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riassunto del libro di testo "temi cristiani maggiori" , Appunti di Religione

sintesi per teologia 1 esaustiva e sostitutiva del libro

Tipologia: Appunti

2016/2017
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Caricato il 15/07/2017

maye-sbam
maye-sbam 🇮🇹

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Anteprima parziale del testo

Scarica riassunto del libro di testo "temi cristiani maggiori" e più Appunti in PDF di Religione solo su Docsity! “TEMI CRISTIANI MAGGIORI” di G. MOIOLI CAPITOLO I : LIBERTÁ DI AMARE a) LA LIBERTÁ DEI FIGLI DI DIO - Una grande pagina di San Paolo ( Gal 3-4) ? Nel Nuovo Testamento San Paolo spiega ai cristiani della Galizia ( nella lettera ai Galati) che gli uomini senza Cristo sono come schiavi; Cristo ha portato la libertà e da quando è arrivato Cristo = gli uomini non sono più schiavi, ma sono “figli” e “liberi”. ( Come possiamo leggere dalla lettera di Paolo ai Galati) “Prima che venisse la fede gli uominierano rinchiusi sotto la custodia-guardia della legge, in attesa della fede che doveva essere rivelata. Perciò la legge è stata per gli uomini un pedagogo che li ha condotti a Cristo affinché fossero giustificati dalla fede. Appena è giunta la fede in Gesù Cristo ( o mediante la fede in Gesù Cristo) [ che è portatore di Carità] noi uomini “nuovi” non siamo più sotto la legge [ siamo liberi dalla legge], in quanto siamo tutti “figli di Dio” poiché tutti siamo stati battezzati in Cristo e non conta più l’essere giudeo o greco, né l’essere schiavo o libero, nè l’essere uomo o donna perché tutti gli uomini sono in Cristo Gesù. Tutti gli uomini appartengono a Cristo e sono la discendenza di Abramo, eredi secondo la promessa. Da questa pagina profonda capiamo che per San Paolo la grandezza dell’uomo è l’essere libero ( la vocazione alla libertà) che significa essere “figlio di Dio”. Nel Nuovo Testamento l’uomo libero per eccellenza è quello che ha raggiunto la “pienezza” della libertà ed è figlio di Dio. UOMO LIBERO = FIGLIO DI DIO - Libertà vastissima e profonda ? Il contenuto cristiano del termine “libertà” è molto complesso e lo troviamo nell’insegnamento di San Paolo e San Giovanni. In generale la libertà ? è la capacità dell’uomo di scegliere in un modo piuttosto che nell’altro. [ è funzione di scelta] Ma nella concezione cristiana la libertà ha un significato più profondo: l’uomo “libero” è colui che vive nel modo autentico, che ha ritrovato realmente sé stesso perché ha trovato “la comunione-alleanza” in Gesù Cristo. E questa “comunione” rende l’uomo autentico e di conseguenza lo rende libero. Al di fuori di questa comunione, l’uomo è schiavo. Così l’uomo-libero in Cristo ( che ha fede in Gesù Cristo) rivela di essere libero, e quindi figlio di Dio, per il modo con cui vive il rapporto con la natura e con le cose. Questa libertà si manifesta anche nel rapporto con gli uomini: “non vi è più né lo schiavo né il libero”. Non è più possibile un’idolatria dell’uomo e neppure un culto della personalità. Di fronte a Gesù Cristo, colui che sociologicamente è schiavo sa di essere “libero” e “fratello”; mentre colui che è sociologicamente “libero” e “signore” sa di dover servire il Signore Gesù Cristo amando anche il proprio “schiavo” come un fratello. Lo Spirito Santo, “guida” dei figli di Dio ? San Paolo ci ha detto che l’uomo “nuovo” è libero dalla legge; ma secondo tutta la tradizione morale cristiana la legge cristiana principale è lo Spirito Santo, che in un piano secondario è legge “scritta”, è codice di precetti. Nella lettera ai Romani, San Paolo ci dice che la legge dello Spirito Santo che dà vita in Gesù Cristo ci ha liberato dalla legge del peccato e della morte. Infatti tutti quelli che sono guidati dallo Spirito Santo = sono figli di Dio. Lo Spirito Santo è la “guida” dei figli di Dio e la “legge” del Cristiano. Lo Spirito Santo ci guida, ma in quanto ci “crea” ad immagine del Figlio Gesù Cristo e ci fa vivere come una continuazione, un prolungamento, una memoria di Gesù Cristo. Non ci indica soltanto la strada, ma piuttosto ci indica la strada per cui camminano i figli di Dio, perché “prima” ci fa diventare in realtà figli di Dio. Il cristiano riconosce nella “via” di Gesù Cristo la propria via, e ama percorrerla nonostante l’impressione talvolta dolorosa di crocifissione. Con il dono dello Spirito Santo = l’uomo è sé stesso, non è più l’uomo egoista e capriccioso, ma l’uomo nuovo a cui è stato rinnovato il cuore nella carità. [ L’uomo nuovo viene educato ad amare Dio e questo amore è carità, quindi farà ciò che Dio gli chiede di fare- la carità di Dio si diffonde nel suo cuore ] b) IL DONO DELLA CARITÁ - La carità appare in Gesù Cristo ? San Paolo e San Giovanni non hanno definito la carità, ma hanno interpretato in termini di “carità” ( di agape-termine greco che indica la carità-l’amore cristiano) la straordinaria esperienza di Gesù Cristo salvatore : in Lui la “carità” di Dio appare; credendo in Gesù cristo, noi uomini “abbiamo conosciuto e creduto alla carità che Dio ha per noi”. Quindi la carità = prima che una cosa dell’uomo, indica il mistero di Dio, che si dona manifestandosi in Cristo, il Figlio mandato a noi e per noi. [ La carità è Dio, che si manifesta e si dona in Gesù Cristo , il Figlio mandato all’umanità e per essa] - La carità non è prima di tutto una virtù ? (*) è Gesù Cristo che manifesta, traduce e vive la carità di Dio; siamo noi uomini che facciamo unità e diventiamo Cristo a modo nostro. Di conseguenza la carità non è prima di tutto una virtù, ma è un modo di essere : il modo di essere di una persona che è “come Cristo”, che vive di Lui e come Lui. La carità è una “creatura nuova” che si sviluppa non per iniziativa dell’uomo, ma per la presenza e il dono dello Spirito Santo. [ Come ci dice San Paolo nella lettera ai Romani] con il dono dello Spirito Santo , la carità di Dio si diffonde nel cuore degli uomini. Possiamo dire che la carità = è “la perfezione” del cristiano cioè la completezza e verità piena. Il vero cristiano è “carità”, così come Cristo è “carità” e Dio è “carità”. Dio per primo ha carità verso di noi, noi uomini dobbiamo pensare che il “dono” di Dio ci impegna a diventare carità, a convertirci alla carità. Quando saremo pienamente convertiti in Gesù Cristo, anche noi uomini saremo “carità”. - La carità è un amore ? San Paolo e San Giovanni hanno identificato la “carità” cristiana con il termine “agape” = la carità è “agape” ossia è un amore gratuito e assoluto di Dio che dona Cristo al mondo e lo consegna al mondo per la salvezza. Donando la propria vita, Cristo ci ha rivelato il mistero del Dio Salvatore e noi umanità da questo abbiamo “conosciuto la carità”. - “Amatevi come io ho amato voi” ? La carità la possiamo trovare anche in noi uomini, solo se ci uniamo con Gesù Cristo mediante l’Eucaristia, perché in questo Dio la vuole. La Chiesa è una comunità evangelica ed ha il compito di obbedire alla comunione. - Il rapporto che lega la Chiesa ( comunità cristiana) al popolo di Dio è un rapporto di comunione infatti la Chiesa è chiamata a proclamare la fraternità universale in quanto si esprime in tutti gli uomini e in tutti i tempi]. - Una comunità ove si è attenti alle persone ? Nella comunità cristiana si deve rivolgere l’attenzione ai singoli-alle singole persone; invece si è tentati in senso opposto trascurando i “piccoli” che non contano dando più importanza alla comunità e alla sua organizzazione. [ se la parrocchia è efficiente, se l’istituto adeguato alle sue opere a scapito dell’attenzione delle persone] N.B ? Prima della comunità, vengono le singole persone: si trova il bene della comunità cristiana se innanzitutto si ricerca e si persegue il bene delle persone che la compongono. Se no la comunità rischia di trasformarsi in un’impresa = e questo non è il senso della comunità cristiana-evangelica, il cui scopo è l’accoglimento e la comprensione umana e cristiana delle persone. - La comunità, luogo di riconciliazione ? La comunità cristiana è un luogo di riconciliazione nella quale ci deve essere un clima generale di perdono. È un luogo dove a tutti viene continuamente perdonato il peccato. Per questo motivo, i sacramenti del Battesimo e della Riconciliazione ( confessione o penitenza) sono fondamentali per comprendere la Chiesa = essi ci danno la sicurezza perenne che la Chiesa è un luogo dove si perdonano i peccati. CAPITOLO III : FEDE E VITA a) NOVITÁ E ANTITESI - Fede e vita non si possono contrapporre : perché chi “crede”-il credente interpreta la realtà secondo Gesù Cristo , e quindi ha un determinato modo di vivere. La fede di un credente che non è vissuta, che non si esprime in gesti di fede, non è una fede autentica: è “morta”. Se assumiamo la fede come criterio di interpretazione della vita, il cristiano è invitato a riconoscere la duplice caratteristica della fede ( le due caratteristiche della fede cristiana) La “ novità ” e l’ “ antitesi ”della fede stessa rispetto alla mentalità e alla vita difformi da Cristo . - La “novità” della fede ? è resa esplicita nel “Nuovo testamento” nel quale la grazia della fede appare nel mondo come una “novità”, ispira comportamenti e mentalità così nuovi da apparire persino incomprensibili e inaccettabili dall’uomo in quel determinato contesto storico. Ad es: nel Discorso della Montagna riportato dal Vangelo secondo Matteo ( cap 5) = Gesù disse ai suoi discepoli: “ Beati poveri in Spirito, perché di essi è il regno dei cieli, Beati gli afflitti perché saranno consolati, Beati i perseguitati per causa della giustizia…” Giudica beati i poveri in spirito, gli afflitti, i perseguitati… La “novità” è quindi il criterio della felicità; La “novità” è il “valore di una giustizia più grande” che è dentro il cristiano, nel suo modo di vivere. (*) - La fede come antitesi ? La fede è anche antitesi in quanto si pone come antitesi di Cristo a mentalità e stili diversi dal nostro, a qualcosa che è “peccato” o “odio” o “incredulità”…etc.. A tale proposito San Paolo ha parlato di tensione reciproca tra la “prudenza della carne” e “prudenza dello spirito” Si fronteggiano due tipi di uomini: l’uno dominato dal peccato ( non liberato dal dono dello Spirito) e l’altro reso “spirituale” e libero figlio di Dio dal dono dello Spirito Santo. Nello stesso senso San Giovanni ha insistito sulla tensione tra il discepolo di Cristo e il “mondo”. Il “mondo” che non conosce-nega la carità e perciò non viene da Dio e quindi “odia” chi come Cristo ha dato la propria vita per i fratelli come Caino peccatore… e dall’altra parte i “discepoli di Cristo” che hanno appreso la lezione da Cristo fino alla sua morte erappresentano il “giudizio”nel mondo. In realtà il cristiano non deve diventare nemico di questo “mondo”, opporsi ad esso, ma è piuttostoil mondo che si fa nemico di Dio, di Cristo, del discepolo di Cristo. [ che lo contesta] Per principio la carità non odia, né è nemica, ma “serve e salva”. La contestazione-l’antitesi della fede al “mondo”= comincia nel credente stesso con la “conversione”. b) GESÙ CRISTO, SAPIENZA E STOLTEZZA - La nostra fede è “cristiana” ? (*) Molta gente vicino a un cristiano può proclamarsi “credente”. Ma nessuno può proclamarsi credente cristiano, finchè non trova in Gesù Cristo, crocifisso e risorto, la ragione e il contenuto del suo credere; finchè non impara a conoscere da Lui chi è Dio e chi è l’uomo. Soltanto quando Gesù Cristo è il punto di riferimento della vita di un uomo, allora quel credente si può qualificare come cristiano. Il cristiano non è un libero pensatore; il suo fondamento non è l’uomo né il suo pensiero, né le sue possibilità, la sua forza, ma la carità di Dio = cioè la dimostrazione di Dio nell’uomo Gesù, che dice a noi tutta la verità. Di fronte ad ogni proposta, o ricerca o cammino la preoccupazione dominante di un credente cristiano sarà sempre quella di non perdere il suo punto di riferimento che è Gesù Cristo e di obbedire alla comunione. “Cristo ieri, oggi e sempre!” - Gesù Cristo, sapienza e stoltezza ? San Paolo ha espresso il significato di Cristo per la realtà del mondo e per la storia del mondo stesso, dicendo che egli ( Gesù Cristo) è la “Sapienza”in quanto tutte le vie di Dio si incontrano in Lui e le può comprendere solo il “credente cristiano” che ha accettato Gesù Cristo ed ha imparato a leggere il mondo a partire non da sé stesso, ma da Gesù. “Gesù è l’immagine del Dio invisibile, il primogenito di tutta la creazione perché tutto è stato creato per mezzo di lui e in lui; egli è prima di tutte le cose e tutto sussiste in lui. È il capo del suo corpo, cioè della Chiesa” Proprio perché Gesù Cristo è primo in tutto, Egli rimane per il mondo la vera e l’unica novità: nessuno avrebbe potuto prevederlo o dedurlo. - Credere è “ricordare” ? Noi credenti cristiani non pensiamo a Gesù come un simbolo o un’ideao un’insieme di “valori cristiani”; ma per noi credere significa “ricordare” Perché quando ci riferiamo a Cristo, il nostro ricordo rimanda a Gesù di Nazareth, esistito realmente, morto e risorto. Quel Gesù che ci è contemporaneo ed è il nostro passato, ma anche il nostro futuro. Non attendiamo più un altro Cristo come se fossimo ancora nell’Antico Testamento. Un cristiano è una “memoria” di Cristo = non lo inventa, ricorda solo Lui senza paure e senza vergogna. Una Chiesa che non “ricorda” Cristo non è la Chiesa di Cristo = per questo ci è data l’Eucaristia come “memoriale” di Lui e come possibilità di comunicare con Lui. In ogni Messa vi è l’imperativo: “Ricordati del Cristo Gesù”. c) LA FEDE E LA STORIA - Il senso della fede è nella storia ? Nella concezione cristiana, il senso della fede è legato alla storia, cioè al cammino degli uomini nel tempo, si appoggia ad una serie di eventi realmente avvenuti, allo storia della salvezza. Infatti noi crediamo a fatti, a gesti di Dio, che raggiungono il culmine nel dono del Figlio, Gesù Cristo. Il senso della fede è nella storia, che è fondata non su libere ipotesi del pensiero umano, ma sulla storia della salvezza di Gesù Cristo. Dio garantisce il superamento della morte : perché Cristo è morto e risorto. - Anche il senso della fede ha una storia ? La storia della salvezza richiama o fa pensare alla storia dei credenti: da Abramo fino a noi. Dunque il senso della fede non esiste al di fuori dei credenti; e i credenti non vengono portati fuori dalla storia. Noi siamo credenti, cristiani di oggi e confrontiamo e alimentiamo la nostra fede in Cristo con quella degli apostoli, con quella che si esprime negli scritti del Nuovo Testamento; ma non siamo nel loro tempo, non viviamo nel loro mondo. L’esser credenti cristiani è stabilire con Cristo un rapporto vivo oggi, non far tornare indietro il tempo; inoltre cercare rifugio nelle origini è mancanza di fiducia in Gesù Cristo: la cui presenza in noi cristiani credenti è garantita dallo Spirito Santo che ci fa “ricordare”. Un cristiano che è fedele allo Spirito, è fedele alla sua origine. CAPITOLO IV : LA PREGHIERA = ESPERIENZA E MISTERO a) LA PREGHIERA, VALORE CRISTIANO - Il cristiano prega ? Nell’ambiente cristiano c’è tutta la problematica della preghiera cristiana : in quanto per un verso è collegata alla storia della spiritualità cristiana e per un altro è collegata alla situazione culturale generale. Ci si pone la domanda: “ prega il cristiano?” e “Cosa significa per il cristiano pregare?” Non possiamo mettere in discussione che il cristiano sia uno che prega ( cioè che fa l’azione del pregare) ma non fa solo questo. Essere cristiano non equivale semplicemente a “dire preghiere”o a “mettersi in preghiera”. [ Dal punto di vista della storia della spiritualità cristiana] I cristiani sanno che Gesù pregava e non ha condannato l’attitudine di preghiera dell’Antico Testamento, ha soltanto escluso che i cristiani pregassero come i farisei o come i pagani: per i farisei la preghiera era una formalità e un modo per farsi vedere mentre per i pagani un modo per dire delle formule spesso con un’intenzione “magica”. Gesù ha anche insegnato che il libro di preghiera per eccellenza è l’Antico Testamento ( i Salmi) che anche egli stesso ha utilizzato per pregare. Successivamente Gesù ha insegnato a pregare: con il “Padre nostro” ed ha raccomandato molto la preghiera silenziosa e raccolta “perché il Padre è presente” ovunque; e inoltre essa deve essere fiduciosa e insistente. La raccomandazione di San Paolo è uguale = egli diceva di “insistere nella preghiera”, “pregare in ogni tempo e senza interruzione”. - Il senso cristiano della presenza di Dio all’uomo ? Per poter cogliere le linee essenziali della preghiera cristiana, dobbiamo rifarci al senso cristiano della presenza di Dio all’uomo ossia al senso cristiano dei rapporti di Dio con l’uomo. Dio è vicino al cristiano perché ha pienamente rivelato se stesso come Padre, Figlio e Spirito Santo e si è rivelato in Gesù Cristo divenendo veramente uno di noi. È Gesù che compie questa vicinanza tra Dio e l’uomo. Questa vicinanza di Dio è espressione da parte sua di amore e fedeltà = è espressione - innanzitutto perché la fede ritrova in maniera sempre più autentica il suo motivo, la ragione del credere - e perché la preghiera ritrova in maniera sempre più autentica il suo appoggio. N.B ? Alcune volte magari abbiamo l’impressione che pregare è vuoto, è solitudine, è estraneità rispetto alle cose da fare. In questi momenti, non dobbiamo dimenticarci che il Signore ci ha chiamato a diventare cristiani e il pregare è un momento del nostro diventare cristiani, un momento importante in cui si costruisce il credente, l’uomo totalmente autentico nel suo rapporto di fede, speranza e carità con il Dio dell’alleanza, con Gesù Cristo. c) IL CAMMINO DELL’ESPERIENZA DI PREGHIERA - Semplificazione e purificazione, leggi del cammino di preghiera ? Nell’esperienza cristiana del cammino di preghiera si possono riconoscere 2 aspetti ricorrenti: 1) innanzitutto un processo di semplificazione della preghiera = che è una prima legge. Essa dice che la consuetudine di preghiera tende gradualmente a progredire-a radicarsi in noi ( nella nostra esperienza) un atteggiamento di “attenzione” a Dio. Dalle molte parole, dai molti concetti, l’uomo cammina verso una posizione in cui pensa di meno e ama di più: verso uno stato globale in cui l’essere umano “si abbandona a Dio”. In altre parole, la preghiera cammina verso la contemplazione. 2) la 2° legge del cammino di preghiera è la purificazione, cioè la “liberazione delle scorie” attraverso una sofferenza. La stessa semplificazione della preghiera, il suo progredire e radicarsi in noi, esige e produce una purificazione. È il problema delle “aridità” della preghiera: San Giovanni della croce parlava a tale proposito delle “notti spirituali”, di “aridità contemplativa”. Qualunque sia la causa delle nostre aridità ( stanchezza, preoccupazione, svogliatezza o mancanza di fervore) queste possono sempre servire a purificare la nostra fede, speranza e carità: cioè le disposizioni fondamentali in cui si esprime la nostra vita di unione con Dio. Le nostre aridità purificano la fede, la speranza e la carità = esse infatti ci spingono ad affidarci non al nostro sentimento, ma alla parola di Cristo, unico motivo essenziale del nostro credo in Lui. Inoltre l’aridità ci deve servire a purificare la speranza: perché venendo meno la spinta umana, nonresta che appoggiarci alla volontà misericordiosa di Dio. [ IMPORTANTE] “DIALOGO” - La preghiera non è una formula, ma è UN RAPPORTO PERSONALE CON DIO. Non è qualcosa di convenzionale. - Pregare è innanzitutto diventare consapevoli della nostra relazione- del nostro rapporto con Dio, che è fondamentale per la nostra esistenza; è prendere coscienza- accettare di essere figli di Dio in Gesù Cristo, di essere in oggettiva comunione con Dio per il dono dello Spirito Santo. - Inoltre l’uomo attraverso il cammino della preghiera ( l’attività spirituale) = HA UN INCONTRO CON DIO. [ Ma dove incontriamo Dio?] La bibbia ci dice Dio lo incontriamo “ nel tempio dell’umanità di Cristo” = in realtà i cristiani sono coloro che non hanno più un tempio: con la venuta di Cristo, un tempio materiale ( un edificio) non è più il segno per eccellenza della presenza di Dio tra noi. “Il tempio dell’umanità di Cristo” ? in cui l’uomo incontra Dio va inteso in 2 sensi - in primo luogo come legame tra me (l’uomo) e Gesù Cristo [ perché l’uomo incontra Dio in quanto diventa figlio di Dio come Gesù Cristo ed è un processo di comunione profonda ed esistenziale con Dio in Cristo ; “vivendo in Gesù Cristo”il cristiano incontra e conosce Dio in maniera autentica] - in secondo luogo “il tempio dell’umanità di Cristo” è L’intera umanità = che è sua sposa e suo corpo. [ non è possibile incontrare Dio senza incontrare tutto ciò che Dio incontra, di cui è ragione di essere; e allo stesso modo non è possibile incontrare Gesù Cristo, che è il centro d’unità del mondo, senza incontrare tutto il mondo in Lui. Significa incontrare-ritrovare tutte le cose in Cristo, che è il fondamento di ogni cosa.] d) L’ESPERIENZA CONTEMPLATIVA NEL CAMMINO DI PREGHIERA ( nella preghiera) - L’esperienza contemplativa nella preghiera è un nuovo modo di conoscere Dio: è un’intuizione piena di amore, si conosce Dio perché lo si ama. - Tre momenti della preghiera contemplativa ? La preghiera contemplativa ( la contemplazione) è la forma di preghiera considerata più santa, in quanto è la presenza viva di Dio nell’uomo, che ispira direttamente pensieri, immagini, azioni; per cui nella contemplazione l’uomo vede ciò che Dio vede, sente ciò che Dio sente, fa ciò che Dio fa. La preghiera contemplativa ( la contemplazione) conosce tradizionalmente 3 forme- momenti caratteristici. 1) Innanzitutto vi sono i momenti contemplativi legati alla così detta “orazione affettiva”. Con il termine “orazione affettiva” ? si indica un tipo di meditazione affettiva, nella quale predominano gli affetti della volontà sul ragionamento dell’intelletto. Sono momenti di tranquillo riposo dell’intelligenza e del cuore nella presenza del Signore oppure momenti di ammirazione e di entusiasmo, di attenzione silenziosa, senza distrazioni, senza strepito di pensieri o di fantasie… In questi momenti bisogna cogliere con semplicità quanto si avverte; seguire tranquillamente il momento contemplativo. 2) poi può nascere una situazione insieme pensosa e curiosa: quando l’attenzione a Dio si orienta verso di Lui come qualcuno che è presente, ma i cui contorni si fanno più indeterminati e più vaghi. [ quando si ha l’impressione di non riuscire più a pensare e a pregare o lo si fa con grande fatica.] In realtà così facendo non si prega, si rimane lì senza pensare a niente = non si accontenta il Signore ma la propria pigrizia. 3) infine vi sono le esperienze di contemplazione che vengono chiamate “mistiche”: nelle quali l’iniziativa divina diviene preponderante e invadente, nella contemplazione mistica l’anima non ha più impressione di avere qualche iniziativa da prendere-è assorbita dalla presenza di Dio. Essa può essere vissuta con fenomeni straordinari: parole interiori, visioni, estasi, rapimenti, stigmate etc…oppure senza di essi. È un modo inedito e nuovo di vivere il rapporto teologale di fede, speranza e carità con Dio. e) SUL MISTERO DELLA PREGHIERA - Incontro con Dio nell’umanità di Cristo ? Vedi sopra “ INCONTRO CON DIO”. CAPITOLO V: SAPIENZA E STOLTEZZA DELLA VERGINITÁ CRISTIANA a) Verginità cristiana, “sposalizio” con Cristo - Carisma dei vergini e “nuzialità” della Chiesa ? La verginità cristiana è una scelta d’amore, d’amore verso Dio, la verginità vissuta “nella carne” mortale è strettamente legata all’ineffabile comunione con Cristo. È per questo che la Chiesa latina a differenza di quella orientale, ha mantenuto nei secoli la scelta del celibato sacerdotale. Secondo il Nuovo Testamento ? la verginità cristiana è per “il Regno dei cieli” ossia è il momento-limite in cui il discepolo , per quanto riguarda le sue attitudini matrimoniali e familiari, verifica la sua totale disponibilità al Regno dei cieli. * Il discepolo ( che accoglie la chiamata alla verginità per il regno-vergine) ha un rapporto particolare e prioritario con Cristo Gesù, che è il riferimento assoluto-totale della sua esistenza. Egli sceglie l’amore di Cristo ( si orienta verso Cristo in un modo particolare come se fosse suo sposo) a preferenza-alternativamente a di un altro amore possibile ed offerto da parte di un coniuge e naturalmente siccome Cristo-Sposo non è il coniuge, non vivrà con Lui un rapporto alla maniera coniugale, ma nella fede. Il credente cristiano si dedica “totalmente”- si abbandona “poveramente” all’unico Signore. Il simbolo obiettivo del Cristo-Sposo [ con cui Cristo si esprime per dirci la qualità del suo amore] viene vissuto (o domanda di imparare a viverlo) in questa specifica direzione secondo cui: «In definitiva non ho che Te, sono contento di averti così, come "non avendo" nient'altro che Te». “ Signore, se ci sei tu, nulla di essenziale manca nella mia vita anche se è necessario vivere rinunciando al matrimonio, alle cose, alla propria autonomia per esprimere l’assoluto che sei tu” Chi vive la via del celibato desidera anzitutto seguire il Signore; la scelta della verginità cristiana suppone una grazia particolare : non è dunque una a questione di pura generosità dell’individuo e non può misurare da sola la perfezione dell’individuo stesso. La rinuncia “alla moglie” o “al marito” ha la sua motivazione nel seguire il Signore “con cuore indiviso”. Non è quindi solo una necessità data dal servizio apostolico da rendere alla Chiesa (il celibe ha più tempo da dedicare agli altri, ha meno preoccupazioni, ecc.) Il celibe è anzitutto uno che si consacra a Cristo e che intende servirlo con cuore indiviso. b) Verginità e cammino verso Cristo [ il senso del cammino che la verginità è chiamata a compiere verso Gesù] - L’essere cristiano è un “seguimi” ? Il credente cristiano è un uomo che vede in Cristo la verità. Il rapporto con Cristo è centrale e assolutamente prioritario, è un rapporto di contemporaneità. Questo fatto mette in evidenza che l’essere cristiano è sempre un “seguimi”, un “fai la vita con me” detto da Gesù Cristo, che è “mediatore” e perciò non è superabile. La via per realizzare la comunione con Lui-Gesù , il “seguimi” è quella della fede, della speranza e della carità. È Fede in Lui, speranza in Lui, carità verso di Lui, mediante Lui, da Lui. Questa è la via che rende reale Gesù in noi e per noi. - La comunione con Cristo: costante dell’essere cristiani e dell’essere vergini ? L’importante per il cristiano è la comunione con Gesù Cristo, il rapporto con Lui, tutto il resto compreso il “fare” fa parte delle variabili. Anche la costante della verginità è il rapporto con Cristo: per cui se ne deve impedire ogni interpretazione strumentale o funzionale. c) Verginità feconda - Verginità cristiana, testimonianza della maternità della Chiesa ? La verginità cristiana dà testimonianza alla fecondità dello Spirito e alla maternità della Chiesa. La vocazione alla verginità è dunque chiamata ancora una volta ad “evangelizzare” la possiede delle ricchezze non né è il proprietario, ma deve amministrarle ( esserne semplicemente l’amministratore) e deve rendere ragione a Dio; amministrarle sapientemente significa usarle non per sè stesso come fa il fattore infedele nella parabola, ma per fare del bene e quindi metterle a disposizione dei poveri: facendosi “amici” i poveri, Dio li ricompenserà facendoli entrare nel Regno eterno ( nei “tabernacoli eterni”) [ nelle dimore eterne] I ricchi entrano nel Regno dei cieli solo se vi vengono introdotti dai poveri, che ne sono i primi e veri cittadini a titolo pieno. Sembra di risentire la beatitudine della povertà espressa da Luca: “ Beati voi poveri perché vostro è il Regno di Dio”. ( Lc 6,20) Questa parabola dunque ci presenta da un lato una concezione della vita come “servizio” come ricchezza che si deve dar via, che va spesa in elemosina ai poveri; e dall’altro ci mette di fronte al privilegio dei poveri, che sono di casa nel Regno di Dio. - Perché un privilegio dei poveri? ? I poveri sono privilegiati-hanno un privilegio nel Regno di Dio perché: - i poveri, cioè le persone oppresse che non contano nulla, che non riescono a farsi ascoltare ed avere giustizia sono l’espressione visibile del peccato, dell’egoismo che c’è- presente nel mondo ( fuori e dentro l’area dei credenti). Qualcuno ha detto che sono il sacramento del peccato nel mondo. Nell’esistenza dei poveri si rivela che il mondo è posto nel maligno.[ c’è il maligno] Questo privilegio [ la predilezione divina per i poveri] può essere giustificato per 2 ragioni: 1) Innanzitutto privilegiando i poveri, Dio si dissocia dal peccato che c’è nel mondo e ne condanna ogni ingiusta conseguenza come se dicesse che questo non è il mondo che Dio vuole! Critica-si oppone a questo mondo, fatto di disuguaglianze, delle sperequazioni,delle emarginazioni e da buon Samaritano interviene in soccorso del povero, che è stato buttato ai margini della strada. In quanto una convivenza fra cristiani che crea dei “poveri” non è conforme al disegno di Dio, disegno di comunione e di alleanza. 2) La 2° ragione per cui Dio predilige i poveri è perché oltre a dissociarsi dal peccato, afferma la trascendenza dell’uomo, di ogni uomo, a dispetto di come gli uomini si comportano gli uni verso gli altri. [ Trascendenza = distanza che separa Dio dall’uomo] e ne vuole la salvezza oltre ogni condizione e struttura disumana. L’uomo comunque e dovunque egli sia, resta sempre figlio di Dio, creato a sua immagine, chiamato a risorgere in Gesù Cristo. [ L’uomo partecipa alla trascendenza divina per mezzo della rivelazione, che è ascolto della parola di Dio] Il “privilegio dei poveri” è la più alta proclamazione della grandezza dell’uomo, chiamato al di là di qualunque condizione di vita, a entrare nell’alleanza con Dio. - Non è solo un problema di ascetica personale ? La predilezione divina per i poveri spinge nello stesso senso anche la Chiesa stessa. Per le stesse ragioni di Dio, anche la Chiesa = opta ( predilige) per i poveri. La Chiesa intera ha una vocazione profetica ad aiutare i poveri. * In ogni caso, Dio privilegia i poveri, facendosi Egli stesso povero in Gesù Cristo. b) Scoprire la povertà scoprendo Dio Inoltre il grande capitolo 12 del Vangelo di Luca ci invita a scoprire la povertà scoprendo Dio Il punto-chiave di tutta questa pagina è la frase = “ Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto darvi il suo Regno”. “ Valete ben più di molti passeri-uccelli” “ La vita vale di più del cibo e il corpo più del vestito” [ Gesù vuole assicurarci che la felicità terrena ( mediante cose terrene) che noi uomini rincorriamo è troppo piccola rispetto a quella che vuol donarci Dio ( rispetto all’amore di Dio). Ci rassicura dicendoci che le nostre necessità di sopravvivenza saranno sempre colmate dalla Provvidenza divina grazie all’abbandono a Lui.] IMP ? Dio ci chiede di essere poveri, di donare le proprie cose ( ricchezze) materiali perché Lui stesso non ci farà mancare nulla, ma di donare i propri beni con “misericordia” ( con carità misericordiosa) e solo in questo modo l’uomo si abbandona alla Divina Provvidenza. Gli uomini attraverso la povertà = scoprono Dio. La povertà è l’abbandono alla volontà di Dio, come Gesù che ha vissuto tutta la sua vita in povertà fino alla croce. Povero è colui che si affida solo a Dio e si abbandona alla sua infinita Provvidenza. CAPITOLO VII: MATURITÁ E UBBIDIENZA a) Ubbidienza a Dio, partecipazione all’ubbidienza di Cristo - Dio in Cristo conduce il cristiano alla libertà ? quindi per il cristiano il cammino per cui egli deve passare si chiama “ubbidienza”. [ Il cammino che il cristiano deve fare, si chiama “ubbidienza”] Nelle Sacre Scritture-nella Bibbia il contenuto del termine “ubbidienza” è talmente generico e vasto da apparire come la sintesi di tutto ciò che l’uomo deve fare di fronte a Dio. Infatti Dio “parla”, “chiama”, “dice”, fa giungere all’uomo la sua “voce”: e l’uomo risponde, deve rispondere “ascoltando” e “ubbidendo”. In realtà la storia di questo dialogo è piuttosto il dramma di Dio che non è “ascoltato”, perché l’uomo “disubbidisce”. - La disubbidienza di Adamo ? Nella genesi Adamo è stato il primo uomo che non ha ascoltato la voce di Dio, ma ha preferito quella di Eva ( sua moglie). San Paolo nella lettera ai Romani = qualifica questo atteggiamento precisamente come una “disubbidienza” le cui conseguenze di morte gravano su tutti noi. [ Dopo il peccato di Adamo, noi uomini siamo portati alla disubbidienza] Ma Dio pazienta e insiste, scegliendo il popolo di Israele , confida nel sogno di un’umanità che finalmente ha imparato ad “ascoltare” e “ubbidire”. - L’ubbidienza di Cristo ? Cristo che umiliò se stesso e fu ubbidiente fino alla morte in croce è il modello – il principio e la sorgente della nostra ubbidienza a Dio. Cristo morendo in ubbidienza al Padre e risorgendo ottiene per noi-ci manda lo Spirito Santo. Ma poiché è Gesù che ci manda lo Spirito dal Padre noi potremmo dire che Cristo, mediante il dono dello Spirito Santo, è veramente il principio, la sorgente della nostra ubbidienza a Dio. E proprio lo Spirito Santo è colui che dall’intimo di noi stessi ci “persuade” affinchè ci sottomettiamo a Dio nell’ubbidienza della fede ( e ci muove all’ubbidienza): così egli ci configura a Cristo, che è stato il Figlio perfettamente ubbidiente - Le vie verso l’ubbidienza di Cristo ? Attraverso quali vie Cristo ci rende partecipi, mediante lo Spirito Santo, alla sua ubbidienza? Cristo ci rende partecipi alla sua ubbidienza mediante lo Spirito Santo innanzitutto attraverso la liturgia e particolarmente mediante i sacramenti. ( nell’Eucaristia siamo chiamati ad offrire noi stessi con Cristo, comunicando con quella carità ubbidiente che lo ha condotto a morire per noi. Nel sacramento della Riconciliazione ( della Penitenza) = l’ubbidienza di Cristo distrugge la disubbidienza del nostro peccato e rifà o approfondisce in noi il potere di sottometterci in piena libertà a Dio.) Ma poi questo contatto profondo con l’ubbidienza del Signore deve tradursi nella vita: cioè l’uomo nella vita deve sforzarsi di ubbidire a Dio compiendo il suo disegno su di noi. b) Ubbidienza cristiana come caratteristica permanente del cristiano - L’ubbidienza nella fede ? L’ubbidienza fondamentale, in cui il cristiano ( l’uomo) trova la libertà è “l’ubbidienza della fede” = che consiste nel “seguire la via” di Gesù Cristo, nell’essere suoi discepoli. L’ubbidienza della fede non può essere solo una cosa individuale ( direttamente tra l’uomo e Dio) [ il cristiano non ha solo una “fede” come fatto personale] ma è anche ubbidienza della Chiesa e alla Chiesa. [ la comunità primaria del cristiano è la Chiesa = come il “luogo” creato dalla fede] Accettare di essere un credente cristiano significa accettare di far parte di una Chiesa. Allora l’ubbidienza della fede e l’ubbidienza della Chiesa e alla Chiesa, che fanno corpo tra loro, costituiscono un richiamo non ad eliminare i problemi concreti, ma ad individuare la prospettiva entro la quale essi vanno affrontati e risolti. L’ubbidienza della fede avviene nella Chiesa, cioè vivendo i rapporti all’interno di essa. La fede si edifica nella Chiesa Nella Chiesa si costruisce il credente autentico, ma a condizione che si accetti di costruire rapporti corretti dentro di essa, per costruire e per esprimere il rapporto autentico con Gesù Cristo. - Il sacramento dell’ordine ? L’ubbidienza della Chiesa è legata al sacramento dell’Ordine sacro È garantita dalla guida pastorale della Comunità cristiana. c) Ubbidienza a Dio e autorità umana - Uno sguardo alla storia dell’esperienza cristiana ? La fede, l’ubbidienza della fede è condizione radicale di libertà dell’uomo e il credente autentico è in comunione con il Dio dell’alleanza. L’uomo chiamato all’Alleanza, è chiamato alla “libertà”. L’uomo è “libero” ( autenticamente) nella misura in cui “ubbidisce”: ubbidisce all’iniziativa di Dio in Gesù Cristo, e non ha altro “Dio” e “Signore” al di fuori di Lui. Respingendo l’Alleanza, “disobbedendo” a Dio l’uomo non celebra la propria libertà: ritrova la radice della propria schiavitù ( il peccato). San Paolo ha contrapposto Gesù Cristo come prototipo dell’uomo ubbidiente, in contrapposizione ad Adamo, che è disobbediente e peccatore. - Autorità e volontà di Dio ? La nostra vita di ubbidienza a Dio, sotto la guida dello Spirito Santo, richiede che noi uomini accettiamo il riferimento all’autorità umana nei vari campi in cui essa si presenta. L’autorità ci trasmette ciò che Dio desidera da noi. Ubbidendo all’autorità ( all’Abate, al padre spirituale, al Superiore etc..) l’uomo ubbidisce a Dio, a Cristo. L’ubbidienza di Cristo, noi la riviviamo nell’ubbidienza e attraverso l’ubbidienza al Superiore. Così la sottomissione all’autorità diverrebbe in linea diretta sottomissione a Dio. L’autorità è un elemento di quella “mediazione” che è il rapporto di ubbidienza. L’autorità ha il compito di mediare ( porre in essere una mediazione) una comunione tra l’uomo e Dio.
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