Scarica Riassunto del libro "Le donne nell'Europa moderna 1500-1750" di Merry E. Wiesner e più Sintesi del corso in PDF di Storia Moderna solo su Docsity! Capitolo primo Il pensiero maschile sulla donna e le leggi che la riguardano:Fin dall'antichità i pensatori e scrittori hanno cercato di determinare che cosa rende le donne diverse dagli uomini. Prima del 500 quasi tutti i pensatori religiosi e laici concordavano nel considerare la donna inferiore all'uomo e fornirono innumerevoli esempi della sua imperfezione. Tra il 1500 e il 1750 qualcosa cambiò grazie al rinnovamento culturale avviato dal Rinascimento. Il retaggio della tradizione:Nella Genesi, primo libro della Bibbia ebraica e cristiana, la creazione viene raccontata in 2 modi piuttosto contrastanti: nella prima versione Dio crea la donna e l'uomo contemporaneamente, nella seconda genera la donna, Eva da una costola di Adamo per procurargli una compagna. La maggior parte dei commentatori scelse di presentare Eva e per estensione tutte le donne, come fonte del male e del peccato nel mondo. Le donne erano considerate impure per 15 giorni al mese a causa del flusso mestruale come pure dopo il parto per 40 giorni se il figlio era maschio, 80 se era femmina. L’immagine della donna secondo Gesù: parlava con loro e le accoglieva tra i suoi fedeli, affermava che al pari degli uomini potevano accedere alla vita eterna e le città in numerose parabole come esempi positivi pertanto molti studiosi lo definiscono femminista. Ma dopo la sua morte le sue convinzioni furono stravolte da molti dei suoi seguaci. Paolo invece le cui lettere costituiscono circa metà del nuovo testamento aveva un atteggiamento ambivalente rispetto alle donne: da una parte osserva che non dovrebbero esistere distinzioni di genere, dall'altra dichiara che le donne non devono prendere la parola in chiesa. Il cristianesimo si diffuse con rapidità e inizialmente le donne furono assai attive: parecchie svolgevano funzioni sacerdotali come impartire il battesimo dopo le donne vennero allontanate dal ministero sacerdotale con l'affermarsi di una chiesa gerarchizzata a immagine dell'apparato politico romano, che le escludeva dalle posizioni dirigenziali. Il più importante dei primi filosofi cristiani, Sant'AGOSTINO, affermava che la colpa originaria di Adamo ed Eva oltre a porre fine per sempre al libero arbitrio creò anche il desiderio sessuale, adducendo come prova il fatto che la volontà e la ragione sono sufficienti all'uomo per controllare il proprio organo sessuale. Dopo di lui quasi dappertutto la Chiesa considerò peccaminoso anche il sesso nel matrimonio. Agostino affermava anche che la sottomissione della donna era intrinseca alla creazione, poiché soltanto l'uomo fu fatto a immagine di Dio e la donna era inferiore. Il suo contemporaneo San Girolamo concordava con lui, ma aggiungeva che se desiderava servire Cristo cessava di essere donna e sarà detta uomo. Il pensiero di Aristotele: le donne erano uomini malriusciti, il risultato di un errore di concepimento da parte di genitori troppo giovani o troppo vecchi o molto distanti tra loro per età. La donna è una deformità. Riteneva la donna inferiore e considerava suo compito procreare. Anche Platone la pensava così, che il vero amore a la vera amicizia potevano esserci solo tra uomini, e che in principio tutti gli esseri umani erano maschi e che alcuni si erano reincarnati in femmine essendosi comportati in modo codardo. Nella sua opera più importante Repubblica, ammetteva le donne ma solo quelle che avevano deciso di rinunciare al ruolo femminile ed erano quindi più simili all'uomo. Tommaso D'Aquino combinando affermò che l'inferiorità della donna non era il risultato del comportamento di Eva ma intrinseca della creazione. Le donne hanno bisogno di essere assistite in tutto dai maschi perché deboli. Si diffonde la figura di Maria. La sua condizione di vergine e madre le consentiva di essere venerata e di rappresentare l'esatto opposto di Eva dando vita donna buona/donna cattiva. La Madonna era un modello irraggiungibile per le donne poiché nessuna poteva sperare di dare la vita al Messia. Allo stesso tempo Maria era una creatura umana e poteva costituire un esempio per le donne. Il punto di vista maschile sulla donna emerge nella letteratura dell'alto e del basso medioevo. Dal XII secolo i poeti celebrano anche l'amore e la dedizione per la donna. Il dibattito sulla donna durante il Rinascimento:Intorno al 1380 Giovanni Boccaccio completò il De mulieribus claris, un elenco di donne che si erano distinte per lealtà, coraggio e onestà. A prima vista il testo potrebbe apparire un omaggio ma in realtà rivela un’ambiguità poiché l’elogio più cortese alle donne è che sono affini agli uomini. Christine de Pizan, fu la prima donna che intervenne nella polemica, cercò di capire le ragioni della subordinazione femminile. Christine ammette che le donne sono dipendenti in tanti campi ma per mancanza di cultura e di autonomia economica. L’opera di Christine ebbe poco credito e la maggior parte dei trattati successivi ricalcarono soprattutto il testo di Boccaccio, dopo di loro il De Nobilitate pubblicato ad Anversa nel 1529 fornì l’elenco di donne illustri più completo e imitato del tempo, sostenendo che la donna è pari all’uomo o superiore. Eva è superiore ad Adamo perché fu creata nel Paradiso e trasse vita da un osso, materiale più nobile dell’argilla con cui fu plasmato l’uomo. Coloro che ripresero le sue idee ne ridussero la portata utilizzandole per lodare le donne potenti a cui dedicavano le proprie opere cosicché è difficile valutare la loro sincerità. Lo stesso Agrippa dedica il De nobilitate a Margherita d’Austria. I più accaniti sostenitor dell’inferiorità femminile si espressero con affermazioni oltraggiose, secondo cui la donna non è un essere umano da far pensare che il loro intento fosse satirico. Nella prima età moderna la questione femminile fu oggetto di rappresentazione iconografica, soprattutto attraverso stampe che venivano esposte nelle taverne e nelle case private. Si ricorreva rappresentare la moglie ideale con la chiocciola o la tartaruga, animali che non abbandonano mai la casa e stanno sempre in silenzio; più comuni erano però le immagini di mogli che picchiano il marito o nascondono l’amante. Paracelso, medico e alchimista svizzero, sosteneva che le donne hanno una posizione speciale poiché partoriscono, il matrimonio è indispensabile a entrambi i sessi perché è un ‘ unione fisica ma anche spirituale voluta da Dio. Riformatori religiosi del XVI e XVII secolo: Per Lutero, Zwingli, Calvino e i teorici del movimento puritano inglese, la donna è stata creata da Dio e può salvarsi grazie alla fede, quindi dal punto di vista spirituale è pari all’uomo. Ma in ogni altro ambito deve essere subordinata. La maggior parte riconosceva in Eva la principale responsabile del peccato originale, e riteneva che ciò avesse accresciuto l’inferiorità delle donne. I teologi protestanti sostennero l’unione coniugale con opuscoli per convincere uomini e donne a sposarsi. Le 3 finalità del matrimonio erano: procreazione, salvezza dal peccato, mutua assistenza fra coniugi. Quest’ultima secondo Calvino era la più importante. I protestanti esortavano soprattutto le donne per le quali il matrimonio era una vocazione e un progetto di vita. La risposta alla riforma protestante fu la riforma cattolica, affermando che il celibato e la castità erano le scelte di vita più aderenti al cristianesimo. In un secondo momento i cattolici capirono che malgrado l’esortazione al celibato, la maggior parte delle donne europee desiderava sposarsi e iniziarono a redigere manuali matrimoniali per controbattere quelli protestanti. Il loro ideale di moglie, obbediente, devota, coincide con quello proposto dai loro oppositori. Luis de Leòn ad esempio, diede alle stampe un trattato: La sposa perfetta, in cui osservava che quando una donna riesce a distinguersi in qualcosa di lodevole, conquista una vittoria su qualsiasi uomo impegnato nel medesimo compito. La rivoluzione scientifica: Nella seconda metà del 500 l’anatomia e fisiologia del corpo femminile divennero oggetto di dibattito. Aristotele e Galeno: La questione più controversa che vide contrapposti aristotelici e galenisti era quella relativa al liquido seminale femminile. I primi sostenevano che le donne non producevano seme, i seguaci di Galeno asserivano che la donna produceva liquido seminale per la formazione del feto. William Harvey che in sostanza condivideva la tesi di Galeno, riteneva che le donne producessero uova che contribuivano alla formazione del feto. La funzione dell’uovo venne interpretata correttamente solo nel 1827, tardi se si considera che lo spermatozoo è stato scoperto dopo il 1670. Tutti credevano nell’esistenza di 4 liquidi: sangue, flemma, bile nera e bile gialla. E che la causa delle malattia fosse la mancanza di equilibrio fra tali liquidi. Gli uomini erano più caldi e asciutti, le donne fredde e umide. L’assenza di calore nelle donne era la causa del ciclo mestruale, del fatto che non diventavano calve (gli uomini bruciavano i capelli), per gli aristotelici le donne erano maschi imperfetti. La posizione galenista sosteneva che ognuno dei 2 sessi è perfetto e che uomini e donne si completano. Un altro argomento era quello relativo all’utero a cui veniva attribuita la responsabilità dei disturbi di origine psichica, la parola isteria deriva dal termine greco che designa l’utero. Si pensava esistesse un utero vagante e fosse influenzato dalla luna. La rivoluzione scientifica modificò la visione del mondo ma incise poco sull’inferiorità della donna. Il diritto e la donna: A partire dal 200 in Italia e nei paesi dell’Europa meridionale e dal 500 in Germania e altri Stati del Nord gli studiosi di diritto incoraggiano i governi a modificare l’ordinamento giuridico per conformarlo al diritto romano dell’imperatore Giustiniano nel VI secolo. I codici più vecchi imponevano a ogni donna non coniugata un tutore maschio che la sostituisse quando per la risoluzione delle controverse era previsto il duello o l’ordalia. Questa tutela andò riducendosi nel basso medioevo. In molti paesi europei esse ottennero il diritto di dettare disposizioni sui propri averi, fungere da esecutrici testamentarie. Le restrizioni ai diritti delle donne si attenuarono ma a limitare il loro status giuridico restò il matrimonio, il dovere di obbedire al marito impediva loro di agire come soggetti autonomi. Tra il basso medioevo a la prima età moderna si incomincia ad offrire alle donne una certa autonomia giuridica. A partire dai secoli XIV e XV le donne coniugate che conducevano un’attività economica, in proprio o col marito, potevano dichiararsi non sposate. Ciò permetteva loro di concedere prestiti e contrarre debiti. In Inghilterra vennero istituiti due tribunali speciali, la Court of Chancey e la Court of Requests, proprio per giudicare ogni singolo caso sostituendo il principio di equità a una rigida interpretazione del diritto consuetudinario. Tali tribunali, nel 500 divennero popolari perché consentivano alle donne di ricorrere all’autorità giudiziaria, anche contro i mariti. La proliferazione di casi che derogavano alla regola e il fatto che le donne riuscissero spesso a sfuggire alle maglie delle normative municipali incominciarono a preoccupare i legislatori. Si impone il ripristino della tutela di genere: alle nubili adulte e alle vedove furono di nuovo assegnati dei tutori. Con la diffusione del diritto romano che contempla solo la patria potestas le donne perdevano la tutela dei figli se si risposavano e potevano conservarla solo se alla morte del marito dichiaravano che non avrebbero contratto un altro matrimonio. Nel 1731 il parlamento di Parigi approvò l’ordonnance des donations che ribadiva l’autorità maritale e conteneva articoli limitativi dei diritti delle donne. Possiamo concludere che la diffusione del diritto romano sortì effetti doppiamente negativi per lo status civile e legale delle donne determinò un’interpretazione più restrittiva delle leggi già esistenti. L’incidenza che esercita sul diritto penale fu minore dal momento che era meno influenzato dalla differenza di genere. In tutta Europa le donne erano responsabili dei propri atti criminosi e venivano torturate e giustiziate come gli uomini. Si raccomandava clemenza nel caso di gravidanza che però si risolveva nell’attendere il parto prima di procedere alla tortura. L’obbligo di obbedire al marito era richiamato dal diritto penale con effetti positivi e negativi. In Inghilterra la condizione di coniugata poteva influire sulla responsabilità personale talvolta le donne affermavano di essere sposate e di essere state indotte dal marito a compiere i crimini. Per contro, le uxoricide erano ritenute colpevoli di omicidio ma anche di fellonia. In Spagna lo Stato si attribuì il diritto di punire la donna adultera al posto del marito solo nel XVI secolo, a continuò a consentire agli uomini di farsi giustizia da sé purché oltre alla moglie uccidessero anche il suo amante. In Germania la donna veniva esiliata insieme col coniuge che aveva compiuto reati- compreso l’adulterio- ma il contrario non era previsto. Per gli aristocratici era connesso gli ideali cavallereschi. Per i borghesi era associato alla rettitudine. Per le donne aveva connotazione sessuale: diffamazione e offese verbali. Le caratteristiche attribuite al sesso femminile facevano sì che le donne fossero considerate incapaci di difendere la propria reputazione senza l’appoggio di una figura maschile. Le donne del popolo potevano anche insultarsi e fare a botte, ma da quelle di ceto sociale più elevato si esigeva che affidassero ai congiunti maschi il compito di difenderle in pubblico. Capitolo secondo Il ciclo di vita della donna:A partire dall’antichità greca gli studiosi si sono interrogati sugli stadi della vita dell’uomo. Il numero su cui convergeva la maggioranza era 7 come i pianeti identificati in fanciullezza, adolescenza, giovinezza età adulta maturità e vecchiaia. Le donne non sono neppure citate. Nelle immagini iconografiche non si sapeva come raffigurare le fasi della vita delle donne adulte, le quali indipendentemente dall’età vengono ritratte nell’atto di filare. Nell’Europa premoderna il cambiamento più significativo per le donne era il matrimonio. Ognuna si augurava una vita domestica gradevole. L’unica possibilità di sottrarsi a un matrimonio infelice era la morte del coniuge. Era questo evento più di qualsiasi scelta personale a determinare il passaggio della donna da una fase della vita a quella successiva. Le età della donna non corrispondevano quindi all’età anagrafica come per gli uomini. Infanzia e adolescenza:Le prime ricerche condotte sull’infanzia in età premoderna affermavano che i figli erano oggetto di maltrattamenti e scarsa attenzione. Persino certe abitudini che a noi paiono crudeli, come quella di fasciarli stretti, erano dettate dalla preoccupazione per la loro incolumità e salute, in un tempo in cui quasi tutte le case4 avevano un focolare senza protezione davanti, animali domestici giravano liberamente, madri e fratelli maggiori erano impegnati in lavori che impedivano di badare ai bambini piccoli. Normalmente le famiglie preferivano mettere al mondo figli maschi. E’ difficile capire se i neonati e bambini ricevessero trattamento diverso a seconda del sesso. Nei primi anni di vita i bambini venivano vestiti tutti nello stesso modo (non esisteva ancora rosa bambine azzurro bambini). Le distinzioni emergevano a 4 o 5 anni, i figli incominciavano a venir preparati all’età adulta. Alle femmine si insegnavano le incombenze necessarie per la buona conduzione della casa come filare, cucire, cucinare e badare agli animali domestici. era raro che imparassero a leggere o ricevessero istruzione. La comparsa delle mestruazioni che oggi chiamiamo menarca e nel 500 veniva definito “fiori” costituiva per la ragazza il segno più evidente dei cambiamenti del corpo. E’ probabile che in età premoderna il flusso cominciasse intorno ai 14 anni. Era opinione comune che il mestruo non fosse diverso dalle perdite di sangue dei maschi, quali epistassi, emorroidi o altre emorragie spontanee. Si pensava che il sangue mestruale nutrisse il feto e si trasformasse in latte dopo il parto. Si credeva che sperma e latte potessero venir prodotti indifferentemente da femmine e maschi. L’amenorrea era considerata pericolosa perché il sangue impuro non veniva eliminato. Le mestruazioni erano influenzate da molti tabu che traevano origine dalla religione e dalla superstizione. Era diffusa la credenza popolare che il contatto, lo sguardo o la semplice presenza della donna mestruata potessero far: arrugginire il ferro, inacidire il vino, marcire la carne, spuntare i coltelli. Nel corso del 600 queste idee furono superate ma rimasero radicate nell’immaginario popolare fino al XX secolo. Per moltissime le mestruazioni erano considerate un malanno o un segno di maledizione, ma un elemento naturale della loro vita; solo dal 1800 esse cominciarono a essere viste come qualcosa di patologico. Definire qualcuno “pezzuola da mestruo” era un insulto grave, ma lavare le pezze faceva parte della realtà quotidiana femminile. Sessualità:Per la medicina ufficiale gli organi genitali maschili erano il riferimento fondamentale per qualsiasi discorso sulla sessualità umana. La presenza di organi sessuali interni era segno dell’inferiorità della donna, fredda e umida non aveva prodotto il calore necessario per espellerli. 2 pubblicazioni ebbero successo: Aristotle’s Masterpiece pubblicato nel 1684 e Venus Minsieke Gasthuis. Il testo e le immagini di entrambi accomunano la vita sessuale delle donne a quella degli animali e ne descrivono l’insaziabilità, testimoniata dalla capacità di avere orgasmi multipli. Questi trattati consideravano l’orgasmo della donna indispensabile al concepimento. Tale convinzione era dannosa in caso di stupro, perché se la donna restava incinta dimostrava che aveva raggiunto l’orgasmo e perciò avendo provato piacere non c’era stata violenza. Nella prima età moderna la dottrina cattolica ammetteva i rapporti purché avessero luogo all’interno del matrimonio, ma non la domenica e nelle altre feste comandate. Imponeva all’uomo di stare sopra la donna nella posizione del missionario. queste innovazioni favorirono la professionalizzazione del minatore, che era riservato ai maschi anche se non fu mai proibito in modo esplicito alle donne. L’investimento di capitali non si limitò alle miniere ma a partire dal 400 incominciò a trasformare l’organizzazione del lavoro nelle aree di cerealicoltura. Il mercante affidava a intere famiglie contadine la produzione di filati e tessuti di lana, lino, cotone, pagando soltanto il lavoro poiché il materiale gli utensili erano di sua proprietà. Si trattava di industria domestica o a domicilio o sistema del PUTTING OUT, cioè la prima forma di produzione in serie. Specialmente in regioni della Francia, il lavoro a domicilio veniva svolto solo dalle donne, mentre i maschi continuavano a coltivare i campi. Tutto il peso della conduzione familiare gravava sulla moglie. Il lavoro femminile nelle città:Il servizio domestico fu il settore che fornì più possibilità d’impiego alle donne. A volte le bambine lasciavano il villaggio per andare a servizio nella vicina cittadina fin dall’età di 7 o 8 anni. In altre città le giovani in cerca di occupazione si riunivano in precisi punti d’incontro, chiedevano informazioni alla gente che incontravano per caso. Dovevano stare molto attente perché andare a servizio nella casa sbagliata poteva significare fare lavori sgradevoli o rischiare di non essere pagate ed essere oggetto di molestie sessuali che potevano portare a gravidanze indesiderate e infrangere le possibilità di trovare marito. La maggior parte delle famiglie poteva permettersi solo una domestica. Di solito consumava i pasti e dormiva con i padroni, raramente aveva a disposizione un locale per sé. Pur essendo di estrazione sociale più bassa indossavano abiti più raffinati. Questo turbava il concetto di borghese e a partire dal 500 furono emanate leggi suntuarie, che proibivano alle serve di portare indumenti con tessuti preziosi e gioielli, ma fu ben poco rispettata. Legalmente erano sotto la responsabilità del padrone che poteva punirle o licenziarle senza possibilità di ricorso. Se la cameriera restava incinta il datore di lavoro doveva accollarsi le spese del parto, e provvedere alla madre e al figlio per i primi 3 mesi perché ciò non sarebbe accaduto se avesse fatto meglio il suo lavoro. La condizione di dipendenza comportava che le domestiche non potessero sposarsi, ma come cosa veniva accettata perché consideravano il servizio solo una fase della loro vita non un mestiere che sarebbe durato per sempre. Speravano di mettere da parte una dote per poter procurarsi un marito migliore di quello che avrebbero trovato altrimenti. Nelle città italiane e tedesche la condizione della domestica era considerata poco dignitosa perché la vedevano connessa ai desideri sessuali del padrone. L’assunzione aveva scadenza annuale e il lavoro prevedeva il pulire, cucinare, lavare i panni, occuparsi dei bambini, curare gli ammalati, preparare i morti per la sepoltura e vegliarli. Tante donne si dedicavano alle opere pie negli ospedali, orfanotrofi e ospizi gestiti dalla Chiesa Cattolica. Si trattava perlopiù di ricoveri per malati cronici non contagiosi, disabili, ritardati mentali. Ma se nessuno aveva niente da dire sul fatto che le donne prestassero la loro opera in istituzioni pubbliche e religiose si diffonde l’intolleranza per quelle che assistevano privatamente i malati. Gli studi universitari si basavano ancora sulla dottrina di Galeno: per accertare la malattia si esaminava l’urina e gli occhi, e quasi sempre la terapia consigliata era il salasso che poteva o causare la morte o nel migliore dei casi essere inutile. Essendo laureati i medici venivano pagati profumatamente, altre 2 categorie più a buon mercato erano i cerusici per i salassi e i farmacisti per le medicine. La formazione avveniva per apprendistato che fu proibito alle donne. Sempre più per essere pagate dovevano esibire un titolo e indipendentemente dai risultati ottenuti erano ritenute ciarlatane. Ma le donne continuavano a essere le principali dispensatrici di cure mediche: tutti i libri di cucina, erbari, manuali, contenevano ricette per il trattamento di qualsiasi malattia. Il mestiere della levatrice era forse l’unico che favoriva un’identificazione con il proprio lavoro. Oltre al servizio domestico anche la vendita al dettaglio accomunava la popolazione femminile, oltre a smerciare articoli vari al mercato le donne gestivano piccole botteghe o taverne- Dal momento che il commercio al dettaglio era appannaggio delle donne, nel 500 il compito veniva affidato alle donne che controllavano la qualità e riscuotevano i dazi. A poco a poco le donne furono escluse da tutti i campi, anche dove non era necessaria la preparazione specifica. L’industria a domicilio offriva lavoro come filatrici nelle campagne anche agli uomini, nelle città non svolgevano quest’attività considerata femminile. Il mercantilismo: era un florido commercio con l’estero che poteva essere raggiunto impiegando più persone possibile nelle attività ritenute produttive. Come tutti, i mercantilisti negavano che i lavori svolti dalle donne fossero produttivi e la filatura rappresentava la strozzatura del settore tessile e misero in atto sistemi per incentivarla: furono premiate le donne più operose, agevolato il credito a quelle che accettavano il lavoro. Quelle ricoverate negli ospizi o carcerate dovevano filare per contribuire al proprio mantenimento. Successivamente alle donne fu precluso l’accesso a tutti i mestieri e questo restò l’unico loro concesso. La grande offerta di manodopera mantenne bassi i salari, inoltre la convinzione che tutte le donne fossero sposate o da sposare faceva considerare la filatura un’occupazione temporanea e invece che vivere da sole, queste donne abitavano con la famiglia del mastro tessitore. Ma non sempre le donne accettavano di risiedere presso una famiglia sempre le donne accettavano di risiedere presso una famiglia guidata da un uomo. Le filatrici di Augusta, avevano deciso di mettere in comune i salari e vivere insieme (1597) affermando di non essere così stupide da abitare con i mastri tessitori che avrebbero trattenuto una parte eccessiva della loro paga per vitto e alloggio. L’amministrazione cittadina proibì nel modo più assoluto alle nubili di risiedere per conto proprio. Un’altra fonte di preoccupazione per l’autorità erano le riunioni serali a cui le filatrici di città e di campagna si recavano portando il filatoio, la rocca e il fuso, e venivano raggiunte da uomini e durante il lavoro si cantava, scherzava e beveva. I mercantilisti le consideravano un’occasione per favorire le unioni coniugali. La preoccupazione diminuì comincia a sorgere industrie dove le donne filavano sotto il controllo di sorveglianti maschi. Questi centri chiamati manifatture si distinguono dalle fabbriche che sorsero in seguito alla rivoluzione industriale. Le donne erano più richieste perché ricevevano salari bassi e perché si pensava avessero mani delicate, anche se per faccende domestiche e lavori agricoli erano ruvide e gonfie e spesso le lavoratrici venivano multate perché il materiale non sempre era di buona qualità. Oltre alle attività che le donne svolgevano in città e in campagna ce n’erano altre nelle zone urbane quale la prostituzione. Nel Basso Medioevo in quasi tutte le città c’era un bordello municipale o un quartiere in cui la prostituzione era autorizzata. Nel 400 molte amministrazioni stabilirono regole. Durante il Medioevo il sesso a pagamento era lecito, ma le donne che lo praticavano furono tenute ai margini della società e dalla fine del 400 si videro ridurre la libertà di abbigliamento ed erano obbligate a portare particolari copricapi e segni speciali sugli abiti che le distinguevano. Dopo la Riforma chiusero i bordelli municipali. La prostituzione si riduceva a una questione etica e perdeva le valenze economiche. La chiusura dei bordelli non pose fine alla prostituzione ma la modificò: vennero aperte case più piccole; le donne si facevano trovare fuori le mura della città e i poliziotti erano corrotti.Tra il 500 e il 700 si alternano periodi di tolleranza e repressione. Firenze e Venezia erano le più permissive. A Firenze tutte le prostitute iscritte in un registro dovevano versare ogni anno una tassa che serviva per finanziare un convento in cui si ritiravano quelle che volevano abbandonare il mestiere. Ad Amsterdam nel 600 furono aperte le speelhuizen, in cui si passava la notte ballando e facendo sesso a pagamento. Nel 1800, la prostituzione fu nuovamente legalizzata a patto che le donne si lasciassero schedare e si sottoponessero settimanalmente a controlli per verificare che non fossero affette da malattie veneree. A Roma molte prostitute oltre alla prestazione sessuale offrivano musica e poesia, i vicini non le evitavano. A Parigi e Londra ci furono donne che riuscirono a conquistare posizioni di prestigio come Madame de Maintenon, che fu amante e moglie di Luigi XIV. Ma non bisogna dimenticare che la maggior parte delle donne che concedevano il proprio corpo era soggetta a violenza, prigione, malattia e a partire al 600 alla deportazione. Poiché le prostitute ogni tanto finivano in prigione, era normale che venissero in contatto con la malavita. Nei periodi di crisi economica c’erano donne che si facevano arrestare apposta per mandare a casa i soldi che guadagnavano lavorando in carcere. Per alcune il crimine divenne un’occupazione stabile. Le corporazioni: tali associazioni divennero lo strumento di organizzazione della produzione e distribuzione delle merci. In genere erano compagnie di soli uomini. Si entrava in età puberale con l’apprendistato, che poteva durare da 4 a 10 anni, il giovane diventava lavorante e imparava il mestiere da diversi maestri. Al termine si stabiliva, si sposava, apriva una bottega. La moglie avrebbe svolto il ruolo di assistente. Le donne entravano nelle corporazioni in modo non ufficiale. Quando il maestro moriva, la vedova mandava avanti la bottega e pagava le quote, ma non poteva far parte degli organismi direttivi. Ma mano a mano che venivano poste restrizioni la situazione cambiava. Fu stabilito un termine entro il quale le vedove potevano cessare l’attività, fu limitato il numero di figlie che il maestro poteva impiegare in bottega. Comunque nonostante i provvedimenti le donne, chiedevano di poter lavorare ma le autorità consideravano il lavoro maschile un diritto, quello femminile un’alternativa. Ma perché le donne furono estromesse dalle corporazioni? L’attività delle corporazioni fu sempre vista come “arte colta che compete agli uomini soltanto”. Successivamente le corporazioni cominciano a sfaldarsi, si afferma la tendenza a costituire compagnie autonome. Erano gruppi di soli uomini, con orientamento ancor più maschile delle corporazioni. I membri di queste compagnie erano i più ferrei oppositori del lavoro femminile. La rispettabilità borghese: si comincia a ritenere che non fosse opportuno che mogli e figlie contribuissero alla loro attività. Si riteneva conveniente che i maestri si sposassero perché l’uomo accasato garantiva maggiore serietà ma la coppia non era più considerata un’unità produttiva. Investimenti, amministrazione e commercio:Le grandi compagnie commerciali italiane (es. I Medici) erano imprese familiari in cui le donne investivano denaro ereditato o acquisito grazie al matrimonio. In genere le più intraprendenti erano le vedove, impegnate ad accrescere o almeno a conservare il capitale per figli e figlie. Una seppur minima parte di azionisti di queste compagnie fu di sesso femminile. Ci furono anche donne a capo di imprese commerciali che operavano a livello cittadino e alcune riuscirono ad accumulare grandi fortune; come Elisabetta Baulacre, che rimasta vedova nel 1641 trasformò la piccola merceria del marito nella più grande azienda di filati d’oro e tessuti per arredamento di Ginevra, dando lavoro a centinaia di operai. Una limitazione per le donne che avviavano imprese commerciali era la minor disponibilità di capitali rispetto agli uomini. Potevano utilizzare il denaro che ricevevano in lascito o in dote, ma venne progressivamente ridotta la loro libertà di investire se ciò rischiava di compromettere l’eredità dei figli. Quindi le donne contribuivano ai piccoli movimenti di capitale ma erano escluse dagli investimenti di notevole entità. A poco a poco si videro anche precluso l’accesso all’altra fonte di ricchezza dell’economia, la terra. In Moscovia nel 1627, una legge proibiva alle vedove senza prole di ereditare la terra di famiglia e ne limitava la trasmissione alle figlie a vantaggio dei maschi. Concludendo: Le donne vennero espulse dalle corporazioni dei mestieri, svolgevano mansioni agricole da cui prima erano escluse ma continuavano a ricevere salari dimezzati. Venne ridotta la loro opportunità di svolgere attività economiche, praticavano lavori poco prestigiosi, sottopagati o non pagati affatto, precari. Eppure, ci rendiamo conto che, nonostante tutto, le donne non abbandonarono la dimensione produttiva e continuarono a giocare un ruolo determinante per lo sviluppo dell’economia. Capitolo quarto Istruzione e cultura:Una delle richieste più pressanti avanzate nei secoli XIX e XX per chi si batteva per i diritti delle donne fu l'accesso all'istruzione. Con essa le donne potevano diventare cittadini consapevoli. La cultura che a quel tempo significava conoscere le lingue classiche, filosofia, scienze, per una donna era considerata un completamento della personalità non aveva niente a che fare con aspirazioni di tipo politico o professionale. Anna Maria Von Schurman è universalmente riconosciuta come la donna più colta d'Europa. La forte opposizione dimostra che era diffusa la convinzione che imparando a leggere e scrivere le donne avrebbero modificato la propria visione del mondo e del posto che in esso dovevano occupare. Alfabetizzazione:Di solito i genitori erano i primi insegnanti di lettura delle bambine. Le ebree italiane insegnavano ai bambini l'alfabeto ebraico ma il lavoro di traduzione e commento era riservato ai maschi. L'apprendimento della lettura divenne parte integrante dell'educazione religiosa. Nel 500 e 600 nascono alcuni istituti femminili, molti dei quali scomparvero in seguito alla guerra dei 30 anni. Comunque questi istituti dispensavano una misera formazione culturale. Frequentavano per poco più di un ora al giorno per uno o due anni. Qual era per i protestanti lo scopo dell'istruzione femminile? Abituare le fanciulle al catechismo, e a un comportamento corretto. Venivano impartite lezioni di cucito e altre abilità pertinenti alla casa, le borse di studio riservate alle donne avevano lo scopo di mandarle a scuola affinchè imparassero a cucire. Nelle zone di campagna l'educazione delle femmine era simile a quella dei fratelli e la differenza di genere era meno rilevante. In Italia e in Spagna c'erano scuole di catechismo non ufficiali dove i bambini imparavano a leggere, ma ci si dedicavano solo 2 ore la domenica e nei giorni di festa quindi il grado di preparazione raggiunto era abbastanza scadente. Le opportunità di istruzione femminile aumentano con le ORSOLINE, ogni argomento veniva imparato a memoria. Se invece andavano a scuola le ragazze lo facevano per un periodo molto più breve rispetto ai fratelli e imparavano a leggere ma non a scrivere, dal momento che le due abilità non venivano insegnate contemporaneamente. Si preferiva insegnare alle donne a leggere anziché scrivere perchè scrivendo potevano esprimere opinioni e pensieri cosa per molti considerata pericolosa. Più il tempo passa però più il divario diminuisce intorno al 1750, ma tra uomini e donne di ceti elevati. Quali sono i testi che le donne avevano imparato a leggere? Nel 500 erano diffuse bibbie illustrate, piccole raccolte di salmi e versetti o opuscoli che raccontavano la vita dei santi. Nel 600 e 700 aumentò la letteratura profana, e nel 1750 le donne avevano quindi la possibilità di interessarsi ad una grande varietà di temi. Quasi tutti i trattati indirizzati alle donne di ostetricia, cucito, erano scritti da uomini. Di qualsiasi materia si occupassero invitavano le lettrici alla castità, obbedienza. Non possiamo sapere se accoglievano il messaggio ma conosciamo le preoccupazioni dei governanti e degli autori rispetto agli effetti che anche il piu innocente dei contenuti poteva provocare. L'episodio più eclatante fu l'atto emanato da Enrico VIII nel 1543 che proibiva lettura della bibbia a tutte le donne escluse le nobildonne e le gentildonne che possono leggerla in privato, non per altri. Thoams Bentley arrivò al punto di contraffare il nuovo testamento per adattarlo ai suoi propositi: nel Monument of matrones, raccolta di precetti per donne sposate pubblicate a Londra nel 1582 egli riporta tutti i passi delle lettere di San Paolo ai Corinzi in cui viene rimarcata la remissività della donna e omette quelli che sostengono la complementarietà. L'educazione umanistica:Nel campo della cultura la novità fu la diffusione dell'umanesimo in Italia, dove ebbe origine, ai paesi dell'Europa. Il movimento valorizzava autori greci e latini come esempi di contenuto e stile, lo studio dei classici era il fondamento di ogni sapere. Gli umanisti aprirono scuole si apre un atteggiamento ambivalente degli umanisti nei confronti dell'istruzione femminile.Da un lato se i classici erano i più illustri modelli di rettitudine perchè le donne avrebbero dovuto essere escluse da questa conoscenza? Allo stesso tempo, come affermava un umanista italiano del 400, una donna che sa parlare in pubblico non può essere casta. Se si pensava che solo imparare a leggere potesse distoglierla dagli impegni domestici come poteva trovare il tempo per coltivare gli studi classici? Gli umanisti italiani giudicavano la retorica inadatta alle donne e sostenevano quindi che se una giovane si sposava doveva interrompere gli studi se intendeva continuare a coltivare il sapere l'unica via era quella del convento. A dispetto di tutti alcune donne acquisirono una vasta cultura con l'aiuto dei padri o per contro proprio dal momento che nessuna accademia le accettava. Ricordiamo Laura Cereta, Cassandra Fedele, Isotta Nogarola, i colleghi maschi affermano che esse avevano superato i limiti propri del loro sesso. Molte umaniste si dispiacevano di essere nate donne, si lamentavano delle scarse facoltà mentali del loro sesso. Si rendevano conto di non poter conciliare lo studio con le responsabilità del matrimonio e sceglievano di ritirarsi e di vivere in solitudine. Nel 500 l'umanesimo si diffuse in Inghilterra. La più famosa fu la figlia maggiore di Tommaso Moro, Margaret Roper. Scrisse un certo numero di orazioni ,poesie, l'unica delle sue opere che fu pubblicata nel 1524 è una traduzione in inglese della Precatio Dominica di Erasmo da Rotterdam. L'opera ebbe grande successo. A differenza di quando avveniva in Inghilterra e In Italia, le umaniste francesi erano desiderose di far conoscere la propria cultura. Famosa fu Margherita di Navarra sorella di Francesco I e nonna di Enrico IV di Francia. Attraverso l'Heptameron Raccolta di 72 novelle pubblicata poco dopo la sua morte la sua influenza si estese al di fuori della Corte. Il libro ebbe grande successo in Francia umanisti inglesi non gradivano che l'opera fosse la lettura preferita delle donne colte. Delinea donne sicure di sé ed offrendo alle lettrici altri modelli alternativi alle pazienti mogli e figlie anche se lei aveva dalla sua la posizione sociale. Al pari di Isotta Nogarola Caterina de Roques decise che la penna è il fuso non potevano conciliare responsabilità domestiche con produzione artistica Caterina come Margareth e Isotta erano apprezzate in quanto eccezioni alla regola le loro opere non indussero mai gli intellettuali del tempo e neppure le loro colleghe a mettere in discussione l'educazione femminile. Lo studio dei classici col tempo entrò a far parte dei programmi delle scuole inoltre la diffusione dell'Umanesimo e l'abolizione del celibato fece sì che gli uomini non fossero più costretti a scegliere tra matrimonio e studio anzi la posizione più adatta all'uomo di marito padre capo famiglia .mentre le donne erano ancora posti di fronte ad un alternativa. Donne colte 1600 1750:Si inizia a pensare che anche le donne portavano il loro contributo mediante il benefico influsso sui figli quando il marito era lontano o restavano vedove. Donna istruita poteva tenerlo lontano dalle prostitute da altri vizi. Coloro che si battevano per una seria educazione femminile non giudicavano soddisfacenti le istituzioni specializzate che comparvero nel corso del secolo perché avevano come unico obiettivo quello di preparare le fanciulle al loro futuro ruolo di mogli. I sostenitori e le sostenitrici di una seria educazione femminile pubblicarono opere che erano elenchi di donne dotate di profonda cultura o ingegno. In genere questi letterati va davano più alla quantità alla qualità e menzionavano tutte le donne di cui avevano sentito. Ricorre di frequente Anna Maria van Schurmann considerata la più colta del suo tempo nata in Olanda educata insieme ai due fratelli dal padre coltivo pittura e incisione studio un certo numero di lingue antiche scrisse una grammatica etiope ed ebbe il raro privilegio di frequentare le lezioni all'università di Utrecht pur se costretta a nascondersi dietro un paravento. Nel 1673 Bathsua Makin ammiratrice e corrispondente della Schurmann,Makin sosteneva che la cultura forniva alle donne qualcosa per esercitare la mente e con spirito più pratico di Schurmann consentiva alle vedove di capire e gestire meglio i propri affari aiutare i mariti nel lavoro alle madri di educare i figli fin dalla prima infanzia. Se Makin sottolineava i vantaggi concreti Mary Astell riprese l'idea di Schurmann secondo cui le donne potevano studiare chiedeva l'istituzione di un luogo appartato in cui nubili e vedove potessero dedicarsi allo studio nell'isolamento spirituale e intellettuale. Il suo progetto fu messo in ridicolo e definito monastero protestante le scuole femminili inserirò non nei programmi di studio la preparazione classica auspicata da Shurmann,Makin e Astell soltanto negli ultimi anni del diciottesimo secolo. Corti e salotti Diciamo che il sistema scolastico si limitava a insegnare nozioni di base ma se pensiamo che l'apprendimento è un processo che dura tutta la vita le corti e salotti furono più utili delle scuole per la formazione culturale delle gentildonne. Era frequente che le giovani benestanti venissero inviate a trascorrere tempo presso famiglie di condizione sociale più elevata a corte. Questa nuova realtà permetteva alle giovani damigelle di entrare in contatto con gli intellettuali. Le fanciulle imparare a suonare a ballare e recitare avevano la possibilità di studiare il latino è il francese è la storia. Nel 500 in Francia Spagna e Portogallo e in Europa centrale e orientale i sovrani cominciarono ad accettare il potere nelle monarchie assolute. I nobili autonomi dovevano assumere un nuovo ruolo quello del cortigiano per imparare la guida migliore era il libro del cortigiano Baldessarre Castiglione. Il libro consigliava agli uomini di adottare il comportamento che ci si aspettava dalle donne badare all'apparenza non parlare con arroganza essere discreti. I suggerimenti per le donne erano pressappoco gli stessi la damigella dedicava molte ore al abbigliamento e alla conciatura giocava a carte e perdeva è la furba intratteneva il re e la regina con passatempi. Le incombenze più prestigiose erano connessi alle esigenze del sovrano portargli la colazione il tovagliolo vuotare il vaso da notte. Fornivano l'opportunità di entrare in stretto contatto con il monarca. Le damigelle capirono ben presto che si potevano ricavare notevoli privilegi concedendo i propri favori diventando amanti del Re ed eleva vano la favorita di turno al rango di amante ufficiale, maitresse en titre. La più influente Madame de Pompadour che fu l'amante ufficiale di Luigi quindicesimo per circa vent'anni Madame de Pompadour realizzò l'obiettivo umanista di utilizzare i Per scopi politici in uno dei pochi modi possibili per una donna di quel tempo. Accanto alle amanti dei potenti altre donne colte furono le regine. Intorno alla metà del Seicento alcune parigine diedero vita a una nuova istituzione che consente di accedere al mondo della cultura e delle lettere il salotto (Salon in francese). Esistevano questi saloni dove ricevevano nella propria casa uomini e donne che si battevano su argomenti che loro stesse proponevano di volta in volta. Il primo vero salotto è considerato quello di Madame de Rambouillet. Prendevano molto sul serio il loro impegno e si preparavano prima di ogni riunione scrivendo lettere e raffinando le proprie doti di conversatrici. Nello stesso periodo i salotti si estesero in Inghilterra e in Germania e furono un'esperienza straordinaria in cui le donne ebbero la concreta opportunità di frequentare altre donne e uomini colti. Patronato:Le dame di corte usarono il proprio ascendente per proteggere scrittori compositori e pittori a quel tempo era arduo ottenere successo in campo letterario e artistico e senza l'aiuto di una persona influente con l'aumento dell'alfabetizzazione anche le ricche borghesi iniziarono a proteggere gli artisti in. Attraverso la lettura conoscevano la vita dei palazzi e delle corti e cominciarono ad arredare meglio le loro case. Capitolo quinto Donne e produzione artistica Nel Medioevo la cultura era monopolio della Chiesa. Questa realtà inizio a cambiare durante il Rinascimento, la produzione culturale non era più condizionata dalla Chiesa. In epoca medievale pittori e scrittori e compositori erano considerati artigiani come ciabattini e fornai. Il Rinascimento favorire una nuova visione del genio creativo gli autori cominciarono a firmare le loro composizioni ea certe arti come pittura scultura su attribuita maggiore importanza soprattutto per effetto di Giorgio Vasari da molti ritenuto primo storico dell'arte. Pittura scultura e architettura furono considerate le arti maggiori. Lo stesso bene per le opere scritte come poesie poema storico ed epico. Le donne erano escluse da tutte le scuole e accademie e loro scritti dalla mente venivano accettati dalle riviste di letteratura. La produzione artistica di una donna era considerata artigianato. Se la sua opera non si prestava venire liquidata in questo modo si diceva che aveva superato i limiti propri del suo sesso era diversa o ermafrodito. Artiste figurative: Il pregiudizio di genere del Rinascimento in cui le arti figurative si distinguevano in arte e artigianato e in maggiori e minori fece sì che alle donne non furono date mai soddisfazioni. Ad esempio i ritratti in miniatura su avorio di Rosalba Carriera e i collage di Mary delany con quadri di fiori. Stando a quanto afferma uno studioso degli anni Settanta del Novecento i quadri di fiori non richiedevano talento. L'esempio più eclatante della perdita di valore di un arte è quella del ricamo, sempre identificata con il lavoro femminile. E quanto più il ricamo veniva eseguito in casa per uso domestico tanto più era considerato un completamento piuttosto che un arte. Ma il ricamo e bene da premoderno molti elementi in comune con la pittura riproduce va piante e fiori uccelli animali. Le ricamatrici si cimentavano con la prospettiva, badavano alla proporzione. Le due arti si influenzavano a vicenda ma l'arte del ricamo differiva dalla pittura negli aspetti più importanti.Per esempio non venivano firmati i ricami. Nel 500 molte italiane divennero famose per i loro quadri anche se tutti o quasi tutte le loro opere sono andate perdute. Pur con notevoli differenze il percorso professionale ci presenta molteplici analogie. Molte erano figlie di pittori. La giovane che si dedicava alla pittura era quasi sempre la maggiore delle figlie oppure non aveva fratelli maschi. Si erano sposati il marito faceva il pittore. Alle donne era proibito lo studio del nudo maschile quindi realizzavano ritratti quadretti nature morte. Un'altra tecnica cui le donne non avevano accesso era la fresco che prevede l'applicazione dei colori sulla parete e impone di lavorare in un ambiente pubblico cosa che era ritenuta in adatta per una donna. Sofonisba