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Riassunto completo "Introduzione ai media digitali" di Adam Arvidsson e Alessandro Delfanti IULM, Appunti di Sociologia Dei Media

Riassunto del libro "Introduzione ai media digitali" per l'esame di sociologia IULM. Prof. Andrea Miconi

Tipologia: Appunti

2018/2019

In vendita dal 25/01/2019

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vittoriaparonzini 🇮🇹

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Scarica Riassunto completo "Introduzione ai media digitali" di Adam Arvidsson e Alessandro Delfanti IULM e più Appunti in PDF di Sociologia Dei Media solo su Docsity! Introduzione ai media digitali PREMESSA I media digitali sono sempre più diffusi e la loro capacità di integrarsi con i sistemi di produzione di informazione e conoscenza e di interagire con quasi ogni attività umana li ha resi oggetto di studio in diverse materie: economia, psicologia, scienze storiche e sociali. Le società contemporanee tendono a presentare le tecnologie digitali come buone di per sé, con l’idea che portino ad uno sviluppo sociale ed economico. Bisogna però andare oltre a questa visione “mitica” e analizzare anche il ruolo delle culture locali all’interno del magma delle comunicazioni di rete. La rete è un ambiente altamente privatizzato (Google, Microsoft, …). Si può però affermare che il rapporto tra media digitali e cambiamento sociale sia un’interazione dinamica. CAPITOLO 1: Media e tecnologie digitali I media digitali sono diffusi nelle attività umane più disparate, bisogna quindi analizzare anche le scienze sociali che hanno sviluppato i diversi approcci per comprendere il rapporto tra tecnologie e società e i modi in cui esse si influenzano a vicenda ed evolvono insieme. 1. L’AMBIENTE DIGITALE Al giorno d’oggi si è diffuso il fenomeno della mediatizzazione, per il quale le persone vivono immerse in flussi di comunicazione continui. L’ambiente è talmente saturo di media, che non ci si percepisce più la presenza delle tecnologie digitali attorno a noi, e viverne la mancanza diventerebbe insostenibile. Ripercorriamo velocemente la storia dei primi media digitali: - Anni ’80 del XX secolo: diffusione dei media digitali, con la diffusione di computer basati su microprocessori a basso prezzo - Anni ’90 del XX secolo: nascita del World Wide Web, che ha portato la rete nelle case e nelle imprese dei paesi avanzati - Anni 2000: nascita del web collaborativo, software e piattaforme online che permettono agli utenti di produrre e distribuire contenuti in prima persona Oggi la pervasività dei media digitali è tale che nella maggior parte delle società pressoché nessuna attività umana è esentata dai cambiamenti che essi portano con sé. L’esplosione dell’uso della rete e la diffusione dell’utilizza degli smartphone, ha portato ad un cambiamento della geografia della società dell’informazione. Questi cambiamenti hanno un forte impatto anche sull’ecologia dei media: nell’ecosistema mediale si assiste ad un’evoluzione di nuove forme di vita (motori di ricerca, social network, …) e ad un arricchimento di nuove strategie di sopravvivenza (fornire servizi gratuiti in Introduzione ai media digitali !1 cambio di dati degli utenti, …). Questa metafora rende l’idea di un mondo dove non vi è un luogo centralizzato di controllo, ma piuttosto un insieme di relazioni e di interazioni che costituiscono l’ecosistema e lo trasformano. Le tecnologie digitali mediano le relazioni sociali e sono determinati nella costruzione dell’identità degli individui. Inoltre i media digitali sono il terreno di scontro tra diverse visioni del mondo che si contrappongono: - tecnologie dipinte come portatrici di democrazia, giustizia m uguaglianza e abbondanza economica - Tecnologie dipinte come minaccia all’ordine sociale, come potenziali distruttrici degli equilibri su cui si fondano le società complesse I media digitali sono dotate di un potere trasformativo, e possono anche ostacolare il cambiamento. Del resto gli ambienti digitali sono spazi altamente privatizzati, commercializzati e sorvegliati. 2. NUOVI E VECCHI MEDIA Per nuovi media si intendono le tecnologie basate sui computer e sulle reti che si sono diffuse a partire dagli ultimi decenni del XX secolo affiancando e poi integrandosi con i mass media tradizionali. Studiare i nuovi media significa, oltre a studiare gli odierni nuovi media, studiare il momento in cui una nuova tecnologia emerge e si afferma in un preciso contesto storico. I media basati su tecnologie molto recenti conservano similitudini e analogie con i media precedenti. I nuovi media, infatti, non sostituiscono i vecchi media, ma li integrano e li modificano senza per questo portarli all’estinzione. Questo processo si chiama rimediazione e comporta una cooperazione tra i diversi media. I nuovi media, infatti, non nascono dal nulla, ma evolvono da pratiche e tecnologie mediali preesistenti. Se, d’altronde, ci si focalizza sull’evoluzione continua delle tecnologie per la comunicazione, la loro novità diventa un fattore importante. La vita di un nuovo medium si può suddividere in tre fasi ben distinte: - Fase della crisi di identità, momento di nascita del nuovo medium, nel quale non viene accettato subito come naturale, e il suo significato resta inizialmente aperto e contestato - Fase di domesticazione, nella quale il medium viene accettato all’interno della società - Fase dell’abbandono, prima o poi tutti i media sono destinati a diventare vecchi, in alcuni casi possono essere abbandonati (telegrafo) o addirittura dimenticati. In alcuni casi, i media abbandonati possono tornare in vita assumendo nuovi significati, questi sono definiti zombie media. È proprio l’archeologia dei media che si occupa di studiare tecnologie un tempo dimenticate o cadute in disuso che vengono rivitalizzate (game boy —> oggi usato per produrre musica). Introduzione ai media digitali !2 determinismo: ogni fenomeno del presente è necessariamente determinato da un fenomeno del passato. Le caratteristiche dei media digitali determinano quindi il modo in cui gli individui interagiscono tra loro, dando vita a forme particolari di organizzazione sociale, o sono responsabili di cambiamenti nella struttura economica o politica in una società. • Per Karl Marx le tecnologie hanno il potere di strutturare i rapporti di produzione. • Per Marshall McLuhan il medium è il messaggio, cioè la tecnologia mediatica utilizzata ha un impatto determinante sulla società, questo impatto è più importante del contenuto. Una teoria opposta a quella del determinismo tecnologico è quella della costruzione sociale delle tecnologie in base alla quale la struttura e il successo di una tecnologia dipendono dalla forza, dai bisogni e dai valori del gruppo sociale che la promuove. L’evoluzione delle tecnologie è qualcosa a cui le persone partecipano attivamente. Viene sottolineato come le tecnologie non siano naturali o esogene, ma dipendano dai processi sociali. • Per Langdon Winner le tecnologie hanno una politica: il modo in cui sono progettate oppure la decisione di adottarle o meno possono avere il fine di ribadire una forma di potere e di autorità. Altre teorie sociali parlano di coproduzione di tecnologia e società: non è la società a plasmare le tecnologie e non sono le tecnologie a determinare la società, ma piuttosto società e tecnologie si influenzano e modificano a vicenda, in un processo di co-evoluzione in cui i cambiamenti dell’una producono le altre e viceversa. Con affordance vengono descritte le possibilità offerte e i limiti imposti fa uno strumento tecnologico a chi lo utilizza. Le tecnologie possono offrire soluzioni e rendere possibili nuove forme di azione, ma allo stesso tempo ciò è possibile solo all’interno dei confini della tecnologia stessa. Le piattaforme come Twitter, sono dunque chiamate tecnologie abilitanti, cioè permettono agli utenti di dar vita ad alcuni tipi di azioni secondo precise forme di produzione di informazione. Con il termine algocrazia viene descritto l’ambiente digitale di rete in cui il potere viene esercitato in modo sempre più profondo dagli algoritmi. D’altra parte però, sono gli utenti stessi a dar forma agli usi possibili, che spesso non sono quelli immaginati da chi ha progettato e programmato la piattaforma. È il caso del jailbreaking, cioè la rimozione delle limitazioni presenti nel sistema operativo iOS di Apple: queste pratiche permettono di installare sui prodotti Apple applicazioni o programmi non previsti dalla casa produttrice. CAPITOLO 2: La società dell’informazione La produzione e la gestione dell’informazione hanno assunto un ruolo chiave nelle società avanzate, tanto da far emergere la definizione “società dell’informazione”. Introduzione ai media digitali !5 1. INFORMAZIONE E SOCIETÀ L’espressione “società dell’informazione” indica una forma di società caratterizzata dall’importanza della produzione e gestione dell’informazione, sapere e conoscenza. In questa società le tecnologie informatiche sono pervasive e influenzano i processi produttivi, sociali, identitari e politici. La capacità di produrre e gestire l’informazione diventa dunque terreno di scontro a livello sociale, economico e politico. Il concetto di società dell’informazione, inizia a diffondersi negli anni ’90 con la diffusione di internet. Si inizia a parlare della nascita della società dell’informazione come di una terza rivoluzione industriale: questa sarebbe basata sulle tecnologie di gestione e trasmissione dell’informazione. Il sistema economico che emerge da questa trasformazione si caratterizza per essere, secondo la definizione di Manuel Castells, informazionale, globale e a rete. 2. ECONOMIA IN RETE E GLOBALIZZAZIONE • In un’economia informazionale (basata sull’informazione), la produttività, la competitività e la redditività dipendono dalla capacità di generare e gestire informazione e conoscenza. L’informazione è un bene intangibile diverso dai beni materiali, e necessita di essere regolato da forme di proprietà apposite. Le risorse principali dell’impresa non sono più le fabbriche o i macchinari, ma diventano quelle legate all’informazione (brand, brevetti, capacità di gestione di reti di fornitori, …). L’informazione e la conoscenza diventano sia materia prima che prodotto finale dei processi produttivi. • Anche se i processi di economia globale sono in atto da secoli, con la società dell’informazione la globalizzazione diventa uno dei fenomeni economici principali e si basa anche sulla nascita di nuovi soggetti, come per esempio le imprese multinazionali. Si affermano mercati finanziari globali, che vengono gestiti tramite media digitali e tecnologie di rete. • Con “economia in rete” si intende l’organizzazione dei processi produttivi a rete, basato su decentramento e autonomia delle unità produttive. Sono sempre esistite reti sociali, ed è proprio da questo concetto che ha preso origine la forma di economia in rete. L’unica differenza è che con l’emergere della società dell’informazione, le reti sono tornate ad essere competitive e diventano un’alternativa alle organizzazioni burocratiche. Introduzione ai media digitali !6 I DIRITTI DELLA PROPRIETÀ INTELLETTUALE La proprietà intellettuale è un apparato di principi giuridici che permettono a creatori e inventori di esercitare diritti di proprietà sui frutti dell’inventiva e dell’ingegno. Questi diritti concedono un monopolio sullo sfruttamento di un bene immateriale. Ne esistono tre tipologie: 1. Diritto d’autore (copyright): tutela la proprietà delle opere artistiche, letterarie o scientifiche 2. Brevetto: tutela le invenzioni industriali 3. Marchio: contraddistingue un prodotto o un’azienda rendendoli riconoscibili da parte del consumatori 3. LE TEORIE SULLA SOCIETÀ DELL’INFORMAZIONE Manuel Castells negli anni ’90 ha avuto un ruolo dominante nel dibattito sulla società dell’informazione, definendola come una nuova epoca nell’evoluzione della società, così come dell’economia e della politica. La sua tesi ha una forte base di determinismo tecnologico. Formalizza l’importanza economica, sociale e politica dell’informazione in una società in trasformazione. Castells definisce questa nuova epoca come capitalismo informazionale. Secondo il suo pensiero, infatti, nella società dell’informazione sono i beni informazionali o intangibili (brand), l’innovazione e il sapere a determinare il successo economico, e di conseguenza le possibilità di successo di un individuo. Questa sua tesi è descritta nel primo volume della sua trilogia “La nascita della società in rete”, del 1996. Secondo il suo parere le reti diventano dominanti anche nella dimensione sociale. Lo spazio dei flussi è costituito dagli spazi, fisici e mediatici, dove circolano saperi, competenze, denaro e persone. Si tratta di una rete aperta, in cui le frontiere e i limiti tra stati, organizzazioni, comunità e gruppi sono sempre meno importanti. Da questa rete restano tagliati fuori solo gli individui che non hanno accesso ad internet o che non sanno utilizzarlo. Per questa ragione, per Castells, la spaccatura principale nella società dell’informazione non è più solo legata alle divisioni di classe, ma avviene piuttosto tra chi ha accesso ai flussi e chi ne è escluso. Altri rispetto a Castells hanno teorizzato sulla società dell’informazione. Tra questi il primo ad investigare sul ruolo dell’informazione e della conoscenza rispetto all’economia, è Fritz Machlup che già negli anni ’30 studiò l’effetto dei brevetti sullo sviluppo economico e che negli anni ’60 introdusse l’espressione economia della conoscenza. Peter Drucker, invece, faceva notare come la centralità dei lavoratori della conoscenza si affermasse man mano che le organizzazioni dell’economia capitalista si facevano più complesse. Fu anche uno dei primi ad utilizzare il termine postmoderno per descrivere il modello sociale che stava evolvendo attorno alla nuova importanza economica dell’informazione. Daniel Bell ampliò questa visione, suggerendo che l’importanza della produzione e circolazione di informazione come fattore economico e quindi la centralità politica e culturale dei lavoratori della conoscenza avrebbero reso meno influenti le grandi ideologie della Introduzione ai media digitali !7 La proprietà intellettuale è una concessione temporanea che ha il compito di incentivare l’attività creativa e inventiva. Dopo un dato periodo di tempo, le opere o le innovazioni diventano di dominio pubblico. Per gli economisti, l’informazione è un bene non rivale (può essere “utilizzata” da più individui nello stesso momento), e ha un costo marginale pari a zero (una volta sostenuti i costi di creazione, quelli di distribuzione sono bassissimi). Il Progetto Manhattan (progetto segreto statunitense per lo sviluppo della bomba atomica) riunì centinaia di fisici e ingegneri e fu uno dei luoghi di innovazione dei computer negli ultimi anni di guerra. Jhon von Newmann fu colui che rese reale la macchina universale di Alan Turing. Con la guerra si sviluppò la crittografia, e con essa macchine appositamente studiate per essa: si parte da Enigma (cifratore di comunicazioni militari) e poi Colossus (computer elettronico costituito da valvole termoioniche). Dai supercomputer (il primo creato nel 1959 e chiamato Ibm Stretch), computer costosissimi e con hardware che occupavano stanze intere, si passò, dopo la guerra, all’invenzione del microprocessore, creato da Intel nel 1971. Quest’ultimo è un computer collocato su un chip in silicone. Questa invenzione, come si può immaginare, rivoluzionò il mercato dei computer. Alla fine degli anni ’70, si poteva parlare di nuova società dell’informazione basata sui computer. A trasformare il computer in una macchina a uso popolare sono stati gli appartenenti alle controculture, ragazzi universitari che formarono poi le prime comunità di hacker (anche artefici dei primi videogiochi). Dal matrimonio tra hacker e controculture tecnologiche nacquero i primi personal computer destinati ad uso familiare. 5. L’EVOLUZIONE DELLE RETI Negli anni ’50-’60 si è iniziato a pensare ai computer non solo come strumenti di calcolo, ma anche come strumenti per comunicare. Venne attuato un progetto di comunicazione, che rappresenta l’antenato di internet, basato sulle idee di J.C.R. Licklider (che teorizzò la possibilità di creare un “Intergalattic computer network” per connettere le istituzioni, aziende e cittadini). Questo progetto prese il nome di rete Arpanet e, a partire dal 1969, collegava i supercomputer presenti nelle università americane e in alcuni centri militari. Questa rete si basava sulla tecnologia packet switching creando così una rete distribuita. Venne poi utilizzato un protocollo libero e aperto, il Tcp/Ip. Questo standard, insieme alla struttura distribuita e ridondante di Arpanet, è ancora alla base del funzionamento di internet. Altre reti erano state aperte, come le Bbs. Queste erano banche dati di informazioni e messaggi contenuti in personal computer individuali cui si poteva accedere mettendosi in comunicazione con il singolo utente tramite le nuove tecnologie Modem. Questi sistemi di scambio di informazioni e comunicazioni erano generati dal basso e aperti a chiunque e a qualsiasi tema. La rete iniziò quindi ad essere anche una tecnologia per connettere le persone e farle comunicare. Introduzione ai media digitali !10 CRONOLOGIA: LA STORIA DEI COMPUTER (vd. p. 43) Alla nascita e affermazione della rete contribuirono diversi fattori: - Natura tecnologica: nel 1991 Tim Berners-Lee scrisse e condivise con il resto della rete i linguaggi e gli standard che costituiscono il World Wide Web (URL, protocolli Http, …) in modo che chiunque fosse in grado di utilizzarlo - Natura politica: nel corso degli anni ’80, gli operatori telefonici conobbero una prima ondata di liberalizzazioni che portarono ad un nuovo mercato, non più monopolistico. Negli anni ’90, poi, i paesi più ricchi del mondo, riuniti nel G7, sottoscrissero un documento che applicava l’affermarsi di una società globale dell’informazione, e poco dopo venne deciso l’obbiettivo dell’Unione Europea di diventare un’economia della conoscenza. - Natura legale: venne poi attuato dal 1996 il Digital Millennium Copyright Act che regola la proprietà intellettuale degli Stati Uniti e rende illegale sovvertire le tecnologie usate per la protezione dei diritti. Negli anni ’90 il web si diffuse nelle case e cominciò a rappresentare un’industria in espansione basata soprattutto su quelle che allora venivano chiamate dot-com. Questa esperienza, però, si concluse in una bolla speculativa a causa di un aumento sconsiderato dei costi delle azioni delle aziende di commercio online. Ciò provocò il fallimento di gran parte delle aziende della rete, aprendo lo spazio ad una nuova fase tecnologica ed economica, definita Web 2.0. Introduzione ai media digitali !11 LA RETE IN ITALIA La diffusione dei media digitali in Italia è stata relativamente lenta. Viene fatta iniziare simbolicamente nel 1986 quando venne effettuata la prima connessione con la rete Arpanet negli USA. Tra gli anni ’80 e ’90 lo sviluppo delle reti avviene in circoli amatoriali tramite la Bbs. Queste reti sono adottate da appassionati di informatica e hacker ma anche da comunità politiche come quelle dei centri sociali. Nel 1994 tuttavia, le reti Bbs vengono colpite da un’operazione di polizia, il cosiddetto Italian crackdown, con il sequestro di più di 200 nodi della rete Fidonet. L’accusa era quella della diffusione illegale di software pirata, essa venne poi smentita da indagini successive. Negli anni ’90 la liberazione del settore delle telecomunicazioni favorisce l’emergere di nuovi attori privati. Il paesi si avvia così verso la diffusione di massa della rete. Nel 1994 apre il primo sito internet di un quotidiano, e nel 1996 va online il primo motore di ricerca italiano, Arianna. Oggi lo sviluppo di un’economia basata sui media digitali resta comunque in ritardo. La televisione rimane la fonte principale di informazione e il suo mercato è privatizzato e diviso tra due attori principali (Rai e Mediaset). Anche nell’editoria il mercato è in mano a pochi gruppi monopolistici. La rete permetterebbe di aumentare il pluralismo dell’informazione, ma non è ancora riuscita a scalzare gli attori più forti. 6. IL FUTURO DELLE SOCIETÀ DELL’INFORMAZIONE Le nuove tecnologie informatiche hanno alcune conseguenze sociali fondamentali: nella produzione industriale rendono possibile l’automazione e l’organizzazione della produzione in reti globali. Questo tende a diminuire sia il costo della produzione materiale sia il potere contrattuale della classe operaia, mentre la produzione di beni immateriali (innovazione, organizzazione, brand, …) diventa più importante. Viene così rinforzata la natura globale della cultura di massa, ma l’ipotesi della natura egualitaria della nuova società dell’informazione spesso risulta utopica: a metà degli anni ’70, per esempio, si assiste ad una crescente disuguaglianza seriale; emerge anche una disuguaglianza globale, con l’accentuarsi della divisione globale del lavoro tra le regioni che producono materie prime o beni materiali e quelle che gestiscono i processi di innovazione. L’evoluzione della società dell’informazione è legata agli attori che ne guidano lo sviluppo. Le scelte che riguardano le tecnologie digitali sono cruciali dato che sono in grado di ridefinire le possibilità d’azione dei cittadini, delle amministrazioni e delle imprese. Tramite un’alleanza con le imprese del web, i governi occidentali sono in grado di intercettare tutte le comunicazioni digitali dei propri cittadini a scopo di sorveglianza. CAPITOLO 3: Culture e identità I media digitali sono in grado di favorire nuove forme di interazione e arricchire la vita sociale degli individui, però possono creare anche problemi di privacy e controllo sociale. 1. SOCIETÀ E MEDIA DIGITALI Le relazioni sociali sono sempre state influenzate dalle tecnologie della comunicazione. L’invenzione della stampa ha cambiato in profondità le forme di produzione e trasmissione della cultura e della conoscenza, agendo sulla possibilità di mantenere relazioni sociali a distanza nello spazio e nel tempo. I media sono fondamentali anche per la creazione e il mantenimento di gruppi informali, così come per la costruzione dell’identità individuale. L’arrivo sulla scena dei nuovi media digitali e delle tecnologie mobili permette nuove e ulteriori riflessioni sul legame tra tecnologie mediatiche e relazioni sociali. I media digitali hanno avuto una velocità di penetrazione senza precedenti, tanto che hanno portato alla nascita di diversi dibattiti: - da un lato si afferma che essi rappresentano un mondo sociale esterno alla vita reale quotidiana; - dall’altro, che hanno effetti dirompenti sulle forme di socialità Tuttavia essi sono caratterizzati dalla forte integrazione tra la vita online e quella offline. Le tecnologie mobili, infatti, permettono di accedere ai servizi online ovunque e in qualsiasi situazione. Questo stile di vita viene definito always on, per cui la differenza tra online e offline tende a scomparire e inizia ad affievolirsi la distinzione tra pubblico e privato. Introduzione ai media digitali !12 Tuttavia questa definizione (nativi digitali) tende a nascondere le differenze di come le persone usano internet e i media sociali, anche fra coloro che sono nati in un mondo dominato da queste tecnologie. 4. PUBBLICO O COMUNITÀ Dal punto di vista classico della sociologia, esistono due forme di relazioni sociali: le relazioni comunitarie e le relazioni sociali tipiche della modernità. - relazioni comunitarie: presentano alti livelli di fiducia e di conoscenza reciproca. In queste comunità, il gruppo viene prima dell’individuo. - Relazioni sociali tipiche della modernità: caratterizzate dall’importanza di associazioni dotate di regole formali ed esplicite, i diritti e i doveri sono regolati da leggi e regole formalizzati. In queste comunità, però i livelli di solitudine sono potenzialmente più alti. Con la diffusione dei media sociali è stata interpretata come l’emergere di una terza di relazioni sociali, questa è stata chiamata individualismo in rete. Questo terzo tipo di relazione sociale è il risultato della coordinazione di una grande quantità di opportunità e scelte individuali abilitate dai media digitali. L’individuo tende ad appartenere a una moltitudine di reti sociali diverse. In ogni rete l’individuo può mostrare o sviluppare un aspetto particolare della sua identità. L’individualismo in rete mutua la sua impostazione dopo la teoria di Georg Simmel che, all’inizio del XX secolo, intuì che le persone costruiscono la propria dimensione identitaria sull’appartenenza a gruppi anche molto differenti tra loro, caratterizzati da codici e norme distinte. Internet rende molto più facile identificare e contattare persone con cui si condividono passioni e interessi. Internet rende, infatti, più semplice la proliferazione di gruppi organizzati intorno ad interessi o stili di vita comuni, tanto da far parlare di nuove forme di collettivismo in rete in cui gruppi di persone tenute assieme da legami deboli riescono a costruire e mantenere reti durevoli ed efficaci. Queste socialità, differenti da gruppi con rapporti più intimi, vengono definiti pubblici connessi. Le parole comunità e pubblico sono infatti molto differenti: PUBBLICO COMUNITA’ Collettività meno dense e totalizzanti rispetto alle comunità Presente una forte densità relazionale Pubblici connessi: sono più densi, però, di una rete. Questo perché tra un pubblico vengono condivisi interessi e passioni Offrono ai propri membri la possibilità di identificarsi con una causa comune e di ottenere dagli altri membri un riconoscimento del proprio contributo a questa causa comune Possono essere più fluidi e transitori Tendono a durare nel tempo conservando gli stessi membri Introduzione ai media digitali !15 Un individuo può appartenere a un pubblico appassionato ad una particolare cosa ma lasciare che questo coinvolgimento conti molto poco per la sua identità complessiva. Ma è possibile fare il contrario. L’identità di un individuo finisce quindi per essere il risultato complessivo di queste appartenenze. 5. REPUTAZIONE E INFLUENZA Con reputazione si intende un giudizio sulle qualità di una persona che viene espresso sulla base di informazioni pubbliche. Non è, infatti, indispensabile conoscere una persona per averne un’opinione. I media digitali amplificano e trasformano il modo in cui le reputazioni vengono create e alimentate e forniscono alle persone nuovi strumenti per gestire la propria reputazione. Molti servizi e piattaforme hanno sistemi informatici per calcolare e comunicare la reputazione dei propri membri. Questa determina la capacità che l’individuo ha di interagire con un pubblico in modo produttivo. La natura comunicativa di questi pubblici e la struttura delle piattaforme dei media sociali fanno si che l’identità non possa essere semplicemente vissuta, ma debba essere anche comunicata. In questo senso, l’individuo può trovarsi costretto a creare una versione comunicabile della sua identità (un brand personale) che includa certi aspetti della sua vita e se possibile ne escluda altri. L’identità diventa quindi una costruzione ragionata e riflessiva Comunità premoderne: l’identità delle persone era dettata dalla tradizione Associazioni moderne: le identità dipendono in parte dalle scelte individuali Individualismo in rete: l’identità viene costruita tramite una serie di scelte Introduzione ai media digitali !16 SESSUALITA’ E PORNOGRAFIA Il sesso è fin dai tempi degli antenati di internet un motore della rete, sia per la capacità di attrarre utenti, sia perché stimola forme di utilizza nuove e impreviste che hanno guidato in parte i processi di evoluzione tecnologica. Questa ricchezza si traduce in investimenti: le aziende di produzione pornografica hanno contribuito allo sviluppo di nuove tecnologie di streaming video o di siti di social network per incontri o per trovare partner sessuali, o ancora di tecnologie immersive 3D. Inoltre l’arrivo del web collaborativo ha dissolto anche in questo settore i confini tra utente e produttore. Sono anche nati nuovi pubblici che hanno cambiato le convenzioni estetiche del porno per dare voce alle sub-culture sessuali più diverse. Internet si è rivelato un luogo di costruzione delle identità sessuali e di genere. destinata a essere comunicata. La creazione di un brand personale porta la persona interessata allo studio di un suo personale self-brandig. Le comunicazioni sui media sociali si possono dire: persistenti, replicabili, scalabili e ricercabili. Ai fini del self-brandig queste caratteristiche hanno implicazioni precise: - persistenza: ciò che viene comunicato sui media sociali e in rete tende a restare nel tempo - replicabilità: comunicazioni avvenute in un ambiente particolare possono essere modificare o combinate con comunicazioni avvenute in un altro ambiente, generando qualcosa di nuovo - scalabilità: i contenuti possono diffondersi molto rapidamente - ricercabilità: i contenuti sono facili da trovare Da qui si può capire come sia quindi facile che i confini tra la vita pubblica, quella professionale e quella privata vengano eliminati. La necessità e le possibilità di maneggiare il proprio brand e le comunicazioni che lo compongono stanno crescendo con il diffondersi di sistemi per la misurazione dell’influenza degli individui. Gli indici della capacità di influenzare possono essere determinati per le opportunità di lavoro in alcuni settori: un esempio sono gli influencer, persone con indici di impatto molto elevati che sono in grado di mobilitare un gran numero di altri utenti grazie alle dimensioni della rete con cui sono in contatto e grazie alle loro competenze sociali e comunicative. 6. CRITICHE ALLA SOCIETÀ IN RETE Sono ormai parecchie le critiche alla socialità in rete. Una di queste è il fatto che le relazioni in rete tendono a essere più fredde e meno coinvolgenti, e che ciò porta ad una serie di individui emotivamente slegati l’uno dall’altro. Tuttavia questo tipo di socialità non impedisce di soddisfare altri aspetti della propria vita e della propria affettività grazie ad altri rapporti. Inoltre il peso delle diverse forme di socialità dipende dall’importanza che gli individui attribuiscono ad esse. Un altra critica è quella della psicologa Sherry Turkle che crede che la natura immersiva dell’esperienza online tenda ad assorbire le persone in un mondo parallelo, e in questo modo ad isolarle. Questa teoria spiega come i media sociali ci proiettano in un mondo in cui siamo insieme ma soli: le interazioni umane diventerebbero così sempre più scarse per essere sostituite da interazioni con macchine che cercano di simulare il calore e l’autenticità dell’affettività umana. Fin dagli anni ’90, però, viene tracciato un quadro molto differente: si crede infatti che le persone che usano la rete tendono ad avere reti sociali più estese e diversificate rispetto alle persone che non usano tecnologie digitali. L’utilizzo di internet può essere considerato un fattore che alimenta la ricchezza della vita sociale delle persone. È infatti il modo in cui le persone interagiscono tra loro a cambiare con l’uso di queste tecnologie. Introduzione ai media digitali !17 La storia e il funzionamento di Gnu e Linux vengono presi ad esempio nelle forme di cooperazione online. Alla base di queste forme di peer-to-peer vi sono alcune premesse tecnologiche ma anche sociali ed economiche legate alla nascita di un ambiente digitale in rete: - l’informazione costituisce sia l’input che l’output dei processi P2P - La diffusione pressoché ubiqua (che ha il dono dell’ubiquità) dei computer connessi alla rete - L’emergere di strategie non proprietarie di gestione dell’informazione - Le innovazioni tecnologiche rappresentate da software e piattaforme che permettono la collaborazione online e tramite le quali gli utenti possono lavorare a un contenuto in forma collaborativa e a distanza - La diffusione di fenomeni di produzione non commerciale, che non risponde ad esigenze di mercato, ma invece produce valore d’uso per una comunità di utenti - L’espansione di forme di organizzazione orizzontali, flessibili e non gerarchiche La produzione P2P aumenterebbe quindi l’efficenza dei processi produttivi, in particolare grazie ai bassissimi costi di transazione e alla capacità di coinvolgere un numero elevato di individui. Una caratteristica importante del P2P è infatti la sua capacità di intercettare motivazioni individuali che spingono le persone a contribuire. Altre caratteristiche sono la modularità (possibilità di suddividere un progetto in moduli che possono essere sviluppare indipendentemente dalle altre) e la granularità (possibilità di dividere un compito in parti). In questo modo un utente può decidere di dare un contributo molto piccolo, che sarà comunque utile per lo sviluppo complessivo del progetto. È ormai consolidata l’idea che la maggior parte delle persone che partecipano a forme di collaborazione P2P sia anche motivata dalla prospettiva di accumulare reputazione. Michel Bauwens parla di una nuova economia politica dell’informazione basata su una “produzione P2P” riferendosi a reti non solo informatiche ma di individui che collaborano in modo decentrato, distribuito e orizzontale, e condividendo il prodotto della cooperazione. È importante sottolineare però come queste forme di organizzazione non siano completamente orizzontali: le gerarchie esistono e gli squilibri di potere restano importanti. Introduzione ai media digitali !20 IL COPYLEFT E LE LICENZE CREATIVE COMMONS Il termine copyleft si riferisce ad una forma si copyright alternativo: si tratta di una forma di proprietà intellettuale che tutele l’autore di un’opera ma allo stesso tempo permette a chiunque di compiere alcune azioni sulla stessa opera. Il copyleft è nato da un’intuizione di Richard Stallman che nel 1989 ha scritto Gpl per permettere la diffusione del software Gnu. Le licenze più famose sono però quelle sviluppate da Creative Commons (CC). Chi decide di utilizzare queste licenze permette a chiunque di riprodurre, distribuire e rappresentare l’opera stessa. Inoltre l’autore può scegliere quali diritti concedere agli utenti. Queste licenze hanno valore legale a tutti gli effetti. 4. OPEN SOURCE E INNOVAZIONE Parlando di open source si intende un movimento che dalla fine degli anni ’90 ha cercato di rendere appetibile per le imprese commerciali il modello aperto. Infatti molte imprese informatiche hanno adottato principi open source per i loro prodotti. I principi dell’open source si sono presto diffusi ben al di là del settore del software. Al giorno d’oggi si può trovare applicato in settori come la progettazione di automobili, scienza, musica o design. L’open source è poi diventato anche uno strumento per raccogliere innovazioni sviluppate all’esterno dell’azienda. È sempre più comune che le imprese dei media digitali “aprano” parte del loro sistema di innovazione e sviluppo al contributo degli utenti della rete tramite strategie di coinvolgimento dei clienti o di altri attori esterni al fine di migliorare i propri prodotti. Questi fenomeni sono chiamati crowdsourcing (esternalizzazione di un processo produttivo non ad altre imprese ma alla folla) e permettono di risparmiare denaro, ma soprattutto di raccogliere suggerimenti e idee che sarebbe difficile sviluppare in azienda. Le forme di innovazione e produzione basate sull’open source si sono espanse e diffuse anche alla produzione di oggetti materiali. Questa tecnica è infatti applicabile anche alla progettazione e al design di qualsiasi oggetto materiale. Un ulteriore passo dell’open source è rappresentato dalle stampanti 3D: esse permettono di riprodurre oggetti materiali disegnati al computer o scaricati dalla rete, processo chiamato fabbricazione digitale. Le stampanti 3D permettono alle persone di produrre e condividere design di oggetti materiali. Il loro costo contenuto e la possibilità che arrivino a essere alla portata dei consumatori hanno fatto presagire la possibilità che la fabbricazione digitale distribuita rappresenti in futuro la base di un nuovo modello di produzione industriale. Introduzione ai media digitali !21 PIRATERIA E INNOVAZIONE La pirateria (attività di copiatura e distribuzione illecita di contenuti digitali) è uno dei fenomeni che hanno modificato l’industria culturale e le leggi sui diritti di proprietà intellettuale. Il contrasto alla pirateria viene attuato con nuove tecnologie anti-copie oppure con interventi legislativi. La definizione remix culture descrive una forma di produzione culturale che incoraggia il “taglia e cuci” di prodotti esistenti e la creazione di remix. Lo sviluppo di questa cultura si sviluppa sullo sfruttamento di esenzioni dal copyright o sulla pirateria. 5. IL VALORE NELL’ECONOMIA DELLA CONDIVISIONE Nelle visioni più ottimistiche il P2P sembrava destinato a diffondersi al di là del software libero per diventare una forma di produzione liberatoria, interpretata come un processo di democratizzazione delle società di informazione. Infatti secondo alcuni il P2P: - metterebbe nelle mani dei lavoratori i mezzi di produzione, garantendo una redistribuzione di ricchezza - Rappresenterebbe un aumento di autonomia e libertà individuale, con la dissoluzione delle gerarchie in favore di forme decisionali orizzontali - Mette a disposizione dei paesi poveri nuove risorse informazionali Il software libero ed in generale il P2P, però, non hanno scalzato i processi produttivi di tipo commerciale che rispondono a logiche di mercato e si basano su forme proprietarie di gestione dell’informazione. Tiziana Terranova sottolinea come le imprese sfruttino la collaborazione degli utenti per fare profitti. A fronte della possibilità di godere dei servizi gratuiti gli utenti svolgerebbero lavoro gratuito, e quindi sarebbero visti come sfruttati dalle aziende che guadagnano dalle loro azioni non retribuite, sul web. Lo studio della produzione di valore tramite la partecipazione online, però, presenta diverse contraddizioni: - l’utilizzo dei social media non viene vissuto da parte degli utenti come una forma di sfruttamento lavorativo - Presenta una natura non lineare della creazione di valore online: il successo di una canzone è determinato da fattori poco prevedibili, e non dalle ore di prove per la sua produzione - Il valoro realizzato direttamente dal lavoro degli utenti è piuttosto ridotto Anche l’ipotesi secondo la quale la cooperazione in rete è guidata da un’economia del dono in cui i guadagni materiali sono poco importanti ignora il fatto che le nuove economie collaborative rimangono molto inique per quanto riguarda la distribuzione della ricchezza. La sharing economy o economia della condivisione viene presentata come possibile soluzione sia alla crisi economica che all’alienazione sociali delle società contemporanee. Introduzione ai media digitali !22 LE ISTITUZIONI DELLA RETE APERTA I processi di collaborazione in rete sono garantiti da una serie di infrastrutture tecnologiche, ma dipendono anche dalla disponibilità di informazione accessibile e da un quadro legale e politico favorevole. Alcune di queste caratteristiche sono al centro dell’attività di alcune organizzazioni che promuovono una visione utopica della rete come strumento di democratizzazione e progresso sociale.esse sono sorrette da donazioni nonostante abbiano un budget milionario. Alcuni nomi possono essere: Electronic frontier foundation, Wikimedia foundation, Free software foundation, Internet archive, P2P foundation e Creative commons. dell’autorità, che avviene la formazione dell’opinione pubblica. Tuttavia, la concentrazione di potere nelle mani dei produttori di informazione da sì che i mass media controllino in modo univoco il flusso di informazione. I media digitali hanno dunque trasformato il funzionamento della sfera pubblica. La rete, per esempio, permette di diversificare le fonti di informazione. In questo sistema la sfera pubblica in rete fornisce un bacino più ampio di raccolta di informazioni e un filtro più partecipato e aperto all’attività dei singoli individui per scegliere temi da mettere all’ordine del giorno e le opinioni rilevanti. Un punto di differenza della sfera pubblica in rete è la disintermediazione, cioè l’aumento di indipendenza da figure professionali che hanno storicamente un ruolo di intermediarie tra pubblico e informazione. Ciò porta a trasformazione di produzione e distribuzione dell’informazione. Il citizen journalism, per esempio, è la produzione e distribuzione di notizie da parte di individui che non sono giornalisti professionisti e attraverso canali alternativi a quelli delle istituzioni comunicative broadcast. Gli stessi giornali tradizionali si sono adattati al cambiamento ponendo l’interazione con i lettori al centro dell’attività comunicativa. In questo modo i confini tra i mass media e le nuove forme di comunicazione scompaiono. Anche la funzione del gatekeeping, il potere di selezionare quali notizie raggiungeranno il pubblico e quali no, non è più saldamente nelle mani delle istituzioni dei media broadcast, ma è distribuita tra gli utenti della rete che producono, selezionano e vagliano notizie e informazioni. I mass media tradizionali non sono neanche più detentori del potere dell’agenda setting, cioè la capacità di dettare l’agenda del dibattito pubblico scegliendo le notizie e i temi di cui si parlerà. La sfera pubblica in rete sarebbe così in grado si garantire i filtri di attendibilità e rilevanza un tempo riservati ai media che oggi non sono più gli unici intermediari tra cittadini e informazione. Un esempio di sfera pubblica in rete è WikiLeaks, una piattaforma per la pubblicazione di leaks (perdite o fughe di notizie). Si tratta di un’organizzazione no profit internazionale basata su un sistema di raccolta di documenti coperti da segreto di stato o industriale che le persone possono fornire in forma anonima. Il sito si occupa poi di verificare l’autenticità delle informazioni e di pubblicarle con lo scopo di portare alla luce comportamenti non etici di aziende e governi. Lo scopo di WikiLeaks è dunque quello di aumentare la trasparenza dei governi e delle imprese tramite una forma di controllo del loro operato messa in atto da tutti gli utenti della rete. Nel corso della sua storia ha naturalmente subito censure e tentativi di boicottaggio e chiusura, ma allo stesso tempo ha ricevuto premi legati alla libertà di espressione. Utilizza un modello di finanziamento basato sulle donazioni provenienti dalla rete. È però necessario evitare di rappresentare la nuova sfera pubblica come perfettamente democratica, poiché la maggior parte delle interazioni all’interno della sfera pubblica in rete avvengono su piattaforme digitali sviluppate, possedute e controllate da attori privati. Si tratta di nuove forme di gatekeeping, spesso di tipo monopolistico. L’ambiente in rete, Introduzione ai media digitali !25 quindi, non garantisce di per sé la nascita di una sfera pubblica più ricca e diversificata, obiettiva, orizzontale e slegata dalle dinamiche di potere. 3. POLITICA E DEMOCRAZIA Le relazioni di potere sono ormai organizzate anche intorno alle reti, alla capacità di determinare chi vi può accedere, alla loro programmazione e alla gestione dei flussi di informazione. Nella società in rete, il potere diventa così potere della comunicazione e si incarna nell’architettura stessa della rete. Questo fenomeno è ora rafforzato dalla nascita della sfera pubblica in rete. A partire dagli anni ’90 si è assistito a un aumento progressivo del numero di cittadini che si informano tramite i media digitali. Questo cambiamento si sviluppa in modo graduale e dipendente dalle diverse aree del mondo e i diversi gruppi sociali. Gli effetti di questi cambiamenti nella sfera pubblica dipendono anche dal tipo di società in cui si verificano. Nei paesi autoritari può rendere difficile il controllo dei flussi di informazione e ciò può tradursi in un aumento della libertà di espressione. D’altra parte, questo cambiamento può anche dare ai regimi autoritari nuove forme di controllo. I governi mettono in campo iniziative per controllare l’accesso alle informazioni e sono spesso riluttanti a concedere maggiore trasparenza. La libertà di espressione e il diritto all’informazione non possono essere dati per scontati ma necessitano continue rielaborazioni e negoziazioni, e sono spesso al centro di battaglie legali e giuridiche. Nelle società avanzate, le pratiche politiche dipendono in modo rilevante dalla capacità di analizzare l’elettorato con tecniche derivate dalle scienze sociali al fine di produrre strategie di marketing politico mirate sui diversi media utilizzati. Questi dati permettono poi agli analisti politici dei partiti di costruire un profilo del singolo cittadino e di organizzare i flussi di informazione diretti agli elettori tramite tecniche mutate dal marketing commerciale. Se le tendenze più ottimiste vedono in internet un mezzo per creare forme di democrazia dirette destinate a soppiantare le istituzioni della democrazia rappresentativa, mentre quelle più pessimiste vi vedono solo un rinforzo delle gerarchie già esistenti, è probabilmente più corretto affermare che la rete rende possibili nuove e diverse strategie di mobilitazioni e partecipazione. I partiti sviluppano le proprie piattaforme per raccogliere dati sui propri elettori e simpatizzanti, raccogliere donazioni e comunicare i propri contenuti politici. Questi partiti promuovono forme di partecipazione politica basate sui social media. Un esempio è la piattaforma Liquid Feedback che fornisce ai partiti e associazioni strumenti per implementare sistemi di voto sul modello sella cosiddetta democrazia liquida. In questi servizi ogni membro può pubblicare la propria opinione o proposta, che viene poi messa al voto tramite sistemi che coinvolgono altri partecipanti. 4. I MOVIMENTI SOCIALI Se il potere politico risiede nella capacità di programmare le reti, i movimenti che vogliono contrastare quel potere o agire per il cambiamento sociale devono basare la propria azione sul Introduzione ai media digitali !26 tentativo di riprogrammare le reti cioè utilizzarle per comunicare i propri contenuti e i propri valori modificandone lo scopo originario o trovando nuovi modi per sfruttare le caratteristiche tecnologiche e sociali. I media digitali hanno effetti sulla partecipazione politica dato che la rete da accesso alla politica attiva e ne influenza le forme. Questa forma di attivismo politico, che è stata definita azione collettiva, avrebbe sostituito le forme classiche di azione collettiva. I movimenti sociali sono sempre stati sperimentatori e innovatori nel campo dell’azione politica tramite i media digitali. Si possono citare moltissimi esempi: dal movimento Zapatista messicano nel 1994 alla primavera araba del 2011, dal NoBerlusconiDay del 2009 a Occupy Wall Street nel 2011. Critici del ruolo dei media digitali riguardo alla partecipazione politica hanno sottolineato che la maggior parte degli utenti della rete si limita a mettere in campo attività di slacktivism (“Slack”= pigro; attivism), come postare commenti o foto di significato politico sui propri profili oppure firmare petizioni online; tutte attività che richiedono un investimento minimo. I media digitali non sono sufficienti per creare mobilitazioni di massa, ma sono utili per far viaggiare rapidamente le informazioni. I movimenti sociali si basano quindi su una combinazione di presenza online e offline. Le tecnologie mobili contribuiscono in forma determinante all’evoluzione di queste forme di organizzazione politica online. Howard Rheingold ha chiamato smart mob (folle intelligenti) i gruppi di utenti della rete che coordinano comportamenti collettivi tramite l’uso di dispositivi mobili, mentre Castells li ha definiti comunità insorgenti istantanee. Infatti questi media riescono a coinvolgere e mobilitare per una causa comune cittadini non facenti parte di di particolari partiti o gruppi politici, ma in grado di scambiarsi informazioni e organizzarsi in tempo reale grazie alle nuove tecnologie. Da questo contesto nascono movimenti che creano nuove forme di potere e metodi decisionali; esiste però un team al loro interno che li gestisce e li organizza, in contraddizione con l’idea che essi siano non gerarchici, spontanei e “liquidi”. Questi gruppi, che riuniscono persone dotate di capacità politiche e tecniche, sono stati definiti avanguardie digitali dotate della capacità di dirigere almeno parzialmente la direzione presa dall’azione collettiva del movimento. Gli stessi movimenti tuttavia si percepiscono e definiscono in pubblico privi di leader. Concludendo, i media digitali permettono anche l’emergere di movimenti che fondano la propria attività esclusivamente sulle reti. Un esempio è Anonymous, un movimento di hacker con ideali anarchici e di critica al potere politico e finanziario. Introduzione ai media digitali !27 LA PRIMAVERA ARABA Il 17 dicembre 2010 lo studente Mohamed Bouazizi si diede fuoco in pubblico per protestare contro il regime del presidente tunisino Ben Ali. Questa data è considerata l’inizio della Primavera araba (serie di sollevazioni popolari che hanno rovesciato i regimi autoritari in Tunisia, Egitto e Libia, e che hanno scatenato conflitti violenti in Siria, Yamen,Bahrain e altri paesi in Medio Oriente). Con la diffusione di massa dell’accesso a internet avvenuta nella seconda metà degli anni ’90 si sono scatenate ondate successive di investimenti e sono sorti nuovi modelli economici, introducendo nuove possibilità e nuovi vincolo alle imprese che producono informazione. La coda lunga è il modello su cui si basano i giganti come la libreria online di Amazon, e si riferisce alla massa di opportunità marginali che con i media diventa possibile gestire. Amazon realizza infatti gran parte dei suoi guadagni vendendo poche copie ciascuno di moltissimi libri che rappresentano la “coda” del mercato e non la sua vetta. Il loro insieme, però, costituisce una massa tale da contribuire in grande parte ai guadagni dell’azienda. Il successo della coda lunga per le società online dipende dal fatto che internet facilita la scoperta e l’integrazione di informazioni come la ricerca di libri poco conosciuti. L’idea alla base delle aziende cosiddette dot-com degli anni ’90 era che la rete fosse una sorta di biblioteca di contenuti che potevano essere visionati dagli utenti ma solo raramente prodotti da loro. L’idea dei content provider, cioè fornitori di contenuti, era quindi quella di far pagare l’accesso ai contenuti online. L’arrivo di servizi come YouTube o Facebook ha dato agli utenti nuove possibilità di distribuire contenuti prodotti da loro stessi, che rappresentano un’alternativa ai prodotti delle industrie culturali. In alcuni casi i content provider tradizionali si uniscono in conglomerati con produttori di altri tipi di contenuti e diversificano la loro offerta inserendo un film all’interno di un universo mediale eterogeneo. Un esempio è Harry Potter che da essere una serie di libri è diventato anche una serie di film, videogiochi, fumetti in cui vengono sviluppate nuove trame e personaggi. Con la nascita del web collaborativo all’inizio degli anni 2000 la rete non si fonda più solo su un sito come raccoglitore di contenuti, ma anche su altre piattaforme che invitano ad una maggiore partecipazione da parte degli utenti non solo in termini di architettura tecnologica, ma anche come modello di business. Queste piattaforme facilitano la creazione di contenuti. Un esempio è TripAdvisor che chiede agli utenti di creare gran parte dei contenuti principali al suo sito come recensioni e rating. Il settore dei videogiochi ha un impatto sull’economia dei media digitali non solo tramite la vendita dei giochi stessi, ma anche per il mercato di hardware come computer e console. Essi sono anche strumenti usati per il marketing e si integrano nei processi di consumo, influenzando l’industria dei giocattoli e dei fast food. Un altro ramo dell’economia del web è composto dai motori di ricerca. Alla base del funzionamento di Google vi è un software chiamato page rank. Esso analizza i link creati dagli utenti del web per determinare la rilevanza di un sito rispetto ai termini e alle parole chiave cercate dall’utente. Google fornisce quindi una classifica in cui il sito che sta più in alto nei risultati di ricerca è quello più linkato da parte di altri siti. Google è poi in grado di offrire servizi gratuiti perché usa le informazioni raccolte sugli utenti, cioè le loro ricerche o altre informazioni prese da servizi di sua proprietà (Gmail, Google Maps, YouTube, …), per fornire pubblicità personalizzata. Grazie a questa attività di profilazione i software di Google conoscono l’età, i gusti, le abitudini di consumo, la disponibilità economica,… dei suoi utenti. Google non è dunque sono un fornitore di servizi: dal punto di vista economico si Introduzione ai media digitali !30 tratta della più grande agenzia pubblicitaria del mondo. I media sociali come Facebook seguono modelli molto simili. Gran parte dei siti web e dei suoi servizi gratuiti che popolano la rete dipende dagli investimenti pubblicitari. Tuttavia il mercato pubblicitario che sostiene l’economia del web è profondamente diverso da quello tradizionale. Inizialmente i siti web pubblicavano annunci il cui costo dipendeva dal numero dei visitatori del sito. Oggi però sono emersi modelli più sofisticati: attraverso sistemi di click through gli inserzionisti pagano sulla base di quanti visitatori di un sito cliccano sulla pubblicità e quindi accedono effettivamente ai suoi contenuti. Le tecnologie digitali hanno permesso anche l’emergere di grandi imprese che si basano sulla cosiddetta sharing economy: queste imprese sono basate su applicazioni che mettono in contatto domanda e offerta e trattengono un profitto su tutte le transazioni economiche. Esempi possono essere Uber o Airbnb. Queste imprese utilizzano le tecnologie digitali per organizzare forme di lavoro e produzione distribuita, sfruttando la posizione di intermediari per evitare le regolazioni a cui sono sottoposte le imprese tradizionali. Infine il crowdfunding (finanziamento della folla) è un sistema di fondi per progetti non profit o per imprese start up basato su piattaforme online. Introduzione ai media digitali !31 L’ECONOMIA DELLA STARTUP L’economia startup è un’economia basata su nuove imprese emergenti. Il fenomeno è interamente legato allo sviluppo della Silicon Valley sin dagli anni ’70 e si è consolidato attorno ad alcune caratteristiche: • Le startup sono lanciate da giovani con in mente un prodotto che ancora non esiste. Molte si basano su una combinazione di e-commerce, social media, smartphone e big data. • Il percorso delle startup spesso passa per un incubatore, cioè un luogo che fornisce un percorso di formazione in cui l’impresa viene assistita nel realizzare la sua idea di partenza, sviluppando un business plan e coltivando un Pitch (piccola narrazione che presenta l’idea). • Molte startup fanno uso di piattaforme di crowdfunding per accumulare un piccolo capitale iniziale. • I fondi di venture capital (“capitalismo di ventura”) puntano su investimenti privati ad alto rischio: selezionano molte piccole startup scommettendo sul fatto che le poche che avranno successo realizzeranno 100 o 1000 volte maggiori di quelli iniziali. Di solito acquistano una quota di queste startup, poi rivendibile raggiunto il successo. • Questa logica fa si che il successo non sia misurato in termini di crescita sul mercato, ma di valutazione finanziaria. 2. PRODUZIONE IMMATERIALE: BRAND E FINANZA Nell’economia dell’informazione la creazione di valore si sposta dalla produzione di beni materiali alla produzione di beni immateriali. Vengono quindi poste al centro dell’economia dell’informazione risorse intangibili. Ciò non significa che non si producano più beni materiali, ma sottolinea il fatto che le maggiori fonti di valore diventano attività che richiedono competenze di elaborazione dell’informazione. Queste risorse intangibili sono: - l’innovazione: capacità di creare continuamente novità tecnologiche, sia di design che di stili di consumo. Questa è stata la strategia della Apple. - La flessibilità: capacità di rispondere rapidamente alla domanda di mercato in modo che il numero pressoché esatto di merci necessarie si trovi al posto giusto al momento giusto. Un esempio è IKEA. - Il brand: non si tratta solo del marchio di un prodotto, ma piuttosto della capacità di generare la percezione pubblica della differenza tra un marchio e l’altro. Un esempio eclatante è Nike. L’importanza economica e sociale del brand è cresciuta con la standardizzazione della produzione. Prima della rivoluzione industriale nella maggior parte dei casi i beni di uso quotidiano erano abbastanza diversi l’uno dall’altro. Il processo di industrializzazione tende invece a standardizzare i prodotti: diventa quindi importante introdurre tecniche di branding per creare la percezione che esista una differenza tra i vari prodotti creati nel mondo industriale. Si cerca infatti di legare il proprio prodotto ad uno stile di vita, ad un insieme riconoscibile di comportamenti e valori. Il brand è anche un elemento utile per catalizzare l’attenzione, l’affettività e la creatività dei consumatori. Dagli anni ’70 la creazione dell’identità di marca si avvale sempre di più consumatori. Diversi brand importanti si sono aperti alle nuove culture giovanili e al fenomeno culturale in corso nelle metropoli americane per rendere i consumatori più partecipi nella creazione della marca. Negli anni ’80 le imprese hanno iniziato a mettere in campo strategie di customer relations management, cioè di gestione delle relazioni con i clienti in cui la centralità della marca si sposta dal livello estetico dell’immagine del brand al livello sociale. Un esempio è il fatto che le catene di Introduzione ai media digitali !32 Il sistema delle startup è organizzato intorno a due parole d’ordine: - “ideas are cheap”: il successo di una start up non dipende dalla qualità dell’idea, ma dalla qualità del team che lavora ad essa. La sfida non è dunque trovare l’idea migliore, ma riuscire a gestire forme di collaborazione complessa all’interno di un rischio calcolabile. - “disruption”: I guadagni non si fanno con innovazioni cumulative o graduali, ma con la capacità di capovolgere intere industrie. Questa enfasi porta paradossalmente a una certa standardizzazione e disattenzione ai reali bisogni delle persone. Infatti un’impresa veramente disruptive è in grado di creare nuovi bisogni nelle persone. pensione e certe volte anche l’assicurazione sanitaria. Questi fenomeni di aumento di flessibilità o di precarizzazione hanno effetti differenti su tipologie diverse di lavoratori (per chi possiede competenze che sono ormai divenute di massa la competizione per le opportunità di lavoro può essere schiacciante). Si crea così una nuova massa di lavoratori, precarizzati e sensibili, a cui i sindacati non sanno dare risposte. Ad esempio, gli spazi di coworking sorti nelle aree metropolitane sono una risposta all’esigenza di collettivizzate alcune spese. Si tratta di uffici affittati da gruppi di freelance in cui ognuno paga una quota mensile o giornaliera. Il cosiddetto lavoro digitale ha creato anche ampi settori di lavoro esternalizzato e sottopagato, organizzato tramite rete e messo a profitto da piattaforme web gestite da un’impresa centralizzata. Un esempio è il crowdsourcing si Amazon, un servizio che si basa sull’aggregazione del lavoro di migliaia di individui pagati a cottimo in base al numero di compiti svolti. Queste forme di lavoro sono spesso svolte da individui che vivono in paesi con basso costo di lavoro come l’India, e sono state definite microlavori. Le imprese della cosiddetta sharing economy si basano su un modello simile: non assumono dipendenti, ma organizzano il lavoro di migliaia di individui indipendenti, dotati di mezzi di produzione ma sottoposti al controllo dell’impresa (un esempio è Uber). Questo sistema non si basa solo sulle innovazioni tecnologiche o economiche che rendono possibile la sharing economy, ma rappresenta anche un arretramento dei diritti e l’espansione della precarietà a nuove classi di lavoratori. Alcuni teorici del lavoro digitale parlano della creazione di una nuova classe lavoratrice globale che non ha acceso al sistema dei diritti conquistato nell’era industriale. I sindacati tradizionali hanno difficoltà ad intervenire in questi contesti. Le nuove forme di organizzazione del lavoro intellettuale tendono anche a far sfumare la differenza tra tempo di lavoro e tempo libero. La flessibilità richiede agli individui di lavorare in qualsiasi momento e luogo, e i media digitali forniscono strumenti ideali per gestire questo tipo di richieste. Le persone sono infatti connesse anche da casa, nei giorni festivi i quando sono in viaggio. Introduzione ai media digitali !35 L’ECONOMIA DIGITALE A SAN FRANCISCO La vicinanza della Silicon Valley a San Francisco e la presenza in città di grandi impese come Twitter hanno creato migliaia di posti di lavoro e potenziato l’economia locale. Questa ricchezza non è però distribuita equamente e ciò influisce sulle dinamiche sociali della città e alimenta processi di gentrificazione. Chi non lavora nell’industria tecnologica non può permettersi affitti cresciuti in maniera smisurata. Le popolazioni storiche e le fasce più deboli della popolazione sono dunque esposte al rischio di espulsione dalla città e costrette a lunghi spostamenti per lavorare. D’altro canto i consumi dei lavoratori del web hanno causato l’esplosione di un’economia di servizi facilitata dalle tecnologie, come consegne a domicilio con Uber, creando così un numero elevato di posti di lavoro precari e a bassa remunerazione. 4. IL CAPITALISMO DIGITALE Il successo delle imprese che producono tecnologie o servizi informatici è immenso. Le aziende dei magnati della rete (Bill Gates, Mark Zuckerberg, Jeff Bezos, …) controllano capitali immensi. L’importanza delle imprese del web va oltre alla loro dimensione tecnologica o comunicativa. I colossi della rete sono talmente ricchi da influenzare lo sviluppo del capitalismo globale tramite i propri investimenti. Questa potenza economica si abbina alla capacità di partecipare all’evoluzione dell’ideologia dominante nelle società occidentali. Bill Gates ha auspicato la nascita di un capitalismo senza frizioni mediato dalle tecnologie digitali in cui i flussi di capitale, informazione, merci e lavoro possano scorrere senza impedimenti causati da regolamentazioni o barriere nazionali. Rispetto a questi fenomeni, negli ultimi anni un numero crescente di autori ha cercato di fornire un quadro generale che permetta di spiegare l’evoluzione della società dell’informazione in una fase in cui il cambiamento continuo rende il terreno instabile e soggetto a mutamenti repentini. Con la definizione capitalismo delle piattaforme alcuni autori hanno sottolineato la capacità del capitale contemporaneo di utilizzare le piattaforme del web al fine di organizzare processi produttivi basati su forme di cooperazione sociale e ricavarne un profitto. Queste teorie sono costruite sullo studio di forme di produzione tipiche della cosiddetta sharing economy e sostengono che questo modello si stia ampliando a strati sempre più vasto del capitalismo occidentale. Le imprese del capitalismo delle piattaforme non possiedono altro che un servizio web che mette in contatto produttori e clienti, e profittano su una posizione di monopolio e controllo. Altri hanno parlato della nascita di un capitalismo comunicativo in cui le capacità affettive e comunicative rappresentano gli elementi principali della produzione capitalistica. Rispetto a ciò, le attività di comunicazione sarebbero merci come tutte le altre e la loro caratteristica principale sarebbe la circolazione in spazi mediati dalle tecnologie digitali più che il contenuto delle comunicazioni stesse. Un passaggio ulteriore è quello compiuto dai teorici del capitalismo cognitivo secondo cui le tecnologie informatiche sviluppare dal capitalismo digitale sono invece costruite per sfruttare i processi cognitivi e cooperativi degli individui connessi in rete. Le tecnologie non sono quindi neutrali ma sono progettate e adottate per addomesticare e controllare il lavoro anche al di fuori dei luoghi adibiti ad esso. Il capitale avrebbe quindi conquistato la stessa intelligenza e socialità umane. Il capitalismo digitale ha anche assunto le forme di produzione P2P. Questo tipo di produzione, che avviene in forme non profit in molte istituzioni della rete, fornirebbe così una vera e propria infrastruttura culturale che insegna ai lavoratori le forme di produzione di innovazione cooperativa e socializzata che hanno luogo nelle imprese del web. Introduzione ai media digitali !36 5. DISEGUAGLIANZE GLOBALI E SVILUPPO Nella società dell’informazione si può dire che le risorse sono tutt’altro che distribuite equamente: il digital divide (o divario digitale) è la disparità tra chi ha accesso ai media digitali e chi non lo ha. Questa disparità non riguarda semplicemente possedere o meno un computer connesso ad una rete e questo porta anche a diseguaglianze sociali ed economiche. La disparità più visibile è quella tra paesi ricchi e paesi poveri, ma questo divario si verifica anche all’interno di aree omogenee (paesi nel Nord Europa e paesi Mediterranei), o addirittura tra regioni diverse dello stesso paese. Oltre alle aree geografiche vi sono altri fattori che determinano un accesso ineguale alle tecnologie digitali, come gli ostacoli di natura politica (si pensi alla Cina o all’Iran e alle restrizioni poste rispetto alle informazioni considerate pericolose per la stabilità politica) oppure la capacità o meno di usare queste nuove tecnologie. Intervengono quindi fattori culturali e di educazione che rendono gli individui più o meno in grado di sfruttare appieno le possibilità aperte dai media digitali. Altre differenze possono essere legate alla classe sociale degli individui oppure tra aree rurali e aree urbane. Risolvere o colmare il divario digitale è uno degli obiettivi che ciclicamente vengono riproposti dalle istituzioni internazionali. Occorre poi notare anche come il divario legato semplicemente all’accesso alla rete è andato diminuendo nel corso dell’ultimo decennio, questo grazie alla diffusione di personal computer e smartphone low cost in paesi poveri. Sicuramente il divario digitale è legato allo sviluppo economico. Resta però da chiarire quale sia il rapporto causa/effetto: il sottosviluppo è causa dello scarso accesso ai media digitali o la mancanza di accesso è causa di mancato sviluppo? La maggior parte delle iniziative intraprese per colmare il divario digitale si basa sull’assunzione che fornire più accesso alle tecnologie dell’informazione a un paese povero i a un gruppo sociale svantaggiato permetta di ridurre le diseguaglianze sociali ed economiche. Una di queste iniziative è stata One Laptop per Child (Olpc), che si proponeva di costruire e distribuire un piccolo computer a basso costo dedicato a bambini dei paesi in via di sviluppo. Tuttavia Olpc e altri progetti simili. Hanno avuto un effetto limitato sulle diseguaglianze a livello globale, mentre si sono rivelati importanti per la nascita di un nuovo mercato di laptop. Diversi progetti si occupano di favorire l’accesso alle conoscenze e quindi effettuano operazioni di alfabetizzazione ed educazione alle tecnologie informatiche. Un esempio è il fatto che un paese che non si può permettere di acquistare licenze Microsoft per i sistemi operativi dei computer usati dalla pubblica amministrazione, dalle scuole o dall’università, può decidere di adattare i sistemi operativi open source come Ubuntu, che sono gratuiti e liberamente modificabili. Tuttavia, quando si analizza il divario digitale occorre sempre tenere presente che il legame tra sviluppo e innovazione tecnologica è complesso e sfaccettato. Secondo alcuni economisti lo sviluppo sarebbe convergente, cioè andrebbe in direzione di una maggiore uguaglianza tra paesi poveri e paesi ricchi. I paesi poveri infatti potrebbero colmare il divario di sviluppo Introduzione ai media digitali !37