Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Riassunti del manuale di diritto processuale penale TONINI 2023, Dispense di Diritto Processuale Penale

Riassunti aggiornati alla riforma Cartabia

Tipologia: Dispense

2022/2023

In vendita dal 13/06/2023

daniele97
daniele97 🇮🇹

4

(3)

7 documenti

1 / 130

Toggle sidebar

Spesso scaricati insieme


Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Riassunti del manuale di diritto processuale penale TONINI 2023 e più Dispense in PDF di Diritto Processuale Penale solo su Docsity! “PROCEDURA PENALE” Con i termini sistema accusatorio e sistema inquisitorio ci riferiamo ai “tipi ideali del processo penale” che si sono ricavati in base ad alcune caratteristiche tipiche dei singoli ordinamenti processuali. 1)Sistema Inquisitorio, esso è improntato sul “principio di Autorità” secondo il quale “la verità è tanto meglio accertata quanto più potere è dato al soggetto inquirente” cd cumulo delle funzioni processuali. Tale sistema si caratterizza per il fatto che qui la figura dominante è quella del giudice cd “giudice inquisitore” in quanto su di esso si cumulano tutte le funzioni processuali <“egli oltre ad esser giudice è anche difensore ed accusatore dell’imputato”>, in virtù di ciò gli sono concessi pieni poteri nella ricerca, ammissione, assunzione e valutazione della prova; di converso - essendo che tutti i poteri processuali si cumulano in capo al giudice - non viene riconosciuto nessun potere alle altre parti in quanto l'offeso e l'imputato sono considerati meri oggetti del giudizio. Pertanto dal principio del cumulo dei poteri processuali in capo al giudice inquisitorio possiamo delineare le seguenti caratteristiche principali del sistema inquisitorio: -a causa del “cumulo” la materia della prova è scarsamente regolata [anzi, una sua eventuale regolamentazione si tradurrebbe in un limite all’accertamento della verità in quanto ne ridurrebbero l’efficacia dati che ciò che conta è la scoperta della verità la quale può esser perseguita con qualsiasi modalità]. -l’Iniziativa d'ufficio del giudice, l’iniziativa spetta al giudice il quale è il depositario del vero e del giusto ed in quanto tale non deve essere ostacolato dall'inattività delle parti, a tal fine non è necessario dunque che il suo intervento sia richiesto da un soggetto che accusa un imputato poiché a mettere in funzione il giudice inquisitore sarà sufficiente anche una denuncia anonima. -l’iniziativa probatoria d'ufficio, la ricerca ammissione e valutazione delle prove non spetta alle parti bensì al giudice al quale non è posto alcun limite all'ammissibilità delle prove in quanto quello che conta/risultato da conseguire è la verità e non già il metodo con cui la si persegue, ne segue che è ammessa ogni modalità di ricerca, compresa la tortura dell'imputato o del testimone qualora si ritiene esso stia dicendo il falso. -Segreto e mancanza di oralità e contraddittorio, il giudice ricerca la verità/assume le disposizioni in segreto senza utilizzare la contrapposizione dialettica tra le parti cd contraddittorio in quanto non ha la necessità di confrontare la sua ricostruzione della verità con le posizioni di accusa e difesa dell’imputato. Delle disposizioni raccolte dall’inquisitore viene redatto un verbale che riporta l’interpretazione che l’inquisitore stesso dà alle frasi pronunciate. -Presunzione di reità, affinché l'imputato sia chiamato a discolparsi sarà sufficiente aver raccolto alcuni indizi contro un imputato o soltanto una denuncia anonima ciò in quanto in questo sistema è l'imputato che deve dimostrare la sua innocenza mediante prove e se fallisce tale compito deve essere condannato. In virtù della presunzione di reità dell’imputato è previsto che in mancanza di prove di innocenza può essere sottoposto a custodia preventiva in carcere (il sistema inquisitorio fa ampio utilizzo di questo strumento in quanto costituisce l’anticipazione della sanzione che poi sarà irrogata in seguito alla decisione). -presenza di una molteplicità di impugnazioni previste al fine di consentire alle parti di contestare la sentenza - in virtù del fatto che anche il giudice è un uomo e quindi suscettibile di errori - e sulle quali deve decidere un giudice superiore che è dotato dei medesimi poteri inquisitori concessi al primo giudice. [È proprio nel sistema processuale inquisitorio che il regime politico totalitario trova lo strumento di potere più efficace in quanto la mancanza del contraddittorio rappresenta uno strumento efficace per realizzare ogni arbitrio e per creare una "verità di Stato" dato che il processo penale funziona come strumento di controllo sociale e di indottrinamento delle masse]. A differenza del sistema accusatorio la figura dominante è il giudice che assorbe due funzioni dell'inquisizione e del giudizio; mancano pubblicità e oralità in quanto il processo è scritto e segreto. 2)Sistema accusatorio, esso è costruito quale modello contrapposto a quello inquisitorio in quanto improntato sul principio opposto a quello di autorità, ovvero il “Principio Dialettico” secondo il quale la verità si può accertare tanto meglio quanto più le funzioni processuali sono ripartite tra soggetti che hanno interessi contrapposti cd “separazione delle funzioni processuali". Tale sistema si caratterizza per il fatto che qui la figura dominante non è quella del giudice in quanto i poteri di ricerca, ammissione, assunzione e valutazione della prova non sono attribuiti ad un unico soggetto bensì divisi e ripartiti tra giudice, accusa e difesa in modo che nessuno di essi possa abusarne; qui vi è un giudice imparziale al quale spetta soltanto decidere sulla base di prove ricercate dall’accusa e dalla difesa le cui diverse ricostruzioni del fatto storico avvengono ne l contraddittorio tra le stesse, ed è per questo che la materia della prova riceve una precisa regolamentazione cd principio di legalità della prova [tale principio è veicolato dalla presa di coscienza dei limiti della natura umana e quindi che nessuna persona sia depositaria del vero e del giusto e pertanto della necessità che i poteri di un soggetto (al fine di evitare che degenerino in abuso) siano bilanciati da quelli riconosciuti ad altro soggetto con l’ulteriore figura di un giudice terzo ed imparziale in grado di dirimere i contrasti e decidere sulla base delle prove prodotte dall'accusa e dalla difesa essendo questo il miglior metodo per poter avvicinarsi alla verità]. Pertanto dal principio di separazione delle funzioni processuali possiamo delineare le seguenti caratteristiche principali del sistema accusatorio quali: -l’Iniziativa di parte, l’iniziativa spetta solo alle parti e pertanto il giudice non potrà procedere d'ufficio nel determinare l'oggetto della controversia in quanto altrimenti si dimostrerebbe parziale. Tale potere di iniziativa spetta sia alla persona direttamente offesa dal reato o a un qualunque cittadino cd accusatore privato sia al PM cd accusatore pubblico (in origine il potere di iniziativa spettava solo all’accusatore privato). Questo sistema prende il nome dal fatto che qui vi è la presenza di un "accusatore". -l’Iniziativa probatoria di parte, i poteri di ricerca, ammissione e valutazione della prova non possono essere attribuiti ad un unico soggetto (cioè né al giudice né all’accusatore) ma ripartiti tra giudice, accusa e difesa di modo che nessuno di essi possa abusarne. Si parla di esame incrociato e nello specifico vuol dire che <colui che accusa abbia l'onere di ricercare le prove e di convincere il giudice della reità dell'imputato; colui che difende ha il potere di ricercare le prove per convincere il giudice che l'imputato non sia colpevole o che le modalità di svolgimento del fatto addebitato debbono essere ricostruite in maniera differente da quanto abbia fatto l’accusa; il giudice debba solo decidere se ammettere o meno il mezzo di prova che viene richiesto e nel corso dell'esame limitarsi a valutare l'ammissibilità delle domande formulate>. Vi sono pertanto dei “limiti di ammissibilità delle prove in quanto qui è molto importante il metodo attraverso il quale si giunge a formare una prova e solo se questo sia rispettato la prova potrà essere attendibile ed utile al fine della ricostruzione dell’esistenza di un fatto. -presenza del Contraddittorio il quale consente a ciascuna parte sia di sostenere le proprie ragioni e mettere in dubbio quanto affermato dalla controparte al fine di accertare al meglio la verità (maggiore è il contraddittorio e meglio sarà accertata la verità) sia di contribuire alla formazione della prova. -presenza di oralità, in quanto coloro che ascoltano possono porre domande ed ottenere risposte da colui che ha reso una dichiarazione e così facendo si consente di valutare in modo pieno la credibilità e l'attendibilità di un testimone o di un dichiarante (da ciò ne segue la regola di esclusione secondo la quale in linea di principio ai fini della decisione non sono utilizzabili le dichiarazioni scritte). -Presunzione di innocenza, l’imputato è presunto innocente fino a quando il giudice non abbia accertato la reità al di fuori di ogni ragionevole dubbio mediante un Processo regolato dalla legge e rispettoso del diritto di difesa dell'imputato, in mancanza non potrà esser considerato colpevole e condannato né dovrà essere assolto in quanto la presunzione di innocenza sussiste sin dall’inizio del processo sino alla condanna definitiva. In virtù della presunzione di innocenza fino alla condanna definitiva son previsti dei limiti alla custodia cautelare in quanto egli non potendo essere trattato come un colpevole non gli si potrà applicare una sanzione penale anticipata in via provvisoria potendoglisi applicare soltanto una misura cautelare laddove sussistano prove che dimostrino una concreta esigenza cautelare (cioè esigenza di applicazione di queste misure) quali il pericolo inquinamento delle prove o pericolo di fuga oppure che il soggetto sia pericolo. •Limiti alle impugnazioni, le impugnazioni hanno lo scopo di controllare se in primo grado il giudice abbia motivato ragionevolmente la decisione ed abbia rispettato i diritti delle parti e il diritto alla prova ed ove si accerti una violazione il dibattimento dovrà essere svolto nuovamente davanti ad un altro giudice. [L'attuale codice di rito può dirsi informato ad un sistema processuale di natura “prevalentemente accusatoria” il quale è un processo pubblico che vede al vertice il giudice e ai due lati l'accusa e la difesa in posizione contrapposta, e si caratterizza <per l'assoluta terzietà del giudice al quale sono sottratti i poteri di indagine e conferiti esclusivamente poteri decisionali super partes in quanto la sua decisione si fonda sulle prove fornite dalle parti (infatti il giudice non cerca la prova ma si limita solo a valutarla); per la tendenziale parità tra le parti processuali (PM ed imputato); la centralità del ruolo del dibattimento e la sua oralità>. È proprio nel sistema processuale accusatorio che il regime politico garantista trova lo strumento di potere più idoneo a rispettare i diritti fondamentali ed a render più ostico al potere politico la manipolazione dei fatti per costruire verità di stato, infatti qui il giudice deve esser imparziale e pertanto in presenza di parzialità le parti possono ricusarlo]. 3)Sistema misto, la contrapposizione tra sistema inquisitorio e accusatorio ha un valore meramente astratto in quanto in concreto vi sono ordinamenti che presentano caratteristiche tipiche di entrambi i sistemi cd Sistemi Misti i quali sono rappresentati dalla maggior parte degli ordinamenti ed infatti quasi tutte le forme di processo penale che si sono manifestate nel corso della storia sono di carattere misto (tuttavia si tende a denominare quale “sistema misto" quello che caratterizza il codice francese del 1808 il quale tende a contemperare le esigenze che ispirano i due sistemi ossia da un lato la tutela della società dal crimine e dall'altro la difesa dell'imputato) in esso: -è prevalentemente inquisitoria l’Istruzione (fase anteriore al dibattimento) in quanto è segreta e condotta da un giudice istruttore anche se temperata da alcuni aspetti del sistema accusatorio quali il fatto che <l’istruzione inizia dopo che il pm abbia fatto formale richiesta al giudice istruttore e termina dopo che il pm abbia chiesto il proscioglimento o il rinvio a giudizio, viene dunque garantito all'imputato il controllo giurisdizionale sulla richiesta di rinvio a giudizio>. -è prevalentemente accusatorio il Dibattito in quanto è fondato sul contraddittorio tra le parti anche se temperata da alcuni aspetti del sistema inquisitorio quali il fatto che <le domande ai testimoni sono rivolte dal presidente della corte; gli atti compiuti in segreto prima del dibattimento possono, sia pure eccezionalmente, essere letti e su di essi può essere fondata la decisione>. In tale sistema l’istruzione rappresentava un'"assunzione" della prova mentre il dibattimento una "critica" ed un “controllo" sulla medesima, tuttavia tale distinzione tra istruzione e dibattimento è stata criticata in quanto artificiosa e in contrasto con la realtà delle cose visto che non è possibile assumere una prova senza al contempo valutarla né decidere un atto in maniera staccata dalla formazione della prova. [Il difetto del sistema misto napoleonico sta nel non aver assicurato il principio di separazione delle fasi che avrebbe consentito al giudice del dibattimento di poter decidere soltanto sulle prove assunte in contraddittorio]. COSTITUZIONE E PROCESSO PENALE: Con l’entrata in vigore della Costituzione 1 gennaio 1948 son stati introdotti principi garantistici concernenti i punti nevralgici del processo penale (dandone tuttavia per scontati molti altri altrettanto importanti es la pubblicità del dibattimento penale). La Legge Delega del 1987 è quella attraverso la quale il Parlamento Italiano ha precisato i criteri direttivi cui il Governo si sarebbe dovuto attenere nell’elaborazione del CPP, tali criteri sono riconducibili a tre direttive fondamentali <attuare i principi della Costituzione; adeguate le norme processuali alle Convenzioni internazionali ratificate dall'Italia e relative ai diritti della persona; attuare i caratteri del sistema accusatorio sulla base dei principi direttivi enunciati dalla legge-delega> da ciò si evince l’accoglimento di un sistema accusatorio parzialmente attenuato (e non già di tipo puro) sulla base dei principi direttivi voluti dal Parlamento italiano. Il Processo Penale è fondato su 3 Principi fondamentali: 1)Principio della Separazione delle Funzioni, il quale impone che: [Quanto alla “Successione delle norme processuali nel tempo” e quindi alla disciplina da applicare ai procedimenti pendenti al momento in cui si verifica la successione tra norme possono verificarsi due situazioni diverse: -può accadere che la nuova legge rechi una disciplina apposita per i rapporti giuridici pendenti, ed in tal caso dobbiamo distinguere a seconda che la legge detti: ~ Norme intertemporali, si caratterizzano per avere natura strumentale in quanto non regolano direttamente la materia interessata ma indicano solo il criterio in base al quale individuare nell'ambito dei rapporti pendenti la disciplina per il caso concreto cioè si limitano ad individuare quali rapporti saranno regolati dalla nuova disciplina e quali, invece, resteranno sotto il regime della disciplina previgente (si tratta di norme che disciplinano l'applicazione di altre norme). ~Norme transitorie, si caratterizzano per esser norme materiali di diretta applicazione in quanto recano una disciplina speciale per il caso concreto la quale è di solito intermedia tra quella abrogata e quella nuova. -può accadere che la nuova legge non rechi alcuna disciplina circa i rapporti giuridici pendenti al momento della sua entrata in vigore, in tal caso occorrerà fare riferimento al principio generale dell’Irretroattività (cd tempus regit actum ai sensi del quale "la legge non dispone che per l'avvenire, essa non ha effetto retroattivo") e pertanto la nuova disciplina sarà immediatamente efficace ma irretroattiva. A tal fine ponendo come punto di riferimento il momento di entrata in vigore della nuova normativa è previsto che gli atti i cui effetti sono già esauriti saranno regolati dalla disciplina previgente mentre gli atti ancora da compiere e quelli non ancora perfezionati ricadranno sotto la nuova normativa]. Le FONTI INTERNAZIONALI del diritto processuale penale. Tra le fonti del diritto processuale penale il “diritto internazionale” ha sempre assunto una particolare rilevanza [le fonti del diritto internazionale sono le consuetudini ed i trattati; le fonti UE sono trattati, regolamenti e direttive]. •Il “diritto dell’UE” ha efficacia obbligatoria nel nostro ordinamento, a tal fine: -quando una fattispecie è regolata dal diritto dell'unione è previsto che <se la norma europea abbia efficacia diretta (regolamenti e direttive selfexecuting) il giudice italiano dovrà disapplicare la norma interna confliggente con la norma comunitaria; se invece la norma europea sia priva di effetti diretti (es Direttive non self executing) il giudice italiano deve sollevare giudizio incidentale di costituzionalità per violazione degli art 11 e 117co1Cost (quest’ultimo impone il rispetto dei vincoli derivanti dagli obblighi internazionali)>. -quando la fattispecie è regolata dalla sola norma italiana il giudice non deve disapplicare la norma nazionale. -le sentenze della Corte di Giustizia dell’UE vincolano il giudice nazionale all’interpretazione da essa fornita. •il Diritto internazionale consuetudinario. L'art10Cost sancisce che <l’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute> pertanto il diritto interno si adatta automaticamente al diritto internazionale consuetudinario ma sempre nei limiti del rispetto della costituzione; da ciò ne segue che dal suo Ambito di applicazione sono escluse le convenzioni fra gli Stati, salvo quelle che si limitino a codificare consuetudini internazionali. •il Diritto internazionale pattizio. L’art11Cost sancisce che <l’Italia consente, in condizioni di parità con gli altri stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le nazioni>, ma nel rispetto della costituzione. I trattati introdotti nel nostro ordinamento assumono il rango della norma che ha ordinato di recepirli e darvi esecuzione - la quale ha rango inferiore alla costituzione ma superiore alla legge ordinaria - essi non vengono automaticamente recepiti in quanto occorre verificare la conformità del trattato alla costituzione, pertanto il legislatore ha il dovere di rispettare i vincoli derivanti dagli obblighi internazionali ma col limite del rispetto dei principi costituzionali: a tal fine il giudice deve interpretare la legge conformemente alla norma internazionale ma nel limite del rispetto della legge interna/costituzione ed in caso di contrasto tra norma interna e norma internazionale esso non potrà disapplicare la legge interna bensì dovrà investire della questione la Corte costituzionale la quale dovrà valutare la compatibilità della legge nazionale con il Trattato e successivamente la compatibilità del Trattato stesso con la nostra costituzione. La Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) è una norma pattizia che - a differenza delle altre Convenzioni/trattati internazionali che si limitano a regolare i rapporti tra gli Stati - non si limita a stabilire obbligazioni tra gli stati contraenti bensì tutela direttamente i diritti umani all’interno di ciascun stato membro della convenzione in quanto essa riconosce formalmente la loro titolarità in capo alle singole persone attribuendo alle stesse la legittimazione attiva al ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, una volta esaurite le vie del ricorso interno, la quale ha anche competenza sulle questioni concernenti l’interpretazione e l'applicazione delle norme della Convenzione al fine di garantire un'interpretazione uniforme negli Stati membri (la Corte Europea è un organo giurisdizionale istituito dalla cedu). Tra gli obblighi internazionali assunti dall'Italia vi è quello di adeguare la propria legislazione alle norme di tale trattato, a tal fine il Giudice italiano deve interpretare la legge nazionale in modo conforme alla CEDU (così come interpretata dalla Corte Europea), nel limite massimo consentito dal testo della legge interna e qualora la legge nazionale contrasti con la CEDU il giudice non può disapplicare la legge interna ma deve inviare la questione alla Corte Costituzionale la quale deve sia <valutare la compatibilità della legge nazionale con la CEDU come interpretata dalla Corte europea, con la conseguenza che la legge nazionale che sia in contrasto con la CEDU debba essere dichiarata costituzionalmente illegittima purché ovviamente la norma della CEDU sia compatibile con la costituzione> sia <valutare se le norme della CEDU, interpretate dalla Corte europea, siano compatibili con i valori espressi dalla Costituzione italiana con la conseguenza che ove la norma CEDU risulti in contrasto con la nostra costituzione la Corte costituzionale provvederà "ad espungerla dall'ordinamento giuridico italiano" considerando la norma pattizia non idonea "a integrare il parametri" di legittimità>. In particolare il giudice sarà vincolato a recepire la norma individuata dalla convenzione adeguando ad essa il suo criterio di giudizio per superare eventuali contrasti rispetto alla legge interna (anzitutto per mezzo di "ogni strumento ermeneutico a sua disposizione" oppure se ciò non fosse possibile ricorrendo all'incidente di legittimità costituzionale) solo quando si trovi in presenza di un "diritto consolidato" o di una "sentenza pilota" il giudice; di converso quando non sia in grado di cogliere con immediatezza l'effettivo principio di diritto che il giudice di Strasburgo abbia inteso affermare per risolvere il caso concreto è previsto che il giudice debba assoggettare tali sentenze alla interpretazione costituzionalmente e convenzionalmente conforme. Quando la fattispecie da decidere è regolata da una norma nazionale (e non dal diritto dell'unione) il giudice non deve disapplicare la norma nazionale, ed in caso di contrasto tra norma nazionale ed i principi contenuti nella Convenzione europea il giudice italiano non potrà disapplicare la legge nazionale bensì deve rimettere la questione alla corte costituzionale al fine di risolvere l'eventuale contrasto. Quando a seguito dell’esaurimento dei rimedi interni l’interessato ricorra alla corte europea (la corte si pronuncia su decisioni definitive nell’ordinamento interno) e questa rinvenga la violazione della convenzione da parte di uno stato nel corso di un processo penale è previsto che tale stato sia tenuto sia al risarcimento del danno sia alla riapertura del processo quale restituzione in pristino rimettendo così in discussione il giudicato già formatosi (la riapertura del processo è volta a porre il ricorrente in una situazione equivalente a quella in cui si sarebbe trovato se non vi fosse stata una inosservanza della convenzione in modo da consentirgli il recupero di quelle garanzie in precedenza violate che sovente è dovuto alla violazione delle regole relative al “giusto processo”). Quanto al nostro ordinamento, il quale non prevedeva un rimedio specifico per garantire la riapertura del processo al fine di dare esecuzione alle sentenze della corte europea, la corte si è pronunciata relativamente all’istituto della “revisione”nella parte in cui non contemplava un caso di revisione, ulteriore rispetto a quelli già previsti, volto specificamente a consentire la riapertura del processo nel caso di violazione delle garanzie di diritto sostanziale e processuale riconosciute dalla Convenzione quando tale riapertura risultasse necessaria per conformarsi a una sentenza definitiva della CEDU (e cioè l'adeguamento del nostro Stato alle pronunce della Corte europea). Ad ovviare a ciò è intervenuta la riforma cartabia la quale ha previsto un nuovo istituto di revisione cd “richiesta per l’eliminazione degli effetti pregiudizievoli delle decisioni adottate in violazione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali o dei Protocolli addizionali”. PROCEDIMENTO e PROCESSO: Il processo penale ha lo scopo di accertare: -“se una determinata persona abbia commesso il reato” <cioè di accertare se un fatto costituisca reato e in caso positivo applicare una sanzione a chi lo ha commesso (e non già di ricostruire la verità su di un fatto commesso)>. -la “personalità dell’autore”, in quanto la sanzione penale si caratterizza per esser proporzionata alla “personalità” dell’autore del fatto illecito oltre che alla gravità dell’offesa arrecata al bene tutelato dalla norma incriminatrice. -“quali siano le sanzioni che debbono essere applicate”, a tal fine se la sanzione penale ha unicamente una funzione “retributiva” la sua esecuzione può essere affidata alla PA e in questo il processo penale si disinteressa di questo momento; di converso se la pena ha fra le sue funzioni anche quella “rieducativa” (tendente a favorire il reinserimento sociale del condannato) è indispensabile che un giudice accerti l’evoluzione della personalità del reo in sede esecutiva, ne segue che tale accertamento abbia lo scopo di modificare il contenuto della pena in relazione al grado di risocializzazione manifestato dal condannato. Procedimento e processo non sono sinonimi in quanto ciascun termine assume un preciso significato: -il procedimento penale ordinario è diviso in tre fasi <indagini preliminari, udienza preliminare e giudizio>, per Procedimento penale si indica una serie cronologicamente ordinata di atti (che ha come atto iniziale l’azione penale) diretti alla pronuncia di una decisione penale ciascuno dei quali fa sorgere il dovere di porre in essere il successivo ed, al contempo, è esso stesso realizzato in adempimento di un dovere posto dal suo antecedente. Ne consegue che nel concetto di procedimento penale sono ricompresi almeno 3 elementi fondamentali: in primo luogo la legge prevede una “serie cronologicamente ordinata di atti” nel senso che gli atti stessi debbono essere compiuti rispettando una determinata sequenza temporale; in secondo luogo gli atti hanno finalità di accertare l’esistenza di un fatto penalmente illecito e la sua attribuibilità ad una persona; in terzo luogo il compimento di un atto del procedimento fa sorgere in un altro il dovere di compiere un atto successivo, fino alla decisione definitiva la quale potrà essere una sentenza di condanna o di proscioglimento oppure un decreto o ordinanza di archiviazione se il procedimento si arresta prima che venga formulata una imputazione. -per Processo penale si indica una porzione del procedimento penale in quanto fanno parte del processo le fasi dell’udienza preliminare e del giudizio. Il momento inziale del processo corrisponde all’esercizio dell’azione penale mentre il momento finale si ha quando la sentenza diventa irrevocabile e cioè quando non è più impugnabile perché nessuna parte ha presentato ricorso nei termini o perché tutte le impugnazioni ordinarie sono state esperite. [Può dirsi che la fase del procedimento inizia con l’acquisizione della notizia di reato e termina con l’esercizio dell’azione penale, momento in cui inizia invece, la fase del processo]. Occorre fare una precisazione: - con l’espressione “in ogni stato e grado del processo” si intende escludere un periodo meramente procedimentale e cioè la fase delle indagini preliminari. - con l’espressione “in ogni stato e grado del procedimento” si intende ricomprendere sia le indagini che il processo. - Con il termine “grado” si vuole indicare se il giudice prende cognizione dell’oggetto sul quale deve decidere in primo esame ovvero in appello o in sede di ricorso per cassazione. - Con il termine “stato” si vuole indicare una fase del procedimento, nel procedimento ordinario si susseguono in ordine: indagini preliminari, udienza preliminare, giudizio. •“L’azione penale”, atto che dà inizio al processo penale, è la richiesta che il PM rivolge al giudice di decidere sull’imputazione. Nel procedimento ordinario il PM esercita l’azione penale quando chiede il rinvio a giudizio dell’imputato, si tratta di una richiesta rivolta al giudice la quale contiene la formulazione dell’imputazione la quale è formulata dal pm al termine delle indagini preliminari (l’azione penale è dunque esercitata quando il giudice è chiamato a decidere nell’udienza preliminare sulla richiesta di rinvio a giudizio); nei procedimenti speciali (che eliminano l’udienza preliminare) l’azione penale è esercitata quando il pm formula l’imputazione nell’atto che instaura il singolo procedimento (ad es nel giudizio direttissimo il pm contesta l’imputazione all’imputato che sia stato condotto direttamente in udienza). L’esercizio dell’azione penale comporta due effetti: in primo luogo pone al giudice l’obbligo di decidere su un determinato fatto storico ed in secondo luogo fissa in modo tendenzialmente immutabile l’oggetto del processo e cioè impone al giudice il divieto di decidere su un fatto storico differente da quello precisato nell’imputazione (salve le eccezioni descritte negli art 516-521). •“L’imputazione” (richiesta di rinvio a giudizio) consiste nell’addebitare ad un soggetto la responsabilità di un fatto di reato. Gli elementi dell’imputazione sono: - enunciazione, chiara e precisa, del fatto storico di reato addebitato all’imputato - indicazione degli articoli di legge che si ritiene siano stati violati - generalità della persona alla quale è addebitato il reato cd imputato e generalità della persona offesa dal reato qualora ne sia possibile l’identificazione. Non ha natura di imputazione l’addebito provvisorio che viene formulato dal pm nel corso delle indagini. I SOGGETTI e le PARTI del procedimento penale: Quanto ai soggetti del procedimento penale tra questi figurano <giudice, PM, polizia giudiziaria, l’imputato, la parte civile , il responsabile civile, il civilmente obbligato per la pena pecuniaria, la persona offesa ed il difensore>. Sono definiti “soggetti” i titolari del potere di iniziativa nel procedimento (essi vengono dunque definiti in relazione alla nozione di “procedimento penale” e cioè in relazione anche alla fase delle indagini preliminari, quando ancora non è stata esercitata l’azione penale), di converso non sono considerati soggetti i testimoni e i periti i quali rientrano nella categoria delle “persone” che partecipano al procedimento in quanto privi di poteri di iniziativa nel procedimento. Quanto alle “Parti”, il concetto di parte è correlato a quello di azione e ne consegue pertanto che siano Parti il soggetto attivo “ossia colui che ha chiesto al giudice una decisione in relazione all’imputazione” e quello passivo dell’azione penale “ossia colui contro il quale tale decisione è chiesta”. Con riferimento all’esercizio dell’azione penale sono parti necessarie il PM e l’imputato mentre sono parti eventuali la “parte civile” il civilmente obbligato ed il responsabile civile: con ciò ci si riferisce al fatto che entro il processo penale il danneggiato del reato possa esercitare l’azione civile di condanna tendente ad ottenere il risarcimento del danno derivante dal reato, in questo caso il danneggiato esercita l’azione civile costituendosi parte civile in un momento successivo a quello in cui il pm ha esercitato l’azione penale, si caratterizza per essere una parte “eventuale” in quanto la sua presenza (/il suo esercizio) deriva da una scelta facoltativa del danneggiato, in sua assenza il processo ha comunque giuridica esistenza. È analogamente una parte eventuale il cd civilmente obbligato per la pena pecuniaria in caso di insolvibilità dell’imputato in quanto la parte civile può chiedere il risarcimento dei danni sia all’imputato sia al responsabile civile (egli sarebbe il soggetto responsabile civilmente per il fatto dell’imputato il quale diventa parte quando citato o quando vi intervenga es il datore di lavoro è civilmente responsabile per il danno cagionato dal proprio dipendente). [A]Il GIUDICE: egli è un soggetto processuale super partes indipendente ed imparziale il quale si pone in una posizione intermedia tra accusa e difesa con funzione di garante della legalità e ritualità del processo essendo titolare del potere decisionale sul fondamento dell’imputazione. La Giurisdizione è la manifestazione del potere giudiziario (potere di applicare la legge al caso concreto in relazione ai soggetti coinvolti) ed in particolare è la quantità di potere ripartita tra giudici appartenenti ad ordini diversi (es giudice civile, penale, amministrativo) - individuato il giudice che ha giurisdizione sul caso che si intende sottoporgli è previsto inoltre che nell'ambito della giurisdizione scelta bisognerà poi individuare il giudice competente - la quale è esercitata da appositi organi giurisdizionali quali: -i Giudici Ordinari, essi si caratterizzano per avere una generale competenza a giudicare tutte le persone e per far parte dell’ordinamento giudiziario, tra questi figurano “in 1ºgrado”<il Tribunale in composizione monocratica o collegiale; la Corte d’assise; il giudice di pace; il tribunale dei minorenni> ed in 2ºgrado <corte d’appello; corte d’assise d’appello; sezione della corte d’appello per i minorenni; corte di cassazione>. -i Giudici Speciali, essi si caratterizzano per esser competenti a giudicare solo alcune persone e per non far parte dell’ordinamento giudiziario, tra questi figurano <i tribunali militari in tempo di pace (competenti per i reati militari da appartenenti alle forze armate); corte d’appello militare; corte di cassazione (competente per i cd delitti di alto tradimento e di attentato alla Cost. commessi dal Presidente della Repubblica)> Il giudice è indipendente (indipendenza garantita dal CSM) e imparziale e soggetto solo alla legge. Quanto alla COMPETENZA (è la quantità di giurisdizione ripartita tra giudici appartenenti allo stesso ordine, dunque è quella parte di funzione giurisdizionale svolta dal singolo giudice) essa è distribuita sulla base dei criteri della Materia (titolo del reato), del Territorio (il luogo in cui è commesso il reato), della funzione che deve essere svolta in una determinata fase o grado del procedimento e della eventuale connessione con altri procedimenti. 1)Competenza per Materia (art4) essa è individuata in virtù della natura e gravità del reato - quindi in base a 2 criteri ossia al criterio qualitativo (con riferimento al tipo di reato) ed al criterio quantitativo (relativo alla pena edittale/gravità del reato) - pertanto per determinare la competenza occorre aver riguardo alla natura ed alla pena massima stabilita dalla legge per il reato consumato o tentato non tenendosi conto della continuazione o della recidiva né delle circostanze, fatta eccezione per quelle che stabiliscono una pena di specie diversa rispetto a quella ordinaria del reato (ad es ergastolo rispetto alla reclusione) e di quelle circostanze dette “ad effetto speciale” in quanto comportano un aumento della pena superiore ad un terzo. La competenza per materia in 1º grado si ripartisce tra il tribunale per i minorenni, la corte d’assise, il giudice di pace ed il tribunale. •Il tribunale per i minorenni (composto da 2 giudici togati e da 2 esperti) è competente per i reati commessi dai minori di anni 18 e per stabilire la competenza del tribunale per i minorenni si deve prendere in considerazione l’età che aveva l’imputato all’epoca dei fatti contestati. Si tratta si una competenza “esclusiva” di tale tribunale in quanto non si verifica -facoltativa, in tutti gli altri casi in cui non è obbligatoria ed a tal fine può esser disposta, sull’accordo tra le parti, quando il giudice lo ritenga utile ai fini della speditezza del processo (art18co 2). Ai sensi dell’art 19 la riunione e la separazione dei processi sono disposte con ordinanza dal giudice anche d’ufficio, ma con il limite che devono essere sentite le parti. Il Principio del Giudice Naturale: Le norme sulla competenza servono ad individuare il soggetto investito del potere giurisdizionale sul fatto di reato e attuano il principio del “giudice naturale” di cui all’art25 Cost ai sensi del quale “nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge”. Dalla norma si ricavano i seguenti principi: -il principio della riserva assoluta di legge in materia di competenza consistente nel fatto che la competenza del giudice possa essere determinata soltanto dalla legge e non da fonti secondarie (regolamenti o atti amministrativi), tale legge destinata a regolare la competenza non deve conferire un potere di scelta discrezionale. -dalla necessaria Precostituzione del giudice si ricava il divieto di applicazione retroattiva delle norme concernenti la competenza in quanto esse sono applicabili ai fatti di reato che siano stati commessi dopo la loro entrata in vigore. -la garanzia di indipendenza del giudice in quanto viene preclusa la possibilità che un organo legislativo, amministrativo o giurisdizionale possa sottrarre discrezionalmente un procedimento a un determinato giudice. -per Naturalità del giudice si fa riferimento ad un concetto che preesiste rispetto alla legge e che quest’ultima è chiamata a tutelare.L’ordinamento considera giudice naturale colui che sia il più idoneo ad accertare il fatto di reato nel rispetto della legge e dei diritti dell’imputato, da ciò consegue una identificazione del giudice naturale con la competenza territoriale in quanto il giudice naturale è strettamente collegato col luogo del commesso reato, anche se tuttavia il princpio della naturalità può cedere di fronte a interessi superiori quale ad esempio il principio di imparzialità del giudice (art. 111.2 Cost.), è il caso che si verifica quando nella sede naturale l’intero ufficio giudiziario appaia comunque parziale o sia esposto a pressioni ambientali, in tal caso opera l’istituto della rimessione (art 45) oppure quando l’organi giudicante debba decidere su di un magistrato che svolga le sue funzioni nel distretto e che sia imputato oppure persona offesa o danneggiata dal reato. Conflitti di Giurisdizione e Competenza, fra gli organi giurisdizionali possono anche sorgere conflitti, distinguiamo a tal fine: -Conflitti di giurisdizione, che intervengono tra giudice ordinario e giudice speciale o tra più giudici speciali -Conflitti di competenza, che intervengono tra giudici ordinari In tali casi il conflitto è detto Positivo quando due o più giudici, contemporaneamente, prendono cognizione del medesimo fatto attribuito alla medesima persona; di converso è detto Negativo quando due o più giudici contemporaneamente rifiutano di prendere cognizione del medesimo fatto attribuito alla medesima persona, ritenendo la propria incompetenza. Il conflitto può sorgere in ogni stato e grado del processo (art. 28.1) e può esser rilevato d’ufficio da uno dei giudici (art 30.1) oppure denunciato dal PM presso uno dei giudici in conflitto o dalle parti private (art. 30.2). Nb mentre il difetto di giurisdizione è rilevabile in ogni stato e grado del processo, il difetto di competenza è rilevabile entro termini perentori. Quanto “all’incompetenza per materia” è previsto che quando incompetente (cd incompetenza per difetto”) sia un giudice inferiore il quale procede per un reato di competenza di un giudice superiore e che pertanto è meno idoneo a giudicare rispetto a quest’ultimo (es tribunale che procede per un reato di competenza della Corte d’assise) l’incompetenza è rilevabile fino a quando non si è pervenuti ad una sentenza irrevocabile (art. 21.1); di converso quando incompetente (cd incompetenza per eccesso”) sia un giudice superiore il quale proceda per un reato di competenza di un giudice inferiore l’incompetenza può essere rilevata anche d’ufficio ma non oltre le questioni preliminari prima della dichiarazione di apertura del dibattimento (art 491). Inoltre nei casi in cui il giudice di primo grado avesse erroneamente ritenuto di essere competente si prevede che la corte d’appello che accerti l’incompetenza “per eccesso” debba decidere nel merito (art 24co2). Quanto “all’incompetenza per territorio”, essa è eccepibile dalle parti ed è rilevabile dal giudice fino alla chiusura della discussione finale nell’udienza preliminare [se l’eccezione è respinta in udienza, può essere ripresentata nelle questioni preliminari e qualora sia respinta anche in tale sede dovrà costituire oggetto di uno specifico motivo di impugnazione altrimenti la questione è preclusa] e qualora l’udienza medesima non dovesse aver luogo l’incompetenza per territorio dovrà essere eccepita o rilevata nel corso delle questioni preliminari in dibattimento (art. 21.2). La riforma Cartabia ha previsto che prima della conclusione dell'udienza preliminare o, se questa manchi, in dibattimento subito dopo aver compiuto per la prima volta l'accertamento della costituzione delle parti (ai sensi dell'art491co1) il giudice chiamato a decidere una questione concernente la competenza per territorio possa, d’ufficio o su istanza di parte, rimettere la decisione alla corte di cassazione - a tal fine pronuncia un'ordinanza con la quale invia alla cassazione gli atti necessari alla risoluzione della questione - la quale provvede in camera di consiglio partecipata nelle forme di cui all’art127 e qualora dichiari l'incompetenza del giudice che procede ordina la trasmissione degli atti al pm presso il giudice competente. L'estratto della sentenza è immediatamente comunicato al giudice che ha rimesso la questione e, quando diverso, al giudice competente nonché al pm presso i medesimi giudici ed è notificato alle parti private. Si tratta di una questione pregiudiziale avente un effetto preclusivo in quanto la parte che ha eccepito l'incompetenza per territorio senza chiedere contestualmente la rimessione della decisione alla cassazione non può più riproporre l'eccezione di incompetenza per territorio nel corso del procedimento cioè nelle fasi e gradi successivi del processo (invece in precedenza la cassazione interveniva soltanto nel grado finale del processo provocando la necessità di ripetere il giudizio soltanto qualora avesse riconosciuto l'incompetenza per territorio) art24bis. Quanto all’incompetenza per Connessione, nel caso di procedimenti connessi la competenza è determinata secondo le regole stabilite dagli articoli 15 e 16 e pertanto l’inosservanza di tali regole determina l'incompetenza per connessione la quale deve essere rilevata o eccepita, a pena di decadenza, entro gli stessi termini previsti per l'incompetenza per territorio (21.3: prima della conclusione dell'udienza preliminare o, se questa non abbia luogo, nel corso delle questioni preliminari al dibattimento). Questo regime trova applicazione anche quando la connessione incida sulla competenza per materia (15: Competenza per materia determinata dalla connessione) il che si verifica ad esempio quando in pendenza di due procedimenti connessi, uno di competenza del Tribunale e l'altro della Corte di assise, la competenza per connessione sia erroneamente devoluta al Tribunale, anziché alla Corte d'assise. In presenza di una inosservanza delle disposizioni che regolano la competenza il giudice sarà pertanto tenuto a dichiarare la propria Incompetenza cd Declaratoria di Incompetenza la quale se è rilevata: -“nel corso delle Indagini Preliminari” sarà dichiarata con ordinanza con la quale si limita a disporre la restituzione gli atti al PM che in quel momento sta conducendo le indagini e si caratterizza per il fatto che tale ordinanza produce effetti limitatamente al provvedimento richiesto non impedendo al PM di svolgere le indagini; vi è ancora la possibilità che nuovi elementi di prova dimostrino la fondatezza della sua asserzione circa la competenza del giudice. -“dopo la chiusura delle indagini” sarà dichiarata con sentenza con la quale dispone la trasmissione degli atti al PM presso il giudice competente. La declaratoria di incompetenza è trasmessa alla Corte di Cassazione con la copia degli atti necessari alla decisione. L’eccezione di incompetenza (d’ufficio o su istanza) non ha effetto sospensivo sui procedimenti in corso. La corte decide in camera di consiglio con sentenza nella quale indica anche quale sia il giudice competente a procedere (art 32), tale decisione della Corte è vincolante, salvo che risultino nuovi fatti che determinino la competenza per materia di un giudice superiore in quanto al verificarsi di tale ipotesi la questione potrà esser riproposta successivamente (art25). Quanto all’efficacia degli atti compiuti dal giudice incompetente è previsto che <le prove acquisite restano efficaci mentre le dichiarazioni, se ancora ripetibili, diventano utilizzabili in giudizio soltanto con il meccanismo delle contestazioni probatorie (art. 500 e 503); le misure cautelari (personali o reali) già disposte conservano efficacia provvisoria limitata a 20 giorni dalla ordinanza che dichiara l’incompetenza e che trasmette gli atti ed entro tale termine il nuovo giudice, se lo ritiene necessario, deve disporre una nuova misura cautelare>. L’inosservanza delle disposizioni sulla corretta composizione collegiale o monocratica del tribunale (che dipende dall’oggetto della cognizione) non incidono sulla capacità dell’organo giudicante (art. 33.3) in quanto i rapporti tra le due articolazioni del tribunale si sono intese alla stregua di un modello organizzativo interno all’ufficio giudiziario e quindi non già quale questione di “competenza” bensì quale questione di “cognizione” del giudice, e cioè ad una semplice questione di forma e di rito. L’inosservanza delle disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica del Tribunale non determina l'invalidità degli atti del procedimento né l'inutilizzabilità delle prove già acquisite [Dinanzi al tribunale in composizione monocratica son previsti 2 diversi tipi di rito: uno relativo ai reati più gravi il quale prevede l'udienza preliminare nella quale il giudice controlla la fondatezza dell'accusa formulata dal PM; un altro relativo ai reati meno gravi il quale non prevede l'udienza preliminare e pertanto il PM esercita l'azione penale con citazione diretta in giudizio senza alcun controllo giurisdizionale]. Il termine entro il quale si può eccepire o rilevare anche d'ufficio l'inosservanza delle disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica del Tribunale e delle disposizioni processuali collegate è simile a quello che vale per l'incompetenza per territorio. L’inosservanza può avvenire sia “per Eccesso” <quando nell'udienza preliminare il giudice rilevi (d'ufficio o su eccezione di parte) che per il reato si dovesse procedere con citazione diretta in giudizio senza udienza preliminare ed in tal caso il giudice deve trasmettere gli atti al p.m. perché questi emetta il decreto di citazione a giudizio; oppure quando il giudice collegiale in dibattimento rilevi che il procedimento spetti al tribunale monocratico ed in tal caso non si ha regressione del procedimento in quanto il collegio deve trasmettere gli atti al giudice competente per il dibattimento> sia “per Difetto” <quando il giudice monocratico in dibattimento ritenga che il procedimento spetti al tribunale collegiale dovrà trasmettere gli atti al giudice competente per il dibattimento ; oppure quando il giudice monocratico, nel dibattimento instaurato a seguito di citazione diretta, rilevi che si tratti di un reato per il quale sia prevista l’udienza preliminare vi è una regressione del procedimento in quanto il giudice deve trasmettere gli atti al pm sia ove ritenga che il reato spetti al tribunale collegiale sia ove ritenga che spetti al tribunale monocratico ed in tal caso il pm eserciterà nuovamente l’azione penale>. Nonostante l'eccezione di parte, può darsi che il giudice ritenga corretta la propria cognizione, in tal caso spetterà ad una delle parti proporre appello con gli effetti di cui all’art33 octies. Se la Corte d’appello ritenga che la cognizione fosse del giudice collegiale, annulla la sentenza del giudice monocratico e trasmette gli atti al p.m. presso il Tribunale. Nel caso opposto, se ritiene che la cognizione spettasse al giudice monocratico, la Corte d'appello decide direttamente nel merito. [Le regole che determinano la competenza per territorio trovano applicazione anche per l’individuazione della sezione distaccata di un tribunale (si tratta di uffici collocati all’interno del circondario del tribunale) a cui spetta la trattazione di un determinato procedimento; nella sede principale del tribunale saranno invece svolte in via esclusiva le funzioni di giudice per le indagini preliminari e udienza preliminare]. CAPACITÀ DEL GIUDICE: per capacità del giudice si intende il complesso dei requisiti indispensabili per un legittimo esercizio della funzione giudicante. Ai sensi dell’art33co1 sono “condizioni di capacità del giudice” quelle che appaiono stabilite dalle leggi di ordinamento giudiziario [in proposito la dottrina distingue la “capacità d’acquisto” della funzione giurisdizionale <la quale concerne il possesso di tutti i requisiti necessari all’acquisto della qualità di giudice (cittadinanza, titolo di studio, ecc.)> dalla “capacità d’esercizio” della funzione giurisdizionale <la quale concerne l’esistenza delle condizioni richieste per il valido esercizi del potere giurisdizionale]. Non tutte le disposizioni finalizzate a regolare l’attribuzione e svolgimento della funzione giurisdizionale sono a pena di nullità, si ritiene infatti che la sanzione della nullità assoluta sia prevista per la sola capacità generica (che si ottiene con la nomina al ruolo) e non anche dell’idoneità specifica la quale presuppone la regolare costituzione del giudice nell’ambito di un determinato processo. Infatti, l’art. 33.2 stabilisce che non si considerano attinenti alla capacità del giudice le disposizioni relative alla destinazione del magistrato giudicante agli uffici giudiziari ed alle sezioni (evidentemente il legislatore ha voluto evitare che la violazione delle regole concernenti il funzionamento interno degli uffici giudiziari potesse dare luogo a nullità processuali. L’art33co3 esclude che l’attribuzione degli affari penali al tribunale collegiale o monocratico attenga alla capacità del giudice o al numero dei giudici necessario per costituire l’organo giudicante. La violazione delle norme sul riparto della cognizione concernenti l’assegnazione dei magistrati a sezioni o collegi non danno luogo a nullità processuali. Se ne deduce che il c.p.p. attribuisca una limitata rilevanza alla garanzia costituzionale del giudice naturale precostituito per legge (art. 25 Cost.) in quanto circoscrive tale garanzia alla mera individuazione dell’organo giudiziario nel suo complesso. IMPARZIALITÀ DEL GIUDICE: l’imparzialità è fondata sui seguenti principi: -la soggezione del giudice alla legge. Soltanto la presenza di leggi certe che indichino con precisione quali fatti configurino reato e quali poteri processuali debbano essere esercitati nei loro confronti senza lasciar alcun margine di discrezionalità al giudice impedisce che egli sia influenzato dall’esterno, (potere politico, economico, sindacale) o dall’interno (soggettivismi caratteriali ed ideologici del singolo magistrato). -la separazione tra funzioni giurisdizionali e quelle che sono tipiche di una parte. Si intende la separazione in soggetti distinti delle principali funzioni processuali quali l’accusa, la difesa e il giudice e ciò in quanto se quest’ultimo cumulasse i poteri di una parte, (es. i poteri d’accusa) la sua funzione giudicante rischierebbe di essere sviata, anche inconsciamente, dagli ulteriori poteri che egli è chiamato ad esercitare. -la terzietà, ai sensi dell’art111co2Cost il processo deve svolgersi “davanti ad un giudice terzo ed imparziale”. Non si tratta di sinonimi in quanto per imparzialità si intende la funzione esercitata nel processo ed impone l’assenza di qualsiasi legame con una delle parti o con l’oggetto da decidere mentre invece la terzietà concerne il piano ordinamentale ed è stata infatti interpretata dalle norme dell’ordinamento giudiziario come un limite al passaggio di funzioni tra p.m. e giudice e viceversa: il passaggio può avvenire soltanto cambiando il distretto di corte d’appello e dopo un controllo di professionalità in relazione al nuovo ruolo da svolgere: non appare imparziale quel giudice che ha svolto in passato le funzioni di pm e che, quindi, si trova a giudicare sulle richieste di ex colleghi dello stesso distretto. -l’impregiudicatezza. Vi è imparzialità quando il giudice si trova in una condizione di impregiudicatezza rispetto alla questione da decidere, si tratta di un requisito concernente l’atteggiamento interiore del giudice rispetto alla decisione da prendere - anche detta quale assenza di pregiudizi rispetto all’oggetto del procedimento - la quale manca quando il giudice ha già emesso una decisione sulla responsabilità dell’imputato in relazione al medesimo reato. -l’equidistanza delle parti (giudice super partes), vi è quando è assente qualsiasi legame tra il giudice e le parti, o tra il giudice e la questione da decidere. -la presenza di garanzie procedimentali che attribuiscono alle parti il diritto di far accertare le situazioni che si presentano, si tratta del cd rimedio della “ricusazione” del giudice. Ma ancora prima che si giunga a tale rimedio è previsto che il giudice che si accorga di essere nella situazione di apparire non imparziale abbia il dovere di dichiararla ed astenersi. Inoltre, quando ci siano motivi che facciano dubitare sull’imparzialità dell’ufficio giudicante nel suo complesso è prevista la cd Rimessione del processo. [Come garanzie procedimentali a tutela del principio dell’imparzialità del giudice sono stati predisposti l’istituto dell’astensione, la ricusazione, la rimessione]. INCOMPATIBILITÀ DEL GIUDICE: per incompatibilità si intende l’incapacità di svolgere una determinata funzione in relazione ad un determinato procedimento e sussiste nelle situazioni nelle quali manca la caratteristica m della impregiudicatezza. Le situazioni che danno luogo ad incompatibilità sono sono conoscibili ex ante rispetto al momento in cui il giudice è assegnato ad un determinato procedimento (per tale motivo costituiscono criteri di organizzazione preventiva della funzione giurisdizionale), qualora (le situazioni di incompatibilità) non dovessero essere accertate preventivamente al momento della formazione dell’organo è previsto che tali situazioni di incompatibilità diventano motivi di astensione o di ricusazione. Le Situazione di pre-giudizio previste dal codice come causa di incompatibilità possono essere ripartite in 3 categorie: •Incompatibilità per atti compiuti nel medesimo procedimento (art34), tra queste figurano: - l’aver pronunciato la sentenza in un precedente grado del medesimo procedimento - l’aver emesso il decreto penale di condanna o il provvedimento conclusivo delle indagini preliminari -l’aver disposto il giudizio immediato - l’aver deciso sull’impugnazione avverso la sentenza di non luogo a procedere. Inoltre, il giudice che nel medesimo procedimento abbia esercitato la funzione di gip non può emettere decreto penale di condanna, né partecipare al giudizio a meno che si sia limitato a svolgere funzioni di tipo non decisorio quale è l’aver provveduto all’assunzione dell’incidente probatorio. Infatti, il giudice che si è limitati a assistere all’assunzione della prova in incidente probatorio, lungi dall’essere “prevenuto” nei confronti dell’indagato è soggetto idoneo a pronunciarsi sul rinvio a giudizio (in udienza preliminare) o sulla colpevolezza (in dibattimento). •Incompatibilità per funzioni. Si verifica quando il giudice, che è stato designato a giudicare, abbia svolto nel medesimo procedimento una qualche funzione che sarebbe dovuta restare distinta da quella di giudice (es. funzioni del p.m., della polizia giudiziaria, del difensore, del testimone, del perito, etc). Da ciò si può dedurre l’esistenza del principio della separazione delle funzioni processuali. •Incompatibilità per ragioni di parentela. Si verifica quando il coniuge, parente o un’affine (fino al secondo grado) del giudice che è stato designato a giudicare abbia svolto nel medesimo procedimento la funzione di giudice, o funzioni “separate o diverse” (art 35). ASTENSIONE E RICUSAZIONE DEL GIUDICE: rappresentano rimedi ex post volti a rimuovere un giudice già designato in relazione ad un determinato procedimento al sussistere di situazioni che ne compromettono l’imparzialità. Dunque seppur il giudice possa riuscire ad essere ugualmente parziale si preferisce obbligarlo ad astenersi ne segue che il giudice abbia l’obbligo di astenersi quando sa di trovarsi in una situazione di non imparzialità, ed in mancanza di immediata dichiarazione di astensione le parti avranno l’onere di presentare una dichiarazione di ricusazione. [B]il PUBBLICO MINISTERO: il PM non è un organo unitario bensì è un insieme di uffici pubblici (ciascuno dei quali svolge le proprie funzioni, di regola, davanti all’organo giudiziario presso cui è costituito) che nel procedimento penale svolge la funzione di parte pubblica e rappresenta l’interesse generale dello Stato-società leso dal reato alla repressione dei reati (ben diversa è la situazione soggettiva dello Stato-persona che nel processo penale è rappresentato dall'avvocatura dello Stato: qualora il reato abbia cagionato un danno ad un bene dello stato il ministro competente può decidere di chiedere il risarcimento nel processo penale e pertanto in tal caso il ministro che si costituisce parte civile è rappresentato dall'avvocatura dello Stato). Il PM è dunque un magistrato indipendente che svolge la funzione di una parte pubblica in quanto agisce per perseguire un interesse pubblico il quale gli impone un obbligo di lealtà processuale, a tal fine egli non deve limitarsi a cercare le prove favorevoli all'accusa ma deve svolgere anche accertamenti su fatti e circostanze a favore dell'indagato; per tali caratteristiche viene a distinguersi dalle parti private (imputato, persona offesa) le quali perseguono un loro personale interesse e non hanno l'obbligo di far conoscere alle altre parti le prove che giovano a queste ultime, ne segue che sulle parti private non incombe un obbligo di "lealtà processuale". Quanto agli Uffici del PM davanti al giudice ordinario, le funzioni del PM nelle indagini preliminari e nei procedimenti di 1° grado sono svolte, presso il tribunale monocratico e collegiale, da un ufficio unitario denominato “procura della repubblica presso il tribunale”. Tale ufficio svolge altresì le funzioni di pm per i reati di competenza della corte d’assise e del giudice di pace. Presso il tribunale per i minorenni vi è un apposito ufficio di procura della repubblica. Per i giudici d'appello vi è una procura generale presso la corte d'appello. Presso la cassazione vi è un ufficio di procura generale. [Quanto agli uffici del pm dinanzi al giudice speciale, presso il giudice speciale militare vi sono la procura militare presso il tribunale e la procura generale militare presso la corte d'appello. Presso la corte di cassazione vi è un apposito ufficio denominato procura generale militare]. Egli svolge le seguenti “funzioni”: -promuove la repressione dei reati, cioè svolge le indagini necessarie per valutare se chiedere il rinvio a giudizio o l'archiviazione. -esercita l'azione penale in tutti i casi in cui non abbia chiesto l'archiviazione e cioè quando dalle indagini siano emersi elementi idonei a sostenere l'accusa in giudizio. -fa eseguire i provvedimenti del giudice nei casi previsti dalla legge -veglia sull'osservanza della legge, alla pronta e regolare amministrazione della giustizia, alla tutela dei diritti dello Stato, alle persone giuridiche e agli incapaci. Il PM (il quale è configurato quale il rappresentante della legge) è un magistrato ed in quanto tale ha le medesime garanzie di indipendenza dei giudici, si differisce da questi ultimi per il fatto che l’ufficio del pm ha alcune caratteristiche dell’organizzazione gerarchica (il pm è collocato in un ufficio che dipende da un capo). Quanto ai “rapporti all’interno dell’ufficio”, i rapporti all’interno dell’ufficio del PM si caratterizzano per esser rapporti di dipendenza gerarchica i quali assumono una configurazione particolare in quanto debbono contemperare le due contrapposte esigenze di “garantire l'indipendenza del singolo magistrato da un lato” ed “ assicurare la buona organizzazione dell'ufficio della pubblica accusa dall’altro”. L’assegnazione di un caso ad un magistrato del Pubblico Ministero può avvenire sia mediante criteri automatici sia da parte del Procuratore della Repubblica in quanto egli essendo il titolare esclusivo dell’azione penale è previsto che possa esercitarla personalmente o mediante assegnazione ad uno o più magistrati addetti all’ufficio ai quali conferisce poteri con limitata autonomia funzionale, e con l’atto di assegnazione può stabilire i criteri (generali o particolari del singolo procedimento) ai quali il magistrato deve attenersi nell'esercizio della relativa attività. Qualora i criteri generali o particolari siano violati, o comunque quando si verifica un un contrasto con il titolare dell'ufficio, questi può revocare l'assegnazione con provvedimento motivato: a sua volta il magistrato può presentare osservazioni scritte al procuratore della Repubblica entro 10 giorni dalla comunicazione della revoca. Un ulteriore aspetto di gerarchia ha per oggetto le misure cautelari: il PM quando intende chiedere al giudice una misura cautelare personale (es. custodia in carcere) o reale (es. sequestro preventivo) deve ottenere l'assenso scritto dal Procuratore della Repubblica; analogo assenso è necessario per disporre il fermo di persona indiziata di un delitto. L’assenso non è invece necessario quando la richiesta di una misura cautelare è formulata per una “convalida” dell'arresto o del fermo (art. 390) o del sequestro preventivo operato d'urgenza. Il potere direttivo del titolare (/procuratore della repubblica) si attenua quando il magistrato si trova in udienza in quanto in tal caso il PM esercita le sue funzioni con "piena" autonomia. Il capo dell'ufficio provvede alla sostituzione soltanto su consenso dell'interessato ovvero, se il consenso manca, nel caso di grave impedimento o di rilevanti esigenze di servizio; la sostituzione è obbligatoria quando il magistrato abbia un interesse "privato" nel procedimento (quando ciò avviene il titolare deve trasmettere al CSM copia del provvedimento motivato con cui ha disposto la sostituzione del magistrato e se il capo d’ufficio non vi provveda è previsto che il procuratore generale presso la corte d’appello debba disporre l’avocazione. Quanto ai “rapporti tra uffici” è previsto la regola secondo cui “ogni ufficio del PM sia competente a svolgere le sue funzioni esclusivamente presso l'organo giudiziario davanti al quale è costituito”, tuttavia a tale regola sono poste alcune eccezioni che danno vita a singole ipotesi di rapporti di sovraordinazione, ma non di tipo gerarchico (il rapporto gerarchico presuppone poteri direttivi vincolanti in relazione alla trattazione di un singolo caso) in quanto l’ufficio superiore ha eccezionalmente solo singoli e limitati poteri di sorveglianza riguardanti la disciplina e l'organizzazione. Il procuratore generale presso la Corte di Cassazione (ed altresì il ministro della giustizia) svolge: -la “funzione di sorveglianza” nel senso che ha il potere di iniziare l'azione disciplinare contro un qualsiasi magistrato requirente o giudicante la cui decisione spetterà poi al CSM. -la funzione di risolvere i contrasti tra gli uffici del pm appartenenti a differenti distretti di corte d'appello. Si ha Contrasto Negativo Nozione di contrasti tra uffici tra pubblici ministeri <quando due uffici, durante le indagini preliminari in relazione a un determinato reato, neghino la competenza per materia o per territorio del giudice presso il quale ciascuno di essi esercita le funzioni, ritenendo esistente la competenza di un altro giudice (art 54)>, si ha Contrasto Positivo <quando due uffici stanno svolgendo indagini a carico della stessa persona ed in relazione al medesimo fatto e ciascuno di essi ritenga la propria competenza esclusiva (art 54 bis)>. Il Procuratore Generale presso la Corte d'Appello svolge una funzione di sorveglianza che si manifesta nel potere di: - dirimere contrasti tra due uffici di PM del medesimo distretto di corte d'appello, i quali ritengano contemporaneamente di affermare (o viceversa, negare) la propria competenza in un singolo caso (art 54 e 54 bis). - avocare un singolo affare in casi tassativamente previsti dalla legge, l’avocazione è il potere che l’organo superiore ha di sostituirsi all'organo inferiore nello svolgimento di una determinata attività: tale potere di avocazione è attribuito al Procuratore Generale presso la Corte d'Appello nei confronti del pm presso il tribunale in presenza di situazioni e si verifica quando il titolare, o un magistrato dell'ufficio inferiore, abbia omesso un'attività doverosa o quando comunque il procedimento penale rischia una stasi per l'inerzia del magistrato del pm. Il provvedimento di avocazione deve essere motivato e trasmesso al CSM e al magistrato avocato il quale potrà a sua volta proporre reclamo al procuratore generale della Cassazione. Sono previsti casi nei quali l'avocazione è obbligatoria ed altri nei quali è discrezionale: è obbligatoria <se vi è stata inerzia del PM nell'esercitare l'azione penale (rinvio a giudizio o archiviazione); se è impossibile sostituire il PM perché questi è incompatibile o si è astenuto; se il capo dell'ufficio inferiore abbia omesso la sostituzione obbligatoria del PM>, è discrezionale <se il pm non abbia disposto la notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari oppure non abbia esercitato l’azione penale o richiesto l’archiviazione entro i termini previsti [se il GIP non abbia accolto la richiesta di archiviazione del PM o l'offeso si sia opposto alla richiesta stessa; se il GIP abbia ritenuto incomplete le indagini e ha indicato al PM ulteriori indagini da compiere]>. L’ASTENSIONE del magistrato del p.m. Occorre sottolineare che mentre il giudice ha l'obbligo di astenersi ove sia presente una di quelle situazioni che lo facciano apparire "parziale" e per gli stessi motivi il giudice può essere ricusato, viceversa il magistrato del pm (cd giudice requirente) può solo astenersi ma non anche esser ricusato in quanto egli è una parte che agisce/ esercita le sue funzioni per perseguire un interesse pubblico. Il PM deve astenersi quando sussistano “gravi ragioni di convenienza” (es quando abbia un interesse privato nel procedimento che gli è stato assegnato o abbia un rapporto di interesse con una delle parti) - sulle dichiarazioni di astensione decide il capo dell’ufficio del pubblico ministero - la mancata astensione configura illecito disciplinare ed è sanzionata dal CSM. A tal fine il capo dell’ufficio ha l’obbligo di SOSTITUIRE il PM che abbia un interesse privato nel procedimento e che non si sia astenuto - tale potere di sostituzione deve essere esercitato anche durante l'udienza penale e qualora il capo dell'ufficio non provveda alla sostituzione, il Procuratore Generale presso la corte d’appello designa per l’udienza un magistrato appartenente al suo ufficio (è un caso di avocazione obbligatoria) [una parte può segnalare al procuratore generale che il magistrato abbia un interesse privato, tale segnalazione è l’unico rimedio possibile in virtù dell’impossibilità di ricusare il PM] - i casi di sostituzioni sono quelli di cui all’art36: -se il magistrato ha interesse nel procedimento o se alcuna delle parti private o un difensore è debitore o creditore di lui, del coniuge o dei figli. -se il magistrato è tutore, curatore, procuratore o datore di lavoro di una delle parti private ovvero se il difensore, procuratore o curatore di una di dette parti è prossimo congiunto di lui o del coniuge. -se vi era già inimicizia grave fra il magistrato e una delle parti private. -se un prossimo congiunto del magistrati è offeso o danneggiato dal reato o parte privata. I diversi uffici del pm hanno l’obbligo di coordinarsi tra loro in presenza di “collegamento di indagini” - è la situazione in cui i reati non son connessi ma le indagini si e quindi gli uffici debbono scambiarsi atti ed info e comunicarsi reciprocamente le direttive impartite alla polizia giudiziaria - i casi nei quali le indagini si considerano collegate sono i seguenti: -se i procedimenti sono connessi a norma dell'articolo 12 (e non sono stati riuniti). -se si tratta di reati dei quali gli uni sono stati commessi in occasione degli altri, o per conseguirne o assicurarne al colpevole o ad altri il profitto, il prezzo, il prodotto o l'impunità, o che sono stati commessi da più persone in danno reciproco le une delle altre, ovvero se la prova di un reato o di una sua circostanza influisce sulla prova di un altro reato o di un'altra circostanza. -se la prova di più reati deriva, anche in parte, dalla stessa fonte. L’inottemperanza dell’obbligo di coordinarsi è punita con l’avocazione nelle ipotesi di indagini per delitti di criminalità organizzata mafiosa e non mafiosa. [È stata istituita la “Procura distrettuale antimafia” la quale è l'ufficio della Procura della Repubblica presso il Tribunale del capoluogo del di ciascuno dei 26 distretti di Corte d'Appello e svolge le funzioni di pubblico ministero in primo grado per quei delitti che sono di competenza di un giudice appartenente al singolo distretto di corte d'appello ossia <delitti di criminalità organizzata mafiosa e assimilati, delitti con finalità di terrorismo, delitti in materia di pedopornografia, di reati informatici, di intercettazione abusiva> nei confronti dei quali la procura distrettuale svolge le indagini preliminari ed esercita le funzioni di accusa pubblica nell'udienza preliminare e nel dibattimento entro l'ambito territoriale del distretto di corte d'appello. Di conseguenza tutte le attività investigative della polizia giudiziaria sono coordinate da questo ufficio all'interno del singolo distretto. Nb per tali reati il giudice competente resta quello originariamente competente per materia e territorio; viceversa sono soltanto le funzioni del giudice per le indagini preliminari e del giudice dell'udienza preliminare che debbono essere esercitate da magistrati del tribunale del capoluogo presso cui opera la procura distrettuale. All'interno della Procura Distrettuale è costituita una Direzione Distrettuale (D.D.A.) che non è altro se non il gruppo (pool) di magistrati che hanno chiesto di dedicarsi esclusivamente ai procedimenti attinenti alla criminalità organizzata mafiosa e assimilati e che pertanto debbono coordinarsi in modo stretto sia tra loro sia col procuratore capo. Vi è poi la Procura Nazionale Antimafia e antiterrorismo si tratta di un ufficio (composto da 20 pm più 2 procuratori aggiunti, tutti nominati dal csm) il cui capo è il procuratore nazionale antimafia il quale è soggetto alla sorveglianza del Procuratore Generale di Cassazione e del csm ed ha <poteri di coordinamento che non toccano l'indipendenza dei singoli uffici del PM consistenti in un Controllo per verificare se vi sia un effettivo coordinamento tra i singoli uffici del pm che stanno compiendo indagini per i delitti di criminalità organizzata mafiosa e terroristica (indicati nell'art 51 comma 3 bis e quater), in caso di mancato coordinamento il procuratore deve avocare le indagini; poteri sia di impulso nei confronti dei procuratori nazionali, sia di controllo sull'attività degli organi centralizzati di polizia giudiziaria>, di converso Non può <dare direttive vincolanti nel merito alle procure distrettuali, al massimo può riunire i capi degli uffici per accertare se questi si siano coordinati tra di loro; compiere direttamente indagini ma può avocare le indagini condotte da quella procura distrettuale che abbia dimostrato una grave inerzia o che non abbia voluto coordinarsi con gli altri uffici (si evince di come sia escluso che egli possa avere un potere gerarchico sui 26 procuratori distrettuali)>. [C] POLIZIA GIUDIZIARIA: La funzione di polizia giudiziaria è svolta, al sussistere di determinati presupposti, dai 5 corpi di polizia (la polizia di stato, l'arma dei carabinieri, la guardia di finanza, il corpo di polizia penitenziaria) e si esplica nel compito di repressione dei reati (raccogliere tutti gli elementi necessari per accertare il reato e per rendere possibile lo svolgimento del processo penale) ed in particolare consiste nel fatto che essa <debba, anche di propria iniziativa, prendere notizia dei reati, impedire che vengano portati a conseguenze ulteriori, ricercarne gli autori, compiere gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant'altro possa servire per l'applicazione della legge penale>. La competenza può esser generale per tutti i reati o limitata all'accertamento di determinati reati. I corpi di polizia svolgono funzioni amministrative e di sicurezza le quali si caratterizzano per il fatto che nel loro svolgimento la polizia di regola non gode di poteri coercitivi e cioè non può direttamente limitare le libertà fondamentali; viceversa al sopraggiungere della notizia della commissione di un reato subentra l’esercizio della funzione di polizia giudiziaria la quale si caratterizza invece per la possibilità di poter utilizzare poteri coercitivi, ne segue che in situazioni di necessità ed urgenza la polizia giudiziaria possa procedere all'arresto in flagranza (in caso di flagranza può anche perquisire persone e luoghi) o al fermo di una persona gravemente indiziata. La differenza che intercorre tra le funzioni di Polizia di Sicurezza e Giudiziaria si basa sulla contrapposizione tra prevenzione dei reati (la 1ª) e repressione di un reato (la 2ª) e son poste sotto una differente dipendenza: -la funzione di polizia di sicurezza è diretta dal Ministro dell'Interno e, in sede locale, dal Prefetto e Questore. -la funzione di polizia giudiziaria è svolta sotto la direzione del PM e sotto la sorveglianza del Procuratore Generale di Corte d'Appello (il quale può dare inizio al procedimento disciplinare contro l'ufficiale o l'agente per gli illeciti relativi dei compiti di polizia giudiziaria) cd dipendenza dall’autorità giudiziaria. Per la lotta alla criminalità organizzata, la funzione di polizia giudiziaria è svolta dalla D.I.A. (direzione investigativa antimafia), posta sotto la sorveglianza del procuratore nazionale antimafia. (Quindi funzionalmente la polizia giudiziaria dipende dal PM e organicamente dal potere esecutivo per quanto concerne la carriera). Il codice distingue 3 strutture che svolgono funzioni di polizia giudiziaria (si differenziano per il diverso grado di dipendenza funzionale dall’autorità giudiziaria): -le “sezioni di polizia giudiziaria” (si tratta di organi costituiti presso gli uffici del PM di 1ºgrado e composti, di regola , da ufficiali e agenti della Polizia di Stato, dei Carabinieri e della Guardia di Finanza etc) le quali svolgono esclusivamente funzioni di polizia giudiziaria sotto la dipendenza del capo del singolo ufficio del pm (cd procuratore della repubblica) il quale dirige e coordina le attività disponendo direttamente del personale della sezione ed incaricando delle indagini nominativamente un ufficiale di polizia giudiziaria. -servizi di polizia giudiziaria (costituiti presso i corpi di appartenenza), si considerano servizi tutti gli uffici ed unità cui è affidato il compito di svolgere in via prioritaria e continuativa le funzioni di polizia giudiziaria. Si caratterizzano per un minor grado di dipendenza funzionale in quanto qui il magistrato del pm che dirige le indagini preliminari dà un incarico non personalmente ad un ufficiale di polizia giudiziaria ma impersonalmente all’ufficio, sarà infatti il responsabile dell’ufficio a scegliere l’ufficiale che dovrà condurre le investigazioni. -gli altri uffici di polizia giudiziaria che non sono ricompresi nelle Sezioni o nei Servizi ma che restano comunque sotto la dipendenza funzionale dell’autorità giudiziaria. [D] L’IMPUTATO: All'inizio del procedimento penale le indagini possono svolgersi sia contro ignoti sia contro un indagato. Nella maggior parte dei casi le denunce sono presentate contro ignoti in quanto lo stesso denunciante non è in grado di indicare colui che ritenga responsabile del reato: a tal fine una volta presentata la denuncia alla polizia giudiziaria questa la trasmette al PM il quale a sua volta ordina alla segreteria di iscriverla nel Registro delle "Notizie di Reato" (art. 335). Se le indagini svolte consentono di attribuire il reato alla responsabilità di una determinata persona allora il PM ordina alla segreteria di iscrivere nel registro, accanto all'indicazione della denuncia, il nome del soggetto al quale il reato "è attribuito" il quale assume la figura di "persona sottoposta alle indagini preliminari" cd "indagato". Soltanto in relazione al momento conclusivo delle indagini il codice usa il termine "imputato" il quale indica la persona alla quale è attribuito il reato nell'imputazione formulata dal PM con richiesta di rinvio a giudizio o con l'atto omologo nell'ambito del singolo procedimento speciale: l’imputazione è composta dalla enunciazione in forma chiara e precisa del fatto storico di reato e dalle indicazioni delle norme di legge violate e della persona alla quale il reato è addebitato (art. 417). I motivi in virtù dei quali si distingue tra indagato ed imputato son date in primo luogo dal fatto che il legislatore voglia che il PM prenda una posizione definitiva sull'addebito soltanto quando, terminate le indagini preliminari, chiede il rinvio a giudizio (occorre dunque che gli elementi raccolti nelle indagini preliminari siano idonei a sostenere le accuse in giudizio e quindi di chiedere la condanna dell’imputato), ed in secondo luogo perché il termine indagato (che si usa prima che sia formulata una imputazione) è neutro e non pregiudizievole. “PROCEDURA PENALE” Con i termini sistema accusatorio e sistema inquisitorio ci riferiamo ai “tipi ideali del processo penale” che si sono ricavati in base ad alcune caratteristiche tipiche dei singoli ordinamenti processuali. 1)Sistema Inquisitorio, esso è improntato sul “principio di Autorità” secondo il quale “la verità è tanto meglio accertata quanto più potere è dato al soggetto inquirente” cd cumulo delle funzioni processuali. Tale sistema si caratterizza per il fatto che qui la figura dominante è quella del giudice cd “giudice inquisitore” in quanto su di esso si cumulano tutte le funzioni processuali <“egli oltre ad esser giudice è anche difensore ed accusatore dell’imputato”>, in virtù di ciò gli sono concessi pieni poteri nella ricerca, ammissione, assunzione e valutazione della prova; di converso - essendo che tutti i poteri processuali si cumulano in capo al giudice - non viene riconosciuto nessun potere alle altre parti in quanto l'offeso e l'imputato sono considerati meri oggetti del giudizio. Pertanto dal principio del cumulo dei poteri processuali in capo al giudice inquisitorio possiamo delineare le seguenti caratteristiche principali del sistema inquisitorio: -a causa del “cumulo” la materia della prova è scarsamente regolata [anzi, una sua eventuale regolamentazione si tradurrebbe in un limite all’accertamento della verità in quanto ne ridurrebbero l’efficacia dati che ciò che conta è la scoperta della verità la quale può esser perseguita con qualsiasi modalità]. -l’Iniziativa d'ufficio del giudice, l’iniziativa spetta al giudice il quale è il depositario del vero e del giusto ed in quanto tale non deve essere ostacolato dall'inattività delle parti, a tal fine non è necessario dunque che il suo intervento sia richiesto da un soggetto che accusa un imputato poiché a mettere in funzione il giudice inquisitore sarà sufficiente anche una denuncia anonima. -l’iniziativa probatoria d'ufficio, la ricerca ammissione e valutazione delle prove non spetta alle parti bensì al giudice al quale non è posto alcun limite all'ammissibilità delle prove in quanto quello che conta/risultato da conseguire è la verità e non già il metodo con cui la si persegue, ne segue che è ammessa ogni modalità di ricerca, compresa la tortura dell'imputato o del testimone qualora si ritiene esso stia dicendo il falso. -Segreto e mancanza di oralità e contraddittorio, il giudice ricerca la verità/assume le disposizioni in segreto senza utilizzare la contrapposizione dialettica tra le parti cd contraddittorio in quanto non ha la necessità di confrontare la sua ricostruzione della verità con le posizioni di accusa e difesa dell’imputato. Delle disposizioni raccolte dall’inquisitore viene redatto un verbale che riporta l’interpretazione che l’inquisitore stesso dà alle frasi pronunciate. -Presunzione di reità, affinché l'imputato sia chiamato a discolparsi sarà sufficiente aver raccolto alcuni indizi contro un imputato o soltanto una denuncia anonima ciò in quanto in questo sistema è l'imputato che deve dimostrare la sua innocenza mediante prove e se fallisce tale compito deve essere condannato. In virtù della presunzione di reità dell’imputato è previsto che in mancanza di prove di innocenza può essere sottoposto a custodia preventiva in carcere (il sistema inquisitorio fa ampio utilizzo di questo strumento in quanto costituisce l’anticipazione della sanzione che poi sarà irrogata in seguito alla decisione). -presenza di una molteplicità di impugnazioni previste al fine di consentire alle parti di contestare la sentenza - in virtù del fatto che anche il giudice è un uomo e quindi suscettibile di errori - e sulle quali deve decidere un giudice superiore che è dotato dei medesimi poteri inquisitori concessi al primo giudice. [È proprio nel sistema processuale inquisitorio che il regime politico totalitario trova lo strumento di potere più efficace in quanto la mancanza del contraddittorio rappresenta uno strumento efficace per realizzare ogni arbitrio e per creare una "verità di Stato" dato che il processo penale funziona come strumento di controllo sociale e di indottrinamento delle masse]. A differenza del sistema accusatorio la figura dominante è il giudice che assorbe due funzioni dell'inquisizione e del giudizio; mancano pubblicità e oralità in quanto il processo è scritto e segreto. 2)Sistema accusatorio, esso è costruito quale modello contrapposto a quello inquisitorio in quanto improntato sul principio opposto a quello di autorità, ovvero il “Principio Dialettico” secondo il quale la verità si può accertare tanto meglio quanto più le funzioni processuali sono ripartite tra soggetti che hanno interessi contrapposti cd “separazione delle funzioni processuali". Tale sistema si caratterizza per il fatto che qui la figura dominante non è quella del giudice in quanto i poteri di ricerca, ammissione, assunzione e valutazione della prova non sono attribuiti ad un unico soggetto bensì divisi e ripartiti tra giudice, accusa e difesa in modo che nessuno di essi possa abusarne; qui vi è un giudice imparziale al quale spetta soltanto decidere sulla base di prove ricercate dall’accusa e dalla difesa le cui diverse ricostruzioni del fatto storico avvengono ne l contraddittorio tra le stesse, ed è per questo che la materia della prova riceve una precisa regolamentazione cd principio di legalità della prova [tale principio è veicolato dalla presa di coscienza dei limiti della natura umana e quindi che nessuna persona sia depositaria del vero e del giusto e pertanto della necessità che i poteri di un soggetto (al fine di evitare che degenerino in abuso) siano bilanciati da quelli riconosciuti ad altro soggetto con l’ulteriore figura di un giudice terzo ed imparziale in grado di dirimere i contrasti e decidere sulla base delle prove prodotte dall'accusa e dalla difesa essendo questo il miglior metodo per poter avvicinarsi alla verità]. Pertanto dal principio di separazione delle funzioni processuali possiamo delineare le seguenti caratteristiche principali del sistema accusatorio quali: -l’Iniziativa di parte, l’iniziativa spetta solo alle parti e pertanto il giudice non potrà procedere d'ufficio nel determinare l'oggetto della controversia in quanto altrimenti si dimostrerebbe parziale. Tale potere di iniziativa spetta sia alla persona direttamente offesa dal reato o a un qualunque cittadino cd accusatore privato sia al PM cd accusatore pubblico (in origine il potere di iniziativa spettava solo all’accusatore privato). Questo sistema prende il nome dal fatto che qui vi è la presenza di un "accusatore". -l’Iniziativa probatoria di parte, i poteri di ricerca, ammissione e valutazione della prova non possono essere attribuiti ad un unico soggetto (cioè né al giudice né all’accusatore) ma ripartiti tra giudice, accusa e difesa di modo che nessuno di essi possa abusarne. Si parla di esame incrociato e nello specifico vuol dire che <colui che accusa abbia l'onere di ricercare le prove e di convincere il giudice della reità dell'imputato; colui che difende ha il potere di ricercare le prove per convincere il giudice che l'imputato non sia colpevole o che le modalità di svolgimento del fatto addebitato debbono essere ricostruite in maniera differente da quanto abbia fatto l’accusa; il giudice debba solo decidere se ammettere o meno il mezzo di prova che viene richiesto e nel corso dell'esame limitarsi a valutare l'ammissibilità delle domande formulate>. Vi sono pertanto dei “limiti di ammissibilità delle prove in quanto qui è molto importante il metodo attraverso il quale si giunge a formare una prova e solo se questo sia rispettato la prova potrà essere attendibile ed utile al fine della ricostruzione dell’esistenza di un fatto. -presenza del Contraddittorio il quale consente a ciascuna parte sia di sostenere le proprie ragioni e mettere in dubbio quanto affermato dalla controparte al fine di accertare al meglio la verità (maggiore è il contraddittorio e meglio sarà accertata la verità) sia di contribuire alla formazione della prova. -presenza di oralità, in quanto coloro che ascoltano possono porre domande ed ottenere risposte da colui che ha reso una dichiarazione e così facendo si consente di valutare in modo pieno la credibilità e l'attendibilità di un testimone o di un dichiarante (da ciò ne segue la regola di esclusione secondo la quale in linea di principio ai fini della decisione non sono utilizzabili le dichiarazioni scritte). -Presunzione di innocenza, l’imputato è presunto innocente fino a quando il giudice non abbia accertato la reità al di fuori di ogni ragionevole dubbio mediante un Processo regolato dalla legge e rispettoso del diritto di difesa dell'imputato, in mancanza non potrà esser considerato colpevole e condannato né dovrà essere assolto in quanto la presunzione di innocenza sussiste sin dall’inizio del processo sino alla condanna definitiva. In virtù della presunzione di innocenza fino alla condanna definitiva son previsti dei limiti alla custodia cautelare in quanto egli non potendo essere trattato come un colpevole non gli si potrà applicare una sanzione penale anticipata in via provvisoria potendoglisi applicare soltanto una misura cautelare laddove sussistano prove che dimostrino una concreta esigenza cautelare (cioè esigenza di applicazione di queste misure) quali il pericolo inquinamento delle prove o pericolo di fuga oppure che il soggetto sia pericolo. •Limiti alle impugnazioni, le impugnazioni hanno lo scopo di controllare se in primo grado il giudice abbia motivato ragionevolmente la decisione ed abbia rispettato i diritti delle parti e il diritto alla prova ed ove si accerti una violazione il dibattimento dovrà essere svolto nuovamente davanti ad un altro giudice. [L'attuale codice di rito può dirsi informato ad un sistema processuale di natura “prevalentemente accusatoria” il quale è un processo pubblico che vede al vertice il giudice e ai due lati l'accusa e la difesa in posizione contrapposta, e si caratterizza <per l'assoluta terzietà del giudice al quale sono sottratti i poteri di indagine e conferiti esclusivamente poteri decisionali super partes in quanto la sua decisione si fonda sulle prove fornite dalle parti (infatti il giudice non cerca la prova ma si limita solo a valutarla); per la tendenziale parità tra le parti processuali (PM ed imputato); la centralità del ruolo del dibattimento e la sua oralità>. È proprio nel sistema processuale accusatorio che il regime politico garantista trova lo strumento di potere più idoneo a rispettare i diritti fondamentali ed a render più ostico al potere politico la manipolazione dei fatti per costruire verità di stato, infatti qui il giudice deve esser imparziale e pertanto in presenza di parzialità le parti possono ricusarlo]. 3)Sistema misto, la contrapposizione tra sistema inquisitorio e accusatorio ha un valore meramente astratto in quanto in concreto vi sono ordinamenti che presentano caratteristiche tipiche di entrambi i sistemi cd Sistemi Misti i quali sono rappresentati dalla maggior parte degli ordinamenti ed infatti quasi tutte le forme di processo penale che si sono manifestate nel corso della storia sono di carattere misto (tuttavia si tende a denominare quale “sistema misto" quello che caratterizza il codice francese del 1808 il quale tende a contemperare le esigenze che ispirano i due sistemi ossia da un lato la tutela della società dal crimine e dall'altro la difesa dell'imputato) in esso: -è prevalentemente inquisitoria l’Istruzione (fase anteriore al dibattimento) in quanto è segreta e condotta da un giudice istruttore anche se temperata da alcuni aspetti del sistema accusatorio quali il fatto che <l’istruzione inizia dopo che il pm abbia fatto formale richiesta al giudice istruttore e termina dopo che il pm abbia chiesto il proscioglimento o il rinvio a giudizio, viene dunque garantito all'imputato il controllo giurisdizionale sulla richiesta di rinvio a giudizio>. -è prevalentemente accusatorio il Dibattito in quanto è fondato sul contraddittorio tra le parti anche se temperata da alcuni aspetti del sistema inquisitorio quali il fatto che <le domande ai testimoni sono rivolte dal presidente della corte; gli atti compiuti in segreto prima del dibattimento possono, sia pure eccezionalmente, essere letti e su di essi può essere fondata la decisione>. In tale sistema l’istruzione rappresentava un'"assunzione" della prova mentre il dibattimento una "critica" ed un “controllo" sulla medesima, tuttavia tale distinzione tra istruzione e dibattimento è stata criticata in quanto artificiosa e in contrasto con la realtà delle cose visto che non è possibile assumere una prova senza al contempo valutarla né decidere un atto in maniera staccata dalla formazione della prova. [Il difetto del sistema misto napoleonico sta nel non aver assicurato il principio di separazione delle fasi che avrebbe consentito al giudice del dibattimento di poter decidere soltanto sulle prove assunte in contraddittorio]. COSTITUZIONE E PROCESSO PENALE: Con l’entrata in vigore della Costituzione 1 gennaio 1948 son stati introdotti principi garantistici concernenti i punti nevralgici del processo penale (dandone tuttavia per scontati molti altri altrettanto importanti es la pubblicità del dibattimento penale). La Legge Delega del 1987 è quella attraverso la quale il Parlamento Italiano ha precisato i criteri direttivi cui il Governo si sarebbe dovuto attenere nell’elaborazione del CPP, tali criteri sono riconducibili a tre direttive fondamentali <attuare i principi della Costituzione; adeguate le norme processuali alle Convenzioni internazionali ratificate dall'Italia e relative ai diritti della persona; attuare i caratteri del sistema accusatorio sulla base dei principi direttivi enunciati dalla legge-delega> da ciò si evince l’accoglimento di un sistema accusatorio parzialmente attenuato (e non già di tipo puro) sulla base dei principi direttivi voluti dal Parlamento italiano. Il Processo Penale è fondato su 3 Principi fondamentali: 1)Principio della Separazione delle Funzioni, il quale impone che: [Quanto alla “Successione delle norme processuali nel tempo” e quindi alla disciplina da applicare ai procedimenti pendenti al momento in cui si verifica la successione tra norme possono verificarsi due situazioni diverse: -può accadere che la nuova legge rechi una disciplina apposita per i rapporti giuridici pendenti, ed in tal caso dobbiamo distinguere a seconda che la legge detti: ~ Norme intertemporali, si caratterizzano per avere natura strumentale in quanto non regolano direttamente la materia interessata ma indicano solo il criterio in base al quale individuare nell'ambito dei rapporti pendenti la disciplina per il caso concreto cioè si limitano ad individuare quali rapporti saranno regolati dalla nuova disciplina e quali, invece, resteranno sotto il regime della disciplina previgente (si tratta di norme che disciplinano l'applicazione di altre norme). ~Norme transitorie, si caratterizzano per esser norme materiali di diretta applicazione in quanto recano una disciplina speciale per il caso concreto la quale è di solito intermedia tra quella abrogata e quella nuova. -può accadere che la nuova legge non rechi alcuna disciplina circa i rapporti giuridici pendenti al momento della sua entrata in vigore, in tal caso occorrerà fare riferimento al principio generale dell’Irretroattività (cd tempus regit actum ai sensi del quale "la legge non dispone che per l'avvenire, essa non ha effetto retroattivo") e pertanto la nuova disciplina sarà immediatamente efficace ma irretroattiva. A tal fine ponendo come punto di riferimento il momento di entrata in vigore della nuova normativa è previsto che gli atti i cui effetti sono già esauriti saranno regolati dalla disciplina previgente mentre gli atti ancora da compiere e quelli non ancora perfezionati ricadranno sotto la nuova normativa]. Le FONTI INTERNAZIONALI del diritto processuale penale. Tra le fonti del diritto processuale penale il “diritto internazionale” ha sempre assunto una particolare rilevanza [le fonti del diritto internazionale sono le consuetudini ed i trattati; le fonti UE sono trattati, regolamenti e direttive]. •Il “diritto dell’UE” ha efficacia obbligatoria nel nostro ordinamento, a tal fine: -quando una fattispecie è regolata dal diritto dell'unione è previsto che <se la norma europea abbia efficacia diretta (regolamenti e direttive selfexecuting) il giudice italiano dovrà disapplicare la norma interna confliggente con la norma comunitaria; se invece la norma europea sia priva di effetti diretti (es Direttive non self executing) il giudice italiano deve sollevare giudizio incidentale di costituzionalità per violazione degli art 11 e 117co1Cost (quest’ultimo impone il rispetto dei vincoli derivanti dagli obblighi internazionali)>. -quando la fattispecie è regolata dalla sola norma italiana il giudice non deve disapplicare la norma nazionale. -le sentenze della Corte di Giustizia dell’UE vincolano il giudice nazionale all’interpretazione da essa fornita. •il Diritto internazionale consuetudinario. L'art10Cost sancisce che <l’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute> pertanto il diritto interno si adatta automaticamente al diritto internazionale consuetudinario ma sempre nei limiti del rispetto della costituzione; da ciò ne segue che dal suo Ambito di applicazione sono escluse le convenzioni fra gli Stati, salvo quelle che si limitino a codificare consuetudini internazionali. •il Diritto internazionale pattizio. L’art11Cost sancisce che <l’Italia consente, in condizioni di parità con gli altri stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le nazioni>, ma nel rispetto della costituzione. I trattati introdotti nel nostro ordinamento assumono il rango della norma che ha ordinato di recepirli e darvi esecuzione - la quale ha rango inferiore alla costituzione ma superiore alla legge ordinaria - essi non vengono automaticamente recepiti in quanto occorre verificare la conformità del trattato alla costituzione, pertanto il legislatore ha il dovere di rispettare i vincoli derivanti dagli obblighi internazionali ma col limite del rispetto dei principi costituzionali: a tal fine il giudice deve interpretare la legge conformemente alla norma internazionale ma nel limite del rispetto della legge interna/costituzione ed in caso di contrasto tra norma interna e norma internazionale esso non potrà disapplicare la legge interna bensì dovrà investire della questione la Corte costituzionale la quale dovrà valutare la compatibilità della legge nazionale con il Trattato e successivamente la compatibilità del Trattato stesso con la nostra costituzione. La Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) è una norma pattizia che - a differenza delle altre Convenzioni/trattati internazionali che si limitano a regolare i rapporti tra gli Stati - non si limita a stabilire obbligazioni tra gli stati contraenti bensì tutela direttamente i diritti umani all’interno di ciascun stato membro della convenzione in quanto essa riconosce formalmente la loro titolarità in capo alle singole persone attribuendo alle stesse la legittimazione attiva al ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, una volta esaurite le vie del ricorso interno, la quale ha anche competenza sulle questioni concernenti l’interpretazione e l'applicazione delle norme della Convenzione al fine di garantire un'interpretazione uniforme negli Stati membri (la Corte Europea è un organo giurisdizionale istituito dalla cedu). Tra gli obblighi internazionali assunti dall'Italia vi è quello di adeguare la propria legislazione alle norme di tale trattato, a tal fine il Giudice italiano deve interpretare la legge nazionale in modo conforme alla CEDU (così come interpretata dalla Corte Europea), nel limite massimo consentito dal testo della legge interna e qualora la legge nazionale contrasti con la CEDU il giudice non può disapplicare la legge interna ma deve inviare la questione alla Corte Costituzionale la quale deve sia <valutare la compatibilità della legge nazionale con la CEDU come interpretata dalla Corte europea, con la conseguenza che la legge nazionale che sia in contrasto con la CEDU debba essere dichiarata costituzionalmente illegittima purché ovviamente la norma della CEDU sia compatibile con la costituzione> sia <valutare se le norme della CEDU, interpretate dalla Corte europea, siano compatibili con i valori espressi dalla Costituzione italiana con la conseguenza che ove la norma CEDU risulti in contrasto con la nostra costituzione la Corte costituzionale provvederà "ad espungerla dall'ordinamento giuridico italiano" considerando la norma pattizia non idonea "a integrare il parametri" di legittimità>. In particolare il giudice sarà vincolato a recepire la norma individuata dalla convenzione adeguando ad essa il suo criterio di giudizio per superare eventuali contrasti rispetto alla legge interna (anzitutto per mezzo di "ogni strumento ermeneutico a sua disposizione" oppure se ciò non fosse possibile ricorrendo all'incidente di legittimità costituzionale) solo quando si trovi in presenza di un "diritto consolidato" o di una "sentenza pilota" il giudice; di converso quando non sia in grado di cogliere con immediatezza l'effettivo principio di diritto che il giudice di Strasburgo abbia inteso affermare per risolvere il caso concreto è previsto che il giudice debba assoggettare tali sentenze alla interpretazione costituzionalmente e convenzionalmente conforme. Quando la fattispecie da decidere è regolata da una norma nazionale (e non dal diritto dell'unione) il giudice non deve disapplicare la norma nazionale, ed in caso di contrasto tra norma nazionale ed i principi contenuti nella Convenzione europea il giudice italiano non potrà disapplicare la legge nazionale bensì deve rimettere la questione alla corte costituzionale al fine di risolvere l'eventuale contrasto. Quando a seguito dell’esaurimento dei rimedi interni l’interessato ricorra alla corte europea (la corte si pronuncia su decisioni definitive nell’ordinamento interno) e questa rinvenga la violazione della convenzione da parte di uno stato nel corso di un processo penale è previsto che tale stato sia tenuto sia al risarcimento del danno sia alla riapertura del processo quale restituzione in pristino rimettendo così in discussione il giudicato già formatosi (la riapertura del processo è volta a porre il ricorrente in una situazione equivalente a quella in cui si sarebbe trovato se non vi fosse stata una inosservanza della convenzione in modo da consentirgli il recupero di quelle garanzie in precedenza violate che sovente è dovuto alla violazione delle regole relative al “giusto processo”). Quanto al nostro ordinamento, il quale non prevedeva un rimedio specifico per garantire la riapertura del processo al fine di dare esecuzione alle sentenze della corte europea, la corte si è pronunciata relativamente all’istituto della “revisione”nella parte in cui non contemplava un caso di revisione, ulteriore rispetto a quelli già previsti, volto specificamente a consentire la riapertura del processo nel caso di violazione delle garanzie di diritto sostanziale e processuale riconosciute dalla Convenzione quando tale riapertura risultasse necessaria per conformarsi a una sentenza definitiva della CEDU (e cioè l'adeguamento del nostro Stato alle pronunce della Corte europea). Ad ovviare a ciò è intervenuta la riforma cartabia la quale ha previsto un nuovo istituto di revisione cd “richiesta per l’eliminazione degli effetti pregiudizievoli delle decisioni adottate in violazione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali o dei Protocolli addizionali”. PROCEDIMENTO e PROCESSO: Il processo penale ha lo scopo di accertare: -“se una determinata persona abbia commesso il reato” <cioè di accertare se un fatto costituisca reato e in caso positivo applicare una sanzione a chi lo ha commesso (e non già di ricostruire la verità su di un fatto commesso)>. -la “personalità dell’autore”, in quanto la sanzione penale si caratterizza per esser proporzionata alla “personalità” dell’autore del fatto illecito oltre che alla gravità dell’offesa arrecata al bene tutelato dalla norma incriminatrice. -“quali siano le sanzioni che debbono essere applicate”, a tal fine se la sanzione penale ha unicamente una funzione “retributiva” la sua esecuzione può essere affidata alla PA e in questo il processo penale si disinteressa di questo momento; di converso se la pena ha fra le sue funzioni anche quella “rieducativa” (tendente a favorire il reinserimento sociale del condannato) è indispensabile che un giudice accerti l’evoluzione della personalità del reo in sede esecutiva, ne segue che tale accertamento abbia lo scopo di modificare il contenuto della pena in relazione al grado di risocializzazione manifestato dal condannato. Procedimento e processo non sono sinonimi in quanto ciascun termine assume un preciso significato: -il procedimento penale ordinario è diviso in tre fasi <indagini preliminari, udienza preliminare e giudizio>, per Procedimento penale si indica una serie cronologicamente ordinata di atti (che ha come atto iniziale l’azione penale) diretti alla pronuncia di una decisione penale ciascuno dei quali fa sorgere il dovere di porre in essere il successivo ed, al contempo, è esso stesso realizzato in adempimento di un dovere posto dal suo antecedente. Ne consegue che nel concetto di procedimento penale sono ricompresi almeno 3 elementi fondamentali: in primo luogo la legge prevede una “serie cronologicamente ordinata di atti” nel senso che gli atti stessi debbono essere compiuti rispettando una determinata sequenza temporale; in secondo luogo gli atti hanno finalità di accertare l’esistenza di un fatto penalmente illecito e la sua attribuibilità ad una persona; in terzo luogo il compimento di un atto del procedimento fa sorgere in un altro il dovere di compiere un atto successivo, fino alla decisione definitiva la quale potrà essere una sentenza di condanna o di proscioglimento oppure un decreto o ordinanza di archiviazione se il procedimento si arresta prima che venga formulata una imputazione. -per Processo penale si indica una porzione del procedimento penale in quanto fanno parte del processo le fasi dell’udienza preliminare e del giudizio. Il momento inziale del processo corrisponde all’esercizio dell’azione penale mentre il momento finale si ha quando la sentenza diventa irrevocabile e cioè quando non è più impugnabile perché nessuna parte ha presentato ricorso nei termini o perché tutte le impugnazioni ordinarie sono state esperite. [Può dirsi che la fase del procedimento inizia con l’acquisizione della notizia di reato e termina con l’esercizio dell’azione penale, momento in cui inizia invece, la fase del processo]. Occorre fare una precisazione: - con l’espressione “in ogni stato e grado del processo” si intende escludere un periodo meramente procedimentale e cioè la fase delle indagini preliminari. - con l’espressione “in ogni stato e grado del procedimento” si intende ricomprendere sia le indagini che il processo. - Con il termine “grado” si vuole indicare se il giudice prende cognizione dell’oggetto sul quale deve decidere in primo esame ovvero in appello o in sede di ricorso per cassazione. - Con il termine “stato” si vuole indicare una fase del procedimento, nel procedimento ordinario si susseguono in ordine: indagini preliminari, udienza preliminare, giudizio. •“L’azione penale”, atto che dà inizio al processo penale, è la richiesta che il PM rivolge al giudice di decidere sull’imputazione. Nel procedimento ordinario il PM esercita l’azione penale quando chiede il rinvio a giudizio dell’imputato, si tratta di una richiesta rivolta al giudice la quale contiene la formulazione dell’imputazione la quale è formulata dal pm al termine delle indagini preliminari (l’azione penale è dunque esercitata quando il giudice è chiamato a decidere nell’udienza preliminare sulla richiesta di rinvio a giudizio); nei procedimenti speciali (che eliminano l’udienza preliminare) l’azione penale è esercitata quando il pm formula l’imputazione nell’atto che instaura il singolo procedimento (ad es nel giudizio direttissimo il pm contesta l’imputazione all’imputato che sia stato condotto direttamente in udienza). L’esercizio dell’azione penale comporta due effetti: in primo luogo pone al giudice l’obbligo di decidere su un determinato fatto storico ed in secondo luogo fissa in modo tendenzialmente immutabile l’oggetto del processo e cioè impone al giudice il divieto di decidere su un fatto storico differente da quello precisato nell’imputazione (salve le eccezioni descritte negli art 516-521). •“L’imputazione” (richiesta di rinvio a giudizio) consiste nell’addebitare ad un soggetto la responsabilità di un fatto di reato. Gli elementi dell’imputazione sono: - enunciazione, chiara e precisa, del fatto storico di reato addebitato all’imputato - indicazione degli articoli di legge che si ritiene siano stati violati - generalità della persona alla quale è addebitato il reato cd imputato e generalità della persona offesa dal reato qualora ne sia possibile l’identificazione. Non ha natura di imputazione l’addebito provvisorio che viene formulato dal pm nel corso delle indagini. I SOGGETTI e le PARTI del procedimento penale: Quanto ai soggetti del procedimento penale tra questi figurano <giudice, PM, polizia giudiziaria, l’imputato, la parte civile , il responsabile civile, il civilmente obbligato per la pena pecuniaria, la persona offesa ed il difensore>. Sono definiti “soggetti” i titolari del potere di iniziativa nel procedimento (essi vengono dunque definiti in relazione alla nozione di “procedimento penale” e cioè in relazione anche alla fase delle indagini preliminari, quando ancora non è stata esercitata l’azione penale), di converso non sono considerati soggetti i testimoni e i periti i quali rientrano nella categoria delle “persone” che partecipano al procedimento in quanto privi di poteri di iniziativa nel procedimento. Quanto alle “Parti”, il concetto di parte è correlato a quello di azione e ne consegue pertanto che siano Parti il soggetto attivo “ossia colui che ha chiesto al giudice una decisione in relazione all’imputazione” e quello passivo dell’azione penale “ossia colui contro il quale tale decisione è chiesta”. Con riferimento all’esercizio dell’azione penale sono parti necessarie il PM e l’imputato mentre sono parti eventuali la “parte civile” il civilmente obbligato ed il responsabile civile: con ciò ci si riferisce al fatto che entro il processo penale il danneggiato del reato possa esercitare l’azione civile di condanna tendente ad ottenere il risarcimento del danno derivante dal reato, in questo caso il danneggiato esercita l’azione civile costituendosi parte civile in un momento successivo a quello in cui il pm ha esercitato l’azione penale, si caratterizza per essere una parte “eventuale” in quanto la sua presenza (/il suo esercizio) deriva da una scelta facoltativa del danneggiato, in sua assenza il processo ha comunque giuridica esistenza. È analogamente una parte eventuale il cd civilmente obbligato per la pena pecuniaria in caso di insolvibilità dell’imputato in quanto la parte civile può chiedere il risarcimento dei danni sia all’imputato sia al responsabile civile (egli sarebbe il soggetto responsabile civilmente per il fatto dell’imputato il quale diventa parte quando citato o quando vi intervenga es il datore di lavoro è civilmente responsabile per il danno cagionato dal proprio dipendente). [A]Il GIUDICE: egli è un soggetto processuale super partes indipendente ed imparziale il quale si pone in una posizione intermedia tra accusa e difesa con funzione di garante della legalità e ritualità del processo essendo titolare del potere decisionale sul fondamento dell’imputazione. La Giurisdizione è la manifestazione del potere giudiziario (potere di applicare la legge al caso concreto in relazione ai soggetti coinvolti) ed in particolare è la quantità di potere ripartita tra giudici appartenenti ad ordini diversi (es giudice civile, penale, amministrativo) - individuato il giudice che ha giurisdizione sul caso che si intende sottoporgli è previsto inoltre che nell'ambito della giurisdizione scelta bisognerà poi individuare il giudice competente - la quale è esercitata da appositi organi giurisdizionali quali: -i Giudici Ordinari, essi si caratterizzano per avere una generale competenza a giudicare tutte le persone e per far parte dell’ordinamento giudiziario, tra questi figurano “in 1ºgrado”<il Tribunale in composizione monocratica o collegiale; la Corte d’assise; il giudice di pace; il tribunale dei minorenni> ed in 2ºgrado <corte d’appello; corte d’assise d’appello; sezione della corte d’appello per i minorenni; corte di cassazione>. -i Giudici Speciali, essi si caratterizzano per esser competenti a giudicare solo alcune persone e per non far parte dell’ordinamento giudiziario, tra questi figurano <i tribunali militari in tempo di pace (competenti per i reati militari da appartenenti alle forze armate); corte d’appello militare; corte di cassazione (competente per i cd delitti di alto tradimento e di attentato alla Cost. commessi dal Presidente della Repubblica)> Il giudice è indipendente (indipendenza garantita dal CSM) e imparziale e soggetto solo alla legge. Quanto alla COMPETENZA (è la quantità di giurisdizione ripartita tra giudici appartenenti allo stesso ordine, dunque è quella parte di funzione giurisdizionale svolta dal singolo giudice) essa è distribuita sulla base dei criteri della Materia (titolo del reato), del Territorio (il luogo in cui è commesso il reato), della funzione che deve essere svolta in una determinata fase o grado del procedimento e della eventuale connessione con altri procedimenti. 1)Competenza per Materia (art4) essa è individuata in virtù della natura e gravità del reato - quindi in base a 2 criteri ossia al criterio qualitativo (con riferimento al tipo di reato) ed al criterio quantitativo (relativo alla pena edittale/gravità del reato) - pertanto per determinare la competenza occorre aver riguardo alla natura ed alla pena massima stabilita dalla legge per il reato consumato o tentato non tenendosi conto della continuazione o della recidiva né delle circostanze, fatta eccezione per quelle che stabiliscono una pena di specie diversa rispetto a quella ordinaria del reato (ad es ergastolo rispetto alla reclusione) e di quelle circostanze dette “ad effetto speciale” in quanto comportano un aumento della pena superiore ad un terzo. La competenza per materia in 1º grado si ripartisce tra il tribunale per i minorenni, la corte d’assise, il giudice di pace ed il tribunale. •Il tribunale per i minorenni (composto da 2 giudici togati e da 2 esperti) è competente per i reati commessi dai minori di anni 18 e per stabilire la competenza del tribunale per i minorenni si deve prendere in considerazione l’età che aveva l’imputato all’epoca dei fatti contestati. Si tratta si una competenza “esclusiva” di tale tribunale in quanto non si verifica -facoltativa, in tutti gli altri casi in cui non è obbligatoria ed a tal fine può esser disposta, sull’accordo tra le parti, quando il giudice lo ritenga utile ai fini della speditezza del processo (art18co 2). Ai sensi dell’art 19 la riunione e la separazione dei processi sono disposte con ordinanza dal giudice anche d’ufficio, ma con il limite che devono essere sentite le parti. Il Principio del Giudice Naturale: Le norme sulla competenza servono ad individuare il soggetto investito del potere giurisdizionale sul fatto di reato e attuano il principio del “giudice naturale” di cui all’art25 Cost ai sensi del quale “nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge”. Dalla norma si ricavano i seguenti principi: -il principio della riserva assoluta di legge in materia di competenza consistente nel fatto che la competenza del giudice possa essere determinata soltanto dalla legge e non da fonti secondarie (regolamenti o atti amministrativi), tale legge destinata a regolare la competenza non deve conferire un potere di scelta discrezionale. -dalla necessaria Precostituzione del giudice si ricava il divieto di applicazione retroattiva delle norme concernenti la competenza in quanto esse sono applicabili ai fatti di reato che siano stati commessi dopo la loro entrata in vigore. -la garanzia di indipendenza del giudice in quanto viene preclusa la possibilità che un organo legislativo, amministrativo o giurisdizionale possa sottrarre discrezionalmente un procedimento a un determinato giudice. -per Naturalità del giudice si fa riferimento ad un concetto che preesiste rispetto alla legge e che quest’ultima è chiamata a tutelare.L’ordinamento considera giudice naturale colui che sia il più idoneo ad accertare il fatto di reato nel rispetto della legge e dei diritti dell’imputato, da ciò consegue una identificazione del giudice naturale con la competenza territoriale in quanto il giudice naturale è strettamente collegato col luogo del commesso reato, anche se tuttavia il princpio della naturalità può cedere di fronte a interessi superiori quale ad esempio il principio di imparzialità del giudice (art. 111.2 Cost.), è il caso che si verifica quando nella sede naturale l’intero ufficio giudiziario appaia comunque parziale o sia esposto a pressioni ambientali, in tal caso opera l’istituto della rimessione (art 45) oppure quando l’organi giudicante debba decidere su di un magistrato che svolga le sue funzioni nel distretto e che sia imputato oppure persona offesa o danneggiata dal reato. Conflitti di Giurisdizione e Competenza, fra gli organi giurisdizionali possono anche sorgere conflitti, distinguiamo a tal fine: -Conflitti di giurisdizione, che intervengono tra giudice ordinario e giudice speciale o tra più giudici speciali -Conflitti di competenza, che intervengono tra giudici ordinari In tali casi il conflitto è detto Positivo quando due o più giudici, contemporaneamente, prendono cognizione del medesimo fatto attribuito alla medesima persona; di converso è detto Negativo quando due o più giudici contemporaneamente rifiutano di prendere cognizione del medesimo fatto attribuito alla medesima persona, ritenendo la propria incompetenza. Il conflitto può sorgere in ogni stato e grado del processo (art. 28.1) e può esser rilevato d’ufficio da uno dei giudici (art 30.1) oppure denunciato dal PM presso uno dei giudici in conflitto o dalle parti private (art. 30.2). Nb mentre il difetto di giurisdizione è rilevabile in ogni stato e grado del processo, il difetto di competenza è rilevabile entro termini perentori. Quanto “all’incompetenza per materia” è previsto che quando incompetente (cd incompetenza per difetto”) sia un giudice inferiore il quale procede per un reato di competenza di un giudice superiore e che pertanto è meno idoneo a giudicare rispetto a quest’ultimo (es tribunale che procede per un reato di competenza della Corte d’assise) l’incompetenza è rilevabile fino a quando non si è pervenuti ad una sentenza irrevocabile (art. 21.1); di converso quando incompetente (cd incompetenza per eccesso”) sia un giudice superiore il quale proceda per un reato di competenza di un giudice inferiore l’incompetenza può essere rilevata anche d’ufficio ma non oltre le questioni preliminari prima della dichiarazione di apertura del dibattimento (art 491). Inoltre nei casi in cui il giudice di primo grado avesse erroneamente ritenuto di essere competente si prevede che la corte d’appello che accerti l’incompetenza “per eccesso” debba decidere nel merito (art 24co2). Quanto “all’incompetenza per territorio”, essa è eccepibile dalle parti ed è rilevabile dal giudice fino alla chiusura della discussione finale nell’udienza preliminare [se l’eccezione è respinta in udienza, può essere ripresentata nelle questioni preliminari e qualora sia respinta anche in tale sede dovrà costituire oggetto di uno specifico motivo di impugnazione altrimenti la questione è preclusa] e qualora l’udienza medesima non dovesse aver luogo l’incompetenza per territorio dovrà essere eccepita o rilevata nel corso delle questioni preliminari in dibattimento (art. 21.2). La riforma Cartabia ha previsto che prima della conclusione dell'udienza preliminare o, se questa manchi, in dibattimento subito dopo aver compiuto per la prima volta l'accertamento della costituzione delle parti (ai sensi dell'art491co1) il giudice chiamato a decidere una questione concernente la competenza per territorio possa, d’ufficio o su istanza di parte, rimettere la decisione alla corte di cassazione - a tal fine pronuncia un'ordinanza con la quale invia alla cassazione gli atti necessari alla risoluzione della questione - la quale provvede in camera di consiglio partecipata nelle forme di cui all’art127 e qualora dichiari l'incompetenza del giudice che procede ordina la trasmissione degli atti al pm presso il giudice competente. L'estratto della sentenza è immediatamente comunicato al giudice che ha rimesso la questione e, quando diverso, al giudice competente nonché al pm presso i medesimi giudici ed è notificato alle parti private. Si tratta di una questione pregiudiziale avente un effetto preclusivo in quanto la parte che ha eccepito l'incompetenza per territorio senza chiedere contestualmente la rimessione della decisione alla cassazione non può più riproporre l'eccezione di incompetenza per territorio nel corso del procedimento cioè nelle fasi e gradi successivi del processo (invece in precedenza la cassazione interveniva soltanto nel grado finale del processo provocando la necessità di ripetere il giudizio soltanto qualora avesse riconosciuto l'incompetenza per territorio) art24bis. Quanto all’incompetenza per Connessione, nel caso di procedimenti connessi la competenza è determinata secondo le regole stabilite dagli articoli 15 e 16 e pertanto l’inosservanza di tali regole determina l'incompetenza per connessione la quale deve essere rilevata o eccepita, a pena di decadenza, entro gli stessi termini previsti per l'incompetenza per territorio (21.3: prima della conclusione dell'udienza preliminare o, se questa non abbia luogo, nel corso delle questioni preliminari al dibattimento). Questo regime trova applicazione anche quando la connessione incida sulla competenza per materia (15: Competenza per materia determinata dalla connessione) il che si verifica ad esempio quando in pendenza di due procedimenti connessi, uno di competenza del Tribunale e l'altro della Corte di assise, la competenza per connessione sia erroneamente devoluta al Tribunale, anziché alla Corte d'assise. In presenza di una inosservanza delle disposizioni che regolano la competenza il giudice sarà pertanto tenuto a dichiarare la propria Incompetenza cd Declaratoria di Incompetenza la quale se è rilevata: -“nel corso delle Indagini Preliminari” sarà dichiarata con ordinanza con la quale si limita a disporre la restituzione gli atti al PM che in quel momento sta conducendo le indagini e si caratterizza per il fatto che tale ordinanza produce effetti limitatamente al provvedimento richiesto non impedendo al PM di svolgere le indagini; vi è ancora la possibilità che nuovi elementi di prova dimostrino la fondatezza della sua asserzione circa la competenza del giudice. -“dopo la chiusura delle indagini” sarà dichiarata con sentenza con la quale dispone la trasmissione degli atti al PM presso il giudice competente. La declaratoria di incompetenza è trasmessa alla Corte di Cassazione con la copia degli atti necessari alla decisione. L’eccezione di incompetenza (d’ufficio o su istanza) non ha effetto sospensivo sui procedimenti in corso. La corte decide in camera di consiglio con sentenza nella quale indica anche quale sia il giudice competente a procedere (art 32), tale decisione della Corte è vincolante, salvo che risultino nuovi fatti che determinino la competenza per materia di un giudice superiore in quanto al verificarsi di tale ipotesi la questione potrà esser riproposta successivamente (art25). Quanto all’efficacia degli atti compiuti dal giudice incompetente è previsto che <le prove acquisite restano efficaci mentre le dichiarazioni, se ancora ripetibili, diventano utilizzabili in giudizio soltanto con il meccanismo delle contestazioni probatorie (art. 500 e 503); le misure cautelari (personali o reali) già disposte conservano efficacia provvisoria limitata a 20 giorni dalla ordinanza che dichiara l’incompetenza e che trasmette gli atti ed entro tale termine il nuovo giudice, se lo ritiene necessario, deve disporre una nuova misura cautelare>. L’inosservanza delle disposizioni sulla corretta composizione collegiale o monocratica del tribunale (che dipende dall’oggetto della cognizione) non incidono sulla capacità dell’organo giudicante (art. 33.3) in quanto i rapporti tra le due articolazioni del tribunale si sono intese alla stregua di un modello organizzativo interno all’ufficio giudiziario e quindi non già quale questione di “competenza” bensì quale questione di “cognizione” del giudice, e cioè ad una semplice questione di forma e di rito. L’inosservanza delle disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica del Tribunale non determina l'invalidità degli atti del procedimento né l'inutilizzabilità delle prove già acquisite [Dinanzi al tribunale in composizione monocratica son previsti 2 diversi tipi di rito: uno relativo ai reati più gravi il quale prevede l'udienza preliminare nella quale il giudice controlla la fondatezza dell'accusa formulata dal PM; un altro relativo ai reati meno gravi il quale non prevede l'udienza preliminare e pertanto il PM esercita l'azione penale con citazione diretta in giudizio senza alcun controllo giurisdizionale]. Il termine entro il quale si può eccepire o rilevare anche d'ufficio l'inosservanza delle disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica del Tribunale e delle disposizioni processuali collegate è simile a quello che vale per l'incompetenza per territorio. L’inosservanza può avvenire sia “per Eccesso” <quando nell'udienza preliminare il giudice rilevi (d'ufficio o su eccezione di parte) che per il reato si dovesse procedere con citazione diretta in giudizio senza udienza preliminare ed in tal caso il giudice deve trasmettere gli atti al p.m. perché questi emetta il decreto di citazione a giudizio; oppure quando il giudice collegiale in dibattimento rilevi che il procedimento spetti al tribunale monocratico ed in tal caso non si ha regressione del procedimento in quanto il collegio deve trasmettere gli atti al giudice competente per il dibattimento> sia “per Difetto” <quando il giudice monocratico in dibattimento ritenga che il procedimento spetti al tribunale collegiale dovrà trasmettere gli atti al giudice competente per il dibattimento ; oppure quando il giudice monocratico, nel dibattimento instaurato a seguito di citazione diretta, rilevi che si tratti di un reato per il quale sia prevista l’udienza preliminare vi è una regressione del procedimento in quanto il giudice deve trasmettere gli atti al pm sia ove ritenga che il reato spetti al tribunale collegiale sia ove ritenga che spetti al tribunale monocratico ed in tal caso il pm eserciterà nuovamente l’azione penale>. Nonostante l'eccezione di parte, può darsi che il giudice ritenga corretta la propria cognizione, in tal caso spetterà ad una delle parti proporre appello con gli effetti di cui all’art33 octies. Se la Corte d’appello ritenga che la cognizione fosse del giudice collegiale, annulla la sentenza del giudice monocratico e trasmette gli atti al p.m. presso il Tribunale. Nel caso opposto, se ritiene che la cognizione spettasse al giudice monocratico, la Corte d'appello decide direttamente nel merito. [Le regole che determinano la competenza per territorio trovano applicazione anche per l’individuazione della sezione distaccata di un tribunale (si tratta di uffici collocati all’interno del circondario del tribunale) a cui spetta la trattazione di un determinato procedimento; nella sede principale del tribunale saranno invece svolte in via esclusiva le funzioni di giudice per le indagini preliminari e udienza preliminare]. CAPACITÀ DEL GIUDICE: per capacità del giudice si intende il complesso dei requisiti indispensabili per un legittimo esercizio della funzione giudicante. Ai sensi dell’art33co1 sono “condizioni di capacità del giudice” quelle che appaiono stabilite dalle leggi di ordinamento giudiziario [in proposito la dottrina distingue la “capacità d’acquisto” della funzione giurisdizionale <la quale concerne il possesso di tutti i requisiti necessari all’acquisto della qualità di giudice (cittadinanza, titolo di studio, ecc.)> dalla “capacità d’esercizio” della funzione giurisdizionale <la quale concerne l’esistenza delle condizioni richieste per il valido esercizi del potere giurisdizionale]. Non tutte le disposizioni finalizzate a regolare l’attribuzione e svolgimento della funzione giurisdizionale sono a pena di nullità, si ritiene infatti che la sanzione della nullità assoluta sia prevista per la sola capacità generica (che si ottiene con la nomina al ruolo) e non anche dell’idoneità specifica la quale presuppone la regolare costituzione del giudice nell’ambito di un determinato processo. Infatti, l’art. 33.2 stabilisce che non si considerano attinenti alla capacità del giudice le disposizioni relative alla destinazione del magistrato giudicante agli uffici giudiziari ed alle sezioni (evidentemente il legislatore ha voluto evitare che la violazione delle regole concernenti il funzionamento interno degli uffici giudiziari potesse dare luogo a nullità processuali. L’art33co3 esclude che l’attribuzione degli affari penali al tribunale collegiale o monocratico attenga alla capacità del giudice o al numero dei giudici necessario per costituire l’organo giudicante. La violazione delle norme sul riparto della cognizione concernenti l’assegnazione dei magistrati a sezioni o collegi non danno luogo a nullità processuali. Se ne deduce che il c.p.p. attribuisca una limitata rilevanza alla garanzia costituzionale del giudice naturale precostituito per legge (art. 25 Cost.) in quanto circoscrive tale garanzia alla mera individuazione dell’organo giudiziario nel suo complesso. IMPARZIALITÀ DEL GIUDICE: l’imparzialità è fondata sui seguenti principi: -la soggezione del giudice alla legge. Soltanto la presenza di leggi certe che indichino con precisione quali fatti configurino reato e quali poteri processuali debbano essere esercitati nei loro confronti senza lasciar alcun margine di discrezionalità al giudice impedisce che egli sia influenzato dall’esterno, (potere politico, economico, sindacale) o dall’interno (soggettivismi caratteriali ed ideologici del singolo magistrato). -la separazione tra funzioni giurisdizionali e quelle che sono tipiche di una parte. Si intende la separazione in soggetti distinti delle principali funzioni processuali quali l’accusa, la difesa e il giudice e ciò in quanto se quest’ultimo cumulasse i poteri di una parte, (es. i poteri d’accusa) la sua funzione giudicante rischierebbe di essere sviata, anche inconsciamente, dagli ulteriori poteri che egli è chiamato ad esercitare. -la terzietà, ai sensi dell’art111co2Cost il processo deve svolgersi “davanti ad un giudice terzo ed imparziale”. Non si tratta di sinonimi in quanto per imparzialità si intende la funzione esercitata nel processo ed impone l’assenza di qualsiasi legame con una delle parti o con l’oggetto da decidere mentre invece la terzietà concerne il piano ordinamentale ed è stata infatti interpretata dalle norme dell’ordinamento giudiziario come un limite al passaggio di funzioni tra p.m. e giudice e viceversa: il passaggio può avvenire soltanto cambiando il distretto di corte d’appello e dopo un controllo di professionalità in relazione al nuovo ruolo da svolgere: non appare imparziale quel giudice che ha svolto in passato le funzioni di pm e che, quindi, si trova a giudicare sulle richieste di ex colleghi dello stesso distretto. -l’impregiudicatezza. Vi è imparzialità quando il giudice si trova in una condizione di impregiudicatezza rispetto alla questione da decidere, si tratta di un requisito concernente l’atteggiamento interiore del giudice rispetto alla decisione da prendere - anche detta quale assenza di pregiudizi rispetto all’oggetto del procedimento - la quale manca quando il giudice ha già emesso una decisione sulla responsabilità dell’imputato in relazione al medesimo reato. -l’equidistanza delle parti (giudice super partes), vi è quando è assente qualsiasi legame tra il giudice e le parti, o tra il giudice e la questione da decidere. -la presenza di garanzie procedimentali che attribuiscono alle parti il diritto di far accertare le situazioni che si presentano, si tratta del cd rimedio della “ricusazione” del giudice. Ma ancora prima che si giunga a tale rimedio è previsto che il giudice che si accorga di essere nella situazione di apparire non imparziale abbia il dovere di dichiararla ed astenersi. Inoltre, quando ci siano motivi che facciano dubitare sull’imparzialità dell’ufficio giudicante nel suo complesso è prevista la cd Rimessione del processo. [Come garanzie procedimentali a tutela del principio dell’imparzialità del giudice sono stati predisposti l’istituto dell’astensione, la ricusazione, la rimessione]. INCOMPATIBILITÀ DEL GIUDICE: per incompatibilità si intende l’incapacità di svolgere una determinata funzione in relazione ad un determinato procedimento e sussiste nelle situazioni nelle quali manca la caratteristica m della impregiudicatezza. Le situazioni che danno luogo ad incompatibilità sono sono conoscibili ex ante rispetto al momento in cui il giudice è assegnato ad un determinato procedimento (per tale motivo costituiscono criteri di organizzazione preventiva della funzione giurisdizionale), qualora (le situazioni di incompatibilità) non dovessero essere accertate preventivamente al momento della formazione dell’organo è previsto che tali situazioni di incompatibilità diventano motivi di astensione o di ricusazione. Le Situazione di pre-giudizio previste dal codice come causa di incompatibilità possono essere ripartite in 3 categorie: •Incompatibilità per atti compiuti nel medesimo procedimento (art34), tra queste figurano: - l’aver pronunciato la sentenza in un precedente grado del medesimo procedimento - l’aver emesso il decreto penale di condanna o il provvedimento conclusivo delle indagini preliminari -l’aver disposto il giudizio immediato - l’aver deciso sull’impugnazione avverso la sentenza di non luogo a procedere. Inoltre, il giudice che nel medesimo procedimento abbia esercitato la funzione di gip non può emettere decreto penale di condanna, né partecipare al giudizio a meno che si sia limitato a svolgere funzioni di tipo non decisorio quale è l’aver provveduto all’assunzione dell’incidente probatorio. Infatti, il giudice che si è limitati a assistere all’assunzione della prova in incidente probatorio, lungi dall’essere “prevenuto” nei confronti dell’indagato è soggetto idoneo a pronunciarsi sul rinvio a giudizio (in udienza preliminare) o sulla colpevolezza (in dibattimento). •Incompatibilità per funzioni. Si verifica quando il giudice, che è stato designato a giudicare, abbia svolto nel medesimo procedimento una qualche funzione che sarebbe dovuta restare distinta da quella di giudice (es. funzioni del p.m., della polizia giudiziaria, del difensore, del testimone, del perito, etc). Da ciò si può dedurre l’esistenza del principio della separazione delle funzioni processuali. •Incompatibilità per ragioni di parentela. Si verifica quando il coniuge, parente o un’affine (fino al secondo grado) del giudice che è stato designato a giudicare abbia svolto nel medesimo procedimento la funzione di giudice, o funzioni “separate o diverse” (art 35). ASTENSIONE E RICUSAZIONE DEL GIUDICE: rappresentano rimedi ex post volti a rimuovere un giudice già designato in relazione ad un determinato procedimento al sussistere di situazioni che ne compromettono l’imparzialità. Dunque seppur il giudice possa riuscire ad essere ugualmente parziale si preferisce obbligarlo ad astenersi ne segue che il giudice abbia l’obbligo di astenersi quando sa di trovarsi in una situazione di non imparzialità, ed in mancanza di immediata dichiarazione di astensione le parti avranno l’onere di presentare una dichiarazione di ricusazione. [B]il PUBBLICO MINISTERO: il PM non è un organo unitario bensì è un insieme di uffici pubblici (ciascuno dei quali svolge le proprie funzioni, di regola, davanti all’organo giudiziario presso cui è costituito) che nel procedimento penale svolge la funzione di parte pubblica e rappresenta l’interesse generale dello Stato-società leso dal reato alla repressione dei reati (ben diversa è la situazione soggettiva dello Stato-persona che nel processo penale è rappresentato dall'avvocatura dello Stato: qualora il reato abbia cagionato un danno ad un bene dello stato il ministro competente può decidere di chiedere il risarcimento nel processo penale e pertanto in tal caso il ministro che si costituisce parte civile è rappresentato dall'avvocatura dello Stato). Il PM è dunque un magistrato indipendente che svolge la funzione di una parte pubblica in quanto agisce per perseguire un interesse pubblico il quale gli impone un obbligo di lealtà processuale, a tal fine egli non deve limitarsi a cercare le prove favorevoli all'accusa ma deve svolgere anche accertamenti su fatti e circostanze a favore dell'indagato; per tali caratteristiche viene a distinguersi dalle parti private (imputato, persona offesa) le quali perseguono un loro personale interesse e non hanno l'obbligo di far conoscere alle altre parti le prove che giovano a queste ultime, ne segue che sulle parti private non incombe un obbligo di "lealtà processuale". Quanto agli Uffici del PM davanti al giudice ordinario, le funzioni del PM nelle indagini preliminari e nei procedimenti di 1° grado sono svolte, presso il tribunale monocratico e collegiale, da un ufficio unitario denominato “procura della repubblica presso il tribunale”. Tale ufficio svolge altresì le funzioni di pm per i reati di competenza della corte d’assise e del giudice di pace. Presso il tribunale per i minorenni vi è un apposito ufficio di procura della repubblica. Per i giudici d'appello vi è una procura generale presso la corte d'appello. Presso la cassazione vi è un ufficio di procura generale. [Quanto agli uffici del pm dinanzi al giudice speciale, presso il giudice speciale militare vi sono la procura militare presso il tribunale e la procura generale militare presso la corte d'appello. Presso la corte di cassazione vi è un apposito ufficio denominato procura generale militare]. Egli svolge le seguenti “funzioni”: -promuove la repressione dei reati, cioè svolge le indagini necessarie per valutare se chiedere il rinvio a giudizio o l'archiviazione. -esercita l'azione penale in tutti i casi in cui non abbia chiesto l'archiviazione e cioè quando dalle indagini siano emersi elementi idonei a sostenere l'accusa in giudizio. -fa eseguire i provvedimenti del giudice nei casi previsti dalla legge -veglia sull'osservanza della legge, alla pronta e regolare amministrazione della giustizia, alla tutela dei diritti dello Stato, alle persone giuridiche e agli incapaci. Il PM (il quale è configurato quale il rappresentante della legge) è un magistrato ed in quanto tale ha le medesime garanzie di indipendenza dei giudici, si differisce da questi ultimi per il fatto che l’ufficio del pm ha alcune caratteristiche dell’organizzazione gerarchica (il pm è collocato in un ufficio che dipende da un capo). Quanto ai “rapporti all’interno dell’ufficio”, i rapporti all’interno dell’ufficio del PM si caratterizzano per esser rapporti di dipendenza gerarchica i quali assumono una configurazione particolare in quanto debbono contemperare le due contrapposte esigenze di “garantire l'indipendenza del singolo magistrato da un lato” ed “ assicurare la buona organizzazione dell'ufficio della pubblica accusa dall’altro”. L’assegnazione di un caso ad un magistrato del Pubblico Ministero può avvenire sia mediante criteri automatici sia da parte del Procuratore della Repubblica in quanto egli essendo il titolare esclusivo dell’azione penale è previsto che possa esercitarla personalmente o mediante assegnazione ad uno o più magistrati addetti all’ufficio ai quali conferisce poteri con limitata autonomia funzionale, e con l’atto di assegnazione può stabilire i criteri (generali o particolari del singolo procedimento) ai quali il magistrato deve attenersi nell'esercizio della relativa attività. Qualora i criteri generali o particolari siano violati, o comunque quando si verifica un un contrasto con il titolare dell'ufficio, questi può revocare l'assegnazione con provvedimento motivato: a sua volta il magistrato può presentare osservazioni scritte al procuratore della Repubblica entro 10 giorni dalla comunicazione della revoca. Un ulteriore aspetto di gerarchia ha per oggetto le misure cautelari: il PM quando intende chiedere al giudice una misura cautelare personale (es. custodia in carcere) o reale (es. sequestro preventivo) deve ottenere l'assenso scritto dal Procuratore della Repubblica; analogo assenso è necessario per disporre il fermo di persona indiziata di un delitto. L’assenso non è invece necessario quando la richiesta di una misura cautelare è formulata per una “convalida” dell'arresto o del fermo (art. 390) o del sequestro preventivo operato d'urgenza. Il potere direttivo del titolare (/procuratore della repubblica) si attenua quando il magistrato si trova in udienza in quanto in tal caso il PM esercita le sue funzioni con "piena" autonomia. Il capo dell'ufficio provvede alla sostituzione soltanto su consenso dell'interessato ovvero, se il consenso manca, nel caso di grave impedimento o di rilevanti esigenze di servizio; la sostituzione è obbligatoria quando il magistrato abbia un interesse "privato" nel procedimento (quando ciò avviene il titolare deve trasmettere al CSM copia del provvedimento motivato con cui ha disposto la sostituzione del magistrato e se il capo d’ufficio non vi provveda è previsto che il procuratore generale presso la corte d’appello debba disporre l’avocazione. Quanto ai “rapporti tra uffici” è previsto la regola secondo cui “ogni ufficio del PM sia competente a svolgere le sue funzioni esclusivamente presso l'organo giudiziario davanti al quale è costituito”, tuttavia a tale regola sono poste alcune eccezioni che danno vita a singole ipotesi di rapporti di sovraordinazione, ma non di tipo gerarchico (il rapporto gerarchico presuppone poteri direttivi vincolanti in relazione alla trattazione di un singolo caso) in quanto l’ufficio superiore ha eccezionalmente solo singoli e limitati poteri di sorveglianza riguardanti la disciplina e l'organizzazione. Il procuratore generale presso la Corte di Cassazione (ed altresì il ministro della giustizia) svolge: -la “funzione di sorveglianza” nel senso che ha il potere di iniziare l'azione disciplinare contro un qualsiasi magistrato requirente o giudicante la cui decisione spetterà poi al CSM. -la funzione di risolvere i contrasti tra gli uffici del pm appartenenti a differenti distretti di corte d'appello. Si ha Contrasto Negativo Nozione di contrasti tra uffici tra pubblici ministeri <quando due uffici, durante le indagini preliminari in relazione a un determinato reato, neghino la competenza per materia o per territorio del giudice presso il quale ciascuno di essi esercita le funzioni, ritenendo esistente la competenza di un altro giudice (art 54)>, si ha Contrasto Positivo <quando due uffici stanno svolgendo indagini a carico della stessa persona ed in relazione al medesimo fatto e ciascuno di essi ritenga la propria competenza esclusiva (art 54 bis)>. Il Procuratore Generale presso la Corte d'Appello svolge una funzione di sorveglianza che si manifesta nel potere di: - dirimere contrasti tra due uffici di PM del medesimo distretto di corte d'appello, i quali ritengano contemporaneamente di affermare (o viceversa, negare) la propria competenza in un singolo caso (art 54 e 54 bis). - avocare un singolo affare in casi tassativamente previsti dalla legge, l’avocazione è il potere che l’organo superiore ha di sostituirsi all'organo inferiore nello svolgimento di una determinata attività: tale potere di avocazione è attribuito al Procuratore Generale presso la Corte d'Appello nei confronti del pm presso il tribunale in presenza di situazioni e si verifica quando il titolare, o un magistrato dell'ufficio inferiore, abbia omesso un'attività doverosa o quando comunque il procedimento penale rischia una stasi per l'inerzia del magistrato del pm. Il provvedimento di avocazione deve essere motivato e trasmesso al CSM e al magistrato avocato il quale potrà a sua volta proporre reclamo al procuratore generale della Cassazione. Sono previsti casi nei quali l'avocazione è obbligatoria ed altri nei quali è discrezionale: è obbligatoria <se vi è stata inerzia del PM nell'esercitare l'azione penale (rinvio a giudizio o archiviazione); se è impossibile sostituire il PM perché questi è incompatibile o si è astenuto; se il capo dell'ufficio inferiore abbia omesso la sostituzione obbligatoria del PM>, è discrezionale <se il pm non abbia disposto la notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari oppure non abbia esercitato l’azione penale o richiesto l’archiviazione entro i termini previsti [se il GIP non abbia accolto la richiesta di archiviazione del PM o l'offeso si sia opposto alla richiesta stessa; se il GIP abbia ritenuto incomplete le indagini e ha indicato al PM ulteriori indagini da compiere]>. L’ASTENSIONE del magistrato del p.m. Occorre sottolineare che mentre il giudice ha l'obbligo di astenersi ove sia presente una di quelle situazioni che lo facciano apparire "parziale" e per gli stessi motivi il giudice può essere ricusato, viceversa il magistrato del pm (cd giudice requirente) può solo astenersi ma non anche esser ricusato in quanto egli è una parte che agisce/ esercita le sue funzioni per perseguire un interesse pubblico. Il PM deve astenersi quando sussistano “gravi ragioni di convenienza” (es quando abbia un interesse privato nel procedimento che gli è stato assegnato o abbia un rapporto di interesse con una delle parti) - sulle dichiarazioni di astensione decide il capo dell’ufficio del pubblico ministero - la mancata astensione configura illecito disciplinare ed è sanzionata dal CSM. A tal fine il capo dell’ufficio ha l’obbligo di SOSTITUIRE il PM che abbia un interesse privato nel procedimento e che non si sia astenuto - tale potere di sostituzione deve essere esercitato anche durante l'udienza penale e qualora il capo dell'ufficio non provveda alla sostituzione, il Procuratore Generale presso la corte d’appello designa per l’udienza un magistrato appartenente al suo ufficio (è un caso di avocazione obbligatoria) [una parte può segnalare al procuratore generale che il magistrato abbia un interesse privato, tale segnalazione è l’unico rimedio possibile in virtù dell’impossibilità di ricusare il PM] - i casi di sostituzioni sono quelli di cui all’art36: -se il magistrato ha interesse nel procedimento o se alcuna delle parti private o un difensore è debitore o creditore di lui, del coniuge o dei figli. -se il magistrato è tutore, curatore, procuratore o datore di lavoro di una delle parti private ovvero se il difensore, procuratore o curatore di una di dette parti è prossimo congiunto di lui o del coniuge. -se vi era già inimicizia grave fra il magistrato e una delle parti private. -se un prossimo congiunto del magistrati è offeso o danneggiato dal reato o parte privata. I diversi uffici del pm hanno l’obbligo di coordinarsi tra loro in presenza di “collegamento di indagini” - è la situazione in cui i reati non son connessi ma le indagini si e quindi gli uffici debbono scambiarsi atti ed info e comunicarsi reciprocamente le direttive impartite alla polizia giudiziaria - i casi nei quali le indagini si considerano collegate sono i seguenti: -se i procedimenti sono connessi a norma dell'articolo 12 (e non sono stati riuniti). -se si tratta di reati dei quali gli uni sono stati commessi in occasione degli altri, o per conseguirne o assicurarne al colpevole o ad altri il profitto, il prezzo, il prodotto o l'impunità, o che sono stati commessi da più persone in danno reciproco le une delle altre, ovvero se la prova di un reato o di una sua circostanza influisce sulla prova di un altro reato o di un'altra circostanza. -se la prova di più reati deriva, anche in parte, dalla stessa fonte. L’inottemperanza dell’obbligo di coordinarsi è punita con l’avocazione nelle ipotesi di indagini per delitti di criminalità organizzata mafiosa e non mafiosa. [È stata istituita la “Procura distrettuale antimafia” la quale è l'ufficio della Procura della Repubblica presso il Tribunale del capoluogo del di ciascuno dei 26 distretti di Corte d'Appello e svolge le funzioni di pubblico ministero in primo grado per quei delitti che sono di competenza di un giudice appartenente al singolo distretto di corte d'appello ossia <delitti di criminalità organizzata mafiosa e assimilati, delitti con finalità di terrorismo, delitti in materia di pedopornografia, di reati informatici, di intercettazione abusiva> nei confronti dei quali la procura distrettuale svolge le indagini preliminari ed esercita le funzioni di accusa pubblica nell'udienza preliminare e nel dibattimento entro l'ambito territoriale del distretto di corte d'appello. Di conseguenza tutte le attività investigative della polizia giudiziaria sono coordinate da questo ufficio all'interno del singolo distretto. Nb per tali reati il giudice competente resta quello originariamente competente per materia e territorio; viceversa sono soltanto le funzioni del giudice per le indagini preliminari e del giudice dell'udienza preliminare che debbono essere esercitate da magistrati del tribunale del capoluogo presso cui opera la procura distrettuale. All'interno della Procura Distrettuale è costituita una Direzione Distrettuale (D.D.A.) che non è altro se non il gruppo (pool) di magistrati che hanno chiesto di dedicarsi esclusivamente ai procedimenti attinenti alla criminalità organizzata mafiosa e assimilati e che pertanto debbono coordinarsi in modo stretto sia tra loro sia col procuratore capo. Vi è poi la Procura Nazionale Antimafia e antiterrorismo si tratta di un ufficio (composto da 20 pm più 2 procuratori aggiunti, tutti nominati dal csm) il cui capo è il procuratore nazionale antimafia il quale è soggetto alla sorveglianza del Procuratore Generale di Cassazione e del csm ed ha <poteri di coordinamento che non toccano l'indipendenza dei singoli uffici del PM consistenti in un Controllo per verificare se vi sia un effettivo coordinamento tra i singoli uffici del pm che stanno compiendo indagini per i delitti di criminalità organizzata mafiosa e terroristica (indicati nell'art 51 comma 3 bis e quater), in caso di mancato coordinamento il procuratore deve avocare le indagini; poteri sia di impulso nei confronti dei procuratori nazionali, sia di controllo sull'attività degli organi centralizzati di polizia giudiziaria>, di converso Non può <dare direttive vincolanti nel merito alle procure distrettuali, al massimo può riunire i capi degli uffici per accertare se questi si siano coordinati tra di loro; compiere direttamente indagini ma può avocare le indagini condotte da quella procura distrettuale che abbia dimostrato una grave inerzia o che non abbia voluto coordinarsi con gli altri uffici (si evince di come sia escluso che egli possa avere un potere gerarchico sui 26 procuratori distrettuali)>. [C] POLIZIA GIUDIZIARIA: La funzione di polizia giudiziaria è svolta, al sussistere di determinati presupposti, dai 5 corpi di polizia (la polizia di stato, l'arma dei carabinieri, la guardia di finanza, il corpo di polizia penitenziaria) e si esplica nel compito di repressione dei reati (raccogliere tutti gli elementi necessari per accertare il reato e per rendere possibile lo svolgimento del processo penale) ed in particolare consiste nel fatto che essa <debba, anche di propria iniziativa, prendere notizia dei reati, impedire che vengano portati a conseguenze ulteriori, ricercarne gli autori, compiere gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant'altro possa servire per l'applicazione della legge penale>. La competenza può esser generale per tutti i reati o limitata all'accertamento di determinati reati. I corpi di polizia svolgono funzioni amministrative e di sicurezza le quali si caratterizzano per il fatto che nel loro svolgimento la polizia di regola non gode di poteri coercitivi e cioè non può direttamente limitare le libertà fondamentali; viceversa al sopraggiungere della notizia della commissione di un reato subentra l’esercizio della funzione di polizia giudiziaria la quale si caratterizza invece per la possibilità di poter utilizzare poteri coercitivi, ne segue che in situazioni di necessità ed urgenza la polizia giudiziaria possa procedere all'arresto in flagranza (in caso di flagranza può anche perquisire persone e luoghi) o al fermo di una persona gravemente indiziata. La differenza che intercorre tra le funzioni di Polizia di Sicurezza e Giudiziaria si basa sulla contrapposizione tra prevenzione dei reati (la 1ª) e repressione di un reato (la 2ª) e son poste sotto una differente dipendenza: -la funzione di polizia di sicurezza è diretta dal Ministro dell'Interno e, in sede locale, dal Prefetto e Questore. -la funzione di polizia giudiziaria è svolta sotto la direzione del PM e sotto la sorveglianza del Procuratore Generale di Corte d'Appello (il quale può dare inizio al procedimento disciplinare contro l'ufficiale o l'agente per gli illeciti relativi dei compiti di polizia giudiziaria) cd dipendenza dall’autorità giudiziaria. Per la lotta alla criminalità organizzata, la funzione di polizia giudiziaria è svolta dalla D.I.A. (direzione investigativa antimafia), posta sotto la sorveglianza del procuratore nazionale antimafia. (Quindi funzionalmente la polizia giudiziaria dipende dal PM e organicamente dal potere esecutivo per quanto concerne la carriera). Il codice distingue 3 strutture che svolgono funzioni di polizia giudiziaria (si differenziano per il diverso grado di dipendenza funzionale dall’autorità giudiziaria): -le “sezioni di polizia giudiziaria” (si tratta di organi costituiti presso gli uffici del PM di 1ºgrado e composti, di regola , da ufficiali e agenti della Polizia di Stato, dei Carabinieri e della Guardia di Finanza etc) le quali svolgono esclusivamente funzioni di polizia giudiziaria sotto la dipendenza del capo del singolo ufficio del pm (cd procuratore della repubblica) il quale dirige e coordina le attività disponendo direttamente del personale della sezione ed incaricando delle indagini nominativamente un ufficiale di polizia giudiziaria. -servizi di polizia giudiziaria (costituiti presso i corpi di appartenenza), si considerano servizi tutti gli uffici ed unità cui è affidato il compito di svolgere in via prioritaria e continuativa le funzioni di polizia giudiziaria. Si caratterizzano per un minor grado di dipendenza funzionale in quanto qui il magistrato del pm che dirige le indagini preliminari dà un incarico non personalmente ad un ufficiale di polizia giudiziaria ma impersonalmente all’ufficio, sarà infatti il responsabile dell’ufficio a scegliere l’ufficiale che dovrà condurre le investigazioni. -gli altri uffici di polizia giudiziaria che non sono ricompresi nelle Sezioni o nei Servizi ma che restano comunque sotto la dipendenza funzionale dell’autorità giudiziaria. [D] L’IMPUTATO: All'inizio del procedimento penale le indagini possono svolgersi sia contro ignoti sia contro un indagato. Nella maggior parte dei casi le denunce sono presentate contro ignoti in quanto lo stesso denunciante non è in grado di indicare colui che ritenga responsabile del reato: a tal fine una volta presentata la denuncia alla polizia giudiziaria questa la trasmette al PM il quale a sua volta ordina alla segreteria di iscriverla nel Registro delle "Notizie di Reato" (art. 335). Se le indagini svolte consentono di attribuire il reato alla responsabilità di una determinata persona allora il PM ordina alla segreteria di iscrivere nel registro, accanto all'indicazione della denuncia, il nome del soggetto al quale il reato "è attribuito" il quale assume la figura di "persona sottoposta alle indagini preliminari" cd "indagato". Soltanto in relazione al momento conclusivo delle indagini il codice usa il termine "imputato" il quale indica la persona alla quale è attribuito il reato nell'imputazione formulata dal PM con richiesta di rinvio a giudizio o con l'atto omologo nell'ambito del singolo procedimento speciale: l’imputazione è composta dalla enunciazione in forma chiara e precisa del fatto storico di reato e dalle indicazioni delle norme di legge violate e della persona alla quale il reato è addebitato (art. 417). I motivi in virtù dei quali si distingue tra indagato ed imputato son date in primo luogo dal fatto che il legislatore voglia che il PM prenda una posizione definitiva sull'addebito soltanto quando, terminate le indagini preliminari, chiede il rinvio a giudizio (occorre dunque che gli elementi raccolti nelle indagini preliminari siano idonei a sostenere le accuse in giudizio e quindi di chiedere la condanna dell’imputato), ed in secondo luogo perché il termine indagato (che si usa prima che sia formulata una imputazione) è neutro e non pregiudizievole. altra prova richiesta dalle parti. L'ordinanza di sospensione è revocata qualora l'imputato risulti in grado di partecipare coscientemente al procedimento penale oppure se, durante la sospensione siano assunte prove che legittimano nei confronti dell'imputato una sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere. -irreversibile ma l’imputato non è pericoloso (perché eventualmente deve essere disposta la sola confisca e non altra misura di sicurezza) il giudice deve revocare l'eventuale ordinanza di sospensione del procedimento e pronunciare sentenza di non luogo a procedere (se in udienza preliminare) o sentenza di non doversi procedere (se in dibattimento); se invece si accerti la sua pericolosità (cioè quando debba essere applicata una misura di sicurezza diversa dalla confisca) il giudice deve disporre ogni 6 mesi ulteriori accertamenti. [Quando l’incapacità è irreversibile non vi è alcuna sospensione del corso della prescrizione la quale continua a decorrere ed una volta maturato il termine di prescrizione il giudice dovrà pronunciare sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere per estinzione del reato]. [E] il DIFENSORE: la difesa è quella forma di tutela che permette all’imputato di riconoscere la propria innocenza o esser condannato ad una sanzione non più grave rispetto a quella applicabile per legge. Il diritto alla difesa può esser esercitato sia personalmente (cd autodifesa, es il diritto spettante all’indagato o persona offesa di ricevere personalmente notizia del procedimento penale in corso attraverso l’info di garanzia che deve essere inviata loro quando il pm deve compiere un atto al quale il difensore ha diritto di assistere) sia per mezzo del difensore cd difesa tecnica. Quando l’indagato non abbia nominato un difensore di fiducia o ne sia rimasto privo, il codice prevede il “difensore d’ufficio”, da ciò ne segue il principio della necessità ed irrinunciabilità della difesa tecnica in favore dell’imputato, le parti non possono stare personalmente in giudizio. [D] la PERSONA OFFESA DAL REATO: per persona offesa dal reato si intende il titolare dell'interesse giuridico protetto, anche in modo non prevalente, da quella norma incriminatrice che si assume sia stata violata dal reato [per individuare la persona offesa occorre dunque far riferimento alla norma penale sostanziale, accertare l’interesse che è oggetto della tutela e procedere all’identificazione del soggetto titolare di tale interesse] il quale è qualificato quale “soggetto” del procedimento; assume la qualifica di “parte” soltanto quando nella veste di danneggiato dal reato, la persona offesa abbia esercitato l'azione risarcitoria costituendosi parte civile. Sono previste varie ipotesi di persona offesa di "creazione legislativa" e tra queste figurano il minore di anni diciotto che assiste ai maltrattamenti contro familiari e conviventi il quale è considerato persona offesa dal reato ed altresì, qualora una persona sia morta in conseguenza del reato son considerate persone offese dal reato la persona alla vittima legata da relazione affettiva e con essa stabilmente convivente o i prossimi congiunti e di conseguenza possono esercitare tutti i diritti e facoltà previsti in favore della persona offesa. [La riforma Cartabia ha introdotto una definizione di vittima da utilizzarsi soltanto nella materia della giustizia riparativa (art. 42co1,lett. b) ed ha definito la vittima del reato quale la persona fisica che ha subìto direttamente dal reato qualunque danno, patrimoniale o non patrimoniale. Inoltre è considerata vittima del reato il familiare di una persona la cui morte è stata causata da un reato e che ha subìto un danno in conseguenza della morte di tale persona]. I poteri che la persona offesa dal reato può esercitare sono i seguenti: -poteri sollecitatori dell'attività dell'autorità inquirente, come il presentare memorie o l'indicare elementi di prova nel corso del procedimento, escluso il giudizio di cassazione; ed altresì la facoltà di dichiarare o eleggere domicilio potendo a tal fine indicare un indirizzo pec [tale potere attribuisce all'offeso una mera facoltà in quanto al suo esercizio non corrisponde un obbligo per il giudice di pronunciarsi, diversamente da quanto accade per le richieste presentate dalle "parti" e dai loro difensori in relazione alle quali il giudice deve provvedere senza ritardo. Nb mentre le facoltà consistono in quei poteri il cui esercizio non fa sorgere alcun dovere nel pm o nel giudice, viceversa i diritti fanno sorgere l’obbligo a carico di tali organi di emettere un provvedimento]. -diritti di informativa (art90bis) consistente nel diritto che la persona offesa dal reato ha, sin dal primo contatto con l’autorità procedente, di ricevere in lingua a lei comprensibile le info necessarie al fine di esercitare i propri poteri nel procedimento penale quali di esser informato circa <le modalità di presentazione della denuncia e della querela; al ruolo che assume durante le indagini e processo; data e luogo del nel quale si svolgerà l’udienza preliminare (detto avviso serve a mettere l'offeso in grado di valutare se gli convenga costituirsi parte civile, qualora cumuli la qualifica di danneggiato) nonché dell’imputazione ed ove costituita parte civile il diritto di ricevere notifica della sentenza; alla facoltà di ricevere comunicazione del procedimento ed iscrizioni che sono contenute di cui all’art335co1,2,3ter; al diritto di conoscere le iscrizioni che la riguardano e che sono contenute nel registro delle notizie di reato art335co3; alla facoltà di essere avvisata della richiesta di archiviazione; il pm quando proceda al compimento di un accertamento tecnico non ripetibile deve avvisare l'offeso, l'indagato e i difensori del giorno, luogo e ora dell’accertamento informandoli altresì che hanno la facoltà di nominare un consulente tecnico di parte; di informare all’offeso che nella notizia di reato o successivamente, abbia dichiarato di voler essere informata della conclusione delle indagini, è immediatamente notificato avviso dell’avvenuto deposito forzoso del fascicolo delle indagini in caso di omesso avviso di conclusione delle indagini preliminari 415terco1 (si veda anche la notificazione della copia del decreto con cui il procuratore generale rigetta la richiesta di differimento dell’avviso di conclusione delle indagini in favore della persona offesa che, nella notizia di reato o successivamente abbia dichiarato di voler essere informata della conclusione delle indagini 415-bis co 5-ter); ai diritti che gli sono riconosciuti nel caso in cui risieda in uno stato ue diverso da quello in cui il reato è stato commesso; alla possibilità di chiedere il risarcimento danni derivanti da reato; alle eventuali misure di protezione che possono esser disposte in suo favore; alle strutture sanitarie presenti sul territorio; della facoltà di accedere ad un programma di giustizia riparativa; [a seguito della cartabia non è più previsto il diritto che gli sia notificato il decreto che dispone il giudizio dato che essa quando si è svolta l’udienza preliminare è decaduta dalla facoltà di costituirsi parte civile]> e poiché tali diritti di informativa svolgono a pieno la loro funzione solo se l'offeso abbia nominato un difensore (in quanto solo quest'ultimo è in grado di consigliare al meglio il suo assistito) di conseguenza è previsto che il pm e la polizia giudiziaria, al momento dell’acquisizione della notizia di reato, debbano informare la persona della facoltà di nominare un difensore di fiducia o della possibilità del patrocinio a carico dello Stato. -potere di partecipare al procedimento, i poteri di partecipazione al procedimento possono essere esercitati dalla sola persona offesa dal reato che abbia nominato un difensore, e tra queste figurano: ~le cd investigazioni difensive del difensore (nb il difensore potrà sia limitarsi ad assistere ai pochi atti d'indagine per i quali è ammessa la sua presenza e che si riducono in definitiva, all'accertamento tecnico non ripetibile art 360; sia attivarsi fino a svolgere le cd investigazioni difensive) di cui all'art 327 bis cpp si tratta di indagini che sono compiute dal difensore personalmente o a mezzo di sostituto le quali hanno il fine di consentire al difensore di ricercare e individuare elementi di prova e di intervistare le persone che possono dare informazioni. ~la possibilità che la persona offesa del reato ha (personalmente o a mezzo di difensore) di chiedere per iscritto al pm di promuovere un “incidente probatorio” nel quale venga assunta una prova non rinviabile nel dibattimento. In ogni caso se l’incidente si svolge (sia a seguito di tale sollecitazione sia su autonoma richiesta del pm o indagato) il difensore della persona offesa sarà preavvisato in modo da potervi partecipare. ~ può esser sentita sia come testimone in dibattimento sia come possibile testimone durante le indagini preliminari. Quanto alla “persona offesa vulnerabile”, persona vulnerabile è il minore o una persona che si trova in situazioni di particolare vulnerabilità, per esse sono previste alcune garanzie di protezione nel momento in cui depongono prevedendosi che il loro esame debba svolgersi con la presenza di un psicologo o psicoterapeuta ed in determinati casi l'esame deve essere sottoposto a registrazione fonografica e audiovisiva e deve essere assunto in strutture diverse dal tribunale. -poteri di controllo sulla eventuale inattività del pm, si tratta di poteri di tipo prettamente "penalistico" volti a tutelare il suo interesse ad ottenere il rinvio a giudizio dell'imputato. Pertanto seppur all’offeso non sia attribuita una vera e propria azione penale consistente nel potere di chiedere al giudice il rinvio a giudizio dell’indagato, di converso gli sono attribuiti poteri di controllo sulla eventuale inattività del p.m. i quali consentono all'offeso di mettersi in contatto con il gip e presentargli le proprie conclusioni quando il pm abbia chiesto al giudice la proroga delle indagini o l'archiviazione (tale iniziativa del pm deve essere notificata alla persona offesa, che in precedenza, abbia formalmente chiesto al medesimo di esserne informata) o ancora quando il pm alla scadenza dei termini per l’azione non abbia ancora assunto le proprie determinazioni (art. 415bis co 5-quater e art415-ter co3 per il caso del deposito forzoso del fascicolo). Da ciò si può trarre la conferma che la persona offesa di regola non ha poteri di azione penale, bensì soltanto il potere di attivare il controllo del giudice nei casi nei quali si palesa l'inerzia del pm. Nell’art90bis la rif cartabia ha tracciato altresì una disciplina specifica per la “figura del querelante” prevedendo che il querelante debba esser avvisato dell’obbligo di dichiarare o eleggere domicilio per la comunicazione e la notificazione degli atti del procedimento, con l’avviso che la dichiarazione di domicilio possa essere effettuata anche dichiarando un indirizzo pec o altro servizio elettronico di recapito telefonico qualificato (lett. a-bis); è informato della facoltà, ove non vi abbia già provveduto all’atto di presentazione della querela, di dichiarare o eleggere domicilio anche successivamente (lett. a-ter); inoltre lo si informa dell’obbligo, in caso di mutamento del domicilio dichiarato o eletto, di comunicare tempestivamente e nelle forme prescritte all’autorità giudiziaria procedente la nuova domiciliazione (lett. a-quater); inoltre, è avvisata del fatto che, ove abbia nominato un difensore, il querelante sarà domiciliato presso quest’ultimo ed in mancanza di nomina del difensore, le notificazioni saranno eseguite al querelante presso il domicilio digitale e, nei casi di cui all’art. 148, comma 4, presso il domicilio dichiarato o eletto, ed in caso di mancanza, insufficienza o inidoneità della dichiarazione o elezione di domicilio le notificazioni al querelante saranno effettuate mediante deposito presso la segreteria del pm procedente o presso la cancelleria del giudice procedente (lett. a-quinquies). L’avviso precisa, poi, che la mancata comparizione senza giustificato motivo della persona offesa che abbia proposto querela all’udienza alla quale sia stata citata in qualità di testimone comporta la remissione tacita di querela (lett. n-bis); la lett. p-ter informa l’offeso del fatto che la partecipazione del querelante a un programma di giustizia riparativa, concluso con un esito riparativo e con il rispetto degli eventuali impegni comportamentali assunti da parte dell’imputato, comporta la remissione tacita di querela. La PARTE CIVILE: Il reato, oltre a costituire un'offesa ad un bene giuridico, può aver provocato in concreto un danno ed in tal caso è previsto che colui che abbia commesso il reato sia obbligato a risarcire il danno o, nel caso, a restituire la cosa sottratta (185 c.p.). L'illecito penale e l'illecito civile derivano dal medesimo titolo e cioè dal fatto di reato. Il danno derivante dal reato può manifestarsi nelle forme del danno patrimoniale e non patrimoniale (nel cui ambito rientrano il danno morale soggettivo, danno biologico ed esistenziale). Il soggetto che a seguito di un reato abbia subito un danno è definito “persona danneggiata dal reato” ed ha pertanto il diritto ad ottenere il risarcimento del danno da parte dell’autore del reato. A tal fine potrà esercitare l’azione volta a conseguire l’accertamento della responsabilità dell’imputato e la sua condanna al risarcimento del danno o davanti al giudice civile, in un autonomo procedimento oppure davanti al giudice penale ma soltanto dopo che il PM abbia esercitato l'azione penale in quanto solo a tal punto il danneggiato esercita l'azione civile costituendosi parte civile nel processo penale (art 76 cpp). Molto spesso la medesima persona riveste sia la qualifica di persona offesa dal reato sia quella di persona danneggiata dal reato, sono rari i casi nei quali un individuo abbia soltanto una delle due qualifiche [La distinzione tra persona offesa e danneggiato dal reato è importante perché ad essa è ricollegato l'esercizio di differenti poteri spettanti all'una o all'altra qualifica, in particolare l'essere persona offesa dal reato comporta la qualifica di "soggetto" del procedimento con tutti i diritti e le facoltà che le sono riconosciuti mentre l'essere soltanto danneggiato dal reato, e non anche persona offesa, non fa assumere la qualifica di "soggetto" del procedimento e di conseguenza nemmeno i diritti e le facoltà della persona offesa]. L'esercizio dell'azione civile nel processo penale è fondato su due regole: -l'azione civile resta "ospite" nel processo penale, ciò significa che essa mantiene la sua natura e le sue caratteristiche civilistiche, inoltre si caratterizza per essere un’azione facoltativa e disponibile nel senso che il danneggiato può revocare in ogni momento del processo penale la costituzione di parte civile (art 82), ciò avviene ad esempio quando la parte civile stipuli con l'imputato una transazione sul risarcimento dovuto. Il giudice penale nell'accertare i danni e nel condannare al risarcimento non può andare oltre i limiti della domanda della parte civile. -l'azione civile subisce la regolamentazione del processo penale, ciò significa che poteri e comportamento processuale della parte civile sono disciplinati dal codice di procedura penale. Si pensi a tal fine al fatto che nonostante la parte civile abbia un autonomo diritto di ricerca e di ammissione della prova tuttavia le prove dell'illecito penale e dei danni cagionati sono ricercate d'ufficio dal pm nel corso delle indagini preliminari, che restano segrete fino al loro termine, ne segue pertanto che la parte civile possa affidarsi all'iniziativa del pm il che, rispetto al processo civile, costituisce un vantaggio per il danneggiato il quale non deve anticipare le spese necessarie allo svolgimento del processo penale; o ancora si pensi all’obbligo penalmente sanzionato che la parte civile ha di deporre dovendo dichiarare il vero quando sia citato come testimone (viceversa, nel processo civile, le parti non possono essere chiamate a deporre come testimoni con l'obbligo penalmente sanzionato di dire la verità). La parte civile può chiedere al giudice penale che abbia pronunciato una condanna generica di condannare l'imputato a pagare una provvisionale, il giudice dovrà disporre tale provvisionale nei limiti in cui si sia già acquisita la prova del danno, tale condanna è immediatamente esecutiva in primo grado. [I vantaggi che ha il danneggiato che eserciti l’azione civile nel processo penale sono i seguenti <non anticipa le spese del processo che sono sostenute dallo stato e le prove son ricercate dal pm> di converso gli svantaggi sono i seguenti <spettano al pm l’iniziativa e scelte fondamentali; la sentenza di assoluzione dell’imputato ha efficacia di giudicato vincolante anche ne l processo civile nel senso che impedisce al giudice civile di condannare l'imputato-convenuto al risarcimento del danno. La dichiarazione di costituzione di parte civile ai sensi dell’art78 deve essere fatta mediante un'apposita dichiarazione resa per iscritto e sottoscritta dal difensore (perché il danneggiato sta in giudizio non personalmente ma mediante il difensore munito di procura speciale conferita con atto pubblico o scrittura privata autenticata), la dichiarazione svolge la funzione dell'atto di citazione in un processo civile (anche se è meno complessa di un atto di citazione) e pertanto essa deve contenere a pena di inammissibilità i seguenti elementi <la sottoscrizione del difensore nonché il suo nome e il cognome e l'indicazione della procura a questi rilasciata (la procura speciale al difensore è apposta in calce o a margine della dichiarazione di parte civile ed il difensore certifica la autografia della sottoscrizione del danneggiato; se la procura è conferita con atto separato, tale atto è depositato in cancelleria del giudice o è presentato in udienza unitamente alla dichiarazione di costituzione. Ai sensi del nuovo co1bis rif cartabia il difensore cui sia stata conferita la procura speciale art100 nonché la procura per la costituzione di parte civile art122 se in questa non risulta la volontà contraria della parte interessata, può conferire al proprio sostituto, con atto scritto, il potere di sottoscrivere e depositare l’atto di costituzione); le generalità della persona fisica (o la denominazione dell'associazione o dell'ente che si costituisce parte civile e le generalità del suo legale rappresentante) e le generalità dell'imputato nei cui confronti viene esercitata l'azione civile (o le altre indicazioni personali che valgono a identificarlo); l'esposizione delle "ragioni" che giustificano la "domanda", cioè la richiesta al giudice di pronunciare la condanna dell'imputato al risarcimento danno (petitum), le ragioni consistono nei motivi per i quali si asserisce che il reato abbia provocato un danno patrimoniale o non patrimoniale (causa petendi). Il petitum e la causa petendi sono indispensabili a pena di inammissibilità, non è in questo momento necessaria quella parte del petitum che consiste nella precisazione del quantum dell'ammontare del risarcimento la cui indicazione sarà invece indispensabile al momento della presentazione delle conclusioni scritte al termine del dibattimento>. Quanto ai termini per la costituzione di parte civile, la riforma Cartabia ha previsto che la costituzione della parte civile debba avvenire a pena di decadenza <nei processi con udienza preliminare entro il compimento degli accertamenti relativi alla regolare costituzione delle parti a norma dell’art420; nei processi nei quali manchi l’udienza preliminare (e cioè nel giudizio immediato e nel rito direttissimo) entro il compimento degli accertamenti relativi alla regolare costituzione delle parti nel dibattimento - in tal caso se la costituzione di parte civile avvenga dopo la scadenza per il deposito delle liste testimoniali, la parte civile perde la facoltà di presentarle - (art. 484); infine nei processi con citazione diretta presso il giudice monocratico il termine è quello dell’accertamento della regolare costituzione delle parti nell’udienza predibattimentale (art. 554-bis co 2)> i relativi termini sono stabiliti a pena di decadenza e pertanto dopo tali momenti la dichiarazione di costituzione di parte civile è inammissibile. La dichiarazione può esser presentata in udienza (preliminare o dibattimentale) all'ausiliario del giudice; oppure prima dell'udienza, può essere depositata nella cancelleria del giudice: in quest'ultimo caso deve essere notificata a cura della parte civile, alle altre parti, è cioè al pm e all'imputato. La dichiarazione produce effetto per ciascuna parte dal giorno nel quale è eseguita la notificazione, inoltre la costituzione di parte civile produce i suoi effetti in ogni stato e grado del processo (c.d. principio di immanenza della costituzione di parte civile) il che comporta che la parte civile non abbia la necessità di rinnovare la costituzione nelle fasi successive o nei successivi gradi di processo finché la sentenza non sia divenuta irrevocabile. In mancanza dei presupposti sostanziali per la costituzione di parte civile, il giudice, con ordinanza non impugnabile, dispone l'esclusione su richiesta motivata del PM, dell'imputato o del responsabile civile (art. 80) ovvero d'ufficio. La parte civile può anche esser Revocata, la revoca è “espressa” quando effettuata con dichiarazione resa in udienza dalla parte civile personalmente o da un procuratore o con atto scritto depositato in cancelleria e notificato alle altre parti; è “tacita” quando la parte civile rinuncia a presentare le proprie conclusioni scritte in dibattimento alla discussione finale o qualora promuova l'azione civile davanti al giudice civile. Il danneggiato dal reato ha le seguenti possibilità ossia: -costituirsi parte civile -rimanere inerte (cioè non esercitare l'azione risarcitoria né in sede penale né in sede civile), tuttavia in tal caso corre il rischio che il giudice penale assolva l’imputato con una formula ampia, che acquista la forza del giudicato. -esercitare l'azione civile di danno davanti al giudice civile, la quale se esercita tempestivamente (e cioè prima che il giudice penale abbia pronunciato una decisione di primo grado) può svilupparsi senza subire sospensioni, parallelamente allo svolgersi del processo penale. Vi è un ulteriore vantaggio in quanto l’eventuale assoluzione dell'imputato nel processo penale non vincola il giudice civile né gli impedisce di condannare l'imputato-convenuto al risarcimento danno, ove siano raccolte le prove della responsabilità di quest'ultimo. prive della firma digitale di attestazione di conformità all'originale (si consente così agli atti nati analogici di essere acquisiti al fascicolo senza la firma del cancelliere/addetto alla segreteria e di divenire originali informatici, così da poter essere estratti in modalità di duplicati o copie)]. Durante il procedimento e dopo la sua definizione chiunque vi abbia interesse può ottenere il rilascio a proprie spese di copie, estratti e certificati di singoli atti - non potrà ottenerne il rilascio solo quando gli atti siano coperti da segreto investigativo - salvo che la legge riconosca espressamente al richiedente il diritto al rilascio è previsto che il rilascio avvenga su autorizzazione disposta dal pm o dal giudice che procede al momento della presentazione della domanda o, dopo la definizione del procedimento, dal presidente del collegio o dal giudice che ha emesso il provvedimento di archiviazione o sentenza. Poiché il deposito dell'atto in favore del difensore fa cadere il segreto investigativo, non è necessaria un'apposita autorizzazione in favore del difensore che chieda di estrarre copia degli atti depositati in suo favore; la rif cartabia ha previsto inoltre che il diritto del difensore al rilascio di attestazione di deposito di atti o documenti all’autorità giudiziaria sia limitato al solo caso di deposito di documenti redatti in forma di documento analogico, non essendo ovviamente necessaria alcuna attestazione in caso di deposito telematico. •gli “atti del giudice” sono: ~la sentenza, è il provvedimento col quale il giudice adempie al dovere di decidere che gli deriva a seguito dell'esercizio dell'azione penale ed in seguito alla quale esaurisce una fase o un grado del processo in quanto con essa il giudice si spoglia del caso. L’impugnazione della sentenza fa si che altro giudice esamini il caso fino a che sarà pronunciata una sentenza non più impugnabile con gli ordinari mezzi di impugnazione. La sentenza deve essere sempre motivata (in quanto deve dare conto del percorso logico seguito dal giudice per giungere alla decisione) a pena di nullità (relativa). ~l’ordinanza, è il provvedimento col quale il giudice risolve singole questioni senza definire il procedimento (es. con l’ordinanza accoglie o respinge la domanda di ammissione di un mezzo di prova), essa deve essere sempre motivata a pena di nullità (art. 125 c 3) e, di regola, è revocabile dal giudice. ~il decreto, è un ordine dato dal giudice il quale deve essere motivato solo se espressamente richiesto dalla legge (es decreto che dispone il giudizio al termine dell’udienza preliminare). Esso è un atto che può essere emesso anche dal pm nei casi previsti dal codice (es. il pm dispone con decreto il sequestro del corpo di reato). <Ordinanza e Decreto si caratterizzano per risolvere singole questioni senza chiudere in modo definitivo un procedimento> tuttavia si distinguono per il fatto che mentre l'ordinanza è emessa dopo lo svolgimento del contradditorio tra le parti, il decreto è emesso in assenza del medesimo. Il giudice ha l'obbligo di dichiarare immediatamente d'ufficio in ogni stato o grado del processo (e cioè in momenti successivi all'esercizio dell'azione penale, ovviamente purché il giudice sia investito della piena cognizione del fatto il che non si verifica nel caso di procedimenti incidentali) determinate cause di non punibilità cd “immediata declaratoria d’ufficio di determinate cause di non punibilità” quali <il fatto non sussiste; l’imputato non l’ha commesso; il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge quale reato; il reato è estinto o manca una condizione di procedibilità>. Tra le formule di proscioglimento che il giudice è tenuto ad emettere è previsto che <quando esiste una causa di estinzione del reato (es prescrizione) e dagli atti risulta in modo evidente la "non responsabilità penale" dell'imputato il giudice deve dare la preferenza alla sentenza di assoluzione (se pronunciata in giudizio) o di non luogo a procedere (se emessa nell’udienza preliminare); se invece ci si trovi in un caso in cui non è stata acquistata la prova della mancanza di resp (e quindi non può esser provata la responsabilità dell'imputato) il giudice è tenuto a pronunciare immediatamente l'estinzione del reato>. Tuttavia a sua volta l’imputato può rendere inoperante l'obbligo di immediata declamatoria delle relative cause di estinzione mediante la cd rinunciare all'amnistia o alla prescrizione del reato. È prevista per il giudice la possibilità di correggere gli errori materiali dei suoi atti purché <si tratti di atti del giudice riferibili al modello delle sentenze- ordinanze-decreto l’errore non sia causa di nullità dell’atto; l’errore non sia causa di nullità dell’atto; l’errore sia materiale e cioè consista in una difformità tra il pensiero del giudice contenuto nell'ordinanza e la formulazione esteriore di tale pensiero; l'eliminazione dell'errore non comporti una modifica essenziale dell'atto, a tal fine debbono escludersi quelle correzioni che incidono sul dispositivo>. A tal fine il giudice autore dell’atto d’ufficio o su richiesta del pm o della parte interessata ha la facoltà di correggere l’errore, il procedimento di correzione dell'errore si svolge in camera di consiglio secondo le forme dell'art 127 cpp; nel caso in cui sia stata proposta impugnazione la correzione è disposta dal giudice competente a conoscere l'impugnazione. richiesta. L'ordinanza recante la correzione deve essere annotata sull'originale dell'atto ed è ricorribile in cassazione. Il giudice nell’esercizio delle sue funzioni ha “Poteri Coercitivi” i quali consistono in poteri di polizia processuale che si sostanziano in un ordine il quale può anche essere soltanto orale ed è riprodotto nel verbale d'udienza. Tra questi figura “l'accompagnamento coattivo dell'imputato o indagato” (per i quali l'accompagnamento di regola deve essere preceduto da un invito a presentarsi o da una citazione rimaste senza effetto) e di altre persone (es testimone, perito etc) il quale rappresenta una restrizione della libertà personale poiché l’accompagnamento può essere eseguito con forza ed è per tale motivo che è previsto esso venga disposto solo "nei casi previsti dalla legge". La ratio dell’accompagnamento è quella di condurre una persona dinanzi al giudice per rendere possibile l'acquisizione di un contributo probatorio. [L'accompagnamento non deve però diventare una misura cautelare camuffata ed a tal fine è previsto che la persona sottoposta ad accompagnamento coattivo non possa essere tenuta a disposizione oltre il compimento dell'atto previsto e per quelli consequenziali e comunque non oltre le 24 ore]. •gli atti delle parti sono: ~le richieste, assume la forma della richiesta ogni tipo di domanda che le parti (sia quella pubblica, sia quelle private) rivolgono al giudice al fine di ottenere una decisione (Es. la richiesta di procedere ad incidente probatorio; la richiesta della parte civile di ottenere la provvisoria esecuzione della condanna al risarcimento danno), sulle richieste ritualmente formulate il giudice deve provvedere senza ritardo e comunque entro 15 giorni, salvo specifiche disposizioni di legge, in mancanza la parte può presentare istanza sulla responsabilità dei magistrati a seguito della quale il giudice deve decidere entro 30 giorni e qualora non lo faccia vi possono essere gli estremi del "diniego di giustizia" che una fonte di responsabilità civile. In ogni caso l'inosservanza delle norme del codice può dare luogo ad una responsabilità disciplinare ai sensi dell'art 124. ~le memorie, è un atto avente contenuto meramente argomentativo volto ad illustrare questioni in fatto o in diritto (es. le memorie che la persona offesa può presentare in ogni stato e grado del procedimento). ~le conclusioni (che devono essere presentate al termine del dibattimento). ~il consenso, l'accettazione, la rinuncia, la revoca e l'impugnazione. Gli atti del procedimento penale devono essere “Documentati” perché se ne possa conservare traccia ed a tale documentazione si provvede mediante “verbale" [e, nei casi previsti dalla legge, anche mediante riproduzione audiovisiva o fonografica” (ad esempio l’interrogatorio è ora ulteriormente documentabile mediante riproduzione audiovisiva o fonografica. Inoltre si prevede per le dichiarazioni della persona minorenne, inferma di mente o in condizioni di particolare vulnerabilità che esse siano documentate integralmente, a pena di inutilizzabilità, con mezzi di riproduzione audiovisiva o fonografica, salvo che si verifichi una contingente indisponibilità)] redatto dall'ausiliario del giudice o il PM il quale deve riprodurre sia la domande sia la risposta e deve contenere <menzione del luogo, anni, mese, giorno e ora in cui è cominciato e chiuso; le generalità delle persone intervenute; l'indicazione delle cause, se conosciute, e della mancata presenza di coloro che sarebbero dovuti intervenire; la descrizione di quanto l'ausiliario ha fatto o ha constatato o di quanto è avvenuto in sua presenza nonché le dichiarazioni ricevute da lui o da altro pubblico ufficiale che egli assiste>, esso è nullo se vi è incertezza assoluta sulle persone intervenute o se manca la sottoscrizione del pubblico ufficiale che lo ha redatto. Il verbale "non è fonte di prova" in quanto esso ha il solo fine di documentare gli atti ed quello che è avvenuto in presenza dell’ausiliario, spettando poi al giudice apprezzare il significato probatorio del contenuto del verbale e cioè valutare se le dichiarazioni rese sono vere o false. Le modalità attraverso le quali può esser effettuata la documentazione sono le seguenti: ~verbale in forma integrale (in dibattimento) con la stenotipia o altro strumento idoneo allo scopo oppure con la scrittura manuale in caso di impossibilità di ricorso a tali mezzi, spetta inoltre al giudice valutare se la redazione del verbale in forma integrale sia insufficiente e nel caso procedere altresì mediante riproduzione audiovisiva o fonografica. ~verbale in forma riassuntiva oppure con riproduzione fonografica o audiovisiva. [NB in sintesi la Cartabia ha qui previsto quale criterio generale di redazione del verbale la modalità digitale ed altresì che la audio o la video registrazione siano dovute quando la redazione in forma integrale sia ritenuta insufficiente o quando il verbale sia redatto in forma riassuntiva. (Tuttavia il verbale di cui all’art125co5 deve essere redatto in forma di documento analogico in deroga alle regole generali in materia di redazione, conservazione e deposito degli atti in forma digitale art110 e 111ter)]. In particolare la documentazione mediante riproduzione audiovisiva o fonografica, salvo l’indisponibilità di tali strumenti di riproduzione, è prevista per <gli interrogatori degli indagati; per le dichiarazioni rese da minorenni, infermi di mente o persone di particolare vulnerabilità; delle prove dichiarative acquisite in dibattimento; nel giudizio abbreviato; nell’incidente probatorio>. La rif cartabia ha inciso anche sulle NOTIFICAZIONI - strumento volto a render noto al destinatario un atto (o una attività) del procedimento - prevedendo all’art148 <la regola generale della notificazione telematica degli atti a cura della segreteria del pm o della cancelleria del giudice con modalità telematiche che assicurino la identità del mittente e del destinatario, l’integrità del documento trasmesso nonché la certezza, anche temporale, dell’avvenuta trasmissione e ricezione dunque attraverso l'invio di una copia digitale dell'atto conforme all'originale 1ºco (ma ai fini della notifica digitale è necessario che il destinatario possegga domicilio digitale, per esso si intende l’indirizzo PEC) [l’art148 va letto in combinato disposto con l’art161 in virtù del quale “al momento in cui viene compiuto il primo atto con l’intervento dell’indagato/imputato, l’autorità procedente invita quest’ultimo a dichiarare uno dei luoghi indicati art157co1 o un indirizzo pec ovvero a eleggere domicilio digitale per le notificazioni degli atti introduttivi del giudizio] - sostituiscono le notificazioni di cui al co1 sia la lettura dei provvedimenti e avvisi che giudice e pm danno verbalmente alle persone presenti o rappresentate dal difensore purché ne sia fatta menzione nel verbale sia la consegna di copia in forma di documento analogico dell'atto all'interessato da parte della cancelleria o della segreteria cd forme equipollenti alla notifica. Il pubblico ufficiale addetto annota in tal caso sull'originale dell'atto la eseguita consegna e la data in cui questa è avvenuta 2ºco - salvo i casi in cui “per espressa previsione di legge, per l’assenza o l’inidoneità di un domicilio digitale del destinatario o per la sussistenza di impedimenti tecnici, non sia possibile procedere con le modalità telematiche di cui al co1 e non è stata effettuata la notificazione con le forme equipollenti previste nel co2 in quanto in tal caso la notificazione degli atti sarà disposta dall’ufficiale giudiziario o da chi ne esercita le funzioni (salvo che la legge disponga altrimenti) mentre è invece eseguita dalla polizia giudiziaria nei soli casi previsti dalla legge (cioè negli atti di indagine o provvedimenti che la stessa polizia giudiziaria è delegata a compiere o è tenuta ad eseguire etc). Se la notifica sia effettuata attraverso le modalità tradizionali, di regola, l'atto è notificato per intero mediante consegna di copia dell'atto medesimo al destinatario da parte dell'ufficiale giudiziario; quando la notifica non possa essere eseguita in mani proprie del destinatario, l’organo competente per la notificazione consegna la copia dell'atto da notificare>. La notificazione produce effetto per ciascun destinatario dal giorno della sua esecuzione, pertanto è da tale momento che l'atto si presume conosciuto dal destinatario. Della consegna dell'atto è redatto un verbale chiamato relazione di notificazione in quanto l’ufficiale giudiziario (o altro soggetto legittimato) scrive, in calce all'originale e alla copia notificata, la relazione in cui indica l'autorità o la parte privata richiedente, le ricerche effettuate, le generalità della persona alla quale è stata consegnata la copia, i suoi rapporti con il destinatario, le funzioni o le mansioni da essa svolte, il luogo e la data della consegna della copia, apponendo la propria sottoscrizione. La relazione di notificazione si sostanzia in un verbale soltanto quando la notifica è effettuata con le modalità analogiche mentre quando sia eseguita mediante modalità telematiche assume valore di relazione di notificazione la ricevuta di avvenuta consegna generata dal sistema ed è da questo momento che la notifica telematica produce effetto e l'atto si presume conosciuto dal destinatario. I “soggetti legittimati a disporre le notificazioni”sono giudice, pm e le parti private [le parti private possono effettuare le notificazioni di loro interesse attraverso l'invio di copia dell'atto in formato analogico da parte del difensore mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento oppure per mezzo di notifica telematica eseguita dal difensore con l'utilizzo della pec o altro servizio elettronico di recapito certificato]. I “destinatari della notificazione” sono i seguenti: ~notificazioni al PM, esse sono eseguite con le modalità telematiche e laddove non sia possibile tale ultima modalità sono eseguite direttamente dalle parti mediante consegna di copia dell'atto nella segreteria in forma di documento analogico. ~notificazioni al difensore, esse sono eseguite con le modalità telematiche e qualora non sia possibile tale modalità si eseguono per mezzo telefonico. ~notificazioni all’imputato detenuto, anche successive alla prima, si eseguono sempre nel luogo di detenzione mediante consegna di copia alla persona e se questa si rifiuta di ricevere l'atto se ne fa menzione nella relazione di notificazione (quindi in tal caso si applica la modalità analogica e non già quella telematica). ~notificazioni all’imputato/indagato non detenuto, è previsto che nel primo atto compiuto con l'intervento dell'imputato o dell'indagato, l'autorità procedente lo invita a dichiarare il proprio domicilio o un indirizzo pec o a eleggere domicilio per le notificazioni dell’avviso di fissazione dell’udienza preliminare, degli atti di citazione in giudizio nonché del decreto penale di condanna. [Dichiarare domicilio significa indicare quel luogo, ove l'imputato abita o lavora, nel quale gli atti saranno a lui notificati, mentre equivale a dichiarare un proprio domicilio digitale la dichiarazione di un indirizzo pec. Eleggere domicilio significa indicare un domiciliatario e cioè di una persona differente dall'imputato il quale viene da lui scelta per ricevere copia dell'atto da notificare ed una volta consegnata la copia al domiciliatario l'atto si considera legalmente conosciuto dall'imputato. A seguito della rif cartabia la dichiarazione o l'elezione di domicilio svolge una funzione “effettiva” solo in relazione all'avviso di fissazione dell'udienza preliminare e di tutti gli ulteriori atti di citazione a giudizio relativi a riti alternativi, alla citazione diretta a giudizio dinnanzi al tribunale in composizione monocratica ed alla citazione a giudizio in grado di appello. Infatti le notificazioni successive alla prima, diverse da quelle concernenti l’avviso di fissazione dell’udienza preliminare, la citazione in giudizio e il decreto penale di condanna sono effettuate mediante consegna al difensore di fiducia o a quello nominato d’ufficio (di ciò l'imputato è avvisato nel momento in cui viene invitato a dichiarare o eleggere domicilio dall'autorità procedente). Contestualmente l’indagato/imputato è avvertito sia del suo onere indicare al difensore ogni recapito, anche telefonico o indirizzo pec nella sua disponibilità ove il difensore possa effettuare le comunicazioni nonché informarlo di ogni loro successivo mutamento sia che ove egli si rifiuti di ottemperare alla dichiarazione o elezione di domicilio o successivamente ometta di comunicare un eventuale mutamento del domicilio dichiarato o eletto, nonché nel caso in cui il domicilio sia o divenga inidoneo, le notificazioni saranno eseguite mediante consegna al difensore già nominato o che è contestualmente nominato, anche d’ufficio. Della dichiarazione o della elezione di domicilio, o del rifiuto di compierla, nonché degli avvertimenti dati dall'autorità procedente, è fatta menzione nel verbale. Il domicilio dichiarato o eletto e ogni loro mutamento devono essere comunicati dall’imputato/indagato all’autorità che procede e finché non vengano comunicati all’autorità procedente restano valide le notificazioni disposte nel domicilio precedentemente dichiarato o eletto. L’elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio non ha effetto se l’autorità che procede non riceve, unitamente alla dichiarazione di elezione, l’assenso del difensore domiciliatario, inoltre il difensore deve attestare l’avvenuta comunicazione da parte sua all’imputato della mancata accettazione della domiciliazione o le cause che hanno impedito tale comunicazione]. Nel caso in cui non sia stato possibile invitare l'imputato a dichiarare o eleggere il domicilio e sia impossibile la notifica in forma digitale e l'imputato non abbia ancora ricevuto gli avvertimenti di cui all'art161co1 si distingue tra prima notifica e successive: la prima notificazione è eseguita mediante consegna di copia alla persona del documento analogico (c.d. notifica a mani proprie) e può avvenire sia nel domicilio, sia altrove; se non è possibile la consegna a mani proprie la notificazione avviene nel luogo in cui l'imputato è reperibile e cioè nella casa di abitazione o nel luogo di lavoro se conosciuti; se tali luoghi non sono conosciuti, avviene ove l'imputato ha temporanea dimora o recapito. Gli effetti della notificazione decorrono dalla ricezione di quest'ultima. Contestualmente alla notificazione del primo atto, anche quando questa viene effettuata con le modalità telematiche, l’autorità giudiziaria avverte l’imputato (che non abbia già ricevuto gli avvertimenti di cui all’articolo 161co1) sia che le successive notificazioni, diverse dalla notificazione degli atti introduttivi del giudizio, saranno effettuate mediante consegna al difensore di fiducia o a quello nominato d’ufficio e sia che il destinatario dell’atto ha l’onere di indicare al difensore ogni recapito telefonico o indirizzo pec nella sua disponibilità, ove il difensore possa effettuare le comunicazioni, nonché di informarlo di ogni loro successivo mutamento. Se la prima notifica viene effettuata dalla polizia giudiziaria, questa procede contestualmente a redigere il verbale di cui all’art349. Le nuove diposizioni introdotte dalla riforma Cartabia prevedono che i medesimi avvertimenti che la polizia giudiziaria è tenuta a fornire ai sensi del nuovo comma 01 dell’art. 161 c.p.p., siano fornite con la notifica del primo atto a prescindere dal soggetto che esegue materialmente la notifica. Quanto alle “Notifiche successive alla prima" <diverse dalla notificazione dell’avviso di fissazione dell’udienza preliminare, del decreto di citazione a giudizio direttissimo (per l’imputato libero), del decreto che dispone il giudizio immediato, del decreto di citazione diretta a giudizio, del decreto di citazione a giudizio in grado di appello (artt. 450 co2, 456, 552 e 601), nonché del decreto penale di condanna> esse sono sempre eseguite mediante consegna al difensore di fiducia o di ufficio, tuttavia se l’imputato è assistito da un difensore di ufficio, nel caso in cui la prima notificazione sia avvenuta con consegna di copia dell’atto a persona diversa da quelle indicate al co1 art157 e l’imputato non abbia già ricevuto gli avvertimenti di cui all’articolo 161 co01, le notificazioni successive non potranno essere effettuate tramite consegna dell'atto al difensore. In occorre, ordina la scarcerazione dell'imputato detenuto e adotta tutti i provvedimenti necessari per far cessare gli effetti determinati dalla scadenza del termine), al contrario l'ordinanza che respinge la richiesta di restituzione nel termine è autonomamente impugnabile mediante ricorso in cassazione. La restituzione non può essere concessa più di una volta per ciascuna parte in ciascun grado del procedimento e di solito il giudice provvede de plano ossia senza contraddittorio (a meno che il relativo procedimento incidentale si inserisca in un procedimento principale in corso di svolgimento col rito camerale, nel qual caso recepisce le forme del procedimento principale). Infine sono altresì previste 2 tipi di restituzione nel termine di carattere speciale: ~ la 1ª è la restituzione nel termine “per proporre opposizione al decreto penale di condanna” - il procedimento per decreto è un rito speciale previsto allo scopo di evitare sia la fase dell'udienza preliminare sia quella del giudizio dibattimentale il quale si ha quando il pm ritenendo che possa essere comminata una pena pecuniaria, anche in sostituzione di una pena detentiva, esercita l'azione penale chiedendo al gip l'emissione di un decreto di condanna nei confronti dell'imputato - purché tale decreto di condanna abbia il carattere dell’irrevocabilità (non ha carattere dell’irrevocabilità se il titolo esecutivo non si è validamente formato, es è invalida la notifica del provv, in tal caso l’imputato potrà proporre opposizione tardiva e, se del caso, instaurare l’incidente di esecuzione) e la richiesta sia presentata dall'imputato e dal suo difensore (tale facoltà è altresì concessa alla persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria quando condannata con decreto penale) al giudice competente. L’accoglimento della rimessione nei termini non determina in tal caso l’annullamento del decreto penale di condanna in quanto ne viene soltanto eliminato il carattere di irrevocabilità con la sua conseguente sottoposizione all'effetto sospensivo della esecuzione. ~la 2ª è la “restituzione nel termine per impugnare in favore dell’imputato assente” in virtù della quale si prevede che l’imputato giudicato in assenza, se lo richiede, è restituito nel termine per proporre impugnazione salvo vi abbia volontariamente rinunciato in presenza di alcune condizioni. Per poter ottenere la restituzione nel termine occorre che esso sia dichiarato assente nelle ipotesi di cui al co2 e 3 art420bis (ossia quando il giudice ritenga provata l’effettiva conoscenza del processo e la scelta volontaria e consapevole di non presenziare ed altresì quando l’imputato è stato dichiarato latitante o si è in altro modo volontariamente sottratto alla conoscenza della pendenza del processo) e che provi di non aver avuto effettiva conoscenza della pendenza del processo e di non aver potuto proporre impugnazione nei termini incolpevolmente [la nuova disciplina sull’assenza introdotta dalla Rif Cartabia si basa su un meccanismo di notificazioni finalizzato a garantire la conoscenza concreta dell’atto e prevede che l’assenza sia dichiarata non sulla base di presunzioni ma soltanto se il giudice accerta in concreto la mancata conoscenza del processo. Pertanto, in caso di corretta dichiarazione di assenza, soltanto quell’imputato che riesce a provare la mancata conoscenza della pendenza del processo e il conseguente mancato rispetto incolpevole dei termini per impugnare può essere restituito nel termine]. La richiesta di restituzione nel termine speciale per opporre il decreto penale di condanna o per proporre impugnazione deve esser presentata al giudice competente a pena di decadenza entro 30 giorni da quello in cui l'imputato ha avuto conoscenza effettiva del provvedimento. La competenza sulla richiesta di restituzione nel termine spetta al giudice che procede al tempo della presentazione della richiesta - se si tratta di restituzione nel termine per opporre il decreto di condanna la competenza spetta al gip in quanto è ad esso che tocca la decisione sulla ammissibilità o meno della opposizione. Una volta presentata la richiesta (se il giudice la ritiene fondata) la rimessione nei termini è concessa con ordinanza motivata, impugnabile non autonomamente ma soltanto insieme alla sentenza che decide sulla impugnazione o sulla opposizione; di converso se il giudice ritenga insussistenti i presupposti per concedere la restituzione nel termine speciale egli respinge la richiesta e contro tale ordinanza di rigetto l'imputato può proporre ricorso per cassazione (l’ordinanza di rigetto è autonomamente impugnabile mediante ricorso in cassazione). [In precedenza, ma ora abrogato, era prevista la possibilità di presentare richiesta di restituzione nel termine per impugnare la sentenza contumaciale]. •NULLITÀ, è una causa di invalidità che si ha quando l’atto sia stato compiuto senza l'osservanza di quelle disposizioni prescritte dalla legge a pena di nullità (art 177), in virtù del principio di tassatività “l’inosservanza delle disposizioni stabilite per gli atti del procedimento è causa di nullità soltanto nei casi previsti dalla legge", ciò implica sia l’impossibilità di applicare per analogia la nullità sia che una volta accertata la nullità non sarà possibile valutare né se ci sia stato un pregiudizio concreto per l'interesse protetto né se l'atto nullo abbia raggiunto l'effetto. Abbiamo 3 tipi di nullità “assolute, intermedie, relative”. Le nullità possono essere: a)Generali (si hanno quando vi sia stata una generica inosservanza) in tale categoria vi rientrano le nullità assolute ed intermedie: -Nullità Assolute, sono nullità generali rilevabili anche d'ufficio in ogni stato e grado del procedimento e sono insanabili (si possono ritenere sanate soltanto dalla irrevocabilità della sentenza) le quali concernono i “soggetti necessari del procedimento”. Fra queste rientrano <l’omessa citazione (ed omessa notificazione) dell’imputato o assenza del difensore nei casi in cui è richiesta la sua presenza (ciò si verifica nelle udienze dibattimentali, nell’udienza preliminare, nell’interrogatorio di garanzia, nell’udienza di convalida dell’arresto in flagranza e del fermo); violazione delle disposizioni concernenti “la capacità del giudice nella sua funzione giurisdizionale (es non ha la laurea in giurisprudenza) o il numero dei giudici necessario per costituire i collegi o l'iniziativa del pm nell'esercizio dell'azione penale (es richiesta di rinvio a giudizio sottoscritta dal segretario). -Nullità intermedie, sono quelle nullità generali le quali si caratterizzano per ricevere un trattamento che è simile in parte con le assolute (sono rilevabili anche d'ufficio) e in parte a quelle relative (sono sanabili), sono rilevabili anche d’ufficio ma entro un certo termine [se verificatesi prima del giudizio devono essere dedotte dalle parti entro la chiusura del dibattimento ovvero devono essere rilevate dal giudice al momento della deliberazione della sentenza di primo grado; se invece si sono verificate nel giudizio non possono essere dedotte né rilevate dopo la sentenza del grado successivo] in mancanza si sanano e concernono una sfera più ampia di soggetti. Fra queste rientrano <l'inosservanza delle disposizioni concernenti la "partecipazione" del PM al procedimento (quindi anche prima del processo) si può ricordare la lesione del contraddittorio nei suoi confronti quale il mancato avviso della data fissata per l’udienza preliminare; l’inosservanza delle disposizioni concernenti l'intervento (nel concetto di interventi è ricompresa la difesa personale e pertanto dà luogo a tale nullità l’aver omesso l’info di garanzia nei confronti dell’indagato il quale è equiparato all’imputato), l'assistenza e la rappresentanza dell'imputato e delle altre parti private (l’assistenza e la rappresentanza si riferiscono al potere spettante al difensore delle parti private quale quello di essere preavvisato del compimento di un atto al quale egli ha diritto di assistere, si pensi al caso in cui vi sia l’interrogatorio dell’indagato senza previo avviso al difensore del medesimo ove l'avviso sia imposto dalla legge) nonché l’omessa citazione in giudizio/dibattimento delle parti private diverse dall’imputato (cioè parte civile, responsabile civile etc) ed altresì della persona offesa dal reato e del querelante (questi ultimi non sono parti del processo quando non siano costituite quali parti civili)>. b)Speciali (si hanno quando vi sia stata una determinata inosservanza precisata nella specie es inosservanze relative alla lingua degli atti del procedimento), in tale categoria vi rientrano le “nullità relative” esse sono quelle nullità speciali (che non rientrano tra le cause di nullità assolute ed intermedie) le quali si caratterizzano per poter essere rilevate solo su eccezione della parte interessata e non anche d’ufficio (questo come regola; poi singole disposizioni prevedono anche la rilevabilità d’ufficio di determinate nullità speciali come quelle concernenti l’esigenza cautelare di evitare l’inquinamento della prova) e per esser sanabili, una volta eccepite entro un certo termine [le nullità relative concernenti gli “atti delle indagini preliminari”, gli atti compiuti nell'incidente probatorio, gli atti dell'udienza preliminare devono essere eccepite prima che sia pronunciato il provvedimento conclusivo dell'udienza preliminare stessa; quando manchi l'udienza preliminare (ad esempio, nel rito direttissimo o davanti al giudice monocratico) le nullità relative devono essere eccepite subito dopo compiuto per la prima volta l'accertamento della costituzione delle parti in giudizio; pertanto, sono oggetto di una questione preliminare] il giudice è tenuto a dichiararle ed ove per qualsiasi motivo il giudice non vi provveda prima del giudizio (ad es. nell'udienza preliminare) le parti devono riproporre l'eccezione tra le questioni preliminari. Se non sono dichiarate dal giudice del giudizio le nullità relative devono essere eccepite con l'impugnazione della sentenza. Le nullità relative verificatesi nella fase del giudizio e non dichiarate dal giudice devono essere eccepite con l'impugnazione della relativa sentenza. [Nb può anche accadere che un’ipotesi di nullità speciale rientri anche all’interno di uno dei casi di nullità generale con la conseguente assunzione del regime assoluto o intermedio e non già relativo]. Le nullità intermedie e relative non possono essere eccepite né oltre il termine previsto per poter esser dedotte a pena di decadenza né da colui che "vi ha dato o ha concorso a darvi causa o che non ha interesse all'osservanza della disposizione violata" cd limiti di deducibilità. Inoltre quando la parte assiste ad un atto, la nullità dello stesso deve essere eccepita prima del suo compimento ovvero, se non è possibile, immediatamente dopo; mentre quando la parte non assiste al compimento dell'atto, valgono gli ordinari limiti temporali a pena di decadenza per eccepire e rilevare le nullità intermedie e relative. La “Sanatoria” è un fatto ulteriore e successivo rispetto all’atto viziato il quale va a rendere valido l’atto viziato facendo si che esso produca gli stessi effetti dell'atto conforme al modello legale e pertanto una volta verificatasi la sanatoria viene precluso a qualsiasi parte ed al giudice di rilevare la nullità dell'atto. Le sanatorie si distinguono in: -Sanatorie Generali, esse si applicano alle sole nullità di tipo intermedio o relativo e si verificano quando <la parte interessata abbia rinunciato espressamente ad eccepire la nullità; quando quando accettato gli effetti dell'atto anche tacitamente; quando si è avvalsa della facoltà al cui esercizio l'atto omesso o nullo è preordinato>. -Sanatorie Speciali (si tratta di sanatorie per raggiungimento dello scopo dell’atto), esse si applicano alla nullità di citazioni, avvisi e notificazioni le quali sono sanate quando <la parte interessata è comparsa o ha rinunciato a comparire> (la sanatoria si applica al pm, parti private, offeso dal reato e difensori). La parte che abbia dichiarato di esser intervenuta per il solo fine di far rilevare la irregolarità ha diritto ad un termine di difesa non inferiore a 5 giorni. Quando la nullità riguarda la citazione a comparire al dibattimento, il termine non può essere inferiore a 20 giorni. La dichiarazione di nullità di un atto si ha dunque quando non vi sono limiti di deducibilità e non si siano verificate sanatorie applicabili a quel tipo di nullità. A tal fine rilevano le seguenti questioni: -è previsto che “la nullità di un atto rende invalidi gli atti consecutivi che dipendono da quello viziato dichiarato nullo" cd estensione della nullità. Occorre pertanto che l’atto nullo sia una condizione necessaria del valido compimento dell’atto successivo, a tal fine l’estensione della nullità si verifica quando il vizio colpisca un “atto propulsivo” del procedimento (per "atti propulsivi" s'intendono quegli atti di impulso che debbono necessariamente essere compiuti perché il procedimento possa validamente proseguire es il decreto che dispone il giudizio: ove tale atto sia dichiarato nullo, ne risultano travolti tutti quelli compiuti successivamente) mentre non si verifica in caso contrario (si pensi all'omissione dell'informazione di garanzia all'indagato causa la nullità del singolo atto garantito per il quale l'informazione avrebbe dovuto esser inviata e non degli atti successivi). -alla dichiarazione di nullità di un atto il giudice ne dispone la cd rinnovazione dell’atto nullo qualora essa sia necessaria e possibile (cioè qualora l’atto sia ripetibile) ponendo le spese a carico di chi ha dato causa alla nullità per dolo o colpa grave, la rinnovazione non è possibile quando l'atto è all'origine non ripetibile o lo è diventato successivamente. Qualora la nullità sia dichiarata in una fase/stato o grado del processo diverso da quello in cui la stessa si è verificata è previsto che quando si tratta di una prova il medesimo giudice provvede alla rinnovazione se necessaria e possibile; quando non si tratta di una prova bensì ad es di un atto propulsivo è previsto che la dichiarazione di nullità comporta la “regressione del procedimento” allo stato o al grado in cui è stato compiuto l'atto nullo,salvo che sia diversamente stabilito. •inutilizzabilità, è una causa di invalidità che si ha quando l’atto è colpito nel suo valore probatorio in quanto il giudice non può basarsi su di esso per assumere la decisione. Quindi colpisce non l’atto in sé ma il suo valore probatorio in quanto seppur valido dal punto di vista formale (ad es non è affetto da nullità) di converso non lo è da punto di vista sostanziale dato che l'inutilizzabilità gli impedisce di produrre il suo effetto principale che è quello di essere posto a base di una decisione. L’initilizzabilità può esser rilevata in ogni stato e grado del procedimento e cioè dalle indagini preliminari alle impugnazioni ed è dichiarata dal giudice d'ufficio o su richiesta di parte, e si caratterizza per l’impossibilità di essere sanata (a differenza della nullità) e rinnovata in quanto si tratta di un atto che è stato compiuto esercitando un potere vietato dalla legge processuale (violazione di un divieto probatorio). Distinguiamo diversi tipi di inutilizzabilità: •speciale (disciplinata nella species) quando una norma del codice commini espressamente tale sanzione per il mancato rispetto delle condizioni previste per l'acquisizione di una determinata prova. •generale quando siano previste categorie di inosservanze delineate nel genere, essa è disciplinata dall’art191 ai sensi del quale “ le prove acquisite in violazione dei divieti stabiliti dalla legge non possono essere utilizzate” (esso individua in modo unitario quali vizi della prova diano luogo ad inutilizzabilità). Il divieto idoneo a provocare l’inutilizzabilità è solo quello previsto da una norma processuale [infatti l’art 191 si riferisce alle prove illegittimamente acquisite e non già a quelle illecitamente acquisite le quali si hanno quando acquisite in violazione di una legge penale sostanziale le quali sono invece utilizzabili salvo sia stata violata una specifica norma processuale che disponga in tal senso]. L’inutilizzabilità è la conseguenza dell'aver acquisito una prova violando un "divieto probatorio", il vizio risiede nel fatto che il giudice, nella acquisizione di una prova, abbia esercitato un "potere istruttorio" che la legge processuale vietava (es il giudice viola il divieto di acquisire documenti che contengono informazioni sulle voci correnti nel pubblico intorno ai fatti di cui si tratta il processo), occorre che in base ad una determinata disposizione sia sottratto in modo assoluto al giudice il potere di ammettere, assumere o valutare quella determinata prova, di converso quando sia stata violata un semplice "modalità" di assunzione di una prova essa è utilizzabile salvo che la legge abbia espressamente previsto che la violazione di quella modalità di assunzione renda la prova inutilizzabile (caso di inutilizzabilità speciale) si pensi alla deposizione testimoniale la quale deve essere resa in seguito a domande su fatti specifici ma tuttavia è utilizzabile anche se al testimone venga chiesto di narrare spontaneamente ciò che sa sul fatto cui ha assistito. •patologica, la quale consegue da alcuni dei vizi più gravi del procedimento probatorio (ammissione, assunzione, valutazione della prova) e rientra tra le inutilizzabilità generali prevedendosi che "le prove acquisite in violazione dei divieti stabiliti dalla legge non possono essere utilizzate". •fisiologica, deriva invece dall'inosservanza del principio della separazione delle fasi del procedimento ed è posta a tutela del principio del contradditorio nella formazione della prova in quanto volta ad evitare che siano utilizzate per la decisione dibattimantale prove raccolte nel corso delle indagini preliminari (e cioè raccolte dalle parti in modo unilaterale senza contraddittorio), l’inutilizzabilità è in tal caso prevista non perché questi siano stati compiuti in violazione di un divieto probatorio ma soltanto perché sono stati acquisiti prima del dibattimento, infatti il codice pone la regola in base alla quale “il giudice può utilizzare ai fini della deliberazione solo le prove legittimamente acquisite nel dibattimento”, in virtù di ciò sono legittimamente acquisite <le prove inserite nel fascicolo per il dibattimento ai sensi dell'art 431; le prove raccolte in dibattimento in contraddittorio;le prove acquisite attraverso le letture e le contestazioni, nel caso in cui esse siano consentite>. In tal modo si tutela il principio del contraddittorio dando attuazione alle eccezioni previste dal'art 111co5 Cost. (ad esempio le dichiarazioni che siano state raccolte durante le indagini preliminari ma che non siano state legittimamente acquisite in dibattimento nelle specifiche ipotesi nelle quali è ammessa la lettura, non sono utilizzabili nella decisione poiché non hanno subito il vaglio del contraddittorio). •assoluta, quando il giudice non può basarsi su di esso per emettere un qualsiasi provvedimento. •relativa quando la legge indica le persone nei confronti delle quali non può essere utilizzato un determinato atto o la categoria di provvedimenti che non possono basarsi su tale atto. “Atto Inesistente”, l’inesistenza è una causa di invalidità la quale si riferisce ad atti che presentano vizi talmente gravi da non rientrare neppure nel catalogo delle nullità assolute insanabili [quindi si tratta di quei vizi non inquadrati all’interno di una delle cause di invalidità espressamente previste dalla legge a causa della loro eccezionalità e che pertanto in virtù del principio di tassatività in materia di invalidità non avrebbero potuto esser rilevate] tra questi figurano <la carenza di potere giurisdizionale in colui che ha pronunciato la sentenza (ad es sentenza penale emessa da un organo della P.A.); la sentenza pronunciata contro un imputato totalmente incapace perché coperto dall'immunità (es agente diplomatico) o nei confronti di persona inesistente>. Poiché in tali casi l'atto non esiste in senso giuridico di conseguenza la sentenza inesistente non può giuridicamente diventare irrevocabile (cioè non più impugnabile), il giudicato formatosi deve considerarsi meramente apparente e di conseguenza l'inesistenza della sentenza può essere rilevata e dichiarata dal giudice anche dopo che la sentenza stessa sia diventata apparentemente irrevocabile. Il vizio della inesistenza della sentenza deroga sia al principio di tassatività delle invalidità sia alla regola del giudicato. “Atto Abnorme”, è una causa di invalidità la quale si riferisce sia a quei provvedimenti che, per la singolarità e stranezza del contenuto, risultino avulsi dall'intero ordinamento processuale (abnormità strutturale ad es quando il pm ha chiesto al gip l'archiviazione perché è ignoto l'autore del reato e il giudice ordinale al pm di formulare l'imputazione) sia a quei provvedimenti che pur essendo in astratto manifestazione di legittimo potere si esplichino al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste al di là di ogni ragionevole limite, quando l'atto determini la stasi del processo e l'impossibilità di proseguirlo (abnormità funzionale ad es, quando il il pm ha chiesto al gup il rinvio a giudizio e questi dispone l'archiviazione). Esso è ricorribile per cassazione prima dell'irrevocabilità della sentenza. Il vizio di abnormità deroga soltanto al principio di tassatività (in quanto si tratta di un vizio non tipizzato che funge da correttivo al principio di tassatività dei mezzi di impugnazione il quale avrebbe impedito di impugnare quei provvedimenti affetti da anomalie così gravi da renderli del tutto eccentrici rispetto al sistema del codice) e non alla regola del giudicato in quanto l'abnormità dell'atto deve essere fatta valere nei termini del ricorso per cassazione, con decorrenza dalla conoscenza effettiva dell'atto. occorre che la "rilevanza" o la "non superfluità" siano certe in quanto è sufficiente anche il dubbio al fine del loro accoglimento, e cioè la non manifesta irrilevanza o superfluità e quindi la loro probabile rilevanza e non superfluità]. La parte avversa ha il “diritto alla prova contraria” ossia all'ammissione della prova che ha ad oggetto il medesimo fatto al fine di dimostrare che esso non sia avvenuto o che si sia verificato con una differente modalità, in particolare ove siano stati ammessi i mezzi di prova richiesti dall'accusa l'imputato avrà il diritto all'ammissione delle "prove indicate a discarico sui fatti costituenti oggetto delle prove a carico", il medesimo diritto spetta al PM in ordine alle prove a carico dell'imputato sui fatti costituenti oggetto delle prove a discarico. Al fine di impedire la cd usura delle fonti di prova ossia di evitare che il dichiarante, che debba presentarsi a più udienze, vada incontro inutilmente a rischi di intimidazione o di sicurezza per la sua persona è stato in alcune ipotesi previsto un limite al diritto di ammissione della prova di tipo dichiarativo. [Il diritto all'ammissione della prova dichiarativa è stato limitato nelle ipotesi di imputazione avente ad oggetto il delitto di associazione mafiosa, delitti ad esso collegati o alcuni reati in materia di violenza sessuale e di pedofilia. Se la persona che una parte vuole sentire in dibattimento ha già reso dichiarazioni in sede di incidente probatorio l'esame è ammesso soltanto se concerne fatti o circostanze diversi da quelli oggetto delle precedenti dichiarazioni oppure se il giudice o una delle parti lo ritengano necessario sulla base di specifiche esigenze]. Nella fase dell'ammissione della prova, il giudice, di regola, ha soltanto il potere di decidere se ammettere o meno il mezzo di prova chiesto da una delle parti - in virtù del principio dispositivo in materia probatoria secondo cui è la parte a disporre dell’iniziativa volta all’ammissione del mezzo di prova - non potendo anche assumere un mezzo di prova d'ufficio (cd potere di iniziativa probatoria del giudice). Il potere di iniziativa probatoria esercitabile dal giudice d’ufficio è ammesso solo eccezionalmente sia nei casi in cui è la legge a prevedere i casi in cui le prove siano ammesse d’ufficio (ad es è previsto che in dibattimento, terminata l’acquisizione delle prove, il giudice possa disporre anche d'ufficio l'assunzione di nuovi mezzi di prova quando ciò risulti assolutamente necessaria) sia quando debba “supplire l’inerzia delle parti” al fine di evitare che, attraverso un accertamento abbandonato al gioco delle parti, sia reso disponibile un diritto inviolabile (tale potere è giustificato dal fatto che l’esito dell’accertamento in un processo penale incide sulla libertà personale che è un bene indispensabile della persona umana e che è dichiarato inviolabile dalla Costituzione) [tali poteri esercitabili dal giudice d'ufficio costituiscono un'eccezione al potere dispositivo delle parti sulla prova in quanto vanno a toccare l'onere della prova in senso formale inteso quale onere di introdurre il mezzo di prova nel procedimento, non incidono invece sull'onere sostanziale di convincere il giudice della esistenza del fatto affermato da una parte]. •l’assunzione della prova, essa, se si tratta di dichiarazioni rese in dibattimento, avviene con il metodo dell'esame incrociato il quale permette di valutare se il dichiarante risponde secondo verità (in particolare nel controesame la parte può porre domande per saggiare l’attendibilità dichiarazioni. Si ritiene credibile quel dichiarante che sa resistere alle domande e contestazioni. Il presidente può porre domande solo dopo che le parti abbiano concluso l’esame incrociato). Le parti possono partecipare all’assunzione del mezzo di prova attraverso la formulazione diretta delle domande del dichiarante [l’art111costco3 riconosce soltanto all'imputato il diritto di "interrogare o far interrogare davanti al giudice le persone che rendono dichiarazioni a suo carico", tale diritto postula l'obbligo di verità posto in capo all'accusatore]. È posto un generale divieto probatorio in relazione alle modalità di assunzione della prova dichiarativa a tutela della libertà morale del dichiarante secondo cui “non possono essere utilizzati, neppure con il consenso della persona interessata, metodi o tecniche idonei a influire sulla libertà di autodeterminazione o ad alterare la capacità di ricordare e di valutare i fatti". Analogo divieto è previsto per l’interrogatorio dell’imputato. •la valutazione della prova. Al momento della discussione finale le parti hanno il diritto di offrire al giudice la propria valutazione degli elementi di prova cioè di argomentare le proprie conclusioni (lo fanno secondo il seguente ordine “al PM seguono i difensori dell'eventuale parte civile e dell'imputato“), a tale diritto delle parti corrisponde il dovere del giudice di valutare gli elementi di prova raccolti: il giudice "valuta la prova ed indica nella motivazione i risultati acquisiti e i criteri adottati" (e cioè delle regole di esperienza e delle leggi scientifiche che ha utilizzato), dunque nella sentenza deve indicare le prove poste a base della decisione e le "ragioni per le quali ritiene non attendibili le prove contrarie. Per “Libero Convincimento” del giudice si intende che egli debba valutare liberamente e razionale l’attendibilità degli elementi di prova ed alla credibilità delle fonti, nonché in merito all'idoneità di una massima di esperienza o di una legge scientifica a sostenere l'inferenza sulla quale si basano le ricostruzioni dell'accusa e della difesa dovendo altresì ricostruire il fatto in maniera conforme alle risultanze processuali ed ai canoni di logica, il tutto deve trovare riscontro nella motivazione della sentenza. Di fronte alla motivazione che sia carente di tali requisiti le parti possono proporre impugnazione (appello e ricorso per cassazione). Dal principio affermato si possono trarre i seguenti corollari: se si tratta di una sentenza di condanna, il giudice deve motivare perché le prove d'accusa siano risultate idonee ad eliminare ogni ragionevole dubbio sull'accusa e sulla ricostruzione alternativa prospettata dalla difesa; se si tratta di una sentenza di assoluzione, il giudice deve fornire una spiegazione razionale sul perché la ricostruzione dell'accusa sia infondata o, comunque, lascia residuare un dubbio ragionevole. Nel processo penale non esiste l'istituto della prova legale (nel processo civile si ha prova legale in tutte quelle ipotesi nelle quali la legge si sostituisce al libero convincimento del giudice nella valutazione di un elemento di prova in quanto mentre nel processo civile la confessione resa in giudizio “forma piena prova contro colui che l'ha fatta e vincola il giudice, nel processo penale la confessione è sempre liberamente valutabile dal giudice che può ritenerla non attendibile). [Verificatosi un fatto di reato, l'investigatore ha la necessità di formulare un'ipotesi ricostruttiva su come si sia svolta la vicenda tentando di identificare le possibili cause di ciascun avvenimento. Nel processo penale di regola la legge scientifica (o la massima di esperienza) vengono utilizzate “a ritroso", a tal fine colui che deve ricostruire la causa di un evento procede a formulare tutte le ipotesi sulle possibili cause e tra queste ipotesi l'investigatore sceglie quella che appare la più probabile in riferimento al caso concreto. La legge scientifica, anche nella migliore ipotesi in cui il ragionamento a ritroso abbia funzionato, permette soltanto di collegare un evento ad una presumibile causa, ma non può accertare l'esistenza di tutti i fatti che si vogliono provare, anzi, si nota che una volta accertato un fatto mediante una legge scientifica questa non è mai l'ultima inferenza che ci permette di affermare a responsabilità dell'imputato in quanto la scienza non offre un passaggio finale per la ricostruzione del fatto storico: tale ricostruzione è il frutto di una decisione mentale complessa, nella quale operano i criteri della logica, che presiedono in generale al momento della valutazione]. Quanto alla Presunzione di innocenza è previsto che “L’imputato non è considerato colpevole/è presunto innocente sino alla condanna definitiva/ sino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente accertata” è il cd principio della “Presunzione di Innocenza la quale è una presunzione legale relativa, cioè valida finché non sia stato dimostrato il contrario, e si caratterizza per andare a combinare una regola di trattamento (che vuole che l'imputato non sia assimilato al colpevole sino al momento della condanna definitiva imponendo quindi il divieto di anticipare la pena, ma consente tuttavia l'applicazione di misure cautelari nei suoi confronti) ed una regola probatoria (che vuole che l'imputato sia presunto innocente e pertanto all’inizio del procedimento l'onere della prova ricade in prima battuta sulla parte che sostiene la reità dell'imputato cioè sul pubblico ministero al quale spetta formulare un addebito prima provvisorio e poi definitivo). Onere della prova può essere inteso: - in senso formale (in tal caso esso impone alla parte di chiedere al giudice l'ammissione della prova che reputa utile per adempiere all'onere sostanziale, Nb l’aver soddisfatto l'onere della prova in senso formale non comporta automaticamente l'aver soddisfatto l'onere della prova in senso sostanziale), in particolare la parte interessata ha l'onere formale di chiedere al giudice l'ammissione del mezzo di prova, la cui assunzione permetterà il formarsi dell'elemento stesso, infatti è previsto che “le prove sono ammesse a richiesta di parte". Tale onere consiste nel compito <di ricercare le fonti di prova; di valutare la necessità del mezzo di prova al fine di ottenere un risultato vantaggioso e cioè dimostrare l'esistenza del fatto affermato; di richiedere al giudice l'ammissione del mezzo di prova>, a sua volta il giudice dovrà valutare se ammettere la prova e quindi la ammette se la prova sia “pertinente" rispetto all'oggetto processuale (art 187) e rilevante" ed altresì se non sia "vietata dalla legge" e"superflua". Un fatto non provato equivale giuridicamente ad un fatto inesistente tuttavia vi sono sia casi in cui alcuni fatti non necessitano di essere provati quali ad es i fatti notori o pacifici, sia i casi in cui la mancata osservanza dell'onere di introdurre un determinato mezzo di prova (onere formale) non comporta inevitabilmente il rigetto della domanda in quanto può succedere che il relativo mezzo di prova sia chiesto dall’altra parte del processo che non aveva un onere sostanziale della prova di quel determinato fatto (es dalla parte civile o da uno degli imputati). -in senso sostanziale (esso impone alla parte l’onere di convincere il giudice dell'esistenza del fatto affermato mediante il mezzo di prova che è stato ammesso), in particolare l’onere sostanziale è sancito dall’art2697 ai sensi del quale “chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che stanno alla base di tale diritto/che ne costituiscono il fondamento” - provare significa convincere il giudice dell’esistenza di un fatto - si tratta di un onere in quanto la sua osservanza determina l'accoglimento della domanda mentre la sua inottemperanza determina il rigetto della domanda da parte del giudice. Pertanto se colui che accusa (il PM) ha provato la reità dell'imputato (cioè gli elementi costitutivi del reato) l'onere della prova può considerarsi soddisfatto [in prima battuta l’onere della prova grava sul pm il quale deve dimostrare l’esistenza de l fatto addebitabile all’imputato ed una volta provata la reità dell’imputato incombe sull’imputato l’onere della prova contraria]; di converso “chi voglia eccepire un diritto dovrà provare i fatti modificativi, estintivi ed impeditivi” si tratta di un onere della prova contraria che tende a dimostrare la fondatezza dell'affermazione che nega l'esistenza di un fatto il quale ricade sull’imputato (difesa) in quanto ad egli spetta la prova <della mancanza di credibilità delle fonti o l'inattendibilità delle prove d'accusa o la prova dell'esistenza di fatti favorevoli alla difesa (ad es. di una causa di giustificazione o di non punibilità) o che il fatto possa essere ricostruito in un modo diverso da quello prospettato dal pm o ancora che egli non ha tenuto la condotta asserita dall'accusa o che un evento non è avvenuto>. Mentre l’onere della prova in senso formale è soddisfatto mediante l’ammissione del mezzo di prova, l’onere della prova in senso sostanziale è soddisfatto solo se questo abbia convinto il giudice dell'esistenza del fatto storico da essa affermato in quanto una volta ammesso il mezzo di prova il giudice deve valutare se esso sia idoneo a dimostrare l'esistenza di un fatto oggetto di prova. La sentenza di condanna è pronunciata quando l'imputato "risulta colpevole del reato contestatogli al di là di ogni ragionevole dubbio" pertanto la prova d'accusa che lasci residuare un ragionevole dubbio è equiparata alla mancata prova; il dubbio va a favore dell'imputato anche quando questi abbia l'onere della prova, cioè di convincere il giudice dell'esistenza di un fatto favorevole, si pensi a tal fine all’onere della prova delle cause di non punibilità "se vi è la prova che il fatto sia stato commesso in presenza di una causa di giustificazione o di una causa personale di non punibilità ovvero vi è dubbio sull'esistenza delle stesse, il giudice pronuncia sentenza di assoluzione" in tal caso l'imputato avrà soddisfatto l'onere della prova e sarà prosciolto se avrà fatto sorgere nel giudice un dubbio ragionevole sull'esistenza della scriminante. La ratio è dovuta al fatto che nel processo penale non vi è una equivalenza tra le parti in quanto è soltanto l’imputato a poter ricevere un pregiudizio dalla decisione ed altresì perché sono soltanto pm e polizia giudiziaria i soggetti dotati di poteri coercitivi di ricerca delle fonti di prova, ne segue dunque che l’imputato allo scopo di far sorgere un ragionevole dubbio potrà limitarsi ad asserire l'esistenza di un fatto estintivo (ad es., una causa di giustificazione od un alibi) dovendone però indicare con sufficiente precisione i fatti e di introdurre almeno un principio di prova, spettando poi all'autorità inquirente condurre le indagini per evitare che nel giudice si formi un convincimento favorevole all'imputato. La PROVA costituisce uno strumento di conoscenza disciplinato dalla legge (principio di legalità della prova) in quanto il Codice disciplina nel dettaglio i vari tipi di mezzi di prova e dei mezzi di ricerca della prova. A)I MEZZI DI PROVA, mezzo di prova è quello strumento processuale che consente di acquisire un elemento di prova e si distinguono in mezzi di prova Tipici ed Atipici: a) i mezzi di prova tipici sono <la testimonianza, l'esame delle parti, i confronti, le ricognizioni, gli esperimenti giudiziali, la perizia (affiancata alla consulenza di parte), i documenti>, essi sono quelli espressamente regolati dalla legge (sono considerati idonei a permettere l'accertamento dei fatti) e le loro modalità di assunzione sono predisposte in maniera tale da permettere al giudice e alle parti di valutare nel modo migliore la credibilità della fonte e l'attendibilità dell'elemento di prova che si ricava dall'esperimento del singolo mezzo. 1)Testimonianza, la testimonianza differisce dall’esame delle parti in quanto mentre il testimone ha l'obbligo penalmente sanzionato di presentarsi al giudice e di dire la verità viceversa l'imputato quando si offre all’esame incrociato (cioè su propria richiesta dell’esame) non ha l'obbligo di presentarsi, né l'obbligo di rispondere alle domande, né l'obbligo di dire la verità ciò in quanto la qualità di imputato è incompatibile con la qualità di testimone salvo alcune eccezioni. Testimone ed imputato vengono esaminati sui fatti che costituiscono oggetto di prova e cioè sulla responsabilità dell'imputato e sui fatti che servono a valutare la credibilità delle fonti e l'attendibilità degli elementi di prova e la loro deposizione avviene nella forma dell'esame incrociato. La “qualità di testimone” può essere assunta da quella persona che ha conoscenza dei fatti oggetto di prova e che, al tempo stesso, non riveste una delle qualifiche alle quali il codice riconduce 'incompatibilità a testimoniare. (es. qualifica di imputato, di responsabile civile, di soggetto civilmente obbligato), la quale andrà ad assumere tale qualità soltanto se e quando su richiesta di parte (o d'ufficio nei casi previsti) sia chiamata a deporre davanti al giudice nel procedimento penale. Gli obblighi del testimone sono quelli <di presentarsi al giudice - in mancanza di presentazione senza un legittimo impedimento è previsto che il giudice possa ordinare il suo accompagnamento coattivo (e altresì condannarlo al pagamento di una somma a favore della cassa delle ammende nonché alle spese alle quali la mancata comparizione ha dato causa) - e di rispondere secondo verità alle domande che gli sono rivolte (qualora taccia ciò che sa oppure affermi il falso o neghi il vero commette il delitto di falsa testimonianza) nonché di attenersi alle prescrizioni date dal giudice per le esigenze processuali>. È prevista la cd libertà morale della persona nell'assunzione della prova dichiarativa secondo cui non possono essere utilizzati, neppure con il consenso della persona interessata (o interrogata), metodi o tecniche idonei a influire sulla libertà di autodeterminazione o ad alterare la capacità di ricordare i fatti (narcoanalisi e l'ipnosi) o di valutare i fatti (macchina della verità). Tale divieto determina l’invalidità dell’atto acquisitivo. La deposizione è resa in dibattimento con le forme dell'esame incrociato. Il testimone è esaminato sui fatti che costituiscono oggetto di prova mediante domande che debbono: -esser pertinenti (cioè concernere sia i fatti che si riferiscono all'imputazione, sia i fatti dai quali dipende l'applicazione di norme processuali). -avere ad oggetto "fatti determinati", ne segue che di regola il testimone non possa esprimere valutazioni né apprezzamenti personali (salvo che sia impossibile scinderli dalla deposizione sui fatti) né deporre su voci correnti nel pubblico, quindi le domande possono anche avere ad oggetto le circostanze che servono ad accertare la credibilità sia delle parti sia dei testimoni ed altresì estendersi ai rapporti di parentela o di interesse che lo legano alle parti o ad altri testimoni. Le domande possono anche concernere: -l’imputato, in tal caso la deposizione sulla moralità dell’imputato è ammessa ai soli fini di qualificare la sua personalità in relazione al reato ed alla sua pericolosità. -la persona offesa dal reato (che può essere esaminata come testimone) ma in tal caso è previsto che esse incontrano 2 limiti: il primo consiste nel fatto che la deposizione sui fatti che servono a definire la personalità della persona offesa dal reato è ammessa solo quando il fatto dell’imputato deve essere valutato in relazione al comportamento di quella persona; il secondo concerne i procedimenti per i delitti di violenza sessuale, di prostituzione minorile e di tratta di persone in quanto in tal caso le domande aventi ad oggetto la vita privata o la sessualità della persona offesa dal reato sono di regola vietate essendo consentite solo se necessarie alla ricostruzione del fatto. Dei fatti da provare il testimone può avere sia una conoscenza diretta (quando ha percepito personalmente il fatto da provare) sia una conoscenza Indiretta quando ha appreso il fatto da una rappresentazione che altri ha a lui riferito a voce, per iscritto o con altro mezzo, a tal fine si ha una Testimonianza Indiretta quando il fatto da provare è stato conosciuto dal testimone “per sentito dire” ed in particolare quando non sia stato percepito personalmente dal soggetto che lo narra ma a costui è stato riferito da un'altra fonte, tale persona dalla quale il testimone si è "sentito dire" è comunemente indicata con l'espressione "teste di riferimento" il quale è detto teste diretto quando percepisce personalmente il fatto mentre è detto teste indiretto quando lo sente dire da altre persone. Il problema della testimonianza indiretta è dato dal fatto che quando il fatto è conosciuto dal testimone per sentito dire occorre che sia possibile accertare l'attendibilità sia del testimone indiretto sia del testimone diretto (cioè della persona da cui si è sentito dire). Per questo motivo il codice pone alcune condizioni all'utilizzabilità della deposizione indiretta quali: -il testimone indiretto deve indicare la persona o la fonte da cui ha appreso la notizia dei fatti oggetto dell'esame, in mancanza ossia quando non è individuato il teste diretto o comunque la fonte da cui si è appreso il fatto riferito si prevede che la testimonianza non è utilizzabile. (Ai fini dell'individuazione è sufficiente ad es. aver indicato la persona che abitualmente frequenta un determinato luogo, ancorchè non se ne conoscano le generalità). -l’obbligo del giudice (qualora il teste indiretto riferisca fatti o circostanze riferite da persone diverse/teste diretto) di disporre la citazione quando una delle parti chiede che venga sentita nel processo la persona che ha avuto conoscenza diretta del fatto e qualora il giudice ometta la citazione è previsto che la testimonianza indiretta di regola non è utilizzabile; se viceversa, nessuna delle parti abbia chiesto la citazione la testimonianza indiretta è utilizzabile anche senza che si faccia luogo all'esame del teste diretto, tuttavia in tali casi in cui nessuna delle parti chieda la citazione è concessa al giudice la possibilità di disporre la citazione del testimone diretto anche d'ufficio (si tratta di una facoltà del giudice in quanto non ha alcun obbligo di citare d'ufficio il testimone diretto). Infine in via eccezionale si prevede che la testimonianza indiretta sia utilizzabile quando l'esame del testimone diretto "risulti impossibile per morte, infermità o irreperibilità" (l'irreperibilità presuppone che sia stato impossibile notificare la citazione a comparire al testimone già individuato ed identificato dai privati o dalla polizia) ma in tal caso la testimonianza dovrà essere valutata con particolare cura, ad esempio, mediante riscontri con altri elementi di prova. Qualora sia stato citato ma non sia comparso in aula è previsto sia disposto l’accompagnamento coattivo. dichiarazione resa in mancanza dell’avviso implica che la dichiarazione resa sia affetta da nullità relativa e l'eventuale reato di falsa testimonianza o reticenza non è punibile. Mentre qualora il prossimo congiunto, regolarmente avvisato, decida di non astenersi e quindi deponga come testimone, egli va incontro all'obbligo di verità non potendo più rifiutarsi di rispondere alle singole domande e pertanto qualora affermi il falso o so rifiuti di rispondere risponderà di falsa testimonianza. Sono altresì previste le cd “Persone assimilate ai prossimi congiunti” le quali si caratterizzano per avere anch’esse la mera facoltà di non rispondere ma soltanto in relazione alle domande concernenti fatti verificatisi (o appresi dall'imputato) durante la convivenza coniugale con il medesimo e che pertanto dovranno ricevere l'avviso della facoltà di non rispondere, esse sono le seguenti <colui che, come coniuge di fatto o come parte di una unione civile di fatto, conviva o abbia convissuto con l'imputato; coniuge separato dell'imputato; persona nei cui confronti sia intervenuta sentenza di annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio o dell'unione civile tra persone dello stesso sesso contratti con l'imputato>. Da precisare che i prossimi congiunti e i soggetti equiparati perdono la facoltà di astenersi dal deporre e pertanto non potranno astenersi ma saranno obbligati a deporre, non dovendo di conseguenza ricevere l’avviso di cui sopra (art199), quando abbiano presentato denuncia, querela o istanza ovvero essi od un loro prossimo congiunto siano offesi dal reato. Prima che inizi l'esame incrociato, il giudice deve avvertire il testimone dell'obbligo di dire la verità informandolo della conseguente responsabilità penale cui incorre in caso di false dichiarazioni o reticenza. Il testimone dopo aver letto la formula con la quale si impegna "a dire tutta la verità e a non nascondere nulla di quanto è a sua conoscenza" viene invitato a fornire le sue generalità. A questo punto ha quindi inizio l'esame incrociato nel quale il testimone è tenuto a rispondere alle domande poste, di regola, dalle parti ed eccezionalmente dal presidente. Quando appare che il testimone violi l'obbligo di rispondere secondo verità (rende dichiarazioni contraddittorie, incomplete o contrastanti con le prove già acquisite) è previsto che solo il giudice possa rivolgergli l'ammonimento a rispettare l'obbligo di dire il vero e non anche le parti le quali non possono ammonire il testimone ma possono soltanto sollecitare il giudice ad esercitare tale potere (un ammonimento rivolto direttamente dalla parte potrebbe configurare una domanda vietata in quanto può "nuocere alla sincerità delle risposte"). A tal fine può verificarsi in primo luogo che il testimone rifiuti di deporre fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, in tal caso il giudice provvede ad avvertirlo sull'obbligo di deporre secondo verità e qualora il testimone persista nel rifiuto il giudice dispone l'immediata trasmissione degli atti al PM affinché proceda a norma di legge, ed a sua volta il pm dopo aver ricevuto la copia del verbale di udienza darà inizio alle indagini preliminari per verificare se sussiste la falsa testimonianza nella forma della reticenza (art 372 cp) e potrà altresì chiedere al giudice una misura cautelate, ove ne sussistono i presupposti; in secondo luogo può accadere che il testimone renda dichiarazioni contraddittorie, incomplete o contrastanti con le prove già acquisite, in tal caso il giudice, su richiesta di parte o d'ufficio, gli rinnova l'avvertimento dell'obbligo di dire il vero. Ove il PM non prenda un'immediata iniziativa, e cioè non chieda subito copia del verbale d'udienza, il giudice potrà attivarsi soltanto alla fine del dibattimento: con la decisione che definisce la fase processuale in cui il testimone ha prestato il suo ufficio", il giudice, se ravvisa indizi del reato di falsa testimonianza, "ne informa il PM trasmettendogli i relativi atti". In ogni caso è fatto divieto di arrestare in udienza il testimone "per reati concernenti il contenuto della disposizione" e cioè per la testimonianza falsa o reticente. Sussistono alcuni testimoni i quali hanno la facoltà di non rispondere a determinate domande quando la risposta comporti la violazione dell'obbligo del segreto professionale essi sono i cd"professionisti qualificati" quali <esercenti attività sanitarie, notai, avvocati, ministri di culto, giornalisti etc> per i quali è previsto il divieto di rivelare quelle notizie su fatti di cui sono a conoscenza per ragione del proprio "stato o ufficio o professione" e che possono pregiudicare il proprio cliente e pertanto potranno rifiutarsi di rispondere alla singola domanda che lo induca a narrare tali fatti opponendo il segreto professionale quando sono sentiti in qualità di testimoni: l’eventuale rivelazione di un segreto professionale è incriminabile per violazione del segreto professionale in quanto il professionista qualificato ha il potere-dovere di non rispondere, salvo che egli avesse un obbligo giuridico di riferire quel fatto all’autorità giudiziaria es medico di ospedale. Quando il teste qualificato eccepisce il segreto è previsto che il giudice possa provvedere agli accertamenti necessari e qualora li ritenga infondati può ordinare al testimone di deporre. Viceversa i professionisti cd comuni che non rientrano tra i professionisti qualificati sono considerati alla pari degli altri testimoni ed hanno pertanto l’obbligo di deporre secondo verità in quanto il professionista comune non commette delitto di rivelazione di segreto anche se la loro risposta comporta violazione di segreto professionale (egli deve deporre anche se al di fuori del processo penale è tenuto al segreto professionale) quando sentito come testimone nel processo penale il che rappresenta una giusta causa di rivelazione (non potendo però rivelarli senza giusta causa quindi al di fuori del processo ove depone quale testimone), ad esempio il traduttore, il tutore di persona incapace, il segreto bancario cedono di fronte all'esigenza di accertare fatti penalmente rilevanti. Stesso dicasi per quanto concerne il Segreto d’ufficio il quale vincola i testimoni aventi qualifica pubblica quali PU e IPS di astenersi dal deporre intorno a fatti conosciuti in ragione del proprio ufficio dovendo mantenere il segreto su alcune specie di notizie che concernono lo svolgimento del servizio pubblico e quindi a non rispondere su fatti coperti da tale segreto, tuttavia l'obbligo di astenersi viene meno quando essi abbiano l'obbligo di riferire all'autorità la notizia di reato (e cioè in sostanza quando hanno l'obbligo di denuncia), ne segue che tali soggetti non possano mantenere segreti sui quei fatti che concernono reati. Quando il testimone pu o ips oppone il segreto d'ufficio il giudice dovrà valutare se tale eccezione sia fondata, in mancanza ordina al testimone di deporre. Una particolare specie di segreto d'ufficio è il “segreto di Stato” il quale copre gli atti, documenti, notizie, attività e ogni altra cosa la cui diffusione sia idonea a recare danno alla integrità della Repubblica, anche in relazione ad accordi internazionali, alla difesa delle istituzioni poste dalla Costituzione a suo fondamento, all'indipendenza dello Stato rispetto agli altri Stati e alle relazioni con essi, alla preparazione e alla difesa militare dello Stato. Un'altra specie di segreto è il segreto di polizia sugli informatori che consente di non rivelare i nomi degli informatori della polizia giudiziaria e dei servizi di sicurezza (ma tuttavia tutto quello che affermano di aver "sentito dire" da loro non può essere acquisito né utilizzato, se non quando l'informatore sia stato esaminato). 2)L’esame delle parti, è il mezzo di prova mediante il quale le parti private possono contribuire all'accertamento dei fatti nel processo penale. Esso si caratterizza per il fatto che il dichiarante abbia la facoltà di non rispondere alle domande; non ha l'obbligo penalmente sanzionato di dire la verità né di essere completo nel narrare i fatti; le domande debbono concernere i fatti oggetto di prova; le dichiarazioni sono rese secondo le norme sull'esame incrociato pertanto le domande sono formulate di regola dal PM e dai difensori delle parti private nell'ordine indicato nel 503.1 (parte civile, responsabile civile, persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria e imputato). L'esame delle parti è sottoposto a regimi giuridici diversi in ragione della persona che rilascia la dichiarazione, distinguiamo: •l’esame dell'imputato chiamato a deporre nel proprio procedimento sul fatto a lui addebitato, l’esame ha luogo soltanto su richiesta o consenso dell'interessato (cioè soltanto se sia l'imputato che lo chiede oppure se vi acconsente quando è chiesto da una parte es pm o parte civile o da altro imputato), il mancato consenso seppur non possa essere valutato dal giudice in senso negativo per l'imputato in quanto è una scelta che attiene strettamente alla strategia difensiva, tuttavia nei casi in cui la difesa affermi l'esistenza di un fatto, il rifiuto di sottoporsi all'esame opposto da quell'imputato che potrebbe confermarne l'esistenza non permetterebbe a questi di adempiere all'onere della prova, e cioè all'onere di convincere il giudice che quel fatto sia avvenuto. L'imputato che ha chiesto l'esame (o vi ha consentito): -ha il “diritto al silenzio” in virtù del quale potrà nel corso dell'esame rifiutarsi di rispondere ad una qualsiasi domanda (e cioè, su di un fatto proprio o altrui), del suo silenzio deve essere fatta menzione nel verbale ed il giudice potrà valutare il silenzio quale "argomento di prova", ciò vuol dire che l'imputato può essere ritenuto non credibile in quanto dal suo silenzio può trasparire che egli voglia nascondere qualcosa. -non è vincolato all'obbligo di rispondere secondo verità e pertanto ha la possibilità di mentire/dire il falso senza né incorrere nel reato di falsa testimonianza in quanto egli non riveste la qualifica di testimone essendo incompatibile con tale qualifica e tale reato è configurabile solo da chi depone in qualità di testimone né incorrere in altri reati contro l’amministrazione della giustizia configurati dalla falsa testimonianza in quanto in tal caso beneficia della causa di non punibilità prevista in favore di chi agisce costretto dalla necessità di salvarsi da un grave ed inevitabile pericolo nella libertà e onore; tuttavia sarà però punibile se incolpa di un reato un'altra persona sapendola innocente (calunnia) o se afferma falsamente essere avvenuto un reato che nessuno ha commesso (simulazione di reato). Nb seppur la falsa testimonianza non costituisce fatto punibile per l’imputato tuttavia quando risulta che abbia mentito potrà esser ritenuto non credibile e pertanto le altre affermazioni che abbia reso difficilmente potranno convincere il giudice. Infine l’imputato ha il privilegio di poter affermare di aver "sentito dire" qualcosa, senza essere vincolato alle condizioni di utilizzabilità poste dal 195 (testimonianza indiretta), infatti egli può non indicare la fonte (persona o documento) da cui ha appreso l'esistenza di un fatto. •l’esame delle “parti private diverse dall'imputato” (responsabile civile, civilmente obbligato per la pena pecuniaria e la parte civile che non debba essere esaminata come testimone), esse sono sottoposte all'esame incrociato soltanto se richiedono il proprio esame o vi consentono; possono non rispondere alle domande; non rispondono di falsa testimonianza poiché non sono testimoni; se affermano di aver "sentito dire", valgono le ordinarie condizioni di utilizzabilità previste dal 195. Occorre sottolineare che la parte civile, quando è chiamata a testimoniare, è obbligata a deporre in tale qualità e non come parte privata e di conseguenza assume l'obbligo penalmente sanzionato di dire la verità. •l’esame di persone imputate in procedimenti connessi o collegati (chiamati a deporre su fatti concernenti la responsabilità altrui) art210, "imputato connesso o collegato" è l'imputato di quel procedimento che ha rispetto al procedimento principale un rapporto di connessione (art12) o di collegamento probatorio (art371co2) a prescindere dalla circostanza che i rispettivi procedimenti siano riuniti o separati i quali godono in linea generale delle medesime garanzie riconosciute all'imputato principale, l’unica differenza consiste nel fatto che l'imputato connesso o collegato abbia l'obbligo di presentarsi per rendere l'esame - egli è chiamato a deporre con "le norme sulla citazione dei testimoni" e se non si presenta il giudice ne ordina l'accompagnamento coattivo - ma trattandosi comunque di una persona che, parlando, rischierebbe di incriminarsi è previsto debba esser avvisato della facoltà di non rispondere e nei casi in cui renda dichiarazioni delle quali emergano indizi a proprio carico è previsto che l'autorità procedente non debba interrompere l'esame né dare avvertimenti né invitarlo a nominare un difensore (che peraltro è già presente in quanto egli deve essere assistito da un difensore ed ove non sia presente un difensore di fiducia gli deve essere designato un difensore d'ufficio). Nell’ambito dell’esame di persone imputate in procedimenti connessi o collegati distinguiamo i seguenti 4 contributi probatori: (1)”esame degli imputati concorrenti nel medesimo reato e situazioni assimilate” (art12letteraA) l’imputato di un procedimento connesso per concorso nel medesimo reato e situazioni assimilate (cooperazione colposa o unico evento causato da condotte indipendenti di più persone) cd imputato concorrente nel medesimo reato è incompatibile con la qualifica di testimone fino a che nei suoi confronti non sia stata pronunciata sentenza irrevocabile. [Possiamo fare l'esempio di A e B imputati di aver commesso il furto di una autovettura in concorso tra loro. L'imputato del procedimento connesso (B) è sottoposto all'esame senza che sia necessario il suo consenso e sarà pertanto obbligato a presentarsi per deporre nel procedimento principale (A) e qualora non si presenti, il giudice ne ordina l'accompagnamento coattivo a mezzo della forza pubblica. Egli deve essere inserito nelle liste testimoniali almeno 7 giorni prima dell'inizio del dibattimento, con l'indicazione delle circostanze sulle quali è chiamato a deporre. L'imputato concorrente è avvisato che della facoltà di non rispondere, salvo che si tratti di una domanda sulla sua identità personale, qualora decide di rispondere egli non ha l'obbligo penalmente sanzionato di dire la verità e potrà pertanto dire il falso senza incorrere nel delitto di falsa testimonianza essendo incompatibile con la figura di testimone, gli altri reati commessi con false dichiarazioni sono scusati restando punibili solo la calunnia e la simulazione di reato. La facoltà di non rispondere riguarda sia le domande sul fatto di reato addebitato all'imputato concorrente (B), sia le domande su fatti commessi dall'imputato del procedimento principale (A). L'imputato concorrente può tacere anche se la domanda non è suscettibile di assumere un significato autoincriminante. In tale situazione, l'imputato del procedimento principale (A), accusato dall’imputato concorrente nel reato, ha solo formalmente il diritto di controesaminare tale soggetto; costui può legittimamente rifiutarsi di rispondere a tutte o ad alcune delle domande e, comunque, può dire il falso anche se depone su di un fatto altrui]. (2)”esame degli imputati collegati o connessi teologicamente”, l’imputato connesso teleologicamente (art12letteraC) o collegato che "non abbia reso in precedenza dichiarazioni concernenti la responsabilità dell'imputato" è incompatibile con la qualifica di testimone e gli si applicano le disposizioni comuni all'imputato connesso o collegato quali il dovere di presentarsi, di essere assistito da un difensore (di fiducia o d'ufficio) e di esser avvisato della facoltà di non rispondere altresì è previsto che essi debbano essere avvertiti che qualora dovessero rendere dichiarazioni su fatti concernenti la responsabilità di altri assumeranno la qualifica di teste limitatamente a tali fatti ed a tal punto avrà la facoltà di tacere e, se parla, non ha obbligo di verità ma tuttavia se rende dichiarazioni su fatti concernenti la responsabilità altrui assumerà da tale momento la qualifica di “Testimone Assistito” limitatamente ai fatti dichiarati e sarà chiamato a deporre con obbligo di verità. Il legislatore impone che sia fatto un “riscontro” particolarmente accurato delle dichiarazioni rese dal coimputato, dall'imputato connesso e dal testimone assistito, tali dichiarazioni possono esser valutate come prova soltanto se vi siano riscontri - per "riscontro" si intende comunemente il controllo di attendibilità di una dichiarazione - pertanto "le dichiarazioni sono valutate unitamente agli altri elementi di prova che ne confermano l'attendibilità" [questo controllo è implicitamente richiesto per tutte le dichiarazioni rese nel corso del procedimento penale, ma per quelle rese dagli imputati connessi o collegati si prevede un obbligo più rigoroso, la ratio risiede nel fatto che le dichiarazioni di un imputato connesso potrebbero essere finalizzate ad "alleggerire" la propria posizione e quindi sarebbe indotto nel dire il falso, se del caso accusando altre persone per ottenere qualche vantaggio, o quanto meno, un minore svantaggio]. Tale obbligo di riscontro è previsto quale condizione per l’impiego della dichiarazione del coimputato e pertanto non viene in alcun modo eliminato il libero convincimento del giudice; infatti non è previsto "se il riscontro abbia esito positivo", il fatto affermato debba ritenersi "vero" in quanto una volta che il riscontro abbia avuto un esito positivo il giudice dovrà verificare se la dichiarazione possa essere utile a ricostruire il fatto storico in un determinato modo. Quello che conta è che il riscontro sia effettuato con modalità rigorose ed accurate in quanto ai fini del riscontro il giudice impone di valutare "altri elementi di prova" i quali debbono soltanto essere sufficienti affermare l'attendibilità del dichiarante su quel determinato punto e non già tali da permettere di provare da soli il fatto affermato dal dichiarante Nei casi in cui l’imputato ammetta la propria responsabilità ed indichi anche altri come colpevoli del medesimo fatto di reato viene a configurarsi la cd "chiamata di còrreo"; tuttavia potrà anche indicare gli altri come responsabili di un altro fatto di reato (dichiarazione accusatoria) viene a configurarsi. Tali situazioni son disciplinate dall’art192co3e4. Poiché il riscontro deve avere ad oggetto “altri elementi di prova” se ne deduce che gli elementi di prova debbano essere estrinseci rispetto alla dichiarazione stessa cd “riscontro estrinseco” (può trattarsi di una dichiarazione di altre persone quali testimoni o imputati, in tal caso si parla di "riscontri incrociati"), inoltre ogni dichiarazione è frazionabile nel senso che si debba procedere a riscontro per ogni fatto o soggetto indicato come responsabile. Tuttavia nonostante il codice faccia solo riferimento ai riscontri estrinseci la giurisprudenza ha dettato un ulteriore conseguenza interpretativa in base alla quale bisogna anche procedere ad un cd “riscontro intrinseco” consistente nel valutare la credibilità del dichiarante e della sua dichiarazione. (3)la testimonianza assistita (art197bis), si verifica quando l’imputato connesso o collegato rende dichiarazioni su fatti concernenti la responsabilità altrui in quanto a seguito di tale dichiarazione assumerà la qualifica di “Testimone Assistito” limitatamente ai fatti dichiarati e sarà chiamato a deporre con obbligo di verità. Distinguiamo 2 categorie di testimoni assistiti - testimoni assistiti prima della sentenza irrevocabile e dopo la sentenza irrevocabile - ai quali si applicano le seguenti norme comuni previste per entrambe le categorie di testimoni assistiti: -ad essi si applicano le norme sulla testimonianza, salvo esse siano derogate espressamente o implicitamente dalle regole contenute nell'art 197 bis, e pertanto hanno l'obbligo di presentarsi dinanzi al giudice. Quanto al privilegio contro l’autoincriminazione è previsto che reati che sono (o sono stati) oggetto del procedimento a loro carico opera il privilegio comune (diritto di non rispondere su fatti dai quali potrebbe emergere una sua resp penale) solo sui fatti diversi da quelli per i quali si procede o si è proceduto a carico del testimone assistito, vi è poi il privilegio speciale il quale opera diversamente nelle 2 categorie. -i testimoni assistiti debbono essere obbligatoriamente assistiti da un difensore ed in mancanza del difensore di fiducia deve essere designato un difensore d'ufficio, ciò in ragione del collegamento tra il reato che gli è addebitato e quello che è oggetto del procedimento nel quale è chiamato a deporre. - le dichiarazioni rese dai testimoni assistiti "non possono essere utilizzate contro la persona che le ha rese né nel procedimento a suo carico né nel procedimento di revisione della sentenza di condanna ed in qualsiasi giudizio civile o amministrativo relativo al fatto" addebitato al dichiarante (ciò al fine di neutralizzare i pregiudizi che possono derivare al testimone assistito da eventuali dichiarazioni a sé sfavorevoli sia quando nei confronti di tale persona non sia intervenuta una sentenza irrevocabile e sia quando è intervenuta. - le dichiarazioni dei testi assistiti sono utilizzabili soltanto in presenza di riscontro che ne confermino l'attendibilità (ciò è dovuto al legame che intercorre tra il procedimento a loro carico e quello nel quale son chiamati a rendere dichiarazioni). -poiché il testimone assistito è un "imputato", sia pure connesso o collegato, non si applica nei suoi confronti la tutela prevista per le dichiarazioni auto-indizianti (risposte autoincriminanti) e pertanto se egli rende dichiarazioni dalle quali emergano indizi a proprio carico l'autorità procedente non deve interrompere l'esame né dare avvertimenti né avvertirlo a nominare un difensore, che peraltro già presente, e l'esame prosegue normalmente. l'esecuzione delle operazioni peritali. Una volta che il giudice ha precisato i quesiti, il perito gode di propri poteri di direzione e di impulso ed in particolare può prendere visione del materiale probatorio, ma può conoscere solo gli atti acquisibili al fascicolo per il dibattimento. II "prodotto finale" di questo particolare mezzo di prova è la relazione peritale la quale può essere orale o scritta in seguito alla quale il perito potrà essere sottoposto all'esame incrociato su richiesta di parte. Al pari di quanto avviene per gli altri mezzi di prova, il giudice non è vincolato dalla perizia e pertanto può disattenderne le conclusioni dando adeguata motivazione del proprio dissenso. È previsto il divieto di perizia criminologa ossia di perizie volte ad accertare il carattere e la personalità dell'imputato, le qualità psichiche indipendenti da cause patologiche, l'abitualità o la professionalità nel reato e la tendenza a delinquere essendo di converso ammesse sull'imputato soltanto quelle perizie che tendono ad accertare una malattia mentale. La ratio del divieto può essere rinvenuta nell'esigenza di tutelare la presunzione di innocenza dell'imputato. •I Consulenti tecnici di parte, una volta disposta la perizia è consentito alle parti la facoltà di nominare propri “consulenti tecnici” in numero non superiore a quello dei periti cd consulente tecnico di parte all'interno della perizia (mentre le parti private non son tenute a sceglierlo tra gli iscritti agli albi dei periti, viceversa il pm dovrà sceglierlo tra gli iscritti negli appositi albi dei periti. Al consulente tecnico consulente tecnico si applicano le cause di incapacità e incompatibilità che sono previste per il perito). L'oggetto della consulenza tecnica di parte è identico a quella della perizia <ossia di svolgere indagini o acquisire dati o valutazioni che richiedono specifiche competenze tecniche, scientifiche o artistiche; inoltre assistono al conferimento dell'incarico al perito ed allo svolgimento della perizia proponendo al perito specifiche indagini e formulando osservazioni e riserve, delle quali si dà atto nella relazione peritale; presentano al giudice richieste, osservazioni e riserve delle quali è fatta menzione nel verbale. Qualora siano nominati dopo l'esaurimento delle operazioni peritali è previsto che essi possano prendere conoscenza delle relazioni e chiedere al giudice di essere autorizzati a esaminare la persona, la cosa e il luogo oggetto della perizia> così come identico è lo strumento col quale il perito ed il consulente tecnico sono sentiti in dibattimento <essi sono sottoposti all'esame incrociato, che si svolge in forme simili a quelle con le quali è escusso il testimone, con l’unica differenza che solo il perito assume l'obbligo penalmente sanzionato di far conoscere la verità e non anche il consulente di parte. È altresì prevista la “consulenza tecnica di parte fuori dei casi di perizia” al fine di consentire alle parti - a prescindere dal fatto che il giudice abbia ammesso o meno una perizia in quanto si sono idonei a fornire al giudice elementi utili per la decisione rendendo così superflua la nomina di un perito - di avvalersi di esperti per raccogliere elementi di prova scientifica, tecnica o artistica. Esso può esser nominato da ciascuna parte (anche la persona offesa e l'indagato) [il PM può nominare il consulente tecnico nelle fasi dell'udienza preliminare e del giudizio sia nel caso di perizia sia fuori dai casi di perizia, nb limitatamente alla fase delle indagini preliminari è previsto che tali consulenti possano esser nominati secondo una normativa che costituisce una ulteriore specificazione] e svolge le seguenti funzioni <investigazioni difensive per riconoscere ed individuare elementi di prova; conferire con le persone che possono dare informazioni; visionare, previa autorizzazione, il materiale che l'autorità giudiziaria ha posto sotto sequestro; proporre valutazioni tecniche, che si traducono in memorie scritte (le quali possono essere oggetto di deposizione orale nell'esame incrociato)>. Di regola, il difensore della parte privata può scegliere se presentare, o meno, al giudice gli elementi di prova che siano stati raccolti dal consulente tecnico. Essi sono sentiti in udienza preliminare su domande poste dal giudice mentre in dibattimento con esame incrociato su domande poste dal pm o dal difensore. Il risultato della perizia o consulenza tecnica (cd prova scientifica) deve esser esser raffrontato con le altre risultanze processuali al fine di verificare se esso sia coerente con le altre prove raccolte nel procedimento. Il giudice non è vincolato alla perizia o consulenza tecnica e pertanto nella motivazione della sentenza dovrà esporre i motivi per i quali ritenga attendibile la prova sulla quale fonda la sua decisione ed i motivi per i quali non ritenga attendibile le prove contrarie. ~Perizia Coattiva, possono anche verificarsi casi in cui nel corso della perizia si renda necessario compiere atti idonei ad incidere sulla libertà personale dell'indagato o di altre persone cd “perizia che richiede atti idonei ad incidere sulla libertà personale” si pensi ai prelievi di campioni biologici finalizzati alla determinazione del DNA. A tal fine se sussista il consenso dell’interessato non scatta la necessità di tutelare la libertà personale e pertanto i prelievi e gli accertamenti possono essere effettuati nel corso delle comuni attività peritali senza particolari formalità e requisiti; mentre qualora l'individuo non presti il proprio consenso è previsto che in tal casi il giudice possa disporre coattivamente la perizia con ordinanza motivata - la quale dovrà svolgersi con la presenza necessaria del difensore della persona interessata - solo quando si preceda per determinati tipi di delitti e purché la perizia risulti assolutamente indispensabile per la prova dei fatti. Le attività che possono esser compiute ai fini della determinazione del dna sono il prelievo di capelli etc, non sono ammesse attività che possano mettere a rischio la vita o salute della persona ivi sottoposta. 5) prova documentale. Il documento è la rappresentazione di un fatto differente da un atto del procedimento penale (è un atto esterno al procedimento penale) che è incorporata su di una base materiale con un metodo analogico o digitale. Da ciò si ricava che il concetto di documento comprende i seguenti elementi: -il fatto rappresentato, per esso si intende tutto ciò che possa esser oggetto di prova ("fatti, persone o cose", nonché i contenuti che sono espressi nelle dichiarazioni di scienza o di volontà). Nb l'oggetto rappresentato deve essere un atto compiuto "fuori" dal procedimento nel quale si chiede o si dispone che il documento faccia ingresso (es. il diario dell'indagato). -la rappresentazione, è la riproduzione la quale può avvenire mediante parole, immagini suoni etc. -l'incorporamento, è l'operazione mediante la quale la rappresentazione è fissata - mediante scrittura, fotografia o qualsiasi altro mezzo - su di una base materiale purché idonea a conservare la rappresentazione al fine di riprodurla quando occorra. Il documento, in quanto mezzo di prova, è di regola utilizzabile nel dibattimento. Viceversa quando il fatto è rappresentato da un atto del medesimo procedimento il codice utilizza il termine "documentazione" e non già documento (la documentazione è la rappresentazione di un atto del procedimento penale). Per "atto del procedimento" si intende comunemente quell'atto che persegue le finalità del procedimento e che è compiuto da uno dei soggetti legittimati (giudice, pm., polizia giudiziaria, difensore). La modalità di "documentazione" di un atto del procedimento è di regola il verbale (es verbale di un interrogatorio o di una perquisizione). Documento anonimo, la prova documentale può esser valutata dal giudice nella sua attendibilità solo quando sia noto l'autore del documento il quale viene chiamato a deporre al fine di valutare la sua credibilità, di converso un tale accertamento non è invece possibile quando l'autore del documento sia ignoto poiché non se ne potrà valutare la credibilità, distinguiamo a tal fine sia i casi in cui il documento contenga una “dichiarazione anonima” ed in tal caso se ne prevede l'inutilizzabilità (dunque la lettera anonima che contiene la narrazione di un fatto non è utilizzabile) sia casi in cui il documento contenga una “rappresentazione diversa dalla dichiarazione” (ad es. una foto) ed in tal caso è previsto che essi possano essere utilizzati secondo il libero convincimento del giudice. È altresì previsto che il documento anonimo possa anche essere sottoposto alle parti private o ai testimoni "se occorre verificarne la provenienza" con la conseguenza che esso cessa di essere anonimo e diventa utilizzabile quando il suo autore ne riconosce la paternità. Il documento è solo formalmente anonimo nei casi in cui manchi la sottoscrizione o essa sia illeggibile (o di fantasia) e non si ritiene più tale a seguito del riconoscimento; inoltre l'autore della rappresentazione può essere identificato attraverso un mezzo di prova come la perizia Il valore probatorio. Quanto al valore probatorio da attribuire alla dichiarazione che non sia stata sottoscritta dall'autore col proprio nome quando l'autore della stessa sia stato comunque identificato mediante perizia o riconoscimento espresso, la mancata sottoscrizione col proprio nome dimostra che l'autore non abbia voluto impegnare la propria responsabilità nel fare una determinata dichiarazione: al riguardo non si pone il problema dell’utilizzabilità del documento in quanto a seguito della identificazione la dichiarazione formalmente anonima non è più tale nella sostanza bensì si pone un problema di credibilità della fonte e di attendibilità della rappresentazione (in quanto ci si può chiedere cosa avesse da nascondere l'autore della dichiarazione, se non ha voluto sottoscriverla, evitando così di impegnare la propria responsabilità) ma nonostante ciò è comunque prevista la possibilità di attribuire alla dichiarazione un sicuro significato probatorio e quindi di utilizzare il documento anonimo contenente dichiarazioni anonime quando le dichiarazioni anonime <“costituiscono il corpo del reato”, cioè quando il reato è stato commesso mediante tali dichiarazioni oppure quando ne costituiscono "il prodotto, il profitto o il prezzo"> oppure quando le dichiarazioni anonime <“provengono comunque dall’imputato”, cioè quando esse sono presentate o prodotte dall’imputato (non essendo richiesto che l’imputato ne sia l’autore) la quale sarà utilizzabile seppur il suo valore probatorio sia limitato per via della difficoltà di dimostrare l'attendibilità della dichiarazione. Vi sono poi alcuni documenti dei quali: -è vietata l'acquisizione, tra questi figurano <quelli che contengono informazioni sulle voci correnti nel pubblico intorno ai fatti di cui si tratta nel processo (essa costituisce l’equivalente del divieto che vale per le domande che possono essere rivolte ai testimoni ed alle parti); quelli concernenti la moralità delle persone che partecipano al processo>, la violazione del divieto comporta l'inutilizzabilità della prova che ne potrebbe ricavare. - è obbligatoria l’acquisizione, tra questi figurano <quelli che costituiscono corpo del reato "qualunque sia la persona che li abbia formati o li detenga"; quelli provenienti dall'imputato anche se sequestrato presso altri o da altri prodotto. Le parti, a determinate condizioni, possono anche utilizzare atti di altri procedimenti cioè acquisire le prove e atti che sono stati assunti in un altro procedimento penale o civile (nb in tal caso tali atti di altro procedimento pur essendo considerati documento sono nella sostanza una documentazione di atti di carattere procedimentale e pertanto seguono un regime di utilizzabilità simile a quello che vige, nel procedimento principale, per la documentazione degli atti assunti fuori dal dibattimento). Al riguardo è previsto un regime differente a seconda che gli atti assunti nel procedimento a quo siano ripetibili o non ripetibili nel procedimento ad quem: -Atti non ripetibili. I verbali degli atti non ripetibili sono utilizzabili se si tratta di impossibilità di ripetizione originale oppure se si tratti di non ripetibilità sopravvenuta, purché essa sia dovuta a circostanze non prevedibili nel momento in cui l'atto è stato compiuto. -Atti ripetibili. Tra i verbali degli atti ripetibili nel procedimento ad quem distinguiamo i verbali delle dichiarazioni rese nel corso delle indagini ed i verbali delle dichiarazioni assunte in incidente probatorio o in dibattimento i quali sono utilizzabili se l'imputato del procedimento ad quem vi consente oppure in mancanza di consenso dell'imputato se la persona viene esaminata nel procedimento ad quem (limitatamente ai verbali delle dichiarazioni assunte in incidente probatorio o in dibattimento è previsto essi siano utilizzabili sia in presenza delle ipotesi appena menzionate sia in loro assenza quando il difensore dell’imputato del procedimento ad quem abbia partecipato all’assunzione della prova). [Ed altresì distinguiamo i verbali di atti ripetibili non dichiarativi provenienti dal procedimento ad quo sono utilizzabili nel procedimento ad quem solo se si tratta di dati raccolti nell’incidente probatorio, dibattito o giudizio civile concluso con sentenza irrevocabile]. Solo quando l’atto sia ripetibile è previsto che le parti del procedimento ad quem abbiano il diritto di ottenere l'esame della persona le cui dichiarazioni sono state acquisite. Se l'esame ha luogo, la lettura dei verbali di dichiarazione può avvenire soltanto dopo che la persona è stata interrogata. Infine anche le sentenze irrevocabili possono essere acquisite ai fini della prova di un fatto in esse accertato. Naturalmente le parti sono ammesse a provare il contrario. Quanto ai “Documenti Illegali” essi sono quei documenti predisposti attraverso attività di spionaggio e dossieraggio di illeciti per i quali è prevista non solo l’inutilizzabilità ma anche l'obbligo di distruzione b)Poiché il codice non impone la tassatività dei mezzi di prova è previsto che accanto agli strumenti di prova regolati dal codice sono posti anche quei mezzi di prova cd Atipici i quali si caratterizzano per avere una componente non regolata dalla legge e per poter essere assunti a determinate condizioni. Ai sensi dell’art189 il giudice deve sentire le parti prima di decidere con ordinanza sulla richiesta di ammissione e sulla modalità di assunzione della prova - tale ordinanza che accoglie o respinge la richiesta è controllabile mediante l'impugnazione della sentenza - le modalità di assunzione della prova atipica non sono previste dalla legge (poiché appunto si tratta di un mezzo non regolamentato) bensì sono prescritte dal giudice dopo aver sentito le parti. La prova atipica potrà essere ammessa solo quando la ritenga idonea ad assicurare l’accertamento dei fatti (quindi quando in concreto sia capace di fornire elementi attendibili e permettere una valutazione sulla credibilità della fonte di prova) e non pregiudichi la libertà morale della persona (quindi deve assicurare la libertà morale della persona- fonte di prova dovendo dunque lasciare integra la facoltà di determinarsi liberamente. Per tali motivi si ritiene comunemente che nel processo penale non si possono utilizzare la narcoanalisi, l'ipnosi o la cd macchina della verità). Il concetto di prova atipica non è pacifica, vi sono le seguenti accezioni di prova atipica: in una prima accezione è atipica quella prova che mira ad ottenere un risultato diverso da quelli perseguiti dai mezzi di prova tipizzati dal codice ma oggi raramente ci si trova dinanzi a ad una prova atipica nel senso descritto in quanto i mezzi di prova tipici sembrano idonei a raggiungere tutte le varietà dei risultati probatori; in una seconda accezione è atipica la prova che si svolge con modalità diverse da quelle previste da un mezzo tipico, qui l’atipicità consiste nella diversa modalità di svolgimento; in una terza accezione è atipica la prova che tende ad ottenere mediante un mezzo di prova tipico il risultato di un diverso mezzo di prova anch’esso tipico, l’atipicità consiste qui nell’utilizzo di un mezzo di prova che consegue un certo risultato per ottenere i risultati di altro mezzo di prova. È possibile anche utilizzare mezzi di ricerca della prova atipici i quali si caratterizzano per configurare un contraddittorio (non anticipato sull’ammissione nel corso delle indagini ma) “successivo” in relazione all’utilizzabilità degli elementi acquisiti. “I MEZZI DI RICERCA DELLA PROVA” I mezzi di ricerca della prova sono atti che si distinguono dai mezzi di prova per diversi aspetti <mentre i mezzi di prova sono i mezzi attraverso il cui esperimento si forma l’elemento probatorio nel dibattimento o nell’incidente probatorio nel pieno contraddittorio delle parti e che possono in tali sedi essere assunti solo dinanzi al giudice; i “mezzi di ricerca della prova” sono quegli strumenti volti all’acquisizione dei mezzi di prova in quanto attraverso il loro esperimento è possibile far entrare nel procedimento un elemento probatorio che preesiste allo svolgersi del mezzo stesso i quali possono essere disposti dal giudice, dal PM e, in alcune ipotesi, possono essere compiuti dalla polizia giudiziaria durante le indagini preliminari e si basano di regola sul fattore "sorpresa" e quindi non consentono il preventivo avviso al difensore dell'indagato quando sono compiuti nella fase delle indagini. I mezzi di ricerca della prova si distinguono in “ispezioni, perquisizioni, sequestri, intercettazioni di comunicazioni”: 1)Ispezioni (art 244), consiste nell'osservare e descrivere persone luoghi o cose quando occorre accertare le tracce e gli altri effetti materiali del reato, qualora il reato non abbia lasciato tracce o effetti materiali, o se questi siano scomparsi, l'autorità giudiziaria, se possibile, cerca di individuare il modo, il tempo e le cause delle eventuali modificazioni potendo altresì disporre rilievi e ogni altra operazione tecnica. Distinguiamo i seguenti tipi di ispezione: ~ispezione delle persone, essa ha ad oggetto il corpo umano e deve essere eseguita nel rispetto della dignità e del pudore di chi vi è sottoposto, in ogni caso prima di procedere ad essa l'interessato è avvertito della facoltà di farsi assistere da persona di fiducia. ~ispezione di luoghi o cose, è previsto che la persona che abbia la disponibilità del luogo in cui è eseguita l'ispezione ed anche l'imputato abbiamo diritto, se presenti, ad avere un decreto che autorizza l'atto. L'autorità giudiziaria, oltre al potere di disporre della forza pubblica, ha anche il potere di ordinare che taluno non si allontani prima che le operazioni siano concluse e può far ricondurre coattivamente sul posto il trasgressore. L’ispezione è disposta dall’autorità giudiziaria (giudice o pm) con decreto motivato e quando occorre può esser disposta mediante l’impiego di poteri coercitivi consistenti nell'intervento della polizia giudiziaria e, se necessario, della forza pubblica, in particolare: -nel corso dell'udienza preliminare o dibattimentale è disposta dal giudice. -nel corso delle indagini preliminari è di regola disposta dal pm che vi provvede personalmente o delegandola ad un ufficiale di polizia giudiziaria. L’ispezione è invece compiuta dalla polizia di propria iniziativa in situazioni di urgenza sotto la forma di "accertamenti e rilievi" (in casi del genere potrà disporre solo quei rilievi sulle perone che siano diversi dall'ispezione personale). Quando il PM procede ad ispezione personale, il difensore dell'indagato deve essere preavvisato almeno 24 ore prima. Tuttavia nei casi di assoluta urgenza, quando vi è fondato motivo di ritenere che il ritardo possa pregiudicare la ricerca o l'assicurazione della prova, il PM può procedere anche prima del termine fissato, dandone avviso al difensore senza ritardo oppure anche senza avviso se vi è fondato motivo di ritenere che le trace possano essere alterate. E' fatta salva in ogni caso la facolà del difensore di intervenire. Inoltre quando omette l'avviso o procede prima del termine, il PM deve specificamente indicare, a pena di nullità, i motivi della deroga e le modalità dell'avviso. 2)Perquisizioni (art 247) la perquisizione consiste “nel ricercare una cosa da assicurare al procedimento o una persona da arrestare”. Distinguiamo i seguenti tipi di perquisizioni: ~la “perquisizione personale” è disposta quando vi è fondato motivo di ritenere che taluno occulti sulla persona il corpo del reato o le "cose pertinenti al reato" (cioe le cose che hanno la funzione di provare il reato o la responsabilità del suo autore). Ai fini della perquisizione su persona è previsto che ad essa debba esser consegnata una copia del decreto con l'avviso della facoltà di farsi assistere da persona di fiducia a condizioni che questa sia prontamente reperibile ed idonea. ~la perquisizione locale è disposta quando vi è fondato motivo di ritenere che il corpo del reato o cose pertinenti al reato si trovino in un determinato luogo ovvero che in esso possa eseguirsi l'arresto dell'imputato o dell'evaso. ~il flusso di comunicazioni relativo a sistemi informatici o telematici o intercorrente tra più sistemi. Non costituisce intercettazione <il Pedinamento mediante apparecchiature satellitari g.p.s. che può essere disposto dalla polizia giudiziaria come mera attività atipica (in quanto non ha ad oggetto una comunicazione); l’acquisizione dei tabulati del traffico telefonico e ancora la registrazione fonografica occultamente eseguita da uno degli interlocutori quando questa non è stata disposta dalla polizia giudiziaria, infatti essa costituisce documento>. Sussiste una duplice riserva di giurisdizione e di legge in quanto le intercettazioni debbono essere autorizzate dal gip con decreto motivato ed il soggetto legittimato a chiedere l'autorizzazione è il pm che procede alle indagini (questa è la riserva di giurisdizione), i requisiti necessari per procedere all'intercettazione sono previsti dalla legge (questa è la riserva di legge) i quali sono raggruppati nelle categorie dei reati intercettabili, del quantum della prova e dei termini di durata e variano a seconda che i procedimenti abbiano ad oggetto reati comuni o di criminalità organizzata o ad essa equiparata. Nel decreto di autorizzazione dell'intercettazione il giudice deve motivare la presenza di ciascuno dei requisiti in modo scrupoloso. [L’aspetto che ha indotto ad una riforma della disciplina consiste nel fatto che la segretezza delle comunicazioni viene violata nei confronti di quelle persone non indagate le quali spesso si trovano a riferire vicende personali nel corso della comunicazione intercettata non attinenti ai fatti in oggetto delle indagini, ed in virtù di ciò oggi vi è una distinzione tra i procedimenti iscritti fino al 31 agosto 2020 (salvo nuovi rinvii) che continuano a seguire la disciplina originaria del codice del 1988, e i procedimenti iscritti dopo tale data, che seguiranno le nuove regole: l’effetto di ciò è la contemporanea esistenza di due regimi normativi i quali presentano anche una normativa comune]. Quanto ai REQUISITI necessari per effettuare le intercettazioni essi differiscono a seconda del tipo di reato oggetto del singolo procedimento sottoposto alle indagini del pm cosi come risulta dalla iscrizione della notizia di reato operata dal pm. La distinzione è la seguente: •procedimenti per reati comuni (cioè quelli elencati nell'art 266 ossia delitti concernenti sostanze stupefacenti; delitti di contrabbando; reati di ingiuria, minaccia, usura etc) i requisiti previsti per poter disporre intercettazioni nei procedimenti per i reati comuni sono che dagli atti di indagine risulti la “sussistenza di gravi indizi di reato” (cioè di commissione di uno di quei reati che consentano intercettazione) e purché l’intercettazione sia assolutamente indispensabile al fine della prosecuzione delle indagini (ciò avviene quando la prova non possa essere acquistata con mezzi diversi dall'intercettazione. Essa non può comunque superare i 15 giorni (prorogabile per ulteriori 15 giorni dal giudice con decreto motivato su richiesta del PM solo qualora permangano i presupposti sopra indicati). Esse son consentite per ricercare il latitante. L’intercettazione ambientale (essa è quella che avviene tra presenti) che avvenga nel domicilio privato è consentita soltanto se vi sia fondato motivo di ritenere che nel medesimo domicilio si stia svolgendo l'attività criminosa. •procedimenti per i reati di criminalità organizzata o adesso equiparati, i requisiti previsti per poter disporre intercettazioni nei procedimenti per reati di criminalità organizzata o ad essa equiparati cd reati gravi (tra questi figurano i delitti di criminalità organizzata; terrorismo internazionale; delitti contro la libertà individuale etc.) sono attenuati in quanto qui basta la sussistenza di “sufficienti indizi di reato" e purché l’intercettazione sia necessaria (e non indispensabile) ai fini dello svolgimento delle indagini. Essa non può comunque superare i 40 giorni (prorogabile di ulteriori 20 giorni da parte del giudice; in caso di urgenza la proroga è concessa dal pm mediante provv sottoposto a convalida da parte de giudice. L’intercettazione ambientale (cioè tra presenti) nei reati contro la criminalità organizzata sono consentiti sempre, e cioe anche se non vi sia motivo che nel privato domicilio si stia svolgendo tale attività. È inoltre possibile svolgere “Intercettazioni Preventive”, possono a tal fine esser effettuate intercettazioni telefoniche al solo scopo di prevenire il compimento di determinati delitti gravi in tema di criminalità mafiosa o terroristica, esse sono disposte direttamente dal pm con decreto quando vi siano elementi investigativi che giustifichino l’attività di prevenzione. Dunque i requisiti per disporre ed eseguire le intercettazioni sono la sussistenza di gravi/sufficienti indizi di reato, l’assoluta indispensabilità/la necessità dell’intercettazione ai fini dello svolgimento delle indagini ed infine ed infine l’Autorizzazione del giudice - è altresì prevista la possibilità di svolgere l’intercettazione mediante un captatore informatico (il quale è in grado di attivare il microfono del de supporto informativo nel quale è inoculato e funziona come microspia idonea ad eseguire intercettazioni tra presenti) quando sussistano specifiche ragioni che rendano necessaria tale modalità per lo svolgimento delle indagini e purché il giudice precisi per quale motivo non siano sufficienti le intercettazioni tradizionali - (essa avviene mediante un procedimento il quale rappresenta un sottoprocedimento gestito parallelamente alle ordinarie investigazioni operate mediante ispezioni, perquisizioni e sequestri), a tal fine il PM chiede al GIP l'autorizzazione a disporre le intercettazioni (trasmettendogli i soli atti dai quali egli ricava l’esistenza dei presupposti) la quale è data dal giudice con decreto motivato quando vi siano gravi indizi di reato e l'intercettazione sia assolutamente indispensabile ai fini della prosecuzione delle indagini (cd procedimento ordinario). Mentre nei casi di urgenza (cd procedimento esecutivo d'urgenza) ma in presenza di tutti i presupposti menzionati in precedenza, l'intercettazione è disposta dal PM il quale deve comunicare il relativo decreto motivato al giudice per la convalida non oltre 24 ore decorrenti dal proprio provvedimento, a sua volta il giudice entro le 48 ore successive decide sulla convalida con decreto motivato. In caso di mancata convalida l’intercettazione non puo essere proseguita ed i risultati non possono essere utilizzati. In seguito all’autorizzazione delle intercettazione il pm emana un decreto motivato col quale determina le modalità di svolgimento (la captazione è compiuta presso l'operatore telefonico; la registrazione e svolta presso la procura della repubblica; l'ascolto è effettuato presso gli uffici di polizia giudiziaria con redazione di verbali sommari contenenti le comunicazioni) e la durata delle operazioni (la quale è di 15 giorni per i reati comuni con la possibilità di prorogarla per ulteriori 15; mentre è di 40 per i reati di criminalità organizzata ed equiparati con la possibilità di prorogarla per ulteriori 20 giorni) - le operazioni possono esser compiute esclusivamente per mezzo degli impianti installati nella procura della repubblica, tuttavia qualora essi dovessero essere insufficienti o inidonei e vi siano ragioni di urgenza con decreto motivato è previsto possano esser disposti dal pm impianti di pubblico servizio o presso la polizia giudiziaria - l’intercettazione può esser posta in essere personalmente oppure avvalendosi di un ufficiale di polizia giudiziaria. Le comunicazioni intercettate sono registrate e di esse la polizia redige verbale nel quale è trascritto, anche sommariamente, il contenuto delle registrazioni. Registrazione delle intercettazioni ed i verbali sommari sono trasmessi immediatamente al pm dalla polizia e devono essere conservati in un apposito archivio digitale (tale archivio è gestito e tenuto sotto la sorveglianza e direzione del procuratore della repubblica dell’ufficio che ha richiesto ed eseguito le intercettazioni, il quale deve garantirne la segretezza della documentazione ivi custodita) tuttavia il gip può autorizzare che la conservazione sia differita quando ne può derivare un grave pregiudizio per le indagini, tale differimento non può comunque protrarsi oltre la chiusura delle indagini. Una volta effettuato il deposito, deve essere dato avviso ai difensori che possono ascoltare le registrazioni ed esaminare gli atti nonché indicare le registrazioni che ritengono rilevanti,irrilevanti o inutilizzabili - non sono coperti da segreto solo quei verbali e registrazioni acquisite al fascicolo delle indagini o comunque utilizzate nel corso delle indagini -. Vi è il divieto di pubblicazione delle intercettazioni anche solo come notizia generica i quali restano fuori dagli atti del fascicolo delle indagini finché il giudice non ne abbia disposto l’acquisizione in quanto rilevanti. Dopodiché vi è l’udienza di stralcio (i difensori sono avvisati dell’udienza di stralcio almeno 24 ore prima) nella quale il giudice da un lato deve stralciare le registrazioni e verbali di cui è vietata l'utilizzazione nonché restituire al pm quelli irrilevanti; da un altro lato, deve disporre l'acquisizione delle registrazioni indicate dalle parti che non appaiano manifestamente irrilevanti (le intercettazioni non acquisite sono conservate nell’archivio digitale fino alla sentenza irrevocabile). Successivamente, il giudice dispone la trascrizione delle registrazioni acquisite e tale documentazione verrà poi inserita nel fascicolo per il dibattimento [tuttavia è anche prevista la possibilità che il giudice rinvii la trascrizione ad un momento successivo all’udienza di stralcio e pertanto la trascrizione che non avvenga in udienza di stralcio potrà avvenire al momento della formazione del fascicolo in dibattimento: ciò si ha nel caso del deposito differito al momento dell’avviso della conclusione delle indagini, in tal caso l’udienza di stralcio non si svolge durante le indagini (ma successivamente nel corso del dibattimento), ed in tal caso l’avviso di conclusione delle indagini deve contenere l’avvertimento che il difensore dell’indagato abbia la facoltà di esaminare gli atti depositati relativi alle intercettazioni]; i difensori sono avvisati delle operazioni e possono ottenere copia dei verbali. Solo a questo punto la persona interessata può chiedere al giudice, a tutela della propria riservatezza, la distruzione della registrazione che la riguarda; il giudice accoglie la richiesta se la documentazione non è necessaria per il procedimento. Solo dopo che il giudice abbia disposto l’acquisizione delle intercettazioni rilevanti (o dopo l’acquisizione concordata in quanto è anche prevista l’acquisizione concordata dei verbali sommari redatti dalla polizia nel corso delle indagini preliminari e quindi la loro utilizzazione) esse possono esser pubblicate come notizia generica (resta il divieto di pubblicare il testo delle medesime finché le trascrizioni non siano state inserite nel fascicolo per il dibattimento). Sono intercettabili le utenze riferibili agli indagati, ai testimoni ed alle persone estranee ai fatti quando queste ultime possono essere destinatarie di comunicazioni provenienti da indagati o da testimoni. È prevista l'inutilizzabilità delle intercettazioni quando queste siano state compiute <fuori dei casi consentiti dalla legge; senza osservare i presupposti e le forme del provvedimento di autorizzazione o esecuzione; senza registrare la comunicazione e senza redigere il verbale sommario delle operazioni; fuori degli impianti installati nella Procura della Repubblica senza motivare le ragioni di urgenza>. Altresì son previsti divieti assoluti o condizionati di procedere ad intercettazione in favore di determinate persone per le quali vige un divieto di intercettazione quando finiscano per prender parte alla conversazione intercettata: si tratta in primo luogo di quei casi nei quali è prevista che l’intercettazione sia subordinata alla previa autorizzazione a procedere [intercettazioni nei confronti dei parlamentari: le intercettazioni concernenti i membri del parlamento necessitano della previa autorizzazione a procedere della camera di appartenenza pena l’inutilizzabilità della stessa sia nei confronti del parlamentare che dei terzi; quando l’intercettazione sia casuale (nel senso nel corso di procedimenti a carico di terzi vi è stata l’intercettazione di una conversazione alla quale abbia preso parte un parlamentare) è previsto che il giudice debba distruggerla se essa sia ritenuto irrilevante mentre se sia rilevante sarà necessario chiedere l’autorizzazione della camera di appartenenza del parlamentare ma ciò è però previsto solo nei casi in cui essa debba essere utilizzata nei confronti del parlamentare e del terzo - quando l'autorizzazione non viene concessa, le intercettazioni sono inutilizzabili nei confronti del parlamentare coinvolto, ma potranno essere impiegate nei confronti di terzi e, quindi, i relativi verbali e le registrazioni non devono essere distrutti - mentre quando essa debba essere utilizzata solo nei confronti di persone diverse dal parlamentare non occorre alcuna autorizzazione]; in secondo luogo del divieto di intercettazione a tutela del segreto Professionale delle comunicazioni dei difensori, dei consulenti tecnici e loro ausiliari (tra di loro nonché coi propri clienti) ed ove tali divieti siano stati violati, l'intercettazione è inutilizzabile; divieto di utilizzazione delle conversazioni del presidente della repubblica. Ne segue pertanto che il pubblico ministero debba operare un primo controllo sulle intercettazioni al fine di vagliare se le medesime siano ostensibili, la documentazione delle intercettazioni inutilizzabili è distrutta su ordine del giudice, salvo che le stesse costituiscano corpo del reato (ad es., calunnia od ingiuria mediante telefono). Di regola, i risultati delle intercettazioni non possono essere utilizzati in procedimenti diversi da quelli nei quali sono state disposte (/è stata concessa l’autorizzazione) [da intendersi diversi dai procedimenti connessi a quelli per i quali era stata concessa l'autorizzazione e comunque rientranti nel catalogo dei reati di cui all'art266], salvo che risultino indispensabili per l'accertamento dei delitti per i quali è obbligatorio l'arresto in flagranza; tuttavia i verbali restano comunque utilizzabili come "notizia di reato" per altri procedimenti. Non si è dinanzi a procedimenti diversi - e quindi le intercettazioni possono essere utilizzate - con riguardo a tutti quei reati che risultino connessi art 12 a quelli in relazione ai quali l'autorizzazione era stata ab origine disposta, sempreché rientrino nei limiti di ammissibilità previsti dalla legge, deve dunque esservi un preciso collegamento tra i fatti per i quali erano state mano a mano autorizzate e prorogate le operazioni di intercettazione e quelli per i quali, anche sulla base delle conversazioni intercettate, è stata confermata la condanna (deve cioè trattarsi di un reato compiuto per nascondere un precedente oppure di un reato attribuito ad una persona che ha agito in concorso con l'autore del reato indagato o di un reato riconducibile al medesimo disegno criminoso). Inoltre è previsto che le intercettazioni tra presenti operate con captatore informatico possono essere utilizzati anche per la prova di reati diversi da quelli per i quali è stato emesso il decreto di autorizzazione se concernono, oltre ai reati di criminalità organizzata, anche i delitti contro la pubblica amministrazione commessi da pubblici ufficiali e incaricati di pubblico servizio, così facendo si è legittimato l'uso del captatore per ricercare reati anche non connessi rispetto a quelli per i quali il giudice ha ritenuto presenti i requisiti per disporre l'intercettazione. Il pm può anche utilizzare le intercettazioni al fine di chiedere al gip una misura cautelare, nel presentare al giudice quelle intercettazioni che ha ritenuto rilevanti deve comunque conferirle nell’archivio digitale. A sua volta il giudice valuterà la rilevanza delle intercettazioni presentate dal pm a fondamento della richiesta di misura cautelare e qualora le ritenga attendibili egli nell’ordinanza che accoglie la richiesta del pm dovrà riprodurre i soli brani essenziali delle comunicazioni quando ciò sia necessario per l’esposizione delle esigenze cautelari e degli indizi. Una volta che l'ordinanza cautelare sia stata emanata ed eseguita, la stessa è depositata nella cancelleria del giudice insieme alla richiesta del pm e agli atti presentati con la stessa; l’avviso del deposito è notificato al difensore il quale avrà il di esaminare e di estrarre copia dei soli verbali delle comunicazioni e conversazioni intercettate che il giudice ha considerato rilevanti e che ha posto alla base della misura, di converso non potrà ottenere copia delle intercettazioni che il giudice ha stralciato e restituito al pm. Tutte le intercettazioni diverse da quelle poste a base della misura resteranno segrete fino a che non si instauri il meccanismo del deposito e dell'acquisizione attraverso l'udienza di stralcio o al momento dell'avviso di conclusione delle indagini o della richiesta di giudizio immediato. I “Mezzi Atipici di ricerca della prova”: ai fini del loro esperimento è necessario che essi siano idonei all'accertamento, non pregiudichino la libertà morale della persona nonché il previo contraddittorio davanti al giudice al quale è imposto il compito di regolare le specifiche modalità di assunzione della prova, poiché essi si caratterizzano per esser compiuti in segreto sembrerebbero incompatibili col previo contraddittorio davanti al giudice tuttavia è previsto che il contraddittorio si possa operare nel momento in cui i risultati dei mezzi atipici di ricerca della prova vengono ammessi dal giudice il quale valuta ex post e la presenza dei requisiti posti dall'articolo 189. Sono state delineate delle regole che permettono di valutare l’ammissibilità dei nuovi mezzi atipici di ricerca della prova proprio in virtù della presenza di strumenti talmente invasivi da aggredire le libertà fondamentali. A tal fine è necessario accertare se il mezzo atipico sia inquadrabile in un mezzo tipico di ricerca della prova e trovi in esso la sua regolamentazione, il mezzo atipico non deve aggirare fraudolentemente le regole sostanziali previste per l'atto tipico cd principio di non sostituibilità. Una volta che il vaglio preliminare abbia condotto a ravvisare un’effettiva atipicità dello strumento intesa quale impossibilita di inquadramento dello strumento all'interno degli atti gia disciplinati dal codice, occorre svolgere una ulteriore valutazione in ordine al grado di limitazione delle libertà fondamentali prodotto dall'attivita atipica: -il mezzo atipico di ricerca che non limita diritti fondamentali può esser disposto dalla polizia giudiziaria purché, ovviamente siano compiuti per scopi legittimi del procedimento penale. -il mezzo atipico di ricerca che limita diritti fondamentali protetti da riserva di legge, in tal caso è prevista l’inutilizzabilità solo nel caso in cui il mezzo leda il nucleo essenziale del diritto e manchi una norma di legge nel quale possa rientrare, viceversa può essere utilizzato se autorizzato dal pm con provvedimento motivato quando non lede il nucleo essenziale de diritto ma una sfera periferica dello stesso. -il mezzo atipico di ricerca che limita diritti fondamentali non protetti da riserva di legge. In tal caso è prevista la medesima disciplina dei mezzi di cui sopra che non ledono il nucleo fondamentale del diritto. Tra i mezzi atipici di ricerca della prova figurano: ~l’agente segreto attrezzato per il suono, si tratta della cd registrazione fonografica occultamente eseguita da uno degli interlocutori di intesa con la polizia giudiziaria il quale rechi con sé apparecchi di registrazione che consentano alla polizia giudiziaria l'ascolto contestuale (l’ascolto contestuale configura una sorta di intercettazione mascherata e pertanto se sia stata operata in assenza dei presupposti previsti in materia di intercettazioni essa è inutilizzabile) o differito (è l’ascolto differito che configura attività di indagine atipica) di una conversazione con l'indagato, tale registrazione in oggetto costituisce la documentazione di un atto di indagine e potrà esser posta in essere purché sia autorizzata con provvedimento motivato dell'autorità giudiziaria, che può essere costituito anche da un decreto motivato del pm. ~i tabulati telefonici, l’acquisizione dei tabulati del traffico telefonico, la quale avviene su decreto motivato del pm, è volta a trarre dati che consentano di venire a conoscenza sia del collegamento tra 2 utenze sia della posizione geografica delle stesse. Ai fini della loro acquisizione è previsto che tali dati relativi al traffico telefonico debbono esser conservati dal fornitore per un determinato periodo di tempo il quale varia a seconda del tipo di traffico e dal tipo di reato (comune o grave) in quanto è entro tale periodo di tempo di conservazione imposto dalla legge che i dati vengono acquisiti. I requisiti dell’acquisizione (sono simili a quelli previsti per le intercettazioni nonostante che da queste essi differiscano perché non è integrato il requisito della comunicazione in corso) sono i seguenti <sussistenza di sufficienti indizi di reati di una determinata gravità; che l’acquisizione dei dati sia rilevante per l'accertamento dei fatti>. In presenza dei predetti requisiti, la richiesta di acquisizione dei tabulati deve essere presentata al giudice che procede da parte del pm o del difensore dell'imputato, dell'indagato, della persona offesa dal reato o di altre parti private. Il giudice, se accoglie la richiesta, autorizza con decreto motivato che i tabulati siano acquisiti presso il gestore del servizio di telefonia (cd procedura ordinaria). Qualora ricorrano ragioni d’urgenza e vi sia fondato motivo di ritenere che dal ritardo possa derivare grave pregiudizio per le indagini il pm dispone l'acquisizione dei dati con decreto motivato da comunicare entro 48ore al giudice competente per il rilascio dell'autorizzazione in via ordinaria il quale ha un ulteriore termine di quarantotto ore per disporre la convalida e per emettere il decreto motivato di acquisizione. ~le videoriprese di quanto accade in un luogo pubblico o privato all’insaputa di chi in esso si trovi. Quando l'attività è svolta da soggetti privati, la videoripresa è un documento ed è utilizzabile nel procedimento penale purché non rientri nelle ipotesi di documento illegale art240. Inoltre, il giudice prima di decidere sulla richiesta di arresto domiciliare deve accertare presso la polizia giudiziaria la disponibilità concreta del congegno elettronico ed in caso di indisponibilità deve valutare la specifica idoneità, adeguatezza e proporzionalità di ciascuna di quelle misure alternative alla carcerazione che possono essere applicate in relazione alle esigenze cautelari da soddisfare nel caso specifico. Dalla concreta indisponibilità del braccialetto non può derivare automaticamente né l’applicazione dell’arresto domiciliare né della carcerazione cautelare - custodia in carcere, essa rappresenta la misura più grave in quanto con essa il giudice dispone che l'imputato venga condotto in un istituto di custodia a disposizione dell'autorità giudiziaria. Qualora l'imputato necessita di cure specialistiche che non possono essere fatte in un luogo di detenzione, il giudice ne dispone la “custodia cautelare in un luogo di cura” e se del caso, adotta i provvedimenti necessari per prevenire il pericolo di fuga (es. piantonamento): se la malattia sia un'infermità mentale e l'imputato non sia socialmente pericoloso il giudice ne dispone il ricovero presso il servizio psichiatrico ospedaliero (centro di igiene mentale); se invece l'imputato è socialmente pericoloso (cioè può commettere nuovi reati) il giudice deve disporre il ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario (se l'infermità è totale) o in una casa di cura e custodia (se l'infermità è parziale). 2)”Misure interdittive” consistono nell'applicazione provvisoria a scopo cautelare di determinati divieti e possono essere applicate, di regola, solo in ordine ai delitti per i quali la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a 3 anni (si ricorre ad esse quando in concreto sia possibile soddisfare le esigenze cautelari mediante misure meno gravi di quelle coercitive attraverso la semplice compressione di determinati diritti e poteri collegati ad uno status civile o professionale lasciando invece inalterata la libertà fisica in senso stretto). Tra le misure interdittive che il giudice può adattare alle particolarità del caso concreto su richiesta del PM figurano: - la sospensione dall'esercizio della potestà dei genitori, priva temporaneamente l'imputato, in tutto o in parte, dei poteri ad essa inerenti. -la sospensione dall'esercizio di un pubblico ufficio o servizio, impedisce temporaneamente all'imputato, in tutto o in parte, le attività relative (la misura non si applica agli uffici elettivi ricoperti per diretta investitura elettorale). -con il provvedimento che dispone il divieto di contrattare con al P.A. il giudice interdice temporaneamente, in tutto o in parte, le attività relative. -con il provvedimento che dispone il divieto di esercitare determinate professioni, imprese o ufficio direttivi il giudice interdice temporaneamente all'imputato, in tutto o in parte, le attività predette. 3)misure di sicurezza applicate provvisoriamente a scopi cautelari. Alcune misure di sicurezza possono essere applicare provvisoriamente a titolo di provvedimento cautelare. L'applicazione provvisoria può avere per oggetto <il ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario per l'imputato che sia affetto da vizio di mente totale; il ricovero in una casa di cura e custodia per l'imputato semi-infermo di mente; la libertà vigilata>. Occorre che siano presenti i seguenti presupposti “gravi indizi di commissione del fatto; che l'imputato sia socialmente pericoloso (probabilità di commissione di reati); che non siano applicabili in concreto le cause di giustificazione di non punibilità o di esenzione del reato. La persona nei cui confronti è applicata provvisoriamente la misura di sicurezza è un soggetto che è ritenuto incapace di intendere e di volere al momento del fatto. Il procedimento di applicazione provvisoria e le relative impugnazioni sono regolate in modo simile a quanto è previsto per le misure custodiali [in materia non si applicano i termini massimi di custodia cautelare bensì il giudice deve procedere ad una valutazione periodica della pericolosità sociale a scadenza semestrale]. Quanto ai “Presupposti di applicabilità” essi si distinguono in: 1)condizioni generali di applicabilità delle misure cautelari personali, esse di distinguono nelle seguenti: -gravità del delitto addebitato all’imputato. Non sono applicabili le misure coercitive ed interdittive nei procedimenti per le "contravvenzioni" (si possono solo adottare misure cautelari reali). Inoltre non si possono applicare misure coercitive ed interdittive al di sotto di una soglia minima di gravità del delitto addebitato, tale soglia fa riferimento alla pena detentiva stabilita nel massimo per il delitto. Categorie di delitti. Il codice distingue tre fondamentali categorie di delitti: nella prima categoria rientrano i delitti punibili con la reclusione fino a 3 anni, per i quali di regola nessuna misura cautelare coercitiva o interdittiva può essere disposta; nella seconda categoria rientrano i delitti punibili nel massimo con la reclusione superiore a 3 anni, ma inferiore a 5, per i quali sono applicabili le misure coercitive diverse dalla custodia in carcere (e cioè, a partire dal divieto di espatrio fino all'arresto domiciliare); nella terza categoria rientrano i delitti punibili nel massimo con la reclusione di almeno 5 anni o con l'ergastolo, per i quali è applicabile anche la misura della custodia in carcere. -punibilità in concreto del delitto. Occorre che il delitto addebitato all'imputato sia punibile in concreto in quanto altrimenti non potrà esser applicata alcuna misura se risulta che il fatto sia stato compiuto in presenza di una causa di giustificazione o di non punibilità o se sussiste una causa di estinzione del reato ovvero una causa di estinzione della pena che si ritiene possa essere irrogata. -gravi indizi di reità/colpevolezza. Il termine indizio sta qui ad indicare il quantum di prova idonea a legittimare la misura cautelare ed è un termine che comprende sia le prove logiche sia quelle rappresentative e quindi indica un elemento acquisito durante le indagini a prescindere dalla sua natura di prova rappresentativa o logica; ovviamente, poiché in genere le misure cautelari vengono applicate nella fase delle indagini preliminari (e cioè in un momento nel quale non si è ancora svolto un piano contraddittorio dibattimentale e la base probatoria è ancora provvisoria in quanto in attesa di ricevere una piena conferma attraverso il contraddittorio dibattimentale) e pertanto il giudice deve formulare il giudizio prognostico concernente la probabilità che si pervenga alla condanna sugli elementi esistenti "allo stato degli atti" (dunque le prove sulle quali si fonda il giudizio di colpevolezza sono tali elementi sussistenti allo stato degli atti) i quali (in ragione del principio della presunzione di innocenza) devono prospettare come molto probabile la reità/colpevolezza dell'indagato. Gli indizi non debbono avere il carattere della completezza in quanto ci si trova ancora nella fase delle indagini. 2)esigenze cautelari. Le misure personali possono essere applicate solo quando sussista in concreto almeno una delle seguenti e tassative esigenze cautelari (la tassatività è prevista al fine di evitare che mediante l’applicazione della misura cautelare vi sia un’anticipazione della pena, infatti la presunzione di innocenza vieta l’applicazione anticipata della pena prima che sia stata pronunciata sentenza definitiva di condanna). Il Pm nel presentare al giudice la richiesta motivata di disporre una misura cautelare deve fornire gli elementi di prova che dimostrino in concreto sia l’esistenza di tutte le condizioni necessarie per applicare la misura (gravi indizi e punibilità in concreto) sia il ricorrere di una delle seguenti esigenze cautelari: -pericolo di inquinamento della prova. Il PM deve dimostrare che vi siano in concreto situazioni di attuale pericolo sia per l'acquisizione della prova (pericolo di occultamento) sia per una sua acquisizione in modo genuino (pericolo di alterazione), tale situazione di pericolo deve essere fondata su circostanze di fatto espressamente indicate nel provvedimento a pena di nullità. Tale pericolo non può ricavarsi dall’eventuale silenzio mantenuto dall’imputato. Il giudice che disponga tale misura dovrà anche fissarne la data di scadenza in relazione alle indagini da compiere. -il pericolo di fuga. È un’esigenza che ricorre quando l'imputato si sia dato alla fuga o vi sia il pericolo concreto e attuale che si dia alla fuga (attualità del pericolo). Nb la rilevanza al pericolo di fuga può esser data solo quando il giudice ritenga possibile che all'imputato possa essere irrogata con la sentenza una pena superiore a due anni di reclusione, al di sotto di tale soglia non si può dar rilevanza a tale pericolo ai fini dell’applicazione della misura. -il pericolo concreto ed attuale che vengano commessi determinati reati quali <gravi delitti contro l’ordine costituzionale oppure con l'uso di armi o di altri mezzi di violenza personale; delitti di criminalità organizzata; delitti della stessa specie di quello per il quale si procede (per quest’ultimo delitto la Custodia in carcere potrà esser disposta soltanto quando per essi sia prevista pena alla reclusione di almeno 5 anni nel massimo; gli arresti domiciliari quando sia prevista la pena della reclusione di almeno 4 anni nel massimo). Il pericolo concreto ed attuale deve essere desunto da specifiche modalità del fatto di reato e dalla personalità pericolosa dell'autore del fatto con il limite che la pericolosità non possa essere desunta esclusivamente dalla gravità del reato addebitato bensì debba essere ricavata dai precedenti penali e da comportamenti o atti concreti i quali debbono essere specificatamente indicati. Tutto ciò deve essere oggetto di motivazione specifica a pena di nullità. 3)criteri di scelta delle misure cautelari personali. Il giudice, dopo aver ricevuto la richiesta del PM e dopo aver accertato che esistono sia i gravi indizi di reità sia almeno una delle esigenze cautelari dispone con ordinanza la misura la quale non potrà essere più grave rispetto a quella richiesta dal PM e dovrà esser scelta in base ai criteri di cui all’art275 ossia: -“adeguata” alle esigenze cautelari presenti in concreto cd principio di adeguatezza in virtù del quale il giudice è tenuto a valutare la specifica idoneità ci ciascuna misura in relazione alla natura e al grado delle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto. Pertanto dopo che il PM abbia adempiuto all'onere di provare l'esistenza di una determinata esigenza cautelare occorre che vi sia piena corrispondenza funzionale tra la misura da adottare e il pericolo che si vuole evitare. [Attiene al tema dell’adeguatezza tra la misura ed il fatto anche l'applicazione di una misura cautelare contestualmente all'emissione della sentenza di condanna in tal caso il giudice chiamato a valutare la sussistenza delle esigenze cautelari deve tenere conto anche dell'esito del procedimento, delle modalità del fatto e degli elementi sopravvenuti; ed altresì l'applicazione di una misura cautelare contestualmente alla sentenza di condanna in fase di appello, in tal caso il giudice anche d'ufficio deve emettere una misura cautelare personale se sussistono esigenze cautelari in relazione ad un delitto per il quale è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza e sempre che tale delitto sia stato commesso da soggetto condannato nei 5 anni precedenti per delitti della stessa indole]. -“proporzionata" alla gravità del fatto e della sanzione che si ritiene possa essere irrogata cd principio di proporzionalità. A tal fine al giudice è fatto divieto di di disporre la carcerazione cautelare o l'arresto domiciliare quando si prevede che sarà concessa la sospensione condizionale della pena (essa è concessa quando la pena detentiva da irrogare in concreto non sia superiore a 2 anni, il colpevole non ha precedenti penali ed il giudice ritenga che il colpevole si asterrà in futuro da commettere reati ed è concessa quando); altresì è fatto divieto di disporre la carcerazione cautelare quando "ritenga che all'esito del giudizio la pena detentiva irrogata non sarà superiore a 3 anni" e quindi la pena detentiva sarà sospesa in attesa dell'applicazione di una misura alternativa. Il divieto di custodia cautelare non opera quando l'indagato abbia trasgredito le prescrizioni di una misura cautelare; nei procedimenti per i delitti più gravi o di violenza personale; quando gli arresti domiciliari non possono essere disposti per inidoneità del domicilio e nessun'altra misura cautelare è adeguata. - "graduata" in modo tale da applicare la custodia in carcere solo quando ogni altra misura coercitiva o interdittiva risulti inadeguata cd principio di gradualità e nel disporla dovrà esporre nell’ordinanza i motivi per i quali le esigenze cautelari non possano esser e soddisfatte con altre misure nonché indicare le specifiche ragioni per le quali ritenga non idonea, nel caso concreto, la misura degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico; di converso le le misure coercitive o interdittive diverse dal carcere possono essere applicate cumulativamente dal giudice. Sono previste 2 eccezioni sotto forma di presunzioni al principio di gradualità in presenza di gravi indizi di determinati delitti che denotano una forte pericolosità quali: ~ “presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari”, dunque in presenza di gravi indizi di commissione dei delitti di cui all’art275co3 (delitti di associazione mafiosa, terroristica e sovversiva; delitti di violenza alla persona etc) si considera esistente almeno una delle esigenze cautelari, si tratta di una presunzione relativa in quanto ammette la prova contraria (cioè che nel caso concreto non esiste alcuna esigenza). ~ “presunzione di adeguatezza della carcerazione cautelare”, dunque in presenza di gravi indizi di colpevolezza di commissione dei summenzionati reati il legislatore ha ritenuto adeguata la sola custodia cautelare in carcere. Tale presunzione è assoluta e non ammette pertanto prova contraria <per i soli delitti di associazione sovversiva, terroristica e mafiosa> (quindi in presenza di gravi indizi di tali reati è relativa la presunzione che esista almeno un'esigenza cautelare mentre è invece assoluta la presunzione che l'unica misura adeguata sia la custodia cautelare in carcere), la presunzione assoluta non ammette prova contraria e cade soltanto se venga meno la prima presunzione relativa che ne costituisce il presupposto (cioè se siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistano esigenze cautelari, è onere dell’indagato produrre tali elementi); di converso tale presunzione è relativa ed è suscettibile di prova contraria <per tutti gli altri delitti di cui all’art275co3> e pertanto in presenza di gravi indizi di tali altri reati sono “relative” sia la presunzione che esista almeno un'esigenza cautelare sia la presunzione che l'unica misura adeguata sia la custodia cautelare in carcere, ne segue pertanto che entrambe le presunzioni ammettono prova contraria (cioè se siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistano esigenze cautelari oppure che in relazione al caso concreto le esigenze cautelari possono esser soddisfatte con altre misure, anche se applicate cumulativamente). In ogni caso si prevedono alcune situazioni in presenza delle quali la custodia in carcere non possa esser disposta cd situazioni incompatibili con la custodia cautelare, ossia quando l'imputato sia affetto da malattia che si trova in una fase così avanzata da non rispondere più ai trattamenti disponibili e alle terapie curativa ed altresì quando ci si trovi in presenza di altre situazioni, salvo che sussistano esigenza cautelari di eccezionale rilevanza, quali <donna incinta, madre di prole di età inferiore a tre anni con lei convivente, padre in analoghe condizioni, se la madre è assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole, persona che ha superato l'età di 70 anni>. Quanto all’Applicazione delle Misure Cautelari personali essa avviene in 2 fasi [nb esse vengono richieste, decise e poi impugnate nel corso di un autonomo procedimento incidentale il quale costituisce una diramazione collaterale del procedimento principale che continua a svolgersi autonomamente ed è volto ad accertare l’esistenza di gravi indizi di colpevolezza ed esigenze cautelari al fine di applicare una misura cautelare]. 1)La 1ª fase consiste nella richiesta del PM e la decisione del giudice su tale richiesta la quale viene presentata dal PM senza che sia sentita la difesa poiché la misura deve essere eseguita "a sorpresa" per essere efficace (si tratta si una procedura segreta in quanto si svolge all'insaputa dell'indagato e del suo difensore). In particolare tale prima fase del procedimento applicativo ha inizio quando il PM chiede per scritto al GIP l'adozione di una misura cautelare personale, presentandogli gli elementi su cui la richiesta si fonda (cioè i verbali degli atti delle indagini preliminari dai quali si ricavano i gravi indizi e le esigenze cautelari) e termina quando il giudice prende, sempre per iscritto, una decisione sulla richiesta (il giudice provvede con un'ordinanza). Il Pm ha l'obbligo di presentare al giudice gli elementi raccolti durante le indagini preliminari su cui la richiesta si fonda [tra i quali sono ricompresi anche i dati probatori che si ricavano dai verbali sommari delle intercettazioni: nel presentare le intercettazioni rilevanti deve comunque conferirli nell'archivio digitale, con la conseguenza che il giudice avrà la facoltà di consultarli, ascoltare le registrazioni, ma all'interno dell'archivio] nonché tutti gli elementi a favore dell'imputato e le eventuali deduzioni e memorie difensive già depositate ciò al fine di ampliare le conoscenze del giudice relativamente all’accertamento dei presupposti per applicare la determinata misura richiesta in quanto egli, non conoscendo l’intero fascicolo delle indagini, decide sulla base degli atti di indagine che valgono come prove. Il giudice nel decidere sulla richiesta di misura cautelare <potrà applicare la misura richiesta; non applicare alcuna misura se ritiene che non sussistano le esigenze cautelari o le condizioni di applicabilità; applicare una o più misure meno gravi ma non potrà di converso applicare una misura più grave di quella richiesta>, egli decide mediante ordinanza motivata <tale ordinanza deve contenere l'esposizione delle specifiche esigenze cautelari e degli specifici indizi che giustificano in concreto la misura disposta, indicando altresì gli elementi di fatto da cui sono desunti ed i motivi per i quali essi assumono rilevanza - deve cioè indicare i motivi per i quali ritenga "rilevanti" gli elementi a carico e i motivi per i quali ritiene "non rilevanti" gli elementi a difesa raccolti dal pm e dal difensore - tenuto conto anche del tempo trascorso dalla commissione del reato [quando l'ordinanza necessita che siano esposti gli indizi e questi si ricavano dalle intercettazioni, il giudice deve produrre soltanto "i brani essenziali" delle comunicazioni e conversazioni rilevanti per le indagini, a tal fine dopo aver emanato l'ordinanza cautelare deve restituire al PM "gli atti contenenti le comunicazioni e conversazioni intercettate ritenute non rilevanti o inutilizzabili" queste sono destinate ad essere conservate nell'archivio digitale, le quali essendo coperte da segreto esterno non potrà esser pubblicata nemmeno la notizia generica]> il tutto dovrà esser frutto di autonoma valutazione del giudice. 2)La 2ª fase del procedimento applicativo ha inizio con l’esecuzione della misura personale e si conclude con l’interrogatorio di garanzia cui il gip (giudice che ha deciso l'applicazione della misura cautelare coercitiva o interdittiva) sottopone l’indagato, tale fase si caratterizza per la presenza del contraddittorio il quale è dovuto all’interrogatorio di garanzia ed al diritto che il difensore ha di esaminare i verbali degli atti che sono stati valutati dal giudice, tuttavia all’indagato non è riconosciuto il diritto alla prova ed il giudice decide solo su atti e documenti scritti. •Quanto all'esecuzione del provvedimento cautelare, l’ordinanza che dispone la custodia cautelare è eseguita, su incarico del PM, dalla polizia giudiziaria la quale consegna all'imputato copia del provvedimento [invece l’ordinanza che dispone una misura non custodiale è notificata all’imputato]; ove sia disposta la carcerazione cautelare o l'arresto domiciliare la polizia giudiziaria consegna all'indagato, unitamente al provvedimento, una comunicazione scritta in cui lo informa <della facoltà di nominare un difensore e di essere ammesso al patrocinio a spese dello stato nei casi previsti; del diritto di ottenere informazioni in merito all'accusa; del diritto all'interprete; del diritto di avvalersi della facoltà di non rispondere; del diritto di accedere agli atti sui quali si fonda il procedimento; del diritto di informare le autorità consolari e dare avviso ai familiari; del diritto di accedere all'assistenza medico di urgenza; del diritto di essere condotto davanti all'autorità giudiziaria non oltre 5 giorni dall'inizio dell'esecuzione, se la misura cautelare è quella della custodia cautelare in carcere ovvero non oltre 10 giorni se la persona è sottoposta ad altra misura; del diritto di comparire davanti al giudice per rendere l'interrogatorio, di impugnare l'ordinanza e richiederne la sostituzione o la revoca; della facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa> ed altresì informa immediatamente il difensore di fiducia eventualmente nominato (o quello d'ufficio designato) dell'avvenuta esecuzione della misura - in quanto il difensore ha diritto ad interloquire con l’imputato/indagato sottoposto a custodia cautelare (potendo accedere al luogo della custodia senza autorizzazione), fermo o arresto sin dall’inizio della misura - e redige il verbale di tutte le operazioni compiute il quale è immediatamente trasmesso al giudice che ha emesso l'ordinanza e al PM. ~ Termini di durata massima dalla custodia cautelare, tali termini coprono un periodo di tempo che va dall'esecuzione della misura coercitiva o dall'arresto o dal fermo fino a quando la sentenza di condanna è diventata irrevocabile in quanto solo da questo momento inizierà l'esecuzione della sanzione. Pertanto quando la custodia cautelare superi i termini massimi previsti essa viene ad estinguersi di diritto e l'imputato dovrà essere liberato immediatamente, tuttavia il giudice potrà disporre una fra le altre misure delle quali ricorrono i presupposti soltanto se sussistono le ragioni che avevano determinato la custodia cautelare. La custodia è però ripristinata <se l'imputato abbia trasgredito le prescrizioni della nuova misura cautelare o se sia stata emessa sentenza di condanna in primo o secondo grado e vi è pericolo di fuga>. Il codice prevede varie tipologie di termini, a tal fine abbiamo da un lato i termini massimi intermedi e dall’altro lato il termine massimo complessivo fino alla sentenza irrevocabile. Quanto ai “Termini Intermedi” essi indicano la durata della misura per ciascuna fase (o grado) del procedimento e si caratterizzano per essere autonomi tra loro in quanto operano soltanto in quella determinata fase (o grado) del procedimento ed una volta conclusa la fase (o grado) anteriore inizia a decorrere il successivo termine intermedio anche se il periodo di tempo precedente non è stato utilizzato per intero [il primo termine intermedio copre il periodo di tempo che va dall'inizio delle indagini preliminari al rinvio a giudizio o all'ordinanza che dispone il giudizio abbreviato; in relazione ai più gravi delitti, entro un anno deve intervenire il decreto che dispone il giudizio. Il termine può esser prorogato sino a 6 mesi Il secondo termine intermedio copre il periodo di tempo che va dal rinvio a giudizio fino alla sentenza di condanna di primo grado; in relazione ai più gravi delitti, la condanna deve intervenire entro un anno e sei mesi. Il terzo termine intermedio copre il periodo di tempo dell'appello; la condanna in grado di appello deve intervenire entro un anno e sei mesi. Il quarto termine intermedio copre il periodo di tempo del ricorso per cassazione; la sentenza irrevocabile deve intervenire entro un anno e sei mesi. Tale quarto termine non opera quando vi è stata condanna sia in 1ºgrado sia in appello e pertanto in tal caso si applica il termine complessivo]. I “termini complessivi” indicano il limite totale di durata di una misura cautelare la quale prescinde dalla durata dei singoli termini intermedi, entro tale termine dovrà intervenire sentenza irrevocabile di condanna, pena il venire meno della misura disposta. Per i delitti più gravi il termine è di 6 anni e comprende le eventuali proroghe concesse. I Termini finali di fase (cd. massimo dei massimi) sono quei termini che si hanno quando intervenga una causa di sospensione dei termini intermedi (come il legittimo impedimento dell'imputato o del difensore) ed è previsto che la durata della custodia non possa superare il doppio dei termini intermedi o il termine complessivo aumentato della metà (che per i reati più gravi è di 9 anni). Il Termine sussidiario è un ultimo termine il quale opera soltanto se più favorevole rispetto ai termini finali ed è pari a 2/3 del massimo della pena temporanea prevista per il reato contestato o ritenuto in sentenza; a tal fine la pena dell'ergastolo è equiparata alla pena massima temporanea, e cioè 30 anni. Il decorso dei termini di custodia cautelare può essere “sospeso” soltanto in ipotesi tassativamente indicate e per una durata che non può comunque eccedere un ammontare prefissato. ~Termini di durata massima delle misure diverse dalla custodia cautelare. Le “Misure Obbligatorie” (divieto di espatrio, obbligo di presentari alla polizia o obbligo di dimora) sono vincolate a termini intermedi e complessivi pari al doppio di quanto è previsto per la custodia cautelare; le “Misure Interdittive” di regola non possono avere durata superiore a 12 mesi e perdono efficacia quando sia decorso il termine fissato dal giudice nell'ordinanza, ma in ogni caso qualora siano state disposte per esigenze probatorie il giudice può ordinarne la rinnovazione con il limite massimo di 12 mesi. [Contestazioni a catena: qualora nei confronti del medesimo imputato siano emesse più ordinanze che dispongono la medesima misura per uno stesso fatto, anche se diversamente circostanziato o qualificato, oppure per fatti diversi commessi anteriormente all’emissione della prima ordinanza in relazione ai quali sussiste connessione qualificata (reati commessi per eseguirne altri) i termini decorrono dal giorno in cui è stata eseguita o notificata la prima ordinanza (retrodatazione) e sono commisurati all’imputazione più grave purché tali fatti fossero desumibili dagli atti prima del rinvio a giudizio per il fatto/fatti oggetto della prima ordinanza - tale retrodatazione è prevista anche quando non sussiste connessione tra fatti diversi - (non è invece necessario ai fini della retrodatazione per fatti legati da connessione teologica, continuazione o concorso formale che al momento dell’emanazione della prima ordinanza di desumere dagli atti l’esistenza dei fatti oggetto di ordinanze successive), nb ricorre il presupposto dello stesso fatto anche nel caso di continenza della seconda contestazione nella prima (cioè quando la condotta contestata successivamente non coincida in toto con quella considerata nel primo provvedimento ma ne costituisca una specificazione)]. Impugnazioni contro le misure cautelari personali. I provvedimenti che applicano, modificano o revocano le misure cautelari sono impugnabili mediante “riesame, appello ed ricorso per cassazione”. Ogni singolo mezzo di impugnazione si svolge in maniera autonoma rispetto al procedimento penale, il quale segue il suo corso, in quanto l'impugnazione contro una misura cautelare costituisce un procedimento incidentale che si sviluppa parallelamente al procedimento penale; essi si caratterizzano per non avere una efficacia sospensiva sul provvedimento cautelare il che significa che la misura cautelare continua ad avere effetto nonostante sia stata presentata impugnazione. Competente a decidere sul riesame e sull'appello è il tribunale (in composizione collegiale) del capoluogo del distretto di corte d'appello nel quale ha sede il giudice che ha disposto la misura cd “tribunale della libertà". •il riesame, è una impugnazione completamente devolutiva la quale può esser proposta esclusivamente dall'imputato o dal suo difensore (e non già dal pubblico ministero) di regola soltanto contro quelle ordinanze che applicano per la prima volta (ab initio) una misura coercitiva in modo da farne valutare la legittimità ed il merito della stessa al Tribunale il quale nella valutazione non sarà vincolato né dagli eventuali motivi del ricorso dell'imputato né dalla motivazione del provvedimento che ha applicato la misura ed inoltre dovrà decidere sulla richiesta dell'imputato (o del suo difensore) entro termini brevi e perentori a pena della perdita di efficacia della misura coercitiva, dunque il procedimento del riesame è veloce. Invece avverso un provvedimento che sostituisce, rinnova, modifica o ripristina una misura coercitiva già applicata non è ammesso il riesame bensì l'appello; inoltre l’eventuale richiesta dell'indagato volta ad ottenere la revoca o la sostituzione della misura coercitiva non potrà esser rivolta a tale tribunale bensì al giudice procedente. La richiesta di riesame - la quale potrà sia non esser motivata sia contenere i motivi per i quali l'imputato ritenga che l’ordinanza sia annullata o modificata; inoltre qualora l’imputato voglia chiedere di comparire personalmente all'udienza dovrà farlo nella richiesta di riesame - deve essere presentata dall'imputato o dal suo difensore nella cancelleria del tribunale della libertà entro il termine di 10 giorni a pena di inammissibilità, tale termine decorre per l'imputato dall'esecuzione o dalla notificazione del provvedimento mentre per il difensore dalla notifica dell'avviso di deposito dell'ordinanza che dispone la misura [In materia cautelare vale il principio di unicità del mezzo di impugnazione in virtù del quale la presentazione dell’istanza di riesame da parte dell’imputato preclude al suo difensore di presentare impugnazione avverso il medesimo provvedimento se sulla prima richiesta il tribunale abbia già deciso, in caso contrario il 2º gravame confluisce nel primo integrandone i motivi]. Dopodiché il presidente fa dare immediato avviso all'autorità procedente (che durante le indagini preliminari è il PM) la quale entro 5 giorni dalla richiesta di riesame deve trasmettere al tribunale sia gli atti presentati quando aveva chiesto la misura cautelare sia tutti gli elementi sopravvenuti a favore della persona sottoposta alle indagini, qualora la trasmissione degli atti non avvenga nel termine di 5 giorni l'ordinanza perde efficacia e il giudice lo deve dichiarare anche d'ufficio; e salve eccezionali esigenze cautelari specificatamente motivate la misura cautelare non può essere rinnovata. L'avviso della data fissata per l'udienza è sia comunicato al PM presso il tribunale della libertà almeno 3 giorni prima, sia notificato all'imputato ed al suo difensore sempre almeno 3 giorni prima. Fino al giorno dell'udienza gli atti restano depositati in cancelleria, con facoltà per il difensore di esaminarli ed estrarne copia. L'imputato, entro 2 giorni dalla notificazione dell'avviso di udienza, potrà anche chiedere personalmente per giustificati motivi al tribunale di “differire la data dell'udienza” da un minimo di 5 ad un massimo di 10 giorni, il Tribunale qualora i giustificati motivi sussistano dovrá accogliere la richiesta e differire la data e pertanto il termine per la decisione (10 giorni) e quello per il deposito dell'ordinanza (di regola 30 giorni) sono prorogati nella stessa misura. L'udienza si svolge in camera di consiglio, cioè con un contraddittorio facoltativo [l’imputato che ne abbia fatto richiesta con l’atto introduttivo del riesame ha diritto di comparire personalmente o, quando una particolare disposizione di legge lo prevede, di partecipare a distanza. Il presidente può altresì disporre la partecipazione a distanza dell’imputato che vi consenta]: il PM e il difensore dell'imputato (i quali debbono essere avvisati della data dell’udienza almeno 3 giorni prima) hanno la facoltà e non già l’obbligo di parteciparvi, tuttavia se presenti hanno il diritto di esporre oralmente le proprie conclusioni. In seguito all'udienza il tribunale deve decidere con ordinanza entro il termine di 10 giorni dalla ricezione degli atti, l’ordinanza sarà poi depositata entro 30 giorni dalla decisione, salvo i casi in cui la stesura della motivazione sia particolarmente complessa per il numero degli arrestati o la gravità delle impugnazioni in quanto in tali casi il giudice potrà disporre di un termine più lungo ma comunque non eccedente il 45 giorni dalla decisione. Tutti i termini menzionati sono perentori e pertanto se la decisione sulla richiesta di riesame o il deposito dell'ordinanza del tribunale in cancelleria non intervengono nei termini prescritti il provvedimento impugnato (cioè la misura cautelare) perde efficacia e, salve eccezionali esigenze cautelari specificatamente motivate, non potrà essere rinnovato. Il tribunale del riesame ha un potere cognitivo limitato in quanto non può né decidere sulla base di tutti gli atti di indagine raccolti fino a quel momento ma solo sulla base di quelli effettivamente presentati dal PM e dal difensore né può disporre l'audizione di persone o l'assunzione di prove non rinviabili. Quanto alla decisione del tribunale, egli potrà: ~dichiarare l'inammissibilità della richiesta di riesame (perché ad es è stata presentata oltre i termini o da soggetti non legittimati); ~riformare in meglio la misura (cioè modificarla in modo più favorevole all'imputato) anche per motivi diversi da quelli enunciati nell'impugnazione ~ confermare la misura coercitiva anche per ragioni diverse da quelle indicate nella motivazione del provvedimento originario; ~annullare la misura <per carenza di uno degli elementi essenziali (indicati a pena di nullità nell'art 292 quali l’indicazione delle esigenze cautelari etc); per mancanza di motivazione non solo come segno grafico ma anche quando l'argomentazione logica è apparente ed altresì quando la motivazione "non contenga l'autonoma valutazione delle esigenze cautelari, degli indizi e degli elementi forniti dalla difesa>. •l’Appello, è un’impugnazione limitatamente devolutiva la quale può essere proposta dall’imputato, difensore e PM al tribunale nei confronti di tutti gli altri provvedimenti in tema di misure cautelari personali che non sono sottoponibili al riesame, a tal fine si caratterizza per essere un mezzo di impugnazione residuale rispetto al riesame in quanto concerne tutte quelle ordinanze che non applicano per la prima volta (ab initio) una misura coercitiva; di converso sono sottoponibili ad appello (e non a riesame) i provvedimenti che applicano per la prima volta una “misura interdittiva”. ~il PM (che non dispone dello strumento del riesame) può presentare appello contro l'ordinanza del giudice che ha applicato una misura cautelare meno grave di quella da lui richiesta oppure contro l'ordinanza che ha concesso la revoca o la sostituzione della misura su richiesta dell'imputato. ~l'imputato e il suo difensore possono presentare appello contro i provvedimenti cautelari diversi da quelli che applicano per la prima volta una misura coercitiva (es appello del diniego della revoca richiesta dall’imputato). Competente a decidere è sempre il "tribunale della libertà" (cioè il tribunale del capoluogo del distretto di corte d’appello nel quale ha sede il giudice che ha disposto la misura). L'appello deve essere proposto a pena di inammissibilità entro 10 giorni dall'esecuzione o notificazione del provvedimento ed il tribunale della libertà dovrà decidere sull'appello entro 20 giorni dalla ricezione degli atti (i termini sono ordinatori e non perentori pertanto il loro eventuale superamento non comporta l'inefficacia della misura cautelare impugnata). Le modalità di svolgimento del procedimento di appello ed i poteri di cognizione del tribunale sono in buona parte simili a quelli previsti per il riesame, la più importante differenza consiste nelle formalità che regolano la dichiarazione con cui le parti redigono l'appello la quale dovrà precisare (a pena di inammissibilità) i motivi per i quali il soggetto interessato ritenga che il provvedimento debba essere annullato o modificato e pertanto il tribunale sarà vincolato a quei punti del provvedimento oggetto dei motivi di doglianza esposti nella dichiarazione di impugnazione dell’imputato o pm (per questo motivo l’appello è una impugnazione ad effetto parzialmente devolutivo). L'ordinanza del tribunale deve essere depositata in cancelleria entro 30 giorni dalla decisione, salvi i casi in cui la stesura della motivazione sia particolarmente complessa per il numero degli arrestati o la gravità delle impugnazioni in quanto in tali casi il giudice può indicare nel dispositivo un termine più lungo il quale non potrà comunque eccedere 45 giorni decorrenti dalla decisione (si tratta di un termine ordinatorio il cui mancato rispetto è privo di conseguenze sul fronte processuale). •Ricorso per Cassazione, è l’impugnazione esperibile contro le decisioni che il tribunale della libertà ha preso sulla richiesta di riesame o sull'appello il quale può essere proposto dall’imputato (nb a seguito della riforma orlando è stata ad esso sottratta la possibilità di sottoscrivere personalmente il ricorso pertanto potrà ricorrere solo per tramite del suo difensore a pena di inammissibilità), dal suo difensore, dal pm che ha richiesto l'applicazione della misura o dal pm presso il tribunale della libertà entro 10 giorni dalla comunicazione o notificazione dell'avviso di deposito del provvedimento impugnato la quale decide in camera di consiglio entro 30 giorni dalla ricezione degli atti osservando le forme previste dall'art127. In sede di legittimità possono esser contestate solo la mancanza, contraddittorietà o illogicità della motivazione del provvedimento impugnato o il travisamento della prova (cioè quando un dato probatorio è stato omesso, inventato o male interpretato) in quanto la corte in qualità di giudice di legittimità non potrà valutare la credibilità e l'attendibilità dell'elemento di prova su cui si è basata la misura cautelare in quanto questo è un compito riservato al giudice di merito (riesame o appello) [È possibile anche il ricorso per cassazione per saltum contro le sole ordinanze che dispongono una misura coercitiva ma al solo imputato e al suo difensore i quali anziché presentare la richiesta di riesame al tribunale della libertà possono direttamente proporre il ricorso per cassazione contro l'ordinanza che applica per la prima volta una misura coercitiva per motivi di violazione di legge]. Quando la cassazione annulla con rinvio un’ordinanza che ha disposto una misura coercitiva oppure la conferma a seguito di riesame, il giudice del rinvio dovrà decidere entro 10 giorni dalla ricezione degli atti e l’ordinanza dovrà esser depositata entro 30 giorni dalla decisione (il mancato rispetto di tali termini implica l’inefficacia della misura cautelare). Nel caso di Ingiusta custodia cautelare è riconosciuto all’imputato il diritto ad ottenere un'equa riparazione per custodia cautelare subita ingiustamente. La domanda di riparazione deve esser proposta dall'imputato alla Corte d’appello entro 2 anni dal giorno in cui la sentenza di proscioglimento o condanna è diventata irrevocabile (o è stato notificato il provvedimento di archiviazione) sulla quale decide la Corte d'appello con un procedimento in camera di consiglio in via equitativa in considerazione del fatto che si tratta di una somma indennitaria e non risarcitoria. Il presupposto ai fini della riparazione consiste nell'ingiustizia della custodia cautelare subita (nelle due forme della custodia in carcere o dell'arresto domiciliare) - senza la necessità di accertare se essa sia dovuta ad un atto illecito compiuto dall'autorità giudiziaria in quanto altrimenti il richiedente avrebbe dovuto dimostrare l’ingiustizia del danno e vi sarebbe stato un risarcimento e non una riparazione - si distingue a tal fine tra 2 ipotesi di ingiustizia: ~ ingiustizia sostanziale, essa si ha quando l’imputato sia stato assolto con sentenza irrevocabile perché innocente in quanto <il fatto non sussiste; l'imputato non lo ha commesso; il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato>. Alla sentenza di assoluzione sono parificati la sentenza di non luogo a procedere pronunciata al termine dell'udienza preliminare ed il provvedimento di archiviazione emesso all'esito delle indagini preliminari. ~ingiustizia formale, essa si ha quando si accerta con decisione irrevocabile [essa è l’ordinanza non impugnata adottata nel giudizio di riesame o di appello oppure quella a seguito di ricorso in cassazione] che la custodia cautelare sia stata applicata illegittimamente, cioè senza che esistessero le condizioni di applicabilità previste dagli art 273 e 280 (quali la mancanza di indizi; delitto punibile con pena che non consentiva la custodia in carcere o quando la custodia subita sia stata superiore alla pena irrogata con sentenza di condanna) - è sufficiente che la custodia sia stata illegittima "formalmente" non rilevando che essa fosse giustificata dal punto di vista sostanziale - in tal caso il diritto all’equa riparazione spetterà sia all'imputato prosciolto per qualsiasi causa sia all'imputato condannato. Vi sono tuttavia dei limiti alla riparazione, essa è esclusa sia per quella parte della custodia cautelare che è stata comunque computata ai fini della determinazione della quantità di pena detentiva che avrebbe dovuto essere scontata dall'imputato che è stato condannato sia quando l’imputato abbia dato causa o ha "concorso a dare causa" all'ingiusta custodia cautelare per dolo o colpa grave. L’imputato quando è interrogato ha diritto di restare in silenzio e qualora renda false dichiarazioni seppur non sia punibile - se non quando commetta calunnia o simulazione di reato - costituisce tuttavia un comportamento che integra gli estremi degli artifizi che inducono in errore e pertanto in tal caso sarà esclusa la riparazione. Nessuna riparazione è invece prevista per l’ingiusta applicazione di misure coercitive non custodiali; il diritto alla riparazione è stato esteso anche alle “misure precautelari" sia nel caso in cui sia stato disposto un arresto in flagranza o un fermo che non siano stati convalidati, sia nel caso di convalida della misura non seguita da un provvedimento di custodia cautelare qualora sia intervenuta una sentenza irrevocabile di assoluzione. Giudicato cautelare, si tratta di un giudicato volto ad impedire al giudice adito successivamente di valutare nuovamente le questioni già esaminate in una precedente impugnazione cautelare, tale preclusione è limitata alle questioni dedotte espressamente o implicitamente nei giudizi di impugnazione e non investe anche quelle deducibili ma non dedotte in tali sedi ed altresì essendo una preclusione che opera esclusivamente allo stato degli atti è superabile in presenza di elementi nuovi rispetto alla situazione di fatto o di diritto si cui si è basata la precedente decisione. Il giudicato cautelare è stato posto quale limite anche all’attività del pm. B)Misure Cautelari Reali Le misure cautelari reali si caratterizzano per porre un vincolo di indisponibilità su cose mobili od immobili, esse possono esser disposte solo dal giudice per qualsiasi genere di reato (anche per le contravvenzioni) - i criteri di scelta delle misure Vi può anche essere il cd Arresto in flagranza differito per reati commessi con violenza alle persone o alle cose [la flagranza differita è quella situazione al verificarsi della quale la polizia giudiziaria è legittimata ad operare l'arresto di persone che abbiano commessi atti violenti a persone o cose in quei casi in cui non sia possibile procedere immediatamente all'arresto per ragioni di sicurezza o incolumità pubblica si pensi ad esempio quando tale condotta sia posta in essere in occasione di manifestazioni sportive o pubbliche]. I requisiti per procedere a tale tipo di arresto sono i seguenti: <che i reati di violenza a persone o cose siano espressamente previsti dalla legge e che non sia stato possibile procedere immediatamente all'arresto in flagranza “per regioni di sicurezza o incolumità pubblica"; che il soggetto (già identificata o da identificare) risulti essere l'autore sulla base di una "documentazione video fotografica dalla quale emerga inequivocabilmente il fatto" ed infine che l’arresto sia effettuato non oltre il tempo necessario alla identificazione del colpevole e comunque entro 48 ore dal fatto>. Requisiti differenti sono previsti soltanto in presenza di reati commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive per i quali è obbligatorio o facoltativo l'arresto in flagranza e per altri reati espressamente previsti (es. lancio di materiale pericoloso) nonché per quei reati compiuti alla presenza di più persone anche in occasioni pubbliche per i quali è obbligatorio l'arresto in flagranza non essendo utilizzabile l’arresto differito (es resistenza a PU). •il fermo. Esso può essere disposto dal pm in presenza delle seguenti condizioni <presenza di gravi indizi a carico dell'indagato e di elementi di prova che facciano ritenere fondato il pericolo di fuga [la situazione di concreto ed attuale pericolo non può esser desunta esclusivamente dalla gravità del titolo di reato per cui si procede]; che si proceda per un delitto punito con ergastolo o reclusione non inferiore nel minimo a 2 anni e superiore nel massimo a 6 (es. furto pluriaggravato, rapina); invece si prescinde dalla pena edittale per delitti concernenti le armi da guerra e gli esplosivi o per delitti commessi "per finalità di terrorismo, anche internazionale, o di evasione dell'ordine democratico> ed altresì dalla polizia giudiziaria nei medesimi casi nei quali l’arresto può essere disposto dal PM in presenza delle seguenti situazioni <prima che il pubblico ministero abbia assunto la direzione delle indagini; dopo l'assunzione della direzione delle indagini ma soltanto nei casi in cui sia successivamente individuato l'indiziato fino ad allora ignoto oppure sopravvengano specifici elementi che rendano fondato il pericolo che l'indiziato stia per darsi alla fuga e non sia possibile attendere il provvedimento del pubblico ministero (tra gli specifici elementi vi è anche il possesso, da parte dell'indiziato, di documenti falsi)>. [Il pm non è titolare del potere di arresto in flagranza ma tuttavia può disporre il fermo anche nelle ipotesi in cui vi sia flagranza purché il delitto rientri nei limiti edittali del fermo e siano presenti le condizioni che legittimano quest’ultimo provvedimento]. L'arresto ed il fermo in qualità di provvedimenti provvisori e temporanei debbono essere sottoposti alla “convalida” (o meglio alla ratifica) del giudice in virtù del principio secondo cui le misure limitative della libertà possono esser disposte solo dal giudice. Il procedimento di convalida si suddivide in 3 fasi: -nella prima fase la polizia giudiziaria che ha eseguito le misure precautelari (o che ha avuto in consegna il soggetto) pone l'arrestato/fermato a disposizione del PM. Inoltre la polizia ha i seguenti doveri: ~dovere di informativa. Egli deve informare l’arrestato/fermato mediante consegna di una comunicazione scritta (nella lingua a lui comprensibile) [la cartabia ha aggiunto che tale comunicazione scritta sia allegata agli atti in forma di documento informatico, se l'originale è redatto in forma di documento analogico, si osservano le disposizioni di cui agli art 110co4 e 111ter co3] <della facoltà di nominare un difensore di fiducia e di essere ammesso al patrocinio a spese dello stato nei casi previsti dalla legge; del diritto di ottenere informazioni circa l'accusa; del diritto all'interprete ed alla traduzione degli atti fondamentali; del diritto di avvalersi della facoltà di non rispondere o del diritto di accedere agli atti sui quali si fonda l'arresto o il fermo; del diritto di informare le autorità consolari e di dare avviso ai familiari; del diritto di accedere all'assistenza medica d'urgenza; del diritto di essere condotto davanti all'autorità giudiziaria per la convalida entro 96 ore dall'avvenuto arresto o fermo; del diritto di comparire davanti al giudice per rendere interrogatorio e di proporre ricorso per cassazione contro l'ordinanza che decide sulla convalida del fermo o dell'arresto>; di informare il suo difensore dell’arresto/fermo ed altresì su consenso dell’arrestato/fermato possono dare notizia dell’esecuzione della misura ai suoi familiari; di informare il pm <dandogli immediata notizia del provvedimento e del luogo ove l'arresto o il fermo è stato eseguito trasmettendogli altresì l'informativa di reato; possono chiedere al pm la nomina di un difensore d’ufficio qualora non sia stato nominato un difensore di fiducia>. ~dovere di porre l’arrestato/fermato a disposizione del PM al più presto e comunque non oltre le 24 ore: ciò avviene di regola conducendolo nella casa circondariale del luogo nel quale la misura è eseguita. In via eccezionale il PM può anche disporre che esso sia custodito nei luoghi nei quali si esegue l'arresto domiciliare, e cioè nella propria abitazione (o altro luogo di privata dimora) o in un luogo di pubblica cura o di assistenza. (Se i suddetti luoghi non sono idonei l'arrestato è custodito presso strutture nella disponibilità della polizia giudiziaria "cd. la camera di sicurezza" o se questa manchi presso la casa circondariale) ~devono trasmettere al PM il verbale dell'arresto/fermo, anche per via telematica, sempre entro 24 ore; il pm può anche autorizzare una dilatazione in modo che sia possibile presentare al giudice il verbale entro 48 ore dall'arresto/fermo. -Nella seconda fase il PM formula la richiesta di convalida dell'arresto/fermo al giudice ed altresì chiede nella successiva udienza una delle misura cautelari personali. A tal fine il PM può procedere all'interrogatorio dell'arrestato o del fermato, dando previo avviso al difensore di fiducia o d’ufficio il quale ha la facoltà di essere presente all'atto. All'inizio dell'interrogatorio il PM, dopo aver dato l'avviso della facoltà di non rispondere, informa lo stesso del fatto per cui si procede, delle ragioni che hanno determinato il provvedimento ed altresì gli comunica degli elementi a suo carico e, se questo non reca pregiudizio alle indagini, delle fonti. In questa fase il PM dispone che esso sia immediatamente liberato senza chiedere la convalida al giudice quando <risulta evidente che l'arresto o il fermo è stato eseguito per errore di persona o fuori dai casi consentiti oppure quando la misura sia divenuta inefficace perché sono decorsi i termini per porre l'arrestato a disposizione del pm o per chiedere la convalida del giudice>, nel disporre la liberazione dovrà egualmente chiedere al giudice la convalida quando, pur considerando giustificato l'arresto o il fermo, ritenga di non dover chiedere al giudice l'applicazione di una misura cautelare coercitiva. -Nella terza fase si svolge l’udienza di convalida la quale ha inizio con la richiesta di convalida che entro 48 ore dall’arresto/fermo il pm rivolge al gip competente in relazione al luogo dove l'arresto o il fermo è stato eseguito (se invece il pm ritenga di voler procedere con rito direttissimo presenta la richiesta al giudice del dibattimento). Ricevuta la richiesta il giudice fissa l'udienza di convalida al più presto e comunque entro le 48 ore successive, dandone avviso al pm ed al difensore. L'udienza si svolge in camera di consiglio con la partecipazione facoltativa del PM (il PM se presente deve indicare i motivi dell'arresto o del fermo illustrando le richieste in ordine alla libertà personale) e necessaria del difensore dell’indagato (quest’ultimo non è obbligato ad intervenire ma se presente deve essere interrogato dal giudice). L’arresto ed il fermo cessano di avere efficacia se l’ordinanza di convalida non sia pronunciata o depositata nelle 48 ore successive al momento in cui il giudice ha ricevuto la richiesta di convalida. Sulla base di questo interrogatorio, in sede di convalida vengono prese due distinte decisioni ed a tal fine il giudice deve procedere a 2 accertamenti <in primo luogo deve accertare se l'arresto o il fermo sia stato legittimamente eseguito e se siano stati osservati i termini perentori per porre l'arrestato a disposizione del PM e per chiedere la convalida e decide con ordinanza se convalidare o meno l'arresto o il fermo (la convalida o il suo diniego può essere oggetto di ricorso in cassazione); in secondo luogo deve accertare se ricorrano i presupposti della misura cautelare richiesta dal pm; quindi può applicarla (l’ordinanza è impugnabile presso il tribunale della libertà)>, si tratta di 2 accertamenti indipendenti fra loro in quanto il giudice può convalidare l'arresto o il fermo ma non applicare la misura cautelare e viceversa potrà negare la convalida ma disporre egualmente di una misura cautelare. In ogni caso, l'arresto o il fermo cessano di avere efficacia se il giudice non decide entro 48 ore successive al momento in cui l'arrestato o il fermato è stato posto a sua disposizione. La cognizione del giudice è limitata al fatto di reato così come appare nella richiesta di convalida formulata dal pm, pertanto il giudice non potrà modificare il fatto storico addebitato ma soltanto valutare la sua esistenza in base agli elementi addotti, potrà soltanto attribuire al fatto storico una qualificazione giuridica diversa da quella data dal pm ma ciò vale ai soli fini della decisione in oggetto e non influisce sulle successive indagini. •l’allontanamento d'urgenza dalla casa familiare è una misura precautelare consistente nell'allontanamento fisico di un soggetto dalla casa familiare e nel divieto di avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa. Può essere adottata dalla polizia giudiziaria - previa autorizzazione del pm scritta o anche orale e confermata per iscritto o via telematica - nei confronti di colui che sia colto nella fragranza dei delitti di violenza alla persona e quando vi siano fondati motivi di ritenere che le condotte possano essere reiterate ponendo in grave pericolo la vita o l'integrità fisica o psichica della persona offesa. Il procedimento si compone di 3 fasi: -nella prima fase la polizia avverte l'indagato della facoltà di nominare un difensore ed entro 24h trasmette al pm il relativo verbale il quale potrà procedere all'interrogatorio dandone tempestivo preavviso al difensore, durante l'interrogatorio l'indagato verrà informato del fatto per cui si procede e delle ragioni che hanno determinato il provvedimento a suo carico. -nella seconda fase la polizia, entro 48h dall'allontanamento, chiede la convalida al gip competente il quale fissa la relativa udienza entro le 48h successive. -nella terza fase si svolge l’udienza di convalida alla quale debbono essere presenti il difensore e, facoltativamente, il pm e l'indagato (che se presente sarà interrogato). A tal punto il giudice dovrà decidere se convalidare o meno la misura - l’eventuale convalida dell'allontanamento d'urgenza consente al p.m. di disporre il giudizio direttissimo - e se disporre o meno la misura cautelare richiesta dal pm o altra meno grave. [Pm e polizia hanno anche il potere di disporre misure coercitive temporanee - ossia l’accompagnamento coattivo - che non comportano una restrizione della libertà personale ma soltanto limiti alla libertà di circolazione]. L'Accordo di Schengen - Convenzione stipulata il 19 giugno 1990 - ha da un lato abolito i controlli alle frontiere interne tra gli Stati firmatari creando un unico spazio europeo nel quale i controlli sono effettuati secondo procedure identiche ma dall’altro ha introdotto una serie di misure compensative di cooperazione giudiziaria al fine di bilanciare il deficit di sicurezza in conseguenza della maggiore libertà di circolazione quali l’assistenza giudiziaria in materia penale; l’applicazione del principio del ne bis in idem; l’estradizione; la trasmissione delle sentenze penali; il sistema di info Schengen si tratta di una banca dati che ha lo scopo di garantire, tramite un meccanismo di segnalazioni, che determinati soggetti non possano circolare liberamente all'interno del territorio europeo (quindi svolge la funzione di facilitare l’arresto di un soggetto in quanto tutte le volte che viene effettuato un controllo sul territorio si deve verificare se il soggetto sia segnalato nel sis). I RAPPORTI GIURISDIZIONALI CON AUTORITÀ STRANIERE: i rapporti di collaborazione giudiziaria internazionale tra autorità straniere sono diversamente regolati a seconda che la cooperazione si svolga <con gli Stati membri dell'UE; con Paesi aderenti a Convenzioni internazionali di cui anche l'Italia è parte; con Paesi terzi con i quali non esiste alcuna Convenzione>, ed i principi che regolano tale cooperazione giudiziaria internazionale sono: -il principio di prevalenza della normativa europea, pertanto la cooperazione giudiziaria penale con gli stati membri dell’ue deve essere realizzata nel rispetto dei Trattati europei e degli atti normativi adottati in attuazione dei medesimi; solo se tali norme mancano (o non dispongono diversamente) si potranno applicare le Convenzioni internazionali in vigore per lo Stato italiano e le norme di diritto internazionale. -il principio di prevalenza del diritto internazionale pattizio (intende i trattati) e generale (intende le consuetudini internazionali ed i principi di diritto internazionale generalmente riconosciuti) pertanto la cooperazione giudiziaria penale con gli stati non membri dell'UE deve essere realizzata nel rispetto delle Convenzioni internazionali "in vigore per lo Stato italiano" e del diritto internazionale generale. Ai sensi dell’art10Cost “l’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute”. -il principio di sussidiarietà il quale fa sì che le disposizioni contenute nel codice operino soltanto se le norme europee o il diritto internazionale pattizio e generale "mancano o non dispongono diversamente". -il principio di reciprocità il quale fa si che "il ministro della giustizia possa non dar corso alle domande di cooperazione giudiziaria quando lo stato richiedente non dia idonee garanzie di reciprocità". -il principio di mutuo riconoscimento dei provvedimenti tra Stati membri dell'Unione europea in virtù del quale: ~da un lato i provvedimenti giudiziari che sono stati emessi dalle competenti autorità degli altri Stati membri siano riconosciuti ed eseguiti nel territorio dello Stato italiano (riconoscimento passivo). Da ciò ne consegue che l'autorità giudiziaria italiana debba riconoscere e eseguire una decisione o un provvedimento giudiziario degli altri Stati membri (che da questi ha ricevuto direttamente) "senza sindacarne le ragioni di merito" ma col limite <che sia "in ogni caso assicurato il rispetto dei principi fondamentali dell'ordinamento giuridico dello Stato" ed altresì che non sussistano fondate ragioni per ritenere che l'imputato o il condannato verrà sottoposto ad atti che configurano una grave violazione dei principi fondamentali dell'ordinamento giuridico dello Stato, dei diritti fondamentali della persona riconosciuti dal TUE o dei diritti, libertà e principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. ~dall’altro al contempo l'autorità giudiziaria italiana può richiedere alle autorità di un altro Stato membro l'esecuzione delle proprie decisioni (riconoscimento attivo). In particolare l’autorità giudiziaria italiana trasmette direttamente alle competenti autorità giudiziarie degli altri Stati membri i provvedimenti da riconoscere ed eseguire e ne dà comunicazione al Ministro della giustizia nei casi e nei modi previsti dalla legge il quale verifica l'osservanza delle condizioni eventualmente poste per l'esecuzione dei provv di cui è stato chiesto il riconoscimento. In virtù del principio della massima urgenza nell'adozione delle decisioni sul riconoscimento l’autorità giudiziaria riconosce ed esegue i provvedimenti di altri Stati membri senza ritardo e con modalità idonee ad assicurarne la tempestività e l'efficacia. Le decisioni sul riconoscimento e l'esecuzione di un provvedimento emesso dall'autorità giudiziaria di un altro Stato membro sono impugnabili nei casi e con i mezzi previsti dalla legge - l’impugnazione non ha effetto sospensivo, salvo che sia diversamente previsto - avverso le sentenze e i provvedimenti sulla libertà personale è ammesso il ricorso per cassazione per violazione di legge. Di regola, non è ammessa l'impugnazione per motivi di merito salvo quanto previsto nel caso di mancato rispetto dei principi fondamentali dell'ordinamento giuridico dello Stato. Sono strumenti di cooperazione giudiziaria tra stati l’estradizione, le rogatorie, l’ordine di arresto europeo. 1)ESTRADIZIONE, l’estradizione è uno strumento di cooperazione tra Stati finalizzato all'efficiente persecuzione dei reati in quanto consiste nella consegna di una persona da parte di uno Stato, nel cui territorio questa si trova, ad un altro Stato (detto "richiedente") che ne abbia fatto domanda al fine di sottoporre detta persona a giudizio (estradizione di cognizione) o per dare esecuzione nei suoi confronti ad "una sentenza di condanna o altro provvedimento restrittivo della libertà personale" (estradizione esecutiva). Distinguiamo 2 distinti tipi di estradizione: 1)l’estradizione per l’estero (o passiva) nella quale è uno Stato estero a chiedere l'estradizione allo Stato italiano. I principi che la regolano sono i seguenti: •principio della doppia incriminabilità (o punibilità) in virtù del quale "l'estradizione non è ammessa se il fatto che forma oggetto della domanda di estradizione non sia previsto quale reato in entrambi gli stati (quindi dalla legge italiana e dalla legge straniera). •principio di specialità - posto a garanzia dell'estradato il quale può comunque sempre rinunciarvi ma solo in presenza del proprio difensore, in quanto si tratta di un istituto inteso come sua garanzia - in virtù del quale lo Stato che ha ottenuto l'estradizione di un condannato o di un imputato non può procedere nei suoi confronti per fatti anteriori e diversi rispetto a quello per il quale l'estradizione è stata concessa [salvo ottenga il consenso dello stato estradante oppure si verifichi la cd purgazione dell’estradizione la quale consiste nel mancato allontanamento dell’estradato dal territorio dello stato richiedente entro un certo termine o nel suo rientro volontario nello stesso territorio]. • principio del Ne Bis In Idem in virtù del quale chi è già stato giudicato in Italia non può essere estradato per essere nuovamente processato in un altro Paese per lo stesso fatto (il principio, in tal caso, ha validità soltanto a fini estradizionali). Il principio del ne bis in idem internazionale consiste nel fatto che la persona giudicata con sentenza definitiva di merito in uno Stato membro non potrà essere nuovamente sottoposta a procedimento penale per i medesimi fatti (per medesimi fatti si intendono i fatti materiali e non già all’identità della fattispecie astratta di reato) in un altro Paese contraente cd efficacia preclusiva della sentenza penale, ma a condizione che in caso di condanna la pena sia stata eseguita o sia effettivamente in corso di esecuzione o non possa più esser eseguita. Il ne bis in idem non opera quando i procedimenti sono avvinti da un legame materiale e temporale sufficientemente stretto. Quando un medesimo fatto dia luogo ad un procedimento amministrativo e penale è previsto che il principio del ne bis in idem non impedisca lo svolgimento di un nuovo procedimento per il medesimo fatto ma solo impone che le sanzioni irrogate siano cumulativamente proporzionate. [Il ne bis in idem estradizionale rappresenta un limite all’estradizione in virtù della presenza di un precedente giudicato sul fatto che forma oggetto della domanda di consegna]. [Il Ne bis in idem nei rapporti processuali interni prevede che l’imputato giudicato definitivamente non possa esser sottoposto a successivi procedimenti penali per il medesimo fatto neppure qualora esso venga diversamente considerato per il titolo, grado e circostanze]. •l’estradizione è Vietata (limiti all’estradizione) <se richiesta per reati politici; se vi è ragione di ritenere che la persona richiesta verrà sottoposta ad atti persecutori o discriminatori o a trattamenti crudeli, disumani o degradanti o comunque ad atti che configurano la violazione di uno dei diritti fondamentali della persona cd “clausola di non discriminazione; se per il fatto per il quale è domandata l’estradizione sia prevista la pena di morte dalla legge dello Stato richiedente, salvo che sia "stata adottata una decisione irrevocabile che irroga una pena diversa dalla pena di morte o, se questa è stata inflitta, è stata commutata in una pena diversa, comunque nel rispetto" della clausola di non discriminazione>. Ai fini dell’estradizione è prevista un’espressa "domanda" ed altresì l’effettuazione dell'apposito procedimento di estradizione il quale è composto da 3 fasi ed ha carattere misto (la prima e la terza hanno natura amministrativa mentre la seconda natura giurisdizionale ed è prevista quale garanzia per l'estradando alla quale può in ogni caso rinunciare acconsentendo all'estradizione). -1ºfase. Lo Stato estero invia domanda di estradizione al ministro della giustizia il quale opera una prima valutazione e potrà sia decidere di accoglierla <in tal caso entro 30 giorni dal ricevimento della domanda di estradizione dovrà trasmetterla al nel merito> qualora il mandato di arresto europeo non contenga le informazioni predette la corte d'appello richiede con urgenza allo Stato emittente le informazioni integrative occorrenti. A tal punto il Presidente della Corte d’appello procede a sentire l’interessato - egli viene sentito con la necessaria presenza del difensore il quale deve essere avvisato almeno 24 ore prima della seguente audizione - avvisandolo del contenuto del mandato di arresto europeo, della procedura di esecuzione e della possibilità che ha di acconsentire alla consegna all’autorità richiedente: se egli acconsente alla consegna, il Presidente emana l'ordinanza contenente l'ordine di esecuzione (contro tale ordinanza la persona interessata, suo difensore e procuratore generale presso la corte di appello possono proporre ricorso entro 3 giorni dalla conoscenza legale dell’ordinanza. La presentazione del ricorso sospende l’esecuzione dell’ordinanza, la cassazione si pronuncia entro 7 giorni dal ricorso in camera di consiglio); se l'interessato nega il consenso, il Presidente fissa l'udienza in camera di consiglio, all'esito della quale deciderà sull’esecuzione con sentenza ricorribile per cassazione anche per motivi di merito da parte della persona interessata, suo difensore e procuratore generale presso la corte di appello entro 5 giorni dalla conoscenza legale della sentenza (la presentazione del ricorso sospende l’esecuzione, la cassazione si pronuncia con sentenza entro 10 giorni dal ricorso). La consegna, ove abbia luogo, è effettuata dal Ministro della giustizia entro 10 giorni da quando la decisione è divenuta irrevocabile. (La corte d’appello può anche applicare una misura cautelare in attesa della decisione definitiva quando sussista pericolo di fuga, la decisione sulla richiesta di consegna dovrà avvenire entro 60 giorni dall’esecuzione della misura o all’arresto della stessa o alla deliberazione di non applicare alcuna misura. Alla scadenza di tale termine senza che sia intervenuta la decisione definitiva la corte valuta se la custodia cautelare applicata alla persona della quale è richiesta la consegna sia ancora assolutamente necessaria per evitare il pericolo di fuga e se la sua durata è proporzionata rispetto all'entità della pena, disponendone, in caso contrario, la revoca o la sostituzione con altre misure cautelari, applicabili anche cumulativamente, ritenute comunque idonee a garantire che la persona non si sottragga alla consegna esempio il divieto di espatrio, l'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria e il divieto e obbligo di dimora). [La Corte d’appello accoglie la richiesta di esecuzione solo se manchino le seguenti cause di rifiuto della consegna: ~cause di rifiuto obbligatorio <se il reato contestato nel mandato d’arresto europeo è estinto per amnstia; se nei confronti del soggetto e per gli stessi fatti siano stati emessi in altro stato ue una sentenza definitiva mentre in Italia “sentenza o decreto penali irrevocabili oppure sentenza di non luogo a procedere non più soggetta ad impugnazione>. ~cause di rifiuto facoltativo <se il mandato d’arresto europea concerna fatti soggetti alla giurisdizione italiana; se per lo stesso fatto che è alla base del mandato nei confronti della persona ricercata sia in corso un procedimento penale>. ~quando il mandato di arresto europeo sia stato emesso ai fini dell’esecuzione di una pena o misura di sicurezza applicata all’esito di un processo in cui l’interessato non sia comparso personalmente in quanto non a conoscenza dello stesso ed il mandato di arresto non contenga indicazioni in merito all’avvenuta conoscenza del processo da parte dell’interessato e lo stato di emissione non ha fornito indicazioni su tali condizioni neppure a seguito di richiesta. ~quando il mandato è emesso per un reato anteriore alla consegna medesima senza l’assenso della corte d’appello che ha disposto l’esecuzione del mandato]. -attiva quando la richiesta di consegna è avanzata dall'Italia. Il mandato di arresto europeo è disposto alternativamente dal giudice che ha applicato la misura cautelare custodiale o dal PM presso il giudice dell'esecuzione che ha emesso l’ordine di esecuzione della pena detentiva o misura di sicurezza (nel caso di mandato di arresto emesso per finalità esecutive), e deve contenere <generalità e cittadinanza del ricercato; nome e indirizzo dell'autorità competente; provvedimenti alla base della richiesta; natura e descrizione del reato; pena>. Il ministro della giustizia nel procedimento attivo si occupa della traduzione del MAE e del relativo invio, l’efficacia del MAE dipende da quella del provvedimento che lo giustifica e pertanto perde efficacia se la misura cautelare limitativa della libertà personale venga revocata o diventi inefficace (in tal caso il procuratore generale presso la corte d’appello dovrà avvisare il ministro della giustizia il quale a sua volta avviserà lo stato membro di esecuzione della perdita di efficacia del mandato). La custodia all’estero in esecuzione del mandato di arresto è computata in italia quanto ai termini di fase e durata complessiva della custodia cautelare, sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare; computo della custodia cautelare in fase di esecuzione della pena. L’ORDINE EUROPEO DI INDAGINE (OEI) è un provvedimento emesso dall’autorità giudiziaria nazionale (o da questa convalidata) di uno stato membro dell’ue e diretta all'autorità giudiziaria di un altro Stato membro per il compimento di atti di indagine o di assunzione probatoria aventi ad oggetto persone o cose che si trovano nel territorio dello Stato o di un altro Stato membro dell'Unione oppure per acquisire informazioni o prove che sono già disponibili. Esso è uno strumento di attuazione del principio del mutuo riconoscimento delle decisioni ed è finalizzato all’integrazione probatoria tra gli Stati membri, costituisce un modello generale di cooperazione orizzontale tra autorità giudiziarie degli stati ue mediante precise e rapide modalità di esecuzione e con circoscritti motivi di rifiuto. Distinguiamo tra procedura attiva e passiva, in entrambi i casi e previo accordo tra le autorità è consentito l’intervento nell'esecuzione anche dell'autorítà di emissione. -ordine di indagine emesso dall'autorità italiana (procedura attiva). Qui viene disciplinata la sola fase di emissione in quanto l'esecuzione avverrà secondo le regole e modalità dell'ordinamento dello Stato straniero richiesto. A seconda della fase in cui versi il procedimento la richiesta potrà provenire dal pm (il quale si attiva per chiedere al gip il provvedimento di richiesta) o dal giudice che procede ma altresì può provenire anche da parte del difensore dell'indagato/imputato e dovrà contenere a pena di inammissibilità l’indicazione dell'atto di indagine o di prova e i motivi che ne giustificano il compimento o l'assunzione. Emesso l'ordine di indagine questo sarà trasmesso all'autorità straniera la quale provveduto all'esecuzione trasmetterà i relativi risultati a quella italiana (dell'emissione dell'OEI si deve dar contezza al Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo nell'ambito delle sue attribuzioni). Le prove raccolte all’estero mediante OEI confluiranno nel fascicolo del dibattimento solo se inquadrabili nell'ambito degli atti garantiti o irripetibili al fine di consentire il bilanciamento tra il diritto di difesa e l'esigenza punitiva dello Stato ed inoltre il giudice del dibattimento può dare lettura dei verbali degli atti investigativi di dichiarazioni resi all’estero a seguito di ordini di indagine emessi nelle fasi precedenti al giudizio. -ordine di indagine emesso dall’autorità straniera (procedura passiva). Qui viene disciplinata la sola fase di esecuzione. L’autorità straniera emette ordine di indagine al procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto nel quale l'atto o gli atti debbono essere compiuti il quale una volta ricevuto l’ordine provvede con decreto motivato al riconoscimento nel termine di 30 giorni (o entro il termine indicato dall'autorità di emissione il quale non è comunque superiore a 60 giorni). I motivi di rifiuto del riconoscimento ed esecuzione all'ordine di indagine sono i seguenti <oei incompleto o info in esso contenute manifestamente erronee; se la persona nei cui confronti si procede goda di immunità riconosciute dallo Stato italiano; se l'esecuzione dell'ordine di indagine rechi pregiudizio alla sicurezza nazionale; se dalle informazioni trasmesse risulti la violazione del ne bis in idem; se sussistano fondati motivi per ritenere che l'esecuzione dell'atto richiesto non sia compatibile con gli obblighi dello Stato sanciti TUE; se il fatto per il quale è stato emesso l'ordine di indagine non sia punito dalla legge italiana come reato, indipendentemente dagli elementi costitutivi o dalla qualificazione giuridica individuati dalla legge dello Stato di emissione; se sia impossibile eseguire l’ordine di indagine il che si verifica quando l'atto richiesto non è previsto dalla legge italiana o non ricorrono i presupposti per il suo compimento>. In ogni caso l'ordine di indagine può essere emesso ed eseguito solo nella misura meno invasiva possibile dei diritti e delle libertà del soggetto coinvolto e sempre nel rispetto del raggiungimento dello scopo cui esso è preordinato, tenuto conto delle esigenze investigative, della gravità dei reati per cui si procede e della relativa pena (la proporzionalità dell'atto di indagine attiene sia alle ragioni dell'emissione, sia alle modalità esecutive e, talvolta, può costituire autonomo motivo di rifiuto per il riconoscimento, qualora la proporzione sia una condizione di applicabilità dell'atto d'indagine o dell'attività probatoria). Avverso il decreto riconoscimento dell’ordine (il quale viene comunicato dalla segreteria del pm al solo difensore dell’indagato) è previsto che difensore ed indagato possono presentare opposizione al gip il quale deciderà unicamente sul provvedimento di riconoscimento dell'OEI (quindi sui motivi di rifiuto e sul principio di proporzionalità) non essendo la sua cognizione estesa alle ragioni sottostanti alla sua emissione. Le ragioni di merito sul singolo atto possono essere fatte valere unicamente davanti all'autorità giudiziaria di emissione. L’ORDINE DI PROTEZIONE EUROPEO è la decisione che l’autorità giudiziaria di uno Stato membro adotta al fine di continuare a tutelare la persona protetta vittima da reato in quanto attraverso di essa dispone che gli effetti della misura di protezione si estendano al territorio di un altro Stato membro in cui la persona protetta risieda o soggiorni o dichiari di voler risiedere o soggiornare (esso ha dunque il fine di estendere ad un altro Paese dell'Unione gli effetti di una misura di protezione della vittima di un reato quando quest'ultima si trasferisca al di fuori del territorio nazionale anche provvisoriamente e consente di ottenere nel nuovo Paese una tutela analoga a quella originaria senza che sia necessario avviare un nuovo procedimento o fornire nuove prove). Anche qui distinguiamo tra procedura attiva e passiva: -procedura attiva, la polizia giudiziaria nel momento in cui rende nota alla persona offesa che siano stati disposti a carico dell'indagato l'obbligo di allontanamento dalla casa familiare o il divieto di avvicinamento la informa della facoltà di chiedere al giudice l'emissione dell'ordine di protezione europeo (singolare è il fatto che il giudice intervenga soltanto su richiesta della persona offesa). Sulla richiesta è competente a provvedere il giudice che ha disposto a carico dell'indagato l'obbligo di allontanamento dalla casa familiare o il divieto di avvicinamento; mentre in fasi successive alle indagini la competenza spetta al giudice che procede al momento della richiesta di emissione . Il richiedente dovrà indicare nella richiesta a pena d'inammissibilità lo Stato in cui intende spostare la residenza o soggiornare nonché la durata durata e le ragioni del trasferimento al fine di consentire al giudice di valutare (senza contraddittorio) il grado di necessità della protezione. Se la accoglie emette un'ordinanza il cui contenuto vincola l'autorità dello Stato di esecuzione il quale deve applicare quella misura del proprio ordinamento che sia in grado di proteggere, in modo equivalente, la vittima durante il soggiorno. -procedura passiva, si ha quando l'ordine di protezione è stato emesso dall'autorità di uno Stato membro dell'UE, a tal fine l’ordine è trasmesso dal ministro della giustizia al presidente della corte d'appello nel cui distretto la persona protetta ha dichiarato di voler risiedere o soggiornare la quale decide entro 10 giorni senza contraddittorio: essa può non riconoscerlo quando non sussista il requisito della doppia incriminazione; di converso se riconosce l'ordine di protezione dispone l'applicazione dell'obbligo di allontanamento dalla casa familiare o del divieto di avvicinamento in modo da assicurare la corrispondenza con gli obblighi dettati nella misura di protezione. Avverso la decisione della corte d'appello può essere proposto ricorso per cassazione anche per il merito, ma con effetto sospensivo. Quando è emessa la decisione di riconoscimento dell'ordine di protezione europeo, la corte d'appello informa il ministro della giustizia che ne dà comunicazione alla persona protetta e a quella che determina il pericolo, anche tramite l'autorità competente dello Stato di emissione, inoltre del provvedimento è data comunicazione alla polizia giudiziaria e ai servizi socioassistenziali del luogo presso il quale la persona protetta ha dichiarato di trasferirsi. [Si nota come la competenza per emettere l'ordine e per riconoscerlo (se proviene dall'estero) è attribuita alle autorità giurisdizionali italiane, mentre al ministro della giustizia spetta soltanto la ricezione e la trasmissione dell'ordine, alla pari di quanto avviene per il mandato di arresto europeo (ma a differenza dal mandato non è trasmesso un provvedimento esecutivo né viene consegnata una persona; viceversa la misura di protezione originaria è trasfusa in un provvedimento simile che è disposto dall'autorità giudiziaria dello Stato ricevente in base alla normativa interna di quest'ultimo)]. 3)Le ROGATORIE INTERNAZIONALI, le rogatorie sono quelle richieste che uno Stato presenta ad un altro per il compimento di determinati atti (comunicazioni, notificazioni, attività di acquisizione probatoria: si pensi ad esempio al sequestro probatorio, trasferimento temporaneo di persone detenute, intercettazioni etc), le quali sono disciplinate dal diritto internazionale e solo in via suppletiva dal codice, distinguiamo 2 distinti tipi di rogatorie: 1)Rogatorie internazionali dall'estero (passive). Il procedimento per la rogatoria passiva ha inizio quando l'autorità estera trasmette direttamente la richiesta all'autorità giudiziaria italiana (cioè al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale del capoluogo del distretto del luogo nel quale deve compiersi l'attività richiesta) il quale ne trasmette copia al ministro della giustizia per far si che questo operi un controllo in quanto esso ha anche il potere di bloccarla [il che può verificarsi sia nei casi e nei limiti stabiliti dalle convenzioni e dagli atti indicati nei rapporti tra stati membri sia (nei rapporti con Stati non appartenenti all'Unione europea) in caso di pericolo per la sovranità, la sicurezza o altri interessi essenziali dello Stato] (nonché al procuratore nazionale antimafia e terrorismo trasmette copia delle richieste di assistenza dell'autorità straniera che si riferiscono ai delitti di cui all'art. 51, co. 3-bis e 3-quater), tale trasmissione diretta è ammessa purché ciò sia previsto dalla normativa comunitaria o dalla Convenzione internazionale mentre quando invece non sia prevista tale trasmissione diretta tra autorità giudiziarie è previsto che l’autorità estera dovrà rivolgere la richiesta all'Italia tramite il Ministero della giustizia il quale ricevuta la domanda di rogatoria da un’autorità straniera effettua un primo controllo in quanto ha anche qui il potere di bloccare ex ante le rogatorie <quando queste concernano atti compromettenti la sovranità, sicurezza, o altri interessi nazionali essenziali; o atti contrari ai principi fondamentali o vietati dalla legge; ovvero atti persecutori o discriminatori> e qualora non la blocca procede a trasmettere la richiesta al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale del capoluogo del distretto del luogo nel quale deve compiersi l'attività richiesta il quale ricevuti gli atti trasmessi dal “ministro della giustizia” o “direttamente dall'autorità straniera”: -può negare la rogatoria <se gli atti richiesti sono vietati dalla legge o sono contrari a principi dell'ordinamento giuridico dello Stato; se il fatto per cui procede l'autorità straniera non è previsto come reato dalla legge italiana e non risulta il libero consenso dell'imputato alla domanda di assistenza giudiziaria; se vi siano fondate ragioni per ritenere che il processo possa essere influenzato da considerazioni discriminatorie relative alla razza, alla religione, al sesso, alla nazionalità, alla lingua, alle opinioni politiche o alle condizioni personali o sociali e che non risulta il libero consenso dell'imputato alla domanda di assistenza giudiziaria (clausola di non discriminazione)>. Inoltre, la domanda può essere sospesa se dall'esecuzione della richiesta di assistenza giudiziaria possa derivare un pregiudizio alle indagini o a procedimenti penali in corso nei confronti della medesima persona. -può accogliere la richiesta, ed in tal caso per il compimento degli atti richiesti si applicano le disposizioni del codice. 2)Rogatorie internazionali all'estero (attive). Essa è la rogatoria che propone l’italia ad un altro stato estero nei casi in cui in italia vi sia un procedimento penale che necessita di assistenza giudiziaria all'estero per comunicazioni, notificazioni, attività di acquisizione probatoria o per sequestri. Si distinguono 3 tipi di procedimenti: -procedimento tradizionale. L'autorità giudiziaria italiana ne fa richiesta al Ministro della giustizia, il quale entro 30 giorni dalla ricezione può <inoltrare la richiesta all'autorità estera oppure disporre con decreto di blocco che non si dia corso all'inoltro della richiesta di assistenza giudiziaria [il che può verificarsi sia nei casi e nei limiti stabiliti dalle convenzioni e dagli atti indicati nei rapporti tra stati membri sia (nei rapporti con Stati non appartenenti all'Unione europea) in caso di pericolo per la sovranità, la sicurezza o altri interessi essenziali dello Stato]. Quando la richiesta di assistenza giudiziaria non è stata inoltrata dal Ministro della giustizia entro 30 giorni e non sia stato emesso il decreto di diniego, ovvero vi è urgenza, l'autorità giudiziaria può provvedere all'inoltro diretto all'agente diplomatico o consolare italiano nel paese estero in cui questa deve essere effettuata, informandone il Ministro (il ministro potrà ancora bloccarla finché l’agente italiano non l’abbia trasmessa all’autorità straniera). -procedimento con trasmissione diretta (Stati ue). L’autorità giudiziaria italiana trasmette direttamente la richiesta all'autorità estera dell’altro stato membri inoltrandone copia al ministro della giustizia (mentre nei rapporti con con stati non membri è previsto che se il ministro non emetta decreto di blocco entro 10 giorni dalla ricezione, l’autorità giudiziaria provvede all’inoltro) quando un accordo internazionale o normativa europea prevedano la trasmissione diretta della richiesta di rogatoria. -procedimento in caso di urgenza. Nei casi urgenti, l'autorità italiana provvede all'inoltro diretto all'agente diplomatico o consolare italiano ma solo dopo che copia della richiesta di assistenza sia stata ricevuta dal ministro della giustizia il quale ha il potere di blocco della stessa fino al momento in cui l'agente diplomatico o consolare italiano non abbia rigirato la richiesta all'autorità giudiziaria estera. (Quando, a norma di accordi internazionali, la richiesta di assistenza giudiziaria può essere eseguita secondo quanto previsto dall'ordinamento giuridico dello Stato italiano, l'autorità giudiziaria indica all'autorità dello Stato estero le modalità e le forme stabilite dalla legge ai fini dell'utilizzabilità degli atti richiesti; nei casi in cui lo Stato estero abbia posto condizioni all'utilizzabilità degli atti richiesti, l'autorità giudiziaria italiana è vincolata al rispetto di tali condizioni). 4)Il reciproco riconoscimento delle sentenze penali tra stati UE nel nostro ordinamento può avvenire in 3 modi: a)riconoscimento "tradizionale" (art12cp), distinguiamo tra riconoscimento passivo e attivo: ~riconoscimento dall’estero (passivo) esso si caratterizza per non andare a parificare la sentenza straniera a quella italiana ma piuttosto prevede la possibilità di riconoscere effetti alle sentenze penali straniere solo per le seguenti finalità ossia <stabilire la recidiva o un altro effetto penale della condanna, o per dichiarare l'abitualità, la professionalità o la tendenza a delinquere; infliggere una pena accessoria; applicare misure di sicurezza personali; per le restituzioni, il risarcimento del danno o altri effetti civili>. La richiesta è inviata dallo stato estero al Ministro della giustizia il quale la trasmette al procuratore generale presso la corte d'appello (ove ha residenza-dimora-domicilio l’interessato, se sconosciuti la trasmette alla corte d’appello di roma) la quale decide in camera di consiglio non oltre 90 giorni dal ricevimento della richiesta con sentenza (ricorribile per cassazione per violazione di legge dal procuratore generale, dall’interessato e dal suo difensore) nella quale enuncia espressamente gli effetti che conseguono al riconoscimento. Tali effetti trovano applicazione nei confronti di tutti. dell'orario di lavoro una persona riferisce ad un insegnante pubblico che la sua allieva subisce maltrattamenti in famiglia). L'obbligo scatta quando la notizia concerne un reato procedibile non a querela. ~da parte di agenti di polizia giudiziaria quando abbiano avuto notizia/conoscenza di qualsiasi reato procedibile d’ufficio sia nell’esercizio delle proprie funzioni sia al di fuori di esse (eccetto per quegli ufficiali e agenti a competenza limitata per i quali l’obbligo si collega solo all’effettivo espletamento delle funzioni di polizia giudiziaria attribuite loro nei limiti del loro servizio). Esclusi dall'obbligo di denuncia sono il difensore e i suoi ausiliari, anche quando siano venuti a conoscenza del reato nell'esercizio delle loro funzioni investigative in quanto vincolati al segreto professionale. La persona offesa dal reato ha il diritto di ricevere dal pm e polizia giudiziaria le “Informazioni” necessarie al fine di esercitare i propri poteri nel procedimento penale art90bis (ciò deve avvenire in una lingua a lei comprensibile sin dal primo contatto con l'autorità procedente), pertanto al momento dell'acquisizione della notizia di reato la polizia giudiziaria e il p.m. devono informare la persona offesa <sulle modalità di presentazione della denuncia e della querela; [(cartabia) all'obbligo del querelante di dichiarare o eleggere domicilio per la comunicazione e la notificazione degli atti del procedimento, con l’avviso che la dichiarazione di domicilio può essere effettuata anche dichiarando un indirizzo di posta elettronica certificata o altro servizio elettronico di recapito certificato qualificato; alla facoltà del querelante, ove non abbia provveduto all’atto di presentazione della querela, di dichiarare o eleggere domicilio anche successivamente; all’obbligo del querelante, in caso di mutamento del domicilio dichiarato o eletto, di comunicare tempestivamente e nelle forme prescritte all’autorità giudiziaria procedente la nuova domiciliazione; al fatto che, ove abbia nominato un difensore, il querelante sarà domiciliato presso quest’ultimo; che, in mancanza di nomina del difensore, le notificazioni saranno eseguite al querelante presso il domicilio digitale e, nei casi di cui all’articolo 148, comma 4, presso il domicilio dichiarato o eletto; che, in caso di mancanza, insufficienza o inidoneità della dichiarazione o elezione di domicilio, le notificazioni al querelante saranno effettuate mediante deposito presso la segreteria del pubblico ministero procedente o presso la cancelleria del giudice procedente]; della facoltà di nominare un difensore di fiducia e della possibilità di accedere al patrocinio a spese dello Stato; della facoltà di ricevere comunicazioni sullo stato del procedimento; di essere avvisata della richiesta di archiviazione; della facoltà alle eventuali misure di protezione che possono essere disposte in proprio favore e sulle strutture sanitarie e antiviolenza presenti nel territorio; alla facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa e che la partecipazione del querelante a un programma di giustizia riparativa, concluso con un esito riparativo e con il rispetto degli eventuali impegni comportamentali assunti da parte dell’imputato, comporta la remissione tacita di querela; alla possibilità che il procedimento sia definito con remissione di querela e che la mancata comparizione senza giustificato motivo della persona offesa che abbia proposto querela all’udienza alla quale sia stata citata in qualità di testimone comporta la remissione tacita di querela;alla possibilità di chiedere risarcimento danni da reato etc>. Inoltre quando si procede per alcuni delitti contro la persona in ambito familiare il procuratore della repubblica deve darne notizia al tribunale per i minorenni. [La denuncia anonima non può essere utilizzata in alcun modo, al massimo può costituire uno stimolo per investigazioni condotte al fine di prendere notizia dei reati. Per la denuncia anonima valgono le medesime eccezioni previste per il documento anonimo e pertanto potrà eccezionalmente essere utilizzata solo qualora costituisca corpo del reato o provenga dall’imputato]. •il referto, esso è una particolare forma di denuncia alla quale è obbligato colui che nell'esercizio di una professione sanitaria abbia prestato la propria assistenza o operato in casi che possono presentare i caratteri di un delitto procedibile d'ufficio il quale sarà tenuto a far pervenire il referto al pm o alla polizia giudiziaria entro 48 ore; l’obbligo viene meno quando il referto esporrebbe l'assistito ad un procedimento penale. Ilreferto deve indicare “persona alla quale è stata prestata assistenza, e se possibile le generalità e luogo ove si trova attualmente; luogo tempo e circostanze dell’intervento; notizie sulle circostanze del fatto, mezzi coi quali è stato commesso , effetti che ha causato o può causare”. [A tal proposito occorre operare una summa divisio tra medico privato e il medico dipendente pubblico: se il medico privato assiste la persona offesa del reato ha l'obbligo di referto, se assiste il responsabile del reato non ha l'obbligo di referto; il medico dipendente pubblico ha l'obbligo di denuncia-referto tutte le volte in cui, nell'esercizio o a causa delle funzioni, abbia avuto conoscenza di un reato procedibile d'ufficio]. Una volta che la polizia giudiziaria abbia ricevuto una notizia di reato essa ha l'obbligo di informare il PM - l’informativa è la fonte dalla quale il pm attinge la notizia di reato e dovrà pertanto contenere <gli elementi essenziali del fatto; gli elementi di prova e le attività compiute; l’indicazione del giorno e l'ora in cui la notizia è stata acquisita> - di regola senza ritardo e per iscritto, tuttavia poiché tale termine per riferire la notizia/trasmissione dell'informativa non è unico ma differisce in relazione alle diverse situazioni sono previste le seguenti eccezioni secondo le quali <l’informativa dovrà essere data “immediatamente" ed anche in forma orale quando "sussistono ragioni di urgenza" o quando si tratta di determinati delitti gravi o di criminalità organizzata" o quando vi sia arresto in flagranza; l’info dovrà esser data entro 48 ore in quei casi nei quali la polizia abbia compiuto "atti per i quali è prevista l'assistenza del difensore dell'indagato">. La differenza tra notizia di reato e l'informativa della polizia giudiziaria è l'impersonalità della informativa, infatti mentre le notizie di reato obbligatorie sono il frutto di obblighi imposti ad una specifica persona che abbia avuto la conoscenza del fatto; l'obbligo di informativa investe l'organo di polizia giudiziaria come unità operativa. “Condizioni di procedibilità”, le condizioni di procedibilità sono atti ai quali la legge subordina l'esercizio dell'azione penale in relazione a quei determinati reati per i quali non si debba procedere d'ufficio (e si caratterizzano per contenere sia la notizia di reato sia la manifestazione di volontà che si proceda contro il responsabile del reato), in mancanza di una condizione di procedibilità il pm non può esercitare l'azione penale e possono compiersi soltanto gli atti di indagine preliminari necessari ad assicurare le fonti di prova e pertanto non potranno esser disposti atti coercitivi quali l’arresto o le misure cautelari personali. In virtù della regola della procedibilità d’ufficio è previsto che i reati per i quali sia prevista la sottoposizione a condizione di procedibilità debbono essere espressamente previsti dalla legge. Distinguiamo 4 condizioni di procedibilità quali <la querela, l'istanza, la richiesta di procedimento, l'autorizzazione a procedere>. •la querela, è l'atto col quale la persona offesa manifesta la volontà che si persegua penalmente il fatto che essa ha subito. Essa si compone quindi di due elementi: la notizia di reato e la manifestazione della volontà di perseguire penalmente il fatto. La differenza rispetto alla denuncia risiede sia nel fatto che la denuncia possa essere presentata da chiunque (non solo dalla persona offesa) sia nel fatto che la denuncia non debba necessariamente contenere la manifestazione di volontà di perseguire penalmente il fatto in quanto si limita ad attestare/dare la notizia che sia avvenuto un fatto di reato. La dichiarazione di querela dovrà esser presentata di regola entro 3 mesi dal giorno in cui la persona offesa ha avuto notizia del fatto di reato (nel caso di delitti contro la libertà sessuale il termine è di 6 mesi; per i delitti di violenza sessuale il termine è di 12 mesi) con le medesime forme previste per la denuncia [nel caso in cui sia recapitata da un incaricato o spedita per posta, occorre l'autentica della sottoscrizione da parte di un pubblico ufficiale autorizzato o anche dal difensore]. La rif cartabia ha esteso l’elenco dei reati procedibili a querela ricomprendendovi alcuni delitti contro la persona (lesioni personali, lesioni personali stradali, sequestro di persona, violenza privata etc.), delitti contro il patrimonio (appropriazione indebita, furto, truffa etc). La “rinuncia alla querela” è un atto irrevocabile ed incondizionato (che può essere tacito o espresso) attraverso il quale la persona offesa, prima di aver proposto querela, rinuncia ad esercitare il suo diritto di querela (manifesta la sua volontà a che non si proceda penalmente per il reato subito). La “remissione di querela” è l'atto irrevocabile ed incondizionato con cui la persona offesa, dopo di aver proposto querela, manifesta espressamente o tacitamente la volontà che non si proceda penalmente per il fatto di reato [la proposta di querela è però irrevocabile in relazione ad alcuni reati quali ad es i reati in materia sessuale]. Dunque essa rappresenta una causa di estinzione del reato la quale produce però i suoi effetti solo se sussista l’accettazione del querelato in quanto non produce effetti se il querelato non l'abbia accettata espressamente o tacitamente. La riforma Cartabia prevede quale remissione tacita della querela l’ingiustificata <la mancata comparizione del querelante all’udienza alla quale sia stato citato in qualità di testimone; la partecipazione del querelante ad un programma di giustizia riparativa con esito riparativo mentre quando l’esito riparativo comporta l’assunzione da parte dell’imputato di impegni comportamentali la querela si intende rimessa solo quando gli impegni siano stati rispettati>. La remissione può intervenire solo prima della condanna salvi i casi per i quali la legge disponga altrimenti e non può essere sottoposta a termini o a condizioni, infine nell'atto di remissione può essere fatta rinuncia al diritto alle restituzioni e al risarcimento del danno (art. 152, comma 6 c.p.) •l’istanza, è l'atto col quale la persona offesa dal reato manifesta la volontà che si proceda per un reato che è stato commesso all'estero e che se fosse stato commesso in Italia sarebbe procedibile d'ufficio. •la richiesta di procedimento è l'atto col quale il ministro di giustizia manifesta la volontà che si proceda per un determinato reato commesso all'estero o per altri reati previsti dalla legge. •l’autorizzazione a procedere (per l’esercizio dell’azione penale o per il compimento di singoli atti del procedimento) è un atto discrezionale ed irrevocabile emanato da un organo dello Stato quando è un organo pubblico il soggetto imputato (in tal caso l’autorizzazione ha il fine di protegge il potere giudiziario da azioni di disturbo es non si può procedere per un reato commesso da un ministro nell’esercizio delle sue funzioni in mancanza di autorizzazione) o offeso dal reato (in tal caso l’autorizzazione ha il fine di evitare che venga compromesso il "prestigio" in un processo penale). Quando è stata presentata querela, istanza, richiesta o autorizzazione a procedere la polizia ha l’obbligo di inviare l’informativa al pm; in mancanza delle condizioni di procedibilità di regola, la polizia non ha l'obbligo di informare il p.m. della notizia di reato in quanto l'obbligo scatta soltanto se vengono compiute indagini. Inoltre la mancanza di una condizione di procedibilità dichiarata mediante provvedimento di archiviazione oppure sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere non impedisce l'esercizio dell'azione penale (cd riproponibilità dell’azione) per il medesimo fatto e contro la medesima persona qualora in seguito sia proposta la querela, istanza, richiesta o è concessa l'autorizzazione. La riforma Cartabia ha eliminato la prescrizione in appello e in cassazione e ha introdotto il diverso istituto della improcedibilità dell’azione per superamento dei termini massimi per il processo in appello e in cassazione, si tratta di una nuova condizione di procedibilità la quale ha comportato in definitiva la previsione di termini massimi per il processo in appello e in cassazione. Dal meccanismo dell’improcedibilità sono tuttavia esclusi i reati imprescrittibili (e cioè quelli puniti con l’ergastolo anche come effetto dell’applicazione di circostanze aggravanti. Sono previste cause di sospensione dei termini e proroghe da pronunciarsi con ordinanza motivata se il processo è particolarmente complesso. La regola è quella secondo cui "gli atti di indagine compiuti dal pm e dalla polizia giudiziaria sono segreti" cd segreto investigativo (interno) degli atti iniziali del procedimento la cui ratio risiede nell'esigenza di proteggere la ricerca della verità/fonti di prova contro gli atti che possano mettere in pericolo l'acquisizione o la genuinità della prova [si tratta di una esigenza che deve comunque esser contemperata con la garanzia di assicurare il diritto di difesa] la cui conoscenza esclusiva è assicurata in favore di determinati soggetti, pertanto sussiste un obbligo di segreto sugli atti di indagine compiuti dal PM e dalla polizia giudiziaria (in mancanza configurano la fattispecie della rivelazione di segreti d’ufficio) - fra gli atti segreti vi rientrano ad esempio gli accertamenti tecnici ripetibili, l'individuazione di cose o persone, l'assunzione di informazioni da possibili testimoni, le richieste di autorizzazione al compimento di atti di indagine es intercettazioni e gli atti de giudice che provvedono su tali richieste - e di riflesso tutti coloro che siano a conoscenza dell'atto segreto hanno l'obbligo di non rivelarlo a prescindere dalla loro qualifica (pertanto anche i soggetti privi di tale qualifica di pm o ips che abbiano partecipato allo svolgimento di un atto di indagine o assistito ad un atto segreto sono tenute a non rilevare i segreti concernenti il procedimento penale in mancanza configurano la fattispecie della rivelazione di segreti inerenti ad un procedimento penale, tuttavia si tratta di un divieto che concerne lo svolgimento e documentazione dell’atto del procedimento non estendendosi al fatto storico oggetto di indagine di cui sono a conoscenza e di cui è ammessa la possibilità di riferirne: pertanto le persone che hanno partecipato al compimento di un atto di indagine, es i possibili testimoni sentiti dal pm, non possono rivelare lo svolgimento dell’atto e cioè le domande e risposte avvenute ma son libere di riferire sui fatti storici di cui sono a conoscenza); ovviamente potrà essere rivelato dall'inquirente ai soggetti pubblici autorizzati a conoscerlo i quali sono a loro volta vincolati all’obbligo del segreto (ciò avviene ad esempio tra i diversi uffici del p.m. impegnati in indagini collegate). Tali atti sono coperti dal segreto investigativo (e non possono esser rivelati all’indagato e suo difensore) fino a quando l'imputato non ne possa avere conoscenza e cioè generalmente fino all'avviso di conclusione delle indagini preliminari oppure anche quando l’indagato possa aver conoscenza dell'atto [dunque l’obbligo di segreto viene meno sia quando l’indagato può avere conoscenza legale dell’atto - il che si verifica quando il suo difensore non è stato presente all’atto o non si è recato nella segreteria del pm ad esaminare il verbale - sia quando si giunge all’avviso di chiusura delle indagini preliminari]. Nonostante ciò il Pm ha tuttavia il potere, quando se ne manifesti l’esigenza, di: ~segretare gli “atti di indagine conoscibili”, ossia di tener segreto lo svolgimento di quegli atti di indagine conoscibili dall’indagato e suo difensore vincolando questi ultimi a non rivelarli (si tratta di quegli atti dei quali è consentita la conoscenza per legge, es interrogatorio dell’indagato, o che comunque lo sono diventati successivamente perché debbono esser depositati es sequestro probatorio) a tal fine il pm potrà disporre la segretazione sia quando ve ne è la necessità per la prosecuzione delle indagini sia quando la conoscenza dell'atto possa ostacolare le indagini concernenti altre persone (è il cd segreto esterno in quanto è venuto meno il segreto interno). ~segretare i "fatti oggetto di indagine”, a tal fine il pm, in presenza di specifiche esigenze attinenti alle indagini - quali che al sussistere di specifiche esigenze attinenti alle indagini il fatto storico abbia ad oggetto atti di indagine che comportano l’assunzione di dichiarazioni che la persona sentita ha rilasciato nel corso delle indagini - potrà (con decreto motivato di durata non superiore a 2 mesi) vietare alle persone sentite di "comunicare i fatti e le circostanze oggetto dell'indagine di cui hanno conoscenza" pena reclusione fino ad 1 anno. ~ritardare il deposito del verbale di un atto conoscibile dal difensore al ricorrere di gravi motivi, il quale quindi non potrà ottenere copia, mediante decreto motivato per un periodo non superiore a 30 giorni e senza pregiudizio per ogni altra attività del difensore (contro tale provvedimenti l’indagato ed il difensore possono proporre opposizione al giudice il quale decide attivando il procedimento in camera di consiglio). L’esigenza di segretezza deve comunque esser contemperata con la garanzia del diritto di difesa il quale prevede che gli atti possano essere conosciuti dall'indagato e dalle altre potenziali parti private di cui all’art111Cost (l’accusato ha il diritto di essere informato nel più breve tempo possibile della natura ed i motivi dell'accusa elevata a suo carico) e pertanto alla regola della segretezza sono poste delle deroghe in favore della difesa, si tratta dei cd atti conoscibili dall’indagato” quali: ~gli atti garantiti, si tratta di atti ai quali il difensore ha la facoltà di assistere previo avviso che deve essergli dato almeno 24 ore prima del compimento dell'atto stesso. Infatti quando il pm ritenga di dover compiere un atto garantito ha l'obbligo di inviare all'indagato e alla persona offesa “l'informazione di garanzia” il cui contenuto più importante di tale informativa è rappresentati dall’invito all’indagato di esercitare la facoltà di nominare un difensore di fiducia, in mancanza sarà il PM a designare un difensore d'ufficio [inoltre il pm avvisa indagato e offeso della facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa]. Il difensore dell’indagato - il quale deve essere preavvisato dal pm del compimento dell’atto - ha la facoltà, ma non il dovere, di assistere all'atto garantito - la facoltà di assistere a questi atti è prevista per assicurare il cd “contraddittorio debole" (cioè tutelare l'indagato e garantire la regolarità dell'atto stesso e non già quello di permettere al difensore di partecipare alla formazione dell’atto) e consiste nella possibilità del difensore di poter presentare al pm richieste, osservazioni e riserve delle quali è fatta menzione nel verbale - pertanto l'atto si considera validamente compiuto qualora il difensore, regolarmente preavvisato, non si presenti. Il difensore che assiste agli atti di indagine ha tuttavia un intervento limitato in quanto <può presentare al p.m. richieste, osservazioni e riserve delle quali è fatta menzione nel verbale. Tra gli atti garantiti figurano <l'interrogatorio, l'ispezione, il confronto (ai quali partecipa l'indagato), l'ispezione (alla quale non deve partecipare l'indagato); individuazione di persone; l’accertamento tecnico non ripetibile su persone cose o luoghi>. Tuttavia quando vi è fondato motivo di ritenere che il ritardo nel compimento dell'atto possa pregiudicare la ricerca o l'assicurazione delle fonti prova il pm lo può compiere prima del termine ma ne dovrà comunque dare tempestivo avviso al difensore (l’avviso può essere omesso quando il pm procede ad ispezione e vi è fondato motivo di ritenere che le tracce o altri effetti materiali del reato possano essere alterati, resta tuttavia salva la facoltà del difensore di intervenire). ~gli atti a sorpresa, sono atti ai quali il difensore può assistere senza avere il diritto al preavviso, tra questo figurano quegli atti che sono per loro natura non ripetibili quali le perquisizioni e sequestri. Degli atti garantiti o a sorpresa è previsto il “deposito del verbale” presso la segreteria del pm entro il terzo giorno successivo al compimento dell'atto a prescindere dal fatto che il difensore abbia partecipato o meno all'atto medesimo, il difensore ha la facoltà di esaminare il verbale e di estrarne copia nei cinque 5 successivi [a tal fine quando non è stato dato avviso del compimento dell'atto, al difensore è immediatamente notificato l'avviso di deposito; nei casi in cui è stato eseguito un sequestro, il difensore ha la facoltà di esaminare le cose sequestrate nel luogo in cui esse si trovano ed estrarre copia se si tratta di documenti]. Sono poi previsti i seguenti divieti: •divieto di pubblicazione degli atti del procedimento penale con il mezzo della stampa o di altro mezzo di diffusione (pena l’arresto fino a 30 giorni o l'ammenda di 258 euro nel massimo), tale divieto può essere assoluto o attenuato: ~il divieto di pubblicazione è assoluto quando si tratti di atti segreti - ne è infatti vietata la riproduzione totale, parziale, il riassunto o il contenuto generico - ciò al fine di evitare che la conoscenza anticipata degli atti segreti possa vanificare l'attività investigativa che si sta svolgendo. Tuttavia eccezionalmente il pm potrà in deroga al divieto di pubblicazione consentire con decreto motivato la divulgazione di singoli atti o parte di essi quando tale pubblicazione sia necessaria per la prosecuzione delle indagini, in tal caso gli atti pubblicati dovranno esser depositati presso la segreteria del pm. (es se la polizia arresta in flagranza un rapinatore, è possibile che non se ne conoscano le generalità, quindi si procede all'identificazione), ad essa possono esser sottoposte tutte le persone che hanno avuto a che fare con il reato direttamente o indirettamente quali la persona offesa, la persona sottoposta ad indagini ed i possibili testimoni. La persona sottoposta alle indagini (indagato) è invitata a fornire le proprie generalità con l'avviso che costituisce reato sia il rifiuto di fornirle sia di darle false (il diritto di non rispondere, infatti, non si estende alle dichiarazioni sulla propria identità) ed altre info (quali “condizioni di vita individuale, familiare e sociale; se sia sottoposto ad altri processi; condanne riportate etc) - ove occorra la polizia può provvedere anche a diversi rilievi quali rilievi fotografici, dattiloscopici, antropometrici [nb questi debbono essere obbligatoriamente effettuati nei confronti di un indagato apolide o di cui è ignota la cittadinanza e situazioni assimilate] oppure al prelievo di materiale biologico (capelli o saliva) il quale può avvenire su consenso dell'indagato, in mancanza di consenso la polizia procede al prelievo coattivo previa autorizzazione del pm - (i rilievi possono essere effettuati anche sull’indagato di cui non è certa l’identità al solo fine di ricercare precedenti oppure per l'apertura di una nuova scheda negli uffici segnaletici) ed in casi di rifiuto di farsi identificare si procede previa autorizzazione del pm al prelievo coattivo, è il cd “accompagnamento/accertamento coattivo per l’identificazione” (è un potere coercitivo) di cui la polizia (sia ufficiali che agenti) dispone per giungere all'identificazione dell’indagato il quale è utilizzato ogniqualvolta una persona rifiuti di farsi identificare oppure fornisca generalità o documenti falsi e consiste nel portare la persona da identificare negli uffici di polizia e trattenerla per il tempo necessario per l'identificazione il quale non deve superare le 12ore (se l'identificazione è particolarmente complessa o occorra l'assistenza dell'autorità consolare o interprete la persona può essere trattenuta anche 24h ma non oltre), si procede poi ad eleggere domicilio della persona sottoposta alle indagini per le notificazioni del procedimento. La persona ha la facoltà di chiedere di avvisare un familiare o un convivente. Di tale accompagnamento coattivo la polizia giudiziaria ne deve dare immediato avviso al pm (in forma orale o scritta) il quale potrà disporre in qualsiasi momento il rilascio della persona trattenuta qualora non ne sussistano le condizioni. Dell'identificazione è redatto verbale integrale, conservato nel fascicolo del pm. La persona sottoposta alle indagini è invitata ad eleggete un domicilio per le notificazioni che si renderanno necessarie nel corso del procedimento nonché ad indicare recapiti telefonici, indirizzo pec ed infine recapito della casa di abitazione, luogo di lavoro e temporaneo domicilio o dimora. [Infatti ai sensi dell’art161 le notificazioni dell’avviso dell’udienza preliminare, degli atti di citazione in giudizio e del decreto penale di condanna debbono essere eseguite nel domicilio dichiarato o eletto; tutte le altre notificazioni, diverse dalle predette, saranno effettuate mediante consegna al difensore di fiducia o di ufficio]. •sopralluogo, esso è il mezzo più veloce per l’identificazione del colpevole il quale consiste nell’insieme di attività finalizzate alla ricerca e acquisizione delle tracce sulla scena del crimine anche al fine di evitarne l’alterazione, dispersione e contaminazione. Nel corso del sopralluogo l’attività della polizia giudiziaria osserva la seguente progressione di adempimenti: ~attività di conservazione, essa consiste nel curare che le cose o tracce sul luogo del fatto siano conservate e che lo stato dei luoghi rimanga immutato prima dell'intervento del pm, pertanto si concreta nell’impedire che siano asportate cose (es arma del delitto), cancellate tracce (es. impronte digitali nell'arma), aggiunte (es mozziconi di sigaretta) o spostate cose (il bossolo del proiettile mortale). ~rilievi urgenti, si tratta di atti non ripetibili i quali possono essere compiuti su iniziativa della polizia giudiziaria quando il pm non possa intervenire tempestivamente e vi sia il pericolo che nel frattempo le tracce vadano perdute e lo stato dei luoghi cambi. Essi consistono nell'osservazione e descrizione dello stato dei luoghi, cose o persone attinenti al reato nonché nella descrizione di tracce o effetti materiali del fatto e son detti urgenti" in quanto il pm non ha, per qualsiasi motivo, ancora assunto la direzione delle indagini. ~accertamenti urgenti, si tratta di un'operazione tecnica non ripetibile compiuta dalla polizia giudiziaria in caso di necessità ed urgenza ossia quando il pm non possa intervenire tempestivamente o non ha ancora assunto la direzione delle indagini e vi sia il pericolo che nel frattempo le tracce vadano perdute e lo stato dei luoghi cambi. Nell’eseguire gli accertamenti urgenti non potrà però modificare gli eventuali elementi di prova in quanto ciò è riservato al pm il quale lo compirà con preavviso all’indagato e offeso (ad es la polizia può prelevare da un oggetto le impronte digitali al fine di conservarle inalterate) ed inoltre può avvalersi di ausiliari di polizia giudiziaria (che non possono rifiutarsi di collaborare) qualora gli accertamenti richiedano competenze tecniche. [I rilievi ed accertamenti urgenti hanno le seguenti finalità “comprendere la dinamica del fatto; raccogliere elementi di prova; cercare spunti per la successiva attività d'indagine”]. ~ sequestro probatorio. È l'atto non ripetibile che assicura le fonti di prova ed è disposta dalla polizia quando vi sia pericolo nel ritardo ed il pm non possa intervenire tempestivamente o non ha assunto la direzione delle indagini. Il verbale è trasmesso entro le 48 ore al pm del luogo dove il sequestro è avvenuto il quale entro le 48ore successive convalida il sequestro con decreto motivato se ne ricorrono i presupposti. NB i rilievi, gli accertamenti urgenti e il sequestro, compiuti dalla polizia giudiziaria in sede di sopralluogo sono atti che nascono all'origine come non ripetibili i quali sono inseriti nel fascicolo delle indagini e successivamente confluiscono nel fascicolo del dibattimento dopo che il giudice dell'udienza preliminare avrà deciso il rinvio a giudizio. Si tratta di atti a sorpresa ai quali può assistere senza preavviso il difensore dell'indagato e qualora anche l'indagato sia presente al rilievo, all'accertamento, alla perquisizione o al sequestro, la polizia dovrà avvertirlo della possibilità di farsi assistere da un difensore di fiducia. ~acquisizione dei reperti biologici. Il materiale biologico dal quale può essere estratto il DNA può avvenire sia sullo stesso soggetto il quale viene pertanto personalmente sottoposto a prelievo (il prelievo sull’indagato può anche essere coattivo quando volto a provvedere all’identificazione personale di questi; di converso su persone diverse dall'indagato l'acquisizione di campioni biologici può avvenire soltanto su consenso dell'interessato) sia essere acquisito da luoghi, cadaveri o cose (denominate reperto) le quali presentino tracce biologiche ad esempio possono essere trovate su cose abbandonate (mozziconi di sigarette o tazzine da caffè) o su oggetti (indumenti) sottoposti a sequestro. ~accertamenti obbligatori previsti dal codice della strada, i quali si distinguono nell’accertamento dello stato di ebrezza e dell’alterazione psico-fisica per uso di sostanze stupefacenti. •perquisizione su iniziativa della polizia giudiziaria. La perquisizione può essere effettuata solo nei seguenti casi <in flagranza di reato; in caso di evasione; se si debba procedere al fermo di una persona indagata oppure all'esecuzione di un'ordinanza che dispone la custodia cautelare o che dispone la carcerazione per uno dei delitti per i quali è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza> e deve avere quale oggetto <le cose o tracce pertinenti al reato oppure la persona dell'indagato o dell'evaso> e può esser disposta qualora sussista un “pericolo dal ritardo” <in quanto si tratta di cose o tracce che se non venissero ricercate subito potrebbero venire cancellate o disperse e quindi l’elemento di prova andrebbe perduto sia casualmente sia per volontà dell'autore del reato o dei suoi complici> e vi sia il fondato motivo di ritenere che nel luogo o sulla persona vi siano cose da ricercare (per fondato motivo si deve intendere che la polizia giudiziaria abbia a disposizione elementi obiettivi dai quali emerga con sufficiente probabilità che le cose o le persone cercate si trovino nel posto dove viene effettuata la perquisizione). La polizia dovrà inoltre avvisare l’indagato presente della facoltà di nominare un difensore di fiducia il quale può assistere all’atto ed inoltre dovrà entro 48 ore trasmettere al pm del luogo ove la perquisizione è stata eseguita il relativo verbale di modo che questi possa disporne la convalida nelle 48ore successive. È altresì consentita all’indagato e persona nei cui confronti la perquisizione è stata disposta o eseguita (se da lui diversa) di poter proporre opposizione alla perquisizione non seguita da sequestro sulla quale il giudice provvede in camera di consiglio entro 10 giorni dalla data in cui hanno avuto conoscenza del decreto di convalida. •la relazione di servizio è l'atto della polizia nel quale viene riferito tutto quello che è emerso durante il servizio e che è destinato al dirigente dell'ufficio. Essa è considerata non ripetibile (e può pertanto esser trasmessa al pm ed inserita nel fascicolo del dibattimento) sia quando rappresenta fatti o persone in quelle situazioni che sono soggette a mutamento sia quando le circostanze riferite non sono riproducibili genuinamente mediante la narrazione ad opera del verbalizzante (es. arresto dello spacciatore con sequestro della sostanza stupefacente); viceversa è considerata ripetibile quando rappresenta una mera attività di contestazione o osservazione che è riproducibile genuinamente mediante la narrazione da parte del verbalizzante (es.pedinamenti, presenza di persone o cose, acquisizione della notizia di reato). •arresto in flagranza e fermo di persona gravemente indiziata. La documentazione dell’attività di polizia giudiziaria (art. 357). La polizia giudiziaria annota secondo le modalità ritenute idonee ai fini delle indagini, anche sommariamente, tutte le attività svolte, comprese quelle dirette alla individuazione delle fonti di prova. Fermo quanto disposto in relazione a specifiche attività, redige verbale nelle forme e con le modalità previste dall'articolo 373 dei seguenti atti <denunce, querele e istanze presentate oralmente; sommarie informazioni rese e dichiarazioni spontanee ricevute dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini; informazioni assunte a norma dell'articolo 351; perquisizioni e sequestri; operazioni e accertamenti previsti dagli articoli 349, 353 e 354; atti, che descrivono fatti e situazioni, eventualmente compiuti sino a che il pm non ha impartito le direttive per lo svolgimento delle indagini>. A seguito della rif cartabia è stato previsto che <quando le indagini riguardano taluno dei delitti di cui all’articolo 407 co 2, lettera a) oppure quando la persona chiamata a rendere informazioni ne faccia richiesta> alla documentazione delle informazioni (di cui al comma 2, lettera c “assunte a norma dell’art351”) si procede altresì mediante riproduzione fonografica a mezzo di strumenti tecnici idonei ad opera della polizia giudiziaria salva la contingente indisponibilità di strumenti di riproduzione o di personale tecnico. Le dichiarazioni della persona minorenne, inferma di mente o in condizioni di particolare vulnerabilità sono documentate integralmente, a pena di inutilizzabilità, con mezzi di riproduzione audiovisiva o fonografica, salvo che si verifichi una contingente indisponibilità di strumenti di riproduzione o di personale tecnico e sussistano particolari ragioni di urgenza che non consentano di rinviare l’atto. La trascrizione della riproduzione audiovisiva o fonografica è disposta solo se assolutamente indispensabile e può essere effettuata dalla polizia giudiziaria. La documentazione dell'attività di polizia giudiziaria è posta a disposizione del pubblico ministero così come lo sono anche le denunce, le istanze e le querele presentate per iscritto, i referti, il corpo del reato e le cose pertinenti al reato. 2)”L’attività di iniziativa del PM. L'arrivo dell'informativa proveniente dalla polizia giudiziaria fa sorgere a carico del pm l'obbligo di valutare la notizia di reato ai fini dell’eventuale iscrizione della la notizia di reato nell'apposito registro e spetta allo stesso pm indicare alla segreteria in quale registro debba essere iscritta la notizia di reato e se, eventualmente, debba essere annotato a fianco il nome di un indagato. Esistono 3 tipi di registri: ~il registro delle notizie anonime, di queste notizie non se ne può fare alcun uso nel procedimento penale salvo che costituiscano il corpo del reato (es denuncia anonima calunnosia) oppure provengano dall'imputato stesso. Questo registro è suddiviso per anno, decorsi 5 anni i documenti anonimi ed il registro devono essere distrutti. ~il registro degli atti non costituenti notizie di reato, è il registro nel quale vengono annotati tutti gli esposti dai quali non è possibile ipotizzare alcun fatto di reato. ~il registro ordinario (o registro della notizia di reato) è quello che contiene le notizie di reato. Il PM nel momento in cui ordina che sia iscritta nel registro la singola notizia di reato può anche non essere in grado di individuare la persona alla quale debba essere addebitato il medesimo (e qualora per ipotesi la polizia giudiziaria ritenesse di aver individuato il responsabile il pm non sarebbe vincolato da questa indicazione) qualora invece l’abbia individuato sarà soltanto in tal caso che ritenendo di formulare un addebito nei confronti di una persona ordinerà alla segreteria di annottare il nome accanto alla notizia di reato già inserita. L’iscrizione può essere successivamente aggiornata sia se muta la qualificazione giuridica del fatto sia se ne risultano modificate le circostanze, resta fermo il potere di retrodatazione del pm art335co1ter; di converso si dovrà procedere ad iscrizioni del tutto nuove se a carico della medesima persona siano addebitati reati concorrenti ovvero se il medesimo fatto sia addebitato anche ad altre persone. Dalla data in cui il pm ha iscritto il nome della persona alla quale il reato è attribuito comincia a decorrere il termine (di regola 1 anno per i delitti e 6 mesi per le contravvenzioni) entro il quale il pm deve decidere se esercitare l'azione penale, chiedere l'archiviazione o chiedere la proroga delle indagini. Una volta che il nome dell'indagato è stato iscritto nel registro delle notizie di reato le indagini continuano a svolgersi di regola in segreto fino alla conclusione delle stesse o fino al momento in cui venga compiuto un atto garantito: questo vuol dire che se non vengano compiuti atti conoscibili e non venga disposta alcuna misura cautelare l'indagato non avrà conoscenza "ufficiale" che sia in corso un procedimento penale (ciò vale anche per l’offeso) ma tuttavia prima di tali momenti l’indagato e offeso possono chiederne notizia alla segreteria del PM alla quale si chiede di avere conoscenza di iscrizioni che li riguardano cd conoscibilità del registro su iniziativa del soggetto interessato la quale sia quando non esistono iscrizioni nei confronti dell'interessato sia quando esse esistono ma non sono conoscibili in quanto segrete risponde alla richiesta dell'interessato con la medesima frase "non risultano iscrizioni suscettibili di comunicazione". Sussiste un segreto sulle iscrizioni nel registro se si procede per “delitti di criminalità mafiosa”<le iscrizioni sono segrete fino a 2 anni; non sono conoscibili a richiesta; la proroga delle indagini viene data in segreto>; per i “delitti non mafiosi”<le iscrizioni sono segrete fino ad 1 anno; non sono conoscibili a richiesta e la durata inziale è di 1 anno (anziché di 6 mesi) ma l'eventuale richiesta di proroga deve essere comunicata all'indagato> mentre quando si procede per altri reati il pm può disporre la segretezza fino ad un massimo di 3 mesi quando sussistano specifiche esigenze attinenti all'attività di indagine e cioè quando vi è pericolo di fuga. In virtù della Riforma Cartabia ai sensi dell’art335 il PM iscrive immediatamente nell’apposito registro ogni notizia di reato che gli perviene o che ha acquisito di propria iniziativa “contenente la rappresentazione di un fatto, determinato e non inverosimile, riconducibile in ipotesi ad una fattispecie incriminatrice, nell’iscrizione sono indicate, ove risultino, le circostanze di tempo e di luogo del fatto”. Il nome dell’indagato potrà anche essere iscritto in un momento successivo rispetto alla registrazione della notizia nella sua oggettività: «il pubblico ministero provvede all’iscrizione del nome della persona alla quale il reato è attribuito non appena risultino, contestualmente all’iscrizione della notizia di reato o successivamente, indizi a suo carico [la mera iscrizione nel registro di cui non può da sola determinare effetti pregiudizievoli di natura civile o amministrativa per la persona alla quale il reato è attribuito», le disposizioni da cui derivano effetti pregiudizievoli in sede civile o amministrativa per la persona sottoposta a indagini devono intendersi nel senso che esse si applicano comunque alla persona nei cui confronti è stata emessa una misura cautelare personale o è stata esercitata l’azione penale]. Nei casi in cui il pm non abbia provveduto tempestivamente alle iscrizioni - e cioè ad inserire nel registro la notizia nella sua oggettività o il nome dell’indagato se individuato - egli stesso all’atto dell’iscrizione potrà “Retrodatare” l’iscrizione ossia indicare la data anteriore a partire dalla quale l’iscrizione debba intendersi effettuata (in tal modo il pm ove riconosca un ritardo delle iscrizioni potrà porvi rimedio senza la necessità di attendere l'attivazione del controllo giurisdizionale). È dalla individuazione dell’indagato/persona alla quale il reato è attribuito ed iscrizione del suo nominativo nel registro che cominciano a decorrere i termini delle indagini preliminari, il nominativo va iscritto quando contestualmente all'iscrizione della notizia di reato o successivamente risultino indizi a suo carico. Ai sensi dell’art335ter il gip se ritiene che il reato per cui si procede debba essere attribuito a una persona che non è stata ancora iscritta nel registro delle notizie di reato, sentito il pm, gli ordina con decreto motivato di provvedere all’iscrizione (dunque ha il potere di ordinare al pm l’iscrizione del nome dell’indagato) ed a seguito dell’ordine del giudice il pm provvede all’iscrizione, indicando la data a partire dalla quale decorrono i termini delle indagini, resta in ogni caso salva la facoltà dell’indagato di proporre al giudice la richiesta di accertamento della tempestività dell’iscrizione quando ritenga che la data sia indicata in modo scorretto [tale art335ter riprende e allarga un potere che fino ad oggi era espressamente riconosciuto al giudice soltanto laddove fosse stata presentata richiesta di archiviazione o di autorizzazione a proseguire le indagini nei confronti di ignoti da parte del pm di cui all’art415co2 secondo periodo oggi abrogato - il quale prevedeva che nel procedimento a carico d'ignoti il gip a cui fosse chiesta l'archiviazione ovvero l'autorizzazione a proseguire le indagini qualora avesse ritenuto che il reato fosse ascrivibile ad una persona già individuata avrebbe potuto ordinare d'iscriverne il nome nell'apposito registro - mentre ora il gip nei procedimenti contro indagati ignoti potrà emettere l’ordine anche nei procedimenti contro indagati noti potendo individuare ulteriori persone da iscrivere nel registro oltre a quelle che già vi figurano. Si precisa al riguardo che la prerogativa giudiziale concerne in questo caso unicamente soggetti a cui venga addebitato quello stesso fatto che forma oggetto della richiesta indirizzata al giudice]. A tal fine occorre tener presente che poiché il gip non sempre è informato dei soggetti iscritti nel registro di cui all'art335 e, quindi, potrebbe trovarsi in difficoltà nell’emettere l’ordine di iscrizione, è stato previsto che ogni qual volta il pm avanzi una richiesta egli dovrà indicare al gip la notizia di reato ed i soggetti ai quali essa è attribuita. L’art335quater ha introdotto il cd “Accertamento della tempestività dell’iscrizione nel registro delle notizie di reato” (è un meccanismo di controllo) si tratta di un procedimento incidentale il quale può svolgersi anche nel corso delle indagini preliminari ogniqualvolta esse si aprano alla conoscenza dell’indagato (si pensi all’ipotesi in cui siano compiuti atti garantiti o a sorpresa o sia disposta una misura cautelare) ai sensi del quale l’indagato può chiedere al giudice di accertare la tempestività dell’iscrizione della notizia di reato e del proprio nome ed altresì di retrodatare l’iscrizione quando il ritardo è inequivocabile e non è giustificato. La richiesta di retrodatazione deve indicare, a pena di inammissibilità, le ragioni che la sorreggono e gli atti del procedimento dai quali è desunto il ritardo ed inoltre dovrà esser proposta - al giudice che procede o al gip nel corso delle indagini preliminari (co5 tale co disciplina l’ipotesi in cui nel corso delle indagini preliminari si instauri un procedimento incidentale con l’intervento del pm e dell’indagato - si pensi al caso in cui sia stata disposta una misura cautelare - e prevede che “salvo il caso in cui durante le indagini preliminari quando il giudice deve adottare una decisione con l'intervento del pm e dell’indagato e la retrodatazione è rilevante ai fini della decisione in quanto in tal caso l’interessato può scegliere se presentare la richiesta nel procedimento principale oppure se presentarla nel procedimento incidentale - si pensi all’ipotesi in cui si svolga l’udienza sul riesame di fronte al tribunale della libertà - e pertanto sarà trattata e decisa nelle forme della sede cui è presentata) - entro 20 giorni dalla data in cui la persona sottoposta alle indagini ha avuto facoltà di prendere conoscenza degli atti che dimostrano il ritardo nell'iscrizione (nella maggior parte dei casi, il dies a quo coinciderà con l'avviso di conclusione delle indagini, ma potrebbe anche scattare prima o dopo), ed al fine di evitare una ingiustificata ~gode del privilegio contro l'autoincriminazione e quindi può rifiutarsi di riferire fatti dai quali potrebbe emergere la sua responsabilità penale Garanzia contro l'autoincriminazione: se rende dichiarazioni dalle quali emergono indizi di reità a suo carico, l'autorità ne interrompe l'esame, lo avvisa che a seguito delle dichiarazioni possono essere svolte indagini nei suoi confronti e lo invita a nominare un difensore. Le dichiarazioni rese in precedenza non potranno essere utilizzate contro di lui ma se mai contro l'indagato. ~l’indagato non può essere sentito come persona informata cd incompatibilità a testimoniare (perciò si ritiene che sia più corretta l'espressione "possibile testimone" rispetto a persona informata), a tal fine qualora l'inquirente senta come possibile testimone una persona che avrebbe dovuto interrogare fin dall'inizio in qualità di "indagato", e quindi nel rispetto di tutte le garanzie difensive, poiché vi erano già indizi a suo carico è previsto che le sue dichiarazioni non potranno essere utilizzate. Al fine di convocare la persona informata, il pm emette un decreto di citazione contenente l'avvertimento che, in caso di mancata comparizione senza che sia stato addotto un legittimo impedimento, potrà essere sottoposto all’accompagnamento coattivo. Nello stesso modo il pm provvede a citare il consulente tecnico, l'interprete e il custode delle cose sequestrate. Quando debbono assumersi info da possibile testimone vulnerabile quale è il minorenne in relazione a delitti di prostituzione minorile, adescamento di minori, pedopornografia ed assimilati, il PM deve avvalersi dell'ausilio di un esperto in psicologia o psichiatria infantile ma l’atto di indagine deve essere diretto dal magistrato o dall'ufficiale di polizia giudiziaria delegato. Procede analogamente anche quando debba assumere info da una persona offesa anche maggiorenne la quale si trovi in condizioni di vulnerabilità. A tutela della segretezza degli atti di investigazione difensiva è fatto divieto a pm e polizia giudiziaria (cd autorità inquirente) di chiedere informazioni alle "persone già sentite dal difensore" sulle domande formulate e sulle risposte date nel corso dell'intervista. Le informazioni del possibile testimone sono poi documentate mediante verbale ed altresì mediante riproduzione fonografica, salva la contingente indisponibilità di strumenti di riproduzione o di personale tecnico nonché quando le indagini riguardano i delitti di criminalità organizzata di cui all’art407co 2, lett. a e quando la persona chiamata a rendere informazioni ne faccia richiesta: è infatti previsto che alla persona chiamata a rendere informazioni è sempre dato avviso che, salva la contingente indisponibilità di strumenti di riproduzione o di personale tecnico abbia diritto di ottenere, ove ne faccia richiesta, che le dichiarazioni rese siano documentate mediante riproduzione fonografica la cui trascrizione della riproduzione fonografica è disposta solo se assolutamente indispensabile e può essere effettuata anche dalla polizia giudiziaria che assiste il pm. Occorre tenere presente che le informazioni rese al pm di regola non sono utilizzabili in dibattimento ma tuttavia possono eccezionalmente essere utilizzate mediante le contestazioni al testimone se ripetibili oppure mediante lettura se non ripetibili. (Ciò fa comprendere come una corretta ed integrale documentazione, accompagnata dalla trascrizione, potrebbe essere l’unico modo per consentire un pieno apprezzamento di dichiarazioni che possono divenire prove nel futuro dibattimento e che comunque vengono utilizzate per tutte le decisioni prese nel corso delle indagini preliminari o a chiusura di tale fase). [La sentenza dibattimentale si fonda sulle prove legittimamente acquisite in dibattimento; le info assunte durante le indagini non possono di regola essere utilizzate per pronunciare tale decisione]. •interrogatorio dell'indagato. Quando il pm intenda sottoporre l'indagato ad interrogatorio (o a confronto e ispezione) gli dovrà notificare un "invito a presentarsi" - il quale dovrà esser notificato all'indagato di regola almeno 3 giorni prima di quello fissato per l'interrogatorio, ovviamente trattandosi di atto garantito se ne dovrà dare avviso anche al difensore almeno 24ore prima dell’interrogatorio e nei casi di urgenza, quando il ritardo può pregiudicare la ricerca o l'assicurazione delle fonti di prova, il pm può procedere all'interrogatorio (ispezione o controllo) anche prima del termine fissato dandone avviso al difensore senza ritardo - il quale deve contenere <le generalità dell'indagato; il giorno data e luogo della presentazione e autorità davanti alla quale deve presentarsi; l'indicazione che si darà luogo a interrogatorio; l'avvertimento che il pm previa autorizzazione del giudice potrà disporre l'accompagnamento coattivo dell'indagato nel caso di mancata presentazione senza che sia stato addotto un legittimo impedimento; la sommaria enunciazione del fatto come risulta dalle indagini fino a quel momento compiute (cd addebito provvisorio). L’interrogatorio dell’indagato libero può esser compiuto sia “direttamente dal pm” ed in tal caso l’atto può svolgersi anche senza la presenza del difensore il quale tuttavia deve essere stato preavvisato sia su delega alla polizia giudiziaria ed in tal caso è invece necessario che il difensore sia presente. [Rif Cartabia alla documentazione dell’interrogatorio si procede anche con mezzi di riproduzione audiovisiva o, se ciò non è possibile a causa della contingente indisponibilità di mezzi di riproduzione audiovisiva o di personale tecnico, con mezzi di riproduzione fonografica la cui trascrizione è disposta solo se assolutamente necessaria e può essere effettuata anche dalla polizia giudiziaria che assiste il pm]. L'interrogatorio dell'indagato arrestato, fermato o in stato di custodia cautelare può essere condotto esclusivamente dal p.m. non essendone ammessa delega [ogni interrogatorio reso fuori udienza da una persona che si trovi a qualsiasi titolo in stato di detenzione deve esser documentato integralmente a pena di inutilizzabilità con mezzi di riproduzione fonografica, mentre quando si verifica una indisponibilità di strumenti di riproduzione audiovisiva e fonografica o di personale tecnico si provvede con le forme della perizia o della consulenza tecnica; la trascrizione della riproduzione è disposta soltanto se richiesta dalle parti. Quando la persona sottoposta alle indagini e il difensore vi consentono il pm può disporre che l’interrogatorio della persona sottoposta alle indagini si svolga a distanza, allo stesso modo il pm provvede nei casi in cui il compimento dell’atto è delegato alla polizia giudiziaria]. •interrogatorio di una persona imputata in un procedimento connesso o collegato che si svolga separatamente. L'imputato è citato dal pm ed ha l'obbligo di presentarsi, ed è avvisato che qualora non si presenti il pm può ordinare l’accompagnamento coattivo. L’interrogatorio si svolge in segreto rispetto agli altri imputati, soltanto il suo difensore è presente all'atto in quanto il pm ha l'obbligo di preavvisare il difensore del soggetto sottoposto ad interrogatorio, e se questo è privo di difensore ne nomina uno d'ufficio, tale presenza del difensore è tuttavia prevista come garanzia in favore dell'imputato/indagato mentre nessuna garanzia è prevista in favore dell'indagato del procedimento principale, il cui difensore non solo non può partecipare all'interrogatorio ma non ha neanche il diritto di esaminarne il verbale depositato in segreteria. Se il soggetto sentito sia un imputato concorrente nel medesimo reato il pm ha l’obbligo di avvisarlo che egli abbia la facoltà di non rispondere, salvo che sulla propria identità personale, in quanto ciò che viene dichiarato potrà essere utilizzato contro o a favore di lui nel procedimento che lo vede indagato o imputato, inoltre non ha l’obbligo penalmente sanzionato di dire la verità; se invece sia un imputato connesso teologicamente o collegato il pm li avvisa che se dovessero rendere dichiarazioni su fatti concernenti la responsabilità di altri assumeranno la qualifica di testimoni assistiti limitatamente a tali fatti (lo status di teste non sarà assunto soltanto in dibattimento ma scatta "seduta stante" già nel corso dell'interrogatorio svolto dal pm: pertanto quest'ultimo dovrà aprire un nuovo verbale e documentare le dichiarazioni come sommarie informazioni dal "possibile testimone assistito" il quale ha il diritto di essere assistito da un difensore. Ove l’esame sia rinviato è previsto che il difensore dovrà essere preavvisato in quanto ha diritto di assistere all’atto). Alla documentazione dell’interrogatorio si procede anche con mezzi di riproduzione audiovisiva o, se ciò non è possibile a causa della contingente indisponibilità di mezzi di riproduzione audiovisiva o di personale tecnico, con mezzi di riproduzione fonografica la cui trascrizione è disposta solo se assolutamente necessaria e può essere effettuata anche dalla polizia giudiziaria che assiste il pm. [Le dichiarazioni degli indagati connessi o collegati non possono essere utilizzate in mancanza di riscontro, ne segue pertanto che anche nel corso delle indagini preliminari si applica la regola che impone il riscontro delle dichiarazioni degli imputati connessi o collegati]. •accertamento tecnico del consulente del pm, il quale è posto in essere quando sia necessario svolgere accertamenti che comportano specifiche competenze tecniche, scientifiche e artistiche (si tratta di uno strumento più agevole rispetto alla nomina del perito mediante incidente probatorio): a tal fine pm e difesa possono chiedere al giudice la nomina di un consulente tecnico di parte quando sia necessario procedere ad accertamenti tecnici che richiedano specifiche competenze il quale non potrà rifiutare la sua opera, può anche essere autorizzato dal pm ad assistere ai singoli atti di indagine. NB Il solo indagato (e non anche la persona offesa) prima del conferimento dell'incarico ha l'ulteriore potere di formulare riserva di Incidente probatorio il quale ha il fine di consentire all’indagato non soddisfatto di ricorrere a tale strumento qualora non essendo soddisfatto del consulente del PM voglia un esperto nominato dal giudice che operi in base a quesiti da questi formulati. La riserva di promuovere incidente probatorio perde efficacia e non può esse ulteriormente formulata se l'indagato non propone richiesta di incidente entro il termine di 10 giorni dalla formulazione della riserva stessa ciò è previsto per evitare che l'imputato proponga una riserva pretestuosa poi non eseguita dall'effettiva richiesta di incidente, a tal fine se l’indagato/imputato dopo aver formulato la riserva: ~chieda entro 10 giorni al GIP l'incidente probatorio il PM deve disporre che non si proceda agli accertamenti, salvo che questi nel caso in cui dovessero essere differiti non potrebbero più essere utilmente compiuti; se viola tale divieto i relativi risultati non possono essere utilizzati nel dibattimento [si tratta di una inutilizzabilità relativa la quale impedisce all’accertamento di esser valutato ai fini della decisione dibattimentale, in particolare nella situazione in esame l’accertamento è utilizzabile soltanto nel corso delle indagini preliminari, dell’udienza preliminare e dei riti semplificati che eliminano il dibattimento, come avviene per gli accertamenti ripetibili]. ~non chieda l'incidente probatorio entro 10 giorni il pm potrà compiere gli accertamenti necessari i quali potranno essere utilizzati in dibattimento. L’attività di accertamento ha una differente disciplina a seconda che l'accertamento sia ripetibile o non ripetibile: -l’accertamento tecnico ripetibile, si svolge in segreto ed il relativo verbale è collocato nel fascicolo delle indagini ed è destinato ad essere inserito nel fascicolo del pm nel caso in cui sarà disposto il rinvio a giudizio. -l’accertamento tecnico non ripetibile (in tal caso ha un’efficacia simile alla perizia, subordinandolo ad un controllo ad opera dell’indagato) esso è tale perché le persone, le cose o i luoghi soggetti ad accertamento sono in uno stato soggetto a modificazione oppure perché è l'accertamento stesso che ne determina la modifica. In detti casi il pm deve dare avviso all'indagato (l’indagato privo di difensore è altresì avvisato che sarà assistito da un difensore d’ufficio, restando sempre ferma la possibilità di nominarne uno di fiducia) al difensore e all'offeso perché possano nominare consulenti tecnici: i difensori e i consulenti hanno diritto di assistere al conferimento dell'incarico, di partecipare ad accertamenti e di formulare osservazioni e riserve. Il verbale dell'accertamento tecnico non ripetibile è destinato a confluire nel fascicolo del dibattimento dopo che sia stato disposto il rinvio a giudizio. Il pm può autorizzare la persona sottoposta alle indagini, la persona offesa dal reato, i difensori e i consulenti tecnici a partecipare a distanza al conferimento dell’incarico o agli accertamenti. [Se l’accertamento tecnico non ripetibile è differibile ed è compiuto nonostante la riserva, il relativo verbale è inutilizzabile nel dibattimento ma è utilizzabile a tutti gli altri fini; se invece non è differibile il relativo verbale potrà essere in dibattimento]. Quando si tratti di Accertamenti tecnici idonei ad incidere sulla libertà personale è previsto che: ~in presenza del consenso della persona che deve essere sottoposta all'accertamento, il pm potrà procedere mediante il suo consulente tecnico a prelievo <ciò che viene prelevato dalla persona è il campione biologico, ciò che viene prelevato da un oggetto o luogo è detto reperto> (a seconda che l’atto sia ripetibile o irripetibile verrà applicata la relativa disciplina). ~in assenza del consenso della persona da sottoporre ad accertamento previa domanda che il pm deve rivolgere al gip per ottenere la sua autorizzazione con ordinanza motivata (la quale è concessa quando ricorrano le condizioni di cui all’art 224bis) procederà al prelievo coattivo (dei capelli, peli o mucosa dal cavo orale su persone viventi finalizzato alla tipizzazione del profilo genetico ed il compimento di accertamenti medici), ne segue che tale accertamento tecnico coattivo possa esser disposto quando <esso risulti assolutamente indispensabile per la prova dei fatti e si proceda per un delitto doloso, preterintenzionale consumato, tentato per il quale la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione superiore ad un massimo di 3 anni oppure per delitti colposi di omicidio stradale o lesioni personali stradali o negli atri casi previsti dalla legge; a parità di risultato dovranno esser prescelte le tecniche meno invasive>. Tuttavia non possono in alcun modo esser disposte le operazioni che contrastino con espressi divieti disposti dalla legge oppure che possano mettere in pericola la vita, l'integrità fisica o la salute delle persona o del nascituro. Trattandosi di un atto di indagine che rientra di regola nel segreto investigativo è previsto che l'indagato abbia diritto di venirne a conoscenza solo quando si tratta di un atto ripetibile al quale lui stesso deve essere sottoposto o comunque al termine delle indagini. Esiste tuttavia una procedura d'urgenza la quale prescinde dal controllo giurisdizionale quando vi sia fondato motivo di ritenere che dal ritardo possa derivare grave o irreparabile pregiudizio alle indagini in quanto in tal caso il pm potrà disporre l'accertamento con decreto motivato (contenente tutti i requisiti che l’art224bis richiede in relazione all’ordinanza che dispone la perizia coattiva) ed altresì potrà disporre l'accompagnamento coattivo quando la persona da sottoporre alle operazioni non si presenti senza addurre un legittimo impedimento; inoltre potrà ordinare altresì l'esecuzione coattiva delle operazioni se la persona comparsa si rifiuta di sottoporvisi. Entro le 48ore successive dalla effettiva limitazione della libertà personale il pm deve chiedere al gip la convalida del decreto e dell'eventuale accompagnamento coattivo, il quale provvede con ordinanza al più presto e comunque entro le 48h successive (alla comunicazione del decreto) dandone avviso immediatamente al PM e al difensore. [Infine in presenza di delitti di omicidio stradale e lesioni personali stradali ove il conducente si rifiuti di sottoporsi ad accertamenti (sia dello stato di ebrezza alcolica, sia di alterazione da sostanze stupefacenti o psicotrope) e vi sia urgenza (e cioè, dal ritardo possa derivare grave o irreparabile pregiudizio alle indagini) il PM ordina (con decreto motivato o autorizzazione orale successivamente confermata per iscritto) alla polizia giudiziaria di procedere all'accompagnamento coattivo del conducente presso il presidio ospedaliero più vicino e di far eseguire coattivamente gli accertamenti cd prelievo coattivo, ed entro le 48ore successive delle operazioni il PM chiede la convalida del decreto al GIP il quale provvede al più presto e comunque entro le 48ore successive. Le operazioni devono essere eseguite nel rispetto dei limiti imposti dall'art 224 bis (divieto di metter in pericolo l'integrità fisica e rispetto della dignità; scelte delle tecniche meno invasive)]. •individuazione di persone o cose, esso è un atto che può essere utilizzato sia a fini investigativi dal pm quando l’individuazione sia necessaria per l'immediata prosecuzione delle indagini ed altresì può essere utilizzato dal giudice quando prende una decisione nel corso delle indagini (es. quando emette una misura cautelare come la custodia in carcere). Si tratta di un atto simile al mezzo di prova della ricognizione (la ricognizione può essere disposta dal giudice in dibattimento o nell’incidente probatorio) ma denominato con una differente terminologia (individuazione anziché ricognizione) per sottolineare l'inutilizzabilità dell’individuazione ai fini della decisione dibattimentale, esso è un atto sempre ripetibile in un momento successivo davanti al giudice nella forma della ricognizione e proprio perché l’atto è ritenuto ripetibile il pm è autorizzato ad eseguire l'individuazione senza tuttavia dover rispettare le regole che, nella ricognizione, sono poste a pena di nullità al fine di assicurare l'attendibilità del risultato ed in virtù di ciò non deve necessariamente operare il controllo sul ricognitore chiedendogli di descrivere in modo particolare la persona; non deve predisporre la scena; non deve redigere un verbale dettagliato essendo sufficiente uno in forma riassuntiva (il verbale dell’individuazione è inserito nel fascicolo del pm); non è prevista la presenza del difensore il quale non può neanche conoscere il verbale perché questo è segreto [solo relativamente all’individuazione di persone alla quale partecipi l’indagato, il quale è diventato un atto garantito, è stata introdotta la garanzia dell'assistenza del difensore dell'indagato (se non abbia difensore è avvisato che sarà assistito da un difensore d’ufficio ma potrà sempre nominarne uno di fiducia) e pertanto il Pm deve far avvisare il difensore dell'indagato almeno 24 h prima del compimento dell'atto; nei casi urgenti può procedere anche prima del termine fissato dandone avviso al difensore senza ritardo e comunque tempestivamente]. [nb tuttavia la corte cost ritiene che l’individuazione sia utilizzabile mediante l’istituto della contestazione probatoria nonché parte della giurisprudenza lo ritiene un atto non ripetibile sancendone quindi l’inserimento del relativo verbale nel fascicolo del dibattimento e la piena utilizzabilità per la decisione finale]. •Altre attività di iniziativa del pm, tra queste vi rientrano i mezzi di ricerca della prova quali: -perquisizioni, è un atto delegabile con decreto alla polizia giudiziaria nel quale debbono esser <specificati luoghi e persone; se sia consentito l’ingresso coattivo e se la perquisizione possa estendersi anche ad altri luoghi di cui il perquisito abbia la disponibilità (nb la perquisizione locale si estende automaticamente alle pertinenze)>; di converso debbono esser perseguite personalmente dal pm le perquisizioni e sequestri negli studi dei difensori. -sequestro probatorio, il pm quando delega l'esecuzione del sequestro alla polizia giudiziaria indica l'oggetto da sequestrare e se egli non indica le cose da sequestrare ma dispone genericamente il sequestro di quanto rinvenuto costituente corpo o pertinenza del reato si ritiene che la polizia giudiziaria debba chiedere la convalida al magistrato. -ispezione personale è un atto riservato all'iniziativa del pm per la sua particolare invasività della sfera personale del soggetto ad esso sottoposto (il pm può affidarsi all'opera di un medico e il soggetto sottoposto ad ispezione - offeso o indagato - ha diritto di farsi assistere da una persona di fiducia), trattandosi di un atto garantito è imposto il preavviso di 24h al difensore dell'indagato (e non al difensore dell’ispezionato) salvo particolari ragioni di urgenza e pericolo di alterazione delle tracce ricercate (nel qual caso il difensore ha comunque diritto di assistere). ~l’ispezione sotto copertura, essa è svolta da soggetti (cioè i corpi di polizia specializzati) incaricati dal pm di infiltrarsi all'interno di associazioni criminali al fine di acquisire elementi di prova relativi ai delitti molto gravi (quali riciclaggio, estorsione, terrorismo, tratta di persone etc) nell’ambito di tale attività è possibile che gli infiltrati di rendano autori di determinati reati i quali son dichiarati non punibili in base ad una specifica causa di giustificazione. [Nei procedimenti per tali delitti, quando è necessario acquisire rilevanti elementi probatori o individuare i responsabili, possono essere omessi o ritardati atti processuali (fermo, arresto, sequestro, misure cautelari etc) ma di tale attività deve esserne data comunicazione al pm; inoltre nei casi di urgenza il pm può disporre la misura anche oralmente ma il relativo decreto dovrà essere emesso entro le quarantotto ore successive]. anche prima che la notizia di reato sia iscritta nel registro. In tale sede di indagini preventive il difensore dell’interessato potrà svolgere i soli atti che non richiedano autorizzazione o intervento dell’autorità giudiziaria). Tra gli atti di indagine che possono esser svolti nell’investigazione difensiva figura: -l’intervista difensiva” a possibili testimoni e imputati/indagati connessi - non possono tuttavia esser intervistate le persone che sono incompatibili con la qualifica di teste quali il responsabile civile, il civilmente obbligato, il giudice, il pubblico ministero ed i loro ausiliari, i difensori e i loro assistiti che abbiano svolto o verbalizzato altre interviste nel medesimo procedimento - ma prima che l’intervista abbia inizio il difensore deve avvisare la persona intervistata a pena di inutilizzabilità dell’atto <della propria qualità e dello scopo del colloquio; se intende semplicemente conferire ovvero ricevere dichiarazioni o assumere informazioni indicando; di dichiarare se è indagata o imputata nello stesso procedimento, in un procedimento connesso o per un reato collegato; della facoltà di non rispondere o di non rendere la dichiarazione; del divieto di rivelare le domande eventualmente rivoltegli dalla polizia giudiziaria o dal pm e le risposte date; delle responsabilità penali conseguenti alla falsa dichiarazione, pertanto la persona intervistata ha la facoltà di non rispondere me se decide di rendere dichiarazioni egli assume l'obbligo penalmente sanzionato di dire la verità>. L’intervista dell’imputato/indagato connesso o collegato deve svolgersi in presenza del difensore dell’intervistato il quale è preavvisato almeno 24 ore prima (se la persona sia priva di difensore, colui che vuol procedere all’intervista dovrà chiedere al giudice di nominare un difensore d’ufficio); l’intervista ad un minorenne in relazione ad alcuni tipi di reati (prostituzione minorile; adescamento di minori ed assimilati) deve avvenire con la presenza di un esperto in psicologia; l’intervista di un detenuto necessita di previa autorizzazione del giudice procedente. Qualora la persona che sia stata sentita in qualità di possibile testimone renda nel corso delle informazioni una dichiarazione dalla quale emergano indizi di reità a proprio carico il difensore deve interrompere l'assunzione di informazioni e non possono utilizzare le precedenti dichiarazioni contro la persona che le ha rese. Al fine di evitare la possibilità che la persona convocata si avvalga della facoltà di non rispondere il difensore ha la possibilità di chiedere al pm che la persona sia sentita con incidente probatorio anche fuori dai casi di non rinviabilità oppure di disporre l'audizione del possibile testimone (in tal caso, tuttavia, si può procede all'audizione solo del possibile testimone (non imputato connesso). L’intervista può avvenire mediante le seguenti modalità ossia “colloquio non documentato; rilascio di una dichiarazione scritta”; assunzione di informazioni da documentare mediante verbalizzazione o riproduzione fonografica salvo indisponibilità (le dichiarazioni della persona minorenne, inferma di mente o in condizioni di particolare vulnerabilità sono documentate integralmente, a pena di inutilizzabilità, con mezzi di riproduzione audiovisiva o fonografica, salvo che si verifichi una contingente indisponibilità, la trascrizione della riproduzione audiovisiva o fonografica è disposta solo se assolutamente indispensabile) ai sensi dell’art391ter (alle assunzione delle informazioni non possono assistervi l'indagato, l'offeso e le altre parti private). A differenza del pm il quale ha l'obbligo di depositare tutti i verbali degli atti che sono stati compiuti, il difensore ha la facoltà (non l’obbligo) di presentare al giudice e pm la documentazione difensiva dell'attività di indagine svolta la quale deve tuttavia essere completa (documentazione completa delle dichiarazioni assunte in quanto se decide di presentare la documentazione essa deve essere completa non potendo eliminare le dichiarazioni sfavorevoli alla parte che assiste). -accesso ai luoghi o cose pertinenti al reato oppure procedere alla descrizione degli stessi o all’esecuzione di rilievi tecnici. -consulenza tecnica privata fuori dei casi di perizia, indagato e offeso possono nominare consulenti tecnici di parte al fine di svolgere investigazioni specialistiche al di fuori della perizia ed anche se essa non sia stata disposta. La difesa può così procedere in piena autonomia ed in alternativa al PM al compimento di atti irripetibili, in ogni caso l'intervento del consulente è subordinato a previa autorizzazione del giudice. Quanto invece agli accertamenti tecnici non ripetibili compiuti dal difensore di cui all’art 391decies - si tratta di attività di acquisizione e valutazione di dati tecnici compiute su persone, cose o luoghi "il cui stato è soggetto a modificazioni" il che può avvenire per vari motivi - è previsto che il difensore nel momento in cui si appresti ad eseguire tali accertamenti debba avvisare senza ritardo il PM il quale potrà <sia assistere all'accertamento condotto dal consulente privato; sia procedere ad un proprio accertamento non ripetibile, ma alla presenza tecnica del consulente tecnico del difensore; sia esercitare le "facoltà previste in quanto compatibili dall'art 360">. Si tratta di quei poteri che la norma riconosce alla difesa nel corso degli accertamenti tecnici non ripetibili compiuti dalla pubblica accusa; pertanto il p.m., una volta avvisato il difensore, può formulare la richiesta di incidente probatorio. Quando il pm rimane inerte, la difesa ha la possibilità di procedere ugualmente all'accertamento tecnico ove ritenga tale atto non differibile, come è previsto dall'art 360 in favore del PM. Il verbale degli accertamenti tecnici non ripetibili verrà inserito nel fascicolo del dibattimento di modo che si favorisca il contraddittorio e si conferisca loro valore probatorio. Il difensore abbiamo detto abbia la facoltà di presentare a pm (quando voglia indurlo a prendere una decisione a favore del proprio cliente es sollecitando un’archiviazione o rinvio a giudizio) e giudice la documentazione degli atti di investigazione difensiva. Durante le indagini preliminari la documentazione presentata al gip viene inserita in un apposito fascicolo, formato e conservato presso l'ufficio gip e denominato fascicolo informatico del difensore (i documenti redatti e depositati in forma di documento analogico sono conservati in originale o, se il difensore ne chiede la restituzione, in copia, presso l’ufficio gip) e di tale documento il pm può prendere visione ed estrarre copia soltanto quando debba essere adottata una decisione su richiesta delle altre parti o con il loro intervento art391 octies co3. Dopo la chiusura delle indagini preliminari il fascicolo del difensore confluisce in un fascicolo unico delle indagini. Dopo la chiusura dell’udienza preliminare con il decreto che dispone il giudizio il giudice provvede nel contraddittorio delle parti a formare il fascicolo per il dibattimento (art431) nel quale sono inseriti la documentazione <degli atti non ripetibili compiuti dal pm, polizia giudiziaria e difensore; atti assunti nell’incidente probatorio etc>. Gli altri atti di investigazione difensiva non menzionati, essendo ripetibili in dibattimento, sono inseriti in quel fascicolo del pm che ha carattere residuale (art. 433). Nel dibattimento gli atti di indagine difensiva seguono il regime di utilizzabilità proprio del fascicolo nel quale sono stati inseriti pertanto gli atti contenuti nel fascicolo per il dibattimento potranno senz'altro essere letti ed utilizzati dal giudice. Gli atti contenuti nel fascicolo per il PM potranno essere utilizzati per le contestazioni probatorie alla stessa stregua dei verbali di dichiarazioni raccolte dall'inquirente. Il verbale redatto dal difensore ha lo stesso valore probatorio e regime di nullità di quello redatto dal PM]. L’AVVISO DI CONCLUSIONE DELLE INDAGINI PRELIMINARI. L’avviso di conclusione delle indagini preliminari" è un atto (che non interrompe la prescrizione del reato) dal contenuto piuttosto articolato che il pm, prima della scadenza del termine per le indagini preliminari e quando ritenga di dover chiedere il rinvio a giudizio, fa notificare all'indagato e al suo difensore il quale contiene <la sommaria enunciazione del fatto per cui si procede con l’indicazione delle norme di legge che si assumono violate, della data e del luogo del fatto (in tal modo l'indagato, che potrebbe non aver mai ricevuto prima di allora l'informazione di garanzia o atto equipollente, viene ufficialmente informato della conclusione delle indagini a suo carico. L’omissione dell’avviso di conclusione delle indagini determina una nullità di ordine generale del rinvio a giudizio e del decreto di citazione diretta a giudizio); l'avvertimento che l'indagato e il suo difensore possano prendere visione del fascicolo delle indagini depositato presso la segreteria del pm (in tal modo la difesa può conoscere tutti gli atti di indagine in un momento anteriore al deposito della richiesta di rinvio a giudizio) ed altresì l’avviso all’indagato della possibilità di poter entro 20 giorni esercitare le seguenti facoltà ossia di “presentare memorie, produrre documenti, depositare documentazione relativa alle investigazioni del difensore, chiedere al pm il compimento di atti di indagine, presentarsi per rilasciare dichiarazioni spontanee o chiedere di essere sottoposto ad interrogatorio, di accedere ai programmi di giustizia riparativa>. La conoscenza dell'intero fascicolo consente all'indagato e al suo difensore di valutare le scelte difensive in vista della successiva udienza preliminare anche ai fini dell'eventuale richiesta di procedimenti speciali. [Quanto al deposito delle intercettazioni al momento dell'avviso della conclusione delle indagini è previsto che quando il pm sia stato autorizzato dal giudice al deposito differito e, quindi, non sia avvenuta l'udienza di stralcio, in tal caso l'avviso di conclusione delle indagini deve contenere l'avvertimento che il difensore dell'indagato abbia la facoltà di esaminare gli atti depositati relativi alle intercettazioni valutati come rilevanti dal pm, ascoltare registrazioni o prendere cognizione dei flussi di comunicazioni informatiche e telematiche, estrarre copia delle registrazioni o dei flussi indicati come rilevanti dal PM. Il difensore può entro il termine di 20 giorni depositare memorie e documenti nonché l'elenco delle ulteriori registrazioni ritenute rilevanti e di cui chiede copia. Sull'istanza decide il PM con decreto motivato il quale se rigetta l'istanza o se vi siano contestazioni sulle indicazioni relative alle registrazioni ritenute rilevanti il difensore può chiedere al giudice che si proceda nelle forme dell'udienza di stralcio. Il deposito degli atti relativi alle intercettazioni valutati come rilevanti dal pm unito alla mancata contestazione da parte del difensore dell'indagato o all'accoglimento delle richieste di quest'ultimo costituiscono una inedita forma di acquisizione delle intercettazioni che si pone come alternativa all'atto del giudice]. Il PM non è vincolato ad adempiere alle richieste formulate dall'indagato, tranne nel caso in cui l'indagato chieda, entro 20 giorni dalla notifica dell'avviso, di essere sottoposto ad interrogatorio cd “richiesta dell’indagato di esser interrogato” in quanto in tal caso avrà l’obbligo di procedervi (egli ha il diritto ad esser interrogato ove ne faccia richiesta), mentre in tutte le altre ipotesi il pm valuta discrezionalmente la necessità di compiere nuove indagini a seguito delle richieste dell'indagato: se ritiene di svolgerle esse debbono essere compiute entro il termine di 30 giorni dalla presentazione della richiesta del PM, tale termine può essere prorogato dal giudice su richiesta del PM per una sola volta e per non più di 60 giorni [rif cartabia “le dichiarazioni rilasciate dall’indagato, l’interrogatorio del medesimo e i nuovi atti di indagine compiuti dal pubblico ministero a seguito delle sollecitazioni della difesa sono utilizzabili se compiuti entro tale termine, anche se i termini per le indagini sono scaduti”]. Il codice prevede una nullità concernente la successiva richiesta di rinvio a giudizio e il decreto di citazione diretta se il PM non invita l'indagato a presentarsi per rendere interrogatorio qualora l'indagato stesso abbia chiesto di essere sottoposto a tale atto entro 20 giorni dalla notifica dell'avviso di conclusione delle indagini. [La funzione dell'avviso di conclusione delle indagini è un istituto che garantisce da un lato l'esigenza di completezza delle investigazioni preliminari e dall'altro il diritto dell'imputato di fornire un contributo efficace e consapevole al fine di chiarire la propria posizione, anche nell'ottica di prospettare al PM elementi per una richiesta di archiviazione. Di regola nessun avviso è dato alla persona offesa e suo difensore, eccetto nei casi di delitti di maltrattamenti contro familiari e atti persecutori]. La rif cartabia ha aggiunto all’Art415-bis ulteriori commi, tra i quali figura il co5bis ai sensi del quale il pm, prima della scadenza del termine di conclusione delle indagini può presentare richiesta motivata di differimento della notifica dell’avviso di conclusione delle indagini al procuratore generale presso la corte di appello: a) quando è stata richiesta l’applicazione della misura della custodia cautelare in carcere o degli arresti domiciliari e il giudice non ha ancora provveduto o quando, fuori dai casi di latitanza, la misura applicata non è stata ancora eseguita; b) quando la conoscenza degli atti d’indagine può concretamente mettere in pericolo la vita o l’incolumità di una persona o la sicurezza dello Stato ovvero, nei procedimenti per taluno dei delitti indicati nell’articolo 407, comma 2, arrecare un concreto pregiudizio, non evitabile attraverso la separazione dei procedimenti o in altro modo, per atti o attività di indagine specificamente individuati, rispetto ai quali non siano scaduti i termini di indagine e che siano diretti all’accertamento dei fatti, all’individuazione o alla cattura dei responsabili o al sequestro di denaro, beni o altre utilità di cui è obbligatoria la confisca. Entro venti giorni dal deposito della richiesta del pm, se ne ricorrono i presupposti, il procuratore generale autorizza con decreto motivato il differimento per il tempo strettamente necessario e, comunque, per un periodo complessivamente non superiore a sei mesi o, se si procede per taluno dei delitti indicati dall’art407co2 non superiore a un anno. In caso contrario il procuratore generale ordina con decreto motivato al procuratore della Repubblica di provvedere alla notifica dell’avviso di conclusione delle indagini entro un termine non superiore a venti giorni, e copia del decreto con cui il procuratore generale rigetta la richiesta di differimento del pm è notificata alla persona sottoposta alle indagini e alla persona offesa che, nella notizia di reato o successivamente, abbia dichiarato di volere essere informata della conclusione delle indagini. LA CONCLUSIONE DELLE INDAGINI PRELIMINARI. Il Termine per le indagini preliminari. Esso, a prescindere che l’indagato sia identificato o ignoto, è di 6 mesi prorogabile fino a 18 mesi (1 anno se si procede per contravvenzioni) ed in casi eccezionali sino a 2 anni quando le indagini siano complesse o per reati più gravi. •il termine per le indagini nei confronti di un indagato noto inizia a decorrere dal momento in cui il nome di questi è iscritto nel registro delle notizie di reato: il termine ordinario è di 1anno se si procede per un delitto; il termine (eccezionale) è di 1 anno e 6mesi se si procede per delitti gravi o di criminalità organizzata; il termine per le contravvenzioni e di 6 mesi. Decorsi tali termini il pm non potrà più svolgere indagini, ne segue che il pm debba entro detti termini esercitare l'azione penale o chiedere l'archiviazione [in entrambe le deliberazioni l’atto del pm è sottoposto al controllo del giudice: sulla richiesta di rinvio a giudizio formulata sulla base dell’imputazione il controllo si svolge nell’udienza preliminare; sulla richiesta di archiviazione il controllo si effettua di regola senza udienza] e qualora non sia in grado di esercitare uno di tali atti (quindi quando risulti necessario indagare più a lungo) dovrà, prima della scadenza del termine e “quando le indagini siano complesse”, chiedere al gip la proroga del termine delle indagini indicando la notizia di reato e le ragioni che giustificano il proseguimento delle indagini, il gip potrà a tal fine prorogare con ordinanza il termine per una sola volta prima della scadenza e per un tempo non superiore a 6 mesi [nb precedentemente alla Rif Cartabia era previsto che il termine potesse esser prorogato una o più volte prima di ciascuna scadenza ed in particolare che il motivo della prima proroga potesse basarsi su una generica "giusta causa" mentre le successive ulteriori proroghe avrebbero potuto essere richieste dal PM nei casi di particolare complessità delle indagini ovvero di oggettiva impossibilità di concluderle entro il termine prorogato" ed inoltre che soltanto per alcuni tipi di reati (quali omicidio colposo, di lesioni colposi derivanti da incidenti stradali, maltrattamenti in famiglia e atti persecutori) la proroga potesse esser concessa per una sola volta. Adesso con la Cartabia invece è stato previsto che si possa prorogare una sola volta e che il motivo della proroga possa essere dovuto alla sola complessità delle indagini (si nota come sia stato eliminato il motivo di giusta causa)]. Il procedimento di proroga può esser sia di tipo: -Speciale avente ad oggetto le indagini per i delitti gravi di criminalità organizzata mafiosa, terrorismo e per quelli concernenti la violenza sessuale e la pedofilia, in tal caso non è necessario alcun contraddittorio sulla richiesta del PM ed il giudice decide sempre senza udienza (de plano) con ordinanza emessa entro 10 giorni dalla richiesta anche quando, per ipotesi non dovesse accogliere la richiesta di proroga. -Ordinario, in tal caso è necessario in primo luogo instaurare il contraddittorio e pertanto il gip si accerta che la richiesta di proroga sia notificata all'indagato e alla persona offesa che nella notizia di reato (o successivamente) abbia dichiarato di volerne essere informata i quali vengono avvisati che possano presentare memorie (entro 5 giorni dalla notificazione), dopodiché il giudice decide entro 10 giorni dalla scadenza del termine per la presentazione delle memorie. A tal fine qualora ritenga di accogliere la richiesta la decisione viene presa de plano senza udienza; di converso se non ritenga di accoglierla fissa la data di udienza che si svolge in camera di consiglio e ne fa dare avviso al pm, indagato e offeso nella quale decide con ordinanza non impugnabile se concedere o negare la proroga e dunque se decide di: ~non autorizzare la proroga, in tal caso è previsto che il pm debba chiedere l’archiviazione o formulare l’imputazione <in particolare se l’autore del reato è individuato dovrà esercitare l’azione penale mentre se sia ignoto dovrà chiedere l’archiviazione> e qualora il termine sia scaduto il giudice fissa un ulteriore termine di 10 giorni per tali determinazioni del pm. In particolare il pm se l’autore del reato è individuato. ~autorizzare (la proroga) con decreto motivato il pm a "proseguire le indagini" (sia per quanto concerne imputato individuato o ignoto), la proroga non può essere superiore a 6 mesi e può essere concessa per una sola volta. ~infine qualora il giudice ritenga che il reato sia da attribuire ad una persona già individuata può ordinare che il nome di questa sia iscritto nel registro delle notizie di reato. In tal caso sarà il pm a dover individuare la data dalla quale far decorrere il termine per le indagini nei confronti di tale indagato il quale decorrerà dall’iscrizione del nome della persona nel registro (in ogni caso quest’ultimo se dovesse ravvisare abusi potrà chiedere l’accertamento della tempestività dell’iscrizione). Salvo quanto previsto dal 415bis, gli atti di indagine compiuti dopo la scadenza del termine per la conclusione delle indagini preliminari (stabilito dalla legge o prorogato dal giudice) sono di regola inutilizzabili se il pm non abbia esercitato azione penale oppure non abbia richiesto archiviazione o proroga “- essi sono utilizzabili soltanto se la richiesta di proroga sia stata presentata prima della scadenza ed il giudice abbia (anche successivamente) concesso la proroga - l’eventuale inutilizzabilità opera non soltanto ai fini della decisione dibattimentale ma anche nelle fasi anteriori al dibattimento e pertanto gli atti di indagine compiuti oltre i termini non possono essere valutati dal giudice che provveda sulle richieste del PM aventi ad oggetto, ad esempio una misura cautelare. •il termine nel procedimento contro ignoti ricalca quanto detto per i procedimenti contro indagati noti salvo per la presenza di 2 eccezioni ossia <il termine per le indagini decorre dalla data di iscrizione della notizia di reato nell'apposito registro in quanto ovviamente non è stato individuato al momento alcun indagato; il controllo svolto dal giudice sulla richiesta di proroga ha oggetto limitato in quanto deve verificare se effettivamente non sia stato ancora individuato l'indagato al fine di evitare elusioni al precetto che impone l'immediata annotazione del nome dell'indagato stesso nel registro delle notizie di reato>. Qui dinanzi ad una richiesta di proroga delle indagini perché l’autore del reato è ignoto è presa dal giudice de plano se ritenga di concedere la proroga, mentre in caso contrario fissa anche qua la data di una udienza la quale si svolgerà analogamente a quella di cui sopra. anche che quest'ultima sia esercitata soltanto da questi potendo infatti essa essere attribuita anche a soggetti diversi dal pm purché ciò non vanifichi il dovere del pm di esercitarla. -la procedibilità di ufficio, l'azione penale è esercitata di ufficio quando non è necessaria la querela, la richiesta, l'istanza o l'autorizzazione a procedere. Ne segue che di regola, quindi, il PM non sia vincolato nella sua azione all'iniziativa di altri soggetti essendo sufficiente che egli rilevi l'esistenza di un fatto storico che è previsto dalla legge come reato. Non occorre neanche che gli pervenga una denuncia in quanto egli può prendere direttamente di propria iniziativa la notizia di reati. -l'irretrattabilità dell'azione penale, l'esercizio dell'azione penale può essere sospeso o interrotto soltanto nei casi espressamente previsti dalla legge" ne segue pertanto che a seguito dell'iniziale esercizio dell'azione penale nessuno possa chiedere di regola di interrompere il processo in quanto la serie necessitata di atti dovrà seguire il suo corso fino alla sentenza irrevocabile senza che né il PM né il giudice possano interferire (se non nei casi espressamente previsti dalla legge: le ipotesi di archiviazione, proscioglimento e condanna sono previste dalla legge). [Un caso di sospensione che viene disposto dal giudice con ordinanza è previsto se risulta che lo stato mentale dell'imputato sia attualmente tale da impedirne la cosciente partecipazione al procedimento, a tal fine disporrà accertamenti sullo stato di mente dello stesso ogni 6 mesi e revocherà la sospensione non appena risulti che questi sia in grado di partecipare coscientemente al procedimento]. b)L'archiviazione. Quando il PM ritenga che non vi siano elementi per esercitare l'azione penale o di applicazione di una misura di sicurezza diversa dalla confisca - in quanto gli elementi acquisiti nel corso delle indagini preliminari non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna - formula al gip una richiesta di archiviazione nei confronti di un indagato, a tal fine il PM trasmette al gip il fascicolo delle indagini contenente la notizia di reato, la documentazione relativa alle investigazioni espletate ed i verbali degli atti compiuti davanti al giudice. È previsto che il pm debba instaurare un contraddittorio con la persona offesa che, nella notizia di reato o successivamente alla sua presentazione, abbia dichiarato di voler essere informata circa l'eventuale richiesta di archiviazione alla quale dovrà esser notificato l’avviso della richiesta di archiviazione; l’obbligo di notificazione dell’avviso della richiesta di archiviazione è escluso nei confronti della persona offesa che abbia rimesso la querela. Nell’avviso della richiesta di archiviazione alla persona offesa dal reato è precisato che essa possa accedere ai programmi di giustizia riparativa nonché prendere visione degli atti e presentare opposizione con richiesta motivata di prosecuzione delle indagini preliminari (da presentare presso pa segreteria del pm) <nel termine di 20 giorni per i reati comuni; mentre nel termine di 30 giorni per i delitti commessi con violenza alla persona e per il delitto di furto in abitazione o con strappo (nb in tal caso l'avviso della richiesta di archiviazione è in ogni caso notificato a cura del PM alla persona offesa, e cioè anche in assenza di una sua richiesta di essere avvisata). La richiesta di archiviazione è sottoposta al controllo del gip che di regola lo effettua de plano (e cioè senza udienza) con decreto; di converso può diventare più complesso e lo effettua con ordinanza fissando un’udienza ove vi sia stato un previo contraddittorio il che si verifica sia quando il giudice non accoglie la richiesta di archiviazione e sia quando la persona offesa presenta opposizione alla richiesta archiviativa del pm. Il gip pronuncia l’archiviazione in presenza di: -presupposti di fatto, ossia quando "gli elementi acquisiti nelle indagini non risultano idonei a sostenere l'accusa in giudizio". Gli elementi sono idonei soltanto quando il pm prevede che, se essi dovessero esser confermati nel vaglio del dibattimento, si potrà ottenere una condanna; non sono idonei in caso contrario, ad esempio se le prove di accusa non sono attendibili (il che si verifica quando il fatto non sussiste, l’imputato non lo ha commesso, il fatto non costituisce reato o non è punibile). -presupposti di diritto, ossia quando <manca una condizione di procedibilità (ad. es la querela); il reato è estinto (ad es. per prescizione); il fatto non è previsto dalla legge come reato; sono rimasti ignoti gli autori del reato; per particolare tenuità del fatto>. L’Opposizione deve essere presentata presso la segreteria del PM (potrà essere presentata anche dalla persona offesa che non abbia chiesto di essere avvisata): -qualora l’offeso non presenti opposizione il gip effettua un controllo de plano e cioè senza udienza. A tal fine se il giudice accoglie la richiesta presentata dal PM emetterà un decreto di archiviazione (il quale è notificato alla persona sottoposta alle indagini se nel corso del procedimento nei suoi confronti sia stata applicata la misura della custodia cautelare); se invece non accoglie la richiesta presentata dal PM, entro 3 mesi fissa la data per un'udienza in camera di consiglio alla quale possono partecipare (con diritto ad essere preavvisati) il PM, la persona offesa, l'indagato. -qualora l’offeso presenti opposizione ammissibile - in quanto contenente l'indicazione dell'oggetto delle ulteriori indagini richieste "e i relativi elementi di prova" - il gip anche in tal caso entro 3 mesi fissa la data per un'udienza in camera di consiglio; se invece l'opposizione è inammissibile, il giudice dopo averne dichiarato l'invalidità si limita ad operare un controllo de plano che potrà dare gli esiti di cui sopra. Nell’udienza in camera di consiglio (e cioè senza pubblico, ma con la possibilità di partecipazione del PM e dei difensori) - la quale è disposta quando il giudice non accoglie de plano la richiesta di archiviazione o quando la persona offesa presenti opposizione ed è volta a valutare sia la richiesta di archiviazione sia l'eventuale opposizione dell'offeso; fino al giorno dell’udienza la documentazione degli atti di indagine è previamente depositata in cancelleria a disposizione dell’indagato e offeso ed i difensori possono estrarne copia - il GIP espleta i suoi poteri di controllo [inoltre in tali casi in cui è disposta udienza si attiva un ulteriore controllo operato dal procuratore generale presso pa corte d’appello il quale riceve comunicazione dell’udienza e può avocare il procedimento] ed entro 3 mesi potrà: ~pronunciare l'ordinanza di archiviazione se sussistono i presupposti di fatto e di diritto (il gio non può disporre archiviazione per particolare tenuità del fatto quando il pm abbia chiesto archiviazione); inoltre qualora lo ritenga necessario può ordinare ulteriori indagini attraverso un'ordinanza al PM fissando il termine entro il quale debbano essere compiute cd indagini coatte cui il pm è vincolato a compiere con la discrezionalità di scegliere le modalità e forme di svolgimento delle stesse, svolte le quali il pm potrà valutare diversamente i risultati e formulare l’imputazione oppure riconfermare la richiesta di archiviazione e depositare i verbali delle indagini svolte. (Tra le ulteriori indagini sollecitate al pm è previsto che il gip possa indicare l’interrogatorio dell’indagato, purché il pm provveda preliminarmente all’iscrizione dell’indagato nel registro delle indagini, il che può avvenire anche per un reato diverso da quello per il quale sia stata richiesta l’archiviazione). ~disporre con ordinanza che il PM formuli l'imputazione entro 10 giorni cd imputazione coatta (si precisa che in virtù del principio di separazione dei poteri il GIP, esercitando questo potere, non ordina al pm di chiedere il rinvio a giudizio né di formulare una determinata imputazione bensì soltanto che il PM proceda a formulare l'imputazione che ritiene conforme alla legge). Entro 2 giorni dalla formulazione dell'imputazione coatta il giudice deve fissare con decreto la data dell'udienza preliminare, essa si caratterizza per essere una forma particolare di udienza preliminare in quanto non è preceduta da una richiesta di rinvio a giudizio de pm (cd udienza preliminare senza richiesta di rinvio a giudizio), in tale sede un diverso giudice (il gup) controllerà la fondatezza dell'accusa e potrà se del caso ordinare ulteriori indagini o assumere prove. (Con l’imputazione coatta si sono andati a contemperare il principio dell'obbligatorietà dell'azione penale e quello della separazione tra le funzioni di accusa e di giudizio). Inoltre il gip quando debba compiere un atto del procedimento (quindi anche al di fuori dell’archiviazione) se ritiene che il reato per cui si procede debba essere attribuito a una persona che non è stata ancora iscritta nel registro delle notizie di reato (con ciò si intende sia quei soggetti ulteriori all’indagato per il reato per cui si procede sia l’iscrizione del medesimo indagato per altri reati risultanti dagli atti e diversi da quello già addebitato dal pm), sentito il pm, gli ordina con decreto motivato di provvedere all’iscrizione il quale provvede all’iscrizione indicando la data a partire dalla quale decorrono i termini delle indagini restando sempre salva la possibilità di proporre richiesta di retrodatazione del termine per le indagini (nei loro confronti il giudice può disporre anche che il pm compia ulteriori indagini quali l’interrogatorio dell’indagato). Le nullità intervenute nel corso del procedimento di archiviazione possono esser dovute sia alla procedura di archiviazione in senso stretto sia all’udienza in camera di consiglio presso il gip (es omesso avviso alla persona offesa della richiesta di archiviazione, omesso avviso dell’udienza, se abbia deciso sull’archiviazione senza attendere il tempo previsto per la presentazione delle opposizioni etc) tali nullità verificatesi possono essere fatte valere mediante reclamo al tribunale monocratico (e non più mediante ricorso in cassazione) il quale provvede con ordinanza non impugnabile. Quanto alla richiesta di archiviazione nei confronti di ignoti (perché è ignoto l’autore del reato) - la quale ricalca la disciplina prevista per l'archiviazione contro gli indagati - il pm deve trasmettere al GIP il fascicolo delle indagini (contenente la notizia di reato, la documentazione relativa alle investigazioni espletate ed i verbali degli atti compiuti davanti al giudice) ed instaurare il contraddittorio con la persona offesa che, nell'atto espositivo della notizia di reato o successivamente alla sua presentazione, abbia dichiarato di voler essere informata circa l’eventuale richiesta di archiviazione, salve le ipotesi di rimessione di querela. Nell’avviso della richiesta di archiviazione alla persona offesa dal reato è precisato che essa possa accedere ai programmi di giustizia riparativa ed altresì prendere visione degli atti e presentare opposizione con richiesta motivata di prosecuzione delle indagini preliminari <nel termine di 20 giorni per i reati comuni; mentre nel termine di 30 giorni per i delitti commessi con violenza alla persona e per il delitto di furto in abitazione o con strappo (nb in tal caso l'avviso della richiesta di archiviazione è in ogni caso notificato a cura del PM alla persona offesa, e cioè anche in assenza di una sua richiesta di essere avvisata). A tal fine se ~ l'offeso non si oppone, il GIP può accogliere la richiesta de plano. ~ se l'offeso si oppone o se comunque il giudice non accoglie la richiesta fissa la data per un'udienza in camera di consiglio alla quale possono partecipare (con diritto ad essere preavvisati) il PM, la persona offesa e difensore (naturalmente nessuno avviso vien dato all’indagato dato che si procede verso ignoti) ed a seguito della quale il gip <può accogliere la richiesta del PM e disporre l'archiviazione con ordinanza; se ritiene che il reato sia da attribuire a persona già individuata il giudice ordina che il nome di questo sia iscritto nel registro delle notizie di reato; chiedere con ordinanza al pm nuove indagini fissando un termine per il loro compimento le quali debbono comunque rispettare il termine finale previsto per le indagini preliminari il quale decorre dal provvedimento del giudice e non dalla data dell'eventuale iscrizione del nominativo dell'indagato sul registro delle notizie di reato>. È altresì prevista l’archiviazione (come deflazione processuale) per particolare tenuità del fatto. Essa è una causa di non punibilità che ricorre quando l’offesa è particolarmente tenue (quindi deve trattarsi di un fatto di reato, per il quale non sia presente una giustificazione o esimente, lesivo di un bene giuridico seppur l’offesa sia di particolare tenuità la cui pena detentiva non sia superiore nel minimo a 2 anni o la pena pecuniaria sola o congiunta alla pena detentiva - ai fini della determinazione della pena non si tiene conto delle circostanze, ad eccezione di quelle per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad effetto speciale - la particolare tenuità deve esser dovuta alle modalità di condotta del responsabile la quale è valutata in base agli indici di gravità del reato nonché in relazione anche alla condotta susseguente al reato in modo da incentivare condotte riparatorie) ed il comportamento non abituale, tuttavia il danneggiato ha comunque la possibilità di chiedere la condanna del responsabile al risarcimento del danno davanti al giudice civile. Son previste una serie di esclusioni della particolare tenuità sia in ragione della condotta (es l’agire per motivi abietti o futili etc) sia in ragione del tipo di reato per il quale si procede. La declaratoria della tenuità del fatto nel corso del procedimento sarà effettuata con le forme previste per la decisione che chiude la fase del procedimento nella quale il giudice è chiamato a pronunciarsi, a tal fine: -nella fase delle indagini preliminari il provvedimento assume la forma di archiviazione. A tal fine quando il pm nel corso delle indagini accerti la presenza dei presupposti per poter chiedere al gip l'archiviazione per particolare tenuità del fatto, al momento della richiesta al gip fa dare all'indagato e alla persona offesa del reato l'avviso che costoro nel termine di 10 giorni possono prendere visione degli atti e presentare opposizione indicando, a pena di inammissibilità, le ragioni del dissenso rispetto alla richiesta. ~se l'opposizione è presentata dall'indagato (che abbia interesse ad un proscioglimento ampio) o dalla persona offesa (che, viceversa, sostenga la natura non tenue dell'offesa) e l'opposizione stessa è ammissibile, il giudice deve avvisare il p.m., l'offeso e l'indagato della data dell'udienza la quale si svolge in camera di consiglio ed il giudice pronuncia con ordinanza dopo aver sentito le parti, a tal punto potrà <sia accogliere la richiesta e pronunciare ordinanza motivata di archiviazione per particolare tenuità del fatto; sia rigettare la richiesta e, sempre con ordinanza, pronunciare un determinato provvedimento quale che gli atti siano restituiti al pm oppure chiedere al pm nuove indagini fissando un termine per il loro compimento o infine può disporre che il pm formuli l'imputazione>. ~se l'opposizione non sia stata presentata, oppure sia stata dichiarata inammissibile dal giudice, egli (senza formalità) può sia accogliere la richiesta e pronunciare decreto motivato di archiviazione per particolare tenuità del fatto sia non accogliere la richiesta del pm ed ordinare che gli atti siano restituiti a quest'ultimo. È altresì prevista l’archiviazione di alcune contravvenzioni durante le indagini preliminari quando vi sia il tempestivo adempimento della prescrizione impartita dall’organo accertatore o il pagamento della somma di denaro la quale è sostituibile anche col lavoro di pubblica utilità. Il procedimento per la contravvenzione è sospeso dal momento dell’iscrizione della notizia di reato nel registro fino al momento in cui il pm riceve notizia dell’adempimento o meno della contravvenzione. La sospensione comunque non preclude una eventuale richiesta di archiviazione. “Riapertura delle indagini”. Quando il procedimento contro un indagato è stato archiviato è previsto che il PM possa compiere nuove indagini - procedendo ad una nuova iscrizione nel registro delle notizie di reato decorrendo da tale momento nuovamente i termini ordinari - ma soltanto dopo aver presentato richiesta (la quale è basata sulla "esigenza di nuove investigazioni" senza esser necessario che il pm presenti nuovi elementi) ed aver ottenuto l’autorizzazione con decreto motivato dal GIP (cd riapertura delle indagini a seguito dell'archiviazione). La richiesta di riapertura delle indagini è respinta quando non è ragionevolmente prevedibile la individuazione di nuove fonti di prova che, da sole o unitamente a quelle già acquisite, possono determinare l’esercizio dell’azione penale (tale criterio di selezione introdotto mira ad escludere la riapertura del procedimento penale in presenza di (positivi) elementi indicativi della sostanziale inutilità delle stesse, così prevenendo i possibili pregiudizi che dalla decisione di riapertura possono conseguire a carico della persona già in precedenza sottoposta a indagini). [Fino ad oggi era invece prevalsa l’interpretazione secondo la quale la riapertura delle indagini fosse un atto dovuto in favore del pm e pertanto per ottenere l’autorizzazione non era necessario che fossero presenti nuovi elementi bensì era sufficiente che il pm prospettasse al giudice un nuovo piano di indagini che poteva scaturire da una diversa interpretazione degli elementi già acquistati]. In mancanza di autorizzazione a riaprire le indagini (nb il diniego di autorizzazione non è impugnabile) è previsto che gli atti di indagine che siano stati eventualmente compiuti siano inutilizzabili quando espletati nei confronti della medesima persona e per il medesimo fatto oggetto della pronuncia di archiviazione e inoltre le indagini debbono essere state compiute dal medesimo ufficio con iscrizione nello stesso registro delle notizie di reato; analogamente in mancanza di autorizzazione a riaprire le indagini è precluso al pm del medesimo ufficio esercitare l'azione penale in relazione al medesimo fatto in precedenza addebitato e archiviato e pertanto la richiesta di rinvio a giudizio risulterà affetta da nullità assoluta poiché il vizio riguarda l'iniziativa del p.m. nell'esercizio dell'azione penale. Il “procedimento in camera di consiglio” [tale espressione è utilizzata oltre che per indicare il procedimento in camera di consiglio anche per indicare in luogo in cui il giudice si ritira per deliberare in segreto i propri provvedimenti] è una modalità di svolgimento di un'attività giurisdizionale la quale si svolge quando il gip non accoglie la richiesta di archiviazione formulata dal pm e si caratterizza per essere una procedura semplificata che si svolge in assenza del pubblico che viene imposta tutte le volte in cui occorre adottare decisioni in tempi rapidi in cui vi è la necessità di attivare un contraddittorio di tipo meramente eventuale in quanto la partecipazione delle parti, degli interessati e dei loro difensori è solo facoltativa (infatti le parti ed i difensori ricevono un avviso del decreto di fissazione dell’udienza - il quale è l’atto iniziale del procedimento - ma senza esservi un obbligo di intervenire in udienza. L’avviso della data fissata per l'udienza è dato almeno 10 giorni prima dell'udienza stessa, tale avviso è previsto a pena di nullità. Fino a 5 giorni prima dell'udienza gli interessati possono presentare memorie presso la cancelleria del giudice. Il giudice, o il presidente del collegio, ha comunque l'obbligo di ascoltare, a pena di nullità, tutti coloro che intervengono all'udienza, oltre che l'imputato o condannato in stato di detenzione che ne facciano richiesta e purché detenuti nello stesso luogo ove ha sede il giudice; in caso contrario alla loro audizione deve procedere il magistrato di sorveglianza prima che abbia luogo l’udienza in camera di consiglio). Il provvedimento conclusivo della procedura camerale assume, di regola, la forma dell'ordinanza ricorribile per cassazione. La procedura in camera di consiglio non viene osservata quando il giudice emette un provvedimento senza formalità, ossia de plano (come ad es il decreto di archiviazione). La riforma Cartabia ha previsto la cd Partecipazione a distanza all’atto del procedimento (fase delle indagini) o all’udienza: art133ter <la decisione che autorizza la partecipazione a distanza (in particolare che un atto sia compiuto a distanza o che una o più parti - ossia indagato, offeso, difensori, esperti - partecipino a distanza al compimento di un atto o all’udienza) è assunta dall’autorità giudiziaria procedente mediante decreto motivato (quando il decreto non è emesso in udienza esso viene comunicato o notificato alle parti unitamente al provv che fissa la data per il compimento dell’atto o dell’udienza 3 giorni prima di tale data), a tal fine si attiva un collegamento audiovisivo - che sia idoneo a salvaguardare il contraddittorio e l’effettiva partecipazione delle parti - tra l’aula di udienza o ufficio giudiziario ed il luogo in cui si trovano le persone che compiono l’atto o partecipano all’udienza (il quale è equiparato all’aula d’udienza e di solito è l’ufficio giudiziario o di polizia giudiziaria più vicino al proprio luogo di residenza, salvo il caso in cui l’indagato sia detenuto-arrestato-fermato-in custodia cautelare in quanto in tal caso partecipa dal luogo in cui si trova). Deve essere assicurata un’adeguata pubblicità degli atti a distanza e sempre la registrazione audiovisiva. All’attestazione delle generalità delle persone collegate provvede un ausiliario del giudice o pm o un ufficiale di polizia giudiziaria che redigono il verbale. La partecipazione a distanza può avvenire nei seguenti casi <nell’udienza dibattimentale e preliminare (art496co2bis e 422co2); interrogatorio nelle indagini (art370co1bis); interrogatorio di garanzia; udienza di convalida arresto e fermo;