Scarica Riassunti del testo Simone per la preparazione alla preselettiva sostegno I e II grado e più Sintesi del corso in PDF di TFA Sostegno solo su Docsity! 1 LEGISLAZIONE SCOLASTICA Sezione 1 L’autonomia scolastica e l’offerta formativa Capitolo 1: Principi costituzionali e riforme della scuola 1.1 Il ruolo dell’istruzione e della scuola nella Costituzione Nella nostra Costituzione sono presenti alcuni articoli che si riferiscono all’istruzione Art. 9 comma 1: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e della ricerca scientifica” (Stato di Cultura). Art. 33: “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento. La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi. Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato. (…)”. Art. 34: “La scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. (…)”. (Borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze). Questi ultimi due articoli disciplinano l’istruzione scolastica seguendo alcuni princìpi: - Libertà di insegnamento; - Disponibilità di scuole statali; - Libero accesso per tutti; - Obbligatorietà e gratuità; - Diritto allo studio; - Ammissione per esami; - Libera istituzione di scuole private; - Parificazione delle scuole private a quelle statali. 1.2 Libertà di insegnamento Art. 33 comma 1 – stabilisce la libertà di insegnamento dei docenti: 2 - Libertà di manifestare il proprio pensiero; - Libertà di professare qualunque teoria o tesi; - Libertà di svolgere il proprio insegnamento seguendo metodi ritenuti opportuni. L’istruzione non ha vincoli di ordine politico, religioso, ideologico. In alcuni casi, sono presenti delle linee da seguire in alcune scuole private di tendenza. Autonomia didattica – l’art. 1 del TU (D.Lgs 297/1994) stabilisce che “ai docenti è garantita la libertà di insegnamento intesa come autonomia didattica e come libera espressione culturale del docente. (…)”. In ogni caso, l’insegnamento deve sempre rispettare il buon costume, l’ordine pubblico, la pubblica incolumità, oltre che il rispetto delle norme costituzionali, ordinamenti della scuola, coscienza morale e civile degli alunni. 1.3 Libertà della scuola: scuole non statali, paritarie e confessionali Art. 33 comma 2: “La Repubblica detta le norme generarli sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi.”. Libertà della scuola – libertà di insegnamento. L. 62 del 10 marzo 2000 – Legge sulla parità scolastica che istituisce un sistema nazionale di istruzione a carattere misto, costituito da scuole statali, scuole gestite da privati o da enti locali col riconoscimento della parità (scuole paritarie). 1.4 Diritto allo studio e libertà di istruzione Collegata alla libertà di insegnamento è la libertà di istruzione, dovere statale di istituire scuole di ogni ordine e grado e il diritto dei cittadini di accedere liberamente al sistema scolastico. Art. 34 comma 1: “La scuola è aperta a tutti.”. Diritto allo studio. L’art. 3 della Costituzione parla del principio di uguaglianza e fa distinzione tra uguaglianza formale (comma 2) e uguaglianza sostanziale (comma 3). Secondo il primo principio ogni cittadino ha diritto a essere trattato allo stesso modo, senza alcun tipo di discriminazione (pari dignità sociale per tutti). Ciò è ribadito anche nell’art. 8 della Costituzione (libertà di tutte le confessioni religiose), art. 29 (uguaglianza morale e giuridica dei coniugi), art. 37 (uguaglianza dei diritti tra lavoratori e lavoratrici). Il principio di uguaglianza formale non può portare però a trattare allo stesso modo situazioni oggettivamente differenti; ed è qui che entra in gioco il comma 3 (uguaglianza sostanziale): davanti a situazioni economiche 5 Riforma Gelmini: - Reintroduzione del maestro unico nella Scuola Primaria; - Reintroduzione dei voti da 1 a 10 nel primo ciclo di istruzione; - Conferma obbligo scolastico fino a sedici anni; - Riordino di istituti professionali, istituti tecnici, licei. 1.8 Riforma della Buona Scuola L. 107/2015: - Autonomia scolastica; - Poteri dei Dirigenti Scolastici; - PTOF; - Organico dell’Autonomia. La sopracitata legge prevede nove deleghe al Governo, pubblicate nel 2017, e alcune importanti modifiche al sistema scolastico: - Programmazione triennale dell’offerta formativa (PTOF); - Rafforzamento del collegamento tra scuola e mondo del lavoro, con previsione di percorsi di alternanza scuola-lavoro negli ultimi tre anni della scuola secondaria di secondo grado; - Adozione del Piano nazionale scuola digitale; - Organico dell’Autonomia, sia per posti comuni che posti di sostegno e per i posti di potenziamento. Esso viene assegnato alle scuole sulla base del fabbisogno risultante dal PTOF; - Piano straordinario di assunzioni per i docenti presenti nelle Graduatorie ad Esaurimento e nelle Graduatorie di Merito del concorso del 2012; - Istituzione del Portale unico dei dati aperti alla scuola relativo ai bilanci delle scuole, al Sistema Nazionale di Valutazione, all’Anagrafe dell’edilizia scolastica, ai dati aggregati dell’Anagrafe degli studenti, ai provvedimenti di incarico di docenza, ai Piani dell’offerta formativa e ai dati dell’Osservatorio tecnologico. L’autonomia scolastica nella Buona Scuola L’autonomia degli istituti scolastici si prefigge di ottenere i seguenti obiettivi: - Innalzamento delle competenze degli studenti; - Prevenzione e recupero dell’abbandono e della dispersione scolastica; - Garanzia del diritto allo studio per tutti gli studenti; 6 - Educazione permanente per tutti i cittadini. Il PTOF Art. 1 comma 14 L. 107/2015 – il Piano Triennale dell’Offerta Formativa sostituisce il POF. Si passa da un piano predisposto per un anno scolastico a un piano predisposto per un triennio. Esso contiene: - Progetto curricolare; - Programmazione delle attività formative rivolte al personale docente e ATA; - Definizione del fabbisogno di risorse umane e materiali. Esso può essere rivisto annualmente ed è elaborato dal Collegio dei Docenti, sulla base degli indirizzi e delle scelte di gestione e amministrazione definiti dal DS. Infine, viene approvato dal Consiglio d’Istituto. Il curriculum dello studente Art. 1 comma 28 L. 107/2015 – introduzione del curriculum dello studente, con discipline opzionali (scuola secondaria di secondo grado). L’alternanza scuola-lavoro Viene ripreso in diversi commi della L. 107/2015. Il nuovo Comitato di valutazione dei docenti Art. 1 comma 127 L. 107/2015 – il DS può attribuire un bonus a titolo di retribuzione accessoria ai docenti di ruolo più meritevoli, sulla base dei criteri individuati dal Comitato per la valutazione dei docenti. 7 Capitolo 2: l’autonomia scolastica 2.1 L’autonomia delle istituzioni scolastiche Art. 21 L. 59/1997 (Legge Bassanini) – autonomia finanziaria, organizzativa e didattica delle istituzioni scolastiche. Si passa da un sistema organizzativo piramidale a uno di tipo orizzontale. Con questa autonomia si sono dati maggiori poteri al DS. In questo modo vennero meno i Programmi nazionali in favore di: - Indirizzi (o indicazioni) nazionali; - Curricolo didattico (organizzato dalle scuole all’interno del POF). È stata data attuazione all’art. 21 grazie al DPR 275 dell’8 marzo 1999 e dalla Legge Costituzionale 3 del 18 ottobre 2001: “Le scuole, riducendosi il rapporto unidirezionale con il Ministero e con le sue direttive, possono per alcuni versi e debbono, per altri, far ricorso alle realtà vicine e, tra tutte, agli enti territoriali, soggetti di competenze sull’istruzione nuove e di qualità diversa dalle precedenti.”. Da ciò emerge un rinnovato sistema formativo nazionale: - Stato; - Regioni; - Comuni e Province; - Istituzioni scolastiche autonome. Il DPR 275/1999 prevede che le scuole abbiano facoltà di prendere decisioni autonome in materia di: - didattica organizzativa; - sperimentazione, ricerca e sviluppo. 2.2 L’autonomia didattica (art. 4, DPR 275/1999) Le istituzioni scolastiche adattano gli obiettivi nazionali ai percorsi formativi e, nell’esercizio dell’autonomia scolastica, regolano: - i tempi dell’insegnamento; - i tempi dello svolgimento delle discipline e delle attività; - i metodi e gli strumenti da utilizzare in modo funzionale. Essa si manifesta anche nella possibilità di: - rimodulare il monte ore annuali di ciascuna disciplina; - programmare percorsi formativi specifici; - organizzare iniziative di recupero e sostegno; 10 Capitolo 3: Gli ordinamenti scolastici 3.1 Scuola dell’Infanzia Il suo ordinamento è disciplinato dal DPR 89/2009 (facente parte della Riforma Gelmini), dura 3 anni e la sua frequenza non è obbligatoria. Le sezioni non devono essere composte da un numero inferiore di 18 anni e non superiore a 26 e, nel caso in cui accolgano alunni con disabilità grave, non possono superare le 20 unità. L’orario è stabilito in 40 ore settimanali con possibilità di estensione a 50 ore. Le famiglie possono chiedere la fruizione di un tempo-scuola ridotto per complessive 25 ore settimanali. 3.2 Scuola Primaria Il primo ciclo di istruzione si articola in due percorsi scolastici. Il primo percorso è la scuola primaria, della durata di cinque anni; essa è regolata dal DPR 89/2009 e articolata nel seguente modo: - un primo anno, pensato come continuum con la scuola dell’Infanzia; - due periodi didattici biennali, con il passaggio finale alla scuola secondaria di primo grado. La frequenza è obbligatoria e il numero di alunni varia da un minimo di 15 a un massimo di 26 unità, elevabile a 27 con eventuali residui. Con accoglimento di alunni con disabilità, le classi non possono avere più di 20 alunni (limite confermato dal D.Lgs. 66/2017). Sono iscritti alla scuola primaria i bambini e le bambine che compiono sei anni entro il 31 dicembre dell’anno scolastico di riferimento. L’orario scolastico settimanale è articolato su quattro modelli: 24, 27, 30 e 40 (tempo pieno) ore. Con il tempo pieno sono previsti due docenti titolari in classe e uno specifico progetto formativo integrato. Con il tempo- scuola ordinario, invece, il docente titolare è unico. DM 254 del 16 novembre 2012 (Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’Infanzia e del primo ciclo di istruzione) – tracciano le linee e i criteri per il conseguimento delle finalità formative. Le discipline di studio obbligatorio sono: - Italiano; - Lingua Inglese; - Storia; - Geografia; - Cittadinanza e Costituzione; - Matematica; 11 - Scienze; - Musica; - Arte e Immagine; - Educazione Fisica; - Tecnologia; - Religione (per chi se ne avvale). L. 92 del 20 agosto 2018 – ha introdotto l’insegnamento della disciplina di Educazione Civica, oltre che l’introduzione del Patto Educativo di Corresponsabilità anche per la scuola Primaria. 3.3 Scuola Secondaria di Primo Grado Il primo ciclo di istruzione si conclude con la scuola Secondaria di Primo Grado (scuola media) della durata di tre anni e che non è più terminale. È obbligatoria per tutti gli alunni, italiani e stranieri, che hanno concluso il percorso di scuola Primaria. Le classi prime sono composte da un numero minimo di 18 alunni ad un massimo di 27 e un massimo di 20 alunni se accolgono alunni con disabilità. L’orario annuale obbligatorio è di 990 ore (29 ore settimanali) più 33 ore da destinare ad attività di approfondimento (quindi, 30 ore settimanali totali). Nel tempo prolungato, invece, l’orario è di 36 ore settimanali, elevabile fino a 40 ore. 12 D.Lgs. 60/2017 – le discipline artistiche e creative entrano a far parte dell’offerta formativa delle scuole secondarie di ogni ordine e grado (promozione e diffusione della cultura umanistica). 3.4 Il secondo ciclo di istruzione L. 53/2003 (Riforma Moratti) – La scuola Secondaria di Secondo Grado costituisce il secondo ciclo di istruzione e prepara gli studenti e le studentesse agli studi universitari e al mondo del lavoro. L. 40 del 02 aprile 2007 – Pari dignità tra i percorsi del sistema dell’istruzione secondaria superiore e del sistema di istruzione e formazione professionale. Dal primo settembre 2010 sono entrati in vigore i regolamenti emanati dalla Riforma Gelmini (marzo 2010) con una riformulazione del secondo ciclo di istruzione: - 6 licei; - Istituti tecnici suddivisi in 2 settori e 11 indirizzi; - Istituti professionali suddivisi in 11 indirizzi (D. Lgs. 61/2017). 15 - Un secondo biennio di 495 ore annuali di attività e insegnamenti di istruzione generale e 562 ore annuali di attività e insegnamenti obbligatori di indirizzo; - Un quinto anno di 495 ore annuali di attività e insegnamenti di istruzione generale e 561 ore annuali di attività e insegnamenti obbligatori di indirizzo. Il secondo biennio e il quinto anno compongono un triennio finale in cui sono presenti anche insegnamenti che permettono agli studenti di assumere competenze specifiche professionali di settore. DPR 134 del 31 luglio 2017 – fissa i criteri di definizione dell’orario complessivo annuale. I percorsi per l’orientamento e le competenze trasversali (Alternanza scuola-lavoro) Art. 4 L. 53/2003 (Riforma Moratti) – ha permesso agli studenti di realizzare i corsi del secondo ciclo in alternanza scuola/lavoro. D. Lgs. 77 del 15 aprile 2005 – concreta definizione dell’alternanza scuola/lavoro: - Fissa le modalità per svolgere la formazione, dai 15 ai 18 anni, attraverso l’alternanza di periodi di studio e di lavoro sulla base di convenzioni con imprese; - Fornisce le indicazioni generali per il reperimento e l’assegnazione delle risorse finanziarie necessarie alla realizzazione dei percorsi di alternanza. Questi percorsi sono stati ripresi anche dalla Riforma Gelmini, con i DPR 87, 88, 89 del 15 marzo 2010. Il rapporto scuola-lavoro prevede una pluralità di opportunità educative: - Visite aziendali; - Stage; - Tirocini orientativi e formativi; - Tirocini estivi; - Imprese formative simulate. D. Lgs. 81/2005 (Jobs Act) – prevede la possibilità di assumere con contratto di apprendistato gli studenti iscritti negli IP, IT e licei dal secondo anno di corso di studi, nonché gli studenti iscritti nei percorsi di istruzione per gli adulti di secondo livello. Art. 1 comma 33 L. 107/2015 – obbligo dei percorsi scuola/lavoro per gli studenti delle secondarie (400 per gli istituti tecnici e professionali – 200 ore per i licei). L. 145/2018 (Legge di Bilancio 2019) – la denominazione dei percorsi di alternanza scuola/lavoro è diventata Percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento (PCTO): - non inferiore a 210 ore nel triennio degli IP; 16 - non inferiore a 150 ore nel secondo biennio e ultimo anno degli IT; - non inferiore a 90 ore nel secondo biennio e quinto anno dei licei. L’iscrizione a scuola e le vaccinazioni L’iscrizione, ad eccezione della scuola dell’infanzia, ha una modulistica online e le procedure e scadenze delle iscrizioni vengono definite ogni anno con decreto ministeriale. Le iscrizioni per gli alunni con disabilità devono essere accompagnate dalla documentazione sanitaria della ASL di competenza. L. 119/2017 (DL 73/2017) – i DS sono tenuti a richiedere ai genitori o al tutore la documentazione comprovante l’effettuazione delle vaccinazioni obbligatorie. Sono esonerati dalle vaccinazioni i giovani che hanno contratto naturalmente le varie malattie. L’insegnamento della religione cattolica Disciplinato dall’accordo tra Stato italiano e Santa Sede del 1985 (L. 121/1985). Chi non si avvale dell’insegnamento della religione cattolica può svolgere attività alternative. 17 Capitolo 4: continuità educativa e orientamento 4.1 Il principio della continuità Continuità didattica: conoscenza approfondita dell’alunno. Il team docente programma le attività educative, sceglie i metodi e i materiali e stabilisce i tempi adeguati alle esigenze di tutti gli alunni della classe. (Logica di sviluppo progressivo). Continuità significa creare i presupposti affinché lo sviluppo della personalità dell’alunno avvenga in maniera armonica, senza richieste eccessive (adulcentrismo) e senza eccessive fissità (puerocentrismo). La continuità verticale si attua nei primi tre ordini di scuole: infanzia, primaria e secondaria di primo grado. Nel passaggio alla secondaria di secondo grado la continuità verticale si attua con attività di tipo informativo, come le attività di orientamento. 4.2 Continuità orizzontale: mette in collegamento le diverse agenzie educative coinvolte nel processo formativo: scuola, istituzioni, famiglia, territorio. Obiettivi della continuità sul piano educativo: - prevenire la dispersione scolastica; - garantire agli alunni un percorso formativo coerente, organico e completo; - consolidare un’attitudine degli insegnanti alla continuità, ossia a collaborare anche con docenti esterni alla scuola. Ai sensi delle Indicazioni Nazionali del primo ciclo 2012 l’azione della scuola si esplica attraverso la collaborazione con la famiglia (art. 30 Cost.). Essa riguarda tre fattori: - gli stili orizzontali: l’educatore, analizzando le relazioni tra il bambino e la figura parentale, troverà più facilmente la via per entrare a farne parte; - lo spazio e i materiali: fondamentale che il bambino si senta a proprio agio nell’ambiente; - la gestione della routine: opportuno che l’insegnante conosca le abitudini del bambino. È necessario, quindi, che tra scuola e famiglia si realizzi un vero e proprio patto educativo. 4.3 Continuità verticale: si pone l’obiettivo di collegare i diversi ordini di scuola e le classi dello stesso istituto al fine di costruire un percorso unitario. 20 Capitolo 5: valutazione e autovalutazione delle scuole 5.1 La valutazione nel sistema scuola I diversi profili di valutazione: - Valutazione strettamente didattica: deve apprezzare i processi e gli esiti dell’apprendimento; - Valutazione d’istituto: rileva le caratteristiche del servizio scolastico erogato; - Valutazione del sistema scuola: coglie le tendenze, il rapporto costi/qualità e i macro-indicatori di riferimento. 5.2 Il Sistema nazionale per la valutazione del sistema educativo Con l’entrata in vigore dell’autonomia scolastica (L. 107/2015), al tradizionale sistema di vigilanza scolastica, a livello centrale, è subentrato un duplice sistema di controllo. All’autovalutazione d’istituto, infatti, si combina una valutazione esterna, svolta da organismi nazionali. D. Lgs. 286 del 19/11/2004 – Servizio Nazionale di Valutazione (SNV): si pone l’obiettivo di valutare l’efficienza e l’efficacia del complessivo sistema di istruzione e formazione. Regolato oggi dal DPR 82 del 28/03/2013, esso è articolato su 3 livelli: - INVALSI - INDIRE - Contingente ispettivo 5.3 INVALSI Istituto Nazionale per la VALutazione del Sistema educativo di Istruzione e di formazione – soggetto alla vigilanza del MIUR, è un ente di ricerca che si occupa di: - Effettuare verifiche periodiche sulle conoscenze e abilità degli studenti (cd prove INVALSI); - Svolgere attività di ricerca nell’ambito delle sue finalità istituzionali; - Studiare le cause dell’insuccesso e della dispersione scolastica; - Assumere iniziative ad assicurare la partecipazione italiana a progetti di ricerca europea in campo valutativo; - Svolgere attività di supporto e assistenza all’amministrazione scolastica, alle regioni, agli enti territoriali e alle singole istituzioni scolastiche; - Svolgere attività di formazione del personale docente e dirigente; 21 - Formulare al Ministero dell’Istruzione proposte per la piena attuazione del sistema di valutazione dei DS; - Realizzare il monitoraggio sullo sviluppo e gli esiti del sistema di valutazione; - Studiare e predisporre strumenti e modalità oggettive di valutazione degli apprendimenti; - Promuovere periodiche rilevazioni nazionali sugli apprendimenti; - Studiare modelli e metodologie per la valutazione; - Predisporre prove a carattere nazionale per gli esami di Stato. Prove INVALSI – obbligatorie e periodiche rilevazioni nazionali sugli apprendimenti e sulle competenze degli studenti. 5.4 L’INDIRE Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa – ente di ricerca articolato in 3 nuclei territoriali interregionali (sede a Torino, Roma e Napoli). Esso ha competenze in materia di: - Formazione del personale docente; - Formazione del personale non docente e dei DS; - Utilizzo delle nuove tecnologie per l’innovazione didattica; - Sviluppo della dimensione di collaborazione internazionale delle istituzioni scolastiche e universitarie; - Monitoraggio dei principali fenomeni del sistema scolastico italiano e documentazione dei processi e delle esperienze di innovazione qualitativa e quantitativa dei sistemi d’istruzione di primo e secondo grado; - Aggiornamento continuo alle scuole e agli insegnanti, dirigenti e personale ATA. 5.5 Il processo di valutazione e autovalutazione delle scuole Si articola in tre fasi: - FASE 1 – Autovalutazione, in cui si prevede l’analisi e la verifica del proprio servizio. Le scuole elaborano un RAV (Rapporto di AutoValutazione) in formato elettronico e formulano un piano di miglioramento. Affidato al DS. - FASE 2 – Valutazione esterna, con l’individuazione delle situazioni da sottoporre a verifica (INVALSI). - FASE 3 – Azioni di miglioramento, mediante la definizione e attuazione degli interventi migliorativi (INDIRE). 22 5.6 RAV Il Rapporto di AutoValutazione si pone l’obiettivo di fornire una descrizione della scuola e del suo funzionamento. Esso deve essere compilato in tutte le sue sezioni dal DS in collaborazione con il Nucleo Interno di Valutazione (NIV) (composto da tutti i docenti in servizio presso la scuola). Si compone di 5 sezioni: - Contesto e risorse – la scuola esamina il contesto socio-economico in cui risiede e le opportunità che esso offre (oltre che i punti di debolezza). Vengono evidenziati la popolazione scolastica, il territorio e il capitale sociale, le risorse economiche e materiali e le risorse professionali; - Esiti degli studenti – vengono analizzati i risultati degli alunni; - Processi messi in atto dalla scuola – si analizzano le pratiche educative e didattiche attuate dalla scuola, lo stato degli ambienti di apprendimento (classi, laboratori), le metodologie innovative, le metodologie relazioni e i processi di inclusione; La compilazione del RAV è suddivisa in vari settori: CONTESTO ESITI PROCESSI Pratiche educative e didattiche Pratiche gestionali e organizzativa Popolazione scolastica Risultati scolastici Curricolo, progettazione e valutazione Orientamento strategico e organizzazione della scuola Territorio e capitale sociale Risultati delle prove standardizzate nazionali Ambiente di apprendimento Sviluppo e valorizzazione delle risorse umane Risorse economiche e materiali Competenze chiave e di cittadinanza Inclusione e differenziazione Integrazione con il territorio e rapporti con le famiglie Risorse professionali Risultati a distanza Continuità e orientamento - Processo di autovalutazione – metodi utilizzati per effettuare l’autovalutazione; - Individuazione delle priorità – i traguardi che si vogliono raggiungere e gli obiettivi del processo, con l’elaborazione del Piano di miglioramento. Come compilare il RAV – ogni area del rapporto contiene delle domande che servono da guida alle riflessioni sui risultati raggiunti dalla scuola (punti di forza e criticità). Le sezioni contengono degli indicatori che servono 25 - Al rafforzamento delle competenze di base degli alunni; - Alla valorizzazione degli esiti a distanza. La valutazione esterna è affidata ai Nuclei di Valutazione Esterna (NEV) costituita da ispettori (dirigenti tecnici) e ha come punto di partenza il processo di autovalutazione della scuola. Essa è articolata in un procedimento che prevede tre fasi: - Lettura e analisi dei documenti da parte del NEV; - Visita, con raccolta di ulteriori dati attraverso interviste e osservazione diretta (durata di tre giorni); - Formulazione del giudizio (giudizio collegiale per ciascun ambito di valutazione). Dopo la visita, il NEV predispone un Rapporto di Valutazione Esterna (RVE). 26 Capitolo 6: la governance delle istituzioni scolastiche 1. Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (e del Merito) (MIUR) (amministrazione centrale) 2. Ufficio Scolastico Regionale (USR) (amministrazione periferica) 3. Provveditorato agli studi (USP) (amministrazione periferica) 4. Governo dei singoli istituti a. Organi collegiali b. Dirigente Scolastico 6.2 Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (e del Merito) Fu istituito per la prima volta nel 1847 da Carlo Alberto, mentre durante il Fascismo prese la denominazione di Ministero dell’educazione nazionale. D. Lgs. 300/1999 (Riordino dei Ministeri) – fu accorpato al Ministero dell’Università e Ricerca divenendo MIUR. Il MIUR è suddiviso in Dipartimenti ed aree, a loro volta suddivisa in Direzioni Generali: - Dipartimento per il sistema educativo e di istruzione e formazione, che si occupa di: o Definire gli obiettivi formativi nei diversi gradi e tipologie di istruzione; o Organizzare l’istruzione scolastica, gli ordinamenti, i curriculi e i programmi scolastici; o Definire lo stato giuridico del personale della scuola; o Formare i DS, il personale docente, educativo e amministrativo, tecnico e ausiliario della scuola. - Dipartimento per la formazione superiore e per la ricerca; - Dipartimento per la programmazione e la gestione delle risorse umane, finanziarie e strumentali. I dipartimenti sono coordinati dai capi Dipartimento, che svolgono compiti di coordinamento, direzione e controllo degli uffici di livello dirigenziale generale. Gli USR dipendono dai capi Dipartimento. Per lo svolgimento delle funzioni di indirizzo politico-amministrativo, invece, il Ministero di avvale degli uffici di diretta collaborazione: - Ufficio di Gabinetto; - Segreteria del Ministro; - Ufficio Legislativo; - Ufficio Stampa; 27 - Segreterie del Vice Ministro e dei Sottosegretari di Stato; - Servizio di controllo interno; - Segreteria tecnica. D. Lgs. 297/1994 (TU), art. 605 – “Il Ministro della pubblica istruzione prevede, mediante i suoi uffici centrali e periferici, ai servizi relativi all’istruzione materna, elementare, media, secondaria superiore e artistica”. Obiettivo fondamentale del Ministero è quello di promuovere l’istruzione sociale e pubblica. Il Ministro è nominato dal Presidente della Repubblica e a lui spetta: - La definizione di obiettivi, priorità, piani, programmi e direttive generali per l’azione amministrativa; - L’individuazione delle risorse umane, materiali ed economico-finanziarie da destinare alle diverse finalità e la loro ripartizione tra gli uffici di livello dirigenziale generale; - La definizione dei criteri e i parametri per l’organizzazione della rete scolastica; - La valutazione del sistema scolastico; - La determinazione e assegnazione delle risorse finanziarie dello Stato al personale e alle istituzioni scolastiche; - Le funzioni relative ai conservatori di musica, alle Accademie di belle arti, agli istituti superiori per le industrie artistiche, all’Accademia nazionale d’arte drammatica, all’Accademia nazionale di danza, alle istituzioni culturali straniere in Italia. I capi di Dipartimento e i Direttori Generali si riuniscono semestralmente in Conferenza, per trattare questioni attinenti al coordinamento delle attività dei rispettivi uffici e per formulare proposte al Ministero. 6.3 Altri organismi collegati all’amministrazione centrale 1. CSPI – istituito nel 2015, è un organo collegiale di supporto scientifico, composto da 36 membri, il cui compito è quello di formulare proposte al Ministero. Il suo parere è obbligatorio ma non vincolante. 2. Osservatorio per l’edilizia scolastica – promuove iniziative di studio, ricerca e sperimentazione relativamente alla riqualificazione e manutenzione delle scuole. 3. INVALSI – ente di ricerca affrontato precedentemente. 4. INDIRE – ente di ricerca affrontato precedentemente. 30 Altre competenze che spettano al Consiglio di classe: - Deliberazioni sull’accoglimento delle domande di alunni che chiedono il trasferimento nel corso dell’anno scolastico; - Deliberazioni sulla possibilità di iscrizioni di alunni provenienti da scuole italiane all’estero o scuole estere; - Formulazione del giudizio analitico degli studenti nel corso dell’ultimo anno con delibera dell’ammissione agli esami di maturità; - Disposizione di eventuali sanzioni disciplinari (scuole secondarie). La durata degli organi sopra descritti è di un anno. 6.10 Il Collegio docenti (Art. 7, DPR 297/1994) – il Collegio docenti è un organo collegiale composto dal personale insegnante. La sua è una formazione automatica, nel senso che non occorre alcun provvedimento di nomina per essere eletto membro. Esso è presieduto dal DS e il suo voto prevale in caso di parità di votanti tra favorevoli e contrari in una deliberazione. Si insedia all’inizio dell’anno scolastico e si riunisce su richiesta del DS oppure su richiesta di un terzo dei membri. Di base, ogni trimestre o quadrimestre. Esso esercita: - Poteri deliberanti, ossia delibera su tutto ciò che riguarda il funzionamento didattico del circolo o dell’istituto. La sua funzione più importante è l’elaborazione del PTOF ma cura anche l’adeguamento dei programmi di insegnamento, l’adozione dei libri di testo e la scelta dei sussidi didattici; - Poteri di proposta, nei confronti del DS per la formazione e la composizione delle classi oltre che l’assegnazione ad esse dei docenti; - Poteri propulsivi, in quanto promuove iniziative di innovazione e aggiornamento dei docenti. Programma anche iniziative per il sostegno degli alunni disabili e di eventuali alunni stranieri; - Poteri di valutazione, ossia valutando l’andamento didattico annuale, proponendo eventuali misure di miglioramento dell’attività scolastica; - Poteri di indagine, in virtù delle quali esamina eventuali casi di scarso profitto o di comportamento irregolare degli alunni segnalati dai docenti delle classi; - Poteri consultivi, in quanto formula proposte al DS in merito alla eventuale sospensione dal servizio, anche in via cautelare, di personale docente quando ricorrono ragioni di particolare urgenza. 31 6.11 Il Consiglio di circolo e di istituto Art. 10, D. Lgs. 297/1994 – il Consiglio di circolo (scuola Primaria) o di istituto (scuola secondaria) è l’organo a cui viene affidato il governo economico-finanziario della scuola Esso è composto da 14 membri negli istituti con popolazione scolastica inferiore a 500 alunni e da 19 membri con popolazione superiore a 500 alunni. Fanno parte di esso: - I rappresentanti del personale docente e non docente; - I rappresentanti dei genitori; - I rappresentanti degli studenti (nella scuola secondaria di secondo grado); - Il DS. Dura in carica 3 anni. Svolge funzioni deliberativa o di amministrazione attiva e consultiva e svolge un ruolo fondamentale negli obiettivi che la scuola si propone di raggiungere. In particolare: - Approva il PTOF; - Approva il bilancio preventivo e il conto consuntivo; - Adotta il Regolamento di istituto; - Adatta il calendario scolastico alle esigenze ambientali; - Determina i criteri per la programmazione e/o l’attuazione delle attività para, extra e interscolastiche, oltre che per le attività culturali, ricreative e sportive; - Promuove contatti con altre scuole per scambio di informazioni e per eventuali collaborazioni; - Adotta iniziative dirette all’educazione della salute e alla prevenzione delle tossicodipendenze. Gli atti deliberativi del Consiglio sono atti definitivi impugnabili, non per via gerarchica, ma con ricorso TAR o straordinario al Presidente della Repubblica. Art. 10, D. Lgs. 297/1994 – il Regolamento di istituto è emanato dal Consiglio di istituto e disciplina le attività quotidiane della scuola. Esso comprende: - Vigilanza sugli alunni; - Comportamento degli alunni; - Regolamentazione di ritardi, uscite, assenze, giustificazioni; - Uso degli spazi comuni, dei laboratori e della biblioteca; - Conservazione delle strutture e delle dotazioni; - Mensa; - Disposizioni relative all’uso di dispositivi multimediali e/o smartphone; - Assicurazione; 32 - Viaggi d’istruzione. Inoltre, sono definite: - Modalità di comunicazione con studenti e genitori da parte dei docenti; - Calendario di massima degli incontri scuola-famiglia; - Regole relative al funzionamento degli organi collegiali. 6.12 Il Comitato per la valutazione degli insegnanti Art. 11 D. Lgs. 297/1994 sostituito interamente da art. 1 comma 129 L. 107/2015 in merito al Comitato di valutazione dei docenti che coadiuva il DS nell’assegnazione del bonus per il merito ai docenti. In base all’articolo 11, infatti, il comitato è costituito presso ogni istituzione con durata triennale ed è presieduto dal DS. È composto da: - Tre docenti, due scelti dal Collegio docenti e uno dal Consiglio di istituto; - Due rappresentanti dei genitori nella scuola dell’Infanzia e nel primo ciclo di istruzione; un rappresentante degli studenti e uno dei genitori nel secondo ciclo di istruzione, scelti dal Consiglio di istituto; - Un componente esterno scelto dall’USR. 6.13 L’assemblea dei genitori Art. 12 D. Lgs. 297/1994 – dispone che gli studenti della scuola secondaria superiore e i genitori degli alunni delle scuole di ogni ordine e grado hanno diritto di riunirsi in assemblea nei locali della scuola. Sia le assemblee degli studenti che quelli dei genitori possono essere di classe o di istituto e devono svolgersi fuori orario di servizio. Nella scuola dell’Infanzia sono tipiche le assemblee di sezione. Esse possono svolgersi dentro o fuori i locali del circolo o dell’istituto. Esse sono convocate: - Su richiesta del Presidente dell’assemblea; - Dalla maggioranza del Comitato dei genitori; - Da almeno cento, duecento o trecento genitori, a seconda che la popolazione scolastica sia composte da un minimo di 500, 1000 o oltre 1000 alunni. La richiesta di convocazione viene autorizzata dal DS. 35 Il PTOF può essere modificato durante il triennio, sempre entro il 30 ottobre di ogni anno. Esse possono essere apportate su: - Analisi del RAV già predisposto e dal relativo PDM; - Analisi del programma annuale e verifica del livello di attuazione dei progetti; - Ascolto dei docenti, collaboratori, coordinatori dei progetti coinvolti dalle criticità; - Studio dello stato delle attrezzature didattiche. 8.3 Gli obiettivi formativi del PTOF La Legge 107/2015 individua alcuni obiettivi formativi (co. 7): - Valorizzazione e potenziamento delle competenze linguistiche; - Potenziamento delle competenze matematico-logiche e scientifiche; - Potenziamento nelle competenze musicali, artistiche e storiche; - Sviluppo delle competenze in materia di cittadinanza attiva e democratica; - Potenziamento delle competenze in materia giuridica ed economico-finanziaria; - Sviluppo di comportamenti responsabili e rispetto della legalità; - Alfabetizzazione all’arte, alle tecniche e ai media di produzione e diffusione di immagini; - Potenziamento delle discipline motorie; - Sviluppo delle competenze digitali degli studenti; - Potenziamento delle metodologie laboratoriali; - Prevenzione e contrasto della dispersione scolastica; - Valorizzazione della scuola intesa come comunità attiva, aperta al territorio e in grado di mantenere alta l’interazione con le famiglie e con la comunità locale; - Apertura pomeridiana delle scuole e riduzione del numero di alunni e studenti in ogni classe; - Incremento alternanza scuola-lavoro; - Valorizzazione di percorsi formativi individualizzati; - Individuazione di percorsi e di sistemi funzionali alla premialità e alla valorizzazione del merito; - Alfabetizzazione della lingua italiana come lingua seconda; - Definizione di un sistema di orientamento. A differenza di RAV e PDM, per il PTOF non esiste un modello prestabilito, per evitare di ingabbiare l’autonomia scolastica in parametri troppo rigidi. Con la nota MIUR 2805 dell’11/12/2015 sono state fornite delle linee guida. PTOF coerente con il RAV. Con la nota MIUR 17832 del 16/10/2018, il Ministero ha indicato la procedura da seguire per rinnovare il PTOF al termine del primo triennio. 36 8.4 Il curricolo della scuola Nel PTOF le scuole determinano il curricolo obbligatorio per i propri alunni/studenti (art. 8, DPR 275/1999). Esso è il percorso educativo-didattico che la scuola progetta e segue per garantire il successo formativo degli alunni/studenti ed è elaborato dal Collegio dei docenti, in sinergia con famiglie e componenti civili e sociali del territorio. Il curricolo può essere verticale, per vedere come si articola gradualmente il percorso per raggiungere le mete che l’istituto che propone ai suoi alunni/studenti, oppure orizzontale, tra le varie discipline per evitare frammentazione dei saperi. Esso è, quindi, il piano di studi della singola scuola e in ognuno di essi c’è una quota obbligatoria di attività e discipline stabilite a livello nazionale e una quota definita autonomamente (cd. Riservata) da ogni istituto scolastico come ampliamento dell’offerta formativa. La programmazione curricolare viene disposta da ogni scuola seguendo le indicazioni nazionali. Essa si articola attraverso: - I campi di esperienza nella scuola dell’Infanzia; - Le discipline nel primo ciclo di istruzione; - L’individuazione dei traguardi per lo sviluppo delle competenze (ciò a cui tende l’azione educativa); - Gli obiettivi di apprendimento (le conoscenze e le abilità indispensabili al raggiungimento delle competenze attese). 8.5 L’attività di programmazione nella scuola Definito il curricolo, si avvia l’attività di programmazione della scuola, suddivisa in tre momenti fondamentali: - Programmazione d’istituto, elaborata dal Consiglio d’istituto e che individua le finalità educative generali dopo aver acquisito le informazioni provenienti dal contesto territoriali su cui si insedia la scuola e le risorse interne a disposizione della stessa; - Programmazione educativa, elaborata dal Collegio docenti, che progetta i percorsi formativi correlati agli obiettivi e alle finalità nei programmi della scuola, nel suo complesso. (area sociale, area cognitiva, area motoria, area affettiva); - Programmazione didattica, elaborata e approvata dal Consiglio di intersezione, di interclasse, di classe, che delinea il percorso formativo della classe e del singolo alunno/studente, adeguando ad essi gli interventi operativi. A partire dal curricolo di istituto, i docenti programmano collegialmente l’attività educativa didattica. 8.6 Il Piano annuale delle attività dei docenti 37 Il DS, all’inizio dell’anno scolastico, deve formulare anche il Piano annuale delle attività dei docenti. Esso formalizza gli obblighi di lavoro dei docenti complementari e funzionali alle attività d’insegnamento. 8.7 La progettazione del processo formativo Il continuo processo di innovazione e cambiamento subito dalla scuola negli anni richiede una revisione costante anche degli strumenti di progettazione e valutazione del processo formativo. Progettazione – insieme di tutte le strategie formative didattiche messe in atto dalla scuola nel suo complesso e dal singolo docente, consistenti nell’elaborazione di una programmazione atta a raggiungere determinati obiettivi educativo-didattici. Si parte da una macro-progettazione (progettazione di massima) per giungere alla micro-progettazione (programmazione di dettaglio). Partendo dall’analisi dei bisogni, definisce gli obiettivi e le strategie per raggiungerli, tenendo conto delle risorse disponibili. La programmazione è un obbligo di legge nel sistema scolastico italiano ed è anche la più alta espressione dell’autonomia didattica delle scuole. I principali riferimenti della micro-progettazione sono: - Il PTOF; - I documenti ministeriali, quali le Indicazioni Nazionali; - Le peculiarità culturali del territorio di riferimento; - Le caratteristiche socio-culturali e cognitive degli studenti. 40 - gli adulti siano in grado di sviluppare e aggiornare le competenze durante tutto il corso della vita (lifelong learning). Le competenze chiave: 1. Comunicazione nella madrelingua; 2. Comunicazione nelle lingue straniere; 3. Competenza matematica e competenze di base in scienza e tecnologia; 4. Competenza digitale; 5. Competenze sociali e civiche; 6. Imparare a imparare; 7. Spirito di iniziativa e imprenditorialità; 8. Consapevolezza ed espressione culturale. L’Italia si è uniformata con le Indicazioni Nazionali e Linee Guida attualmente vigenti. Esse sono richiamate dal decreto 139 del 22/08/2007 (Regolamento recante norme in materia di adempimento dell’obbligo di istruzione). Le competenze chiave di cittadinanza: 1. Imparare a imparare; 2. Progettare; 3. Comunicare; 4. Collaborare e partecipare; 5. Agire in modo autonomo e responsabile; 6. Risolvere problemi; 7. Individuare collegamenti e relazioni; 8. Acquisire e interpretare l’informazione. 9.4 La Raccomandazione sulle competenze chiave per l’apprendimento permanente del 2018 Il 22 maggio 2018 il Consiglio dell’UE ha adottato una nuova Raccomandazione, che sostituisce la precedente del 2006. Il documento, tenendo conto delle trasformazioni degli ultimi anni, fa emergere una crescente necessità di maggiori competenze imprenditoriali, sociali e civiche. Come il documento precedente, si tratta di una guida e non di un atto vincolante per gli Stati membri. Essa insiste su una più forte interrelazione tra forme di apprendimento formale, non formale e informale e sulla necessità di un sostegno continuo al personale docente per introdurre forme innovative di insegnamento e apprendimento. 41 Pilastro europeo dei diritti sociali (vertice di Goteborg del 17/11/2017) – sancisce che ogni persona ha diritto a un’istruzione, una formazione e un apprendimento permanente. Alcuni dati statistici hanno rilevato una quota alta tra adolescenti e adulti di competenze di base insufficienti; proprio per questo l’UE ha ritenuto fondamentale investire nelle competenze di base. Le stesse competenze, visti i continui cambiamenti della società, non possono ritenersi statici ma devono evolversi velocemente e continuamente. Le nuove competenze Chiave, nella nuova Raccomandazione, sono definite come una combinazione di conoscenze, abilità e atteggiamenti: 1. Competenza alfabetica funzionale; 2. Competenza multilinguistica; 3. Competenza matematica e competenze in scienze, tecnologie e ingegneria; 4. Competenza digitale; 5. Competenza personale, sociale e capacità di imparare a imparare; 6. Competenze in materia di cittadinanza; 7. Competenza imprenditoriale; 8. Competenza in materia di consapevolezza ed espressioni culturali. 42 Sezione 2 La normativa sull’inclusione 1. La normativa sull’integrazione degli alunni disabili: storia ed evoluzione 1.1 Dall’integrazione all’inclusione Differenza tra il concetto di integrazione e il concetto di inclusione. Il primo, ormai passato di moda, fu introdotto intorno agli anni ’70 del 1900, per indicare la possibilità di inserire all’interno di una classe di normodotati gli alunni con disabilità. Dal 2009, invece, questo concetto è stato sostituito da inclusione: non deve essere l’alunno disabile (o diverso dalla classe) ad adeguarsi al gruppo ma è la scuola che deve includerlo, accoglierlo, modificando il suo stesso approccio didattico e valorizzando la diversità, che dovrà diventare anche una risorsa per il gruppo. Non occorre però soltanto l’utilizzo di nuove norme per una buona riuscita del fenomeno dell’inclusione; occorre anche un adeguamento dei modi di fare e della mentalità di ogni componente coinvolto. L’inclusione di allievi stranieri, ad esempio, è anche un modo per confrontare culture diverse. E per poter confrontare la propria cultura con quella degli altri è necessario inculcare nelle nuove generazioni il senso della memoria, l’importanza del passato della propria società per migliorare il futuro, caratterizzato soprattutto da evoluzione e apertura. Tutto ciò richiede per i docenti un profondo cambiamento di stile e comportamento e una precisa capacità di progettare percorsi formativi in stretta collaborazione con famiglie, territorio, enti locali. 1.2 L’integrazione scolastica in Italia L’integrazione scolastica degli alunni disabili è un processo avviato da oltre 30 anni, che poggia le proprie origini durante le manifestazioni studentesche del ’68, in cui vennero sottolineate e contestate le enormi differenze sociali all’interno della società occidentale. Queste differenze erano evidenti soprattutto nel sistema scolastico italiano e, proprio per questo motivo, l’impegno delle lotte studentesche avevano come primo obiettivo quello di colpire la scuola. In questo contesto, alcuni pedagogisti e insegnanti si posero il problema di dare vita a una scuola democratica e accessibile a tutti i componenti della società, soprattutto accessibile agli alunni più svantaggiati, culturalmente e socialmente, e ai disabili, fino a quel momento relegati in scuole speciali. L. 118 del 30/03/1971 (conversione del D.L. 5/1971) – Per i minori invalidi civili l’istruzione obbligatoria deve avvenire nelle classi normali della scuola pubblica, salvi i casi gravi di deficienze intellettuali o 45 L. 328 dell’8 novembre 2000 (Legge Quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali) – Anch’essa si occupa della cura dell’integrazione sociale della persona disabile: gli obiettivi da realizzare sono la qualità della vita, la prevenzione, la riduzione e la eliminazione delle condizioni di disabilità, del disagio personale e familiare, la promozione delle pari opportunità e la non discriminazione. A tale scopo, prevede la predisposizione di Progetti individuali per le persone disabili, realizzati d’intesa dai Comuni con le ASL. D. Lgs. 297/1994 (art. 314): riprende le disposizioni contenute nella L. 104/1992. Naturalmente, i progetti per gli alunni portatori di handicap sono presenti anche nel POF (adesso PTOF). 1.4 La L. 18/2009 e le Linee guida per l’integrazione degli alunni disabili L. 18/2009 – Ratifica della Convenzione ONU approvata il 25 agosto 2006; a seguito di essa vengono emanate le Linee guida per l’integrazione scolastica degli alunni con disabilità, attraverso la Nota MIUR 4274 del 9 agosto 2009. - Il diritto allo studio degli alunni disabili prevede, in primis, il loro diretto inserimento nella vita scolastica; - Viene riconosciuta la responsabilità educativa di tutto il personale scolastico; - Viene ribadita la necessità della progettazione individualizzata, in accordo con ASL, enti locali e famiglie. 1.5 La normativa su DSA e BES: L. 170/2010 e gli altri provvedimenti L’attenzione verso i BES (Bisogni Educativi Speciali) si è sviluppata in Italia all’indomani della Direttiva Ministeriale del 27 dicembre 2012 (Strumenti di intervento per alunni con Bisogni Educativi Speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica) ed è proseguita con la C.M. 8/2013. Con questo ultimo documento, la scuola italiana ha recepito l’apporto fornito dal modello diagnostico ICF (International Classification of Functioning) dell’OMS, che ha permesso di individuare i cosiddetti BES degli alunni. “In ogni classe ci sono alunni che presentano una richiesta di speciale attenzione per una varietà di ragioni” (D.M. 27/12/2012). Quest’ampia area dello svantaggio scolastico viene indicata come area di bisogni educativi speciali. Sono comprese tre sotto-categorie: - Disabilità (L. 104/1992 e D. Lgs. 66/2017); - Disturbi evolutivi specifici; - Svantaggio socioeconomico, linguistico, culturale. 46 I BES, quindi, non sono solo disturbi relativi a condizioni permanenti più o meno invalidanti, ma sono spesso anche conseguenza di stati che un alunno attraversa per ragioni fisiche, fisiologiche, di natura psico-sociale. I disturbi evolutivi specifici, invece, intendono: - Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA) (L. 170/2010); - Deficit del linguaggio; - Deficit dell’abilità non verbali; - Deficit della coordinazione motoria; - Deficit dell’attenzione e dell’iperattività (DDAI o ADHD). Alcune problematiche, non certificabili dalla L. 104/1992, non determinano per l’alunno il diritto dell’insegnante di sostegno. La normativa, però, prevede la predisposizione di un Piano Didattico Personalizzato (PDP), disposto dai Consigli di classe e risultante dall’esame della documentazione clinica presentata dalle famiglie e sulla base di considerazioni di carattere psicopedagogico e didattico. In questo modo, per tutti gli alunni con BES ci si può avvalere di strumenti compensativi e di misure dispensative previsti dalle disposizioni attuative della L. 170/2010. 1.6 Le Linee guida per l’accoglienza degli alunni stranieri (nota MIUR 4233/2014) La normativa sui BES include nell’area dei bisogni speciali gli alunni con svantaggio socio-economico, linguistico o culturale. Le Indicazioni Nazionali del 2012 prevedono che: “Particolari attenzione va rivolta agli alunni con cittadinanza non italiana, i quali, ai fini di una piena integrazione, devono acquisire sia un adeguato livello di uso e controllo della lingua, sia una sempre più sicura padronanza linguistica e culturale per proseguire nel proprio itinerario di istruzione”. La scuola è chiamata a impegnarsi per promuovere l’integrazione culturale e la valorizzazione della cultura di appartenenza. (Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia dell’ONU del 1989). Anche i bambini e ragazzi con cittadinanza non italiana, anche se in posizione non regolare, hanno diritto all’istruzione alle stesse condizioni degli alunni italiani. L. 47/2014 (art. 14) – Riconosce il diritto all’istruzione anche ai minori stranieri non accompagnati. La loro iscrizione a scuola può avvenire in qualsiasi momento dell’anno scolastico. DPR 394/1999 (art. 45) (Regolamento sull’immigrazione) – Fornisce criteri e indicazioni per l’iscrizione e l’inserimento degli alunni con cittadinanza non italiana, rimettendo al Consiglio di circolo/istituto e al Collegio docenti la responsabilità per un corretto inserimento. 47 Nota MIUR 4233 del 19/02/2014 – Le Linee guida presenti in questa nota regolamento le attività di iscrizione accoglienza e integrazione. 1.7 La valutazione (D. Lgs. 62/2017) La valutazione degli alunni disabili è stata riorganizzata con un decreto attuativo della L. 107/2015, D. Lgs. 62/2017. Altri riferimenti normativi sulla valutazione degli alunni disabili sono: - O.M. 80/1995 – “Norme per lo svolgimento degli scrutini e degli esami nelle scuole statali e non statali di istruzione elementare, media e secondaria superiore” (art. 13 – Valutazione degli alunni handicappati); - L. 104/1992 – (art. 16 – Valutazione del rendimento e prove d’esame); - O.M. 266/1997 – Tutti gli elementi utili alla valutazione devono essere riportati in una specifica relazione predisposta dal Consiglio di classe; - O.M. 80/1995 – “Scrutini e esami scuole di ogni ordine e grado” - C.M. 139/2001; - DPR 122/2009 – “Regolamento per il coordinamento delle norme sulla valutazione degli alunni”. All’articolo 2 è prevista per i docenti di sostegno la partecipazione alla valutazione di tutti gli alunni; - O.M. 11/2015 – “Istruzioni e modalità organizzative ed operative per lo svolgimento degli esami di Stato conclusivi del corto di studio di istruzione secondaria di secondo grado nelle scuole statali e non statali”. Strategia europea sulla disabilità (Europa 2020) – mira a fare crescere i paesi europei sotto tre profili: - Intelligenza; - Sostenibilità; - Inclusività. In merito alla Strategia sulla disabilità, la Commissione europea ha individuato 8 aree d’azione congiunta tra gli Stati membri e l’UE: 1. Accessibilità – i disabili devono poter fruire liberamente di beni e servizi; 2. Partecipazione – i disabili devono poter vedere riconosciuto il pieno esercizio dei diritti fondamentali legati alla cittadinanza dell’UE; 3. Uguaglianza – contrasto alla discriminazione; 4. Occupazione – aumento del numero dei lavoratori disabili sul mercato; 50 - Gruppo di lavoro operativo (GLO) – presso ogni istituzione scolastica è istituito il GLO, con il compito di definire il PEI e di verificare il processo di inclusione. La sua composizione è meglio specificata nel D.L. 182 del 29/12/2020. Composto dal team dei docenti contitolari o dal Consiglio di classe e presieduto dal DS, nonché i genitori dell’alunno con disabilità o chi ne esercita la responsabilità genitoriale; - Centri Territoriali di Supporto (CTS) – sono istituzioni scolastiche di riferimento per la consulenza, formazione, collegamento e monitoraggio a supporto dei processi di inclusione, per lo sviluppo, la diffusione e il miglior utilizzo di ausili, sussidi didattici e di nuove tecnologie per la disabilità. 2.3 I Gruppi di lavoro per l’inclusione nella Direttiva 27/12/2012 Il GLI è stato istituito con la Direttiva ministeriale del 27/12/2012 e disciplinato con la Circolare 8/2013. Esso ha competenze che riguardano studenti con qualsiasi tipo di BES e svolge le seguenti funzioni: - Rilevazioni dei BES all’interno della scuola; - Raccolta e documentazione degli interventi didattico-educativi posti in essere; - Focus/confronto sui casi, consulenza e supporto ai colleghi sulla gestione delle classi; - Rilevazione, monitoraggio e valutazione del livello di inclusività della scuola; - Raccolta e coordinamento delle proposte dei singoli GLH (gruppi di lavoro sulle disabilità di istituto, oggi non più previsti); - Elaborazione di una proposta di Piano per l’inclusività riferito agli alunni con BES. 2.4 Il Piano per l’inclusione Un documento molto dettagliato predisposto per ciascuna istituzione scolastica all’interno del PTOF; definisce le modalità per l’utilizzo coordinato delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili. Esso deve essere redatto entro il mese di giugno ed è composto da due parti: - Punti di forza e criticità degli interventi di inclusione posti in essere nel corso dell’anno scolastico; - Ipotesi di utilizzo delle risorse specifiche, al fine di incrementare il livello di inclusione generale nella scuola, nell’anno successivo. Essi vengono approvati dal GLI e deliberati dal Collegio dei docenti. 51 3. Le tappe dell’integrazione scolastica e il Piano educativo individualizzato 3.1 L’accertamento della disabilità La procedura di accertamento della disabilità è disciplinata dalla L. 104/1992, semplificata dal D. Lgs. 66/2017, in cui la Diagnosi Funzionale (DF) e il Profilo Dinamico Funzionale (PDF) sono stati accorpati nel Profilo di Funzionamento. La domanda deve essere presentata, con certificato medico-diagnostico allegato, all’INPS, che deve dare riscontro non oltre i 30 giorni dalla data di presentazione. La commissione sarà composta da un medico legale e da due medici, uno specialista in pediatria o in neuropsichiatria infantile e l’altro specialista nella patologia del soggetto. Queste figure saranno accompagnate de un assistente sociale. L’accertamento della condizione di disabilità in età evolutiva sarà propedeutico alla redazione del Profilo di funzionamento. Quest’ultimo, previsto dall’art. 12, co. 5, L. 104/1992, è redatto da un’Unità di valutazione multidisciplinare, secondo i princìpi dell’ICF (International Classification of Functioning), composta da: - Uno specialista in neuropsichiatria infantile o medico specialista nella patologia del soggetto; - Almeno due figure tra: o Esercente di professione sanitaria nell’area della riabilitazione; o Psicologo dell’età evolutiva; o Assistente sociale; o Pedagogista o altro delegato. Alla sua redazione partecipano anche i genitori dell’alunno e il DS e viene aggiornato ad ogni passaggio di grado di istruzione. Una volta redatto, i genitori inviano il Profilo di funzionamento alla scuola, ai fini della predisposizione del PEI, e all’ente locale di competenza per la predisposizione del Progetto individuale (di cui fa parte anche il PEI). 3.2 Il Piano educativo individualizzato (PEI) e il D.L. 182/2020 Rappresenta il progetto di vita scolastica di ogni alunno con disabilità. In base all’art. 7, D. Lgs. 66/2017, modificato dal decreto 96/2019, il PEI (cui tratta l’art. 12 della L. 104/1992) individua obiettivi educativi e didattici, strumenti, strategie e modalità per realizzare un ambiente di apprendimento ideale per il soddisfacimento dei bisogni educativi individuati. D.L. 182/2020, art. 2 – ha per oggetto la formulazione del PEI. I punti principali possono essere così sintetizzati: - il modello PEI diviene unico, nazionale per i diversi gradi di scuola; 52 - prevede un quadro informativo redatto dai genitori o da chi ne esercita la responsabilità genitoriale, oltre alle componenti della scuola; - il gruppo di lavoro operativo nella scuola diviene organo collegiale. All’interno del PEI sono descritte le modalità di sostegno didattico, compresa la proposta di ore di sostegno alla classe, le modalità di verifica, i criteri di valutazione e gli interventi di assistenza igienica. In sede di verifica del PEI, il GLO propone il fabbisogno di ore di sostegno per l’anno scolastico successivo. Il PEI provvisorio viene redatto entro il 30 giugno, quello definitivo entro il 31 ottobre. Inoltre, esso viene aggiornato continuamente, quando opportuno, ed è redatto a partire dalla scuola dell’Infanzia. 3.3 La progettazione del PEI Per elaborare un PEI occorre sapere cosa l’alunno sa fare, cosa non sa fare e cosa potrebbe fare. L’insegnante di sostegno deve possedere maggiori informazioni possibili per compilare al meglio il PEI. I documenti necessari sono: - relazione finale PEI anno precedente; - programmazione Didattica Individualizzata; - profilo di funzionamento; - verbali delle riunioni previste dalla L. 104/1992; - eventuale progetto continuità (C.M. 1/1988); - progetti di Tempo Integrato per attività educativa come l’extrascuola, progetti rieducativi; - progetti significativi per l’integrazione e presenti nel PTOF. Il PEI deve essere stilato seguendo la classificazione ICF. Osservazione sistematica – deve interessare varie dimensioni: - relazione, interazione e socializzazione; - comunicazione e linguaggio; - autonomi e orientamento; - cognitiva, neurologica e dell’apprendimento. Per ciascuna dimensione deve individuarsi: - obiettivi ed esiti attesi; - interventi didattici e metodologici. Nella stesura del PEI provvisorio si utilizza il modello nazionale e si seguono le indicazioni dettate dal MIUR: - Quadro informativo; 55 Nella corteccia sono presenti circa 100.000 miliardi di sinapsi continuamente attive. Le funzioni della corteccia cerebrale sono molteplici: - Controllo delle attività motorie; - Produzione del linguaggio; - Funzione dell’attenzione; - Elaborazione del pensiero e organizzazione della mente. Il sistema nervoso centrale (SNC) ha una struttura simmetrica ed è composto dall’encefalo e dal midollo spinale. A sua volta, l’encefalo si divide in diverse strutture, corticali e sottocorticali. La corteccia cerebrale, composta da due emisferi cerebrali, è composta da quattro lobi: - Lobo frontale – sono localizzate le funzioni di elaborazione delle azioni e il controllo dei movimenti; nella parte più esterna, la parte che regola la personalità dell’individuo; - Lobo parietale – vengono elaborate funzioni complesse che riguardano le sensazioni somatiche, l’immagine corporea e la localizzazione spaziale; - Il lobo occipitale – è la sede della percezione visiva; - Il lobo temporale – è connesso alle funzioni uditive, all’apprendimento, alla memoria, al linguaggio e alle emozioni. I centri del linguaggio sono generalmente localizzati nei lobi temporale e frontale posti nell’emisfero sinistro. Caratteristiche del sistema nervoso centrale – la nozione di plasticità indica la capacità dei circuiti nervosi nel mutare le loro caratteristiche sulla base delle stimolazioni sensoriali che provengono dall’ambiente esterno. Durante la prima infanzia, tra la nascita e l’inizio del funzionamento degli apparati sensoriali, è presente un periodo di particolare sensibilità, definito periodo critico. Esso è un fenomeno di progressiva sintonizzazione tra mondo cerebrale e mondo esterno, con forme di accomodamento e selezione di determinati circuiti cerebrali, al fine di generare un comportamento. In mancanza di determinate stimolazioni esterne durante il periodo critico c’è il rischio di produzione di danni irreversibili, nello sviluppo. Fino a non molti anni fa, molti studi ritenevano che il cervello, terminato il sopracitato periodo critico, tendesse a stabilizzarsi. In realtà, recenti ricerche hanno dimostrato uno sviluppo del sistema nervoso in età adulta, seppur in maniera ridotta. Questo fenomeno sta alla base della capacità di apprendimento continuo che dura per tutto l’arco della vita. Così come il cervello, anche il corpo subisce delle modificazioni ben oltre l’età dell’adolescenza; nelle persone che imparano a leggere in Braille, ad esempio, si verifica un’espansione della rappresentazione della zona cutanea corrispondente al dito impiegato per la lettura. 56 È utile l’esercizio cerebrale, dato che il cervello è considerato permanentemente plastico? La risposta delle neuroscienze tende a dare risposta affermativa: circuiti neuronali tenuti inattivi per lungo tempo, infatti, tendono a perdere in efficienza e funzionalità sinaptica. 1.3 Percezione e attenzione Percezione – si intende il processo cognitivo che consente all’individuo di trarre informazioni dal mondo esterno attraverso integrazioni tra le sensazioni raccolte; questo processo è influenzato anche da altri fattori, quali il proprio bagaglio di esperienza, lo stato d’animo in quel dato momento, la presenza di altre persone, ecc… Questo processo complesso è stato oggetto di studio di differenti scuole psicologiche, con esiti svariati: a. La prospettiva psicofisiologica – la teoria sulla percezione dei colori del tedesco Hermann von Helmotz (1821-1894) studia la capacità di discriminare i colori: nella mente umana esistono recettori differenti, sensibili agli spettri cromatici del rosso, azzurro, verde. Un oggetto non è solo il semplice risultato di sensazioni ma anche l’effetto implicito di esperienze passate e il cervello, secondo questa teoria, opterebbe inferenze inconsce, organizzando le sensazioni più semplici in un’unica unità. b. La prospettiva gestaltica – le teorie del primo Novecento sostenevano che la percezione di un oggetto fosse il prodotto dell’associazione e della combinazione di elementi sensoriali distinti. La teoria della Gestalt, invece, sosteneva che la percezione non dipende dai singoli elementi ma dalla strutturazione di questi elementi in un insieme organizzato (Gestalt=forma, struttura, pattern). Ciò implica il fatto che l’uomo tende a percepire con più immediatezza le figure chiuse e strutturate piuttosto che i singoli elementi che le compongono. c. La prospettiva funzionalista – questo indirizzo si è interessato all’aspetto soggettivo della percezione, al modo in cui le sensazioni vengono integrate in relazione alla personalità dell’individuo (studi effettuati da Jerome Bruner – 1915-2016). La valenza affettiva che un dato oggetto ha per la persona che lo percepisce ha influenza fortemente i tempi di riconoscimento. Secondo questa prospettiva, definita New Look, il soggetto interviene attivamente nel processo percettivo, mostrando implicitamente il bagaglio di esperienze passate. d. La prospettiva cognitivista – oggetto di studio sono i processi con cui l’individuo acquisisce le informazioni dall’esterno, le elabora e le consolida in una struttura. A differenza del comportamentismo, in cui ogni esperienza è frutto di semplici associazioni (stimolo-risposta), i cognitivisti partono dal presupposto che la mente umana funzioni come un elaboratore elettronico, che cerca di comprendere i meccanismi mentali che permettono di trasformare input sensoriali in organizzazioni complesse. 57 L’attenzione – si può definire come la capacità cognitiva di mettere a fuoco specifici contenuti e inibire informazioni ritenute irrilevanti. È una potentissima attività di filtro che evita di accumulare dati inutili e opera sull’informazione in entrata (input), selezionandola in base a interessi e aspettative. Metafora del filtro: diffusosi intorno agli anni Cinquanta del Novecento (studi effettuati dall’inglese Donald Eric Broadbent, 1926-1999), sostiene che la mente intervenga con un sistema di filtraggio, secondo determinati obiettivi: - Le finalità; - I compiti; - Le aspettative. La psicologia cognitiva, quindi, nel corso degli anni Ottanta del Novecento, ha spostato l’attenzione dalla selezione di informazioni (attenzione selettiva) all’attenzione distribuita su più compiti (attenzione divisa). Ricerche di Hirst e Kalmar – questi studiosi hanno dimostrato che un individuo presta maggiore attenzione simultaneamente a due compiti di natura diversa (grammaticale e aritmetica) rispetto a due compiti uguali (due compiti aritmetici). Quest’ultimo fenomeno si chiama interferenza strutturale: l’esecuzione di un compito interferisce sull’altro se essi condividono lo stesso tipo di elaborazione. È in questo caso che interviene l’attenzione selettiva, in cui l’attenzione si sposta su uno o l’altro compito. L’attenzione può essere distribuita più facilmente se i compiti riguardano abilità diverse oppure se vengono utilizzate risorse cognitive diverse. Un insieme di risorse: - Compito primario – riceve la quota di risorse sufficiente per una prestazione ottimale; - Compito secondario – riceve la quota di risorse residua. Il modello di filtraggio di Broadbent, negli ultimi anni, è divenuto un modello di controllo (modello di Tim Shallice, quello più noto): l’attenzione interviene nella selezione tra un processo cognitivo e un altro qualora questi siano in conflitto tra loro (selezione competitiva). Sistema attenzionale supervisore: un’operazione cognitiva può imporsi automaticamente su un’altra in base al valore maggiore di attenzione. 1.4 La coscienza La ricerca sui processi di coscienza svolti nei laboratori di psicologia sperimentale alla fine dell’Ottocento e nei primi anni del Novecento e spesso fondata sul metodo dell’introspezione. Questo perché gli studiosi dell’epoca non avevano gli strumenti di monitoraggio odierni; di conseguenza, chiedevano ai soggetti stessi di valutare quali fossero i meccanismi del proprio cervello (guardare dentro sé stessi). 60 2. Lo sviluppo cognitivo 1.5 Cenni introduttivi La formazione della personalità è il frutto di un percorso di interazione e integrazione tra fattori cosiddetti innati (variabili dipendenti) e fattori cosiddetti acquisiti (variabili indipendenti) attraverso un percorso di maturazione determinato dall’influenza reciproca tra l’uomo e l’ambiente circostante. L’educabilità di un essere umano consiste nella facoltà di cambiare i propri caratteri ereditari attraverso le esperienze differenti; ogni nuova esperienza vissuta non si aggiunge semplicemente alle precedenti ma le modifica, in una sorta di riorganizzazione. Le teorie cognitive sostengono che la mente infantile è differente da quella dell’individuo adulto, andando contro gli indirizzi pedagogici del passato, che impostavano la pratica educativa sulla semplice trasmissione mnemonica di conoscenze e modelli di comportamento. 2.2 Jean Piaget 1896-1980, è stato uno psicologo, biologo e pedagogista svizzero. Ha effettuato i suoi studi basandosi sull’osservazione dei suoi tre figli, adottando metodi differenti a seconda dell’età dei bambini. - Osservazione sistematica (nascita – 3 anni): studio continuo di determinati tipi di comportamento del bambino; - Metodo critico (4 anni – adolescenza): dopo aver creato situazioni problematiche, sotto forma di gioco, si invita il bambino a trovare una soluzione. Per questa seconda fase, Piaget utilizzava l’osservazione combinata con l’intervista: colloquio clinico. Presentava al bambino un problema e, attraverso domande mirate, cercava di comprendere le dinamiche del ragionamento del soggetto, che lo portava a produrre risposte (giuste o sbagliate che fossero). Gli studi di Piaget sono stati molto utili per il sistema scolastico, in quanto ha evidenziato come la figura dell’educatore non si debba limitare a trasmettere un sapere cristallizzato, ma debba anche essere in grado di mettere gli allievi nelle migliori condizioni di apprendimento e, contestualmente, comprendere le correlate dinamiche psicologiche del gruppo. Questa sarà una base per ideare un insieme di tecniche da sperimentare, che siano adeguate alla crescita del bambino. I tempi e le fasi dello sviluppo psicologico sono immodificabili secondo Piaget; l’unico compito dell’adulto sarà quello di preparare al meglio l’ambiente esterno. Attivismo pedagogico (far fare): l’intelligenza è il frutto del lavoro attivo del bambino. L’epistemologia genetica – Piaget critica sia la teoria dello sviluppo associazionista sia quella gestaltista. Il suo fine è di natura epistemologica, ossia relativo alla filosofia della scienza. La conoscenza avviene attraverso 61 un processo in continua evoluzione che permette all’individuo di adattarsi all’ambiente circostante. Lo sviluppo psicologico del bambino assume le seguenti caratteristiche: - L’intelligenza non compare con il linguaggio, ma lo precede, seguendo una linea di continuità con l’attività psicomotoria; - Il bambino è il protagonista del suo sviluppo mentale; - L’intelligenza si sviluppa per stadi che il lavoro pedagogico deve rispettare. Secondo Piaget l’intelligenza è un adattamento all’ambiente esterno che avviene sulla base di due meccanismi: - Assimilazione, processo (passivo) che consiste nell’integrare dati dell’esperienza all’interno delle conoscenze; - Accomodamento, processo (attivo) in cui vengono modificati gli schemi preesistenti in funzione delle nuove esperienze vissute. L’interrelazione tra questi due meccanismi, secondo lo studioso, porta a un terzo fenomeno: il principio di equilibrazione, al termine del quale ha luogo una crescita cognitiva. Gli stadi dello sviluppo cognitivo nel bambino sono: - Universali (per tutti i bambini); - Sequenziali (seguono un ordine non modificabile); - Determinati (anche da componenti biologiche). Gli stadi dello sviluppo – secondo Piaget, il processo conoscitivo avviene in maniera embrionale; così come l’embrione si sviluppa a poco a poco, fino a formarsi, anche i concetti e i processi mentali si sviluppano uno alla volta, fino alla loro massima maturazione. (Embriologia mentale). Lo stadio senso-motorio (prima fase di crescita, dalla nascita ai 2 anni, a sua volta suddivisa in altre 6 fasi): 1. Prima fase (dalla nascita al primo mese di vita) – Tipici di questa fase sono una serie di riflessi innati, quali la suzione, il rooting (riflesso di ricerca), i movimenti oculari e degli arti e i riflessi prensili. Sono tutte azioni molto importanti perché rappresentano i primi schemi senso-motori. 2. Seconda fase (dal primo al quarto mese di vita) – Fase delle reazioni circolari primarie, in cui iniziano le prime coordinazioni tra percezione e movimento; il bambino tende a ripetere più volte durante la giornata questi riflessi innati, iniziando a darne un significato. La ripetizione delle azioni permettono di trasformarli in schemi, che vengono perfezionati e interiorizzati dal bambino. Due azioni frequenti in questa fase: vedere-afferrare, afferrare-succhiare. In questa fase si sperimenta il gioco dell’esercizio ed entra in azione il cosiddetto egocentrismo radicale per cui, se un oggetto scompare dalla sua vista, per il bambino non esiste più. 62 3. Terza fase (dal quarto all’ottavo mese di vita) – È la fase delle reazioni circolari secondarie. Durante questa fase, il bambino compie ripetute azioni, notando cosa accadde nel momento in cui le compie (es. afferra e scuote un giocattolo e se quest’ultimo emette un suono, ripeterà l’azione). In questa fase il bambino diventa sempre più sociale. 4. Quarta fase (dall’ottavo al dodicesimo mese di vita) – La fase di coordinazione e differenziazione mezzi-fine. In questa fase compaiono i primi movimenti intenzionale e il bambino gioca meno con sé stesso e di più con gli oggetti che lo circondano. Lo sviluppo dell’intelligenza senso-motoria gli permette di interrompere un’azione e riprenderla da dove si era fermato, senza doverla iniziare daccapo. 5. Quinta fase (dai dodici ai diciotto mesi di vita) – La fase delle reazioni circolari terziarie. È una fase in cui il bambino esplora il mondo esterno per conoscerlo e lo farà utilizzando nuovi schemi, che derivano dall’evoluzione dei vecchi schemi. Inizierà una fase in cui il bambino avrà maggiore contezza degli oggetti intorno a sé, anche quelli che non vede ma che ha memorizzato. Si alterneranno momenti diadici (rapporto madre-bambino) a relazioni triadiche. 6. Sesta fase (dai diciotto ai ventiquattro mesi di vita) – La cosiddetta fase simbolica in cui avviene la sostituzione della precedente rappresentazione sensoriale con quella mentale (rappresentazione cognitiva). Con questa nuova fase, il bambino è in grado di agire sulla realtà attraverso il pensiero (con il gioco, ad esempio, del far finta che…, come creare un treno mettendo le sedie una dietro l’altra). Inizierà a imitare i comportamenti (anche non in maniera simultanea – imitazione differita) e inizierà anche a esprimersi con un linguaggio verbale basico. Lo stadio preoperatorio (divisa in due fasi, va dai 2 ai 7 anni) 1. Prima fase (dai due ai quattro anni) – Definita preconcettuale, una fase in cui entrano in gioco una serie di processi cognitivi che portano all’acquisizione di funzioni complesse (linguaggio, scoperta delle relazioni tra oggetti e figure di riferimento). In questa fase sono presenti l’egocentrismo intellettuale, secondo cui il bambino percepisce il mondo solamente attraverso il suo punto di vista, e l’animismo infantile, perché il bambino crede che tutti gli oggetti siano animati. Inoltre, qualsiasi azione per lui è un gioco (anche vestirsi, ad esempio). 2. Seconda fase (dai quattro ai sette anni) – Fase del pensiero intuitivo, in cui all’animismo si evolve e il bambino proietta l’idea che siano vivi solo agli oggetti in movimenti (es. fiumi, fuoco). Egli interpreta le situazioni momento per momento, non come un esito di processi. Quindi, se gli si mostrano due bicchieri uguali con la stessa quantità e poi si versa uno di essi in un altro bicchiere più stretto e lungo, penserà che la quantità di acqua tra il primo e il terzo bicchiere sarà differente in quanto noterà il livello della superficie dell’acqua differente (non ricordando il pensiero precedente, del primo e secondo bicchiere). Lo stadio operatorio concreto (dai 7 agli 11 anni) 65 linguaggio, un appunto scritto, il nodo) che provengono dall’ambiente esterno. Passaggio da attenzione naturale ad attenzione volontaria. Il pensiero di Vygotskij ha influenzato lo sviluppo della psicologia contemporanea e le teorie quali: - Il modello ecologico; - La teoria dell’attività. Modello ecologico – teorizzato dallo psicologo russo Urie Bronfernbrenner, intende l’ambiente di sviluppo del bambino come una serie di cerchi concentrici, legati tra loro da relazioni umane, sociali e ambientali: 1. Microsistema – rappresentato dalle relazioni interpersonali che il bambino vive (rapporto madre-figlio, famiglia, scuola); 2. Mesosistema – è un insieme di microsistemi che riguarda le relazioni e le connessioni tra essi (famiglia, scuola, gruppo di pari); 3. Esosistema – costituito da diverse situazioni correlate tra loro, alcune delle quali non riguardano direttamente il bambino (rapporto tra vita familiare e lavoro dei genitori); 4. Macrosistema – è costituito dall’inglobamento di tutto, ossia la società in sé. Teoria dell’attività – si evidenzia la differenza del concetto di attività tra gli animali e gli esseri umani. Nei primi, l’attività è un insieme di azioni con il fine di soddisfare un bisogno. Nei secondi, invece, l’attività viene prima rappresentata interiormente e poi agita. L’azione individuale non è collegata direttamente al bisogno complessivo; infatti, le azioni svolte dagli individui hanno uno scopo specifico a sé stante, per poi confluire nel complesso delle azioni svolte dagli altri membri del gruppo, volte nel loro insieme al soddisfacimento della motivazione dell’attività complessiva. 2.4 Jerome Seymour Bruner Bruner, psicologo statunitense vissuto dal 1915 al 2016, partendo dalle teorie di Piaget e da quelle di Vygotskij sviluppò un pensiero in cui l’ambiente esterno e la cultura giocano un ruolo fondamentale nello sviluppo dell’individuo (culturalismo). Il culturalismo evidenzia l’importanza dell’influenza che i contesti sociali e culturali condivisi hanno sui processi di apprendimento. Secondo Bruner, attraverso i rapporti interpersonali, il soggetto costruisce le prime basilari competenze che, in un secondo momento, saranno interiorizzate attraverso il pensiero e il ragionamento. Quindi, attraverso l’utilizzo di amplificatori culturali un soggetto può sviluppare e potenziare le proprie capacità. Duplice compito del culturalismo: - Versante macro – si riferisce alla cultura intesa come insieme di valori, diritti e doveri; 66 - Versante micro – evidenzia l’influenza del sistema culturale su coloro che devono operare al suo interno. Intersoggettività – condivisione degli stati mentali soggettivi con quelli altrui. Alla base della psicologia culturale (non spiega la realtà secondo il concetto causa-effetto ma cerca di comprendere il significato che l’uomo dà ai propri sentimenti, alla propria esperienza di vita e ai valori che condivide con gli altri). Secondo Bruner lo sviluppo cognitivo non si realizza attraverso una sequenza fissa di stadi; l’intelligenza, infatti, è la capacità di mettere in atto una serie di strategie per risolvere dei problemi. Per questo, viene data notevole importanza ai fattori sociali (contesto in cui si affrontano i problemi) e ai fattori individuali (le spinte motivazionali). Proprio per la mancanza di rigidità biologica, secondo Bruner si può anticipare lo sviluppo di alcune competenze attraverso la stimolazione ambientale. Lo sviluppo cognitivo avviene attraverso il passaggio da sistemi poveri a sistemi ricchi nell’elaborazione delle informazioni. Tale passaggio avviene attraverso tre forme di rappresentazione: - La rappresentazione esecutiva (l’azione) – caratteristica del primo anno di vita, in cui il bambino utilizza la manipolazione, la percezione, l’attenzione e l’interazione sociale. Apprende agendo; - La rappresentazione iconica (l’immagine) – si basa su rappresentazioni mentali e immagini interne, e si protrae dai due ai sette anni; La rappresentazione simbolica (il linguaggio) – espressione della realtà attraverso segni e simboli convenzionali, stabiliti socialmente. FORME DI RAPPRESENTAZIONE DI BRUNER A differenza degli stadi di Piaget, le forme di Bruner non sono sequenziali ma indipendenti l’una dalle altre e con possibilità di sovrapposizione tra loro. Secondo questa teoria, quindi, l’apprendimento si produce attraverso una serie di pratiche socialmente e culturalmente determinate e si configura come un fenomeno sociale, in cui intervengono molti elementi diversi. L’educazione non ha luogo solo nelle aule scolastiche, ma anche nelle famiglie, per strada, nei luoghi di lavoro (ovunque ci sia un incontro e un confronto tra soggetti diversi). Linee di orientamento di Bruner: 1. La mente umana ha dei limiti e compito dell’educazione è quello di oltrepassarli fornendo gli strumenti adeguati che la cultura ha elaborato a questo scopo; Esecutiva (azione) Simbolica (linguaggio) Iconica (immagine) 67 2. La realtà si costruisce attraverso i processi cognitivi dei singoli individui ma anche dei gruppi; 3. L’apprendimento è sempre un processo interattivo, in cui le persone apprendono le une dalle altre; 4. L’educazione deve generare abilità, capacità nuove, modi di pensare e di sentire che possono essere rielaborati anche da altri membri della società; 5. L’educazione è un processo fondamentale non solo per produrre cultura ma anche per lo sviluppo psicologico dell’individuo. A scuola, infatti, le prestazioni negative non dovrebbero avere conseguenze per l’autostima. Intorno agli anni ’80 del Novecento, Bruner sviluppa lo studio di due tipi di funzionamento cognitivo: - Il pensiero logico scientifico, che permette di spiegare ciò che succede, attraverso proposizioni generalizzabili e oggettive della scienza; - Il pensiero narrativo, che permette di interpretare ciò che succede, attraverso il punto di vista parziale di un singolo soggetto. 2.5 La teoria dell’elaborazione dell’informazione Human Information Processing (HIP) – intorno agli anni ’50 del Novecento si sviluppò questo processo investigativo che focalizza l’attenzione sulle modalità che il sistema cognitivo mette in atto nell’elaborazione delle informazioni provenienti dall’ambiente esterno. Questi ricercatori hanno utilizzato la metafora del computer: questi ultimi, infatti, sono macchine che elaborano informazioni trasformando gli input in output. L’individuo, come il computer, elabora le informazioni trasformandole da input ad output e da questo presupposto, l’obiettivo della psicologia dello sviluppo è quello di capire come è programmato l’organismo umano per funzionare in questo modo. 2.6 Il ragionamento: elementi e strategie Ragionamento – procedimento che, in base a ipotesi, articola passaggi e approda a una conclusione. Strategia – una successione organizzata di risposte, guidata da ipotesi, nel tentativo di arrivare alla soluzione di un problema. Quella più comune è la strategia per prova di errori: ricerca della soluzione a un problema utilizzando tutte le possibilità a disposizione e scartando man mano quelle che non portano al risultato sperato. Tipologie di pensiero: 1. Pensiero intuitivo – trova la soluzione senza alcun passaggio; 2. Pensiero logico – utilizza strumenti logico-razionali per raggiungere alla soluzione; 70 - I codici attraverso i quali si elaborano le informazioni; - L’ampliamento e l’integrazione linguistica offerta dal sistema multimediale; - I problemi che dipendono dall’esposizione a stimoli ambientali eccessivamente frantumati e disarticolati e dall’impoverimento che deriva dalla deprivazione di stimoli; - Il rapporto computer-scuola-studente. Verso la metà del Novecento si svilupparono delle ricerche che approfondivano il tema dell’analogia mente- computer. Due scienze cercano di spiegare le innumerevoli varianti che una mente può possedere: - Le neuroscienze – studiano la struttura fisica del cervello per analizzarne le funzioni; - La psicologia – si occupa del comportamento dell’uomo analizzandone i processi mentali. Neuroscienze si occupano di studiare: - Il funzionamento dei neurotrasmettitori nelle sinapsi; - Il funzionamento delle strutture neurali; - Il modo in cui i geni contribuiscono allo sviluppo neurale; - I meccanismi biologici alla base dell’apprendimento; - La struttura e il funzionamento dei circuiti neurali complessi nella percezione, memoria e linguaggio. Psicologia cognitiva (cognitivismo) è un approccio interdisciplinare che si occupa di stabilire una connessione tra lo studio dei comportamenti e delle capacità cognitive negli esseri umani. Secondo questa scienza la mente umana funziona elaborando attivamente informazioni che le giungono tramite gli organi sensoriali. Le influenze che hanno inciso sulla teoria cognitivista sono state molte: le più recenti sono quelle della teoria dell’informazione e della cibernetica: un modello dell’organismo umano in grado di ricevere informazioni (input), elaborarle, selezionare quelle utili e trasformarle in output (e non accettare queste informazioni come predeterminate in partenza, come avviene con la teoria del comportamentismo). 71 4. Lo sviluppo del linguaggio 4.1 Teorie sullo sviluppo del linguaggio Linguaggio – capacità di associare suoni e significati per mezzo di regole grammaticali. Solamente l’essere umano è capace di farlo. Teoria di Skinner (1904-1990) – secondo la sua teoria un soggetto impara a parlare in modo del tutto simile con cui apprende ogni altra tipologia di comportamento, ossia mediante le interrelazioni con l’ambiente (tramite rinforzi e punizioni). L’apprendimento del linguaggio avviene grazie al condizionamento operante degli adulti. Questa teoria ha subito notevoli critiche, in quanto considera il bambino un soggetto passivo. Teora di Chomsky (1926) – secondo la sua teoria gli esseri umani sono predisposti fin dalla nascita allo sviluppo del linguaggio. Il procedimento di acquisizione di una lingua è frutto di una facoltà per la maggior parte innata. L’indagine della linguistica deve partire dallo studio della grammatica mentale, presente nel soggetto già dalla nascita. Chomsky distingue: - Competence – capacità di generare e comprendere l’insieme infinito di frasi di una lingua; - Performance – capacità di costruire concretamente le possibilità offerte dalla competence, le reali manifestazioni linguistiche del soggetto. La manifestazione del linguaggio avviene in seguito alla maturazione di un meccanismo specifico innato, quindi indifferente alla quantità e alla tipologia degli stimoli provenienti dall’ambiente. Lo sviluppo del linguaggio secondo Piaget – avviene, in maniera analoga allo sviluppo del pensiero, dall’interno verso l’esterno. Distingue tre tipi di linguaggio: - Autistico (soddisfa i bisogni essenziali dell’Io, nei primi anni di vita); - Egocentrico (con il passaggio allo stadio pre-operatorio, si incentra sui propri punti di vista); - Sociale (intorno al settimo anno di vita, con il raggiungimento dello stadio operatorio, si evolve verso l’esterno, condiviso con gli altri). Lo sviluppo del linguaggio secondo Vygotskij – il linguaggio viene assimilato dal bambino già dai primi anni ed è subito di tipo sociale, in quanto, appunto, viene assorbito in maniera inconscia grazie alla famiglia e all’ambiente circostante. Esso, da funzione interpsichica (consente di rapportarsi con gli altri) diviene funzione intrapsichica (permette di regolare dall’interno i propri processi cognitivi e il proprio comportamento). Tra i due e i sei anni, il linguaggio si sviluppa e si articola in due piani diversi: - Sociale (mantenendo la funzione dei primi anni di vita); - Egocentrico (volto a soddisfare i bisogni dell’egocentrismo individuale). 72 Intorno al settimo anno di vita, a differenza di ciò che sostiene Piaget, il linguaggio egocentrico non si atrofizza ma diventa linguaggio per sé, utile per ordinare le idee, categorizzare la realtà e formulare concetti. In conclusione, per Vygotskij esistono tre forme di linguaggio: - Linguaggio interiore (o pensiero), con determinate caratteristiche. In questo caso, essendo emittente e ricevente coincidenti, la comprensione avviene senza equivoci; - Linguaggio parlato, in cui il ricevente è differente dall’emittente ma è presente fisicamente, quindi può comprendere il linguaggio verbale associandolo a quello non verbale; - Linguaggio scritto, in cui il ricevente è anche assente durante la comunicazione, quindi la comunicazione deve essere precisa e formale. Modello di Uta Frith (1941) – secondo la psicologa tedesca il bambino giunge al possesso delle regole linguistiche seguendo quattro stadi: 1. Stadio logografico o ideografico: si ha nella fase prescolare in cui il bambino riconoscere alcune parole in base alla presenza di elementi (lunghezza, forma) ma ancora non possiede conoscenze da un punto di vista ortografico e fonologico; 2. Stadio alfabetico: durante la prima scolarizzazione, il bambino apprende l’esistenza di una lingua scritta e una lingua orale. È capace di leggere parole che non conosce e impara a sillabare i termini; 3. Stadio ortografico: il bambino perfeziona il meccanismo di conversione grafema/fonema è impara la combinazione delle lettere, non più viste come combinazione casuale ma dettata da regole ortografiche e sintattiche; 4. Stadio lessicale: il cosiddetto magazzino lessicale, che permette l’automatizzazione della lettura e della scrittura, proprio perché i termini adesso vengono letti accedendo direttamente alla forma fonologica della parola. 4.2 Fisiologia del linguaggio Distinzione tra fonetica e fonologia. La prima è lo studio dei suoni linguistici, intesi come eventi fisico-acustici (foni); la seconda è la parte della linguistica in cui si studia l’organizzazione del sistema di suoni che hanno una funzione distintiva (fonemi). La fonetica studia l’aspetto fisico dei suoni, mentre la fonologia studia la funzione sei suoni stessi. Il fono è un suono linguistico; il fonema è una categoria astratta di suoni e non un suono fisicamente reale. La r (pronuncia normale in lingua italiana) e la R (erre moscia) sono due foni differenti ma se utilizzati nella stessa parola (es. ramo) sono varianti di un unico fonema. 75 5. Sviluppo psicodinamico, sociale ed emotivo 5.1 Le teorie di Freud ed Erikson Le teorie dei due studiosi hanno apportato un grande contributo alla psicologia dello sviluppo. La ricerca è stata incentrata soprattutto sui fattori dinamici del comportamento umano e animale che spingono un individuo a una meta (fattori legati alla motivazione). Teoria dei Freud (1859-1939) – il neurologo e psicoanalista austriaco sostiene che durante i primi anni di vita vengano gettate le basi per la costruzione della personalità dell’individuo, attraverso diversi tentativi, utili o frustranti. Questi tentativi conflittuali si manifestano come sequenza invariante e dipendono dalla capacità di scaricare o meno l’energia pulsionale su oggetti esterni o interiorizzati, ad opera di certe zone che cambiano in base allo sviluppo psico-sessuale. A tal proposito, secondo il pensiero freudiano, la libido occupa uno spazio importante e diverse fasi evolutive: - Fase orale (0-18 mesi) – rappresentata dalla suzione (piacere di nutrimento) e dalla introiezione (impossessamento degli oggetti tramite introduzione orale); - Fase anale (18 mesi-3 anni) – l’ano rappresenta il luogo più importante dei desideri e degli appagamenti sessuali; - Fase fallica (3-5 anni) – l’unico organo conosciuto (sia nei maschi che nelle femmine) è il fallo. Entra in gioco il complesso edipico (odio-amore nei confronti dei genitori); - Fase di latenza (6-12 anni) – la sessualità appare più spenta, in favore di attività considerate più accettabili (gioco, socializzazione, studio, scuola); - Fase genitale (12-15 anni) – caratterizzata dalle trasformazioni che avvengono nella pubertà e dal passaggio alla vera organizzazione genitale (quella adulta). Sviluppo psico-sociale di Erikson (1902-1994) – alla teoria di Freud incentrata sulla dimensione psico- sessuale, lo psicoanalista statunitense, aggiunge la dimensione psico-sociale. Egli divide il ciclo di vita dell’uomo in otto età, in cui l’individuo affronta delle specifiche crisi psico-sociali e sulle quali si colloca il problema dell’identità. La novità sta nel fatto che questi stadi elaborati da Erikson non si fermano in età adolescenziale ma si protraggono per tutta la vita. a) Prima fase (0-1 anno) – è la fase centrata da una fiducia di base e da una fiducia di base; la prima deriva dalle esperienze positive dovute alla presenza della madre, mentre la seconda da esperienze negative (come, ad esempio, dall’assenza provvisoria della madre); b) Seconda fase (2-3 anni) – periodo coincidente con quello anale di Freud. È la fase in cui il bambino inizia a prendere controllo del proprio corpo e a sperimentare, limitando il proprio egocentrismo e iniziando a percepire psicologicamente la presenza degli altri; c) Terza fase (4-5 anni) – è la fase considerata psico-sociale, in cui autocontrollo e volontà si rafforzano. L’attività principale del bambino è il gioco, in cui sperimenta le proprie abilità cognitive e manuali. 76 Nasce anche il senso di colpa: il bambino capisce che per raggiungere i propri obiettivi può utilizzare qualsiasi mezzo, anche l’aggressività; d) Quarta fase (6-12 anni) – è la fase che corrisponde a quella di latenza freudiana. Il bambino inizia a impegnare le proprie energie in compiti più maturi e si trova in continuo confronto con il mondo esterno (scuola, compagni); e) Quinta fase (13-20 anni) – è la fase delicata del passaggio dal mondo dell’infanzia a quello degli adulti. Vi è la presenza di due tendenze in lotta: la prima tende a spingere verso l’esterno, il mondo degli adulti, sconosciuto; la seconda è il rifiuto di abbandonare il mondo fin qui vissuto, quello sicuro dell’universo cognitivo e affettivo dell’infanzia. In questa fase vi è anche la nascita della crisi d’identità, in cui si genera il senso di aderenza ai propri schemi fondamentali di riferimento; f) Sesta fase (20-35 anni) – si entra nella fase adulta e, come nell’infanzia, il punto centrale è l’amore; in questa fase, però, l’amore è vissuto in una dimensione più matura, come compartecipazione a tutte le attività fondamentali della vita; g) Settima fase (35-60 anni) – periodo della generatività, in cui l’individuo manifesta la propria esigenza di soddisfacimento, professionale, sociale e personale. Nel caso in cui dovessero venire mento questi bisogni, l’individuo potrebbe regredire e abbandonarsi a un senso di vuoto; h) Ottava fase (oltre i 60 anni) – la fase della riflessione sulla propria identità, in cui possono entrare in gioco due fattori: il senso di integrità e soddisfazione oppure il senso di fallimento e di rimpianto. 5.2 La psicoanalisi infantile post-freudiana Anna Freud (1895-1982) – il suo scritto principale, L’io e i meccanismi di difesa (1936), è la base teorica della sua terapia rivolta ai bambini (psicoanalisi infantile): i principali meccanismi di difesa dei bambini erano la repressione, la proiezione e l'identificazione. Secondo Anne Freud, la principale causa del ritardo dello sviluppo psichico e fisico dei bambini era dovuta principalmente alla mancanza di una relazione stabile tra la madre e il bambino. Esperienza che aveva vissuto anche lei stessa. Secondo lei, inoltre, non si potevano applicare ai bambini le stesse classificazioni delle malattie degli adulti e pertanto fu la prima a introdurre un nuovo metodo per valutare lo sviluppo psicofisico infantile. È importante per la psicoanalisi in quanto ha ipotizzato teoricamente che la psiche ha una capacità di adattamento dell’Io basata su un sistema di meccanismi di difesa. Oltre a quelli già individuati dal padre Sigmund (regressione, modificazione attiva dell’io, isolamento, annullamento retroattivo, identificazione, proiezione, rivolgimento contro sé stessi, trasformazione al contrario, sublimazione) ne teorizzò di nuovi. Tra questi, l’identificazione con l’aggressore (un modo per allontanare una paura assumendo le caratteristiche dell'oggetto temuto); la rinuncia altruistica, che consiste nell’interessarsi alla soddisfazione degli istinti altrui gratificando indirettamente i propri; e due difese tipiche della fase adolescenziale, l’ascetismo e 77 l’intellettualizzazione: la prima, è l’allontanamento dalla sessualità e dalle altre forme di appagamento temporaneo, la seconda, il rifugio in una febbrile attività intellettuale nel tentativo di dominare gli istinti. Melanie Klein (1882-1960) – lo studio delle nevrosi precoci assume un ruolo di primo piano dal punto di vista dell’elaborazione teorica generale della struttura della psiche. Strumento fondamentale è il gioco, utile per comprendere le fantasie e/o le angosce più profonde del bambino. L’inconscio infantile è ricco di produzioni fantasmatiche, ossia fantasie nei confronti di singoli oggetti e/o parti del corpo e non mai della persona intera (es. il bambino che immagina la suzione del seno materno prima di addormentarsi). Durante i primi anni di vita, il bambino vive una condizione di divisione tra i propri desideri e le proprie pulsioni. Impaurito dall’istinto di morte, ad esempio, è diviso tra la ricerca di oggetti buoni (che lo gratificano) e la paura degli oggetti cattivi (che lo minacciano). Si ha una prima fase (fino al quarto mese di vita) definita schizoparanoide, in cui vi è questa scissione tra desideri e pulsioni e in cui affiora il sentimento di angoscia derivante dalla divisione tra oggetti buoni e cattivi; successivamente, si passa a una fase cosiddetta depressiva, in cui vi è la piena coscienza di percezione della totalità degli oggetti e delle persone. Heinz Kohut (1913-1981) – lo psicanalista statunitense, appoggia la stessa tesi di Klein, per cui il neonato possiede un’unità psichica frammentaria. Egli definisce Sé l’apparato psichico originario e poiché questo primo Sé è disunito, per giungere alla coesione ha bisogno del rapporto con l’Altro. Ciò avviene attraverso due funzioni: - Funzione speculare, in cui il passaggio avviene tramite la figura della madre. La prima sensazione dell’unità del proprio essere è il risultato dell’affetto della madre: il bambino è convinto di esistere come oggetto di desiderio della madre, quindi la relazione madre/figlio è di tipo fusionale, speculare, di approvazione; - Funzione idealizzante, deriva dal Sé paterno, in cui il bambino prende come modello e prova ad assimilare i comportamenti del padre. Donald Winnicot (1896-1971) – nella sua teoria è fondamentale lo studio dell’influenza dell’ambiente nello sviluppo del soggetto. Il primo punto di partenza è nell’immagine materna che il bambino si procura (holding, ossia la visione simbolica della mamma e della sua gestualità: cullare, sostenere, proteggere affettivamente). Nel passaggio tra la fase di holding dei primi anni di vita e la condizione di separazione da quest’ultimo, occorre che si instauri tra mamma e bambino uno spazio simbolico, ludico/creativo (lo spazio del gioco), in cui si inseriscono i cosiddetti oggetti transizionali, quali animali di peluche, pezzi di stoffa che il bambino tiene nelle situazioni di distacco materno. Nel passaggio tra fase fusionale e fase soggettiva, il bambino scoprirà il mondo esterno e scoprirà che gli oggetti non sono solo frutto della sua immaginazione ma esistono in una realtà esterna al proprio io. Compito della madre sarà quello di stimolare l’illusione del bambino prima e poi di disilluderlo. In questa seconda fase, l’area transizionale permetterà lo sviluppo delle potenzialità simboliche del bambino (prassi ludica) che negli adulti diventerà arte, lavoro, cultura. 80 3. Sé soggettivo – tra il settimo e il nono mese di vita, il bambino inizia a comprendere di avere una mente e che anche gli altri ne sono in possesso; inoltre, capisce che i contenuti delle menti si possono condividere (teoria della mente). Nei confronti dei genitori si ha il passaggio dall’intimità fisica all’intimità psichica, in cui si cerca lo sguardo dei genitori come riferimento sociale (sintonizzazione degli affetti); 4. Sé verbale – l’ultima fase, in cui il bambino inizia a comunicare attraverso il linguaggio, avendo una nuova conoscenza del mondo (attraverso le parole) e un nuovo strumento per comunicare e condividere (un nuovo modo di essere con). 5.3 Ambiente e relazioni di attaccamento Etologia – si sviluppa intorno agli anni ’30 del Novecento, grazie agli studi di Konrad Lorenz e Nikolaas Tinbergen, e si occupa della vita degli animali nel loro habitat naturale, non in quello artificiale dei laboratori. Il cosiddetto male. Per una storia naturale dell’aggressività (1963): opera di Konrad in cui sottolinea le analogie tra uomini e animali. Secondo lui, i fattori che determinano l’evoluzione sono il cambiamento e la selezione. Gli etologi distinguono l’aggressività in: - Inter-specifica: aggressività rivolta ad altre specie; - Intra-specifica: aggressività rivolta a esemplari della stessa specie. Secondo Lorenz, inoltre, a minacciare l’esistenza di una specie non è tanto il predatore bensì il concorrente (come avviene nei casi di difesa del territorio). Altra funzione dell’istinto aggressivo è il miglioramento della specie, che avviene attraverso il combattimento tra rivali: il vincitore avrà migliori possibilità di accoppiamento e, quindi, di trasmettere i propri geni. L’aggressività interviene anche nel cosiddetto principio gerarchico. Secondo Lorenz, infatti: “Ognuno degli individui viventi nella comunità sa quale degli altri è più forte o più debole di lui, in modo che ognuno si possa tirare indietro senza lottare davanti al più forte, e possa a sua volta pretendere che il più debole si ritiri senza lottare ogni volta che si incontrino”. Approccio etologico di John Bowlby (1907-1990) – intorno agli anni ’70 del Novecento, in psicologia si sviluppò una corrente etologica, grazie agli studi di Bowlby, secondo cui tra ambiente e individuo si crea un rapporto di interdipendenza che influenza il rapporto evolutivo dell’essere umano. (Studio del comportamento di una specie nel proprio ambiente naturale). Studiando l’attaccamento del bambino nei confronti di chi se ne prende cura (caregiver), Bowlby passò, negli anni ’50 del Novecento, da un approccio psicoanalitico a un approccio etologico: notò che, intanto, un 81 allontanamento precoce del bambino dai genitori evidenziava un attaccamento sociale immediato tra il neonato e chi se ne prende cura. Inoltre, valorizzava anche il ruolo dell’ambiente nello studio e nella comprensione dei disturbi psichici, rispetto al ruolo delle fantasie inconsce. A differenza degli psicoanalisti, infine, Bowlby sosteneva che la crescita psicologica del bambino non avveniva attraverso il soddisfacimento sessuale ma attraverso l’appagamento del bisogno di instaurare legami di affetto. Il legame tra madre e figlio è il punto di partenza delle riflessioni teoriche di Bowlby: l’attaccamento è una funzione essenziale per l’evoluzione di una specie e per la loro sopravvivenza; in molte specie animali, infatti, si nota una esigenza di vicinanza dei piccoli verso i grandi, per sfuggire ai predatori oppure ai pericoli ambientali. Componente biologica del legame di attaccamento – uno degli aspetti più importanti degli studi di Bowlby. La funzione di attaccamento del neonato consiste nel percepire la vicinanza e il contatto fisico con le figure di riferimento (i genitori, soprattutto la madre). Si parla di attaccamento in termini di: - Comportamento di attaccamento; - Sistema comportamentale di attaccamento; - Legame d’affetto. Il tipo di legame con la figura di riferimento definisce la sicurezza d’attaccamento e la di modelli operativi interni (MOI) che permetteranno i comportamenti relazionali futuri. Più si cresce più si modifica l’attaccamento, con altre figure, fin quando si va ad eliminare. Esistono due tipi di attaccamento: - Attaccamento di tipo sicuro, quando il bambino sente di avere nella figura di riferimento un senso di protezione, sicurezza, affetto; - Attaccamento di tipo insicuro, quando il bambino sente di avere nella figura di riferimento un senso di instabilità, prudenza, paura dell’abbandono. Nello sviluppo del legame di attaccamento, secondo Bowlby, sono presenti quattro fasi: - Durante la prima fase, tre la 8 e 12 settimane, il bambino non è in grado di distinguere le figure intorno a lui, anche se può riconoscere la propria madre attraverso l’odore e la voce. In un secondo periodo, dopo le 12 settimane, il bambino inizia a dare maggiori risposte agli stimoli sociali; - Dai sei mesi in poi, la capacità discriminativa del bambino diventa più complessa e sofisticata; - In una terza fase, dai nove mesi, il bambino acquisisce abilità, come richiamare l’attenzione della persona di riferimento, salutarla, ecc…; - Nell’ultima fase, dai tre anni in poi, il bambino acquisisce la capacità di mantenere sicurezza in luoghi sconosciuti, purché ci sia la presenza delle figure di riferimento secondarie e che il caregiver torni in tempi brevi. 82 La figura di riferimento e il modello di attaccamento è fondamentale per i primi anni di vita del bambino ma influenzeranno anche i rapporti relazionali futuri, nell’età adulta del soggetto. Per questo motivo, affinché si sviluppi una personalità positiva, occorre che il tipo di attaccamento sia adeguato. Non a caso, è frequente che una persona in età adulta abbia problemi relazionali per traumi infantili, come ad esempio, l’allontanamento dai genitori. La gravità di questi eventi traumatici hanno diversi livelli, che dipendono dai seguenti criteri: - Durata e periodo in cui si verifica la separazione; - Capacità di resilienza (elasticità, flessibilità) del soggetto e caratteristiche dell’ambiente. La separazione, secondo gli studi di Bowlby, si suddivide in tre fasi: - Protesta; - Disperazione; - Distacco. Strange situation di Mary Ainworth (1913-1999) – intoro agli anni ’60 del Novecento, la psicologa statunitense, allieva di Bowlby, ha proseguito gli studi del maestro. Nella sua procedura, il bambino (9-18 mesi) viene lasciato in una stanza a giocare, mentre i caregiver e degli estranei entrano ed escono dalla stanza. Le situazioni che sperimenta il bambino: a. Il genitore e il bambino entrano nella stanza; b. Il genitore e il bambino sono soli e il genitore non partecipa all’esplorazione del bambino; c. Entra un estraneo, chiacchiera con il genitore e si avvicina al bambino. Il genitore se ne va vistosamente; d. Prima separazione: il comportamento dell’estraneo è orientato a quello del bambino; e. Prima riunione: il genitore saluta e conforta il bambino, poi se ne va di nuovo; f. Seconda separazione: il bambino è solo; g. Continuazione della seconda separazione: l’estraneo entra e orienta il comportamento a quello del bambino; h. Seconda riunione: il genitore entra, saluta il bambino, lo prende in braccio, l’estraneo se ne va vistosamente. Vengono analizzati due aspetti del comportamento del bambino: - La quantità di comportamento esplorativo; - Le reazioni all’allontanarsi e al ritorno del proprio caregiver. Sulla base del comportamento si classifica la tipologia di attaccamento del bambino: 85 - Il processo emotivo è funzione del sistema nervoso centrale, mentre il sistema autonomo ha un ruolo ausiliario; - Le emozioni compaiono secondo un programma maturativo innato; - Le emozioni si combinano in configurazioni complesse. Secondo Izard i correlati cognitivi delle emozioni cambiano con l’età mentre le emozioni fondamentali restano inalterate e costanti fin dalla prima comparsa. Il rinforzo sociale di Albert Bandura (1925) – per studiare l’influenza dei mass media nei bambini in età prescolare, Bandura selezionò tre gruppi: - Un primo gruppo in cui si faceva vedere un filmato in cui un bambino picchiava una bambola e veniva premiato; - Un secondo gruppo in cui si faceva vedere un filmato in cui un bambino picchiava una bambola e veniva punito; - Un terzo gruppo in cui si faceva vedere un filmato in cui un bambino giocava tranquillamente con la bambola. Dalle osservazioni, Bandura notò che i primi, nel giocare, mostravano un’aggressione maggiore, rispetto ai secondi; i terzi erano mediamente aggressivi. Ciò portò a dimostrare il peso dei mezzi di comunicazione nell’influenzare i comportamenti dei più piccoli, nonché il rinforzo sociale che influenzava alcuni atteggiamenti, come l’aggressività. I bambini aumentavano la propria aggressività se notavano che quel comportamento veniva premiato. 5.5 Lo sviluppo morale: Piaget e L. Kohlberg Lo sviluppo morale, in età adulta, è strettamente legato allo sviluppo cognitivo. La morale diventa autonoma solo dopo l’acquisizione del pensiero reversibile e operativo. Secondo Piaget, nei bambini si possono distinguere due fonti delle regole di comportamento: - Morale autonoma, quando il bambino ha acquisito il gioco delle regole; - Morale eteronoma, quando il bambino si attiene alle regole dei genitori e degli adulti. Le regole di comportamento si sviluppano anche grazie ai giochi, non soltanto grazia alla collaborazione con adulti e altri bambini. Quando si è troppo piccoli, non si ha piena coscienza delle regole e non si ha una visione morale corretta, proprio perché la morale viene acquisita attraverso la socializzazione e l’apprendimento e non è ereditata geneticamente. Lawrence Kohlberg (1927-1987) – seguendo la tesi di Piaget, ha individuato tre livelli di sviluppo morale: 86 1. Livello pre-convenzionale, che si basa su due stadi: orientamento ed edonismo strumentale. Il primo si basa su obbedienza e punizione; il secondo permette al bambino di conformarsi alle regole, in cambio di una ricompensa; 2. Livello convenzionale, che si struttura su due stadi: il primo è quello dell’ordinamento, che dipende dalle relazioni interpersonali (è buono tutto ciò che è gradito agli altri); il secondo è quello che non permette all’ordine sociale di cambiare, in cui il comportamento è buono quando si rispetta l’autorità; 3. Livello post-convenzionale, in cui si scrive un contratto sociale che permette di orientarsi seguendo la propria coscienza e il principio etico universale. 87 6. L’adolescenza: teorie e modelli interpretativi Approccio psicoanalitico sull’adolescenza – tende a privilegiare e valorizzare le determinanti biologiche e inconsce dei fenomeni riguardanti l’adolescenza. Ipotesi del determinismo psichico: continuità nello sviluppo mentale, in cui la fase dell’adolescenza non è distaccata dalle fasi di crescita precedenti. È un periodo caratterizzato dal fatto che problemi insoluti nell’infanzia chiedono di essere nuovamente presi in considerazione. Le trasformazioni fisiche e sessuali in questa fase, sono talmente ampie che lasciano aperto il ventaglio di possibilità di evoluzione. Ipotesi della presenza di un mondo inconscio: un approccio poco tenuto in considerazione in questi studi, più propensi ad occuparsi della continuità dello sviluppo mentale. Secondo Freud un altro elemento fondamentale dell’adolescenza è il distacco dalle figure genitoriali. Ciò si può schematizzare nel modo seguente: in età infantile la vita sessuale è prevalentemente autoerotica; con la pubertà la meta sessuale diventano le figure dell’altro sesso. Tutto ciò porta a disinvestire gli oggetti di amore primari e re-investire la pulsione libidica su oggetti d’amore esterni alla famiglia. Questo distacco sarà traumatico per entrambe le parti (genitori-figli); sarà soprattutto Anna Freud a sviluppare la riflessione psicoanalitica sull’adolescenza. La sua teoria si può riassumere in alcuni punti: - Lo sviluppo della pubescenza risveglia la sessualità, che si era assopita durante la fase di latenza e produce anche un aumento dell’eccitazione nervosa, dell’ansietà e della fobia genitale; - Le modificazioni biologiche portano delle difficoltà di adattamento, dato che il desiderio sessuale entra in conflitto con la sicurezza personale e con l’equilibrio che si è creato in precedenza tra le componenti della personalità (Es, Io e Super Io). Questo momento di squilibrio è caratterizzato da un Es molto forte contro un Io molto debole. La libido adesso coinvolge l’area genitale, a differenza di quella presente nella libido infantile. A questa forte spinta libidica genitale si contrappongono sia l’Io che il Super Io, con meccanismi di difesa. Spiegazione di Es, Io, Super Io La parte innata della personalità è l’Es e da qui che si origina l’Io e il Super io. Questa componente non è organizzata ed è collegata, in modo primitivo, a pulsioni interne come fame, sesso e impulsi irrazionali. Le forze dell’Es puntano ad alleviare tensioni e a ottenere soddisfazione immediata. La realtà non coincide mai con il piacere immediato, così l’Es genera costanti pressioni che devono essere gestite. Qui entrano in gioco io e super io. Come premesso, il neonato funziona motivato dalle forze pulsionali dell’Es. Crescendo, il neonato deve fare i conti con la realtà: anche se ha fame, non sempre può mangiare, crescendo dovrà fare a meno del pannolino e conformarsi a regole che via via diventano più insostenibili per l’Es. Se l’Es si muove seguendo il principio di piacere, l’Io segue il principio di realtà. Secondo questo principio, l’energia istintiva è repressa 90 7. Empatia e intelligenza emotiva 7.1 Empatia: evoluzione del concetto Cosa ci rende umani? Questa domanda riceve risposte sin dai tempi antichi; Aristotele, ad esempio, parlava di animale sociale riferendosi agli esseri umani, dotati di ragione, parola, emozioni, non presenti negli altri esseri animali. Con l’avvento dell’intelligenza artificiale, domande di questo tipo sono diventate molto più complesse, in quanto esistono macchine che ad oggi possono riproporre caratteristiche che erano solo umane. Gli ultimi studi di filosofia, psicologia, psichiatria e neuroscienze hanno portato a una conclusione: è l’empatia il segno distintivo dell’uomo. Le relazioni sociali caratterizzano la nostra quotidianità e le persone con cui abbiamo a che fare non le conosciamo mai al 100%; capire il loro modo di pensare e di agire ci permette di allacciare relazioni profonde. Ed è l’empatia l’abilità che permette di sentire e comprendere le emozioni, circostanze, intenzioni e pensieri altrui. Deriva dal greco empatéia (en- “dentro” – pathos “sofferenza, sentimento”); essere empatici significa “essere dentro”. Robert Vischer (fine 1800) – facoltà di cogliere la vita esterna come fosse interna al proprio corpo. L’empatia è quando si percepisce un oggetto della natura, che poi muore, noi lo rendiamo eterno attraverso l’arte, nel suo valore simbolico. Theodor Lipps – empatia è sentirsi in sintonia con l’oggetto, cogliere che esso sente ciò che noi sentiamo. Con il passare degli anni la definizione di empatia si è distanziata dall’esperienza estetica per estendersi anche ai rapporti sociali. Tra i tanti, possiamo ricordare nello specifico due orientamenti: quello che vede l’empatia come un’abilità di natura affettiva e quello che la vede di natura prevalentemente cognitiva. Martin Hoffman (Empatia e sviluppo morale) afferma che l’empatia è la scintilla che fa scaturire l’interesse umano per gli altri (collante che rende possibile la vita sociale) e che in essa è possibile ritrovare tre componenti: - Componente affettiva, la prima a svilupparsi e si trova anche nei neonati; - Componente cognitiva, riguarda il pensiero e consiste nella capacità di riconoscere e dare un nome agli stati emotivi degli altri e di ipotizzare loro pensieri e desideri; - Componente motivazionale, che riguarda il desiderio di aiuto che nasce in seguito all’esperienza empatica. Per potenziare le capacità empatiche, Hoffman propone il metodo induttivo, che mette in evidenza il punto di vista e i sentimenti degli altri. 91 Norma Feshbach ha elaborato un modello di empatia a tre componenti: - Cognitiva; - Motoria; - Emozionale. Successivamente, questo modello di empatia ha incluso altri componenti: - Culturale – disponibilità ad accettare modi di fare e abitudini di altre culture; - Etno-culturale – rivolta a persone che appartengono a culture differenti; - Positiva – partecipare alla gioia altrui; - Negativa – incapacità a partecipare alla gioia altrui. Anche le neuroscienze si sono occupate dello studio dell’empatia. In questo campo è fondamentale la scoperta dei neuroni specchio (studi dell’Università di Parma guidati dal professor Giacomo Rizzolatti): sono neuroni fondamentali in quanto sono alla base di alcuni importanti sentimenti, quali empatia, apprendimento, socialità. Si attivano non soltanto in chi sta compiendo un’azione ma anche in chi lo sta osservando. Osservando ciò che fanno gli altri abbiamo la possibilità di capirne le intenzioni e gli stati d’animo; di conseguenza, l’attitudine all’empatia riveste un ruolo indispensabile nella vita di relazione, soprattutto al giorno d’oggi, epoca di globalizzazione di vita economica, sociale, culturale, in cui sarà di vitale importanza riuscire a capire gli stati d’animo del prossimo. Karla McLaren – ha effettuato studi sull’empatia negli ultimi anni, basando le sue ricerche su analisi condotte con sopravvissuti di traumi dissociativi. L’empatia è costituita da sei aspetti essenziali: 1. Contagio emotivo – stato più embrionale dell’empatia, in cui le emozioni si provano in modo automatico; 2. Accuratezza empatica – capacità di identificare e comprendere le proprie emozioni e quelle degli altri attraverso l’osservazione; 3. Regolazione emotiva – saper regolare e gestire le proprie emozioni (positive e negative). Avere la capacità di sostituire emozioni inadeguate con alcune più funzionali; 4. Cambio di prospettiva – mettersi nei panni degli altri, osservare le situazioni con i loro occhi, provando ciò che sentono e comprendendo i loro pensieri e desideri; 5. Preoccuparsi per gli altri – implica la capacità di entrare in connessione e prendersi cura degli altri, cambiare punto di vista sulla base del contesto e della loro storia di vita; 6. Coinvolgimento intuitivo – livello più elevato di empatia. Ci permette di dialogare con la nostra parte inconscia ed entrare in relazione profonda con quella degli altri. (intueri – “vedere dentro”). 92 7.4 Le teorie dell’intelligenza di Spearman e Thurstone Charles Spearman (1863-1945) – ha elaborato una teoria secondo la quale ogni attività cognitiva è compiuta sulla base di due fattori: - Una capacità generale (fattore g); - Abilità specifiche, dette fattore s, relative al preciso compito da svolgere. Nel risolvere un problema di matematica, ad esempio, entra in gioco il fattore g, trasversale, in associazione all’abilità aritmetica (fattore s). Teoria bifattoriale. Louis Leon Thurstone (1887-1955) – ha studiato l’intelligenza misurandola. La sua teoria si basa su sette abilità primarie (primary mental abilities) che concorrono al lavoro intellettivo individuale (teoria multifattoriale): - Fluidità verbale; - Comprensione verbale; - Capacità numerica; - Visualizzazione spaziale; - Memoria; - Ragionamento; - Velocità percettiva. Howard Gardner – sostituisce al concetto di intelligenza quello di quoziente d’intelligenza (QI), distinta in sottofattori differenziati (intelligenze multiple): - Logico-matematica; - Linguistico-verbale; - Spaziale; - Musicale; - Cinestetica o procedurale; - Interpersonale; - Intrapersonale; - Naturalistica; - Esistenziale. Cinque chiavi per il futuro (2006) – in questo testo, Gardner sostiene che i giovani possiedono cinque canali strategici per affrontare la vita: - Intelligenza disciplinare; - Intelligenza sintetica; 95 Per tutti questi motivi, negli ultimi anni, l’ambito scolastico si è occupato maggiormente, non solo della crescita cognitiva di alunni e studenti, ma anche di quella emotiva. 7.9 L’alfabetizzazione emotiva Il rapporto tra docente e discente è, innanzitutto, un rapporto empatico, in cui il dialogo si basa su un intenso scambio di stati emotivi che incidono sul rendimento scolastico. L’alfabetizzazione emotiva, per questo motivo, è l’elemento centrale intorno al quale si può organizzare e sviluppare una vasta gamma di competenze educative, che permetteranno la conoscenza di sé, la comunicazione e l’ascolto, le capacità relazionali e le abilità di aiuto. Permetterà anche all’insegnante di individuare e intervenire su eventuali situazioni di disagio e disabilità. Umberto Galimberti sostiene che l’apprendimento per il tramite dell’intelligenza emotiva è gravemente trascurato dal sistema scolastico italiano. Analfabetismo emozionale (Goleman-Galimberti) – si tratta dell’incapacità di riconoscere e controllare le proprie emozioni. Il primo passo di questo percorso metodologico-didattico è costituito dalla meta-emozione, definita da Goleman come capacità o insieme di capacità di avere consapevolezza delle proprie emozioni. Successivamente, è necessario creare esperienze di apprendimento che portano l’allievo ad acquisire consapevolezza dei propri stati emotivi. Ad esempio: - Imparare a dare un nome alle proprie emozioni (acquisizione di un lessico emozionale); fin dalla scuola dell’Infanzia occorre favorire la verbalizzazione delle proprie emozioni; - Comprendere il ruolo che le emozioni assumono nei rapporti sociali, ossia dare importanza all’interpretazione della comunicazione non verbale (tono della voce, gesti, espressione del volto, prossemica); - Dialogo emotivo, ossia favorire la comprensione dei processi di socializzazione delle emozioni. Utile sarebbe, ad esempio, la compilazione di un diario delle emozioni. Attraverso alcune attività specifiche si può permettere agli allievi di conseguire alcuni obiettivi fondamentali quali: - Osservare sé stessi in alcuni momenti e riconoscere i propri sentimenti; - Riconoscere i propri punti deboli e punti forti (autovalutazione); - Costruire un vocabolario personalizzato delle emozioni; 96 - Esplorare le emozioni, anche attraverso l’esposizione verbale e scritta di episodi vissuti; - Sapere individuare le principali espressioni dell’esperienza emotiva; - Conoscere le modalità per regolare le emozioni; - Comprendere i sentimenti e le preoccupazioni degli altri e assumere il loro punto di vista (empatia); - Entrare positivamente nella dinamica del gruppo-classe, collaborare, cooperare per raggiungere obiettivi comuni; - Affrontare i conflitti lealmente e creativamente. L’attuazione dell’educazione emotiva può svilupparsi in tre distinte modalità: - Approccio informale – i concetti del benessere emotivo vengono trasmessi all’alunno mentre questi si trova ad affrontare una situazione difficile, con il possibile coinvolgimento degli altri; - Lezioni strutturate – impostazione di un programma articolato in diverse lezioni; - Integrazione delle materie curricolari – inserimento dell’educazione emotiva all’interno di alcune discipline (italiano, storia, educazione musicale). 97 8. Creatività e pensiero divergente 8.1 La creatività Creatività – capacità della mente di creare e inventare. Al giorno d’oggi, la ricerca ha dimostrato che la creatività può essere sviluppata attraverso l’educazione. In una società in continua evoluzione, infatti, si è data sempre maggiore importanza all’educazione, come strumento fondamentale per permettere agli alunni e studenti di dare massimo sfogo alla propria libertà di pensiero, giudizio, sentimento e immaginazione, utili per sviluppare i propri talenti. Creatività è, dunque, la capacità di cambiare, uscire fuori dagli schemi, dalle cose comunemente accettate. Agli inizi dell’Ottocento, i primi studi sulla creatività giunsero alla conclusione che fosse un fatto genetico ed ereditario. Nel secolo successivo si iniziò a spostare l’attenzione anche su altri aspetti, che non fossero quelli biologici o genetici. A secondo del campo di ricerca, infatti, la creatività è stata vista in una prospettiva: - Psicanalitica, come capacità di fare ricorso a contenuti inconsci, come reazione a fatti spiacevoli vissuti, trasformandoli in opportunità di crescita personale; - Comportamentista, come insieme di associazioni tra stimoli e risposte son il supporto di rinforzi; - Personalista, come espressione del perfetto funzionamento dell’individuo, dovuto al raggiungimento di un equilibrio stabile; - Costruttivista, come relazione tra sviluppo del pensiero creativo e attiva partecipazione nel processo stesso; - Cognitivista, come una funzione dell’Io, insieme di abilità dell’individuo. La creatività si può distinguere su tre diversi piani: - Genetico, relativo alle origini della funzione, capacità o dell’atto creativo; - Morfologico, rapporto tra esperienza creativa e alcune funzioni e qualità della mente; - Processo e abilità, operazione creative e loro prodotto. 8.2 La prospettiva psicanalitica della creatività Sigmund Freud studiò a fondo il processo creativo e sosteneva gli artisti come i veri precursori nella conoscenza del mondo psichico e cercò di comprendere la personalità di un artista attraverso la sua produzione. Il poeta e la fantasia (1908) – l’origine della creatività sta nel mondo infantile di ogni individuo: una forte esperienza del presente ridesta nel poeta il ricordo di un’esperienza precedente. Per Freud il processo creativo farebbe da ponte tra la vita fantasmatica del bambino e la realtà.