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Riassunto Comunicazione, cultura, società - Gili e Colombo, Appunti di Teorie e tecniche della comunicazione multimediale

Riassunto del manuale nella sua totalità

Tipologia: Appunti

2019/2020
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Caricato il 15/12/2020

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Scarica Riassunto Comunicazione, cultura, società - Gili e Colombo e più Appunti in PDF di Teorie e tecniche della comunicazione multimediale solo su Docsity! 1 \Comunicazione, cultura e società. L’approccio sociologico alla relazione comunicativa. Gili, Colombo 1. Introduzione Comunicare è la cosa più normale, comune e diffusa attività umana. Al tempo stesso la comunicazione si rivela un evento che richiede molteplici condizioni perché accada e abbia successo (incomprensioni, fraintendimenti). Cosa significa comunicare?  Trasmettere un messaggio (informazione): la comunicazione apporta un elemento di conoscenza che prima il destinatario non possedeva. Comunicazione è notizia, annuncio, informazione ma anche richiamare alla mente, precisare, approfondire. Accezione trasmissiva (Carey).  Costruire, elaborare, condividere significati: comunicazione significa costruire, elaborare, condividere significati. Attività interpretativa rivolta a comprendere le reciproche intenzioni. : significato, senso, intendere, comprensione, interpretazione, cornice interpretativa.  Costruire, mantenere, modificare relazioni tra le persone e i gruppi sociali: comunicare significa coinvolgersi in una relazione e ciò chiama in causa l’identità di coloro che comunicano e la definizione della relazione che si attua tra loro. (Carey: rituale). : consenso, comunità, partecipazione, cooperazione, coinvolgimento. Due concetti base: 1) Soggetto agente: tutti coloro che partecipano alla comunicazione; concetto legato strettamente a quello di azione (implicito che ci sia un soggetto agente nell’azione) come espressione di intenzionalità e volontà; 2) Relazione comunicativa: termine che identifica la prospettiva conoscitiva della sociologia e la distingue dalle altre scienze della comunicazione.  Filosofia : genesi, struttura e trasmissione del significato;  Semiotica : scienza dei segni, della loro natura, funzione, produzione e interpretazione;  Linguistica : segni linguistici, significati di essi e uso;  Psicologia : comportamento comunicativo collegato alle funzioni psichiche, esperienze soggettive;  Etologia : moduli comportamentali delle specie animali in comparazione e comportamenti dell’uomo come espressione della sua costituzione biologica;  Antropologia : modi di vita dei diversi gruppi umani e loro comunicazione come parte essenziale della cultura;  Cibernetica : processi di accumulo, immagazzinamento ed elaborazione delle informazioni da parte dei sistemi complessi  Sociologia : comunicazione come relazione comunicativa e dimensione comunicativa delle relazioni sociali (io-tu). Ogni relazione sociale ha una dimensione comunicativa (oltre agli aspetti biologici, psicologici, materiali, strutturali, normativi, di potere). La sociologia studia la relazione comunicativa nella sua struttura e nelle sue funzioni fondamentali, ma anche i tipi e le forme che essa può assumere nelle diverse situazioni e contesti. Implicazioni fondamentali nello studio della comunicazione in prospettiva sociologica: 1) Essendo la comunicazione una relazione tra soggetti agenti, essa presuppone e dipende da ciò che accade in essi, ma non è solo questo. È sempre in certo modo il risultato di una azione reciproca e un effetto emergente. Gli atti comunicativi sono sempre co-costruiti e negoziati all’interno di una relazione. La relazione comunicativa implica sempre l’intenzionalità dei soggetti agenti e la continua definizione e ri-definizione reciproca della loro relazione; 2) Approcci microsociologici : attenzione posta sull’azione comunicativa. Partono dall’azione tra soggetti con un movimento ascendente (individuisocietà) 2 Approcci macrosociologici: attenzione posta sulla struttura o il sistema della comunicazione. Partono dall’analisi degli assetti generali strutturali, culturali e istituzionali della società per spiegare con un movimento discendente ciò che accade nell’interazione comunicativa (società individuo) Il concetto di relazione comunicativa non si oppone a questi approcci. Essa infatti è un’azione reciproca (rel- azione) tra soggetti agenti e costituisce le organizzazioni e i sistemi come insiemi strutturati di relazioni attraverso dei processi di integrazione, differenziazione, formalizzazione, istituzionalizzazione. 3) La sociologia studia la comunicazione a diversi livelli:  Interazione tra gli individui  Comunicazione dei gruppi e delle organizzazioni (sia interna che inter-gruppi o con i loro pubblici esterni)  Testi e produzioni culturali (forme culturali che incorporano un significato)  Sistemi istituzionalizzati e le reti della comunicazione (mass media, web etc.) Divisione dei capitoli in base a delle domande 1. Di che cosa è fatta la comunicazione? Elementi fissi e insostituibili che costituiscono la struttura della relazione comunicativa. 2. Come avviene la comunicazione? Comunicazione come processo in prospettiva dinamica (: codifica/decodifica, interpretazione, selettività, cooperazione comunicativa). 3. Perché comunichiamo? A cosa serve la comunicazione? Funzioni della comunicazione: conoscere e rappresentare la realtà, agire in essa, tessere relazioni sociali, presentare l’identità di chi comunica, riflettere sulla comunicazione stessa. 4. Quali forme assume la comunicazione? Soggetti come “mezzi di comunicazione”, soggetti multimediali che utilizzano codici e canali. (comunicazione linguistica, comunicazione non verbale.) 5. Cosa sono e come funzionano i sistemi e le reti di comunicazione? Problematiche nel rapporto tra media e società. 6. Quando e perché la comunicazione fallisce? Fattori e condizioni che compromettono il “successo ” della comunicazione ( rumore come elemento costitutivo della relazione comunicativa e non un semplice fattore anti-comunicativo) 7. Che cos’è la credibilità? Credibilità del comunicatore e la fiducia che il ricevente è disposto ad accordargli. Homo sum, nihil humani a me alienum puto 5 Ciò è possibile perché possediamo una comune natura umana e perché possediamo un repertorio di interpretazione di quei gesti, vivendo in una determinata società. Due aspetti dell’intenzionalità:  La consapevolezza della propria comunicazione dipende dal fatto che l’essere umano è capace di essere/divenire oggetto a sé stesso, cioè di guardarsi e valutarsi come se fosse un altro (riflettere su di me, considerare le mie intenzioni e azioni, anticiparne il corso e gli effetti, giudicarle una volta accadute)  Intenzionalità significa essere rivolto verso l’altro con cui si comunica (indirizzo la comunicazione verso di lui e tengo conto di lui nella comunicazione). Intenzione primaria (effetto che si vuole produrre sul ricevente), intenzione secondaria (destinatario riconosce l’intenzione e risponde assecondandola, accettandola o rifiutandola) secondo Jakobson. 2.3. Individui e ruoli comunicativi Le persone quando sono in presenza l’una dell’altra agiscono sotto l’aspetto comunicativo come individui, con le loro caratteristiche psicologiche e di personalità (biografia, educazione, famiglia, gruppo, cultura). Goffman: quando l’individuo partecipa all’azione sociale, non partecipa come persona totale, ma in una funzione o veste di un sé particolare In molte occasioni ciascuno agisce come membro di una categoria sociale o in quanto detentore di determinati ruoli che dipendono dalla particolare struttura delle situazioni in cui si trova. I ruoli definiscono la reciprocità delle aspettative e le “restringono”, limitando l’imprevedibilità del comportamento comunicativo dell’altro, fraintendimenti e perdite di tempo (soprattutto in strutture burocratiche con gerarchie e mansioni comunicazione tra posizioni e ruoli). Gli individui assumono/eseguono posizioni e ruoli.  differenza individuo/ruolo, relazione interpersonale/relazione di ruolo. La persona che assume un ruolo non esegue un “copione” in modo automatico e pre-definito. Esiste uno spazio di interpretazione del ruolo comunicativo (oltre alla definizione normativa e all’agire tipico di ruolo). Inoltre, ogni concreta prestazione può oscillare tra “assorbimento” e “distanza di ruolo” comunicativo, per cui possono identificarsi varie forme di dis-identificazione e dissociazione dal ruolo, a volte anche per interpretarlo in modo più flessibile e lungimirante. 2.4. Emittente e ricevente Due posizioni essenziali:  Emittente (colui che parla, l’origine, la fonte della comunicazione); detto anche mittente, parlante, enunciatore, fonte, sorgente della comunicazione  Ricevente (colui che ascolta, a cui la comunicazione è destinata); detto anche ascoltatore, destinatario, enunciatario, pubblico, audience Si tratta di categorie analitiche perché identificano dei ruoli comunicativi che ogni soggetto concreto possiede e può assumere sempre. Ognuno di noi è sempre emittente e ricevente, anche se in un certo momento può prevalere un ruolo o l’altro. Emittente e ricevente sono anche concetti empirici, cioè identificano determinati agenti sociali concreti che assumono con una certa stabilità il ruolo di emittente e ricevente, fino a diventare una specifica posizione sociale o professionale (polarizzazione o cristallizzazione dei ruoli). Equivoco: idea di considerare l’emittente come polo attivo e il ricevente il polo passivo Da qualche decennio ci si è concentrati sulla figura del ricevente (come ruolo attivo), si sono affermati i concetti di contrattazione e negoziazione del significato (audience attiva). Non solo l’emittente, ma anche il ricevente costruisce, interpreta e ri-elabora i messaggi che riceve, li accetta o li rifiuta. 6 Goffman: Le due categorie possono essere scomposte in diverse figure e ruoli Emittente:  Animatore: colui che concretamente comunica e si rivolge all’interlocutore (macchina parlante). Si caratterizza per aspetto fisico, espressività, stile comunicativo, abbigliamento.  Autore: colui che ha ideato e costruito il messaggio.  Mandante: il soggetto nel nome del quale si parla e che assume la responsabilità di ciò che viene detto. Ogni comunicazione consapevole rimanda alla responsabilità di qualcuno (implicazione fondamentale dell’intenzionalità della comunicazione). I tre ruoli possono essere ricoperti dalla stessa persona o divisi tra diversi soggetti (portavoce, avvocato, messaggio pubblicitario). Ricevente:  Partecipante ratificato o designato: gode di uno “status” ufficiale nella relazione comunicativa, è il vero e proprio destinatario. L’emittente si adatta a quel particolare interlocutore.  Partecipante occasionale o accidentale: si trova nel campo d’azione dell’emittente, ma l’emittente non si rivolge direttamente a lui, né la sua comunicazione è concepita primariamente per lui. Si può trovare in quel ruolo per caso oppure intenzionalmente.  Ricevente diretto: si espone o è raggiunto dal messaggio così com’è stato originariamente formulato e lo interpreta come sa e come crede.  Ricevente indiretto: riceve il messaggio tramite un altro soggetto che si è esposto direttamente al messaggio originario oppure, a sua volta, lo ha ricevuto da altri. Il messaggio, passando attraverso il “filtro” dell’interpretazione e della rielaborazione del primo ricevente, può essere sottoposto ad un processo di deformazione involontaria o volontaria. Modello del “flusso a due stadi” (two-step flow) della comunicazione di massa, elaborato da Lazarsfeld e Katz: la ricezione dei messaggi dei mass media non è diretta, ma passa attraverso la mediazione e il filtro di individui influenti che agiscono da tramite verso un pubblico più ampio a cui sono legati da rapporti interpersonali e di gruppo. 2.5. Soggetti individuali e collettivi La forma più immediata in cui l’emittente e il ricevente si presentano è di soggetto individuale, una persona singola. Le persone in presenza fungono da “mezzi di comunicazione” e le informazioni “incorporate” (nascono da un’attività corporea in atto: parole, espressioni, gesti). Emittente e ricevente possono però essere anche soggetti collettivi (gruppi, organizzazioni e istituzioni): pluralità di individui che agiscono collettivamente come soggetto comunicativo; possiamo considerarli come un emittente unico perché il messaggio prodotto è unico anche se espressione del lavoro collettivo di molte persone. Possono comunicare attraverso un esponente particolarmente significativo o attraverso dei testi. A loro volta possono essere destinatarie della comunicazione di qualcuno. 3. Messaggi e significati Il messaggio è il contenuto dello scambio comunicativo tra i soggetti agenti, il “che cosa” della comunicazione (Lasswell). Può essere definito in tre aspetti:  Espressione comunicativa dotata di significato: un messaggio è tale quando un’espressione rimanda a un senso che il destinatario riconosce.  Un messaggio è significativo non solo perché è riconosciuto come un messaggio, ma anche perché dice qualcosa in qualcosa in relazione alla realtà.  Il messaggio è un’informazione costruita secondo le regole di un dato codice e trasmessa per mezzo di una determinata forma materiale, cioè il messaggio ha una dimensione sensibile ed è sempre in stretto rapporto con un codice e un canale. (possono essere “oggetti culturali” o “prodotti culturali”) Significato di un messaggio:  Ciò che un messaggio, un testo o un prodotto culturale “vuol dire” secondo un sistema di riferimenti e rimandi condiviso dimensione culturale 7  Ciò che “mi dice”, ciò che in modo particolare suscita e fa emergere in me dimensione soggettiva. La dimensione culturale fa da sfondo alla dimensione oggettiva, la sostiene e la alimenta; la dimensione soggettiva riformula, modifica e attualizza la dimensione oggettiva. 3.1. Dimensioni del messaggio  Dimensione intenzionale e non intenzionale: comunicare consapevoli della propria comunicazione, esercitando una riflessività sulla sua comunicazione. Espressioni: assunte intenzionalmente/ lasciate trasparire, cioè che sfuggono al controllo dell’emittente, ma che l’interlocutore può interpretare come sintomatiche della sua personalità e del suo stato d’umore. Palo Alto: “non si può non comunicare” ogni comportamento che accade in presenza di un’altra persona ha valore comunicativo a prescindere dalla consapevolezza e dal significato che il soggetto agente attribuisce a quell’atto  Dimensione di denotazione e di connotazione: La denotazione è un significato neutro, oggettivo o di base (lo troviamo nel vocabolario) La connotazione indica significati impliciti, soggettivi, le associazioni di significati che una parola richiama. Tutte le parole-contenuto presentano entrambe queste dimensioni, anche se alcune sono potenzialmente molto più cariche di significati connotativi  Dimensione di contenuto e di relazione: Aspetto di contenuto: il significato più evidente e più esplicito Aspetto di relazione: in ogni messaggio, in ogni cosa diciamo, è dunque presente un secondo messaggio, più o meno visibile ed esplicito. Questo aspetto comprende una presentazione di sé, un’immagine dell’io (chi sono e come voglio essere considerato) e un’affermazione sulla relazione con l’interlocutore (definisco la situazione e il nostro rapporto reciproco).  Dimensione esplicita e implicita: ogni atto comunicativo ha un significato che oltrepassa il suo contenuto +6immediato, ma presuppone e contiene un mondo. In qualsiasi relazione comunicativa ognuno dei soggetti può contare su un insieme di conoscenze sull’altro che possono derivare da un lungo rapporto di condivisione di vita, da un rapporto personale più superficiale e discontinuo, ma anche su una serie di conoscenze ricavate dalle proprie precedenti esperienze su come le persone si comportano di solito. Rommetveit: parlante e ascoltatore sono due poli di una relazione che comprende non solo il “qui” ed “ora” e il “che cosa” immediato nello scambio comunicativo, ma anche le premesse, le presuppozioni e la conoscenza reciproca di coloro che comunicano. Significati impliciti che non devono essere esplicitati perché si suppone già appartengano alla comune conoscenza del mondo degli interlocutori (esistono anche degli impliciti convenzionali). 3.2. Il feedback: messaggio e azione reciproca La comunicazione è bi-direzionale feedback, messaggio di ritorno che il ricevente invia all’emittente originario. Non è semplicemente un il segnale o il messaggio di ritorno, ma è l’azione per cui il ricevente si costituisce pienamente come partecipante alla comunicazione. È un elemento strutturale della comunicazione. Il feedback è importante perché attesta l’attività del ricevente (egli può assumere a sua volta il ruolo di emittente) e svolge una funzione essenziale per lo stesso emittente originario (perché ha bisogno di sapere se il messaggio è stato ricevuto, accolto e compreso secondo le sue intenzioni o meno emittente esercita una riflessività sulla propria comunicazione). Il feedback è presente in ogni comunicazione, ma può assumere forme diverse di volta in volta. Feedback immediato nelle conversazioni faccia a faccia, può usare gli stessi canali e gli stessi codici, ma anche canali e codici diversi e complementari (cenni/segnali non verbali). Nel rapporto faccia a faccia l’azione comunicativa si svolge sempre contemporaneamente in due direzioni. Il feedback può essere rimandato nel tempo (lettera, telefonata, email, etc.…).  pure il silenzio è una forma di feedback. Anche in sistemi di comunicazione complessi (mass media) e con una struttura fortemente a-simmetrica, sono presenti forme di feedback. Eventuali reazioni individuali dirette non hanno grande valore, funzionano forme indirette e deduttive di feedback che rappresentano l’insieme del pubblico (segmentare il pubblico). 10 Sono in corso studi e sperimentazioni sulle nuove tecnologie per includere l’uso di altri sensi (olfatto/tatto) nella comunicazione mediata. 6. Scopi e norme Le relazioni comunicative sono sempre guidate da scopi e regolate da norme. La condivisione (o meno) degli scopi e l’osservanza o l’inosservanza delle norme regolano l’unione o la separazione, l’avvicinamento o il distanziamento, il consenso o il conflitto tra i soggetti agenti. 6.1. Scopi: convergenze e conflitti Nelle specifiche situazioni di interazione possiamo distinguere tra gli scopi generali della relazione e gli scopi perseguiti dai singoli soggetti agenti. Questa distinzione corrisponde alla distinzione di Hymes tra scopi-risultati (che riguardano tutta la comunità di parlanti coinvolti) e scopi-fini (scopi particolari di coloro che vi sono impegnati). Diversi tipi di relazione tra gli scopi dei singoli soggetti agenti:  Scopi comuni  Scopi complementari  Scopi conflittuali (relazione concorrenziale)  Scopi negoziati (situazione potenzialmente conflittuale, si accetta un compromesso, un accordo operativo) 6.2. Norme, regole, procedure Norme: modelli di comportamento legati a valori sociali che sono prescritti, richiesti o preferiti in una determinata relazione comunicativa. Definiscono il comportamento “appropriato” nei diversi contesti e situazioni comunicative, possono avere carattere più o meno vincolante, essere esplicite o implicite e prevedere sanzioni diverse in caso di violazione. Gli individui imparano a riconoscerle, a seguirle, a violarle con maggiore abilità, attenzione e rispetto. La comprensione di queste norme implica un’analisi dell’organizzazione e delle relazioni sociali all’interno di una comunità. Tipi di norme:  Norme di interazione comunicativa: definiscono chi può assumere il ruolo di emittente o ricevente e quando si può parlare o si deve tacere. Queste regole non valgono universalmente nello stesso modo. Voi sono anche situazione volutamente ambigue (vi sono delle regole ma non si fa nulla per impedirne la trasgressione perché ciò aumenta l’interesse e la vivacità. Per es. i talk shows)  Norme della cooperazione: sono rivolti a creare le migliori condizioni per dare vita a una relazione comunicativa. Sono di 2 tipi: norme rivolte a favorire la condivisione del contenuto (Paul Grice: per massimizzare la comprensione è necessario regolare la quantità di enunciati, assicurare la veridicità e attendibilità del contenuto, attenersi a criteri di rilevanza e pertinenza, evitare confusione e oscurità) e norme finalizzate a salvaguardare la relazione (evitare tensioni e conflitti. Goffman: regole difensive degli emittenti per salvare la rappresentazione, regole protettive usate dagli interlocutori per sostenere gli emittenti nel tentativo di salvare la rappresentazione, regole relative ai modi in cui gli emittenti devono comportarsi per rispondere al positivo atteggiamento del pubblico. Robin Lakoff: non ti imporre, offri delle alternative, mettiti l’interlocutore a suo agio, sii amichevole. Altri studiosi: patto comunicativo, accordo implicito tra i soggetti).  Norme basate sugli status-ruoli: le relazioni sociali possono essere divise in tre dimensioni, tre assi di riferimento: o Dimensione verticale, è l’asse dello status, della posizione sociale; esprime le differenze e la gerarchia sociale o Dimensione orizzontale, dimensione dell’uguaglianza e della solidarietà (persone dello stesso status) o Dimensione della profondità, esprime le relazioni di intimità tra le persone. Diverse relazioni sociali producono diverse relazioni comunicative. Possiamo notarlo dai pronomi personali, dai nomi, titoli personali o onorifici e formule di saluto. C’è un rapporto complesso tra relazioni sociali e norme comunicative, per cui le seconde non riflettono, ne sono semplici esecuzioni delle prime. C’è sempre un gioco di traduzione e ridefinizione reciproca. 11 Norme implicite e esplicite, formali e informali  Norme esplicite: regolano le relazioni comunicative di ruolo all’interno di istituzioni e le “canalizzano” entro modelli e forme pre-determinate e relativamente rigide. Il carattere di esplicitezza e cogenza delle norme può variare in base al contesto (esercito, scuola).  Norme implicite: le persone sono più libere di stabilire regole comunicative basate su un accordo tacito (padre-figlio, coniugi) A volte le norme comunicative non sono chiaramente definite, quindi ci si affida a usi e modi di fare più o meno consolidati. Si può generare disorientamento (soprattutto se non conosciamo il nostro interlocutori o nella comunicazione interculturale) 7. Contesti Relazione comunicativa si svolge sempre in un contesto fisico, sociale e culturale determinato. Il contesto è l’insieme delle condizioni in cui si svolge la comunicazione, è l’ambiente o il “mondo” che sta prima e intorno all’evento comunicativo e lo influenza sotto vari aspetti. Perché è così determinante?  I messaggi che gli agenti si scambiano si riferiscono sempre a qualcosa. L’ambiente offre alla comunicazione i suoi “oggetti”, cioè “ciò di cui si parla” (ambiente formato da oggetti fisici, sociali, simbolici e culturali)  Il contesto deve essere richiamato per comprendere il senso della comunicazione (senza riferimenti la comunicazione resta “vuota” di significato, incompleta, ambigua o oscura)  Il contesto influenza e condiziona la comunicazione (agire, motivazioni, interessi, valori, ruoli, messaggi, codici, canali, scopi e norme) Distinguiamo microcontesto (specifica situazione) e macrocontesto (ampio contesto di riferimento). Il contesto è sempre pluridimensionale: presenta una dimensione spazio-temporale, psicologica, sociale, culturale. 7.1. Micro e macro MICROCONTESTO Goffman: situazione sociale arena fisica in cui le persone presenti possono vedersi e sentirsi reciprocamente, cioè quella parte dell’ambiente che è più prossima all’individuo e nella quale egli è direttamente accessibile ai sensi di coloro che sono presenti, così come essi sono accessibili a lui Cosa la caratterizza?  I partecipanti sono gli uni in presenza di altri, reciprocamente accessibili in tutta la ricchezza della loro espressività (parole, gesti, movimenti)  I partecipanti si influenzano reciprocamente, cioè tengono conto gli uni dell’azione comunicativa degli altri Modello di Brown e Fraser comprende la scena (setting e scopo) e i partecipanti (partecipanti singoli e relazioni tra partecipanti).  Scena = setting, attività, argomento specifico;  I partecipanti agiscono come partecipanti singoli in quanto individui e in quanto membri di una categoria sociale; sono legati da particolari relazioni interpersonali e da relazioni di ruolo o categoriali. Micro e macro contesto si influenzano reciprocamente, anche se il microcontesto mantiene una strutturazione relativamente autonoma ed una propria logica che influenza i comportamenti dei partecipanti e non può essere semplicemente dedotta, né dalle loro motivazioni soggettive, né dai fattori contestuali più generali. 7.2. Dimensioni dei contesti Il contesto (micro e macro) è attraversato da quattro dimensioni che ne definiscono la concreta fisionomia:  Dimensione spazio-temporale: spazio e tempo influenzano il modo in cui la comunicazione avviene. Goffman: ribalta (luogo in cui siamo davanti ad un pubblico e ci comportiamo secondo decoro e cortesia) e retroscena (luogo in cui abbiamo più confidenza siamo più spontanei, allentiamo la “cura espressiva”). 12 Relazioni in presenza (qui e ora, compresenza e contemporaneità) o a distanza (comunicazione a-sincrona e de-spazializzata; perdita della ricchezza espressiva, maggiore possibilità di rivedere e correggere la comunicazione, maggiore libertà dal controllo diretto dell’altro e quindi di sottrarsi al confronto). Con le relazioni a distanza, la comunità non ha più esclusivamente una base territoriale, ma può costituirsi come comunità relazionale ( Villaggio globale, McLuhan). Il tempo e lo spazio influenzano la comunicazione perché sono risorse limitate (conversazione amichevole/ convegno/ spot pubblicitario). Tempo e spazio minori concentrano l’attenzione. Spazio e tempo influenzano la comunicazione in riferimento al feedback (immediato nella comunicazione faccia a faccia; più astratto e aleatorio nella comunicazione a distanza, in cui può essere rinviato o anche disperso media)  Dimensione psicologica: L’atteggiamento con i partecipanti entrano nella relazione comunicativa influenza la comunicazione e i suoi esiti. Ciò può dipendere da aspetti della personalità (relativamente stabili e sviluppati durante la vita), ma anche dallo stato dell’umore (mood, legato a situazioni momentanee e transitorie). Tre variabili nell’atteggiamento: favorevole, ostile, neutralità affettiva. Goffman: le formule di saluto svolgono una funzione psicologica e rituale perché fanno in modo che gli individui cessino temporaneamente di stare in guardia; essi agiscono da promessa di disponibilità ad una nuova relazione comunicativa (in entrata: rassicurazioni e promesse sulla disposizione positiva con cui ci si accinge all’incontro; in uscita: riassumono l’effetto che l’incontro ha avuto sulla relazione e rassicurano sulla continuazione del rapporto). Atteggiamenti positivi: simpatia, ovvero attrazione sentimentale istintiva, ma può essere ampiamente guidata e costruita. I principali meccanismi della simpatia fanno leva sulle caratteristiche dell’aspetto fisico (bellezza=bontà= affidabilità; “caratteri infantili” tipici dei bambini o dei cuccioli), sul “compiacimento” dell’interlocutore (captatio benevolentiae, prefeedback, dichiarazioni preventive di fiducia e ottimismo) e sulla similitudine o omofilia tra emittente e destinatario (tendiamo ad ascoltare di più chi ci assomiglia, law of attraction). La creazione di un clima psicologico positivo facilita la comunicazione e spesso chi è attivamente impegnato nella costruzione di una tale condizione. Un atteggiamento positivo e fiducioso espone le persone al rischio dell’inganno e della manipolazione rispetto a chi assume un atteggiamento diffidente, critico o di neutralità affettiva.  Dimensione sociale: il rapporto tra la struttura sociale e le forme della comunicazione. Ogni società presenta una specifica struttura di status-ruoli che influenza le relazioni comunicative tra le persone secondo il genere, l’età, lo status socio-economico, il ruolo professionale, il livello di istruzione. Quando comunichiamo non agiamo come individui senza qualità, ma come soggetti sociali che appartengono a determinati gruppi e collettività e ricoprono determinate posizioni e ruoli sociali. Le nostre relazioni possono assumere una forma complementare (interlocutori non si possono scambiare i ruoli), forma simmetrica (soggetti con ruolo paritario), essere formali o informali, più o meno distanziate o ravvicinate a seconda del grado di estraneità o familiarità. Goffman: lo status dei soggetti dipende dalla specifica “struttura partecipativa” che può variare notevolmente da situazione a situazione; in ogni situazione in cui si trovano ad interagire con gli altri, gli individui proiettano una propria definizione nella situazione (il modo in cui intendono e applicano/ violano le regole e le norme che regolano le relazioni in quella situazione e il modo in cui interpretano il proprio ruolo in quello specifico sistema di interazioni). In relazione al diverso potere e anche ai diversi interessi che i partecipanti portano nella relazione, avremo definizioni più o meno armoniche e conflittuali (accettazione/contrattazione). In genere le definizioni 15 McKay  relazione tra errori di traduzione del ricevente e identificazione dello scopo comunicativo dell’emittente Eco e Fabbri tipologia delle cause delle decodifiche aberranti, sbagliate, non riuscite:+  Assenza di codice: messaggio appare come rumore.  Disparità di codici tra emittente e ricevente: codice non ben conosciuto o assume un significato diverso nel contesto in cui è usato.  Interferenze circostanziali: il ricevente possiede il codice e comprende cosa l’emittente intenda dire, ma interpreta il messaggio secondo il proprio sistema di aspettative  Il ricevente rifiuta il messaggio per delegittimazione dell’emittente (il ricevente sceglie di non credere all’emittente) La questione si sposta sull’interpretazione e la condivisione dei significati 1.2. Commutazione di codice Noi usiamo molti codici e canali e possiamo passare più o meno rapidamente da uno all’altro. Tale passaggio può avvenire tra codici dello stesso genere (lingue) ma anche tra codici di natura diversa (verbale/ non verbale). Ragioni della commutazione: esigenza di maggior chiarezza, supplire a un deficit di comunicazione, contrastare un rumore legato all’uso insoddisfacente di un determinato codice, esigenza di arricchire o rendere più vivace la comunicazione avvalendosi di codici diversi. Può avvenire anche quando un estraneo si inserisce in una situazione di interazione tra amici o paesani, oppure per ragioni sociali (contesti pubblici e formali/ informali e quotidiani). Goffman estende la nozione di commutazione di codice a tutte quelle situazioni in cui vi è un cambio di “passo” o di “frame” nella comunicazione, attribuendo a questa categoria linguistica un significato più propriamente sociologico. Per esempio un cambio della postura, della mimica facciale o del tono di voce. 2. L’attività interpretativa Codifica e decodifica sono legate a processi di produzione, interpretazione e rielaborazione di significati. I significati presentano due caratteristiche fondamentali: sono sociali e culturali (rete di significati precostituiti e intersoggettivi), ma anche individuali e soggettivi (elaborazione personale che contempla personalità, biografia, esperienze, saperi dei singoli agenti). 2.1. Schemi, copioni, enciclopedie Noi pensiamo per concetti o categorie. I concetti ci consentono di mettere ordine ed economizzare energie psichiche. Ci sono due tipi di concetti che si depositano nella nostra memoria semantica:  Schemi: concetti che si riferiscono ad elementi singoli più semplici (oggetti concreti, ma anche astratti)  Copioni: rappresentazioni concettuali di eventi e relazioni sociali Schemi e copioni, come le conoscenze semantiche, si acquisiscono con il tempro grazie ad una serie di singoli atti di conoscenza ripetuti (esperienza e osservazione diretta, racconto di altri, nozioni e conoscenze imparate). L’apprendimento avviene attraverso la ripetizione di una serie di episodi, che poi perdono le loro caratteristiche spazio-temporali e diventano memoria, o meglio, conoscenza semantica. La mente opera una sintesi di questa molteplicità di esperienze e conoscenze attraverso un processo di categorizzazione e specificazione al quale contribuisce in modo decisivo la lingua con il suo potere di definire e catalogare la realtà fisica e sociale. La memoria semantica conserva il significato delle informazioni e delle 16 conoscenze sotto forma di concetti semplici, schemi e copioni perdendo le informazioni relative alle coordinate spaziali e temporali in cui ciò è stato appreso. Il significato denotativo è un significato condiviso, anche se l’aspetto connotativo può variare infinitamente (sulla base delle specifiche esperienze e conoscenze individuali). Questi schemi e copioni presenti nella nostra memoria semantica guidano la nostra conoscenza e comprensione della realtà e i successivi processi di memorizzazione. Le nostre conoscenze pre-esistenti e il punto di vista in base al quale interpretiamo gli eventi hanno un ruolo fondamentale importante nel determinare ciò che ricordiamo: quando nessuna interpretazione dotata di senso è possibile, allora è anche impossibile ricordare.  Memoria a lungo termine: conserva informazioni per periodi di tempo molto lunghi o in modo permanente:  Memoria autobiografica: chi siamo, fa supporto al nostro senso di identità.  Memoria procedurale: come si conosce, come si agisce.  Memoria episodica: eventi definiti nello spazio e nel tempo che hanno avuto particolare significato nella nostra vita o ci hanno colpito.  Memoria semantica: conserva il significato delle informazioni e delle conoscenze in forma di categorie e concetti espressi attraverso la lingua o altri sistemi simbolici. Si alimenta attraverso l’esperienza e l’osservazione diretta, l’istruzione e l’esposizione ai mezzi di comunicazione. Schemi e copioni non sono concetti isolati, ma sono collegati tra loro da una rete di riferimenti e rimandi significativi. I concetti sono strutturati in categorie e ogni concetto presenta un fascio di concetti collegati. L’insieme degli schemi e dei copioni costituisce il repertorio più o meno ampio e organizzato dal quale traiamo i concetti e le categorie che usiamo per catalogare e interpretare la realtà e per comunicare. È il nostro lessico mentale, o meglio, enciclopedia mentale. Le enciclopedie delle diverse persone presentano tratti comuni (la società influenza la nostra enciclopedia) e aspetti specifici (biografia, esperienze, istruzione). 2.2. Il significato come scoperta e come creazione La produzione e la comprensione dei significati non si riferisce solo ai singoli concetti, ma anche ad enunciati più complessi, come affermazioni, domande, giudizi. La comprensione del significato non riguarda solo il contenuto dell’enunciato, ma anche la sua intenzione e la narrazione o il contesto che lo rendono intellegibile. Sono questi gli elementi che distinguono il senso dal non-senso. La comunicazione coinvolge dunque sempre un aspetto interpretativo. Secondo l’ermeneutica contemporanea (Heidegger e Gadamer), l’interpretazione non è solo il tentativo di scoprire un senso nascosto o di cercare di colmare la distanza che ci separa dall’autore, ma anche l’innesto di un significato in un nuovo contesto. Il significato è vivo quando ha il potere di generare domande ed è aperto a nuove interpretazioni. 2.3. Frame e situazioni sociali (Sociologia) analisi dei frame, ovvero le cornici interpretative che la società e la cultura ci mettono a disposizione per comprendere gli eventi e il loro significato. Frame analysis di Goffman: i frame sono le strutture basilari della comprensione disponibili nella nostra società per dare un senso agli eventi; principi di organizzazione che governano gli eventi e il nostro coinvolgimento soggettivo in essi. La nostra esperienza della realtà sociale e l’interazione con gli altri avvengono sempre sulla base di una “definizione della situazione”, cioè una costruzione intersoggettiva a cui concorrono tutti i soggetti coinvolti. Le definizioni “appropriate” delle situazioni sono in gran parte pre-determinate e ci vengono offerte o imposte dalla nostra società e dalla nostra cultura, così come i modelli comportamentali che esse richiedono. È vero che noi negoziamo personalmente tutti gli accordi secondo cui viviamo, ma spesso, una volta negoziati, continuiamo come se niente fosse. Grazie a queste definizioni sappiamo distinguere le diverse situazioni (giocosa/seria/formale/informale). 17 I frame sono dunque dei fattori di ordine poiché, stabilendo la “cornice” di una situazione, orientano la comprensione degli eventi e il comportamento “adeguato” dei partecipanti. In tal senso facilitano la comunicazione e contrastano efficacemente il rumore. Goffman: operazioni di “messa in chiave” (keying), situazioni in cui i partecipanti all’interazione sono consapevoli di essere passati ad un’altra definizione della situazione diversa da quella originaria. I frame sono quadri di riferimento per la comprensione degli eventi e guide del comportamento legate a specifici contesti socio-culturali, quindi diversi tra le varie culture (a volte anche causa di incomprensioni interculturali). 2.4. Precomprensioni e pregiudizi Anche la conoscenza sociale e la relazione sociale avvengono attraverso processi di categorizzazione e semplificazione.  Individuazione: percepiamo l’altro nella sua unicità fisica, di personalità e comportamento (riferito alla nostra cerchia interna di conoscenze).  Tipizzazione/ categorizzazione sociale: identifichiamo l’altro come appartenente ad un gruppo o categoria sociale e ce lo rappresentiamo come dotato dei caratteri che tipicamente attribuiamo a quella categoria. Tendiamo a catalogare le persone per genere, età, etnia, principali caratteristiche fisiche, lingua, pronuncia. Questi parametri giocano un ruolo fondamentale nella formazione delle impressioni dell’altro che ricaviamo in un primo incontro o quando tale incontro si ripete in modo superficiale e senza che vi sia una conoscenza approfondita. La tendenza ad identificare l’altro avviene in modo particolare di fronte a persone che appartengono all’outgroup (gruppi sociali, professionali, etnici diversi dal nostro) rispetto a persone dell’ingroup. Mentre i membri dell’ingroup tendono ad essere percepiti nei loro caratteri individualizzanti e distintivi, i membri dell’outgroup vengono generalmente categorizzati in modo omogeneo e indifferenziato. Gli schemi di tipizzazione entrano in continuo “negoziato” nell’incontro diretto (possiamo anche identificare un’eccezione alla nostra tipizzazione). La forza degli schemi di tipizzazione e il loro carattere “irrevocabile” aumenta quanto più ci si allontana dalla situazione dell’incontro diretto ed il rapporto diventa più anonimo e rarefatto (mass media, costruzione dell’immagine dei diversi gruppi/categorie sociali, guida la rappresentazione sociale). L’incontro diretto con vari tipi di persone spesso non è un “punto di partenza” e non avviene in una situazione simile ad una “tabula rasa”, poiché ci accostiamo alle persone in base a una pre-comprensione (pregiudizi) che si è formata molto prima dell’incontro diretto, nella quale gioca un ruolo fondamentale l’informazione o la fiction. 3. Interesse e coinvolgimento La comunicazione implica sempre una qualche forma di attenzione e di adesione soggettiva dei partecipanti. Elias: diversi gradi di coinvolgimento e distacco che influenzano i comportamenti comunicativi delle persone e che riguardano il contenuto della comunicazione (l’oggetto di cui si parla) oppure la relazione che si instaura con l’interlocutore. 3.1. Ricezioni selettive Individuare le condizioni che determinano il “successo” della comunicazione dal punto di vista dell’emittente e quindi l’efficacia della comunicazione. Due filoni della ricerca:  Nuova retorica scientifica (Hovland e studiosi dell’università di Yale)  Approccio dei fattori intermediari (Lazarsfeld e colleghi del Bureau of Applied Social Research della Columbia University) Risultati della ricerca: scoperta dell’importanza dei meccanismi selettivi in atto nei processi di ricezione (operanti sia nell’esposizione, sia nella comprensione del significato, sia nella memorizzazione dei contenuti):  Esposizione selettiva le persone scelgono più o meno consapevolmente le fonti che avvertono più vicine ai propri interessi, credenze e opinioni.  Percezione e comprensione selettiva ciò può assumere diverse forme: 20  Razionalità: capacità di individuare i fini comunicativi di un atto intenzionale e di perseguirli scegliendo i mezzi più adeguati  Faccia: possibilità di salvaguardare l’immagine di sé che viene proiettata nella relazione. Queste due condizioni si realizzano quando il comportamento comunicativo di un agente sociale viene approvato e non ostacolato dagli interlocutori. Le regole della cortesia sono le regole che gli agenti mettono in atto per proteggere e difendere la faccia (positiva/negativa). Massime generali della cortesia (Brown e Levinson):  Cortesia esplicita: chiarezza, franchezza, sincerità prima della salvaguardia dell’immagine del destinatario e al modo in cui egli potrà accogliere il messaggio (massime di Grice)  Cortesia positiva: atti con cui l’emittente dimostra di apprezzare e condividere quanto si riferisce al destinatario  Cortesia negativa: per compensare possibili atti che minaccino il riconoscimento e il rispetto della libertà d’azione e decisione del destinatario  Cortesia implicita: costruire messaggi in modo che l’interlocutore abbia la possibilità di interpretarli in modi diversi così da lasciare delle vie di fuga sia all’emittente, sia al destinatario. Le regole conversazionali possono essere violate in ossequio alle regole sociali del tatto o della cortesia. Queste regole inoltre, per quanto esprimano una valenza universale, non possono prescindere dalla stratificazione e differenziazione sociale. La cortesia è una funzione dipendente dal contesto sociale e comunicativo. Frasen e Nolen: “contratto conversazionale”, insieme delle regole di cortesia, dei diritti e dei doveri a cui i partecipanti devono attenersi nelle specifiche situazioni di comunicazione. Le norme di cortesia che caratterizzano le diverse situazioni interattive sono perlopiù oggetto di un tacito accordo, rientrano nei comportamenti attesi e normali e perciò la loro osservanza risulta inavvertita, mentre vengono rimarcati i comportamenti scortesi che in qualche modo sovvertono la routine comunicativa. Se la cortesia è universale, al tempo stesso dipende dai contesti culturali specifici. (Blum-Kulka, House e Kasper, ricerca sulle modalità di scuse in diverse lingue). Le competenze relative alla cortesia vengono acquisite nel corso del processo di socializzazione (oggetto di un apprendimento sociale/disciplina sociale). 4.4. Il paradosso della comunicazione conflittuale Il presupposto del principio cooperativo di Grice è che i comunicatori condividano uno scopo comune, cioè desiderino comprendersi e creare le migliori condizioni relazionali della comunicazione. Cooperazione comunicativa e conflitto non sono concetti incompatibili. Ci può essere una cooperazione comunicativa tra rivali o nemici quando ciascuno di essi può trarre vantaggi e benefici dal mantenere viva la comunicazione. Raramente due rivali si attaccano l’un l’altro senza prima aver manifestato le loro intenzioni: il più delle volte il conflitto si risolve in uno scambio di minacce. Le varie strategie utilizzate servono a mostrare la mole, la vigoria, la prestanza, a mettere in mostra le proprie armi di offesa e difesa, ma soprattutto la fiducia in sé stessi, la motivazione e la determinazione a non sottrarsi allo scontro. (Cooperazione comunicativa non significa necessariamente essere d’accordo, può esprimersi in modo conflittuale e violento). Come convivono cooperazione e conflitto?  Verbalizzazione del conflitto: parola può essere mezzo di violenza (insulti, ingiurie, menzogne o insinuazioni), ma ha anche una funzione pacificatrice. Fino a quando due persone continuano a parlarsi, non sono de tutto nemiche. Qualsiasi offesa verbale testimonia l’esistenza di un legame che può assumere forme ambivalenti di ostilità e attrazione, ma che comunque non esclude la possibilità di una riappacificazione. La relazione termina con il mutismo. Questo si applica anche nelle relazioni internazionali.  Ritualizzazione del conflitto: controllare l’aggressività e la violenza inscrivendole dentro una “cornice” di regole accettate da tutti i contendenti o nel trasformarla in un comportamento regolato da un cerimoniale 21 (“saluto guerriero”: dimostrazioni di capacità bellica per mezzo delle quali, se da un lato si cerca di acquisire rispetto, dall’altro si esprime anche, chiaramente, che non si nutre alcuna cattiva intenzione “sono grande e terribile, ma non contro di te”;  dibattiti televisivi tra leader politici o negli slogan pubblicitari) 22 Capitolo 3: A che serve comunicare: le funzioni della comunicazione. 5 funzioni essenziali:  Funzione referenziale: conoscere e rappresentare la realtà  Funzione sociale: creare, mantenere e modificare le relazioni sociali  Funzione pragmatica: produrre e coordinare l’azione  Funzione identitaria: presentare un’immagine dell’io  Funzione metacomunicativa: definire la comunicazione stessa Per realizzare le diverse funzioni e scopi della comunicazione occorre saper comunicare. 1. Comunicazione e conoscenza Norbert Elias: tre modi per conoscere  Per esperienza diretta: siamo testimoni di un fenomeno o di un evento e la nostra intelligenza è interrogata da ciò che accade  Attraverso l’osservazione e imitazione del comportamento di un altro (conoscenza pratica)  Attraverso simboli: descrizione, racconto, narrazione della realtà da parte di un altro che si serve di una qualche forma di linguaggio (verbale, gestuale, scritto, delle immagini). Una funzione fondamentale della comunicazione consiste nel suo essere mezzo di conoscenza della realtà (Jakobson: funzione referenziale) 1.1. Referenti e oggetti Referente:  Oggetto o evento del mondo reale esterno: o Persona o più persone o Azione di una o più persone o Entità concreta del mondo naturale o Manufatto umano  Realtà relazionale (famiglia, associazione, forma di governo): qualcosa che esiste tra le persone, quindi non riconducibile ad una sola persona e che va oltre l’individualità  Stato interiore della persona, può essere comunicato solo da chi vive quello stato o quella situazione  Concetti astratti (forma geometrica, peso o misura)  Concetti ideali (giustizia, libertà, onestà)  Oggetto evento o stato di cose che esiste in qualche mondo possibile: o Mondi evocati da espressioni ipotetiche condizionali o Enunciati che descrivono possibili stati di cose che non è necessario corrispondano a ciò che il parlante crede sia vero nel mondo reale (ho sognato…) o Mondi creati dalla fantasia di scrittori, pittori, autori cinematografici o televisivi (devono essere verosimili) 1.2. Forme del riferimento Le espressioni referenziali possono presentare diverse forme: ✿ Designatori rigidi: espressioni referenziali che selezionano uno stesso referente (lui e lui solo) in tutti i mondi reali e possibili in cui esso esiste (v. nomi propri o nomi comuni che identificano un’unica persona o oggetto) ✿ Designatori non rigidi: selezionano diversi oggetti in mondi alternativi o differenti (che si tratti di oggetti o avvenimenti specifici, ma anche generi e categorie) La funzione referenziale può servirsi di sostantivi, ma anche di “indicali deittici”, cioè quelle espressioni caratteristiche del linguaggio naturale che possono essere comprese solo facendo riferimento al parlante, al destinatario o al contesto extralinguistico (pronomi di persona, dimostrativi, tempi verbali e avverbi). La stessa funzione può essere svolta non solo dalle parole, ma anche da gesti o altri segni non verbali. 1.3. Realismo e idealismo possono diventare oggetti simbolici si manifestano in oggetti reali e nei comportamenti e nelle relazioni umane concrete 25 Lasswell, Alexander: centralità della funzione integrativa assolta dai mass media, creazione della “comunità societaria” perché offrono le stesse informazioni, gli stessi contenuti culturali, gli stessi significati, gli stessi valori a una moltitudine di riceventi. Scuola di Francoforte e i sociologi radicali americani: effetti di omogeneizzazione e omologazione culturale di questo processo. Teorie più recenti (framing, agenda setting, coltivazione, spirale del silenzio): i media producono schemi concettuali, le forme di rappresentazione entro cui le persone interpretano la realtà sociale e definiscono propria la posizione all’interno di essa. Non è detto che la produzione autonoma degli utenti sia sempre libera dai condizionamenti operanti nei media tradizionali, così come d’altronde non è detto che questi ultimi non siano in grado, a volte di svolgere una critica dell’esistente e di mostrare le criticità delle opinioni dominanti 3. Comunicazione come azione La comunicazione è un modo di agire, una forma di attività umana. John Austin: “fare cose con le parole”. Può anche essere definita come funzione pragmatica della comunicazione. 3.1. Coordinare l’azione Malinowski: un’altra funzione originaria della comunicazione e del linguaggio è consentire un’attività umana concertata, cioè un’azione coordinata di un gruppo di uomini impegnati in un’attività pratica legata alla loro sussistenza. Il discorso è mezzo necessario della comunicazione, strumento unico e indispensabile per creare quei legami senza i quali è impossibile l’azione umana unificata. Le espressioni linguistiche sono incastonate nell’azione. Tutte queste azioni comunicative sono dirette a perseguire uno scopo comune e a coordinare l’azione di coloro che vi partecipano. 3.2. Influenzare l’azione Diversi tipi di atti comunicativi per guidare l’azione:  Atti in cui il parlante obbliga sé stesso ad un’azione futura, si impegna ad assumere un certo comportamento: giuramenti, promesse, assunzione di impegni. Ha funzione di auto-direzione e auto- regolazione della propria azione, tenendo conto delle aspettative e attese degli altri.  Funzione conativa o imperativa di Jakobson: far fare qualcosa a qualcuno e influenzarne il comportamento. Ordini che possono assumere forme dirette ed esplicite, ma anche forme indirette (Searle). Comportamenti persuasivi di influenza nelle diverse forme, modello di French e Raven (ambito psico- sociale): prevede un potere di competenza-conoscenza, un potere coercitivo, un potere legittimo, un potere di ricompensa, un potere d’esempio. Ambito delle scienze socio-politiche: azioni comunicative (coercizione, persuasione, manipolazione, influenza) 3.3. Fare con le parole Austin e Searle atti comunicativi che costituiscono di per sé un’azione, producono un “evento” che modifica la realtà. Producono un effetto pratico sulle persone, ne cambiano oggettivamente lo status e la condizione di vita. Ne fanno, per certi aspetti persone diverse. Le parole “producono effetti” anche grazie al contesto istituzionale e cerimoniale (battesimo, matrimonio, testamento, titolo accademico). Le parole produco effetto perché tra le persone coinvolte c’è una particolare relazione tra ego e alter. 4. Presentazione dell’io ed esigenza di riconoscimento 26 Nella comunicazione si esprime l’identità, cioè si manifesta “si rende noto” agli altri chi siamo, ma allo stesso tempo si forma, si conferma e si modifica l’identità, la quale comprende sia una dimensione individuale, sia una dimensione sociale. 4.1. L’identità: una chiave sociologica Due modelli di definizione dell’identità:  Struttura verticale con pluralità di “strati” dell’identità, che vanno da quelli più immediati e spontanei, a quelli maggiormente condizionati e costruiti socialmente Freud Es, Io, Super-io; Mead io, me, sé; Taylor identità composta di tre elementi fondamentali ed è il prodotto della loro relazione; il senso irriducibile del proprio io (unicità e autenticità dei propri vissuti e della propria biografia e storia personale) identità “dialogica” (si è formata e si forma continuamente nelle relazione con gli altri “importanti”) identità che deriva dalle appartenenze e dallo status sociale, dalla nostra collocazione nella struttura della società e dai ruoli collegati a tale posizione.  Struttura orizzontale con pluralità di “selves”, espressioni identitarie che le persone assumono e interpretano nelle diverse situazioni e contesti. Approccio drammaturgico di Goffman (vita quotidiana come rappresentazione). L’io sociale è un “prodotto” della scena e delle aspettative degli altri che si concentrano su quel personaggio/ ruolo.  Margaret Archer: Io, Me, Noi, Tu. Il soggetto inizia la sua vita nel mondo come un self esistente e denso di potenza, che si sperimenta nella pratica come me (identità attribuita da altri) e poi come we (identità come senso di appartenenza ad un noi) e poi come un you (uno che deve assumersi certi compiti nella società). Il tu del ruolo è qualcosa che sta davanti al self, il quale diventa attore (latino auctor) in quanto confronta la realtà data con quella che “deve essere” e in quel momento si relaziona a ciò che trascende la realtà data. Sono questi passaggi che consentono al soggetto di diventare un self più maturo che vive nel mezzo della società. Queste diverse concezioni di identità indicano tutte il rapporto costitutivo tra comunicazione e identità.  L’identità non è monologica, cioè qualcosa che ognuno realizza per conto proprio, ma è sempre dialogica. Ciò accade per tutta la nostra esistenza. Noi definiamo sempre la nostra identità comunicando con gli altri, confrontandoci e lottando con loro: sia gli “altri significativi” con i quali intratteniamo una conversazione continua, sia coloro che incontriamo nelle relazioni quotidiane e che nel modo in cui si rivolgono a noi confermano o mettono in discussione la nostra identità personale e sociale  L’identità può essere confermata o messa in discussione nelle relazioni comunicative. Tendiamo ad esporci a quelle fonti e messaggi che confermano le nostre credenze, idee, valori, opinioni rispetto a quelle che le mettono in discussione e creano in noi un disorientamento o una dissonanza cognitiva.  Comunicare significa sempre, in certa misura, protendersi verso l’altro, ma anche esporsi e mettere a rischio la propria identità. Nella relazione comunicativa si corre sempre il rischio che l’identità non si affermi o si confermi nella relazione, ma si indebolisca fino al punto che il soggetto agente possa perdere la coscienza di “chi è” (plagio). C’è inoltre il rischio di una manipolazione reciproca, un potere di manipolazione che però nelle società attuali tende e polarizzarsi come hanno denunciato molti approcci critici ai mass media, dalla Scuola di Francoforte ai Cultural studies. 4.2. Chi parla di chi? Nella comunicazione i soggetti “presentano” sempre se stessi. In ogni atto comunicativo è contenuta un’affermazione esplicita o implicita su “chi sono io” e come voglio essere considerato. La funzione di presentazione di sé contiene sempre la richiesta di riconoscimento da parte dell’interlocutore. La presentazione di sé, ciò che l’emittente dice di essere passa attraverso 3 modalità principali: 27 a) La facciata personale (comprende caratteri più stabili quali il genere sessuale, l’età, le caratteristiche etniche, la corporatura ed altri più mobili e superficiali quali: l’eloquio, l’espressività non verbale, il portamento, l’abbigliamento; importante lo stile comunicativo). b) I simboli dello status/ruolo le persone rivelano la propria identità anche esibendo dei simboli o emblemi dello status sociale o professionale. Un ruolo importante assumono poi i simboli dell’appartenenza a determinate categorie e gruppi sociali e professionali. c) L’ambientazione costituita dallo “scenario” in cui si svolge la comunicazione e da tutti quei dettagli di sfondo che forniscono indicazioni e informazioni al pubblico sul soggetto, sul “tipo” di persona che è, su come si percepisce, sul suo status sociale. L’interlocutore può accettare o meno la presentazione dell’io e la richiesta/pretesa di riconoscimento. Palo alto tre modalità con cui l’interlocutore può reagire alla presentazione che l’emittente da di sé:  Conferma: avviene quotidianamente  Rifiuto: non è di per sé negativo, perché comunque il soggetto agente viene preso in considerazione e può avere un ruolo costruttivo, perché spinge il soggetto ad interrogarsi sulle ragioni del rifiuto e ad essere più consapevole (conflitto e ostilità sono forma di relazione/ riconoscimento dell’altro).  Disconferma: negazione totale della definizione che il soggetto agente dà di sé (“io non ti prendo in considerazione” / “tu non esisti”).  damnatio memoriae / scomparsa dai mass media. 4.3. L’io plausibile Il consolidamento dell’identità personale richiede la presenza di una struttura di plausibilità o struttura di consenso, ovvero quell’insieme di relazioni sociali e comunicative che ci consentono di mantenere la stabilità nella nostra visione del mondo e del nostro senso dell’io. Esse sono particolarmente importanti per comprendere anche alcune dinamiche on-line, come i meccanismi di reputation attivi nei social media. Nella presentazione di sé e nel riconoscimento dell’altro, sono coinvolte anche le appartenenze sociali, per cui diventa rilevante la distinzione tra ingroup e outgroup. I pregiudizi si legano alla percezione di quattro diversi tipi di minacce:  gli stereotipi negativi  le minacce realistiche  le minacce simboliche  l’ansietà intergruppi  senso di inadeguatezza e timore di “perdere la faccia” che le persone possono provare durante l’interazione con i membri dell’outgroup. 4.4. Identità organizzative Anche le organizzazioni di “presentano” ai loro interlocutori, innanzitutto con il loro nome e un’identità visiva, però sono entità anonime, per cui presentano la loro identità attraverso: a) Storia e tradizione, su cui si basa una reputazione costruita e consolidata nel tempo legittimazione che deriva dalla tradizione (data di fondazione) b) L’identità dell’organizzazione e dell’istituzione dipende dalla sua attività attuale e dal modo in cui viene svolta, cioè la capacità di assolvere efficacemente le sue finalità e funzioni sociali attraverso un’adeguata organizzazione interna e capacità di relazionarsi con i suoi pubblici c) L’identità si manifesta in alcune figure-chiave particolarmente significative che incarnano e interpretano nel modo considerato più autentico le finalità e la filosofia dell’organizzazione o della istituzione; le conferiscono un “volto” personale riconoscibile 5. La metacomunicazione Comunicazione sulla comunicazione, quando il linguaggio parla di sé stesso o la comunicazione si riferisce alla comunicazione stessa. È una specificità degli esseri umani e scaturisce dal fatto che essi sono consapevoli che “i loro segnali sono segnali” e, come tali “possono essere creduti, non creduti, contraffatti, negati, amplificati, corretti” (Bateson). 30 4. Le competenze socio-culturali: non si indirizzano a specifiche relazioni o situazioni comunicative, ma comprendono anche competenze sociali e culturali più generali che valgano in tutte le situazioni e che, quindi stanno alla base anche delle competenze situazionali, ne costituiscono il sostrato.  Competenza sociale: capacità di riconoscere le diverse condizioni, status e ruoli sociali, cioè le differenze d’età, di genere, di posizione sociale, di condizione professionale e di tenerne conto nella comunicazione. Ne fanno parte il contegno (si mostra di possedere certe qualità desiderabili), la deferenza (atteggiamenti che rivelano il proprio apprezzamento verso quella persona), l’equilibrio tra coinvolgimento e distacco nelle diverse situazioni interattive senza mostrare un impegno eccessivo o disinteresse e scarsità di impegno.  Competenza simbolico-culturale: capacità di riferire gli atti comunicativi ad un orizzonte di significato che comprende conoscenze di senso comune e nozioni scientifiche, atteggiamenti, credenze e valori. (“mondo della vita” / “atteggiamento naturale ingenuo” e di sospensione del dubbio). Ci sono quattro diverse dimensioni della conoscenza di senso comune: o Background knowledge, che comprende le conoscenze di cui dispongono tutti i membri di una società; le nozioni, gli schemi e i copioni che definiscono l’enciclopedia di un determinato gruppo etnico e sociale, ma anche le modalità con cui entrare in relazione con gli altri e comunicare con loro. Su di essa si costruiscono le conoscenze più specifiche. (ne sono un esempio i modi di dire) o Foreground knowledge: conoscenza delle regole e delle pratiche comunicative valide in una situazione e non in altre o Emergent ground knowledge conoscenze necessarie in uno specifico frangente dello scambio comunicativo o Trascendent ground knowledge conoscenze potenzialmente rilevanti in un determinato momento dell’interazione comunicativa. 5. Le competenze mediali: gli esseri umani comunicano anche attraverso segni artificiali e specifiche tecnologie comunicative, dalla scrittura ai media elettronici e digitali. Per comunicare attraverso questi mezzi, si deve avere una conoscenza specifica legata al linguaggio e alla tecnologia di comunicazione (capacità letto-scrittura/ media più complessi).  Knowledge gap: accesso differenziato ai mezzi di formazione e di comunicazione  Digital divide tra società e all’interno della stessa società tra diversi gruppi sociali ed economici, generi e generazioni.  Inoltre distinguiamo tra nativi digitali (giovanissimi che instaurano un rapporto spontaneo e naturale con i media perché fanno parte dell’ambiente in cui sono nati e cresciuti) e immigrati digitali (difficile acculturazione degli adulti che implica sempre inabilità, resistenze, diffidenze) Questa competenza chiama in causa aspetti più complessi legati ai riferimenti sociali, culturali, simbolici e valoriali dei navigatori (competenza semantica, performativa, pragmatica, socio-culturale) 6.3. La prospettiva dell’altro Dal punto di vista psico-sociale possiamo indicare come condizione fondamentale la capacità di “uscire da sé stessi” per assumere il punto di vista dell’altro, la sua prospettiva. Questo aspetto è implicato in tutte le dimensioni della competenza comunicativa, che possono essere tutte definite competenze relazionali. Senza questa capacità resteremmo il mostro sociale e culturale di Hymes. La competenza comunicativa implica dunque la capacità di porsi nella prospettiva (standpoint) dell’altro o, come dice Mead, di assumere l’atteggiamento e il ruolo dell’altro (role-taking). Questa capacità ha tre dimensioni:  Comprendere che esiste una prospettiva dell’altro diversa dalla propria  Comprendere le caratteristiche specifiche dell’altro con cui si interagisce sia come individuo, sia come portatore di ruoli sociali  Tener conto della diversa prospettiva dell’altro nella relazione comunicativa. Della capacità di assumere il punto di vista dell’altro possiamo distinguere due aspetti: 31  Cognitivo: costituito dai criteri usati per dedurre il ruolo dell’altro, criteri che possono consistere nella conoscenza di alter o nella proiezione. La mente di alter resta inaccessibile così come le sue effettive intenzioni e motivazioni  Empatia: dimensione emozionale ed affettiva, si riferisce al “percepire” e al “comprendere” le emozioni dell’altro. La competenza comunicativa è relazionale anche perché si sviluppa in relazione con gli altri. Non solo la competenza linguistica matura nel corso della crescita del bambino, ma anche tutte le altre capacità e abilità comunicative. La capacità di rendere le comunicazioni appropriate si sviluppa parallelamente al superamento del pensiero egocentrico (Piaget) e alla maturazione della capacità di assunzione del ruolo dell’altro. La capacità linguistica raggiunge un buon livello all’età di 4-5 anni, ma la prospettiva egocentrica permane. Il gioco riveste un ruolo importante nello sviluppo cognitivo del bambino. Nel gioco semplice e ordinario (play) il bambino assume differenti ruoli specifici immaginandosi di agire in quei ruoli, nel gioco organizzato (game) deve essere pronto ad assumere la parte di tutti i partecipanti a quel gioco, ruoli differenti che si trovano in una precisa relazione tra loro; assume un ruolo all’interno di un sistema di ruoli, impara a tener conto simultaneamente degli atteggiamenti e delle azioni di una pluralità di altri giocatori. L’individuo matura la capacità di astrazione dai ruoli e dagli atteggiamenti degli altri particolari per considerare i ruoli e gli atteggiamenti di una generalità di altri. Diviene cioè capace di rappresentarsi “la società” e di comunicare in modo competente, almeno potenzialmente, con tutti i suoi membri. 32 Capitolo 4: Come comunichiamo: le forme della comunicazione Siamo essere multimediali che si servono di una pluralità di codici e canali per esprimersi e comunicare. Questi possono essere ricondotti a tre grandi sistemi:  Comunicazione verbale  Comunicazione non verbale  Comunicazione che si avvale di canali e codici artificiali prodotti dalla cultura umana Tutti ci serviamo di questi tre sistemi contemporaneamente, i quali si intrecciano e si rafforzano a vicenda. 1. La comunicazione verbale 1.1. Linguaggio, lingua, eloquio Seassure: il linguaggio si compone di a) Facoltà di linguaggio (langage): capacità degli esseri umani di significare e comunicare attraverso segni linguistici. Dopo una fase in cui gli studiosi hanno sottolineato la grande varietà dei sistemi linguistici e il loro stretto legame con le culture, più di recente linguisti, antropologi e psicologi hanno posto l’accento sui caratteri comuni alle diverse lingue (universali linguistici). Dopo la prevalenza della convinzione darwiniana in un’evoluzione graduale da forme comunicative più primitive verso il linguaggio, oggi gli studiosi propendono perlopiù per l’ipotesi che il linguaggio sia un attributo specifico dell’uomo, una funzione qualitativamente diversa rispetto a quelle possedute da ogni altra specie animale  Pinker  “istinto del linguaggio”;  Chomsky  facoltà di linguaggio presenta minime differenze tra gli esseri umani e costituisce parte integrante di ogni aspetto della vita, unica specie con una storia, un’evoluzione e una differenziazione culturale di ricchezza e complessità notevolissime;  etologi  linguaggio umano è simbolico, diverso da quello degli animali  Berger, Luckmann e Elias  la principale caratteristica del linguaggio è la sua capacità di trascendere il “qui e ora” (hit e nunc). Il linguaggio consente il distacco dall’espressione immediata di esperienze soggettive (prendere distanza dall’evento e operare una rielaborazione, consente di riflettere su se stessi o di parlare di se stessi ); grazie al sistema simbolico specifico del linguaggio, non solo gli uomini possono trascendere l’esperienza immediata e rendere presente ciò che non c’è qui e ora, ma possono evocare mondi che trascendono la realtà concreta, cioè possono “fantasticare”, immaginare e inventare ciò che non è ancora. b) La lingua (lange): è il rapporto tra l’universale facoltà umana di linguaggio e un determinato ambiente storico-sociale e culturale. Steger: la lingua è la parte sociale del linguaggio, esterna all’individuo, che da solo non può, né crearla né modificarla. Tutte le lingue, pur nella loro diversità, hanno delle caratteristiche comuni (universali linguistici o caratteri della lingua):  Sono formate da segnali vocali (i fonemi formano parole-contenuto o parole-funzione);  La produttività di linguaggio è data dalla sua capacità di formare una grande quantità e varietà di parole (duplicità della strutturazione). Le parole a loro volta (che hanno un numero limitato) possono combinarsi tra loro dando vita ad un numero illimitato di frasi.  Grammatica della lingua (morfologia e sintassi): regole combinatorie per la costruzione di parole e la combinazione nella frase  Il significato attribuito alle parole è quasi sempre arbitrario, se si escludono le parole onomatopeiche (simboli contenenti icone). Probabilmente tutti i segni linguistici in origine erano motivati e iconici, poi diventati più astratti e convenzionali  Ogni concetto è traducibile, anche se con sfumature di significato diverse e un certo grado di “dispersione” del significato. Lessico: insieme delle parole e locuzioni di una lingua, costituisce un indicatore socio-culturale di primaria importanza perché circoscrive e classifica la realtà extralinguistica, il “mondo” di quella comunità di parlanti nei suoi molteplici aspetti fisico-naturali, sociali e simbolici. La nascita dei diversi campi semantici e del linguaggio specifico è dovuta alla crescente differenziazione sociale. 35 Tre condizioni per la riuscita di un atto illocutorio: preparatorie, di sincerità ed essenziali. Un’ulteriore e fondamentale condizione è rappresentata dal contesto sociale ed istituzionale in cui l’atto locutorio si realizza (condizione sociale: riguarda lo status e il ruolo di chi compie l’atto e il potere di cui può disporre). Certi atti sono strettamente connessi a determinati ruoli e funzioni istituzionali o contesti. Le condizioni di felicità degli atti linguistici dipendono dalle relazioni tra gli interlocutori (posizioni più o meno simmetriche o asimmetriche) e dal contesto in cui avvengono. 1.5. La conversazione e la sua organizzazione Sacks, Scegloff e Jefferson hanno gettato le basi di un’analisi sistematica, empiricamente fondata, della “grammatica” della conversazione, cioè dei modi con cui i soggetti interagenti organizzano e ordinano la loro interazione comunicativa. Qualsiasi tipo di conversazione segue determinate regole e procedure. Mentre la teoria degli atti linguistici si costruisce attorno al concetto di azione, per gli analisti della conversazione, il concetto chiave è quello di interazione. Caratteristiche del sistema della conversazione ordinaria: - Numero dei partecipanti è variabile, ma generalmente si parla di piccoli gruppi - La conversazione è organizzata in modo sequenziale (sistema di prese di turno, ha una sua logica ed un suo ordine). La lunghezza della conversazione non è prestabilita. - L’alternanza dei parlanti si manifesta nella allocazione dei turni. Il turno di parola è il contributo che ogni partecipante offre affinché lo scambio comunicativo possa procedere. Il turno comprende elementi linguistici, elementi gestuali e paralinguistici, gesti simbolici e si relaziona con i turni precedenti e successivi. L’ordine e la durata dei turni sono variabili. - La conversazione è composta da scambi comunicativi (non c’è solo un parlante), in particolare da coppie di enunciati, dette coppie adiacenti di carattere complementare (saluto-saluto, domanda-risposta, rimprovero- scuse…), le quali hanno “rilevanza condizionata”, cioè il primo termine condiziona il secondo, ne pre-determina l’esecuzione costruendo una cornice interpretativa a cui convenzionalmente deve seguire il secondo - Vi sono diversi sistemi e tecniche di presa e assegnazione del turno: o Eteroselezione: il parlante seleziona il successivo interlocutore: la persona selezionata ha il diritto/obbligo di prendere il turno successivo o Autoselezione: il parlante prende il turno senza un invito o Autoselezione continuata: chi parla continua a parlare violando la regola dell’alternanza. - La conversazione costituisce una unità globale di comunicazione, cioè un’unica interazione con un inizio ed una fine - L’organizzazione tematica della conversazione implica l’esame di argomenti e temi via via interrotti, mantenuti, portati a termine o cambiati, messi da parte, ripresi. La comunicazione può manifestare strutture diverse (gerarchica oppure con temi secondari o deviazioni). Ci sono state varie critiche alla teoria, per es. alcune regole della conversazione non valgono nello stesso modo in tutti i contesti culturali, in più è stata messa in discussione l’assolutezza dell’idea di cooperazione comunicativa. Occorre distinguere le conversazioni veramente cooperative da quelle competitive e aggressive (esiste anche una cooperazione competitiva, per es. dibattiti televisivi), che presentano una struttura e regole diverse (dipende da atteggiamento e ruoli)  diversi tipi di interviste Vi sono delle situazioni, generalmente in contesti istituzionali, che presentano una struttura conversazionale in cui, a differenza della conversazione ordinaria, i ruoli comunicativi sono definiti a priori e spesso asimmetrici, i turni sono rigidamente regolati da una figura preposta, e temi, tempi e ordini di successione sono formalmente stabiliti (tribunale, scuola, medico-paziente). 2. La comunicazione non verbale Gli esseri umani usano molti altri codici primari e modi di espressione che vengono definiti nel loro complesso non verbali o linguaggi del corpo. L’espressione non verbale comprende tutto ciò che non è linguaggio, riunisce sotto un’unica etichetta forme e modi di comunicazione estremamente diversi limitandone la specificità e la 36 ricchezza, inoltre traccia un solco tra comunicazione linguistica e altre forme comunicative anche se esse sono collegate tra loro. L’intelligenza è un concetto generale che include abilità, attitudini e competenze che rendono il soggetto capace di adattarsi creativamente ed efficacemente al suo ambiente naturale e sociale. Alle teorie che tendevano a privilegiare un unico tipo di intelligenza, si sono contrapposte teorie che hanno identificato una pluralità di intelligenze primarie: - Sternberg (Università di Yale): 3 forme principali di intelligenza:  Intelligenza analitica e astratta (capacità linguistiche e logiche)  Intelligenza pratica (applicare conoscenze concrete)  Intelligenza creativa (trovare percorsi nuovi e soluzioni originali ai problemi) - Gardner (Università di Harvard): 7 intelligenze:  Linguistica  Musicale  Logico-matematica  Spaziale  Corporeo-cinestetica  Intrapersonale  Interpersonale Queste teorie hanno attribuito un pieno riconoscimento a capacità e abilità tipicamente legate alla comunicazione non verbale. 5 categorie principali di comunicazione non verbale: 1. comunicazione vocale sonora: l’apparato vocale permette di esprimere altri significati attraverso l’emissione di suoni vocali non verbali: paralinguistica o paralinguaggio 2. cinesica: studio degli aspetti visivi della comunicazione interpersonale non verbale, si avvale del canale visivo-gestuale. Comprende tutti i movimenti e le forme di gestualità del nostro corpo che possono essere ricevute visivamente dal ricevente 3. tattile: la pelle è l’organo più grande del corpo umano e il tatto la nostra funzione sensoriale più estesa (aptica, scienza che studia il contatto corporeo come mezzo di comunicazione) spaziale: tutti i modi in cui le persone strutturano e usano lo spazio nelle relazioni sociali. (“linguaggio silenzioso”, Hall; prossemica: semiotica dello spazio) 4. olfattiva: è più utilizzata nel mondo animale, ma continua ad essere importante anche per l’uomo 5. aspetto fisico: “siamo” un corpo, ma “abbiamo” un corpo, cosicché possiamo riferisci al nostro corpo come “io” e come ad una “cosa fisica”. Il corpo diventa un oggetto culturale, capace di mostrare simboli e significati culturali e comunicativi.  Molti tipi di comportamento non verbale prevedono un vocabolario socialmente condiviso. Essi costituiscono atti intenzionali costruiti secondo codici e regole conosciute e usate con una certa continuità dai membri di una comunità sociale.  Anche i comportamenti non verbali necessitano di un’attività interpretativa, in quanto possono avere molteplici significati.  La comunicazione non verbale esprime soprattutto significati di carattere relazionale (affiliazione, uguaglianza-disuguaglianza, solidarietà-conflitto) 37 2.1. Il paralinguaggio e altri suoni espressivi Il paralinguaggio comprende:  Caratteristiche personali della voce e del parlato (tratti permanenti o semipermanenti)  Variazioni dell’espressività vocale  Rumori emozionali indipendenti dal parlato (riso, pianto, sospiri, etc.)  Segregati vocali (ooh, uhm, eh, uff, shh), che pur non essendo parole esprimono un significato comunicativo Laver e Trudgill, tre tipi di fattori che intervengono nel definire i caratteri vocali individuali:  Caratteristiche fisiche (età, genere sessuale, stato di salute)  Caratteristiche psicologiche (personalità o stato emotivo)  Caratteristiche sociali (status, ruolo professione, provenienza regionali) Ogni situazione sociale prevede regole più o meno esplicite circa i comportamenti paralinguistici pertinenti in relazione alla situazione e agli interlocutori, cosicché la competenza paralinguistica deve confrontarsi con queste regole e aspettative dei diversi contesti sociali. Essa è inoltre soggetta a regole diverse da cultura a cultura. Gli esseri umani comunicano anche attraverso una grande varietà di suoni non vocali, prodotti dal loro corpo e dai loro arti o da strumenti che essi maneggiano (interessante la diffusione dell’applauso). 2.2. Il silenzio che comunica La parola e il silenzio non sono opposti. Il silenzio non è solo assenza di parole o di altri suoni, ma una forma di comunicazione che può assumere molteplici significati. Il silenzio è “comunicativo” in quanto è la condizione che permette all’emittente di parlare e la condizione per comprendere. Palo Alto: ogni comportamento di un soggetto in presenza di un altro è un atto comunicativo, purché il ricevente lo interpreti come atto comunicativo. Il silenzio ha molti significati e molte funzioni (silenzio “eloquente” / “rumoroso” / “assordante” / il potere del silenzio).  Può essere previsto o prescritto dal particolare contesto di interazione e perciò atteso come comportamento normale o corretto  Può indicare rispetto, accettazione, approvazione e consenso, attenzione, attesa e disponibilità di ascolto  Può esprimere imbarazzo, vergogna, inadeguatezza, senso di colpa o timore  Può esprimere atteggiamenti conflittuali (disapprovazione, minaccia, ostilità e provocazione)  Se ostinato esprime disinteresse o desiderio di liberarsi dell’altro, esplicita disconferma  Può essere un modo per “studiare l’altro”  Assolve un ruolo di feedback nell’interazione comunicativa Può essere uno strumento di potere o di sottomissione, di accordo o di conflitto, di accettazione o di rifiuto dell’altro. Tutte le non-risposte possono essere classificate come silenzio, non tutte le forme di silenzio possono essere classificate come non-risposte. Il silenzio deve essere interpretato. La capacità di usare il silenzio in modo appropriato e la capacità di interpretare il silenzio sono parte integrante della competenza comunicativa (quando parlare e quando tacere, come tacere, con qui, per quanto). 2.3. Le espressioni facciali Nelle espressioni facciali sono coinvolte tre diverse aree  Fronte e sopracciglia  Occhi e palpebre  Parte inferiore del volto (bocca) 40 possono diffondersi in aree del mondo diverse da quelle originarie (processo intensificato con i mass media). L’origine di molti gesti si è perduta anche se essi mantengono un chiaro significato per chi li usa. Oggetti simbolici vengono usati quotidianamente per comunicare in modo spontaneo e vivace (ricca gestualità italiana meridionale). Lo stile gestuale è individuale, ma i gesti possono anche assumere un significato altamente formalizzato e convenzionale (cerimoniali, per es. incoronazione, investitura). I sistemi di segnalazione sono invece i particolari sistemi iconici altamente codificati (sub, arbitri, aeroporti). Alcuni emblemi sono particolari contrassegni di identità culturale, altri possono fare riferimento all'origine etnica e nazionale, altri possono diventare dei “marchi individuali”. La gestualità ha un grande rilievo nell’oratoria e nel discorso persuasivo ed è particolarmente utile per tutti coloro che devono parlare in pubblico. Secondo Walter Ong l'abilità oratoria ha ritrovato una nuova stagione di grande sviluppo nella nostra epoca dell’oralità secondaria (ruolo importante dei media audiovisivi nella politica). 2.7. Il contatto corporeo Il contatto reciproco è senza dubbio una delle forme più significative della relazione interpersonale. La comunicazione tra adulti e bambini piccoli è un caposaldo della psicologia dello sviluppo: “la fiducia fondamentale” (bambino piange, qualcuno si china per prenderlo in braccio). I contatti corporei degli adulti con i bambini e dei bambini tra loro diminuiscono con l'età, anche se il contatto corporeo mantiene un suo importante significato psicologico, relazionale e comunicativo. Tutti i tipi di comunicazione tattile trasmettono attraverso la pelle messaggi sottili ed efficaci per quanto non verbalizzati. I contatti corporei costituiscono anche un sofisticato codice per esprimere gli atteggiamenti interpersonali. Il contatto corporeo si manifesta nella cura reciproca che caratterizza i legami interpersonali di parentela, affetto e amicizia e si esprime in varie forme di attenzione e aiuto. Serve ad esprimere sentimenti di affetto e vicinanza, saluti, rituali di alleanza e riconciliazione, gesti di deferenza o galanteria. Poiché il contatto corporeo consente atteggiamenti e relazioni molto diverse, tutte le culture e società definiscono delle regole che stabiliscono chi può essere toccato, dove, in che modo e in quali contesti di interazione (uomini e donne, genitori e figli, insegnanti e allievi, medici i pazienti o tra persone di età, stato o appartenenza etnica diversa). 2.8. Spazi e significati La prossemica e lo studio delle posizioni che le persone sono nello spazio quando comunicano significato di queste posizioni. I due aspetti più studiati sono costituiti dalle stanze interpersonali ed all'organizzazione degli spazi sociali. Le distanze interpersonali L'ipotesi di partenza da cui Hall sviluppa la sua analisi è che anche l'uomo sia un animale territoriale, anche se i suoi comportamenti territoriali non sono legati a moduli comportamentali innati, ma sono ampliamente dipendenti dalla società e dalla cultura di riferimento: è nella natura degli animali, l'uomo compreso, esibire un tipo di comportamento che noi chiamiamo “territorialità”. In questo comportamento essi usano i sensi per distinguere fra uno spazio o distanza e un altro. La distanza scelta dipende da un rapporto di transazione: il tipo di relazione fra gli individui che interagiscono, il loro sentimento della situazione, e ciò che stanno facendo. Hall suddivide lo spazio prossemico che circonda gli individui in quattro aree:  “distanza intima” (± 45 cm) è quello dell'intimità relazionale in cui mettiamo solo le persone più prossime e intime (amplesso, conforto, protezione, lotta, aggressione fisica).  “distanza personale” (±120 cm) ammettiamo persone conosciute e con le quali intratteniamo un rapporto di fiducia e confidenza. 41  “distanza sociale” (fino a 3m e 60 cm), costituisce lo spazio delle relazioni di lavoro e degli affari, ma anche dei rapporti formali e impersonali.  “distanza pubblica” tipica delle occasioni pubbliche e dei discorsi in pubblico (comizi, congressi, assemblee di grandi aziende). In questo movimento di progressivo allontanamento, la preminenza dei sensi del tatto e dell'olfatto lascia il posto all'udito e soprattutto alla vista. L’invasione di questi spazi da parte di individui che non vi sono ammessi produce reazione di imbarazzo e di disagio. La fuga o l'evitamento si manifestano attraverso movimenti di arretramento volti a ripristinare la distanza opportuna oppure attraverso movimenti posturali come irrigidirsi o appoggiarsi allo schienale della sedia. L'atteggiamento di difesa può anche essere espresso in modo più attivo con azioni volte a marcare il territorio (per es. gomiti sul tavolo, oggetti personali). Di fronte ad un’intrusione sgradita l’individuo può anche reagire inviando dei segnali di sfida e di lotta, dalla protesta verbale all'assunzione di un atteggiamento aggressivo e può giungere a respingere fisicamente un intruso sbarrandogli il passo o spingendo indietro. Gli esseri umani sono animali territoriali che disegnano proprio spazio prossemico, al tempo stesso si adattano in modo diverso le distanze interpersonali e alle regole che governano. Mentre alcuni ricercano un maggior contatto fisico, altri preferiscono mantenere le distanze sentendosi invece più a disagio o minacciati. Un fattore determinante che interviene in questo processo è la personalità. Dal punto di vista sociale, le distanze interpersonali vari invece in base a tre fattori principali:  L’intimità e la familiarità tra le persone  I diversi ruoli e posizioni sociali  Le specifiche situazioni di interazione Le persone scelgono distanze diverse secondo la sequenza: genitori, amici insieme, amici, conoscenti, estranei. Esse stanno inoltre più vicine alle persone con cui provano simpatia e rispetto che a quelle sgradite, tendono a ridurre le distanze quando prevalgono aspetti di similarità piuttosto che di differenza si tratti di genere sessuale, età, status sociale o dell'appartenenza etnica, e le aumentano invece quando si trovano davanti a persone portatrici di uno stigma. In casi eccezionali le persone sono costrette a stare “troppo” vicine a degli estranei (visite mediche, luoghi sovraffollati). Desmond Morris: Accettiamo il contatto fisico, ma non senza ricorrere a calze tecniche speciali, che adottiamo ogni volta che dobbiamo rinunciare al nostro spazio personale. In sostanza, ciò che facciamo e trasformare gli altri corpi non-persone. Queste tecniche consistono in una serie di comportamenti per comunicare all’altro che l’invasione del suo spazio è dovuta a fattori esterni e che il contatto sarà il più neutro possibile (rimanere immobili, distogliere lo sguardo, ritirarsi se si tocca inavvertitamente). Le distanze interpersonali variano in modo significativo da cultura a cultura:  Culture di contatto (sponda europea del mediterraneo, latino-americani, arabi e popoli africani)  Culture di non contatto (nord-americani, nord-europei e giapponesi) Quando le diverse culture si incontrano si creano dei problemi (invadenza vs. distaccamento, altezzosità) Si tratta di generalizzazioni estreme. Scienza interagisce con altre forme della comunicazione non verbale come il volume della voce, il contatto oculare e l'orientazione, per cui ogni cultura tende a realizzare un equilibrio particolare tra questi elementi (anche se l’assimilazione della comune cultura “urbana” può aver prodotto la riduzione delle differenze interculturali). La struttura delle relazioni spaziali Le posizioni dei diversi soggetti sono spesso pre-determinati dalla particolare attività sociale in atto e nei ruoli degli intervenuti. 42 a) certe aree acquistano significato di territorio riservato ad alcune persone o gruppi. In alcuni casi vi sono vere e proprie barriere che separano in pubblico dagli addetti. In alcuni casi entrare in un territorio riservato può assumere il carattere di una invasione o intrusione e come tale essere respinto con invito o l'inclinazione all'intruso a ritirarsi; in altre case si lascia volontariamente i propri territorio esclusivo per dare il benvenuto a qualcuno o si invita ad entrare in segno di accoglienza. b) Alcune aree sono in rapporto con la posizione sociale. il posto che viene assegnato alle diverse persone segnala l'importanza o il potere di cui godono (per es. matrimonio, processione, manifestazione pubblica) c) Alcune aree o posti a sedere sono associati a particolari nuovi sociali (per es. tribunale, cerimonia religiosa, orchestra etc.) d) Anche gli spazi di una casa hanno un significato simbolico caratteristico. ci sono norme e divieti che regolano l’accesso alle varie stanze e) La forma di una stanza e la disposizione dei mobili e delle sedie possono agire come costruzioni prossemiche. Anche la struttura predefinita delle posizioni condiziona il tipo di interazione che si viene a creare. Altman: diversi tipi di territori:  Primario: territorio centrale nella vita delle persone, quello che esse occupano stabilmente e spesso ne riflette la personalità e identità (casa, camera, ufficio)  Secondario: Sono semi-pubblici, nel senso che sono condivisi con altre persone a cui si è più o meno legati (bar abituale, stanza comune in un college)  Pubblico: è quello in cui incontriamo tutti i tipi di persone Goffman: altri tipi di territori:  Ribalta-retroscena  Territori fissi: geograficamente definiti con la propria casa o il proprio giardino. Vengono rivendicati dalle persone in modo permanente (collegati al concetto di proprietà).  Territori “situazionali”: Sono rivendicati dalle persone non in modo permanente, ma solo finché sono in uso. È il concetto del “posto” che la persona occupa in un determinato momento; a volte sono riservati, altre volte vige il diritto di chi li occupa per primo, situazioni in cui l’occupante cerca di ampliare il “proprio” territorio per allontanare le altre persone.  Spazio personale: È il territorio egocentrico che circonda un individuo e si sposta con lui; la sua forma e le sue caratteristiche mutano in relazione all'ambiente e l'organizzazione sociale che caratterizza le diverse situazioni. L'arrivo di nuove persone in uno spazio delimitato modifica lo spazio personale e la dislocazione delle persone; la rivendicazione territoriale può essere minacciata in vari modi: intrusione fisica, atto di rivolgere la parola, contatto visivo, interferenza sonora e odori corporei. Un'altra forma di intrusione lo spazio personale riguarda il rapporto tra territorialità e media audiovisivi: l'intrusione in questo caso non avviene attraverso un'azione fisica, ma attraverso un'azione di pubblicizzazione di spazi di vita privati che produce una violazione della sfera della privacy e una ostensione del retroscena personale. 2.9. L’olfatto Che l’olfatto sia, insieme al tatto, un senso primario di moltissime specie animali è indubbio. Nell'uomo la conquista della posizione eretta e lo sviluppo degli altri sensi ne hanno ridimensionato le funzioni ma esso conserva un importante ruolo sociale e comunicativo. L'odorato è il senso più direttamente implicato nelle relazioni di intimità insieme al contatto corporeo. L'odore resta inoltre un contrassegno della identità individuale e della differenza sessuale. Ognuno di noi ha un tipico odore, che è parte della sua irripetibile unicità, non meno che il volto o la qualità della voce. Il canale olfattivo costituisce dunque un aspetto significativo della presentazione di sé. Ma l'odore è anche un rivelatore dello stato e del ruolo sociale. Differenzia coloro che svolgono lavori manuali da coloro che lavorano con le parole o trattano con le persone. La questione sociale non è soltanto una questione etica, ma anche una questione di naso (Simmel). L’odore/puzza diventa quindi un fattore di riconoscimento/disconoscimento sociale, di integrazione/esclusione. 45 Capitolo 5: Cosa sono i media: reti e istituzioni della comunicazione I media possono essere considerati da molti punti di vista come un'evoluzione delle prime forme artificiali di comunicazione. A partire dal XIX secolo con l'industrializzazione della stampa i media hanno svolto un ruolo via via sempre più significativo Nelle società umane. La fine del Novecento è stata caratterizzata dalla cosiddetta rivoluzione digitale e soprattutto dallo sviluppo di internet e del web con un modello reticolare di comunicazione (comunicazione mediatica come una sorta di comunicazione a sé). La comunicazione faccia a faccia è limitata dalla capacità del nostro corpo. Non è possibile comunicare con persone lontane se non raggiungendole fisicamente, Inoltre ciò che è conservato nella memoria degli individui si perde con la loro morte. La scrittura è stata al primo fondamentale mezzo per superare questi limiti, infatti è la prima tecnologia della comunicazione e tutti i media possono essere considerati in qualche modo nelle forme evolutive di essa. 1. Natura e artificio La nostra comunicazione utilizza spesso oggetti, cioè artefatti prodotti dalla creatività umana. Spesso essi si connettono al nostro corpo e alle nostre funzioni fisiche e sensoriali così strettamente che risulta difficile tracciare una linea di separazione tra ciò che è naturale ciò che artificiale. Secondo Hall e McLuhan tutti gli artefatti che l'uomo utilizza sono l’estensione di qualche organo e funzione fisica sensoriale e psichica. (tecnologia che simula, dilata o applica funzioni e il potere dei nostri organi e dei nostri sensi). Al tempo stesso essi sono media, nel senso che influenzano in modo determinante il rapporto tra l'uomo e l'ambiente naturale e sociale rapporti tra gli esseri umani. Per l’uomo la cultura e i suoi artefatti costituiscono una “seconda natura”. La scrittura è una “tecnologia della parola” poiché, come tutte le tecnologie, si serve di strumenti, di un supporto materiale e prevede delle regole di funzionamento e di esecuzione. La stessa cosa si può dire di tutti i mezzi di comunicazione artificiali. Il termine artificiale peraltro non ha qui alcun significato negativo. La tecnologia se è propriamente interiorizzata non degrada la vita umana ma, al contrario, la migliora. 2. La parola oggettivata: scrittura e scritture La scrittura ha trasformato la mente umana più di qualsiasi altra invenzione. Non per nulla la scrittura costituisce tradizionalmente lo spartiacque tra la preistoria e la storia umana, quella che può essere ricostruita e raccontata sulla base di documenti scritti. L’uomo ha imparato ad esprimersi in forma grafica già nella preistoria (pitture, incisioni, intagli nel legno). Mediante un processo di semplificazione e stilizzazione sono sorte le scritture pittografiche, in cui i segni sono in realtà disegni di ciò che viene rappresentato (limite nell’esprimere concetti astratti e connessioni). Il primo vero e proprio sistema di scrittura conosciuto è la scrittura cuneiforme (sumeri), seguita dai geroglifici, la scrittura indiana e cinese. La scrittura ideografica rappresenta un importante passo avanti perché i segni, ancora largamente iconici, non rappresentano solo oggetti, bensì concetti. Essa consente dunque anche l'espressione di generalizzazioni semantiche e funzionanti astratti. La loro eleganza e armonia è un pregio, lo svantaggio risiede nella grande quantità di segni di cui sono composte; per questo sono rimaste per molto tempo patrimonio esclusivo di piccoli gruppi professionali con una speciale educazione (élite letterata). Intorno al 1500 a.C. ad opera probabilmente dei Fenici, si è sviluppata una scrittura basata sul principio fonetico, cioè una scrittura alfabetica in cui i segni non rappresentavano più un oggetto o un concetto, ma un suono. Le parole erano costituite da stringhe di segni alfabetici. All’alfabeto semitico furono aggiunti dei segni vocalici dai greci qualche secolo dopo; costituisce la base di tutti gli alfabeti del mondo. Grazie alle sue caratteristiche di semplicità ed economia, con una serie di piccole variazioni legate alle caratteristiche fonologiche per le diverse lingue, è possibile costruire un numero elevatissimo di parole ed è applicabile a tutte le 46 lingue. L’apprendimento dell’alfabeto fonetico è decisamente più rapido rispetto alle altre forme di scrittura, facendo sì che la conoscenza della scrittura potesse diventare molto più diffusa (alfabeto “democratico”), anche se si dovrà aspettare l’invenzione della stampa (XV sec.), lo sviluppo della società borghese e di un pubblico di lettori (XVIII-XIX sec.), la scolarizzazione elementare obbligatori (‘800-‘900) per avere una effettiva diffusione della capacità di leggere e scrivere. Storia della lettura (da affiancare alla storia della scrittura); gli uomini non sarebbero “nati per leggere”, ma avrebbero via via articolato l’uso di determinate aree del cervello in modo da rendere possibile la comprensione dei segni scritti (forme diverse di scrittura attiverebbero “reti celebrali” differenti). Ogn: 3 direzioni principali in cui la scrittura, l’alfabeto fonetico e la stampa sviluppano e potenziano la parola umana come mezzo di relazione sociale:  Possibilità di memorizzare, conservare, immagazzinare le informazioni in forma di “documenti” al di là della labilità della nostra memoria individuale e della tradizione orale  Possibilità di trasmettere messaggi a distanza e connettere persone distanti nello spazio, al di là della sfera limitata dei rapporti faccia a faccia e del mondo a portata di mano  Possibilità di riprodurre, moltiplicare e diffondere i messaggi tra molti riceventi. Per fare ciò occorre che la parola sia fissata, cristallizzata, oggettivata (separata dal contesto naturale e originario) Originariamente la scrittura è stata utilizzata in ambiti tecnici, solo più tardi è stata usata anche per fini letterari. Due tipi di conseguenze della scrittura:  Conseguenze sulla mente umana, sui processi cognitivi della memoria e del pensiero, sulla dimensione psicologica interiore.  La scrittura consente di guadagnare una certa distanza dalla realtà e dalla stessa esperienza immediata, condizione per l’oggettività.  La scrittura e la lettura sono attività solipsistiche che pongono maggiormente la persona di fronte sé stessa (Le persone illetterate mostrano maggiore difficoltà nella autoanalisi e faticano a scorporare l’io dalle situazioni concrete in cui è inserito). Incoraggiano il pensiero individuale (introspezione sempre più articolata)  La scrittura incoraggia lo sviluppo del pensiero logico, la capacità analitica e la tendenza a categorizzare  Conseguenze riguardo l’organizzazione sociale e lo sviluppo di forme più stabili, interconnesse e relazionali” di relazione sociale.  Un carattere proprio della scrittura e di rendere esplicito ciò che è implicito di rendere i risultati dell'azione più accessibili alla riflessività e alla valutazione (passaggio da consuetudine al diritto)  Possibilità di accumulare un patrimonio di informazioni e conoscenze molto superiore a quello delle culture orali, in cui tale rispetto patrimonio dipendeva dalle limitate capacità della memoria debolmente sostenuta da una serie di tecniche di memorizzazione L'abilità di servirsi della lettura della scrittura è un importante elemento di diseguaglianza sociale anche nelle società moderne (knowledge gap, digital divide), perciò l’accesso al patrimonio di conoscenza accumulato non è universalmente disponibile.  La scrittura contribuisce a modificare il senso del passato. Nelle culture orali vi è un continuo processo di adattamento di omissione, conscia e inconscia, per cui il passato viene continuamente ridefinito e corretto dalle esigenze del presente (culture “omeostatiche”).  Cambia il riferimento alla tradizione (nelle culture orali si è più legati alla tradizione perché non può essere ricordata attraverso fonti scritte)  L’educazione e l’istruzione nelle società orali coincidono essenzialmente (conoscenza teorica=conoscenza pratica); con la nascita della scrittura l’apprendimento viene demandato ad una istituzione specializzata e sottratto all’azione diretta dei genitori e della comunità immediata di vita.  Anche la democrazia politica è legata alla scrittura: condizione della partecipazione democratica è essere in grado di leggere le leggi e di prendere attivamente parte al processo elettivo e legislativo. 47 Parson: conseguenze dell’introduzione della scrittura, dell’alfabeto e della stampa sull’organizzazione sociale e sulla cultura:  Il linguaggio scritto accresce la differenziazione fondamentale tra il sistema sociale e il sistema culturale ed estende di molto il campo di forza di quest’ ultimo.  Il linguaggio scritto e la disponibilità di documenti portano alla stabilizzazione di un gran numero di relazioni sociali. Questa stabilità è condizione fondamentale per l’accrescimento dell’ambito e della complessità di molti componenti dell’organizzazione sociale 3. I media: tecnologie e sistemi di relazione I media sono apparati socio-tecnici che svolgono una funzione di mediazione nella comunicazione fra soggetti. I media non sono soltanto mezzi tecnologici, ma anche sistemi socio-economici di utilizzo delle tecnologie e che queste due dimensioni sono strettamente intrecciate e si implicano reciprocamente. I media possono essere differenziati:  Caratteristiche linguistiche (codici): forme che i testi assumono in un determinato medium, si tratti di parole, suoni, immagini fisse o in movimento  Caratteristiche tecnologiche (canali utilizzati): veicolo tecnico che funge da sostrato materiale e/o da mezzo di trasmissione di informazioni e forme simboliche. Tre grandi categorie in base alla loro funzione:  di registrazione  di riproduzione  di trasmissione in base alla natura tecnologica:  analogico  digitale (trasformano segnali analogici in segnali digitali) carattere economico-sociale:  media divergenti (i media sono diversi e si contrappongono tra loro)  convergenza mediatica (grandi aziende che posseggono diversi media, oppure un solo medium per chi prima ne usava molti) I media non sono soltanto tecnologie, ma “sistemi” socio-economici di utilizzo delle tecnologie. Il funzionamento dei media e loro ruolo nella società chiama in causa attori sociali e meccanismi e regole sociali, economiche, politiche e culturali che non dipendono esclusivamente, e talvolta solo in minima parte, dallo sviluppo tecnico in sé stesso, ma dà più generali condizioni storiche e di contesto. Questi mezzi non servono banalmente a trasferire informazioni da qualcuno a qualcun altro, ma in modo assai più complesso legano e separano i soggetti e gli oggetti della comunicazione. I media esprimono infine delle soggettività sociali, sia che si sottolinei il ruolo svolto da singoli individui, sia che li si consideri come organizzazioni Sociali istituzionalizzati. I media si sviluppano dentro la società, non fuori da essa; interagiscono con le relazioni sociali che soggetti intrattengono delle loro diverse sfere di vita. Vi sono dunque le teorie che sottolineano maggiormente l’aspetto tecnologico, considerandolo come fattore primario, come ad esempio l’approccio tecnologico di McLuhan; dall’altro vi sono le teorie che considerano essenzialmente l’aspetto socio-economico o culturale, come le teorie strutturaliste o marxiste, che concepiscono i media essenzialmente alla luce delle loro funzioni e conseguenze sociali. 50 Chi utilizza i media ne usa le interfacce materiali, con cui deve prendere in qualche modo confidenza. Il destinatario dei messaggi dei media è in primo luogo un utente capace di far funzionare, per quel tanto che gli compete, una tecnologia. L’apprendistato per questa competenza si svolge attraverso quello che Roger Silverstone ha definito domestication, ossia la lenta appropriazione dei mezzi nell’alloro dimensione materiale.  Il Pubblico dei media è composto da riceventi/interpreti di testi, ossia di soggetti che fruiscono di determinati messaggi trasmessi attraverso interfacce materiali e tecnologiche, e li decrittano e interpretano (literacy o competenza semiotica). Ricezione e comprensione del messaggio sono il cuore della comunicazione.  L’utente dei media è anche un emittente, perché produce messaggi e significati, e li invia ad altri utenti. I media infatti abilitano I propri utenti alla attività comunicativa, e non soltanto una presunta ricezione passiva Noi siamo contemporaneamente emittenti e riceventi, passiamo continuamente da uno stato all’altro.  L’utente/ricevente/emittente nelle le reti di comunicazione e anche una merce, perché i suoi atti comunicativi sono oggetto di scambio economico (pubblicità, dati di navigazione venduti). La comunicazione attraverso i media fa pur sempre parte di quella industria culturale che per sostenersi ha bisogno di trasformare la comunicazione in scambio economico, ricavandone profitto. 51 Capitolo 6: Perché la comunicazione può fallire: incomprensione, conflitto e inganno Rumore è un termine generale per indicare i fattori e le condizioni che interferiscono sulla trasmissione dei messaggi e pregiudicano il successo della comunicazione. Possiamo intendere il rumore secondo due diverse prospettive:  esso è un accidente o un incidente, un evento spiacevole e indesiderato; può esserci e non esserci, essere volontario o involontario, pertanto può essere contrastato, contenuto, limitato o al contrario provocato o alimentato consapevolmente. Secondo questa prospettiva la comunicazione è concepita come un atto o un evento che normalmente va a buon fine e solo accidentalmente fallisce per la presenza di elementi di disturbo di diversa natura che occorre riconoscere per neutralizzare.  Il rumore non è solo un evento spiacevole bensì una condizione permanente, una dimensione intrinseca della comunicazione umana che a che fare con la sua stessa natura; La confusione, l’errore, l’incomprensione rimangono inseparabili dalla comunicazione. Goffman parla questo proposito di “ambiguità normativamente residua”. Watzlawick del “gemello tenebroso” della comunicazione, l’altra faccia inevitabile e ineliminabile della stessa realtà della comunicazione umana e come tale sempre la accompagna. Il rumore è causa ineliminabile dell’incomprensione e del fallimento della comunicazione, ma per le stesse ragioni anche l’origine della ricchezza e della libertà della relazione comunicativa. 1. Rumori fisici e semantici Il Rumore può avere diverse origini e colpire diversi elementi del processo comunicativo:  Rumori fisici: Riguardano e colpiscono il canale, cioè il mezzo fisico ambientale che consente materialmente la comunicazione; possono interessare l’ambiente in cui avviene la comunicazione, i canali sensoriali con cui percepiamo gli stimoli ambientali comunicativi, le tecnologie comunicative e i media attraverso i quali estendiamo o potenziamo la nostra facoltà fisiche e sensoriali In generale si tratta di un limite costituzionale della specie umana, giacché la nostra capacità di vedere, di fare udire la nostra voce ascoltare quella degli altri è limitata a poche decine o centinaia di metri. È possibile contrastare e ridurre il rumore fisico in vari modi: limitando rumori di interferenza esterna; intervenendo sull’esecuzione materiale del messaggio, Intensificando l’efficacia del canale comunicativo. Per supplire alla limitazione dei nostri sensi naturali, utilizziamo delle tecnologie comunicative; Queste possono essere soggetto a nuovi rumori e interferenze (per es. con il telefono comunico come se fossi cieco e privo del senso del tatto)  Rumori semantici: Riguardano il significato prodotto e recepito dagli interlocutori, quindi la costruzione del messaggio e la sua interpretazione, le caratteristiche dei codici e la loro conoscenza da parte dei soggetti, la chiarezza e la condivisione degli scopi e delle norme, il contesto interattivo e socio culturale. Il rumore riguarda tutti gli elementi del processo comunicativo, nessun escluso. Può essere già presente nella mente di chi parla (pensieri confusi, errori logici). Non sempre ciò che comunichiamo corrisponde al ciò che vogliamo comunicare. In riferimento al le formule di Grice il messaggio può essere formulato in modo incompleto, può essere falso, poco rilevante o poco pertinente, confuso e poco chiaro. 52 I rumori possono dipendere dalle caratteristiche dei codici utilizzati e dalle modalità con cui si svolge il processo di codifica-decodifica. (rumore dovuto interferenze circostanzialiconfusione di frame  cap.2) 2. Rumore del contenuto e nella relazione Rumori possono essere anche essere distinti In base due delle principali funzioni della comunicazione:  Referenziale: Rumori che riguardano la presentazione la comprensione del contenuto della comunicazione, gli errori e le distorsioni nella trasmissione e ricezione delle notizie e delle informazioni.  Relazionale: Rumore che riguardano la presentazione di sé e la definizione della situazione tra coloro che comunicano. La comprensione e l’incomprensione interessano la situazione d’interazione nella quale sono coinvolti i soggetti e in cui si realizza lo scambio di ruoli e le regole nei quali essi si possono riconoscere, che subiscono o rifiutano. (per es. violazione delle regole della cortesia linguistica e comunicativa, violazione consapevole inconsapevole degli allocutivi o delle regole prossemiche, disinteresse verso l’interlocutore, rifiuto del messaggio per delegittimazione dell’emittente, decodifica oppositiva) 3. Incomprensioni subite e volute Il rumore può anche essere una costruzione comunicative intenzionale. L’incomprensione come costruzione consapevole può assumere 2 espressioni principali: conflitto e inganno. 3.1. Conflitto e violenza comunicativa Il conflitto e l’ostilità aperta si manifestano innanzitutto in scontri verbali aperti ed espliciti. Il conflitto aperto e dichiarato presente in natura ambivalente: da un lato è una forma di rumore perché spesso si intreccia al malinteso e all’incomprensione (conflittoincomprensione conflitto); dall’altro lato il conflitto aperto è una chiara manifestazione delle intenzioni dei contendenti per cui entrambi soggetti della relazione sono avvertiti che sta accadendo e possono assumere l’atteggiamento della strategia comunicativa che ritengo opportuno. Si determina invece una duplice forma di rumore quando il conflitto è negato o dissimulato (uno o entrambi i soggetti non agiscono per superare il conflitto ma si limitano a negarlo e coprirlo, pur continuando ad alimentarlo). Rientrano in questa categoria l’evitamento (rifiuto o ritiro dalla relazione), e il mutismo (per esprimere offesa, sfida, disapprovazione, aggressività repressa)  Minaccia o intimidazione per ottenere l’acquiescenza e la sottomissione dell’altro; può essere esplicita (così che chi ne è l’oggetto possa opporvisi), può assumere forme di manipolazione, facendo leva su meccanismi connettivi ed emotivi perlopiù consapevoli (desideri o paure)  Insinuazione, diffamazione e calunnia: creare o avallare false voci che squalificano una persona, gettino sospetti sulla sua integrità personale, morale o politica; anche se sono false raggiungo il loro scopo (es. pettegolezzo)  Disconferma è il disconoscimento dell’altro o una mancanza di considerazione e di riguardo esistono. Diverse risposte disconferma:  risposte impenetrabili (ignoro lo sforzo comunicativo altrui) 55 involontario la sua reazione, cosicché il feedback costituisce non solo una espressione della libertà interpretativa del ricevente, ma anche un fondamentale meccanismo di monitoraggio E di controllo della comunicazione da parte dell’emittente (può rendersi conto se il suo messaggio e stato ricevuto, capito o non capito, accettato rifiutato) Può essere anche rinviato nel tempo. Anche in sistemi di comunicazione complessi e con una struttura fortemente asimmetrica Presentano forme di feedback. I diversi gradi di immediatezza, individuazione e specificità del feedback consentono dunque una diversa efficacia dei meccanismi di “correzione” del rumore (escalation del conflitto avviene attraverso una sequenza di feedback)  Protezioni recuperi e riparazioni, riparazione è il termine di cui i parlanti si avvalgono per prevenire o affrontare eventuali aspetti problematici della loro attività comunicativa. La vita quotidiana è costellata di questi rituali di protezione e di riparazione che cooperano a tenere sotto controllo il potenziale livello di conflittualità nelle relazioni sociali e a facilitare la prevedibilità del comportamento dell’altro 5. I benefici del rumore Shannon e Weaver Il massimo di informatività implica una chiusura e una completezza del messaggio testo, che limiti al massimo l’apporto del ricevente, potenzialmente causa di disturbi, distorsioni e letture divergenti. Secondo questa visione, tra informazione e rumore via rapporto di proporzionalità inversa. Il concetto di completezza dell’informazione indica evidentemente un caso limite che linguaggio naturale non può mai raggiungere. Così non esiste un qualsiasi discorso totalmente esplicito poiché esso richiede sempre una qualche forma di selezione di elementi e di interferenza per riempire le lacune. Nessun tipo di comunicazione umana sociale può pretendere questo carattere di completezza e di totale chiusura. Eco: Un messaggio totalmente ambiguo appare come estremamente informativo perché mi dispone numerose scelte interpretative, ma può confinare col rumore; può cioè ridursi a puro disordine. Una ambiguità produttiva è quella che risveglio la mia attenzione e mi sollecita a uno sforzo interpretativo, ma poi mi consente di trovare delle direzioni di decodifica, di trovare anzi quella parente disordine come non-ovvietà un ordine tempio calibrato di quello che presiede ai messaggi ridondanti Iser: Si può diminuire la denotazione di un messaggio/testo a favore di una maggiore connotazione. Il non detto l’implicito e il sottointeso quindi incompletezza, la rarefazione, la bassa definizione, l’ambiguità la polisemia del messaggio o del testo non costituiscono dunque solo un limite, ma anche una ricchezza: stimolano e richiedono la produttività e la cooperazione interpretativa del ricevente. In realtà il ricevente nell’atto di ricezione/interpretazione è sempre co-autore del messaggio o del testo letterario, iconico, audiovisivo. Produttività e cooperazione saranno tanto maggiori quanto più il messaggio o il testo sono strutturati in modo tale da prestarsi ad una pluralità di interpretazione, sollecitando la partecipazione del destinatario. Questa idea è anche alla base della famosa e controversa dizione McLuhan tra media caldi e media freddi  Media caldi o ad alta definizione apportano dei messaggi completi, compatti, “colmi di dati” che perciò si impongono al ricevente e respingono la sua partecipazione. La forma calda “esclude” perché inibisce creatività e coinvolgimento. I  Media freddi o a bassa definizione implicano invece un altro grado di coinvolgimento da parte del pubblico. La forma fredda “include” in quanto richiede un contributo di immaginazione e di costruzione del significato da parte del fruitore per completare la trama più rarefatta e aperta del messaggio. L'interpretazione si colloca in una posizione intermediaria tra estraneità e familiarità. 56 Spesso l'effettiva comprensione di un messaggio implica la capacità di una presa di distanza dal suo significato immediato e letterale, come accade per gli atti linguistici indiretti con i quali parlante comunica al ricevente più di quanto effettivamente dica, ad esempio esprimendo richieste ordini in forma di domanda, desiderio, o invito. Ciò vale anche per le espressioni metaforiche o figurate con le quali descriviamo il nuovo attraverso il riferimento al gioco familiare e colleghiamo sensoriali e cognitivi prima separati scoprendo somiglianze non colpo in precedenza. In tutti questi casi aldilà del significato letterale o manifesto, vi è un “doppio significato” derivato e latente che l’emittente può mostrare o celare e il ricevente può scoprire ed affermare anche al di là dell’intenzione originaria dello stesso emittente. Il guadagno di una distanza o lo sganciamento dal significato più immediato non è con incomprensione e rumore, ma una più ricca modalità di interpretazione.  Lettura referenziale o esistenziale: concepisce i personaggi reali o immaginari in modo naturalistico e trae spunto dai loro comportamenti e dalle situazioni in cui sono coinvolti per riflettere su di sé e sul mondo.  Cornice critica o meta-comunicativa: lettura dall’esterno, che considera il testo come una costruzione che viene valutata attraverso una presa di distanza. È una lettura di secondo livello, che si chiede quale tipo di comunicazione si stia realizzando e perché. Il rumore, più o meno consapevolmente prodotto da parte del ricevente, può anche essere una forma di resistenza e di refrattarietà all’influenza. Le modalità con cui si manifesta questa resistenza sono le più diverse (insubordinazione, resistenza strisciante) L’influenza dei media è limitata dalla capacità critica; emerge allora un certo grado di “anarchia” e ostinazione del pubblico, che si sottrae e boicotta gli obiettivi e le intenzioni dei comunicatori. Il rumore non è solo il limite al desiderio di uomo di capirsi, l’ostacolo all’ intendersi. Contiene anche la possibilità di salvaguardare la libertà e l'irriducibile diversità dei soggetti della comunicazione; è uno spazio sottratto alla comunicazione di dominio. Anche l'ostinato diritto di “non capire” o di “non volere capire” è segno dell’attività e della libertà del ricevente. La libertà dei soggetti della comunicazione è il problema, ma anche la condizione di possibilità della comunicazione. Ciò che definiamo come comunicazione e come rumore dipende spesso dal sistema di riferimento nel quale osserviamo le relazioni comunicative. 57 Capitolo 7: Perché la comunicazione può riuscire: la sfida della credibilità È facile che la comunicazione fallisca. Per limitare l’incomprensione e il conflitto i soggetti possono adottare con maggiore o minore successo diversi mezzi e strategie. Un fattore tuttavia determinante e rapporto reciproco di credibilità e fiducia tra i soggetti agenti. 1. La credibilità è una relazione La credibilità è la probabilità di essere creduti; crediamo più facilmente alle persone “oneste”: questo vale in generale ma ancor di più nelle questioni che non comportano certezza ma opinabilità. Per Aristotele e per la percezione comune la credibilità è quindi una qualità morale della persona. In termini comunicativi si potrebbe anche dire che la credibilità è una dimensione e un effetto intrinseco della fonte e, come tale, esiste prima della relazione, precede il concreto atto comunicativo. La credibilità non è (o non è solo) una caratteristica personale, ma è qualcosa che viene attribuito, che viene riconosciuto dagli altri, qualcosa che viene costruito, modificato, negoziato nella relazione (le persone possono deludere o sorprendere). Anche le aspettative degli altri possono contribuire a rendere le persone più credibili (Il fatto che qualcuno crede in noi rafforza l’autostima e genera un sentimento di obbligazione morale tale da influenzare i comportamenti e perfino la percezione di noi stessi) Il rapporto di credibilità fiducia è sempre un rapporto aperto e problematico.  Credibilità dal punto di vista dell’emittente: riguarda l’autodefinizione dell’emittente e l’immagine che egli cerca di costruire e di accreditare attraverso determinate strategie e segni esterni  Credibilità dal punto di vista del ricevente: credibilità che il ricevente attribuisce all’emittente e che può discostarsi anche notevolmente della credibilità dal punto di vista dell’emittente. La credibilità percepita da parte del ricevente fonda la maggiore o minore fiducia che egli riporrà nell’emittente La credibilità e sempre in qualche modo costruita, è sempre il prodotto di una intenzione ed una attenzione dell’emittente. Ogni attore sociale tende ad esibire, intensificare e anche manipolare più o meno consapevolmente e attivamente i segni esteriori della propria credibilità. Il ricevente, a sua volta, ricercherà attivamente, nel modo in cui mettente si presenta e agisce, i segni della sua credibilità, delle modalità visibili e percepibili della sua natura e delle sue intenzioni. (per es. facciata personale, company image, corporate image) 2. Radici e forme della credibilità Due forme principali di credibilità: ▾ Credere a significa credere in ciò che l’altro dice, credere al contenuto del discorso. L’oggetto della credibilità informativa è perlopiù un evento o uno stato-di-cose del mondo. Questo tipo di credibilità riguarda tutte quelle forme di conoscenza empirica che spiegano come e come funziona il mondo (conoscenza scientifica, senso comune, sapere basato sulla tradizione). Silverstone: il rapporto con i media è un rapporto fiduciario. ▾ Credere in significa credere in chi proferisce un discorso; la credibilità normativa è riferita ad un’altra persona in quanto persona, come modello di azione positivo, desiderabile, stimabile. Il rapporto di credibilità-fiducia poggia su 3 diverse “radici” o “ancoraggi” per cui i riceventi possono riconoscere un emittente come degno di fede:  Conoscenza e competenza è credibile chi sa quel che dice e assume la responsabilità di ciò dice. Testimone: colui che ha visto; la sua credibilità dipende dalla sua buona fede nel riportare ciò che è visto (può cadere vittima di abbagli della percezione e della memoria)