Scarica Riassunto del libro La comunicazione verbale di Rigotti e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Linguistica Generale solo su Docsity! 4.6 LA NATURA DEL SIGNIFICATO PREMESSE: la struttura testuale minima è di natura predicativo-argomentale e quindi richiede la combinazione di parole predicato con parole argomento. Inoltre un predicato è in senso lato un modo d’essere, un argomento è in senso lato un’entità. La congruità non è garantita dalla combinazione di un predicato qualsiasi con qualsiasi argomento. Nella descrizione di ciascun predicato si possono individuare cinque fattori costitutivi della congruità: numero, qualità e ordine degli argomenti, campo d’azione del predicato e sue implicazioni. Quando tali condizioni sono rispettate, allora il testo è congruo e pertanto sensato. 1. Importante nella caratterizzazione dei predicati è anzitutto il numero di loro argomenti. Ci sono predicati che prevedono un solo posto argomentale per esempio passeggiare è un predicato ad un solo posto argomentale, o monodico, (Px: Luca passeggia: per passeggiare infatti basta un solo essere); diverso è un predicato come litigare infatti nessuno può litigare da solo in quanto le persone coinvolte devono essere necessariamente due. Si parla perciò di predicati a due posti o diadici Px1x2; predicati triadici (La mamma promette la vacanza al figlio); tetradici (Cristina ha comprato un’auto da Silvia per 17.000); pentadici (Luigi affitta la sua casa per un anno a Pietro a 1000 euro mensili). Questi sono predicati che rientrano nella categoria dei verbi, vi sono però nelle lingue naturali anche dei predicati che non sono verbi, infatti c’è anche un gran numero di aggettivi o avverbi che caratterizzano un evento-azione ad esempio “Andrea beve il caffè nervosamente” cioè il bere di Andrea è nervoso. Un aggettivo come “adatto” è chiaramente un predicato diadico “Questo vestito è adatto alla stagione invernale”; fra gli avverbi sono da considerare come diadici davanti, dietro, sopra, sotto, vicino, lontano perché se esplicitiamo il loro senso traducendolo, emerge immediatamente la loro natura diadica. In altre parole il numero di argomenti indica il numero di entità che sono indispensabili per mettere in scena la situazione espressa dal predicato. 2. Il numero di argomenti è significativo per caratterizzare il contenuto dei predicati, ma non meno importante è la qualità degli argomenti. In effetti ciascun posto argomentale ammette certi argomenti e ne esclude altri: qualche bambino gioca/ un bambino gioca/ il bambino gioca/ due bambini giocano/ pochi bambini giocano/ tutti i bambini giocano/ questo bambino gioca. Ognuna di queste espressioni è importante per creare un’espressione corretta. Queste parole sono dette determinanti e possono essere di vario tipo: indefiniti (un/alcuni/qualche); definiti (il/quello); gli ultimi determinanti hanno in comune un pretesto di universalità (tutti/nessuno/ciascuno). Il determinante permette di fare presa sulla realtà, tutto questo per approfondire la congruità delle strutture predicative-argomentali. 3. Inoltre bisogna tenere conto anche dell’ordine degli argomenti. Consideriamo per capire meglio due predicati triadici “dare” e “ricevere” dove passando da dare a ricevere il primo ed il terzo elemento si scambiano fra di loro. (Chiara dà un libro a Simone Simone riceve un libro da Chiara). Dare e ricevere, vendere e comprare, destra e sinistra, sotto e sopra sono detti conversivi lessicali. Si badi al fatto che l’ordine degli argomenti è altro rispetto all’ordine delle parole. “La mamma ha regalato lo skate a Pietro” “A Pietro la mamma ha regalato lo skate”: quel che è cambiato è l’ordine delle parole che consente una particolare enfasi su Pietro, ma l’ordine degli argomenti non cambia perché x1 continua a rappresentare l’essere umano che si impegna nella promessa, x2 un bene futuro e x3 il destinatario della promessa. Le lingue naturali dispongono di uno strumento morfologico che applicato a molti verbi, crea il loro conversivo morfologico ovvero la diatesi passiva. 4. Il tema del campo d’azione del predicato è importante per definire il contributo di ciascun predicato al senso del testo. “Non leggo più questo libro per divertimenti”: messaggio ambiguo perché il predicato “non” cambia il proprio campo d’azione investendo un argomento diverso. In un caso assume come proprio argomento “per divertirmi”, nell’altro “leggo”. 5. Le implicazione del predicato. Potremmo dire che il contenuto vero e proprio di un predicato è costituito dalle sue implicazioni ossia da tutto ciò che ha luogo se il predicato è vero. Naturalmente se un testo attiva un’implicazione, nel seguito del testo quest’implicazione diventa presupposto e in quanto tale può essere leso da un altro predicato. “Il malvivente uccise un passante, che scappò in bicicletta.” Per esempio “Luigi si è iscritto all’università”: se x1 ha luogo, allora x2 comincia ad esistere e renderà necessarie una serie di operazioni come pagare la retta universitaria, comprare i testi universitari. 4.7 SENSO, NON-SENSO, CONTROSENSO Il senso testuale nasce dalla combinazione congrua di predicati e argomenti cioè dall’intreccio di predicati con argomenti selezionati da quei predicati. Le lesione della congruità comporta un’opacità totale del senso: il destinatario non è in grado di recuperare in alcun modo il discorso, come per esempio “La gioia cammina”. Questo fenomeno è chiamato non senso. In linguistica il non senso non esiste, se cioè c’è non senso, non c’è testo. Rispetto alla costituzione di un testo, vediamo subito che la coerenza ha uno statuto diverso dalla congruità: in effetti la lesione alla coerenza non comporta che il testo non esista, ma comporta che sia contraddittorio; la contraddizione è dicibile, il non senso no. Nella prima qualcosa viene negato e affermato nello stesso testo, invece nell’incongruità non viene affermato ne negato nulla. 4.8 COERENZA E CONTRADDIZIONE Il nesso fra linguaggio e dimensione logica si coglie nel principio di coerenza o di non contraddizione, formulato per la prima volta da Aristotele. Chiariamo innanzitutto il concetto di dimostrazione, formulato sempre da Aristotele. Dimostrare significa far vedere la verità di un’affermazione facendo discendere la verità di questa affermazione dalla verità di un’altra attraverso l’inferenza. Ogni scienza partendo dall’evidenza pone alcuni principi -gli assiomi- che rappresentano l’insieme dei principi formali che la scienza assume come punto di partenza. L’evidenza fondamentale su cui si basa la conoscenza umana è il principio di non contraddizione per il quale una cosa non può essere e non essere, nello stesso tempo e sotto il medesimo aspetto. Ma come dimostrarlo? Aristotele immagina un dialogo con uno scettico (chi mette tutto in dubbio e giunge ad affermare che nulla può essere affermato con certezza ne dimostrato) e lo sfida a mettere a tema la contraddizione come principio fondativo della comunicazione. Aristotele immagina quindi che di fronte a lui ci sia uno scettico che rifiuti il pnc, ma per negarlo lo scettico lo deve usare: per dire che nulla ha senso, deve riconoscere che almeno l’affermazione nulla ha senso ha senso. Questa è la confutazione usata contro lo scettico. Questo dimostra la necessità del pnc: non si può negare sensatamente il pcn senza allo stesso tempo riconoscerlo perché ogni atto comunicativo lo applica. La non contraddizione è una qualità irrinunciabile di ogni discorso. Esprit de finesse: capacità di riconoscere diversi livelli di lettura della realtà; ci sono persone che sono sensibili a certi aspetti, altre invece che sono più grossolane. Basta pensare ai classici segni che si usano in psicologia della percezione per esempio quello in cui la stessa figura può essere interpretata come un vaso o come profili di volti. Di fronte ad una rappresentazione incompleta entrano in gioco dei procedimenti inferenziali: il tipo di percezione dipende da ciò che l’occhio mette a fuoco prima, dalla sensibilità percettiva personale. Poi ad un secondo livello bisogna capire se questa percezione corrisponde o meno alla realtà. 4.9 OLTRE LA RAZIONALITA’ Osservando il fatto dell’errore, della menzogna, della manipolazione, come possiamo avere fiducia che la comunicazione sia ultimamente fondata sul rapporto della ragione e del linguaggio con la realtà? Ciò che predomina è la ragione o l’errore? Quindi comunicare è sensato? Per capire che cosa sta succedendo nel momento della comunicazione occorre capire cosa vogliono i soggetti in azione perché la dinamica dell’agire umano è finalizzata alla realizzazione dello stato di cose prefigurato dal soggetto. Il soggetto si sente interpellato da ciò che succede: è la dinamica dell’interessa. L’interesse è il fatto che le cose ci riguardano; esso viene modellato da ciascuna delle esperienze fatte, oltre che dall’educazione ricevuta, ecc. quando il desiderio è forte, l’energia dispiegata è proporzionalmente maggiore ad esempio quanto avviene nella vendita all’asta. Il desiderio inoltre dipende dalla conoscenza perché non si desidera qualcosa che non si conosce. Possiamo sintetizzare dicendo che il desiderio del bene è il motivo del nostro agire, anche comunicativo. Il coinvolgimento si manifesta anche come sentimento: con quest’ultimo termine si fa riferimento ad un coinvolgimento profondo, capace di muovere il soggetto ad avanzare con determinazione verso la propria meta. Il sentimento ha una forte componente di ragione, in effetti non si può dire che sia ragionevole non solo nel senso che è motivato ma anche nel senso che si sviluppa attraverso la riflessione oppure perché si concentra su un determinato aspetto. Tutto questo ci porta a vedere che l’errore e la manipolazione possono infilarsi nella comunicazione per una svista. LE STRUTTURE INTERMEDIE 5.1.LA LINGUA, SAPERE NON SAPUTO