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Questioni di carattere. La tipografia in Italia dal 1861 agli anni Settanta, Sintesi del corso di Tipografia

La tipografia come rappresentazione della storia nazionale. Cultura della stampa, evoluzione del gusto e nascita della grafica italiana viste nella forma dei caratteri tipografici e nelle storie di progettisti e stampatori. Mardesteig e Pastonchi, Tallone e Novarese, Nebiolo e Simoncini, Mondadori e Einaudi, Futurismo e Razionalismo sono in queste pagine protagonisti e scenari di avventure poco conosciute ma che hanno profondamente segnato lo sviluppo dello stile italiano.

Tipologia: Sintesi del corso

2022/2023

Caricato il 16/12/2023

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Scarica Questioni di carattere. La tipografia in Italia dal 1861 agli anni Settanta e più Sintesi del corso in PDF di Tipografia solo su Docsity! Questioni di Caratteri LA TIPOGRAFIA ITALIANA DOPO L’UNITÀ NAZIONALE I TRATTISTI MODERNI La nascita dello stato unitario vede la tipografia in Italia attraversare un grave stato di crisi produttiva e progettuale. In questo clima di smarrimento ed incertezza emergono comunque personaggi che si basano alla ricerca di una forma editoriale dignitosa ed inequivocabilmente individuabile come espressione dl genio e della creatività autoctone. La stretta vicinanza temporale con Bodoni e con i trionfi della sua Stamperia Reale porta questi personaggi ad erigerlo a modello ideale da studiare e da seguire. La voce più influente è stata quella di Raffaello Bertieri, per merito soprattutto della sua rivista “Il Risorgimento Grafico”. Le personalità che più si adoperano per raggiungere lo scopo furono il fiorentino Salvatore Landi e il bolognese Cesare Ratta. Nel contesto degli scritti sul mito della perfezione tecnica di Bodoni, si fa riferimento costante alle prime manifestazioni di questo spirito unitario che ebbero inizio nel 1869 con la pubblicazione del periodico "L'Arte della Stampa" a Firenze, fondata e diretta da Salvatore Landi. Nel periodo tra il 1892 e il 1896, Landi pubblicò il manuale "Tipografia", un'opera significativa che organizzava in modo razionale le attività legate alla stampa, con l'obiettivo di ottenere un prodotto finale migliore attraverso migliori condizioni culturali e ambientali in officina. Il manuale si rivolgeva agli addetti al lavoro e agli allievi compositori, offrendo insegnamenti e consigli sulle particolarità tecniche della composizione tipografica. Nel 1914 viene dato alle stampe La Tipografia, un corposo volume di nozioni professionali curato da Gianolio Dalmazzo, successivamente venne ripubblicata con il nome “Il Libro e l’Arte della Stampa”. Dalla lettura de "Il Libro e l'Arte della Stampa" emerge la figura di Dalmazzo come un professionista intriso di poesia e arte, concependo la tipografia come una missione certosina per migliorare l'espressione editoriale italiana. Pur dimostrando competenza tecnica, Dalmazzo umanizza i temi con saggezza filosofica, trasformando l'opera in una bibbia tecnica e morale della tipografia italiana. È interessante sottolineare che all'inizio del secolo a Torino, all'epoca capitale del Regno, coesistevano la principale fonderia di caratteri italiana, la Nebiolo, e la Regia Scuola Tipografica. Queste istituzioni, insieme alla Scuola del Libro di Milano, rappresentavano pilastri cruciali nel settore, con frequenti interconnessioni tra i loro interessi e operatori. CESARE RATTA: IL LIBRO DELLA NAZIONE ITALIANA Cesare Ratta ha ricoperto un ruolo di primaria importanza all’interno del movimento di pensiero che teorizzava e sperimentava la nuova forma della tipografia italiana e ci ha lasciato un notevole numero di pubblicazioni sull’illustrazione. Tutta la sua opera è funzionale a far si che lo stampato venga concepito come oggetto che procura piacere indipendentemente dal contenuto. Ratta considera il carattere di Bodoni come "nazionale": l'immenso prestigio del tipografo parmense come incisore e stampatore autorizza, secondo Ratta, a considerare il suo carattere come espressione di una nazione che non solo non esisteva, ma che egli non aveva alcuna intenzione di rappresentare. Ratta esalta la tradizione grafica italiana, ma evidenzia la carenza di caratteri tipografici competitivi. Questo costituisce l'unico ostacolo alla realizzazione de "Il libro della Nazione Italiana”. RAFFAELLO BERTIERI: LA POLEMICA SULLE REGOLE DELL’ARTE Raffaello Bertieri, una figura chiave nella storia della progettazione tipografica, svolse un ruolo fondamentale nel risvegliare l'interesse nazionale per la tipografia, iniziando la sua opera a Milano nel 1901. Attraverso la fondazione de "Il Risorgimento Grafico", Bertieri mirava a migliorare le condizioni lavorative in tipografia, promuovendo standard stilistici oggettivi e un distintivo aspetto italiano nel prodotto finale. La sua visione includeva la formazione di "tipografi illuminati", professionisti consapevoli dell'impatto del loro lavoro. Sebbene sostenesse la caratterizzazione nazionale, la sua battaglia per una "tipografia italiana" incontrò sfide, nonostante il sostegno fascista. Raffaello Bertieri, figura chiave nella storia della progettazione tipografica italiana, con Piero Vanzetti fonda un'officina grafica a Milano e dirige la Scuola del Libro presso la Società Umanitaria. La sua battaglia è contro l'improvvisazione tipografica e la mancanza di comprensione dell'arte da parte degli operatori grafici di fronte alle nuove tecnologie. Bertieri critica aspramente le "Regole dell'Arte" e promuove un'approccio flessibile alla forma artistica, basato su genio e innovazione, distaccandosi dai canoni tradizionali. IL FUTURISMO IN TIPOGRAFIA Nello stesso periodo in cui Bertieri porta avanti la sua battaglia contro le “Regole dell’Arte” le prime espressioni della rivoluzione tipografica futurista prendono corpo dai manifesti di Filippo Tommaso Marinetti. La distruzione della sintassi, l’uso del verbo all’infinito, l’abolizione dell’aggettivo, dell’avverbio, della punteggiatura sono alcuni dei mezzi che il poeta indica per liberare la parola e rinnovare la scrittura poetica e la pagina tipografica. Marinetti dice che bisognava introdurre degli elementi nella letteratura fino a quel momento trascurati e cioè il Rumore (manifestazione del dinamismo degli oggetti), il Peso (facoltà di volo degli oggetti) e l’Odore (facoltà di sparpagliamento degli oggetti).
 “Il Futurismo si fonda sul completo rinnovamento della sensibilità umana avvenuto per effetto delle grandi scoperte scientifiche” afferma Marinetti all’inizio del manifesto e con queste semplici parole liquida tutte le polemiche sulla tipografia che erano sorte in Italia fino a quel momento. Il Futurismo quindi si caratterizza come la prima grande avanguardia figurativa italiana e come il primo movimento artistico che ha coscienza di ciò che sta accadendo all’estero. Nello stato di decadenza in cui si trova l’ambiente tipografico nazionale, l’esperienza del Futurismo ha inoltre avuto grande merito di scuotere gli addetti ai lavori lasciandoli raramente indifferenti. Negli anni tra il 1914 e il 1916 il rinnovamento grafico-tipografico ispirato al culto della modernità raggiunge una piena maturazione e vengono prodotte opere con vistosi stravolgimenti della pagina tramite la “deformazione delle parole e nella loro disposizione secondo le linee inclinate e divaricate”. In uno degli studi più completi sulla grafica del Futurismo viene rivelata una particolare preferenza per i caratteri degli scritti o manuali poiché risultano particolarmente funzionali alla 'ortografia libera espressiva', alla dilatazione dinamica della scrittura e all'uso plastico delle lettere, che costituiscono le principali peculiarità della tipografia futurista. Alla risoluzione di Marinetti si è affiancato Carlo Frassinelli che però dopo un po di tempo si è distaccato dal movimento per abbracciare la concezione classica e purista della tipografia. La celebrazione del Futurismo sulle colonne di “Campo Grafico” è la rottura definitiva del rapporto conflittuale tra classicisti e nuovisti. CARLO FRASSINELLI E LA RIVOLUZIONE GRAFICA Nel ricostruire l’influenza che il movimento futurista ha avuto sull’ambiente tipografico italiano spicca la vicenda di Carlo Frassinelli e la sua curiosa Rivoluzione Grafica. La distinzione tra futurismo tipografico e tipografia futurista è importante per comprendere la personalità di Frassinelli che è sempre rimasto un tipografo con la cultura tecnica. L’importanza della sua Rivoluzione Grafica risiede nel fatto che viene elaborata da un addetto ai lavori con una profonda conoscenza diretta. Frassinelli pensa che le regole tipografiche derivanti dalla tradizione erano si da combattere ma senza la violenza dei futuristi. Nella rivoluzione futurista ci sono da considerare due periodi, il primo è caratterizzato da una militanza estrema e provocatoria, il secondo periodo invece nasce dalle elaborazioni teoriche del primo e ci presenta un movimento più vasto maturo e la Rivoluzione Grafica di Frassinelli si colloca in mezzo a questi due periodi. Dunque il Futurismo di Frassinelli è una volontà di rinnovare l’ambiente tipografico ma diverso da quella di Marinetti. Frassinelli presenta anche una serie di vantaggi di praticità ed economia come ad esempio la possibilità di fare a meno di tutto quel costoso ed ingombrante materiale consistente in margini, interlinee, filetto e carattere di testo. Frassinelli propone una concezione del libro come medium multisensoriale nella vita moderna, sottolineando la necessità che gli stampati evidenzino in modo chiaro e logico l'armonia tra testo e caratteri tipografici. Inizialmente legato al Futurismo, Frassinelli si allontana a causa del suo fervente nazionalismo, unendosi alle battaglie di Bertieri contro le tendenze razionaliste dell'avanguardia artistica straniere appare molto diffusa nel nostro paese. In molte città esistevano fonderie con un volume di affari che non permetteva loro di affrontare i problemi e gli investimenti legati al mantenimento di uno studio di progettazione interno. Per queste realtà la copiatura di alfabeti era l’unica maniera per poter disporre di un campionario allettante. La pratica di modificare un carattere senza una riflessione approfondita sui valori e le conseguenze delle modifiche, solo per considerarlo un nuovo disegno, spesso peggiorava le qualità dell'alfabeto originale. Questa tendenza si intensificava con le copie successive, sia degli antichi alfabeti che dei classici tipi per la composizione editoriale. I peggioramenti formali colpivano soprattutto i caratteri famosi, come i Romani antichi, Elzeviriani, Bodoniani, e le numerose imitazioni di font moderni come Futura, Helvetica e Times New Roman. La prima legge dello stato italiano per la regolamentazione di questo problema risale al periodo della seconda guerra mondiale anche se in precedenza esisteva la “legge speciale 30 agosto del 1868” che diceva che la protezione dei caratteri terminava dopo un periodo di due anni dal suo riconoscimento e a quel punto diventava di dominio pubblico ed era quindi possibile la sua riproduzione. Solo in tempi recenti la Terza Commissione della Comunità Europea si è fatta promotrice del Libro Verde per la tutela del Design in cui si promuove la protezione legale dei caratteri. LE RIVISTE TIPOGRAFICHE: LO SCONTRO TRA ITALIANITÀ E RAZIONALISMO Le riviste tecniche che nascono in Italia successivamente al periodo dell’Unità nazionale propongono una tipografia italiana che riprenda vita da dove Bodoni l’aveva abbandonata. “L’arte della stampa”, “Archivio tipografico” e il “Risorgimento Grafico” si fanno banditrici del rinnovamento delle espressioni grafiche seguendo un modello di arte legato a una congiuntura storica passata difficilmente applicabile su larga scala. In un articolo del 1914 su "Archivio Tipografico", viene sollevato il problema di seguire un modello artistico superato nella tipografia italiana. L'autore critica la situazione e si chiede se non sia possibile perseguire la pura arte in tipografia. Questo riflesso della crisi espressiva nel settore è condiviso da Raffaello Bertieri, che denuncia il degrado nell'uso dei caratteri tipografici e sostiene l'arte tipografica pura contro gli interessi commerciali delle fonderie. La rivista "Il Risorgimento Grafico" di Bertieri ha svolto un ruolo cruciale nell'indirizzare i gusti tipografici in Italia, focalizzandosi sulla promozione della qualità tecnica come fondamento essenziale per l'eccellenza artistica e contrastando espressioni editoriali errate. Tuttavia, con l'avvento della nuova tendenza pubblicitaria e razionalista, gli ideali classicisti e bibliofili hanno ceduto il passo a nuove esperienze figurative. La polemica tra "Il Risorgimento Grafico" e riviste come "Campo Grafico" è stata intensa, concentrandosi soprattutto sul ruolo del razionalismo nella produzione grafica e artistica. L'adozione di soluzioni moderniste da parte di "Campo Grafico" ha rappresentato una rivincita contro le posizioni di Bertieri, evidenziando un significativo cambiamento nelle visioni culturali. In questo contesto, Carlo Frassinelli, già autore della “Rivoluzione Grafica” del 1922, ha espresso rinnovati sentimenti artistici. Il suo clamoroso cambiamento testimonia la necessità di proteggere le espressioni grafiche italiane dalla contaminazione estera, con una particolare influenza della cultura fascista. La contrapposizione culturale ha portato alcuni a cercare un compromesso, promuovendo un'origine ed un'impronta italiana nello stile razionale. Alla morte di Raffaello Bertieri nel 1941, "Il Risorgimento Grafico" perse la sua guida e chiuse definitivamente nel 1942. Nel dopoguerra, nuove riviste emersero, ma mancava un continuo impegno nella difesa dell'immagine tipografica italiana. Il panorama editoriale si orientò verso la cultura del progetto grafico anziché tipografico. IL FALLIMENTO DEI CONCORSI PER LA PROGETTAZIONE DI ALFABETI La polemica sull'italianità del libro e dei caratteri trovò sfogo nei concorsi grafici promossi da "Il Risorgimento Grafico". Tuttavia, la scarsa formazione e la committenza poco qualificata riflettevano la crisi espressiva del settore. Il primo concorso noto, presumibilmente del 1905 e organizzato dalla Società Urania di Milano, mirava a creare caratteri tipografici italiani. Tuttavia, sebbene si auspicasse uno stile ispirato alla classicità italiana, il regolamento indicava il Liberty come ambito stilistico, contraddicendo l'obiettivo dichiarato. Nel 1910, la fonderia Augusta organizzò il secondo concorso di caratteri tipografici, riportato su "Archivio Tipografico" da Raffaello Bertieri nel 1940. Il vincitore, Natale Varetti, creò l'alfabeto Tanagra, ispirato alla forma classica romana con elementi decorativi adatti a diversi contesti, inclusi lavori artistici e fantasiosi. Tuttavia, un articolo su "Archivio Tipografico" nel 1924, pubblicato dalla Nebiolo, conteneva informazioni generiche e erronee sul concorso. Una maggiore consapevolezza sull'importanza del design degli alfabeti avrebbe dovuto portare a periodici concorsi per abituare gli artisti a questa sfida. Tuttavia, il successivo concorso per un alfabeto si svolse solo 25 anni dopo, organizzato dalla Presidenza della Triennale di Milano. Le vicende politiche portarono alla soppressione della sezione grafica della VI Triennale, impedendo al concorso di avere lo stesso impatto di quello del 1905. La presenza di soli tre concorsi in tre decenni evidenzia la crisi della tipografia italiana. Inoltre, i concorsi trascurarono spesso il fattore tempo, concedendo periodi di elaborazione che non favorivano risultati di alta qualità, già compromessi dall'approccio amatoriale e dalla tendenza alla copia sistematica degli alfabeti. Nel periodo prebellico, un concorso derivato da quello del 1936, organizzato per la VII Triennale del 1939 in collaborazione con la Nebiolo, coinvolge 43 concorrenti. Alcuni partecipanti, mancando di preparazione e serietà, dimostrano una conoscenza superficiale. Il vincitore della prima fase, che include il disegno di alcune lettere e il raggruppamento "Dante Alighieri 1840", avrebbe ottenuto il premio solo dopo superare una seconda prova, presentando l'alfabeto completo. I DISEGNATORI DI CARATTERI E LA LORO CULTURA Nel nostro paese il settore tipografico si è trovato diviso in due opposte tendenze: la prima ha improntato tutta la produzione del libro su procedimenti industriali e la seconda al contrario ha rivolto il proprio prodotto ad un pubblico facoltoso e soprattutto disposto a comprendere il valore di una progettazione editoriale rigorosa e raffinata. Al primo gruppo appartengono i disegnatori di alfabeti legati al mondo delle fonderie mentre al secondo coloro che hanno creato caratteri da utilizzare in esclusiva nelle proprie stamperie. L’opera di Bertieri e Pastonchi si caratterizza come un tentativo di risolvere un problema essenzialmente ideologico-formale e appartengono dunque al primo gruppo, mentre Giovanni Mardersteig e Alberto Tallone rappresentano un ambito editoriale che si è deliberatamente collocato al di fuori delle logiche industriali e quindi appartenenti al secondo gruppo. RAFFAELLO BERTIERI Raffaello Bertieri, oltre al ruolo di teorico, si distinse per applicare le sue idee nella pratica. Studioso dei calligrafi del Cinquecento, ricostruì tipi e contribuì al disegno di un alfabeto esteticamente prezioso. La sua filosofia abbracciava l'uso delle lezioni passate senza rigidità eccessiva, promuovendo la creatività personale. Bertieri si impegnò nel recupero di tipi italiani, cercando di abbandonare l'imitazione di caratteri stranieri e promuovendo forme adatte ai libri italiani. I suoi interventi si concentrarono su tipi di Erhard Radtolt e scritture di Ruano e Sinibaldi, rappresentative dell'epoca d'oro della calligrafia italiana. Il carattere di Erhard Radtolt, noto come l'Inkunabula, fu riprodotto nel 1911 dalla Fonderia Nebiolo di Torino. Questo carattere, tratto da un'edizione del Calendario del Regiomontano del 1476, non richiese un nuovo disegno da parte di Beltieri. La sua peculiarità risiede in un'assenza di contrasto di chiaroscuro nelle aste, conferendo alla pagina composta un peso notevole se non ben interlineato. Dopo l'Inkunabula, seguì il carattere Umanistico Sinibaldi. Bertieri, ottenne nel 1921 le matrici, pubblicando nel 1922 il carattere Umanistico di Antonio Sinibaldi. Nel 1928 le matrici passarono alla Società Nebiolo. Bertieri sottolineò la mancanza di sforzo creativo nella progettazione e notò l'interessante rivalutazione del tipo da parte dei tipografi statunitensi quando iniziò a utilizzarlo per i suoi libri. Il Sinibaldi conserva fortemente la matrice calligrafica. Bertieri entrò in possesso di un esemplare del trattato del calligrafo Ruano “Sette Aplhabeti di varie lettere” restando affascinato del minuscolo e sviluppando poi il maiuscolo. L'alfabeto Paganini, attribuito a Raffaello Bertieri, celebra la famiglia di tipografi del Cinquecento. Trovando schizzi a Firenze, Bertieri ne analizzò il disegno e con l'aiuto di Alessandro Butti, direttore dello Studio Artistico Nebiolo, diede forma al carattere nel 1926. La Società Nebiolo fuse la serie Paganini in tondo e corsivo in due anni. Bertieri vedeva questo carattere come un distacco netto dalla tendenza di riportare in auge alfabeti storici. FRANCESCO PASTONCHI Iniziò una lunga collaborazione come autore con Mondadori alla fine degli anni 20. Pastonchi non essendo disegnatore esperto affidò a Edoardo Cotti la realizzazione grafica del progetto che aveva in mente. Nel Luglio del 1924 Cotti doveva solo realizzare il corsivo del carattere e Pastonchi decise di affidare alla Nebiolo il compito di fondere i tipi. Mondadori trovò il carattere notevole però troppo costoso da realizzare e tentò di proporre in alternativa un alfabeto di una fonderia inglese ma il poeta non ne volle sapere. I preventivi della fonderia torinese furono ritenuti troppo alti e quindi ci si rivolse ad altri pur di accontentarlo. Mardersteig mise in contatto la Mondadori con la Lanston Monotype che accettò l’incarico ma il risultato ottenuto non era soddisfacente e si decide di realizzare un nuovo carattere ma vinse comunque Pastonchi che ottenne le sue matrici. Nel 1926 Mondadori si accordò con il poeta sul fatto che il carattere poteva essere utilizzato solo per quell’opera e per le pubblicazioni curate da lui e quindi “La Raccolta Nuova dei Classici Italiani” vide la luce solo nel 1934. Il carattere Pastonchi, ideato per la collana di classici da Arnoldo Mondadori e Francesco Pastonchi, è descritto come semplice, chiaro e leggero, con somiglianze all'Inkunabula di Erhard Radtolt. Questo esperimento di creare un carattere appositamente per una collana di classici fu un evento senza precedenti in Italia negli anni Trenta, anticipando successi simili come il Garamond Simoncini di Einaudi. LO STUDIO ARTISTICO NEBIOLO Lo Studio Artistico della Nebiolo venne creato nel 1933 grazie a Raffaello Bertieri. Inizialmente lo studio era guidato da Giulio Da Milano ma presto fu sostituito da Alessandro Butti nel 1936 il quale a sua volta fu sostituito da Novarese ma solo nel 1952. Giulio da Milano disegno: • Il Veltro, primo disegno di Giulio Da Milano, è un carattere che simula la scrittura a penna, irregolare e inclinata a destra. Nonostante somiglianze con il Signal della fonderia tedesca Berthold, il Veltro, lanciato nel 1934, rappresenta il primo carattere sviluppato nello Studio Artistico Nebiolo, mantenendosi nei cataloghi fino al 1961. • Il Razionale, carattere lineare per titolazioni lanciato nel 1935, ha lettere in negativo su uno sfondo a blocchetti rettangolari. Offre due modalità d'uso: con sfondo a livello della testa e del piede o con il Fregio Razionale, blocchetti aggiuntivi per un contorno esteso. Questo carattere ha incontrato successo nella pubblicità e nelle riviste, nonostante le sfide di stampa dovute ai blocchetti a spigolo vivo. • Il Neon, carattere creato da Giulio Da Milano nel 1935, si distingue per la sua particolarità: ogni dimensione del carattere ha una larghezza diversa, con le lettere che si allungano al crescere del corpo. Questo carattere, concepito come lineare-fantasia per titolazioni, è disponibile solo in maiuscolo. Nel 1936, Giulio Da Milano lasciò lo Studio Artistico Nebiolo, e al suo posto subentrò Alessandro Butti. Quest'ultimo fu responsabile della progettazione di diverse serie di caratteri, ma attribuire con certezza la paternità del lavoro è complicato. La presenza di Aldo Novarese alla Nebiolo dal 1936 rende difficile distinguere chiaramente le nuove creazioni, poiché la collaborazione eccellente tra i due contribuì significativamente a questo processo creativo. I suoi principali caratteri sono stati: • Il Normandia è un alfabeto ispirato alle scritte della stampa commerciale e pubblicitaria del XIX secolo, con due varianti distintive. Una versione è caratterizzata da grazi bodoniane sottili, creando un forte contrasto, mentre l'altra è più stretta ed allungata, emanando un'eleganza particolare. • L'Augustea è un carattere basato sul lapidario romano delle iscrizioni sulla Colonna Traiana a Roma. Butti e Novarese hanno lavorato per replicarne accuratamente le proporzioni, originariamente con solo il maiuscolo. Successivamente, Novarese lo reintrodusse come Nova Augustea, apportando correzioni e disegnando anche il minuscolo. • Il Microgramma, un carattere solo maiuscolo progettato da Alessandro Butti, è un lineare ideale per le intestazioni. Creato per essere leggibile anche in dimensioni molto ridotte, è ottimale per corpi di testo molto piccoli.