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Riassunto Coggi, Ricchardi PROGETTARE LA RICERCA EMPIRICA IN EDUCAZIONE, Sintesi del corso di Pedagogia Sperimentale

Riassunto completo ed esaustivo del testo

Tipologia: Sintesi del corso

2014/2015
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Caricato il 22/11/2015

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Scarica Riassunto Coggi, Ricchardi PROGETTARE LA RICERCA EMPIRICA IN EDUCAZIONE e più Sintesi del corso in PDF di Pedagogia Sperimentale solo su Docsity! Coggi, Ricchiardi “PROGETTARE LA RICERCA EMPIRICA IN EDUCAZIONE” PARTE PRIMA: CENNI TEORICI 1. La ricerca in educazione La ricerca è una forma di costruzione del sapere: segue un metodo scientifico e le sue procedure sono trasparenti, cioè controllabili e replicabili per giungere a risultati validi In educazione: ci sono diverse forme di ricerca: • R. TEORETICO-ARGOMENTATIVA: di tipo filosofico, finalizzata a sviluppare modelli educativi • R. STORICA: studia l’evoluzione dei modelli pedagogici • R. EMPIRICA: può essere descrittivo-sperimentale o interpretativa e si occupa della rilevazione sistematica dei dati in un contesto reale; può avere diversi obiettivi; è importante il RIGORE nei passaggi di costruzione di conoscenze, quindi la pianificazione (≠ esperienze attuate: basate su raccolte non sistematica dei dati) Ci sono diverse classificazioni delle strategie di ricerca empirica: due criteri che distinguono: a. Ricerca osservativa/con intervento : criterio riguarda l’approccio che il ricercatore ha con la realtà studiata, finalizzato a studiarla così com’è o a studiare gli effetti dell’introduzione di un intervento b. Ricerca qualitativa/quantitativa: distinzione più complessa, riguarda le attese e le scelte del ricercatore riguardo a: possibilità o no di conoscere la realtà, strategie e strumenti da adottare, natura dei dati da rilevare A - Ricerca osservativa/con intervento 1. RICERCA OSSERVATIVA: utile per studiare le condotte e le condizioni che le suscitano (es. clima relazionale di una classe, condizioni socio-culturali), senza perturbarne lo svolgimento naturale, o per indagare fenomeni impossibili o immorali da riprodurre (es. esiti della violenza su bimbi). Le forme principali sono: • L’INCHIESTA: misurazione sistematica di un insieme di fattori per effettuare comparazioni e individuare probabili agenti differenziati. Di norma è condotta su ampio campione (≠indagine). Sono CORRELAZIONALI se si chiedono se c’è o no un legame tra due o più fattori o variabili. • Con OSSERVAZIONE SISTEMATICA: rilevazione diretta delle condotte dei soggetti presi in considerazione, con annotazione tramite strumenti strutturati. (es. studi su comunicazione non verbale madre-b, sull’autonomia dei b. handicappati,…) • R. VALUTATIVA: osserva e giudica l’oggetto di ricerca per poi migliorarlo intervenendo. È un insieme eterogeneo di tecniche, procedure, metodi che permettono di valutare prodotti singoli (libri) o strutture complesse (organizzazione scolastiche), o programmi di intervento sociale, con attenzione alla concettualizzazione, alla pianificazione, alla realizzazione e all’utilità dei progetti attuati. • R. ETNOGRAFICA: vuole delineare le caratteristiche di una cultura e comprendere i suoi aspetti; quindi si studia approfonditamente un gruppo di persone, ponendo attenzione alla loro cultura. Ricercatore è partecipante. • STUDIO DI UN CASO: indagine empirica condotta su un singolo sogg, un’istituzione o un evento contemporaneo, in un contesto di vita reale; si usano molteplici forme di informazione. 2. RICERCA CON INTERVENTO: quando si individua il problema, si introduce un cambiamento per verificarne gli effetti, per costruire una nuova conoscenza (esperimento) o per risolvere il problema (ricerca- azione). Le sue forme sono: • ESPERIMENTO: in ambito scientifico= riproduzione artificiale, ripetibile, di un fenomeno controllando tutti i parametri. In ambito didattico-educativo= introduzione in un contesto di variazioni sistematiche di almeno 1 fattore (=VARIABILE INDIPENDENTE), per studiarne gli effetti su altri (=VARIABILE DIPENDENTE). Bisogna predisporre 2 situazioni equivalenti, una con variabile indipendente (= GRUPPO SPERIMENTALE), l’altra no (=GRUPPO DI CONTROLLO). Bisogna controllare tutti i fattori che potrebbero interferire con i risultati. Si procede formulando l’ipotesi NULLA, ovvero che non ci siano differenze tra i due gruppi se non casuali; usando tecniche statistiche si controlla se le differenze riscontrate negli esiti finali respingono l’ipotesi nulla si dirà che l’intervento sperimentale ha conseguito effetti sistematicamente diversi da quello ordinario, evidenziando l’improbabilità dell’ipotesi nulla e accettando l’ipotesi ALTERNATIVA, che suppone ci sia differenza tra gli esiti dei due interventi. Purchè le conclusioni siano valide, si esagererà l’equivalenza iniziale dei gruppi, grazie a estrazioni casuali di alunni e insegnanti. Non si arriva mai a risultati certi. Se l’intervento sperimentale risulta più efficace:proposta di innovazione e miglioramento. • QUASI ESPERIMENTO: se il ricercatore non può tenere sotto controllo tutti i fattori che intervengono nella situazione da studiare (ES. insegnate che vuole introdurre nuovo metodo per sua classe, usando come controllo quella del collega); gli esiti vanno generalizzati con prudenza. • ESPERIMENTO SU CASO SINGOLO: davanti a situazione problematica di un solo sogg, lo studioso farà diagnosi iniziale e poi farà agire un intervento per studiarne l’efficacia e rileverà sistematicamente i risultati delle sua azioni. • RICERCA-AZIONE: nasce da un problema concreto in un contesto edu. Si attiva un gruppo formato dagli operatori che hanno riscontrato la difficoltà + ricercatori esperti, per pianificare un intervento per risolvere il problema, che andrà attuato e verificato nella sua efficacia attraverso un processo che porta a controllare il grado di risoluzione del problema e a ridefinire le caratteristiche, per produrre interventi sempre più efficaci, secondo un ciclo a spirale. B - Ricerca qualitativa/quantitativa Strategie storicamente contrapposti dagli studiosi; oggi: uso integrato, composizione delle linee di ricerca 1. RICERCHE QUANTITATIVE: • SCOPI: spiegare o descrivere o prevedere eventi osservabili, isolando fattori da un contesto e studiandone le relazioni. Individuare e misurare variabili e loro legami nello studio di una realtà empirica, sulla base di ipotesi formulate alla luce di teorie e ricerche precedenti. Si pianifica il controllo delle ipotesi, seguendo le fasi legittime del pensiero logico. • CARATTERISTICHE: si avranno conclusioni valide se avrà identificato le variabili da studiare nel contesto, avrà controllato i fattori di disturbo e avrà attuato con rigore gli interventi. Gli strumenti di rilevazione sono altamente strutturati e si origineranno risultati di tipo numerico. Le tecniche di analisi dei dati sono di tipo logico e statistico. Consente generalizzabilità dei risultati determinabile , con verifiche mirate. È una ricerca NOMOTETICA, cioè vuole formulare teorie generali o modelli validi anche su altri gruppi. • FORME: i 3 tipi di esperimento, l’inchiesta, la ricerca condotta tramite oss. sistematica e alcune forme di ricerca valutativa. 2. RICERCHE QUALITATIVE: • SCOPI: comprendere la realtà educativa indagata, con il coinvolgimento del ricercatore. Scopo IDIOGRAFICO= studia il singolo. Ricerca procede con metodo induttivo: dal reale alle formulazioni. • CARATTERISTICHE: piani di rilevazioni flessibili scelti dal ricercatore, aperti ai cambiamenti dovuti alle influenze del contesto osservato. Studiare i fatti umani nella loro globalità e complessità, con tecniche basate sull’empatia. Rifiuta l’astrazione dal contesto e critica l’analiticità con cui i quantitativi parcellizzano i fenomeni complessi per arrivare a unità empiricamente osservabili. Predilige un approccio OLISTICO alla realtà complessa; dunque adotta studi in profondità su gruppi ristretti interessanti di per sé, come casi unici. Non vuole generalizzare i risultati perché è impossibile calcolare tutte le differenze individuali e le variabili contestuali che possono influenzare l’esito. Si propone cmq di controllare la validità delle fasi di ricerca attuate e della rilevazione attraverso la triangolazione degli osservatori e dei pdv, rendendo ispezionabile la base-dati da cui vengono tratte le conclusioni. Usa strumenti che colgono la profondità (interviste ermeneutiche o bibliografiche, focus group, osservazione, diari) Non si possono misurare i concetti astratti, bisogna passare alla loro misura affidabile e replicabile in un contesto, individuando una serie di categorie (= indicatori) per giungere a misure univoche. Passaggi della definizione operativa: • si definisce il CONCETTO, coprendo tutto il campo semantico • se il concetto è complesso: si passa agli elementi ANALITICI : definire concetti più semplici che compongono il costrutto • INDIVIDUAZIONE DEGLI INDICATORI: dare alle proprietà individuate una definizione basata sulle caratteristiche osservabili e misurabili Ci sono 3 forme di definizione operativa: • Gli indicatori possono essere cercati tra le CAUSE, cioè i fattori osservabili che producono la caratteristica da osservare • Ricavare indicatori descrivendo le PROPRIETà DINAMICHE possedute da chi ha la caratteristica che si vuole misurare, quindi gli EFFETTI • Definire direttamente il concetto, in termini di PROPRIETà OSSERVABILI Il ricercatore deve poi quantificare le osservazioni fatte con l’uso degli indicatori: misura delle VARIABILI= proprietà che può assumere valori o stati (modalità) diversi. C. SPECIFICAZIONE DELLE IPOTESI ESPRESSE IN FORMA OPERATIVA Riformulare quindi le ipotesi in forma operativa per avviare la ricerca: • Deve essere connessa direttamente al tema/problema • Contenere congetture sull’intensità di una variabile o sulla relazione tra due o più fattori • Essere formulata in modo chiaro, univoco, sotto forma di enunciato dichiarativo • Essere controllabile: verificabile nella realtà empirica Ipotesi possono avere diverso livello di generalità: se si parte da asserto ampio e poi si circoscrive analiticamente per essere empiricamente controllabile. Normalmente le ipotesi riguardano più variabili: relazioni tra esse: • INDIPENDENZA: nessun legame tra le variabili, quindi conoscendo la misura di una non si può prevedere niente sull’altra • CORRELAZIONE: variare concomitante di 2 variabili, con la possibilità di calcolare anche il grado di tale relazione reciproca e prevedere l’andamento dell’altra (calcolato con coefficiente di correlazione) • CAUSALITà: se tutte le volte che si manipola una variabile, si ottiene un effetto conseguente sull’altra, se si riescono ad evitare le interferenze di altre variabili. N.B.: non si cercano leggi nel comportamento umano , ma delle ricorrenze nelle condotte per definire regolarità di comportamento che con probabilità appariranno o possono essere previste. D. FORMULAZIONE DELLE IPOTESI IN FORMA STATISTICA Serve un’altra traduzione delle ipotesi in FORMA STATISTICA, per usare i risultati che si ottengono e decidere se accettare o no le congetture sulla base dei dati raccolti. Bisogna quindi trasformare le ipotesi operative che connettono le variabili, in ipotesi nulla e alternativa. Con un adeguato test statistico si potrà corroborare (se la probabilità di sbagliare è inferiore al 5% o all’1%)o confutare le ipotesi, per controllare un asserto sulla base dei dati sperimentali. E. CLASSIFICAZIONE DELLE VARIABILI NELLE IPOTESI [Si possono distinguere le variabili (=quantitative, misurabili a livello cardinale e ordinale) dalle mutabili (=qualitative). Anche se qui le chiameremo sempre variabili.] A seconda della funzione della variabile nell’ipotesi, può essere diversamente nominata: • INDIPENDENTI (= caratteristica dei sogg/ambiente che può essere manipolata dal ricercatore) e DIPENDENTI (=su cui si vedono gli effetti della manipolazione della prima) • MODERATRICI: var. indipendenti che possono avere effetti differenziati o modificatori sulla relazione che intercorre tra variabile indipendente e dipendente. Devono essere esplicitate nelle ipotesi per controllarne l’azione (es. il genere) • INTERVENIENTI: fattori che teoricamente influiscono sulla variabile dipendente ma non possono essere osservate o manipolate (possono anche non essere state considerate all’inizio) • CONTROLLATE: il ricercatore riesce a neutralizzarle, mantenendole costanti 6. PIANIFICARE LA RICERCA (scegliere un PIANO SPERIMENTALE o OSSERVATIVO) Bisogna curare gli aspetti di: • VALIDITà INTERNA: coerenze della ricerca con i suoi obiettivi, ogni passaggio deve essere controllato • VALIDITà ESTERNA: possibilità di generalizzare i risultati della ricerca ad altre situazioni simili Per preservare validità interna: ricercatore deve strutturare e costruire opportunI SCHEMI D’AZIONE: • PIANI DI OSSERVAZIONE: nelle ricerche osservative, si esplicitano le modalità con cui si condurrà la rilevazione, per poter controllare le ipotesi. Strettamente legatI alla specificità della ricerca • PIANI DI ESPERIMENTO: nelle ricerche con intervento; si possono tracciare delle tipologie di disegni sperimentali: 1. Il PIANO A GRUPPO UNICO: scelta di un campione rappresentativo e svolgimento di due fasi successive sullo stesso: 1-rilevare situazione iniziale rispetto alla variabile dipendente; poi interverrà con il metodo tradizionale (= fattore ordinario); poi rileverà situazione finale. 2-rilevazione della situazione iniziale, attuazione dell’intervento innovativo (=fattore di esperimento), rilevazione della situazione finale. Dunque si calcolano i cambiamenti ottenuti, confrontando quelli con metodo sperimentale (Ce) e ordinario (Co); se uno dei due è significativamente superiore all’altro, uno dei due fattori è più efficace. Se i cambiamenti sono equivalenti, lo sono anche i due metodi, come suppone l’ipotesi nulla; se no vale l’ipotesi alternativa. Vantaggi: facilità di applicazione e relativa costanza delle caratteristiche del gruppo Svantaggi: intervengono alcuni fattori di disturbo non facilmente controllabili: • Progressiva maturazione dei soggetti • Interferenza tra i due metodi d’insegnamento • Effetto storia: qualche evento che accade tra le 2 attuazioni di metodi (es. ins malattia) • Legato al ripetersi delle prove: assuefazione dei sogg al test, sovrastimare risultati finali Per controllare alcuni di essi: cambiare piano d’esperimento: passare al GRUPPO CICLICO (O ISTITUZIONALE) RICORRENTE= usare due classi dello stesso grado, che si alternano nella stessa situazione in due anni successivi, realizzabile solo se il bacino di reclutamento della scuola non cambia significativamente, e potendo cambiare anche il disegno sperimentale. 2. PIANO A DUE GRUPPI Se è possibile ricorrere a due gruppi equivalenti: sperimentale (Gs) e di controllo (Gc) inizialmente identici in tutti i fattori che possono incidere sulla variabile dipendente. Passaggi: rilevamento situazione iniziale nei due gruppi per verificarne equivalenza (Si), poi in uno si introduce il fattore ordinario, nell’altro il metodo innovativo, poi si rileva la situazione finale in entrambi confrontandole per stabilire quale ha ottenuto risultati migliori. Vantaggi: è intuitivo Svantaggi: difficoltà pratiche (2 classi equivalenti e insegnanti bendisposti) e rischi di invalidità legati ai seguenti fattori: • Possibile influenza delle differenze tra gli insegnanti che gestiscono i due metodi • L’effetto storia (può differenziare i percorsi di uno dei due) • L’incidenza della ripetizione delle prove (legata all’apprendimento se i sogg affrontano più volte la stessa prova: sopravvalutazione degli effetti dei trattamenti dovuta invece all’ “effetto testing” 3. PIANO A QUATTRO GRUPPI Per ovviare all’effetto testing, misurando l’entità dell’effetto provocato dalla ripetizione delle prove, si può predisporre un piano a 4 gruppi equivalenti. Su due si effettuano i passaggi del piano precedente, sugli altri due non si effettua la rilevazione della situazione iniziale. Così confrontando risultati di 1 e 3 (con metodo sperimentale) e 2 e 4 (m ordinario) si evidenzia l’effetto della prova iniziale sui risultati finali Vantaggi: consente di controllare l’effetto maturazione e l’effetto prova ed evita l’interferenza dei due metodi Svantaggi: è oneroso e non consente di controllare l’effetto storia. 4. PIANI PARZIALI Se l’esperimento prevede l’azione di più variabili, se ne possono isolare gli effetti distinguendo il piano generale in piani parziali, in cui si fanno agire i fattori in sequenza controllando gli effetti delle diverse variabili considerate. 5. PIANO FATTORIALE Se si vogliono studiare gli effetti e le interazioni di più variabili indipendenti sulla variabile dipendente. Si creano 4 gruppi equivalenti: nei primi si agisce con il metodo nuovo ma si scelgono due testi diversi; nel terzo e quarto si tiene il metodo ordinario e si cambiano i testi. Si confrontano i risultati nei quattro gruppi Fattori di disturbo della validità interna: • EFFETTO STORIA: eventi o nuove situazioni che si verificano mentre la ricerca si svolge • EFFETTO MATURAZIONE: trasformazione cognitiva e della personalità legata allo sviluppo, che può distorcere i risultati • TESTING O EFFETTO PROVE: distorsione provocata dalla somministrazione ripetuta di prove simili (conoscenze maturate nella risoluzione della prima prova) • EFFETTO STRUMENTAZIONE: i sogg possono alterare il comportamento, in relazione alle attese che si suppone abbia il ricercatore. • EFFETTO SELEZIONE: diverse strategie di scelta dei soggetti coinvolti nella ricerca • MORTALITà SPERIMENTALE soprattutto nelle ricerche longitudinali su lunga durata • REGRESSIONE STATISTICA: tendenza delle modalità delle variabili di assumere valori intorno alla media • CASUALITà: fattori soggettivi e/o legati a situazioni contingenti dei soggetti sperimentali, che possono interferire sugli esiti • INTERAZIONE DI FATTORI: azione congiunta di più fattori, che possono riguardare i sogg, lo sperimentatore, la situazione sperimentale. I fattori di disturbo della validità esterna sono gli stessi, più le distorsioni del campionamento = ERRORE DI CAMPIONAMENTO: se la selezione dei sogg non è accurata, i risultati non sono generalizzabili 7. Individuare il CAMPIONE Il ricercatore deve definire i soggetti a cui intende generalizzare i risultati del suo studio: insieme di sogg con una caratteristica comune individuabile è la POPOLAZIONE STATISTICA. Raramente la si può coinvolgere tutta, quindi bisogna limitare lo studio a una parte di essa, un CAMPIONE, selezionando i sogg con opportune strategie (CAMPIONAMENTO) per individuare un campione RAPPRESENTATIVO: CASUALE O PROBABILISTICO: estratto a caso con tecniche che consentono di applicare le leggi della probabilità per le operazioni di generalizzazione. Ci sono diverse strategie di estrazione di campioni casuali : • CAMPIONAMENTO CASUALE SEMPLICE Ogni sogg ha la stessa probabilità per essere estratto; usato se la popolazione è relativamente omogenea rispetto alla questione oggetto di ricerca. Può diventare costoso se riferito a una popolazione estesa geograficamente • CAMPIONAMENTO SISTEMATICO Da un elenco dei soggetti della popolazione, si stabilisce quanti elementi estrarre e di conseguenza l’intervallo sistematico (es 1 ogni 10). Il primo sogg è estratto a caso. • CAMPIONAMENTO CASUALE STRATIFICATO • FORMULAZIONE DEGLI OBIETTIVI DI RICERCA E DELLE POSSIBILI AZIONI RISOLUTIVE (ipotesi di azione) • SCELTA DELLE MODALITà per rilevare info • RILEVAZIONE INIZIALE: per definire situazione di partenza • INTRODUZIONE DEL TRATTAMENTO • VERIFICA DEL TRATTAMENTO • VALUTAZIONE FINALE: per accertare l’efficacia dell’intervento e ricalibrarlo • SVILUPPO ULTERIORE: Tornare sul problema con le nuove conoscenze acquisite; la ricerca- azione ha un andamento ciclico, a spirale Invece secondo Cunnngham ci sono 3 sequenza dopo la fase di avvio: FORMAZIONE DEL GRUPPO, PROGETTAZIONE DELL’AZIONE, ATTUAZIONE DELLA RICERCA; ognuna è seguita da una valutazione per avviare uno sviluppo ulteriore. B. I MOMENTI DELLA RICERCA ETNOGRAFICA È uno studio osservativo, ispirato agli studi antropologici. Passaggi fondamentali: • FORMULAZIONE DELLA DOMANDA CONOSCITIVA: su questioni connesse alla cultura del gruppo abitualmente al centro della ricerca • SCELTA DI UN GRUPPO E DI UN CONTESTO IN CUI SVOLGERE LA RICERCA • Possibile ESPLORAZIONE PRELIMINARE DELLA LETTERATURA: secondo alcuni è meglio non avere teorie precostituite per non condizionare la rilevazione e interpretazione dei dati; altri invece ritengono necessario che la ricerca parta da una ricognizione del panorama teorico, per orientarsi nell’osservazione e focalizzare attenzione sui momenti più significativi. Comunque non bisogna partire da ipotesi prestrutturate ma solo da un generico interrogativo • NEGOZIAZIONE DEL RUOLO DI RICERCATORE all’interno del gruppo osservato: deve far accettare la propria presenza nel gruppo, chiarendo la propria posizione con le “autorità del luogo”. Per ovviare le resistenze potrebbe anche non rivelare la propria identità ma per motivi etici molti la dichiarano fin da subito, anche solo a un membro del gruppo da studiare. Ha un ruolo rilevante il “mediatore”, cioè colui che, stimato, può qualificare il ricercatore, mettendolo in comunicazione con i “testimoni privilegiati” (informatori) • PARTECIPAZIONE PROLUNGATA alla vita del gruppo: deve curare le relazioni con il gruppo per non essere intrusivo e decidere le modalità e la frequenza della sua presenza sul campo e le strategie di rilevazione. • RILEVAZIONE DEI DATI attraverso osservazione (prima estensiva e poi focalizzata), interviste (formali o informali, di tipo ermeneutico e biografico), questionari a domande aperte, analisi dei documenti, focus group; il ricercatore deve anche effettuare una graduale selezione dei casi su cui si focalizzerà la sua raccolta di dati con diverse strategie: • Opzione a priori sulla base di criteri della ricerca • Studiare tutti i sogg nel gruppo • Scelta sulla base di implicazioni teoriche o di ricerche precedenti • Scelta di integrare anche casi estremi o devianti • Selezione dei casi tipici • Opzione per pochi casi, che presentano la massima variazione possibile rispetto ad una caratteristica rilevante della ricerca A questo segue la triangolazione dei pdv e la raccolta di manufatti, documenti. • STESURA E ORDINAMENTO DELLE NOTE ETNOGRAFICHE: analisi del materiale empirico prodotto, che veicola il significato di ciò che è stato osservato (le note del ricercatore devono essere di qualità). • ANALISI DEI DATI: destrutturazione e ricomposizione dei materiali e interpretazioneSi leggono più volte gli episodi descritti e poi si “decostruisce” il materiale empirico, attraverso griglie di analisi che permettono di suddividere il materiale in base a categorie, che sono stabilite in relazione a studi precedenti, a scopi della ricerca, a caratteristiche del contesto. Quando si sono individuate le categorie, avviene una suddivisione del materiale e una riaggregazione dello stesso sulla base della classificazione scelta. Ultimo passaggio: analisi “confermativa”: si ancorano i fatti osservati a una teoria. Si può interpretare tramite un modello o tramite metafore che esemplifichino la rete di significati sottostante alla ritualità del gruppo • REDAZIONE DEL RAPPORTO DI RICERCA: dati e interpretazioni nel resoconto finale, che pubblicizza il lavoro svolto dal ricercatore. Per questo tipo di ricerche ci sono dei problemi di generalizzabilità: alcuni ritengono si possano estendere ai contesti simili, invece la credibilità del lavoro etnografico poggia sull’impegno prolungato in una situazione. Per ridurre le interferenze della soggettività del ricercatore si può ricorrere alla triangolazione dei dati provenienti da diversi strumenti e descrivere la relazione osservativa. Quindi la lunga permanenza sul campo costituisce il maggior punto di validità della ricerca etnografica, mentre la relazione e la soggettività rischiano di minarne l’attendibilità. • RITORNO SUL LUOGO per approfondimenti e per il controllo delle interpretazioni date, facendo conoscere lo scritto agli attori • REVISIONE O INTEGRAZIONE del rapporto di ricerca C. I MOMENTI DELLO STUDIO DI CASO Studioso concentra la sua attenzione su un caso unico (persona, comunità, istituzione, evento) ben definito. Diverse forme di studio di caso: • Osservativa pura (=STUDIO DI CASO INTENSIVO; tra cui forma COMPARATIVA = confronto tra più soggetti paradigmatici ) • forme più vicine alla ricerca azione (= analisi di un caso finalizzato a valutare la possibilità di introdurre un cambiamento che porti un miglioramento) • Forme più vicine all’ esperimento (anche se con lo studio di caso si usano strumenti e tecniche qualitative). ≠classificazione di Denzin: studio di caso • INTRINSECO: si sceglie un oggetto di studio non perché rappresentativo di altri ma per la sua eccezionalità • STRUMENTALE: si studia un oggetto che consenta generalizzazioni ad altri di cui è rappresentativo. Si studia un caso in quanto tipico • COLLETTIVO: l’analisi di casi individuali viene replicata su altri soggetti, simili o no, perché è importante che ci siano delle costanze e delle differenze I momenti dello studio di caso (Stenhouse): ♦ La definizione dello SCOPO della ricerca: che farà variare i criteri per la selezione del caso ♦ La selezione e negoziazione dell’accesso al caso che comporta: ■ La definizione del caso: la sua storia, il contesto fisico, sociale, storico in cui è inserito e gli altri casi tra cui è stato individuato (operazione simile all’anamnesi psicologica) ■ La concettualizzazione dell’oggetto di studio: scelta dei temi e degli obiettivi da approfondire nella ricerca (serve una base di conoscenza teorica relativa al fenomeno) ■ La scelta delle fonti di informazione e degli strumenti: per descrivere il caso nel suo contesto naturale e rilevare interazioni spontanee ♦ Il lavoro sul campo che implica: ■ La negoziazione del ruolo di ricercatore nel contesto ■ La raccolta dati: deve tenere conto di più aspetti e molteplici pdv ♦ L’organizzazione delle registrazioni che prevede: ■ La riduzione: dato che solitamente il materiale raccolto è molto ampio e poco omogeneo, si devono scegliere quelli significativi ■ L’indicizzazione/codifica: classificazione per la sintesi e interpretazione dei significati ■ La triangolazione delle info chiave (per individuare costanti) e delle fonti. Si possono anche comparare interpretazioni alternative per poter poi scegliere quelle maggiormente corroborate dai dati e fare così inferenze ♦ La stesura del resoconto e il back-talk: nella stesura deve scegliere quanto scendere nel dettaglio, quanto spazio lasciare alle comparazioni con gli altri casi e se formalizzare le interpretazione, scegliere quanto spazio lasciare alla soggettività del ricercatore e prestare attenzione ai problemi etici riguardanti l’uso di dati identificativi. La restituzione degli esiti è un atto dovuto e richiede la capacità di una comunicazione attenta che non susciti ansia e non rovini le relazioni. Il resoconto può essere socializzato nel contesto dove è stata condotta la ricerca per permettere un controllo dell’affidabilità delle interpretazioni. 4. Gli strumenti per la rilevazione dei dati Fase importante, presente in tutti i tipi di ricerca, attuata regolarmente da insegnanti e educatori. Se gli strumenti sono: • completamente strutturati: misure di tipo quantitativo • Strumenti non strutturati (es. interviste libere, domande aperte, disegni): ricerca qualitativa Tradizione di ricerca: • Strumenti che si basano sull’introspezione: osservazione del soggetto su se stesso (usati con prudenza se bimbo è piccolo)_ strumenti autobiografici, scale autodescrittive • Strumenti allospettivi: osservatore esterno rileva comportamenti: checklist, scale di valutazione A. IL QUESTIONARIO DEF: lista organizzata di domande poste per iscritto, nelle stesse condizioni, a un ampio gruppo di sogg per raccogliere info, conoscere opinioni, atteggiamenti, intenzioni e azioni compiute. 1. precisare lo SCOPO generale della rilevazione (nel titolo) 2. definire le aree da indagare, i COSTRUTTI 3. elencare le VARIABILI da misurare, e specificarne gli INDICATORI 4. formulare le DOMANDE per iscritto (aperte: usate nella ricerca esplorativa; chiuse: dicotomiche – V/F, a scelta multipla, ad imbuto – progressivamente più analitiche, con graduatoria di risposta – ordinare le alternative, con scale di giudizio - definire grado di accordo). VANTAGGI: rapidità di somministrazione, di correzione, interpretazione univoca; SVANTAGGI: limitano la spontaneità. 5. studiare la POPOLAZIONE a cui è destinato il questionario (es. con un’intervista preliminare) 6. definire l’ORDINE DI PRESENTAZIONE delle domande (evitare affaticamento e noia, con ordine logico) 7. svolgere una SOMMINISTRAZIONE PILOTA: per controllare chiarezza delle domande e tempi previsti 8. si può effettuare una REVISIONE DEL QUESTIONARIO secondo i criteri: non deve durare più di mezz’ora, per ogni area indagata ci devono essere almeno 4/5 domande; domande non ambigue. 9. decidere le MODALITà DI SOMMINISTRAZIONE del questionario: diretta (in gruppi o individuale), per posta, per telefono, in rete. 10. passaggi finali della messa a punto dello strumento: - predisporre la VERSIONE DEFINITIVA DEL QUESTIONARIO - SOMMINISTRARE AL CAMPIONE Più AMPIO - analizzare i RISULTATI: controllare con tecniche statistiche la validità di costrutto e sintetizzare andamenti risposte - PRESENTARE LE CONCLUSIONI a cui si è giunti. B. L’INTERVISTA DEF. Forma di conversazione in cui l’esperto pone domande orali a un singolo o a un gruppo (anche in contesti non formali ≠colloquio), per conoscerne opinioni, atteggiamenti, info, percezioni, esperienze,… È più flessibile del questionario, perché le domande possono essere spiegate, permette di raccogliere più info, ma l intervistatore può influenzare (desiderabilità sociale). In base al grado di strutturazione: • INT SEMISTRUTTURATA: domande pianificate, ma ordine non rigido, si approfondimenti • INT STRUTTURATA: domande e ordine pianificate, sono lette dall’intervistatore -SCALE GUTTMAN: deterministica, ovvero si presume che la caratteristica sia individuabile in modo sicuro, quindi sono dicotomiche (si/no); ci sono una serie di asserzioni ordinabili in modo univoco per descrive l’intensità della proprietà misurata (chi risponde si a una domanda deve aver risposto si anche a quelle precedenti). Serve per valutare l’intensità della caratteristica in oggetto. -SCALE OSGOOD: “differenziale semantico”: scopo di illustrare il significato che i concetti assumono per un soggetto. Ci sono due colonne di aggettivi opposti, tra cui ci sono 7 livelli tra cui scegliere. F. GLI STRUMENTI DI OSSERVAZIONE DIRETTA DEF. OSSERVAZIONE: implica un guardare selettivo, secondo ipotesi, finalizzato a rilevare info in modo valido e costante. Diverse forme di osservazione: classificazione in base a: • Se si adotta il criterio del GRADO DI PARTECIPAZIONE DELL’OSSERVATORE si distinguono: • O. DOCUMENTARIA: livello più basso di partecipazione, usata nelle ricerche storiche ed etnografiche • O. INDIPENDENTE: introduzione dello studioso nel contesto da analizzare, che raccoglie direttamente i dati, ma mantiene le distanze dal gruppo osservato, non interagisce. • O. PARTECIPANTE: studioso entra nel sistema di relazioni del contesto studiato, può essere attivo o passivo(non vuole mutare le dinamiche del contesto). • Grado di controllo esercitato dal ricercatore sul contesto da analizzare: AMBIENTE: • O. NATURALISTICA: il ricercatore non esercita alcun controllo sull’ambiente, è la rilevazione continuata dei comportamenti di un sogg nel suo habitat. • O. IN CONDIZIONI CONTROLLATE: il ricercatore impone un certo grado di vigilanza sulla situazione da osservare, senza però manipolare la variabile indipendente. • O. IN AMBIENTE ARTIFICIALE: in laboratorio, avviene in un setting molto strutturato, in funzione delle ipotesi della ricerca. • Grado di strutturazione degli STRUMENTI ADOTTATI e la connessa NATURA DEI DATI RILEVANTI • Tecniche di osservazione SISTEMATICA: definire scopo, costrutto da osservare e indicatori, è metodica e pianificata, si usano procedure coerenti e ripetibili e strumenti rigorosi di rilevazione. Queste tecniche danno origine a dati quantitativi. • STRUMENTI DI O. SISTEMATICA: ▲ CHECK-LIST: promemoria con elenco di comportamenti attesi, da indicarne la presenza e l’intensità (con caratteristiche considerate dicotomiche); utili per osservare comportamenti semplici, ma rischio di lacune. Per costruirle: scegliere area di osservazione, identificare azioni significative e dividerle in condotte elementari e ordinate, aggiungere all elenco gli errori comuni, sistemare le attività in ordine, predisporre formato finale per annotare i segni presenti nel contesto osservato. ▲ I SISTEMI DI CODIFICA: consente di annotare le condotte che si manifestano in un contesto in un lasso di tempo. ■ SISTEMI DI SEGNI= liste di condotte che possono apparire o no in un periodo di osservazione, quindi la rilevazione è discontinua e permette di rilevare solo la presenza, la frequenza, la durata di alcuni comportamenti significativi. ■ SISTEMI DI CATEGORIE= articolare i comportamenti da osservare in unità di analisi e registrarne la presenza o assenza e la frequenza con cui si presentano. A differenza dei sistemi di segni, quelli di categorie richiedono sempre una codifica, infatti è necessaria un’osservazione continua perché si verifca sempre uno dei comportamenti previsti. Le categorie devono essere mutualmente esclusive, per classificare univocamente il comportamento. ■ SISTEMI DI CODIFICA INTERATTIVI= permettono di analizzare le interazioni tra più persone, annotando scambi verbali e non, in un intervallo temporale prestabilito, tra i sogg in un contesto. ▲ SCALE DI VALUTAZIONE: offrono una procedura sistematica per rilevare gli apprezzamenti degli osservatori. Sono un elenco di comportamenti da osservare e indicarne per ciascuno su una scala la frequenza di presentazione e la sua intensità. ▲ LE GUIDE DI OSSERVAZIONE: strumenti più completi, contengono: inquadramento teorico, definizione operativa delle condotte, descrizione dei contesti in cui osservare, una proposta di strumenti di rilevazione sistematica, indicazioni per interpretare i risultati. • tecniche NARRATIVE: resoconti particolareggiati , senza linguaggio tecnico, con forme discorsive, adottata nello studio di casi e nella ricerca etnografica. Più libertà all’osservatore, usate nella ricerca qualitativa. • STRUMENTI DI TIPO ESPERENZIALE O NARRATIVO: produrre protocolli di descrizione del comportamento in corso senza utilizzare preliminarmente sistemi di codifica. ▲ ANNOTAZIONI ANEDDOTICHE: osservatore prende nota degli incidenti critici, cioè eventi quotidiani significativi del sogg. Bisogna stabilire prima cosa si vuole rilevare, di annotare i fatti subito, fedelmente, senza interpretazioni. Dopo una serie di annotazioni si individua la costante comune, si cercano i fattori che spiegano un dato comportamento e si progettano interventi educativi. ▲ DIARIO: annotare eventi che riguardano uno o più sogg. Spesso è autobiografico, si usa linguaggio abituale e consente di osservare gli eventi in prospettiva longitudinale. Prevede analisi qualitativa. G. GLI STRUMENTI DI VALUTAZIONE DELL’APPRENDIMENTO Si possono classificare secondo diversi criteri: • In base all’oggetto su cui si centra la valutazione si distinguono strumenti che si centrano su: • Performance (prestazioni) • Processi di soluzione dei problemi e ragionamenti nel loro svolgimento • Conquista di abilità o di comportamenti semplici • In base alle caratteristiche formali degli strumenti si distinguono • Prove tradizionali del contesto europeo, con traccia di domande che lasciano libertà • Prove oggettive o strutturate (sistema rigido di domande) • Strumenti della valutazione autentica (portfolio, mappe, colloquoi), simili a quelli che si adottano per valutare le competenze nella vita corrente (es. sul lavoro) • In base alle funzioni della valutazione si distinguono strumenti di valutazione: • SOMMATIVA: per operare bilanci sui risultati ottenuti, al termine dell’anno/ciclo • FORMATIVA: svolgere azione regolativa dell’apprendimento durante l’anno (feedback per l’insegnante) • DIAGNOSTICA: operare analisi approfondite della situazione individuale • PROGNOSTICA: cogliere le potenzialità del soggetto a fini predittivi e orientativi • In base al criterio storico, si possono considerare gli strumenti secondo l’ordine con cui la ricerca docimologica ha dato loro rilevanza e li ha approfonditi. • PROVE TRADIZIONALI: nel primo 900, oggi usate in maniera poco rigorosa, quindi scarsamente affidabili perché poco valide e attendibili. • Interrogazioni orali: le domande spesso sono un campione accidentale e non significativo dei contenuti, formulazione delle domande non sempre attenta agli obiettivi e chiara, a volte può pilotare la risposta, domande diverse a alunni diversi con diverso grado di difficoltà, clima relazionale in cui avviene. Nell’interrogazione possono interferire effetti di selezione (legati a memoria o attenzione dell’insegnate)che può tener conto solo degli aspetti che l’hanno più impressionato. Spesso l’interpretazione dei risultati non avviene sulla scorta di criteri predefiniti e quindi può essere influenzata dall’opinione pregressa del docente. Per migliorarle: stabilire in anticipo gli obiettivi da sondare, strutturare le domande prima, predisporre una griglia di valutazione delle risposte, che devono essere annotate, valutare collegialmente. La domanda deve essere chiara, coerente con gli obiettivi, con un livello di difficoltà adeguato. Se migliorata, può essere utile per l’esame dei processi intellettuali, perché da info sui ragionamenti effettuati ed è importante per valutare le capacità verbali dei bambini. • Interrogazione scritta informale: forma di controllo compiuta mediante lavori scritti (es. saggi, ricerche, esercizi). Utili per cogliere aspetti importanti della produzione culturale dello studente. Per migliorarne la qualità bisogna chiarire i costrutti da rilevare e gli obiettivi, definire tracce coerenti con gli scopi, dire chiaramente i criteri di correzione, annotare sistematicamente pregi e difetti del compito corretto, definire livello raggiunto, formulare analiticamente un giudizio. • Tema: perché siano validi e affidabili, bisogna scegliere adeguatamente le tracce (in connessione con gli obiettivi, formulazione non ambigua, con passi di libri noti per favorire la riproduzione mnemonica di brani), le modalità di correzione(tre categorie: METODI OLISTICO-INTUITIVI: per creare graduatorie tra prodotti -es. concorsi-, prevedono una valutazione globale e quindi usano strategie omogenee di lettura e assegnazione dei punteggi; le SCALE DI PRODOTTI: scelta di prodotti-tipo, modelli di temi, che rappresentano diversi livelli di prestazione a cui il correttore può fare riferimento; SCALE DI GIUDIZIO: con livelli accuratamente descritti, sottoposte ad accurata validazione; METODI ANALITICI: individuare una serie di criteri adeguatamente descritti, desunti da modelli linguistici) e la formulazione del giudizio. • PROVE STRUTTURATE: strumenti con validità e attendibilità misurabili; stimolano risposte rigidamente predeterminate quindi interamente corrette o errate, attraverso il confronto con la chiave di correzione. Con domande uguali per tutti o equivalenti, devono tenere conto degli obiettivi didattici, voto assegnato con criteri statistici. Ci sono le PROVE STANDARDIZZATE (preparate da specialisti) e le PROVE STRUTTURATE DI CLASSE (preparate dall’insegnante, più flessibili). SVANTAGGI: difficoltà nel valutare i processi cognitivi complessi (es. pensiero critico o divergente) Fasi per la costruzione: • SCELTA DEI PROCESSI COGNITIVI E DEI CONTENUTI da valutare (ci sono anche tassonomie già redatte – es. Bloom) • Selezionare i CONTENUTI disciplinari su cui centrare lo strumento, coprendo i punti nodali della disciplina (riguardano solo gli argomenti) • Costruire tabella a doppia entrata per controllare l’argomento delle varie domande • FORMULAZIONE DEI QUESITI • ORDINARE I QUESITI: i primi più semplici per ridurre l’ansia, poi evitare noia • Comporre il FRONTESPIZIO con i dati dell’alunno e poi predisporre le MODALITà DI SOMMINISTRAZIONE E LE CHIAVI DI CORREZIONE. • Somministrare i quesiti a un GRUPPO PILOTA per controllarne adeguatezza e durata • CONTROLLO DELLE CARATTERISTICHE EDUMETRICHE • PROVE SEMISTRUTTURATE: costituite da stimoli univoci, che richiedono elaborazione personale della risposta. Possono essere costituite da: • DOMANDA APERTA CON CHIAVE DI CORREZIONE NON AMBIGUA: chiare, univocamente interpretabili, che stimolino risposte brevi.
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