Scarica Riassunto "Allargare gli orizzonti dell'umano" CAP 1,2,3,6 e più Appunti in PDF di Teologia solo su Docsity! ALLARGARE GLI ORIZZONTI DELL’UMANO Un approccio alla Dottrina Sociale della Chiesa CAPITOLO 1: IL PENSIERO SOCIALE DELLA CHIESA Il pensiero sociale della Chiesa, da cui nasce la dottrina sociale della Chiesa, è un pensiero che sgorga dalla fede all’opera nel suo incontro con la realtá sociale umana. D’altronde nulla come il Cristianesimo è anico del pensiero. Con “pensiero” non intendiamo il ragionamento astratto ma l’intelligenza che sonda la realtà alla ricerca di cose e significati. L’intelligenza è sollecitata dal cristianesimo perchè la fede cristiana crede che 1) la realtà sia sensata e 2) l’origine della realtà sia buona. La fede è un evento che riguarda la ragione umana e fiorisce sull’estremo conoscitivo della ragione. Fonti del pensiero sociale ecclesiale Tre possono considerarsi le principali fonti del pensiero sociale della chiesa: 1) L’azione sociale dei cristiani: la fede dei cristiani è all’opera nei vari ambiti della realtà, precede la riflessione sociale e la provoca a sua volta. 2) La teologia sociale: la riflessione dei teologi è un apporto di riflessione critica e sistematica, svolto a partire dalla fede cristiana, su tutto ciò che riguarda la vita sociale dell’uomo. Il lavoro dei teologi nasce nella chiesa e si pone al suk servizio. 3) Il magistero sociale: il magistero ecclesiale è la terza fonte di riferimento, vale a dire l’insegnamento dei pontefici e dei vescovi in materia sociale. Le formulazioni del magistero anche in materia sociale rappresentano sovente l’ultima istanza di espressione di un insegnamento sociale. Una luce nuova sulla socialitá umana Dalla fede proviene una luce nuova sulla socialità umana. La socialità viene qualificata come un carattere inscritto nella natura umana. Oggi si parla di “relazionalitá” la quale nasce dai rapporti che gli uomini intrecciano fra loro. Tale relazionalità è costituita di elementi strutturanti (ontologia) e di valori (assiologia). Nella visione cristiana le strutture della relazionalità sono tre ed in esse si vedono già i tre grandi soggetti della socialità, vale a dire la persona, la famiglia e la comunità: 1) Anima-corpo: ciascuno percepisce di essere contemporaneamente corpo, cioé materia, e qualcosa che lo trascende. 2) Uomo-donna: ogni essere umano lo è secondo una specifica modalità che ha bisogno di essere completata dalla sua correlativa. 3) Persona-comunitá: la persona custodisce in sé una sua peculiare individualità e allo stesso tempo nasce e si va costruendo in un insieme di relazioni. La comunità è un insieme stabile di questi rapporti quando hanno un particolare significato e valore per la persona. La persona ha un insopprimibile natura sociale ma viene prima della società ed è luogo in cui la società nasce. La persona è la soggettività sociale originaria. Vi sono due correnti all’origine della società: quella contrattualista e quella naturalista. Le visioni contrattualiste considerano i valori come realtà nascenti da un consenso fra gli uomini, mentre quelle naturaliste li considerano come realtà antecedenti ogni consenso, su cui poi il consenso sociale è chiamato a formularsi. Di norma chi é incline al contrattualismo vedrà più facilmente la libertà come mera autodeterminazione, chi é incline al naturalismo riconosce nell’essenza della libertà l'autodeterminazione ma a fronte di un bene che la precede. Il catechismo della chiesa cattolica parla sia di comunità che di società, ma preferisce quest’ultimo termine. La società è la comunità in cui un individuo nasce e da cui riceve l’impronta culturale che ne determina l’identità. Una società è costituita da un insieme di persone legate in modo organico da un principio di unità che supera ognuna di loro, che dura nel tempo, e di cui ogni uomo, costituito come erede, ne riceve dei talenti che arricchiscono la sua identità e che sono da far fruttificare. Sono questi dei rapporti che possono definirsi “unità duale” poiché l’unità che essi costituiscono si ha sempre dentro una relazione bipolare. Non siamo esseri monolitici ma drammatici, cioé relazionali, dove l’unità si ha sempre dentro una duplicità. La natura della persona e sia razionale che relazionale e il suo valore risiede tutto nell’essere creato e essere redento da parte di Dio. La rivelazione cristiana dice che questi rapporti sono l’immagine e il segno eloquente di un’origine ultima della realtà che è unità e molteplicità fin nella sua radice. Per il cristianesimo la socialità è già in Dio e c’è nell’uomo perché c’è prima in Dio. Dio è talmente singolarità e alterità, unità e unimolteplicità, che crea al di fuori di sé una realtà a lui collegata. Dio crea liberamente un mondo all’esterno, per amore e senza esservi costretto, per entrare in comunione con lui la cui essenza razionale sociale è come quella di Dio: l’uomo. La comunione con Dio è più urgente a causa di un disastro avvenuto alle origini, il peccato originale, a seguito del quale l’intero mondo è stato segnato da una ferita, specialmente nei rapporti umani. La socialità umana ha un ruolo particolare nel disegno di Dio: quello di essere luogo in cui, fin dagli inizi, la socialità di Dio si espande fuori di sé e anche il luogo a partire da cui Dio vuole iniziare a sanare quella ferita originaria nell’uomo. Entrando in comunione con Dio la persona scopre la sua identità profonda e vede valorizzate tutte le sue doti. La vera unità tra gli uomini possibile dove la persona dei singoli non viene assorbita dalla totalità della comunità ma vive equilibrata tensione con essa. Lo scopo della socialità umana è quello di essere nel mondo un riverbero di quella socialità che vive in Dio, il luogo in cui Dio allarga il suo circolo virtuoso fuori di sé e nel mondo in modo che la negatività che viene fruita fin dalle origini cominci ad essere arginata. Questo riverbero viene chiamato analogia, una proporzione in cui la somiglianza fra i due termini del confronto si ha sempre all’interno di una fondamentale sproporzione. Il moltiplicarsi di questi segni o riverberi nel mondo, quando vissuti nella loro verità, é ciò che permette al mondo di essere ciò che Dio vuole e di incamminarsi verso quel destino di bene che Dio da sempre gli ha preparato. Attraverso il bene che Dio offre, l’uomo può divenire occasione di rinnovamento del mondo o di suo ulteriore decadimento. Origine e scopo della Dottrina Sociale della Chiesa Il punto di partenza della Dottrina Sociale della Chiesa (DSC) è la novità che Dio introduce nel mondo attraverso quel corpo di umanità nuova che genera una nuova soggettività e una nuova socialità fra gli uomini. Nella storia questa novità comincia dal cammino di Abramo e 7. Pragmatismo etico: sparisce l’oggettività dei valori e qualcosa “vale” solo nella misura in cui mi serve. Ne nasce una sfiducia ultima sulla capacità di fare il bene e di realizzare la giustizia. 8. Riduzione della ragione umana: il primato della ragione strumentale o tecnica nega la dimensione trascendente dell’uomo. 9. Assenza di Dio: è la prima causa di tutte le conseguenze antropologiche viste fino ad ora. La realtà non è più segno di Dio ma è il regno del caso e nel caos. Si passa dalla percezione in cui tutto è donato a quella in cui tutto è dovuto. 10. Trascuratezza e offuscamento dell’Io: l’Io più vero viene soffocato da pensieri e azioni non giudicati da un criterio più grande. Smarrendo il proprio Io l’uomo perde anche il gusto del vivere, perde la libertà e l’energia della sua ragione e inizia a non sopportare più se stesso. Quale atteggiamento e mentalitá tende a plasmare la fede cristiana? 1. Se Dio si afferma nella vita è percepito dall’uomo come un “tu” concreto con cui fare i conti. Ne consegue che viene esaltata anche la percezione del “tu” degli altri che mi circondano. 2. Così acquisiscono consistenza reale e stabilità anche i rapporti fra gli uomini non più sentiti come ostacolo alla libertà. Emergono anche i valori autentici perché i valori acquistano concretezza e fascino soprattutto nei rapporti tra le persone. 3. L’uomo scopre che la sua libertà vera non è fare ciò che gli pare e piace ma aderire ai valori e realizzarli. Egli scopre che da qui nasce una soddisfazione interna e profonda, non immediata ed effimera. 4. Questo esercizio della libertà fa risaltare la percezione del nostro Io come “cuore”, cioè come desiderio di verità, amore, giustizia, bellezza e quindi di felicità. 5. Così le regole e leggi vengono riconosciute come importanti: sono uno strumento nella difesa e promozione di certi valori che hanno lo scopo di garantirle. 6. Ne consegue che la ragione umana riacquista fiducia anche nella sua facoltà di scoprire la verità e il bene oggettivo (capacità meditativa) e di leggere oltre quel segno che è la realtà (capacità analogica). L’uomo riconosce che esiste nella realtà un altro più grande di sé, un grande alleato e non nemico della sua libertà, di cui la realtà stessa è segno. L’uomo quindi riconosce di non essere lui la misura adeguata di tutto e che può esistere anche ciò che la sua ragione non verifica immediatamente o scientificamente 7. L’esistenza di valori non negoziabili è la condizione grazie a cui l’uomo si riapre alla fiducia verso l’universalità. Se un valore è autentico è anche tendenzialmente oggettivo e valido per tutti. 8. In tal modo l’uomo scopre che il suo esistere e vivere ha un significato positivo oggettivo. L'uomo impara ad amare umilmente se stesso gli altri, perché l’amore per l’altro é il riverbero dell’amore per noi stessi. L’altro diventa un possibile alleato che Dio mette accanto per aiutarmi. Da questi caratteri antropologici provengono gusto e sicurezza al vivere: essi rappresentano la documentazione concreta di quella novità umana che Gesù Cristo risorto introduce nel mondo e che la fede in lui apre a ciascuno di noi. CAPITOLO 3: IL LUOGO GENETICO INIZIALE E PERMANENTE DELLA NUOVA CREAZIONE, LA CHIESA Chiesa cattolica e “cattolicità” Il corpo risorto di Cristo prende concretezza esistenziale in un preciso luogo storico, cioè nella Chiesa. La Chiesa viene detta “cattolica” proprio per questa pienezza di vita di cui è portatrice. Quella della chiesa è una doppia cattolicità: una che attiene al dono di Dio in origine e l’altra che attiene ai luoghi umani in cui questo dono si incarna e mette le radici. La doppia cattolicità è centrata su due fuochi: Gesù Cristo Risorto, da qui nasce e a cui appartiene, e il mondo in cui essa è posta e a cui é continuamente inviata. Secondo Ireneo di Lione, la Chiesa rappresenta la riconciliazione di Dio e uomo. I principali mezzi con cui la chiesa documenti diffonde tale cattolicità sono: 1. La testimonianza dei cristiani: questo è il fronte soggettivo dell’opera di Dio, un fronte appoggiato alla libertà degli uomini che accolgono meno quella novità. 2. Mediante i sacramenti: questo è il fronte con cui Dio opera oggettivamente nella storia. La missione della Chiesa è fare entrare ogni uomo e ogni ambito del mondo nella pienezza del Cristo Risorto per rinnovarli. Anche da questa prospettiva si può comprendere qual è lo scopo della dottrina sociale della chiesa: aiutare questo dinamismo e movimento con cui Cristo Risorto e del suo Spirito investe una storia e il mondo rinnovandoli. È nella Chiesa che l’uomo, reso nuovo da Cristo, scopre di essere fatto ad immagine di Dio, e scopre di essere anch’egli unico e singolare e contemporaneamente aperto all’abbraccio del mondo. La Chiesa e il regno di Dio Nella Chiesa nessuno è solo e nessuno vive solo per sé. La moltiplicazione dei legami rinnovati dallo Spirito Santo sostanziano l’espressione “regno di Dio”. Il regno di Dio è il mondo che inizia a diventare finalmente umano, restituito alla misura della dignità che Dio da sempre ha pensato per l’uomo. Questo regno inizia nel mondo con la venuta di Cristo: in lui tutti i valori umani più veri trovano il loro fondamento, il punto di equilibrio, il centro di gravità e la loro giusta misura. Il regno in ogni tempo, per ogni generazione, é la manifestazione dei frutti, è la fioritura della comunione fra gli uomini, ottenuta mediante la pienezza di grazia e di misericordia. Il regno mette, infatti, radici nel mondo innanzitutto grazie a una trasformazione del cuore umano. Si è inaugurato a livello iniziale della Chiesa e si compirà identificandosi completamente con essa al termine della storia, quando si manifesterà a tutti la ricapitolazione. Benché il regno di Dio sia già iniziato nella storia, i suoi frutti e la sua manifestazione non coincideranno mai con la sua realizzazione compiuta e definitiva. La realizzazione definitiva si realizzerà solo alla fine della storia. Fino a quel momento vi saranno solo delle anticipazioni parziali e approssimate, perché segnate da quella condizione di limitatezza e fragilità che da sempre affligge l’uomo. Ció significa che tali realizzazioni devono essere sempre riformate perché: ● Devono adeguarsi al fatto che la realtà è in continuo movimento ed eccede sempre le capacità conoscitive dell’uomo. ● Il bene vero per l’uomo non viene solamente dalle forze umane ma da Dio. ● La storia ha un significato trascendente per quanto attiene la realizzazione di valori che corrispondono alla dignità umana. Il soggetto e definizione di Dottrina Sociale della Chiesa Il soggetto della dottrina sociale della chiesa è la Chiesa. O meglio, il soggetto adeguato ad elaborare e formulare la dottrina sociale della chiesa è la comunità ecclesiale, cioè quella che vive in comunione gerarchica con il Papa i vescovi come realtà comunionale mossa da un autentico sensus fidei. Si tratta di un soggetto plurale e unitario che vive della feconda dinamica circolarità fra persona e comunità. La DSC si situa all’incrocio della vita e della coscienza cristiana con le situazioni del mondo e si manifesta negli sforzi che i singoli, famiglie, operatori culturali e sociali, politici e uomini di Stato mettono in atto per darle forma e applicazione nella storia (papa Giovanni Paolo II). La DSC costituisce un capitolo significativo e strutturale del contributo che la fede cristiana offre al superamento della crisi. Essa si autocomprende e si definisce come elaborazione sistematica e critica della nativa esigenza della fede di rispondere al dono di vita nuova proveniente da Dio con l’adesione della libertà e l’impegno della vita. CAPITOLO 6: LA LIBERTÀ DELL’UOMO IN AZIONE, ALCUNE ARTICOLAZIONI ETICO- SOCIALI Un’applicazione eminente della libertà: il lavoro Il lavoro è ogni attività dell’uomo che contribuisca davvero al bene suo e della comunità in cui egli vive. Dio crea l’uomo a sua immagine somiglianza e un tratto peculiarmente distintivo di tale affinità consiste nella ragione e nella libertà dell’uomo. Il lavoro rappresenta per eccellenza l’occasione in cui la libertà dell’uomo viene valorizzata da Dio e chiamato a collaborare con lui. A motivo della sua dimensione corporale, l’uomo ha bisogno anche delle risorse del mondo materiale per la sua realizzazione personale e sociale. Il compito peculiare della libertà è di fare in modo che le conquiste scientifiche e tecniche non siano sottomesse a dei progetti che le priverebbero delle loro finalità umane e le rivolgerebbero contro l’uomo stesso. È con il cristianesimo che il lavoro inizia ad acquistare una dignità a partire dal mondo antico: con Gesù Cristo, il Dio fatto uomo, Dio stesso passa attraverso l’esperienza del lavoro (i trent’anni di Nazareth) e del sacrificio (la croce) introducendo una luce positiva: la resurrezione. È di San Benedetto da Norcia la prima sintesi di questo sguardo: il suo ora et labora ne è espressione significativa. Il lavoro è il modo con cui trasformando la realtà l’uomo perfeziona se stesso e diviene più uomo poiché il lavoro nella prospettiva cristiana, prima ancora che avere una valenza sociale, ha un insostituibile valore culturale. La cultura è quel fenomeno per eccellenza con cui l’uomo “coltiva i beni e valori della natura” per raggiungere un “livello di vita veramente pienamente umano”. Il lavoro è il primo elemento culturale nella vita dell’uomo poiché esso è il mezzo per eccellenza con cui la libertà incide sulla realtà nel tentativo di trasformarla in all’uomo la possibilità di sperimentare l’unità originaria di queste due dimensioni, del lavoro umano e dello scambio, che il peccato tende invece a separare. Tenere insieme profit e non profit, dunque, significa in un certo senso entrare nella prospettiva pedagogica di Dio verso l’uomo e farla propria. La tensione al bene autentico dall’altro eleva i rapporti all’altezza dell’autentica dignità umana rivelando da una parte la reciprocità di lucro e gratuità, e dall’altra la fecondità e la virtuosità propria di ogni azione sociale che include in sé la tensione responsabile verso il bene comune. La giustizia La giustizia consiste nella corretta proporzione fra il bene e l’agire umano. Essa è perciò un valore cosiddetto “metafisico” la cui realizzazione sarà sempre parziale e approssimata, e la cui identità e pienezza definitiva ha un carattere teologico e trascendente, risiede cioè in Dio. La giustizia è un’esigenza inestirpabile dell’uomo. È la coscienza umana il luogo di esigenza, recezione e riconoscimento della giustizia sia in positivo che negativo. La giustizia non consiste solo in un adempimento di obblighi, in un equilibrio di interessi. Essa comincia nel cuore dell’uomo e, attraverso le sue azioni, si prolunga nei rapporti tra gli uomini, giungendo fino alle istituzioni sociali. Distinguiamo nella giustizia due dimensioni di fondo: ● A livello soggettivo la giustizia é attuazione integrale del bene e repulsione del male. È l 'attaccamento perseverante, o amore al bene, in tutte le sue forme. ● A livello oggettivo può essere definita come “giustizia sociale”, cioè come la realizzazione di quei presupposti e condizioni di base indispensabili in una comunità collettiva affinché ciascuno possa realizzare appieno al suo interno le proprie doti e la propria responsabilità. I tre elementi che connotano la giustizia sociale sono il rispetto della persona umana, l’uguaglianza fra gli uomini in dignità e diritti e la solidarietà. Tra le forme di ingiustizia, troviamo il reato che consiste in una violazione dell’ordinamento giuridico a cui consegue una sanzione. Ciò che invece viene considerato come “peccato” risiede in una mancanza contro la religione, la verità, la retta coscienza. Mentre i reati riguardano violazioni relative ad altri uomini, i peccati hanno una prospettiva sia orizzontale che verticale, poiché sono atti ingiusti sia nei confronti del prossimo che di Dio. Per la DSC tutti i comportamenti che costituiscono una violazione della giustizia vengono considerati anche come peccati. Alcuni peccati contro la giustizia vengono particolarmente segnalati dalla DSC: ● Prendere e tenere giustamente i beni del prossimo: commettere frodi, pagare i salari ingiusti, alzare i prezzi, speculare sull’ignoranza o sul bisogno altrui. ● La corruzione: lavori eseguiti male, frode fiscale, contraffazione di assegni e fatture, sperpero, arrecare volontariamente danni alle proprietà pubbliche e private. ● Peccati sociali: sono peccati talmente inveterati e radicati nei rapporti umani da acquisire una vera e propria strutturazione sociale. Costituiscono, per il loro oggetto stesso, un’aggressione diretta al prossimo, violano la giustizia nei rapporti tra persona a persona, tra la persona e la comunità, e sono diretti contro i diritti e doveri della persona umana, nonché contro il bene comune. Ad esempio: la brama esclusiva del profitto e dall’altra la sete del potere col proposito di imporre agli altri la propria volontà. ● Priorità data gli interessi del capitale su quelli del lavoro. ● Leggi che sono oggettivamente ingiuste. Giustizia, fede e politica L’attività politica è l’arte del compromesso nobile, mirante ad individuare, definire giuridicamente e realizzare la giustizia nell’ampio ambito della res pubblica. La giustizia è quindi lo scopo e la misura intrinseca di ogni politica. La realizzazione della giustizia è un problema che riguarda la ragione pratica. Essa è sempre esposta al rischio di un accecamento etico, un rischio derivante dal prevalere dell’interesse e del potere, perciò per poter operare correttamente deve essere sempre purificata. La fede che propone la Chiesa cattolica ha la pretesa, a livello politico, di proporsi anzitutto come forza purificante per la ragione. Nonostante la Chiesa-istituzione non possa e non debba mettersi al posto dello Stato nella realizzazione di una società giusta, non può e non deve neanche restare ai margini della lotta per la giustizia. il compito immediato di operare per un giusto ordine della società è proprio dei fedeli laici che devono concepire e vivere la politica come forma di carità sociale. I valori “non negoziabili” I valori non negoziabili sono valori pre-positivi e meta-giuridici, i quali appartengono di diritto alla natura dell’uomo e precedono ogni riconoscimento, sociale o giuridico, che possa essere effettuato. La fede cattolica li definisce come valori non negoziabili perché sono principi morali che non ammettono deroghe, eccezioni o compromesso alcuno. Essi sono: 1. La vita dal suo concepimento fino al termine naturale. 2. La tutela e promozione della famiglia fondata sul matrimonio monogamico tra persone di sesso diverso. 3. La tutela di educazione dei genitori per i propri figli. 4. La tutela sociale del minore. 5. La libertà di coscienza e di religione. 6. La centralità della persona del bene comune. 7. La pace. Sono valori da difendere, da promuovere ed assumersi come irrinunciabile riferimento per la morale e per le leggi civili. A ciascuno di tali valori corrisponde un diritto che su quel valore si fonda. Sono diritti della persona nativi e indisponibili e vengono prima della legge. Il bene comune Per la sua natura unitaria del bene, inteso in senso obiettivo, il bene dei singoli, se autentico, possiede infatti una profonda e reale relazione con il bene di tutti: il bene comune. Il bene comune, infatti, può essere inteso come la dimensione sociale comunitaria del bene morale. Esso esprime la fondamentale interrelazione fra gli uomini e aiuta a riconoscere i limiti e la falsità di ogni individualismo e solipsismo. Come l’agire morale del singolo, anche l’agire sociale esige la virtù della prudenza, cioè il discernere in ogni circostanza il nostro vero bene e lo scegliere i mezzi adeguati per compierlo. La costituzione Gaudium et spes definisce il bene comune come “l’insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono ai gruppi, come ai singoli membri, di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più speditamente”. La DSC ci consente di tenere insieme due dimensioni del bene comune: quella strumentale, inerente alle condizioni del bene, e quella sostantiva, relativa il compimento del bene nella vita umana personale e comunitaria. Il bene comune essendo di tutti e di ciascuno, è e rimane indivisibile, e soltanto insieme è possibile raggiungerlo. Esso impiega tutti i soggetti sociali, ma la DSC individua nella comunità politica il suo primo responsabile ed attore perché é l’opera politica per eccellenza. Sono fondamentalmente tre gli ambiti di realizzazione del bene comune: 1. La promozione della persona umana integrale rispetto dei suoi diritti: fra i diritti fondamentali della persona il bene comune rileva innanzitutto quelli che garantiscono le condizioni di esercizio delle libertà naturali. 2. Il benessere sociale e lo sviluppo: vi è autentico benessere sociale quando la vita comune pone realmente al centro dei suoi interessi la realizzazione della persona e la piena soddisfazione dei suoi diritti fondamentali. Lo sviluppo consiste nella sintesi di tutti i doveri sociali poiché scopo ultimo della società è proprio lo sviluppo della persona integrale. L’effettività dello sviluppo presuppone tre condizioni: l’uguaglianza di diritto e di fatto di tutti i cittadini, valorizzazione e armonizzazione dei vari interessi che emergono dal tessuto sociale, la prospettiva di durata è una crescita che non si ferma al breve periodo. 3. La pace: consiste in un ordine che si fonda sulla verità, ed è costruito secondo giustizia, vivificato e integrato dalla carità e posto in atto nella libertà. Ne deriva un obbligo per tutti i cittadini e governanti di adoperarsi per evitare o risolvere i gravi gravi conflitti sociali o internazionali. La pace implica anche la tutela dell’integrità della persona e delle comunità. Il fondamentale principio di uguaglianza comporta che i beni debbano essere accessibili e essere in modo equo a tutti. La DSC afferma la funzionalità dei beni al bene della persona e quindi la loro necessaria destinazione universale. Dal principio della destinazione universale dei beni segue anche il principio dell’uso universale dei beni, che fonda un diritto naturale primario originario che inerisce a ogni singola persona ed è prioritario rispetto a qualunque intervento umano. Per la DSC, un mondo e un’economia equi e solidali sono anche qualificati da una opzione preferenziale per i poveri. La proprietà “privata” La Chiesa ha sempre difeso il diritto di proprietà come prolungamento della sua libertà e garanzia della sua autonomia. Lo considera un “diritto naturale” ma secondario poiché subordinato al diritto all’uso universale dei beni. Il diritto di proprietà è dunque legittimo e va tutelato tutelato, ma va esercitato in funzione del bene comune, vale a dire rispettando la sua essenziale funzione sociale. La necessaria “funzione sociale” dei beni è un principio che deriva dalla concezione cristiana della libertà, che è tensione al bene, perciò finalizza ogni azione al bene proprio e comune. Perciò proprietà e possesso privati non sono mai un fine, bensì solo dei mezzi e hanno quindi dei limiti, tra cui la destinazione universale dei beni. La sussidiarietà