Scarica Dispense Biologia Applicata p.te 1 e più Dispense in PDF di Biologia Applicata solo su Docsity! LA CELLULA: L’origine della vita La vita sulla terra ha preso origine dai materiali non viventi ed in particolare dalle molecole chimiche inorganiche presenti dopo il big-bang. ➔ L’atmosfera primordiale era formata da composti come metano CH4, ammoniaca NH3, vapore acqueo H2O, acido solfidrico H2S, anidride carbonica CO2 e azoto N2 che si erano generati in seguito alle esalazioni vulcaniche ed alle piogge. L’ossigeno era quasi del tutto assente nell’atmosfera e, di conseguenza, anche l’ozono, per cui i raggi ultravioletti del sole arrivavano fino sulla superficie dalla terra. ➔ Sulla terra erano presenti anche intensi campi di energia che generavano terremoti, eruzioni vulcaniche, fulmini. Tutto ciò fornì l’energia necessaria per innescare le reazioni chimiche che, dai semplici composti inorganici, portarono alla formazione dei composti organici che stanno alla base del funzionamento delle cellule. I composti organici sono molecole costituite primariamente da carbonio, idrogeno e ossigeno che possono avere strutture anche molto grandi e complesse ed una grande variabilità di forme e di caratteristiche. ➔ botanico Matthias Scheider nel 1838 e lo zoologo Theodor Schwann nel 1839: individuazione delle cellule e delle loro caratteristiche: ragionamento induttivo: tutti gli organismi viventi sono costituiti da cellule. ➔ Più tardi Rudolf Virchow, nel 1855 le cellule si potevano formare solo per divisione da una cellula preesistente. ➔ sviluppo della TEORIA CELLULARE in cui si stabilì che la cellula è: • L'UNITA' MORFOLOGICA degli esseri viventi: pluricellulari o unicellulari • L'UNITA' FUNZIONALE degli esseri viventi: centro delle funzioni vitali di un organismo • L'UNITA' ORIGINARIA degli esseri viventi. Tutte le cellule provengono da altre cellule. Le cellule si riproducono. • dimensioni microscopiche (si misurano in micrometri μm) ma ci sono anche cellule molto grandi per esempio le uova degli uccelli. Per misurare i componenti della cellula si usano i nanometri (nm) • La forma delle cellule è generalmente tondeggiante (in base alla specifica funzione) per esempio le cellule nervose: estensioni lunghe e sottili e possono arrivare al metro di lunghezza. 7 Cellule procarioti: Circa 4 miliardi di anni fa si verificò un evento innovativo: alcune macromolecole organiche in grado di interagire tra loro tramite reazioni chimiche si trovarono aggregate in compartimenti all’interno delle membrane. Queste strutture diedero vita alle prime cellule. Per circa 2 miliardi di anni, gli organismi viventi sono rimasti a livello di singole cellule che vivevano negli oceani in modo da essere protette dai raggi ultravioletti del sole. Queste cellule erano i procarioti (=prima del nucleo, sono cellule senza nucleo) • il materiale che conteneva l’informazione genetica necessaria per replicarsi, così come gli aggregati macromolecolari che permettevano loro di vivere, erano liberi di fluttuare all’interno delle membrane. • Il DNA è libero nel citoplasma. • sono assenti di organuli delimitati da membrane (mitocondri e cloroplasti). • Diverse cellule procariote vivono ancora ai giorni nostri come gli eubatteri e gli archeobatteri. I procarioti primordiali erano eterotrofi e anaerobie. • tipicamente più piccole di quelle eucariotiche (circa 1/10), Organismi autotrofi: sono in grado di vivere in ambienti in cui sono presenti semplici composti inorganici, essi riescono a sintetizzare le molecole biologiche di cui hanno bisogno utilizzando come fonte di carbonio l’anidride carbonica e come fonte di azoto l'ammoniaca o altri composti inorganici azotati. Per essi, quindi, la presenza o meno di altri organismi, come pure di molecole organiche di origine esogena, non è necessaria. Organismi eterotrofi hanno invece bisogno, dal punto di vista nutrizionale, di composti organici perché da queste molecole ricavano, dopo la digestione e la successiva demolizione di tali composti, l'energia necessaria alla loro sopravvivenza. Non sono in grado di sintetizzare molecole organiche, se non ci sono muoiono. Organismi anaerobi sono in grado di vivere in assenza di ossigeno. Producono energia e le molecole per le funzioni vitali senza utilizzare l’ossigeno. Organismi aerobi hanno invece bisogno di ossigeno per svolgere le funzioni cellulari e per produrre energia, se non c’è ossigeno muoiono. Organismi Pluricellulari: Fino a 1 miliardo di anni fa, esistevano sulla terra solo organismi unicellulari, poi grazie al fatto che le cellule hanno cominciato a modificare le loro strutture e le loro funzioni, per adattarsi meglio agli stimoli ambientali e hanno iniziato ad aggregarsi in complessi pluricellulari, è stata possibile la nascita dei primi organismi pluricellulari. In questi organismi pluricellulari le cellule componenti si sono via via più specializzate in funzioni specifiche. Per esempio all’interno dello stesso organismo alcune cellule si sono occupate della fotosintesi, altre trasportavano le materie prime e l’ossigeno per i processi vitali, altre ancora si trasformavano in cellule per la riproduzione sessuale. Sulla base delle caratteristiche morfologiche, genetiche e cellulari, gli organismi viventi sono stati classificati in regni che dimostrano comunque l’origine da un antenato comune. IL NUCLEO: Delimitato da una propria membrana. La regione interna del nucleo è costituita da un succo nucleare, di aspetto omogeneo, dove sono immersi uno o più corpuscoli tondeggianti, i nucleoli. Si distingue inoltre nel nucleoplasma una massa più densa detta cromatina. Il nucleolo è un corpo rotondeggiante presente nel nucleo cellulare in interfase. Scompare quasi sempre all’osservazione durante il processo della mitosi e si riforma al termine di questo. Contiene proteine, fosfoproteine e rRNA. I RIBOSOMI: • minuscole particelle libere nel citoplasma o attaccate al reticolo endoplasmatico. • costituiti da RNA e proteine e sono sintetizzati nel nucleolo. • contengono gli enzimi che permettono la formazione dei legami peptidici. • È una particella sferoidale di 23 nm, composta da due subunità, una grande e una piccola, contenenti rRNA (RNA ribosomiale) e proteine. Nelle cellule eucariote, i ribosomi si possono trovare attaccati al reticolo endoplasmatico o liberi nel citoplasma. Sono sede della SINTESI PROTEICA, durante la quale un filamento di mRNA può essere tradotto in una proteina funzionale. L’ mRNA si trova tra le due subunità ribosomiali, che delimitano i confini di un tunnel all’interno dell’organulo dove la proteina si va formando e da dove verrà rilasciata a sintesi ultimata. IL RETICOLO ENDOPLASMATICO (RE) è un labirinto di membrane a forma di sacche appiattite che circonda il nucleo. è chiamato Lume: spazio interno a queste sacche, contiene molti enzimi, che catalizzano le reazioni chimiche. - sistema esteso di membrane nel quale tubuli e vescicole intercomunicanti delimitano delle cavità dette cisterne. - sintesi delle proteine, sintesi di lipidi e steroli, funzioni di accumulo. 1. Il RE liscio: - ha un aspetto tubolare e la membrana liscia, - gli enzimi sintetizzano: lipidi, carboidrati, fosfolipidi e colesterolo, per la costruzione delle membrane cellulari. - immagazzinare ioni calcio. - Nelle cellule epatiche degrada: glicogeno di riserva, molte sostanze tossiche, alcol, anfetamine, barbiturici. 2. Il RE rugoso: - Ci sono i ribosomi: legati alla membrana e altri liberi nel citoplasma. - avviene principalmente la sintesi delle proteine. - Le proteine una volta prodotte, passano nel lume. Lì sono presenti degli enzimi chiamati chaperoni molecolari che ripiegano le proteine nella loro forma tridimensionale: o Le proteine che si ripiegano male, e quindi sono difettose, vengono degradate da complessi proteici detti proteasomi. o Le proteine ben fatte sono trasferite in vescicole di trasporto, che le portano alla loro destinazione (altri organelli, membrana plasmatica, etc). APPARATO DEL GOLGI E’ un organulo citoplasmatico deputato, insieme al reticolo endoplasmatico, allo smistamento delle proteine Le proteine, modificate all’interno del reticolo endoplasmatico, vengono trasferite alle membrane dell’apparato di Golgi, dove sono ulteriormente modificate e assumono la forma matura e definitiva; quindi vengono allontanate attraverso un processo di estrusione selettiva e dirette verso destinazioni intracellulari ed extracellulari. • costituito da pile di sacche appiattite chiamate cisterne. (dittosomi) • Lo spazio interno si chiama lume. • Ci sono 3 aree: 1. una superficie cis: riceve i materiali provenienti dal RE dalle vescicole di trasporto 2. una regione mediale 3. una superficie trans: impacchetta le molecole in vescicole e le rilascia verso altre destinazioni nella cellula. In alcuni casi può trasformare le molecole per esempio legando insieme carboidrati e proteine per formare le glicoproteine. 4. Le cellule che secernono tante glicoproteine hanno un apparato del Golgi molto sviluppato. 5. nelle cellule animali sintetizza anche i lisosomi. I LISOSOMI Sono organuli citoplasmatici deputati alla degradazione di materiale cellulare esogeno o endogeno. I lisosomi sono di forma tondeggiante e contengono molti enzimi idrolitici come solfatasi, proteasi, nucleasi, lipasi e glicosidasi. Le membrane del lisosoma posseggono pompe protoniche che trasportano ioni H+ nel lume del lisosoma, creando e mantenendo il valore di pH necessario a mantenere attivi gli enzimi. • piccole vescicole piene di enzimi litici (=digestivi, che degradano le molecole) disperse nel citoplasma della maggior parte delle cellule animali. • pH intorno a 5 (ottimale per gli enzimi litici). 1. Quando le cellule «ingeriscono» batteri o frammenti, questi vengono racchiusi in una vescicola che si è formata dalla membrana plasmatica. 2. Uno o più lisosomi si fondono con questa vescicola 3. formano una seconda vescicola detta lisosoma secondario. 4. Gli enzimi digestivi vengono a contatto con le molecole estranee e le degradano. • posso distruggere anche organelli della cellula e riciclarne i componenti o utilizzarli come fonti di energia. 5. rilascia il contenuto nel citoplasma (sostanze degradate ed enzimi), • qui il pH è 7 e in queste condizioni gli enzimi non funzionano. Alcune malattie umane da accumulo lisosomiale: mancano degli enzimi idrolitici: I substrati di questi enzimi si accumulano nei lisosomi impedendo le attività cellulari • Tay-Sachs: nelle cellule cerebrali non viene degradato un lipide e ciò provoca ritardo mentale, cecità e morte nella prima infanzia. 1. I MITOCONDRI: Sono organuli dotati di un proprio filamento di DNA. L’ipotesi più accreditata per spiegare questa peculiare caratteristica è quella dell’origine endosimbiotica, secondo la quale, il mitocondrio deriverebbe da un batterio aerobio che si è adattato a vivere all’interno di una cellula eucariotica ancestrale anaerobia. • circondati da una doppia membrana: - membrana esterna liscia: permeabile - membrana interna è ripiegata in creste mitocondriali ed è semipermeabile: può essere attraversata solo da alcune molecole. - lo spazio intermembrana - la matrice: contiene gli enzimi che degradano le molecole alimentari e convertono l’energia in ATP. • Ruolo nell’ apoptosi (la morte cellulare programmata): regolazione dell’invecchiamento cellulare, coinvolto nello sviluppo di tumori e di malattie neurodegenerative. • Si riproducono in maniera autonoma rispetto alla cellula: contengono piccole quantità di DNA che codifica per le loro proteine. Questa funzione fa sì possano derivare da cellule 8 • Le integrine: recettori per la ECM localizzati sulla membrana plasmatica e permettono il collegamento tra la ECM e i microfilamenti e i filamenti intermedi nella cellula. Vedi pag 88-89 con illustrazioni dei singoli organelli L’ATP: =adenosina trifosfato Energia contenuta nei legami delle sostanze nutritive, convertita in una molecola facilmente utilizzabile dalla cellula. • Adenina • un ribosio • 3 fosfati. I due gruppi fosfato terminali sono uniti al primo con legami covalenti. 2. E’ l’energia di questi legami che può essere trasferita. 3. Questa viene utilizzata per trasformare l'ADP o adenosina difosfato (un fosfato in meno), in ATP. 4. L'ATP cede energia si ritrasforma in ADP 5. Questo verrà ciclicamente ritrasformato in ATP e così via. CENTRIOLO: E’ un organulo citoplasmatico di forma cilindrica localizzato in prossimità del nucleo. E’ formato da nove triplette di microtubuli. I centrioli generalmente sono disposti in coppia, perpendicolarmente tra loro e formano il centrosoma, il principale centro organizzatore dei microtubuli che contribuisce all’organizzazione dei microtubuli e degli organuli cellulari associati; inoltre durante la mitosi permettono la formazione del fuso mitotico. CICLO CELLULARE: Il ciclo cellulare è costituito da una serie di eventi altamente controllati, ordinati e direzionali che avvengono tra una mitosi e quella successiva e da cui dipende la corretta proliferazione delle cellule degli eucarioti. È caratterizzato da cinque fasi: G1, S, e G2 dove G sta per “GAP” (intervallo) ed S per sintesi e che costituiscono l’interfase, a cui seguono mitosi e citodieresi (fase M). MITOSI: La mitosi è un processo di divisione cellulare che interessa le cellule somatiche. È una divisione di tipo equazionale in quanto nelle due cellule figlie si ritrova il medesimo numero di cromosomi che era presente nella cellula madre. Nel ciclo cellulare, il processo mitotico, indicato come fase M, segue una serie di tappe preparatorie che fanno parte dell’interfase; in particolare durante la fase S è avviene la duplicazione del materiale genetico. Convenzionalmente la mitosi viene suddivisa in quattro fasi consecutive: Pprofase: si assiste alla condensazione della cromatina con formazione dei cromosomi, i nucleoli e la membrana nucleare scompaiono mentre i centrioli; Metafase: i cromosomi assumono la loro massima compattazione e i cromatidi, uniti dal centromero, si attaccano alle fibre del fuso e cominciano a migrare verso il piano equatoriale della cellula formando la piastra metafisica; Anafase: i centromeri si aprono e i cromatidi di ciascun cromosoma si separano spostandosi ciascuno verso i poli opposti della cellula; Telofase: si dissolve il fuso, si ricostituisce la membrana nucleare che racchiude i cromosomi. APOPTOSI E NECROSI: L’arco vitale della cellula può essere considerato come l’esecuzione concertata di programmi di proliferazione, arresto, quiescenza, differenziamento e morte. L’ apoptosi è un fenomeno controllato geneticamente che determina la morte programmata di una cellula a un certo punto del suo ciclo vitale. La necrosi è un processo incontrollato innescato da insulti dannosi; prevede una successione di eventi diversi rispetto all’apoptosi in quanto la cellula si gonfia, si distruggono i mitocondri e si rompe la membrana con conseguente risposta infiammatoria. CHIMICA: Elemento: una sostanza che non può essere scissa in sostanze più semplici mediante reazione chimiche ordinarie. Ad ogni elemento esistente in natura gli scienziati hanno assegnato un simbolo chimico (di solito la prima o le prime due lettere del suo nome in inglese): O ossigeno, C carbonio, H idrogeno, N azoto (da natrium), F fluoro. L'atomo: è la più piccola parte di un elemento chimico che conserva le proprietà chimiche dell'elemento stesso. In particolare l'atomo è formato da elettroni che si muovono attorno a un nucleo composto da protoni e neutroni. Gli atomi sono particelle piccolissime, il loro diametro si misura in Angstrom Å (1Å=10-10m). Protoni, neutroni ed elettroni: sono particelle subatomiche. Nel nucleo è quasi del tutto concentrata la massa. I protoni sono particelle cariche positivamente (1,6 x 10-19 coulomb) con una massa di 1,66 x 10-24 g. I neutroni sono particelle neutre e quindi senza carica con la stessa massa dei protoni. Gli elettroni hanno una carica elettrica negativa (uguale ed opposta a quella dei protoni) ed una massa circa 2000 volte più piccola Numero atomico: Il numero di protoni di un atomo= al numero di elettroni→ bilanciamento Numero di massa: la somma tra numero di protoni e numero di neutroni. La Tavola Periodica: Mendeleev, Il chimico russo: alla fine dell’800: sistema periodico degli elementi. Dopo l’acquisizione di nuove conoscenze chimico-fisiche e la scoperta di nuovi elementi è stata completata la tavola periodica che noi oggi utilizziamo: • Riga secondo i rispettivi numeri atomici: 1 per H idrogeno, 2 per He elio, 3 per Li litio, e così via. • Colonne della tavola periodica sono state costruite in modo da raggruppare gli elementi con caratteristiche chimiche simili. La Massa atomica: L’unità di misura della massa atomica è l’Unita di Massa Atomica o UMA: la dodicesima parte della massa dell’atomo di carbonio 12. 1 uma = 1/12 massa Carbonio. Massa del Carbonio = masse di 6 protoni + masse di 6 neutroni (possiamo considerare la massa dell’elettrone trascurabile). Questo significa che l’uma è molto simile alla massa del protone e del neutrone. Sulla base di questa definizione è stato possibile attribuire a ciascun atomo la sua massa in uma. Tavola periodica: gli elementi che si trovano nella stessa colonna verticale hanno caratteristiche chimiche simili (ad esempio i metalli alcalini e i metalli alcalino terrosi) perché hanno lo stesso numero di elettroni nel guscio esterno. MOLECOLE: La molecola è la più piccola unità chimica di una sostanza, sia questa un elemento o un composto, che, conservando le caratteristiche chimiche della sostanza stessa, sia capace di esistenza indipendente. Le molecole sono raggruppamenti di atomi con caratteristiche chimiche definite. Ogni molecola è rappresentata da una formula chimica che specifica la tipologia e il numero di atomi che la compongono. Sostanze semplici (elementi): sono formate da due o più atomi uguali Molecole biatomiche: O2 (molecola dell’ossigeno): è formata da due atomi di ossigeno (O), fluoro F2, Bromo Br2, Cloro Cl2, Iodio I2 Sostanze composte (composti) sono formate da due o più atomi di elementi diversi Molecola dell'anidride carbonica CO2 è formata da un atomo di carbonio e da due atomi di ossigeno. ! Molecole: sono tutte identiche tra loro Sostanza: ha la propria molecola che la identifica. FORMULE MOLECOLARI: • Formula chimica: modo abbreviato per descrivere la composizione chimica di una sostanza. • Formula molecolare o formula bruta: simboli chimici identificano gli elementi che compongono la molecola ed i numeri in pedice specificano quanti atomi di quell’elemento sono presenti nella molecola. • Formula di struttura: anche come sono organizzati tra loro, cioè come sono legati e come si dispongono nello spazio. MASSA MOLECOLARE: Massa molecolare di un composto PM (peso molecolare) Massa Atomica PA (peso atomico) Per la presenza degli isotopi i valori di massa atomica non sono mai numeri interi, ma per facilitare i calcoli possono essere arrotondati Esempio: acido solforico (H2S04) sarà: PA idrogeno = 1 PA zolfo =32 PA ossigeno =16 Quindi PM H2S04 = 2x1 + 32 + 4x16= 98 uma Al posto di uma in biochimica e biologia è molto usato il dalton (Da) (in onore di John Dalton lo scienziato che formulò la teoria atomica nel diciannovesimo secolo). Il Da è equivalente all’uma. Da = uma Le molecole biochimiche spesso sono molto grandi per cui è di uso comune anche il kiloDalton kDa=1000Da. LA MOLE: mol E’ la quantità di un composto la cui massa in grammi è equivalente alla sua massa atomica o molecolare. Il concetto di mole è stato introdotto per poter calcolare le quantità di sostanze da miscelare nelle reazioni chimiche. Paragonare atomi e molecole con masse molto diverse: In questo modo è possibile sapere il n di atomi/molecole contenuti in un campione semplicemente pesandolo. Preparazione delle soluzioni: in una soluzione 1 M (si legge 1 molare) è presente 1 mole di sostanza disciolta in 1 litro d’acqua. Esempio: Calcolo il peso di una mole di NaCl (sale da cucina) PA Na = 22,99 uma PA Cl = 35,45 uma PM NaCl = 58,44 uma Per preparare una soluzione 1 M di NaCl devo disciogliere 58,44 g di sale in un litro d’acqua Amedeo Avogadro fisico italiano: calcolò per primo il numero di atomi o molecole che sono sempre contenute in una mole di sostanza→ 6,02 x 1023 questo numero è detto numero di Avogadro (N di atomi/molecole contenute in una mole) LEGAMI CHIMICI: Le interazioni tra atomi che portano alla formazione di molecole o anche alla formazione di cristalli ionici o di cristalli di tipo metallico. (elettroni più esterni-valenza) LEGAME COVALENTE: si forma attraverso la condivisione di elettroni tra atomi e la formazione di orbitali molecolari. I legami covalenti sono legami forti. - Molecola di Idrogeno: i due atomi «condividono» i loro elettroni. - Molecola di CO2, l’atomo di carbonio mette in comune 4 elettroni mentre i due atomi di ossigeno condividono 2 elettroni a testa Doppio legame covalente: 2 doppietti di elettroni vengono condivisi tra atomi Triplo legame covalente: si forma quando vengono condivise 3 coppie di elettroni (Vedi Ibridazione degli orbitali e forma geometrica pag. 32-33) Covalente omopolare: quanto il legame si forma tra atomi uguali: es: O2 (ossigeno), N2 (azoto), P4 (fosforo) Covalente eteropolare: quando il legame si forma tra due atomi diversi Proprietà dell’elettronegatività. es: H20 (acqua) ELETTRONEGATIVITA’: L’elettronegatività è una grandezza che si riferisce alla capacità degli atomi di attrarre gli elettroni di legame. E’ una proprietà periodica, cioè segue la disposizione degli elementi sulla tavola periodica: questa grandezza aumenta (in arancio/rosso) spostandosi verso destra e dal basso verso l’alto. Legame covalente apolare: due atomi di una molecola hanno elettronegatività simile (quindi non polare). Es. idrogeno H-H, ossigeno O=O e metano CH4 Legame covalente polare: si avrà invece tra atomi con elettronegatività diversa. In questo caso l’orbitale molecolare è distorto perché l’elettrone è più attratto dall’atomo più elettronegativo e quindi «passerà più tempo» attorno ad esso. In una molecola con uno o più legami covalenti polari ci sarà un’estremità con una carica parziale positiva ed un’altra con una carica parziale negativa. Es H2O → Soluzione neutra: l’acqua quando si dissocia forma esattamente la stessa quantità di ioni H+ e OH- (0,0000001 o 10-7 moli/litro) Acido: è una sostanza che in soluzione si dissocia molto producendo ioni H+ e anioni: è un donatore di protoni perché rilascia in soluzione ioni idrogeno - l’acido cloridrico HCl, l’acido carbonico H2CO3 Base: è invece una sostanza che sciolta in acqua libera ioni idrossido OH- e cationi: è un accettore di protoni (cattura protoni, diminuisce il numero di protoni in soluzione perché si legano agli ioni idrossido per riformare una molecola d’acqua indissociata). - la soda caustica o idrossido di sodio Na++ OH- pH: il logaritmo negativo in base 10 della concentrazione degli ioni idrogeno espressa in moli/litro Il grado di acidità di una soluzione viene misurato in termini di pH. - Nel caso dell’acqua la concentrazione degli ioni idrogeno è 10-7 e quindi il pH è 7. - Le soluzioni acide hanno pH da 0 a 7 quelle basiche da 7 fino a 14 ➔ Calcoliamo il pH di una soluzione di un acido forte e di una base forte. Qual è il pH di una soluzione di HCl 0,05M (molare= vuol dire che ci sono 0.05 moli di HCl per litro di acqua)? L'acido cloridrico HCl è un'acido forte che in acqua si dissocia completamente liberando ioni H+ secondo la reazione: HCl → H+ + Cl- Essendo completamente dissociato, la concentrazione degli ioni H+ è uguale alla concentrazione dell'acido acido e quindi vale la relazione: [H+] = 0.05 Applicando la formula del pH pH = - log [H+] =- log (0,05) = 1,30 La soluzione ha pH = 1,30 ed è quindi una soluzione acida (le soluzioni acide sono quelle nelle quali il valore del pH è compreso tra 0 e 7). ➔ Qual è il pH di una soluzione di NaOH a 25°C con una concentrazione 2,7 · 10-4 M (molare). L'idrossido di sodio NaOH (o soda caustica) è una base forte che in acqua si dissocia completamente liberando ioni OH- secondo la reazione: NaOH → Na+ + OH- Essendo completamente dissociata, la concentrazione degli ioni OH- è uguale alla concentrazione della base e quindi vale la relazione: [OH-] = 0.00027 Applicando la formula per il calcolo del pOH pOH = - log [OH-] ovvero: pOH = - log (0.00027) = 3,57 Tra pH e pOH vale la relazione pH+pOH=14 Quindi, per ottenere il pH basta sottrarre da 14 il pOH: pH = 14 - pOH = 14 - 3,57 = 10,43 La soluzione ha quindi pH = 10,43 ed è una soluzione basica. ➔ I TAMPONI: mantenimento dei valori adeguati di pH acido\base pag 41 Mescolano un acido ed una base: - gli ioni idrogeno e idrossido si combinano a formare una molecola d’acqua - quel che resta dell’acido (un anione) e della base (un catione) si combinano a formare un sale. LE MOLECOLE ORGANICHE: carboidrati, lipidi, proteine, acidi nucleici I composti organici sono molecole con uno scheletro di atomi di carbonio: principali composti organici coinvolti nel funzionamento cellulare e nella vita della cellula. Gruppi funzionali: altri gruppi che si possono legare al carbonio: atomi contenenti ossigeno, azoto, fosforo e zolfo, che possono cambiare anche completamente le caratteristiche della molecola. PROPRIETA’ DEL CARBONIO: ✓ può formare molecole con un’architettura complessa perchè ha 4 elettroni di valenza e forma quindi 4 legami disposti secondo i vertici di un tetraedro ✓ Inoltre è adatto a fare da scheletro per le macromolecole perché i legami C-C sono resistenti ✓ libertà di rotazione intorno a ciascun legame e questo fa sì che le molecole siano flessibili e possano assumere diverse forme. • Le proprietà delle molecole organiche possono essere modificate quando allo scheletro di carbonio sono legati dei gruppi funzionali: posso interagire con altre molecole e all’interno della stessa molecola, a volte, attraverso legami ionici e legami ad idrogeno. • Le proprietà dei composti organici dipendono dai gruppi funzionali che contengono. • Gli elementi che costituiscono le molecole organiche si possono combinare in moltissimi modi soprattutto se le molecole sono molto grandi ISOMERI: composti che hanno la stessa formula molecolare o bruta ma strutture diverse e quindi proprietà diverse. Gli isomeri strutturali: differiscono per formule di struttura e quindi per la disposizione dei legami covalenti. Gli isomeri geometrici: sono uguali per la disposizione dei legami covalenti ma differiscono per come sono disposti nello spazio i loro gruppi. CIS si utilizza quando i due gruppi funzionali (negli esempi –Cl o -OH) della molecola sono dalla stessa parte della molecola TRANS: si usa quando sono da parti opposte. Gli Enantiomeri o Stereoisomeri sono due molecole che sono l’una l’immagine speculare dell’altra: un carbonio legato a 4 gruppi funzionali diversi: aspetto simile a delle mani: speculari ma non sovrapponibili. Per distinguere i due enantiomeri si usano le coppie di lettere D/L o R/S. La disposizione degli atomi nello spazio è molto importante in chimica organica e spesso solo uno dei due enantiomeri è biologicamente attivo. GRUPPI FUNZIONALI: Esistono diversi gruppi funzionali a seconda degli atomi che contengono, della tipologia dei legami e delle diverse funzioni. I gruppi idrocarburici: composti da residui, R (che sta per residuo idrocarburico): catene di carbonio ed idrogeno; molecola apolare ed idrofobica (non si scioglie in acqua, non forma legami ad idrogeno). I gruppi idrossilici: composti da residui uniti ad un gruppo OH (abbreviato con R-OH): alcoli come l’etanolo CH3-CH2-OH, il propanolo CH3-CH2-CH2-OH. Il gruppo carbonilico è costituito da un atomo di carbonio legato con un doppio legame ad un atomo di ossigeno C=O. Se il gruppo carbonilico è all’estremità della catena di carbonio, in posizione terminale, si forma un’aldeide R-CHO, se è invece in posizione intermedia si origina un chetone R-CO-R’ Il gruppo carbossilico è costituito da un atomo di carbonio legato con un doppio legame ad un atomo di ossigeno e da un legame con un gruppo OH: la molecola sia un acido organico: due atomi di ossigeno così vicini rendono la molecola molto polare e permettono che l’idrogeno legato all’O nel gruppo –OH possa essere rilasciato come ione H+. Sono acidi deboli, solo una parte degli ioni idrogeno viene rilasciata Il gruppo sulfidrico è costituito da un atomo di zolfo legato ad uno di idrogeno (R-SH): molecole tioli. La struttura è molto simile a quella degli alcoli solo che al posto dell’ossigeno troviamo lo zolfo. In soluzione gli esosi ed i pentosi assumono una forma ad anello. - Il glucosio esiste come. anello a 5 atomi di carbonio ed uno di ossigeno: riarrangiamento e si stabilisce un legame covalente tra il carbonio in posizione 1 e l’ossigeno legato al carbonio in posizione 5; il glucosio ripiega ad anello si formano due diversi isomeri. - β-glucosio: gruppo ossidrilico in posizione 1 è dalla stessa parte del piano dell’anello rispetto al gruppo laterale –CH2OH - α-glucosio: i due gruppi sono su lati opposti DISACCARIDI: (C12H22O11) due monosaccaridi ad anello legati uno all’altro mediante un legame chiamato glicosidico C-O-C tra il carbonio 1 di una molecola ed il carbonio 4 di un’altra. • Il Maltosio: glucosio x2 • Il saccarosio (zucchero da cucina) glucosio x1 + fruttosio x1 POLISACCARIDI: macromolecole costituite da zuccheri semplici, hanno proprietà molto diverse tra loro. • L’amido è un tipico carboidrato di riserva nei vegetali ed è un polimero costituito da subunità di α-glucosio. • Il glicocogeno è utilizzato come riserva di energia nelle cellule animali. E’ strutturalmente simile all’amido anche se più ramificato e più idrosolubile. • La cellulosa presente nei vegetali è costituita da subunità di β-glucosio. E’ un polisaccaride insolubile. AMIDO Carboidrati + Proteine = Glicoproteine presenti sulla superficie di molte cellule: catene che permettono alle cellule di aderire tra loro o hanno una funzione protettiva (muco nasale). I LIPIDI I lipidi sono un gruppo eterogeneo di molecole solubili nei solventi apolari e poco solubili in acqua. (quindi sono essi stessi apolari: vale il principio di «simile scioglie simile»). Lipidi più importanti: i Grassi, i Fosfolipidi e gli Steroidi. ACIDI GRASSI: sono costituiti da una lunga catena idrocarburica non ramificata alla cui estremità si trova un gruppo carbossilico –COOH. • Gli acidi grassi saturi: non hanno doppi legami tra i carboni che costituiscono la catena. Le molecole tendono ad avere delle forme lineari e tra di esse si sviluppano delle forze di van der Waals che rendono queste sostanze solide a temperatura ambiente. Gli acidi grassi saturi sono quelli meno salutari perché se assunti in grande quantità con la dieta possono depositarsi all’interno dei vasi sanguigni aumentando il rischio di malattie cardio/cerebrovascolari. • Gli acidi grassi insaturi: presentano doppi legami tra due o più carboni adiacenti (rispettivamente monoinsaturi 1 doppio legame, polinsaturi più doppi legami). Il doppio legame genera una piega nella molecola, in questo modo le forze di van der Waals non riescono a generarsi e queste sostanze sono generalmente liquide (olii) a temperatura ambiente. GRASSI: più abbondanti negli organismi viventi sono i trigliceridi formati da una molecola di glicerolo (alcol a 3 atomi di carbonio) unito a 3 acidi grassi. Questa molecola si forma per 3 reazioni di condensazione, in ogni reazione un gruppo –OH del glicerolo reagisce con il gruppo –COOH dell’acido grasso formando un legame covalente detto legame esterico e liberando una molecola di acqua. FOSFOLIPIDI: costituiti da una molecola di glicerolo unita da un lato a due acidi grassi e dall’altro lato ad un gruppo fosfato legato ad una colina. I fosfolipidi sono molecole anfipatiche caratterizzate da un’estremità polare/idrofila (la colina ed il fosfato) ed una apolare/idrofobica (le catene idrocarburiche). Questa caratteristica fa sì che in soluzione acquosa si formino dei doppi strati lipidici. Sono i principali costituenti delle membrane cellulari. STEROIDI: sono formati da 4 anelli di atomi di carbonio (3 da 6 carboni e 1 da 5). Tra gli steroidi più importanti ci sono il colesterolo, gli ormoni sessuali ed il cortisolo (ormone dello stress). PIGMENTI VEGETALI CAROTENOIDI: insolubili in acqua, hanno consistenza oleosa. Costituiti da unità isopreniche: monomeri idrocarburici a 5 atomi di carbonio → pigmento visivo retinale pag 56 GLI ACIDI NUCLEICI Trasmettono l’informazione genetica e determinano quali proteine vengono trascritte. sono macromolecole e polimeri. • Il DNA o acido desossiribonucleico • l’RNA l’acido ribonucleico. Nucleotidi: unità di base - uno zucchero a 5 atomi di carbonio che è il ribosio nell’RNA o il desossiribosio nel DNA - uno o più gruppi fosfato - una base azotata (purina o pirimidina) Le pirimidine sono a singolo anello: - citosina (C) - timina (T) nel DNA o l’uracile (U) nell’RNA. Le purine sono a doppio anello: - l’adenina (A) e la guanina (G). (Ricordarsi nome piccolo molecola più grande) Basi DNA: CTAG Basi RNA: CUAG Per indicare la sequenza degli acidi nucleici si usano le iniziali delle basi azotate: ACGT, ACGU Legame fosfodiesterico: lega i nucleotidi: costituito da un gruppo fosfato legato ad uno zucchero che a sua volta si lega allo zucchero del nucleotide adiacente. I FOSFOLIPIDI: le membrane • sono i maggiori costituenti delle membrane biologiche • caratteristiche chimico fisiche: capacità di formare strutture a doppio strato in soluzione acquosa. • sono molecole anfipatiche (hanno regioni idrofobiche ed idrofile distinte la doppia catena di acidi grassi li rende come dei «cilindretti» con un diametro uniforme.) • I doppi strati fosfolipidici: difficoltà ad avere estremità libere, per cui tendono a chiudersi in vescicole. Sono flessibili e possono fondersi tra loro facilmente: es dal reticolo endoplasmatico si generano vescicole che si fondono con le membrane dell’apparato del Golgi permettendo il trasporto di materiale. I detergenti: anfipatici con una sola catena di acidi grassi e quindi una forma conica, questo fa sì che si dispongano a singolo strato in strutture che si chiamano micelle. ➔ riescono a pulire perché inglobano all’interno delle micelle le sostanze apolari come i grassi e le rendono così solubili in acqua. Modello a Mosaico: Singer e Nicolson: 1972 proposero un modello a mosaico fluido, il modello che meglio descriveva la struttura delle membrane. Le membrane sono costituite da un doppio strato fosfolipidico in cui sono immerse le proteine di membrana. Caratteristiche di membrana: • le proteine e i fosfolipidi si possono muovere liberamente sullo stesso lato della membrana. • movimento flip/flop: passaggio da un lato all’altro della membrana→intervento di specifici enzimi. • A temperatura ambiente: fluide • Basse temperature: solide e non funzionano più bene. • Le proprietà dei lipidi di membrana possono influenzarne la fluidità (membrane fluide anche a bassa temperatura variando la composizione dei lipidi) • presenza di doppi legami: membrane più fluide→non riescono a stabilirsi tra le molecole le forze attrattive di Van der Waals (come succede per gli olii) → più pieghe degli acidi grassi insaturi tendono meno ad “impaccarsi” rispetto a quelle lineari che possono affiancarsi facilmente. COLESTEROLO: • Molecola idrofobica ma ha anche un gruppo ossidrile che la rende leggermente anfipatica • stabilizzare la fluidità della membrana • basse temperature: «spaziatori» tra le molecole di fosfolipidi diminuendo le forze di van der Waals. • evita anche che la membrana diventi troppo fluida ad alte temperature: interagisce fortemente con le catene idrocarburiche vicine alle teste fosfolipidiche. 9 PROTEINE DI MEMBRANA: • Integrali: - Inglobate nella membrana - rilasciate solo se il doppio strato viene distrutto • proteine transmembrana: passano da parte a parte la membrana - struttura α-elica, ma ci sono a β-foglietto con una forma a «barilotto» - ancoraggio al trasporto attivo e passivo, all’attività enzimatica, la trasduzione del segnale e il riconoscimento cellulare. • Periferiche: - Superfici Interna ed esterna - legate con legami non covalenti alle proteine integrali Con la microscopia elettronica e la tecnica freeze-fracture è stato possibile separare in due le membrane: • orientate asimmetricamente. Le proteine della superficie interna: prodotte dai ribosomi liberi; superficie esterna: prodotte nel reticolo endoplasmatico. PERMEABILITA’: Membrana permeabile ad una determinata sostanza: questa riesce ad attraversarla facilmente. Le membrane sono selettivamente permeabili: permettono il passaggio di alcune sostanze ma non di tutte. In generale le membrane sono: • permeabili alle piccole sostanze apolari (es ossigeno e anidride carbonica) che passano facilmente il doppio strato fosfolipidico. • L’acqua riesce a passare lentamente • impermeabili agli ioni e alla maggior parte delle grandi molecole polari (es glucosio, polipeptidi). Processo molto selettivo: • diversi tipi di ligando hanno recettori diversi. (una chiave ed una serratura) • diversi tipi di cellule hanno recettori differenti → possono essere regolate da segnali diversi. • le cellule possono esprimere (che significa produrre) recettori differenti a seconda del periodo del loro ciclo vitale (per esempio sviluppo, differenziazione, accrescimento) o in condizioni diverse. • segnali diversi da quelli chimici, per esempio la rodopsina che si trova negli occhi dei vertebrati risponde alla luce. Principali tipi di recettori presenti sulla superficie cellulare: 1. recettori accoppiati a canali ionici 2. recettori accoppiati a proteine G 3. recettori accoppiati ad enzimi RECETTORI ACCOPPIATI A CANALI IONICI: - Molto studiati nei Neuroni e nelle cellule muscolari - sono in grado di convertire i segnali chimici in segnali elettrici. - In molti casi il recettore è un canale ionico che si apre e si chiude e risponde al controllo del ligando. (porta + canale) ➢ recettore colinergico dell’acetilcolina (neurotrasmettitore): canale ionico per il sodio importante per la contrazione muscolare. Quando si lega l’acetilcolina il recettore fa entrare nella cellula il sodio. Questo fa sì che diminuisca la differenza di carica elettrica tra interno ed esterno della membrana (si depolarizza) ed il muscolo si può contrarre. RECETTORI ACCOPPIATI A PROTEINE G: - Proteine che attraversano la membrana plasmatica 7 volte con strutture ad alfa elica. Hanno poi una testa esterna che porta il sito di attacco con il ligando ed una coda interna al citoplasma con un sito di legame per una proteina G. - Le proteine G legano i nucleotidi guanosinici (guanosina difosfato GDP, guanosina trifosfato GTP). (ricordate i nucleotidi del DNA? La GTP è molto simile all’ATP solo che ha una guanina al posto dell’adenina come base azotata) - Quando un ligando si lega al recettore accoppiato con la proteina G, il recettore subisce una modificazione conformazionale che gli permette di associarsi alla proteina G. - Questi recettori posso legarsi a centinaia di molecole diverse (basta cambiare il sito di attacco per lo specifico ligando). Circa il 60% dei farmaci agisce su questa tipologia di recettori. - possibilità di dare il via a molte vie di trasduzione del segnale (regolano enzimi, secondi messaggeri, canali etc). - Nel suo stato inattivo la proteina G consiste in 3 subunità unite, una delle 3 subunità è legata alla GDP. Quando il ligando si lega al recettore la proteina G rilascia il GDP e lo sostituisce con il GTP dopodichè la subunità legata al GTP si separa dalle altre due e da inizio ad una via di trasduzione del segnale. - Può attivare un enzima direttamente o ruolo di primo messaggero. (più comune) RECETTORI ACCOPPIATI A ENZIMI: sono proteine transmembrana con un sito di legame extracellulare per il ligando ed una componente enzimatica intracellulare (alcuni hanno un sito di legame per un enzima) ➢ La maggior parte di questi recettori sono la TIROSINA CHINASI La chinasi è un enzima che trasferisce un gruppo fosfato dall’ATP ad un substrato (=sostanza su cui agisce quell’enzima). Questa funzione si chiama fosforilazione. La tirosina chinasi trasferisce un gruppo fosfato dall’ATP alla tirosina di una proteina substrato. Quando il ligando si lega a due recettori a tirosina chinasi, i recettori si avvicinano e formano un DIMERO, quindi subiscono un cambiamento conformazionale che permette alla porzione di tirosina chinasi di un recettore di aggiungere gruppi fosfato (presi dall’ATP) alla porzione di tirosina chinasi dell’altro recettore che compone il dimero. In questo modo le parti enzimatiche sono pronte per fosforilare le proteine di segnalazione interne. Esistono anche recettori intracellulari. Infatti, alcuni recettori sono localizzati nel citoplasma o nel nucleo. Questi sono principalmente fattori di trascrizione che regolano l’espressione genica. Il complesso ligando recettore si lega al DNA nel nucleo e attiva o inibisce l’espressione di specifici geni. Questa azione è piuttosto veloce (30 minuti circa). Vengono così prodotte quantità diverse di RNA messaggero che porta poi alla sintesi di più o meno proteina. Le molecole segnale che attivano questi recettori sono piccole molecole idrofobiche che riescono a passare attraverso la membrana plasmatica (per esempio ormoni steroidei e tiroidei, il cortisolo, vitamine A e D, l’ossido nitrico). LA TRASDUZIONE DEL SEGNALE: Ogni tipo di recettore può attivare una diversa via di trasduzione (=trasmissione) del segnale grazie ad un cambiamento di conformazione della sua coda nel citoplasma, l’apertura del canale, la fosforilazione etc. La via di trasduzione altrimenti detta anche cascata di segnalazione è la serie di molecole di segnalazione intracellulari che trasmettono un messaggio. Durante la trasduzione il segnale viene amplificato. Ciascun componente della via di trasduzione agisce come un interruttore molecolare, se riceve il segnale si accende ed in seguito viene spento per poter essere poi riacceso all’arrivo di un nuovo segnale. Le proteine di segnalazione possono venire accese tramite fosforilazione Dopo che il segnale è passato dalla proteina chinasi 1 alla 2, la proteina chinasi 1 deve essere inattivata. C’è un enzima specifico la fosfatasi che rimuove i gruppi fosfato mediante idrolisi. Questo processo si chiama defosforilazione. Integrine: proteine transmembrana che trasducono i segnali in due direzioni TRASDUZIONE MEDIANTE I CANALI IONICI: • neurotrasmettitore GABA, acido gamma-amminobutirrico che si lega ai suoi recettori (recettori gabaergici) e provoca l’apertura di un canale al cloruro. Normalmente questo fa sì che gli ioni Cl- escano dalla cellula, di conseguenza cambi il gradiente elettrochimico e si abbia una inibizione della trasmissione degli impulsi nervosi. Il GABA ha quindi un effetto di inibizione degli impulsi nervosi. I farmaci barbiturici e le benzodiapine (con effetto ansiolitico e/o sonnifero) agiscono stimolando i recettori gabaergici. I SECONDI MESSAGGERI: sono ioni o piccole molecole che trasmettono segnali all’interno della cellula. Quando vengono attivati i recettori, vengono prodotte tante molecole di secondi messaggeri e in questo modo il segnale si amplifica. I secondi messaggeri non sono enzimi, ma alcuni di essi regolano enzimi come le proteine chinasi, altri si legano ai canali ionici. ➢ Un secondo messaggero molto comune è l’AMP CICLICO (cAMP) Quando la proteina G è attivata (legata al GTP) attiva a sua volta l’adenilato ciclasi un enzima che trasforma l’ATP in cAMP. Vengono prodotte molte molecole di cAMP che possono avere effetti di risposta su molte funzioni cellulari (metabolismo, espressione genica, canali). La Fosfodiesterasi: controlla la quantità di cAMP e lo spegnimento della via di segnalazione, trasforma il cAMP non più necessario in AMP. Entropia ed entalpia sono collegate da una terza forma di energia, l’energia libera G che è la quantità di energia disponibile a compiere un lavoro in una reazione biochimica, secondo questa relazione H = G + TS Dove T è la temperatura del sistema espressa in gradi kelvin Le reazioni chimiche comportano delle variazioni dell’energia libera, alcune reazioni produrranno energia, altre ne assorbiranno. La variazione di energia libera, il delta G, potrà essere calcolata come la variazione entalpia meno il prodotto della temperatura per la variazione di entropia. La temperatura non cambia perché è quella a cui avviene la reazione. ΔG = ΔH – TΔS METABOLISMO moltissime reazioni chimiche che avvengono all’interno dell’organismo e delle sue cellule e che gli permettono di svolgere le sue attività. E’ possibile distinguere due principali direzioni metaboliche: 1. l’anabolismo che comprende tutte le vie che portano alla sintesi delle molecole biologiche nelle cellule. richiede energia 2. Il catabolismo che comprende le vie che portano ad una scissione delle molecole biologiche in molecole più piccole e atomi. rilascia energia. Le due vie sono complementari REAZIONI ESOERGONICHE Le reazioni chimiche che rilasciano energia libera sono chiamate esoergoniche e sono definite spontanee. In queste reazioni l’energia dei prodotti è più bassa di quella dei reagenti. Se calcoliamo il Δ avremo che G dei prodotti sarà più piccola di G dei reagenti e quindi ΔG in questo caso sarà un valore negativo. REAZIONI ENDOERGONICHE: Le reazioni che invece richiedono energia e la assorbono dall’ambiente sono chiamate endoergoniche. In questo caso G dei prodotti è più elevata di G dei reagenti, per cui ΔG sarà positivo. Nel caso di una reazione esoergonica la situazione è simile a ciò che avviene quando il masso viene fatto cadere giù dalla montagna: l’energia potenziale del masso posto sulla cima si trasforma in energia cinetica del masso che rotola per il fianco della montagna. In una reazione esoergonica l’energia potenziale dei legami chimici delle molecole dei reagenti si trasforma in energia dei legami chimici ovvero entalpia dei prodotti ed in energia libera che viene rilasciata dalla reazione. Nel caso del masso che viene portato sulla cima della montagna devo spendere dell’energia per farlo rotolare fino in cima, l’energia immagazzinata da questo sistema si trasforma in energia potenziale del masso. Allo stesso modo nelle reazioni endoergoniche devo fornire energia per poter creare i legami chimici dei prodotti che hanno più energia potenziale e quindi entalpia di quelli dei reagenti. Un esempio di reazione esoergonica e spontanea è la diffusione dei soluti da zone a più alta concentrazione a zone dove è meno concentrato. A «spingere» la reazione è il gradiente di concentrazione. Se una cellula vuole poi ripristinare il gradiente (esempio far funzionare una pompa ionica) dovrà consumare energia libera e compiere una reazione endoergonica. EQUILIBRIO CHIMICO Nella maggior parte delle reazioni biochimiche c’è una piccola differenza tra l’energia libera di reagenti e prodotti, queste reazioni sono reversibili e non comportano la completa trasformazione dei reagenti in prodotti ma, man mano che i prodotti si formano, questi reagiscono tra loro per formare di nuovo i reagenti. Nella reazione: aA + bB ↔ cC + dD La doppia freccia indica una reazione reversibile in quanto avviene contemporaneamente nelle due direzioni, nel senso che anche i prodotti C e D possono reagire tra loro per ridare i reagenti A e B. Poiché, la velocità di una reazione chimica dipende dalla concentrazione dei reagenti, la velocità con cui A e B reagiscono sarà inizialmente massima per poi diminuire man mano che A e B reagiscono per dare i prodotti C e D. Contemporaneamente, però, i prodotti C e D inizieranno a reagire per formare nuovamente i reagenti A e B (reazione inversa). La velocità di questa reazione sarà inizialmente nulla per poi man mano salire all'aumentare della concentrazione di C e D. Le concentrazioni di A e B tenderanno quindi a diminuire col tempo, mentre le concentrazioni di C e D tenderanno ad aumentare. Dopo un certo tempo le concentrazioni di A, B, C e D raggiungeranno un valore costante, in quanto è stato raggiunto l'equilibrio chimico. Come si vede in figura all’inizio della reazione le concentrazioni dei reagenti sono massime e tendono a diminuire, mentre quelle dei prodotti sono minime e tendono ad aumentare. Ad un certo punto si stabilizzano, quello è il momento in cui si raggiunge l’equilibrio chimico. A determinati valori di temperatura e di pressione, ogni reazione raggiunge il suo caratteristico equilibrio. L’equilibrio chimico è un equilibrio dinamico. Se aumentiamo le concentrazioni dei reagenti o sottraiamo un po’ dei prodotti dalla miscela di reazione, la reazione diretta procederà un po’ di più verso destra (verso i prodotti). Se invece sottraiamo reagenti o aggiungiamo prodotti l’equilibrio si sposterà verso i reagenti (verso sinistra). METABOLISMO CELLULARE Molte delle reazioni che avvengono nelle cellule sono endoergoniche e quindi assorbono energia libera, per poterle svolgere le cellule le accoppiano con delle reazioni esoergoniche che producono energia libera A → B ΔG= + 20,9 kJ/mol (5 kcal/mol) ΔG positivo reazione endoergonica C → D ΔG= - 33, 5 kJ/mol (-8 kcal/mol) ΔG negativo reazione esoergonica La reazione accoppiata sarà A + C → B + D ΔG= 20,9 - 33, 5 kJ/mol = - 12,6 kJ/mol (-3 kcal) ΔG negativo percui la reazione totale sarà esoergonica Spesso tra le due reazioni si genera un intermedio comune Generalmente la reazione esoergonica accoppiata è l’idrolisi di ATP che è la maggiore fonte di energia della cellula Nelle cellule infatti l’energia libera viene immagazzinata come ATP. L’ATP è simile al denaro contante e deve essere usato in breve tempo, quando ne abbiamo di più di quello che ci serve in quel momento possiamo «metterlo in banca» immagazzinandolo nei depositi lipidici o in glicogeno per poi ritrasformarlo in ATP nei momenti di maggiore consumo energetico. L’ATP cede energia attraverso l’idrolisi di un gruppo fosfato trasformandosi in ADP (adenosina difosfato) In questo modo, idrolizzandosi l’ATP permette lo svolgersi delle reazioni endoergoniche nella cellula. - tutte le reazioni di sintesi delle macromolecole organiche sono reazioni di tipo endoergonico. - quando le reazioni esoergoniche, di degradazione delle molecole degli alimenti, producono energia - l’ADP si condensa in ATP, immagazzinando questa energia libera. - Le cellule mantengono un rapporto molto alto tra ATP e ADP più di 10 a 1. L’ATP è continuamente generato dai processi di respirazione cellulare che vedremo in seguito. Alcuni enzimi per agire hanno bisogno di un cofattore che può essere uno ione, una molecola organica o inorganica, altrimenti la reazione non avviene. • In questo caso l’enzima si chiama apoenzima. • Molti cofattori sono ioni metallici come il Calcio, il Magnesio, il Ferro etc. • Altri cofattori molto importanti nelle reazioni di ossidoriduzione sono il NAD+ il NADP+ e il FAD. • Un altro cofattore coinvolto nel metabolismo cellulare è il Coenzima A che vedremo nelle prossime lezioni. • Spesso le vitamine sono cofattori enzimatici. Gli enzimi di solito hanno una temperatura ed un pH ottimali a cui agiscono. Nel corpo umano la temperatura ottimale è quella corporea, il pH può invece variare da neutro (nel sangue) a acido (nello stomaco) a leggermente basico (pancreas). Se non ci sono queste condizioni ottimali, gli enzimi non funzionano: • perché le reazioni sono troppo lente nel caso delle basse temperature • si denaturano (alte temperature, pH molto acido o basico) e cioè viene alterata la conformazione dell’enzima, per rottura dei legami ad idrogeno delle strutture secondaria, terziaria e quaternaria. Quando un enzima viene denaturato questo processo è generalmente irreversibile, è come se l’enzima si fosse rotto. Ci sono casi di enzimi che funzionano bene alle alte temperature come quelle dei batteri termofili che vivono nelle sorgenti calde anche a 100°C. Spesso questi enzimi per questa loro caratteristica di resistere alle alte temperature vengono utilizzati nelle reazioni chimiche artificiali. • nella reazione PCR per l’amplificazione di frammenti di DNA per poterli studiare in laboratorio. ATTIVAZIONE E INIBIZIONE: Gli enzimi possono anche essere direttamente attivati o disattivati mediante modifiche conformazionali che si generano con modifiche di pH, diverse concentrazioni di ioni o aggiunta di gruppi fosfato a specifici amminoacidi dell’enzima. Alcuni enzimi possiedono un sito allosterico (la parola significa un altro spazio) diverso dal sito attivo che è in grado di modificare la conformazione dell’enzima. In particolare quando specifiche sostanze, chiamate regolatori allosterici, si legano al sito allosterico l’enzima modifica la sua conformazione e di conseguenza l’attività. I regolatori possono attivare l’enzima o inibirlo. • protein chinasi AMP ciclico dipendente: l’enzima è di solito nella sua forma inattiva, quando è necessario attivarlo, l’AMP ciclico si lega all’inibitore dell’enzima e lo stacca. In questo modo l’enzima si mette a funzionare. Inibizione enzimatica: è un fenomeno che può essere reversibile o irreversibile. Quando è reversibile tra enzima ed inibitori si formano dei legami deboli che possono essere sciolti. Inibizione competitiva: l’inibitore compete con il substrato per legarsi al sito attivo dell’enzima. In questo caso l’inibitore assomiglia dal punto di vista della struttura molecolare al substrato. Se si vuole che la reazione proceda normalmente bisogna aumentare la concentrazione di substrato. Inibizione non competitiva: l’inibitore si lega ad un sito enzimatico diverso da quello attivo, provocando una modificazione conformazionale (es: inibizione allosterica) Inibizione irreversibile l’inibitore distrugge l’enzima o il sito attivo legandosi in maniera irreversibile. Molti veleni sono inibitori irreversibili degli enzimi cellulari. • il cianuro si lega alla citocromo-ossidasi e la blocca impedendo alla cellula di respirare e produrre energia. Molti farmaci sono inibitori per gli enzimi di microorganismi che attaccano l’uomo. • i sulfamidici che vengono usati per le infezioni batteriche sono inibitori competitivi dell'enzima diidropteroato sintetasi che trasforma nei batteri l'acido p-amminobenzoico (PABA) in acido folico, essenziale per la sintesi e la replicazione degli acidi nucleici. Se non c’è i batteri muoiono. La specificità dei sulfamidici verso i batteri deriva dal fatto che questo enzima esiste nell’uomo che invece assimila l’acido folico con la dieta. • penicillina e altri antibiotici: inibiscono un enzima, la transpeptidasi, che stabilizza la struttura della parete cellulare dei batteri, ma è innocua per l’uomo. LA RESPIRAZIONE CELLULARE: Processi metabolici attraverso i quali gli organismi trasformano le macromolecole dei nutrienti in energia. Le vie cataboliche che degradano le sostanze nutritive sono esoergoniche e producono energia sotto forma di molecole di ATP. • aerobica e cioè avviene in presenza di ossigeno, I nostri polmoni forniscono l’ossigeno per la respirazione aerobica e eliminano i prodotti di rifiuto (CO2 e vapore acqueo). • anaerobica e avvenire in assenza di ossigeno. LA RESPIRAZIONE AEROBICA: Trasformazione dei nutrienti, in questo caso glucosio, in energia. La reazione può essere così sintetizzata C6H12O6 + 6O2 → 6CO2 + 6H2O + energia L’anidride carbonica è prodotta dalla demolizione del glucosio, togliendo atomi di idrogeno che si legano con l’ossigeno per formare acqua. In questo modo il glucosio viene ossidato e l’ossigeno ridotto. E’ una reazione di ossidoriduzione. 4 diversi stadi: 1. glicolisi 2. formazione dell’acetil coenzima A 3. ciclo dell’acido citrico 4. catena di trasporto degli elettroni e chemiosmosi nel citosol | nei mitocondri. 1. La glicolisi che significa “rottura del glucosio” è un processo mediante il quale la molecola di glucosio viene trasformata in due molecole di piruvato a 3 atomi di carbonio con produzione di molecole di ATP e di NADH ridotto. 2. Il piruvato prodotto entra nei mitocondri e viene trasformato in acetil coenzima A con perdita di una molecola di CO2 e produzione di NADH ridotto. 3. l’acetil coenzima A entra nel ciclo di Krebs ed il gruppo acetile viene interamente trasformato in CO2 con produzione di ATP e NADH e FADH2 ridotti. 4. Gli elettroni del NADH e FADH2 vengono ceduti ad una catena di molecole con la creazione di un gradiente di protoni H+ nello spazio intermembrana del mitocondrio (qui si capisce l’importanza della forma a doppia membrana del mitocondrio). L’energia accumulata in questo gradiente di protoni, tramite un flusso di rientro nella matrice mitocondriale e grazie ad un enzima che si chiama ATP sintasi permette di produrre la maggior parte dell’ATP del processo di respirazione. Gli elettroni “estratti” vengono ceduti all’ossigeno che si trasforma in acqua. I prodotti di quest’ultimo passaggio saranno quindi ATP, NAD+ e FAD ossidati e H2O RESPIRAZIONE ANAEROBICA e fermentazione Utilizzata da alcuni batteri che vivono in ambienti senza ossigeno, per produrre energia. • l’accettore finale degli elettroni della chemiosmosi non è l’ossigeno ma altre sostanze inorganiche come gli ioni nitrato NO3- e solfato SO42- . • I prodotti finali della respirazione anaerobica saranno ATP, anidride carbonica e sostanze inorganiche ridotte (non acqua). 2. PROMETAFASE l'involucro nucleare si frammenta completamente così i microtubuli del fuso si possono legare ai cromosomi attraverso i cinetocori. I cromatidi fratelli legati al fuso mitotico iniziano a disporsi lungo il piano equatoriale della cellula 3. METAFASE In questo stadio i cromatidi fratelli sono tutti allineati lungo in piano equatoriale e legati ai microtubuli del fuso. Questo è il momento in cui i cromatidi sono ben visibili al microscopio ed è per questo che si osservano le cellule in metafase per determinare la presenza di eventuali anomalie cromosomiche (determinazione del cariotipo) 4. ANAFASE In anafase i cromatidi fratelli si separano ed i due cromosomi migrano in direzioni opposte verso i centrioli utilizzando i microtubuli come binari. L'anafase termina quando tutti i cromosomi sono migrati ai poli. 5. TELOFASE Durante la telofase, i cromosomi che hanno raggiunto i poli si decondensano e attorno ad essi si riforma la membrana nucleare. I microtubuli del fuso scompaiono. Alla fine si formano i due nuclei delle cellule figlie. LA CITOCINESI la divisione del citoplasma in due cellule figlie è l’ultimo stadio della fase M ed inizia durante la telofase. 1. si forma un anello contrattile di actina e miosina, che contraendosi crea un solco di divisione che gradualmente separa il citoplasma in due cellule figlie ciascuna con il suo nucleo. Quando si dividono i due citoplasmi cosa succede agli organelli? Dal momento che sono presenti in molte copie si dividono in parti uguali, i mitocondri possono duplicarsi in maniera autonoma perché contengono un proprio DNA (sono molto simili a delle cellule procariote che si duplicano per scissione binaria). Ci sono sistemi specifici che regolano il ciclo cellulare nei suoi punti chiave come le chinasi ciclina dipendenti ed i fattori di crescita LA RIPRODUZIONE: ASESSUATA: ogni singolo genitore attraverso un processo di scissione, gemmazione o frammentazione dà origine a due o più individui. Nella riproduzione asessuata le cellule figlie vengono prodotte per mitosi ed il loro codice genetico è identico a quello dei genitori (cloni dei genitori). SESSUATA: nella riproduzione sessuata invece si uniscono delle cellule specializzate di due organismi genitori, i gameti, per formare una cellula figlia, lo zigote. La riproduzione sessuata genera variabilità nella prole, perché i figli non hanno lo stesso codice genetico dei genitori e possono quindi essere più o meno adattabili all’ambiente. Negli organismi superiori i cromosomi si presentano in coppie di cromosomi con la stessa forma, dimensione e posizione del centromero, i cromosomi omologhi. I cromosomi omologhi portano le informazioni per il controllo degli stessi caratteri genetici anche se non la stessa identica informazione. Esempio: Sulla coppia di cromosomi omologhi 1 sono presenti i geni che determinano il colore degli occhi: uno può portare l’informazione colore verde e l’altro colore marrone. Nell’uomo sono presenti 23 coppie di 46 cromosomi omologhi (la caratterizzazione dei cromosomi in termini di numero e forma è detto cariotipo). L’immagine qui sotto è quella di un cariotipo umano L’ultima coppia la 23esima è quella dei cromosomi sessuali, in questo caso l’individuo è XY, quindi è un maschio. Se una cellula, come quella umana, porta due cromosomi di ogni tipo viene detta diploide, se invece è presente un solo cromosoma per tipo si definisce aploide: schematicamente diploide si rappresenta con 2N e aploide con N. • Nell’uomo il numero diploide è 46, il numero aploide è 23. • Le cellule somatiche dell’uomo sono diploidi, i gameti sono aploidi. LA MEIOSI I: La meiosi è un particolare tipo di divisione cellulare che riduce il numero dei cromosomi. Durante la meiosi una cellula diploide 2N subisce due divisioni cellulari e produce 4 cellule aploidi N. Durante la meiosi il materiale genetico proveniente dai due cromosomi omologhi viene mescolato in modo da produrre cellule aploidi con combinazioni di geni uniche. Le due divisioni cellulari della meiosi si chiamano meiosi I e meiosi II (ognuna ha una profase, una metafase, un’anafase ed una telofase). 1. Nella fase S che precede la meiosi i cromosomi vengono duplicati e si formano i cromatidi fratelli. Nella profase 1 i cromatidi fratelli dei due cromosomi omologhi si appaiano formando delle tetradi. Questo processo di appaiamento si chiama sinapsi. Mendel scelse per i suoi esperimenti delle varietà di pisello rappresentative per 7 caratteri o tratti (caratteristiche facilmente riconoscibili del fenotipo). Per esempio quando incrociava una linea pura di piante a stelo lungo con una a stelo corto otteneva tutte piante a stelo lungo. Prosegui poi incrociando tra di loro le piante della generazione F1 e ottenne la generazione F2 che risultò composta da 787 piante a stelo lungo e 277 a stelo corto (3/4 delle piante erano a stelo lungo). Nella seconda generazione gli individui non erano più tutti uguali. Mendel ottenne questo tipo di rapporto tra gli individui della enerazione F2 anche per gli altri caratteri. Queste evidenze dimostravano che i caratteri non si mescolavano semplicemente tra le generazioni, ma si combinavano secondo regole precise, in cui alcuni caratteri delle linee pure venivano più espressi (dominanti) e altri meno espressi (recessivi). I suoi esperimenti portarono alla scoperta dei principi fondamentali dell’ereditarietà come il principio di segregazione ed il principio dell’assortimento indipendente. Il termine locus indica la posizione di un particolare gene o gruppo di geni su di un cromosoma (es: il locus del gene dell’alfa-Sinucleina è sul cromosoma 2) oppure può indicare la posizione cromosomica del segmento di DNA che porta l’informazione di interesse (es: il locus del colore del fiore è sul cromosoma 5; sul cromosoma 22 c’è un locus di suscettibilità alla schizofrenia) Il genotipo è determinato dalla tipologia di alleli che l’individuo possiede per quel gene. Un individuo è omozigote se possiede due alleli identici per quel gene. Un individuo è eterozigote se possiede due alleli diversi Dal momento che gli alleli possono essere dominanti o recessivi non è possibile capire il genotipo di un organismo semplicemente osservandone il fenotipo (l’aspetto o la presenza/assenza di una malattia). Per gli animali e le piante, in passato si utilizzavano le tecniche di reincrocio per identificare i genotipi, ora è possibile determinare il genotipo umano e di tutti gli organismi analizzando il DNA. PRINCIPIO DELL’ASSORTIMENTO INDIPENDENTE: (Mendel) Questo principio afferma che le coppie di alleli di geni diversi segregano (si distribuiscono) in maniera indipendente nei gameti. ESEMPIO: incrocio tra due cavie, una a pelo corto e di colore nero ed una a pelo lungo e di colore marrone. Entrambi questi animali sono omozigoti per questi due caratteri (BBSS, alleli dominanti) (bbss, alleli recessivi). L’incrocio tra i due animali da origine ad un ibrido F1 che porta il genotipo eterozigote per entrambi i caratteri. Quando si incrociano tra loro gli animali della generazione F1 gli alleli dei due caratteri si combinano in maniera indipendente nella generazione F2, dando origine a tutte le combinazioni possibili (vedi quadrato di Punnett). Gli alleli si ricombinano (ricombinazione genetica) per dare luogo a combinazioni nuove ed aumentare così la variabilità degli individui. Oggi si è scoperto che l’assortimento indipendente non avviene sempre. La regola dell’assortimento indipendente non è vera quando i geni sono associati (in linkage) perché si trovano vicini tra loro sulla stessa coppia di cromosomi. L’associazione tra geni o linkage è la tendenza di un gruppo di geni ad essere ereditati insieme nelle generazioni successive. Questa «eccezione» alla regola dell’assortimento indipendente è stata osservata negli anni attorno al 1910 dal genetista americano Thomas Morgan. Per prima cosa Morgan dimostrò che i geni sono disposti in maniera lineare lungo i cromosomi. Per dimostrare che due geni sono associati se si trovano vicini tra loro osservò due caratteri del moscerino della frutta. La forma delle ali che possono essere normali o vestigiali (atrofiche) e vengono determinate dall’allele V dominante, ali normali, e v recessivo, ali vestigiali, e il colore del corpo, grigio o nero, che viene determinato dall’allele B dominante, colore grigio, e dall’allele b recessivo, colore nero. Questo fa si che i caratteri legati all’X siano espressi molto più frequentemente nei soggetti maschi che nelle femmine. Le femmine sono portatrici se hanno il genotipo XeXE Per evitare che le femmine abbiano un «sovradosaggio» dei geni sull’X, esiste un meccanismo di compensazione della dose. In questo modo sia gli individui maschi che femmina producono la stessa quantità di proteine codificate dall’X. Al momento non sono stati ancora del tutto chiariti i meccanismi che portano alla compensazione della dose, quello che si sa è che uno dei due cromosomi X presenti nelle cellule femminili viene quasi del tutto inattivato. Nel periodo di interfase del ciclo cellulare, uno dei due cromosomi X (scelto in maniera casuale) rimane condensato (e quindi non «funziona) ed è visibile come corpo di Barr (macchia scura di cromatina). L’inattivazione dell’X può anche determinare un fenotipo visibile. Per esempio topi e gatti hanno sull’X geni che codificano per i colori del mantello. Le femmine di questi animali possono presentare chiazze di colore del mantello. Dominanza incompleta, codominanza, relazioni gene-fenotipo non diretta, epistasi Gli studi sull’ereditarietà hanno notato che non sempre ci sono alleli recessivi o alleli dominanti per ogni carattere, ci sono delle situazioni anche di dominanza incompleta in cui gli eterozigoti mostrano un fenotipo intermedio. Per esempio la pianta «bella di notte» si presenta con fiori bianchi o fiori rossi e se viene autofecondata da origine a delle linee pure. Se invece si incrocia la linea rossa con quella bianca si originano delle piante con fiori rosa (fenotipo intermedio). Un altro caso è quello della codominanza quando gli individui eterozigoti mostrano il fenotipo associato ad entrambi gli omozigoti. Un esempio di codominanza sono i gruppi sanguigni, che sono controllati da 3 alleli per un singolo locus (IA, IB e i) che codifica per il carattere- antigeni presenti sui globuli rossi-. Gli alleli IA e IB sono codominanti, l’allele i è recessivo. Questo fa si che se sono presenti sia l’allele IA che il IB i globuli rossi di quel soggetto porteranno sulla loro superficie sia l’antigene A che l’antigene B (gruppo sanguigno AB). Questo è anche un esempio di alleli multipli (più di due) per lo stesso locus genetico. La relazione tra gene e fenotipo è in alcuni casi non diretta. Per esempio molti geni possono avere effetti su tanti aspetti del fenotipo (pleiotropia). Per esempio gli individui affetti da fibrosi cistica (omozigoti per una mutazione nel gene CFTR), producono muco vischioso in molte parti del corpo e hanno sintomi che coinvolgono sia il sistema respiratorio che i sistemi digerente e riproduttivo. Inoltre diverse coppie di alleli possono interagire per determinare uno stesso fenotipo, questo fenomeno si chiama epistasi: un gene influenza l’espressione fenotipica di un altro gene. Un esempio è costituito dal colore del mantello dei cani di razza Labrador, che dipende da due geni, B ed E. Il gene B controlla la produzione del pigmento melanina: l’allele dominante B produce pigmentazione nera, mentre l’allele recessivo b produce pigmentazione marrone. Il gene E controlla invece la deposizione del pigmento nel mantello: in presenza dell’allele dominante E la melanina si deposita normalmente nel pelo; l’allele recessivo invece impedisce la deposizione del pigmento, che viene prodotto ma non riesce a depositarsi nella pelliccia. Il risultato è un mantello di colore giallo. Di conseguenza i cani BB o Bb sono neri e quelli bb sono marroni solo se sono anche EE oppure Ee; i cani ee, invece, sono sempre di colore giallo, indipendentemente dal genotipo del gene B. EREDITARIETA’ POLIGENICA Molte delle caratteristiche ereditarie dell’uomo come la statura, il colore della pelle o la suscettibilità a diverse malattie comuni, come alcuni tipi di cancro o di malattie cardiache, non si ereditano come un singolo locus, ma sono determinate da più loci genici. Si parla di ereditarietà poligenica quando più loci allelici di geni indipendenti hanno effetti simili ed additivi sullo stesso carattere. I caratteri che seguono un'eredità poligenica sono caratteri quantitativi: è l'effetto cooperativo di diversi geni che determina l'intensità del carattere fenotipico. In questa tipologia di caratteri, le differenze tra i vari individui sono rappresentate da una curva a campana (curva di Gauss): l'apice rappresenta i valori medi e più frequenti del fenotipo. L'eredità poligenica è l'opposto della pleiotropia, in cui un singolo gene agisce su più caratteri. Ad esempio, come si può vedere in questa figura, il colore della pelle dipende da almeno 3 geni: Importante è per molti caratteri l’interazione con l’ambiente. Un esempio sono i fiori delle ortensie, che possono variare dal rosa al blu, a seconda dei livelli di allumino che trovano nel terreno. • Se c’è tanto allumino ed un pH acido (l’alluminio è più solubile in soluzione leggermente acida) i fiori sono blu • se invece il pH è basico, i fiori sono rosa. Le interazioni geni–ambiente sono molto importanti per determinare la vulnerabilità a molte malattie comuni umane. Il DNA: LA SCOPERTA 1871 Friedrich Miescher: scoperta della Nucleina presente nei nuclei delle cellule (DNA+RNA+proteine) 1928 Frederick Griffith, fattore trasformante: condusse degli esperimenti in due ceppi di batteri pneumococchi: un ceppo detto liscio (S) che causava la polmonite e un altro ceppo detto rugoso (R) che era invece innocuo. 11 Nella cellula sono presenti anche molti meccanismi enzimatici per la correzione degli errori di replicazione ma non tutti vengono corretti. Circa 1 nucleotide mutato per miliardo infatti sfugge a questi sistemi di controllo. Gli errori di replica, le mutazioni (o polimorfismi vedremo in seguito) possono causare dei danni alle cellule ed essere causa di malattie, in altri casi invece possono dimostrarsi utili dal punto di vista evolutivo e generare degli individui che meglio si adattano alle condizioni ambientali. Per esempio viene inserita una guanina G invece di un’adenina A nel filamento copiato che poi viene ereditato. Esempi di mutazioni positive La tolleranza al lattosio, che permette la digeribilità del latte e degli alimenti che lo contengono anche dopo lo svezzamento, è dovuta secondo i genetisti ad una mutazione favorevole avvenuta circa 10.000 anni fa nella popolazione che abitava il Caucaso. La delezione di 32 coppie di basi nel gene umano CCR5 (CCR5-32) che codifica per un recettore presente sui globuli bianchi e che conferisce all'uomo la resistenza all'AIDS negli omozigoti, mentre ritarda i suoi effetti negli eterozigoti. La mutazione è mediamente più diffusa tra coloro che hanno discendenza europea (attorno al 10% della popolazione); una teoria per spiegare la maggiore diffusione nella popolazione europea della mutazione CCR5-32, la mette in relazione con le forme di resistenza a epidemie di peste o vaiolo. La mutazione dell'apolipoproteina Apo A-1, chiamata Apo A-1 Milano, conferisce ad alcuni abitanti di Limone sul Garda (portatori di questa mutazione) un’innata resistenza agli effetti dannosi del «colesterolo cattivo» sulle patologie cardiovascolari. Questa proteina mutata ha conferito, inoltre, agli abitanti del paese un'estrema longevità, una dozzina di residenti ha infatti superato i 100 anni (su circa un migliaio di abitanti). Il meccanismo La replicazione del DNA richiede l’azione congiunta di molti enzimi e proteine La replicazione inizia in punti specifici della molecola del DNA chiamati origini di replicazione dove la doppia elica si svolge. Le DNA elicasi sono gli enzimi che «aprono» la doppia elica I due filamenti si replicano contemporaneamente e si forma una struttura a Y chiamata forca di replicazione. Una volta che l’elicasi ha aperto la doppia elica, si legano ai due singoli filamenti le proteine SSB (single strand binding proteins) che li stabilizzano in posizione aperta. Quando una parte di DNA si svolge, il resto della molecola rischia di superavvolgersi (pensate al cavo del telefono o ad una corda), si possono formare nodi che potrebbero bloccare la replicazione. 12 Per evitare il superavvolgimento ci sono le topoisomerasi che tagliano il DNA e lo risaldano. Le DNA polimerasi possono aggiungere nucleotidi solo ad estremità già esistenti di acidi nucleici (non possono partire da zero). Per questo motivo sono necessari dei primer, delle piccole molecole (di 5-14 nucleotidi) che funzionano da innesco fatte di RNA (acido ribonucleico, lo vedremo in seguito) (RNA primer). Nella duplicazione del DNA degli eucarioti, che hanno cromosomi molto lunghi, la sintesi avviene contemporaneamente da più origini e poi i filamenti sintetizzati vengono legati insieme. Quando la replicazione di un intero cromosoma arriva alla fine il filamento in ritardo (quello che viene sintetizzato in frammenti) non riesce a replicarlo completamente fino all’ultimo nucleotide (perché sugli ultimi nucleotidi si lega il primer) e quindi ad ogni ciclo cellulare si perdono delle piccole porzioni di DNA che non vengono replicate. Per questo motivo i cromosomi hanno delle specie di cappucci terminali, chiamati telomeri, che contengono delle sequenze di nucleotidi ripetute molte volte e che non codificano per nessuna proteina. Questi cappucci durante la vita di un individuo si «consumano» e fanno si che le cellule adulte abbiano un numero limitato di possibili replicazioni. Per esempio le cellule di un uomo di 70 anni hanno ancora la possibilità di dividersi, senza perdere informazioni genetiche, per 20-30 volte, mentre quelle di un bambino possono dividersi 80-90 volte. Alcune cellule adulte che devono continuamente replicarsi, per esempio le cellule del sangue possiedono un enzima, la telomerasi, che allunga i telomeri. Il controllo dell’attività della telomerasi può essere un punto chiave per sviluppare nuovi farmaci per l’uomo. Il suo potenziamento potrebbe contribuire a rallentare l’invecchiamento, «ringiovanendo» le cellule degli anziani, dall’altra parte però potrebbe causare dei tumori permettendo la replicazione incontrollata delle cellule cancerose. Si stanno studiando infatti dei nuovi chemioterapici per la cura dei tumori che potrebbero andare a limitare l’azione della telomerasi. ESPRESSIONE GENETICA Si è arrivati a definire che le informazioni contenute nel DNA sono in grado di determinare la sequenza delle proteine. L’informazione contenuta nel DNA delle cellule ha bisogno di un altro intermediario per poter essere trasferita alla sintesi proteica. Questo intermediario è l’RNA. Abbiamo visto nelle lezioni precedenti che l’RNA è l’acido ribonucleico ed è anch’esso un polimero di nucleotidi come il DNA, ma differisce da questo per 3 caratteristiche: • è a singolo filamento (anche se può contenere delle regioni complementari che possono appaiarsi) • al posto dello zucchero deossiribosio del DNA, l’RNA contiene il ribosio che ha legato al carbonio 2 dell’anello un gruppo ossidrilico invece di un atomo di idrogeno • al posto della base azotata Timina (T) del DNA, nell’RNA si trova l’uracile (U). Anche l’uracile è una pirimidina e può formare due legami ad idrogeno con l’adenina (differisce dalla timina per un gruppo metilico –CH3 mancante). Nelle cellule esistono altre due RNA polimerasi: l’RNA polimerasi I che catalizza la sintesi dei molti RNA ribosomiali (rRNA) e l’RNA polimerasi III che catalizza la produzione degli RNA transfer (tRNA) e di un rRNA. L’RNA polimerasi II come la DNA polimerasi utilizza come stampo il filamento di DNA e procede nella sintesi in direzione 5’ 3’ (mentre lo stampo viene letto in direzione 3’ 5’). Usa come substrati i nucleotidi con 3 gruppi fosfato legati (ATP, GTP, UTP, CTP) e rimuove i due fosfati quando aggiunge il nucleotide alla catena di RNA nascente. Questa reazione è molto esoergonica e non richiede energia. L’estremità 5’ dei filamenti di DNA e RNA è detta «a monte» mentre l’estremità 3’ è anche detta «a valle». L’RNA polimerasi II si lega ad una sequenza di DNA chiamata promotore che non viene trascritta. Lì l’RNA polimerasi inizia a srotolare la doppia elica e inizia la trascrizione. La sintesi dell’RNA non richiede la presenza di primer. Come si vede nella diapositiva precedente il primo nucleotide della molecola di mRNA mantiene legati i 3 gruppi fosfato mentre l’ultimo ha l’ossidrile (OH) libero. L’allungamento della molecola di mRNA termina quando l’enzima incontra una specifica sequenza di terminazione. Raggiunta la sequenza di terminazione, nelle cellule procariote l’enzima si stacca dal DNA e libera la molecola di mRNA, invece nelle cellule eucariote l’RNA polimerasi aggiunge all’estremità 3’ della molecola di mRNA ancora 10-35 nucleotidi dopo il segnale di terminazione. Nei batteri l’RNA messaggero che viene prodotto dalla RNA polimerasi contiene anche sequenze di nucleotidi che non codificano per la proteina. In particolare c’è una sequenza non codificante all’estremità 5’ detta sequenza leader che serve al ribosoma per posizionarsi correttamente sulla molecola di mRNA, poi c’è una sequenza di start (o codone di inizio AUG) che precede la sequenza codificante e poi alla fine un codone di stop (UAA, UGA, UAG) seguite da sequenze non codificanti dette sequenze trailing (finale). MODIFICAZIONE POST-TRASCRIZIONALI NEGLI EUCARIOTI Maturazione: gli mRNA nei procarioti vengono subito utilizzati per sintetizzare le proteine senza ulteriori modificazioni. Negli eucarioti invece l’mRNA trascritto dalla RNA polimerasi viene definito mRNA precursore o pre-mRNA perchè deve ancora essere modificato; inizia già durante la trascrizione perchè alcuni enzimi aggiungono un cappuccio (cap) all’estremità 5’ dell’mRNA appena sintetizzato. Il cap è costituto da una 7 metilguanosina, un nucleotide non comune che si lega ai 3 gruppi fosfato dell’estremità 5’. Sembra che il cap serva per evitare la degradazione dell’mRNA da parte di alcuni enzimi. La vita media dell’mRNA nelle cellule di mammifero è di circa 10 ore, mentre nei batteri è di 2 minuti. Poli-adenilazione: una fase della maturazione del pre-mRNA che consiste nell'aggiunta di coda poliadenilica di 100-250 nucleotidi (adenine) all'estremità 3'-OH del pre-mRNA, tramite legame covalente. Quasi tutti gli mRNA possiedono una coda di poliA. Un'eccezione è rappresentata dall'mRNA che codifica per le proteine istoniche. Sembra che la coda di poliA serva per esportare l’mRNA dal nucleo al citoplasma, favorisca il legame con i ribosomi e sia in grado di evitare la degradazione dell’mRNA da parte di alcuni enzimi nel citoplasma (più è lunga la coda, più l’mRNA è stabile). I geni degli eucarioti contengono tra le sequenze codificanti anche molte regioni che non codificano per la sintesi proteica. Queste sequenze non codificanti sono chiamate introni, mentre quelle codificanti sono chiamate esoni. I geni degli eucarioti possono avere molti esoni e molti introni. Il gene della titina umana presente nelle cellule muscolari, la più grande proteina conosciuta contiene 233 introni e 234 esoni. I ricercatori si sono chiesti perchè la struttura dei geni sia così complessa e contenga anche le sequenze introniche non codificanti, l’ipotesi più accreditata ritiene che in questo modo l’espressione genica possa essere più controllata e regolata. Affinchè il pre-mRNA maturo diventi funzionale, oltre al cap e alla coda di poliA, è anche necessario che vengano rimossi gli introni e che vengano unite insieme le sequenze degli esoni, questo processo si chiama splicing. Lo splicing può essere anche alternativo e cioè può non legare insieme tutti gli esoni codificati dal gene, ma può unire una volta un gruppo di esoni una volta un altro gruppo dando origine a mRNA maturi diversi e quindi a proteine diverse. Si è stimato che ogni gene umano può dare origine a 4 proteine diverse attraverso lo splicing alternativo, spesso queste proteine non sono completamente differenti, ma sono diverse isoforme della stessa classe di proteine (es: immunoglobuline) LA TRADUZIONE La traduzione è il processo mediante il quale l’informazione genetica trascritta sull’mRNA viene utilizzata per la sintesi delle proteine dai ribosomi. L’mRNA maturo esce dal nucleo ed entra nel citosol, li sono presenti i principali attori del processo di sintesi proteica: gli RNA trasfer (tRNA) ed i ribosomi. I tRNA sono formati da un singolo filamento di RNA di 70-80 nucleotidi che si ripiega per assumere una forma specifica con tre diverse anse (loop). L’ansa più in basso contiene l’anticodone, ovvero la tripletta di basi nucleotidiche complementare a quella presente sull’mRNA che codifica per un particolare amminoacido. L’amminoacido corrispondente al codone è legato alla parte terminale in 3’ del tRNA da particolari enzimi chiamati aminoacil- tRNA-sintetasi. Il gruppo amminico dell’amminoacido è libero e pronto per il legame peptidico con un altro amminoacido. RNA
L'aminoacil-tRNA
si lega al codone
nel sito A
@ La catena polipeptidica è legata covalentemente @ Un aminoacil.tRNA si lega al sito A mediante
al tRNA che trasporta l'ultimo aminoacido inserito l'appaiamento complementare tra le basi
nella catena. Questo tRNA occupa il sito P del ribosoma. dell'anticodone sul tRNA e quelle
del codone sull'mRNA.
Ribosoma pronto Formazione
‘ad accettare un altro del legame peptidico
Estremità Jeee
ica aminoacil-1RNA
© Nel passaggio di traslocazione, il ribosoma @ La catena polipeptidica in crescita si stacca
si sposta di un codone verso l'estremità dalla molecola di tRNA che occupa il sito P
3' dell''mRNA. Il risultato è che la catena e sì unisce con un legame peptidico
polipeptidica in formazione viene trasferita all'aminoacido legato al tRNA nel sito A.
sul sito P. Il :RNA, non più carico, lascia
il ribosoma dal sito E.
Subunità ribosomale
La catena maggiore
polipeptidica , ( \
Fattore joe: n
di rilascio IR Fattore
di rilascio
dd mRNA
Subunità
ribosomale
Codone di stop Codone di stop minore j
(UAA, UAG (UAA, UAG IRNA 3
0 UGA) 0 UGA)
@ Quando il ribosoma arriva su un codone @ Il fattore di rilascio idrolizza il legame —@ Le parti rimanenti del complesso
di stop, un fattore di rilascio tra la catena polipeptidica e il RNA, di traduzione si dissociano.
proteico si lega al sito A. determinando il rilascio del polipeptide
dalla molecola di tRNA nel sito P.
Completata la sintesi della catena polipeptidica, intervengono delle proteine associate ai ribosomi, le proteine chaperone che aiutano la nuova proteina a ripiegarsi e ad assumere la conformazione corretta. I microRNA Oltre all’mRNA, tRNA e rRNA esistono molti altri tipi di molecole di RNA nelle cellule che possono giocare un ruolo nella sintesi proteica. Recentemente si è scoperto che alcune molecole di RNA hanno anche la capacità di regolare l’espressione genica, questo fenomeno è stato chiamato RNA interference (RNAi) e presenta interessanti potenzialità di applicazione sia per scoprire le basi molecolari di molte patologie che per sviluppare farmaci innovativi Tra questi RNA regolatori, una delle categorie più importante è quella dei microRNA che sono dei piccoli RNA a singolo filamento di 20-25 nucleotidi, capaci di legarsi all’mRNA dei geni bersaglio e di inibirne la traduzione. Il numero di microRNA scoperti nelle specie animali è in continua crescita e ad oggi nell’uomo ne sono stati identificati circa 2000. Ogni microRNA poi può agire su molti geni bersaglio che codificano per altrettante proteine umane. Si ritiene che circa il 50% dell’espressione genica possa essere regolata dai microRNA Alterazioni dei livelli di microRNA sono stati osservati nel cancro, nelle patologie cardiovascolari, nell’obesità ed in molte malattie del sistema nervoso centrale come le malattie psichiatriche e neurodegenerative. Oggi sono in sperimentazione diversi farmaci che sfruttano il funzionamento dei microRNA per modificare i meccanismi patologici delle malattie umane. LE MUTAZIONI
L'accuratezza della replicazione del DNA non è sempre perfetta e può succedere
che gli errori di replicazione non vengano corretti dagli enzimi di riparo.
In questo caso, la modificazione del DNA diventa ereditabile e può essere
trasmessa alle generazioni successive.
La maggior parte delle mutazioni sono silenti (prive di effetti rilevabili), alcune
sono dannose e possono dare origine a malattie, altre invece possono rilevarsi
utili dal punto di vista evolutivo perché aumentano la variabilità tra individui.
Il caso più semplice di mutazione è quello delle mutazioni puntiformi in cui
‘avviene la sostituzione di una base del DNA, che può alterare la sintesi della
proteina modificando il codone e quindi l’amminoacido corrispondente.
Nel caso di una sostituzione nucleotidica si possono verificare 3 situazioni:
1) la mutazione è silente, non da effetti funzionali. Questo succede quando la
mutazione produce la trascrizione di un codone sinonimo a quello corretto, per
cui la sequenza degli amminoacidi non cambia
Mutazion
hitp:/skat.ihme.us!
Mutazione in posizione 12 del DNA: A al posto di C
In questo esempio la Filamento 31 6:
sostituzione di A al posto diC semo TUULUeCLeeURetUniti
genera il codone CCU che è faccione i
sinonimo di quello corretto si
CCG e codifica sempre per nav “MMNTTE TOTO COTOnO
una prolina RAS Ge ROLE NOTO
Traduzione
Pater cocosE
Risultato: nessun cambiamento nella sequenza amminoacidica
2) la mutazione è di senso, e provoca la sostituzione di un amminoacido con
un altro. Questo succede quando la mutazione produce la trascrizione di un
codone non sinonimo a quello corretto.
| Mutazione ci senso |
In questo esempio la Mutazione in posizione 14 del DNA: A al posto di T
sostituzione di una A al posto Filamento SS EI
di una T porta alla ep
trascrizione del codone GUU frnsczione
che codifica per la Valina vai SPEPECETE TE ETETAA:
invece del codone GAU che SETE n Ne:
codifica per l'acido aspartico. fracizione
Poipapice cooo. =
Risultato: l'amminoacido in posizione 5 è cambiato: (Val al posto di Asp)
Esempi di polimorfismi sono quelle variazioni geniche che influenzano il colore
della pelle o degli occhi o l'altezza. Alcuni polimorfismi genici però possono
influenzare la suscettibilità alle malattie umane di tipo multifattoriale che
sono determinate dall'interazione di diverse cause di tipo biologico e di tipo
ambientale (es: forme comuni di cancro e di malattie cardiovascolari,
depressione etc) oppure la risposta ai farmaci.
Un esempio di polimorfismo genetico è il polimorfismo dei gruppi sanguigni ABO
| fenotipi sono A, B, AB, 0 e soho presenti in tutte le popolazioni umane, sono
stati mantenuti durante la selezione naturale perchè i diversi fenotipi sono più o
meno suscettibili ad una varietà di malattie. Ad esempio, la suscettibilità di una
persona ad ammalarsi di colera (o altre infezioni diarroiche) è correlata al gruppo
sanguigno: quelli con gruppo sanguigno 0 sono i più sensibili, mentre quelli di tipo
AB sono i più resistenti. Tra questi due estremi ci sono i gruppi sanguigni A e B,
con il tipo A che è più resistente del tipo B.
http:/cellulenumerieattro.blogspot.it/
http/Www.escuelapedia.com/
Tipologie più frequenti di polimorfismi
Da un punto di vista molecolare i polimorfismi più frequenti sono le sostituzioni di una
base del DNA con un'altra (l'abbiamo già visto per le mutazioni), chiamati in questo
caso Single Nucleotide Polymorphism SNPS (si pronuncia snips).
Il genoma umano è altamente polimorfo e si stima che ci sia uno SNP almeno ogni
1000 basi del DNA.
In questo esempio una A si sostituisce ad una G.
Nella popolazione ci saranno quindi 3 diversi genotipi
con frequenze variabili: GG, AG e AA (es: 65%, 30%,
5%)
http://www dinabaser.com/
Per dare un’idea di quanti sono i polimorfismi umani si può citare il fatto che Il
database del NCBI (National Center for Biotechnology Information) americano
(dbSNP) che raccoglie tutti gli SNPs annotati contiene ad oggi più di 62 milioni di
entries (non tutti sono polimorfismi confermati)
Un' altra tipologia di polimorfismi frequenti sono i polimorfismi microsatellite
che consistono in sequenze ripetute di coppie, triplette di basi (o anche
sequenze più grandi), per esempio GAGAGAGAGA oppure
CAGCAGCAGCAG in lunghi blocchi. La lunghezza di queste sequenze
ripetute può variare nella popolazione. Per esempio un soggetto ha 10
ripetizioni, un altro ne ha 5 un altro 12 etc...
Spesso questi polimorfismi non hanno effetti funzionali, ma dal momento che
prensentano una grande variabilità nel numero di ripetizioni vengono
utilizzati nelle scienze forensi per confrontare i DNA nei test di paternità o
nella ricerca degli autori di delitti (DNA fingerprinting).
REGOLAZIONE GENETICA
Negli organismi pluricellulari le cellule sono differenziate per svolgere delle
specifiche funzioni nei vari organi e tessuti, ma hanno tutte lo stesso DNA (a
parte i gameti) e cioè contengono tutte le stesse informazioni genetiche.
Questo vuol dire che le diverse tipologie di cellule sono in grado si esprimere in
maniera selettiva solo le proteine e gli enzimi che sono utili per le loro necessità
‘anche se potenzialmente potrebbero sintetizzare tutte le proteine del genoma.
Vediamo in queste lezioni come fa la cellula a regolare l’espressione genica.
La regolazione genica nei batteri avviene soprattutto a livello della trascrizione.
| geni sono organizzati in gruppi con le stesse funzioni e vengono «accesi» al
momento opportuno. Gli mRNA prodotti nei batteri vengono subito tradotti e
degradati e quindi la produzione dei gruppi di proteine si spegne velocemente.
Le cellule eucariotiche hanno invece necessità di regolazione molto più
‘complesse perché devono svolgere funzioni diverse (regolazione tessuto-
specifica) e cooperare tra loro. Inoltre le cellule eucariotiche vivono di più delle
cellule batteriche e devono poter esprimere geni diversi in momenti diversi del
loro ciclo vitale (regolazione temporale). Nelle cellule eucariotiche solo un
piccolo sottogruppo di geni è attivo in un determinato momento.
Negli eucarioti il controllo
dell'espressione genica avviene
attraverso diversi meccanismi sia
a livello trascrizionale (nel nucleo)
che post-trascrizionale (nel
citoplasma) (vedi figure
riassuntive successive)
Nel nucleo
“dd —“ ===
Nel citoplasma Modificazione delle proteine Degradazione dell'mANA
chimiche, come la Il controllo traduzionale in
modificano l'attività quale misura ciascun mANA è
delle proteine prodotte. protetto dalla degradazione; il legame
con specifiche
J modifica la stabilità dell' MANA.
Degradazione delle,
Specifiche proteino sono
alla degradazione selettiva da parte
REGOLAZIONE TRASCRIZIONALE (nel nucleo)
Vediamo i diversi meccanismi pi
in dettaglio
Regolazione della cromatina
La struttura dei cromosomi è così complessa perché serve anche per la regolazione
dell'espressione genica. In alcune zone cromosomiche la cromatina è altamente
condensata (eterocromatina, di colore scuro al microscopio) e in questo modo
inattiva i geni che sono codificati in quelle aree. | geni dell’eterocromatina non
vengono trascritti perchè non sono accessibili ai fattori di trascrizione e alla RNA
polimerasi. Un esempio è uno dei 2 cromosomi X nelle femmine che diventa
eterocromatico e viene trasformato nel corpo di Barr (e i suoi geni non vengono
espressi).
30 nm
cromatina decondensata cromatina condensata
(eucromatina) (eterocromatina)
het
| geni che devono essere più espressi invece si trovano in regioni in cui la
cromatina è meno riavvolta (eucromatina) e sono facilmente accessibili per la
trascrizione.
(a) Una regione di DIA inattiva.
L'eterocromatina è organizzata in
nucleosomi strettamente associati.
Eterocromatina: geni silenti
Decondensazione
della cromatina
(b) Una regione di DNA attiva.
I geni attivi sono associati alla cromatina
decondensata (eucromatina). l'eucromatina
è più accessibile all'RNA polimerasi per la
trascrizione di quella regione. Dove avviene
pazione È la trascriz. i istoni sono fisicament
Ragni la trascrizione, gli istoni sono fisicamente
rimossi dal DNA.
Eucromatina: geni attivi
MECCANISMI EPIGENETICI
Le cellule possono regolare il livello di «avvolgimento» della cromatina e quindi il
passaggio da eterocromatina a eucromatina attraverso delle modificazioni
chimiche negli istoni (le proteine che si associano al DNA per formare i
nucleosomi). In particolare alle code degli istoni possono essere attaccati gruppi
, zuccheri e proteine che rendono più o meno
accessibili per la trascrizione i geni vicini a quegli istoni.
Lo studio delle modificazioni degli istoni sembra essere un aspetto molto
promettente per la ricerca in mi ina, perchè molte malattie umane, tra cui il
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Regolazione post-traduzionale (modificazioni della proteina) L’ultimo passaggio nella regolazione dell’espressione genica è la regolazione della proteina. Una via di controllo è quella della maturazione di precursori inattivi che poi vengono processati (spesso con enzimi che tagliano una parte della proteina) per generare la proteina attiva. Un esempio di questo processo è quello della proinsulina di 86 amminoacidi che deve essere processata ad insulina attiva, rimuovendo 35 amminoacidi. LE TECNOLOGIE PER LO STUDIO DEL DNA E LA GENOMICA A partire dagli anni ‘70 le nuove informazioni disponibili sulla struttura del DNA e dei geni, insieme allo sviluppo di tecnologie sempre più sofisticate hanno permesso ai ricercatori di iniziare a esplorare il genoma umano e di capire le cause di molte malattie genetiche. Molte di queste nuove tecnologie come quella del DNA ricombinante e l’ingegneria genetica hanno reso possibile poi lo sviluppo di nuovi vaccini e nuovi farmaci più sicuri ed efficaci. In particolare con la tecnica del DNA ricombinante è stato possibile far si che le cellule di batteri o di lieviti producano delle proteine umane di interesse. Per esempio, prima che fossero sviluppate queste tecnologie, l’insulina per le terapie delle persone diabetiche veniva ottenuta da animali e molti pazienti sviluppavano allergie dal momento che la proteina animale non è identica a quella umana. Ora tutta l’insulina viene prodotta da colture batteriche trasformate. Un altro esempio è l’ormone della crescita utile per trattare alcune forme di nanismo che veniva prelevato dai cadaveri e poteva essere contaminato da agenti infettivi. I VACCINI RICOMBINATI I primi vaccini disponibili erano 'vaccini uccisi' prodotti uccidendo il batterio o il virus con il calore o con agenti chimici. Solitamente per essere efficaci questi tipi di vaccino andavano somministrati in più dosi ed erano necessari molti richiami per mantenere la protezione. I vaccini uccisi sono impiegati contro alcune malattie virali ‒ per esempio, poliomielite (vaccino tipo Salk), rabbia, influenza, encefalite giapponese, epatite A ‒ e batteriche ‒ per esempio, pertosse (vaccino cellulare), tifo e colera. Un’altra tipologia di vaccini disponibili erano i vaccini vivi attenuati che generalmente non causano malattia nei soggetti con un sistema immunitario integro; talvolta, tuttavia, questa si manifesta, anche se in genere in forma molto lieve. C’è però il rischio che nei soggetti con deficit immunitari il patogeno attenuato possa indurre la malattia classica. Inoltre, esiste la possibilità che un microrganismo attenuato ritorni alla sua forma originaria e dia la malattia: ciò accade, per esempio, anche se molto raramente, con il vaccino antipolio orale tipo Sabin. Inoltre i vaccini attenuati sono molto delicati e devono essere conservati in condizioni particolari altrimenti perdono efficacia. Grazie alla tecnica del DNA ricombinante è stato possibile ottenere dei nuovi vaccini che prima non erano sviluppabili perchè troppo rischiosi o poco protettivi. Un primo risultato delle applicazioni del DNA ricombinante è rappresentato dal vaccino contro l'HBV (epatite B), ottenuto con la tecnica del DNA ricombinante. Esso è costituito dall'antigene (parti di proteine) di superficie del virus (HBsAg) prodotto da un lievito e purificato (e quindi non contenente il materiale genetico del virus che è quello che da origine alla malattia), è molto efficace nel prevenire l'infezione ed è oggi ampiamente utilizzato in tutto il mondo, allo scopo di prevenire non solo milioni di epatiti, ma anche le neoplasie del fegato che possono conseguirne. Un altro passo avanti nella scoperta di nuovi vaccini è stato compiuto quando si è osservato che gli antigeni protettivi (parti delle capsule esterne dei virus) di alcuni virus possono autoassemblarsi a formare particelle simil-virali (Viral-like particles, VLP). NUOVE DISCIPLINE Oltre allo sviluppo tecnologie delle apparecchiature per il sequenziamento, la decodifica del genoma è stata possibile grazie alla nascita di una nuova disciplina la bioinformatica, che ha permesso l’immagazzinamento e il confronto delle sequenze geniche. La bioinformatica utilizza computer molto potenti e software sofisticati, sviluppati ad hoc per i dati genetici che permettono la gestione e l’analisi di enormi quantità di informazioni. Il sequenziamento del genoma umano ha dato un impulso allo sviluppo di altre discipline biologiche, una di queste è la genomica. La genomica è un campo della biologia che studia l’intero genoma per identificare i singoli geni, le loro funzioni e le modalità di regolazione. Una delle applicazioni più utilizzate della genomica sono le analisi di espressione genica whole-genome (dell’intero genoma) condotte con le tecnologie di microarray. Con queste tecnologie è possibile analizzare l’espressione in termini di livelli di mRNA di 20.000 trascritti contemporaneamente. Con le tecnologie genomiche è possibile confrontare i livelli di espressione genica per esempio in soggetti obesi o a rischio di obesità rispetto ai sani in modo da scoprire le alterazioni specifiche rispetto a questa malattia. Le informazioni ottenute sono utili per sviluppare test diagnostici e nuovi terapie. In parallelo alla genomica si è sviluppata in questi anni anche un’altra disciplina la proteomica che studia invece dei trascritti (mRNA), i livelli delle diverse proteine, delle loro isoforme e la loro attività. Con le tecniche di proteomica, come l’elettroforesi bidimensionale e le spettroscopie di massa, è possibile analizzare contemporaneamente centinaia di proteine espresse in un tessuto, anche in questo caso per identificare alterazioni associate alla patologia o per la personalizzazione dei trattamenti. ANIMALI TRANSGENICI Una strategia molto promettente che può portare allo sviluppo di nuovi farmaci per curare le malattie che ancora oggi sono senza cura come molte malattie rare è quella dell’utilizzo degli animali transgenici. Gli animali transgenici si ottengono inserendo il gene di interesse all’interno del nucleo di una cellula uovo fecondata o di una cellula staminale embrionale. Alcuni animali transgenici come pecore, mucche, capre vengono oggi utilizzati per produrre latte contente delle proteine che agiscono come farmaci. Questa tecnica viene chiamata pharming, un termine che è un incrocio tra pharmaceutical e farming (agricoltura). Rispetto alla produzione di proteine da parte dei batteri e dei lieviti, il pharming permette di ottenere dei prodotti più facili dal purificare e a costi più contenuti. Infatti è più facile e meno a rischio di contaminazioni tossiche estrarre la proteina di interesse dal latte che dal terreno di coltura di batteri e lieviti. Topi Knock-out Gli animali transgenici vengono utilizzati anche per scoprire le funzioni di un gene. Con le tecniche biotecnologiche è possibile infatti produrre animali knock-out per un gene (nell’animale il gene non funziona) e poi osservare cosa cambia nello sviluppo e nella salute di quell’animale. Per esempio creando un topo KO per il gene di una neurotrofina è possibile verificare che se manca quella neurotrofina, il cervello non si sviluppa adeguatamente e, nello specifico,l’ippocampo è molto più piccolo che nel topo normale. Nel caso di alcuni geni fondamentali il loro «spegnimento» può essere letale e non è possibile creare l’animale transgenico. Ad oggi l’approccio sperimentale dei topi knock-out ha permesso di stabilire la funzione di una serie di geni clonati, la cui attività fisiologica sarebbe altrimenti ancora ignota. Topi transgenici come modello di malattie Fra gli animali che è possibile scegliere per la trasformazione transgenica, il topo è il modello maggiormente utilizzato per lo studio delle malattie dell’uomo. Nonostante un aspetto molto diverso, l’uomo ed il topo si assomigliano fisiologicamente. Si conosce molto del patrimonio genetico di questo animale, infatti, il sequenziamento del genoma del topo è stato completato subito dopo quello umano e quasi tutti i geni umani (ca. il 98%) hanno un omologo (un gene corrispondente) murino facilmente identificabile. Il topo poi si riproduce molto velocemente ed ha una vita piuttosto breve e permette quindi di studiare anche le malattie dell’invecchiamento (es. Malattia di Alzheimer). Oggi è possibile creare dei topi transgenici che portano nel loro corredo genetico per esempio delle mutazioni uman e associate a delle malattie genetiche. In questo modo è possibile caratterizzare gli effetti deleteri della mutazione e sperimentare sull’animale nuovi farmaci per il trattamento. LA TERAPIA GENICA Terapia genica: una nuova frontiera della medicina Per terapia genica si intende un procedimento che permette di sostituire un gene difettoso dal punto di vista funzionale che causa una malattia genetica, con la sua copia normale. I geni “sani” vengono inseriti nelle cellule attraverso dei vettori appropriati che possono essere virali o non virali. Per esempio il gene normale viene veicolato da un virus innocuo per l'uomo nel tessuto patologico. I virus sono molto utilizzati perchè hanno la capacità di riconoscere in modo specifico le cellule bersaglio, di introdurvi il loro genoma (compreso il gene umano) e di riprodursi in modo da 'infettare' poi altre cellule, diffondendo così la presenza del gene umano normale e quindi provocando l'effetto terapeutico. Ci sono molte terapie in sperimentazione nell’animale, ma l’applicazione clinica della terapia genica nel paziente è un processo lungo e complesso. Innanzitutto la proteina normale che viene introdotta è ovviamente estranea all'organismo portatore della mutazione e può essere attaccata dal sistema immunitario. Inoltre, il vettore può non inserirsi in maniera permanente e quindi il gene corretto può essere «diluito» per la proliferazione cellulare. Può anche succedere che il gene non si inserisca al posto giusto nelle cellule del paziente causando danni magari anche ad altre regioni del genoma. Quest'ultima situazione si è verificata durante dei tentativi di terapia per bambini affetti da SCID, una grave immunodeficienza ereditaria, che si sono ammalati di leucemia perché erano stati mutati alcuni oncogeni specifici dei globuli bianchi. GENETICA UMANA La ricerca nell’ambito della genetica umana è focalizzata soprattutto sull’identificazione delle basi patogenetiche delle malattie umane e sulle modalità di trasmissione dei caratteri. Esistono diversi strumenti e disegni sperimentali che permettono l’analisi delle caratteristiche genetiche nell’uomo come lo studio del cariotipo, l’analisi degli alberi genealogici/pedigree delle famiglie, il sequenziamento e gli studi di genomica. Lo studio del cariotipo Non è facile analizzare il cariotipo perchè i cromosomi sappiamo che sono visibili solo durante le divisioni cellulari e non tutte le cellule del corpo si dividono frequentemente. Generalmente per queste analisi si utilizza il sangue in quanto è facile indurre la divisione dei globuli bianchi in esso contenuti, oppure i villi coriali o le cellule fetali nel liquido amniotico per la diagnosi prenatale o i tessuti tumorali per vedere alterazioni specifiche. Per l’analisi del cariotipo le cellule vengono messe in coltura e trattate con colchicina che le blocca in fase di metafase mitotica (fase in cui i cromosomi sono ben visibili). Dopodiché le cellule vengono trattate con una soluzione ipotonica che le fa gonfiare in modo che i cromosomi siano ben separati e quindi più facilmente osservabili. A questo punto le cellule vengono messe su di un vetrino per essere osservate al microscopio. MALATTIE CAUSATE DA MUTAZIONI CROMOSOMICHE Esistono anche le mutazioni cromosomiche quali: delezioni, duplicazioni, inversioni e traslocazioni di parti di cromosoma. Un primo esempio di queste malattie è la traslocazione (cromosoma 21, cromosoma 14) che causa il 4% dei casi di sindrome di Down. 1. Una malattia causata da una delezione di una parte di cromosoma è la sindrome del «cri-du chat» (pianto del gatto). Nei soggetti con questa sindrome è deleta una parte del cromosoma 5, il punto della rottura varia da soggetto a soggetto e quindi anche la parte di materiale genetico che viene persa è più o meno grande. I bambini nati con questa sindrome hanno una testa piccola con lineamenti tipici (faccia a luna) ed un pianto caratteristico che assomiglia al miagolio di un gatto. Di solito queste persone hanno un grave ritardo mentale. L’incidenza di questa sindrome è di 1 su 50000 nati vivi. 2. Ci sono anche mutazioni cromosomiche che generano la presenza di siti fragili in cui sembra che le parti di un cromosoma siano attaccate «per un filo». Nella sindrome dell’X fragile il sito fragile si trova sul cromosoma X dove una tripletta di CGG è ripetuta dalle 200 alle 1000 volte invece, delle massimo 50 volte dei cromosomi normali. Essendo associata all’X, i maschi sviluppano sintomi più pronunciati, mentre nelle femmine l’effetto dell’alterazione è mitigato dalla presenza dell’altro cromosoma X funzionante. E’ trasmessa come una malattia X linked recessiva. Le madri sono spesso portatrici sane ed è per questo che non sanno di avere l’X fragile. La sindrome dell’X fragile è la causa più comune di ritardo mentale ereditario. Il quadro clinico è variabile. Nei maschi esordisce nell'infanzia con ritardo dello sviluppo (motorio e/o del linguaggio). Nei maschi e nel 50% delle femmine sono presenti deficit cognitivi con disturbi del comportamento e/o dismorfismi. Il deficit cognitivo varia da lievi disturbi dell'apprendimento, con QI normale, a ritardo mentale grave. I disturbi del comportamento possono essere lievi (instabilità dell'umore) o gravi (autismo). Nelle femmine i disturbi cognitivi e del comportamento sono lievi e di solito consistono in disturbi emotivi e dell'apprendimento. In entrambi i sessi i segni fisici sono sfumati: faccia stretta e allungata, orecchie e fronte prominenti, iperestensibilità delle articolazioni delle dita, piedi piatti e testicoli grandi. La FXS è dovuta al silenziamento trascrizionale del gene FMR1 MALATTIE GENETICHE CAUSATE DA MUTAZIONI DI UN SINGOLO GENE MALATTIE CON EREDITARIETA’ AUTOSOMICA RECESSIVA Oltre alle anomalie cromosomiche, molte sono purtroppo anche le malattie dovute a mutazioni in singoli geni. Questa definizione indica malattie legate a mutazioni in geni mappati in cromosomi non sessuali (autosomiche) in cui è necessario che la persona sia omozigote per l’allele mutato per essere affetta (carattere recessivo); gli individui eterozigoti per l’allele mutato sono portatori sani. 1. La fenilchetonuria (PKU) è la più comune malattia del metabolismo degli aminoacidi che, in mancanza di trattamento, determina ritardo mentale di grado variabile. La prevalenza della PKU presenta marcate differenze geografiche e in Europa si stima sia di 1/10.000 nati vivi con un tasso più alto in alcuni paesi quali l'Irlanda e l'Italia. In assenza della diagnosi alla nascita, i sintomi insorgono prima dei due mesi di vita e possono essere molto lievi o gravi e comprendono ritardo dello sviluppo, deficit di accrescimento, microcefalia, epilessia, tremori. I pazienti non trattati sviluppano conseguentemente deficit cognitivo, disturbi del comportamento e disturbi motori. La PKU è causata da un'ampia gamma di mutazioni nel gene PAH, che codifica per la fenilalanina idrossilasi. I livelli più bassi o l'assenza dell'enzima fenilalanina idrossilasi determinano sintomi clinici che sono secondari all'accumulo tossico di fenilalanina nel sangue e nel cervello. La terapia principale per la fenilchetonuria è una dieta molto stretta con un apporto di fenilalanina limitatissimo. La fenilalanina è un aminoacido che si trova perlopiù negli alimenti che contengono proteine. Nella dieta è necessario evitare o limitare il consumo di alimenti che contengono proteine come carne, pane, pasta, fagioli etc ed assumere degli integratori di altri amminoacidi eccetto la fenilalanina. Se la persona segue la dieta fin dalla prima infanzia grazie ad una diagnosi precoce può avere una vita normale. 2. l’anemia falciforme (AF) una patologia del sangue, caratterizzata da anemia cronica e da episodi dolorosi più o meno frequenti in varie parti del corpo e tumefazioni causati dall'occlusione dei vasi sanguigni. L'AF prende il nome dalla forma "a falce" che assumono i globuli rossi dei malati, ed è particolarmente frequente nella popolazione di origine africana e asiatica. La malattia è causata da una mutazione nel gene che codifica per l’emoglobina, la più importante proteina dei globuli rossi, la cui funzione è quella di catturare l'ossigeno dai polmoni e portarlo nei diversi tessuti e di trasportare indietro al suo posto l’anidride carbonica che si genera durante la respirazione cellulare. L'emoglobina è costituita da 4 catene proteiche più piccole (chiamate sub- unità). Negli adulti ogni molecola di emoglobina contiene 2 subunità dette di tipo alfa e 2 dette di tipo beta. Nella AF la mutazione sostituisce una valina al posto dell’acido glutammico in posizione 6 della subunità di tipo beta. Le molecole mutate tendono facilmente ad aggregarsi fra loro, formando dei microscopici filamenti all'interno del globulo rosso. A causa di ciò, i globuli rossi diventano rigidi ed assumono la caratteristica forma "a falce". Questi globuli rossi sono incapaci di scorrere normalmente all'interno dei capillari e quindi tendono a bloccarsi, causando "ingorghi" nella circolazione. Le persone affette da AF vengono curate con farmaci contro il dolore, trasfusioni e più recentemente con il farmaco idrossiurea che è in grado di attivare il gene per l’emoglobina fetale (che dopo la nascita normalmente non viene più espresso) non mutato e che quindi non deforma i globuli rossi. Non si conoscono però gli effetti a lungo termine dei trattamenti con idrossiurea che è sospettata di indurre la formazione dei tumori. Grazie allo sviluppo di un topo transgenico per l’AF sono in sperimentazione anche degli approcci di terapia genica per questa patologia. L’AF è più frequente in alcune dell’asia e dell’africa perchè i soggetti eterozigoti per la mutazione (portatori sani) sono più resistenti al parassita della malaria. Gli eterozigoti avevano quindi delle probabilità in più di sopravvivere rispetto ai non portatori nelle aree in cui la malaria era endemica (vantaggio dell’eterozigote). Lo stesso tipo di vantaggio dell’eterozigote l’hanno anche i portatori sani di anemia mediterranea che in Italia sono maggiormente diffusi nelle zone che un tempo erano paludose come il delta del Po, l’agropontino, la Sardegna (in particolare la zona meridionale) e la Sicilia con un'incidenza tra il 9 e il 15% della popolazione. MALATTIE CON EREDITARIETA’ AUTOSOMICA DOMINANTE L'ereditarietà autosomica dominante è un tipo di ereditarietà mendeliana dove tutti coloro che sono portatori dell'allele mutato che provoca la malattia la sviluppano. In questo tipo di ereditarietà la patologia si manifesta sia negli omozigoti che negli eterozigoti per l’allele mutato. Chiamato A (si legge A grande) l'allele dominante che provoca la patologia, tutti i soggetti AA (omozigoti dominanti, molto rari) avranno il 100% di probabilità di trasmettere il carattere alla prole ed avere figli affetti a prescindere dal genotipo del partner, un eterozigote Aa avrà il 50% di probabilità di trasmettere l'allele dominante. 1. La malattia di Huntington (MH) è una patologia autosomica dominante causata da degenerazione neuronale e conseguente atrofia del cervello. I sintomi iniziali possono essere bruschi mutamenti dell’umore, apatia, irritabilità, depressione e rabbia, difficoltà nella guida, nell’imparare cose nuove o nel prendere una decisione. Altri possono presentare movimenti involontari delle dita, dei piedi, del viso o del tronco (chiamati “còrea” dal termine greco che significa “danza”). In altri casi possono insorgere disturbi dell’equilibrio e del coordinamento motorio con accentuato rischio di cadute. L’ordine di comparsa di questi sintomi e la gravità possono variare notevolmente da un individuo all’altro, così come l’età d’insorgenza. Nella sua forma più classica, infatti, la malattia insorge tra i 35 e i 45 anni. La frequenza della malattia è stimata in 5-10/100.000 individui, ma non sempre viene correttamente diagnosticata: esiste perciò una quota di portatori inconsapevoli. Inoltre, dal momento che la malattia si manifesta attorno ai 40 ed è quindi probabile che i portatori inconsapevoli abbiano già avuto dei figli e quindi abbiano già, potenzialmente, trasmesso la mutazione.