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Riassunti lezioni sulla plasticità del corso "Plasticità e apprendimento" di Turatto, Sintesi del corso di Neuroscienze

Riassunti delle lezioni sul capitolo della plasticità. Nel file si trovano gli appunti delle spiegazioni delle lezioni riguardo la plasticità.

Tipologia: Sintesi del corso

2021/2022

Caricato il 14/12/2022

lucechiara01
lucechiara01 🇮🇹

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Scarica Riassunti lezioni sulla plasticità del corso "Plasticità e apprendimento" di Turatto e più Sintesi del corso in PDF di Neuroscienze solo su Docsity! Plasticità 1 Plasticità 1 La plasticità corticale Plasticità = sistema nervoso si modifica continuamente La parola plastico (o plastica) deriva del greco Plastikos, che significa malleabile, adatto ad essere plasmato. Plasticità corticale = proprietà del cervello (per quanto riguarda la corteccia) di poter essere modificato. à Esistono fenomeni di plasticità anche sotto-corticale. Idea che il cervello si modifichi non è ovvia à cambia in termini di connessioni sinaptiche. In genere si pensa al cervello come a una struttura stabile che analizza le informazioni sensoriali, prende decisioni, e attua comportamenti appropriati alla situazione. Se pensiamo alla capacità del cervello di apprendere, e alla memoria, allora l’idea che sia immodificabile è messa in crisi à Info che devono essere registrate in un sistema di memoria a livello microscopico (sinapsi), qualcosa viene modificato, altrimenti non verrebbe registrato nulla. A meno che non adottiamo una prospettiva dualista (mente/corpo), tale per cui le mente trascende il corpo (cervello) e l’apprendimento è una proprietà della mente immateriale, dobbiamo chiederci alcune cose: 1. cosa implica materialmente per il cervello apprendere? 2. cosa significa acquisire un’informazione o un’abilità prima sconosciuta? Apprendere implica modificare il cervello Per registrare qualcosa è necessario registrare uno stato della materia. L’acquisizione di una nuova informazione o competenza (una nozione o un gesto motorio) richiede al cervello di andare incontro, a qualche livello, ad una modifica. Tutti i supporti per memoria che conosciamo devono poter essere modificati in qualche loro caratteristica fisica per alloggiare l’informazione da memorizzare. Per poter apprendere, e ricordare quanto appreso, è quindi necessario che il cervello sia modificabile. Nel 1904: Ramon y Cajal sosteneva che “per capire il fenomeno dell’apprendimento è necessario ammettere, oltre al rafforzamento di vie organiche prestabilite, la formazione di nuove vie attraverso la formazione e crescita di arborizzazioni dendritiche e terminali nervosi”. ð La mente si traduce in una modifica organica, formazione di nuove arborizzazioni dendritiche e terminali nervosi Abitudini: connessioni che vengono attivate continuamente, modifiche sostanziali di come è organizzato il nostro cervello. La ragione per cui è difficile perdere le abitudini è causa della loro solidità e forza del fascio di sinapsi create à necessario creare una nuova relazione tra sinapsi per perdere le abitudini. Il cervello plastico: il periodo critico Un tempo si pensava che il cervello fosse malleabile solo entro un certo periodo della vita. Tale malleabilità era massima nell’infanzia e poi scompariva nell’età adulta. Plasticità in età adulta: si riduce ma NON scompare! Plasticità 2 Esiste un periodo della nostra vita (infanzia) in cui si ha la capacità memorizzare e apprendere, che è nettamente maggiore rispetto ad altre fasi della vita. - Esiste solo una finestra di tempo limitata per imparare certe cose - Quello che non si impara durante l’infanzia non potrà più essere appreso - Le esperienze e le conoscenze nell’infanzia saranno determinanti per l’individuo L’idea che il cervello sia plastico solo durante l’infanzia porta con sé importanti implicazioni circa e possibilità di recupero a seguito di lesioni cerebrali. Se una lesione avviene oltre il periodo di plasticità sarebbero scarse o nulle le capacità di recupero e riorganizzazione. à Es. nel caso di ambliopia: si sforza il sistema ad acquisire info dall’occhio debole (neuroni corteccia visiva non ricevono abbastanza input visivi), infatti si copre l’occhio “sano” facendo sforzare quello che non riceve info. Il periodo critico: Lorenz, imprinting (1937) - Specie predisposta a seguire oggetto visivo (oche che seguivano L.), apprendimento dell’oggetto come ad es. “mamma” à i suoi lavori suggerivano l’esistenza del periodo post-cruciale natale L’idea dell’esistenza di un periodo ben definito nell’età infantile oltre il quale non siano più possibili cambiamenti sostanziali del cervello, è stata profondamente influenzata dai lavori di Hubel e Wiesel (1963-1965) sul “periodo critico”. Plasticità nell’età adulta Negli ultimi 30 anni le ricerche sulla plasticità corticale hanno messo in luce che il cervello presenta una notevole plasticità anche nell’età adulta, non solo in un ristretto periodo nell’infanzia. Tuttavia, rimane vero che l’elevato grado di plasticità presente nei primi anni di vita non è più raggiungibile durante gli anni successivi: à per eccellere in certi sport bisogna averli praticati sin da bambini à apprendere certi schemi motori da adulto NON è la stessa cosa e l’apprendimento NON è mai così efficiente come quando avviene da piccoli Talento= predisposizione innata ad elaborare certi stimoli (es. pallone da calcio per Messi che giocava a calcio da quando aveva 4 anni = rinforzo delle connessioni). La moderna visione della plasticità non considera questa caratteristica come un qualcosa legato ad un particolare periodo dello sviluppo, ma piuttosto come uno stato continuo del cervello, in continuo cambiamento (a livello micro). Il cervello è una strutta in continuo cambiamento, modificata in ogni istante dalle esperienze sensoriali, motorie, emotive e cognitive. Plasticità 5 ð La corteccia motoria presenta quindi elevata plasticità e capacità riorganizzative piuttosto rapide Plasticità corticale e cecità Essere umano = essere animale prettamente visivo La perdita della vista comporta quindi per l’individuo la necessità di un adattamento ad una situazione di deficit sensoriale. Persone cieche solitamente sviluppano diverse abilità compensatorie, sviluppano l’udito e il tatto (modalità sensoriali che stanno a livello corticale, abbastanza adiacenti alla vista). Le aree deputate all’analisi visiva, sono deputate anche durante l’elaborazione di stimoli da altre modalità à questo spiegherebbe il motivo per cui persone non vedenti hanno abilità uditie e tattili superiori a quelle delle persone normo vedenti. Neuroni dedicati alle info visive à usate per info tattile o acustiche. Negli anni ’90, studi PET hanno dimostrato un’attivazione di V1 in soggetti ciechi dalla nascita mentre eseguivano la lettura Braille. L’attivazione era però assente nel caso in cui le dita venivano mosse passivamente su simboli Braille, una condizione in cui la lettura non era richiesta. Caso di paziente cieca fin dalla nascita × L’attività nelle aree visive osservata durante la lettura Braille non è comunque prova di un ruolo causale di tale attivazione per la lettura à Potrebbe trattarsi di un’attivazione NON necessaria × Ma il caso di una paziente nata cieca ha fornito prova del ruolo causale dell’attivazione occipitale à Dopo un ictus in zona occipitale la paziente, che prima era un’ottima lettrice Braille, perse la sua abilità di lettura à Il danno non riguardò la corteccia somato-sensoriale che si rappresenta la mano e quindi codifica le informazioni tattili necessarie nella lettura Braille à le sue abilità tattili rimasero intatte Correlazione compito-attivazione area cerebrale (NON è detto che l’area coinvolta sia l’origine, la causa del movimento). Il ruolo fondamentale dell’attività occipitale nella capacità discriminatoria tattile in persone nate cieche è stato dimostrato anche attraversi l’uso della TMS. Cohen e coll. (1997) hanno stimolato o le aree occipitali in un gruppo di ciechi congeniti, i quali dopo tale stimolazione non riuscivano più a leggere i simboli Braille. Ruolo delle aree visive nella discriminazione tattile in persone affette da cecità congenita - Stimolazione di una mano con stimoli Braille - A vari ISI dallo stimolo Braille viene stimolata con TMS l’area somatosensoriale o l’area occipitale Plasticità 6 Risultati: - Identificazione e detenzione del suono in: à corteccia somatosensoriale TMS in somatosensoriale impedisce sia la detezione che l’identificazione à corteccia occipitale TMS in occipitale dopo circa 60ms dallo stimolo tattile impedisce il riconoscimento dello stimolo Braille ma NON la sua detezione. Corteccia visiva è importante per la discriminazione. Momento opportuno per quando dare TMS è ritardato, necessario aspettare che lo stimolo arrivi la corteccia occipitale e poi presentare lo stimolo. Plasticità corticale indotta nei normo vedenti Gli esperimenti con persone cieche mostrano come le aree visive non rimangono inattive ma vengono invece reclutate per processare info in altre modalità. Possiamo chiederci se un simile fenomeno di plasticità sia riproducibile anche in soggetti normo vedenti à è possibile che le aree visive siano usate per compiti non visivi in persone sane? Non è vero che gli stimoli tattili vanno solo alla corteccia somato-sensoriale, ma possono esistere connessioni silenti tra corteccia somato-sensoriale e corteccia visiva à questo non si può dimostrare con una persona normo vedente, perché le connessioni sono talmente potenti che le connessioni si aspettano di ricevere dal sistema visivo. Pascual e Leone & Hamilton (2001) Necessario far credere al sistema che non ci vedo più per molto tempo à simulare cecità × Bendano per 5 giorni delle persone normo vedenti × Durante i 5 giorni l’attività corticale delle persone mentre eseguono compiti di discriminazione tattile di oggetti viene registrata tramite fMRI × Dopo un po' le persone, mentre erano bendati, cominciavano ad avere allucinazioni visive à ricostruivano, ad esempio, la loro immagine allo specchio Plasticità 7 × Venivano somministrati degli oggetti che i soggetti dovevano riconoscere (tattile) e viene registrata l’attività in V1 durante il compito tattile: à 1° giorno di bendaggio: nessuna attività in V1 à 5° giorno di bendaggio: evidente attività in V1 à alcune ore dopo la rimozione del bendaggio: forte riduzione attività in V1 L’esperimento di Pascual e-Leone & Hamilton dimostra che: - Sono sufficienti 5 giorni di totale deprivazione per indurre la corteccia visiva ad iniziare a processare informazioni tattili - Bastano poche ore in cui la vista viene riattivata per riportare la corteccia visiva a rispondere solo alle informazioni visive La risposta plastica del cervello o La rapidità dei cambiamenti funzionali rendere improbabile che la deprivazione abbia creato nuove connessioni tra le aree somato-sensoriali e quelle visive (molto probabilmente le connessioni erano già lì, ma vengono svelata con la deprivazione) o E’ più probabile che queste connessioni esistano normalmente, e che la deprivazione tramite bendaggio abbia creato le condizioni per metterle in luce o I veloci cambiamenti nella risposta delle aree occipitali durante il bendaggio mettono inoltre in luce la capacità del cervello di adattarsi velocemente ai cambiamenti ambientali (nell’esperimento la deafferentazione visiva) Plasticità corticale e sistema sensoriale Gli esperimenti sui ciechi, così come sulla deprivazione indotta tramite bendaggio degli occhi, dimostrano l’elevato grado di plasticità del cervello e nello specifico della corteccia visiva à questa può essere coinvolta nell’analisi di informazione tattile. Questa plasticità può essere di natura transitoria o più definitiva, in funzione del tempo per il quale avviene la deprivazione sensoriale: à nel primo caso sarebbe dovuta all’emergere di connessioni già presenti ma silenti in condizioni normali à nel secondo caso è dovuta a modificazioni strutturali sinaptiche Plasticità vs stabilità Sistema = plastico che si adatta alle funzioni ambientali MA non è ideale che il sistema si adatti continuamenti a diverse situazioni. Deve avere un giusto equilibrio tra modificabilità e malleabilità. Plasticità 10 Cambiamenti fisiologici nel NGL Tutte le cellule (34) registrate, sia dall’occhio chiuso sia aperto, mostrano il classico campo recettivo concentrico organizzato in centro ON periferia OFF o viceversa. La dimensione della parte centrale del campo recettivo era normale. Se ne deduce che l’input sensoriale NON è necessario per lo sviluppo normale dei campi recettivi dei neuroni del NGL. ð Neuroni sviluppano campo circolari centro off e on senza la necessità che sia la luce (input sensoriale) TUTTAVIA, alcune cellule mostrano una risposta meno pronta e precisa alla luce à il centro del loro campo recettivo era molto più grande di quello delle altre cellule del NGL, anche più gande di quello delle cellule del gatto adulto A parte queste eccezioni, in generale la deprivazione monoculare NON sembra aver modificato in modo sostanziale la risposta fisiologica delle cellule del NGL. Cambiamenti morfologici nel NGL - Risposta non cambia, ma la forma della cellula sì à dimensione della cellula si riduce = strato si assottiglia - A seguito della deprivazione, in tutti i gattini sono emersi profondi cambiamenti morfologici nei neuroni del NGL - I neuroni che ricevevano l’input dall’occhio chiuso sono risultati marcatamente atrofici - Gli strati dell’occhio deprivato risultano più sottili degli altri, assottigliamento causato principalmente dalla atrofia delle cellule - La deprivazione monoculare ha scarsi effetti funzionali, non sembra aver modificato la struttura e le cellule in: o Retina o Nervo ottico o Collicolo superiore - ma profondi cambiamenti morfologici nel NGL à i cambiamenti morfologici sembrano infatti avere luogo SOLO nel NGL Deprivazione monoculare in animali con precedente esperienza visiva = è stata valutata in gattini deprivati a 2 mesi di età - Uno deprivato per 4 mesi ed uno per 1 mese - Neuroni rispondono molto di più appena nati, rispetto a quando sono più matura - Prima si interviene e più posso intervenire sulla plasticità del sistema (per questo in caso di ambliopia si cerca di intervenire subito per correggere il problema) L’atrofia era presente, anche se meno marcata di quella generata quando la deprivazione avveniva sin dalla nascita à questo può far pensare che tanto più precoce è la deprivazione tanto maggiore l’effetto della stessa. Deprivazione monoculare in animale adulto = gatto deprivato per 3 mesi - Nessuna differenza tra gli strati del NGL che ricevevano afferenze dall’occhio aperto e da quello chiuso - Normale spessore degli strati e grandezza delle cellule in essi contenute Questo risultato conferma il ruolo importante dell’età nella quale avviene la deprivazione. Plasticità 11 Conclusioni: ð Deprivazione monoculare dalla nascita induce marcata atrofia nei neuroni del NGL che ricevono afferenze dall’occhio chiuso ð La risposta funzionale rimane però tutto sommato normale, anche se in qualche caso ridotta ð Se la deprivazione inizia dopo un breve periodo di esperienza visiva i suoi effetti risultano meno marcati, o addirittura assenti negli animali adulti ð Deprivazione monoculare rendere più visibili gli effetti ð La marcata atrofia del NGL dovuta a deprivazione non era stata osservata negli studi precedenti ð Un possibile motivo è il fatto che gli studi precedenti usavano una deprivazione binoculare, mentre qui si è usata quella monoculare ð La deprivazione monoculare tende a modificare morfologicamente in modo selettivo il NGL 2. CAMPI RECETTIVI DI CELLULE NELLA CORTECCIA STRIATA DI GATTINI GIOVANI E VISUALMENTE INESPERTI In questo lavoro gli autori vogliono capre dopo quanto tempo dalla nascita le cellule di V1 mostrano le normali proprietà di risposta presenti nell’animale adulto. Vogliono inoltre verificare quanto sia importante l’esperienza visiva per assicurare un normale sviluppo di V1 à procedono quindi con una deprivazione binoculare Metodo: - 2 gattini, dal momento in cui iniziano ad aprire gli occhi (dopo circa una settimana di vita), vengono deprivati binocularmente (suturazione), i neuroni di V1 tendono a rispondere in modo debole alla luce à la deprivazione avviene con delle lenti translucide che fanno passare poca luce diffusa - 1 gattino ha una normale esperienza visiva e funziona da controllo - Gli stimoli devono essere separati da alcuni minuti per poter evocate risposte significative Risultati: - A 2 settimane di vita, dopo una settimana di deprivazione binoculare, i neuroni di V1 tendono a rispondere in modo debole alla luce - Gli stimoli devono essere separati da alcuni minuti per poter evocare risposte significative - Questi effetti di affaticamento non sembrano riguardare il NGL à Nello studio precedente avevamo già visto che la deprivazione non comporta alterazioni funzionali significative - A parte la lentezza e debolezza nella risposta le proprietà funzionali dei campi recettivi dei neuroni in V1 sembrano normali, come quelli osservati nell’animale adulto à NO compromissione della selettività (di entrambi gli occhi) per orientamento, movimento, ecc. - Normali interazioni binoculari, con preferenza oculare differenziata da neurone a neurone Plasticità 12 Conclusioni: ð I risultati dimostrano che la complessità della fisiologia (organizzazione del campo recettivo, interazione binoculare, selettività di risposta) che si riscontra nella corteccia del gatto adulto è presente già alla nascita e NON richiede esperienza visiva à La deprivazione binoculare rende meno efficiente il sistema ma non cambia le sue proprietà di risposta ð Quindi anche il normale sviluppo delle connessioni tra retina, NGL e corteccia, non richiede esperienza visiva à Questo risultato sarà importante per interpretare i dati derivanti dalla deprivazione monoculare in corteccia 3. RISPOSTE DI CELLULE SINGOLE NELLA CORTECCIA STRIATE DI GATTINI DEPRIVATI DELLA VISIONE IN UN SOLO OCCHIO Nel 1° lavoro della serie dimostrano che la deprivazione monoculare produce atrofia nei neuroni del NGL . Il presente lavoro estende l’indagine fisiologica e morfologica, dopo deprivazione monoculare, allo stadio successivo di analisi visiva à V1. Nella corteccia striata, dove la maggior parte dei neuroni hanno campi recettivi binoculari, l’effetto della deprivazione monoculare dovrebbe riflettersi in un cambio della risposta binoculare à dovrebbe cambiare la distribuzione delle cellule, si dovrebbero spostare tutte verso l’occhio che rimane aperto. Le risposte qualitative dei neuroni binoculari ai due occhi sono simili, ma può essere diversa la forza di risposta all’uno o all’altro occhio. Se io tolgo alla cellula binoculari lo stimolo (luce), queste cellule diventeranno monoculari à se copro occhio sx una volta che lo riapro, cellule risponderanno a occhio dx. Occhi sono in competizione, info dell’occhio sfavorevole, info viene esclusa, perdita muscoli extra- oculari à occhio di una persona con ambliopia. Plasticità 15 Cambiamenti morfologici Sia negli animali deprivati dalla nascita sia negli animali adulti NON è emersa nessuna evidenza di atrofia nei neuroni di V1. à perché sono neuroni binoculari e che quindi ricevono afferenze dall’altro occhio (quello aperto), a differenza dei neuroni monoculari che, ricevendo afferenze solo da un occhio, se quello è l’occhio bendato, si atrofizzerà. Conclusioni - Alla luce dei risultati del primo lavoro, quelli del presente lavoro possono sembrare paradossali à La deprivazione monoculare dalla nascita aveva prodotto nel NGL una marcata atrofia ma un modesto deficit funzionale à Nella corteccia si è osservato un pattern opposto, con irrilevanti cambiamenti morfologici ma con eclatanti deficit funzionali - La ragione sta nel fatto che nel NGL i neuroni sono selettivamente monoculari e separati in strati diversi. Nella corteccia la maggior parte dei neuroni ha afferenze binoculari - Quindi l’input arriva comunque dall’occhio aperto, e in V1 è lecito non attendersi differenze morfologiche causate dalla deprivazione monoculare - Esiste una profonda differenza funzionale indotta dalla deprivazione à i neuroni del NGL continuano a rispondere anche all’occhio deprivato à i neuroni di V1 mostrano una drammatica assenza di risposta all’occhio deprivato - Una maturazione corretta del sistema visivo è impedita da una stimolazione asimmetrica tra i due occhi, come nella deprivazione monoculare - Condizione di stimolazione ASIMMETRICA tra i due occhi, come nella deprivazione monoculareà causa una maturazione scorretta del sistema visivo - NON si osservano invece grossi cambiamenti a seguito di una (breve) deprivazione binoculareà Questo fa pensare a vie anatomiche prestabilite che devono ricevere una stimolazione bilanciata (presente o assente) per maturare correttamente 4. COMPARAZIONE DEGLI EFFETTI DELLA DEPRIVAZIONE MONOCULARE E BINOCULARE SU UNITÀ DI RISPOSTA IN GATTINI In questo 4° lavoro vengono comparati gli effetti della deprivazione monoculare con quelli della deprivazione binoculare. Dai lavori è emerso che: à la deprivazione monoculare precoce causa notevoli cambiamenti nel sistema visivo à la breve deprivazione binoculare NON produce grossi danni Nella deprivazione MONOCULARE: - Quando l’attività di NGL e della corteccia è registrata 3 mesi doppo la chiusura delle palpebre, quello che si osserva è una marcata riduzione dei neuroni che in V1 rispondono all’occhio deprivato - Nel NGL le cellule rispondono normalmente, sia all’occhio deprivato sia a quello aperto, anche se è presente una marcata atrofia per quelle che ricevono afferenze dall’occhio chiuso - Fisiologia e morfologia rimane abbastanza intatta à una deprivazione monoculare è la condizione che crea maggior problemi nel sistema visivo à una deprivazione binoculare NON sembra sortire particolari effetti Plasticità 16 Cosa accade se io estendo il periodo di deprivazione? Metodo: - soggetti: 7 gattini - Durata deprivazione: 4 mesi à nello stadio precedente la deprivazione era di una settimana - Inizio deprivazione: una settimana dopo la nascita - Tipo di deprivazione: monoculare in 2 animali e binoculare in 5 animali - Sito di registrazione: V1 Risultati della deprivazione monoculare prolungata - In sostanza si confermano i risultati del lavoro precedente (3): à la maggior parte dei neuroni risponde binocularmente, i neuroni rispondono solo all’occhio aperto à sono quasi assenti i neuroni che rispondono all’occhio deprivato - Si osservazione gli stessi effetti che si erano osservati con tempi più brevi - Morfologia dei neuroni normale Risultati della deprivazione binoculare prolungata - Quasi la metà delle cellule studiate risponde in modo normale - La corteccia per NON era normale, in quanto il rimanente 50% delle cellule rispondevano in modo anomalo e presentavano campi recettivi mal definiti, senza specificità di risposta per l’orientamento - Una piccola percentuale NON rispondeva affatto - Aumento periodo = aumento cellule in V1 che ha deficit - Deficit binoculari con periodi ridotti: NON cambiano MA in questo caso con periodi di deprivazione più lunghi à emergono deficit sostanziali ð Risultati da 126 cellule di 4 animali Normale distribuzione sulla Gaussiana. Binocularità che vedevamo prima viene persa, si osserva maggiore monocularità. Plasticità 17 Risultati istologici nel NGL - A livello di NGL si conferma che gli strati con afferenze dall’occhio deprivato mostrano neuroni atrofici - Los tesso grado di atrofia si manifesta anche nel caso di deprivazione binoculare sostenuta, à che produce atrofia in tutti gli strati di entrambi i NGL Effetti comportamentali - Quando viene aperto un occhio dei due che erano stati deprivati per 4 mesi (con deprivazione binoculare) à non emersero indicazioni che il gatto vedesse dall’occhio, ne che seguisse oggetti in movimento che gli venivano presentati - 4 mesi di deprivazione binoculare avevano reso il gatto cieco ð Deprivazione binoculare precoce e sostenuta (per più tempo) crea danni anche in V1! Deprivazioni brevi: problema se sono monoculari Deprivazioni lunghe: problema anche se sono binoculari à + danni anche in V1 5. PUNTO DI RIPRESA DAGLI EFFETTI DELLA DEPRIVAZIONE VISIVA NEI GATTINI In questo ultimo lavoro, gli autori indagano un altro aspetto della plasticità nel sistema visivo = capacità di recupero dai deficit indotti dalla deprivazione visiva. Gli effetti della deprivazione da luce per alcuni mesi portano a à marcate anormalità nelle vie visive. La cecità è accompagnata da cambi morfologici nel NGL e dalla distruzione di connessioni con la corteccia visiva che creano à anormalità nella risposta binoculare dei neuroni. à questa forma di plasticità (maladattamento o adattamento disfunzionale) indotta dalla deprivazione, sembra essere riscontrabile solo nei primi mesi di vita. Un gatto adulto deprivato per lo stesso periodo di tempo NON mostra alcun deficit. Visto che il sistema è così plastico, questa plasticità non può essere usata anche per recuperare il danno indotto? Fino a che punto posso usare questa plasticità? Il periodo tipico cambia da specie in specie, dipende dalla dimensione dalla complessità del SN. Metodo: - Soggetti: 7 gattini - Deprivazione: 3 mesi di deprivazione dalla nascita, 6 gattini monoculari e binoculare - Recupero: periodo da 3-18 mesi à a 2 monoculari viene aperto l’occhio che era chiuso à a 4 dei monoculari viene aperto l’occhio che era chiuso MA chiuso quello che era aperto à al deprivato binocularmente viene riaperto uno dei due occhi Effetti comportamentali - 3 mesi di deprivazione binoculare: sufficienti per provocare effetti permanenti/definitivi e irrecuperabili (cecità) 1) Ad un gatto è stato aperto l’occhio chiuso da 3 mesi ed è stata testata la visione coprendo l’altro occhio à SE testato subito sull’occhio chiuso l’animale risultava cieco Plasticità 20 deprivazione • Se la deprivazione supera il periodo critico il recupero possibile, in termini comportamentali, fisiologici e morfologici, è veramente modesto se non assente • Il grado di deficit prodotti dalla deprivazione dipende dal fatto che sia binoculare o monoculare, e quindi dalle interazioni corticali tra le afferenze dei due occhi • La deprivazione monoculare è sempre più drammatica di quella binoculare 6. GRADO DI RECUPERO DOPO DEPRIVAZIONE MONOCULARE IN GATTINI Metodo: - Deprivazione monoculare e binoculare - La deprivazione monoculare era invertita tra i due occhi dopo un periodo di tempo variabile, 5 a 14 sett. - Segue periodo fisso di 9 settimane in cui l’occhio deprivato viene invertito à rosa: per quanto tempo è rimasto chiuso occhio dx à verde: per quanto tempo occhio sx è rimasto chiuso mentre quello dx era stato aperto ð Osservano deprivazione inversa (monoculare): più dura la deprivazione iniziale, più io inverto e più i neuroni rispondono all’occhio che era stato aperto Plasticità 21 ð Deprivazione binoculare: durata 8 settimane, non influisce sul mantenimento di un normale input binoculare ai neuroni di V1 ð Per 2 mesi la deprivazione NON sembra influire sul mantenimento di un normale input binoculare ai neuroni di V1 ð Dopo 4 mesi avevamo visto invece danni anche con deprivazione binoculare ð La deprivazione monoculare porta ad una perdita quasi totale della responsività dei neuroni all’input dell’occhio deprivato Riassunti dei punti cruciali del lavoro × Dopo 5 sett, se faccio subito l’inversione, sono in grado di cambiare drasticamente la preferenza monoculare (rispondono solo ad un occhio, quello rimasto aperto)= sistema completamente plastico à crea un cambiamento COMPLETO nella risposta neurale in V1: MASSIMA PLASTICITÀ × A 6 settimane: neuroni rispondo all’occhio aperto che prima era chiuso ma una parte continua a rispondere all’occhio che è sempre stato aperto à gli effetti dell’inversione sono meno forti: PLASTICITÀ INIZIA A DIMINUIRE × Dopo 8 o 10 settimane gli effetti dell’inversione cominciano ad essere minimi: PLASTICITÀ MINIMA × Inversione a 14 settimane: neuroni continuano a rispondere all’occhio che era rimasto aperto à l’inversione NON produce nessuna riorganizzazione nella risposta di neuroni di V1: PLASTICITÀ ASSENTE Plasticità 22 Periodo critico I risultati del lavoro di Blakemore e Van Sluyters confermano la presenza di un periodo critico durante il quale il sistema visivo mostra tutta la sua plasticità. Periodo critico = varia da specie a specie à gatti 3 mesi, nelle scimmie si estende fino a 5 mesi di vita, nell’essere umano intorno ai 2 anni. Ambliopia funzionale ed effetto del training nel sistema visivo umano Esperimento 1 Mastropausa (2015) usano tecnica della Continuos Flash Suppression, per rendere difficile la visione di uno stimolo arget ad un occhio, creando una sorta di ambliopia funzionale. Verificano poi se il training è capace di ridurre il deficit visivo indotto, migliorando la visibilità per lo stimolo soppresso. CFS à si usa per rendere poco visibile uno stimolo ad un occhio e molto visibile all’altro, e attraverso un training si vuole vedere se sia possibile guardare qualcosa in maniera selettiva monoculare. Obiettivi del lavoro - Verificare se attraverso il training sia possibile imparare a vedere nell’occhio in cui l’informazione è soppressa da processi competitivi - Verificare a che livello del sistema visivo ha luogo l’effetto del training Metodo: - Soggetti umani (studenti) - Tecnica CFS per rendere invisibile lo stimolo da un occhio (NON dominante) à training: 4 blocchi di 48 prove à test: 1 blocco di 96 prove - Ogni trial dura 3 sec - Compito: à rilevare presenza della linea target (presente in 2/3 delle prove) à discriminare posizione (sopra o sotto) Plasticità 25 Esperimento 2 Scopo del secondo esperimento: è verificare se l’effetto del training è monoculare. Per testare questa hp la fase di training è uguale a quella dell’esp.1 ma al test vengono invertiti gli occhi in cui appaiono target e maschera. Se training in neuroni binoculari, quando inverto la maschera (quando inverto l’occhio) non cambia niente. Se training monoculari, quando inverto lo stimolo, miglioramento cade. à apprendimento è specifico per l’occhio allenato e viene perso completamente se si cambia l’occhio. Risultati: • Compito di rilevazione Con la pratica aumenta la capacità di vedere il target à aumentano i breakthrough. L’apprendimento è specifico per l’occhio allenato e viene perso completamente se si cambia l’occhio. Conclusioni Mastropasqua et al.(2015): × E’ possibile migliorare la visibilità dall’occhio svantaggiato attraverso il training × L’apprendimento avviene a livello di neuroni monoculari × La plasticità̀ dimostrata è ottenibile con un numero relativamente basso di allenamento × Possibili indicazioni per paradigmi di recupero di deficit indotti da ambliopia Plasticità 26 Il ruolo dell’ambiente nella plasticità - Negli stessi anni in cui Hubel & Wiesel conducevano i loro lavori sulla corteccia del gatto, si stava sviluppando un’altra importante linea di ricerca sulla plasticità corticale - Rosenzweig è stato l’esponente di spicco di questa linea di ricerca che ha indagato il l’effetto della complessità dell’ambiente nel quale viene cresciuto l’animale, sulla sua organizzazione corticale Esperimenti di Rosenzweig Suddivise dei ratti appena nati in 3 gruppi, ognuno dei quali era sottoposto ad un tipo diverso di ambiente (gabbia) nel quale vivere: 1. Ambiente Impoverito = un animale da solo 2. Ambiente Standard = 3 ratti con cibo e acqua 3. Ambiente Arricchito = 10 ratti con cibo, acqua e oggetti nella gabbia ð Gli esperimenti dimostrarono che lo sviluppo cerebrale dipende non solo dal corredo genetico, ma anche dall’interazione con l’ambiente ð Lo sviluppo del ratto in un ambiente arricchito, in cui poteva avere molteplici interazioni (motorie, sociali e cognitive) con vari aspetti dell’ambiente, induceva attraverso una ramificazione una maggior crescita delle spine dendritiche dei neuroni (neuroni più ramificati) à animali messo in una condizione ottimale, ha uno sviluppo ottimale à Questo ha portato ad un maggior spessore della corteccia, ed in particolare dei lobi frontali Cervello e ambiente arricchito Gli studi più recenti hanno confermato i risultati degli esperimenti originali di R. L’esperienza sensoriale ridotta (nella misura in cui animale fa esperienza di vita a livello sensoriale impoverita) si traduce in una riduzione dello spessore della corteccia. Questo è applicabile anche ad essere umani che vivono in situazioni sociali impoverite: neonato tenuto in ambiente impoverito, molto probabilmente svilupperà spessore della corteccia e neuroni nell’ippocampo ridotto. È stato inoltre dimostrato che lo sviluppo in un ambiente arricchito induce anche un aumento del numero di neuroni nell’ippocampo. Plasticità 27 Plasticità 4 Remapping corticale da deafferentazione Gli studi di H&W hanno dimostrato la presenza di un periodo critico post-natale durante il quale il sistema visivo mostra un elevato grado di plasticità a seguito di deprivazione sensoriale. Oltre a questo periodo critico, i deficit prodotti dalla deprivazione NON possono più essere recuperati ma nemmeno indotti à la plasticità della corteccia visiva pareva quindi ristretta nel periodo critico. Lo studio della plasticità corticale è stato successivamente rivolto anche agli effetti della riduzione in aree corticali diverse da quella visiva. Una delle prime dimostrazione della plasticità corticale nell’età adulta ha riguardato il sistema somatosensoriale dei primati (scimmie adulte). Deprivazioni monoculare non producevano più effetti se queste deprivazioni avvenivano in animali adulti, con sistema maturo. Dimostrazione della plasticità corticale nell’età adulta à sistema somatosensoriale delle scimmie adulte. Michael Merzenich RIORGANIZZAZIONE TOPOGRAFICA DELLE AREE CORTICALI-SOMATOSENSORIALI 3B E 1 IN SCIMMIE ADULTE IN SEGUITO A DEAFFERENTAZIONE = pioniere degli studi sulla plasticità della corteccia somatosensoriale nei primati non umani. Assieme ai suoi collaboratoti ha condotto una serie di studi nei quali ha testato: à la riorganizzazione delle aree corticali di rappresentazione della mano (aree di Brodmann 3b e 1), a seguito di deafferentazione dell’input cutaneo tramite taglio del nervo mediano - Studi in cui è stata testata la riorganizzazione delle aree corticali di rappresentazione della mano (corteccia somatosensoriale à che rappresenta la cute della mano) - Sezionano i nervi della mano delle scimmie Lo studio è stato guidato da una serie di domande: • Quali conseguenze si osservano nella corteccia somatosensoriale a seguito di un danno ai nervi periferici? • I settori corticali delle aree 3b e 1 che non ricevono più input sensoriale rimangono silenti o iniziano a rispondere ad input da altre regioni cutanee? • In altre parole: a seguito di denervazione periferica i settori corticali che si rappresentano la parte di cute denervata continuano a rappresentarsi tale distretto corporeo o sono riutilizzati da altri input sensoriali? - Soggetti: scimmie adulte - Tecnica: registrazione, tramite microelettrodi, della risosta corticale (aree 3B e 1della corteccia somatosensoriale) alla stimolazione cutanea di varie parti della mano - Sezione del nervo mediano della mano 3 nervi della mano della scimmia: 1. Nervo ulnare: innerva sia parte palmare e dorsale 2. Nervo mediano: indice, medio e pollice sia del lato palmare che di quello dorsale 3. Nervo radiale: dorsale Plasticità 30 ð Questo suggerisce che nella corteccia sensoriale normale sono in atto processi di competizione tra input sensoriali Le rappresentazioni corticali dei distretti corporei hanno mappe NON statiche ma che sono mantenute stabili da processi competitivi tra i vari input sensoriali. Dopo aver visto gli studi sulla plasticità corticale indotta da deafferentazione nel sistema somatosensoriale di primati adulti passiamo a vedere studi analoghi nel sistema visivo. La domanda fondamentale cui hanno cercato di dare una risposta questi studi è se il sistema visivo in un mammifero adulto può essere soggetto a plasticità. In particolare: possono le mappe spaziali visive della corteccia riorganizzarsi? La corteccia visiva contiene diverse mappe spaziali del campo visivo che dipendono dalla distribuzione dei fotorecettori sulla retina: ORGANIZZAZIONE TOPOGRAFICA. Normalmente queste mappe spaziali (anche in altre modalità sensoriali) si sviluppano in modo regolare e consistente in tutti gli individui della specie. Le mappe visive possono essere però alterate da deprivazioni periferiche, come nel caso dello strabismo indotto alla nascita (Hubel & Wiesel, 1965). Le mappe visive possono essere però alterate da deprivazioni periferiche, come nel caso dello strabismo indotto alla nascita (Hubel & Wiesel, 1965). Quindi l’idea era che oltre tale periodo critico le rappresentazioni sensoriali a livello corticale rimangano relativamente stabili nell’animale adulto. Questa prospettiva è però stata messa in discussione dagli studi di Merzenich sul sistema somatosensoriale nelle scimmie adulte. ð Massiva riorganizzazione corticale dopo lesione nervo periferico della mano Gli studi di Merzenich hanno dimostrato che, in un periodo che va da ore a settimane, la parte della corteccia che viene deprivata dell’input sensoriale si riorganizza in modo da rispondere ad input sensoriali provenienti da altri recettori cutanei. à I neuroni della corteccia acquisiscono quindi nuovi campi recettivi, iniziando a processare informazioni dagli altri nervi (Radiale e Ulnare). Plasticità 31 Modello schematico di riorganizzazione corticale da deafferentazione periferica = popolazioni di neuroni corticali che si rappresentano i vari campi recettivi, e relative connessioni. à Tali cambiamenti relativamente rapidi nella organizzazione della corteccia suggeriscono la presenza di connessioni pre-esistenti che possono essere sfruttate nel processo riorganizzativo =Nuove connessioni possono comunque essere stabilite nel tempo à Questi processi riorganizzativi sono importanti perché consentono al cervello di rispondere in modo adattivo e plastico a danni periferici e centrali Kaas RIORGANIZZAZION DELLE MAPPE CORTICALI RETINOTOPICHE IN MAMMIFERI ADULTI DOPO LESIONI ALLA RETINA = verificare se anche nel sistema visivo è possibile una rapida riorganizzazione nei mammiferi adulti. Procedura: - Registrazione dell’area visiva primaria (V1) del gatto 1° fase: - Producono una lesione retinica nell’occhio destro in modo da indurre uno scotoma - L’occhio sinistro è normale Risultati: - Nessun segno di riorganizzazione corticale - L’unica alterazione è che i neuroni binoculari che si rappresentano l’area lesionata ora rispondo solo all’altro occhio, per la stessa porzione del campo visivo (in accordo con quanto osservato da H&W) Plasticità 32 2° fase: - Enucleazione dell’occhio sano - Registrazione dopo 2-6mesi Riorganizzazione della mappa retinotopica a livello corticale à nessuna risposta dai neuroni i cui campi recettivi coprivano l’area danneggiata se viene presentato uno stimolo in quest’area à i neuroni però rispondono per stimoli adiacenti all’area à i loro campi recettivi si sono spostati nelle zone del campo visivo vicine alla lesione Plasticità 35 Risultati gruppo RITARDATO - A quattro gatti vengono lasciati 2 mesi per recuperare dalla lesione, senza enucleazione dell’occhio sano - Vengono testati - Poi si procede ad enucleazione - Vengono quindi ritestati subito dopo à dopo 2 mesi in cui l’occhio sano è rimasto attivo NON è avvenuta NESSUNA RIORGANIZZAZIONE della topografia corticale à appena l’occhio sano viene enucleato ha luogo immediatamente la riorganizzazione corticale con lo spostamento dei campi recettivi in zone limitrofe alla lesione Conclusioni - I risultati indicano che solo poche ore dopo la lesione retinica che depriva una parte della corteccia di input sensoriale si può osservare una profonda riorganizzazione corticale della zona deprivata - Perché questa riorganizzazione avvenga è necessaria una deprivazione binoculare, locale (occhio lesionato) e totale (occhio enucleato) - La rapidità della riorganizzazione suggerisce l’esistenza di connessioni pre-esistenti, normalmente silenti a causa di meccanismi competitivi - I risultati suggeriscono che l’organizzazione e l’architettura della corteccia visiva non è rigida ma plastica, mostrando la capacità di riorganizzarsi a seguito di modifiche dell’input sensoriale - I meccanismi che consentono la riorganizzazione della porzione corticale che riguarda le afferenze di un occhio possono essere bloccati dall’attività dell’altro occhio à Quando questa rimane normale Plasticità 36 Plasticità 5 Remapping corticale da stimolazione Gli studi di Merzenich e collaboratori hanno messo in luce gli effetti di una deprivazione sensoriale (denervazione di una mano) sull’organizzazione della corteccia somatosensoriale. La parte della corteccia che si rappresentava l’area deafferentata sposta i suoi campi recettivi verso distretti cutanei sani e adiacenti a quelli lesionati. Un meccanismo analogo è emerso anche nella modalità̀ visiva, sia dagli studi di Kaas sia da quelli di Chino. Nel loro insieme, gli studi sulla deafferentazione portano ad una conclusione univoca: - Le rappresentazioni corticali del corpo o del campo visivo si riorganizzano in seguito a modifiche nel pattern di stimolazione sensoriale - A seguito della riorganizzazione non rimangono parti della corteccia silenti perché non più stimolate dall’input periferico - La parte della corteccia corrispondente all’area lesionata sposta i propri campi recettivi verso porzioni dello spazio adiacenti Nel valutare il grado ed i meccanismi della plasticità corticale, possiamo chiederci se analoghe modifiche corticali possano essere prodotte anche da una iperstimolazione dei recettori, non solo dalla loro lesione o disconnessione. Sbilanciamento à sistema si riorganizza Se si sbilanciasse l’input aumentando la stimolazione (invece di ridurre/deprivazione la stimolazione), anche questo potrebbe produrre plasticità? RIORGANIZZAZIONE FUNZIONALE DELLA CORTECCIA SOMATOSENSORIALE IN ADULTI DI SCIMMIA DOPO STIMOLAZIONE TATTILE CONTROLLATA - Jenkins (1990) Uno dei primi studi che ha controllato gli effetti della stimolazione tattile sulla riorganizzazione della corteccia somato-sensoriale è stato condotto da Jenkins e collaboratori (1990) I ricercatori partono da una considerazione importante: Gli studi sulla deprivazione dimostrano che l’organizzazione corticale è USO-DIPENDENTE. Se i neuroni sono IPOSTIMOLATI a causa di deprivazione sensoriale à la corteccia si riorganizza. È possibile quindi immaginare che anche una differenza nell’uso, dovuta a IPERSTIMOLAZIONE possa produrre alterazioni corticali? Osservare plasticità cerebrale in animale adulto con IPERSTIMOLAZIONE tattile. J. verifica quest’ipotesi testando gli effetti di un allenamento tattile sulla corteccia somatosensoriale (area 3b) della scimmia adulta: - La stimolazione è ristretta ad una porzione limitata delle dita della mano - 6 scimmie adulte - Viene esposta la corteccia 3b e vengono impiantati gli elettrodi per mappare la mano Plasticità 37 Procedura: - Fare pressione su disco rotante (fatto di materiale ruvido, costituito da due superfici diverse) e aveva settori più o meno ruvidi - Compito: scimmia rallentare il disco facendo pressione, senza fermarlo (dovevano aplicare stimolazione tattile ottimale) - Se fosse riuscito in questo, avrebbe ricevuto un reward ogni 15 sec - 109 giorni di allenamento (4 mesi): a piacere premeva il disco e riceveva i reward Normale rappresentazione corticale nell’area 3b della mano della scimmia Apparato sperimentale e compito tattile à il compito della scimmia era quello di toccare per circa 15 secondi il disco in rotazione senza bloccarlo à se lo faceva la scimmia riceveva un reward che consisteva in cibo à il disco che ruotava ad una frequenza di 1Hz, aveva settori con 2 diverse superfici Plasticità 40 - Calcolo del fattore di magnificazione corticale: area corticale di rappresentazione/superficie tattile stimolata - Effetti sulla dimensione dei campi recettivi dei neuroni corticali à normalmente esiste una relazione inversa tra ampiezza dell’area corticale e dimensione dei campi recettivi dei suoi neuroni à si poteva quindi ipotizzare che l’espansione delle aree corticali dei settori stimolati inducesse anche una riduzione dei campi recettivi dei neuroni corrispondenti à i risultati sono in linea con questa predizione à i neuroni, quindi, aumentano di numero (espansione area corticale) MA diminuisce la grandezza dei loro campi recettivi ð Riorganizzazione sia in termini di quantità di neuroni, sia in termini che i neuroni riducono la dimensione dei propri campi recettivi, in modo da aumentare la propria risoluzione - I risultati confermano che l’organizzazione corticale non è stabile ma dipende dall’input sensoriale, non solo per il suo sviluppo, ma anche durante tutta la vita - I cambiamenti indotti dall’allenamento sono reversibili - Sono tutte modifiche USO-DIPENDENTI: se uso certe aree si nota un aumento della quantità, uno volta che smetto di usarle, si riorganizzano e tornano come prima Plasticità 41 Conclusioni: - I risultati dimostrano che i campi recettivi dei neuroni corticali possono essere alterati a seguito di un uso esteso dei recettori periferici - Gli studi che abbiamo visto sinora hanno riguardato mammiferi o addirittura primati non umani à questo può indurci a ipotizzare che meccanismi analoghi funzionino anche nel cervello dell’essere umano Ma come potrebbe essere testata questa hp nell’essere umano? Elbert e collaboratori Testano effetto di una stimolazione intensiva delle dita della mano nell’essere umano - Soggetti: violinisti, chitarristi e altri musicisti che usano estesamente le falangi di una mano (D2-D5) rispetto all’altra - Non musicisti usati come controllo - Sono stati applicati stimoli tattili alle dita mentre contemporaneamente veniva registrata la risposta corticale indotta da tali stimolazioni, e sulla base della quale è stata ricostruita la mappa corticale delle dita Risultati: - hanno messo in luce un ampliamento della dimensione dell’area corticale che si rappresenta le dita della mano che premono le corde dello strumento Che ruolo ha l’attenzione nella modulazione dell’input sensoriale e nella successiva riorganizzazione corticale? Uno dei risultati emersi dallo studio di Jenkins (1990) è che la riorganizzazione corticale era avvenuta solo nel caso in cui la scimmia toccava il disco rotante. Se il disco rotante era fermo non si era osservato nessun cambiamento significativo nella rappresentazione corticale delle falangi. Esiste però la possibilità che la differenza tra le due condizioni sia invece dovuta alla differenza di attenzione posta dall’animale al disco rotante piuttosto che stazionario. Quello rotante poteva essere più saliente. à Co-varianza: non sono sicuro che il fatto che la scimmia risponda al disco che gira, mentre a quello fermo no, sia dovuto al fatto che presti più attenzione a quello che gira oppure se sia dovuto a fattori tattili. RIORGANIZZAZIONE TOPOGRAFICA DELLA RAPPRESENTAZIONE DELLA MANO NELL’AREA CORTICALE 3b IN SCIMMIE ALLENATE CON COMPITO FREQUENZA-DISCRIMINATIVO- Recanzone Procedura: - Soggetto: 10 scimmie adulte (Owl Monkeys) Oddball/deviante: presentazione stimolazione standard con una deviazione (beep beep beep bop (oddball) beep beep) - Compito: individuare quando appare stimolo deviante/oddball su una falange del dito medio à gli stimoli standard sono stimoli vibro-tattili con una frequenza di 20Hz à il target è uno stimolo con una frequenza superiori ai 20HZ à registrazione dell’area somatosensoriale 3b - Lo studio: 700 trials al giorno Plasticità 42 2 condizioni sperimentali 2 gruppi di animali per cui la stimolazione tattile è uguale, viene manipolata l’attenzione (facendo sì che un gruppo di animali fosse coinvolto in compito di tipo acustico e non tattile). 1. TATTILE ATTIVA = attenzione allo stimolo tattile - Solo stimoli tattili e compito tattile 2. TATTILE PASSIVA = attenzione allo stimolo uditivo - Presentazione di stimoli uditivi sui quali l’animale deve fare una discriminazione di frequenza + stimolazione tattile passiva Risultati: L’attenzione è un regolatore della plasticità corticale. es. nel vecchio esperimento dei gattini monoculari: cera manipolazione della provenienza della info visive, ma anche manipolazione dell’attenzione - La rappresentazione del dito stimolato è stata confrontata con quella: o Di un dito vicino a quello stimolato o Del dito corrispondente nella mano non allenata o Dito vicino a quello corrispondente non allenato o Del dito stimolato passivamente (compito uditivo) È necessario che il nostro sistema si riesca ad adattare ma anche a resistere a stimoli del mondo esterno, altrimenti si adatterebbe a tutti gli stimoli che vengono presentati, che sono troppià infatti la plasticità è SELETTIVA (mi modifico per le cose che mi interessano). Plasticità 45 Esistono evidenze che anche la corteccia uditiva si riorganizza tonotopicamente a seguito di lesioni cocleari specifiche che impediscono la percezione di certe frequenze. Es. bambini piccoli: si troverebbe una magnificazione degli stimoli riguardanti la voce della mamma. Studio di Recanzone (1993) = dimostra un’analoga riorganizzazione tonotopica a seguito di un training su di una specifica frequenza. Soggetti: scimmie adulte à allenate per vari giorni a distinguere stimoli di una certa frequenza target à ala fine del training di registrazione da A1 (corteccia uditiva primaria) à confronto dell’ampiezza della zona di corteccia che si rappresenta la frequenza stimolata tra scimmie allenate e non allenate Risultati: - Psicofisica: l’allenamento produce un miglioramento della rappresentazione discriminativa che si traduce in una riduzione della differenza di frequenza tra target e NON target - Mapping corticale: in parallelo al miglioramento di prestazione, l’allenamento induce un’espansione dell’area corticale che si rappresenta la frequenza allenata, ma NON SE presentata PASSIVAMENTE ð Gli studi appena visti dimostrano che un allenamento percettivo che porta ad una migliore discriminazione, si accompagna ad un’espansione corticale dell’area coinvolta (almeno in modalità tattile e uditiva) Plasticità 46 ð Tuttavia, non è ovvio se la relazione vale anche in senso opposto, ovvero se un incremento dell’area corticale coinvolta si accompagni sempre ad un aumento della capacità discriminativa MA alcuni studi NON hanno trovato tale relazione à aumento area tramite micro- stimolazione Una possibilità̀ è che la differenza stia nel meccanismo che determina l’aumento dell’espansione corticale. MODIFICARE LA MAPPA TONOTOPICA DI UN RATTO ADULTO CON ESPOSIZIONE AL SUONO PRODUCE DEFICIT NELLA DISCRIMINAZIONE DI FREQUENZA CHE POSSONO ESSERE CURATI CON L’ALLENAMENTO - Thomas e collaboratori = vuole vedere se un aumento dell’area corticale tramite esposizione a rumore bianco passivo si traduce in un aumento di prestazione Quando si parla di soglia significa che hanno variato gli stimoli, tenuto prestazione costante. È possibile trovare un modo di riorganizzare il sistema corticali, senza training ma con gli stessi effetti che avrebbe dato il training (facendo meno fatica)? Es. fare palestra vs elettrostimolazione (questa non ha gli stessi effetti dell’attività fisica, che richiede maggiore fatica e prestazione). Iperstimolazione con rumore bianco della corteccia uditiva Soggetti: 6 gruppi di ratti (3,5-6 mesi) 3 gruppi UNTRAINED (UT) × 1 gruppo 3 settimane in ambiente standard (Naive UT) × 1 gruppo esposto passivamente a 2 settimane di WN + 1settimana a tono di 7KHz (7KHz UT) × 1 gruppo esposto passivamente a 2 settimane di WN + 1 settimana a tono di 15KHz (15KHz UT) Altri 3 gruppi TRAINED (T) × 1 gruppo 3 settimane in ambiente standard + 10 settimane di training a 7KHz (Naive T) × 1 gruppo esposto passivamente a 2 settimane di WN + 1 settimana a tono di 7KHz + 10 settimane di training a 7KHz (7KHz T) × 1 gruppo esposto passivamente a 2 settimane di WN + 1 settimana a tono di 15KHz + 3 settimane di training con toni leggermente diversi o uguali a 7KHz Esistono 2 modi per verificare allenamento discriminativo 1. Vedere come migliora la percentuale di risposte corrette 2. Fissare prestazione in termini di accuratezza, e poi continuare ad allenare dimostrando che sarà sufficiente una quantità di energia minore rispetto a prima dell’allenamento Plasticità 47 Metodo: - Schema stimolazione gruppi a 7KHz à Differenza in Hz dello stimolo target e non target à alla fine (dopo allenamento) utilizzo di meno Hz per eseguire compito à posso applicare la teoria della detenzione del segnale (hit, miss, fa, …): il rumore è tutto quello che non è il segnale d’ = sensibilità a sentire la presenza del segnale inserisci grafico (p.42) Naive-UT: gruppo di controllo à Registrazione …-UT Gruppo di controllo à registrazione …-UT ð Dopo la fase di esposizione passiva e dopo la fase di training (per i gruppi T) si registra dalla corteccia uditiva primaria ð Mappatura della risposta a varie frequenze Da 0,75KHz a 70KHz Risultati: - La semplice esposizione passiva al tono di 7KHz induce à un’espansione dell’area corticale che rappresenta tale frequenza Plasticità 50 Alcuni ricercatori si sono quindi chiesti se fosse possibile indurre plasticità e riorganizzazione corticale per uno stimolo (CS) che fosse associato (condizionamento classico) ad una stimolazione elettrica (US) della VTA à la quale produce una scarica di dopamina (UR). Si può infatti ipotizzare che stimoli (CS) anticipano eventi rilevanti (US) e relative risposte, con l’apprendimento diventino più salienti e per questo siano maggiormente rappresentati a livello corticale. RIMODELLAMENTO CORTICALE INDOTTO DA ATTIVITÀ DEI NEURONI DOPAMINERGICI TEGMENTALI VENTRALI – Bao, Chan, Merzenich (2001) Procedura: × 7 gatti a cui per 20 giorni due ore al giorno viene fatto sentire un suono di 9HKz(CS) accoppiato ad una stimolazione della VTA (US) che risponde rilasciando DA (UR) × Dopo i 20 giorni di accoppiamento è stata mappata la corteccia uditiva primaria per vedere in che modo rispondeva alle varie frequenze, inclusa quella che aveva funzionato da CS per la scarica della VTA Per essere sicuri che la riorganizzazione corticale fosse stata effettivamente indotta dalla scarica dopaminergica, un gruppo di ratti è stato sottoposto allo stesso paradigma ma con una somministrazione, 30 minuti prima di ogni sessione sperimentale, di un antagonista dei recettori della dopamina. à NON è emersa nessuna differenza rispetto al gruppo di controllo che non riceveva stimolazione della VTA à l’antagonista ha impedito la modifica sinaptica indotta dalla dopamina durante l’apprendimento 2 esperimenti di controllo hanno dimostrato che la sola presentazione del tono, oppure la sola stimolazione della VTA, non erano in grado di produrre nessuna alterazione della mappa tonotopica corticale à quindi solo lo specifico accoppiamento tra tono e rilascio di dopamina può indurre un’alterazione della mappa corticale associata al tono La dopamina è implicata nl rilascio di segnali di rinforzo nei meccanismi di apprendimento associativo. Plasticità 51 Nel condizionamento classico l’apprendimento avviene solo per lo stimolo che predice lo stimolo incondizionato. Quindi solo un tono che precede (CS) ma NON che segue, la scarica della VTA (US) avrà una modifica della rappresentazione corticale! Per testare questa ipotesi è stato usato un tono di 4kHz che precedeva la scarica di VTA ed uno di 9kHz che la seguiva: La riorganizzazione corticale indotta dall’attività della VTA ha riguardato solo lo stimolo saliente che precedeva la stimolazione elettrica (cioè CS). L’area dello stimolo irrilevante che seguiva è risultata addirittura ridotta. Risultati: - Dimostrano che l’attività dopaminergica indotta dalla VTA attiva à la riorganizzazione corticale - La plasticità sembra essere innescata da deprivazioni e da stimolazioni sensoriali massive - Lo studio di Recanzone aveva dimostrato che l’attenzione gioca un ruolo importante nel regolare la plasticità - Lo studio di Bao appena visto dimostra che i segnali di rinforzo (dopaminergici) sono un altro fattore in grado di promuovere la plasticità corticale per gli stimoli rilevanti (come un CS nel condizionamento) Plasticità 52 Le evidenze di plasticità corticale che abbiamo sinora visto riguardano insiemi o popolazioni di neuroni (parti della corteccia) che vengono dedicate all’analisi di altri input sensoriali nel caso di deprivazioni, o che vengono reclutate nell’analisi di input sensoriali particolarmente rilevanti a seguito di allenamento specifico Anche quando i neuroni spostano i loro campi recettivi a seguito di lesioni retiniche, come nel caso dei lavori di Kaas e Chino, le proprietà di risposta dei campi recettivi rimangono normali ed inalterate – Stessa sensibilità̀ all’orientamento, frequenze, contrasto, etc. È possibile però che la plasticità del sistema nervoso sia tale da consentire modifiche anche della proprietà di base dei campi recettivi dei neuroni? à queste sono caratteristiche definite geneticamente che vengono consolidate durante il normale sviluppo (deprivazione esclusa) à possono essere modificate? Plasticità dei campi recettivi Campo recettivo = parametri dello stimolo sensoriale in grado di alterare l’attività fisiologica della cellula, tipicamente la sua probabilità di risposta. Parametri che definiscono il campo recettivo: • Posizione • Colore • Orientamento • Direzione di movimento • Contrasto • Frequenza Plasticità e apprendimento Plasticità e apprendimento sono due concetti e fenomeni intimamente connessi. Da un lato possiamo vedere la plasticità, almeno in alcune sue forme, come un modo in cui il cervello apprende a rispondere a nuove condizioni di stimolazione. Dall’altro è evidente che l’apprendimento necessariamente richiede alcune modifiche del cervello, quindi un certo gradi di plasticità. qualsiasi forma di apprendimento deve trovare una spiegazione a livello neurale à è quindi necessario ipotizzare un qualche meccanismo che consenta l’apprendimento e la plasticità a livello del comportamento dei singoli neuroni à una risposta a questo problema è stata data da Hebb nel 1949 con la sua teoria dell’apprendimento. Teoria di Hebb e l’apprendimento La teoria Hebbiana (1949) spiega come avverrebbe l’apprendimento (associativo) a livello neurale - Descrive i meccanismi della «plasticità sinaptica», che sta alla base dell’apprendimento - La plasticità sinaptica è un processo per mezzo del quale un incremento dell’efficacia sinaptica è prodotto dalla persistenza e ripetuta stimolazione del neurone post- sinaptico da parte dei quello pre-sinaptico La regola di Hebb (1949) à Qualsiasi coppia di cellule o sistema di cellule che sono ripetutamente attive allo stesso momento tendono a diventare «associate», così che l’attività di una facilita l’attività dell’altra Plasticità 55 Dopo l’accoppiamento il neurone mostra una modifica delle proprietà del suo campo recettivo, che passa da una selettività di risposta per lo stimolo verticale ad una selettività per quello orizzontale. La tecnica usata ha consentito di cambiare le proprietà del campo recettivo dei neuroni, modificando sia la loro dominanza oculare sia la selettività per l’orientamento. Gli effetti più forti di questa plasticità neurale sono stati dimostrati nei gattini durante il periodo critico. Tuttavia, effetti analoghi anche se minori sono stati osservati anche nei gatti adulti. La plasticità si osserva anche a livello del campo recettivo del neurone. La modifica è probabilmente dovuta ad un meccanismo di plasticità sinaptica che si basa sulla correlazione temporale di risposta pre e post-sinaptica, qui modulata attraverso iontoforesi. I dati sono compatibili con la teoria di Hebb sull’apprendimento e la plasticità sinaptica. PLASTICITÀ DEL CAMPO RECETTIVO INDOTTA DTRAMITE CONDIZIONAMENTO CLASSICO – Bakin & Weinberger (1990) Si chiedono se le proprietà dipendano solo dalle proprietà dello stimolo o se queste possano essere modificate dalla rilevanza dello stimolo per l’animale. Soggetti: 8 machi adulti di Guinea Pig Procedura: × Prima viene misurata la risposta neurale a varie frequenze acustiche e si identifica la miglior risposta della corteccia uditiva (10kHz) × Poi si inizia una procedura di condizionamento avversivo, in cui un tono di 6kHz anticipa di 2 secondi due scosse elettriche × Condizione di controllo di pseudo condizionamento, in cui il tono non predice la scossa, ma vengono dati lo stesso numero di toni e scosse × Si stima ancora la risposta corticale alle varie frequenze acustiche Plasticità 56 Condizionamento e pseudo-condizionamento Risultati comportamentali - L’animale mostra una serie di risposte comportamentali allo stimolo condizionato (tono di 6 kHz) à movimenti della testa, arretramento, masticazione - Questo assicura che il condizionamento è avvenuto e l’animale ha identificato lo SC (6kHz) come un evento saliente che precide l’arrivo dello SI (scossa) Risultati elettrofisiologici 1. Condizionamento - La procedura di condizionamento modifica la risposta alle frequenze nelle cellule registrate 2. Controllo - Il pseudo condizionamento NON modifica la risposta alle frequenze nelle cellule registrate Plasticità 57 Conclusioni - La procedura di condizionamento è in grado di modificare il campo recettivo delle cellule della corteccia acustica dell’animale, mostrando plasticità a livello neurale. - Le modifiche permesse da tale plasticità del campo recettivo sono relativamente durevoli nel tempo, dato che rimangono presenti anche 24 ore dopo la fine del condizionamento. - La plasticità del campo recettivo è emersa solo in quegli animali che avevano mostrato condizionamento.