Scarica RIASSUNTO COMPLETO MANUALE SIMONE - scuola infanzia e primaria e più Sintesi del corso in PDF di Pedagogia solo su Docsity! Capitolo 1 L’Autonomia scolastica e offerta formativa Stando alla nostra costituzione l'istruzione è uno degli obiettivi di cui ogni stato deve farsi carico per favorire il benessere della collettività e per elevare le le condizioni di vita del cittadino. Oltre alla famiglia, l’istituto che deve assolvere al compito di istruire e formare la collettività è la SCUOLA. Nell’art. 9 comma 1 della costituzione si legge “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica”; all'articolo 33 così è scritto "L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento. La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi. Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato.” E ancora, l'articolo 34 stabilisce che “La scuola è aperta a tutti. L'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso.”. Dunque, gli articoli 33 e 34 disciplinano l'istruzione scolastica garantendo: • La libertà di insegnamento • La disponibilità di scuole statali per tutti i tipi, gli ordini e i gradi di istruzione • L'accesso all'istruzione scolastica senza discriminazione • L’obbligatorietà e la gratuità della scuola dell’ obbligo • Il riconoscimento del diritto allo studio anche per coloro i quali siano privi di mezzi, ma che abbiano mostrato di essere capaci e meritevoli. In tal caso, lo stato deve preoccuparsi di fornire ai suddetti borse di studio, assegni e altre forme di aiuto finanziario che ne favoriscano la formazione • La parificazione delle scuole private, alle quali deve essere riconosciuta la legalità e le equipollenza del titolo di studio rispetto al titolo conseguito in scuole pubbliche. • La libertà di insegnamento, che consiste nella libertà di esercitare le proprie attività didattiche senza alcun vincolo di tipo ideologico, culturale e/ o politico. Si tratta di garantire quel diritto oggi noto come autonomia didattica. Il concetto di autonomia didattica è ben esplicato nell'arte 297/1994 del “testo unico scuola”. È chiaro che la libertà di insegnamento ha anche dei limiti: sono, ad esempio, escluse tutte le manifestazioni propagandistiche di tesi sovversive; è inoltre vietata l'espressione, da parte dei docenti, di convinzioni personali, che non abbiano un fondamento scientifico e/o obiettivo. L'insegnamento, poi, deve aderire alle regole del "buon costume”, Non deve, cioè, violare il senso del pudore, né la coscienza collettiva. Sebbene spetti allo stato garantire l’istruzione di ogni ordine e grado, tuttavia essa non è da intendersi monopolio di stato (art.33), giacché, come precedentemente detto, anche soggetti privati possono aprire scuole di ogni ordine e grado e lo stato può intervenire in aiuto di tali enti, mantenendo come finalità ultima quella di favorire il più possibile l’istruzione della intera collettività. Appare dunque evidente che in Italia esista un sistema di istruzione "MISTO ": CON LA LEGGE 10 MARZO 2000, ALLE SCUOLE PRIVATE È STATA RICONOSCIUTA PARITÀ LEGALE CON LE SCUOLE STATALI. Diritto allo studio e libertà di istruzione Così come è garantita, dalla nostra carta costituzionale, la libertà di insegnamento, viene garantito e tutelato il DIRITTO E LA LIBERTÀ DI ISTRUZIONE (art. 34, comma 1). Ogni cittadino ha l’obbligo di frequentare i gradi dell’Istruzione obbligatoria; qualora i capaci e i meritevoli fossero privi di mezzi finanziari e, sarà proprio lo stato a dover fornire i mezzi perché questi possano completare il proprio percorso formativo. Una simile garanzia risponde a quel principio di UGUAGLIANZA espresso nell’art. 31 “La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose. Protegge la maternità, l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo.” è dovere del legislatore garantire l'uguaglianza sostanziale tra i cittadini, quell' uguaglianza, cioè che che agevoli e supporti tutte quelle persone disagiate, con handicap fisici o psichici. 5. Diritto dovere di istruzione e formazione e obbligo scolastico. L'art. 34 stabilisce che l'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni è obbligatoria e gratuita. ln attuazione della "riforma Moratti" venne poi approvato il D.lgs 76/2015 per la disciplina degli interventi di orientamento contro la dispersione scolastica e per assicurare la realizzazione del diritto dovere di istruzione e formazione. Tale decreto partiva dal presupposto che l'obbligo scolastico poteva essere ridefinito e ampliata come diritto all'istruzione e formazione e correlativo dovere per almeno 12 anni. Con la 1.296/2006, l'obbligo scolastico previsto è stato innalzato di due anni e cosi portato a 10 anni. ln tal modo fino al 16 anno di età è obbligatorio frequentare la scuola. tra i 16 e i 18 completare il percorso di formazione. Responsabili dell'adempimento sono considerati i genitori dei minori, in alcuni casi il Sindaco o il dirigente scolastico. Non c'è obbligo di frequenza per la scuola dell'infanzia. 6. Il diritto allo studio punto il d.lgs. 63/22017 Il diritto allo studio invece, trova il suo fondamento nel D.lgs 63/2017, quali si afferma il diritto dei capaci e meritevoli anche se privi di mezzi economici di raggiungere i gradi più alti degli studi, nonché il dovere della Repubblica a rendere effettivo l'accesso alle Borse di studio o assegni alle famiglie in base alle fasce di ISEE. ln particolare gli enti locali devono assicurare il servizio di trasporto per gli alunni delle scuole primarie e il servizio mensa. ln base al suddetto decreto viene potenziato con la cd Carta dello studente, riorganizza le prestazioni per il sostegno allo studio anche per gli alunni con disabilità, sussidi digitali e libri di testo. 7. Le principali riforme della scuola degli ultimi anni La scuola è stata sempre al centro dell'attenzione del nostro legislatore. al fine di adattare il sistema dell'istruzione e culturale delle future generazioni. Tra gli strumenti organizzativi che la L 107/2015 introduce vi sono: 1) rientri pomeridiani nelle scuole ; 2) La riduzione del numero di studenti per classe;te 3) rticdazionidi grumi (i dassi anche con potenziamento del temc» scolastico o rimodulazione del monte orario normale. 4. L'autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo (Art.6 DPR 275/1999) ln base all'art.6 DPR 275/1999 le istituzioni scolastiche esercitano l’autonomia di , sperimentazione e sviluppo tenendo conto delle esigenze del contesto culturale, sociale ed economico delle realtà locali. Tra le prerogative assegnate Suna base di questo articolo figurano: - L’ attività formativa e la ricerca valutativa; - L'aggiomamento culturale e professionale del personale scolastico; - L'innovazione metodologica e disciplinare; - La documentazione educativa e la sua dffusione all'interno della scuola; - Gli scambi di informazioni, esperienze e materiali didattici, 5. L'autonomia finanziaria L'autonomia finanziaria consiste nella gestione dei fondi pervenuti da contributi statali, tasse e contributi degli studenti, più altre forme di autofinanziamento. . La gestione finanziaria e amministrativo-contabile della scuola è comunque ispirarsi ai criteri tipici aziendali di efficacia e di economicità. La scuola gode anche di autonomia negoziale, in quanto il DS, con l’autorizzazione del consiglio d’istituto, può chiedere finanziamenti, accendere mutui, acquistare e vendere immobili. 6 Le reti di scuole Nell'ambito dell'autonomia scolastica le scuole, sia singolarmente che collegate in rete, possono stipulare convenzioni con Università statali o private, con istituzioni ecc. Le scuole possono promuovere accordi di rete per il raggiungimento dei propri obiettivi istituzionali inerenti al potenziamento delle attività didattiche e/o di ricerca. Capitolo 3: gli ordinamenti didattici 1. Scuola dell’infanzia. 1.1.Ordinamento Negli ultimi anni, in Italia, si è assistito all'attuazione di diverse riforme dell’intero sistema di istruzione. Degne di nota sono le riforme: • Scuola dell'infanzia (DPR 89/2009 facente parte della riforma Gelmini): la scuola dell’infanzia- nota, prima della riforma Moratti, come "scuola materna” - ha durata pari a 3 anni e non prevede frequenza obbligatoria. Ogni sezione può accogliere un minimo di 18 bambini, ma non può accoglierne più di 26. L’orario previsto è di 40 ore settimanali, ampliabili fino ad un massimo di 50 ore/ settimana e riducibili-per espressa scelta del genitoread un minimo di 25 ore settimanali. 1.2 Istituto d’anticipo Si tratta di una normativa istituita con l’art 2 del DPR 89/2009: alla scuola dell'infanzia possono accedere ai bambini dai 3 ai 5 anni di età, compiuti entro il 31 dicembre dell'anno di riferimento punto e virgola possono anche accedere gli "anticipatari", coloro, cioè, che compiono tre anni entro il 30 Aprile dell'anno scolastico di riferimento Quest'ultima evenienza può realizzarsi, però, a condizione che ci sia disponibilità di posti, che siano esaurite eventuali liste d'attesa, che esistano spazi idonei per l'accoglienza di bambini di questa età… 1.3 la sezione primavera Si tratta di un istituto definito con la ex legge 296 / 2006. La sezione primavera ammette al proprio interno bambini dai 2 ai 3 anni di età, andando così a costituire un ponte tra l'asilo nido e la scuola dell'infanzia. 1.4 sistema integrato di educazione e istruzione 0-6 anni (D. Lgs 65/2017) Nel sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita fino a 6 anni, la scuola dell'infanzia svolge evidentemente un ruolo strategico, ben definito nel D.lgs. 13-4-2017, n. 65. Il sistema educativo 0-6 anni ha come fine ultimo quello di garantire ai più piccoli pari opportunità di educazione, di istruzione e di gioco, senza che esistano discriminazioni culturali territoriali o economiche. Gli educatori dell’infanzia a partire dal 2019- 2020, anno l’obbligo di conseguire il titolo di laurea in scienze dell’educazione; gli insegnanti della scuola dell’infanzia, devono avere una laurea quinquennale in scienze della formazione primaria entrambe le figure professionali dovranno provvedere ad effettuare corsi di formazione continua e di aggiornamento. 2. Scuola primaria La scuola primaria costituisce il primo dei due percorsi scolastici facenti parte del “primo ciclo di istruzione. La scuola primaria (conosciuta in passato come scuola elementare) ha durata di 5 anni e precede la scuola secondaria di primo grado (precedentemente nota come scuola media). La frequenza della scuola elementare è obbligatoria e ad essa si accede a partire dai 6 anni di età, sebbene possano essere ammessi anche minori che compiono i 6 anni entro il 30 Aprile dell'anno scolastico di riferimento (anticipazioni). Le classi della scuola primaria devono essere formate da almeno 15 alunni, senza superare il numero di 26 studenti. L'orario settimanale potrà essere di 24,27,36 o 40 ore; le 40 ore sono quelle del "tempo pieno" e, qualora la richiesta di adesione alle 40 ore dovesse superare i posti disponibili, spetterà al consiglio d’istituto indicare i criteri di ammissione al tempo pieno. Nel caso delle 40 ore, si prevede la presenza di due insegnanti titolari, oltre che un ben definito progetto formativo integrato. Nel caso, invece, di tempo-a scuola ordinario, il modello è quello dell'insegnante unico di riferimento, sebbene, di fatto, l’insegnante, anche quando è scelto il modello dell’insegnante unico, unico non lo è mai; possiamo piuttosto parlare di "insegnante prevalente", dato che in classe l’insegnante è sempre affiancato da un collega (di sostegno, di potenziamento, di religione. …). Nel percorso di istruzione della scuola primari è previsto l’obbligo di insegnare • Italiano • Storia • Inglese • Geografia • Cittadinanza e costituzione • Matematica • scienze • Musica • Arte immagine • Educazione fisica • Tecnologia Per due ore settimanali, e poi previsto l’insegnamento della religione cattolica, ma soltanto per gli alunni che abbiano deciso di avvalersene. Va inoltre precisato che per l'insegnamento della lingua inglese esiste l'obbligo di conseguire certificazione linguistica riconosciuta. 3 Scuola secondaria di primo grado È il grado di scuola un tempo noto come “scuola media”. Come già detto si tratta di un percorso formativo facente parte del "primo ciclo di istruzione"(insieme alla scuola primaria) . La durata del ciclo di studi è pari a 3 anni e la frequenza è obbligatoria per tutti i ragazzi, sia italiani che stranieri, che abbiano terminato i 5 anni di scuola primaria. Le classi possono contenere al massimo 27 studenti (si può arrivare a 28 alunni se ci sono dei resti). A compimento dell'intero anno curricolari, è previsto che siano state svolte 990 ore di lezione, equivalenti a numero 29 ore settimanali, qui vanno ad aggiungersi 33 ore annuali da destinare ad attività di approfondimento, per un totale di 30 ore settimanali. Se si opta per il tempo prolungato - piuttosto raro nella scuola secondaria di primo grado -il monte ore settimanali È uguale a 36. 4L’iscrizione a scuola e le vaccinazione Quello del discrezione è un momento assai importante, giacché costituisce l’inizio del rapporto scuola-famiglia. In questa fase, è assai utile le famiglie abbiano l'opportunità di raccogliere più informazioni possibili e il più dettagliate possibile, relative a quel dato Istituto; è proprio con tale finalità che hanno preso in via quelle iniziative di presentazione ormai note come "open day": si tratta di un'azione organizzata dal dirigente scolastico e rivolta a quelli che saranno i futuri utenti di quella scuola. Nel corso degli open day vengono realizzate visita della struttura scolastica e presentate quelle che sono le attività principali svolte nell'istituto. Oltre a questa iniziativa, è previsto che il dirigente scolastico Renda pubblico sugli appositi siti informatici quelli che sono i PTOF. Le iscrizioni agli istituti scolastici-eccezion fatta per la scuola dell'infanzia, in cui è ancora previsto il cartaceo-avvengono esclusivamente tramite piattaforma online ed avvengono, di prassi, tra la metà di gennaio e il mese di febbraio precedenti all'anno scolastico di interesse. Nelle scuole parificate le modalità di iscrizione sono definite dall'istituto stesso e possono, pertanto essere sia on-line che cartacee. Se ad iscriversi ad una scuola è un soggetto con disabilità, allora sarà opportuno che venga allegato all'iscrizione on-line il certificato ASL attestante la disabilità stessa. Oggi, diversamente che in passato, esiste la “libertà di scelta della scuola ": famiglie e studenti possono scegliere di iscriversi in una scuola non di competenza, sebbene prima che la richiesta di iscrizione venga accettata dall'istituto, l'istituto stesso è legittimato a dare precedenza agli scritti nella propria zona di competenza. 4.1. l’obbligo di vaccinazione Stando all'Art 3 del d.l.73/2017, convertito poi in Lecce 119/s 2017, il dirigente scolastico ha la responsabilità, all'atto dell'iscrizione del minore di età compresa tra 0 e 16 anni-o di minori stranieri non accompagnati-di richiedere certificazione dell’avvenuta vaccinazione obbligatoria. Capitolo5. Valutazione e autovalutazione delle scuole 1. La valutazione nel sistema scuola All'interno del sistema scuola, possiamo rintracciare diversi tipi di valutazione: 1) valutazione del sistema didattico (si tratta di verificare quelli che son gli esiti dell’apprendimento degli studenti); 2) valutazione di istituto (riguarda la valutazione del servizio scolastico erogato); 3) valutazione del sistema scuola (mira a cogliere il rapporto costi/qualità dei servizi erogati. In ogni scuola esiste un sistema di valutazione interno è un sistema di valutazione esterno. La valutazione esterna viene compiuta da soggetti esterni, appunto col fine di testare il raggiungimento degli obiettivi definiti per il sistema scuola. 2. Il sistema nazionale per la valutazione del sistema educativo (SNV) Il sistema nazionale di valutazione (SNVtt, è articolato a tre livelli: I) INVALSI 2)1NDIRE 3) CONTINGENTE ISPETTIVO Ha come obiettivo valutare l'efficienza e l'efficacia del sistema di istruzione e formazione. I) INVALSI (Istituto nazionale dl valutazione del sistema educativo dl Istruzione e formazione): E' un ente di ricerca ed è soggetto alla vigilanza del Miur, che ha la funzione di elaborare le prove invalsi, attraverso le quali le istituzioni scolastiche sono obbligate a periodiche rilevazioni nazionali sugli apprendimenti e sulle competenze degli studenti. L’invalsi, inoltre, svolge attività di formazione docenti e D.S e cerifica le cause dell'insuccesso e dispersione scolastica. Esso ha anche il compito di predisporre le prove a carattere nazionale per gli esami di stato. 2). lNDlRE (Istituto nazionale dl documentazione, Innovazione e ricerca educativa): E' un ente di ricerca (il più antico del Miur); si occupa della formazione dei docenti e dei non docenti, e del D.S.; monitora e verifica che ci sia stato l'aggiornamento continuo degli insegnanti, dirigenti, del personale a.t.a. sui cambiamenti e sulle innovazioni. L’ INDIRE, inoltre, Interviene a supporto dei P.D.M. (piani di miglioramento) adottati autonomamente dalle singole scuole. 5 Il processo dl valutazione e dl autovalutazione delle scuole. Se l'autonomia scolastica ha imposto un sistema di controlli e valutazioni sterne per verificare che la loro azione sia efficiente ed efficace, dall'altra parte - sempre in attuazione della piena autonomia didattica - si è sentita forte l'esigenza di permettere alla scuola di auto-valutare l'efficacia del proprio intervento formativo. Il processo di valutazione e autovalutazione si compone di 3 fasi: fase I: AAUTOVALUTAZIOè affidata al D.S.: viene elaborato un rapporto di auto-valutazione (RAV) in formato elettronico sul modello predisposto da invalsi; e viene predisposto un piano di miglioramento (PdM). Fase II: VALUTAZIONE ESTERNA. NEV (NUCLEI Dl VALUTAZIONE ESTERNA). Costituita da Ispettori dirigenti tecnici che ne assumono il coordinamento. Vengono sottoposte a controllo il 10% delle scuole. quelle in difficoltà sulla base degli indicatori definiti dagli INVALSI Fase III: AZIONE Dl MIGLIORAMENTO Riguarda tutte le scuole. Si realizza mediante 1a definizione e attuazione di Interventi migliorativi, anche con il supporto dell’INDlRE. 6. L’autovalutazione delle scuole: il RAV Il RAV (Rapporto dl autovalutazione) viene disciplinato dall'art. 6 d.p.r. 80 / 2013. Si tratta di un documento che tutte le istituzionu scolastiche devono ccompilare(sia quelle statali che quelle paritarie). Il documento va redatto in formato elettronico secondo un quadro di riferimento predisposto dall'invalsi. E deve, al suo interno, contenere la descrizione puntuale ed esaustiva della scuola e del suo funzionamento (il contesto e le risorse di cui dispone la scuola; gli esiti degli studenti; i processi messi in atto dalla scuola nel programmare le pratiche educative e didattiche; la definizione delle priorità educativo/formative con l'elaborazione del piano di miglioramento. 6.1 come compilare il RAV Per la compilazione del RAV si inizia con delle domande che servono da guida per la riflessione sui risultati raggiunti dalla scuola e i dati forniti si devono analizzare evidenziando punti di forza e criticità. Per ciascuna area degli Esiti e dei Processi, la scuola dovrà esprimere un giudizio da 1 a 7; fondamentale risulta la formulazione di una corretta motivazione, che deve essere accurata, completa e approfondita. Finita questa fase, bisogna individuare le priorità (ovvero gli obiettivi generali del programma di miglioramento) ed i Traguardi (ovvero i risultati attesi nel lungo periodo). Ai fini dell’autovalutazione, occorrerà indicare le 4 aree degli esiti che si intende affrontare, per poi individuare le priorità. Per una corretta compilazione occorrerà che i livelli assegnati nel RAV siano coerenti con la motivazione e che le priorità individuate corrisponderanno alle criticità emerse; la scelta dovrà essere motivata. Per la scuola dell'infanzia il RAV è facoltativo ed ha un carattere sperimentale. L'obiettivo consiste nell'avviare un dibattito sugli strumenti più idonei per una corretta autovalutazione della scuola dell'infanzia e per rendere espliciti i fattori di qualità, in modo da incoraggiare e migliorare questo segmento di scuola. 7. L'autonomia delle scuole: il piano di miglioramento (PDM) Le azioni di miglioramento, ovvero il PdM (art.6 co.2, DPR 80/2013) indica il percorso che la scuola intende affrontare per raggiungere i traguardi relativi alle priorità del RAV; esso è curato dal Dirigente scolastico e dal NIV. É suddiviso in 4 sezioni: 1) scelta degli obiettivi di processo più utili alle priorità; 2) individuazione delle azioni per raggiungere gli obiettivi prefissati; 3) pianificazione degli obiettivi di processo: 4) valutazione, condivisione e diffusione del lavoro del NIV. 7.1 un piano di miglioramento efficace Il punto di partenza di un PdM efficace è partire da quanto emerso nel RAV; dunque, per essere davvero efficace, il pdm deve partire dalla situazione esistente e individua la situazione desiderata e solo a questo punto si può sviluppare un plano operativo. Il PdM richiede anche l'indicazione delle azioni che la scuola intende compiere per raggiungere gli obiettivi, queste azioni devono avere ricadute positive ed avere effetti anche nel medio-lungo termine. Dopo le azioni, si devono individuare le risorse materiali e umane e la tempistica. Altra sezione importante è il monitoraggio delle attività e dei risultati raggiunti; infine un controllo sull'andamento del PdM affidato al NIV. 8Valutazione esterna Una valutazione esterna condotta da soggetti esterni per il raggiungimento degli obiettivi. Affidata a INVALSI e INDIRE è finalizzata al miglioramento della qualità dell'offerta formativa e degli apprendimenti; alla riduzione della dispersione: alla valorizzazione degli esiti a distanza e al rafforzamento delle competenze di base degli alunni. La valutazione è affidata ai Nuclei di Valutazione Esterna (NEV) costituiti da ispettori. Essa prevede 3 fasi: 1a lettura e analisi dei documenti da parte del NEV. 2a Visita, dalla durata di 3 giomi, con incontri con il Dirigente scolastico, raccolta di documentazioni tramite interviste individuali e di gruppo; osservazione degli spazi e incontro conclusivo con DS, lo staff dirigenziale e il nucleo interno di valutazione per comunicare gli esiti finali. 3a formulazione di un giudizio collegiale, dopo la visita del NEV, che consiste nell'attribuzione di un livello (1-7) adeguato alla scuola. Dopo il NEV predispone un Rapporto di Autovalutazione Esterna (RVE) utile alla compilazione del piano di miglioramento. Capitolo 6: La governance delle istituzioni scolastiche 1. Amministrazione centrale e periferica L'ente di governo centrale è il Ministero dell'istruzione che è coadiuvato da latri organismi a livello centrale. A livello periferico, invece, si affida agli Uffici scolastici regionali (USR). 2. Il ministero dell'Istruzione, dell'università e della ricerca (MIUR) Il Ministero della Pubblica Istruzione fu istituito per la prima volta nel 1847 e con il riordino del D.Lgs 300/1999 perse la sua fisionomia per diventare Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca (MIUR). Esso è diviso in 3 Dipartimenti (con numerose Direzioni generali): 1) Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione; 11. Consiglio di circolo o di istituto Il consiglio di circolo ( nella scuola primaria) o di istituto (nella scuola secondaria) è composto da 14 membri per una popolazione di 500 abitanti; altrimenti da 19 membri. Di esso fanno parte i rappresentanti del personale docente e non; i rappresentanti dei genitori degli alunni e il DS. Possono partecipare anche specialisti chiamati dalla scuola con compiti medico-psico-pedagogici e di orientamento a titolo consultivo. L'organo dura in carica 3 anni e i membri che perdono i requisiti di eleggibilità possono essere sostituiti dai primi non eletti. Ha funzioni deliberanti e svolge un ruolo fondamentale nell'individuazione di obiettivi che la scuola vuole raggiungere. ln particolare: approva il PTOF, elaborato dal Collegio dei docenti su indirizzi definiti dal DS. Approva il bilancio preventivo e il conto consultivo. Adotta il Regolamento di istituto. Delibera sull'acquisto, il rinnovo e la conservazione di attrezzature. Adatta il calendario scolastico alle esigenze aambientali. Promuove i contatti con le scuole e adotta iniziative di prevenzione ed educazione alla salute. Al proprio interno viene eletta una Giunta esecutiva della quale fanno parte il DS; il capo dei servizi di segreteria (DSGA); un docente; un non docente e due genitori. Resta in carica3 anni e svolge compiti preparatori ed esecutivi del Consiglio, predispone il bilancio consultivo e il conto preventivo; prepara i lavori del Consiglio e cura le relative delibere. 11.1 Regolamento di Istituto Viene emanato dal Consiglio, art. 10, si rivolge agli alunni, alle famiglie e anche ai docenti. ln esso sono presenti le norme sulla vigilanza degli alunni; sul loro comportamento; regolamentazione di ritardi e uscite anticipate; l'uso di spazi comuni; la mensa; i Viaggi di istruzioni ecc. Il Collegio dei doçenti (ambito tecnico-didattico) è composto esclusivamente dal personale insegnante con esclusione di soggetti stranieri; L'organo è presieduto dal DS, si insedia all'inizio dell'anno scolastico e si riunisce ogni qualvolta lui ne ravvisi la necessità oppure quando un terzo dei componenti ne faccia richiesta, ma almeno una volta ogni trimestre o quadrimestre. Il collegio dopo aver sentito i Consiglio di interclasse deve adottare i libri di testo. La prima fase prevede una valutazione dei testi, confrontandosi anche con i genitori. Successivamente propongono al Consiglio (metà maggio) ed infine viene deliberato dal Collegio sotto delibera del Consiglio di classe. Il vincolo pluriennale di adozione è stato abolito con L. 221/2012 e pertanto i docenti possono confermare o provvedere all'adozione di un nuovo libro ogni anno. I libri di testo possono essere in forma cartacea, cartacea e digitale o digitale. Nella scuola primaria sono gratuiti e possono essere acquistati dalle famiglie con la cedola libraria, ll Collegio esercita poteri: a) Deliberanti: su tutto quello che riguarda il funzionamento didattico dell'istituto.; In merito all'elaborazione del PTOF; cura l'adeguamento dei programmi alle specifiche esigenze ambientali; si occupa del tema dell'adozione di libri di testo e dei sussidi didattici; b) Di proposta: nei confronti del DS per la formazione e composizione delle classi e l'assegnazione dei docenti ad esse; formulazione orario lezioni ed attività scolastiche; c) propulsivi: innovazione e aggiornamento dei docenti. Attua iniziative per garantire una valida formazione per le persone disabili; d) di valutazione: valuta periodicamente l'andamento complessivo dell'azione didattica; e) di indagine: esamina gli eventuali casi di scarso profitto o di comportamento irregolare sulla base di un parere espresso dagli specialisti che operano nella scuola: f) Consultivi: formula pareri al DS per la sospensione dal servizio cautelare del docente in casi di particolare urgenza. 12 il comitato per la valutazione degli insegnanti La L. 107/2015 ha sostituito il D.Lgs. 297/1994 in merito al Comitato per la valutazione dei docenti, costituito presso ogni istituzione scolastica, dura in carica 3 anni ed è presieduto dal DS. composto da:3 docenti, due scelti dal Collegio e uno dal Consiglio;2 rappresentanti dei genitori; Un componente esterno scelto dall'USR. 13 l'assemblea dei genitori L'assemblea dei genitori tipica della scuola dell'infanzia e primaria è un'assemblea di sezione/classe in cui si riuniscono i genitori dei bambini per discutere su problemi i che riguardano l'attività, l'organizzazione ed i rapporti tra scuola e famiglia. È autorizzata dal DS, sentita la Gi portata a conoscenza all'albo di tutti i genitori. Può essere convocata genitori eletti nel Consiglio di intersezione/classe, 14 DS e i suoi collaboratori Il D.Lgsl 165/2001 dispone che il DS assicuri la gestione delle risorse umane. finanziarie e strumentali; organizzando l'attività scolastica. Il DS è un vero e proprio datore di lavoro pubblico e può avvalersi di docenti da lui individuati per delegare compiti specifici. 14.1 i docenti collaboratori e il collaboratore vicario ll DS può scegliere un collaboratore vicario con funzioni vicarie e che assume funzioni dirigenziali di diritto quando il DS è assente per congedo o ferie; oppure su delega. Mentre, però, il DS rappresenta l'ufficio o si immedesima in esso; il docente con funzione vicarie è solo preposto all'ufficio e rientra tra i suoi collaboratori. Il D.Lgs. del 2001 ha decretato la nascita di uno staff di dirigenza o di presidenza in cui partecipano varie figure professionale in ottica sinergica. Sono presenti, inoltre, i docenti incaricati delle funzioni strumentali al PTOF. Le funzioni strumentali vengono individuate con delibera del Collegio dei docenti e in coerenza con il PTOF. Chi svolge un incarico di collaborazione con il DS, non potrà svolgere anche il ruolo di funzione strumentale perché il compenso non è cumulabile.lnfine, troviamo il Direttore dei Servizi Generali e Amministrativi (DSGA) D.Lgsl 165/2001: si tratta di un supporto al nucleo operativo attraverso procedure tecniche e di analisi. Il DSGA ha alle sue dipendenze il personale ATA e la sua competenza si divide in 2 servizi:l. organizzando il lavoro del personale docente e non per l'erogazione di servizi necessari alla vita scolastica;2. Amministrativi: erogati dalla segreteria e suddivisi per settori (didattica, contabilità. persona). Capitolo 7: la cultura del rapporto scuola-territorio Il termine "territorio", in senso specifico, indica una parte di spazio geografico interna ad uno Stato. Ma in un'accezione più ampia, la parola "territorio" esprime un concetto a connotazione socio culturale, che ci aiuta a meglio comprendere l'identità comunitaria di un gruppo di persone. Nell’epoca attuale, definita come “era globale”, appare insensato preoccuparsi e/o concentrarsi del propria cultura territoriale, preoccuparsi di mantenere in vita usi e tradizioni locali; di fatto, oggi assistiamo alla ibridazione tra “cultura locale”(che mira alla definizione specifica di una data cultura) e “cultura globale”(che mira, invece, alla standardizzazione di modi di fare, di sentire e di pensare). È compito della scuola collocarsi tra le due culture, fare da mediatrice, sapendo promuovere il nuovo e, allo stesso tempo tutelare ciò che ci identifica. A tal fine, è fondamentale che esista una relazione di scambio e di collaborazione tra gli istituti scolastici e gli enti amministrativi/governativi locali (regione, provincia, comune). 2. Regionalismo Col termine “regionalismo” ci si riferisce a quel processo politico, previsto dalla nostra costituzione ed avviatosi negli anni 70, che si conclude con la costituzione in Italia delle Regioni. L'art. 117 della costituzione Italiana assegna alle regioni potere decisionale, sebbene nell’azione governativa siano in alcuni casi subordinate al potere statale. La legge 18 ottobre 2001, n puntata 3 ha in parte modificato l'articolo costituzionale 117: con la legge 18/2001, infatti, si stabilisce, per ciò che riguarda le norme Generali dell’istruzione, la potestà legislativa sia esclusiva dello Stato; alle Regioni, invece, spetta la potestà legislativa esclusiva riguardante la formazione professionale. Insomma, la potestà legislativa in materia di "istruzione" vede concorrere sia lo Stato che le Regioni. 3. I principi di sussidiarietà. Aspetti generali La prima enunciazione del principio di sussidiarietà si deve alla chiesa cattolica; detto principio afferma che gli enti di ordine superiore devono aiutare, sostenere e promuovere lo sviluppo di quelli minori (famiglia, associazione, confessioni religiose….). Nella seconda metà degli anni ottanta, il concetto di sussidiarietà assume valore giuridico: nel trattato di Maastricht si stabilisce che l'ente sovraordinato (ovvero l'Unione Europea) svolge una funzione "sussidiaria" rispetto all'ente più vicino al cittadino (ovvero lo Stato membro dell'Unione Europea). Nel nostro paese, tale enunciato trova espressione nella legge n 3 del 2001, con la quale si modifica il titolo V della nostra Costituzione. Più nello specifico, all'art 118 cost. Della legge n 3/2001 si legge "Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l'esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza”. 3.2Gli obiettivi della sussidiarietà A sostegno degli obiettivi di sussidiarietà, troviamo altri cinque principi: 1. Principio di apertura: Esso consiste nella comunicazione istituzionale tra tutti I soggetti pubblici, in particolare la scuola, che deve ben spiegare ai suoi utenti quale vuole essere la sua azione e con quali modalità intende per seguire I propri obiettivi; è pertanto fondamentale che vi sia la massima trasparenza. 2. Il principio della partecipazione: si tratta di mettere in atto azioni che favoriscano il più possibile il coinvolgimento di' tutti gli attori. Ciò è possibile se viene stimolato l'interesse dei cittadini attraverso forme collaborative e partecipative. 3. Il principio dell’efficacia: le politiche scolastiche devono essere tempestive ed efficaci, garantendo il raggiungimento degli obiettivi Precedentemente definiti con chiarezza e trasparenza. 4. Il principio di coerenza: esso è relativo alla coerenza che devono avere le azioni dei vari soggetti che si occupano della scuola. Esiste una "sussidiarietà verticale” (il potere legislativo rispetto all'istituto scuola è articolato in quattro livelli gerarchici: nazionale, regionale, territoriale, singola scuola) è una “sussidiarietà 2. Elaborazione e struttura del ptof Tutte le scuole devono predisporre un PTOF entro il mese di ottobre ed esso viene elaborato dal Collegio e approvato dal Consiglio di circolo. Gli ambiti di intervento riguardano diversi obiettivi formativi quali: a. la predisposizione del curricolo verticale; b. La programmazione di attività didattiche; c. Rispondere alle esigenze del fabbisogno dei posti comuni e di sostegno. Le iniziative da migliorare devono scaturire dal RAV e dal PdM. Il PTOF si articola in 4 parti: 1. Fonti: si descrive la situazione dell’istituto, l’esperienza passata e le prospettive future; 2. offerte e i programmi: la didattica, l’orario, l’integrazione, gli impegni relazionali; 3. regolamento: l’autoregolamentazione della scuola per disciplinare diritti e doveri di docenti e alunni; il rapporto tra essi e tra docenti e docenti; 4. valutazione: metodi, modalità di verifica e le valutazioni delle prestazioni. 2.1 Le modifiche al PTOF Se durante l’anno emergono criticità il PTOF può essere modificato entro il 30 ottobre. 3 Gli obiettivi formativi La L. 107/2015 individua alcuni obiettivi formativi che le scuole possono inserire nel PTOF, tra cui: valorizzazione e potenziamento delle competenze linguistiche, anche mediante l'utilizzo della metodologia CLIL; potenziamento delle competenze matematico-logiche e scientifiche; potenziamento delle competenze nella pratica e nella cultura musicali, nell'arte e nella storia dell'arte, nel cinema; sviluppo delle competenze in materia di progetti in attività da compiere in classe. 4 Il curricolo della scuola Il lavoro del Consiglio d’istituto e del Collegio è proposto a quello del Consiglio di classe, al quale compete un’analisi più realistica della situazione di partenza. La prima azione da compiere è la verifica dei prerequisiti e delle abilità, dopo occorre individuare interventi didattici mirati. 7 la progettazione del processo formativo Per progettazione in ambito didattico, si intende l’insieme di tutte le strategie formative messe in atto dalla scuola e consistenti nell’elaborazione di una programmazione atta a raggiungere determinati obiettivi educativo-didattici prefissati; attraverso l’individuazione di tutti gli strumenti necessari. Il PTOF si inserisce nella macroprogettazione che è il primo livello e si pone a monte della microprogettazione, ossia della programmazione in dettaglio. La progettazione/programmazione si compie nell’elaborazione di tutti i documenti necessari che pubblicizzano tali strategie didattiche. Nella macroprogettazione rientrano la programmazione annuale e la singola lezione, elaborata dal docente, per il raggiungimento di obiettivi, anche in funzione degli stili di apprendimento degli alunni (didattica personalizzata e inclusiva). I docenti elaborano singolarmente, la programmazione di classe didattica per le discipline che insegnano, e collegialmente. I principali riferimenti nella progettazione sono: PTOF; IN (ovvero le Indicazioni Nazionali per la scuola dell'infanzia e il primo ciclo di istruzione); le caratteristiche socio-culturali e cognitive degli studenti. Capitolo 9: Scuola delle competenze e documenti europei in materia educativa La "competenza" può essere concepita come l’insieme delle conoscenze (fatti, concetti, idee e teorie che sono stabiliti e che forniscono basi per comprendere un certo argomento), abilità (sapere ed essere capaci di eseguire processi ed applicare le conoscenze esistenti al fine di ottenere risultati) e atteggiamenti (disposizione e mentalità per agire o reagire a persone o situazioni) che consentono ad un individuo di ottenere risultati utili al proprio adattamento negli ambienti per lui significativi e che si manifesta come capacità di fronteggiare problemi della vita attraverso abilità cognitive e sociali. Le competenze: - cognitive (disciplinari e professionali) riguardano l’acquisizione di concetti e strumenti di base di una disciplina; - metacognitive, comprendono la consapevolezza e il controllo dei propri processi di apprendimento; - trasversali, sono le competenze che consentono di affrontare e risolvere problemi e prendere decisioni efficace, strategiche e funzionali al successo professionale. 2 le competenze nel contesto scolastico italiano Il concetto di competenza è comparso in maniera esplicita nel 1998 con il Regolamento per gli esami di Stato. Nel 2000, con la Riforma Berlinguer/De Mauro, le competenze diventano elementi fondanti. La L. n. 53 del 2003 ribadisce l’apprendimento lungo tutto l’arco della vita e pari opportunità per raggiungere elevati livelli culturali e di sviluppare le capacità e le competenze attraverso conoscenze e abilità. Nel Profilo educativo, culturale e professionale dello studente (D.Lgs. n. 59/2004) vengono precisate le competenze che lo studente dovrebbe aver acquisito al termine del primo ciclo di istruzione (saper risolvere problemi; essere in grado di dare senso alla vita; saper esprimere in maniera soggettiva il proprio modo di essere e di fare…). 3 le competenze chiave per l'apprendimento permanente (Racc. 18 dicembre 2006) Partendoo dall’autonomia scolastica che caratterizza il nostro sistema di istruzione e che ha avuto un forte impulso dal Trattato di Maastricht del 1992, venne stabilito che l’UE deve contribuire all’incremento di un’istruzione di qualità. Il 3/3/2010 la Commissione europea propose una Strategia per l’Europa (Europa 2020) concentrata sugli ambiti di interventi chiave che possono migliorare la collaborazione tra l’Unione e gli Stati membri e rilanciare l’economia dell’Unione. La Commissione ha individuato 3 motori di crescita per l'Europa, che deve imparare ad essere: 1. intelligente: promuovendo conoscenza, innovazione, istruzione e una società digitale. 2. Crescita sostenibile: rendendo la produzione dell’Europa più efficiente sotto il profilo delle risorse; 3. inclusiva: incentivando il mercato del lavoro, l’acquisizione di competenze e la lotta alla povertà. L’obiettivo della Strategia di Lisbona 2000 era quello di rendere entro il 2020 il sistema europeo competitivo e dinamico. Per garantire a tutti l’accesso alle competenze di base e favorire l’apprendimento continuo, furono definite le competenze chiave che ogni alunno deve raggiungere al termine del periodo obbligatorio di istruzione o formazione (comunicazione in lingua straniera e in lingua madre; competenza digitale; competenza sociale e civica consapevolezza culturale…). Con la Raccomandazione del Parlamento e del Consiglio 18/12/2006, relativa alle competenze chiave per l’apprendimento permanente (sostituita nel 2018 da nuova Raccomandazione), l’UE ha invitato gli stati membri a sviluppare strategie per assicurare che: l’istruzione e la formazione offrano strumenti per sviluppare le competenze chiave come base per ulteriori occasioni di apprendimento; ai giovani con svantaggi educativi venga garantito sostegno particolare per realizzare le loro potenzialità; gli adulti siano in grado di aggiornare le loro competenze chiave in tutto il corso della vita (Life long learning). 3.1 le competenze chiave di cittadinanza Le competenze chiave di cittadinanza che ogni cittadino dovrebbe possedere sono: imparare ad imparare; progettare (sapersi dare degli obiettivi); comunicare; collaborare e partecipare; agire in modo autonomo e responsabile; risolvere problemi; individuare collegamenti e relazioni (per affrontare la complessità della società); acquisire ed interpretare le informazioni (l’attendibilità e l’utilità). 4 La raccomandazione sulle competenze chiave per l'apprendimento permanente del 2018 Il 22/05/2018 il Consiglio dell’Unione europea ha adottato nuove Raccomandazioni sulle competenze chiave che sostituiscono quelle del 2006. Le competenze oggi sono cambiate e le Raccomandazioni ne prendono atto ed insistono su maggiori competenze imprenditoriali, sociali e civiche. Il Pilastro europeo dei diritti sociali, adottato dall’UE il 17/11/2017 sancisce che ogni persona ha diritto a un’istruzione/formazione e ad un apprendimento permanente di qualità e inclusivo, al fine di mantenere e acquisire competenze per partecipare alla società. Il documento afferma il diritto di ogni persona un’assistenza tempestiva, alla formazione e alla riqualificazione. In questo contesto di continuo cambiamento socio- economico, anche le competenze non possono essere considerate statiche ma devono cambiare in un’ottica più trasversale e informale. Le competenze chiave del 2018 intendono porre le basi per creare società più uguali e democratiche che soddisfano la necessità di una crescita inclusiva, sostenibile e di sviluppo della cultura democratica. 5 la raccomandazione sulla promozione di valori comuni europei del 2018 A completamento delle Raccomandazioni sulle competenze chiave il 17/1/2018 il Consiglio europeo ha adottato anche le Raccomandazioni sulla promozione di valori comuni, di un’istruzione inclusiva e della dimensione europea dell’insegnamento. 6 le competenze nelle indicazioni nazionali 2007 e 2012 Il concetto di competenza rimanda all’idea di un apprendimento attivo: l’obiettivo è, dunque, quello di creare A qualcosa che rimanga agli alunni anche al di fuori della scuola stessa. Nelle IN sono esplicitate le indicazioni utili per realizzare una didattica delle competenze; sarà opportuno che la scuola si impegni a: 1. valorizzare le esperienze e conoscenza degli alunni; 2 promuovere un intervento adeguato alle diversità; 3 promuovere l'apprendimento per scoperta, esplorazione e di tipo collaborativo; 4 stimolare la consapevolezza del proprio stile di apprendimento. Anche La valutazione è da intendersi formativa, perché non ha l'obiettivo prioritario di giudicare o classificare, ma di stimolare il miglioramento dell'apprendimento e, quindi, della crescita del soggetto. Anche le prove invalsi hanno il compito, non di giudicare la didattica, di raccogliere ed elaborare i dati relativi alle prestazioni e alle abilità dei docenti e degli studenti, per fornire alla scuola informazioni utili ad attivare eventuali cambiamenti, così da migliorare gli apprendimenti e da favorire, conseguentemente, l'acquisizione di competenze nei ragazzi. SEZIONE II LA NORMATIVA SULL’INCLUSIONE oltre che la necessità della progettazione individualizzata corretta e puntuale, in accordo con ASL, enti locali e famiglie. • La normativa su DSA e BES: L. 17/2010 e gli altri provvedimenti. Con l’acronimo BES si indicano i bisogni educativi speciali, un tema venuto all'attenzione subito dopo la direttiva ministeriale del 27 dicembre 2012, con la quale vengono definiti gli strumenti di intervento per gli alunni con bisogni educativi speciali; all’interno dell’area dei bisogni educativi speciali vi sono comprese tre grandi sotto categorie: • La disabilità definita con la legge 104/1992 e con il D.lgs. 66/2017; • I disturbi evolutivi specifici; • Lo svantaggio socioeconomico, linguistico, culturale. Le condizioni che mettono il soggetto in uno stato di bisogno educativo speciale non sono necessariamente stabili e assolutamente irrisolvibili, spesso si tratta di bisogni temporanee, passeggeri, passibili di evoluzione. Sono definiti, nel testo, "disturbi evolutivi speciali 1. i disturbi specifici dell’apprendimento; 2. I deficit del linguaggio; 3. i deficit delle abilità non verbali; 4. I deficit della coordinazione motoria; 5. i deficit dell'attenzione e dell’iperattività. Sono disturbi non certificabili con la legge 104 e, pertanto, non determinano il diritto all'insegnante di sostegno. Tuttavia per le scuole è possibile avvalersi per tutti gli alunni con Bes di strumenti compensativi e di misure dispensative previste dalle disposizioni della legge 170/2010. Le linee guida per l’accoglienza degli alunni stranieri (nota miur n.4233/ 2014). Abbiamo visto come nella normativa sui bes vengano inclusi gli alunni con svantaggio economico, linguistico o culturale, in quanto tra gli impegni educativi a cui la scuola è chiamata c’è, senza dubbio, l'Impegno di promuovere l'integrazione culturale e la valorizzazione della cultura di appartenenza, così che venga favorito uno scambio produttivo tra diversi gruppi etnici. Agli alunni stranieri, dunque, devono essere garantite le stesse condizioni di istruzione che vengono garantite per gli alunni italiani. La valutazione. D.Lgs.62/2017. Si tratta di un testo organico all'interno del quale sono stati riorganizzati i tanti riferimenti normativi relativi alla valutazione degli studenti, specialmente di quelli con disabilità, DSA e altri bes. Lo scenario internazionale: convenzione ONU ratificata con la legge 3 marzo 2009, n. 18 e ICF Con la legge 3 marzo 2009, n. 18, tutti gli stati ONU si impegnano a prevedere forme di integrazione scolastica nelle classi comuni. Il nostro è stato tra i primi paesi al mondo ad adottare l'integrazione degli alunni con disabilità nella scuola di tutti. Coerente con il principio di integrazione appena esposto, è il testo dell’ICF (INTERNATIONAL CLASSIFICATION OF FUNCTIONING), un modello di classificazione bio-psico-sociale che dà un enorme rilievo all'interazione tra le capacità personali e il contesto sociale, culturale e familiare del soggetto da formare: l'ottica è quella di sostenere che il funzionamento più o meno efficace di un soggetto dipenda certamente dalla sua salute, ma anche dal modo in cui entrano in relazione Fattori sociali, culturali ed economici con le caratteristiche psicoemotive e personali proprie di quel dato individuo. La strategia Europea sulla disabilità. Si tratta di una strategia nata nel 2010/2020, all'interno del più vasto progetto europeo relativo alle “misure a sostegno dell’occupazione, della produttività e della coesione sociale in Europa " (strategia Europea 2020). In generale, la strategia Europea 2020 punta a far emancipare e crescere economicamente e culturalmente i paesi europei attraverso il potenziamento • Dell'intelligenza • Della sostenibilità • Dell’inclusivitá Tornando alla strategia sulla disabilità, con essa si vuole promuovere Un'Europa senza barriere, così che il disabile possa partecipare attivamente alla vita sociale. Proprio per definire le strategie atte a raggiungere quest'ultimo obiettivo, La commissione Europea ha individuato 8 "aree d'azione congiunta"tra gli stati membri dell’UE, mirando a garantire per tutti I cittadini disabili: 1 Accessibilità 2 partecipazione 3 uguaglianza 4 occupazione 5 istruzione e formazione 6 partecipazione sociale 7 salute 8 azione esterna Capitolo 2. L'integrazione scolastica Dalla medicalizzazione all’integrazione. Già a partire dagli anni ’70, Nel nostro paese si assiste al passaggio dal concetto di "medicalizzazione" a quello di "inserimento” e, successivamente, di “integrazione”. Sul finire degli anni 70, inoltre, viene messo fortemente in discussione sia il concetto di "classe differenziale" che quello di "scuola speciale", poiché si inizia a dubitare del fatto che la scuola speciale possa essere veramente l’unica soluzione possibile per educare/formare gli studenti con disabilità . Non darebbe forse meglio istituire delle "classi speciali"? questa è la domanda che ci si inizia a porre nei contesti pedagogici del tempo . Ciò che davvero fa cambiare le cose in ambito di istruzione per I disabili è che tra gli anni sessanta e settanta si inizia a sostenere che ognuno di noi è diverso dall’alto, in quanto soggetto unico ed irripetibile, e che, quindi, tutti siamo UGUALI; dunque, il disabile non va trattato in modo particolare, ma piuttosto si deve garantire l’opportunità di realizzare percorsi di istruzione che siano calibrati alle proprie esigenze e quindi efficaci. Il soggetto un tempo considerato anormale diventa, negli anni settanta, un "portatore di handicap “e fa ufficialmente ingresso scuole comuni. Modalità organizzative. Da questo momento in poi, ovvero a partire dalla "normalizzazione" del percorso didattico dei soggetti portatori di handicap, sì inizia a lavorare su una didattica di recupero e di sostegno che sia il più possibile inserita all'interno delle normali attività scolastiche, seguendo il principio di fondo della inclusione, che eviti, cioè, la ghettizzazione dell’alunno disabile. Si inizia a realizzare una didattica a classi aperte, una didattica che prevede di inserire all'interno delle normali lezioni, delle attività di gruppo, ci si muove, insomma, verso la creazione di una SCUOLA PER TUTTI, una scuola fatta su misura e che sappia essere flessibile. Didattica speciale e metodologia operativa. Nasce così, insieme alla pedagogia speciale per gli alunni disabili, anche una didattica differenziata e, insieme la predisposizione di particolari sussidi. Dovrà anche nascere una nuova normativa una legislazione scolastica dedicata all' handicap, ma, per realizzarla, è opportuno che vengano definiti i criteri psico pedagogici su cui essa dovrà fondare le indicazioni specidiche. Tipologie di intervento. Entrando più nello specifico, un piano educativo individualizzato per studenti diversamente abili dovrebbe orientarsi allo sviluppo delle potenzialità di base e al rafforzamento delle abilità residue; lo studente diversamente abile, poi, dovrebbe partecipare integralmente ai momenti delle attività comuni. È evidente, però, che debbano esistere, come precedentemente detto, degli insegnamenti su misura e che, pertanto, si debbano predisporre delle attività didattiche differenziate da svolgersi secondo tempi e modalità diversificate, nell'ambito dei lavori di gruppo individuali programmati nelle classi aperte. In effetti, è chiaro a tutti che soggetti portatori di handicap possono avere dei processi di maturazione cognitiva e/o emotiva/comportamentale differenti dai loro coetanei Non disabili e, perciò, è fondamentale che venga garantito il rispetto delle Loro caratteristiche cognitive e di personalità. L’accoglienza dell’alunno disabile. Un tema importante, relativo al concetto di disabilità e a quello di inclusione, è certamente quello della accoglienza. Nella normativa italiana più recente, per la scuola dell'infanzia si afferma "la presenza di bambini in difficoltà è fonte di una preziosa dinamica di rapporto e di interazione che è, a sua volta, occasione di maturazione per tutti”. Quanto espressamente dichiarato nella normativa italiana, è evidente, vuole sottolineare come la presenza e la relazione, fin da piccoli, con soggetti diversamente abili, sia un'occasione per maturare in ognuno la dimensione della accettazione (facendo sì che insegnanti ed alunni imparino a mentalizzare e ad elaborare emotivamente I diversi modi in cui interagire con soggetti portatori di handicap). Ma la presenza, già nella scuola dell’infanzia, di soggetti disabili, favorisce anche il superamento delle resistenze psicologiche (stereotipi e pregiudizi) relative al "diverso". Le indicazioni normative, insomma, fanno espresso riferimento alla necessità di generare continui atteggiamenti di accoglienza degli alunni diversamente abili. Si precisa che non esiste integrazione se l’alunno portatore di handicap si auto- percepisce come oggetto di emarginazione. Integrazione e capacità inclusiva della scuola. Il GLH operativo è costituito da dirigente scolastico; consiglio di classe: referente ASL e genitori dell’alunno e si riunisce tre volte l'anno Per intervenire nella progettazione del piano educativo individualizzato e per indicare al GLH di istituto Le aree di sostegno necessarie per I successivi anni scolastici. I GLI: GRUPPI DI LAVORO PER L'INCLUSIONE, DIRETTIVA 27/12/ 2012. IL GLI è formato da: dirigente scolastico; collaboratore del dirigente; docenti di sostegno; docenti referenti bes, handicap e DSA; rappresentanti di genitori con disabilità e responsabile ASL. Il compito più importante che assorbe il gli è quello di elaborare un piano annuale per l’inclusione (PAI) RELATIVO A TUTTI GLI ALUNNI CON BES, DA REDIGERE ALLA FINE DI OGNI ANNO SCOLASTICO e comunque entro il mese di giugno. All’inizio del nuovo anno scolastico, in base alle risorse di cui la scuola dispone, il GLI si occupa di riadattare il piano e il DS procede all'assegnazione definitiva delle risorse funzionali. I gruppi per l’inclusione nella disciplina del d.lgs.66 / 2017 Si tratta della disciplina che va a sostituire, tra l'altro, l'art. 15 della l. 104/1992 e che definisce i nuovi gruppi per l'inclusione scolastica: • Il GLIR (gruppo di lavoro interistituzionale regionale) cui spetta il compito di definire, attuare e verificare gli accordi di programma con i gruppi per l’inclusione territoriale; • Il GIT (gruppo per l’inclusione territoriale) punto e, tali gruppo riceve dal DS la quantificazione delle risorse del sostegno didattico, le verifica e formula la proposta di programma all' ufficio scolastico regionale (URS) • IL GLI (gruppo di lavoro per l’inclusione) è un gruppo di lavoro formato da docenti, dal personale ATA, dagli specialisti ASL. Il GLI Si occupa della programmazione e del supporto del collegio del docenti nella definizione del Piano dell’inclusione. Capitolo 4. Le tappe dell’integrazione scolastica e il piano educativo individualizzato Dall’accertamento della disabilità al piano educativo individualizzato: l’accertamento della disabilità, è disciplinato dal D.P.R. 24-2-1994 e dal D.P.C. M. 23 febbraio 2006. Con essi si stabilisce che spetta ad un’apposita commissione della ASL. Si tratta di una commissione multidisciplinare, di cui fanno parte un neurologo, uno psicologo, un pedagogista, un assistente sociale e (eventualmente);un operatore specialista in riabilitazione. È, ad ogni modo, sufficiente che la certificazione venga fatta da uno specialista pubblico o anche da uno psicologo in servizio o convenzionato ASL. La diagnosi funzionale (DF) Dopo che l’handicap sia stato certificato, bisognerà redarre la "diagnosi funzionale"; in essa ci sarà la descrizione analitica della compromissione funzionale dello studente, In modo tale che sia possibile evidenziare non soltanto il tipo di deficit, ma anche le potenzialità di ciascun alunno e, su tale base, definire gli obiettivi formativi e didattici. Nella DF dovrà essere presente:1. anamnesi familiare; 2. Diagnosi clinica; 3. aspetti psicologici relativi alla dimensione cognitiva, affettivo-relazionale, linguistica, sensoriale, motoria, neurologica. Appare piuttosto ovvio che il documento di DF debba essere redatto entro tempi che permettano di elaborare un PEI. IL PDF (profilo dinamico funzionale). In base a quanto contenuto nel DF, si andrà a compilare un "piano dinamico funzionale”, o PDF. Si tratta di un documento redatto da un gruppo di lavoro misto, formato dall’unità multidisciplinare, dai docenti curriculari, dai docenti di sostegno e dai genitori dell’alunno. Nel nel pdf ci saranno informazioni relative alla dimensione cognitiva, a quella affettivo-relazionale, nell’ambito della comunicazione e del linguaggio, all'aria sensoriale e motoria, oltre che ad aspetti neuropsicologici. Per poter realizzare un PDF bisognerà reperire dati ed informazioni dal documento della DF, dalla scuola precedentemente frequentata, dalla famiglia e dalle osservazioni sistematiche effettuate a scuola. Il PDF sarà poi soggetto a verifiche: una prima verifica avverrà a conclusione della seconda classe della scuola primaria; si procederà ad ulteriore verifica alla fine della quarta classe; successivamente verranno effettuate verifiche alla fine della seconda anno della scuola secondaria di primo grado e, in conclusione, sì effettueranno verifiche alla fine del biennio e del quarto anno della scuola secondaria di secondo grado superiore. Il PDF è soggetto ad aggiornamenti ed è un documento avente valore amministrativo. Il PEI (PIANO EDUCATIVO INDIVIDUALIZZATO) È IL "PROGETTO DI VITA SCOLASTICA DI OGNI ALUNNO CON DISABILITÀ". Il PEI è redatto dal GLHO (Gruppo operativo per l’inclusione del singolo allievo), un gruppo di lavoro formato da insegnanti del consiglio della classe frequentata dall’alunno, l'insegnante di sostegno, i genitori, l'insegnante operatore psico-pedagogico e gli operatori del distretto socio sanitario che è in carico l'alunno. La progettazione del PEI Il PEI è un documento che viene redatto all'inizio di ogni anno scolastico; esso è frutto di un periodo di osservazione e di analisi della documentazione e della condotta della alunno con disturbo. Terminata la fase analitico-osservativa, l'insegnante di sostegno compila il PEI che consta di quattro parti: la DF; il PDF; la definizione di attività e materiali ed infine la definizione del metodo di lavoro. Per redarre un pei sarà necessario: a. La relazione finale del dei dell’anno precedente; b. La programmazione didattica individualizzata; c. La DF; d. il profilo dinamico funzionale; e. Il verbale delle riunioni previste dalla 104/92; f. un eventuale progetto di continuità; g. Un progetto di tempo integrato per attività educative extrascolastiche e h. Un progetto per l’integrazione. Una volta che sia stato redatto il PEI, l’insegnante specializzato dovrà coordinare tutte le azioni di intervento relative all'alunno certificato, così che venga garantito il diritto allo studio dell'alunno con difficoltà di apprendimento. Sarà poi opportuno raccogliere le informazioni relative allo studente con handicap attraverso strumenti oggettivi, utilizzando e progettando griglie per la registrazione delle abilità già esistenti, degli obiettivi prefissati, dei tempi e dei metodi utilizzati per raggiungere gli obiettivi e delle attività svolte per favorire l'apprendimento dell’alunno certificato. Dopo aver redatto il PEI, occorrerà procedere ad una osservazione sistematica, utile a monitorare e registrare in maniera più dettagliata possibile l'andamento del progetto stesso. L'osservazione sistematica riguarderà: -l’area cognitiva; -l’area affettivo relazionale; -l’area linguistica; -l’area sensoriale; -l’area motoria; -l’area neuropsicologica; -l’area dell’Autonomia personale e sociale. L’osservazione deve essere continua, sistematica ed orientata, nel senso che il docente deve avere ben chiaro quali condotte e quali atteggiamenti devono essere monitorati, analizzati e verificati. Assolutamente indispensabile è definire gli obiettivi, che in una programmazione sono di due tipi: 1. Educativi (trasversali a tutte le discipline) e 2. Didattici (specifici per ogni singola disciplina). Nella progettazione del PEI è coinvolto tutto il consiglio di classe e la programmazione relativa all’alunno con handicap deve essere necessariamente in linea con gli obiettivi della classe, deve prevedere obiettivi minimi semplificati e deve essere differenziata. Compito dell'insegnante di sostegno sarà quello di tentare di avvicinare il più possibile gli obiettivi individuali a quelli di classe, avendo la facoltà di scegliere, A tal fine, gli strumenti che ritiene più idonei. In alcuni casi è possibile prevedere un PEI differenziato per alunni con disabilità. Esso, però, può essere applicato soltanto ad alunni disabili che frequentino scuole secondarie di secondo grado e può prevedere, ad esempio, che la prova conclusiva del ciclo scolastico sia differente rispetto ai compagni di classe. Un aspetto fondamentale della programmazione attiene alla relazione tra obiettivi programmati e destinatari dell’azione didattica, nel senso che, prima di predisporre un PEI, è assolutamente indispensabile che si conosca lo stato di partenza degli alunni - destinatari dell’azione didattica - così da calibrare la definizione degli obiettivi formativi e favorire quindi il raggiungimento di un successo formativo a cui tutti hanno diritto. Rendendo espliciti e Chiari gli obiettivi di programmazione e comunicando le azioni concrete che la scuola metterà in atto per il raggiungimento degli obiettivi definiti, sì realizza quel CONTRATTO FORMATIVO tra istituzione e studenti, che implicherà un impegno tanto da parte della scuola quanto da parte del soggetto da formare e della sua famiglia. Dalla diagnosi funzionale alla lezione inclusiva Dopo che un alunno con disabilità abbia ricevuto, da un’équipe multidisciplinare della ASL, la certificazione e la diagnosi funzionale, i docenti devono consultare tali documenti e confrontarsi con la famiglia, avviando parallelamente un'osservazione sistematica dell’alunno nel lavoro scolastico. Trascorso un breve periodo, I docenti devono procedere alla stesura di un PDF (profilo dinamico funzionale); detto documento dovrà, chiaramente, essere redatto in base alla DF e deve - prevedere per ogni asse indicato nella DF - possibili sviluppi nel funzionamento. Dunque, nel pdf dovrà essere ben chiaro quali siano le difficoltà di partenza della alunno e quale potrà essere lo sviluppo potenziale dello stesso, a breve e medio termine. Come già detto, le aree di intervento sono diverse (cognitiva, affettivo/relazionale, linguistica, sociale, sensoriale, neuropsicologica….). La stesura del PDF rappresenta, oltre che un lavoro specifico dei docenti, anche un momento di confronto tra i diversi operatori coinvolti nella presa in carico del minore con disabilità. Subito dopo la stesura del primo pdf,c procede alla elaborazione di un piano educativo individualizzato (PEI) annuale; si tratta di un documento nel quale sono descritti gli interventi integrati che sono stati predisposti Per l'alunno con disabilità in un determinato periodo di tempo, al fine della realizzazione del diritto all'educazione e all'istruzione. Una volta definite le azioni di intervento, il gruppo di lavoro verifica gli effetti delle attività realizzate, così da effettuare rilevazioni temporali relative all'andamento del soggetto e, all'occorrenza, a portare modifiche e ridefinire azioni ed obiettivi . Pertanto, nella definizione della programmazione curricolare delle discipline interna al PEI, i docenti devono tener conto, di volta in volta, di ciascun obiettivo e di ciascun traguardo previsti per la classe di appartenenza, verificando che gli obiettivi definiti siano per il gruppo classe raggiungibili. – dismorfismi: sono anomalie strutturate che possono avere una causa costituzionale (come per esempio le scoliosi e la displasia dell’anca), possono dipendere da cause esterne (lussazione dell’anca) oppure possono interessare i legamenti. • Paramorfismi: si tratta di anomalie di posizione non ancora strutturate (ad esempio l'atteggiamento scoliotico). Lo sviluppo dentale: I denti iniziano a formarsi già nell’embrione e la lamina dentale è già formata Prima della nascita. La dentizione inizia intorno ai 6 mesi di vita e, solitamente comincia con l'eruzione degli incisivi centrali inferiori; per ultimi, intorno ai 2 anni e mezzo, spuntano I molari. Lo sviluppo sensoriale. Tra la nascita e l’inizio del funzionamento adeguato degli apparati sensoriali esiste un periodo particolarmente sensibile dal punto di vista della stimolazione e della "accrescimento" . Si tratta del cosiddetto periodo critico, da intendersi come una fase di progressiva Sintonizzazione tra sistema nervoso centrale e mondo esterno. In questo periodo c’è un continuo accomodamento di circuiti cerebrali, da cui poi dipenderanno i comportamenti messi in atto dal soggetto per la sopravvivenza. L'assenza di stimolazione adeguate dei circuiti sensoriali durante il periodo critico determina danni talvolta irreparabili, dato che numerose competenze vengono acquisite durante il corso della vita e non sono geneticamente determinate. I sensi sono cinque: gusto; vista; udito; tatto; olfatto. Durante I periodi che vanno dalla nascita fino ai tre anni di vita (prima infanzia) e fino ai 6 anni, il bambino è un organismo coinvolto in un’attività evolutiva decisiva che riguarda tutti gli ambiti percettivi, ciò per il naturale processo di maturazione fisiologica ed anche per i tanti stimoli provenienti dall'ambiente esterno. Nello specifico, il bambino impara a distinguere due stimoli complessi diversi tra loro, analizzandone le differenze; impara a dotare di significato le forme aperte ed irregolari; impara ad entrare in contatto con la percezione dello spazio e dell'orientamento. Lo sviluppo motorio. Come detto, la maturazione non è riferita soltanto all'orologio biologico, ma anche - e spesso soprattutto - alla vita sociale. Procedendo dalla nascita alle tappe evolutive successive, lo sviluppo fisico e motorio del bambino si realizza attraverso la trasformazione di diverse aree del sistema nervoso centrale. Si pensi ad esempio alle riflesso di Moro (quando il bambino piccolissimo appena nato, viene colto all'improvviso da uno stimolo esterno, si attiva il riflesso di allargare le braccia come a voler abbracciare qualcuno), tale riflesso scompare intorno ai 6 mesi, quando il cervello, maturando, subisce delle modificazioni biologiche. Altri riflessi presenti già alla nascita sono: il riflesso della ricerca del seno; il riflesso del camminare (che si attiva quando il piccolo viene sostenuto con le gambe sospese da terra). La deambulazione, nel bambino, avviene intorno all'anno di vita, perché in questo particolare periodo c'è l’interazione sincrona di più Fattori: si verifica, infatti, simultaneamente un rapido sviluppo neuronale, c’è il consolidamento del sistema muscolare e evolve notevolmente la propriocezione corporea. Lo sviluppo di questi tre fattori in simultanea predispone il bambino alla deambulazione e lo aiuta nella coordinazione senso-motoria Processo di crescita e apprendimento. Con la parola "crescita" ci si riferisce a quel processo di maturazione biologica che riguarda sia la struttura fisica che il modo di comportarsi. Col termine "apprendimento" ci si riferisce, invece, a quel cambiamento delle attitudini e delle capacità umane che non si può attribuire semplicemente al processo di crescita. 2. Lo sviluppo cognitivo e le forme di intelligenza E' di fondamentale importanza, per gli insegnanti, imparare a stimolare l'apprendimento e favorire il completo sviluppo della personalità del bambino. Le discipline psicopedagogiche sono quindi la base su cui poggiano le professioni educative. La formazione della personalità umana è il frutto di un percorso di integrazione tra fattori innati (variabili dipendenti) e fattori acquisiti (variabili indipendenti) attraverso un processo di maturazione. L'educabilità consiste nella facoltà di mutare i propri caratteri ereditari e le scienze psicologiche possono individuare e descrivere una sequenza di sviluppo relativamente costante per tutta l’età evolutiva, suddividendo il processo in fasi, per le quali ogni nuova esperienza non solo si aggiunge alle precedenti, ma le modifica. Non si tratta di mera accumulazione, dunque, ma di riorganizzazione. Le teorie cognitiviste concordano nel ritenere che esistano differenze sia qualitative che quantitative tra la mente infantile e la mente dell’individuo adulto. Di seguito i modelli teorici cognitivisti dei più noti autori (Piaget, Vygotskij e Bruner). Jean Piaget Vissuto dal 1896 al 1980, psicologo, biologo e pedagogista svizzero maturò un progetto di spiegare lo sviluppo del pensiero infantile e lo portò a compimento analizzando in modo sistematico i comportamenti dei suoi tre figli. Per il periodo dalla nascita ai tre anni ha applicato il metodo della osservazione sistemica, consistente nello studio continuo di determinati comportamenti; nel periodo tra i quattro anni e l'adolescenza invece si è servito del metodo critico, evidenziando situazioni problematiche sotto forma di gioco. Dunque, quello di Piaget, è stato un metodo di indagine innovativo e misto, che andava a declinare insieme sia l'osservazione che l’intervista (colloquio clinico). Secondo l’approccio di Piaget, la figura dell’educatore non deve limitarsi semplicemente a dispensare nozioni ed informazioni all’allievo, ma deve saper creare le condizioni migliori perché avvenga l’apprendimento, giacché, secondo lo studioso, l'individuo è geneticamente programmato per l'espressione di alcune dimensioni e competenze cognitive. L'unico compito dell’insegnante, dunque, è quello di preparare l’ambiente alla loro comparsa o a loro rinforzo. Secondo Piaget, poi, l’intelligenza è il frutto di un lavoro attivo del bambino, che è soggetto serio e laborioso, impegnato costantemente nella costruzione di sé stesso. Il bambino costruisce la propria intelligenza attraverso l’azione. Epistemologia genetica. Piaget afferma che il suo fine non è né di natura pedagogica né pedagogica ma epistemologica, ovvero relativo alla filosofia della scienza. Le sue teorie derivano dall’osservazione dei comportamenti dei suoi cinque figli. Era affascinato, oltre che dall’azione dal modo in cui gli esseri umani comprendono il mondo. Piaget fonda una nuova disciplina: l’epistemologia genetica = una disciplina psicologica interessata allo studio delle origini (la genesi) della conoscenza. Come facciamo a conoscere il mondo? L’interesse per lo studio dello sviluppo cognitivo dei bambini nasce per rispondere a questa domanda. Per questo Piaget ha cominciato a studiare iprocessi cognitivi attraverso i quali i bambini imparano a conoscere il mondo. Un aspetto importante della teoria di Piaget è che la conoscenza non è oggettiva: l’esperienza passa sempre attraverso il filtro cognitivo-percettivi che il bambino possiede in quel momento. Secondo l’impostazione dell’epistemologia genetica, la conoscenza avviene attraverso un processo in continua evoluzione che permette all’individuo di adattarsi all’ambiente circostante. Per l’epistemologia genetica lo sviluppo psicologico del bambino assume le seguenti caratteristiche: - l’intelligenza non compare con il linguaggio ma lo precede, seguendo una linea dicontinuità con l’attività psicomotoria; - il bambino è protagonista attivo del suo sviluppo mentale; - l’intelligenza si sviluppa per stadi che il lavoro pedagogico deve rispettare. Intelligenza Secondo Piaget l’intelligenza consiste nella capacità di un organismo di adattarsi all’ambiente ed è pratica. Proprio come gli organismi umani e non umani si adattano fisicamente all’ambiente, così anche il pensiero si adatta all’ambiente. L’adattamento all’ambiente dunque non avviene solo dal punto di vista biologico e fisico, ma anche psicologico. Inoltre, ipotizza che le modalità di funzionamento psicologico coinvoltein questo adattamento sono universali e vanno bene per tutti. Piaget dimostrò che il concetto di capacità cognitiva, e quindi di intelligenza è strettamente legato alla capacità di adattamento all'ambiente sociale e fisico. Come avviene l’adattamento all’ambiente? Piaget sostiene che i due processi caratterizzanti l'adattamento siano l'assimilazione e l'accomodamento, che si avvicendano durante l'intero sviluppo. L'assimilazione consiste nell'incorporazione di un evento o di un oggetto in uno schema comportamentale o cognitivo già acquisito. In pratica, il bambino utilizza un oggetto per effettuare un’attività che fa già parte del suo repertorio motorio o decodifica un evento in base a elementi che gli sono già noti (per esempio riflesso di prensione palmare porta il neonato a stringere nella mano oggetti nuovi). L’assimilazione è dunque intesa come un processo (passivo) consistente nell’integrare i dati dell’esperienza all’interno di schemi mentali e conoscenze già acquisite. L'accomodamento consiste nella modifica della struttura cognitiva o dello schema comportamentale per accogliere nuovi oggetti o eventi che fino a quel momento erano ignoti (nel caso del bambino precedente, se l'oggetto è difficile da afferrare dovrà per esempio modificare la modalità di presa). L’accomodamento è dunque un processo (attivo) nel quale gli schemi mentali già esistenti vengono modificati in funzione delle nuove esperienze vissute. Principio di equilibrazione L’interazione tra assimilazione e accomodamento porta ad un terzo fattore: il principio di equilibrazione = I due processi si alternano alla costante ricerca di un equilibrio fluttuante (omeostasi) ovvero di una forma di controllo del mondo esterno. Quando una nuova informazione non risulta immediatamente interpretabile in base agli schemi esistenti, il soggetto entra in uno stato di disequilibrio e cerca di trovare un nuovo equilibrio modificando i suoi schemi cognitivi incorporandovi le nuove conoscenze acquisite. Al termine di questa terza fase ha luogo una crescita cognitiva e il conseguente passaggio al successivo stadio dello sviluppo. Le fasi di tale equilibrio sono identificabili in vari stadi, ciascuno dei quali presenta una struttura (schema comportamentale) che consente un’interazione diversa tra individuo e ambiente. Lo sviluppo ha quindi un'origine individuale, e fattori esterni come l'ambiente e le interazioni sociali possono favorire o no lo sviluppo, ma non ne sono la causa (al contrario, ad esempio, di ciò che pensa Vygotskij). Caratteristiche degli stadi dello sviluppo cognitivo: - universale: tutti i bambini li attraversano in maniera abbastanza simile. Riguardano lo sviluppo umano, indipendentemente dalle diverse culture. In ogni stadio c’è un periodo iniziale e un periodo di preparazione finale. - sequenziali: ogni stadio deriva dal precedente, lo incorpora e lo trasforma e lo prepara allo stadio successivo. Non è possibile invertire né mutare l’ordine degli stadi. A differenza della teoria di Freud per Piaget non può esserci una regressione. Con il passaggio allo stadio successivo non si può tornare più indietro. - determinati (in misura consistente ma non decisiva) anche da componenti biologiche. Pur rifiutando l’innatismo, poiché ogni conoscenza si “autocostruisce” attivamente nel corso del tempo, Piaget sosteneva che “alcuni schemi, tendenze e caratteristiche di fondo del nostro sviluppo biologico e cognitivo siano in qualche modo presenti già a livello originario”. In questo periodo i bambini non hanno la capacità di reversibilità mentale, cioè il bambino non può invertire una serie di eventi o trasformazioni o fasi del ragionamento (non riesce a fare il processo al contrario). Lo stadio pre-operatorio si distingua a sua volta in due fase: a) Prima fase (Fase pre-concettuale dai 2 ai 4 anni): è una fase caratterizzata da una serie di progressi cognitivi che portano all’acquisizione di funzioni complesse (linguaggio, scoperta delle relazioni tra le cose e le figure di riferimento). Nel bambino è presente un forte egocentrismo intellettuale = il bambino fortemente concentrato su sé stesso percepisce il mondo solo dalla sua prospettiva, non essendo ancora in grado di cogliere punti di vista, emozioni e pensieri diversi dai suoi. La difficoltà a discernere l’io dal non-io comporta l’attribuzione di istanze proprie di sé anche agli oggetti (fenomeno dell’animismo infantile= il bambino crede che tutti gli oggetti, anche quelli inanimati, siano vivi ed è pertanto portato a formulare pensieri come “il sasso nel fiume sente freddo”). In questo periodo imita tutte le persone che gli sono vicino, in particolare gli adulti. b) Seconda fase (Dai 4 ai 7 anni - Fase del pensiero intuitivo): in questa fase l’animismo infantile si evolve e il bambino proietta solo verso gli oggetti in movimento l’idea che siano vivi (fuoco, fiumi - es. “il sole tramonta perché ha sonno). Sviluppa un pensiero pre-logico intuitivo che porta il bambino ad interpretare le situazioni in base alle caratteristiche presenti momento per momento e non come l’esito di un insieme di processi. Il bambino riesce a percepire gli aspetti quantitativi e qualitativi di un oggetto solo in maniera separata e non contemporaneamente; anche le azioni mentali sono irreversibili perché composte da rappresentazioni mentali isolate. Per questi motivi il bambino non riesce a percepire la conservazione del volume = se gli si mostrano due bicchieri uguali con la stessa quantità d’acqua e poi si versa il contenuto di uno dei due in un terzo bicchiere più alto e stretto, il bambino penserà che in quest’ultimo bicchiere ci sia più acqua rispetto all'altro perché vedrà nel terzo bicchiere il livello dell’acqua più alto. Ciò avviene perché il bambino è incapace di portare avanti due pensieri paralleli (bicchieri della stessa forma- bicchieri di forma diversa). 3) LO STADIO OPERATORIO CONCRETO (Va dai 7 agli 11 anni): In questa fase il bambino acquisisce alcune strutture logiche che gli permettono di compiere varie operazioni mentali interiorizzate e reversibili. L’animismo si evolve ulteriormente: il bambino attribuisce la vita solo agli oggetti dotati di movimento proprio, come ad esempio le onde del mare, e non indotto come quello della bicicletta. L’animismo persiste fino all’adolescenza perché il bambino non è in grado di spiegare determinati eventi attribuendo agli oggetti una volontà propria, seppur in contrasto con le leggi fisiche, morali o sociali. Verso la fine di questo stadio (intorno agli 11 anni) si passa dall’animismo all’artificialismo: tutte le cose sono il risultato dell’opera dell’uomo (es. l’uomo ha creato le stelle e le ha lanciate in cielo; ha creato i laghi scavando grandi fossi e li ha riempiti d’acqua).In questa fase si sviluppa il pensiero induttivo che va dal particolare al generale (es Teddy è un peluche, Teddy è morbido, tutti i peluche sono morbidi). In questa fase è in grado di effettuare operazioni concrete = può manipolare i simboli in modo logico, seppur con ragionamenti strettamente collegati alla realtà. Es. Nel caso dell’esperimento sulla conservazione del volume con bicchieri di forma diversa, il bambino in questa fase comprende che la quantità di acqua nei vari bicchieri è la stessa perché acquisisce i concetti di conservazioni dei materiali e delle quantità. Tra i nove e i dieci anni acquisisce anche il concetto di acquisizione della superficie. Le rappresentazioni non sono più isolate e semplici ma diventano complesse. In questo stadio il bambino si rende conto che l’acqua nel contenitore più alto e stretto è rimasta sempre la stessa. La conservazione è un concetto importante perché serve a dare stabilità al mondo fisico. Ciò è possibile grazie all’acquisizione della capacità di ragionamento e al concetto di reversibilità = riesce a comprendere quando un’azione annulla gli effetti di un’altra inversa; inoltre, ciò consente anche di portare avanti in parallelo due pensieri contemporaneamente. Es. (palla di plastilina-bambini di età diversa; collana lunga perle di legno rosse e bianche).In questo stadio emerge l’acquisizione totale del concetto di causa-effetto = il bambino scopre esperimenta come un vero esploratore che le azioni hanno conseguenze visibili (se il palloncino urta qualcosa di appuntito scoppia).Un altro aspetto fondamentale di questo stadio di sviluppo è il passaggio dall’egocentrismo intellettuale alla comprensione del punto di vista altrui; sviluppa l’empatia e riesce a passare dal concetto di “mio” e “tuo” a quello di “nostro” attraverso il gioco di regole e il gioco di gruppo(giochi da tavola, giochi di squadra) accettando di rispettare le regole che lo caratterizzano. 4) STADIO OPERATORIO FORMALE Va dagli 11 anni all’adolescenza e secondo Piaget chiude lo sviluppo cognitivo. L’animismo infantile è completamente superato: il ragazzo comprende che solo gli umani, le piante e gli animali sono esseri viventi. Diventa inoltre in grado di attuare il gioco del linguaggio, cioè di giocare con le parole. Le trasformazioni che si verificano a livello cognitivo portano ad uno sviluppo esponenziale del pensiero. Il bambino, diventato preadolescente è perfettamente in grado di pensare astrattamente, secondo il sillogismo logico = il pensiero da induttivo diventa deduttivo andando dal generale al particolare (es. Tutti i peluches sono morbidi, Teddy è un peluche, Teddy è morbido). Il preadolescente può riferirsi mentalmente ad oggetti ipotetici (non presenti concretamente alla sua esperienza) e dedurre da essi tutte le possibili conseguenze logiche, perché è in grado di comprendere che alcuni fenomeni sono costituiti da parti separate e dunque scomponibili. Il pensiero formale si svincola gradualmente dalla realtà per lasciare il posto all’immaginazione. In questa fase è presente una nuova forma di egocentrismo detto metafisico caratterizzato dall’esigenza di esprimersi ed emergere. È durante questa fase che si pongono le basi per la definizione della personalità che si completerà durante l’adolescenza. Questo è il momento in cui si definiranno le capacità cognitive, si svilupperanno le capacità di giudizio, la relatività dei punti divista, le operazioni sui simboli e le attività di misurazione. Anche l’egocentrismo sparirà fino al raggiungimento di un equilibrio interiore. 3 LEV SEMËNOVIČ VYGOTSKIJ Teoria socio-culturale o dello sviluppo sociale Confronto con Piaget La teoria socio culturale di Vygotskij (1896-1934) può essere considerata per certi versi complementare a quella di Piaget. Secondo Vygotskij, nello sviluppo cognitivo del bambino incidono in maniera rilevante i fattori socio culturali, fattori che Piaget invece trascurò. Secondo la teoria dello psicologo russo, per un bambino non è sufficiente imparare a pensare in maniera logicamente corretta, deve anche apprendere abilità intellettuali specifiche ed essenziali nella sua cultura di appartenenza. Inoltre, anche Vygotskij come Piaget (che può essere considerato un precursore dell’attivismo pedagogico) riteneva che i bambini cerchino attivamente di scoprire nuovi principi, tuttavia attribuiva maggiore importanza al fatto che molte di queste scoperte sono guidate da persone adulte. Scuola socio culturale. Vygotskij, studiò con attenzione le teorie del cognitivismo, e si dedicò alla psicologia dell’apprendimento e, in un secondo momento, all’analisi critica delle teorie psicologiche del tempo. È il principale esponente nonché fondatore della scuola socio-culturale che vede lo sviluppo della psiche guidato e influenzato dal contesto sociale in cui l’individuo agisce tramite gli “strumenti” che l’ambiente mette a disposizione. Mentre per Piaget la pressione esercitata dall’ambiente non ha alcun effetto sul sistema nervoso del bambino (che impara interagendo da sé con gli oggetti), Vygotskij dichiara che lo sviluppo del pensiero del bambino non procede dalla spontaneità alla scientificità, ma che si sviluppi anche per le pressioni esterne. Concetti spontanei = si sviluppano andando dall’inconsapevole al consapevole (vedere una farfalla e acquisire il concetto di farfalla); Concetti scientifici = si sviluppano dal consapevole allo spontaneo (studiare le farfalle e riconoscere le farfalle). Il concetto spontaneo prepara il bambino all’acquisizione del concetto scientifico e a sua volta il concetto scientifico rende il bambino sempre più consapevole dei concetti spontanei. Ciò non sarebbe possibile senza l’interazione sociale e ambientale. Sviluppo cognitivo Per quanto concerne lo sviluppo cognitivo del bambino, Piaget evidenzia l’esistenza di una serie di quattro stadi evolutivi, laddove il raggiungimento dello stadio successivo avviene per maturazione cognitiva e superamento di quello precedente. Secondo Vygotskij invece lo sviluppo cognitivo avviene tramite la relazione tra età stabili ed età critiche - età stabili = sono quei periodi di vita in cui i cambiamenti sono minimi ma che con l’accumularsi portano alla creazione di - età critiche che consentono il passaggio allo stadio successivo. Queste crisi sono importanti perché, se superate correttamente, garantiscono lo sviluppo cognitivo del bambino. Il Potenziale Per Vygotskij il bambino è dotato di un potenziale che gli permette di acquisire nuove conoscenze nel momento in cui entra in contatto con altri soggetti aventi una maturazione cognitiva e una cultura maggiore di quella posseduta dal bambino. Ne consegue che mentre per Piaget il lavoro pedagogico deve adeguarsi alla maturità cognitiva del bambino, per Vygotskij, al contrario, l’educatore deve lavorare sulle sue potenzialità. La Zona di sviluppo prossimale Importante nelle sua teoria è il concetto di zona di sviluppo prossimale, in base al quale il bambino non è lontano dall’avere le capacità necessarie per eseguire un compito ma questo, rimanendo troppo complesso, necessita dell’altro per essere eseguito. La zona di sviluppo prossimale può essere definita come la distanza tra il livello di sviluppo effettivo (ovvero il livello di sviluppo che attualmente il bambino possiede nel risolvere un compito da solo) e il livello di sviluppo potenziale (ciò che il bambino riesce a fare con l’aiuto di un esperto).La distanza scaturisce da una discrepanza tra comprensione e produzione: il bambino, posto dinanzi ad un problema di livello un po’ superiore alle sue effettive competenze, può riuscire solo a comprenderlo ma non ha risolvere da solo. Se in un secondo momento, il bambino impara a padroneggiare il problema da solo, significa che la competenza è stata interiorizzata e quindi inserita nella zona di sviluppo effettivo del bambino, la quale si amplia includendo quella che in precedenza era la zona di sviluppo prossimale, consentendogli ora di eseguire compiti prima irrealizzabili. A questo punto, all’esterno della zona di sviluppo effettivo si crea una nuova zona di sviluppo prossimale che innescherà una reazione a catena. Grazie alla ripetizione di queste dinamiche lo sviluppo cognitivo del bambino progredisce; è reso possibile dalla continua interazione sociale tra le persone e non per passaggio diretto di conoscenze e informazioni nuove da una persona all’altra. Un processo essenziale è quello che Vygotsky chiama scaffolding (impalcatura) che consiste nella serie di aiuti forniti al bambino dagli adulti per imparare a pensare. Es. Nel loro tentativo di decifrare il mondo, i bambini si affidano molto spesso agli adulti affinché li aiutino a comprendere come funzionino le cose. L’importanza degli stimoli-mezzo nello sviluppo delle funzioni psichiche. Secondo Vygotskij le funzioni psichiche di base si sviluppano grazie alla sequenza stimolo-reazione, ma per quanto riguarda invece i processi psichici superiori inserisce un nuovo elemento, ossia lo stimolo mezzo = è uno stimolo creato dall’uomo, per instaurare un nuovo rapporto stimolo-risposta e per indirizzare il comportamento in una certa direzione (es nodo al fazzoletto per ricordarsi di fare qualcosa. Il nodo è lo stimolo-mezzo che media il rapporto tra il dover fare qualcosa e l’azione in sé). 1. Consapevolezza di se stessi; 2. Dominio di sé 3. Motivazione 4. Empatia 5. Abilità sociale La teoria dell'elaborazione dell'informazione Verso la fine degli anni cinquanta, negli Stati Uniti ed in Inghilterra diversi studiosi si sono interessati ad indagare quali fossero i processi coinvolti nella codifica e nell'immagazzinamento dell’informazione. I ricercatori dell'elaborazione dell'informazione immaginano che il processo avvenga così come accade nei programmi di un ccompute; i diversi studiosi appartenenti a questo filone condividono le seguenti caratteristiche: -tutti ritengono che l'individuo sia uno strumento dell'elaborazione dell’informazione; - lo sviluppo è considerato come un automodificazione -tutti sottolineano che esista una propedeutica analisi del compito -tutti usano una metodologia sperimentale Nella teoria dell'elaborazione dell'informazione si sostiene che l’informazione, appunto, venga raccolta dall'ambiente esterno per essere conservata in diversi registri: nella memoria a breve termine (MBT) e nella memoria a lungo termine (MLT) . Il bambino è considerato un soggetto che attivamente interagisce con l'ambiente e autonomamente sceglie le strategie più economiche per interpretare il mondo che lo circonda e tutte le informazioni in esso contenute. Il ragionamento: è un procedimento che si articola in passaggi e approda ad una conclusione. Nel processo di problem solving, il soggetto raccoglie e seleziona informazioni per arrivare a soluzioni conclusive. Esistono diverse tipologie di pensiero: • Pensiero intuitivo • Pensiero logico • Pensiero produttivo (dopo una intuizione, il soggetto produce una risposta comportamentale) • Pensiero meccanico • Pensiero creativo • Pensiero rigido • Pensiero divergente e pensiero convergente • Pensiero realistico e Pensiero magico • Pensiero estroverso e pensiero introverso Capitolo 3. Le neuroscienze. 1.il rapporto mente-cervello: alla base dell’approccio delle neuroscienze c’è l’idea che esista una relazione intensa e significativa tra biologia e psicologia. Secondo diversi studi antropologici e stando alla teoria di Arnold Gehlen, l’uomo ha una certa “debolezza” rispetto agli altri animali e per sopravvivere in natura a dovuto attivare una mediazione cognitiva: insomma, grazie alla capacità umana di creare oggetti e di modificare l'ambiente circostante in base ai propri bisogni, siamo arrivati fino ad oggi. In questo senso, la specie umana è quella che è maggiormente segnata dal fenomeno dell'apprendimento. Per la psicologia è interessante analizzare: a. Le caratteristiche della natura umana in quanto dotata di capacità tecnica; b. Le trasformazioni della natura umana prodotte dall’intervento di strumenti tecnologici, quali computer, televisori, radio, dispositivi audio eccetera eccetera; c. Il rischio che la tecnica domini il mondo naturale. A partire dalla metà del 900, gli studi interessati alla conoscenza dell'uomo hanno voluto indagare, dunque, la relazione esistente tra il cervello e le macchine, tra intelligenza umana e intelligenza artificiale, tra natura e apprendimento. in generale, possiamo dire che tale filone consti di due discipline che hanno tentato di rintracciare delle analogie tra mente e corpo: • Le neuroscienze, che approfondiscono la struttura fisica del cervello per analizzarne il funzionamento; • La psicologia, che si occupa del comportamento umano analizzandone i processi mentali attraverso la ricerca sperimentale. La psicologia cognitiva, in particolare, si giova dell'apporto della cibernetica e dell'intelligenza artificiale. Tra gli argomenti più importanti di cui si occupano le neuroscienze c'è a. il funzionamento dei neurotrasmettitori nelle sinapsi; b. Il funzionamento delle strutture neurali di altri organismi; c. Il modo in cui i geni contribuiscono allo sviluppo durante l'esistenza umana; d. I meccanismi biologici attraverso cui si realizza l'apprendimento. Rispetto, invece, alla psicologia cognitiva-o cognitivismo- possiamo dire che il suo obiettivo principale sia quello di stabilire una connessione tra i comportamenti e le capacità cognitive negli esseri umani e di arrivare ad una riproduzione di questi in sistemi artificiali. La psicologia cognitiva va intesa come uno dei più importanti movimenti della psicologia contemporanea; essa sostiene che la mente umana funzioni elaborando attivamente informazioni che Raccoglie dall'ambiente esterno attraverso gli organi sensoriali. Fatto innovativo è che nell'approccio cognitivista il soggetto viene inteso come attivo, capace, cioè, di selezionare le informazioni presenti nella realtà che lo circonda (teoria del filtro) e di rielaborarle sulla base della propria struttura di personalità, del proprio contesto socio-culturale, dei propri bisogni…. A Neisser dobbiamo la prima formulazione teorica della psicologia cognitiva, che si concentra, dalle origini ad oggi, sullo studio di processi mentali quali la percezione, l'attenzione, la memoria, la vigilanza, il ragionamento e, soprattutto, il linguaggio. In estrema sintesi, idea a cui, dopo gli studi brevemente esposti, si è Giunti è che non bisogna dividere studio del corpo e studio della mente, ma piuttosto è opportuno approfondire il complesso sistema mente-corpo. La convinzione di fondo è che il modo in cui un pensiero si determina dipende sia dalla struttura cerebrale geneticamente determinata di un individuo, sia dall'influsso culturale dell'ambiente esterno sul cervello. Le ricadute sulla formazione degli studi delle neuroscienze Le conoscenze derivate dall’approccio neuroscientifico su esposto, non possono non avere delle ricadute sulla programmazione di strategie di formazione, che devono tener conto del fatto che esiste una interazione continua e reciproca tra organismo e ambiente esterno. In tal senso, dunque, sarà opportuno che l'offerta formativa per l'infanzia preveda la predisposizione di spazi all'interno dei quali sia possibile, per il bambino, un esercizio del pensiero che permetta di realizzare al meglio le proprie potenzialità. Inoltre l'offerta formativa dovrà essere tempestiva, dovrà cioè inserirsi all'interno di quei "periodi critici" così tanto fertili per l'apprendimento di alcune competenze. L'offerta formativa deve saper valorizzare le differenze, offrendo stimoli adeguati sia per coloro che abbiano spiccata propensione e capacità, sia per coloro che manifestino bisogni educativi speciali. La qualità dell'offerta formativa si basa soprattutto sulla consapevolezza che gli stimoli provenienti dall’esterno potranno favorire una migliore espressione del potenziale umano. Sarà opportuno promuovere un pensiero ecologico, un pensiero, cioè che parta dall’assunto di base secondo cui l'uomo si sviluppa in quanto nel proprio codice genetico È scritto il processo evolutivo, ma anche perché inserito nel proprio ambiente di vita da cui riceve stimoli e a cui dà risposta. I neuroni specchio e gli studi di Rizzolatti Un contributo di enorme importanza è stato dato alle neuroscienze dal nostro ricercatore Giacomo Rizzolatti. Lo studioso, insieme ad un gruppo di collaboratori, ha effettuato esperimenti di laboratorio, giungendo a conclusioni interessantissime. All’interno del laboratorio si è, infatti, osservato che nel momento in cui uno dei ricercatori faceva qualcosa-ad esempio mangiava un gelato o delle noccioline- nella scimmia di laboratorio cui era stato impiantato un chip cerebrale, si verificavano delle scariche improvvise, a segnalare un aumento dell'attività cerebrale. Ciò significava che, sebbene la scimmia non mangiasse lei stessa il gelato né le noccioline, Era come se lo stesse facendo, anche solo guardando lo sperimentatore che compiva tali azioni. Rizzolatti concluse, pertanto, che nell’uomo e in altri animali esistono neuroni specchio, ovvero delle cellule cerebrali che si attivano sia quando si compie un'azione sia quando la si vede compiere da terzi e che ci permettono di anticipare le altrui intenzioni Capitolo 4 Lo sviluppo del linguaggio LO SVILUPPO DEL LINGUAGGIO 1. Teoria sullo sviluppo del linguaggio Il linguaggio è la capacità di associare suoni e significati per mezzo di regole grammaticali. Impararei a parlare è la caratteristica tipica dell' uomo. Burrhus Frederic Skinner (1904-1990) i soggetti apprendono a parlare tramite rinforzi e punizioni, quindi attraverso il condizionamento operato dagli adulti. La sua teoria, dunque, prevede che il piccolo impari a parlare grazie agli stimoli offerti dagli adulti di riferimento; la sua teoria è stata molto criticata perché riduce il bambino a soggetto puramente passivo. La teoria innatista di Chomsky (Philedelfie 1928) sostiene, invece,che la lingua è una facoltà innata, in quanto possediamo già scritte nel nostro codice genetico regole complesse, ovvero una grammatica mentale, la quale poi si concretizza nei primi anni di sviluppo in maniera naturale e spontanea, senza che intervengano necessariamente stimoli esterni-come invece è previsto da Skinner. Esistono due facoltà specifiche: Lo studioso ha mostrato agli abitanti del mondo, appartenenti alle culture più disparate, persino a membri di tribù primitive, tali immagini ed ha scoperto che tutti gli individui intervistati riuscivano ad individuare correttamente le sei espressioni che rappresentavano le sei emozioni universali, appunto. Esse sono: Gioia, paura, tristezza, rabbia, disgusto, sorpresa. Paul Watzlawick ha invece definito quelli che sono i cinque assiomi della comunicazione, il più noto dei quali è certamente quello secondo cui "non si può non comunicare" La prossemica. Si deve ad Edward Hall lo studio e la definizione di quelle che sono le regole prossemiche, ovvero di quelle regole che spontaneamente dirigono la distanza tra gli interlocutori durante l'atto comunicativo. Esiste infatti una distanza intima (da 0 a 45 cm, è tipica quando la comunicazione avviene tra Persone che abbiano un profondo legame emotivo in quanto implica il contatto fisico); C'è poi la distanza personale (va dai 45 ai 120 cm ed è tipica delle comunicazioni che si verificano tra familiari ed amici); la distanza sociale-dai 120 ai 360 cm- è quella che intercorre tra persone che si trovino in situazioni formali, come ad esempio a scuola o al lavoro; infine la distanza pubblica va dai 360 cm in su ed è un tipo di distanza che si mantiene nei contesti estremamente formali, pubblici appunto, in cui spesso gli interlocutori non si conoscono. La cinesica è invece quella disciplina che studia la gestualità, giacché nella comunicazione non verbale (oltre alla mimica facciale, alle distanze prossemiche e dalla prosodia - ritmo dell’eloquio, tono di voce, pause, timbro di voce…) - hannoun ruolo fondamentale anche i gesti, che possono essere di accompagnamento dell'espressione verbale. 5. sviluppo psicodinamico, sociale ed emotivo Le teorie psicoanalitiche di FREUD e di ERIKSON hanno apportato un notevole contributo alla psicologia dello sviluppo, centrando il lavoro sulla ricerca del comportamento umano e animale, specialmente volendo comprendere quali siano le spinte interiori che attivano e Guidano un organismo al raggiungimento di una meta. Insomma, maggiormente ci si è concentrati sullo studio delle motivazioni. SIGMUND FREUD è un neurologo e psicoanalista austriaco. Fondatore della psicoanalisi, ritiene che durante i primi anni di vita vengano gettate le basi per la costruzione della personalità del soggetto adulto, che si sviluppa attraverso i vari tentativi, utili o frustranti. effettuati per affrontare quei conflitti intrapsichici che gradualmente si incontrano: I conflitti che l'individuo deve fronteggiare si manifestano come sequenza invariante e dipendono dalla capacità del soggetto di scaricare in maniera adeguata l'energia pulsionale su oggetti esterni o interiorizzati; tale energia pulsionale si concentrerà su specifiche zone del corpo, che cambiano a seconda della fase dello sviluppo dell’individuo. Le fasi evolutive invariate descritte da Freud sono 5: Fase orale (0-18 mesi): è rappresentata dall'attività della suzione; fonte di piacere e nutrimento. La parte del corpo privilegiata per scaricare la pulsione è la bocca; Fase anale (18 m - 3 anni): è quella in cui l’ano -o meglio la capacità di controllare gli sfinteri - rappresenta il luogo più importante dei desideri e degli appagamenti sessuali: Fase fallica (3-5 anni): è quella in cui l'unico organi conosciuto, sia dal maschio che dalla femmina è il "fallo" che crea opposizione tra i due sessi (complesso di castrazione, invidia del pene, complesso edipico…); Fase di latenza (6-12 anni) è la fase in cui la sessualità appare sopita o spostata verso attività considerate più accettabili; Fase genitale (12-14anni) è caratterizzata dalla trasformazione che avviene nella pubertà; lo sviluppo della libido porta il soggetto ad organizzare in maniera più consapevole la propria libido, concentrandosi sui genitali. Erik Erickson Anche la teoria di Erickson parte dal presupposto secondo cui lo sviluppo dell'essere umano avviene per fasi, ma l'innovazione della sua teoria sta nel aver descritto fasi evolutive oltre la fanciullezza: secondo l’autore, infatti, l’evoluzione umana inizia dal momento della nascita e si conclude con la morte dunque esistono fasi di sviluppo anche nell’età adulta. Inoltre Erickson nella sua teoria da un maggiore risalto alla dimensione psicosociale. Erickson descrive otto fasi di sviluppo, sintetizzate nello schema che segue Come si può vedere, ad ogni fase evolutiva corrisponde una crisi psico-sociale; inoltre, a seconda della fase di sviluppo in cui l'individuo si trova, Esso entrerà in relazione con specifiche figure ed attiverà modalità relazionali adeguate alle diverse fasi. La psicoanalisi infantile post-freudiana Anna Freud e Melanie Klein L’interesse mostrato per la psiche infantile e per quelli che sono i processi di maturazione psico emotiva ha dato impulso ad una serie di ricerche e studi assai interessanti. Anna Freud, figlia del padre della psicanalisi, affronta direttamente il problema delle nevrosi infantili: la studiosa pone l’accento sulle vie di fuga del Io quando questo incontra l'angoscia causata dalle repressioni della morale, della realtà e della pulsione stessa. Secondo Melanie Klein, il gioco è lo strumento privilegiato attraverso cui osservare le fantasie e le angosce più intime e profonde del bambino, perciò essa utilizza tale strumento anche nell’ambito terapeutico, predisponendo spazi e creando situazioni all’interno del quale il piccolo possa giocare e, quindi, esprimere la propria interiorità più profonda. Nella psiche del bambino convivono "oggetti buoni" (quelli che lo gratificano e lo rassicurano e di cui va continuamente alla ricerca) e "oggetti cattivi" (quelli da cui si sente minacciato e di cui, perciò ha paura e vuole evitare). Le modalità attraverso cui il Piccolo si relaziona agli oggetti, sono definite dalla Klein "posizioni". Nella posizione "schizoparanoide" il bambino deve affrontare un profondo sentimento d'angoscia, derivante dalla divisione tra oggetti buoni e cattivi l; solo dopo il quarto mese di vita, quando giunge alla posizione “depressiva”, il bambino è in grado di percepire la totalità dell’oggetto, e quindi di comprendere che la propria mamma è, insieme, l’oggetto buono e l’oggetto cattivo. Heinz Kohut Secondo la statunitense Kohut, il bambino nasce con un sé psichico originario, il quale dovrà giungere ad una coesione. È la relazione con l’altro che aiuterà il bambino a raggiungere questo stato di coesione attraverso due specifiche funzioni: 1. La funzione speculare 2. La funzione idealizzante Donald Winnicott Donald Winnicott studia l'influenza dell'ambiente nello sviluppo del soggetto che si esprime nella relazione di legame e separazione tra madre e bambino. Il punto di partenza è la prima immagine materna di cui il neonato percepisce una sorta di mamma-ambiente. E' il cosiddetto holding, ovvero il complesso delle cure materne che garantiscono una "continuità d'essere" per il bambino, uno spazio dove poi inizia ad entrare l'ambiente esterno tramite il gioco, del quale fanno parte i primi oggetti transizionali (quegli oggetti, cioè, che si inseriscono tra il bambino e la mamma e che aiutano il piccolo a gestire il processo di separazione dalla figura materna). Dalla fase fusionale si passa a quella soggettiva, dove si scopre il mondo degli oggetti, i quali inizialmente sono "oggetti soggettivi". La figura materna quindi avrà il compito dapprima di stimolare l'illusione del bambino: la madre infatti, ripetendo comportamenti e gesti in maniera rituale, darà al piccolo l’illusione che la realtà esterna si manifesti a lui come per magia ,(ad esempio, al suo pianto la madre si concretizzerà davanti a lui e lo aiuterà a calmarsi) e a seguito di disilluderlo, per attivare la transizione verso la sua potenzialità simbolica, verso, cioè la sua soggettivitá; una dimensione di "prassi ludica". Esistono per Winnicott due Sé, uno vero e uno falso. Il vero Sé comprende tutto ciò che di vivente esiste nel soggetto; Esso viene costruito grazie alla presenza della madre nella dinamica prima descritta. Inoltre il vero sé diventa tale solo in seguito alla ripetizione delle risposte della madre, che diventano poi autonomi nel bambino. Presa coscienza dei suoi impulsi, esso però teme di andare in frantumi. Per proteggersi da questa angoscia, il piccolo crea un concetto in negativo: il falso sé. Il falso sé agisce adeguandosi alla realtà esterna, corrisponde alla dimensione superficiale e sequenza ordinata di strutture concentriche inserite l'una nell' altra, che egli identifica come micro sistema, meso sistema, macro sistema: all'interno di ognuna di esse il ruolo è dato dal complesso delle attività e delle relazioni delle persone facenti parte di un determinato contesto sociale e da ciò che viene posto in essere da altri nei confronti di tali persone. Pertanto la crescita del bambino risulta agevolata dall'interazione con individui che assumono ruoli diversi, in quanto è il bambino stesso ad interagire con diversi ruoli , in modo da costruirsi una nuova identità. 4. Teorie dello sviluppo emotivo L'emozione è la reazione fisica e psichica con cui un soggetto risponde sia alle situazioni reali nelle quali viene a trovarsi, sia alle proprie elaborazioni mentali, a ciò che sta pensando, Con le emozioni si comunica, si trasmette agli altri il proprio Stato d'animo: un esempio è rappresentato dalle espressioni del viso. Molte espressioni mimiche hanno origine genetica: alcuni esperimenti effettuati con soggetti di diverse etnie hanno provato che esiste una sostanziale conformità nel modo di manifestare le emozioni attraverso la mimica. 4.1 La teoria di Sroufe Lo psicoanalista americano Sroufe è il principale esponente della teoria della differenziazione emotiva, secondo cui l'individuo possiede fin dalla nascita un corredo emotivo indifferenziato e le emozioni si differenziano con lo sviluppo dell'individuo stesso. Sroufe descrive 8 stadi per lo sviluppo delle emozioni, passando da una eccitazione indifferenziata a una differenziazione delle emozioni: Primo stadio: il bambino grazie ad un meccanismo di difesa è invulnerabile agli stimoli esterni. ln questo periodo appaiono i precursori delle emozioni, come il sorriso senza valore sociale ad esempio durante il sonno, il dolore che si esprime col pianto, il pianto rabtioso. Secondo stadio (fino al 3° mese): il bambino Si apre al mondo esterno e dventa sensibile alle stimolazioni ad esempio attività motoria e vocalizzi. Terzo stadio (dai 3 ai 6 mesi): inizia col sorriso sociale. ln questa fase, comincia a distinguere il mondo interno dal mondo esterno e inizia una vita emotiva a tutti gli effetti: piacere, disappunto, rabbia e circospezione sono vere e proprie emozioni perché un contenuto cognitivo. Quarto stadio (dai 7 ai 9 mesi): C’è una sempre più ampia differenziazione delle emozioni: gioia, paura, rabbia, sorpresa. Quinto stadio (dai 9 ai 12 mesi): è definito il periodo dell'attaccamento in cui si stabiliscono profondi rapporti emotivi tra il bambino e le persone che se ne prendono cura e l'espressione delle emozioni diventa altamente raffinata. Sesto stadio (fra i 12 e i 18 mesi): è lo stadio delle sperimentazione, in cui il bambino inizia ad esplorare l'ambiente e a sperimentare la separazione. Settimo stadio (da 18 a 36 mesi): dalla tensione fra attaccamento e separazione ha origine lo sviluppo della coscienza del Sé e delle corrispondenti emozioni, come l'affetto per se stessi, la vergogna e tutte le emozioni che richiedono Io sviluppo dell’autocoscienza; Ottavo stadio (dai gai 5 anni): iniziano le espressioni di emozioni complesse e il bambino comprende le conseguenze delle sue emozioni, iniziando a modularle e a nasconderle. La teoria di Carroll Izard Lo statunitense contemporaneo Carol Izard elabora la teoria differenziale, stando alla quale il bambino possiede sin dalla nascita un corredo emotivo, costituito da emozioni fondamentali quali la rabbia, la tristezza, la gioia e il disprezzo. Inoltre, secondo tale teoria l'esperienza dell'individuo e l'espressione facciale di ogni emozione resterà permanente dalla comparsa per tutto l'arco dell’esistenza. Le emozioni, poi, secondo Carroll sono regolate dal sistema nervoso centrale, il sistema autonomo ha soltanto un ruolo ausiliario nella manifestazione emotiva;. Infine le emozioni con valore adattivo hanno una base innata. Bandura e il rinforzo sociale Lo psicologo canadese Albert bandura condusse i propri studi su l’influenza che i mass media anno sullo sviluppo di bambini in età prescolare. Egli prese tre gruppi di soggetti; al primo gruppo mostrò un filmato in cui un bambino picchiava una bambola e, per questo suo comportamento, veniva poi premiato; al secondo gruppo di soggetti sperimentali, invece, mostrò un filmato in cui il soggetto picchiava la bambola, ma veniva per questo punito; infine, al terzo gruppo venne mostrato un filmato in cui un bambino giocava tranquillamente con la bambola. Alla fine dell’esperimento, il ricercatore lasciò i bambini liberi di giocare e notò che i piccoli del primo gruppo manifestavano, durante il gioco, livelli di aggressività ben superiori a quelli medi; i bambini appartenenti al secondo gruppo sperimentale mostravano di avere, durante le attività ludiche, un’aggressività inferiore alla media, mentre quelli del secondo gruppo, durante il gioco, risultavano avere condotte assolutamente dentro la media mondiale. Bandura dimostrò che il rinforzo sociale ha effetti evidenti sulla condotta dei bambini e che le condotte aggressive vengono favorite se i comportamenti violenti vengono premiati dall’adulto. 6 Creatività e pensiero divergente La dimensione creativa dell’apprendimento Che cos'è la creatività? Potremmo dire che la creatività È un processo caratterizzato da intuizioni, originalità nell’ idea, capacità di sintesi e di analisi, abilità di definire e strutturare in maniera innovativa le proprie esperienze e conoscenze, oltre che capacità di intendere in maniera insolita e personale i dati della realtà. Già Freud aveva cercato di comprendere, attraverso l’analisi delle opere degli artisti, quale potesse essere il processo creativo da cui derivavano appunto le opere d’arte. per Freud il talento e l'abilità artistica sono intimamente legate al processo di sublimazione: il processo creativo costituirebbe, cioè, il ponte tra la vita inconscia del bambino e la realtà. Donald Winnicott ritiene, invece, che “vivere creativamente sia una condizione di sanità”, giacche egli intende la creatività come una funzione dell’attività sana degli individui Ed assegna ad essa una funzione Vitale, ritenendo che la creatività fa sì che l’individuo abbia l’impressione che la vita valga la pena di essere vissuta. Secondo Winnicott, poi, è all'interno dell'area del gioco che il bambino può fare esperienza di creatività, un’esperienza al limite tra illusione e realtà, tra mondo interiore e mondo reale, un’area all’interno della quale il piccolo esprime la propria interiorità più intima. Il "pensiero laterale" e il "pensiero verticale" Ad elaborare la teoria del “pensiero laterale” è Edward de Bono. Il pensiero laterale è quello, diciamo così, più illogico-almeno in apparenza-da poter essere distinto dalle "pensiero verticale". Il pensiero verticale è logico, selettivo e sequenziale; il pensiero laterale è generativo di nuove idee e di nuovi concetti, esplorativo può “fare dei salti” e consente di essere creativi . Insomma, il pensiero laterale può essere inteso come una forma strutturata di creatività che può essere utilizzato volutamente; le tecniche in cui viene utilizzato il pensiero laterale sono, ad esempio, la ricerca di alternative; l'entrata casuale (generazione di nuove idee a partire da input casuali) e la provocazione, consistente nel produrre idee sotto forma, a punto di provocazione, come punto di partenza per generarne di nuove, più innovative e che seguano nuovi punti di vista. Tecniche metacognitive "Siamo sempre la stessa persona se indossiamo diversi cappelli?" Sempre Edvard de Bono ci parla dei sei cappelli per pensare; si tratta di una tecnica metacognitiva utile per scoprire il flusso di pensieri che si affolla nella nostra mente, permettendoci di esaminare le questioni sotto differenti aspetti. La tecnica può essere utilizzata dal singolo individuo; dal gruppo; nelle esercitazioni di problem solving e/o nella gestione delle riunioni in maniera creativa. Ecco nel dettaglio La tecnica del cappello per pensare • Cappello bianco: analisi dei dati, raccolta di informazioni precedenti e di elementi utili alla soluzione di un problema. Pensare con il cappello bianco significa essere analitici, neutrali, razionali ed obiettivi; • Cappello rosso: pensare con il cappello rosso significa seguire le proprie emozioni, le espressioni più istintive e liberatorie, essere intuitivi e creativi; • Cappello giallo: quando si pensa con il cappello giallo si rilevano gli aspetti positivi, i vantaggi, le opportunità di una data situazione; si guarda insomma hai vantaggi e ai benefici che possono conseguire ad una scelta punto Il pensatore con il cappello giallo sogna e si diverte a fantasticare, mantenendo, però i piedi per terra C'è poi il cappello nero (si colgono gli aspetti negativi e svantaggiosi di una data decisione; se si guarda ai costi. Il pensiero col cappello nero è sempre logico-negativo, ma non emotivo), il cappello verde e il cappello blu. Il"pensiero convergente" e il "pensiero divergente" Pensare, implica una produzione autonoma di idee e una filtrazione dei dati proveniente dall'esterno. Le componenti emotive intervengono al momento di compiere una scelta, nella creazione di nuove idee e quando un'intuizione viene modellata e raffinata fino ad assumere le sembianze pure e razionali dell'idea. Uno degli approcci possibili alla questione, consiste nel vedere la creatività come un modo particolare di pensare che rompe i modelli esistenti, introducendo qualcosa di "nuovo"; da qui nasce il PENSIERO DIVERGENTE, inteso dallo psicologo Guilford, come espressione strettamente connessa all'atto creativo. E. GUILFORD Lo studioso, asserisce che il pensiero divergente è la capacità di produrre una gamma di possibili soluzioni alternative per una data questione, in particolare, per un problema che non aumentando l'interazione e, quindi la conoscenza di membri di gruppi appartenenti a culture diverse, si offre l’opportunità di raccogliere informazioni più realistiche, di conoscere meglio "l'altro" e, conseguentemente, di comprendere. Un concetto ampiamente indagato nella psicologia sociale e strettamente connesso a quello di “pregiudizio” lo stereotipo, uno schema mentale rigido, culturalmente costruito e mantenuto, fatto di ipergentneralizzazioni. Mentre il pregiudizio è un atteggiamento e dunque attiene alla dimensione emotiva, lo stereotipo è un costrutto mentale ed attiene, quindi, alla dimensione cognitiva. Persuasioni e influenza sociale La persuasione è il tentativo volontario di influenzare credenze, atteggiamenti, intenzioni, motivazioni o comportamenti di una persona. Lo psicologo statunitense Cialdini ha concluso che Esistono 6 elementi fondamentali che possono facilitare la persuasione: 1. Reciprocità: tendiamo a ricambiare un favore fatto seguendo la norma di reciprocità. 2. Somiglianza: quanto maggiore è la somiglianza tra target della persuasione e il persuasore, tanto maggiore è la probabilità che la persuasione avvenga. Le somiglianze di valori, personalità (ma anche fisiche) hanno un peso assai elevato nei processi persuasivi. 3 Autorità: tendiamo ad eseguire con maggiore probabilità i suggerimenti e/o i comandi che provengano da fonti ritenute autorevoli. 4. Riprova sociale: tendiamo a riprodurre comportamenti Prodotti da altri soggetti appartenenti al nostro contesto socio-culturale; 5. Simpatia: tendiamo ad essere maggiormente influenzati dalle persone per cui proviamo simpatia; si è infatti visto che le emozioni positive hanno potere di persuasione; 6. Scarsità: Attiene alla presenza di un bene percepito come scarso, potenzialmente non disponibile. La scarsità determina una sensazione di urgenza che porta ad aderire ad un certo pensiero ritenuto funzionale all'ottenimento dell'oggetto. Definizione di leadership e psicologia delle folle Il docente universitario statunitense Yukl definisce la leadership come processo di influenzamento degli altri finalizzato a capire e creare consenso su cosa c'è bisogno di fare e sul come farlo. Vitale ha riassunto la storia della leadership sottolineando i cambiamenti che questo costrutto ha vissuto nella sua storia. Inizialmente il costrutto di leadership aveva un'accezione negativa, il gruppo era considerato sede dell'irrazionalità, I primissimi teorici del costrutto non risparmiano infatti descrizioni negative dell’essere umano in gruppo, per esempio Trotter scrive: "la razza umana è più sensibile alla voce del gregge che a qualsiasi altro tipo di influenza". 5.1 1 processi di gruppo Anche le prime teorizzazioni psicoanalitiche descrivono le dinamiche di gruppo come un fenomeno che riduce le capacità intellettive. Per Freud i principali processi di gruppo nei confronti del leader Proiezione dell'Io sul leader sono: • Identificazione con il leader. • Minor funzionamento deIl' lo. • Emersione dei primitivi, stimolati dalla comunicazione del leader. • Regressione di gruppo, • Sviluppo di relazioni oggettuali primitive. Anche in seguito, lo psicoanalista britannico Bion sviluppò una teorizzazione sui 3 assunti emotivi del gruppo: Assunto di dipendenza: tendenza del gruppo a percepire il leader come Onnipotente; ma quando il leader non soddisfa più questo ideale, il gruppo reagisce prima con un meccanismo di difesa/negazione, poi con svalutazione e ricerca un nuovo leader. Assunto di lotta-fuga: caratterizzato dalla coesione del gruppo nei confronti di un nemico esterno; Assunto di accoppiamento: i componenti del gruppo rivolgono l'attenzione su una coppia all'interno del gruppo con la promozione di un'aspettativa positiva. Kemverc è tra i primi autori a proporre una concezione della leadership anche positiva e matura, L'autore ne identifica alcuni tratti salienti: Intelligenza; Onestá personale e incorruttibilità; Capacità di stabilire e mantenere relazioni oggettuali profonde…. 5.2 la teoria del grande uomo e la teoria dei tratti La teoria del grande uomo è una teoria di fine 800/primi 900 e sostiene che il successo di un leader sia frutto di caratteristiche interne e stabili del leader stesso. Si è proceduto, vista la datazione della teoria, a condurre studi più moderni attraverso i quali si è concluso che effettivamente esistono dei tratti correlati alle abilità di leadership: il leader è estroverso, dominante, intelligente ed ha una elevata intelligenza emotiva. La teoria situazionale Offre l'ipotesi secondo cui la leadership è una funzione del contesto: essa dipende, cioè dalla situazione in cui un dato gruppo si trova e per questo non è possibile identificare un leader efficace, che "funzioni bene" in ogni gruppo sociale e nelle diverse culture. Secondo l'approccio transazionale le relazioni tra leader e componenti del gruppo sono bidirezionali: così come il leader può influenzare i membri del gruppo, anche il gruppo influenza il leader mediante le proprie esigenze e richieste. L'innovazione di Italia approccio sta nell'aver superato una visione individualista (tipica della teoria dei tratti) e ambientalista (propria della teoria situazionale), riportando l'attenzione sullo scambio tra le persone. Il potere La psicologia sociale definisce il potere come "il grado potenziale di influenza di una persona Su un’altra; si rileva tramite la massima influenza potenziale ". 6. Dinamiche di gruppo Possiamo definire il gruppo come "un certo numero di individui che interagiscono l'uno con l'altro con regolarità. È proprio la regolarità che tiene insieme i partecipanti, offrendo loro un senso di appartenenza e di identità sociale, definita da Tajfel l’identità legata alla conoscenza dell'appartenenza dell'individuo a certi gruppi sociali ed ai significato. emozionale e valutativo che risulta da tale appartenenza. L'identità sociale non è data una volta per tutte, può variare nel tempo e da essa dipendono tutta una serie di processi psicosociali quali la coesione, la cooperazione, la leadership.. . Caratteristiche descrittive del gruppo psicologico I membri di un dato gruppo hanno obiettivi comuni; condividono regole, credenze e tradizioni; sono influenzati da atteggiamenti e condotti degli altri membri e hanno tra loro un legame di interdipendenza dinamica. Aspetti positivi interni a gruppi sociali sono: la cooperazione; la coesione; la leadership. Per "cooperazione" si intende il grado in cui i componenti di un dato gruppo agiscono in modo tale da trarre mutuo vantaggio, avendo un obiettivo comune. Con la parola "coesione" ci si riferisce a quella proprietà di un gruppo di generare e conservare il sentimento di appartenenza nelle persone membri del gruppo stesso; Effetti negativi delle dinamiche di gruppo Quelli su esposti, ovvero il senso di appartenenza, la cooperazione, l'identità sociale, la collaborazione... Sono tutti elementi caratterizzanti i gruppi sociali e che li connotano di una valenza positiva. ma il gruppo ha in sé anche degli aspetti negativi: ad esempio, nel gruppo si realizza una depersonalizzazione tale per cui i membri di un dato gruppo giudicheranno soggetti appartenenti ad un altro gruppo non sulla base delle caratteristiche e delle qualità del singolo individuo, ma semplicemente perché ritenuto "diverso”; Inoltre, all'interno di un gruppo si crea una diffusione di responsabilità, così che se si commette un infrazione in gruppo, le persone tenderanno a non riparare il danno compiuto, proprio perché ognuno si aspetta che possa farlo un altro. È inoltre possibile che si creino atti di bullismo o che si verifichi il cosiddetto group thinking (pensiero di gruppo) che comporta la riduzione della discussione di gruppo e del confronto, annullando la normale dialettica che può favorire il pensiero critico e, dunque, la presa di decisioni efficaci. Sezione 2 pedagogia, apprendimento e didattica 1. Fondamenti di pedagogia Pedagogia, educazione e formazione Possiamo intendere la pedagogia come la scienza o il complesso di scienze e dei saperi relativi all’educazione. A sua volta, il concetto di educazione attiene a quel processo formativo che consiste nel "tirar fuori”- e non mettere dentro- ciò che ognuno di noi possiede in varie forma e in varia misura. "Educare" significa guidare il soggetto verso l’espressione più completa della propria interiorità, delle proprie attitudini, delle proprie inclinazioni, dei propri affetti e delle proprie emozioni. Diverso è il concetto di formazione, col quale ci si riferisce al complesso degli eventi in grado di esercitare un influenza globale - dunque non solo cognitiva, mentale, culturale, ma anche sociale ed affettiva -sull’individuo. I processi educativo-formativi all'interno del contesto scuola devono coinvolgere contemporaneamente tutti gli aspetti di cui l'individuo è fatto: l’aspetto psichico (riguarda la dimensione soggettiva, l’interiorità, la cognizione e le emozioni del singolo), l'aspetto etico (riguarda il comportamento e le relazioni con l’altro) e l'aspetto sociale (attiene allo scambio tra soggetto e ambiente esterno). 2. Sviluppo dell'identità personale E' necessario sviluppare al massimo grado possibile la propria identità sociale, psichica e la propria visione del mondo. Da punto di vista teorico c'è sempre stata una divisione interna alla pedagogia. Le teorie sociocentriche appiattiscono il sapere individuale su quello collettivo, mentre quelle individualistiche fanno ll contrario, sottolineando il valore del sapere individuale su quello collettivo. Oggi si cerca di trovare un di incontro per valorizzare sia la cultura di provenienza, sia l'autonomia critica di pensiero individuale. 3. Pedagogia come metodologia scientifica La pedagogia ha degli aspetti generali che sono: I fini e gli scopi dell'educazione L'attivismo di John Dewey: la teoria pedagogica del filosofo e pedagogista americano rappresenta, nel suo insieme un momento rivoluzionario della metodologia educativa, giacché offre una risposta concreta al mutamento sociale e culturale prodotto dalla rivoluzione industriale: i bambini apprendono gli aspetti elementari del leggere, dello scrivere e del Fare di conto tramite i lavori domestici, agricoli e artigianali. Il lavoro viene considerato come uno strumento di formazione. Secondo questo approccio, l’allievo può svolgere attivamente la propria “e professione” di alunno, mentre l'educatore ha la funzione di guidare e stimolare l'espressione infantile, senza imposizione e forzatura La svolta di Maria Montessori Con le “rivoluzioni” di Maria Montessori l'Italia si colloca tra i paesi maggiormente attivi in Europa rispetto alla concezione pedagogica. La studiosa elabora un metodo pedagogico avente una netta impostazione scientifica. Secondo Maria Montessori, l’errore più grande Fino ad allora commesso dai teorici dei nuovi approcci pedagogici era quello di studiare l’infanzia partendo dal punto di vista dell’adulto. La Montessori rivaluta e studia quella che lei stessa definisce "l'energia latente di ogni individuo", un'energia che si forma secondo modalità autonome e che può essere stimolata, ma non certamente generata da interventi didattici programmati (posizione simile a quella di Piaget). Dunque, la vera educazione è soltanto l'autoeducazione, la pedagogia può impegnarsi ad offrire mezzi preparatori ed ausiliari per la realizzazione di un autentico io interiore, già naturalmente esistente. È dunque necessario apportare un radicale mutamento nella prospettiva pedagogica tradizionale: Punto chiave iniziale sarà l'allestimento di un ambiente totalmente innovativo, che la Montessori chiamò casa dei bambini. Un ambiente dotato di autonomia istituzionale ed educativa, una sorta di micro istituzione sociale per l'infanzia, costruito su misura per i più piccoli. Gli spazi fisici, appunto, dovranno essere "a misura di bambino", privi del tradizionale arredamento scolastico, collocati nel tessuto urbano, con un numero di classi ridotto, i suppellettili devono essere scientificamente fabbricati, nel rispetto delle dimensioni fisiche dei bambini (piccoli spazi, piccole sedie, armadietti….), L’aula deve essere una vera e propria sala di lavoro, in cui non deve essere più presente il banco. In questa nuova scuola, a misura di bambino, la cura dell'igiene dei locali viene affidata agli stessi bambini. L’educazione sensoriale ln questo ambiente nuovo, assume una funzione centrale il materiale didattico, ideato con funzioni esplicite di sviluppo cognitivo, Siamo al cuore della teoria montessoriana: poiché la psiche infantile deve essere considerata come un'attività energetica ritmata dalla comparsa e dallo sviluppo di particolari periodi di fertilità cognitiva, detti periodi sensitivi, occorre garantirne lo sviluppo, offrendo al bambino la possibilità di auto controllarsi, nel suo processo di crescita, e di auto-educarsi in piena libertà. L'ambiente va pertanto considerato come la totalità degli oggetti e dei materiali prescelti per stimolare la sensibilità infantile. Nel metodo montessoriano il bambino concentra la sua attenzione sulle parti elementari degli oggetti (metodo analitico): attraverso un processo di analisi (classificazione e disposizione in serie degli oggetti) dovrà pervenire progressivamente alla maturazione cognitiva. Gli strumenti didattici sono elementi scientifici, appositamente costruiti da esperti. Il materiale comprende principalmente: oggetti da incastrare; blocchi, tavole e forme geometriche da sedare secondo criteri diversi (colore, dimensione, altezza, peso, incastro); panni colorati, campanellini da porre in cala secondo l'intensità del colore o del suono; superfici diverse (ruvide o lisce) da graduare, ecc…. Il senso di questa svolta strumentale è l'impulso all'educazione della sensibilità. Anche i processi di apprendimento della lettura e della scrittura prevedono la stessa logica di acquisizione: Si comincia a conoscere le lettere dell’alfabeto riprodotte in grandi dimensioni, seguendone il profilo e imparando così a distinguerle; successivamente si attiva a comporre parole utilizzando alfabeti mobili ed infine, la lettura, a lungo preparata dopo aver allestito tutte le precondizioni di potenziamento sensoriale, esplode all’improvviso; tale "esplosione" si verifica circa quindici giorni dopo l'esposizione agli stimoli idonei. Rosa e Carolina Agazzi Con le sorelle Agazzi, l’accento in ambito pedagogico viene posto sul concetto di semplicità e, sempre nella loro teorizzazione, viene eliminato ogni convenzionalismo mnemonico dalla pratica didattica. Le 2,definite "donne d'azione", fondarono sul finire dell’800 l’asilo di Mompiano, a Brescia, introducendo modalità didattiche ed educative allora assolutamente innovative; Esse, ad esempio, attivarono il “corso di lavoro manuale ". Cento linguaggi del bambino: la scuola dell'infanzia di Reggio Emilia Nella primavera del 1945, in un piccolo centro di campagna nei pressi di Reggio Emilia uomini donne e ragazzi si unirono per costruire, con i soldi raccolti attraverso la vendita di carro armati camion e cavalli abbandonati dai tedeschi in fuga, una scuola dell'infanzia per i più piccoli. Poco dopo ne nacquero altre sette e, negli anni settanta, la diffusione di scuole per i bambini era ormai una realtà della zona. Nel 1981 venne organizzata una mostra all'estero che prese il nome "i 100 linguaggi del bambino". L'esperienza aveva fatto emergere la convinzione che la scuola per i più piccoli dovesse essere amabile, operosa, vivibile, documentabile, comunicabile; doveva essere, Inoltre un luogo di ricerca, di apprendimento e di ricognizione, all'interno del quale i bambini potessero sentirsi a proprio agio, accolti e supportati nel loro processo di crescita. L’educatore aveva il compito di individuare gli stili di apprendimento, gli stili comunicativi e gli stili relazionali dei bambini, La conoscenza che il docente ha dei contenuti e diverse discipline dovrà permettergli di poterle “declinare” in 100 linguaggi e in 100 dialoghi con i bambini così che tutti possano imparare. 3. Il gioco e la narrazione Il gioco costituisce l'attività principale del bambino e riveste un ruolo fondamentale per lo sviluppo della sua personalità. L’attività del gioco nasce da un bisogno interiore che spinge il piccolo a muoversi, ad agire, ad operare sulle cose che lo circondano. Si tratta di un'attività di socializzazione e di apprendimento, giacché pone il bambino nella condizione di fare esperienze nuove e di esplorare il mondo che lo circonda. Un'importanza particolare la assume il gioco simbolico, un tipo di gioco infantile che richiede una capacità di astrazione e di rappresentazione cognitiva. Il gioco simbolico è successivo al gioco pratico e concreto: in una prima fase, il piccolo gioca con l’oggetto toccandolo, manipolandolo e scoprendone le caratteristiche fisiche; nella fase successiva-e cioè nel gioco simbolico - Il bambino ha ormai ha preso quali siano le caratteristiche di quel dato oggetto e adesso saprà utilizzarlo anche in maniera differente, Intendendo quell’oggetto secondo quello che lui vuole Esso rappresenti. Materiale per giocare Il giocattolo è l'oggetto utilizzato dal piccolo per giocare; Esso esercita una funzione educativa quando aiuta il bambino a conoscere la realtà a partire dalle sue caratteristiche più elementari: colori, forme, dimensioni, suoni, rumori, superficie…. Le teorie psicopedagogiche sul gioco È ormai acclarato, date le molteplici funzioni che il gioco assolve, che il gioco non sia affatto una perdita di tempo ma piuttosto uno strumento di sviluppo della personalità globale dell’individuo. Già Jean Piaget aveva analizzato le diverse tipologie di gioco che favoriscono lo sviluppo dell'intelligenza umana. La forma iniziale di gioco è stata definita dallo studioso "gioco di esercizio" (implica un movimento del bambino e dà, perciò, inizio ad una esplorazione psicomotoria del mondo circostante). Intorno ai due anni compare il “gioco simbolico " (attraverso Esso il piccolo riesce a caricare un oggetto di un significato diverso da quello che rappresenta realmente, praticamente trasformando la realtà in ciò che lui vuole) Quando si ha un’età di circa sei anni, compare il “gioco con regole”, un gioco fatto, appunto, di regole, che incoraggia la socializzazione e l'abbandono dell'egocentrismo. Anche Vygotsky, padre della scuola storico-culturale, ha parlato nelle sue teorie di gioco, intendendolo come uno strumento avente valenza emotiva, cognitiva e sociale. Specie quest’ultima funzione è favorita dal gioco, giacché attraverso di esso il bambino entra in contatto con l’altro e realizza dinamiche di scambio e di condivisione con i suoi interlocutori. Maria Montessori ha cercato di graduare il materiale ludico alla maturità psicologica del bambino. Abbiamo prima visto che la caratteristica della scuola montessoriana è un ambiente fatto su misura per il bambino, all'interno del quale egli possa comprendere le differenze fra il bene e il male . Nel materiale montessoriano, i giocattoli sono rigorosamente esclusi, ma il materiale didattico è assai attraente, fatto di oggetti comuni facilmente manipolabili. Tale materiale viene realizzato proprio per risultare "attraente" agli occhi dei bambini. Secondo la Montessori, in età prescolare il bambino non sa ancora giocare con l'altro; quello che realizza, in realtà, è il gioco accanto all'altro; a quell’età insomma il bambino attiva quello che la Montessori chiama gioco parallelo. Dunque, l'attività del gioco in età prescolare dovrà essere di tipo "sensoriale": il piccolo dovrà afferrare, guardare, annusare, sentire, assaporare… Il "metodo Agazzi" parte dal contatto con il bambino e con le famiglie, individuando dei temi e degli orientamenti teorico-pratici adottati negli asili infantili. La lettura nella scuola dell’infanzia È un’attività assai diffusa, dato che il primo approccio tra educatore e bambino piccolo si basa soprattutto sul contatto fisico e ciò favorisce le condizioni utili ad un ascolto che genera distensione, rilassamento, quiete, tranquillità…. È preferibile che l'educatore racconti le storie ai bambini stando loro molto vicino, così da far sentire i piccoli al sicuro. Nell'attività di lettura, a grande importanza il coinvolgimento della famiglia, giacché se la lettura avviene anche in casa, il bambino può avere la percezione di continuità tra ambiente scolastico e ambiente domestico. Cosa leggere? È per tutti evidente che anche i contenuti delle storie devono essere "congruenti" all’età cronologica- e quindi mentale-del bambino. In generale possiamo affermare quanto segue: per i bambini "piccolissimi"- che frequentano il nido - è utile proporre i libri sensoriali, quei libri, cioè che contengono immagini di grandi dimensioni e che siano estremamente semplificate, magari realizzate proprio dall’educatore; per i bambini di 2-3 anni è invece preferibile utilizzare libri con testo ridotto, ma con illustrazioni molto chiare e colorate; infine, per i bambini più grandi si dovranno preferire libri che raccontano storie in cui il piccolo può identificarsi, così da farlo viaggiare con l'immaginazione verso spazi inesplorati. Leggere o raccontare? Se si vuole scegliere tra lettura o racconto, allora è più consigliato il racconto; Esso, infatti permette un maggior contatto visivo fra narratore ed ascoltatore ; Inoltre è utile che il narratore sappia modulare la voce, il ritmo, il tono, ma anche l'espressione facciale in modo che siano in linea con il contenuto della storia, così da favorire una "immersione" totale nella vicenda narrata. Punti chiave per la preparazione della lettura Prima di leggere/raccontare una storia, sarebbe opportuno fare una breve introduzione, così da motivare all'ascolto sì e da creare delle aspettative, magari dando agli ascoltatori informazioni sul genere di racconto che verrà fatto (comico, avventuroso, tragico, drammatico, fantastico…..). Tale preparazione, dunque, favorirà la partecipazione empatica del bambino. Vivendo oggi nell'era globale risulta essere assai utile - al fine di favorire una conoscenza di usi, costumi e tradizioni altre- presentare storie di altre culture come elementi di base dell'educazione dell'immaginario e per un decentramento del proprio io e del proprio egocentrismo culturale. È inoltre opportuno che il momento della lettura venga realizzato in appositi spazi della scuola, così da predisporre psicologicamente-spostandosi in quel luogo-i piccoli all'ascolto. 4. Teorie, stili di apprendimento e mediazione didattica Definizione e concetto di apprendimento Possiamo genericamente definire l'apprendimento come una modificazione del comportamento, che potrà essere più o meno stabile e che consegue ad una interazione con l'ambiente esterno. Il concetto di mutamento sottolinea come l’apprendimento -inteso come risultato dell’interazione tra ambiente di individuo-implica che il comportamento di quest'ultimo si modifichi. Rispetto alla nozione di stimolo, esso indica l'azione esercitata da un evento sull'organismo, mentre la risposta è il comportamento messo in atto dal soggetto dopo che abbia ricevuto uno stimolo ambientale. Da quanto su esposto, dunque, si evince che il comportamento umano non è semplicemente determinato a livello genetico, esso, infatti, si modifica per effetto dell’esperienza. Il condizionamento classico di Pavlov L’analisi dei processi di apprendimento e di ciò che accade nella mente dell'animale quando uno stimolo esterno produce risposte che vanno a modificare il comportamento ha rappresentato un ambito di grande interesse. Assai noti sono gli studi sull'apprendimento di Pavlov. Lo studioso osservò, ponendo un cane in situazione sperimentale di laboratorio, che quando al cane stesso veniva mostrato del cibo, e gli aveva come risposta una salivazione spontanea. Questa risposta spontanea fu chiamata dallo studioso "riflesso incondizionato" (RI); successivamente, Pavlov inserì un nuovo stimolo: prima di mostrare il cibo al cane, veniva suonato un campanello e, entro un certo lasso di tempo, il ricercatore poneva davanti al cane il cibo. La scoperta interessante fu che, dopo aver riproposto tale situazione al cane , il cane iniziava a salivare già al suono del campanello, anticipando che esso annunciava l’arrivo del cibo. La risposta di salivazione al suono del campanello fu chiamata da Pavlov "riflesso condizionato” (RC). Lo stimolo ambientale del suono della Campanella aveva prodotto la modifica di comportamento nel cane, determinando in esso una risposta (salivazione). Ciò indicava che nel cane c'era stato un apprendimento. Il condizionamento "operante" o “strumentale” Un altro ricercatore che ha fornito un apporto fondamentale negli studi dell’apprendimento è Skinner. Lo studioso ha posto un topo affamato all’interno di una scatola; nella stessa scatola - nota come Skinner-box - Il topo era libero di muoversi e di esplorare l'ambiente. Nella stessa scatola era presente una levetta e, ogni volta che il topo la premeva (la pressione della levetta, all'inizio, avveniva in maniera casuale), gli veniva consegnato un pezzetto di cibo che l’animale consumava. Dopo che il topo aveva più volte premuto accidentalmente la levetta e, quindi, ricevuto del cibo, l'animale APPRESE un nuovo comportamento: iniziò, così, a premere la levetta intenzionalmente, così che riceveva il cibo. Ma Skinner fece di più: oltre a “premiare” il topo quando premeva la “levetta giusta” somministrando del cibo (Il cibo è chiamato da Skinner, in questo esperimento, “rinforzo positivo”), il ricercatore "puniva" l'animale quando questi premeva la levetta sbagliata somministrando, ad esempio, una piccola scossa elettrica (la scossa elettrica era il "rinforzo negativo"). Lo studio fece concludere a Skinner che il topo aveva appreso nuovi comportamenti, scegliendo di premere la levetta erogatrice del cibo e di evitare la levetta erogatrice della scossa elettrica. A differenza di Pavlov, nell’esperimento di Skinner l’animale è ATTIVO, e cioè proprio lui che “opera”, che agisce sull'ambiente per ricevere da esso la risposta voluta. Proprio per questo con Skinner parliamo di "condizionamento operante" (il topo modifica il proprio comportamento In base alle conseguenze delle proprie azioni). L’apprendimento imitativo Secondo Albert Bandura, l'apprendimento non è il risultato della semplice imitazione; esso è, piuttosto, un processo attivo che comprende l'osservazione di un modello, l’immagazzinamento delle informazioni in memoria e la scelta di comportarsi, sulla base di quanto osservato. Apprendimento per insight o intuizione Col termine "insight" ci si vuole riferire all’intuizione, a quel processo cognitivo, cioè, che sperimentiamo quando, dinanzi ad un problema, "ci si accende una lampadina". A prendere per insight significa individuare soluzioni creative per risolvere i problemi, grazie ad un processo di ristrutturazione concettuale dei dati di cui disponiamo. L’apprendimento per mappe cognitive Edward tolman, psicologo statunitense, a condotto degli esperimenti sui topi: gli animali venivano chiusi in un labirinto e il loro compito era quello di elaborare delle mappe mentali utili a percorrere più velocemente possibile il labirinto fino all’uscita. Il ricercatore prese dei topi che già conoscevano il percorso del labirinto. Il labirinto aveva tre possibili strade che conducevano all'uscita: il percorso 1 era il più veloce, seguiva il percorso numero 2 – un po’ più lungo del primo-ed infine c’era il terzo percorso più lungo di tutti, ma che, come gli altri conduceva all’uscita, dove i topi avrebbero trovato del cibo. Attraverso lo studio, si poté concludere che immediatamente i topi percorrevano il tragitto più veloce- quindi la strada numero 1 - per uscire dal labirinto; quando i ricercatori, poi, ponevano un ostacolo lungo il percorso più veloce, i topi tornavano indietro ed imboccavano la strada numero 2; quando il ricercatore costruiva anche il passaggio della strada numero 2, i topi imboccavano il percorso numero 3 e raggiungevano il cibo. Tolman aveva capito che gli animali riescono ad acquisire una conoscenza spaziale di cui possono servirsi in maniera intelligente: egli parlò di apprendimento latente, ovvero di un tipo di apprendimento che non si traduce necessariamente subito in comportamento, che può restare a lungo silente e che non ha bisogno, per avvenire, di alcun rinforzo. Il costruttivismo Piaget e Vygotsky Con gli studi di Piaget, Vygotsky e Bruner, a partire dai primi del 900 cambia completamente l'idea del concetto di apprendimento: fino ad allora, l'apprendimento Era considerato un processo di accumulazione di informazioni da parte dell’allievo, mentre con la corrente del costruttivismo l'apprendimento è inteso come un processo dinamico, nel quale il soggetto che apprende è attivo. La teoria dei costrutti personali di Kelly L'assunto di base della teoria di Kelly è che ognuno di noi percepisce ed interpreta la realtà esterna in base ad un proprio e soggettivo punto di vista. Col termine "costrutto", il nostro studioso si riferisce agli schemi che l'individuo costruisce per conoscere gli eventi. Inoltre l’autore descrive le caratteristiche fondamentali dei costrutti: i costrutti sono modi di percepire, intendere ed anticipare fatti e fenomeni; essi sono dinamici e non statici e vanno intesi come delle astrazioni mentali in base alle quali l'individuo dà significato alla propria esperienza. Nella teoria di Kelly, dunque, non esiste una realtà esterna oggettiva e uguale per tutti, piuttosto è l'individuo che costruisce gli eventi della realtà mostrando una capacità creativa che gli consente di rappresentarsi l'ambiente, di modificarlo, di costruirlo e di adattarlo alle proprie esigenze . Stili cognitivi Col concetto di stile cognitivo ci si vuole riferire alle modalità preferenziali con cui gli individui elaborano le informazioni raccolte; quindi lo stile di apprendimento è un aspetto particolare del concetto più ampio di stile cognitivo. Lo stile cognitivo riguarda la globalità dell’individuo e coinvolge la dimensione emotiva, quella motivazionale e, evidentemente quella cognitiva. Alcune caratteristiche generali del funzionamento cognitivo sono: a punto la tendenza a. differenziare progressivamente (quando l'individuo approccia a settori completamente nuovi); b. Semplificare (le informazioni e di nuovi concetti vengono ridotti, in maniera tale che risultino più economici Per lo svolgimento di un compito) e c. Dimenticare selettivamente (si tende a dimenticare nuove idee non familiari o che contrastano con i contenuti già presenti nel proprio bagaglio cognitivo). Sempre all'interno del concetto di stile cognitivo, oltre alle tendenze Generali su esposte, è possibile rintracciare altre caratteristiche che distinguono gli individui l’uno dall’altro: il tempo che si impiega nello svolgimento di un compito; lo spazio in cui le persone riescono a concentrarsi (c'è chi riesce a svolgere compiti anche in ambienti rumorosi e disordinati e chi proprio non riesce a farlo); gli strumenti di lavoro, per cui c’è chi riesce a svolgere compiti solo basandosi sulla propria memoria e chi invece ha bisogno di consultare appunti, libri, dispense… I diversi stili cognitivi Nella predisposizione di un ambiente di apprendimento è opportuno definire quelle che dovranno essere le metodologie utili a rispettare i diversi stili cognitivi di chi deve apprendere. Tra gli e/stili cognitivi distinguiamo: lo stile globale (parte dal generale per arrivare al particolare; privilegia una visione d’insieme ed attribuisce maggiore importanza alla visione di insieme piuttosto che ai dettagli); lo stile analitico (scompone il generale in piccoli segmenti; analizza il singolo segmento; elabora il segmento ed assembla i diversi segmenti per giungere ad una visione di insieme); lo stile dipendente (cerca di stare sempre con gli stessi compagni; utilizza solo i propri materiali; imita i comportamenti del gruppo ed ha bisogno di ricevere stimoli, indicazioni e valutazione dai compagni o dagli insegnanti); lo stile indipendente (socializza con tutti; è capace di usare i diversi materiali che gli vengono offerti; mantiene lo stesso comportamento in diversi contesti e non cerca l’approvazione altrui); lo stile verbale (segue la lettura di un brano senza sottolineare o evidenziare; per memorizzare utilizza il riassunto e la ripetizione orale ed associa ad un parola una frase o un'altra parola); stile visuale (rivolge l'attenzione alle parti grafiche e alle immagini; evidenzia le parti importanti di un testo; la memorizzazione è favorita da schemi e grafici ed associa ad una parola un'immagine); stile convergente (utilizza procedure e strategie già applicate in precedenza; richiama esercizi, procedure, attività scolastiche già svolte e tende a memorizzare); stile divergente (applica procedura e strategie nuove; recupera esperienze e conoscenze non scolastiche; nelle proprie capacità e con lega le conoscenze); stile risolutore (cerca soluzioni rapidamente; utilizza le conoscenze e le risorse che ha a disposizione il limita le soluzioni al problema contingente); stile assimilatore (ricerca una soluzione globale che vada oltre al problema contingente; sviluppa procedure articolate e collega problemi e soluzioni); stile sistematico (ha bisogno di indicazioni complete e chiare; è in genere l'ultimo a consegnare un compito; Parla poco e chiede informazioni e chiarimenti); stile intuitivo (interpreta facilmente un compito; non necessita di indicazioni dettagliate; è rapido nell’eseguire e né consegnare la verifica ed esprime ipotesi personali); lo stile impulsivo (prende la parola facilmente; risponde precipitosamente alle domande e consegna rapidamente i lavori); lo stile riflessivo (non prende la parola se non è invitato teme di sbagliare e necessita di tempo per svolgere il compito). Metodo Feuerstein e mediazione didattica Il metodo di feuerstein permette di sviluppare la consapevolezza dei traguardi raggiunti durante e alla fine del percorso di apprendimento. Il modello dello studioso rumeno si basa sul concetto di modificabilità cognitiva, evidentemente in antitesi con la teoria innatista dell’intelligenza. Il presupposto di base della teoria è che a qualsiasi età ed in qualsiasi condizione fisica o psicologica è possibile sviluppare le abilità cognitive e migliorare la qualità dei rapporti con l'ambiente. Secondo Feuerstein, inoltre, l'apprendimento si verifica dopo che siano stati prodotti degli stimoli diretti, ma soprattutto in seguito all'azione di un mediatore, che può essere più o meno esperto. Secondo lui, tutti i casi in cui non si sia realizzata una formazione efficace ed adeguata sono imputabili soltanto ad insufficienti esperienze di apprendimento mediato; dunque è possibile superare sia i deficit ambientali sia quelli genetici. I tre vincoli del metodo Feuerstein Per applicare in maniera corretta il metodo dello studioso rumeno, noto come PAS (PROGRAMMA DI ARRICCHIMENTO STRUMENTALE), è opportuno che vengano rispettati rigorosamente 3 vincoli: 1. Il tempo (perché si realizzi un'esperienza di apprendimento mediato è opportuno che ci sia un tempo adeguatamente lungo ); 2 il metodo (solo fornitori esperti, che conoscano bene le diverse sfaccettature del metodo, possono operare con successo) e 3 il contesto (deve esistere un ambiente che faciliti la collaborazione all’interno del quale sia possibile condividere le esperienze create dallo studente e dal mediatore) Metacognizione e metodologia didattica La metacognizione è l'insieme delle informazioni che il soggetto possiede rispetto alle risorse e alle attività cognitive e rispetto al modo di utilizzarle nell’esecuzione del compito. In una didattica che voglia definirsi "attiva" è utile utilizzare le diverse tecniche formative, ad esempio la simulazione operativa, l'analisi e la risoluzione dei problemi, il lavoro di progetto, le esercitazioni di gruppo… Il brainstorming La tecnica del brainstorming, letteralmente "tempesta di cervelli", è una tecnica assai utile nei contesti di gruppo e consiste nella produzione di idee, espresse immediatamente, senza troppi filtri cognitivi razionali. L'utilità vitalitecnica sta nel fatto che con essa è possibile produrre idee innovative, fuori dagli schemi, e di risolvere problemi in modo creativo. Alex Osborn descrive in maniera dettagliata tale tecnica e sostiene che, perché essa funzioni, è opportuno focalizzare la discussione del gruppo su un problema specifico e stimolare la produzione spontanea di idee per risolverlo; successivamente si passa alla fase di analisi delle idee proposte. Questo modo di affrontare e risolvere i problemi favorisce i processi di negoziazione e di gestione del conflitto; inoltre con essa viene stimolato il pensiero divergente. Il problem solving Prima che si applichi la tecnica del problem solving, è opportuno definire il “problem setting ", ovvero quel processo teorico e pratico che serve a trasformare un disagio in un problema, in una questione Chiara e definita. Il problem setting precede il problem solving, che trasforma il problema ormai ben definito in un progetto da gestire secondo tecniche di Project management. Il problem setting risponde alla domanda “che cosa fare?”, mentre il problem solving risponde alla domanda "come fare?”. Attraverso il problem setting è possibile individuare il bisogno, passare dallo Stato ansioso alla visione chiara del problema, a comprendere quale sia il modo più opportuno in cui un dato problema va percepito. Lo spazio comunicativo e role playing Con il role playing in aula, accade che l'insegnante definisca una data situazione "problema" e chieda ai ragazzi di recitare le parti, in modo da rappresentare la situazione problema descritta inizialmente. Tale tecnica aiuta a guardare le situazioni da un diverso punto di vista, ad esercitarsi in dinamiche relazionali in modo vicario, ha valutare vantaggi e svantaggi delle proprie scelte…. L’insegnante fa da spettatore, insieme agli altri studenti non recitanti Circle Time nella pratica didattica Tale tecnica fu ideata negli anni settanta nell'ambito della psicologia umanistica. Il circle Time è un gruppo di discussione su temi diversi, avente come scopo principale quello di migliorare la comunicazione e di favorire l'acquisizione nei partecipanti delle principali abilità comunicative. Altre finalità sono: riconoscere e gestire le proprie emozioni e quelle degli altri; creare un clima di serenità e di reciproco rispetto; imparare a discutere insieme ad esprimere liberamente le proprie opinioni e ad ascoltare senza giudicare. Il metodo peer to peer Con l'espressione "peer to peer" ci si riferisce ad una modalità educativa di collaborazione tra pari. Tale collaborazione si basa sulla parità e sull'aiuto reciproco. Questa modalità, applicata in classe, consiste dunque nell’insegnamento reciproco tra allievi dotati di diversa abilità, organizzati in piccoli gruppi o in coppie. L’adozione Del peer to peer è suggerita anche dagli Orientamenti per l'elaborazione del Piano triennale dell’offerta formativa emanati dal MIUR l'11 dicembre 2015. 5. La didattica per i bisogni di tutti e di ciascuno Didattica individualizzata e personalizzata Possiamo dire che una didattica è individualizzata quando essa abbia come fine ultimo quello di favorire l'apprendimento seguendo e rispettando le caratteristiche peculiari dei bambini. Il concetto di “individualizzazione”, quindi, implica che esistano delle diversificazioni dei percorsi di apprendimento, che vengono diversificate le procedure didattiche al fine di consentire a tutti gli alunni di raggiungere gli obiettivi formativi comuni all’intero gruppo classe. La didattica è personalizzata se anche gli obiettivi, i contenuti e le attività sono specifiche per il singolo. simbolici consistono nell’utilizzare lettere, cifre, simboli per facilitare le rappresentazioni mentali convenzionali ed universali. Evidentemente, in ambito didattico-formativo, si può fare uso di più mediatori contemporaneamente. Gli approcci inclusivi nelle indicazioni nazionali Le indicazioni nazionali suggeriscono delle metodologie didattiche utili a favorire l’inclusione; secondo tali indicazioni, le pratiche didattiche devono essere volte a valorizzare l'esperienza e la conoscenza degli alunni; l'insegnante ha il compito, pertanto, di intervenire adeguatamente rispetto alle diversità per fare sì che esse non diventino disuguaglianze. Egli dovrà Inoltre favorire l'esplorazione e la scoperta, promuovendo in tal modo l'attrazione per la ricerca di nuove conoscenze punto assai utile è, poi, favorire l'apprendimento collaborativo, così da educare i giovani alla relazione reciproca e all'empatia. Per stimolare la curiosità, la motivazione, l'attività dello studente è assai consigliato prevedere delle attività didattiche in forma di laboratorio. La didattica laboratoriale (che si basa sul concetto del learning by doing) ha in sé diversi vantaggi: attraverso di essa gli alunni vengono posti dinanzi ad un problema reale; nelle situazioni di laboratorio le attività sono svolte in gruppo e ciò favorisce l'apprendimento cooperativo; Inoltre questo tipo di didattica stimola alla progettazione del lavoro e alla sperimentazione, sviluppando una costruzione consapevole ed attiva della conoscenza; altro vantaggio è che la didattica laboratoriale può essere utilizzata in ogni ciclo di studi e per ogni disciplina. Cooperative learning o apprendimento cooperativo L'apprendimento cooperativo è una metodologia assai diffusa, che consiste nel far lavorare gli alunni in gruppo. Tale metodologia, dunque, ha il vantaggio di far acquisire agli individui conoscenze, abilità e/o atteggiamenti prodotti dall'interazione: si ha, pertanto, un apprendimento individuale come risultato di un processo di gruppo. l'apprendimento cooperativo porta con sé in dubbi vantaggi: vengono sviluppati legami positivi tra gli studenti, sono favorite le relazioni faccia a faccia, viene stimolata la responsabilizzazione verso se stessi e verso gli altri e vengono sviluppate le cosiddette abilità sociali. La ricerca-azione in classe (RA) La ricerca-azione costituisce un metodo utile a costruire la conoscenza partendo da un problema: non si parte da un sapere già esistente, ma si riflette sull'azione che poi verrà concretizzata. Alla base di tale metodologia si pone il concetto di partecipazione, che consiste in una intensa circolazione di informazioni e di idee, associate a tentativi pratici. Lo schema della ricerca-azione partecipativa è stato messo a punto nella fase esplorativa di un progetto di intervento sul disagio educativo (IDE) La didattica per progetti Nel lavoro per progetti il singolo studente è coinvolto al di là della disciplina ed è chiamato a realizzare un prodotto finale in cui sono in gioco le sue competenze, il suo saper fare, il suo saper essere soggetto attivo in un lavoro di gruppo. In questa metodologia di apprendimento, l’attenzione è tutta focalizzata sullo studente; l'insegnante assume il ruolo di facilitatore, coordinatore (senza che, però, impartisca degli ordini), sostenitore del lavoro svolto. Il problem solving La tecnica del problem solving, ho anche didattica per problemi, è una metodologia di apprendimento basata sull’idea secondo cui ciò che motiva, stimola, incuriosisce e potenzia le capacità critiche degli alunni è confrontarsi praticamente con situazioni difficili, critiche, problematiche, appunto. Un simile approccio, evidentemente, si oppone a quei modelli educativi tradizionali, basati sull'accumulo di informazioni, sulla ripetizione meccanica degli esercizi e sulla kocorrezione degli errori. Di seguito uno schema sintetico in cui viene rappresentata una delle più note sequenze della tecnica del problem solving, conosciuta con l’acronimo F. A. R.E. Mastery learning Nel mastery learning (ovvero "l'apprendimento per padronanza") la progettazione è organizzata per obiettivi; si tratta di una metodologia che permette a ciascuno studente di raggiungere, anche se i momenti diversi, le mete prefissati entro la fine dell’anno scolastico. Tale tecnica prevede delle fasi: il docente dovrà orientare gli alunni sulle tecniche che verranno utilizzate; sarà poi opportuno individuare i contenuti e gli obiettivi che gli studenti dovranno raggiungere e, infine, pianificare il lavoro per ogni obiettivo programmato. Al termine del lavoro svolto, si effettueranno le verifiche dei risultati e, se idonee, si procederà a programmare nuovi obiettivi e nuove modalità di lavoro. La mastery learning si basa sull’idea che l'apprendimento venga facilitato quando la motivazione è più alta. Le mappe concettuali Esse servono per rappresentare in un grafico le conoscenze relative ad un dato argomento, secondo un principio cognitivo costruttivista: ognuno è Costruttore attivo del proprio percorso conoscitivo. Le caratteristiche comuni alle mappe concettuali sono: concetti espressi in modo semplice e sintetico; parole di collegamento tra due concetti; collegamenti utili per stabilire una correlazione tra due o più concetti; ogni concetto deve comparire una sola volta nella mappa e ogni coppia di concetti (collegati tra loro da parole chiave) forma una frase di senso compiuto. Peer education Come accennato, una delle modalità nelle quali si esprime la didattica relazionale è la peer education, ovvero “l’educazione tra pari”: secondo tale strategia didattica, gli alunni più maturi e preparati (Peer educator) insegnano a quelli che manifestano un bisogno di supporto per l'apprendimento. Attraverso tale metodologia, si responsabilizza maggiormente il peer educator, si insegna a tutti che la relazione Elementi fondamentali della relazione educativa sono: le caratteristiche della personalità; la comunicazione (l’azione educativa e didattica è un rapporto comunicativo intenzionale); la formazione culturale e professionale e le metodologie didattiche utilizzate) Un docente ha una buona professionalità educativa quando riesce ad utilizzare una molteplicità di procedure didattiche, adattandole alle situazioni scolastiche e quando sa portare in campo, oltre alla propria conoscenza anche le proprie esperienze di vita, così da rappresentare un modello, un riferimento vicario per i ragazzi. Educare alla prosocialità “Educare alla prosocialità” significa educare i giovani all'empatia, all'altruismo e alla solidarietà. Significa anche promuovere una cittadinanza attiva, capace di motivare i ragazzi a sentirsi parte fondamentale della propria comunità e capaci di apportare valore aggiunto nella società; e poi opportuno che la scuola educhi all’utilizzo di strategie di cooperazione e di ascolto attivo. Un simile orientamento va approcciato fin dalle scuole dell’infanzia. Gli obiettivi educativi di Bloom Tra gli studiosi che si sono occupati di “tassonomia”-ovvero classificazione - è lo psicologo americano Benjamin Bloom. Egli ha sostenuto che gli apprendimenti cognitivi vadano dai più semplici ai più complessi e che si articolino in sei categorie fondamentali: 1. Conoscenza (è relativa all’apprendimento delle competenze più elementari); 2. Comprensione (riguarda le capacità dell'alunno di rielaborare le informazioni acquisite); 3. Applicazione (attiene al momento in cui lo studente mostra di aver appreso le nozioni teoriche trasmesse); 4. Analisi (consiste nella capacità di individuare le relazioni e le gerarchie tra gli elementi che costituiscono un insieme); 5. Sintesi (saper far convergere dati e informazioni); 6. Valutazione (è la capacità di esprimere giudizi e formarsi delle opinioni su un dato fatto/accadimento in base alle informazioni prima apprese). Bloom ritiene inoltre che, nella fase di apprendimento, subentri anche la dimensione affettiva, ovvero l'interesse, l'impegno e la partecipazione. Rogers e la prospettiva umanista La teoria di Rogers si basa su un'idea di fondo, ovvero che l'insegnamento debba essere centrato sullo studente. Secondo il suo approccio, compito della scuola dovrà essere quello di rendere gli allievi protagonisti attivi e partecipi della propria esistenza; è Inoltre, fondamentale, perché vengano raggiunti gli obiettivi educativi, che tra studente ed insegnante si crei una relazione di scambio e di fiducia reciproca. A tal fine, secondo Rogers bisognerebbe dedicarsi all’apprendimento significativo, ovvero insegnare agli studenti le cose che veramente contano per loro, che si integrano nel loro progetto di vita, cose che gli stessi studenti giudicano importanti ed investono di carica motivazionale ed affettiva. Le professioni educative Le teorie fino ad ora esposte sono state elaborate in periodi storici e all'interno di contesti sociali davvero molto differenti da quello che accade oggi. Nel corso di pochi decenni, infatti, l'intera società ha visto mutamenti eccezionali, legati al contesto tecnologico, scientifico, sociale, familiare. Ecco allora che, necessariamente, anche i metodi di insegnamento devono essere calibrati al nuovo assetto esistente: nelle scuole entrano le nuove tecnologie, arrivano immigrati e/o profughi di guerra, arrivano studenti provenienti da altre aree geografiche e portatori, quindi, di usi e costumi diversi, alunni che vivono in famiglie allargate, In questo contesto, dunque, sarà opportuno che operino professionisti dell'educazione in grado di muoversi lungo direttrici comportamentali specifiche e differenziate, che attraversano tutto il corpo sociale, dato che si tratta di essere, di volta in volta, genitore, insegnante, formatore, comunicatore, ecc .. La professionalità docente La condizione dei professionisti docenti risulta, oggi, particolarmente problematica, per i motivi più vari: spesso si presentano difficoltà relative alla tanta burocrazia entrata a scuola; emergono difficoltà legate al fatto che la professionalità educativa è legata anche alla dimensione di socializzazione, e oggi ci si trova in con presenza con studenti di diversa provenienza culturale; esistono poi problematiche relative alla ridefinizione della formazione secondo le logiche di una società complessa. L'azione didattico-educativa deve aprirsi, contemporaneamente, alla singolarità, alla molteplicità e alla instabilità dei saperi contemporanei. E poi il docente di oggi deve essere cosciente che educare significa soprattutto formare, quindi considerare come primaria la libertà dell'allievo, il suo essere autonomo e responsabile e deve, quindi, saper coniugare tali elementi con il suo ruolo di autorevolezza e di punto di riferimento per la classe. E dunque, al centro della professionalità docente dovrebbe collocarsi a. la competenza, b. il complesso di abilità (di saper fare) e c. La riflessività, ovvero quella caratteristica cognitiva e culturale che consente, a chi opera nel campo della formazione, di riuscire ad avere uno sguardo critico su se stesso, sui suoi compiti e sulle sue stesse competenze. L’insegnante riflessivo Come appena detto, una delle caratteristiche di cui il professionista docente di oggi dovrebbe essere in possesso è la riflessività, da intendersi come la capacità di ripensare e contestualizzare costantemente il proprio agire educativo. Tale abilità si sviluppa in un'ottica di pedagogia critica e Mira a portare l’educatore a riflettere, oltre che sugli obiettivi finali, anche sulle sue competenze di partenza, così da poter apportare eventuali aggiustamenti necessarie. Insomma, il docente deve saper fare un lavoro di metacognizione. La comunicazione intersoggettiva docente e- allievo Un ruolo di grande rilievo, poi, è assunto dalle abilità comunicative del docente. Egli dovrà saper comunicare in maniera chiara, riuscendo ad inviare il messaggio agli studenti senza ambiguità e senza confusione. Ma l'insegnante deve anche essere un buon ascoltatore, capace di un ascolto attivo ed empatico, che sia utile a realizzare relazioni partecipative con il singolo e con la classe. Talvolta la comunicazione può essere "disturbata" e, quando ciò accade, l’insegnante ha il compito di individuare i “rumori”, così da eliminarli, ristabilendo una comunicazione chiara ed efficace. Ad ostacolare il processo comunicativo, può esserci, ad esempio, la distrazione dello studente, la saturazione cognitiva degli alunni, la inadeguatezza delle informazioni, etc . L’insegnante affettivo e la relazione educativa Abbiamo visto, nel corso di questo escursus teorico, come, nei contesti di apprendimento, entri in gioco non solo banalmente la dimensione cognitiva, ma anche quella affettiva (empatia, interesse, motivazione, socialità, ascolto….); L'insegnante "affettivo" è un soggetto che si pone in maniera equidistante sia nei confronti degli autoritarismi che rispetto a condotte permissive, ponendosi come guida autorevole, riconosciuta dagli alunni, ma non temuta da essi. Le peculiarità di un docente affettivo sono: è capace di realizzare un ascolto attivo; sa comprendere a fondo le dinamiche di gruppo e conosce bene le caratteristiche del gruppo classe; è capace di introspezione è di messa in discussione, utili a ripensare le proprie azioni o i propri pensieri. Può capitare che tra alunni ed insegnante si instaurino delle relazioni inadeguate, tali da impedire ogni forma di rapporto empatico e di dialogo; in queste situazioni, l'alunno può mettere in atto tre tipi di strategie difensive: 1. L’evasione (tipica dell'alunno insicuro e timido, che sfugge alla relazione comunicativa); 2. La seduzione (la strategia difensiva tipica dell'alunno che cerca di conquistare l'insegnante con false promesse) e 3. La ribellione (l'alunno trasgredisce continuamente le regole dettate dal docente) In tali casi, il professionista dovrà essere capace di sintonizzarsi a livello affettivo col ragazzo e guidarlo verso una relazione il più possibile efficace e gratificante. Il profilo del docente inclusivo Perché un docente possa dirsi “inclusivo” egli deve saper valorizzare la diversità; sostenere gli alunni; lavorare con gli altri e effettuare un aggiornamento professionale continuo. 7. La relazione scuola-famiglia e le agenzie educative Bambini e socializzazione Ciò che ha distinto l'uomo da altre specie animali è stato certamente il suo "essere sociale". Per facilitare lo scambio con gli altri, l'uomo si è da sempre dotato di regole, le quali regole sono state nel tempo trasformate in leggi codificate, aventi la funzione di regolare la vita sociale, politica ed economica. Ma esistono anche delle norme comportamentali non codificate, che regolano comunque in maniera consistente la condotta dell'uomo. Le norme scritte e quelle non scritte guidano gli individui nel processo di socializzazione, ovvero in quel processo di conoscenza e di assimilazione del sistema valoriale proprio del contesto sociale di appartenenza. Va da sé che l’interiorizzazione di norme, valori, principi, usi e costumi di una data cultura incide fortemente sulla formazione di personalità del singolo. La disciplina che si occupa delle dinamiche tra individuo e contesto sociale e la sociologia. Gli studi sociologici sono assai utili nell'ambito della formazione, giacché danno informazioni rispetto ai processi che si attivano nell'interazione tra l'individuo e il suo ambiente di vita. Definiamo agenzia di socializzazione ogni struttura sociale che contribuisce alla formazione dell'identità del soggetto, mediante la trasmissione di valore, norme, tradizioni eccetera. Il primo agente di socializzazione è la a restare piuttosto ai margini, a giocare da soli o a selezionare sempre lo stesso compagno di gioco, oppure può notare bambini estroversi, che vogliono socializzare con tutti, molto comunicativi sia nella condotta che nel linguaggio. Compito dell’insegnante è quello di saper stimolare i piccoli più introversi a sviluppare una competenza sociale, facilitandone l’interazione tra pari, magari creando situazioni in cui siano previsti lavori di gruppo. Il contesto ambientale Abbiamo già detto che la società è estremamente cambiata, avendo assistito ad un progresso scientifico e tecnologico di tipo esponenziale. È poi cambiato il ruolo della donna in seno alla società: oggi la quasi totalità delle donne lavora fuori casa; e ancora, la dimensione geografica è anch’essa profondamente mutata: siamo, infatti, assistendo ad una progressiva ma inesorabile urbanizzazione del territorio. Quest'ultimo elemento riduce notevolmente gli spazi di incontro, i luoghi deputati ad accogliere parco giochi e, quindi, bambini. Il doposcuola, poi, è per i bambini Il tempo della TV, del computer e/o del cellulare, poiché sempre più spesso sono lasciati dai nonni, poiché i genitori sono a lavoro. Una simile condizione non può che appiattire il senso critico dei più piccoli ed esporli ad una omologazione del pensiero. La scuola Resta il luogo di socializzazione e di costruzione identitaria privilegiato, a cui spetta il compito di educare al senso critico e all'espressione delle proprie potenzialità e della propria creatività soggettiva. Scuola e extra scuola Se alle scuole spetta il compito di guidare il soggetto lungo il processo di formazione come individuo critico, responsabile, razionale, creativo ed istruito, non va trascurato che alla società spetta quello di predisporre tempi e spazi che siano deputati all’accoglienza dei soggetti, che possano così riunirsi in associazione culturali e/o sportive, che possano costituire dei gruppi autonomi o delle comunità di ambito religioso. I due sistemi formativi, ovvero quello più formale della scuola e quello più informale delle libere associazioni, devono imparare a lavorare in maniera sinergica ed integrata, così da garantire all'individuo una formazione permanente. Sezione a tre. Media e tecnologie a scuola New media, tecnologia e svolte didattiche La comunicazione “partecipa” al processo di costruzione della conoscenza ed essa si riproduce soprattutto per contatto e immersione. Le tecnologie e i nuovi media modificano il tradizionale modo di intendere la comunicazione. La multimedialità è un orizzonte dove avviene l' autorealizzazione della conoscenza; è uno spazio filosofico da intendersi come risorsa capace di stimolare le menti e la creatività delle persone, così da sviluppare le potenzialità. I media permettono l'integrazione fra processi cognitivi per astrazione (media tradizionali) e quelli per immersione (multimedialità). Gli uni si fondano sul ragionamento logico, gli altri sulla partecipazione, l’immedesimazione e il gioco di percezione fra sé e lo schermo. 2. I media a scuola Non è la tecnologia in sé a svolgere un ruolo costitutivo per la vita, ma la sua collocazione in contesti formativi, che la impiegano per ampliare gli stimoli e le crescita cognitiva, all'interno di un'ottica inclusiva. Scuola e televisione L'enorme potere della televisione è stato sempre sottovalutato dalla didattica, mentre esso influiva sia sullo stile cognitivo, sia sullo stile affettivo dei ragazzi. I compiti delle scuole per intercettare le metodologie didattiche più efficaci in questo campo potrebbero essere: • Televisione come strumento da inserire nella progettazione multimediale: insegnare la televisione (documentari didattici, ad esempio) • Alfabetizzazione televisiva: conoscenza critica del codice simbolico (inquadrature, zoom, colori, dissolvenza) e delle componenti auditive (colonna sonora, musica) e di quelle strutturali. • ln fine il coinvolgimento dei genitori per allargare il processo formativo a casa. Scuola e nuovi media Per parlare delle modalità attraverso cui avviene il processo di inserimento dei media a scuola, possiamo considerare 5 dimensioni: • La dimensione dello sviluppo cognitivo, • La dimensione emotiva: i media possono stimolare ed arricchire la personalità dell’alunno • Quella di promuovere forme di scoperta attiva Ciò sottolinea come, attraverso l’interazione mediale, venga Favorita la crescita cognitiva sia dei docenti che degli studenti. I media come attivatori mentali Ma i media possono essere sia veicoli di messaggi culturali che attivatori mentali. In effetti essi non sono semplicemente dei supporti per la didattica, ma rappresentano dei compagni per socializzare, giocare e creare rapporti di confidenza con la realtà circostante. Inoltre i media possono diventare degli amplificatori della fantasia, offrendo sia la possibilità di imparare che quella di aumentare le capacità espressive, attraverso il coinvolgimento plurisensoriale del soggetto. Tecnologie e strumenti didattici Da qualche anno, nelle scuole si tenta di inserire tecnologie didattiche che avvicinano la scuola stessa alle strumentazioni, ai media e ai new media presenti nella vita quotidiana dei ragazzi. La scuola, nell'offerta didattica, può scegliere tra 5 categorie di strumenti tecnologici: 1. strumentazione manipolativa (è la più antica, non fa parte delle tecnologie in senso stretto, perché non si basa sui mezzi tecnicamente avanzati, ma viene comunque presa in considerazione poiché si ispira a criteri scientifici; si tratta di tavoli illustrati, album, atlanti, termometri, lenti, microscopi….). 2. Strumentazione audio; 3 strumentazione video; 4 strumentazione audiovisiva e 5 strumentazione informatica (in quest'ultimo caso si parla di computer e tablet). Le generazioni digitali Il sociologo americano Mark Prensky è stato il primo a parlare di nativi digitali, intendendo riferirsi, con tale locuzione, alla prima generazione di bambini cresciuti negli anni della massiccia diffusione di computer e di altri dispositivi elettronici. Osservando questi bambini, si è notato come già a partire dall’età dei nove anni, sono in grado di “muoversi” agevolmente nella rete: sanno usare benissimo i videogames, e social network, WhatsApp ed altre piattaforme on-line. I bambini digitali appartengono alla cosiddetta terza generazione digitale ovvero a quella generazione cresciuta tra smartphone, tablet, fibra ottica, Internet mobile, touch screen e app. Il coding a scuola Dato che, come appena detto, la scuola si trova a dover formare gli individui digitali, nella Buona Scuola si insiste molto sull'alfabetizzazione digitale: in ogni classe, a partire dalla scuola primaria, gli alunni devono imparare a risolvere problemi complessi applicando la logica del paradigma informatico, attraverso, chiaramente, un approccio di tipo ludico. Il fine ultimo di tale orientamento è quello di sviluppare il pensiero computazionale, ovvero quel processo mentale utile a risolvere problemi e che arriva alla soluzione combinando metodi e forme di ragionamento propri delle applicazioni software. Questo perché, per dirlo con Steve Jobs, "tutti dovrebbero imparare a programmare un computer, perché è un'attività che ti insegna a pensare" . La scuola digitale Quando si parla di "Scuola digitale" ci si vuole riferire all'insieme di interventi volti a potenziare la qualità dell'insegnamento, attraverso la diffusione e l'utilizzo sempre maggiore di competenze informatiche. Così facendo, sarà possibile applicare le competenze acquisite anche alle strategie educative. È ormai da un po’ di anni che nelle scuole vengono predisposti i programmi di sviluppo delle tecnologie informatiche. Sebbene i tentativi siano stati, e siano ancora oggi, molteplici, tuttavia sembra che la tecnologia faccia fatica ad entrare in maniera strutturata nelle scuole. Accanto all'introduzione di tecnologie nel contesto scolastico, si sono previsti dei piani di aggiornamento professionale dei docenti e di tutto il personale scolastico, finalizzati alla qualificazione dei soggettii nell'utilizzo e nella gestione dei nuovi strumenti. Uno dei vantaggi più evidenti, legati all'introduzione di mezzi informatici a scuola è quello di poter attivare una rete tra scuole anche molto distanti tra loro e di effettuare corsi di aggiornamento a distanza; tale situazione fa sì che vengano abbattute le barriere spaziali e temporali, consentendo a docenti di diverse aree geografiche di potersi scambiare idee, di potersi confrontare sull'organizzazione della scuola di appartenenza, di poter creare insieme progetti… Il Piano nazionale della Scuola digitale ( PSND) Il processo di digitalizzazione della scuola in Italia va ricondotto ai due piani nazionali 2008 e 2015 (PNSD). Il Piano nazionale della Scuola digitale del 2008 è il documento che ha dato inizio al processo di digitalizzazione delle scuole, attraverso i seguenti interventi: azione LIM; Azione Cl@ssi 2.0 (sperimentazione su 416 classi di ogni ordine di un'azione più incisiva che vada oltre l’uso della LIM); azione Editeoria digitale scolastica (diffusione dei testi digitali) ; azione wi-fi e azione Poli formativi (le scuole che risultavano essere più avanti nel processo di digitalizzazione hanno assunto il ruolo di “ Poli formativi "per le altre scuole). Il Piano nazionale per la scuola digitale 2015 nasce, invece, nell’ambito del più ampio progetto di riforma attuato dalla L. 107/2015 ed ha come obiettivo di rafforzare il potenziamento della diffusione di strumenti tecnologici e laboratoriale nelle scuole. Il piano del 2015 prevede step fondamentali: strumenti, competenze e contenuti, formazione, accompagnamento. La didattica multimediale Skinner, il noto studioso psicologo americano fu il primo a formulare nel 1954 la teoria di riferimento della tecnologia didattica. La suddetta teoria ha dato vita ad un nuovo settore disciplinare, noto come “educational technology”; ben presto, però, le teorie elaborate in tale ambito si sono allontanati dalle origini comportamentiste di Skinner, avvicinandosi, invece al cognitivismo. Oggi, insomma, la scuola è intesa come un ambiente entro il quale rimodulare le forme, le modalità e i contenuti. L'uso della multimedialità consente di gestire lo sviluppo di vari stili cognitivi aumentando l'interattività, gli scambi comunicativi, agevolando la formazione a distanza e i percorsi personalizzati. Anche con lo strumento delle classi virtuali si ridefinisce la didattica e il docente assume il ruolo di guida, docente-regista, come suggerisce Bruner, il quale sintetizza ciò nel concetto di scaffolding: adulto competente che offre al discente un'impalcatura di sostegno per nuove acquisizioni. La reticolarità della comunicazione multimediale Un'organizzazione efficiente e produttiva che sfrutta la tecnologia facilita la circolarità delle informazioni, l'interscambio e la visibilità entro una logica di rete. Internet è il luogo privilegiato di questo scambio. L'interazione on-line presenta alcune peculiarità: Nell'ottica di garantire uno sviluppo qualitativo della scuola, si è evidenziata la necessità di predisporre un nuovo modello di formazione culturale e professionale, che riguardasse docenti, personale ATA, dirigenti, collegi docenti, consigli di classe…. (Coerentemente con le scelte adottate nell'art.6 del DPR 275/1999). Ciò a cui si assiste, ancora oggi, è che, ad esempio, i corsi di formazione vengano prevalentemente realizzati-come da tradizione-in spazi pomeridiani e con metodologie consuete, all'interno dell'edificio scolastico. Già una simile constatazione porta in evidenza come non si faccia tesoro della potenzialità delle tecnologie: attraverso di Esse, infatti, è possibile realizzare corsi di formazione e di aggiornamento continuo flessibili, perché fruibili a distanza e in tempi "comodi" per colui che deve formarsi. Le nuove tecnologie permettono, come detto, di abbattere le barriere spaziali e temporali, mostrandosi così fruibili secondo esigenze specifiche e soggettive. E Dunque va potenziato il settore della formazione a distanza. Per predisporre efficacemente i docenti al nuovo paradigma pedagogico e culturale è necessario innanzitutto esplorare il potenziale innovativo della tecnologia nella didattica, è inoltre utile sperimentare le nuove metodologie didattiche e coinvolgere gli studenti nei processi di apprendimento attivi ed efficaci. Un momento assai significativo per la formazione specifica del personale scolastico nell’ambito delle tecnologie multimediali risale alla metà degli anni novanta, quando fu promosso il Programma Nazionale delle Tecnologie Didattiche: si è trattato di un programma finalizzato all’introduzione delle Tecnologie dell'Informazione e della Comunicazione (ICT) in tutti gli ordini di scuola, con l'obiettivo di educare gli studenti alla multimedialità e alla comunicazione, di potenziare l'efficacia dell'insegnamento, dell'apprendimento delle discipline e, infine di migliorare la professionalità dei docenti, appunto. Tra i piani di formazione utili a favorire un alfabetizzazione digitale del personale scolastico, ricordiamo il FOR TIC3, un’azione che ha riguardato circa 500.000 e che ha voluto avvicinare ad una conoscenza di base delle ICT. Programma interessante in tal senso e stato il DiGi Scuola, (2007/2008), un iniziativa diretta alle regioni obiettivo 1 del Piano Operativo Nazionale (PON) e finalizzata alla diffusione e all'utilizzo dei contenuti didattici digitali. Ricordiamo infine il piano del MIUR, PIANO NAZIONALE SCUOLA DIGITALE, che ha realizzato alcuni interventi strategici per la trasformazione dell'ambiente di apprendimento, in particolare dell'aula scolastica, attraverso la tecnologia. La competenza digitale del docente Il piano nazionale per la scuola digitale a cui si è appena accennato, è stato predisposto dalla L. 107 del 13 luglio 2015; Esso prevede che i docenti vengono formati affinché riescano a gestire in maniera funzionale ed efficace l'innovazione didattica, perché tentano verso il potenziamento degli strumenti tecnologici e laboratoriali a disposizione della scuola e perché realizzino attività volte allo sviluppo delle competenze digitali degli studenti. Stando alle indicazioni contenute nel piano nazionale per la scuola digitale, un docente digitale dovrebbe possedere abilità tecniche (saper utilizzare i software; saper utilizzare la rete per navigare; sapere elaborare testi multimediali usando immagini, audio e video; saper usare software didattici e di authoring multimediale. Un docente digitale, inoltre, dovrebbe possedere competenze relative all'uso delle tecnologie in ambito scolastico: dovrebbe conoscere i fondamenti del quadro tecnico di riferimento per l’uso delle tecnologie nella didattica; dovrebbe saper individuare risorse didattiche per la realizzazione di attività curricolari e progettare un setting tecnologico in funzione di un’attività didattica. Infine, un docente digitale, per quanto riguarda gli aspetti cognitivi e culturali della competenza digitale dovrebbe conoscere il ruolo della scuola nella società dell’informazione; conoscere gli strumenti di comunicazione mediata dal computer ed il loro utilizzo nell’ambito formativo. Più in generale è opportuno che il docente impari a • progettare attività didattiche con le TIC • Strutturare percorsi didattici con le TIC • Realizzare contenuti didattici digitali La competenza digitale dello studente I giovani di oggi, lo abbiamo già detto sono totalmente immersi in una dimensione parallela "virtuale"ed è, pertanto, opportuno che essi vengono educati ad utilizzare in maniera consapevole e responsabile le nuove tecnologie così da evitare di farne un uso distorto e dannoso. I servizi per gli utenti È innegabile che la diffusione delle nuove tecnologie abbia generato in doppi vantaggi, consentendo, ad esempio, di organizzare un servizio funzionale per gli utenti così che agli insegnanti è data la possibilità di esaminare agevolmente dati statistici ed anagrafici relativi agli alunni; di esaminare le valutazioni degli scrutini e/o gli orari delle lezioni. Le famiglie hanno invece la possibilità di controllare assenze, profitto, orari di ricevimento, verifiche previste. .. così che riescano a monitorare in tempo reale l'andamento scolastico del proprio figlio. 3. Strumenti tecnologici per l’inclusione Gli strumenti compensativi Abbiamo già visto che la normativa espressa nella legge 170/2010 obbliga tutte le scuole a garantire “l’introduzione di strumenti compensativi, compresi i mezzi di apprendimento alternativi e le tecnologie informatiche, nonché misure dispensative da alcune prestazioni non essenziali ai fini della qualità dei concetti da apprendere” per tutti quei soggetti che mostrano di avere bisogni educativi speciali. Gli strumenti compensativi, dunque, sono strumenti didattici e tecnologici che sostituiscono o facilitano le prestazioni di soggetti aventi qualche deficit in specifiche abilità. Word processor Il word processor è un software da utilizzarsi per la creazione o la modificazione di testi complessi attraverso l’uso di immagini, tabelle, formule matematiche…il più diffuso software di tal genere è il Microsoft Word. Sintesi vocale La sintesi vocale è uno strumento tecnologico che consente di ascoltare testi attraverso la “voce"del PC, del tablet o dello smartphone. Tale applicazione facilita di molto l’autonomia del soggetto sia nei contesti di studio che in ambito lavorativo. Ma c'è un limite: giacché la sintesi vocale dà una interpretazione ed una intonazione minima al testo letto, è necessario che il soggetto riesca a comprendere e a memorizzare ciò che di saliente viene letto; sarebbe utile affiancare tale strumento ad altre strategie cognitive, quali, ad esempio, le mappe concettuali. Le mappe concettuali sono una strategia utile a guidare e a facilitare gli studenti nella comprensione e nella sintesi di un testo; Esse vengono realizzate attraverso rappresentazioni grafiche di schemi, figure geometriche, frecce e linee attraverso le quali un dato concetto viene "schematizzato. Le mappe risultano particolarmente utili nel supportare l’apprendimento dei DSA. Ci sono poi gli audiolibri, ovvero dei libri letti integralmente da una voce narrante che solitamente dà anche un'intonazione significativa alla lettura. E poi ci sono le calcolatrice con sintesi vocale. Con tale strumento è possibile controllare i dati inseriti attraverso l’ascolto del numero digitato, del segno e/o del risultato. Si tratta di un ausilio assai utili per soggetti che abbiano il disturbo di discalculia e che quindi abbiano difficoltà nella trascrizione di dati. Altro utile strumento compensativo tecnologico per l'inclusione è il riconoscimento vocale. Si tratta di un software che riconosce il linguaggio naturale verbale e lo trasforma automaticamente in scritto. È evidente che tutti gli ausili tecnologici appena descritti offrono la possibilità di facilitare e supportare l'apprendimento di soggetti che presentino qualche tipo di "caduta" in aree specifiche dell'apprendimento, ma è, come abbiamo detto, opportuno che docenti e studenti siano formati all’utilizzo adeguato ed efficace delle suddette tecnologie. La LIM La LIM è uno strumento indispensabile, da inserire all’interno dei contesti scolastici, giacché essa offre un supporto fondamentale alle strategie compensative messe in atto nella pratica quotidiana dei docenti. Tutte le lim presenti nelle scuole italiane, infatti, possiedono dei software di strumenti compensativi e dispensativi specifici per i DSA. Un altro utile software nei contesti di apprendimento che puntino all’inclusione è il dizionario di lingua straniera computerizzato e i traduttori: si tratta di software che spesso, oltre alla traduzione e alla corretta grafica, permettono l'ascolto e quindi l'apprendimento corretto della pronuncia. Computer e diversamente abili Grazie alle nuove tecnologie e allo sviluppo di software sempre più sofisticati, anche a soggetti portatori di disabilità gravi, quali ad esempio la cecità o ipovisione, è garantita l'opportunità di studiare e/o di lavorare. Esistono, infatti, tastiere Breil per computer ed esistono anche sofisticati software di letto scrittura sintetica. Dunque, nell’ambito dell’inclusione e della compensazione, le tecnologie moderne sono un ausilio indispensabile ed insostituibile, in assenza del quale tante persone avrebbero continuato ad essere in difficoltà. Sezione 1 bisogni educativi speciali e strategie didattiche Approcci teorici Da più di un decennio, ormai, il ministero dell’istruzione si mostra estremamente sensibile Si mostra estremamente sensibile al tema della diversità e, conseguentemente, a quello dell’inclusione. Le azioni normative legate all’inclusione hanno teso – TUTTE - a riconoscere l’individualità di ciascuno e il diritto di tutti alla partecipazione piena ed attiva alla vita scolastica, in maniera tale che ciascun alunno riesca a percepirsi a pieno titolo come membro della comunità scolastica di riferimento. Bisogni educativi speciali: dalla direttiva ministeriale 27 dicembre 2012 alla L. 107/2015 (cd. Buona Scuola) Come appena detto, il ministero italiano mostra ormai da anni una elevata attenzione ai temi legati alla individualizzazione e personalizzazione degli apprendimenti. Nella direttiva ministeriale del 27 dicembre 2012 si parla dello svantaggio scolastico: esso comprende problematiche diverse ed è indicato come area dei bisogni educativi speciali. All'interno del concetto di "svantaggio scolastico" sono state poi definite tre sotto-categorie: quella della disabilità; quella dei disturbi evolutivi specifici e quella dello svantaggio socioeconomico, linguistico e culturale.