Negli articoli di giornale si specifica la provenineza dell’assassino di colore ma non di quello bianco, contribuendo ad aumentare lo stereotipo a loro rivolto. Ci sono degli stereotipi anche sui bambini. Carol Dweck fece un esperimento su come lo stereotipo influenza chi ci sta intorno e in particolare su come le lodi potessero influenzare i bambini. Sono stati coinvolti 400 bambini americani. A tutti è stato somministrato un semplice test di intelligenza. Alla fine del test i bambini sono stati lodati in due modi diversi: 1) ‘wow bravissimi si vede che siete molto intelligenti’, 2) ‘wow bravissimi si vede che avete lavorato duramente’. Si chiede poi ai bambini di fare un nuovo test e di scegliere se farne uno più difficile o uno simile al primo, in cui sicuramente avrebbero ottenuto un buon risultato. Il primo gruppo sceglie quello simile, l’altro quello più difficile. È stato poi somministrato un test molto difficile, il primo gruppo ha trovato l’esperienza frustrante e ha gettato presto la spugna, il secondo gruppo ha lavorato più a lungo e si è divertito. Poi è stato somministrato un test facile come quello iniziale e si è visto che il primo gruppo è peggiorato, il secondo gruppo è migliorato. Quindi importanza di come viene effettuata la lode. Quindi conseguenze del pregiudizio sulle persone che ne sono vittime: - Conseguenze individuali o Sul benessere fisico stress cronico e problematiche cardiovascolari o Abbassamento dell’autostima anche se una meta analisi ha mostrato come l’autostima dipende da altri fattori quali l’età o il livello di scolarizzazione o Interiorizzazione dell’inferiorità le persone vittime di stigma sociale fanno propria l’immagine trasmessa dalla maggioranza che legittima l’inferiorità del loro gruppo ed essi giocano inoltre un ruolo attivo nel perpetuare tale inferiorità, attribuiscono la loro posizione sociale svantaggiata a cause esterne legate al pregiudizio e alla discriminazione attuati dalla maggioranza o Ricadute sulle prestazioni degli individui soprattutto in ambito scolastico gli studenti immigrati mostrano rendimenti scolastici inferiori per problemi legati alla lingua e condizioni socioeconomiche ma anche per il fenomeno della minaccia dello stereotipo - Conseguenze sociali: o Influenza sull’assegnazione dei ruoli all’interno delle organizzazioni le posizioni di vertice sono principalmente occupate da uomini, assistiamo a quello che viene definito ‘effetto soffitto di vetro’ o Disparità nelle cure sanitarie le persone vittime di pregiudizio hanno spesso condizioni di salute peggiori e questo è dovuto a: maggiore stress psicofisico dovuto al fatto che vivono in un ambiente sociale a loro non familiare, ma anche difficoltà di accesso alle cure sanitarie di alta qualità per questioni economiche svantaggiate, ma anche per il pregiudizio che si instaura nella relazione medico-paziente. Origini del pregiudizio. Cosa causa il pregiudizio? Tanti fattori. È un atteggiamento ed è difficile cambiarlo perché ci sono cause emotive, cognitive e comportamentali. Esistono i pregiudizi perché siamo animali sociali, la società pone dei costi altissimi sugli individui e questi reagiscono in linea con l’idea di mantenere lo status quo del loro gruppo. Anni 20-50: si pensava che il pregiudizio fosse espressione di particolari caratteristiche di personalità. Un approccio importante è stato quello di Adorno et al del 1950 che ha condotto uno studio per testare la teoria che il pregiudizio potesse essere ricondotto a un particolare profilo di personalità, cioè la personalità autoritaria. La persona autoritaria viene definita come: aderente ai valori tradizionali e conservatori, intollerante verso le ambiguità, avente un atteggiamento servile/cieco/di assoggettamento verso l’autorità. I partecipanti dello studio appartenevano al ceto medio, benestanti, borghesi. È stato somministrato loro un test per stabilire la loro personalità (il personality index) ed è stato misurato il loro pregiudizio verso diverse minoranze. Poi hanno condotto delle interviste approfondite a un sottogruppo di questi partecipanti. I risultati mostrarono una correlazione tra autoritarismo e livelli di pregiudizio. Inoltre, le persone che mostravano più alti livelli di autoritarismo (e quindi di pregiudizio) erano anche quelle che avevano subito un’educazione rigida e repressiva da parte dei genitori. Riprendendo la teoria freudiana, le persone con una educazione rigida e repressiva da adulti hanno un atteggiamento ambivalente verso i genitori: da una parte l’idealizzazione del genitore, dall’altro lato le pulsioni aggressive non potendosi legittimamente sfogare verso la fonte della rabbia, si dislocavano in atteggiamenti ostili verso dei capri espiatori, quali ad esempio gruppi etnici diversi. Quindi, secondo Adorno e colleghi il pregiudizio si origina da particolari esperienze infantili. La critica e l’errore fondamentale di questa teoria è che tale interpretazione è troppo concentrata sulla personalità, anche qui abbiamo un richiamo all’errore fondamentale dell’attribuzione. Un comportamento così generalizzato non può essere ricondotto semplicemente all’educazione della persona. Non veniva preso in esame il ruolo della situazione, nel contesto storico-economico e sociale. Tale teoria trascura il ruolo delle norme sociali (è la critica maggiore che è stata avanzata da Pettigrew, vedi sotto). Inoltre, tale teoria non riesce a spiegare l’uniformità di atteggiamenti ostili verso determinati gruppi (per esempio, non è possibile pensare che tutte le persone che hanno un pregiudizio nei confronti degli immigrati abbiano ricevuto un’educazione severa, statisticamente è improbabile). Pettigrew fa una critica alle teorie di Adorno e vuole dimostrare l’importanza delle norme sociali nella formazione del pregiudizio, non concentrandosi esclusivamente sulla personalità dell’individuo. Nel 1958 egli studia il ruolo delle norme sociali con uno studio sul pregiudizio dei bianchi del sud e del nord degli stati uniti verso gli afroamericani . Nel sud il pregiudizio era maggiore rispetto che a nord. Tuttavia, le persone analizzate avevano lo stesso livello di autoritarismo. Per cui le norme sociali sono molto importanti nel generare pregiudizi. Evidentemente, le norme sociali del sud legittimavano un’aperta discriminazione contro la minoranza afroamericana, era questa la ragione del loro maggiore pregiudizio rispetto ai bianchi del nord. Quindi non è la personalità autoritaria che determina i pregiudizi. Quindi, risulta impossibile spiegare interamente l’uniforme ostilità verso determinati gruppi sociali sulla base dell’educazione severa impartita dai genitori e della personalità. Tuttavia, esistono comunque delle predisposizioni individuali che possono predire la variabilità di alti o bassi livelli di pregiudizio. Attualmente, si ritiene che tale variabilità sia ben spiegata da due costrutti che sottendono convinzioni politiche e ideologiche circa la società e la relazioni tra i gruppi la caratterizzano: - Autoritarismo di destra (Altemeyer, 1996): viene definito come una tendenza ad aderire alle norme convenzionali della società, a sottomettersi all’autorità e a sostenere comportamenti punitivi per coloro che vengono considerati devianti. È simile quindi al costrutto della personalità autoritaria, ma in questo caso non si tratta di una disposizione cristallizzata fin dall’infanzia, ma un fattore modificabile a seconda dell’ambiente entro cui l’individuo interagisce. - Orientamento alla dominanza sociale (Pratto et al., 1994): è definito come la tendenza individuale a credere che ogni società debba essere gerarchicamente strutturata, in cui dunque è legittimo ci siano alcuni gruppi che occupano posizioni di potere e status superiore rispetto ad altri. esistono le classi, i gruppi sociali. La visione del futuro influenza i pregiudizi: Esperimento Duckitt e Fischer (2003): vogliono dimostrare che proporre alla persone un futuro denso di minacce e pericoli fa aumentare i pregiudizi. Hanno creato 3 gruppi di partecipanti giovani studenti: - Condizione di alta minaccia del futuro, si descriveva una crisi economica e alto tasso di violenze e crimini - Boom economico e armonia sociale, quindi assenza di minacce per il futuro - Non differenze con l’oggi, futuro simile a quello esistente A tutti i soggetti viene misurato il livello di autoritarismo e l’orientamento alla dominanza sociale. Risultati: i ragazzi che erano nel gruppo del futuro minaccioso avevano i livelli di autoritarismo e dominanza sociale più alti rispetto alle altre condizioni. Quindi possiamo dire che le credenze che ritraggono l’ambiente sociale come pericoloso sono in grado di estremizzare le convinzioni ideologiche delle persone ed aumentare i loro livelli di pregiudizio verso altri gruppi. Inoltre, uno studio di Sibley e Duckitt del 2008 ha messo in luce come l’apertura alle esperienze e la cordialità (due componenti del big 5 personality model) sono associate a minori livelli di pregiudizio verso diversi outgroup. Abbiamo visto quindi come l’approccio individuale basato sullo studio della personalità degli individui da solo non è in grado di spiegare le origini del pregiudizio. Infatti, a partire dagli anni 60 fino agli anni 90, sono state elaborate delle teorie psicosociali relative all’origine del pregiudizio. Le teorie psicosociali vedono il pregiudizio come un fenomeno di gruppo. Tra queste ritroviamo: - Teoria dell’identità sociale - Teoria del conflitto realistico Le nuove tecnologie sono sempre più diffuse e hanno sempre maggiore successo e questo è principalmente dovuto al fatto che questi hanno potenzialità virtualmente infinite e che rispondono ai bisogni degli utenti in modo semplice, immediato, veloce e indipendentemente dal contesto in cui l’individuo si trova. Alcuni studi tuttavia hanno evidenziato come il benessere psicologico sia calato in relazione al crescente utilizzo di tecnologie. Il sovrautilizzo della tecnologia ha degli effetti negativi sul benessere psicofisico della persona, sulle sue prestazioni e sulle sue relazioni. In ogni caso tuttavia continuiamo a rimanere iperconnessi, perché? La domanda è perché le persone trascorrono così tanto tempo a utilizzare dispositivi tecnologici? - La tecnologia permette il soddisfacimento di bisogni umani e in particolare di o Soddisfacimento di essere connesso/bisogno di appartenenza: uso dei social network, necessità di sviluppare e mantenere connessioni sociali con gli altri membri della nostra specie o Soddisfacimento di qualunque bisogno: uso di internet per fare qualunque cosa ex vacanza, spesa, in che ospedale andare, studiare e fare una tesi. La tecnologia infatti ci dà la possibilità di avere accesso a una serie di servizi e informazioni che rendono più facile far fronte alle necessità quotidiane e che migliorano la qualità di vita. Internet in particolare permette di superare le barriere spaziotemporali e rende virtualmente possibile la soddisfazione di qualsiasi bisogno. - Per le caratteristiche della tecnologia e in particolare per o Randomizzazione delle ricompense: apprendere che a una determinata azione corrisponde una ricompensa fa in modo che tale azione venga ripetuta nel tempo per ricevere ulteriori ricompense. Inoltre, quando questa associazione è appresa, le ricompense vengono randomizzate, ossia vengono corrisposte solo alcune volte, per cui la frequenza delle azioni aumenta. Le notifiche, i like e i messaggi possono essere visti come ricompense (è una ricompensa, qualcuno sta attento a me, a qualcuno piace quello che io posto, mi arrivano le notizie, esattamente quelle che vogliamo leggere), questo ci rende costantemente gratificate perché c’è ‘qualcuno’ che è attento ai nostri desideri, a quello che facciamo e ci dà delle ricompense. Non sappiamo quando li riceviamo e quindi controlliamo costantemente. Questa randomizzazione delle ricompense è il modo per i social network e qualunque altro tipo di uso, anche amazon possiamo pensare una ricompensa quando ci dice che il nostro pacco è stato spedito, arriva domani, ci domanda di dare una votazione, ci chiede la nostra attività, la responsabilità di seguire, essere presenti… siamo sempre connessi e attenti. Se in quel momento pensiamo a un’altra cosa che vogliamo la compriamo in quel momento. Tutto questo è gestito da algoritmi che comprendono i nostri comportamenti e necessità, le generalizzano e vengono sempre implementati da nuove informazioni che noi provvediamo con il nostro comportamento e quindi sono in grado di darci queste informazioni. Quindi noi pensiamo di essere l’utenza, pensiamo di utilizzare qualcosa ed essere padroni del nostro comportamento, in realtà noi siamo la merce per le aziende proprietarie delle app. o Caratteristica della newsfeed infinita: l’aggiornamento costante della bacheca permette di scorrerla per ore e ore trovando sempre nuovi contenuti Abbiamo detto che la tecnologia aumenta le nostre possibilità di interazione con l’altro, ma può anche portare d disturbi che inficiano il benessere psicologico dell’individuo: - Fear of missing out: viene definito come la preoccupazione costante e pervasiva di non poter assitere a esperienze gratificanti che gli altri potrebbero stare vivendo, è la paura di assentarsi dal flusso di informazione continuo che ci lega agli altri tramite i social network, cioè il timore di perderci qualcosa di importante, sono persone dipendenti dalla connessione, loro stessi sono poco autonomi, poco indipendenti nella loro vita e molto insoddisfatti della propria vita, presentano umore generale negativo, più si ha paura di non essere connessi, meno si è autonomi, indipendenti e felici della propria vita - No mobile phone phobia/nomophobia: essa rappresenta la paura di non poter utilizzare lo smartphone e quindi essere disconnessi dal mondo, è più situazionale come cosa, cioè si verifica solo in caso di assenza o mancato funzionamento dello smartphone. Per tali individui avere lo smartphone costituisce fonte di rassicurazione, mentre l’impossibilità di utilizzarlo genera una paura irrazionale ed eccessiva che provoca intense reazioni fisiche ed emotive, quali distress e ansia. Vediamo le teorie psicosociali sull’utilizzo della tecnologia. Si tratta di teorie che hanno l’obiettivo di spiegare il rapporto tra esseri umani e tecnologia. - Modello di Griffiths del 1995: ha introdotto il concetto di technological addiction, ossia dipendenza tecnologica: prende in esame il sovrautilizzo delle tecnologie e le conseguenze negative per il benessere fisico, psicologico e sociale delle persone. Ha preso un modello della dipendenza da sostanze e ha cercato di adeguarlo alla dipendenza tecnologica. Le dipendenze tecnologiche sono caratterizzate da comportamenti ripetitivi e abituali vissuti come fuori dal proprio controllo e associati a problemi personali e sociali. Tutte le dipendenze tecnolgiche sono inoltre caratterizzate da: 1) salienza ossia l’interazione con la tecnologia è l’attività più importante nella vita di una persona e predominante nei suoi pensieri, 2) euforia ossia l’esperienza soggettiva fortemente positiva esperita quando si interagisce con la tecnologia, 3) tolleranza ossia la necessità di interagire con la tecnologia sempre più spesso e a lungo nel corso del tempo per ottenere gli stessi effetti e sensazioni positive, 4) sintomi di astinenza ossia sensazioni negative, mentali o fisiche, dovute a interruzioni più o meno prolungate o a una riduzione improvvisa nell’utilizzo della tecnologia, 5) conflitto ossia conflitti intrapsichici o relazionali riguardanti l’uso della tecnologia, 6) ricadute ossia tendenza a tornare a utilizzi eccessivi della tecnologia anche dopo aver interrotto o mantenuto sottocontrollo il proprio comportamento per lungo tempo. - Billeux et al (2015) studio sul sovrautilizzo dello smartphone, dipendenza dallo smarphone o smartphone addiction in cui hanno illustrato il loro pathway model of problematic smartphone mobile phone use in cui mostrano 3 percorsi che possono condurre a un uso problematico dello smartphone: 1) Excessive reassurance pathway: uso problematico dello smartphone come derivante dalla necessità di mantenere relazioni con gli altri e ottenere da essi rassicurazione e conforto 2) Impulsive pathway: è dovuto a uno scarso autocontrollo che induce alla soddisfazione immediata dei propri impulsi e a un uso incontrollato del device patologie: uso eccessivo di video giochi e giochi d’azzardo online, pattern antisociale utilizzo dello smartphone quando è proibito, pattern rischioso (guidando, sexting) 3) Extraversion pathway: desiderio forte e costante di comunicare con gli altri e di fare nuove amicizie, la ricerca di sensazioni ed esperienze sempre nuove e una eccessiva sensibilità alle ricompense - Teoria dell’uso compensatorio di internet o compensatory internet use theory di Daniel Kardefelt-Winther del 2014: analizza le motivazioni per cui si usa internet. Parte dall’assunto che l’utilizzo di internet così come di qualsiasi altro comportamento sia motivato da un bisogno a cui l’individuo risponde utilizzando la rete. Una motivazione può portare a un uso benevolo e un’altra può portare a un uso scorretto. Per determinate popolazioni (anziani isolati, persone che fanno viaggi lunghi, persone separate dai cari) qui l’uso è benevolo, è una strategia di compensazione, abbiamo una connessione virtuale che ci permette di vederci anche se distanti. Ci sono anche gli effetti negativi. Si può iniziare con una motivazione positiva, in mancanza delle stesse condizioni si può essere assuefatti a quella modalità e continuare. Quindi in definitiva tale teoria vede l’utilizzo di internet e assuefatti. Questa teoria vede l’utilizzo di internet e delle tecnologie che ne sfruttano le potenzialità come strategie per fronteggiare situazioni problematiche e stressanti. Quindi un utilizzo elevato di internet secondo questa teoria non è visto come qualcosa di patologico a priori; la problematicità del comportamento dipende dalle motivazioni che portano ad utilizzarlo. - Teoria di Waytz e Gray del 2018 sull’influenza della tecnologia sulle relazioni sociali: hanno individuato 3 tipi di impatto del mondo digitale sulla vita sociale delle persone. La tecnologia può avere un impatto positivo sulla socialità in 2 modi: 1) quando l’utilizzo del digitale fa da completamento a relazioni profonde e preesistenti offline, 2) quando l’interazione con queste persone è difficilmente ottenibile in altro modo. Un impatto negativo della tecnologia sulle relazioni sociali è rappresentato da quei casi in cui le relazioni superficiali online sostituiscono le relazioni più profonde offline (persone che si ritirano dalla vita sociale e hanno rapporti con il mondo esterno quasi esclusivamente tramite device). In generale, aspetti positivi della tecnologia digitale: essere in connessione con i propri cari, essere in grado di chiedere aiuto o di aiutare, il cellulare ha fatto una rivoluzione incredibile nella qualità di vita delle persone, mezzo utilissimo per la comunicazione, pensiamo anche alle persone con disabilità che sono state molto avvantaggiate dalla possibilità di connettersi, le persone con autismo hanno un deficit di comunicazione sociale, possono interagire in modo virtuale con qualsiasi piattaforma… Social media, definizione: sono le tecnologie web che offrono la possibilità di produrre condividere e collaborare contenuti online generati dagli utenti che implicano un elemento di socialità . All’interno dei social media rientrano: - progetti collaborativi: piattaforme web volte e a creare contenuti condivisi modificabili dagli utenti ex wikipedia - blogs: diari personali in cui si condividono interessi, esperienze e contenuti di vario genere, vengono condivisi degli atteggiamenti - content communties: siti per la condivisione di determinate tipologie di contenuti quali immagini e video ex youtube - mondi virtuali: mondi virtuali dove gli utenti interagiscono tra loro tramite avatar o virtual games worlds: videogiochi online multigiocatore o virtual social worlds: simulazioni di vita reale - social network: sono le comunità virtuali in cui gli utenti creano profili pubblici e interagiscono tra loro secondo diverse modalità ex instagramm, fb, dating apps o instant messaging: piattaforme volte allo scambio di messaggi privati verso singoli utenti o gruppi o dating apps: spazi virtuali volti a conoscere nuovi partner romantici o sessuali Quando si parla di utilizzo dei social media si parla di dinamiche relazionali che proprio con i social media sono cambiate. Le varie tipologie di social media offrono modalità di interazione diverse. I social networks sono quelli più studiati e in particolare si studiano le differenze tra le dinamiche che regolano i rapporti tra gli individui sui social networks e offline. Alcuni studi si sono occupati di studiare se vi siano alcune caratteristiche disposizionali di personalità che conducono a un maggiore o minore utilizzo di social networks. In particolare sono stati messi in relazione i tratti di personalità del Big Five Model con l’utilizzo dei social network. - Nevroticismo: si tratta di individui emotivamente instabili, che tendono all’irascibilità e a sperimentare livelli elevati di ansia e affettività negativa: sono più inclini a utilizzare social networks come strumento per relazionarsi con gli altri in modo più sicuro, ci si espone meno rispetto alle interazioni faccia a faccia e si ha un maggior controllo sul proprio comportamento - Estroversione: si tratta di persone più propense a partecipare ad attività sociali, che cercano attivamente il contatto con gli altri: tendono ad utilizzare maggiormente i social networks perché - funzione di mobilitazione: mobilita il singolo o il gruppo motivando, dirigendo e sostenendo l’azione - natura collettiva: si riferisce ad atteggiamenti e valori condivisi da un determinato gruppo sociale, rappresentando quindi un importante elemento di identificazione sociale Nella seconda metà del secolo scorso si parlava di fine delle ideologie, si diceva che non esistevano più la destra e la sinistra perché mancavano sostanziali differenze in termini di proposte politiche e di contenuto filosofico tra partiti di destra e di sinistra. Jost in realtà nel 2006 ci parla di ‘fine della fine delle ideologie’, cioè esistono di nuovo. Sono cambiate le ideologie, per esempio è trasversale l’attenzione al pianeta, il valore rimane, prima era di sinistra, ora è anche di destra, quello che cambia è come si affrontano le tematiche. È stato l’avvento del populismo a far credere che fossero cambiate le ideologie. Il populismo si concentra molto sui costrutti: orientamento di destra e orientamento alla dominanza sociale. questo genere di partiti e movimenti proclama di voler difendere il popolo da minacciosi gruppi esterni (che possono essere le elite corrotte, gli immigrati) e propongono idee semplici e nette, tutta la complessità economica, sociale, naturale, globale viene sfumata e perde la forza. Per cui, semplificazione del problema e difesa da minacce, questo definisce il populismo. Non possiamo dire che sia di destra ma neanche di sinistra, alcune sono a destra, altre a sinistra, altre si definiscono completamente nuove. C’è trasversalmente a tutti i partiti un messaggio populista. Uno studio del 2018 condotto in Polonia, Gran Bretagna e USA ha esaminato il legame tra populismo e due fattori sociali: deprivazione relativa e narcisismo collettivo. La deprivazione relativa è la percezione che il proprio gruppo sociale sia vittima di un trattamento ingiusto o discriminatorio, indipendentemente dalla sua oggettiva condizione. Il narcisismo collettivo è una tendenza alla ricerca di riconoscimento e valorizzazione del proprio ingroup e ostilità verso gli outgroup. Per misurare il senso di deprivazione relativa sono stati fatti dei questionari manipolando delle situazioni, per esempio uno studio ha rilevato che nel 2016 ci sono stati tanti cambiamenti dal punto di vista politico, anno di grandi decisioni, hanno fatto uno studio su polonia, inghilterra e america misurando la scala di narcisismo collettivo sociale, la deprivazione relativa veniva invece manipolata con dei paradigmi di cognizione sociale, ex leggere un articolo tra i rapporti ue e inghilterra, 3 condizioni: solo svantaggi per inghilterra, svantaggi a breve termine sia per inghilterra sia per ue, no svantaggi. Hanno fatto esperimenti su 3 diverse nazioni. Studio lungo, dal 2016 al 2018. In polonia hanno analizzato la relazione tra identificazione nazionale, narcisismo collettivo e voto al partito populista legge e giustizia. In gran bretagna hanno anche fatto lo studio sulla manipolazione sulla deprivazione relativa poi sono stati somministrati questionari su identificazione nazionale, narcisismo e voto sulla brexit. In america hanno chiesto la preferenza di voto + narcisismo collettivo e identificazione nazionale + condizione sperimentale di deprivazione collettiva. risultati: in polonia il voto populista è correlato al narcisismo collettivo, ma non all’identificazione nazionale tradizionale. In gran bretagna e in america la percezione di deprivazione relativa è associata ad una maggiore tendenza al narcisismo collettivo, che a sua volta favorisce il sostegno a proposte e candidati populisti. nel complesso i risultati suggeriscono che i leaders e movimenti populisti debbano parte del loro successo a un cortocircuito nella classica divisione tra destra e sinistra, facendo leva sulla percezione di un ingiusto svantaggio del proprio gruppo (un problema caro alla sinistra) per alimentare risentimento e ostilità nei confronti di altri gruppi (una risposta tipicamente di destra). Il populismo ha preso fattori di ideologie diverse, destra e sinistra, e li ha sovrapposti. (rivedere esperimento!) Abbiamo detto che l’ideologia è un atteggiamento per cui è determinata da fattori disposizionali e da fattori situazionali. Per quanto riguarda il tema dell’Ideologia politica e delle differenze individuali ci possiamo concentrare su: - personalità - processi attentivi - risposte fisiologiche I primi studi sulle differenze individuali nelle ideologie si sono concentrate sui fattori di personalità del big 5 model che prende in considerazione i seguenti tratti di personalità: apertura mentale, coscienziosità, estroversione, amicalità, nevroticismo. In particolare, sono state trovate delle correlazioni con l’apertura mentale e la coscienziosità; nello specifico, i progressisti/liberali hanno maggiori livelli di apertura mentale, mentre i conservatori hanno maggiori livelli di coscienziosità. Tali differenze emergono anche nella quotidianità delle persone; in particolare, Le stanze dei progressisti/liberali sono più colorate, meno tradizionali, poco ordinate e con una presenza di elementi che ricordano il viaggio, la musica e la lettura. I conservatori hanno ambienti di vita più ordinati, con elementi che aiutano nell’organizzazione (calendari, agende) e più tradizionali. Altri studi di psicologia cognitiva si sono occupati di studiare il comportamento sociale e politico, cercando di capire i profili cognitivi, come pensano, come elaborano l’informazione progressisti/liberali e conservatori. Secondo uno studio di Carraro, Castelli e Macchiella del 2011 i conservatori hanno un negativity bias maggiore rispetto ai progressisti liberali. Il negativity bias viene definito come la capacità di prestare un’attenzione selettiva maggiore per gli stimoli negativi rispetto a quelli positivi. Nello studio ai partecipanti venivano proposti due compiti sperimentali l’emotional stroop e il dot probe. Nell’Emotional Stroop ai partecipanti venivano presentate, sullo schermo e in sequenza, delle parole positive e delle parole negative. Metà delle parole erano scritte in blu e l’altra metà in rosso. I partecipanti dovevano premere molto velocemente due tasti della tastiera per indicare il colore con cui erano scritte le parole, trascurando il contenuto. Nel Dot Probe venivano invece presentate due immagini (positive o negative) contemporaneamente, una a destra e una a sinistra. Dopo pochi millisecondi, sullo schermo, compariva un pallino, a destra o a sinistra. Compito dei partecipanti era quello di premere il tasto corrispondente al lato dello schermo in cui era apparso il pallino. Risultati: i conservatori sono stati più lenti nell’indicare il colore delle parole negative nell’Emotional Stroop, suggerendo quindi che queste parole avevano catturato maggiormente la loro attenzione. Nel Dot Probe, inoltre, i conservatori si sono mostrati più veloci nell’indicare la posizione del pallino quando questo era nella posizione in cui si trovava precedentemente un’immagine negativa. Emergono inoltre differenze individuali tra conservatori e progressisti/liberali anche da un punto di vista fisiologico. Si è evidenziato infatti come i conservatori presentino una maggiore sensibilità al disgusto, definito come un’emozione primaria che coinvolge una sensazione soggettiva di repulsione, riiuto di una possibile contaminazione attivando reazioni fisiologiche espressive comportamentali volte a evitare o rimuovere la fonte che ha determinato la reazione. I conservatori hanno una maggiore sensibilità rispetto i potenziali rischi e quindi hanno una visione del mondo più conservatrice. La maggiore sensibilità al disgusto dei conservatori può essere spiegata in due modi: - in riferimento al sistema immunitario comportamentale, l’emozione del disgusto ha lo scopo di facilitare il riconoscimento e l’evitamento di possibili agenti patogeni. I conservatori avrebbero questo sistema particolarmente attivo per cui sono caratterizzati da una maggiore sensibilità rispetto a potenziali rischi e quindi adottano posizioni conservatrici proprio per evitarli - secondo la teoria dei fondamenti morali (moral foundations theory, MFT). Tale teoria prevede che la moralità di un individuo poggi su 5 valori: o care: prendersi cura degli altri o fairness: giustizia e reciprocità o ingroup: fedeltà al proprio gruppo di appartenenza o authority: rispetto dell’autorità e del potere o purity: purezza I conservatori valorizzano maggiormente purity (legato al disgusto), ingroup e authority. I progressisti/liberali valorizzano maggiormente la care e fairness. Le differenze tra le persone che aderiscono a un’ideologia politica rispetto a un’altri dipendono da due fattori principali: - il cambiamento, come si vive il cambiamento - come si vive la disuguaglianza per entrambi i fattori abbiamo l’atteggiamento di supporto o di rifiuto. In particolare, i conservatori sono caratterizzati da atteggiamenti di maggiore accettazione delle disuguaglianze e da un maggiore attaccamento alla tradizione con conseguente rifiuto del cambiamento. I liberali invece sono caratterizzati da atteggiamenti di minore accettazione delle disuguaglianze e appaiono più aperti al cambiamento, riuscendo a tollerare maggiormente le situazioni incerte. I modelli teorici che hanno cercato di spiegare l’origine delle differenze tra orientamenti conservatori e orientamenti liberali/progressisti sono: - MODELLO DUALE DELL’IDEOLOGIA E DEL PREGIUDIZIO di Dukitt e Sibley (2009): sostiene che i conservatori hanno atteggiamenti di maggiore accettazione delle disuguaglianze, sono più meritocratici, e da un maggiore attaccamento alla tradizione con conseguente rifiuto del cambiamento, non tollerano la situazione incerta, preferiscono non correre rischi, preferiscono la sicurezza rispetto all’incertezza, richiedono sicurezza. I progressisti hanno una minore accettazione delle disuguaglianze, tutti i gruppi devono tendere all’uguaglianza, sono più aperti al cambiamento perché riescono a tollerare maggiormente le situazioni incerte. Determinati tratti di PERSONALITÀ, insieme a determinate pratiche di socializzazione e di esposizione a certi contesti ambientali portano all’adozione di una CERTA VISIONE DEL MONDO. La visione del MONDO COME PERICOLOSO è un’antecedente dell’autoritarismo di destra. La visione del MONDO COME GIUNGLA COMPETITIVA è un’antecedente dell’orientamento alla dominanza sociale. Queste visioni del mondo possono aiutare e spiegare particolari tipi di atteggiamenti positivi o negativi nei confronti del proprio ingroup o dell’outgroup. Vediamo nelle slide uno schema riassuntivo: abbiamo da una parte il profilo cognitivo degli individui (bassa apertura mentale, bassa coscienziosità, contesto caratterizzato da paura e minaccia, atteggiamenti punitivi per soggetti devianti). Questi elementi che caratterizzano l’individuo mi portano ad avere una visione del mondo come pericoloso e una società che si riconosce nell’autoritarismo di destra. Invece, se abbiamo un individuo con bassa gradevolezza e amicalità, scarse risorse, è in un contesto sociale di disuguaglianza e competizione, atteggiamento di chiusura, abbiamo una visione del mondo come giungla competitiva per cui ci riconosciamo nel costrutto di dominanza sociale. tutto questo ci porta ad avere: atteggiamenti negativi, positivi solo verso l’ingroup, etnocentrismo, nazionalismo e pregiudizio. È un modello che mette insieme i profili cognitive e le diverse visioni del mondo in cui si vive per definire l’ideologia conservatrice. Quindi, determinati tratti di personalità, insieme a determinate pratiche di socializzazione e di esposizione a certi contesti ambientali portano all’adozione di una certa visione del mondo. La visione del mondo come pericoloso è un’antecedente dell’autoritarismo di destra. La visione del mondo come giungla competitiva è un’antecedente dell’orientamento alla dominanza sociale. Queste visioni del mondo possono aiutare e spiegare particolari tipi di atteggiamenti positivi o negativi nei confronti del proprio ingroup o dell’outgroup. - IDEOLOGIA POLITICA COME COGNIZIONE SOCIALE MOTIVATA di Jost, Federico e Napier (2009): Mette in risalto più precisamente le motivazioni che portano ognuno di noi a fare delle scelte ideologiche. Se lo scopo è spiegare le differenze nell’ideologia allora è opportuno andare a vedere