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Riassunto Comunicazione, cultura, società - Gili e Colombo, Appunti di Sociologia Della Comunicazione

Riassunto del libro: Comunicazione, Cultura, Società. Lapproccio sociologico alla relazione comunicativa di G. Gili e F. Colombo. La struttura della relazione comunicativa, modelli concettuali della comunicazione, caratteristiche dei soggetti, messaggi, feedback, segni, codici, canali, processo comunicativo, le funzione della comunicazione, comunicazione verbale, non verbale, rumori della comunicazione, mass media,

Tipologia: Appunti

2015/2016
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Caricato il 05/09/2016

CristinaC_1988
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Scarica Riassunto Comunicazione, cultura, società - Gili e Colombo e più Appunti in PDF di Sociologia Della Comunicazione solo su Docsity! 1 Comunicazione, Cultura, Società L’approccio sociologico alla relazione comunicativa Di G. Gili e F. Colombo INTRODUZIONE - La comunicazione come relazione sociale Comunicare significa innanzitutto trasmettere un messaggio (un’informazione). Naturalmente non tutti i messaggi si riferiscono a informazioni del tutto nuove; rientrano in questo primo significato anche il richiamare alla mente, il ridefinire, precisare o approfondire conoscenze e informazioni già possedute. La terminologia: emittente, ricevente, messaggio, scambio comunicativo, trasmissione, diffusione fa implicitamente riferimento a questa prima accezione di comunicazione che Carey ha definito “trasmissiva”. In secondo luogo comunicare significa costruire, elaborare, condividere significati. La comunicazione è un’attività interpretativa rivolta a comprendere le reciproche intenzioni attraverso i segni con cui vengono mostrate . Infine, comunicare significa costruire, mantenere, modificare relazioni tra le persone e i gruppi sociali. Comunicare significa in questo caso coinvolgersi (o rifiutare di coinvolgersi) in una relazione e ciò chiama in causa l’identità di coloro che comunicano (l’aspetto di presentazione di sé nella relazione comunicativa) e la definizione della relazione che si attua tra di loro (e che può assumere la forma di una relazione di superiorità-inferiorità, solidarietà-ostilità, prossimità- estraneità). Fanno riferimento a questo terzo significato di comunicazione, che Carey definisce “rituale”, termini come consenso, comunità, partecipazione, cooperazione, coinvolgimento. Due concetti basilari sono: - Soggetto agente: indica tutti coloro che partecipano alla comunicazione (partecipanti, parlanti, interlocutori) ed è strettamente legato a quello di azione. Nell’idea di azione (comunicativa) è infatti implicito che ci sia un soggetto agente, ma si può parlare di soggetto agente solo riferendosi a qualcuno che interpreta i propri comportamenti e quelli degli altri come azioni, cioè espressioni di intenzionalità e volontà. - Relazione comunicativa: identifica la particolare prospettiva conoscitiva della sociologia e la distingue dalle altre scienze della comunicazione. Nella prospettiva della sociologia, infatti, la comunicazione viene studiata come relazione comunicativa, e in altri termini, come dimensione comunicativa delle relazioni sociali. La relazione sociale, però, non può essere ridotta alla sola dimensione comunicativa, poiché essa è costituita anche di aspetti biologici, psicologici, materiali, strutturali, normativi, di potere, con i quali la dimensione comunicativa interagisce secondo diverse modalità. La sociologia, quindi, studia la relazione comunicativa nella sua struttura e nelle sue funzioni fondamentali, ma anche i tipi e le forme che essa può assumere nelle diverse situazioni e contesti. Concepire e studiare la comunicazione in prospettiva sociologica ha alcune implicazioni fondamentali: 1) Poiché la comunicazione è una relazione che intercorre tra due o più soggetti agenti, essa presuppone e dipende da ciò che accade in ognuno di essi (pensieri, intenzioni, scopi, aspettative), ma è qualcosa di più e di diverso da ciò che accade in ognuno di essi. È sempre in certo modo il risultato di una azione reciproca e un effetto emergente. 2) La sociologia ha concentrato la sua attenzione: - sull’azione comunicativa (approcci microsociologici): partono dall’azione o interazione comunicativa dei soggetti agenti e con un movimento ascendente (dagli individui alla società) per crescente estensione e complessità arrivano a spiegare i processi comunicativi a livello macro-sociale. - sulla struttura o il sistema della comunicazione (approcci macrosociologici): partono dall’analisi dei più generali asserti strutturali, culturali e istituzionali della società per 2 spiegare con un movimento discendente (dalla società agli individui) ciò che accade nell’interazione comunicativa. 3) La sociologia studia la comunicazione a diversi livelli: - Studia l’interazione tra gli individui sia nelle situazioni faccia a faccia sia nell’interazione mediata da tecnologie o reti comunicative. - La sociologia analizza la comunicazione dei gruppi e delle organizzazioni in una duplice prospettiva: in dinamiche comunicative interne e comunicazione inter-gruppi o con i loro pubblici esterni. - La sociologia studia i testi e i prodotti culturali, cioè le più diverse forme culturali che incorporano un significato come libri, manifesti, messaggi pubblicitari, film, quadri. - La sociologia studia i sistemi istituzionalizzati e le reti della comunicazione come mass media o web, nella loro struttura, funzioni e modalità evolutive e nei rapporti con gli altri sistemi sociali (economico, politico, giuridico, educativo). I. Di che cosa è fatta la comunicazione: LA STRUTTURA DELLA RELAZIONE COMUNICATIVA Vari autori hanno proposto diversi modelli concettuali della comunicazione. I primi modelli concettuali risalgono alla fine degli anni 40, nei quali gli autori hanno individuato cinque elementi costitutivi della comunicazione : emittente, ricevente, messaggio, codice e canale. Inoltre questi elementi sono stati collegati tra loro in una struttura essenzialmente lineare e unidirezionale che rappresentava la comunicazione come una trasmissione di informazioni (messaggio) dall’emittente al destinatario della comunicazione. 1) Modello informazionale di Shannon e Weaver: è stato ideato per risolvere un problema pratico, ovvero ridurre i fattori di disturbo e le interferenze (rumore) nelle comunicazioni telefoniche e di altri media e aumentare la chiarezza del segnale trasmesso e quindi la possibilità che il messaggio giunga inalterato al ricevente. È un modello che si riferisce essenzialmente alla comunicazione tra macchine, non di un modello sociologico, anche se tale modello per la sua semplicità ed efficacia è stato successivamente applicato alla comunicazione umana/sociale e ha esercitato un’ampia influenza sulle scienze umane e la sociologia, anche se è molto riduttivo. 2) Modello delle cinque W di Lasswell: si fonda su cinque domande che identificano gli elementi fondamentali del processo comunicativo: chi dice? Che cosa? Attraverso quale canale? A chi? Con quale effetto? La dimensione sociologica della proposta di Lasswell è evidente in due aspetti: la comunicazione è un atto intenzionale di un individuo, gruppo o organizzazione rivolto a qualcuno; e in questo atto sono implicati la identità, i bisogni, i valori, le conoscenze di emittente e ricevente. Il limite di questo modello è che il processo comunicativo è rappresentato come essenzialmente a-simmetrico: un emittente attivo produce in modo intenzionale dei messaggi rivolti ad ottenere un certo effetto sul ricevente visto come un polo essenzialmente passivo della relazione. Altri modelli più adatti a comprendere la specificità e la complessità della comunicazione umana/sociale sono: 3) Modello ABX di Newcomb: ha la forma di un triangolo, nel quale due vertici indicano i partecipanti alla relazione comunicativa (A-B). Esso però introduce due elementi importanti: - Bi-direzionalità della relazione: i partecipanti sono al tempo stesso emittenti e riceventi e il modello prevede come elemento strutturale il feedback. - Contesto sociale (X) a cui i partecipanti si riferiscono, inteso non come un semplice involucro, ma come dimensione costitutiva della relazione comunicativa stessa. 5 primariamente per lui). La posizione partecipativa del ricevente può variare anche in base alla ricezione diretta o indiretta del messaggio (colui che riceve il messaggio direttamente o per il tramite di un altro soggetto che si è esposto direttamente al messaggio originario oppure, a sua volta, lo ha ricevuto da altri). Un modello esemplificativo è il modello del flusso a due stadi della comunicazione di massa elaborato da Lazarsfeld e Katz, il quale mostra che spesso la ricezione dei messaggi dei mass media non è diretta, ma passa attraverso la mediazione e il filtro di individui influenti che agiscono da tramite verso un più ampio pubblico a cui sono legati da rapporti interpersonali e di gruppo. - Emittente e ricevente possono essere anche soggetti collettivi, cioè gruppi, organizzazioni e istituzioni. Possono quindi agire anche collettivamente come soggetto comunicativo, come squadra di rappresentazione. MESSAGGI Il messaggio è il contenuto dello scambio comunicativo tra i soggetti agenti, il “che cosa” della comunicazione secondo la definizione di Lasswell. Nello specifico, il messaggio può essere definito in relazione a tre aspetti: 1) Indica una qualunque espressione comunicativa dotata di significato (ovvero che il destinatario riconosce, quindi può essere verbale, gestuale, grafico o di altro tipo). 2) Un messaggio è significativo non solo perché è riconosciuto come un messaggio, ma anche perché dice qualcosa in relazione alla realtà. 3) Il messaggio è un’informazione costruita secondo le regole di un dato codice e trasmessa per mezzo di una determinata forma materiale (suono, gesto, segno grafico, immagine). Ciò significa che il messaggio ha sempre una dimensione sensibile ed è sempre in stretto rapporto con un codice e un canale. Il messaggio può presentare diverse dimensioni: 1) Il significato di un messaggio può presentare una duplice dimensione: da un lato il significato è ciò che un messaggio, un testo o un prodotto culturale “vuol dire” secondo un sistema di riferimento e rimandi condiviso (dimensione culturale), dall’altro è ciò che “mi dice”, ciò che in modo particolare suscita e fa emergere in me (dimensione soggettiva). 2) Dimensione intenzionale e non intenzionale . A questo proposito, Goffman distingue tra espressioni assunte intenzionalmente ed espressioni lasciate trasparire, cioè tutte quelle espressioni come balbettare, arrossire, irrigidire la postura, che sfuggono al controllo dell’emittente, ma che l’interlocutore può interpretare come sintomatiche della sua personalità o del suo stato dell’umore, come segni di aggressività, disagio o vergogna. Gli esponenti della scuola di Palo Alto hanno formulato un assioma fondamentale della comunicazione: “Non si può non comunicare”; secondo tale assioma, ogni comportamento che accade in presenza di un’altra persona ha valore comunicativo a prescindere dalla consapevolezza e dal significato che il soggetto agente attribuisce a quell’atto. 3) Dimensione di denotazione e di connotazione: per dimensione di denotazione si intende la dimensione oggettiva o neutrale del significato per indicare una classe di cose a cui il termine si può correttamente applicare. Invece la connotazione indica i significati impliciti, soggettivi, le associazioni di significati che una parola richiama. 4) Dimensione di contenuto e di relazione : il significato di contenuto è più immediato ed evidente poichè interessa la specificità del contenuto; invece il significato di relazione ha a che fare con la presentazione di sé e con il modo in cui i due soggetti concepiscono il loro rapporto. Questa distinzione è il secondo assioma della comunicazione umana. 5) Dimensione esplicita e implicita: si basa sul fatto che ogni atto comunicativo ha un significato che oltrepassa il suo contenuto immediato, ma presuppone e contiene un mondo. 6 FEEDBACK Il feedback è anch’esso un messaggio e può essere tradotto in retroazione, retro alimentazione, azione a ritroso, controllo retroattivo, controllo ricorrente, e indica il messaggio di ritorno che il ricevente invia all’emittente originario. In una prospettiva sociologica, il feedback non è semplicemente il segnale o il messaggio di ritorno, ma è l’azione (o meglio, la relazione) per cui il ricevente si costituisce pienamen te come partecipante alla comunicazione. Il ricevente è così un polo attivo della comunicazione non solo perché decodifica e interpreta i messaggi che riceve, ma anche perché può a sua volta assumere il ruolo di emittente. Il feedback può assumere di volta in volta forme diverse. La situazione più semplice è costituita dalla conversazione e, in generale, dalla comunicazione interpersonale faccia a faccia, nella quale i soggetti si scambiano continuamente i ruoli di emittente e ricevente e i turni di parola . In questo caso i soggetti della comunicazione sono reciprocamente accessibili, il feedback è immediato e si può avvalere degli stessi canali e gli stessi codici, ma anche di canali e codici diversi e complementari (per esempio, cenno di assenso o di dissenso). Il feedback può però essere anche rimandato nel tempo, come nei rapporti epistolari. Ad una lettera può seguire una lettera di risposta, una telefonata o una e-mail oppure può non seguire alcuna risposta (anche il silenzio è una forma di feedback). Anche in sistemi di comunicazione complessi e con una struttura fortemente a-simmetrica, come i sistemi di comunicazione di massa, sono presenti forme di feedback. In questo caso, funzionano soprattutto forme indirette e deduttive di feedback che offrono una rappresentazione delle risposte dell’insieme del pubblico, come le statistiche sul numero dei telespettatori, delle copie vendute o sui dati d’acquisto di un prodotto pubblicitario. SEGNI I messaggi devono necessariamente assumere una forma sensibile attraverso codici e canali. Il codice è la forma del messaggio, il sistema di riferimento in cui il messaggio è costruito. I codici sono composti di segni, per cui il concetto di codice presuppone, come suo elemento costitutivo, il concetto di segno. Il segno è qualcosa che sta al posto di qualche altra cosa per qualcuno. Questa associazione, detta significazione, è un processo psichico possibile, non necessario. I segni assolvono tre funzioni fondamentali, spesso collegate e presenti contemporaneamente: a) una funzione di rappresentazione della realtà, per cui gli esseri umani conoscono il mondo, se ne fanno una certa immagine ed agiscono in esso. b) Una funzione di comunicazione per cui essi si scambiano dei messaggi e possono comprendere le reciproche intenzioni attraverso i segni che le manifestano. c) Una funzione di partecipazione sociale , per cui i segni favoriscono o suscitano il senso di appartenenza a gruppi e collettività, esprimono certe modalità di appartenenza, manifestano certi caratteri dell’organizzazione di gruppi e collettività sia per i loro membri sia per chi non ne fa parte. Due tradizioni diverse hanno due diversi modi di concepire la struttura fondamentale del segno: 1) Struttura fondamentale binaria del segno (in particolare linguistico): secondo Saussure si possono distinguere in una parola due dimensioni, le quali sono in un rapporto arbitrario, convenzionale, frutto di un accordo intersoggettivo implicito tra i parlanti la stessa lingua: - forma (il significante): è l’immagine acustica, cioè la serie di suoni della parola - contenuto (il significato): il concetto della parola, la rappresentazione dell’oggetto mentale della parola 2) Struttura triadica del segno: è essenziale il rapporto con l’oggetto, con la realtà extralinguistica da cui si origina il processo di significazione. Questa tradizione risale a Peirce, il quale prevede tre elementi: 7 - il segno (o representamen): è il secondo vertice del triangolo ed è l’intermediario tra il suo oggetto e la mente dell’interprete. - l’oggetto a cui si riferisce: rappresenta il primo vertice del triangolo. Si distinguono due diversi concetti di oggetti: oggetto dinamico (oggetto quale esso è) che esiste oggettivamente fuori dal soggetto che conosce e indipendentemente dal fatto che qualcuno lo pensi, è l’oggetto concreto che muta continuamente ed esiste nel mondo fuori; e oggetto immediato è invece la rappresentazione, cioè l’immagine mentale. - il significato (interpretante): ciò che avviene nell’interprete, per cui un fenomeno, un oggetto di qualche tipo è interpretato come segno di qualcos’altro. Il processo per cui qualcosa funziona come segno è detto “semiosi”. Morris osserva che tale processo si compone di quattro fattori: 1) veicolo segnico: ciò che agisce come segno, che ha la funzione di segno; può essere qualsiasi cosa che è interpretata come segno dall’interprete. 2) designatum: ciò a cui il segno si riferisce o di cui rende conto; può essere un oggetto reale o una classe di oggetti reali, ma anche un atto o un’idea, o uno stato interiore 3) interprete: è la persona per cui il segno ha funzione di segno, cioè colui che usa i segni e realizza l’atto della semiosi 4) interpretante: è l’effetto sull’interprete, effetto per il quale ciò che agisce come segno è considerato un segno dall’interprete. Peirce ha identificato inoltre tre tipi, tre categorie principali di segni in base ai diversi modi di rimandare a un oggetto (icona, che serve a rappresentare l’oggetto per rassomiglianza; indice, che rappresenta l’oggetto indipendentemente da ogni rassomiglianza solo in virtù di una connessione reale con esso; simbolo, che rappresenta l’oggetto indipendentemente sia da rassomiglianza sia da una connessione reale). CODICI Qualunque sia il processo attraverso il quale i segni e i loro significati si costruiscono e si stabilizzano, è evidente che i linguaggi che l’uomo usa funzionano perché basati su codici condivisi, che rimandano a loro volta all’appartenenza a mondi comuni. Morris definisce un codice o un linguaggio come una serie di comun segni plurisituazionali, le cui combinazioni sono limitate. Le cinque caratteristiche costitutive dei codici sono: 1) Il codice si compone di una pluralità di segni dotati di significato 2) In un linguaggio ciascun segno ha una significazione comune a un certo numero di interpreti. I codici sono intersoggettivi, cioè non appartengono solo ad una coscienza individuale, ma ad una comunità di interpreti. 3) I segni che costituiscono un linguaggio devono essere comunsegni, cioè producibili dai membri della famiglia di interpreti. 4) I segni che costituiscono un linguaggio sono plurisituazionali, cioè mantengono una costanza di significato in situazioni diverse. 5) I segni di un linguaggio devono costituire un sistema di segni interconnessi che si possono combinare in qualche modo determinato e non diversamente, allo scopo di formare una varietà di processi segnici complessi. Nel caso della lingua sono le regole della morfologia e della sintassi. Gli autori propongono di aggiungere una sesto carattere: 6) I codici hanno un carattere normativo e costrittivo, cioè contengono sempre dei vincoli e degli obblighi per coloro che li usano. 10 - Dimensione psicologica: l’atteggiamento con cui i partecipanti entrano nella relazione comunicativa influenza la comunicazione e i suoi esiti. Ciò può dipendere da aspetti di personalità, stato dell’umore legato ad a situazioni momentanee - Dimensione sociale: ogni società presenta una specifica struttura di status-ruoli che influenza le relazioni comunicative tra le persone secondo il genere, l’età, lo status socio- economico, il ruolo professionale, il livello di istruzione. Le relazioni sociale possono assumere una forma complementare, o simmetrica, più o meno formali o informali, distanziate o ravvicinate a seconda del grado di estraneità o familiarità. - Dimensione culturale: i soggetti agenti che comunicano possiedono una specifica identità culturale, cioè specifici modi di pensare, di sentire, di agire e di comunicare propri della società cui appartengono. Ogni enunciato, gesto, espressione facciale, postura si colloca entro un sistema di riferimento culturale condiviso e rimandi che consente a chi li produce e a chi li riceve di intendersi. Quando i soggetti agenti condividono un comune background culturale si parla di comunicazione intra-culturale. Comunicazione interculturale quando i soggetti agenti provengono da paesi e culture diverse . La cultura non è solo interiorizzata negli individui, ma è anche interna alle relazioni comunicative e dà loro una particolare forma. Non solo la costruzione e la comprensione dei significati, ma anche i canali e i loro codici, gli scopi e le norme comunicative sono sempre implicati e condizionati dalla cultura di riferimento. II. Come avviene la comunicazione: IL PROCESSO COMUNICATIVO Si possono identificare quattro prospettive principali: 1) COMUNICAZIONE COME APPLICAZIONE DELLA CONOSCENZA DI CODICI E LINGUAGGI: implica la conoscenza e l’uso di codici e linguaggi, per cui dirige la propria attenzione sui processi attraverso i quali i soggetti agenti traducono i pensieri in parole e gesti. I concetti più rilevanti in questo contesto sono: - Processo di codifica-decodifica: è stato individuato originariamente nella teoria matematica della comunicazione di Shannon e Weaver, dove indica la trasformazione (codifica) di un elemento fisico (segnali elettrici) che ne consente la trasmissione attraverso un canale artificiale (per esempio una linea telefonica) per essere nuovamente convertito (decodifica) nella sua forma originaria (suoni percepibili dall’orecchio umano). L’estensione di questo modello della comunicazione tra macchine alla comunicazione umana, ha prodotto l’equivoco di rappresentare il processo codifica-decodifica come un semplice trasferimento di informazioni da un soggetto A ad un soggetto B, visione alimentata nei decenni precedenti dalla psicologia comportamentista che concepiva la comunicazione secondo il modello stimolo-risposta. una più adeguata visione dei processi di codifica e decodifica riferiti alla comunicazione umana e sociale è emersa negli schemi della comunicazione di Schramm e nel modello linguistico di Jakobson. In questo contesto concettuale la codifica indica il processo per cui uno stato mentale, un contenuto psichico o un vissuto di un soggetto agente viene tradotto in parole, gesti, suoni, cioè in segni esterni percepibili dai suoi interlocutori. La decodifica è il processo inverso, che avviene nel ricevente, cioè la traduzione di un segno esterno in uno stato mentale, in un vissuto. Questi processi di codifica-decodifica chiamano in causa le funzioni della memoria. La corrispondenza tra i codici di coloro che comunicano è sempre parziale e imperfetta, per cui i processi di codifica-decodifica non sono mai perfettamente simmetrici. In generale la maggiore o minore corrispondenza tra i processi dipende dalle caratteristiche dei codici utilizzati, dalla conoscenza, dal possesso e dall’uso dei codici da parte dei soggetti. - Commutazione di codice: si usano molti codici e canali e si può passare più o meno rapidamente dall’uno all’altro. Tale passaggio può avvenire tra codici dello stesso genere 11 come nel caso di diverse varietà linguistiche, ma anche tra codici di natura diversa, ad esempio codici verbali e non verbali. Gli esponenti della pragmatica della comunicazione umana (Watzlawick) preferiscono parlare di “traduzione” da una forma espressiva ad un’altra, ad esempio da una forma verbale a una non verbale, dedicando particolare attenzione agli errori e alle patologie della traduzione. Le ragioni di questa commutazione (traduzione) sono diverse: può essere per una esigenza di maggiore chiarezza o per supplire ad un deficit di comunicazione, o esigenza di arricchire o rendere più vivace la comunicazione avvalendosi di una pluralità di codici diversi, oppure può rispondere a ragioni sociali relative alla correttezza e adeguatezza dei codici in situazioni diverse, cioè contesti pubblici e formali o informali. Può esserci commutazione di codice, non solo verbale, ma anche comportamentale. 2) COMUNICAZIONE COME PROCESSO DI INTERPRETAZIONE DI SIGNIFICATI: le azioni di codifica e decodifica sono strettamente legate a processi di produzioni, interpretazione e rielaborazione di significati. I significati possono essere da un lato sociali e culturali nel senso che l’essere umano è impigliato in una rete di significati precostituiti e intersoggettivi che egli contribuisce a ritessere negli scambi comunicativi quotidiani con i suoi simili; dall’altro sono individuali e soggettivi nel senso che emergono da una personale elaborazione nella quale sono coinvolti molteplici aspetti legati alla personalità, alla biografia, alle esperienze e ai saperi dei singoli soggetti agenti. Gli uomini pensano per concetti o categorie. Se così non fosse sarebbero sommersi da una magma indistinto di sensazioni, percezioni e informazioni. I concetti consentono di mettere ordine in questa materia fluida ed eccedente di segnali provenienti dall’ambiente e di economizzare energie psichiche. Gli psicologi cognitivi identificano due tipi di concetti che si depositano nella memoria semantica e guidano i successivi processi di conoscenza e comprensione dell’uomo: gli schemi (concetti che si riferiscono ad elementi singoli più semplici sia concreti sia astratti) e i copioni (rappresentazioni concettuali di eventi e relazioni sociali, per esempio conversare con gli amici, danzare, cercare un lavoro, ecc). schemi e copioni si acquistano attraverso l’esperienza (apprendimento, ripetizione, memoria) e l’osservazione diretta, sui libri, in televisione, racconto di altri. La mente di ogni persona ope ra una sintesi di questa molteplicità di esperienze e conoscenze attraverso un processo di categorizzazione e semplificazione al quale contribuisce in modo decisivo la lingua con il suo potere di definire e catalogare la realtà fisica e sociale. La memoria semantica conserva il significato delle informazioni e delle conoscenze sotto forma di concetti semplici, schemi e copioni, che a loro volta, guidano la conoscenza e comprensione della realtà e i successivi processi di memorizzazione (quindi hanno un ruolo importante nel determinare ciò che si conosce già). Inoltre schemi e copioni sono collegati tra loro da una rete di riferimenti e rimandi significativi. L’insieme degli schemi e dei copioni costruiscono il repertorio di ciascuno. Anche la conoscenza sociale e la relazione sociale avviene attraverso processi di categorizzazione e semplificazione (per esempio la tipizzazione in base al genere, all’età, all’etnia). La tipizzazione è dovuta da una precomprensione (o pregiudizio) fomentato soprattutto dai mass media, i quali spesso determinano gli altri in categorie, formando degli stereotipi. Interpretare gli eventi e le situazioni in cui si è coinvolti o si assiste è un meccanismo che si attiva automaticamente anche se non si ha sempre una completa consapevolezza. La produzione e la comprensione dei significati non si riferisce solo a singoli concetti, ma anche ad enunciati più complessi. Il significato di una frase può variare rispetto al significato che ne è stato dato dall’interlocutore in base alle credenze e ai valori di riferimento, all’umore momentaneo, all’intenzione e alla narrazione o al contesto. La comunicazione coinvolge quindi sempre un aspetto interpretativo. Secondo il filosofo Schleiermacher, la comprensione di qualsiasi messaggio o testo il cui significato non è immediatamente accessibile è in base alla “distanza” storica, linguistica, sociale, psicologica che separa dal suo autore. 12 Un fondamentale contributo della sociologia è rappresentato dall’analisi dei frame, cioè le cornici interpretative che la società e la cultura mettono a disposizione agli uomini per comprendere gli eventi e il loro significato. Secondo l’approfondita e sistematica applicazione nella frame analysis di Goffman i frame sono “le strutture basilari della comprensione disponibili nella nostra società per dare un senso agli eventi o i principi di organizzazione che governano gli eventi, almeno quelli sociali, e il nostro coinvolgimento soggettivo in essi.” L’esperienza della realtà (sociale) e l’interazione con gli altri avvengono sempre sulla base di una “definizione della situazione”, cioè una costruzione intersoggettiva a cui concorrono tutti i soggetti coinvolti. I frame sono quindi dei fattori di ordine poiché, stabilendo la cornice di una situazione, orientano la comprensione degli eventi e il comportamento adeguato dei partecipanti legati a specifici contesti socio-culturali. 3) COMUNICAZIONE COME ESPRESSIONE DI INTERESSE E COINVOLGIMENTO : la comunicazione implica sempre una qualche forma di attenzione e di adesione soggettiva dei partecipanti. Ciò dipende dall’interesse e dalle motivazioni che muovono i soggetti agenti e dall’impegno che essi sono disposti a profondere nella relazione. L’interesse o coinvolgimento può esprimersi a due diversi livelli interagenti: può riguardare il contenuto della comunicazione cioè l’oggetto di cui si parla oppure la relazione che si instaura con l’interlocutore. Dagli studi sui processi persuasivi sono emerse due teorie: - Teoria della ricezione selettiva: una ricerca che si è concentrata sulle condizioni che favoriscono l’accettazione o il rifiuto dei messaggi della comunicazione di massa. L’ipotesi di ricerca era quella di individuare le condizioni che determinano il successo della comunicazione dal punto di vista dell’emittente e quindi l’efficacia della sua comunicazione. Uno dei risultati fondamentali di questo studio è stata la scoperta dell’importanza dei meccanismi selettivi in atto nei processi di ricezione. Questi meccanismi sono operanti sia nell’esposizione alle fonti e ai messaggi sia nella comprensione del significato sia nella memorizzazione dei contenuti. Quindi si hanno esposizione selettiva, percezione selettiva e memorizzazione selettiva. Le persone sceglierebbero più o meno consapevolmente le fonti che avvertono più vicine ai propri interessi, credenze e opinioni. Secondo alcuni autori, infatti, nella loro ricerca sui comportamenti delle persone nel corso di una compagna elettorale osservarono che la disponibilità più le predisposizioni sono a determinare l’esposizione selettiva. Anche altre ricerche hanno mostrato che anche nel processo di percezione e comprensione del contenuto sono all’opera gli stessi meccanismi che possono assumere diverse forme: rifiuto del messaggio (perché in contrasto con le proprie credenze, convinzioni), distorsione della percezione (si presta più attenzione alle fasi del momento più favorevole per sé), interpretazione falsata (si tende a deformare i significati delle situazioni o dei testi per fletterli verso le proprie precedenti convinzioni). Si tendono a fissare più facilmente anche i messaggi nella memoria che risultano più compatibili con le proprie credenze e interessi (memorizzazione selettiva). Le persone elaborano sistemi di opinioni organizzati e tendenzialmente coerenti e che la salvaguardia di tale coerenza rappresenta l’esigenza fondamentale in presenza di opinioni contrastanti. In particolare questo bisogno è più forte con riferimento agli elementi centrali del sistema di credenze, costituito dalle idee e convinzioni più radicate, soprattutto quelle che hanno a che fare con l’immagine di sé e il rapporto con gli altri. - Teoria della risposta cognitiva (di Petty e co): il destinatario non apprende passivamente quanto gli viene proposto, ma rapporta i contenuti del messaggio alla propria struttura cognitiva e alle conoscenze pregresse, orientato dalle sue caratteristiche di personalità e dagli esiti delle influenze che gli derivano dall’esperienza sociale. In base a questo confronto, egli produce una serie di risposte cognitive a questi contenuti e, in relazione ad esse, li accetta o li rifiuta. Petty e Cacioppo hanno mostrato sperimentalmente che le risposte cognitive sono attivate dall’abilità del destinatario nel rielaborare i contenuti del messaggio, ma anche dalle sue motivazioni. Conseguentemente, i fattori che incidono su tale abilità e 15 l’esperienza della realtà non sono le stesse per tutti gli uomini, ma variano anche in relazione alle diverse culture, alle società, ai gruppi di appartenenza. La realtà non è semplicemente costruita, ma socialmente costruita. Inoltre il linguaggio non è solo un mezzo per comunicare l’esperienza, ma è esso stesso un modo per definire l’esperienza. Vari studi sono d’accordo nel ritenere che: la lingua è legata alla cultura e ne costituisce una parte essenziale; le parole di cui si dispone nella propria lingua influenzano la memoria e la categorizzazione soprattutto nei riferimenti per esprimere concetti astratti; gli stessi concetti possono essere espressi potenzialmente in tutte le lingue; la ricchezza e la specializzazione lessicale in un particolare campo di esperienza sono legate alle conoscenze e alle pratiche di vita di una persona o di un gruppo sociale; le teorie della traduzione hanno mostrato che anche tra lingue abbastanza simili non vi è una corrispondenza punto a punto di tutte le parole e le strutture sintattiche, cosicchè una traduzione letterale non è possibile e ogni tentativo per rendere la versione in lingua originale finisce in modo alquanto deformato. 2) Creare, mantenere e modificare le relazioni sociali (FUNZIONE SOCIALE): la comunicazione è intrinsecamente collegata alla socievolezza di cui parla Simmel, cioè una sorta di “istinto” per cui gli uomini hanno bisogno di essere in relazione con gli altri, di avere un reciproco contatto e riconoscimento con l’altro come fonte di rassicurazione e benessere. La comunicazione ha quindi anche un valore in sé; molte volte l’oggetto della comunicazione è la stessa relazione tra le persone, il loro essere in relazione (per esempio stare con gli amici) . La comunicazione unisce le persone poiché consente loro di condividere significati, valori, idee e visioni del mondo. In prospettiva sociologica, però, si osserva che questa funzione ha sempre due facce: da un lato assimila e unisce, dall’altro differenzia e separa. La comunicazione è sempre al tempo stesso un fattore di integrazione e di divisione. Le lingue, i gesti significativi e i rituali comunicativi infatti accomunano e assimilano coloro che li condividono, ma al tempo stesso li separano da quanti non conoscono quei segni o non attribuiscono loro lo stesso significato. A livello microsociologico, l’approccio degli usi e gratificazioni ha mostrato che le persone possono rispondere al bisogno di instaurare relazioni nei propri contesti sociali di appartenenza attingendo risorse dal mondo dei media (per esempio avere visto la stessa soap opera, sit-com, programmi televisivi, cartoni animati durante l’infanzia è un fatto identitario di alcune generazioni); a livello macrosociologico invece la comunicazione contribuisce alla creazione di una coscienza collettiva. I media assolvono questa funzione poiché offrono le stesse informazioni, gli stessi contenuti culturali, gli stessi significanti, gli stessi valori a una moltitudine di riceventi (osservando da una prospettiva critica negativa questo processo comporta omologazione culturale). 3) Produrre e coordinare l’azione (FUNZIONE PRAGMATICA): la comunicazione è un modo di agire, una forma di attività umana in tre aspetti principali: - La comunicazione può servire a coordinare l’azione di più individui: per esempio il lavoro, nella quale la comunicazione è un mezzo necessario e indispensabile per consentire l’azione coordinata di un gruppo di uomini impegnati in un’attività pratica e uno scopo comune. - La comunicazione può promuovere, favorire o impedire l’azione (propria o di altri): la comunicazione può assumere la forma di un’azione futura in cui il parlante si impegna ad assumere un certo comportamento (per esempio giuramenti, promesse). Oppure può assumere quella forma in cui degli atti tendono a dirigere il comportamento di altri sia in maniera diretta sia in maniera implicita (per esempio ordini, richieste, avvertimenti, minacce). Queste forme di comunicazioni influenzano il comportamento dei soggetti agenti. - La comunicazione può costituire essa stessa un’azione, che producono un evento che modifica la realtà (per esempio il rituale cerimoniale del matrimonio). Secondo la teoria degli atti linguistici di Austin nell’atto di dire qualcosa è possibile individuare tre dimensioni che vengono realizzati simultaneamente: atto locutorio (è il semplice fatto di dire 16 qualcosa), atto illocutorio (è lo scopo di ciò che viene detto e l’azione che esso implica), atto perlocutorio (si riferisce agli effetti che l’enunciato con la sua forza illocutoria produce su chi ascolta, quindi le sue conseguenze psicologiche e comportamentali). Inoltre l’autore differenzia gli atti in: rappresentativi, commissivi, espressivi, direttivi e dichiarativi. 4) Presentare un’immagine dell’io (FUNZIONE IDENTITARIA): nella comunicazione si esprime l’identità, cioè si manifesta, si rende noto agli altri chi si è. Ma, al tempo stesso, nella relazione comunicativa con gli altri si forma, si conferma e si modifica l’identità. Include non solo la funzione espressiva/emotiva individuale ma anche i tratti collegati alla posizione e al ruolo sociale. Taylor osserva che l’identità di ognuno è composta di tre fondamentali elementi ed è il prodotto della loro relazione: - Il senso irriducibile del proprio io, dell’unicità e autenticità dei propri vissuti e della propria biografia e storia personale (il luogo della conversazione interiore) - L’identità dialogica che si è formata e si forma continuamente nelle interazioni con gli altri “importanti” (dalla famiglia agli amici) - L’identità che deriva dalle appartenenze e dallo status sociale, dalla nostra collocazione nella struttura della società e dai ruoli collegati a tale posizione Nella comunicazione, quale che sia il suo contenuto e le sue forme specifiche, i soggetti presentano sempre se stessi. In ogni atto comunicativo è contenuta un’affermazione esplicita o implicita sulla propria identità e come si vuole essere considerati. La presentazione di sé passa attraverso tre modalità principali: la facciata personale (stile comunicativo: tono della voce, postura, abbigliamento), i simboli dello status/ruolo, l’ambientazione. Importante è il concetto di “struttura di plausibilità”, cioè sono quelle strutture costituite da quell’insieme di relazioni sociali e comunicative che consentono di mantenere la stabilità della propria visione del mondo e del proprio senso dell’io. La Scuola di Palo Alto ha indicato tre modalità essenziali con cui l’interlocutore può reagire alla presentazione che l’emittente dà di sé: la conferma, il rifiuto e la squalifica o disconferma (negazione totale nel senso che non si prende nemmeno in considerazione). L’identità non è monologica, cioè qualcosa che ognuno realizza per contro proprio, ma è sempre dialogica. Inoltre comunicare significa sempre in certa misura protendersi verso l’altro, ma anche esporsi e mettere a rischio la propria identità. Nella relazione comunicativa, in quanto rapporto con l’altro e il diverso (da me), è sempre contenuto un certo grado di rischio per l’identità acquisita (per esempio nei casi di plagio, in cui l’identità si indebolisce fino al punto di perdere la coscienza di “chi è”). Anche le organizzazioni presentano la loro identità attraverso la loro storia e tradizione, su cui si basa una reputazione costruita e consolidata nel tempo, o attraverso la loro capacità di assolvere efficacemente le loro finalità e funzioni sociali sulla base di una buona organizzazione interna e la capacità di relazionarsi con loro pubblico. 5) Definire la comunicazione stessa (FUNZIONE METACOMUNICATIVA): nell’ambito delle scienze comunicative il metalinguaggio e la funzione metalinguistica sono stati messi a fuoco da Hjlmslev e Jakobson mentre il concetto di meta comunicazione è stato elevato a concetto centrale della teoria della comunicazione da Bateson e dai successivi esponenti della Scuola di Palo Alto. La funzione metalinguistica di cui parlano Hjelmslev e Jakobson serve a raccordare i processi di codifica e decodifica da parte dell’emittente e del destinatario e a verificare la compatibilità delle loro conoscenze del codice linguistico usato. La metacomunicazione ha la funzione di consentire nel definire in che modo un certo messaggio debba essere inteso. In altre parole fornisce una specie di “istruzioni per l’uso” sulla comunicazione in atto. Nelle relazioni quotidiane si ricorre costantemente a indicazioni meta comunicative circa il modo con cui si deve considerare un enunciato o un gesto. Watzlawick osserva che ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto e un aspetto di relazione di modo che il secondo classifica il primo ed è quindi metacomunicazione. Inoltre accanto alle comunicazioni che il soggetto trasmette intenzionalmente si devono considerare anche le 17 espressioni che lascia trapelare (espressioni che sfuggono alla gestione cosciente del soggetto, ma che gli interlocutori possono percepire e valutare; sono tutti quegli aspetti del comportamento non verbale più difficili da controllare come quelli cinesici e paralinguistici). La metacomunicazione è la capacità di comunicare a diversi livelli di astrazione, occorre cioè mettere in atto un inquadramento metacognitivo (cioè astrarre dal più immediato e semplice livello di significato per cogliere un significato ulteriore), tenere in considerazione la cornice e il contesto in cui avviene la comunicazione. Esistono molti segna-contesto che classificano e differenziano i contesti per evitare che si creino molteplici equivoci o confusioni. Jakobson sottolinea che difficilmente si può trovare relazioni comunicative che assolvono soltanto una funzione. La diversità delle relazioni non si fonda sulla presenza esclusiva dell’una o dell’altra funzione, quanto sul diverso ordine di importanza che esse assumono. IV. Come comunichiamo: LE FORME DELLA COMUNICAZIONE Gli uomini sono esseri multimediali che si servono di una pluralità di codici e canali per esprimersi e comunicare. Questi possono essere ricondotti a tre grandi sistemi: 1) COMUNICAZIONE LINGUISTICA O VERBALE: il linguaggio si compone di tre dimensioni tra loro strettamente correlate: - Linguaggio: gli uomini posseggono la capacità di significare e comunicare attraverso segni linguistici. Chomsky osserva come la facoltà di linguaggio umana sia un’autentica proprietà della specie umana che la differenzia da tutte le altre specie animali. Infatti la specie umana è l’unica ad avere una storia, un’evoluzione e una differenziazione culturale di ricchezza e complessità notevolissime. Non vi è in natura alcun animale che usi un linguaggio verbale simbolico come l’uomo. Secondo alcuni autori la principale caratteristica del linguaggio è la sua capacità di trascendere l’hic et nunc in un duplice senso: il linguaggio consente il distacco dall’espressione immediata di esperienze soggettive (possibilità di riflettere) e consente inoltre una capacità di distacco dall’hic et nunc della propria situazione momentanea (cioè interi mondi possono essere evocati in qualsiasi momento per mezzo del linguaggio; si può fantasticare, immaginare e inventare ciò che non c’è, ciò che non è visibile). - Lingua: è il prodotto del rapporto tra l’universale facoltà umana di linguaggio e un determinato ambiente storico-sociale e culturale. Saussure osserva che la lingua è la parte sociale del linguaggio, esterna all’individuo, che da solo non può ne crearla, né modificarla. Tutte le lingue, pur nella loro diversità, hanno delle caratteristiche comuni, universali linguistici o caratteri della lingua: sono formate da segnali vocali (fonemi, parole-contenuto, parole-funzione); la produttività del linguaggio è data dalla sua capacità di formare una grande quantità e varietà di parole, cioè di segni discreti dotati di uno specifico significato grazie alla “duplicità di strutturazione”; la costruzione delle parole e la loro combinazione nella frase non avviene casualmente, ma sulla base di un sistema di regole combinatorie che costituisce la grammatica (morfologia e sintassi) di quella particolare lingua; il significato attribuito alle parole è quasi sempre arbitrario (tranne le parole onomatopeiche); ogni concetto espresso da una lingua può essere formulato in un’altra lingua anche se con maggiore o minore precisione e un numero maggiore o minore di vocaboli (ogni concetto è dunque traducibile). La creazione di campi semantici specifici è legata all’evoluzione della società, all’avanzamento delle scienze e delle tecniche; quindi la lingua da una parte è un fatto universale con una base genetica specifica, dall’altro è un forte indicatore sociale, così come le istituzioni, i fattori culturali e i costumi. Ogni lingua è parlata e compresa da una porzione limitata della specie umana; in tal senso la lingua da un lato unisce e integra, dall’altro 20 importante significato psicologico, relazionale, comunicativo; costituisce anche un sofisticato codice per esprimere gli atteggiamenti interpersonali (incoraggiare, proteggere, richiedere attenzione, aggressione); e varia da cultura a cultura. I comportamenti spaziali invece comprendono tutti i modi in cui le persone strutturano e usano lo spazio nelle relazioni sociali. Le posizioni e l’orientamento che le persone assumono, le mosse di avvicinamento e di distanziamento, la struttura spaziale dei luoghi in cui abitano costituiscono un “linguaggio silenzioso”. La prossemica è lo studio dei comportamenti spaziali in funzione comunicativa. Hall suddivide lo spazio prossemica che circonda gli individui in quattro aree che variano da cultura a cultura: distanza intima (intimità relazionale: dell’amplesso, conforto, protezione, lotta), personale (distanza confidenziale), sociale (distanza delle relazioni di lavoro) e pubblica. La logica fondamentale dello spazio prossemica che circonda ogni individuo è che nei diversi cerchi si ammettono alcune categorie di persone e non altre. Tutte le funzioni sensoriali e i sistemi di comunicazione non verbale interagiscono tra loro, le diverse distanze si caratterizzano e si distinguono anche per la diversa percezione visiva, sonora e olfattiva dell’interlocutore. Inoltre anche certe aree acquistano il significato di territorio riservato ad alcune persone o gruppi, alcune aree sono in rapporto con la posizione sociale (posto d’onore) o con il ruolo sociale. - Comunicazione olfattiva: l’olfatto si inscrive nel registro della comunicazione chimica utilizzata dai più diversi organismi, dai batteri fino agli insetti, ai rettili e ai mammiferi. L’uomo non presta molta attenzione a questo sistema semiotico ma ha un importante ruolo sociale e comunicativo. Hall segnala come l’odorato è il senso più direttamente implicato nelle relazioni di intimità insieme al contatto corporeo. L’odore inoltre è un contrassegno della identità individuale (aspetto significativo della presentazione di sé) e della differenza sessuale. Non solo ma è anche un rivelatore dello status e del ruolo sociale (soprattutto chi svolge lavori manuali). L’odore è anche elaborato culturalmente come mezzo esplicito per formulare e rafforzare giudizi stereotipati su individui e gruppi diversi da quelli di appartenenza. - Aspetto fisico: il corpo è anche un oggetto culturale, capace di mostrare simboli e significati culturali e comunicativi. Acconciature, tatuaggi, vestiti, oggetti diventano parte integrante dell’immagine corporea manifestando al tempo stesso la specificità individuale e l’appartenenza sociale o etnica e status gerarchici in contesti religiosi, militari, medici o istituzionali. Goffman collega la gestione della facciata personale al concetto di idealizzazione, cioè alla esibizione di quelle caratteristiche personali e sociali che in una certa società o in un certo gruppo specifico godono di apprezzamento perché incorporano ed esemplificano i valori sociali più accreditati. Accanto all’idealizzazione positiva, tesa a migliorare la propria immagine, vi può essere anche una idealizzazione negativa, che porta le persone a sminuirsi e a peggiorare la propria immagine, sempre in ossequio ai valori dominanti. I sistemi comunicativi verbali e non verbali si sono entrambi rafforzati e sviluppati secondo due tipi principali di spiegazione:  Attendibilità: il linguaggio verbale non contiene alcuna componente che ne assicuri l’attendibilità, ovvero la veridicità (è facile mentire con le parole)  Funzioni diverse: i due sistemi comunicativi non assolvono le stesse funzioni, ma sono diversamente specializzati dal punto di vista funzionale. Burgoon e Guerrero hanno raggruppato le funzioni della comunicazione non verbale in sette categorie: sostegno e integrazione alla produzione e all’elaborazione di messaggi verbali; formazione e gestione delle impressioni che gli interlocutori possono ricavare del soggetto che comunica; definizione della natura della relazione tra coloro che comunicano; comunicazione del proprio stato emotivo; produzione di significati che contraddicono quelli espressi dalle parole; regolazione del flusso comunicativo. 21 Quindi il linguaggio è specializzato nella funzione referenziale poiché i simboli verbali sono assai efficaci per descrivere la realtà, per rappresentare i rapporti tra gli eventi e l’ambiente. Le diverse forme di comunicazione non verbale sono invece più efficaci e attendibili nell’esprimere le emozioni, gli atteggiamenti e le relazioni interpersonali. Non vi è traducibilità da una forma all’altra, ma sono comunicabili fra loro. 3) COMUNICAZIONE che si avvale di CANALI E CODICI ARTIFICIALI prodotti dalla cultura umana. I media possono essere considerati da molti punti di vista come un’evoluzione (sia pure assai complessa) delle prime forme (verbali e non verbali) artificiali di comunicazione. A partire dal XIX secolo, con l’industrializzazione della stampa, i media hanno svolto un ruolo sempre più significativo nelle società umane. Il 900, in particolare, ha visto la diffusione imperiosa dei media elettronici (radio e TV), che per la loro importanza (e la loro visibilità) hanno reso possibile la nascita di una nuova fase di riflessioni sulla comunicazione. Questi mezzi presentavano caratteristiche per molti aspetti inediti, quali: istantaneità fra trasmissione e ricezione, centralizzazione produttiva e distributiva, modello trasmissivo uno-molti (o centro- periferia). La fine del 900, poi, è stata caratterizzata dalla rivoluzione digitale e soprattutto dallo sviluppo di internet e del web, con un modello reticolare di comunicazione definito molti-molti. Gli autori hanno privilegiato un approccio che non scollega i media dalle altre forme della relazione comunicativa (verbale e non verbale). Tuttavia, i media hanno cercato di ovviare ai limiti delle altre forme. La scrittura è stata il primo e fondamentale mezzo per superare il limite della comunicazione faccia a faccia. Tutti gli oggetti materiali fatti dall’uomo possono essere trattati come estensioni di ciò che l’uomo faceva con il proprio corpo o con una parte specializzata del proprio corpo. Allo stesso modo, secondo Hall e McLuhan tutti gli artefatti che l’uomo utilizza sono estensioni di qualche organo e/o funzione fisica, sensoriale o psichica. Essi sono media, nel senso che influenzano in modo determinante il rapporto tra l’uomo e il suo ambiente naturale e sociale e il rapporto tra gli esseri umani. Le tecnologie hanno rivestito un particolare ruolo per quanto riguarda la comunicazione: la scrittura è per esempio una “tecnologia della parola”. Con l’avvento dell’alfabeto fonetico (in sostituzione della scrittura ideografica) la conoscenza della scrittura può diventare una competenza molto più diffusa (infatti ci fu inizialmente lo sviluppo della scrittura nella società borghese e in seguito divenne diffusa con la scolarizzazione obbligatoria elementare); inoltre alla dimensione storica d’evoluzione della scrittura si è integra ta la storia della lettura come abilità della specie umana (attraverso la ricerca scientifica delle aree cerebrali specifiche). Successivamente la stampa (e più in generale tutti i media) ha permesso di: memorizzare, conservare, immagazzinare le informazioni in forma di documenti; di trasmettere messaggi a distanza e connettere persone distanti nello spazio; di riprodurre, moltiplicare e diffondere messaggi tra molti riceventi. Ovviamente non si devono dimenticare gli aspetti tecnici, economici, giuridici, politici e culturali che ne influenzano la scoperta, l’introduzione, la diffusione, gli usi e le conseguenze psicologiche e sociali. Goody sottolinea come le attività economiche (industriali e commerciali), giuridiche, politiche si sono potute sviluppare grazie alle particolari forme societarie e d’impresa che dipendono strettamente dall’uso della scrittura. Inoltre l’abilità di servirsi della lettura e della scrittura è un importante elemento di diseguaglianza sociale ancora oggi. Pertanto i media (stampa, cinema, radio, televisione, internet) non solo sono mezzi tecnologici, ma anche sistemi socio-economici di utilizzo delle tecnologie; queste due dimensioni sono strettamente intrecciate e si implicano reciprocamente. I media si caratterizzano per una specifica configurazione materiale composta da codici (caratteristiche linguistiche) e canali (ovvero i veicoli tecnici che fungono da mezzo di trasmissione di informazioni). Per ciò che riguarda l’aspetto tecnologico, i media possono essere distinti in tre categorie sulla base della loro funzione prevalente: registrazione, riproduzione e trasmissione. Essi si possono classificare anche in base ad altri due criteri che segnano il passaggio dai media industriali ai media post-industriali: mezzi a base analogica (parole, suoni, testi scritti e immagini) e a base 22 digitale (in sequenze binarie di 0 e 1); mezzi divergenti per cui i media sono diversi e si contrappongono tra loro (cinema è diverso dalla televisione; giornali sono diversi dalla radio, ecc.) e mezzi sempre nuovi di convergenza mediatica (per esempio su internet si può trovare al suo interno diversi media). Di conseguenza, si può notare che il funzionamento dei media e il loro ruolo nella società chiama in causa attori sociali (sia professionisti che lavorano alla produzione, sia gli utenti-consumatori) e meccanismi e regole sociali, economiche, politiche e culturali che non dipendono esclusivamente dallo sviluppo tecnico in se steso, ma da più generali condizioni storiche e di contesto. I media quindi non servono solo a trasferire informazioni da qualcuno a qualcun altro ma legano e separano i soggetti (chi parla) e gli oggetti (ciò di cui si parla) della comunicazione. La loro funzione di mediazione collega gli attori e le culture, in quanto apporta alle persone contenuti, forme espressive, norme e valori che provengono dalla cultura o meglio, dalle culture circolanti in una società in un determinato periodo. I media esprimono infine delle soggettività sociali, sia che si sottolinei il ruolo svolto da singoli individui, sia che li si consideri come organizzazioni sociali istituzionalizzate. In ogni caso i media si sviluppano dentro la società, non fuori da essa; interagiscono con le relazioni sociali che i soggetti intrattengono nelle loro diverse sfere di vita. Quindi i media sono stati analizzati sia nel loro aspetto maggiormente tecnologico, sia considerando l’aspetto socio- economico o culturale in cui si mette in risalto le conseguenze sociali dei media. Il modello che propongono gli autori (modello quadridimensionale dei media di Colombo e Gili) è di considerare un mezzo di comunicazione (per esempio la TV) in un determinato periodo storico, come un momentaneo equilibrio tra una molteplicità di dimensioni (istituzionale, economico, tecnologico, culturale) che travalicano il mezzo stesso e che possono di volta in volta assumere un peso e una rilevanza maggiore o minore. Le relazioni comunicative variano in rapporto alle diverse strutture dei sistemi comunicativi riconducibili a due tipi fondamentali: - Reti a nodi: sono quei sistemi istituzionalizzati di relazioni in cui ogni utente può collegarsi con ogni altro utente della rete comunicativa. Questo tipo di struttura relazionale è quello del sistema postale e telefonico. Gli scambi epistolari e le conversazioni telefoniche presentano caratteristiche diverse dalla relazione faccia a faccia dal momento che coloro che comunicano non condividono uno stesso contesto spazio-temporale e non dispongono di tutti gli indizi simbolici legati alla presenza fisica dei partecipanti, tuttavia presentano anch’essi una struttura dialogica che consente un flusso di comunicazione bi-direzionale tra tutti i partecipanti. Thompson a questo proposito parla di interazione mediata. - Reti a centri (o a stella): si caratterizzano per il fatto che vi è una posizione centrale, dalla quale è possibile comunicare a molti destinatari diversi tra loro di età, genere sessuale, cultura di appartenenza. Questa struttura relazionale è quella dei sistemi di comunicazione/diffusione di massa o mass media. La modalità della relazione è essenzialmente fonologica e unidirezionale. Per tale motivo i riceventi mantengono sempre una certa capacità di feedback ma è più corretto parlare di trasmissione o diffusione invece di comunicazione. Nella relazione comunicativa che si instaura attraverso i mass media il contesto di produzione e il contesto di ricezione sono nettamente separati. La rottura del contatto immediato tra emittenti e riceventi ha alcune implicazioni: vi è una diversa distribuzione del potere comunicativo tra emittente e ricevente; i produttori possono decidere che cosa deve essere comunicato e al tempo stesso vi è incertezza nei produttori circa le possibili reazioni dei riceventi; d’altra parte si assicura alti gradi di libertà alla comunicazione. Senza dubbio i professionisti dei media cercano di colmare la distanza che li separa dai destinatari attraverso ricerche di mercato, il costante monitoraggio delle aspettative del pubblico, senza annullare completamente il margine di scelta dei produttori. Il web in quanto rete delle reti contiene sia i sistemi relazionali a nodi (come mail, chat) sia sistemi relazionali a stella (come siti istituzionali e quotidiani on line). C’è un altro aspetto di diversità che non era però presente nelle reti a centri tradizionali e cioè l’interattività, la 25 Il rumore può essere già presente nella mente di chi parla (pensieri confusi, intenzioni non ben definite, errori logici e fallacie, sensazione di non riuscire a tradurre efficacemente ciò che si pensa, si sente o si vuole). I rumori possono dipendere dalle caratteristiche dei codici utilizzati e dalle modalità con cui si svolge il processo di codifica-decodifica. Anche gli scopi e le norme possono essere fonte di incomprensione e rumore. Può derivare dal contesto (quando i soggetti agenti non possiedono i riferimenti conoscitivi e culturali che consentirebbero loro di comprendere la comunicazione). Un altro tipico rumore dovuto a interferenze circostanziali è costituito dalle confusioni di frame (fattori di ordine). I rumori possono anche essere distinti in base a due delle principali dimensioni/funzioni della comunicazione: - Rumori referenziali: riguardano la presentazione e la comprensione del contenuto della comunicazione, gli errori e le distorsioni nella trasmissione e ricezione delle notizie e delle informazioni. - Rumori relazionali: riguardano la presentazione di sé e la definizione della situazione tra colore che comunicano. Interessa quindi la situazione di interazione nella quale sono coinvolti i soggetti della comunicazione e in cui si realizza tale scambio, i ruoli e le regole nei quali essi si possono riconoscere, che subiscono o rifiutano. La Scuola di Palo Alto ha illustrato le patologie ricorrenti legate alla relazione comunicativa: squalificazione della comunicazione (cambiando contenuto del messaggio, intervenendo mentre l’altro sta parlando, fraintendendo il messaggio, abbandonando la conversazione), disconferma (nella relazione complementare, l’emittente non viene preso in considerazione dal ricevente, cioè negazione dell’altro), “profezia che si autodetermina” (problema sulla punteggiatura della sequenza di eventi: il soggetto accusa l’altro di un proprio atteggiamento), perdita della capacità di metacomunicare, escalation (nella relazione simmetrica i soggetti lottano per averla vinta), relazione one-up, one-down (nelle relaziona a-simmetrica, un soggetto è in posizione superiorità o inferiorità rispetto all’altro). Il rumore può anche essere una costruzione comunicativa intenzionale per assumere: conflitto, minaccia, intimidazione, calunnia (manifestano in maniera diretta una comunicazione violenta) e inganno (manifestato in maniera indiretta, dissimulata, manipolativa). Esse sono forme che condividono una doppia realtà: comunicativa e anticomunicativa (comunicazione e rumore allo stesso tempo). Nella comunicazione a tutti i livelli, soggetti individuali e collettivi possono mettere in atto diversi meccanismi e strategie per contrastare e limitare il rumore e l’incomprensione : - Ridonandanza: messaggio costruito secondo un “codice elaborato”, cioè un tipo di uso del linguaggio esplicito, che tende a non dar nulla per scontato e fa poco conto sulle conoscenze dell’ascoltatore. Può assumere una forma di contenuto: ripetizione, reiterazione, gesti illustratori; o può anche assumere una funzione di: fatica o contatto. Essa tuttavia può anche trasformarsi in rumore, in accezione negativa è una abbondanza di elementi superflui che fanno distogliere l’attenzione. - Meta-comunicazione: è una comunicazione sulla comunicazione. Può riguardare l’aspetto di contenuto (quando si dice “attenzione a quello che sto per dire!”) o l’aspetto di relazione (quando si dice per minacciare “guarda che non sto scherzando!” o per rassicurare “stavo solo scherzando”). In questi casi è espresso attraverso il codice linguistico, ma può esprimersi anche attraverso i segnali non verbali (abbracciare, alzare la voce). Quindi è uno strumento fondamentale di autocontrollo della comunicazione (da parte dell’emittente) e di aggiustamento reciproco. Può essere tuttavia anche un rumore quando il messaggio verbale e il messaggio non verbale sono incoerenti. - Feedback: può costituire non solo una espressione della libertà interpretativa del ricevente, ma anche un fondamentale meccanismo di monitoraggio e di controllo della comunicazione da parte dell’emittente (per esempio domandando se si è capito bene o fare un gesto di 26 assenso o contestando rispondendo). Esso dipende dalle caratteristiche della relazione e quindi può generare in rumore. - Meccanismi di protezione e riparazione della comunicazione : per meccanismi di riparazione si intende le pratiche conversazionali di cui i parlanti si avvalgono per prevenire o affrontare eventuali aspetti problematici della loro attività comunicativa (richieste, spiegazioni, scuse attraverso chiarimenti meta-comunicativi e feedback “contenitivi”). Il non detto, l’implicito e il sottinteso (incompletezza, bassa definizione, ambiguità) possono non costituire un limite, ma una ricchezza, poiché stimolano e richiedono la produttività e la cooperazione interpretativa del ricevente. Vi può essere una doppia lettura (critica o meta comunicativa). L’ostinato diritto di “non capire” o di “non volere capire” è segno della attività e della libertà del ricevente. La libertà dei soggetti della comunicazione è il problema, ma anche la condizione di possibilità della comunicazione. Ciò che si definisce come comunicazione e come rumore dipende spesso dal sistema di riferimento nel quale si osservano le relazioni comunicative. È una questione di prospettiva. Infine, c’è un ultimo fattore che ha un ruolo determinante nella comunicazione: il rapporto reciproco di credibilità (probabilità di essere creduti) e fiducia tra i soggetti agenti. La credibilità non è solo una caratteristica personale, ma è qualcosa che viene attribuito, che viene riconosciuto dagli altri. È qualcosa che viene costruito, modificato, negoziato nella relazione. Le relazioni e i contesti in cui gli agenti sociali sono inseriti possono modificare le disposizioni personali. Anche le aspettative degli altri possono contribuire a rendere le persone più credibili. C’è una credibilità proiettata (dal punto di vista dell’emittente) che riguarda l’auto-definizione dell’emittente e l’immagine che egli cerca di costruire e di accreditare attraverso determinate strategie e segni esterni, ma sull’altro versante della relazione, essa può essere considerata percepita (dal punto di vista del ricevente), cioè la credibilità che il ricevente attribuisce all’emittente e che può discostarsi anche notevolmente dalla prima. La credibilità percepita da parte del ricevente fonda la maggiore o minore fiducia che egli riporrà nell’emittente. Le forme di credibilità possono essere di due tipi: informativa e normativa. La credibilità informativa (credere a) significa credere in ciò che l’altro dice, credere al contenuto del discorso e riguarda tutte le forme di conoscenza empirica che spiegano come è e come funziona il mondo (è molto riconosciuta e richiesta). La credibilità normativa (credere in) significa credere in chi proferisce un discorso, è riferita ad un’altra persona in quanto persona stimabile. È riferita quindi ad una conoscenza esistenziale, ai valori e alle norme. Il rapporto di credibi lità-fiducia in questo senso può poggiare su tre diverse radici per cui i riceventi possono riconoscere un emittente come degno di fede: conoscenza e competenza (testimone e esperto), credibilità legata ai valori (persone che si ritengono buoni, giusti nei valori, condotta), credibilità legata all’atteggiamento e all’affettività. La credibilità può assumere inoltre diverse forme, legate ai diversi contesti sociali e culturali: credibilità del ruolo (reputazione e prestigio del ruolo e dell’istituzione) e nel ruolo (soggetti agenti che risultano personalmente credibili in quel ruolo). La credibilità ha anche una estensione. C’è una credibilità che vale in generale ed una credibilità più settoriali, limitata, e specifica. La credibilità può essere legata anche alla relazione: credibilità complementare (legata ai ruoli up- down che si assumono nella relazione) e simmetrica (credibilità basata sull’uguaglianza, sulla relazione tra pari).