Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

RIASSUNTO DE IL CRISTIANO NEL MONDO DI FUMAGALLI, Sintesi del corso di Teologia

Sintesi della nuova edizione dove si approfondisce la tematica della vita cristiana che scaturisce l’uomo che entra in contatto con Cristo.

Tipologia: Sintesi del corso

2022/2023

Caricato il 11/07/2023

Deysi_Anabel91
Deysi_Anabel91 🇮🇹

4.2

(61)

15 documenti

1 / 94

Toggle sidebar

Spesso scaricati insieme


Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica RIASSUNTO DE IL CRISTIANO NEL MONDO DI FUMAGALLI e più Sintesi del corso in PDF di Teologia solo su Docsity! 1 Aristide FUMAGALLI (ed.) IL CRISTIANO NEL MONDO Introduzione alla teologia morale Presentazione Questa nuova edizione del libro Il cristiano nel mondo esce completamente ripensata. Gli autori hanno rivisto integralmente le rispettive parti, provvedendo a ristrutturare lo svolgimento dei capitoli e a rielaborare i contenuti. Il primo volume introduttivo è dedicato interamente alla Bibbia quale anima della teologia; il secondo volume interroga l’uomo e la sua ricerca di verità; il terzo volume contempla il rivelarsi della Trinità di Dio in Gesù Cristo; il quarto volume considera il distendersi della Sua presenza nella storia attraverso la Chiesa e specialmente i sacramenti. In questo quinto volume a tema è la vita cristiana che scaturisce allorquando l’uomo, entrando in contatto vivo con Cristo, annunciato e celebrato dalla Chiesa, agisce nel mondo. Introduzione Non mi stancherò di ripetere quelle parole di Benedetto XVI che ci conducono al centro del Vangelo: “all’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e, ciò, la direzione decisiva”. L’insegnamento di Papa Francesco è un deciso e accorato appello affinché la morale insegnata dalla Chiesa sia autenticamente ed effettivamente cristiana, consenta cioè a ogni uomo e a tutti gli uomini di attingere “alla fonte dell’amore sempre più grande di Dio che si è manifestato in Gesù Cristo” (Francesco, Evangelii gaudium, n.7) 1. La morale cristiana L’incontro con Cristo che invita a corrispondere al suo amore è narrato nell’episodio evangelico in cui Gesù dialoga con un giovane ricco. Essa è raccontata dall’evangelista Matteo (19,16-22): Ed ecco, un tale si avvicinò e gli disse: 1) “Maestro, che cosa devo fare di buono per avere la vita eterna?” 2) Gli rispose: “perché mi interroghi su ciò che è buono? Buono è uno solo. Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti”. Gli chiese: “quali?”. Gesù rispose: “non ucciderai, non commettere adulterio, non ruberai, non testimonierai il falso, onora il padre e la madre e amerai il prossimo tuo come te stesso”. Il giovane gli disse: “tutte queste cose le ho osservate; che altro mi mi manca?”. 3) Gli disse Gesù: “se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; e vieni! Seguimi!.”. Udita questa parola, il giovane se ne andò, triste; possedeva infatti molte ricchezze. Il dialogo è suddiviso in tre momenti: la vita eterna, i comandamenti di Dio e la sequela di Gesù. In primis, c’è una forma dialogica che comporta un discorso (logos) che scorre tra (dia-) due interlocutori. Quando il discorso assumerà la forma della legge scritta, non andrà dimenticato di interpretarla entro il dialogo di Dio con l’uomo. JOSEPH A. RATZINGER [BENEDETTO XVI] È diventato Papa nel 2005, dopo la morte di Papa Giovanni Paolo II. Prima di diventare Papa, è stato teologo e cardinale di alto livello. JORGE MARIO BERGOGLIO [FRANCESCO] È stato eletto Papa il 13 marzo 2013, diventando il primo Papa delle Americhe. Prima di diventare Papa ha servito come arcivescovo di Buenos Aires dal 1998 ed è stato membro di diverse commissioni vaticane, come la Pontificia Commissione per l’America Latina. Papa Francesco è noto per la sua umiltà e il suo impegno per la giustizia sociale, la pace e l’economia, come descritto nei media di tutto il mondo. 2 2. Il desiderio dell’uomo Il dialogo inizia con una domanda di un “tale” che resterà anonimo ma universalizza la sua identità. “Che cosa devo fare di buono per avere la vita eterna?. Esprime desiderio di felicità per qualsiasi uomo. • Mc 10,22 ➔ «Ma egli, rattristato da quella parola, se ne andò dolente perché aveva molti beni.» = desiderio di un Bene attraverso molti beni • Mt 19,16-22 ➔ La domanda non riguarda il solo fine della felicità ma anche i mezzi per raggiungerla. È una domanda pratica sul “che cosa fare” che ha tratti dell’obbligo e la qualità del bene. La domanda intercorre tra la felicità e la vita buona. Il giovane per essere felice deve fare del bene, e il bene come si sa è l’opposto del male quindi si deve fare il bene ed evitare il male. È il principio fondamentale di quella che appare come una legge universale e immutabile del genere umano, una legge naturale, intrinseca cioè della natura umana. Si può dire che il legame tra felicità e morale che deve essere argomentato a chi domanda ragione della speranza di una vita felice (cf 1Pt 3,15). La morale cristiana sarà apprezzata nella misura in cui si mostrerà e favorisce il desiderio di felicità dell’uomo. È decisivo superare l’opposizione tra legge e desiderio: - Desiderio diventa velleitario - Legge diventa soffocante • Tommaso d’Aquino ➔ “la legge naturale quanto ai primi principi universali è identica presso tutti gli uomini, […] nella maggio parte dei casi”. (Summa Theologiae, I-II, 94, 4, c.); riguarda il dovere di restituzione in cui è bene riconsegnare le cose lasciate in deposito al loro proprietario. (Summa Theologiae, II-II, 120, 1, c.); nel caso opposto diventerebbe il contrario. (Summa Theologiae, I-II, 94, 4, c.). • Mc 10,17; Lc 18,18 ➔ Gesù viene definito il Maestro Buono e testimone 3. La legge di Dio • Mc 10,18 = Lc 18,19 ➔ “perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo”. Egli svela al giovane la profondità divina del bene e a riconoscere la radice dei molteplici beni in Dio. Le azioni buone si immergono nel Bene divino in opposizione alle azioni cattive che lo privano. Gesù svela al giovane che la vita felice è una vita divina. Il desiderio di felicità che anima l’uomo è il moto impresso per la destinazione finale (Paradiso). • Mc 10,19 = Lc 18,20 ➔ “che cosa devo fare per avere la vita eterna?” Chiede il giovane a Gesù che risponde invitandolo a osservare i comandamenti . “Quali?” E il Signore li elenca ma prima di farlo ricorda al giovane: “tu conosci i comandamenti”. La legge morale induce l’uomo a fare il bene insegnando modi concreti di vivere dettati anche dai comandamenti. La conoscenza naturale del bene e del male non è garantita da ogni errore. La sua natura è infallibile ma se condizionata in modo negativo può indurre l’uomo a smarrire i principali riferimenti di discernimento del bene e il male. La tradizione ebraico-cristiana conserva la memoria della comunicazione della legge morale agli uomini. TOMMASO D’AQUINO È stato un religioso, teologo e filosofo italiano. Frate domenicano esponente della Scolastica, era definito Doctor Angelicus dai suoi contemporanei. È venerato come santo dalla Chiesa cattolica che dal 1567 lo considera anche dottore della Chiesa. Tommaso rappresenta uno dei principali pilastri teologici e filosofici della Chiesa cattolica: egli è anche il punto di raccordo fra la cristianità e la filosofia classica, che ha i suoi fondamenti e maestri in Socrate, Platone e Aristotele, e poi passati attraverso il periodo ellenistico, specialmente in autori come Plotino. 5 Parte prima – Fede cristiana e agire morale (Aristide Fumagalli) Capitolo primo La morale dell’amore 1. Ingresso etimologico Teologia morale fondamentale = etimologia delle tre parole risalente alle lingue greca e latina. 1.1. Teologia Due termini: théos (= Dio) e logos (=discorso). Hanno duplice significato a. Discorso di Dio = discorso fatto da Dio all’uomo b. Discorso su Dio = discorso fatto dall’uomo su Dio In sintesi: discorso dell’uomo su Dio che consegue al discorso di Dio all’uomo. Definibile come discorso logico tra Dio e l’uomo. 1.2. Morale La morale è ciò che caratterizza l’agire umano. L’etica morale è intesa come dimora propria dell’uomo. 1.3. Fondamentale L’aggettivo “fondamentale” costituisce la forza-base originaria e reggente. È bivalente e fa riferimento sia al processo che va alla ricerca di ciò che sta all’origine sia a ciò che è all’origine e regge il “fondamento”. L’aggettivo fondamentale è entrato in uso solo nel XX secolo. Si comprende come fondamento e strutture siano solide solo c’è soluzione di continuità. Teologia Morale = bisogna occuparci sia del fondamento dell’ agire morale, sia dei principi e delle strutture generalo che lo regolano. 1.4. Teologia morale fondamentale È l’intelligenza derivante dalla fede, del fondamento e delle strutture fondamentali dell’ agire umano. 2. L’orizzonte problematico La sua elaborazione si colloca nell’orizzonte nella cosiddetta “epoca postmoderna”, nata dopo la dichiarazione del filosofo tedesco Friedrich Nietzsche: “Dio è morto!” (Nietzsche 1965, 129-130). 2.1. Il tramonto di Dio Dio è scomparso dalla scena del mondo contemporaneo e si è parlato di “seconda secolarizzazione” anzi di “secolarizzazione della secolarizzazione” (Natoli 2000). 1) Ha eliminato l’attesa della salvezza da parte di Dio. Gli uomini non sentono più il bisogno di essere salvati (Natoli 2002). 2) L’attimo presente assorbe e neutralizza la preoccupazione per l’eternità futura. 2.2. Il crepuscolo della morale Tramonto di Dio = crepuscolo di ogni dovere morale (Lipovetsky 1992). I paladini del post moderno inneggiano liberazione del peso degli ideali e dei progetti morali. Ci sono buone e cattive azioni appaiono all’uomo postmoderno del tutto relative e leggere. FRIEDRICH NIETZSCHE Fu una mente fervida, un ragazzo acuto e dalle grandi capacità intellettive. A soli 24 anni divenne professore di lingua e letteratura greca presso Basilea ma la sua salute era cagionevole. Morì a Weimar nel 1900, mentre la sua fama cominciò a crescere sempre di più senza che lui potesse rendersene conto. 6 2.3. L’ansia e la paura L’uomo postmoderno deve fare i conti con la realtà in quanto c’è la mancanza di Dio e delle leggi morali. Vi è la libertà individuale che deve fare i conti con quella degli altri. La libertà si ritrova soffocata da molti ragionamenti. La vita personale deve far fronte al “biopotere”che mediate le scoperte s’addentra nelle strutture cerebrali e nel patrimonio genetico. C’è lo scontro sociale che riesce a trovare l’enfasi che impugna la fede quale arma contro l’infedele e l’eretico. L’uomo post-moderno si trova in una situazione paradossale: - Regola: libertà - Regole che proteggono Nelle società democratiche cresce la paura. La paura del futuro che può essere definita come crisi di speranza. Sintomatologia della crisi = si manifesta a livello psicologico (depressione). 2.4. Il desiderio di salvezza L’ansia al presente e la paura del futuro = sintomi della condizione dell’uomo occidentale. C’è sofferenza che non è priva di risorse e non di rado è anche maestra di vita a fronte dell’uomo contemporaneo e si potrebbe propiziare il ritorno di Dio. Dall’esclamazione di Nietzsche si giunge ad un altro autore: Martin Heidegger. Secondo lui, “ormai solo un Dio ci può salvare” (Heidegger 2011). La condizione religiosa è indicata con il termine “desiderio” di cui la sua etimologia riferendosi al cielo privo (de) di stelle (sidera) rimanda all’atteggiamento da chi lo scruta auspicando di poterle vedere. 3. La visione cristiana Nell’Occidente, la fede cristiana ha una visione peculiare dell’agire morale. 3.1. Il paradigma biblico Un paradigma eccellente per descrivere la morale cristiana è narrato nel libro biblico dell’Esodo. • Es 19,3-4 ➔ «Mosè salì verso Dio e il Signore lo chiamò dal monte dicendo: «Parla così alla casa di Giacobbe e annuncia questo ai figli d’Israele: “Voi avete visto quello che ho fatto agli Egiziani e come vi ho portato sopra ali d’aquila e vi ho condotti a me.» Mette in luce il fondamento teologico: è il signore che consente il cammino, al punto che il popolo si sente come sollevato in volo. • Gv 12,32 ➔ «e io, quando sarò innalzato dalla terra, attirerò tutti a me».» Le parole di Gesù invitano a concepire la morale cristiana in relazione all’attrazione universale e potente di Cristo. Quindi l’agire morale dipende dall’agire di Cristo che lo suscita, lo orienta, lo sostiene. • Gv 15,5 ➔ «Io sono la vite, voi siete i tralci. Colui che dimora in me, e nel quale io dimoro, porta molto frutto; perché senza di me non potete fare nulla.» 3.2. Una metafora letteraria Clive Staples Lewis: diventare cristiani. Punto di partenza il nostro io ordinario (…) pretese con desideri. Ciò intendiamo per “essere buoni” (…) risultano sbagliate. (…) l’io non aveva voglia di fare, risultano “giuste”. (…) due risultati: MARTIN HEIDEGGER Si laurea in Filosofia nel 1913. Aderisce al nazismo ma si dimette perché il governo gli impose di rimuovere due colleghi contrari al regime. Nel 1927 pubblica Sein und Zeit (Essere e Tempo). Si ritira nella Foresta Nera. Critica Nietzsche e a fine secondo conflitto mondiale fu chiamato a pagare per il suo intermezzo politico. Costretto a serie umiliazioni entrò in crisi profonda fino alla “guarigione” al sanatorio di Badenweiler. Ripensa alla sua filosofia (medita su essenza della tecnica). 7 o rinunceremo al tentativo di essere buoni, o saremo infelicissimi. (…) più obbedite alla vostra coscienza, più la coscienza esigerà da voi. (…) la vita cristiana è diversa: più difficile, più facile . Cristo dice: “dammi tutto (…). Voglio te. (…) il tuo io, ma a ucciderlo (…). Ti darò me stesso: la mia volontà diventerà la tua”” C’è una dipendenza che sembrerebbe contrastare il tentativo postmoderno di una morale di una libertà, indipendente e autonoma. • Gal 2,20 ➔ «Sono stato crocifisso con Cristo: non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me! La vita che vivo ora nella carne, la vivo nella fede nel Figlio di Dio il quale mi ha amato e ha dato se stesso per me.» 3.3. Una metafora teologica Il concedere all’altro di entrare nella propria vita = lasciapassare per la violenza ad eccetto che non sia l’Amore. Legame = alleanza. La morale cristiana è alleanza di Dio con l’uomo. Si ha il rapporto tra grazia divina e libertà umana. Si riprende una metafora da San Francesco di Sales che descrive come il vento consenta agli uccelli, anche quelli incapaci di spiccare il volo. (…) e se l’apodo sollevato, collabora (…) lo aiuterà a volare sempre più felicemente. (…) l’ispirazione viene per sollevarci nell’aria del suo santo amore, agisce sulla volontà e, per mezzo del sentimento di un diletto celeste la muove. (…) avviene per afferrare il nostro spirito. (…) avviene in noi senza di noi, perché è il favore divino. (…) ispirazione (…), animando deboli sforzi (…), ci aiuterà, ci guiderà, ci accompagnerà, fino all’atto della santa fede, necessario per la nostra conversione (Francesco di Sales 1996, 224-225) La morale cristiana appare scettica e fiduciosa. Più scettica per la capacità di autonomia della libertà; più fiduciosa per la libertà da realizzare e grazie all’amore di Dio anche l’impossibile. Libertà = amore che vola nel cielo. 3.4. Etica postmoderna e morale cristiana Dilemma ➔ confidare in se stesso o affidarsi a Dio? Si parte con il mito di Sisifo dove si esprime la condizione dell’uomo che pretende di reggere il peso del bene: E vidi Sisifo, che pene attrici soffriva reggendo con entrambi le mani un masso immenso. Costui, piantando le mani e i piedi, spingendo, spingeva su un colle la pietra: ma appena stava per varcarne la cresta, ecco la Violenza travolgerlo; e rotolava al piano di nuovo la pietra impudente. Ed egli tenendosi spingeva di nuovo: dalle membra gli colava il sudore, dal suo capo si levava la polvere (Omero, Odissea, libro XI, righe 593- 600) CLIVE S. LEWIS Noto come uno dei “padri” della narrativa fantasy insieme a George MacDonald e J.RR. Tolkien. Nel 1916 vince la borsa di studio per Oxford ma viene chiamato alle armi. Ateo ma diventa poi cristiano ed è presente nel suo pensiero. Nei suoi scritti c’è “il cristianesimo così com’è” (1952(1997)) FRANCESCO DI SALES È noto per il suo approccio gentile e accogliente alla spiritualità, e per il suo ruolo nella fondazione dell’Ordine della Visitazione. Insegna che la santità è possibile per ogni cristiano, indipendentemente dalla loro vocazione o stato di vita, e che la preghiera e la meditazione sono strumenti efficaci per raggiungere questo obiettivo. Tra le sue opere più famose si annoverano “Introduzione alla vita devota” e “Filotea”, un libro che offre consigli e istruzioni pratiche per la vita spirituale quotidiana. È stato proclamato potarono dei giornalisti e degli scrittori cattolici. 10 • Gv 20,22-23 ➔ «Detto questo, soffiò su di loro e disse: «Ricevete lo Spirito Santo. A chi perdonerete i peccati, saranno perdonati; a chi li riterrete, saranno ritenuti».» Il perdono di Gesù crocifisso (ri)mette nella condizione di affidarsi a Dio. Lascia risplendere la paternità di Dio e possiamo rivolgerci chiamandolo “Padre nostro”. 4.1.3. “Salva te stesso” La libertà degli uomini può irrigidirsi in un rifiuto. I quattro Vangeli sono concordi che un tale rifiuto venga verificato. La crocifissione di Gesù è stato il tentativo di mostrare la falsità della sua consapevolezza di essere il Figlio di Dio (come una pretesa blasfema). La crocifissione stando al Deuteronomio viene identificato come un maledetto da Dio. • Dt 21,22-23 ➔ ««Quando uno avrà commesso un delitto passibile di morte, e viene messo a morte, lo appenderai a un albero. Il suo cadavere non rimarrà tutta la notte sull’albero, ma lo seppellirai senza indugio lo stesso giorno, perché il cadavere appeso è maledetto da Dio, e tu non contaminerai la terra che il Signore, il tuo Dio, ti dà come eredità.» • Mt 27,39-43 ➔ «E quelli che passavano di là lo ingiuriavano, scuotendo il capo e dicendo: «Tu che distruggi il tempio e in tre giorni lo ricostruisci, salva te stesso! Se tu sei Figlio di Dio, scendi giù dalla croce!» Così pure, i capi dei sacerdoti con gli scribi e gli anziani, beffandosi, dicevano: «Ha salvato altri e non può salvare se stesso! È il re d’Israele; scenda ora giù dalla croce, e noi crederemo in lui. Si è confidato in Dio: lo liberi ora, se lo gradisce, poiché ha detto: “Sono Figlio di Dio”».» C’è la provocazione “diabolica” del far scendere dalla croce mossa dai nemici di Cristo per smascherare il sedicente Figlio di Dio: se egli fosse veramente non potrebbe morire maledetto dalla legge divina. Davanti al suo sepolcro vuoto, i sommi sacerdoti e gli anziani di Gerusalemme decisero di diffondere il falso. • Mt 28,11-15 ➔ «Mentre quelle andavano, alcuni della guardia vennero in città e riferirono ai capi dei sacerdoti tutte le cose che erano avvenute. Ed essi, radunatisi con gli anziani e tenuto consiglio, diedero una forte somma di denaro ai soldati, dicendo: «Dite così: “I suoi discepoli sono venuti di notte e lo hanno rubato mentre dormivamo”. E se mai questo viene alle orecchie del governatore, noi lo persuaderemo e vi solleveremo da ogni preoccupazione». Ed essi, preso il denaro, fecero secondo le istruzioni ricevute e quella diceria è stata divulgata tra i Giudei fino ad oggi.» I discepoli di Gesù furono perseguitati e martirizzati, e non sempre “per ignoranza” o in buona fede. • At 3,17 ➔ «Ora, fratelli, io so che lo faceste per ignoranza, come pure i vostri capi.» 4.1.4. “Veramente quest’uomo era Figlio di Dio!” Allo sguardo incredulo dei Giudei che pretendevano miracoli e dei Greci che ne cercavano la sapienza, Gesù crocifisso non poteva che apparire scandaloso e stolto. • 1Cor 1,23 ➔ «ma noi predichiamo Cristo crocifisso, che per i Giudei è scandalo e per gli stranieri pazzia;» Davanti alla croce la libertà umana è sollecitata dallo Spirito santo ad arrendersi all’azione salvifica di Dio Padre. Secondo il Vangelo di Marco, sia un pagano, il centurione emettono la più alta professione di fede. • Mc 15,39 ➔ “Veramente quest’uomo era Figlio di Dio!” • Gv 19,25-27 ➔ «Presso la croce di Gesù stavano sua madre e la sorella di sua madre, Maria di Cleopa e Maria Maddalena. Gesù dunque, vedendo sua madre e presso di lei il discepolo che egli amava, disse a sua madre: «Donna, ecco tuo figlio!» Poi disse al discepolo: «Ecco tua madre!» E da quel momento, il discepolo la prese in casa sua.» 11 • Mt 27,55-56 ➔ «C’erano là molte donne che guardavano da lontano; esse avevano seguito Gesù dalla Galilea per assisterlo; tra di loro erano Maria Maddalena, Maria, madre di Giacomo e di Giuseppe, e la madre dei figli di Zebedeo.» C’è lo sguardo credente di coloro che, con Maria, seguono Gesù fin sotto la croce, che il Crocifisso risplende. Si ha una misteriosa attrazione che è dovuta all’atto di donazione della propria vita a favore degli uomini. L’atto è anticipato dall’ultima cena. Con il dono di sé che è espresso attraverso il segno dell’offerta del pane e del vino. 4.1.5. Sintesi teologico-morale I racconti evangelici della Pasqua di Gesù lasciano trasparire i dinamismi essenziali della morale cristiana: l’attrazione dello Spirito divino, dono di Cristo e perdono per gli uomini; 1- Attrazione dello spirito: la Pasqua di Gesù è un evento trinitario. Morendo Gesù si consegna nelle mani del Padre, rivelando lo come amante che genera e attrae a sé lui, il Figlio amato, nella comunione amorosa dello Spirito santo. Consegnato al Padre, attrae l’umanità all’interno dell’amore trinitario. Gesù ha versato il suo sangue per tutti. Il dono dello Spirito santo, il Padre riplasma gli uomini peccatori a immagine del Figlio recettivi ed obbedienti come costui, scelgano piena libertà. La potenza dello Spirito è da ricreare persino una libertà. 2- L’azione della libertà: lo Spirito santo effuso include tutti e nessuno esclude. Il Padre desidera conformare ogni uomo a Cristo a scegliere tra la resistenza e la resa. La libertà umana riesce a resistere all’attrazione dello Spirito santo. La libertà umana può affidarsi all’attrazione dello Spirito, lasciandosi riconciliare con Dio e convertire nella verità tutta intera del Figlio che si abbandona docilmente al Padre. 4.2. La gradualità della morale cristiana Cristo imprime alla storia un movimento unitario. Non si realizza immediatamente ma può essere paragonato ad un’astensione graduale. 4.2.1. Il dono divino 4.2.2. La risposta umana Il dono della creazione Dio viene rappresentato dalla Bibbia come Creatore di tutto quanto esiste. Il dono iniziale della creazione è narrato nel libro delle Genesi e in alcuni Salmi. Nella Genesi il dono di Dio Creatore all’uomo che è quello di averlo creato a sua “immagine” e “somiglianza” (cf Gen 1,26) come essere capace di una relazione personale con Lui. Abbiamo la responsabilità dell’uomo nei confronti dello stesso Dio e nei confronti di ogni realtà creata. La morale cristiana è una morale responsabile. Il dono dell’alleanza Il dono divino si manifesta nell’alleanza che il Signore (Jhwh) stipula con Mosè e il popolo di Israele. Libera il popolo, lo accompagna attraverso il deserto, gli dona la legge, lo raccoglie nella Terra promessa. Si ha l’obbligo di osservare Espressa nel testo del Decalogo. Esso insegna a concepire la Legge stessa come un dono liberante di Dio. Il dono della nuova alleanza Il Regno di Dio si rende presente tra gli uomini che per mezzo dello Spirito sono attratti nella comunione d’amore della Trinità divina. Il dono della nuova alleanza si caratterizza per la sua universalità ed eternità. Il dono divino giunge al suo grado supremo e definitivo. Giunge sino al per-dono. L’aggressione morale non nasce come iniziativa dell’uomo ma deriva dalla fede in Cristo. La morale cristiana ha la sua dimora nell’alleanza in Cristo. 12 Il dono della vita eterna La nuova alleanza è un dono offerto agli uomini. L’eternità e la pienezza di vita sostengono la vita terrena e lo rasserenano al pensiero della sua fine. L’uomo, incorporato in Cristo per mezzo dello Spirito, attraversando come Lui la morte, risorgerà a vita nuova. L’iper-dono della nuova ed eterna alleanza, inserisce l’uomo nell’orizzonte della vita eterna. Per mezzo dello Spirito santo. Si realizza sino agli estremi confini della terra e in ogni epoca della storia. Il dono escatologico prospetta la morale cristiana come un camminare nello Spirito, lasciandosi guidare sino in cui Dio sarà tutto in tutti (cf 1Cor 15,28). 15 Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che il Signore, tuo Dio, ti dà. Onora tuo padre e tua madre, come il Signore, tuo Dio, ti ha comandato, perché si prolungano i tuoi giorni e tu sia felice nel paese che il Signore, tuo Dio, ti da. 4. Onora tuo padre e tua madre. Non ucciderai. Non ucciderai. 5. Non uccidere. Non commetterai adulterio. Non commenterai adulterio. 6. Non commettere atti impuri. Non ruberai. Non ruberai. 7. Non rubare. Non pronuncerai falsa testimonianza contro il tuo prossimo. Non pronuncerai testimonianza menzognera contro il tuo prossimo. 8. Non dire falsa testimonianza . Non desidererai la casa del tuo prossimo. Non desidererai la moglie del tuo prossimo. 9. Non desiderare la donna d’altri. Non desidererai la moglie del tuo prossimo, ne il suo schiavo ne la sua schiava, ne il suo bue ne il suo asino, ne alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo”. Non bramerai la casa del tuo prossimo, ne il suo campo, ne il suo schiavo, ne la sua schiava, ne il suo bue, ne il suo asino, ne alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo”. 10. Non desiderare la roba d’altri. Quale analogia intercorre tra i comandamenti del Decalogo e il comandamento nuovo di Gesù? In che relazione stanno queste due formule della legge morale? Il confronto può essere evidenziato considerando l’amore del prossimo. L’istanza sintetica è il rispetto della vita altrui che costituisce una forma dell’amore del prossimo. I comandamenti del Decalogo sono riassumibili in chiave amorosa. Paolo: “non commetterai adulterio, non ucciderai, non ruberai, non desidererai e qualsiasi altro comandamento, si ricapitola in questa parola: Amerai il tuo prossimo come te stesso” (Rm 13,9). In opposizione al Decalogo, prendiamo come spunto il “Discorso della montagna”: • Mt 5,43-48 ➔ «Voi avete udito che fu detto: “Ama il tuo prossimo e odia il tuo nemico”. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; poiché egli fa levare il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Se infatti amate quelli che vi amano, che premio ne avete? Non fanno lo stesso anche i pubblicani? E se salutate soltanto i vostri fratelli, che fate di straordinario? Non fanno anche i pagani altrettanto? Voi dunque siate perfetti, come è perfetto il Padre vostro celeste.» L’amore dei nemici eleva l’amore umano sino all’altezza dell’amore divino quindi l’amore di Cristo. I comandamenti del Decalogo non si contrappongono al comandamento nuovo di Gesù. C’è però il lato negativo cioè che manca alla grandezza dell’amore e il lato positivo che segnala il livello basilare al di sotto del quale l’amore viene meno. Se l’amore sino alla fine è la vetta dell’amore del prossimo rappresenta l’imprescindibile base da cui partire. I precetti del Decalogo indicano il livello minimo della vita amorosa. 3. Le caratteristiche della legge dell’amore 3.1. Interpersonalità La legge morale è interpersonale, riguarda la relazione amorosa tra persone. Il legame in gioco non è quello della relazione ma quello dell’individuo con un precetto impersonale. L’obbligo della legge diviene un dovere della singola persona. Il bene non è “comune” ma il bene “privato”, di un “io” senza “tu”. L’osservazione della legge morale è una questione di coerenza soggettiva. L’altro è amato in nome della legge e non per amore. Se la parola “legge” è derivata dal verbo “legare” perché obbliga ad agire (cf Tommaso, Summa Theologiae, I-II, 90,1, c), diverso è che tale obbligo scaturisca dal prossimo da amare, piuttosto che da un precetto da osservare. 3.2. Obbligatorietà La legge morale è un legame amoroso con l’altro. L’amore sembrerebbe escludere ogni obbligo: parlare d’amore non significa fare ingresso nel regno della pura gratuità? La legge è intesa come ordine impersonale cui il soggetto deve adeguarsi. L’amore è legame con l’altro, dall’altro proviene l’imperativo: “Amami” che significa: “Non uccidermi!”. La forza imperativa dell’amore 16 chiede a loro di essere amati. L’amore obbliga facendo appello alla propria responsabilità per l’altro. La forza imperativa dell’amore, non disponendo che dall’appello all’altro è debole. Nient’altro impone di obbedire al comandamento se non l’invocazione di chi chiede di essere amato. 3.3. Universalità e immutabilità L’interpretazione in chiave amorosa arriva ad una rinnovata comprensione di due caratteri: a. Universalità b. Immutabilità Esprimono circostanza spaziale e temporale e da la validità del comandamento dell’amore. In negativo, non esiste alcun luogo e alcun momento in cui gli uomini possano vivere all’altezza della loro natura interpersonale prescindendo dall’amore: l’universalità è amare in ogni dove e l’immutabilità ovvero l’invariabilità del comandamento. L’universalità e l’immutabilità non sono sinonimo di fissità. Includono la possibilità che essa evolva. L’universalità e immutabilità non sono di natura statica ma dinamica. 3.4. Gradualità La legge naturale non lo delimita superiormente. Al di sopra il livello è indicato della legge nuova. L’amore può essere conosciuta è vissuta a diversi gradi. Il livello basilare dell’amore del prossimo, indicato dal Decalogo o al livello superiore nel Discorso della montagna. ➢ “La legge morale è uguale per tutti”: l’amore del prossimo deve essere perfezionato sino alla fine a comprendere anche il nemico. ➢ “La legge morale non è uguale per tutti”: comandato di amare al grado che la “progressiva integrazione dei doni di Dio e delle esigenze del suo amore definitivo e assoluto” (Giovanni Paolo II, Familiaris consortio, n.9) senza pretendere l’impossibile, ma senza rinunciare al qui e ora. Ci sono i Precetti del Decalogo e comandamento nuovo dell’amore ma sono obbligatori. Il Decalogo stabilisce il limite oggettivo al di sotto del quale l’amore scompare, il comandamento nuovo fissa la meta amorosa e la direzione oggettiva verso la libertà umana deve camminare. 4. I luoghi dello Spirito La legge dell’amore coincide con l’attrazione dello Spirito che attira gli uomini all’altezza del suo amore come promesso da Gesù. Lo Spirito divino raggiunge gli uomini. • Gv 3,8 ➔ «Il vento soffia dove vuole, e tu ne odi il rumore, ma non sai né da dove viene né dove va; così è di chiunque è nato dallo Spirito».» Tre sono i luoghi dello spirito: la Sacra Scrittura, i sacramenti e la Chiesa. 4.1. Sacra Scrittura [Si veda la Bibbia al capitolo primo, paragrafo 4] SACRA SCRITTURA È l’insieme degli scritti sacri ispirati alla Prima Alleanza e alla Nuova Alleanza di Dio con gli uomini. Questi scritti includono la Bibbia, che è considerata la Parola di Dio per la nostra salvezza ed è fondamentale per ricevere una testimonianza di Gesù Cristo e del suo messaggio. Il cuore di Cristo designa la Sacra Scrittura, che rivela il cuore di Cristo. 17 BIBBIA CRISTIANA È composto dai quattro Vangeli (Matteo, Marco, Luca, Giovanni), dagli Atti degli Apostoli (1 libro), dalle lettere apostoliche (21 libri) e dell’Apocalisse, per un totale di 21 scritti. I VANGELI I quattro Vangeli del Nuovo Testamento – Matteo, Marco, Luca e Giovanni – raccontano la vita, il ministero, la morte e la risurrezione di Gesù Cristo. Essi sono considerati la principale fonte di informazione sulla vita di Gesù e sulla dottrina. Ogni Vangelo ha il suo stile e la prospettiva unica, come ad esempio il Vangelo di Giovanni che si concentra sulla divinità di Gesù e la sua relazione con Dio. Insieme, i quattro Vangeli offrono una visione completa della vita e del messaggio di Gesù e sono considerati la base della fede cristiana. ATTI DEGLI APOSTOLI Forniscono un importante documento storico sulla diffusione del Cristianesimo nella prima età apostolica. LETTERE APOSTOLICHE Sono una parte fondamentale del Nuovo Testamento e offrono importanti insegnamenti e istruzioni per i cristiani di ogni epoca. APOCALISSE È un libro profetico che fornisce una visione del futuro e incoraggia i cristiani a rimanere fedeli alla loro fede nonostante le difficoltà. 20 2- Il “genere parenetico”: fornisce motivazioni affinché il destinatario inizia ad agire. 3- Il “genere argomentativo”: pone in primo piano una delucidazione razionale. Il linguaggio normativo mediante il quale l’obbligo morale è comunicato in un linguaggio normativo. Questa trasgressione assume la connotazione di peccato. Il linguaggio conserva la sua distanza ma dall’altra parte il linguaggio morale si può approssimare all’azione normandola dai “principi generali” alle “norme particolari”. I principi generali. La massima astrazione rispetto all’agire morale concreto. Si pongono come riferimenti imprescindibili e i suoi principi sono universali e immutabili. La loro formulazione linguistica deve mantenersi in continua tensione. Il principio è quello “del fare bene ed evitare il male” (il bene va sempre fatto, il male sempre evitato). Assume rilievo il principio della dignità della persona, il principio di eguaglianza tra le persone, il principio di giustizia nei rapporti tra le persone. I principi universali costituiscono un primo quadro entro cui valutare l’agire morale concreto. Il limite dell’astrazione si presenta nelle situazioni di conflitto. In approfondimento le norme particolari. Le norme particolari. Il termine “norma” assume un significato più o meno ampio a seconda di una regola generale o una regola particolare per un’azione concreta. Ma alla norma sono richieste alcune qualità: a. Trasparenza rispetto ai principi b. Funzionalità rispetto alle circostanze particolari c. Praticabilità concreta, di cui l’assioma classico: ad impossibilia nemo tenetur (nessuno è obbligato a fare cose impossibili) Il possibile delle “potenzialità fisiche e psichiche” e riguarda inoltre. La “potenzialità morale” dell’agente di determinarsi per il bene. Il discorso normativo espresso in termini normativi di un’azione. La normativa morale, consiste nell’indicare il passo successivo che spinga il soggetto verso il bene senza sfiancarlo. 21 Capitolo terzo La responsabilità dell’amore La legge dell’amore ha la grazia dello Spirito Santo che raggiunge l’uomo nell’intimo, comunicandogli l’amore di Dio. • Rm 5,5 ➔ «Or la speranza non delude, perché l’amore di Dio è stato sparso nei nostri cuori mediante lo Spirito Santo che ci è stato dato.» Abilitandolo ad amare come Cristo ma si ha libera scelta perché senza libertà, l’amore finirebbe. • 2Cor 3,17 ➔ «Ora, il Signore è lo Spirito; e dove c’è lo Spirito del Signore c’è libertà.» In questo capitolo si tratterà della LIBERTÀ ovvero della responsabilità dell’amore. 1. La struttura della libertà L’agire umano non sussiste se non dentro le singole azioni. L’azione è quindi dimora della libertà e lo studio delle azioni mostrerà l’opzione fondamentale. 1.1. Le azioni umane Sono quelle che la persona sas di compiere e vuole compiere ma non tutte le azioni sono compiute in modo consapevole e volontario infatti gli “atti dell’uomo” avvengono in modo inconsapevole e/o involontario. Le azioni sono dovute alla libertà ma è assente negli atti dell’uomo. C’è distinzione tra: I. Azioni = agite secondo l’esercizio della libertà II. Passioni = sono patiti dovuti ai dinamismi di cui l’uomo è costituito Gli atti umani sono un intreccio di azione e passione. L’agire umano è quindi costituito dalla “reciprocità dell’involontario e del volontario”. Si fissa al limite inferiore “l’azione prorompente in cui il soggetto non può riconoscersi”. Mentre all’estremo superiore si colloca “l’azione differita […] in cui una decisione è presa, ma la sua esecuzione è subordinata e non dipende da me”. 1.1.1. Le fonti della moralità Le azioni umane operano il bene o il male morale dove l’uomo sceglie consapevolmente volontariamente di compiere. Come valutare la qualità di un’azione? Si tiene presente tre fonti della moralità: a) Oggetto: da intendersi come “fine prossimo di una scelta deliberata che determina l’atto del volere della persona che agisce” (Giovanni Paolo II, Veritatis splendor, n.78). Attenzione: l’oggetto morale di un atto non coincide con alcun oggetto fisico. È un prodotto della libertà dell’agente. Inoltre, specifica la sua collocazione nell’orizzonte del bene e del male. b) Circostanze: riguardano il tempo, il luogo, il modo in cui si compie un’azione. Si possono aggravare o ridurre la bontà o la malizia degli atti umani. Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo. Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: “in verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere” (Mc 12,41-44) c) Fine: è lo scopo che il soggetto agente persegue compiendo una certa azione. 1.1.2. Le azioni intrinsecamente cattive È quindi sbagliato giudicare la moralità degli atti umani considerando soltanto l’intenzione che li ispira, o le circostanze (ambiente, pressione sociale, costrizioni o necessità di agire, ecc.) che ne costituiscono la cornice. Ci sono atti che per se stessi e in se stessi, indipendentemente dalle circostanze e dalle intenzioni, sono sempre gravemente illeciti a motivo del loro oggetto; tali la bestemmia e lo spergiuro, l’omicidio e l’adulterio (Catechismo Chiesa Cattolica, n.1756). 22 Nella tradizione della Chiesa vi sono azioni che sono denominate “intrinsecamente cattive”, come per esempio l’omicidio. 1.2. L’opzione fondamentale L’agire umano è frammentato in atti e il difetto principale non risiede ma risulta assente parlando di soggetto. La libertà non è solo la scelta ma una decisione su di sé e disposizione della propria vita pro o contro il Bene, pro o contro la Vita ma soprattutto pro o contro Dio. La scelta della libertà umana rispetto al suo bene fondamentale di cui prende il nome di “opzione fondamentale”. In essa l’uomo decide per se, accogliendolo o rifiutando Dio. Quindi “è più che tutte le azioni morali particolari e categoriali; è più profonda, le penetra e le supera.” L’enciclica Veritatis splendor afferma che “l’opzione fondamentale si attua sempre mediante scelte consapevoli e libere” (n.67). Ci sono scelte particolari e opzione fondamentale di cui sono intrecciati e si evidenzia un duplice comandamento dell’amore. • Lc 10,27; Mt 22,37-39; Mc 12,29-31 ➔ “Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso”. La relazione con il Dio invisibile si gioca nelle relazioni con i beni visibili e il bene nella relazione interpersonale. • 1Gv 4,20-21 ➔ «Se uno dice: «Io amo Dio», ma odia suo fratello, è bugiardo; perché chi non ama suo fratello che ha visto, non può amare Dio che non ha visto. Questo è il comandamento che abbiamo ricevuto da lui: che chi ama Dio ami anche suo fratello.» Si ha una diversità di grado. Si potrebbe distinguere: ▪ Atti profondi: coinvolgono la libertà della persona e ne va dell’opzione fondamentale ▪ Atti periferici: solo una libertà parziale e resta invariata C’è un rovesciamento da positiva a negativa o il contrario. C’è quindi un passaggio dal si al no nei confronti di Dio che ne costituisce il peccato al contrario si ha la conversione. 1.3. La disposizione personale Il concatenarsi delle azioni plasma la sua personalità morale ovvero la sua attitudine ad agire bene o male. Per questo le piccole decisioni che prendiamo ogni giorno sono così importanti. La minima buona azione di oggi è la conquista di una posizione strategica da cui, tra qualche mese, potremo forse ottenere vittorie mai sognate. Un cedimento apparentemente veniale alla lussuria o all’ira è la perdita di un crinale, di una linea ferroviaria o di una testa di ponte da cui il nemico potrà lanciare un attacco altrimenti impossibile (Lewis 1997, 168). C’è il recupero di una visione dinamica dell’agire morale può oggi avvalersi della categoria di “legge della gradualità o cammino graduale”. Si tiene in evidenza l’essenza le storicità dell’uomo: L’uomo, chiamato a vivere responsabilmente il disegno sapiente e amoroso di Dio, è un essere storico, che si costruisce giorno per giorno con le sue numerose libere scelte : per questo egli conosce, ama e compie il bene morale secondo tappe di crescita (Giovanni Paolo II, Familiaris consortio, n.34). L’essere storco dell’uomo motiva il carattere propriamente dinamico della vita morale che richiede: Una conversione […] adesione […]. Si sviluppa così un processo dinamico […] (Giovanni Paolo II, Familiaris consortio, n.9). La cosiddetta “legge della gradualità” […] con la gradualità della legge (Giovanni Paolo II, Familiaris consortio, n.34) 25 2.1.2. La disposizione viziosa Si articola nei vizi capitali e sono riconducibili ai vizi morali. Si tenga presente che i sette vizi capitali sono presenti nella Divina Commedia di Dante Alighieri. 2.2. La libertà amorosa La libertà si attua nelle opere di carità e ha disposizione virtuosa. 2.2.1. Le opere di carità Esse, irradiano l’amore di Dio rivelato in Cristo e versato nei cuori dallo Spirito. • Rm 5,5 ➔ «Or la speranza non delude, perché l’amore di Dio è stato sparso nei nostri cuori mediante lo Spirito Santo che ci è stato dato.» Veicola l’amore stesso di Dio. Da visibilità all’invisibilità e rende un’opera buona e bella. Opere belle. Sono gravide di una fecondità che eccede i limiti delle potenzialità solo umane. La bellezza delle opere di carità dipende dal loro essere frutto dello Spirito. Le opere della carne sono derivate dalla fragilità e peccaminosità. Opere altruistiche. Il risplendere dell’amore di Cristo verso il prossimo. Si tenga presente della parabola del Buon Samaritano: • Lc 10,30-37 ➔ «Gesù rispose: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e s’imbatté nei briganti, che lo spogliarono, lo ferirono e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso un sacerdote scendeva per quella stessa strada, ma quando lo vide, passò oltre dal lato opposto. Così pure un Levita, quando giunse in quel luogo e lo vide, passò oltre dal lato opposto. Ma un Samaritano, che era in viaggio, giunse presso di lui e, vedendolo, ne ebbe pietà; avvicinatosi, fasciò le sue piaghe versandovi sopra olio e vino, poi lo mise sulla propria cavalcatura, lo condusse a una locanda e si prese cura di lui. Il giorno dopo, presi due denari, li diede all’oste e gli disse: “Prenditi cura di lui; e tutto ciò che spenderai di più, te lo rimborserò al mio ritorno”. Quale di questi tre ti pare essere stato il prossimo di colui che s’imbatté nei ladroni?» Quegli rispose: «Colui che gli usò misericordia». Gesù gli disse: «Va’, e fa’ anche tu la stessa cosa».» ❖ L’imperativo finale: “Va’, e fa’ anche tu la stessa cosa” rimanda ad un prossimo lontano, e non vicino, per aiutarlo cioè prendermi cura di lui. Gli altri di cui prendersi cura non sono solo coloro che si possono incontrare. Bisogna distinguere: - Il prossimo delle relazioni brevi: es. famigliari. - Il socio delle relazioni lunghe: es. cittadini italiani, terremotati. C’è infatti un modo di prendersi cura dell’altro e non quello della cura immediata e diretta. Opere di misericordia. La carità nei confronti del prossimo attraverso azioni concrete: I sette vizi capitali sono: 1) L’orgoglio: la tendenza a valutare se stessi in modo esagerato e a considerarsi superiori agli altri. 2) L’avarizia: la tendenza ad accumulare ricchezza e beni materiali in modo esagerato. 3) L’invidia: la tendenza a desiderare ciò che gli altri hanno, in termini di beni materiali, successo o relazioni. 4) La lussuria: la tendenza a cercare il piacere sessuale in modo esagerato. 5) La gola: la tendenza a mangiare e bere in modo esagerato. 6) L’ira: la tendenza a reagire in modo violento o esagerato di fronte alle difficoltà o alle provocazioni. 7) L’accidia: la tendenza alla pigrizia e all’apatia, alla mancanza di interesse e di motivazione. Questi vizi capitali sono considerati “capitali” perché sono alla radice di molti altri vizi e comportamenti negativi. La Chiesa Cattolica considera questi vizi come ostacoli al cammino spirituale e all’atteggiamento virtuoso che i credenti dovrebbero perseguire. 26 Misericordia corporale Misericordia spirituale I. Dar da mangiare agli affamati. II. Dar da bere agli assetati. III. Vestire gli ignudi. IV. Alloggiare i pellegrini. V. Visitare gli infermi. VI. Visitare i carcerati. VII. Seppellire i morti. i. Consigliare i dubbiosi. ii. Insegnare agli ignoranti. iii. Ammonire i peccatori. iv. Consolare gli afflitti. v. Perdonare le offese. vi. Sopportare pazientemente le persone moleste. vii. Pregare Dio per i vivi e per i morti. La cura fisica è benefica per lo spirito personale e, viceversa, la cura dello spirito favorisce il suo benessere psico-fisico. Opere istituzionali. Ha prodotto delle “strutture di solidarietà” (Compendio della Dottrina sociale della Chiesa, n. 193). Esse hanno un loro peso che dove ci sono le opere di carità e il dispendio di energie e mezzi. Ma questo peso, allude all’intralcio che le strutture potrebbero arrecare. 2.2.2. La disposizione virtuosa La libertà umana è attuata nelle opere di carità, acquisendo la disposizione secondo lo stile di Cristo. • Fil 2,5 ➔ «Abbiate in voi lo stesso sentimento che è stato anche in Cristo Gesù,» La/e virtù. È prodotta dall’uomo mediante i suoi atti. La teologia non manca di presentare la virtù ma ritiene che ciò sia possibile per dono di Dio. L’uomo “ha” le virtù perché Dio gliela “infonde”. Il legame con Dio rende ragione di come il termine debba essere colto nella sua unitaria radice. La teologia ha quindi sviluppato la spiegazione dell’ agire articolando le virtù in due gruppi: 1- Virtù teologali: si prenda come esempio la parabola del Padre misericordioso (cf Lc 15,11-32) dove risalta il momento dell’abbraccio tra padre e figlio: • Lc 15,20 ➔ «Egli dunque si alzò e tornò da suo padre. Ma mentre egli era ancora lontano, suo padre lo vide e ne ebbe compassione; corse, gli si gettò al collo e lo baciò.» ❖ Si nota che le braccia del Padre si aprono per accogliere il figlio e che lui tratto dal gesto si concede a lui. Qui possiamo definire la carità come l’amore attraente di Dio; la fede come l’affidamento all’amore di Dio; la speranza come il movimento nell’amore di Dio. ❖ Secondo Paolo la virtù più grande è la carità. • 1Cor 13,13 ➔«Ora dunque queste tre cose durano: fede, speranza, amore; ma la più grande di esse è l’amore.» ❖ Essa è l’origine, il movimento e anche il fine della vita cristiana. Tutte le virtù declinano la carità in relazione alla libertà dell’uomo che viene ad operare. 2- Virtù cardinali: si prenda ad esempio la parabola del buon Samaritano (cf Lc 10,29-37) e si hanno 4 disposizioni: 1. Prudenza: si manifesta dove il Samaritano, vedendo l’uomo semi-morto, va in suo aiuto. La prudenza nel fare attenzione ad accorgersi di come la carità possa concretizzarsi in opere. Rende creativa la carità. • Lc 10,34 ➔ «avvicinatosi, fasciò le sue piaghe versandovi sopra olio e vino, poi lo mise sulla propria cavalcatura, lo condusse a una locanda e si prese cura di lui.» 2. Giustizia: si manifesta nell’atteggiamento del Samaritano che si prende cura dell’uomo mezzo morto (cf Lc 10,34). Illustra come l’amore di Dio è destinato al prossimo. 27 3. Fortezza: nel far fronte alle difficoltà della situazione. Evoca le difficoltà che devono essere superate per praticare la carità. La forza per affrontare e vincere le difficoltà dell’amare il prossimo è ciò che contraddistingue la virtù della fortezza. • Lc 10,31-32 ➔ «Per caso un sacerdote scendeva per quella stessa strada, ma quando lo vide, passò oltre dal lato opposto. Così pure un Levita, quando giunse in quel luogo e lo vide, passò oltre dal lato opposto.» 4. Temperanza: amare senza lasciarsi distogliere e vincere da altre cose (cf Lc 10,32). Il desiderio di svagarsi lasciando libero corso all’appagamento dei propri piaceri. Distrae dalla vista del prossimo che versa in condizioni di estremo bisogno. 30 Il discernimento è di natura dinamico. Il dinamismo lo differenzia dal forme di: a- Diagnosi: individua una patologia alla quale porre rimedio mediante la cura. b- Problem solving: affronta razionalmente un problema in vista della soluzione. c- Casuistica: applica principi al caso particolare per agire adeguatamente. Il discernimento non risolve il problema, ma accompagna il cammino della persona sotto la guida dello Spirito. Quindi, è compito di ogni uomo, abilitato a praticarlo. • Lc 12,54-57 ➔ «Diceva ancora alle folle: «Quando vedete una nuvola venire su da ponente, voi dite subito: “Viene la pioggia”, e così avviene. Quando sentite soffiare lo scirocco, dite: “Farà caldo”, e così è. Ipocriti! L’aspetto della terra e del cielo sapete riconoscerlo; come mai non sapete riconoscere questo tempo? Perché non giudicate da voi stessi ciò che è giusto?» 2. La coscienza Il soggetto agente può contare sul giudizio valutativo della coscienza. Il discernimento è paragonato allo sguardo che distingue il passo adeguato, la coscienza è paragonata alla voce che lo approva o disapprova oppure può essere paragonata a un navigatore satellitare. Il discernimento configura la migliore azione. La coscienza segnala la compatibilità o meno dell’azione prospettata con l’azione dello Spirito. La tradizione teologico-morale definisce come “coscienza antecedente” ovvero previa all’effettuazione della scelta, per differenza rispetto alla “coscienza concomitante” e alla “coscienza conseguente” che risultano in modo simultaneo e seguente all’effettuazione della scelta. 2.1. La natura relazionale della coscienza È illuminata grazie al Concilio Vaticano II, che definisce la coscienza “il nucleo più segreto e il sacrario dell’uomo, dove egli è solo con Dio, la cui voce risuona nell’intimità” (Gaudium et spes, n.16). La tradizione teologica e magisteriale della Chiesa concepisce la coscienza in chiave dialogica. La natura dialogica può essere spiegata considerando l’altra metafora con cui viene indicata, la metafora della voce. Dio non parla direttamente nell’intimo dell’uomo. La voce di Dio è paragonabile all’”eco di una voce” prodotta non da un semplice suono. La coscienza è intesa come l’eco della voce di Dio che diversamente risuona a seconda di come l’uomo agisce. 2.2. La relazione costitutiva della coscienza L’interpretazione richiama la concezione introdotta nel cristianesimo. Interpretando la coscienza morale dell’uomo in Cristo, Paolo invita a coglierla come espressione della relazione che intercorre tra lo Spirito divino e la libertà umana. • Gv 16,13 ➔ «quando però sarà venuto lui, lo Spirito della verità, egli vi guiderà in tutta la verità, perché non parlerà di suo, ma dirà tutto quello che avrà udito, e vi annuncerà le cose a venire.» La libertà umana è conformata alla libertà di Cristo. La libertà effettua azioni che risultano conformi o difformi rispetto all’amore di Cristo. La coscienza morale è l’eco dello Spirito riflessa dalla libertà rispetto all’azione dello Spirito. Inoltre, è definita come “coscienza amorosa”. Quindi, la coscienza morale è scientia amoris; la coscienza morale è coscienza amorosa, per cui rivela la prossimità o la distanza delle azioni umane dal comandamento nuovo di Gesù di amare come Lui ha amato (cf Gv 13,34 ; 15,12). La “coscienza buona” testimonia la conformità della libertà allo Spirito, ovvero che l’aggressione dell’uomo va nella direzione della sequela di Cristo. Il rimorso di coscienza è più disturbante che la serenità di coscienza!! 2.3. La formazione della coscienza La coscienza morale è entrata in crisi. Può essere intesa come l’esito di due autentiche rivoluzioni: implosione e esplosione della coscienza. 2.3.1. L’implosione della coscienza La coscienza è ricettacolo terreno delle leggi divine. La coscienza alla stregua di un kit parabolico è criticato in epoca moderna. L’orecchio per ascoltare la voce di Dio e si rivolge ad ascoltare le profondità dell’io. Ai fini della coscienza, Dio è morto! 31 2.3.2. L’esplosione della coscienza L’implosione ha oscurato la relazione con Dio. L’uomo contemporaneo si presenta come decostruito. La coscienza morale esplode in frammenti. La coscienza individuale è mutevole e si ha la netta separazione tra: 1. Ambito pubblico: prevale il ruolo, definito dalle regole. 2. Sfera privata: diventa una valvola di scarico Si ha una doppia morale una netta separazione tra: 1. Vizi privati: se sono condannati ma attuano una strategia per eliminare l’avversario. 2. Pubbliche virtù Il cristiano entra per assicurarsi l’appartenenza alla Chiesa. 2.3.3. Cure palliative La coscienza dell’uomo viene chiamata in causa. Quali rimedi per fronteggiare la dispersione della coscienza? 1) Trattenere la coscienza vincolandola alla legge. 2) Capacità della coscienza di autovincolarsi. 3) Coscienza di ritardare o affrettare il tempo delle scelte. Legge, coscienza e tempo sono tre coordinate della formazione della coscienza. La somministrazione singola diventa una semplice cura palliativa. La legge oggettiva riduce la funzione della coscienza. I pericoli sono l’idealismo e il legalismo dove ciò che più conta è essere all’altezza dell’ideale o di rispettare la legge. I contraccolpi sono la frustrazione o la trasgressione. La coscienza soggettiva trasforma il giudizio in opinione personale. Nessuno può pretendere di stabilire il bene e il male poiché ciascuno ha diritto di deciderlo da sé. I rischi sono quelli del relativismo e dell’arbitrarietà. Il primo è quello di scegliere ma senza giocarsi del tutto; il secondo di diventare arbitri del bene e del male. Il tempo rischia di divenire tiranno per una vera maturazione della coscienza. Nel primo caso non si decide mai; nel secondo si saltella da una scelta a un’altra. L’IDEALISMO E LEGALISMO a. Corrente filosofica che pone l’accento sull’importanza delle idee e dei concetti nella comprensione della realtà. b. È una dottrina che pone l’accento sulla necessità di rispettare le leggi e i regolamenti, senza tenere conto delle circostanze particolari o delle eccezioni. Il legalismo sostiene che l’obbedienza alla legge sia la chiave per ottenere la giustizia e le virtù. RELATIVISMO E ARBITRARIETÀ a. È una dottrina che sostiene che la verità è il valore delle opinioni, delle credenze e delle norme dipendano dal contesto culturale, sociale e storico in cui sono formulate. Nega l’esistenza di una realtà oggettiva e universale. b. Si riferisce alla mancanza di una logica o di una ragione per una scelta o un comportamento. Implica una mancanza di criteri razionali o oggettivi per decidere. Può portare a scelte o comportamenti che sono incoerenti o contraddittori rispetto alla situazione o alle circostanze, e che mancano di una giustificazione razionale. 32 I due casi si intrecciano e la persona rimbalza dal pigro fatalismo e l’inquieto sperimentalismo. 2.3.4. Terapia La coscienza prende forma per opera dello Spirito, il quale abilita l’uomo al discernimento morale. La formazione della coscienza è dovuta allo Spirito. L’ascolto della Scrittura e la celebrazione dei sacramenti rendono i cristiani memoria vivente di Cristo. Ogni membro della Chiesa ha un suo compito formativo sotto lo specifico senso morale. Tra le relazioni essenziali vi è quello con il Magistero gerarchico del papa e dei vescovi, ai quali aspetta il compito nella formazione della coscienza morale. Il loro servizio si rivolge alle coscienze affinchè siano aiutate nel discernimento morale. L’interazione tra Magistero e coscienza non esclude ne censura il possibile conflitto. 2.3.5. Il criterio della carità La coscienza morale è una spia e un monito della carità: rivela all’uomo la qualità del suo amore e gli raccomanda di amare all’insegna del comandamento nuovo di Cristo. Tra gli effetti: gioia e pace. La gioia non è aliena da ogni tristezza. Anche la pace non raggiunge la perfezione, soggetta alla vita personale e sociale. Le opere di misericordia hanno riscontro più oggettivo di una vita effettivamente condotta all’insegna della carità. Il criterio della carità praticata non risulta immediato. Il criterio della carità diviene superiore. Se una persona agisce nella carità, il suo agire non può che derivare dalla disposizione di una libertà corrispondente allo Spirito. Chi può giudicare che l’umanità di una persona progredisce o regredisce nell’amore di Cristo? Essendo di “Cristo”, l’amore che funge da criterio di valutazione delle azioni umane non è nell’uomo ma riceve dai luoghi in cui l’amore di Cristo è conosciuto, accolto e vissuto. 3. La conversione Il discernimento mira a promuovere un agire che sia secondo lo Spirito. • Ef 4,13 ➔ «fino a che tutti giungiamo all’unità della fede e della piena conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomini fatti, all’altezza della statura perfetta di Cristo;» La tradizione spirituale distingue tre livelli di conversione: iniziale, progressiva e perfetta. L’esperienza dei cristiani dimostra ampiamente che la storia della conversione non conosce solo il progresso lineare, ma anche arresti, cadute, regressi. 3.1. La conversione iniziale La morale cristiana vive della grazia di Cristo. La sua fase iniziale nell’atto di fede. Il suo momento sacramentale proprio è in tal senso quello del Battesimo perché toglie il peccato originale ma lascia la concupiscenza. L’inizio della conversione mira all’abbandono di quei comportamenti gravemente contrari alla carità cristiana. Strumento di lotta contro il peccato mortale è il sacramento della riconciliazione, accompagnata dalla tradizione definisce “opere di penitenza”, ovvero la preghiera, il digiuno e l’elemosina. PIGRO FATALISMO E INQUIETO SPERIMENTALISMO a. È una mentalità che ritiene che tutto sia determinato dal destino o dalla fortuna, e che non valga la pena di fare sforzi per cambiare la situazione o migliorare la propria vita. Porta spesso alla rassegnazione e alla passività, impendendo alle persone di perseguire i propri obiettivi e di realizzare il proprio potenziale. b. È una mentalità che incoraggia la sperimentazione e l’esplorazione, spingendo le persone a cercare nuove esperienze e nuove opportunità. Spinge le persone a non accontentarsi della situazione attuale, ma a cercare sempre di migliorare e progredire. Può portare a successi e soddisfazioni, ma può anche comportare rischi e incertezze, richiedendo una certa apertura mentale e una forte motivazione 35 1.1.2. Il recupero dell’etica medica tradizionale Essa raccoglie le esigenze etiche che il medico è tenuto a rispettare: il valore morale della cura del malato, la custodia del rigore del sapere e le linee di condotta nei confronti delle responsabilità sociali di cui è investito. Si tenga presente che qualsiasi professionista deve sottostare al Giuramento di Ippocrate, attribuito al celebre medico greco vissuto tra il V e il IV secolo a.C., considerato il padre della medicina occidentale. 1.2. Le nuove sfide e la ricerca di nuove risposte 1.2.1. Nuovi casi che riaprono il dibattito 1° esperimento: studi sperimentali sull’epatite 2° esperimento: studi di raccolta dati sul cancro 3° esperimento: studi sull’evoluzione della sifilide non curata ✓ Studio condotto su 800 bambini disabili ✓ Periodo dal 1956 al 1970 ✓ Consenso estorto con ricatto ✓ I bambini vengono infettati ✓ Studio condotto su 22 anziani ✓ Gli anziani vengono infettati da cellule cancerose tramite iniezione ✓ Studio condotto su 600 schiavi ✓ Periodo dal 1932 al 1972 ✓ Gli schiavi vengono infettati e non vengono più curati ✓ Esperimento concluso definitivamente solo nel 1997 1.2.2. Nuove domande 1. Ha ancora senso la distinzione tra naturale ed artificiale? Dagli anni ’40 agli anni ’80 si sviluppano gli studi del dottor Willem Johan Kolff, pioniere nell’applicazione della meccanica al biologico. Da quando nel 1943 inizia la sperimentazione della macchina per l’emodialisi (rene artificiale) agli studi che hanno condotto all’applicazione del primo cuore artificiale. IPPOCRATE È considerato il padre della medicina occidentale e ha vissuto nell’Antica Grecia durante il periodo classico. La sua filosofia medica enfatizzava un approccio naturale al trattamento delle malattie, una cura olistica e l’indipendenza mentale del paziente con armonia tra il loro ambiente sociale e naturale. Inoltre, ha sviluppato la prognosi e la diagnosi clinica come parte della sua pratica medica. La sua influenza nella medicina moderna è ancora evidente nei principi etici e professionali di cura. WILLEM J. KOLFF È stato un medico e ingegnere olandese, noto soprattutto per aver inventato la prima macchina per la dialisi renale. Ha anche sviluppato il primo cuore artificiale e ha lavorato a vari altri dispositivi medici innovativi. Kolff è stato un pioniere nella scienza medica e ha salvato innumerevoli vite grazie alle sue invenzioni. È stato vincitore del Premio Albert Lasker per la ricerca medica e il premio della Società internazionale di chirurgia cardiovascolare. 36 2. La biologia dell’uomo è affidata alla libera responsabilità delle persone e della società? Nel 1953 il biologo statunitense James Watson e il chimico britannico Francis Crick risolvono un problema: la struttura dell’acido desossiribonucleico (DNA) contenuto nel nucleo delle cellule. 3. Quando finisce e quando inizia la vita dell’uomo? Nel 1967 il chirurgo Christiaan Barnard svolge il primo trapianto di cuore da cadavere a essere vivente. Inaugura la medicina dei trapianti che porta con sé altre questioni inedite. Il cadavere diventa risorsa sociale. L’uomo assomiglia sempre di più ad una macchina che necessita di pezzi di ricambio nel corso della sua vita. JAMES WATSON E FRANCIS CRICK Sono noti per la scoperta della struttura del DNA, una delle più importanti scoperte scientifiche del XX secolo. Nel 1953, Watson e Crick pubblicarono un articolo sulla rivista Nature in cui descrivevano la struttura a doppia elica del DNA, che ha permesso di comprendere il modo in cui il DNA trasmette l’informazione genetica da una generazione all’altra. La scoperta ha avuto un impatto enorme sulla biologia e sulla medicina e ha portato a importanti sviluppi come la terapia genica e la clonazione. CRISTIAAN BARNARD È stato un chirurgo sudafricano famoso per aver seguito il primo trapianto di cuore umano nel 1967. Ha studiato medicina all’Università di Città del Capo e ha iniziato la sua carriera come chirurgo toracico. Dopo il successo del trapianto di cuore, Barnard è diventato una celebrità internazionale, ma ha anche suscitato controversie e critiche. Ha continuato ad essere un innovatore e un pioniere in campo medico, sviluppando nuove tecniche di chirurgia cardiaca e scrivendo diversi libri sulla salute e la medicina. 37 4. Il fondamento dell’uomo, della sua ragione e della libertà. Agli inizi del XX secolo gli studi di Camillo Golgi e di Santiago Ramon y Cajal hanno mostrato la struttura del cervello. Le neuroscienze passano nelle strutture celebrali, ad una visione formale che riduce il pensiero a forme semplificate e riproducibili. Il rapporto tra struttura biologica / forme del pensiero / rapporti personali e sociali diventa sempre più avvertito, ma più lo si comprende, più sembra complesso. CAMILLO GOLGI E SANTIAGO RAMON Y CAJAL Sono stati due importanti scienziati nel campo della neuroscienza, Golgi è stato il primo a identificare il Golgi Apparatus, una struttura presente nelle cellule eucariotiche che si occupa della modificazione, dell’elaborazione e dell’imballaggio di proteine e lipidi. Ramon y Caja invece è stato il padre della neuroscienza moderna, grazie ai suoi studi sulla struttura del sistema nervoso e alla scoperta delle sinapsi, i punti di contatto tra i neuroni. Insieme, i loro lavori hanno portato importanti progressi nella comprensione del funzionamento del cervello e della trasmissione degli impulsi nervosi. 40 Si tenga presente dell’antropologia di Gehen dove colloca l’interpretazione della tecnica nella necessità dell’uomo di superare i limiti iscritti nel suo corpo. Attenzione: l’uomo non plasma il mondo, ma realizza anche se stesso. 2.4. Ritorno all’etica La tecnica come dimensione pratica dell’uomo nel suo rapporto con il mondo. Si offre come l’oggetto proprio della bioetica nel più grande contesto delle scienze morali dove viene specificata dalla considerazione della dimensione tecnica dell’agire. La bioetica è attività speculativa chiamata a rendere ragione dell’agire morale dell’uomo nei suoi tratti di libertà. La sua funzione si configura come sostegno all’esperienza etica della persona, racchiusa nella sua coscienza. ANTROPOLOGIA E ARNOLD GEHEN Lo studio scientifico dell’essere umano, dalla sua cultura e della sua società. L’antropologia comprende diversi ambiti ambiti disciplinari, fra cui l’antropologia culturale, l’antropologia fisica, l’antropologia sociale e l’antropologia linguistica. L’obiettivo principale dell’antropologia è comprendere la diversità culturale e biologica dell’essere umano e le interazioni tra le culture e società. È stato un filosofo, sociologo e antropologo tedesco che è stato influenzato da Max Scheler, Immanuel Kant, Arthur Schopenhauer e dal pragmatismo statunitense-americano. Anche se si è unito al partito nazista, non era un nazista, ma piuttosto un opportunista politico. 41 Capitolo secondo L’agire tecnico nella rivelazione cristiana 1. Il rapporto tra teologia e bioetica 1.1. Comprendere il contributo della teologia Al cuore della bioetica c’è la dimensione tecnica dell’agire e la forma della coscienza assume in relazione al mondo e all’interno del contemporaneo contesto socio-culturale. La tecnica è un tratto dell’agire. L’uomo realizza il suo coesistere nel mondo con gli altri anche attraverso le sue realizzazioni tecniche. Questa tecnica condivide la dimensione simbolica della coscienza. Compimento si offre a chi dispone il proprio agire nell’autenticità del rapporto tra il senso offerto e la sua interpretazione nella libertà. È concesso l’antidoto contro un secondo rischio: ridurre il contributo teologico ad un generico orientamento. Non si può ridurre il contributo della fede ad un vago riferimento interiore privo di contenuti. La Scrittura si presenta come apertura di nuove possibilità. 1.2. L’attrazione a Cristo della dimensione tecnica dell’agire • Gv 12,32 ➔ «e io, quando sarò innalzato dalla terra, attirerò tutti a me».» Si offre il criterio ultimo della coscienza per valutare il suo realizzarsi. La pagina Fil 2,1-11 è chiamata anche “luogo scritturistico”, ne consideriamo la parte centrale: 5 abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù: 6 egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio ➔ gesto che afferra e trattiene per sé l’essere come Dio ➔ legata alla sua identità 7 ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. dall’aspetto riconosciuto come uomo, 8 umiliò se stesso ➔ occasione di condivisione, di solidarietà (auto-umiliazione) facendosi obbediente fino alla morte ➔ accolto nella volontà e a una morte di croce (Fil 2,5-11) Paolo invita la comunità di Filippi al coinvolgimento nel movimento attrattivo inaugurato dalla Pasqua di Cristo. Egli non è solo esempio, ma il contesto redentivo in cui è inserita la vita di ogni uomo e di ogni donna. Il potere della libertà di Cristo è l’essere “ne morphè theoù” (l’essere come Dio, Fil 2,6a) e non interpreta come un “arpagmon” (un privilegio, Fil 2,6b). Letteralmente si fa riferimento al gesto rapace che afferra e trattiene per sé. Il suo potere è come occasione di condivisione, di solidarietà attraverso una scelta di auto-umiliazione (umiliò se stesso, Fil 2,8a). Il limite accolto nella volontà (facendosi obbediente fino alla morte, Fil 2,11) 2. Il compimento offerto nella drammatica della storia 2.1. Il rifiuto: dal giardino al deserto Il gesto rapace che interpreta il potere come autoaffermazione rimanda alle mani dell’Adamo e di Eva tese ad afferrare il frutto dell’albero che “sta in mezzo al giardino”. • Gen 3,2 ➔ «La donna rispose al serpente: «Del frutto degli alberi del giardino ne possiamo mangiare;» L’uomo resta nel mondo attraverso gli artefatti e le irreversibili modifiche che questi provocano. Siamo al secondo racconto della creazione (Gen 2) la figura del dono di salvezza è il giardino in cui l’uomo è posto. • Gen 2,8 ➔ «Dio il Signore piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi pose l’uomo che aveva formato.» 42 Dio pianta un giardino per l’uomo che dovrà dominare sulla terra. • Gen 2,4-6 ➔ «Queste sono le origini dei cieli e della terra quando furono creati. Nel giorno che Dio il Signore fece la terra e i cieli, non c’era ancora sulla terra alcun arbusto della campagna. Nessuna erba della campagna era ancora spuntata, perché Dio il Signore non aveva fatto piovere sulla terra, e non c’era alcun uomo per coltivare il suolo; ma un vapore saliva dalla terra e bagnava tutta la superficie del suolo.» Dio stesso è il giardiniere che coltiva il Paradiso e se ne prende cura e manifesta la sua premura. Ma il dono non si dà senza l’azione dell’uomo e senza il comando che lo distanzi dalla bramosia verso ciò che lo circonda. Il potere è offerto all’uomo come custodia attiva. • Gen 2,15 ➔ «Dio il Signore prese dunque l’uomo e lo pose nel giardino di Eden perché lo lavorasse e lo custodisse.» La grazia non si offre senza impegno. Il racconto della caduta (Gen 3) mostra la figura “originale” di questa possibilità. L’astuzia del serpente va deformandola figura del potere in Dio. Il Creatore, detentore di un potere che difende sé stesso attraverso la menzogna. • Gen 3,4 ➔ «Il serpente disse alla donna: «No, non morirete affatto;» L’attività dell’uomo si declina in autoaffermazione di potenza autonoma. La conseguenza è il sovvertimento di tutti i rapporti in cui l’uomo vive. • Gen 3,14-19 ➔ «Allora Dio il Signore disse al serpente: «Poiché hai fatto questo, sarai il maledetto fra tutto il bestiame e fra tutte le bestie selvatiche! Tu camminerai sul tuo ventre e mangerai polvere tutti i giorni della tua vita. Io porrò inimicizia fra te e la donna, e fra la tua progenie e la progenie di lei; questa progenie ti schiaccerà il capo e tu le ferirai il calcagno». Alla donna disse: «Io moltiplicherò grandemente le tue pene e i dolori della tua gravidanza; con dolore partorirai figli; i tuoi desideri si volgeranno verso tuo marito ed egli dominerà su di te». Ad Adamo disse: «Poiché hai dato ascolto alla voce di tua moglie e hai mangiato del frutto dall’albero circa il quale io ti avevo ordinato di non mangiarne, il suolo sarà maledetto per causa tua; ne mangerai il frutto con affanno tutti i giorni della tua vita. Esso ti produrrà spine e rovi, e tu mangerai l’erba dei campi; mangerai il pane con il sudore del tuo volto, finché tu ritorni nella terra da cui fosti tratto; perché sei polvere e in polvere ritornerai».» Ma l’uomo è cacciato dal giardino: • Gen 3,23ss ➔ «Perciò Dio il Signore mandò via l’uomo dal giardino di Eden, perché lavorasse la terra da cui era stato tratto.» L’opera dell’uomo rimane promessa. Le parole di Dio esprimono il disordine del rapporto storico tra l’uomo e la terra. • Gen 3,17-19 ➔ «Ad Adamo disse: «Poiché hai dato ascolto alla voce di tua moglie e hai mangiato del frutto dall’albero circa il quale io ti avevo ordinato di non mangiarne, il suolo sarà maledetto per causa tua; ne mangerai il frutto con affanno tutti i giorni della tua vita. Esso ti produrrà spine e rovi, e tu mangerai l’erba dei campi; mangerai il pane con il sudore del tuo volto, finché tu ritorni nella terra da cui fosti tratto; perché sei polvere e in polvere ritornerai».» L’attività dell’uomo custodisce il segno dell’ambiguità introdotta dal serpente. C’è questo permanere di questo disordine nell’attività dell’uomo attraverso la pagina della discendenza di Caino. • Gen 4,17-24 ➔ «Poi Caino conobbe sua moglie, che concepì e partorì Enoc. Quindi si mise a costruire una città, a cui diede il nome di Enoc, dal nome di suo figlio. A Enoc nacque Irad; Irad generò Meuiael; Meuiael generò Metusael e Metusael generò Lamec. Ada partorì Iabal, che fu il padre di quelli che abitano sotto le tende presso le greggi. Il nome di suo fratello era Iubal, che fu il padre di tutti quelli 45 La salvezza è sbarazzarsi una volta per tutte della civiltà umana e ritornare al giardino incontaminato (Boring 2008, 264). La tecnica è assunta inseparabilmente a tutto il suo agire e all’offerta di grazia in cui è immerso nel complimento realizzato dalla Pasqua di Cristo. La grazia si offre alla libertà dell’uomo e alla sua dimensione e realizzazione tecnico-tecnologica. 3. L’articolazione del rapporto Ri-comprendere il rapporto tra teologia e bioetica. 3.1. Tracce per una teologia in dialogo con la bioetica L’analisi del “cuore della bioetica” ha mostrato il suo rimando alla trascendenza. Il soggetto è affidato a se stesso in una esperienza di definitività che lo trascende. Nel mondo della tecnica-tecnologica si esprime il permanente essere donato a se stesso che rappresenta il nucleo della creaturalità. La tecnica è il luogo della profonda autonomia (…) l’agire dell’uomo è epifenomeno della divisione indotta dal peccato ed è chiamato a ricostruire l’unità relazionandosi a Cristo (…) (Benanti 2016, 128) L’agire tecnico rimanda al binomio tra: a. Potere: espressione delle possibilità e forza dell’efficacia rispetto ai fini propri b. Limite: è la traccia di un invocazione verso un compimento che è sottratto all’efficacia dello strumento La teologia presenta il contributo necessario al compito dell’agire responsabile nella sua dimensione tecnica. Al contrario si ha una teologia che deve essere intesa come posta al servizio di una retta interpretazione dell’esperienza morale. Due criteri: 1. Autonomia dell’esperienza: esperienza umana è esperienza propria dell’uomo dove si ha una spazio in cui si esprime la coscienza 2. Comunicazione universale: trovare forme per potersi comunicare. La teologia si comprenda come autosufficiente e non bisognosa del confronto critico con l’altro finendo con lo sviluppare forme linguistiche rispetto a dibattici comuni 3.2. Un caso particolare: il dibattito in Italia Siamo negli anni ’60 e ’70 e la bioetica ha conosciuto un processo di diffusione nel mondo globale. Nel 1973 possiamo trovare un primo articolo riguardante questa disciplina. Dopo circa dieci anni, nel 1982 nasce il Gruppo Cattolico di Bioetica grazie al professore Menico Torchio; nel 1985 nasce invece il Centro di Bioetica grazie all’opera del sacerdote Elio Sgreccia. Nasce qui la prima contrapposizione tra bioetica laica e bioetica cattolica. Il contesto italiano fa confronto con la tradizione ipoccratica in un nuovo contesto fondativo. Il contributo riguarda una ottica personalista. Emerge una prospettiva “cattolica” che riconosce l’intangibilità della vita, sulla validità oggettiva della norma morale, sulla gerarchia dei beni e sul carattere primario della persona. Nel verso opposto ci sono i pensatori “laici”dove la loro interpretazione è centrata sui problemi normativi attraverso un interpretazione analitica del procedimento morale. Tre ragioni: ▪ Una debolezza metodologica nel rapporto tra fede e ragione dell’uomo. È fondata su di una struttura che per lo meno è ingenua del rapporto tra ragione e fede e tra la libertà dell’uomo e la grazia offertale da Dio. Si distinguono due tipi di parti: ❖ Cattolica: ripresa di teologia dei due ordini ❖ Laica: afferma impossibilità della ragione di accedere al dato di fede La rivelazione del volto di Dio Creatore e Padre corrisponde ad una possibile forma di possibilità offerta alla coscienza di ogni uomo e donna come fondamento e possibilità di realizzazione ▪ Un limite del linguaggio utilizzato per dire i termini del rapporto. Da un punto di vista di tipo linguistico vi sono due termini per poter definire le parti del dibattito: ❖ Laico: è definibile solo come significato negativo: il laico è il non-chierico, il non-religioso. Si evidenzia la povertà di identità. Viene utilizzato come bandiera per identificare la pretesa di parlare a nome di tutti. 46 ❖ Cattolico: tale identificazione che appiattisce le posizioni non rende inoltre ragione del carattere ricco e plurale. ▪ Una visione riduttiva dell’esperienza morale cristiana. Ultima obiezione che si trova nel campo etico- teologico e raccoglie la comprensione dell’esperienza morale e cristiana. In modo acritico raccoglie la distinzione tra bioetica cattolica e bioetica laica. Il cristiano non vive in un mondo separato ma lo colloca in mezzo al mondo come testimone. La terminologia che definisce la bioetica attraverso gli aggettivi di “laica” e “cattolica” appare inadeguata e inappropriata. Quindi, la coscienza credente è una comunque una coscienza comunicabile. 47 Capitolo terzo L’agire tecnico all’inizio della vita 25 luglio 1978: nasce Louise Brown, la prima bambina generata in provetta. Ci si domanda: siamo di fronte ad un nuovo modo di generare? È valutabile semplicemente come una nuova possibilità di rispondere al legittimo desiderio di un figlio? 1. Le tecniche di procreazione medicalmente assistita Chiamata con l’acronimo PMA. Appare restrittivo essendo questa una parte del più ampio e complesso fenomeno della procreazione. Si evidenzia il ruolo della contemporanea tecno-scienza. 1.1. Classificazione secondo la sede della fecondazione Un primo criterio riguarda il “luogo fisico” in cui avviene l’unione dei gameti. Si distingue tra: A. PMA in vivo o intracorporeo ➔ Spermatozoo e ovulo si incontrano nel corpo della donna Si riconosconol’inseminazione artificiale (IA) e GIFT (GameteIntraFallopian Transfert). Nel primo caso si esegue il prelievo del seme maschile, che dopo varie tecniche per aumentare la fecondità, viene inserito per via transvaginale nelle tube durante il periodo di ovulazione. ROBERT GEOFFREY EDWARDS E PATRICK STEPTOE Robert è stato uno scienziato britannico e pioniere nella fecondazione in vitro (FIV), un procedimento medico che consente di fecondare un ovulo al di fuori del corpo femminile è impiantato successivamente nell’utero per la gravidanza. Negli anni ’50, Edwards iniziò a lavorare sulla FIV e nel 1978, insieme al suo collega, Patrick Steptoe, riuscì a ottenere la nascita del primo bambino concepito mediante questa tecnica, Louise Brown. Questo successo ha aperto la strada alla FIV come una tecnologia di riproduzione assistita che oggi è ampiamente utilizzata in tutto il mondo per il suo lavoro pionieristico nella FIV, Edwards è stato premiato con il Premio Nobel per la medicina nel 2010. Patrick Steptoe è stato un ginecologo pioniere del trattamento della fertilità. Steptoe è stato responsabile con il biologo e fisiologo Robert Edwards e l’infermiera Jean Purdy per lo sviluppo della fecondazione in vitro, Louise Joy Brown, la prima bambina in provetta, è nata il 25 luglio 1978. 50 mischiare il loro patrimonio genetico dando vita ad una nuova cellula (zigote) con un patrimonio genetico completo (23 coppie di cromosomi) e differente corredo di DNA dei due genitori. 2.2. Il livello psicologico Questo processo, detto di generalizzazione, è complesso coinvolgendo fattori identitari nell’uomo e nella donna. Si ha l’intreccio tra desiderio e bisogno. Il desiderio è strettamente legato al sogno (…). Si esprime nella dimensione dell’attesa (…), è un atto creativo e trasformativo (…). Il bisogno è un istanza inderogabile, riferita al reale, vissuta come parte inscindibile della realizzazione del sé (Ceccotti, 2004, 80-81). Vi sono fattori diversi: desiderio di trasmettere i propri geni, di incarnare l’amore di coppia… si ha una conformazione specifica rispetto alla diversità di genere maschile e femminile. Tratto comune è il carattere biografico di entrambe queste forme: non è solo bisogno ma è qualcosa che si iscrive nella vicenda storica dell’identità di ciascuno nella tensione tra aspettative e frustrazione affidata alla libertà nel dialogo con la cultura. Inoltre, il figlio non ammette di essere ridotto a oggetto di bisogno ma si presenta come soddisfazione di un desiderio che ridefinisce i soggetti che lo accolgono. 2.3. Il livello socio-culturale L’atto generativo custodisce una responsabilità sociale. L’accoglienza di una nuova creatura corrisponde alla ridefinizione dei propri ruoli sociali e delle relazioni interpersonali. Si può parlare di privatizzazione del figlio. Giuseppe Angelini ne da una definizione: Il fatto di essere generati appare quasi come una ferita e un’offesa nei confronti di un principio antropologico (…); ma il diritto è una figura di un rapporto di fondamentale estraneità: di un rapporto tra soci, non invece prossimi. Rapporto di prossimità che sussiste tra soggetti che soltanto nel medesimo rapporto reciproco trovano la coscienza di sé e dunque la propria identità (Angelini 1991, 30). Vi sono tre paradossi: a. Ampliamento del significato del concetto di fecondità. Da una parte, troviamo istituti civili quali l’adozione o l’affidamento. Vi è la concentrazione sull’avere un “figlio proprio” per avere la realizzazione del sé e della coppia. b. Differimento per cui generare in un età sempre più tarda. Dallo studio dell’ISTAT (si tenga presente che si riferisce all’anno 2018) è emerso i seguenti: - Età media per il primo figlio: 31,2 anni - PMA: 36,7 anni. In caso di tecniche eterologhe schizza a 42,4 anni. c. Richieste insistenti di tecniche generative in un contesto dove sono presenti tanti bambini già nati e bisognosi di un ambiente familiare di cui sono privi. 3. Criteri di valutazione etica 51 3.1. La valutazione dei fini Desiderio di un figlio. È necessario accompagnare la coppia in un serio discernimento attorno alla qualità di ciò che muove la loro richiesta. Dovrebbe avvenire anche di fronte al “normale” modo di generare un figlio ma nel caso della PMA, la logica tecnica rischia di sovrastare e cancellare lo spazio dell’attesa. In questo procedimento di discernimento è utile per recuperare la procreazione responsabile. Si declina in un processo non sempre ovvio di dialogo e di consenso tra i coniugi al fine di dare parola agli impulsi, ai timori di “desiderare un figlio”. Nel caso di una richiesta di accesso alla PMA: 1. Reale situazione di sterilità della coppia. Le tecniche in questione possono veicolare nella scelta: selezione del figlio e programmazione e ottimizzazione dei tempi che non è il carattere non propriamente terapeutico delle tecniche di PMA. Esse, non curano la sterilità, infatti superano il problema ma lascia il soggetto nella stessa condizione. 2. Chiara e consapevolezza delle modalità di procedura delle varie tecniche, del carattere di invasività. Allontana false illusioni o visioni idilliache. 3. Presenza di un vissuto di coppia che di fatto realizzi una reale disposizione di apertura alla vita. Un vissuto sessuale stabile e ordinato, espressione e realizzazione dell’unità della coppia. I bisogni e i desideri dei soggetti devono trovare collocazione nel quadro di una considerazione dei bisogni della famiglia umana, del bene comune. Può sembrare un peso eccessivo da caricare su coppie che abbiamo provato l’esperienza della ferita della sterilità. Vi sono due elementi: il primo si propone come aiuto alle coscienze ma il dovere urgente è quella di una scelta libera, consapevole e responsabile. La seconda è il carattere di un’urgenza che viene assunto nei confronti della PMA che è legato alla legittima prudenza di fronte ad una logica tecnica. Le vicende drammatiche di coppie sterili e il confronto con la mentalità tecnologica possono diventare occasione di richiamo al senso di una paternità e maternità. 3.2. La valutazione dei mezzi: il criterio della dignità dell’embrione Dalla valutazione dei fini che muovono la richiesta di accesso alla PMA, deve seguire una valutazione dei mezzi. Un primo criterio si lega al rispetto dell’ embrione. Si ha un dibattito culturale attorno ai primissimi stadi della vita umana sembra un crocevia fondamentale della nostra cultura. Alcuni basta il richiamo al dato bio-fisiologico; altri alla deducibilità di una conclusione filosofica del dato positivo. C’è una terza posizione che richiama la tradizione aristotelica, riconoscendo nell’embrione una persona in potenza, quindi già portatrice della dignità personale. L’ultimo gruppo raccoglie tutti coloro che parlano di tutela differita. L’agire può riconoscere il volto dell’embrione. Si ha la possibilità dell’accoglienza di una nuova creatura corrisponde alla possibilità di ri-definire la propria identità. Il discorso tipico della tradizione morale chiede il coinvolgimento di una libertà che abbia la qualità dell’accoglienza nei confronti della nuova vita. 3.3. La valutazione dei mezzi: il criterio della dignità della procreazione Un ulteriore criterio è il rispetto della dignità della procreazione umana. La tecnica non è un elemento neutro all’interno dell’agire dell’uomo ma esso entri, con il proprio bagaglio di significati. È necessario valutare questo specifico contributo affinchè l’esito della libertà corrisponda all’autenticità del bene. Ogni scelta che non corrisponda pienamente a questa misura risulterebbe indegna della procreazione umana. Si dovrà riconoscere come non rispettoso della dignità della procreazione umana ogni tecnica che realizzi una dissociazione tra i diversi significati dell’agire. 4. Ripresa sintetica 4.1. Il giudizio etico sulle tecniche di PMA Un grave disordine si riscontra in tutte le tecniche che appaiono non rispettose della dignità dell’embrione. Tra queste procedure di selezione e soppressione embrionale o di sperimentazione. Ma quale è il rischio? Il rischio a cui li si sottopone e il fatto di averli in risposta alle diverse esigenze è lontano dalla qualità del rapporto che un genitore e la società custodiscono verso i figli. Un problema: sorte degli embrioni che sono conservati nei vari centri di ricerca e di cura della sterilità. Nessuna situazione e nessuna intenzione rende lecita la strumentalizzazione di un altro essere umano. Attenzione!! ➔ Non consente una generica condanna di tutte le tecniche procreative, ma chiede che si badi bene a preservare l’embrione da una deriva culturale che lo consideri come semplice prodotto o materiale a disposizione. 52 Secondo criterio: sembra escludere le diverse tecniche eterologhe e le pratiche di maternità surrogata. Si realizza un risultato contraddittorio rispetto all’unità matrimoniale (si pensi alla fecondazione eterologa come sorta di adulterio). I problemi anche legali circa il riconoscimento della paternità e maternità, i riflessi psicologici che simili procedure possono avere sulle nuove generazioni e le conseguenze culturali. La tecnica si sostituisce all’azione. Le pratiche di IA o la GIFT non sembrano porre direttamente simili o maggiori difficoltà. Solo una scelta della coppia che corrisponda alla grandezza del desiderio di un figlio e che non lasci spazio all’egoismo di una proclamazione di diritto appare in grado di assumere il ruolo genitoriale attraverso la via della tecnica. 4.2. Il discernimento della Chiesa Due importanti documenti: Dichiarazione sul rispetto della vita umana nascente e la dignità della procreazione (Donum vitae) del 1987 e l’Istruzione Dignitas personae su alcune questioni di bioetica del 2008. La persona umana si presenta come totalità unificata nel suo corpo, creata a immagine e somiglianza del suo Creatore e chiamata a proseguire l’opera della creazione attraverso la sua attività. Il corpo è reale presenza della dignità della persona e come tale deve essere considerato anche nelle pratiche mediche e di ricerca. • Gen 1,28 ➔ «Dio li benedisse; e Dio disse loro: «Siate fecondi e moltiplicatevi; riempite la terra, rendetevela soggetta, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e sopra ogni animale che si muove sulla terra».» Nel primo documento citato all’inizio afferma: La ricerca scientifica di base e quella applicata costituiscono un’espressione significativa di questa signoria dell’uomo suo creato. La scienza e la tecnica, (…) non possono da sole indicare il senso dell’esistenza e del progresso umano (…). Illusorio rivendicare la neutralità morale della ricerca scientifica e delle sue applicazioni (…). La scienza e la tecnica richiedono il rispetto incondizionato dei criteri fondamentali: debbono essere cioè al servizio della persona (Donum vitae, intro 2). Il criterio della dignità della persona si declina nel rispetto della dignità dell’uomo chiamato alla vita e nel riconoscimento della dignità. Questi due valori diventano misura per le diverse pratiche che vengono passate in rassegna. 1) Il Magistero non intende impegnarsi nella definizione dello statuto ontologico dell’embrione. Non toglie affatto, il riconoscimento che i dati scientifici appaiono a favore di una personalizzazione dalla fecondazione e l’affermazione “l’essere umano va rispettato e trattato come persona del suo concepimento o, secondo un linguaggio aggiornato e che “l’embrione umano ha fin dall’inizio la dignità propria della persona” (Dignitas personae, n. 5). 2) Criterio generale per la valutazione dell’intervento tecnico nell’agire umano. La congregazione afferma: L’intervento medico è rispettoso della dignità delle persone quando mira ad aiutare l’atto coniugale (…). L’intervento medico si sostituisca all’atto coniugale per ottenere una procreazione che non è né il suo risultato né il suo frutto (Donum vitae, B. 7). 55 In primis, bisogna abbandonare la distinzione tra eutanasia attiva o passiva in cui la prima si mettono in atto strategie che procurino la morte e la seconda riconoscendo il movimento di chi omette o sospende un’azione in grado di impedire la morte. In sunto, l’uccidere al fine di alleviare le sofferenze è sempre eutanasia. Ulteriore distinzione da superare è tra eutanasia diretta ed indiretta. Solo la prima si configura come un illecito morale mentre la seconda rientra nella possibile assunzione di conseguenze in vista di una finalità positiva. Attenzione!! ➔ SOLO QUANDO L’INTENZIONE È DIRETTA ALL’UCCISIONE SI PUÒ PARLARE DI EUTANASIA Un’ultima chiarificazione terminologica riguarda il suicidio assistito ove l’operatore non agisce in prima persona nel procurare la morte, ma fornisce al malato le conoscenze e gli strumenti affinché lui possa procedere da solo. 2.2. Chiarificazione dei termini in gioco: esubero terapeutico Esubero terapeutico = dilazione ad oltranza della morte attraverso l’utilizzo delle tecniche mediche Una simil pratica si configura come l’applicazione al malato di mezzi sproporzionati rispetto alla propria condizione. Dal documento Iura et Bona: I moralisti rispondevano che nessuno è mai obbligato a fare uso di rimedi “straordinari” (…). Sarà possibile porre un giudizio corretto sui rimedi studiando il tipo di trattamento da usare (…), considerando lo stato della persona malata e le sue forze fisiche e morali (Iura et bona, VI). Le caratteristiche proprie dei mezzi sono assunte in un giudizio personale del soggetto (…). Tende a promuovere condizioni di vita che siano il più possibili corrispondenti alla dignità della persona e al suo bene integrale (Casalone 2002, 543). 2.3. La valutazione etica Si riconosce sia nell’eutanasia che nell’esubero terapeutico espressioni della stessa dinamica di fuga dall’evento del morire. Il compito etico di un’interpretazione autentica del sé nel proprio morire chiede invece di trovare un equilibrio nella ricerca di cure proporzionate. Da Giovanni Paolo II Evangelium vitae: L’eutanasia è una grave violazione della Legge di Dio, in quanto uccisione deliberata moralmente inaccettabile di una persona umana (…). Va distinta la decisione di rinunciare al cosiddetto “accanimento terapeutico”, ossia a certi interventi medici non più adeguati alla reale situazione del malato (EV 65). Ogni mezzo sperimentale è lecito con il consenso del paziente. L’uso di questi mezzi deve essere sempre sospendibile su valutazione del paziente o dei familiari. È lecito rinunciare a qualunque trattamento ritenuto eccessivo senza però interrompere le cosiddette cure normali dovute ad ogni persona. La vita diventa paratio ad mortem. 2.4. Questioni aperte: le “cure normali” e le direttive anticipate di trattamento Con la sospensione di ogni terapia non ammette però la sottrazione al morente delle cure normali che sono ad ogni persona. Il prendersi cura di un malato è risposta alla sua dignità e questa è criterio per definire la correttezza di ogni pratica. Come la Congregazione per la Dottrina della Fede anche l’Associazione dei Medici Cattolici Italiani riconoscono l’esistenza di casi in cui le pratiche di idratazione e alimentazione possono presentare una reale gravosità. 56 Un ulteriore questione: direttive anticipate di trattamento (DAT). Si tratta di strumenti giuridici che riempiono il vuoto decisionale che si crea in situazione di incoscienza di un paziente. Si parla di: living will, testamento biologico, carte di autodeterminazione del malato. 3. Quasi una conclusione: vivere la propria morte Vivere la propria morte: sembra un gioco di parole eppure è un imperativo esternamente serio oggi. Si chiede una formazione della coscienza che sia aperta alla consapevolezza della finitezza, in un contesto relazionale e trascendente. Eppure la tradizione spirituale della Chiesa anche contemporanea ci consegna la testimonianza altissima di uomini e di donne che hanno saputo vivere coscientemente il proprio morire. Si prenda come esempio un testo altissimo. Si tratta del celebre “Pensiero alla morte” di Paolo VI: “Tempus resolutonis meae instat” È giunto il tempo di sciogliere le vele (2Tim 4,6) “Certus quod velox est depositio tabernaculi mei” Sono certo che presto dovrò lasciare questa mia tenda (2Petr 1,14) “Finis venit, venit finis” La fine! Giunge la fine (Ez 2,7) Questa ovvia considerazione sulla precarietà della vita temporale e sull’avvicinarsi inevitabile e sempre più prossimo della sua fine si impone. Non è saggia la cecità davanti alla misteriosa metamorfosi che sta per compiersi nell’essere mio, davanti a ciò che si prepara. Vedo che la considerazione prevalente si fa estremamente personale: io, chi sono? Che cosa resta di me? Dove vado? E perciò estremamente morale: che cosa devo fare? Quali sono le mie responsabilità? E vedo anche che rispetto alla vita presente è vano avere speranze; rispetto ad essa si hanno dei doveri e delle aspettative funzionali e momentanee; le speranze sono per l’al di la. E vedo che questa suprema considerazione non può svolgersi in un monologo soggettivo, nel solito dramma umano che al crescere della luce fa crescere l’oscurità del destino umano; deve svolgersi a dialogo con la Realtà divina, dove vengo e dove certamente vaso; secondo la lucerna che Cristo ci pone in mano per il grande passaggio. Credo, o Signore. […] Quanto a me vorrei avere finalmente un nozione riassuntiva e sapiente sul mondo e sulla vita: penso che tale nozione dovrebbe esprimersi in un grande e semplice atto di riconoscenza, anzi di gratitudine: questa vita mortale è, nonostante i suoi travagli, i suoi oscuri misteri, le sue sofferenze, la sua fatale caducità, un fatto bellissimo, un prodigio sempre originale e commovente, un avvenimento degno d’ essere cantato in gaudio e in gloria: la vita, la vita dell’uomo! Ne meno degno d’esaltazione e di felice stupore è il quadro che circonda la vita dell’uomo: questo mondo immenso, misterioso, magnifico, questo universo dalle mille forze, dalle mille leggi, dalle mille profondità. È un un panorama incantevole. […] CARTE DI AUTO-DETERMINAZIONE DEL MALATO Sono documenti attraverso i quali una persona esprime le proprie preferenze riguardo alle cure mediche che desidera o non desidera ricevere in caso di malattia grave o situazioni di fine vita. Queste carte possono includere il testamento biologico, ma possono anche contenere altre informazioni importanti, come la scelta del medico curante o la preferenza per la cura domiciliare rispetto all’ospedalizzazione. LIVING WILL / TESTAMENTO BIOLOGICO È un documento legale in cui una persona esprime le proprie volontà riguardo alle cure mediche che desidera o non desidera ricevere in caso di malattia grave, coma irreversibile o situazioni di fine vita. In un testamento biologico, la persona può indicare se desidera o meno essere sottoposta a interventi di rianimazione cardiopolmonare, idratazione e alimentazione forzata, ventilazione meccanica o altre terapie invasive. Può anche nominare un tutore legale per prendere decisioni mediche al suo posto se non è in grado di farlo. Il testamento biologico è un modo per garantire che le proprie volontà in merito alle cure mediche vengano rispettate, anche quando non si è in grado di comunicare tali volontà direttamente. 57 E poi un atto, finalmente, di buona volontà: non più guardare indietro, ma fare volentieri, semplicemente, umilmente, fortemente, il dovere risultante dalle circostanze in cui mi trovo, come Tua volontà. Fare presto, fare tutto, fare bene. Fare lietamente: ciò che ora Tu vuoi da me, anche se supera immensamente le mie forze e se mi chiede la vita. Finalmente, a quest’ultima ora. Curvo il capo ed alzo lo spirito. Umilio me stesso ed esalto Te, Dio, “la cui natura è bontà” (San Leone). Lascia che in questa ultima veglia io renda omaggia, a Te, Dio vivo e vero, che domani sarai il mio giudice, e che dia a Te la lode che più ambisci, il nome che preferisci: sei Padre (Paolo VI 1978). 60 3.2. Le linee-guida della celebrazione Avvento del 2004: nella Chiesa italiana c’è un Rito del matrimonio. Tra le principali motivazioni che hanno reso necessario l’adattamento il relatore segnalava: - Rinnovata coscienza ecclesiale del matrimonio maturata a partire dall’Esortazione apostolica Familiaris consortio di Giovanni Paolo II. Richiede che nel rito siano maggiormente esplicitati aspetti inerenti al senso cristiano del matrimonio - Nuova situazione pastorale dove ci sono coppie che pur non avendo maturato un chiaro orientamento cristiano e non vivendo una piena appartenenza alla Chiesa, chiedono di celebrare il matrimonio - Varietà e ricchezza di testi eucologici. Necessità di adattarsi alla diversità delle situazioni in cui, sia l’assemblea sia gli stessi sposi vengono a trovarsi per cui risulta utile a scoraggiare il ricorso arbitrario a formule e testi improvvisati - Introduzione di nuove sequenze rituali: la memoria del battesimo, le litanie dei santi, stretto legame della benedizione nuziale con il consenso degli sposi - Arricchimento del Lezionario. Rivelazione del progetto originario di Dio sul matrimonio nella storia degli uomini 3.3. L’annuncio del Lezionario “La bibbia è popolata da famiglie, da generazioni, da storie di amore e di crisi famigliari” (Amoris Laetitia, n.8). Il nuovo rituale ha arricchito il Lezionario delle nozze cristiane trovando tre grandi filoni: 1) I passi che annunciano il disegno di Dio sull’amore coniugale 2) Le vicende di coppie ”esemplari” per le loro qualità e per gli interventi di Dio di cui beneficiano 3) Indicazioni di tipo morale o sapienzali La prima della triade di brani biblici è costituita da alcuni versetti di Gen 1, Ef 5 e Mt 19. 4. La rivelazione biblica del “sacramento” 4.1. Le “origini” del sacramento Inizio capitolo 19 del Vangelo di Matteo e nel passo parallelo di Marco 10, 1-12: • Mc 10, 1-12 ➔ «Poi Gesù partì di là e se ne andò nei territori della Giudea {e} oltre il Giordano. Di nuovo si radunarono presso di lui delle folle; e di nuovo egli insegnava loro come era solito fare. Dei farisei si avvicinarono a lui per metterlo alla prova, dicendo: «È lecito a un marito mandare via la moglie?» Egli rispose loro: «Che cosa vi ha comandato Mosè?» Essi dissero: «Mosè permise di scrivere un atto di ripudio e di mandarla via». Gesù disse loro: «È per la durezza del vostro cuore che Mosè scrisse per voi quella norma; Perciò l’uomo lascerà suo padre e sua madre {e si unirà a sua moglie}, e i due saranno una sola carne. Così non sono più due, ma una sola carne. L’uomo, dunque, non separi quel che Dio ha unito». In casa i discepoli lo interrogarono di nuovo sullo stesso argomento. Egli disse loro: «Chiunque manda via sua moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se lei ripudia suo marito e ne sposa un altro, commette adulterio».» LEZIONARIO È un libro liturgico utilizzato nella celebrazione della messa nella Chiesa cattolica e in alcune altre denominazioni cristiane. Il Lezionario contiene una selezione di letture della Bibbia, per ogni giorno dell’anno liturgico, inclusi i giorni festivi e le occasioni speciali. Le letture del Lezionario sono organizzate in modo da seguire un ciclo di 3 anni, noto come il Ciclo delle Letture, che comprende il ciclo delle letture domenicali e quello delle letture feriali. Ogni ciclo ha un insieme di letture per l’A.T., i salmi, i vangeli e gli epistoli che sono letti in sequenza durante l’anno liturgico. Il Lezionario è stato introdotto nel Concilio Vaticano II per rinnovare la liturgia cattolica e aumentare la comprensione e l’apprezzamento della Parola di Dio tra i fedeli. L’utilizzo del Lezionario è diventato una pratica comune in molte chiese cristiane, e ha aiutato a standardizzare le letture bibliche utilizzate durante la celebrazione della messa e di altri servizi liturgici. 61 La stessa disposizione giuridica di Mosè circa l’atto di ripudio viene relativizzata e ne viene mostrata la causa: “per la durezza del vostro cuore” (v.8). 4.2. “Separare” La scrittura ci presenta il “fare” di Dio nell’opera creatrice come un “separare”. La parola efficace di Dio crea distinguendo (Gen 1,2): la luce è definita differenziandosi dalle tenebre (Gen 1,4); il cielo separa le acque che stanno “sotto” da quelle che stanno “sopra” (Gen 1,6.7); il mare si ritira per lasciare spazio alla terra (Gen 1,9); gli alberi sono diversi l’uno dall’altro perché fanno frutti secondo la propria specie (Gen 1,12); gli astri sono al servizio della distinzione tra giorno e notte e tra le stagioni (Gen 1,14); gli animali si moltiplicano nella loro varietà (Gen 1,20ss). • Sir 42,24 ➔ “tutte le cose sono a due a due, una di fronte all’altra, egli non ha fatto nulla d’incompleto” La differenza è: • Gen 1,1-2 ➔ «Nel principio Dio creò i cieli e la terra. La terra era informe e vuota, le tenebre coprivano la faccia dell’abisso e lo Spirito di Dio aleggiava sulla superficie delle acque.» 4.3. “Li creò” La dinamica creativa, “a coppie”. In Gen 1,27a viene prima annunciata la creazione dell’uomo (“lo creò”), solo alla fine si introduce la menzione di “maschio e femmina” (“li creò”). In Gen 2,7 l’uomo viene presentato come una sola persona, completa, senza alcun bisogno di entrare in una relazione di coppia. Nei primi capitoli della Genesi, l’uomo viene indicato col termine ‘adam di cui l’etimologia si hanno diverse ipotesi, tutte ruotanti attorno alla assonanza con adamà (terra). La caratteristica è quella di essere usata al singolare , con funzione di pronome indefinito: “un tale”. Solo da Gen 4 è riconoscibile l’uso come nome proprio di un uomo maschio. 4.4. Solitudine e coppia • Gen 2,18 ➔ «Poi Dio il Signore disse: «Non è bene che l’uomo sia solo; io gli farò un aiuto che sia adatto a lui».» Si ha una sensazione di smarrimento dell’identità dell’uomo che non ha di fronte a sé e al suo fianco una donna. Se rimanesse solo, il maschio non riuscirebbe a dare ragione della propria identità e non troverebbe il suo significato. Ogni altra realtà creata non è in grado di sostenere la relazione di unità-differenziata con la natura umana. • Gen 2,19-20 ➔ «Dio il Signore, avendo formato dalla terra tutti gli animali dei campi e tutti gli uccelli del cielo, li condusse all’uomo per vedere come li avrebbe chiamati, e perché ogni essere vivente portasse il nome che l’uomo gli avrebbe dato. L’uomo diede dei nomi a tutto il bestiame, agli uccelli del cielo e ad ogni animale dei campi; ma per l’uomo non si trovò un aiuto che fosse adatto a lui.» ❖ “L’aiuto che gli sia simile”: definizione adeguata per colei che è condotta a lui direttamente da Dio, una compagna che nella “similitudine” dell’essere “carne della sua carne”, gli manifesta la sua concreta “somiglianza” con Dio. L’uomo è portato ad abbandonare la presunzione di essere autosufficiente, del tutto completo, capace da solo di realizzare la propria vocazione. 4.5. L’unità nella differenza La ricerca dell’uomo trova pace: “egli guarda la donna e la riconosce nell’insieme della sua figura. È differente da lui; però gli è “simile”. È in grado di dire in modo nuovo anche la sua identità. 4.6. La dimensione comunionale dell’”una caro” Un espressione importante: “carne della mia carne, osso dalle mie ossa”. L’essere umano riconosce di essere “due”, afferma di essere nell’unità di due corpi, due storie, due genealogie, due destini. 62 S. Giovanni Crisostomo: “le proprietà dell’amore sono tali che l’amata e l’amante non costituiscono più due esseri, ma uno solo…; (…) sono uno, cioè uomo-donna, un “Adamo” nel senso biblico”. S. Cirillo: “Dio creò il co-essere (Evdokimov 1994, 133). Fino a quando la relazione amorosa non sarà tradita (cf Gen 3), le identità in relazioni saranno piene, integre, in completa donazione: • Gen 2,25 ➔«L’uomo e sua moglie erano entrambi nudi e non ne avevano vergogna.» 4.7. Il “mistero” del e nel matrimonio Nella Scrittura ritroviamo brani relativi all’uomo e alla donna: Ef 5,1-2a.21-33. Nella Lettera agli Efesini si ha la struttura delle lettere paoline e in Efesini 5 ci sono le indicazioni morali che sono rivolte ai membri della comunità; nel codice v.22 presenta un codice famigliare, una serie di ammonimenti per i vari componenti della famiglia. Si tenga presente l’importanza dei versetti di apertura del cap.5. L’essere “sottomessi gli uni agli altri” è una declinazione del “camminare nell’amore” che è una legge fondamentale dei rapporti interpersonali all’interno della comunità. Paolo rintraccia nella coppia cristiana un sacramentum magnum della qualità dell’amore di Cristo. C’è l’intervento del Dio dell’Alleanza riproposto dall’amore pasquale di Cristo e lo ammira contemplandolo nelle coppie cristiane della comunità di Efeso. Chiede alle coppie di conformarsi: rivela e attua nell’oggi la cura sponsale di Cristo per la Chiesa sua Sposa: “bella, senza ruga ne macchia” (Ef 5,27). L’amore del Figlio di Dio per la comunità, domanda il risalimento alla comunità trinitaria. “Il Dio Trinità è comunione d’amore, e la famiglia è il suo riflesso vivente” (Amoris laetitia, nn.10.11) GIOVANNI CRISOSTOMO È stato un vescovo e un predicatore cristiano. Il suo nome “Crisostomo” significa “bocca d’oro” in greco, a causa della sua abilità nella sua predicazione. Durante il suo episcopato Giovanni si distinse per la sua intensa attività pastorale, la sua forte predicazione e la sua lotta contro l’eredità. Noto per le sue omelie, che furono raccolte in numerose opere, tra cui “Omilia sulla Genesi”, “Omilie sulla lettera agli Efesini” e “Omilie sulla Maddalena”. Giovanni sottolineò l’importanza della vita interiore e della preghiera, e incoraggiò i fedeli ad una conversione autentica ed a una vita d’impegno cristiano. 65 4. Unione nel generare la vita: a) la coppia è il nuovo “figlio”; b) responsabile; nella decisione comune di aprirsi all’accoglienza di una nuova creatura; c) aperta alle differenti modalità in cui la fecondità può esprimersi. 5. Unione nella vocazione: la coppia prende coscienza che la totalità a cui aspira e a cui di fatto si sta avvicinando è la risposta comune ad essere insieme sacramento di quell’amore che Cristo ha vissuto e vive per la sua Sposa, la Chiesa. 6. Unione nel futuro. 7. Unione nell’eternità: la mistica dell’amore coniugale intravvede la gioia del ritrovarsi e dell’ amarsi anche nella vita del cielo. 4.2. Sacramento dell’amore fedele (…) Volere appartenere totalmente all’altro comporta il non essere di altri. L’appartenenza esclusiva viene espressa come “fedeltà” (Fumagalli 2007, 11-12). La fedeltà coniugale si fonda sulla fedeltà dell’amore che lega Cristo alla Chiesa. Come nell’Antico Testamento i profeti avevano proclamato la fedeltà di Jhwh anche di fronte all’infedeltà del popolo di Israele. La fedeltà non è un questione giuridica e nemmeno è primariamente il frutto di un impegno etico o ascetico. Nella relazione ciascuno dei due scopre se stesso/a in quanto amabile, amato e amante. • Gv 10,10b ➔ “Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” 4.3. Sacramento dell’amore indissolubile L’io e il tu non divengono uno istantaneamente, ma nel tempo (…). La totalità della comunione amorosa implica tutta la vita di cui si dispone, richiede l’”indissolubilità” della storia personale dei due. Essere una cosa sola significa rimanere con l’altro/a (Fumagalli 2007, 12). Codice di Diritto Canonico: le proprietà essenziali del matrimonio sono l’unità e l’indissolubilità”. L’amore coniugale che tende ad essere totale e fedele, viene espresso e sostenuto attraverso la decisione di assumere un vincolo, non è più scioglibile. La Chiesa sente di essere fedele a una chiara indicazione di Gesù: • Mt 19,6 ➔ «Così non sono più due, ma una sola carne; quello dunque che Dio ha unito, l’uomo non lo separi».» (…). La parola di Gesù è una vigorosa esortazione profetica e messianica del comportamento di grazia di Dio ed un invito ad usare la possibilità data da Dio (…). L’alleanza di Dio, conferisce all’Unione matrimoniale un qualificato carattere di non disponibilità (…) (Kasper 1979, 48-50). La fedeltà irrevocabile del Dio dell’Alleanza sono la solida roccia su cui poggia la libertà degli sposi che arrischiano l’irrevocabile dono reciproco. Fecondissimo è l’Inter ciò tra i diversi livelli delle “irrevocabili disposizioni”. L’indissolubilità del matrimonio: se la Chiesa-Sposa di Cristo è indelebilmente confermata nella grazia e se l’unione matrimoniale dei due battezzati è il sacramento di questo sposalizio, il sacramento del matrimonio si costituisce per sua natura come un evento indissolubile (…). Il “si” degli sposi entra a far parte del “si” di Cristo al Padre per la Chiesa. L’indissolubilità del matrimonio riceve qui un fondamento sacramentale che va oltre il mero fatto giuridico (…) (Rocchetta 1996, 185). 4.4. Sacramento dell’amore fecondo La prima fecondità è la coppia stessa: l’una caro è la “nuova creatura”. Un altro campo di fecondità: la gioia dell’amore dovrebbe diffondere attorno a sé altrettanta gioia e simpatia in familiari, parenti, amici, colleghi, vicini. Nella Chiesa e nella società vi sono tantissimi altri ambiti in cui mettere a frutto la propria maternità – paternità: 1) Il servizio a realtà di bisogno 2) Accompagnamento nello studio 3) Crescita delle vocazioni all’amore coniugale 4) Vicinanza a coppie che hanno difficoltà Una coppia feconda sotto tanti punti di vista si propone come grembo ideale per l’accoglienza di una nuova vita. 66 Perché un uomo e una donna si decidono a fare figlio? Un figlio è “fatto”, oppure solo “desiderato”, o addirittura “invocato”, e quindi “ottenuto”? Il “si” alla vita, da parte di chi nasce, è insieme un “si” all’iniziale “progetto” dei genitori? Oppure si tratta di un “si” a un disegno” altro da quello dei genitori? Il genitore diventa di fatto come un “destino” per il figlio ma in molti modi determinante (Angelini 1992, 15). La vita coniugale si propone come il grembo entro il quale la fecondità ritrova il suo senso e le sue coordinate. La fecondità biologica non costituisce dunque un optional, ma è una sua peculiare espressione. Il figlio realizza in modo insuperabile e permanente ciò i due amanti, divengono nell’unione dei corpi: una solo carne. Il concepimento avviene in un momento di splendore della natura umana. Il coinvolgimento dei sentimenti, l’attivazione di tutte le componenti biologiche legate ai dinamismi dell’incontro sessuale dove raggiunge un punto di massimo piacere, dopo la coppia scende nell’intimità. L’amore coniugale è il luogo per eccellenza del concepimento, della nascita e della crescita della vita umana. Ogni legame e ogni apertura di credito sulla vita futura è sempre un atto di fiducia, affidamento, espropriazione della propria hybris di autosalvezza. (…). Si sceglie di avere un figlio, e nasce quel figlio preciso che esige di essere riconosciuto nella sua identità; aspetta di essere voluto nella sua singolare identità (Angelini 1992, 159). Con il neonato nasce di nuovo la possibilità di un’alterità che supera i tempi. Nella Chiesa e nella società essi adottano ogni vita sono di ogni apertura speranza al futuro. 5. Le vie quotidiane dell’amore coniugale Il sacramento è invocazione ecclesiale del dono dello Spirito santo sull’amore dei nubendi. La Grazia offerta nel sacramento, a maturare insieme, a giungere alla celebrazione delle nozze. Il sacramento del matrimonio non è rappresentabile alla stregua di una grazia puntuale che viene data in dote agli sposi il giorno delle nozze (…) il sacramento del matrimonio è celebrato in un momento puntuale e insostituibile della storia di un uomo e di una donna (…) (Fumagalli 2007, 17). Non è sufficiente dire che l’amore sia la condizione o la causa della durata. È anche il frutto e persino il fine (…) (Lacroix X. 2008, 44). 5.1. Sentieri che si aprono Quando e dove comincia la “via dell’amore”? Dal grembo materno. 5.1.1. L’educazione dei cuori L’educazione di cuori capaci di amore coniugale chiede e coinvolge tante dimensioni della persona. Si prenda in esempio la Familiaris consortio che identifica tre fasi della preparazione al matrimonio: una preparazione remota, una prossima e una immediata. 5.1.2. La cura dei fidanzati l’uno per l’altra Il compito di prendersi cura l’uno dell’altra diventa un dovere morale della coppia. I fidanzati sono oggetto della cura pastorale della Chiesa e al tempo stesso sono e desiderano essere considerati soggetti attivi del loro cammino di preparazione al matrimonio. Quando domanda il matrimonio, si presenta con un proprio profilo spirituale (CEI 1989, 1705). Marko Ivan Rupnik: 1. Prendano coscienza e decidano di dare vita e di applicarsi in un cammino che tende al sacramento 2. Interlocutore spirituale 3. Le famiglie d’origine e quelle degli amici siano ambiti ascoltati per la verifica del progresso 4. Rivelarsi l’uno all’altra in modo sempre più completo 5. “Annaffiare le radici” l’uno dell’altra in modo 6. Preghiera condivisa 7. Cura alla preparazione di una profonda piena vita sessuale 8. “Diario dell’amore” 9. Bisogni spirituali e relazionali 10. Apprendano l’arte del perdono (Cf Rupnik 1996, 43-54). 67 5.1.3. La cura ecclesiale per i fidanzati (…). Il fidanzamento si presenta pertanto come un tempo di grazia che trae forza del battesimo e dalla stessa vocazione coniugale che attende di essere concretizzata (CEI 1989, 1694). 1) Percorsi articolati 2) Corsi in preparazione al matrimonio per rinnovare la scelta di fede dei nubendi 3) Porre attenzione ai differenti percorsi di fede da cui provengono i nubendi e personalizzare le proposte 4) Affidare precise responsabilità educative a coppie coniugate 5) Coinvolgimento di tutta la comunità (…). Come per il battesimo degli adulti il catecumenato è parte del processo sacramentale (Francesco 2017). Lo ius connubii si riferisce al diritto di celebrare un autentico matrimonio (Benedetto XVI, 2011). “La decisione di sposarsi e di formare una famiglia dev’essere frutto di un discernimento vocazionale” (Amoris laetitia, n.72) che veda protagonisti sia i nubendi che la comunità cristiana. Il bene del coniugio è per tutta la comunità. “La Chiesa, per comprendere pienamente il suo mistero, guarda alla famiglia cristiana, che lo manifesta in modo genuino” (Sinodo dei Vescovi 2014, n.17). Ogni famiglia diventa a tutti gli effetti un bene per la Chiesa. La Chiesa è un bene per la famiglia è un bene per la Chiesa (Sinodo dei Vescovi 2015, n.52). 5.2. Sentieri quotidiani (…). La coppia cristiana coltivi la grazia del sacramento del matrimonio con una vita cristiana che consideri adeguatamente l’ascolto della Parola (…). Affinché l’amore di Cristo innervi la vicenda amorosa di un uomo e di una donna, è necessario che ciascuno dei due sia inserito in Cristo (Fumagalli 2007, 19-20). (…). La grazia del sacramento del matrimonio è destinata prima di tutto “a perfezionare l’amore dei coniugi” (Amoris laetitia, n.89). L’inabitazione dello Spirito costituisce la vita umana: • 1Cor 6,19 ➔ «Non sapete che il vostro corpo è il tempio dello Spirito Santo che è in voi e che avete ricevuto da Dio? Quindi non appartenete a voi stessi.» E rende l’uomo e la donna capaci di offrire a Dio un sacrificio. L’apostolo Paolo: • Rm 12,1 ➔ «Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, a presentare i vostri corpi in sacrificio vivente, santo, gradito a Dio; questo è il vostro culto spirituale.» Nella relazione sessuale “gli atti coi quali i coniugi si uniscono in casta intimità sono onesti e degni; favoriscono la mutua donazione che essi significano ed arricchiscono vicendevolmente nella gioia e nella gratitudine gli sposi stessi” (Gaudium et spes, n.49). Dio Padre gradisce la vita dei propri figli, che desiderano conformarsi al Figlio Gesù. 6. Tra realtà e sacramento L’amore di Cristo è il princeps analogatum. Cristo è “la” realtà dell’Amore totale, fedele, indissolubile e fecondo. La relazione tra le creature è attuazione e manifestazione in humanis della realtà dell’amore trinitario. L’amore di Cristo costituisce e compie la Chiesa sua Sposa. È chiamato a riconoscere di non essere la pienezza della realizzazione delle quattro caratteristiche dell’amore cristico. “Il matrimonio è una vocazione” (Amoris laetitia, n. 72). San Tommaso d’Aquino: “la carità non ha un limite di aumento, essendo essa una partecipazione dell’infinita carità, che è lo Spirito Santo (…) (Amoris laetitia, n.134). 70 2.2.2. La stella polare • Gv 12,32 ➔ «e io, quando sarò innalzato dalla terra, attirerò tutti a me».» Nell’epoca attuale lo Spirito d’amore continua a soffiare sino agli estremi confini della terra, raggiungendo uomo e donna che si innamorano. L’azione dello Spirito è la ragione decisiva per accogliere come una “salutare provocazione missionaria” la richiesta di “sposarsi in chiesa”. Il rischio della pastorale pre- matrimoniale sembra di non riconoscere le tracce dell’amore divino. La sfida della pastorale consisterà allora nell’aiutare i giovani innamorati a scoprire dentro la loro vicenda amorosa la voce sommessa dell’amore di Dio, che li attrae e insegna loro ad amarsi reciprocamente come Cristo ha amato, in modo totale, indissolubile e fecondo. 2.2.3. Un’occasione di grazia La convivenza more uxorio costituisce di fatto uno dei luoghi in cui oggi matura la scelta del matrimonio cristiano (rito cattolico). La pastorale è invitata a considerarla un’occasione di grazia, essa non perde occasione per accendere e alimentare la maturazione della scelta matrimoniale. Vigilando affinché i conviventi non “scivolino” nel matrimonio. Il trend privilegia i processi continui. La promozione dell’amore nell’Esortazione Amoris laetitia in cui Papa Francesco prospetta l’insegnamento della Chiesa sull’amore nella famiglia. Il matrimonio sia solo un “segno imperfetto dell’amore tra Cristo e la Chiesa” cosicchè “nessuna famiglia è una realtà perfetta e confezionata una volta per sempre, richiede sviluppo della propria capacità di amare”. Tra le situazioni che non corrispondono all’ideale del matrimonio cristiano, vi sono le cosiddette “situazioni matrimoniali irregolari”. ➔ persone battezzate che convivono more uxorio senza il sacramento del matrimonio. La Chiesa affronta tali situazioni matrimoniali “in maniera costruttiva”, valorizzando quei “segni d’amore che in qualche modo riflettono l’amore di Dio”. 2.3. Le nuove unioni Le nuove unioni dei fedeli divorziati risposati rappresentano il caso più critico. Qualora il precedente matrimonio sacramentale fosse canonicamente valido, i divorziati non possono accedere a nuove nozze sacramentali. Dottrina canonica della Chiesa: vincolo sacramentale non è sciolto se non dalla morte di un coniuge. Due precisazioni:  “Fedeli divorziati e risposati civilmente”. La Chiesa cattolica non ammette il divorzio e un nuovo matrimonio sacramentale.  La cura pastorale dei fedeli divorziati risposati, è tuttavia rivolta a ciascun singolo fedele. Emblematico è il caso in cui solo uno dei due partner è stato sposato con rito sacramentale, mentre l’altro non lo è mai stato, rientra nella definizione di fedele divorziato risposato. 2.3.1. Il discernimento circa le nuove unioni Il dovere dell’adeguato discernimento rispetto alle nuove unioni dei fedeli divorziati risposati non è un nuovo compito pastorale ingiunto da Francesco, poiché già lo aveva disposto Giovanni Paolo II. Il “discernimento pastorale carico di amore misericordioso” evita la logica dell’emarginazione. Si ricorda che la Chiesa non è una dogana ma è la casa paterna dove c’è il posto per ciascuno con la sua vita faticosa. Familiaris consortio = esige il discernimento delle situazioni di nuova unione, stabiliva la medesima disciplina per tutte le situazioni, escludendo i fedeli divorziati risposati ammessi ai sacramenti e all’assunzione di rivelanti compiti. Sinodo dei Vescovi = aveva maturata l’istanza che occorresse “discernere quali delle diverse forme di esclusione attualmente praticate in modo liturgico, pastorale, educativo e istituzionale possano essere superate. Amoris laetitia = 1) grado di responsabilità non uguale in tutti casi. Francesco ➔ riguarda la “disciplina sacramentale, dal momento che il discernimento può riconoscere che in una situazione particolare non c’è colpa grave”. 2) a causa dei condizionamenti o dei fattori attenuanti, si possa non essere colpevoli della situazione oggettiva di peccato”. Francesco afferma che “in certi casi, potrebbe essere anche l’aiuto dei sacramenti”. 71 2.3.2. Un discernimento corale Fedeli interessati che dovranno interrogarsi in coscienza circa la loro situazione matrimoniale; degli operatori pastorali, che li accompagneranno nel cammino di maturazione personale. Accompagnare i fedeli divorziati risposati, discernere il loro cammino, meglio integrarli nella vita ecclesiale non è attività che si realizza nel solo colloquio. Il colloquio in foro interno non è il luogo esclusivo della cura pastorale dei fedeli divorziati risposati. L’ascolto di queste esperienze appare di essenziale importanza nell’indicazione dei criteri ecclesiali che orientino la cura pastorale rivolta ai fedeli divorziati risposati. Fedeli interessati e nelle comunità cristiane la consapevolezza di un cammino che non è tuttavia individuale, bensì ecclesiale. 2.3.3. Indicazioni pastorali Il Magistero ha conosciuto successivamente una significativa precisazione. I Vescovi della regione pastorale di Buenos Aires hanno redatto per i loro sacerdoti una serie di criteri per l’applicazione di Amoris laetitia. “Il testo è molto buono, e mostra chiaramente il significato del c. VIII dell’Amoris laetitia. Dieci criteri: ✓ Processo di discernimento accompagnato da un pastore. Si tratta di un discernimento “personale e pastorale”. ✓ Il parrocco dovrebbe porre l’accento sull’annuncio fondamentale per stimolare o rinnovare l’incontro personale con Gesù Cristo vivo. ✓ L’accompagnamento pastorale è un esercizio della “via caritatis”. “Il cammino di Gesù: della misericordia e dell’integrazione”. Accoglie il penitente, lo ascolta con attenzione e gli mostra il volto materno della Chiesa, accoglie la sua retta intenzione e il suo buon proposito di mettere la sua vita sotto la luce del Vangelo e di praticare la carità. ✓ Non porta necessariamente ai sacramenti, ma può orientarsi ad altri modi d’integrarsi nella vita della Chiesa. ✓ Proporre l’impegno a vivere nella continenza. ✓ Sempre possibile un percorso di discernimento. L’Amoris laetitia apre la possibilità dell’accesso ai sacramenti della riconciliazione e dell’eucaristia. ✓ Discernimento che distingua caso per caso. Particolare attenzione richiede “una nuova unione che viene da un recente divorzio”. Casi più difficili, i pastori devono accompagnare, con pazienza, cercando qualche percorso d’integrazione. ✓ Importante orientare le persone a mettersi con la coscienza davanti a Dio. ✓ L’accesso ai sacramenti avvenga in forma riservata. Ma allo stesso tempo non si deve omettere di accompagnare la comunità a crescere nello spirito di comprensione e di accettazione. La comunità è uno strumento della misericordia, che è “immeritata, incondizionata e gratuita”. ✓ Il discernimento non deve interrompersi, deve restare sempre aperto a nuove tappe di crescita e a nuove decisioni. “Legge di gradualità” e confidando nell’aiuto della grazia. 72 Capitolo quarto Questioni di morale sessuale Le vicende dell’identità sessuale riguardano complessivamente la vita personale, anche al di fuori dell’amore coniugale. Risultano di particolare rilievo la questione del genere sessuale (gender) della sessualità giovanile e delle relazioni omosessuali. 1. La questione gender La differenza tra l’uomo e la donna è oggi posto in discussione dalla più recente cultura sessuale che rivendica il diritto di definire altrimenti il genere sessuale di appartenenza. Rivendicazioni e implicazioni riguardanti l’identità, la differenza, le relazioni sessuali compongono questione gender. È opportuno richiamare le principali categorie che rientrano nella complessa definizione dell’identità sessuale umana. Una prima categoria è quella del sesso biologico, dato dalle componenti genetiche, somatiche e cerebrali. Un’altra categoria, riferibile alla dimensione psichica è quella di identità di genere, percezione di sé in accorso o meno con il proprio sesso biologico. Categorie di orientamento sessuale, direzione del proprio desiderio sessuale (etero-, omo-,bi-sessuale) e di comportamento sessuale. Ulteriore categoria è ruolo di genere, comportamento sessuale che una società si attende e promuove in un soggetto. 1.1. Le teorie di genere 1.1.1. La parità di genere Il primo femminismo rivendica l’uguaglianza tra donne e uomini e lotta per la parità di diritti. 1.1.2. La distinzione dei generi Costruzionismo del genere: il sesso è dato dalla natura biologica, il genere è prodotto dalla cultura sociale. La costruzione socio-culturale del gender potrebbe essere elaborata sulla base di altre variabili quali l’orientamento sessuale. La differenza binaria viene superata. 1.1.3. La de-costruzione del genere Della costruzione socio-culturale del gender alla terza fase della sua de-costruzione, la teorizzazione femminista raggiunge il suo esito più estremista. Il gender può e deve essere de-costruito. La stessa categoria dell’identità queer con cui si intende il vagare nomade tra le configurazioni del gender, sottraendosi a ogni definizione dell’identità sessuale degli individui da parte della cultura sociale. L’identità sessuale viene consegnata alla libera interpretazione dell’individuo. 1.2. L’insegnamento della Chiesa cattolica Amoris laetitia di Papa Francesco. Denuncia la pretesa dell’ideologia gender: (…) gender, “nega la differenza e la reciprocità naturale di uomo e donna. Essa prospetta una società senza differenze di sesso, e svuota la base antropologica della famiglia (…). L’identità umana viene consegnata ad un opzione individualistica” (…). Non si deve ignorare che “sesso biologico e ruolo sociale-culturale del sesso, si possono distinguere, ma non separare” (n.56). Femminile o maschile, non confluiscono solamente fattori biologici o genetici, ma anche molteplici elementi relativi al temperamento, alla storia famigliare, alla cultura, alle esperienze vissute, alla formazione ricevuta… . Non possiamo separare ciò che è maschile e femminile dall’opera creata da Dio. Però è anche vero che il maschile e il femminile non sono qualcosa di rigido (n. 286). La differenza tra l’ideologia del gender e le diverse ricerche sul gender. Non mancano delle ricerche sul gender che cercano di approfondire il modo in cui si vive nelle diverse culture la differenza sessuale tra uomo e donna (n.6). I progetti educativi promossi dalle ricerche sul gender hanno “la condivisibile e apprezzabile esigenza di lottare contro ogni espressione di ingiusta discriminazione “. Un altro punto è “l’educazione dei bambini e dei giovani a rispettare ogni persona nella sua peculiare e differente condizione”, al fine di evitare che “a causa delle proprie condizioni personali”. Valori della femminilità. La capacità dell’altro favorisce una lettura più realistica e matura delle situazioni contingenti. 75 L’omosessualità come la “persistente” attrattiva erotica e affettiva esclusiva o decisamente predominante per adulti del medesimo stesso. La definizione dell’omosessualità va ulteriormente specificata considerando la distinzione tra “omosessualità maschile” e “omosessualità femminile” (lesbismo). Risulta meno conosciuta rispetto a quello maschile. L’omosessualità è sempre riferita alla singolarità delle persone che la vivono, in cui ascolto resta imprescindibile per la conoscenza del fenomeno omosessuale. 3.2. Eziologia dell’omosessualità In ambito psicologico e psichiatrico è stata l’eliminazione dell’omosessualità dalle malattie, decisa nel 1973 dall’American Psychiatric Association (APA) ed accolta nel 1990 dall’OMS. La causa dell’omosessualità risiede in una molteplicità di fattori: è lecito ipotizzare la presenza di potenzialità biologiche. L’interazione tra fattori biologici, ambientali e personali costituisce sempre un problema che richiede una buona dose di prudenza (Zuanazzi 1997, 55-56). 3.3. La dottrina magisteriale 3.3.1. Gli atti omosessuali 3.3.2. La tendenza omosessuale 3.3.3. La persona omosessuale Le relazioni omosessuali sono atti privi della loro regola essenziale e indispensabile. Sono intrinsecamente disordinati e in nessun caso, possono ricevere una qualche approvazione. “Tutti coloro, i quali soffrono di questa anomalia, ne siano personalmente responsabili”. Chiesa: mette in guardia dalle generalizzazioni nel giudizio dei casi singoli. Comunque evitata la presunzione infondata e umiliante che il comportamento omosessuale delle persone omosessuali sia sempre e totalmente soggetto a coazione e pertanto senza colpa. Si distingue: Tra gli omosessuali la cui tendenza, derivando da falsa educazione, da mancanza evoluzione sessuale normale è transitoria o almeno non incurabile, gli omosessuali sono definitivamente tali per una specie di istinto innato o di costituzione patologica, giudicata incurabile. La particolare inclinazione della persona omosessuale, costituisce tuttavia una tendenza, verso un comportamento intrinsecamente cattivo dal punto di vista morale. “La persona umana, creata a immagine di Dio, non può essere definita in modo adeguato con un riduttivo riferimento solo al suo orientamento sessuale”. La dottrina magisteriale sottolinea che ognuno ha la stessa identità fondamentale: essere creatura e figlio di Dio, erede della vita eterna”. La persona gode di inalienabile dignità. EFEBOFILIA È un termine utilizzato per descrivere un interesse sessuale primario o esclusivo nei confronti degli adolescenti che hanno raggiunto la pubertà, solitamente nell’età compresa tra i 15 e 19 anni. Il termine deriva dalla parola greca “ephebos”, che si riferisce ad un giovane adolescente maschio. L’efebofilia è considerata un disturbo parafiliaco nel campo della psicologia e non è universalmente riconosciuta come una categoria separata nel manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-5). 76 3.4. Valutazione morale 3.4.1. Dimensione personale 3.4.2. Dimensione interpersonale 3.4.3. Dimensione socio-culturale 3.4.4. Dimensione temporale L’omosessuale è chiamato anzitutto a umanizzare il suo vissuto sessuale. Le persone omosessuali sono chiamate come gli altri cristiani a vivere la castità. Perseguimento della castità favorirebbe quanto meno il superamento di forme degnanti di comportamento sessuale. La castità è una virtù suscitata dallo Spirito santo. La sessualità è destinata alla comunione con l’altro da sé. La differenza sessuale è il segno dell’alterità personale. L’omosessualità è privo di una risorsa importante per aprirsi e donarsi all’altro. L’omosessualità contravviene al significato uniti o e procreativo della sessualità umana. Nella cultura odierna appare difficile immaginare una relazione affettiva senza coinvolgimento genitale. Evitare la promiscuità e favorire quindi una relazione non esclusivamente erotica, ma globalmente personale. Magistero cattolico: Va deplorato che le persone omosessuali siano state e siano ancora oggetto di espressioni malevole e di azioni violente. Simili comportamenti meritano la condanna dei pastori della Chiesa. La dignità propria di ogni persona dev’essere sempre rispettata nelle parole, nelle azioni e nelle legislazioni (Congregazione per la Dottrina della Fede 1986, n.10). Opponendosi alla discriminazione sociale degli omosessuali, finiscono per esaltarla come realtà solo privata. La rivendicazione dell’omosessualità come realtà solo privata deriva però da un’antropologia riduttiva perché individualista. Persone e società sono reciprocamente condizione e condizionamento l’una dell’altra. La discussione pubblica verte in particolare sul riconoscimento del legame di coppia omosessuale in rapporto a quello del matrimonio eterosessuale, sull’adozione di figli da parte di coppie omosessuali, di ricorrere alla fecondazione artificiale, da parte di lesbiche. Alle persone omosessuali andrà riconosciuto il diritto di non essere discriminate per via della loro tendenza sessuale. L’omosessualità viene spesso costretta entro l’alternativa che la considera come pulsione irresistibile oppure come una libera scelta. La sessualità di una persona si realizza integrando una molteplicità di pulsioni naturali entro scelte responsabili. La temporalità della sessualità umana va meglio compresa come parte della storia della salvezza. Se la realtà umana e cristiana della sessualità è di tale natura dinamica, sembra inadeguata una morale del “tutto o niente” e invece necessaria una morale che sappia indicare e richiedere il grado di impegno morale che mantenga la persona in cammino senza sfiancarla. 77 Parte quarta – persone e società (Eros Monti) Capitolo primo Un’etica sociale cristiana 1.Tre domande per cominciare Indagare il fondamento, ovvero la fondatezza di un’etica sociale cristiana. Tre elementi: 1) Sociale: che cos’è società, oggi? Quali sono le sue caratteristiche peculiari? In che senso mi riguarda, anzi ci riguarda? 2) Etica del sociale: in che senso la vita sociale è frutto di decisioni libere assoggettabili a un giudizio etico? In che senso la società è luogo per esercitare la libertà? 3) Cristianità del sociale: in che senso la fede cristiana ha a che fare con la società? Come pure, all’opposto: non vi è il rischio di mantenere in vita tentazioni di carattere teocratico? In che modo la verità del Vangelo può avere impatto sulla vita sociale del nostro tempo? E, all’estremo opposto: è possibile una società priva di… verità. 2. Sguardo all’attuale fenomeno sociale 2.1. Quale società? La società si presenta oggi all’insegna della complessità come una realtà in cui è necessario “comprendere”, “tenere insieme”. Il tratto sintetico caratteristico del nostro tempo è la globalizzazione con i relativi pregi. 2.2.Quale libertà entro la società Fino a che punto siamo liberi nella vita sociale? Nell’agire vi sono soltanto meriti e colpe da attribuire o soltanto limiti da constatare. La tensione fondamentale tra individuo e società. La persona è sempre un “essere- in-relazione”: riceve la vita da altri, apprende, è educata, assistita, cresciuta da altri, da altri sempre dipenderà, pur imparando a dare. Sono oggi le relazioni comunitarie o primarie, in cui prevalgono i tratti della prossimità, del pieno riconoscimento dell’altro. Si pensi alla famiglia, all’amicizia, all’ambito associativo cui si appartiene e a cui è affidato il compito di restituire ai componenti un identità comunitaria forte. Quale ruolo rivestono oggi le istituzioni sociali. Questo aspetto dell’ agire sociale è considerato estraneo alla libertà in quanto soltanto strutturale. L’istituzione merita invece di essere riconosciuta come prodotto dell’accumularsi della libertà di molti. Tali realtà rendono più strutturata e agevole la vita sociale, attribuendo modi di fare e ruoli soggettivi certi. Consentono alla società di tramandare se stessa, la propria cultura, la propria civiltà. L’istituzione è realtà anch’essa viva. L’aspetto istituzionale dei rapporti sociali dice d’altra parte che è possibile raggiungere, amare…anche colui che non conosceremo mai in modo immediato. 2.3.Quale verità per la società? Nella nostra società occidentale non è mancato l’apprezzamento di obiettivi ideali diffusi e apprezzati; si pensi al valore e alla dignità della persona, al riconoscimento dell’ uguaglianza nei diritti. - Ha senso ricercare una verità della vita sociale? - La fede cristiana ha ancora qualcosa da dire alla società di oggi? 2.4.Le tre dimensioni della vita sociale Raccogliendo in unità le tre configurazione, affiora una considerazione relazionale della libertà dell’uomo. Tre dimensioni: personale, comunitaria, istituzionale. Significa che ogni problema sociale necessita di essere indagato almeno sotto questi tre profili; Nell’ambito del lavoro umano sarà riconoscibile una dimensione personale, comunitaria e istituzionale. Nella società venga tratta la soggettività, spirituali, culturali, di valore, che ne dicono la singolarità specifica e la trascendenza alla soggettività personale; aspetti comunitari delle varie membra del “corpo sociale”; la necessità di una “struttura portante”. Tre dimensioni irrinunciabili attraversate e unificate da tempo, perché la società è esperienza storica, che conosce non soltanto sviluppi lineari, cronologici, ma anche occasioni favorevoli. Edificare la società è servire fin d’ora l’umanità del futuro. 80 dell’Amoreo. Ho suscitato dei profeti tra i vostri figli e dei nazirei tra i vostri giovani. Non è forse così, o figli d’Israele?», dice il Signore. «Ma voi avete dato da bere del vino ai nazirei e avete ordinato ai profeti di non profetizzare!» Passaggio al Nuovo Testamento: il ridimensionamento delle attese di Israele, l’apertura al riconoscimento delle altre nazioni e del loro ruolo nel pianto di Dio. Si veda: • Ger 29, 4-7 ➔ ««Così parla il Signore degli eserciti, Dio d’Israele, a tutti i deportati che io ho fatto condurre da Gerusalemme a Babilonia: “Costruite case e abitatele; piantate giardini e mangiatene il frutto; prendete mogli e generate figli e figlie; prendete mogli per i vostri figli, date marito alle vostre figlie perché facciano figli e figlie; moltiplicate là dove siete e non diminuite. Cercate il bene della città dove io vi ho fatti deportare e pregate il Signore per essa; poiché dal bene di questa dipende il vostro bene”.» 4.2.Nuovo Testamento 4.2.1. Gesù e la società del suo tempo Il giudaismo era percorso da alcune principali correnti, tra cui spiccava il radicalismo di zeloti ed esseni e la posizione dei farisei e dei sadducei. L’atteggiamento di Gesù è il rifiuto di ogni malinteso messianismo di carattere politico-regale (cf Mc 11,10; Gv 6,15) o sociale (cf Lc 12,13-14) rappresenta attese più costanti concernenti il ministero di Gesù: dai suoi inizi (le tentazioni: Mt 4,8-9) fino alla Pasqua (Lc 19,11; 22,38) e al tempo successivo alla Pasqua (Lc 24,21 e At 1,6). Nell’annunciare l’assoluta trascendenza e irriducibilità della logica del Regno di Dio a quella dei poteri terreni, Gesù resta all’interno del quadro politico-sociale del suo tempo. I discepoli sono invitati a correggere, integrare, migliorare la realtà sociale. La fede cristiana offre motivazioni inedite per vivere consapevolmente e in pienezza gli obblighi sociali. ZELOTI, ESSENI, FARISEI, SADDUCEI 1. Zeloti: I Zeloti erano un gruppo di ebrei durante il periodo del Secondo Tempio che si opponevano all'occupazione romana in Israele. Erano noti per la loro feroce resistenza armata e il loro nazionalismo fervente, cercando di liberare la Terra di Israele dagli oppressori stranieri. 2. Esseni: Gli Esseni erano un gruppo ebraico religioso e ascetico. Vivevano in comunità separate, spesso in luoghi remoti come il deserto. Gli Esseni erano dediti a una vita di osservanza religiosa rigorosa, purificazione rituale, povertà, castità e condivisione di beni. Sono noti soprattutto per i Rotoli del Mar Morto, scoperti a Qumran, che offrono una prospettiva unica sulla loro fede e pratiche. 3. Farisei: I Farisei erano un gruppo di studiosi ebrei impegnati nell'interpretazione accurata e nell'osservanza della legge ebraica. Si consideravano come i custodi della tradizione e credevano nella divina rivelazione orale oltre alla Torah scritta. I Farisei erano noti per la loro adesione rigorosa ai precetti religiosi, la loro attenzione all'etica personale e il coinvolgimento nelle questioni sociali. 4. Sadducei: I Sadducei erano un gruppo di ebrei influenti politicamente e religiosamente. Erano in gran parte costituiti dalla classe sacerdotale e aristocratica ebraica e avevano un ruolo di rilievo nel Tempio di Gerusalemme. I Sadducei riconoscevano solo la Torah come autorità religiosa e respingevano l'idea della resurrezione dei morti e l'esistenza degli angeli, differenziandosi in questo dagli Esseni e dai Farisei. È importante notare che ciascuno di questi gruppi aveva le proprie credenze, pratiche e posizioni politiche distintive e hanno contribuito a plasmare l'ambiente religioso, politico e sociale dell'antico Israele durante il periodo del Secondo Tempio. 81 4.2.2.Dio e Cesare Il rapporto tra la fede cristiana e la realtà politica soggiace al noto episodio in cui Gesù è interrogato circa il potere di Gesù: • Mc 12,13-17 ➔ «Gli mandarono alcuni farisei ed erodiani per coglierlo in fallo nel parlare. Arrivati, gli dissero: «Maestro, noi sappiamo che tu sei sincero e che non hai riguardi per nessuno, perché non badi all’apparenza delle persone, ma insegni la via di Dio secondo verità. È lecito, o no, pagare il tributo a Cesare? Dobbiamo pagare o non dobbiamo pagare?» Ma egli, conoscendo la loro ipocrisia, disse loro: «Perché mi tentate? Portatemi un denaro, ché io lo veda». Essi glielo portarono ed egli disse loro: «Di chi è questa effigie e questa iscrizione?» Essi gli dissero: «Di Cesare». Allora Gesù disse loro: «Rendete a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio». Ed essi rimasero completamente meravigliati di lui.» Alcuni rilievi: ✓ Il contesto: pretestuoso, non ad un quesito di carattere religioso, ma di rilevanza pubblica. Presenza di due fazioni contrapposte (farisei ed erodiani). Possesso di moneta riportante un’immagine nel tempio era proibita. ✓ Quadruplice risposta di Gesù che: - Svela l’inganno: “ipocriti…!” - Costringe gli interlocutori ad ammettere la propria violazione della Legge - Rivela quello che potremmo considerare il fondamento, il senso ultimo, la verità dell’agire politico e sociale - Dichiara che occorre rendere a Dio e a Cesare Vi sono due letture errate: - O a Dio o a Cesare: la contrapposizione tra fede e società o fede e politica - A entrambi senza distinguerli: sovrapponendo i due Regni La lettura più corretta del duplice rendere, a Dio e a Cesare, insegnato da Gesù prevede la composizione nella distinzione. Il Regno di Dio ha attese ben più profonde, rispetto al regno di Cesare, che non salva. Il Regno di Dio quindi non si sostituisce al regno di Cesare; gli crea vera possibilità di esistenza. Il tema della laicità della politica, intesa non come separazione assoluta, ma come corretta relazione della politica a ciò che la supera. Una votazione crea una legge, non la verità. Il cristiano non potrà mai fare della sua fede una scusante per sottrarsi all’impegno sociale e politico. Nel Regno di Dio confluirà anche il regno di Cesare: anzi, proprio li troverà compimento, purificazione, elevazione, pienezza. 4.2.3. Paolo e gli altri scritti del Nuovo Testamento I principali atteggiamenti della Chiesa: ▪ La lealtà nei riguardi dell’autorità: • Rm 13,1-7 ➔ «Ogni persona stia sottomessa alle autorità superiori; perché non vi è autorità se non da Dio, e quelle che esistono sono stabilite da Dio. Perciò chi resiste all’autorità si oppone all’ordine di Dio; quelli che vi si oppongono si attireranno addosso una condanna; infatti i magistrati non sono da temere per le opere buone, ma per le cattive. Tu, non vuoi temere l’autorità? Fa’ il bene e avrai la sua approvazione, perché il magistrato è un ministro di Dio per il tuo bene; ma se fai il male, temi, perché egli non porta la spada invano; infatti è un ministro di Dio per infliggere una giusta punizione a chi fa il male. Perciò è necessario stare sottomessi, non soltanto per timore della punizione, ma anche per motivo di coscienza. È anche per questa ragione che voi pagate le imposte, perché essi, che sono costantemente dediti a questa funzione, sono ministri di Dio. Rendete a ciascuno quel che gli è dovuto: l’imposta a chi è dovuta l’imposta, la tassa a chi la tassa; il timore a chi il timore, l’onore a chi l’onore.» • 1Pt 2,13-17 ➔ «Siate sottomessi, per amore del Signore, a ogni umana istituzione: al re, come al sovrano; ai governatori, come mandati da lui per punire i malfattori e per dare lode a quelli che fanno ne. Perché questa è la volontà di Dio: che, facendo il bene, turiate la bocca all’ignoranza degli il be uomini stolti. Fate questo come uomini liberi, che non si servono della libertà come di un velo per mate i fratelli. Temete Dio. Onorate il re.»coprire la malizia, ma come servi di Dio. Onorate tutti. A • 1Tm 2,1-3 ➔ «Esorto dunque, prima di ogni altra cosa, che si facciano suppliche, preghiere, torità, intercessioni, ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che sono costituiti in au affinché possiamo condurre una vita tranquilla e quieta in tutta pietà e dignità. Questo è buono e gradito davanti a Dio, nostro Salvatore,» 82 • Tt 3, 1-3 ➔«Ricorda loro che siano sottomessi ai magistrati e alle autorità, che siano ubbidienti, pronti a fare ogni opera buona, che non dicano male di nessuno, che non siano litigiosi, che siano miti, mostrando grande gentilezza verso tutti gli uomini. Perché anche noi un tempo eravamo insensati, i passioni e di piaceri, vivendo nella cattiveria e nell’invidia, ribelli, traviati, schiavi di ogni sorta d odiosi e odiandoci a vicenda.» Sostanziale fedeltà, non ideologica quindi, da rinnovare volta per volta all’autorità di turno. La lealtà del cristiano non esclude, esige un “discernimento”. Deve essere integrata da almeno altri due atteggiamenti: o La distanza critica dai poteri terreni su alcuni aspetti specifici si esiga un’obbedienza cui la fede non potrà mai sottoporsi: • At 4,19 e 5,29 ➔ «Ma Pietro e Giovanni risposero loro: «Giudicate voi se è giusto, davanti a Dio, ubbidire a voi anziché a Dio.» «Ma Pietro e gli altri apostoli risposero: «Bisogna ubbidire a Dio anziché agli uomini.» o La contrapposizione alle richieste del potere qualora esso giunga ad assolutizzare sé stesso (Ap 13) Il culmine della rivelazione neo-testamentaria è la carità, pienezza di ogni giustizia. Il cristiano sarà chiamato a riconoscere il primo assoluta della carità. • 1Cor 13,13 ➔ «Ora dunque queste tre cose durano: fede, speranza, amore; ma la più grande di esse è l’amore.» L’annuncio della carità possa essere considerato sintesi attraverso la quale traguardare tutto l’insegnamento neo-testamentario. Si propone in prima approssimazione al discepolo come la “via migliore di tutte” (1Cor 12,31). Di quale carità si tratta, tuttavia? • 1Cor 13, 1-3 ➔ «Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi amore, sarei un rame risonante o uno squillante cembalo. Se avessi il dono di profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza e avessi tutta la fede in modo da spostare i monti, ma non avessi amore, non sarei nulla. Se distribuissi tutti i miei beni per nutrire i poveri, se dessi il mio corpo a essere arso, e non avessi amore, non mi gioverebbe a niente.» In Gesù di Nazareth soltanto si compie ogni giustizia ed ogni agape (banchetto). L’agape prima di essere l’opera caratteristica del discepolo e della comunità cristiana esprime la realtà stessa di Dio. • 1Gv 4,7-16 ➔ «Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio e chiunque ama è nato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore. In questo si è manifestato per noi l’amore di Dio: che Dio ha mandato il suo Figlio unigenito nel mondo affinché, per mezzo di lui, vivessimo. In questo è l’amore: non che noi abbiamo amato Dio, ma che egli ha amato noi, e ha mandato suo Figlio per essere il sacrificio propiziatorio per i nostri peccati. Carissimi, se Dio ci ha tanto amati, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri. Nessuno ha mai visto Dio; se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e il suo amore diventa perfetto in noi. Da questo conosciamo che rimaniamo in lui ed egli in noi: dal fatto che ci ha dato del suo Spirito. E noi abbiamo veduto e testimoniamo che il Padre ha mandato il Figlio per essere il Salvatore del mondo. Chi riconosce pubblicamente che Gesù è il Figlio di Dio, Dio rimane in lui ed egli in Dio. Noi abbiamo conosciuto l’amore che Dio ha per noi, e vi abbiamo creduto. Dio è amore; e chi rimane nell’amore rimane in Dio e Dio rimane in lui.» • 1Tm 1,14 ➔ «e la grazia del Signore nostro è sovrabbondata con la fede e con l’amore che è in Cristo Gesù.» • 2Tm 1,13 ➔ «Prendi come modello le sane parole che hai udite da me, con la fede e l’amore che si hanno in Cristo Gesù.» 5. L’esigenza di un Fondamento Gesù è il solo giusto: in Lui si rivela la giustizia autentica, la piena solidarietà con l’umanità, fino alle estreme conseguenze: • Fil 2,5-8 ➔ «Abbiate in voi lo stesso sentimento che è stato anche in Cristo Gesù, il quale, pur essendo in forma di Dio, non considerò l’essere uguale a Dio qualcosa a cui aggrapparsi gelosamente, ma 85 le condizioni di un’economia in senso privatistico: soprattutto, la libertà di azione dei singoli operatori. L’economia sarà sempre più intrecciata con la politica e la società: aumenta l’importanza dell’economia politica e della politica economica. ✓ L’economia post-industriale: finanziaria, informatizzata, globalizzata. Diverse versioni intrecciate l’una con l’altra. Denominatore comune è un’economia ampiamente finanziarizzata. Denaro – Denaro In sintesi, l’economia contemporanea risulta sempre più connessa con la globalizzazione nel campo dello sviluppo tecnologico, delle comunicazioni e dell’economia finanziaria. La globalizzazione resta tuttora carica di forti ambivalenze. Non esclude che se ne possano invece apprezzare i frutti. L’economia necessita di una severa rivisitazione. Si tratta di accedere a forme nuove ma ad un’economia fondata su un patto in grado di coniugare inclusività, cura dell’ambiente, sviluppo sostenibile, promozione dei diritti umani, ricerca di pace e stabilità, consapevolezza del limite. 2.Cenni ai fondamenti dell’agire etico in economia 1) Antico Testamento. Giudizio ambivalente sulle ricchezze. Possono essere segno positivo di benedizione; se però acquisite e utilizzate in modo giusto e condiviso. Se invece sono frutto, segno o strumento di ingiustizia. Non può che essere pesantemente negativo: è essenzialmente l’agire dell’uomo. Si tenga presente: • Proverbi 30,8-9 ➔ «allontana da me vanità e parola bugiarda; non darmi né povertà né ricchezze, cibami del pane che mi è necessario, perché io, una volta sazio, non ti rinneghi e dica: «Chi è il Signore?» oppure, diventato povero, non rubi e profani il nome del mio Dio.» 2) Nuovo Testamento: emerge un giudizio molto più severo; le ricchezze si manifestano come realtà ambivalenti, illusorie, in grado di “accecare” l’uomo, realtà immediatamente fruibile, promettente. Essa finisce per possedere l’uomo, per renderlo schiavo, le ricchezze non mantengono , né sono in grado di mantenere le promesse (cf Lc 16,19-31). Portano l’uomo a circondarsi di adulatori, ad alterare addirittura la propria relazione verso Dio. Dall’altro lato, della povertà, raccomandata dal Vangelo, non si può fare ideologia. La predicazione di Gesù non afferma la necessità di “disfarsi ad ogni costo”, e neppure di distruggere i beni materiali in quanto segno negativo. La chiara esortazione di Gesù è a farne un uso positivo. Hai, e ricevi di continuo, non per trattenere presso di te, ma per dare. Ciò che è lasciato, donato o condiviso, non è perduto, ma trasformato. • At 2,44-45 ➔ «Tutti quelli che credevano stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; vendevano le proprietà e i beni e li distribuivano a tutti, secondo il bisogno di ciascuno.» • At 5,1-11 ➔ «Ma un uomo di nome Anania, con Saffira sua moglie, vendette una proprietà e tenne moglie; e un’altra parte la consegnò, per sé parte del prezzo, essendone consapevole anche la deponendola ai piedi degli apostoli. Ma Pietro disse: «Anania, perché Satana ha così riempito il tuo cuore da farti mentire allo Spirito Santo e trattenere parte del prezzo del podere? Se questo non si stava tuo? E una volta venduto, il ricavato non era a tua disposizione? Perché ti sei vendeva, non re messo in cuore questa cosa? Tu non hai mentito agli uomini, ma a Dio». Anania, udendo queste parole, giovani, alzatisi, ne avvolsero il cadde e spirò. E un gran timore prese tutti quelli che lo udirono. I corpo e, portatolo fuori, lo seppellirono. Circa tre ore dopo sua moglie, non sapendo ciò che era accaduto, entrò. E Pietro, rivolgendosi a lei: «Dimmi», le disse, «avete venduto il podere per tanto?» , per tanto». Allora Pietro le disse: «Perché vi siete accordati a tentare lo Spirito Ed ella rispose: «Sì del Signore? Ecco, i piedi di quelli che hanno seppellito tuo marito sono alla porta e porteranno via iovani, entrati, la trovarono morta; e, anche te». Ed ella in quell’istante cadde ai suoi piedi e spirò. I g portatala via, la seppellirono accanto a suo marito. Allora un gran timore venne su tutta la chiesa e su tutti quelli che udivano queste cose.» • 1Tm 6,17-19 ➔ «Ai ricchi in questo mondo ordina di non essere d’animo orgoglioso, di non riporre la loro speranza nell’incertezza delle ricchezze, ma in Dio, che ci fornisce abbondantemente di ogni cosa perché ne godiamo; di fare del bene, di arricchirsi di opere buone, di essere generosi nel donare, dare, così da mettersi da parte un tesoro ben fondato per l’avvenire, per ottenere la vera vita.»pronti a Due criteri di giudizio fondamentali: 86 I. Al giudizio di Dio, nella fede II. Ai bisogni dell’altro, e di tutti gli altri, prospettiva della carità • Lc 16,19-31 ➔ ««C’era un uomo ricco, che si vestiva di porpora e di bisso, e ogni giorno si divertiva splendidamente. Un mendicante, chiamato Lazzaro, stava alla sua porta, pieno di ulceri e bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; e perfino i cani venivano a leccargli le ulceri. Avvenne che il povero morì e fu portato dagli angeli nel seno di Abraamo; morì anche il ricco, e fu sepolto. E nell’Ades, essendo nei tormenti, alzò gli occhi e vide da lontano Abraamo, e Lazzaro nel suo seno; ed esclamò: “Padre Abraamo, abbi pietà di me, e manda Lazzaro a intingere la punta del dito nell’acqua per rinfrescarmi la lingua, perché sono tormentato in questa fiamma”. Ma Abraamo disse: “Figlio, ricòrdati che tu nella tua vita hai ricevuto i tuoi beni e che Lazzaro similmente ricevette i mali; ma ora qui egli è consolato, e tu sei tormentato. Oltre a tutto questo, fra noi e voi è posta una grande voragine, perché quelli che vorrebbero passare di qui a voi non possano, né di là si passi da noi”. Ed egli disse: “Ti prego, dunque, o padre, che tu lo mandi a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli, affinché li avverta, e non vengano anche loro in questo luogo di tormento”. Abraamo disse: “Hanno Mosè e i profeti; ascoltino quelli”. Ed egli: “No, padre Abraamo; ma se qualcuno dai morti va a loro, si ravvederanno”. Abraamo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i profeti, non si lasceranno persuadere neppure se uno dei morti risuscita”».» I due criteri risultano allineati entro un’unica prospettiva credente: il Regno di Dio è la sola, vera ricchezza. I beni della terra sono offerti all’umanità perché essa ne fruisca concordemente; perché siamo occasione e motivo di unità, non di divisione. I beni sono doni di Dio. Il “talento” trattenuto presso di sé, rimane improduttivo, per sé stessi e per gli altri: • Mt 25,14-30 ➔ ««Poiché avverrà come a un uomo il quale, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e affidò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due e a un altro uno, a ciascuno secondo la sua capacità; e partì. Subito, colui che aveva ricevuto i cinque talenti andò a farli fruttare, e ne guadagnò altri cinque. Allo stesso modo, quello dei due talenti ne guadagnò altri due. Ma colui che ne aveva ricevuto uno andò a fare una buca in terra e vi nascose il denaro del suo padrone. Dopo molto tempo, il padrone di quei servi ritornò a fare i conti con loro. Colui che aveva ricevuto i cinque talenti venne e presentò altri cinque talenti, dicendo: “Signore, tu mi affidasti cinque talenti: ecco, ho guadagnato altri cinque talenti”. Il suo padrone gli disse: “Va bene, servo buono e fedele; sei stato fedele in poca cosa, ti costituirò sopra molte cose; entra nella gioia del tuo Signore”. Poi, si presentò anche quello dei due talenti e disse: “Signore, tu mi affidasti due talenti; ecco, ho guadagnato altri due talenti”. Il suo padrone gli disse: “Va bene, servo buono e fedele, sei stato fedele in poca cosa, ti costituirò sopra molte cose; entra nella gioia del tuo Signore”. Poi si avvicinò anche quello che aveva ricevuto un talento solo e disse: “Signore, io sapevo che tu sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso; ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra; eccoti il tuo”. Il suo padrone gli rispose: “Servo malvagio e fannullone, tu sapevi che io mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; dovevi dunque portare il mio denaro dai banchieri; al mio ritorno avrei ritirato il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento e datelo a colui che ha i dieci talenti. Poiché a chiunque ha, sarà dato ed egli sovrabbonderà; ma a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha. E quel servo inutile, gettatelo nelle tenebre di fuori. Lì ci sarà pianto e stridor di denti”.» 3.Etica dell’agire economico Occorrerà discernere il bene possibile e le corrispondenti responsabilità per conseguire quel bene, dimensione personale, comunitaria e istituzionale, reciproca interazione. 3.1. La finalità complessiva: produrre utilità o contribuire al bene comune? Beni economici sono finalizzati all’uomo e non sono fini a se stessi, ciò che va migliorato e massimizzato è semmai altro. La Chiesa riconosce la giusta funzione del profitto, come indicatore del buon andamento dell’azienda (…). Scopo dell’impresa, l’esistenza stessa dell’impresa come comunità di uomini. Il profitto è un regolatore della vita dell’azienda, ma non è l’unico; ad esso va aggiunta la considerazione di altri fattori umani e morali (CA 35c; corsivo nell’orig.). 3.2. Luoghi caratteristici della tensione tra eticità ed economia 87 3.2.1. Il lavoro umano e le sue esigenze Dal lavoro, che ha l’uomo come protagonista indiscusso e insostituibile, va inteso come vocazione originaria dell’uomo. È da coglierai anche come grande opera ed occasione di solidarietà. Essenziali sono i diritti del lavoro. Interpretazione del lavoro secondo la DSC, dimensione teologica. 3.2.2. Possesso e utilizzo di beni e di mezzi finanziari Rerum novarum: i beni economici sono stati affidati da Dio all’umanità intera. Implica il riconoscimento della “funzione sociale di qualsiasi forma di possesso privato”. Ne consegue il dovere da parte dei proprietari di non temere inoperosi i beni posseduti e di destinarli all’attività produttiva. Se da un lato fonda il diritto alla proprietà privata. D’altro lato evita che la proprietà privata stessa sia immaginata come diritto assoluto. La titolarità dei possessi può venir meno soltanto nel caso dell’esproprio. Tre criteri: 1. Autorità legittima competente 2. Secondo le esigenze 3. Limiti imposti dal bene comune e dietro equo indennizzo L’esproprio si configura pertanto, se correttamente inteso, non come negazione del diritto alla proprietà privata. 3.2.3. Quale sistema economico? Quale globalizzazione? Quale sistema economico per l’oggi? La chiesa non ha modelli da proporre e offre come indispensabile orientamento ideale, la dottrina sociale: Il sistema sociale vincente sia il capitalismo (…). Si indica un sistema economico che riconosce il ruolo fondamentale e positivo dell’impresa. Con “capitalismo” si intende un sistema in cui la libertà nel settore dell’economia non è inquadrata in un solido contesto giuridico che la metta al servizio della libertà, il cui centro è etico e religioso, allora la risposta è decisamente negativa (…) (CA 42). Criteri etici: ▪ Un’economia in cui Stato, mercato e corpi intermedi abbiano ciascuno un compito riconosciuto e apprezzato al servizio del ben comune. ▪ Un’economia in cui al mercato sia riconosciuto un ruolo positivo. La DSC richiede mercato del lavoro, dei beni e servizi e dei capitali equo. ▪ Un’economia articolata e basata su una pluralità di interventi e di soggetti. Essa rappresenta pertanto sia un’occasione di incontro e di crescita per l’umanità presente e futura, sia una realtà da sottoporre a costante vigilanza e responsabilità. Secondo la Sollicitudo rei socialis di Giovanni Paolo II, le divisioni, gli squilibri, i regimi opprimenti e tutto quanto genera contrasto tra gli uomini e i popoli sono definibili teologicamente come “strutture di peccato”. Ciò che consente il loro superamento è la solidarietà. In Caritas in veritate è mostrato poi come per uno sviluppo umano integrale occorra una nuova economia, in cui i rapporti non siano regolati dalla sola giustizia commutativa ma anche dalla giustizia sociale. L’agire buono, in economia, non è quello mosso dal puro interesse, ma dalla ricerca del bene in quanto tale. 3.3. La “questione ambientale”, attuale “questione sociale” I dati sempre più inquietanti riguardanti il degrado dell’habitat umano e la rapidità con cui avvengono i processi legati all’inquinamento del pianeta con conseguenti non possono lasciare indifferenti o una semplice implicazione dello sviluppo economico, o una sorta del costo del progresso. Originale prospettiva, si coglie un’”ecologia integrale” è inclusiva di tutte le principali sfide che l’uomo è chiamato ad affrontare oggi: lotta alla povertà, allo spreco, allo scarto, alla violenza, all’inequità. L’ambiente è connesso alla vita dell’intera società umana, e degrado ambientale e sociale si richiamano l’un l’altro. Ogni ferita inferta all’ambiente è inferta al tempo stesso all’umanità che in esso e di esso vive. Si tratta di orientarci a salvaguardare i “beni comuni globali”. Emergono l’esigenza di nuovi stili di vita; un adeguato impegno educativo; una “conversione ecologica” animata da una profonda spiritualità che chiama i cristiani ad una testimonianza autentica e credibile, ecc. La fede evita la parzialità di approcci estremi quali l’ecolatria da un lato o l’antropocentrismo incontrollato e distruttore, che non riconosce in essa se non un deposito di risorse da sfruttare a proprio piacimento. 90 da temere per le opere buone, ma per le cattive. Tu, non vuoi temere l’autorità? Fa’ il bene e avrai la sua approvazione, perché il magistrato è un ministro di Dio per il tuo bene; ma se fai il male, temi, perché egli non porta la spada invano; infatti è un ministro di Dio per infliggere una giusta punizione a chi fa il male. Perciò è necessario stare sottomessi, non soltanto per timore della punizione, ma anche per motivo di coscienza. È anche per questa ragione che voi pagate le imposte, perché essi, che sono costantemente dediti a questa funzione, sono ministri di Dio. Rendete a ciascuno quel che gli è dovuto: l’imposta a chi è dovuta l’imposta, la tassa a chi la tassa; il timore a chi il timore, l’onore a chi l’onore. Non abbiate altro debito con nessuno, se non di amarvi gli uni gli altri; perché chi ama il prossimo ha adempiuto la legge. Infatti il «non commettere adulterio», «non uccidere», «non rubare», «non concupire» e qualsiasi altro comandamento si riassumono in questa parola: «Ama il tuo prossimo come te stesso». L’amore non fa nessun male al prossimo; l’amore quindi è l’adempimento della legge.» L’intento di Paolo non è di rivolgersi alle autorità per esaltarne i diritti, ma ai cristiani di Roma affinchè assumano l’atteggiamento giusto verso la società e la politica. Il testo non è indirizzato all’imperatore, ma ai fratelli, “a voi, chiamati da Gesù Cristo” (Rm 1,6). • Col 3,20 ➔ “Voi, figli, obbedite ai genitori in tutto; ciò è gradito al Signore”. Se l’esportazione fosse condizionata, l’esportazione perderebbe ogni efficacia. Identificare l’atteggiamento fondamentale ovvero l’obbedienza. Riprendiamo Rm 13, l’essere a servizio di Dio dell’autorità civile evidenzia poi che anch’essa è “diacono” di Dio, quindi a Lui sottomessa. All’autorità politica andranno inoltre attribuiti tasse e rispetto (cf Rm 13,7); non però il timore. Versetti conclusivi rinviano alla carità. In sunto: - Potere politico e sociale appare in tutta la sua limitatezza - Possibilità autentica insita nel potere è di divenire servizio. Toglie la pretesa di dominio insita nelle forme del potere sociale. Il senso pieno dell’autorità è quello espresso dall’etimologia di auctoritas, da augeo = faccio crescere 3. Etica e politica nell’insegnamento sociale della Chiesa 3.1. Fede, etica e società Rapporto tra la comunità politica e la Chiesa: (…). La Chiesa che in nessuna maniera si confonde con la comunità politica e non è legata ad alcun sistema politico. La comunità politica e la Chiesa sono indipendenti e autonome l’una dall’altra nel proprio campo. Ma tutte e due sono a servizio della vocazione personale e sociale degli stessi uomini. È ricavabile il senso della formula “giusta” o “legittima” “autonomia delle realtà terrene”. 3.2. Il progetto etico-politico della Dottrina sociale della Chiesa Il progetto etico-politico non prospetta un ideale, ma un orientamento per la libertà inclusa in ogni azione politica. I tre cardini sono: principi, valori e le virtù. La dottrina sociale della Chiesa indica anche dei valori fondamentali. Il rapporto tra principi e valori è di reciprocità. I valori richiedono sia la pratica dei principi fondamentali della vita sociale (CDSC 197). 3.2.1. I grandi principi e il loro significato unitario I principi permanenti della dottrina sociale della Chiesa costituiscono i veri e propri cardini dell’insegnamento sociale cattolico (CDSC 160). Questi principi hanno un carattere generale e fondamentale. La Chiesa li indica come il primo e fondamentale parametro di riferimento per l’interpretazione e la valutazione dei fenomeni sociali (CDSC 161). Principio personalista che indica il centro e il senso ultimo della vita social, bene comune, sussidiarietà e solidarietà, nella sua duplice, singolare veste di principio e di virtù morale. Credente <—> etico <—> sociale Carità <—> servizio al bene comune <—> finalità condivisa 91 Tale è il principio personalista per il quale la persona è soggetto, fondamento e fine della vita sociale (Pio XII). A riguardo della società civile vale il principio di sussidiarietà. A governare la politica è preposto il principio di solidarietà. La solidarietà assurge a virtù sociale per eccellenza, vera e propria incarnazione attuale della giustizia. Il principio del bene comune determina il fine al quale deve mirare l’intera azione politica. La politica va ispirata al principio della partecipazione. La partecipazione alla vita comunitaria è uno dei pilastri di tutti gli ordinamenti democratici. Il governo democratico a partire dall’attribuzione di poteri e funzioni. 3.2.2. Atteggiamenti personali e valori dell’agire etico-politico Egli è chiamato a operare secondo una logica di servizio al bene comune con umiltà e mitezza, competenza e trasparenza, lealtà e rispetto verso gli avversari, preferendo il dialogo allo scontro, rispettando le esigenze del metodo democratico. Particolare attenzione: il primato e la centralità della persona; la tutela della vita umana in ogni istante della sua esistenza; la promozione della famiglia fondata sul matrimonio, ecc. (Con il dono della carità). 3.3. Democrazia, laicità e dialogo L’opzione preferenziale è per la democrazia. Le origini sono rinvenibili nell’Enciclica Libertas di Leone XII, afferma: Non è vietato prediligere governi moderati di tipo democratico, ciò che è voluto anche da natura, che esse si stabiliscano senza offendere il diritto di alcuno, e specialmente rispettando le ragioni della Chiesa stessa (n.23). Un’autentica democrazia è possibile solo in uno Stato di diritto e sulla base di una retta concezione della persona umana. (…). Bisogna osservare che, se non esiste nessuna nessuna verità ultima la quale guida ed orienta l’azione, allora le idee e le convinzioni possono essere facilmente strumentalizzate per fini di potere (CA 46). La laicità (dal greco laikos, che significa “del popolo”) attiene a qualcosa che pertiene a tutti. Non implica pertanto rinuncia all’etica, aiuta a cogliere che la decisione politica ha sempre a che fare con l’etica. Comprendere come i valori sopra non siano apprezzabili solo entro l’orizzonte dei credenti. Tali valori non sono proposti dai cristiani perché da essi posseduti in proprio, quindi in quanto patrimonio da difendere dagli attacchi altrui. Una democrazia non può limitarsi ad amministrare un insieme di procedure e regole asettiche. Per questa ragione il dialogo non può limitarsi a pura formalità espressiva. Il dialogo autentico non è l’impossibile ecumene della pura ragione, ma il confronto schietto e rispettoso delle diverse identità. Il dialogo ha bisogno delle grandi “famiglie di senso”. Il dialogo è quella parola che prende corpo in-e-attraverso due parole che amichevolmente si fronteggiano, si testimoniano, si confrontano (Riva 2002, 355-356). La politica è esercizio del potere che si giustifica solo in quanto posto a servizio del vero e del bene; diversamente essa scade inevitabilmente a servizio di sé stessi. EUGENIO MARIA GIUSEPPE GIOVANNI PACELLI [PIO XII] È stato il 260° papa della Chiesa Cattolica, servendo come pontefice dal 2 marzo 1939 fino al 9 ottobre 1958, anno della sua morte. Pio XII è stato eletto papa durante un periodo di grandi sfide storiche, compresa la Seconda Guerra Mondiale e l’Olocausto. Durante il suo pontificato, ha cercato di mediare tra le nazioni in conflitto e di preservare l’imparzialità della Santa Sede. Ha svolto un ruolo importante nel salvataggio degli ebrei, facilitando l’emissione di visti e fornendo assistenza ai rifugiati. 92 Capitolo quarto Un diritto per la vera giustizia 1.Che cos’è “diritto”? Il diritto risponde all’esigenza di una popolazione di darsi regole comuni allo scopo di conseguire le proprie finalità. Queste regole riguarderanno sia il diritto in senso oggettivo (law) che in senso soggettivo (right). Oggettivo del diritto per riconoscere regole che prescriveranno comportamenti sia astensivi che attivi nei suoi confronti. Il diritto si esprimerà attraverso delle norme, dotate di obbligatorietà. Principali compiti ha come funzione legislativa cioè quella di emanare leggi, norme. La funzione legislativa si realizza nel correlare i singoli contenuti del bene comune con la situazione concreta. Il diritto si intreccia ineludibilmente anche con l’etica. 2.Diritto, morale e costume nel corso della storia 2.1. Le origini Il diritto costituisce la più generale mediazione sociale. Il diritto è dato per tutti, per sempre: è universale e perenne. 2.2. L’epoca romana Fondamento del diritto è considerata la natura dell’uomo, applicabili a chiunque. 2.3. L’epoca medievale e la sistemazione di San Tommaso Massima vicinanza tra diritto e giustizia. La giustizia contempla tre forme: A. Generale o legale B. Distributiva C. Commutativa Il diritto costituisce il contenuto obiettivo della giustizia. 2.4. La stagione moderna Dal binomio ius-iustitia si passa al binomio ius-iussum. La legge è il comando di chi in quel momento è detentore del potere. Il diritto diviene mediazione esteriore dei rapporti sociali. Il diritto pretenderà che le leggi siano osservate, disinteressandosi della questione del bene. 2.5. Dall’illuminismo ad oggi La teoria della giustizia come equità prospettata da John Rawls. Intento principale dell’Autore è ricercare una formulazione della giustizia adeguata alle democrazie contemporanee. I principi di giustizia vengono scelti sotto un velo di ignoranza. Ognuno gode di un’identità condizione (Rawls 1971,28). Tutti i valori sociali devono essere distribuiti in modo eguale. L’ingiustizia, coincide semplicemente con le ineguaglianze che non vanno a beneficio di tutti (Rawls 1971, 67). Duplice principio: 1. Principio di giustizia come eguaglianza. Beni primari sono: ➢ Libertà di pensiero e libertà di coscienza ➢ Libertà di movimento e scelta di un’occupazione ➢ Poteri e attribuzione di cariche e posizioni di responsabilità ➢ Reddito e ricchezza sufficienti ➢ Le basi sociali del rispetto di sé 2. Differenze ammissibili, in campo sociale, politico ed economico. Rawls: Ineguaglianze economiche e sociali devono essere: ▪ Per il più grande beneficio di ciascuno ▪ Collegate a cariche e posizioni aperte
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved