Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Riassunto del libro "Le tecnologie educative" di Bonaiuti, Calvani, Menichetti e Vivanet, Sintesi del corso di Didattica Pedagogica

Riassunto del libro "Le tecnologie educative" riguardante il ripensamento della pratica didattica in seguito all'apporto delle tecnologie

Tipologia: Sintesi del corso

2021/2022

In vendita dal 29/05/2022

katia.3
katia.3 🇮🇹

4.4

(21)

8 documenti

1 / 73

Toggle sidebar

Spesso scaricati insieme


Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Riassunto del libro "Le tecnologie educative" di Bonaiuti, Calvani, Menichetti e Vivanet e più Sintesi del corso in PDF di Didattica Pedagogica solo su Docsity! VIVIANA VINCI Libro: Le tecnologie educative PARTE PRIMA: dispositivi e modelli tecnologici Come le tecnologie digitali possono essere impiegate in modo pedagogicamente significativo? Perché le tecnologie come dispositivi fisici nei sistemi educativi?  possono migliorare gli apprendimenti  possono essere introdotte come programma di studio sulla tecnologia stessa (articolazione scolastica per lo sviluppo della competenza digitale)  possono migliorare la funzionalità del setting scolastico, rendere flessibile l’attività didattica, razionalizzare la comunicazione interna, capitalizzare risorse didattica, favorire networking per la formazione. Non sono le tecnologie ma le metodologie il fattore rilevante da cui dipendono i miglioramenti possibili degli apprendimenti degli allievi. «Una scuola che continuerà a caldeggiare immissioni non pedagogicamente mirate di tecnologie vedrà progressivamente abbassare i propri livelli di apprendimento» (p. 12) tecnologie come DISPOSITIVI FISICI (computer, rete, tablet, smartphone ecc): è importante comprendere le dinamiche interattive, le situazioni a rischio e spazi interessanti a fine di apprendimento tecnologia come CORNICE CULTURALE: consapevolezza di che cosa significa «pensare tecnologicamente», del modo in cui una cultura tecnologica può risultare importante per l’educazione, integrandosi con la prassi didattica Capitolo 1 (pp. 17-45): Cosa succede quando uno studente e un dispositivo tecnologico si interfacciano a scopo di apprendimento? La storia dell’uomo viene concepita con il termine di evoluzione protesica, infatti, per sopperire alle sue carenze e potenziare la capacità di controllare l’ambiente circostante, l’uomo ha creato una serie di strumenti, definiti dallo stesso Bruner: amplificatori culturali. Tali amplificatori culturali- sul piano motorio, sensoriale e comunicativo, cognitivo e culturale- sono totalmente congiunti con gli esseri umani, al punto da diventare parte integrante di quella che definiamo TECNOCULTURA. La proliferazione protesica ha determinato una nuova condizione antropologica, legata all’essere sempre ’connessi al punto che l’esistenza umana è in alternanza con il real world e l’e-world.’ Ciò ha relegato un’alta responsabilità a famiglie ed educatori, i quali devono sfruttare gli arricchimenti di questo cambiamento ed evitare gli effetti negativi. Cos’è il Medium? Il medium rimanda ai dispositivi tecnologici digitali, e dobbiamo considerarlo, non come un semplice mezzo di comunicazione, ma come un’interfaccia coadiuvata (affiancata) da un supporto tecnologico che consenta produzione, manipolazione e negoziazione di simboli, significati, identità e spazi virtuali’. Cos’è l’Interfaccia? L’interfaccia ‘è una superficie di contatto, il luogo in cui due sistemi o due ordini di realtà si incontrano e comunicano; es. nell’ Interfaccia uomo-dispositivo si attuano dinamiche emozionali, identitarie, interpersonali e cognitive. L’ambito di studi a cui fare riferimento è quello della Tecnologia cognitiva, cioè l’area che si occupa dei rapporti cognitivi fra esseri umani e dispositivi tecnologici A tal proposito l’interfaccia uomo-macchina può essere oggetto di educazione; il medium diventa una protesi utilizzata dall’uomo a fini migliorativi per la sua esistenza. Un chiaro esempio rimanda agli occhiali, tecnologia utilizzata dall’uomo per migliorare la vista al punto Trasformazioni tecnologiche influenza e interazione rilevante su modalità di pensiero e forme della cultura Teoria ingenua dell’adeguamento della scuola ai nativi digitali: i nativi digitali hanno sviluppato tratti cognitivi legati alla convivenza con le nuove tecnologie e si è sviluppata la teoria secondo cui le istituzioni scolastiche debbano adattarsi a tale processo. Anche tale teoria fa parte delle mitologie digitali. Le due modalità di comunicazione umana sono:  è vincolata nello spazio e nel tempo (bisogna essere nello stesso posto nello stesso istante)  è immanente e irripetibile  è complessa e composta da molti più elementi rispetto al contenuto linguistico parlato (posture, gesti, intonazioni, ecc.) COMUNICAZIONE DIRETTA O FACCIA A FACCIA  riguarda le interazioni interpersonali filtrate da un medium (scrittura, telefono, rete telematica ecc.)  è svincolata dalla compresenza spazio-temporale (può essere infatti anche una comunicazione asincrona) COMUNICAZIONE MEDIATA Interazione: scambio fra esseri umani Interattività: è una forma specifica di interazione tra l’uomo e il medium; essa è tipica di alcuni dispositivi automatici che reagiscono a determinati stimoli (umani o meccanici). Interattività: è tipica del computer, che può essere definito come un medium interattivo grazie al feedback (informazione di ritorno) che può fornire alle azioni di un soggetto o di un altro computer L‘interattività va intesa come continuum con alcune ‘soglie’ con significative differenze sul piano educativo. Norman distingue 2 poli della cognizione:  Esperienziale in cui l’interattività è più intensa perché si è immersi nel contesto  Riflessiva vi è distanza dall’esperienza diretta per cui la mente può riflettere. Il ruolo e gli spazi consentiti alla mente cambiano in funzione della tipologia interattiva uomo-macchina: VIDEOGIOCHI= MOLTA INTERATTIVITA’ SCRITTURA AL PC= INTERATTIVITA’ COOPERATIVA  Nei videogiochi o nelle simulazioni – pilota da corsa, ecc. – le reazioni sono automatiche, c’è molta interattività, legata alla percezione istantanea e alla cognizione esperienziale, e poca riflessività, derivante da un eccessivo coinvolgimento  Nella scrittura al computer o nell’utilizzo di ambienti di lavoro aperti, in cui il feedback del computer non è immediato ma deriva dalle scelte dell’autore, si verifica un partenariato (accordo) uomo-macchina, che consente maggiori margini di riflessività: parliamo di interattività cooperativa;  Nella navigazione in Internet, in cui l’attivazione del link è guidata da un’ipotesi, parliamo di interattività esplorativa.  Nel processo di scrittura a penna si verifica una totale assenza di interattività e molta riflessività. NAVIGAZIONE IN INTERNET = INTERATTIVITA’ ESPLORATIVA Negli anni 80’ alcuni autori hanno individuato potenzialità e vincoli delle tecnologie legati al processo di apprendimento. Vi sono alcuni principi insiti alle tecnologie che ci fanno comprendere come esse possano essere efficaci per l’apprendimento:  Editabilità: modificabilità e adattabilità rapida di documenti, testi, video; essa permette alcuni vantaggi:  operazioni riflessive o metacognitive dello studente;  opportunità di individualizzazione del contenuto da parte del docente  Interattività: feedback che il computer rilascia all’uomo è utile ai fini dell’apprendimento; per esempio, l’utilizzo di tutorial e ambienti di simulazione per apprendere;  Accesso e gestione di risorse remote per il docente utili per la progettazione didattica; es. registro elettronico alleggerimento della burocrazia scolastica  Multimedialità: integrazione, nei documenti digitali, di testi, immagini dinamiche, suoni, video, nell’analogico ciò non è possibile poiché si deve seguire una logica lineare;  Reticolarità: passaggio da un documento all’altro che ci permette di lavorare nella logica della rete dei saperi; importante è l’aspetto ipertestuale/ipermediale, per cui ogni elemento di un documento può consentire il passaggio ad altri documenti attraverso collegamenti specifici (link);  Collaboratività: ampliamento delle capacità comunicative, potenzialità del gruppo, di apprendimento in rete. Potenzialità insite nelle tecnologie digitali  Accessibilità: gli artefatti devono essere fruibili da chiunque, senza discriminazioni (linee guida per la progettazione in ambito informatico: World Wide Web Consortium, W3C); es. importanza delle tecnologie assistive soprattutto per le disabilità sensoriali  Usabilità: adeguatezza del prodotto all’interazione (fra utilizzatore e oggetto), lo strumento deve essere adeguato a chi lo utilizza e alle sue esigenze; Non esiste una soluzione migliore in assoluto, ma occorre differenziare le interfacce tra novizi ed esperti (personalizzazione); es. mostrano un grado di usabilità maggiore gli artefatti che utilizzano analogie fisiche o culturali, metafore (scrivania riproposta nelle icone Office: documenti, matita, forbici, gomma ecc.) Vincoli per le tecnologie digitali: requisiti particolari per il loro utilizzo LIVELLO INFANZIA:  «obesità mediale» come piaga sociale: Educatori e genitori si ritrovano ad affrontare il problema dell’OBESITA’ MEDIALE, legata alla costante esposizione dei bambini ai media, che determina forti condizionamenti a livello neurologico.  Dieta mediale: essa mira a contrastare l’obesità mediale attraverso lo sviluppo dei concetti di sobrietà, trasparenza e concertazione.  Rischi di una esposizione precoce ai media: L’esposizione precoce determina rischi importanti, uno dei quali deriva dai cartoni animati: infatti è sconsigliabile esporre i bambini sotto i 3- 4 anni alla visione passiva dei cartoni in quanto ritmi veloci e incapacità di comprendere gli stimoli determinano atteggiamenti irritabili e demotivati.  Fattori negativi nella prima infanzia: ritmo veloce, impossibilità di comprendere e controllare lo stimolo, assenza di una sua rielaborazione simbolica, ad esempio attraverso il dialogo con un adulto. L’azione educativa va identificata con l’azione comunicativa 5.  È importante considerare che educazione e comunicazione hanno tratti in comune; infatti, sappiamo bene che la comunicazione ha effetti modellanti sull’educazione; ma dobbiamo ricordare che si tratta di due cose distinte  Dobbiamo evitare il rischio di considerare come formative banali pratiche di intrattenimento poiché al termine di un percorso educativo i soggetti devono aver modificato la loro condizione di partenza (da un punto di vista conoscitivo, cognitivo, interpersonale, emozionale) in modo migliorativo. Ciò che accade agli adulti ha lo stesso valore per i bambini 6.  È necessario comprendere che la tecnologia svolge funzioni diverse rispettivamente nel mondo del lavoro e nella scuola, infatti nel mondo del lavoro la diminuzione della fatica e la velocità di esecuzione hanno un valore positivo; nel mondo della scuola sforzo, impegno e tempo adeguato hanno un valore positivo, in quanto l’estroflessione potrebbe determinare la disabilitazione di abilità cognitive.  «ciò che va bene per gli adulti nei contesti lavorativi non va dunque necessariamente bene per gli alunni e, in generale, per i novizi che devono acquisire e interiorizzare procedure e concetti prima del loro uso e spendibilità in forma professionale» LIVELLO PRESCOLARE  È importante evitare situazioni di interazioni a ritmo veloce, non riflessiva, non utili cognitivamente e incentivare le interazioni che consentono un rapporto attivo e riflessivo con il computer, a patto che il tempo dedicato a queste attività non vada a scapito di quello necessario per soddisfare necessità più importanti quali: attività fisica, manualità, identità corporea, interazione sociale  È necessario fare esperienza diretta e sensoriale incentivando le esperienze analogiche e limitando la costante interazione con il medium digitale LIVELLO SCUOLA: È importante favorire nei primi anni l’acquisizione del setting alfabetico tradizionale ponendo in secondo piano l’utilizzo delle tecnologie. Ecco un’ipotesi in un quadro di ecologia complessiva:  3-9 anni: avvicinamento occasionale, prevalentemente ludico ed esplorativo, alla tecnologia. È necessario favorire lo sviluppo della personalità del soggetto e le abilità cognitive; infatti per esempio scrittura e lettura vanno acquisite con carta e penna e su testo stampato.  10-13 anni: approccio sistematico alla tecnologia (learning about technology). Si deve iniziare a concepire la tecnologia non solo come strumento ma anche come oggetto di studio. Questo è il periodo in cui si assiste al passaggio dal pensiero operatorio concreto a quello formale durante il quale la tecnologia deve entrare in gioco con una presenza forte attraverso:  un programma sistematico di insegnamento ai media  familiarizzazione con un linguaggio di programmazione  sperimentare tecnologia e robotica (framework di competenza digitale)  dai 14 anni in poi: impiego della tecnologia per conoscere (learning through technology). Le conoscenze tecnologiche sono ormai consolidate per cui è possibile fare didattica con i media per approfondire gli apprendimenti curricolari o per la soluzione di problemi complessi. Pag 41 Riquadro 6 Oggi il mondo dei videogiochi è molto cambiato in quanto essi vengono impiegati come edutainment, cioè a scopo educativo poiché permettono di sviluppare abilità cognitive, essendo l’alunno un soggetto attivo. Esiste una molteplicità di giochi tra cui ricordiamo: • Giochi di azione veloce (sport, gare, corse, avventure): più discutibili sul piano educativo in quanto si basano su un ritmo veloce e hanno l’effetto di sovraccarico cognitivo e di inibizione di alcune capacità cognitive che non giovano. • Giochi per sviluppare abilità percettive, motorie e di rilevanza cognitiva, come i giochi di memory o puzzle che si basano su una logica in cui il bambino è meno passivo e concorre all’apprendimento; il puzzle, per esempio, è fondamentale perché aiuta il bambino a selezionare, a mettere in serie, catalogare e stimola l’attenzione. Gli ambienti adatti al bambino in età prescolare dovrebbero essere pensati valorizzando i sensi legati alla colorazione, associazione di forme, puzzle, attenzione, attività creative o progettuali – es. giochi Disney. Se introduciamo il giorno dal punto di vista elettronico, nella primissima fase, è necessaria comunque una presenza dell’adulto o una negoziazione condivisa con i bambini sui tempi da dedicare al gioco elettronico. È interessante in questo senso pensare ad alcuni software e ambienti orientati a fini logici o di potenziamento cognitivo, ad esempio il LOGO. Il LOGO di Papert, linguaggio di programmazione per fini didattici, è preliminare per alla programmazione e alla robotica, bypassando il linguaggio formale e avvalendosi di mediatori fisici o iconici (www.coding.org) Come nasce il LOGO di Papert? È una piccola tartaruga che disegna linee, triangoli, quadrati e cerchi sullo schermo mentre scriviamo i comandi ed è stato progettato nel 1967 da una azienda americana di Cambridge con l'obiettivo di predisporre un ambiente in cui i bambini potessero giocare con parole e frasi. È interessante perché questo linguaggio di programmazione è il precursore» del coding: programmazione che ha come base il pensiero computazionale, ossia tutti quei processi mentali che mirano alla risoluzione di problemi tramite l’uso di giochi interattivi che rispondono a comandi in codice; come i robot che obbediscono a comandi in codice oppure tramite applicazioni (es. Scratch, tool di programmazione visuale che consente di creare giochi virtuali o animazioni). Si può pensare alla tecnologia e al gioco tecnologico a scopo di valorizzazione e potenziamento dell’apprendimento senza cade in ingenue mitologie perché si tende a considerarle come attività sostitutive. Quali possono essere gli elementi insisti nella tecnologia e aiutano il bambino nel problem solving? Una tecnologia in un contesto particolare può costituire un fattore di attrazione e di innesco (trigger) per un’attività di problem solving cognitiva e permette l’apertura alla possibilità di una dimensione collaborativa. Si assiste all’affermarsi di una nuova concezione della costruzione della conoscenza come prodotto aperto e collettivo. È sviluppata la concezione erronea di ritenere che innovazione tecnologica significhi tout court miglioramento educativo. Costruire competenze esperte nella differenziazione didattica a seconda dello scopo e dell’obiettivo. • Riduzione della capacità di attenzione: se tendo ad esagerare ha un impatto negativo a livello cognitivo; • Velocità di interazione e multitasking tendono a favorire la disabilitazione di processi riflessivi (estroflessione), un esempio è la calcolatrice che disabilità l’abilità di calcolo e memorizzazione; • Immissioni massicce e mal finalizzate di nuovi dispositivi cognitivi nella scuola lasciano prevedere un abbassamento della qualità dei processi cognitivi perché vengono introdotte in maniera acritica; • Essenziale il ruolo di chi educa all’interno della dialettica tra la mente e il medium, e quindi di colui che media nella mediazione che dovrebbe intervenire con adattamenti, suggerimenti e consegne di lavoro che aiutino il bambino a comprendere gli step. La responsabilità è nelle mani dell’educatore che deve comprendere le dinamiche ergonomiche in gioco. Capitolo 2 Alcuni modelli concettuali propri del pensiero tecnologico hanno influenzato le pratiche didattiche e il pensiero pedagogico. Ogni tecnologia (ruota, scrittura, aratro, computer) permette di svolgere l’attività per cui è stata ideata e allo stesso tempo diventa modello per l’azione consentendoci di ripensare l’idea del tempo, delle distanze, delle relazioni, delle comunicazioni. «Il pensiero razionale da cui nascono gli artefatti trasforma i modi di concepire la realtà, di strutturare le relazioni sociali e le attività indipendentemente dal loro utilizzo specifico» (p. 47) quindi c’è un’influenza importante che riguarda tante dimensioni della didattica. La pedagogia e le pratiche didattiche durante il 900’ sono state influenzate da approcci tecnologici che hanno determinato la necessità di ridefinire le pratiche didattiche e pedagogiche in termini di: Razionalizzazione: proceduralizzazione di eventi didattici, di tempistiche e strategie che seguono degli standard pensati secondo un certo ordine Amplificazione: la tecnologia ha consentito l’apertura della scuola e dell’istruzione in senso democratico a più utenti possibili, la rete è l’esempio perfetto del concetto di accessibilità e democratizzazione del sapere Ridefinizione delle pratiche Il pensiero tecnologico ha portato ad una maggiore razionalizzazione e a una visione particolare basata sull’efficienza. Assistiamo ad uno studio sistematico sulla progettazione a partire dal secondo dopoguerra, negli Stati Uniti, in un preciso clima storico culturale della guerra fredda, e di sviluppo industriale ed economico. Tale clima ha portato a ripensare e a cercare di rendere più efficienti i sistemi di Dimensioni della didattica Tecnologia Aspetti principali Progettazione Cibernetica, feedback Formazione come processo; concetti di obiettivo, task analysis, tassonomia, curricolo Dimensioni della didattica Tecnologia Aspetti principali Progettazione Cibernetica, feedback Formazione come processo; concetti di obiettivo, task analysis, tassonomia, curricolo Individualizzazione Macchine per insegnare, computer Variabili sottostanti l’insegnamento e l’apprendimento Personalizzazione Ipertesti, reti semantiche Criteri di flessibilizzazione Comunicazione Multimedialità CMC Specificità dei formati mediali Partecipazione (presenza/distanza) Reti telematiche Scoperta di specificità nella relazione in presenza e a distanza Collaborazione Reti telematiche e ambienti online Ridefinizione dei ruoli, delle reti sociali e delle modalità di interazione Videogioco come modello (gamification) Videogiochi Nuove conoscenze sui criteri di applicazione dei principi dell’istruzione Riflessività Blog, social network Nuove idee sull’autoconsapevolezza istruzione e di ottenere migliori esiti dell’apprendimento. Affinché ciò possa avvenire è necessario modificare gli approcci all’organizzazione della formazione per renderli più razionali contrastando i rischi dell’improvvisazione e limitando lo spontaneismo. L’influenza deriva da modelli tecnologici derivanti dallo studio sistematico dell’organizzazione del lavoro e dalla cibernetica, cioè lo studio matematico a carattere interdisciplinare dei sistemi naturali e artificiali. Dagli studi della tecnologia e della cibernetica deriva l’idea di formazione come processo. La parola ‘Processo’ è il termine usato in maniera specifica nell’analisi dei sistemi automatici per indicare un complesso di cambiamenti concatenati input – output, quindi ci da l’idea di un prima e un dopo, di una causa e un effetto. Quando la formazione è intesa come processo vuol dire all’intesa che può essere scomponibile in fasi, oggettivabile, descrivibile attraverso documenti e schemi, e quindi risulta anche essere più controllabile. Importante è l’Instructional Design (Merrill et al., 1996) che nasce durante gli anni 60’ e dà avvio ad un nuovo modo di intendere l’istruzione attraverso criteri di attuazione di esperienze didattiche efficienti, efficaci e accattivanti. Quindi i dispositivi concettuali principali che sono l’esito dell’incontro fra tecnologia ed educazione hanno portato a ripesare ad obiettivi specifici, quali:  obiettivo,  task analysis,  tassonomia,  curricolo. Si traduce come Comportamento osservabile che lo studente deve essere in grado di mostrare per essere considerato competente, quindi diventa il risultato che l’istruzione si prefigge e che deve essere raggiunto alla fine del processo formativo. L’obiettivo diventa operazionalizzabile cioè scomponibile e descrivibile in maniera analitica. Da questa riconsiderazione del concetto di obiettivo deriva lo studio e la valutazione:  Delle performance degli studenti, intese come azioni da fare che sono osservabili e misurabili per l’esito dell’apprendimento;  Delle condizioni e delle circostanze di esecuzione che possono influenzare i processi di apprendimento e comprendono materiali e strumenti;  Dei criteri (livelli di accettabilità e valutazione del risultato) da seguire. Letteralmente significa ‘Analisi del compito’ ed è un modello finalizzato a identificare gli elementi di cui si compone un obiettivo formativo e ad attuare una descrizione analitica dettagliata delle attività manuali e mentali richieste per lo svolgimento. La task analysis è una rappresentazione ordinata step by step dei passi da compiere per raggiungere un risultato, l’obiettivo; e per farlo viene scomposto in elementi semplici e controllabili. Gli strumenti specifici che vengono utilizzati nella progettazione sono frutto degli sviluppi in ambito tecnologico e vengono realizzati con dei programmi informatici; si tratta di grafici che consentono di raffigurare visivamente il frutto di una task analysis che ci permette di suddividere gerarchicamente le parti in unità per identificare quelle che sono i prodotti in uscita e che vengono definiti, nel linguaggio progettuale, deliverables. a. (WORK BREAKDOWN STRUCTURE) Questo è un esempio di WORK BREAKDOWN STRUCTURE che consente di raffigurare un progetto formativo e di uscire da una visione vaga del progetto. Il punto di partenza è il titolo esemplificativo, sulla sinistra sono presenti i giorni quindi il tempo necessario e sulla destra la quantificazione economica; quindi, quante risorse economiche devono essere sviluppate. Il progetto viene diviso due sotto obiettivi da svolgere con la divisione equa del tempo ed economica. Ogni sotto-obiettivo viene suddiviso in attività da svolgere e poi ogni attività da svolgere in ulteriori compiti. Questo tipo di raffigurazione aiuta l’insegnante a identificare pilastri e gli obiettivi, ciò è reso possibile soprattutto dalla tecnologia perché vi sono dei software che permettono in maniera molto e automatica di inserire le informazioni di un progetto per raffigurarlo in forma sintetica molto più efficace. b. Il diagramma di Pert ha sempre una struttura sintetica gerarchica che mette in relazione in maniera orizzontale le varie fasi diciamo del progetto, dall’inizio (start date) alla fine (end date) Le frecce che ci indicano le relazioni tra le varie fasi e ogni fase ha degli step successivi che sono collegati fra di loro. Anche in questo caso andiamo a indicare delle informazioni precise quindi il periodo e la data lo svolgimento e ci consente di raffigurare il progetto in una forma molto più sintetica. Il WP Plan, Work Packages Plan, deve per work packages s’intendono i pacchetti che costituiscono un progetto. A sinistra abbiamo i mesi quindi abbiamo un’indicazione temporale molto precisa e poi vediamo elevare azioni i vari VP: management l’organizzazione. Ad esempio, il management copre tutta la fase progettuale così come la disseminazione o la valutazione della qualità, invece la formazione inizia a gennaio e finisce a luglio sappiamo che appunto ci sono dei report. Abbiamo sulla sinistra le azioni e sulla destra i mesi e noi andiamo a raffigurare quindi a riempire di colori diversi per ciascuno l’inizio e la fine di queste azioni. È molto utile questo nelle scuole per monitorare se le attività sono svolte in linea con i tempi programmati, quindi è utilissimo le insegnanti. La filosofia della progettazione è largamente diffusa in scuole e università: - A livello scuola è diventata una prassi la programmazione settimanale; - A livello universitario i docenti sono soggetti a valutazione della didattica e fondano i loro programmi su particolare descrittori; - A livello istituzionale è prevista la creazione di PTOF, l’analisi dei risultati e la programmazione. ‘Individualizzare significa adattare l’istruzione alle necessità dell’allievo pur mantenendo fisso l’obiettivo prestabilito’. È importante distinguere l’individualizzazione dalla personalizzazione: in quest’ultima si vanno anche a modificare gli obiettivi in funzione di tante differenze individuali, nel caso dell’individualizzazione si attua un processo di modifica delle strategie didattiche. Un grande apporto deriva dalle tecnologie che hanno messo in luce l’esistenza di una serie di variabili su cui operare, nella consapevolezza che non è la mente umana dello studente a doversi adattare al contenuto ma è il contenuto che deve essere individualizzato e modificato in funzione dell'individuo e dei suoi bisogni (idea lineare della conoscenza). Si può individualizzare il percorso: o Semplificando il materiale didattico o Inserendo percorsi di recupero o Modificando il canale comunicativo o Intensificando il feedback o Scegliendo specifici mediatori o modalità di lavoro. I contributi che vengono nell'ambito dell’individualizzazione ci riportano all'istruzione programmata e in particolare all'impiego delle macchine per l’apprendimento (teaching machine). Il modello implicito di riferimento è comportamentista e quindi gli studi di Skinner perché si capisce che è opportuno creare dei percorsi strutturati predefiniti che ciascun allievo possa seguire sulla base dei propri ritmi individuali, scomponendo il compito di apprendimento in unità più elementari attraverso una graduale erogazione accompagnata da domande di verifica e l’uso del ‘rinforzo’, approvazione immediata della prestazione corretta. Per questo è di stampo comportamentista perché è proprio il comportamentismo che ci ha indicato come in qualche modo l'apprendimento segue dei processi di rinforzo quindi stimolo-risposta e rinforzo. Nel dopoguerra si diffondono molti studi alimentati dall’ideale di rendere l’apprendimento accessibile e uguale per tutti, per cui il concetto di individualizzazione si amplia grazie all’apporto del cognitivismo. In particolare, un contributo viene dal Mastery Learning che è un approccio che si sviluppa nel secondo dopoguerra, finalizzato a condurre tutti i soggetti a padroneggiare risultati di apprendimento previsti. Tra gli autori ricordiamo Bloom, colui che in qualche modo ha dato un contributo con la tassonomia cognitiva. Dimensioni della didattica Tecnologia Aspetti principali Individualizzazione Macchine per insegnare, computer Variabili sottostanti l’insegnamento e l’apprendimento L’ipertesto consente di selezionare una specifica parola e di ricevere informazioni aggiuntive a riguardo attraverso un clik e questo permette di instaurare una testualità aumentata in quanto amplia la tradizionale forma narrativa, lineare, chiusa e sequenziale, tipica del libro, rendendola più dinamica, reticolare e aperta. Ciò permetterà allo studente di comporre le informazioni in un modo del tutto nuovo più vicino al processo di elaborazione delle idee dell’essere umano (Landow, 1997). Per costruire un ipertesto è necessario che esso venga scomposto, atomizzato, e ogni parte viene poi saldata con altri testi, immagini, video, audio, audio visuale, testi, attraverso dei nodi, rendendo il testo ipertestuale più̀ interattivo. Si introduce una NOVITA’: il lettore/fruitore/autore ha la possibilità di personalizzare il proprio percorso, per cui il lettore non è più passivo e sceglie cosa approfondire e quando farlo. L’ipermedia modifica la gerarchia e l’ordine interno del testo cartaceo e trasforma anche il rapporto tra autore e lettore. Si attua un processo di ripensamento della scrittura in termini di scrittura collaborativa caratterizzata dalla collaborazione tra scrittore, lettore, tecnologi, videomaker, musicista, editore. La scrittura avviene in collaborazione quindi si parla di social reading e social writing, resa possibile dai nuovi media digitali; essa comporta un accesso più democratico al sapere, alla cultura alta e alle università. La filosofia Open si rifà al concetto di Open Learning, che sottende l'utilizzo dei media digitali e che comporta il diritto per gli individui ad apprendere, possibilità di farlo nei tempi, modi, spazi e per i fini scelti che vengono autoderminati. Sulla base di tale concetto si sono affermate le open University, che offrono le possibilità di apprendere attraverso le tecnologie, senza vincoli di spazio e di tempo; infatti, parliamo dei cosiddetti Mooc (Massive Open Online Courses), che sono corsi universitari aperti alla partecipazione di migliaia di utenti. Molti di questi corsi sono in lingua straniera perché vengono erogate da tante università nel mondo e che sono totalmente gratuiti; quindi, si basa su una filosofia partecipativa che poi ha consentito di sviluppare dei software di open source. Approfondimento (cfr. apparati A2 e A3) Le OER (Open Educational Resources) sono risorse educative aperte, utilizzate nelle pratiche didattiche, sono state definite dalla OECD (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) nel 2007 come: “materiali digitalizzati offerti liberamente e apertamente per gli educatori, studenti e auto-didatti da utilizzare e riutilizzare per l’insegnamento, l’apprendimento e la ricerca”. Le OER si inquadrano nel contesto delle Digital Openess, cioè materiali scientifici di cui si può liberamente usufruire in rete con dei vincoli e che possono a loro volta essere di due tipi: . Open Access Open Content Sono tutti quei materiali il cui contenuto può essere copiato e non modificato; nel senso che c'è l'accessibilità ma non ovviamente non possiamo modificare il contenuto perché vi è la privacy. Sono materiali il cui contenuto può essere riadattato e ridiffuso (se non è coperto da specifici Copyright). Il copyright riguarda i diritti dei contenuti apert. Per poter definire le OER è necessario partire da un brevissimo excursus che ha portato al loro sviluppo fino ad arrivare agli strumenti e a come questi si contestualizzano nelle pratiche didattiche attuate dei docenti e l’impatto che hanno sulla formazione degli studenti/utenti. Il termine “open”, associato a tanti concetti legati alla filosofia, è diventato componente binomica di concetti, strumenti, modelli dello scenario pedagogico attuale, come la “e” di electronic lo è stato dallo sviluppo della tecnologia in poi. L’approccio Open intende superare le barriere istituzionali, economiche, giuridiche e tecnologiche che pongono inevitabilmente dei limiti alla formazione per tutti. L’Open Distance Education permette di ridurre la distanza, tra l’utente e il sapere e tra quelle Università che organizzano il distance learning e quelle istituzioni che organizzano esclusivamente corsi in presenza; perché se le risorse sono accessibili e tutti possono fruirne quindi ha valenza formativa e si basa sul concetto di equità. Questo fenomeno si è sviluppato a partire dagli anni 60’ e 70’ in risposta alle necessità educative degli adulti volte a recuperare anni di formazione o con necessità di ricollocamento nello scenario lavorativo. Ci si è resi conto che la formazione statica, legata solo alla tradizione libri cartacei tradizionali oltre a essere molto costosa era comunque molto staccata dalle esigenze del mercato del lavoro, per cui se io devo formare una generazione molto più flessibile che riesca a ricollocarsi in nuove professionalità devo ripensare alle modalità di accesso alla formazione stessa per cui nasce la formazione a distanza, che nella sua evoluzione ha attraversato la sperimentazione e l’utilizzo di molte tecnologie e di almeno tre generazioni di teorie pedagogiche:  Comportamenismo cognitivo – mass media  Costruttivismo – conferencing, comunicazione di gruppo  Connettivismo - Web 2.0, social network I termini che accompagnano l’aggettivo “aperto” sono diversi e definiscono concetti tra i più disparati: educazione, contenuti, accesso, risorse, apprendimento. L’apertura si identifica come gratuità di fruizione e possibilità di modifica tale da rendere lo strumento efficace per un determinato target sociale. Yuan e Powell (2013) delineano gli aspetti legati al grado di “apertura”, facendo riferimento a: Open Curriculum, Open Assessment, Open Platform e Open Learning cioè tutto può essere reso in qualche modo aperto fruibile flessibile. La diffusione dei contenuti aperti richiede una competenza perché rende necessaria una maturazione dei modelli pedagogici e di insegnamento-apprendimento legati all’uso di essi. OECD (2007) afferma: “sharing knowledge is a good thing to do”. Secondo Banzato la filosofia Open è presentata dalle comunità OER e MOOC come chiave che consente un passaggio dai modelli tradizionali di pensare e organizzare la conoscenza e la formazione, basati sui testi a stampa e interazioni in presenza a modelli di organizzazione della conoscenza in termini esclusivamente digitali, dove i materiali sono aperti, accessibili e modificabili e gli studenti organizzati in comunità libere di social networking. Il concetto di Open Learning è quello più strettamente legato allo strumento dei MOOC. Tale concetto nasce nel ‘900, con precursori quali John Dewey, che ha scardinato l’idea di una scuola d’élite con il suo pensiero progressista volto all’apertura dell’apprendimento, e con la filosofia formativa, che va al di là dei limiti istituzionali con spazi dialogici, partecipativi, democratici, in riferimento alle riflessioni e alle teorizzazioni di Ivan Illich e Paulo Freire. L’Open Learning caratterizza anche una realtà con finalità politiche, istituzionali, tecniche e filosofiche, finalizzate all’ampliamento dei siti di formazione e degli ambiti di apprendimento formale, diventa uno strumento anche per uscire da una condizione di subalternità culturale. 1996: Uno dei progetti più interessanti è il Progetto Merlot, avviato nel 1996 presso la California state University, che è stato il primo sito web che ha messo a disposizione i materiali didattici liberamente disponibili in rete. 1998: Nel 1998 David Wyley, applicando alla produzione di contenuti di apprendimento la stessa logica del software open source, ha introdotto il concetto di Open Content, quindi contenuto aperto ad accesso aperto. 2001: Nel 2001 il movimento OERs è stato riconosciuto in tutto il mondo dopo che il MIT (Massacchussets Institute of Technology) ha annunciato che avrebbe pubblicato on-line i materiali di apprendimento di tutti i suoi corsi. A livello internazionale questo è un progetto culturale molto avvertito; infatti, le università sono molto impegnate nella democratizzazione del sapere e nell’eliminazione delle barriere economiche sociali di accesso alla conoscenza. 2002: Il termine è entrato in uso in una conferenza ospitata dall’UNESCO nel 2002, che ha primariamente diffuso la definizione di OER come “la fornitura aperta di risorse educative, abilitate dalle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, per la consultazione, l’uso e l’adattamento da parte di una comunità di utenti per scopi non commerciali”. 2012: Tra il 2005 e il 2008, il movimento OER ha continuato a crescere, fino alla Conferenza UNESCO tenuta a Parigi nel 2012, da cui sono emerse delle linee guida per vari settori di inferenza del tema: HE (higher education- formazione degli adulti), staff accademico, governance accademica, studenti, assicurazione della qualità didattica. learning dell’università Cattolica di Milano e che ha una veste grafica e una modalità di gestione diversa in quanto è molto più pensata secondo dei modelli industriali) e FutureLearn. Il modello si basa su iniziativa editoriale privata, e si finanzia con gli investimenti delle singole aziende che regolano la produzione, la promozione e la condivisione/vendita di materiali.  Il modello accademico: promosso da università singole o associate, come Federica e EduOpen, che rimanda a una catena di corsi universitari che sono gratuiti; per cui si tratta di università italiane che hanno aderito a questa filosofia e hanno pubblicato dei corsi aperti e erogati attraverso delle piattaforme e-learning. Le università producono contenuti didattici finalizzati all’erogazione attraverso le piattaforme LMS. Il centro del finanziamento è rappresentato dalle università stesse, che possono sviluppare corsi MOOC autonomamente o in collaborazione con altri centri accademici. Tra le best practice di piattaforme ospitante corsi MOOC a livello internazionale presente in rete ritroviamo:  Coursera: è una piattaforma MOOC creata nel 2011, i cui fondatori sono stati i docenti di informatica Andrew Ng e Daphne Koller della Stanford University. Tale piattaforma ha iniziato a lavorare nel 2012 in collaborazione con l’Università di Stanford, l’Università di Princeton, l’Università del Michigan e l’Università della Pennsylvania (BBC News, 2012), a cui si unirono altri dodici atenei nel mese di luglio dello stesso anno (Lewin, 2012) e successivamente da altri 17 nel mese di settembre. È una rete che pian piano si sta espandendo.  edX: è un’iniziativa di formazione online no-profit la cui piattaforma MOOC è stata fondata dal MIT e dall’Università di Havard e che offre corsi online gratuiti e MOOC erogati dal MIT, Havard, Berkeley, UT e da molte altre università (edX, 2014). EdX, in associazione a Google, ha creato il portale mooc.org, con il fine di creare, tramite la piattaforma MOOC, corsi per istituzioni, enti ed aziende, con l’intenzione di formare un vero e proprio contenitore di conoscenze.  Iversity: è una piattaforma vicina a noi che nasce nel 2008 ed è stata poi implementata nel 2012. La società di Berlino fornisce sia corsi che lezioni online (MOOC). Rappresenta una piattaforma educativa ideata dagli studiosi Jonas Liepmann e da Hannes Klopper nel 2008. Nel 2011 è stata tramutata in una società per azioni e dal 2012 si è trasformata in fornitore specializzato di MOOC in Europa.  Khan Academy: organizzazione educativa no-profit creata nel 2006 da Salman Khan. Le video lezioni affrontano un ampio raggio di discipline quali: matematica, storia, finanza, fisica, chimica, biologia, astronomia e economia. I corsi sono destinati principalmente a studenti delle scuole superiori  Udacity: organizzazione educativa creata nel 2011 da Sebastian Thrun, David Stavens e Mike Sokolsky. Secondo il pioniere Thrun, il nome Udacity simboleggia il valore dell’azienda dell’essere audaci per voi, per lo studente (Thrun, 2014). Udacity è nata da un esperimento dell’Univesità di Stanford, nonché il portale che offre corsi scientifici, ma anche di Design e business divisi per livelli di difficoltà di apprendimento universitari.  EduOpen – piattaforma open source basata sul LMS Moodle – è composta da una rete di 14 atenei che offre corsi a livello universitario tenuti da esperti del mondo accademico italiano riguardanti numerose aree disciplinari. L’Università di Foggia, capofila del progetto, ha realizzato 25 corsi MOOC, sul portale sono al momento presenti 10 di questi. EduOpen ha come scopo:  Diffondere l’innovazione attraverso la creazione di un ecosistema italiano di MOOCs; Implementare una strategia di internazionalizzazione;  Attivare una strategia di ricerca-azione prolungata Al centro di una nuova progettazione didattica sono state poste nuove prerogative quali:  la possibilità di valorizzare gli aspetti sociali della rete,  le nuove forme di apprendimento collaborativo,  l’introduzione di nuovi materiali online durante i corsi face-to- face,  la valorizzazione di tutte le forme di mediazione didattica. Diventa necessario stare al passo dei cambiamenti che coinvolgono le metodologie, i contesti di rifermento, le emergenze educative, l’ingresso nel mondo del lavoro, nonché i cambiamenti che coinvolgono le stesse tecnologie. Fino alla metà dello scorso secolo, essere altamente qualificato nella propria disciplina poteva bastare a insegnare bene, mentre ad oggi questo non è più sufficiente. Per questo motivo il tema della progettazione assume un ruolo di preponderante importanza, assieme alla nascita di nuove figure professionali o di professionalità avanzate all’interno dell’ambito accademico. Dal principio del termine a oggi si sono susseguite diverse denominazioni fino ad arrivare al concetto di progettare per apprendere (design for learning), apparentemente più consono alle esigenze didattiche attuali anche perché, come afferma Wenger (1998, p. 229) “l’apprendimento non può essere progettato: può essere solo progettato per – e ciò ne facilita la comprensione o la frustra”. Wenger sosteneva quindi che io non posso determinare l’apprendimento però posso fare il possibile affinché l’apprendimento possa avvenire creando le condizioni per e progettando per obiettivi, per problemi, per competenze, per contenuti, per concetti. Come può definirsi il progettare per apprendere? Secondo Patrizia Ghislandi (2014) il progettare per apprendere “è il processo in cui si definiscono tutti gli elementi dell’ambiente di apprendimento (curriculum, syllabus, materiali didattici, metodologie, ambiente tecnologico, modalità di comunicazione, feedback e valutazione degli studenti, monitoraggio del progetto), tenendo conto:  dei fattori di contesto che riguardano le caratteristiche degli studenti: età, dispersione geografica, lingua, scolarità, competenze,  dell’ambiente cioè risorse umane, infrastrutturali, tecnologiche,  degli obiettivi da raggiungere”. Tali elementi contestualizzati nello scenario dei MOOC risultano di fondamentale importanza per una proficua gestione del corso:  Il syllabus è il “biglietto da visita” del corso, lo strumento finalizzato ad attrarre primariamente l’attenzione e la curiosità degli utenti.  I materiali e le modalità di comunicazione risultano altrettanto importanti per rimediare al fenomeno di drop-out dei corsi, spina del fianco della formazione a distanza e dell’e-learning in generale. Nel contesto della rete, lo sviluppo di percorsi che avranno un numero di utenza illimitato ha bisogno di uno sguardo nuovo, che però non perda mai di vista l’obiettivo dell’apprendimento. La progettazione dei MOOC, ad esempio, prevede la compartecipazione di diverse figure professionali che hanno come obiettivo quello di erogare un prodotto culturale, quali: ◊ il videomaker che deve lavorare con gli occhi di un insegnante nel montaggio delle videolezioni, ◊ il docente che deve improvvisarsi “attore”, ◊ e all’evenienza anche grafico, nell’immaginare infografiche che catturino l’attenzione dell’utente, ◊ l’istructional design, che si trova a mediare tra le varie figure professionali con l’obiettivo della produzione finale del corso. Il design thinking che è una forma di pensiero diversa, che prevede il coinvolgimento e la collaborazione di diversi attori e che favorisce il dialogo all’interno del team di sviluppo, insieme all’indagine su un percorso nuovo. Il design thinking nasce nel campo della progettazione ingegneristica e poi viene applicato anche nello scenario educativo, come supporto metodologico per i processi di sviluppo partecipativo. L’obiettivo è quello di valorizzare una competenza trasversale legata alla capacità di ideare e co-progettare soluzioni innovative e personalizzate secondo il modello user-centered mette al centro l’utente, colui che andrà a beneficiare (Limone & Pace, 2015, p. 110). lontani; ci sono altri fattori che impattano quali il coinvolgimento emotivo, cognitivo e affettivo: siamo prossimi anche nella lontananza spaziale. Ciò nella didattica consente di ripensare alla specificità della presenza. La presenza permette il contatto corporeo, anche nella didattica l’essere in presenza ti consente di manipolare gli oggetti, di esplorare la realtà e di condividere sensazioni fisiche e sensoriali; questo perché si comunica con tutto il corpo, con sguardi, atteggiamenti, gestualità. Le tecnologie, invece, consentono di dilatare tempi e spazi dell’apprendere; spesso il tempo e lo spazio possono costituire anche un vincolo soprattutto per le persone lontane, che abitano in contesti di più isolati o per le persone impossibilitate a muoversi. L’altro elemento importante è la possibilità di una comunicazione non solo sincrona, che avviene in diretta, ma asincrona, come se fosse in streaming; quest’ultima in particolar modo permette di eliminare il problema dei turni poiché tutti possono partecipare contemporaneamente. Le innovazioni tecnologiche portano a ridefinire le pratiche didattiche; un chiaro esempio è quello della flipped classroom, che prevede un ribaltamento delle classiche fasi di lavoro e distinzione tra attività da fare da soli e in presenza, per cui ci sono dei momenti in cui gli studenti sono più autonomi perché devono fare delle ricerche, anticipare alcune azioni che normalmente vengono erogate in forme tradizionali lineari. 1. I Traditional Flipped in cui gli studenti guardano un video della lezione, acquisiscono i concetti autonomamente a casa e svolgono i classici compiti in classe insieme agli altri compagni, sotto la guida del docente 2. Il Flipped Mastery in cui gli studenti lavorano individualmente e non in gruppo, rivedono la lezione a casa e utilizzano le ore in classe per effettuare esercizi in presenza dell’insegnante che attribuisce loro una valutazione. Quando almeno l’80% degli studenti ha raggiunto una valutazione positiva, è possibile passare all’obiettivo successivo, altrimenti si assicurano azioni di rinforzo. È importante ricordare che il mastery learning ha sempre avuto lo scopo di garantire la padronanza di un certo contenuto a tutta la classe per cui viene utilizzato una sorta di valore soglia. 3. La Peer Instruction Flipped Classroom in cui gli studenti studiano i materiali di base forniti dal docente al di fuori della classe, mentre dibattono in classe i nodi concettuali appresi. Il docente ha il ruolo di moderatore che deve andare a verificare se se i concetti appresi si avvicinano a una mappa più esperta del contenuto oppure se c'è stata una modifica rispetto ai concetti; quindi, pian piano si fanno degli adattamenti degli interventi integrativi. L’insegnate valuta l’apprendimento dei concetti appresi dagli studenti, che possono anche aiutarsi a vicenda, rendendosi disponibili verso chi manifesta delle difficoltà. 4. La Problem Based Learning Flipped Classroom si focalizza sull’esplorazione di un problema tra gli studenti e il confronto sulle strategie risolutive. Gli studenti possono lavorare singolarmente o in team, consapevoli del fatto che le loro strategie dovranno essere discusse in classe, in una fase successiva. Il docente non è più l’erogatore di informazioni ma è un moderatore del processo che valuta i progressi compiuti dagli studenti. La diversità emerge nei tempi per cui si fa prima un lavoro di operativo individuale o di gruppo e poi una sorta di debriefing, discussione guidata e moderata dal docente che serve per far emergere le competenze i saperi acquisiti e poterli trasformare anche in conoscenze e condivise. Esistono degli svantaggi legati a tale strategia, come per esempio l’equità tecnologica, in quanto non è possibile prevedere o stabilire a priori che tutti gli studenti dispongono di attrezzature tecnologiche adeguate, quali un personal computer o una connessione ad Internet. Aspetti che riguardano gli stessi insegnante. Le tecnologie consentono una fruizione a casa del materiale di studio (video) che successivamente viene discusso in presenza in aula, se la tecnologia diventa lo strumento attraverso il quale i bambini possono accedere a dei contenuti, degli esercizi delle fonti del sapere se poi non dispongono o di un buon computer adeguato ad una rete stabile qua che del proprio del contesto in cui poter operare ovviamente questo crea una fortissima disuguaglianza sociale. Si assiste al ribaltamento dei ruoli tra insegnante e allievo, quest’ultimo assume una maggiore centralità, autonomia e responsabilità nel processo di apprendimento, si trasferisce la responsabilità sui discenti e i docenti devono assicurare sostegno (scaffolding) È una strategia a orientamento problematicista, narrativo, si basa sull’assunto che l’insegnamento tradizionale può essere arricchito dall’uso delle tecnologie. La lezione ribaltata sfrutta i punti di forza della lezione in presenza e del lavoro a distanza, comportando un ripensamento della partecipazione nei contesti formativi/educativi. Il termine collaborare, dal latino cum + laborare: lavorare assieme, significa essere coinvolti in maniera attiva nel processo educativo, che riguarda sia l’apprendere che l’insegnare. Le reti telematiche hanno modificato la collaborazione sviluppando nuove forme di esperienza collaborativa come, per esempio, la possibilità di realizzare discussioni a distanza attraverso strumenti di comunicazione asincrona quali i forum di discussione che ci permettono di collaborare in una forma inedita e ci consentono di sperimentare il valore della permanenza e della plasticità del pensiero scritto e reso visibile e quindi commentabile. La rete ha favrito l’espansione del principio fondante della scienza ovvero dialogo e confronto continuo all’interno di comunità virtuali, formate da persone impegnate attorno ad uno stesso problema e accomunate da alcune caratteristiche. Rheingold ha descritto le prime comunità virtuali e le distingue sulla base del tempo e del Dimensioni della didattica Tecnologia Aspetti principali Collaborazione Reti telematiche e ambienti online Ridefinizione dei ruoli, delle reti sociali e delle modalità di interazione tipo di rapporto instaurato: la comunità nasce quando l’interazione si protrae a lungo, creando abitudini, convenzioni condivise, legami forti e stabili tra le persone coinvolte. Le comunità virtuale è caratterizzata da alcuni elementi che accomunano i componenti di un gruppo, quali:  predisposizione al pensiero creativo,  personalizzazione della comunicazione (dato il carattere informale della comunicazione)  coinvolgimento affettivo Diversi tipi di comunità (communis: ‘in comune’) La possibilità di essere coinvolti anche nella comunicazione mediata va anche identificare alcune tipologie di comunità:  Comunità hacker di Himanen – che sono comunità fondate sugli ideali di convivenza democratica in cui ognuno è libero di esprimere proprie idee, opinioni e dare il proprio contributo nel rispetto dei tempi e dei modi. Himanen usa il termine hacker – che indica un esperto mosso da una disinteressata passione per la conoscenza dei sistemi sui quali interviene - perché riconosce in queste persone coloro che rende i contenuti gratuiti e democratici.  Comunità di apprendimento – che è uno spazio digitale di condivisione e scambio, in cui le persone apprendono attraverso attività di gruppo, definiscono e circoscrivono problemi e si adoperano collaborativamente per trovare soluzioni. Esse si sviluppano assumendo come modello di riferimento quello delle comunità scientifiche di ricerca, formate da persone che hanno gli stessi interessi scientifici.  Comunità di pratica (CoP) –comunità caratterizzate dall’intensa collaborazione intorno ad una “pratica”. I membri delle CoP condividono un interesse comune rispetto al quale svolgono una serie di attività mirate (Wenger, 1999). Nelle comunità di pratica ogni componente ha un suo spazio e si crea una sua identità particolare, che va ad integrarsi con quelle degli altro e a definirsi con il maggior coinvolgimento nella pratica (Wenger, 2006). In una comunità di pratica c'è un'interazione c'è una negoziazione dei significati Le reti hanno un ruolo importante perché diventano spazio potenziale per espandere la comunità; a tal proposito Lévy introduce il concetto di intelligenza collettiva, ovvero capacità dell’uomo di scambiare e costruire conoscenze. L’intelligenza collettiva è distribuita grazie alle tecnologie che amplificano, grazie alle reti, la capacità umana di scambiare e costruire assieme conoscenze, di negoziare significati. L’ecosistema digitale è un sistema complesso che si compone di relazioni, discussioni, e che genera gruppi e associazioni che creano intelligenze connesse che collaborano attraverso i social network. Esempio dell’interazione sociale mediata dalla tecnologia è Wikipedia, enciclopedia free creata e aggiornata da tutti, resa possibile dal lavoro di scrittura cooperativa di persone e dal software open source. 3. Identità proiettiva che incarna le aspettative del sé reale; che non si identifica mai con avatar. Le motivazioni che spingono a giocare sono esterne come l’appartenenza a comunità, o il non sentirsi esclusi. In sintesi, il gaming nella prospettiva dell’apprendimento consente di individuare degli elementi ricorrenti:  Rendere espliciti gli obiettivi da raggiungere  Ricorrere ad attività caratterizzate dal problem solving  Allestire un clima sfidante  Rendere visibile il risultato  Promuovere la progressione verso una padronanza graduale del compito e della competenza (livelli)  Accompagnare il giocatore con feedback e informazioni per il miglioramento  Esercizio costante  Fornire sostegni  Personalizzare la fruizione dando la possibilità di prendere diverse strade  Valorizzare i risultati piuttosto che inibire la sua partecipazione. La simulazione, collegata al gaming, risulta molto importante perché i bambini, attraverso il videogioco, hanno la possibilità di simulare situazioni reali attraverso l’avatar e apprendere attraverso il fare digitale. Quindi la simulazione viene intesa come una capacità di interpretare e di costruire dei modelli dinamici interattivi dei processi del mondo reale, è per questo che gli ambienti di simulazione nel gaming sono considerati delle palestre esperienziali immersive che rendono possibile la manipolazione digitale di sistemi complessi (ecosistema, funzionamento organi del corpo…). Alcuni videogiochi interpellano anche l'utilizzo del corpo pensate a quei videogiochi che si basano su azioni corporee come ad esempio quelli della Wii, si tratta di attività di simulazione il cui contesto non è sganciato dal reale, che mi permettono di consolidare alcune conoscenze e competenze. Dunque si apprende e si consolidano le conoscenze attraverso il learning by doing sostituendo l’apprendimento nozionistico. Minecraft for education è un gioco open-world che promuove creatività, collaborazione e problem solving in un ambiente di apprendimento immersivo; infatti è una piattaforma di apprendimento game-based, che offre la possibilità di costruire con blocchi e vivere delle avventure. Minicraft for education consente di insegnare diverse materie, dalla storia alla chimica, alle lingue straniere mappando in qualche modo i risultati di apprendimento e gli standard curricolari. Esistono delle comunità di Minecraft education all’interno delle queli è possibile reperire materiale. Con Minecraft è possibile anche imparare e fare coding e quindi lavorare sul pensiero computazionale: la funzionalità “Code Builder” consente di apprendere il codice di blocchi attraverso cui gli studenti potranno creare in Minecraft connettendosi alle popolari piattaforme per coding, quali Scratch, Tynker e Microsoft’s MakeCode. È molto interessante perché è un esempio per capire come possiamo utilizzare il gaming, infatti Minecraft for education facilita:  Collaborazione in quanto l’ambiente è progettato in modo che gli studenti possano lavorare in team per la risoluzione di problemi oppure coinvolge l’intera classe in una sfida.  Creatività poichè consente agli studenti la libertà di sperimentare e sfidare se stessi; infatti come nella vita reale gli studenti devono provare, fallire e riprovare per ottenere il risultato desiderato  Rigore in quanto per creare un'aula completamente inclusiva, gli educatori sono sfidati a creare attività di apprendimento che si rivolgono a tutti i tipi di discenti. Gli insegnanti si trovano a mappare progetti e attività calibrati in maniera rigorosa su specifici risultati di apprendimento e standard curricolari. In Minecraft education gli studenti sono quindi coinvolti in una esperienza ludica a loro familiare ma con alcune funzionalità aggiuntive che consentono loro di collaborare in classe e avere il supporto degli educatori che offrono attività di apprendimento all'interno del gioco. Ricadute Il 98% degli insegnanti hanno rilevato che la maggior parte dei loro studenti che usano Minecraft hanno sviluppato la capacità di problem solving e hanno evidenziato anche dei miglioramenti nella creatività, senso di auto-efficacia, competenze di letto- scrittura, collaborazione, pensiero computazionale. Il 71% degli insegnanti che usano giochi digitali hanno constatato un miglioramento nel calcolo e nel pensiero computazionale Il 40% dei posti di lavoro nelle industrie in crescita richiede competenze trasversali come quelle favorite dall'apprendimento sociale ed emotivo. Questi dati ci fanno molto riflettere su come l'utilizzo di uno stesso videogiochi possa in realtà essere utilizzato molto a scopo di apprendimento; infatti, Minecraft permette di coltivare competenze e capacità come collaborazione, decision-making, comunicazione, creatività e problem solving Il termine riflettere deriva dal latino ‘ripiegare’, ‘volgere indietro’ e significa rivolgere la mente su un oggetto del pensiero, analizzando i diversi aspetti di cui si compone attraverso un’attività riflessiva, processo intenzionale di analisi sistematica degli elementi in gioco, che è direzionato e conseguente a piani di azione deliberati. Dimensioni della didattica Tecnologia Aspetti principali Riflessività Blog, social network Nuove idee sull’autoconsapevolezza Il riferimento teorico per quanto riguarda la riflessività è John Dewey (1961), che nella sua opera, ‘Come pensiamo’, definisce il pensiero riflessivo emancipativo rispetto ad altre attività mentali impulsive, abitudinarie. Un altro autore che si è focalizzato sul concetto di riflessività è Donald Schön, colui che sostiene che i professionisti non riflettono solamente prima dell'azione quando progettano oppure solo dopo l'azione quando vanno a valutare; ma devono acquisire la capacità di riflettere nel corso dell'azione cioè durante l'azione e quindi intende il concetto di riflessività come un habitus mentale. Sono numerose le tecnologie che hanno promosso la riflessività: la prima tra tutte è la scrittura. La scrittura è stata la prima vera forma tecnologica intesa come tecnica quindi non come digitale ma come un dispositivo che ha amplificato le potenzialità umane. L’invenzione della scrittura ha permesso:  il superamento delle barriere dello spazio e del tempo, perché attraverso la scrittura è possibile comunicare anche a chi verrà dopo di noi e anche in altri luoghi;  di rendere la parola visibile, di darle forma: quando io scrivo e posso rileggere quello che ho scritto metto in atto una forma di ‘retroazione sul pensiero’, che può così decontestualizzarsi, diventare astratto. Secondo Ong, gli illitterati – come le popolazioni a oralità primaria - sono privi di strutture mentali astratte. Quando noi pensiamo alla scrittura capiamo questo livello di astrazione e di riflessione, se invece pensiamo alle popolazioni orali, che non disponevano di una scrittura, quella forma di pensiero che veniva tramandata semplicemente oralmente era meno astratta e mentale proprio perché il pensiero era molto più diretto, legato anche al fare, all'azione e al contesto contingente.  di fissare il pensiero e consentirne la rilettura  di distaccarsi dal pensiero magico e concreto legato a delle immagini, alle fiabe e alla concretezza, ad esempio l’oralità era molto legato ai saperi popolari era molto legato a quello che veniva tramandato di volta in volta. Negli anni si è assistito all’evoluzione delle tecnologie della scrittura attraverso dispositivi digitali e reti telematiche; quindi, è una tecnologia nella tecnologia perché la scrittura è già una tecnologia ma la scrittura telematica è una forma di scrittura che avviene all’interno di spazi digitali che permettono di connettere tantissime le persone contemporaneamente. Fra gli strumenti più preziosi che abbiamo trovato negli ultimi anni che hanno rivoluzionato un po’ l’ambiente di apprendimento ricordiamo il blog. I blog sono degli ambienti di discussione online che consentono la narrazione autobiografica. L’autobiografismo in realtà è un genere che è nato con l’uomo in quanto l’uomo da sempre scrive di sé, ma in funzione di un pubblico reale considerando di rivolgersi a lettori dotati del diritto di replica. Il blog si differenzia dal diario in quanto quest’ultimo, ha sì carattere autobiografico, ma il suo contenuto rimane intimo e riservato. Evidente è l’importanza dell’immagine di sé che si vuole fornire all’esterno, che spesso rimanda ad un’identità fittizia che a volte risulta essere totalmente differente rispetto a quella o l’utilizzo delle tecnologie risulta più efficace in programmi limitati nel tempo ben focalizzati sui risultati di apprendimento o fondamentale è la formazione professionale dell’insegnante all’uso delle tecnologie in chiave formativa. Hattie nel 2009 ha individuato le condizioni ottimali per massimizzare l’efficacia delle tecnologie per apprendere, affermando che:  l’insegnante è in grado di impiegare più strategie di insegnamento, adattandole alle diverse situazioni didattiche e offrendo agli studenti opportunità multiple di apprendimento, pur tenendo sotto controllo il rischio di sovraccarico cognitivo;  il buon insegnante è colui che è stato formato all’uso delle tecnologie a scopo didattico e non a scopo strumentale; questo ci fa capire che la formazione tecnologica degli insegnanti non è una formazione puramente tecnica ma è legata alla capacità di utilizzarli a scopo didattico e di saperli leggere come dei mediator;  lo studente, e non l’insegnante, ha il controllo del processo di apprendimento  si ottimizza l’apprendimento tra pari e il feedback. Inoltre, dalla metanalisi di Hattie è emersa l’efficacia dell’utilizzo dei video-interattivi ai fini dell’apprendimento, i quali hanno determinato grande successo nell’ambito della didattica speciale. Un chiaro esempio è quello del video-modeling, strategia di insegnamento-apprendimento basata sull’utilizzo di video riguardanti comportamenti modello. Per casi di ovvia utilità s’intendono i casi in cui le tecnologie risultano utili e quasi necessari all'apprendimento. Siamo nel caso dell’utilizzo delle tecnologie per le disabilità, per l’accesso a informazioni, per la comunicazione; infatti, l’insegnante deve essere in grado di comprendere quali fattori fungono da facilitatori e quali da barriere. In questi ambiti le tecnologie risultano fortemente efficaci in quanto permettono agli studenti con disabilità di svolgere e partecipare alle attività didattiche da cui altrimenti sarebbero esclusi.  Nel caso in cui dovessimo andare incontro a bisogni di bambini con disabilità motoria o visiva è importante che la scuola abbia in dotazione dispositivi di input speciali, adeguati alle abilità degli alunni. Alcuni esempi possono essere gli screen reader, la sintesi vocale o la stampante braille: gli screen reader e la sintesi vocale sono dispositivi, hardware o software che riproducono i contenuti del monitor attraverso una voce elettronica o li trasformano in un testo leggibile con le mani.  Nel caso in cui le funzioni dello studente siano maggiormente compromesse esistono i sistemi di puntamento oculare, in cui un eye tracker, attraverso una telecamera digitale, recepisce i movimenti della pupilla e li invia al computer affinché esso esegua i comandi desiderati dal fruitore. Il caso di ovvia utilità delle tecnologie per la didattica è certamente legato all’ambito dell’inclusione e dell’educazione speciale. Parliamo di casi in cui il confronto è improponibile in quanto l’introduzione delle tecnologie prevede sì il focus sullo stesso contenuto ma non lo sviluppo delle stesse abilità cognitive; per cui andremmo a comprare cose che fra loro non hanno niente in comune.  Un esempio può essere rappresentato dal confronto di due gruppi di bambini che apprendono le strategie di orientamento spaziale rispettivamente attraverso mappe digitali e cartacee i due gruppi svilupperanno skill percettivo-spaziali differenti,  Un altro esempio è legato al confronto tra la conoscenza collaborativa attraverso la rete e le esperienze collaborative in presenza; infatti, attraverso la rete si possono apprendere nuovi modelli di costruzione collettiva della conoscenza. La logica comparativa tecnologie / situazione in presenza non è sempre applicabile o efficace in quanto l’introduzione delle tecnologie modifica sempre l’oggetto dell’apprendimento, per cui alla fine si comparano cose diverse. I casi in cui il pareggio è positivo sono legati al fatto che non si registra una differenza sostanziale negli apprendimenti tra situazioni con tecnologie e senza; per cui già esso è un fatto positivo. In questi casi le tecnologie a parità di risultati possono portare vantaggi su altri piani.  Un esempio è quello dell’e-learning: in ambiente statunitense è stata condotta una metanalisi durante la quale sono stati messi a confronto i risultati di studenti inseriti in percorsi online e in presenza; sono emersi risultati simili per cui la formazione a distanza è preferibile in quanto va al di là dei limiti spazio-temporali.  Un altro esempio è rappresentato dalla comunicazione aumentativa e alternativa, che avviene attraverso dispositivi di comunicazione simbolica nei casi di soggetti con capacità comunicative compromesse. Si tratta di casi in cui è possibile trovare valori aggiunti derivanti:  dall’accesso a nuove informazioni e dall’arricchimento linguistico, esempi possono essere:  utilizzo delle enciclopedie online che hanno amplificato l’accesso ai contenuti culturali come Wikipedia, tuttavia è importante evitare il sovraccarico informativo;  applicazioni per l’apprendimento delle lingue straniere come Duolingo;  applicazioni di realtà aumentata che consentono di conoscere informazioni sull’oggetti che inquadri con la telecamera dello smartphone;  dalla possibilità di vivere esperienze didattiche attraverso la realtà aumentata che sono inesplorabili direttamente, come per esempio:  l’esplorazione virtuale della Cappella Sistina per scoprire i dettagli degli affreschi e le figure rappresentate nel “Giudizio universale” di Michelangelo;  l’esplorazione virtuale delle strutture molecolari o del corpo umano;  dallo sviluppo di nuovi processi cognitivi grazie alla partecipazione a giochi virtuali e simulazioni che favoriscono per esempio lo sviluppo di capacità metacognitive e di riflessione. Si tratta di condizioni da valutare criticamente poiché possono determinare rischi di dispersione e sovraccarico cognitivo. Esistono prospettive ancora non chiare ma promettenti che derivano dalle più recenti innovazioni tecnologiche, un esempio rimanda al caso dell’utilizzo di applicazioni per la sindrome di spettro autistico, come la realtà aumentata, i robot sociali. In questi ambiti la robotica ha determinato ottimi miglioramenti attraverso la creazione di robot sociali che ricordano in parte le caratteristiche umane e sono dotati di funzioni di interazione e comunicazione. L'autismo è una patologia che ha delle marcate condizioni deficitarie sul piano relazionale-comunicativo. La ricerca sta facendo molti passi in avanti, infatti la creazione di ambienti informatici o l'utilizzo di avatar o di robot possono essere utili per supportare la comunicazione e per esprimersi. Ogni tecnologia è potenzialmente in grado di generare rilevanti riflessioni educative o di trasformarsi in un mind tool cioè in uno strumento utile che ha delle potenzialità indirette; in questo caso un ruolo determinante è quello della mediazione dell’insegnante che deve essere in grado di cogliere le potenzialità indirette dello strumento stravolgendolo dal suo uso abituale. Attualmente si assiste a nuove sperimentazioni per l'autismo soprattutto nell’ambito della robotica; infatti, sono stati ideati robot che hanno funzioni vocali e di interazione e stimolano la comunicazione e l’interazione in questi bambini. I sistemi che vengono messi in atto sono di mix reality cioè di integrazione di realtà aumentata e di realtà virtuale, che consentono al bambino di giocare utilizzando i movimenti del corpo e quindi le abilità motorie. Ci sono molte applicazioni mobili specifiche proprio per bambini con autismo che possono essere utili per la comunicazione in quanto danno degli stimoli visivi. 3 e di pesatura, dialogano con i nostri smartphone attraverso i quali possiamo inviare la ricetta all'apparecchio ed esso passo per passo segue le azioni.  WEARABLE COMPUTING rimanda agli oggetti che possono essere indossati – come scarpe, collane, orologi- e che interagiscono con l’ambiente che li circonda acquisendo informazioni sugli spostamenti, sui luoghi visitati e facilitando la gestione dei trasporti. Un esempio può essere lo smartwatch: nel momento in cui noi indossiamo l'orologio quell’oggetto non ha più solo la funzione di indicare il tempo che scorre ma interagendo con l’ambiente ci dice quanti passi stiamo facendo o quante calorie stiamo perdendo.  TANGIBLE USER INTERFACES che riguarda la possibilità di interagire con i sistemi digitali toccando oggetti fisici con esito sul mondo virtuale, un esempio può essere l’utilizzo del mouse o lo sfogliare pagine su un tablet. Tutto ciò che è touch screen deriva da un’estensione del mondo virtuale in quanto l'user può interagire col sistema digitale in maniera tangibile.  ATTENTIVE ENVIRONMENTS secondo il quale l’ambiente interpreta e anticipa i bisogni degli utenti, ad esempio un soggetto passa in una stanza e pareti intelligenti propongono le e-mail del giorno, il soggetto scuote la testa e il sistema comprende che il soggetto vuole rimandare a più tardi. Il processo di ripensamento tecnologico ha favorito il passaggio dalla MONOMEDIALITÀ, tipica della forma narrativa tradizionale che avveniva oralmente, alla MULTIMEDIALITÀ, che permette un’integrazione e interazione a livello sensoriale, linguistico e tecnologico tra la parola, il suono e l’immagine, permettendo all’uomo di gestire nuovi canali comunicativi. I paradigmi, attraverso cui gli strumenti della comunicazione rendono possibile l’integrazione di esperienze e conoscenze sono:  il paradigma della scrittura tradizionale, che risulta chiuso, lineare e razionale;  il paradigma dei prodotti massmediali e multimediali, caratterizzato da circolarità, immersività (realtà virtuali) e flessibilità, perché sono più canali sensoriali ad essere e sono diverse le dimensioni che convergono in maniera circolare consentendo un diverso tipo di approccio e di accessibilità. Secondo Henry Jenkins il cambiamento dei media deve essere rintracciato nel concetto di partecipazione, infatti, egli definisce la nuova cultura partecipativa (partecipatory culture) come “la cultura in cui consumatori partecipano attivamente nella creazione e circolazione di nuovi contenuti”. Fondamentale è l’aspetto della “remixabilità” dei media e dei contenuti mediali, fenomeno caratteristico della cultura digitale e che risponde al paradigma della convergenza mediale. Essa rimanda alla possibilità di fare un remix di storie, idee, immagini, conoscenze e contenuti (rimedialità), per cui attraverso la scrittura mediale, dà origine a nuovi testi e genera nuove forme di espressione culturale. 1) La prima fase dell’evoluzione tecnologica nell’ambito della comunicazione è rappresentata dalla scrittura, che rappresenta la prima forma di rivoluzione in quando favorisce il passaggio dalla cultura dell’oralità alla cultura scritta. 4 La scrittura si basa su una codifica dei linguaggi in un sistema di segni trasmesso su supporti fisici: la parola è un sistema di segni simbolici che viene trasmessa attraverso dei supporti fisici, quali la penna, il foglio e la scrittura. Essa consente l’immagazzinamento dei suoni della lingua parlata favorendone un uso duraturo nel tempo per cui il contenuto sarà fruibile anche in un altro tempo o in un altro luogo. La scrittura permette la razionalizzazione delle esperienze e la loro rappresentazione potenziando così le capacità di analisi e riflessione, in quanto la scrittura mi permette di tornare a leggere quanto scritto e di riflettere su quelli che sono i contenuti. I pregi della scrittura rispetto alla oralità sono:  la capacità di esternalizzare e potenziare la memoria;  Superamento delle barriere e dei limiti di tempo e spazio, infatti, il lettore potrà accedere ai contenuti anche in luoghi e tempi distanti rispetto a quelli dello scrittore redendo più trasmissibile e riproducibile la comunicazione;  La capacità di stabilire un testo univoco e immodificabile per i posteri. Oggi riusciamo a leggere e ad accedere a contenuti culturali di grandi autori o di grandi filosofi grazie alla scrittura, questo perché l’oralità presenta dei limiti rispetto alla trasmissione della cultura; infatti, molte culture popolari sono andate perse. 2) La seconda fase dell’evoluzione tecnologia nell’ambito della comunicazione si ha nel XV secolo con l’invenzione della stampa a caratteri mobili, realizzata dal tipografo Johannes Gensfleisch della corte di Gutenberg. A partire dal XV secolo, una delle tecnologie emblema dell’epoca moderna è stato il libro a stampa in quanto esso ha contribuito alla realizzazione della società moderna, caratterizzata dall’industrializzazione e dalla partecipazione ad una scuola massa. Marshall McLuhan ha fatto emergere gli apporti derivanti dall’invenzione del libro a stampa rispetto alla cultura chirografica del manoscritto, quali: • Produzione di numeri elevati di copie identiche; • Separazione tra lettore e autore, quindi la possibilità che l'autore lavori in un certo tempo o luogo mentre il lettore può essere anche in un altro tempo o in un altro luogo; • Possibilità di garantire l’accesso alla cultura ad un numero più elevato di persone. Con la nascita del libro moderno si assiste a un CAMBIO NELLA MODALITÀ DI SCRITTURA (rispetto ai manoscritti):  c’è una maggiore attenzione alle regole ortografiche,  l’uso di un sistema più logico della punteggiatura,  la divisione del testo in paragrafi, cioè l'organizzazione del testo che impatta sull’apprendimento. Il libro ha reso l’accesso alla lettura più semplice e rapido e ha cambiato le forme di lettura (individuale) favorendo il miglioramento e la diffusione dell’alfabetizzazione e dell’educazione; si è inoltre assistito ad un cambiamento dello status sociale: prima della scrittura a stampa le persone che potevano accedere a un livello di 5 istruzione più ampia erano poche perché bisognava avere i mezzi economici invece con l’accesso al libro stampato si ha una estensione del pubblico. La tecnica della stampa ha anche influenzato le strutture cognitive dell’uomo e quindi il suo livello di apprendimento perché ogni testo scritto occupa non solo uno spazio fisico ma anche uno logico e concettuale nella mente. La stampa ha modificato la modalità di approccio all’informazione e alla formazione, determinando la nascita della figura dell’autore e del lettore, inteso come pubblico e favorendo l’organizzazione e la diffusione del sapere dal centro alla periferia (decentralizzazione del sapere). 3) Una terza fase dell’evoluzione tecnologica nell’ambito della comunicazione riguarda la testualità digitale, con i social network, internet e il web; infatti, si assiste alla ridefinizione dello spazio di scrittura e lettura. Gli strumenti offerti dalle tecnologie digitali generano un sistema di risorse elettroniche che interagiscono tra loro attraverso dei collegamenti ipertestuali: con il web e con i collegamenti ipertestuali si ha la possibilità di inserire un link, un video, un audio, per cui cambia totalmente la modalità di informazione arrivando a parlare di informazione ipermediale e di testualità aumentata. Oggi si assiste ad un ripensamento della scrittura in termini di SCRITTURA COLLABORATIVA, scrittura costruita da più utenti che collaborano nella stesura del testo, basti pensare Wikipedia che ha permesso l’eliminazione delle barriere tra l'autore e il lettore. Si tratta di una evoluzione importante che ha portato alla cosiddetta cultura di massa, si parla infatti di società di massa, che sono nate quando grandi masse di contadini hanno iniziato ad inserirsi nei sistemi produttivi industriali, per cui si assiste al passaggio da un lavoro rurale e agricolo ad un industriale. Con l'avvento della società moderna e quindi dell’industrializzazione, cambia anche il modo di lavorare: si assiste ad un consumo di massa di beni e servizi e alla conseguente produzione industriale di massa. Emerge inoltre l'esigenza di una maggiore alfabetizzazione che determina lo sviluppo della scolarizzazione di massa, fenomeno derivante dall’esigenza di educare il più alto numero di persone possibile. I mezzi di comunicazione di massa hanno contribuito a creare una forma di conoscenza collettiva, denominata CULTURA DI MASSA, che si inserisce a metà tra la cultura colta e la cultura popolare (bassa e volgare) creando una cultura terza. Per cultura di massa s’intende l’insieme di soluzioni preconfezionate, risorse simboliche e linguistiche stereotipate e semplici, e per tal motivo accessibili a tutti. La cultura digitale viene intesa come quell’insieme di cambiamenti che si sono verificati sia nell’agire collettivo che nell’agire individuale. Si è assistito alla diffusione sociale e geografica di nuovi saperi pratici, nuovi ambienti, reali e virtuali, e nuove professioni. Essa è un insieme di contenuti, relazioni simboliche, conoscenze ed esperienze che hanno generato un nuovo mondo di azioni e significati. Si parla di cultura perché è trasmissibile, accumulabile, ed è capace di auto-trasformarsi e adattarsi alle 8 La media education è contraddistinta da un dibattito su metodi e obiettivi fondamentali, vediamo un resoconto dell’evoluzione storica della media education: La media education nasce in Gran Bretagna all’inizio del XX secolo e assiste ad un’evoluzione in fasi: 1° FASE (anni 30’-anni 50’): APPROCCIO DEL DISCERNERE E RESISTERE, che aveva l’obiettivo di preservare l’eredità letteraria insieme alla lingua dai media. Dunque, la media education ha funzione di vaccino (approccio inoculatorio) perché non mira all’educazione ma alla protezione dello spettatore dai rischi che derivano dall’uso sconsiderato dei media. Il critico letterario Leavis e il suo allievo Thompson, nel libro “Culture and environment: the training of critical awareness” (1933), formulano le prime proposte per l’insegnamento sul tema dei mass media nella scuola. 2° FASE (anni 60’): CULTURAL STUDIES E ARTI POPOLARI, i cui massimi esponenti furono Raymond Williams e Richard Hoggart, grazie ai quali si assiste al recupero del valore dei media soprattutto dal punto di vista etnografico: non vi è separazione tra una cultura alta e una popolare. Si tratta di un approccio inclusivo che mira a preservare e valorizzare gli stili di vita e le identità culturali dei diversi gruppi sociali attraverso la testimonianza dei media. 3° FASE (anni 70’): SCREEN EDUCATION E DEMYSTIFICATION Esponente di questo approccio fu Len Masterman che pose le basi per una disciplina basata sullo studio dei linguaggi, della semiotica (che garantiva oggettività e rigore analitico) e delle ideologie, utile per comprendere la natura dei testi dei media e mostrare come le rappresentazioni mediatiche rinforzassero ideologie dei gruppi dominanti nelle società. La storia della media education si è sviluppata entro due tendenze: • democratizzazione: processo secondo cui la cultura extrascolastica viene riconosciuta come valida e degna di considerazione, per cui la media education viene intesa come strategia educativa progressista, capace di abbattere le barriere alla partecipazione; (esempio: open resources o open learning) • difensivismo culturale: approccio difensivo verso gli effetti negativi generati dai media. Questo approccio si basa su un pregiudizio implicito secondo cui i media influenzano i bambini, che vengono esposti alla manipolazione mediatica. 4° FASE (anni 90’): APPROCCIO DELLA PREPARAZIONE E DELL’EMPOWERMENT, che corrisponde all’ultimo sviluppo della media education, la cosiddetta New Media Education, basata sull’evoluzione dei computer e delle reti. Si comprende come i nuovi media cambiano la percezione del mondo e il modo in cui si instaurano relazioni sociali. È dunque necessaria una prospettiva centrata sullo studente che parta dalla conoscenza e dall’esperienza che i giovani hanno 9 con i media, affinché essi imparino ad utilizzarli consapevolmente e a prendere decisioni in modo critico. La media education mira alla preparazione e all’educazione ai media e non più alla protezione dai rischi di fronte ai quali ci si può trovare. L’obiettivo della ME è quello di favorire un processo insegnamento- apprendimento più riflessivo, in modo che gli studenti possano riflettere come lettori e scrittori di testi mediatici, comprendere i fattori sociali e economici coinvolti e intraprendere la produzione creativa dei media. Gli obiettivi principali della Media Education sono:  Diventare critici attraverso un processo di analisi critica dei testi mediali;  Essere consapevoli della complessità e della diversità di ciò che piace dei media e riconoscere la base sociale dei giudizi di gradimento e valore.  Educare al pensiero critico interrogandosi sui fondamenti logici o empirici su cui si basa una qualunque affermazione “Il solo educare i giovani a valutare l’affidabilità di una informazione reperita su internet è ormai una “emergenza” che la scuola non può eludere” (Calvani)  Insegnare a prendersi il giusto tempo per l’analisi e la ponderazione; e fornire strumenti per farlo in modo corretto ed efficace  Diventare creativi sviluppando una visione personale e autentica di sé che trova espressione. Le nuove tecnologie accrescono il riconoscimento della dimensione sociale e collaborativa, della produzione creativa, delle relazioni tra espressione creativa e capacità tecnica e dell’importanza della riflessione e dell’autovalutazione. Infatti, l’espressione del sé attraverso la produzione permette di far emergere un sé costruito e rappresentato, infatti essa rappresenta un’opportunità per lo sviluppo di abilità sociali e comunicative. Di fondamentale importanza è la scrittura nella produzione dei media: i prodotti mediali vengono infatti costruiti tenendo conto di convenzioni generiche e linguistiche, favorendo così l’acquisizione di competenze tecniche e linguistiche. Gli studenti sono già in possesso di conoscenze del linguaggio mediale, sono lettori veloci anche se non sono ancora scrittori; quindi, la conoscenza che hanno è passiva e deve essere resa attiva per poterla usare. Ciò è possibile attraverso la pratica, cioè la produzione di artefatti digitali, in quanto l’apprendimento implica una relazione dialettica tra la teoria e la pratica. La tecnologia attuale facilita i processi di stesura e ristesura dei testi. Di grande importanza per l’apprendimento risulta essere l’imitazione che però necessita di un alto livello di capacità critiche e analitiche. L’imitazione di un genere, di un testo inoltre non riproduce le forme dominanti in modo diretto, in quanto emergono sempre elementi della negoziazione, della parodia o della critica. Gli studenti ri-lavorano attivamente e coscientemente la loro conoscenza pregressa dei media. 10 La Media Literacy fa riferimento ad un’alfabetizzazione mediale, che nasce verso la fine degli anni 80’ come esito del tentativo di integrare la media education nelle materie di insegnamento, in particolare essa viene associata alle materie letterarie perché quando si parla di educazione mediale si parla anche di educazione alla e nella comunicazione. La comunicazione, caratteristica delle dinamiche relazionali, implica una combinazione di diverse modalità comunicative, che possono essere visive, verbali, ma anche diversi codici linguistici e diverse forme linguistiche: con l’educazione mediale si parla di nuovi alfabeti, nuovi strumenti e nuovi codici. La Media Literacy è quell’insieme di conoscenze, capacità e competenze richieste per poter usare e interpretare, criticamente e in maniera partecipata, i media, tenendo conto dei contesti sociali, economici e storici in cui i testi mediali sono prodotti, distribuiti e fruiti. La media literacy è dunque una forma di alfabetizzazione critica; infatti, quando parliamo di educazione mediale ci riferiamo alla capacità, non solo di conoscere i media, ma anche di analizzarli, valutarli e mettere in atto delle forme di riflessione critica. A tal proposito, la media literacy comporta l’acquisizione di un metalinguaggio che va oltre l’elemento descrittivo e informativo e ci permette di cogliere anche i significati impliciti che caratterizzano contesti sociali, economici, istituzionali della comunicazione, incidendo sulla esperienza e vita delle persone. La media literacy prevede la capacità di usare e interpretare i media ma implica la comprensione analitica degli stessi. Quando si parla di alfabetizzazione nell’ambito della media literacy si fa riferimento ad una analogia tra linguaggio scritto e linguaggio audiovisivo, perché l’alfabetizzazione insita alla media literacy è molto più pervasiva ed estesa rispetto ad una semplice alfabetizzazione funzionale, cioè la capacità di attribuire un significato a un programma o far funzionare una telecamera. Essere competenti dal punto di vista mediale non significa solo possedere delle competenze tecniche e saper gestire degli strumenti; infatti, l’alfabetizzazione non è una semplice cassetta degli attrezzi cognitiva che rende le persone capaci di comprendere e usare i media. In realtà quando si parla di media literacy, oltre all’aspetto strumentale e funzionale, dobbiamo considerare anche la natura sociale della alfabetizzazione, ovvero tutte le forme che acquisisce nelle diverse culture e società e quindi l’impatto fortissimo che i media hanno nella società attuale. I soggetti creano significati attraverso il loro coinvolgimento e la loro partecipazione nei network sociali o nelle comunità interpretative generando e promuovendo forme di alfabetizzazione. L’acquisizione dell’alfabetizzazione consiste nella capacità dell’uomo di agire socialmente e produrre significati simbolici. È importante, a livello formativo e scolastico, mettere in primo piano la media education e la media literacy in maniera da superare il funzionalismo tecnicistico e 13 infatti di netiquette cioè quel codice che va a governare un insieme di regole comunicative utilizzate sul web. La scuola, dunque, deve essere capace di stare al passo con i cambiamenti delle motivazioni dei ragazzi nei confronti dell’apprendimento per non correre il rischio di diventare marginale, dovrebbe quindi modificare i propri linguaggi e alfabeti per guidare i ragazzi nel mare delle informazioni presenti nella rete. La digital literacy dovrebbe essere avviata sin dalla scuola primaria, in quanto deve consentire ai bambini e ragazzi di imparare a valutare e usare le informazioni in modo critico per trasformarle in sapere e conoscenza. Affinché ciò avvenga gli alunni devono essere messi nelle condizioni di poter operare delle scelte autonomamente, di potersi proteggere e darsi una disciplina. L’alfabetizzazione digitale deve prevedere la produzione creativa attraverso il linguaggio dei nuovi media e un consumo critico. Il Piano Nazionale Scuola Digitale (PNSD) è il documento di indirizzo del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca per il lancio di una strategia complessiva di innovazione della scuola italiana e per un nuovo posizionamento del suo sistema educativo nell’era digitale. https://www.miur.gov.it/documents/20182/50615/Piano+nazionale+scuola+digitale.pdf/ 5b1a7e34-b678-40c5-8d26-e7b646708d70?version=1.1&t=1496170125686 Si tratta di un progetto che si è evoluto nel tempo, dal 2008 al 2015, seguendo diverse fasi:  PNSD 2008-11= le tecnologie diventano parte integrante della pratica didattica attraverso l’utilizzo di LIM, la creazione di Cl@ssi 2.0 e di una Scuol@ 2.0 e l’adozione di un’editoria editoriale.  PNSD 2012-14= integrazione del processo di digitalizzazione nell’Agenda digitale italiana  PNSD 2015= che si basa sullo sviluppo della competenza digitale. Esso comprende 35 azioni distribuite in aree di intervento: 1. strumenti, 2. competenze e contenuti 3. formazione 4. misure di sostegno/accompagnamento (per esempio fab-lab, settimane digitali, librerie innovative) L’obiettivo è quello di attuare, in modo sistemico, interventi che abbiano un impatto sulla strutturazione di classi e di laboratori, sulla ridefinizione di contenuti e competenze e sulla produzione di materiali e modelli didattici da sperimentare in aula. (approfondimento facoltativo) https://www.miur.gov.it/web/guest/innovazione-digitale Il Piano Nazionale Scuola Digitale è un pilastro fondamentale de La Buona Scuola (legge 107/2015), una visione operativa che rispecchia la posizione del Governo rispetto alle più importanti sfide di innovazione del sistema pubblico: al centro di questa visione, vi sono l’innovazione del sistema scolastico e le opportunità dell’educazione digitale. Questo Piano ha valenza pluriennale e indirizza concretamente l’attività di tutta l’Amministrazione, con azioni già finanziate che saranno prese in carico dalle singole Direzioni del Ministero per l’attuazione; contribuisce a “catalizzare” l’impiego di più fonti di risorse a favore dell’innovazione digitale, a partire 14 dalle risorse dei Fondi Strutturali Europei (PON Istruzione 2014-2020) e dai fondi della legge 107/2015 (La Buona Scuola). Questo Piano risponde alla chiamata per la costruzione di una visione di Educazione nell’era digitale, attraverso un processo che, per la scuola, sia correlato alle sfide che la società tutta affronta nell’interpretare e sostenere l’apprendimento lungo tutto l’arco della vita (life-long) e in tutti contesti della vita, formali e non formali (life-wide). Nel 2006 l’Unione Europea ha emanato la Raccomandazione Europea in cui venivano indicate le otto competenze chiave da sviluppare in un’ottica di lifelong learning, che erano indispensabili ad ogni cittadino per la realizzazione e lo sviluppo personale e sociale, la cittadinanza attiva, l’inclusione sociale e l’occupazione. La competenza digitale rientra tra le otto competenze chiave ed è definita come il “saper utilizzare con dimestichezza e senso critico le tecnologie della società dell’informazione per il lavoro, il tempo libero e la comunicazione”. La competenza digitale è supportata da abilità di base nelle TIC, dunque, presuppone una solida consapevolezza e conoscenza della natura, del ruolo e delle opportunità delle TIC, consapevolezza dei rischi, di come le tecnologie possano favorire lo sviluppo di creatività e innovazione. L’uso delle TIC comporta un’attitudine critica e riflessiva nei confronti delle informazioni disponibili e uso responsabile dei mezzi di comunicazione interattivi. Midoro distingue due piani per la competenza digitale: 1. Capacità di ricercare informazioni nei documenti digitali per affrontare compiti e risolvere problemi. Vengono richiamate diverse literacy cioè forme di alfabetizzazione diverse: • Media litracy: analizzare, comprendere, interpretare criticamente i media • Information literacy: trovare, valutare, selezionare le informazioni • Visual literacy: interpretare immagini • Technology literacy: scegliere e usare le tecnologie in modo funzionale agli obiettivi. 2. Capacità di partecipare al processo di costruzione di nuova conoscenza. Questo piano fa riferimento alla possibilità di risolvere i problemi; condividere informazioni, e conoscenza in ambienti di apprendimento e spazi collaborativi; fare ricerca; usare il pensiero critico. Il concetto di competenza digitale rinvia ad un concetto articolato e poco circoscrivibile, proprio perché la competenza digitale è molto ampia infatti è contraddistinta da una natura plurale e da molteplici dimensioni pedagogiche. La natura della competenza digitale la competenza digitale è: • Multidimensionale in quanto implica l’utilizzo di risorse di più ambiti disciplinari. • Trasversale perché si attiva con altre competenze. • Storicamente connotata poiché i suoi significati si evolvono nel tempo. • Indipendente dai prodotti • Declinabile nei vari contesti d’uso 15 Le dimensioni pedagogiche implicite al concetto di competenza digitale sono: 1. Dimensione tecnologica – che rimanda alle abilità che favoriscono un atteggiamento flessibile ed esplorativo nell’utilizzo nuove tecnologie; e alle capacità di risolvere problemi tecnologici; di scegliere la tecnologia più appropriata per ogni esigenza; di distinguere tra reale e virtuale e usare le tecnologie in maniera pertinente. 2. Dimensione cognitiva – che corrisponde alla capacità acquisita attraverso l’uso delle tecnologie di risolvere problemi di diversa complessità e in diversi contesti; capacità di analizzare l’informazione, selezionarla, dimostrando di sapresi orientare nel mare delle informazioni presenti nella rete; capacità di comprensione del testo multimediale e di rappresentazione attraverso uso di grafici; capacità di organizzar e sistematizzare i contenuti nel proprio ambiente digitale; capacità di sviluppare risorse e di avvalersi di risorse open da modificare e riusare. 3. Dimensione etica – uso consapevole ed etico delle tecnologie; fa riferimento al sapersi porre in relazione con gli altri interlocutori presenza nella rete nel rispetto e tutela di se stessi e degli altri; in questa dimensione ritroviamo aspetti legati alla privacy, netiquette e socioquette; il soggetto competente sa che la propria traccia in rete rimane visibile a distanza di tempo e quindi necessità di creare delle iden4tà digitali differenziate e adeguate ai diversi contesti; bisogna sapersi attivare in rete considerando i diversi riferimenti culturali e concettuali dei soggetti e quindi saper adeguare la comunicazione alle singole interazioni; essere consapevole dei rischi che si possono correre. A seguito della Raccomandazione Europea si sono sviluppati alcuni modelli che offrono i framework delle competenze digitali cioè quadri di rifermento e tassonomie che ci indicano livelli di competenza, utili per:  definire i progetti didattici per lo sviluppo delle competenze,  individuare gli strumenti di verifica,  Progettare interventi per conseguimento obiettivi Un esempio è il modello Digital Competence Assessment e la sua evoluzione il Digital Competence and Quality, modello per lo sviluppo di competenze nella scuola in assicurazione della qualità. Il Digital Competence Assessment ci presenta le dimensioni che interagiscono fra loro: TECNOLOGICA, COGNITIVA ETICA, sono infatti INTEGRATE. Solo grazie a questa integrazione lo studente può comprendere sia i pro che i rischi delle tecnologie per costruire collaborativamente la conoscenza. 18 Sintesi del quadro delle competenze DigiCompEdu Il DigiCompEdu mette in relazione non solo le competenze digitali dello studente (destra), ma anche le competenze professionali e didattiche del docente formatore (sinistra); quindi esso ci offre un framework complessivo e generale delle competenze da sviluppare. Le competenze professionali riguardano soprattutto l’area del coinvolgimento personale, che si connette con competenze didattiche specifiche che riguardano sia l’utilizzo delle risorse digitali, sia le pratiche di insegnamento-apprendimento, sia la valutazione dell’apprendimento e la valorizzazione delle potenzialità degli studenti. Esse sono finalizzate a promuovere le competenze dello studente. Qui vi è una rappresentazione in cui le competenze digitali e trasversali dialogano con quelle disciplinari. 19 Le competenze trasversali sono: Il precursore del pensiero computazionale fu Papert che con Logo ideò un linguaggio grafico volto a far approcciare i bambini alla programmazione. Nel 2006 su ispirazione di Logo Resnick ideò Scratch e si sviluppò la locuzione di computational thinking cioè pensiero computazionale, approccio volto alla risoluzione di problemi grazie ad una “collaborazione” tra uomo e macchina. Lo sviluppo del pensiero computazionale è l’obiettivo del coding, che non mira semplicemente alla programmazione. Nel 2016 si è sviluppata la computational participation cioè la cultura del programmare non solo ai fini della programmazione, ma con l’obiettivo di realizzare giochi e storie da condividere. Aspetti della competenza da valutare. 1 Capitolo 5 Flessibilizzare, diversificare Le tecnologie ci consentono di migliorare l’ambiente didattico creando aule e spazi caratterizzate da:  disponibilità della rete,  strumenti per la visualizzazione,  dispositivi per l’accesso alle informazioni e interazione contenuti. Un esempio è rappresentato dall’utilizzo delle LIM – lavagne interattive multimediali- e di dispositivi mobili per alunni – come tablet, risponditori o BYOD- il cui obiettivo è quello di flessibilizzare la didattica e diversificare le attività didattiche, creando un ambiente di apprendimento multimediale e adottando un approccio centrato sull’utente, che ha un ruolo attivo. Le tecnologie contribuiscono ad adattare ed estendere i formati della comunicazione agendo sulla dimensione visiva e favorendo l’inclusione. Clark e Lyons a tal proposito sostengono che immagini e elementi visivi fungono da supporto all’attenzione e all’apprendimento, aiutando l’individuazione degli elementi importanti dell’informazione, attivando le preconoscenze, integrando nuove informazioni, costruendo schemi e mappe. Si parla di organizzatori grafici, cioè mediatori iconici- immagini ed elementi visivi a sostegno dell’apprendimento. Essi vengono utilizzati soprattutto dagli studenti con dislessia, che hanno difficoltà nel canale visivo verbale e scritto e privilegiano canali visivi non verbali che passano attraverso le immagini. Funzioni delle tecnologie nel contesto di apprendimento Flessibilizzare e arricchire il lavoro in aula Organizzare, condividere e gestire risorse Supportare i processi collaborativi, di formazione e di social networking Flessibilizzare e arricchire il lavoro in aula 4 planner di riunioni: Google Calendar consente di condividere un calendario accessibile dal sito della scuola. Importante è anche l’aspetto del riutilizzo, infatti la possibilità di lavorare con risorse digitali in classe facilita il loro salvataggio, distribuzione e riutilizzo. A tal proposito sono utili le piattaforme e-learning che presentano interfacce semplici ispirate ai social media; si tratta di ambienti di apprendimento online che possono essere usati a casa dagli studenti e dai genitori, e che consentono al docente di lavorare anche a distanza con gli studenti e mantenere contatti con genitori e altri insegnanti (es: Edmodo) Un altro aspetto importante di cui i docenti si occupano è quello della comunicazione con genitori, colleghi e associazioni del territorio; essa avviene per lo più attraverso il sito web della scuola o il blog della classe, in cui si condivide il lavoro svolto quotidianamente attraverso una documentazione fotografica, o una descrizione attività. Strumenti per la conservazione, condivisione e lavoro collaborativo Ambienti di apprendimento online 5 Processi collaborativi e social networking Gli studi di Mitchell hanno evidenziato come lo svolgimento del lavoro in team possa consentire di ottenere risultati migliori sia sul piano educativo sia dal punto di vista del benessere del corpo docente. Il successo scolastico inoltre è dato anche dal coinvolgimento delle famiglie: a tal proposito gli studi di Pomerantz, Moorman e Litwack sottolineano l’importanza del coinvolgimento dei genitori, della gestione e del controllo della comunicazione tra scuola e famiglia, per condividere l’impegno educativo e favorire la corresponsabilità educativa. I social media creano reti sociali con le famiglie attraverso la comunicazione istantanea e rispondono ai bisogni di condivisione delle risorse e dei processi educativi. La condivisione di risorse (testi, video, slide) usate in classe permette agli insegnanti di creare dei legami con tre tipologie di persone: Quando si condivide tramite i social media bisogna scegliere lo strumento giusto e organizzare le risorse; tra gli strumenti e servizi che consentono di produrre e condividere video, oltre a YouTube, ci sono quelli che consentono di creare delle annotazioni sui video e di attivare momenti di dibattito, analisi e osservazione riflessiva, come per esempio VideoAnt. La seconda funzione che viene attribuita ai social media corrisponde con la creazione di relazioni sociali e professionali attraverso gruppi di condivisione su pratiche professionali anche in ambito educativo (es. gruppi su Facebook). Una ulteriore dimensione offerta dai social media è relativa al microblogging, forma di comunicazione basata su invio di brevi contenuti (es. i tweet). Il Supportare i processi collaborativi, di formazione e di social networking Allievi Finalità didattiche: personalizzazione, supporto alla comprensione e approfondimento Genitori Finalità: rendere trasparente il lavoro, ridurre le distanze e offrire la possibilità di seguire il processo di crescita dei figli e delle eventuali difficoltà Colleghi Finalità: alleggerire il lavoro tramite lo scambio dei materiali didattici, scambiare consigli e suggerimenti. 6 microblogging negli ambienti di apprendimento incoraggia la partecipazione, il coinvolgimento, il pensiero riflessivo e l’apprendimento collaborativo. L’utilizzo di tali strumenti nel contesto scolastico è importante, non solo per scopi di discussione su tematiche generiche, ma anche per lo studio e approfondimento di ciò che si sta svolgendo in classe. L’insegnante, che usa questi strumenti per trasmettere contenuti didattici, otterrà un apprendimento più significativo, poiché la conoscenza prodotta si radica in un tessuto di connessioni tra concetti. Strumenti per condividere risorse, idee e materiali