Scarica Riassunto del libro "Tra le due guerre" di Alessandro Del Puppo e più Dispense in PDF di Storia dell'arte contemporanea solo su Docsity! Introduzione Alla fine dell’ 800 il moderno era basato sui linguaggi del naturalismo impressionista e la suggestione simbolista. Emancipazione dal classico/accademico. Le avanguardie come i Fauve, gli esperimenti di kandiskij, i cubisti e futuristi avevano gettato le basi per l’arte del nuovo secolo, rompendo con la tradizione classica. Distruzione dei punti di riferimento. Grande sviluppo all’inizio del secolo di linguaggi distinti, sempre meno osservanti del classico. Primi sconfinamenti verso il fantastico e l’irreale. L’arte del novecento vuole intrappolare il reale dinamico nella pittura. Non c’è ricerca del bello o del giusto. Grandi ricerche artistiche, dualismi e contrapposizioni Introspezione psicologica che si scontra con la necessità di arte per il grande pubblico, grandi pittori completamente differenti eppure coetanei-contemporanei. Conflitto tra ordine ed eversione Ciò che aveva favorito il diffondersi delle avanguardie e lo stacco dall’accademico nel ‘800 non cambiò nel corso del primo dopoguerra, a cambiare saranno piuttosto 3 aspetti. Un’arte globale La grande guerra vede la morte di protagonisti delle avanguardie e ritorno in patria di altri, promuoverà anche alcuni incontri come quello di aragon e breton, de chirico e carrà. Si diffusero ovunque centri di avanguardia ognuno con le proprie idee e linguaggi. L’arte inoltre diventava sempre più internazionale, scambio di idee e stili. Diffusione delle riviste illustrate, convegni, cartoline, mostre e altro diffondevano le idee. Il ruolo e la coscienza dell’artista Privilegio dell’arte, l’arte veniva considerata in grado di esprimere più di quanto possa fare il pensiero razionale, anche se portavano avanti ideali rivoluzionari le avanguardie operarono per la maggior parte nel campo artistico, assenza di intenti rivoltosi. Arte che tende ad essere criptica, di difficile interpretazione spingere l’immagine verso l’indecifrabilità. Piuttosto che schierarsi politicamente l’arte diventa indecifrabile, ermetica se non agli artisti. Nuovi materiali, nuove tecniche, nuova didattica Diffusione dei mezzi di comunicazione di massa. Fotografia, radio, riviste, cinema, potenti mezzi espressivi. Esempi di come il surrealismo sia figlio del cinema e della fotografia, della possibilità di visualizzare un pensiero, e come la pubblicità sia influenzata dal cubismo. Cambia di molto anche la didattica artistica, nazionalizzazione dell’arte, finanziamenti pubblici per le scuole d’arte. Molti artisti di conseguenza aderirono a cause ideeologiche di regimi e partiti. Spesso lottarono contro soffocanti censure. Nuove forme di mercificazione dell’arte. Si cerca il punto di equilibrio fra espressione individuale e partecipazione sociale, con il rischio di politicizzazione dell’immagine. Nel dopoguerra si arriverà a una nuova sobrietà, stile asciutto e controllato. Compromesso tra avanguardia e nazionalismo. 1 tempo di edificare Ritorno a cosa ? Picasso in soli 10 anni tra il 1911 e il 1921 avrà un incredibile e inedita evoluzione stilistica, dal poeta del 11 in cui si può cogliere a malapena il soggetto, al ritratto del 21, un disegno con estremo rigore lineare e semplicità, cambiamento dovuto alla committenza, ai tempi, alla necessità di nuovo ordine e chiarezza. La realtà inoltre si trasforma dal reale a quello che il pittore percepisce come reale, è la sua espressione di quell’immagine di quel soggetto La parata dell’avanguardia Nel 1917 la “parade” un esibizione teatrale con sipari e costumi di picasso fece un clamoroso fiasco, per diventare successivamente un classico, caposaldo, mette in scena le avanguardie e i loro codici, diventando un balletto d’avanguardia, in una grande commistione di influenze. Con la guerra l’avanguardia era diventata internazionale, e se prima voleva rottura con i modelli e la società ora cerca di riappacificarsi, accetando addirittura di diventare una moda. Non più a dar fastidio alla borghesia ma a guidarla in una revisione del passato. Una disputa infinita: l’eredità di cezanne e del cubismo De chirico si presenta nel 1918 a Roma. Propone un arte ben definita, severa, cerebrale, con colori nitidi e misure esatte. Antitesi della fugace e confusa scomposizione cubista. Ha una visione del quadro più come reliquia, come sacro, contraria alla fugace restituzione di uno stato d’animo come negli esempi francesi. Parla di consapevolezza del quadro, artefatto sacro, caratteristica del popolo italiano e tedesco, popoli meno avvezzi all’ impressionismo. Ritorno della figura umana, primato del disegno e la sua importanza di studio, miglior antidoto al decadimento della pittura che diede origine a artisti come cezanne, che vengono quindi criticati da dechirico. Il gallerista Rosenberg difese la posizione di Cezanne invece sostenendo che i pittori cubisti escludendo il particolare e l’aneddoto alludono all’assoluto. Invece di ricostruire un immagine della natura essi cercano di riprodurre l’oggetto plastico. L’apparenza del fenomeno veniva rappresentato così in forme semplici e ordinate, portando equilibrio e costanza, assoluto. Secondo i cubisti del tempo l’arte deve esprimere staticità, generalità, espressiva dell’invariabile, al contrario della pittura impressionista. Il cubismo si evolve verso forme sempre più razionali, statiche e oggettive. Nel 1925 si ebbe un ulteriore evoluzione sostenuta dal giornale espirt noveau. Il cubismo veniva 2 – Astrazioni in Europa I percorsi dell’astrazione postbellica Mentre alcuni teorizzavano e praticavano il cosiddetto ritorno all’ordine altri andavo in direzione completamente opposta, anche se non obbligatoriamente in contrasto con il ritorno all’ordine. Il quadro di astrazione prende forma attorno i gruppi e le riviste come De Stijl, L’ esprit noveau e altri. Ci furono poi intere esperienze didattiche che definirono un periodo e uno stile, come il Bauhaus a Weimar e poi a Dessau. Si vedrà anche un evolversi della figura dell’artista nella società nel costruttivismo sovietico. Tre sono i principali indirizzi di ricerca: primo, l’uso dell’astrazione come richiamo all’ordine, ritorno alla chiarezza dell’immagine con una semplificazione e sintesi, la linea non doveva più definire un oggetto e un colore un volume. Separando i due come enti autonomi. Secondo, riconfigurazione del rapporto tra artista e industria con il suo inserimento nel campo industriale. Terzo, arte astratta come alternativa a quell’indirizzo sovversivo rappresentato dal dada ( negazione della forma pura attraverso la contaminazione linguistica) e del surrealismo (sovversivi anche loro delle norme artistiche in quanto strutture sociali). In generale si può dire che da un lato operano gli artisti razionali, ordine e logica, mentre dall’altro opereranno le forze scatenate, irrazionali, della libertà espressiva, sovversive dell’ artista come intellettuale. In comune queste due forze avranno la sovrapposizione tra pratica artistica e teorica, a volte fu l’opera a generare un pensiero a volte il contrario. Questo andrà a generare un vasto campo di tentativi e supposizioni con esiti tutt’altro che lineari e prevedibili. Van Doesburg e la purificazione dell’immagine Nel 1925 il bauhaus avviò una serie di pubblicazioni di fondamentale importanza, alcuni dei testi teorici per la comprensione dell’arte astratta più importanti. Van Doesburg critica quadri come pastori d’arcadia di poussin in quanto vezzo estetico e assenza di forme naturali, idea artistica espressa attraverso mezzo naturalistici, contrapponendolo a la tempesta di Der Leck, secondo lui esperienza prettamente estetica in cui gli espedienti illusionistici sono subordinati alla costruzione pittorica. La parola chiave è purificare, il dipinto deve trascendere da oggetti naturali semplificandoli in forme pure e precise. Sacrificio di quanto nel soggetto c’è di inessenziale, per mettere in luce l’armonia di fondo intrinseca in ogni motivo. L’arte deve esprimere questo equilibro naturale tramite i soli mezzi pittorici, ad esempio il tema dei giocatori di carte, prosciugato di tutti i suoi dettagli fino a diventare un pattern di dettagli, fino ad arrivare in composizione XI all’ eliminazione di qualsiasi suggerimento prospettico. In Rag-Time arriva a semplificare una coppia di ballerini in riquadri chiaroscurati a ricordo dei volumi dei corpi. L’eliminazione dei chiaroscuri e uso di stesure omogenee però si rivela tutt’altro che facile. Piet Mondrian: il piano pittorico come forma assoluta Nel 1921 Mondrian esponeva nella galleria Rosenberg assieme ai cubisti, scriveva inoltre la traduzione francese sull’ Effort Moderne dei principi del De Stijl, vera lingua veicolare della conoscenza artistica dell’epoca. Sostiene che in tutte le arti l’oggettività combatta contro la soggettività, e che lui si faccia difensore dell’oggettività, pura espressione plastica contro espressione descrittiva. La nuova immagine doveva essere raggiunta con l’abbandono totale delle forme di restituzione naturalistica della realtà. Obbiettivo più facile a dirsi che a farsi, ottenere il neoplasticismo definito da Mondrian occuperà innumerevoli tentativi. Mondrian sarà l’artista che andrà più in fondo, eliminando ogni reminiscenza di realistico dai suoi quadri, portando avanti quel processo avviato dagli impressionisti, poi pointillisti e cubisti fino a portarlo all’estremo. Eliminazione totale della soggettività, raggiunto tramite adozione di linee rette e colori primari, omogenei. Tramite continui dualismi ( verticali e orizzontali, colore e vuoto) ambiva a descrivere rapporti naturali, non più corrotti dal voler rappresentare qualcosa in particolare da parte dell’artista. Lo scopo era raggiungere un equilibrio fa lo sfondo e il colore, raggiunto tramite la limitazione in rettangoli ortogonali, forze di estensione e controllo della delimitazione, ritorna il dualismo. Da quel che ho capito, tramite l’abbandono totale di una resa naturalistica pittura e scultura cercano di approdare a un arte assoluta, la pittura esprime se stessa non nella resa naturalistica ma nella resa più totalmente plastica, riducendo la corporeità tridimensionale a un singolo piano. Processo di estremo riduzionismo, sintesi che va verso l’arte assoluta. Il nuovo spirito, la nuova arte è espressa da mezzi plastici, espressa dalla composizione stessa, la composizione deve esprime l’equilibrio tra individuale e universale tramite la forma a sua volta equilibrata. Impressionato dalla vastità della natura, cerca di riprodurne l’unità, l’estensione, la quiete, l’assoluto aggiungerei io. Tanti altri seguirono la ricerca post cubista, van doesburg si preoccupò di come rendere il colore senza finire nelle forme naturalistiche con un approccio dinamico andava fuso nell’architettura. Il cruccio era sul tempo, immobilizzare la forma-colore o renderlo dinamico e muoversi al suo interno tramite l’architettura ? come aveva individuato Mondrian, l’opera si esprime sempre più attraverso se stessa, l’opera si fa personalità in luogo dell’artista. Ragionamenti simili si avevano in quegli anni anche nella poetica, che non voleva significare qualcosa di esterno, il suo valore era la poesia stessa, non come libero sfogo di sentimenti ma evasione da essi, non sfogo di personalità ma evasione da essa. Kandinskij: figura e superfice Punto e linea nel piano, del 1926 è la naturale evoluzione delle tesi dello spirituale nell’arte del 1911. Apparteneva alla generazione dei simbolisti, di cui aveva seguito le idee inizialmente, intrecciate al folk russo e a riflessioni sulla ricerca interiore dei teosofi. Per K. la forma è riflessione dell’intimo e può essere espressa tramite l’arte astratta per eccellenza, la musica. La matrice spirituale-mistica deve presto piegarsi al materialismo russo post bellico (costruttivismo). La sua ricerca della forma interiore e individuale si scontrava con il colletivo e materiale promosso dalla rivoluzione sovietica, per questa ragione si sposterà a Weimar su invito di Gropius. Essendosi liberata da ogni scopo pratico l’arte poteva finalmente indagare i suoi mezzi, i suoi poteri, le sue possibilità. Sostiene la capacità espressiva di semplici linee e colori. Punto e linea nel piano era destinato agli incisori del bauhaus, ricco di immagini tratte da altri linguaggi espressivi come la danza, l’architettura, il teatro. Nel titolo si identificano i tre fondamentali elementi per K. Punto come elemento minimo, esprime tensione interna, linea come restituzione dinamica del punto, che dava un infinità di espressioni diverse in base alla sua “accordatura”, profondamente influenzato dalla musica, (punto linea superfice à suono tema e composizione ). La superfice viene generata invece dal movimento della linea, un campo di tensioni e forze espressive in relazione con la posizione occupata dalle linee. La dialettica di questi tre elementi dava quindi la capacità espressiva. Si arrivava a una forma di astrazione ben più ricca di espressioni, tensioni e dramma, molto lontana dagli approdi del De stijl e il loro sintetismo assoluto. Klee: una pedagogia della forma e della formazione Viene chiamato a insegnare nel bauhaus nel 1920, si accorge di come anche il semplice gesto di tracciare una linea qui venga insegnato come un esercizio di consapevolezza fisica e mentale. Il suo quaderno di schizzi pedagogici viene pubblicato nella collana bauhausbucher poco prima di quello di Kandiskij. l’arte di Klee gira attorno i concetti di forma e formazione. L’opera è un istantanea di un infinito processo di formazione, l’immagine rappresenta non la forma ma il processo di formazione di quella forma. Forma (form) e figura (gestaltung) non sono la stessa cosa: la figura è molto più “viva” della forma che può essere una natura morta, la figura è dinamica, viva. Kandinskij e Klee concordavano sulla necessità di staccarsi dalla concezione materialistica della forma, il materiale che genera la forma dell’operea, loro difendono la possibilità di creare forme tramite l’espressività artistica. Fuga in rosso si può leggere come percorso formativo, il titolo incorpora due concetti musicale e pittorico. Rifiuto della materialità, l’artista non è una macchina fotografica perfezionata, è meglio, l’umano è superiore alla macchina. L’artista è colui che rende visibile, come il tronco di un albero mette in connessione le radici con la chioma, senza assomigliare a nessuno dei due. Bisognava giungere alla sintesi di visione esterna e contemplazione interiore che risultava in un opera completamente diversa dall’immagine ottica di quell’oggetto, senza però contraddirlo dal punto di vista totale, ( come una musica trasposta in arte ?). Vuole vedere dietro le cose. Necessario imparare a vedere il mondo in un'altra ottica. L’arte secondo Klee non deve copiare la natura ma prenderne ispirazione per creare un nuovo mondo figurativo, necessario un nuovo modo di guardare la realtà, vedere dentro e dietro le cose. Ricerca dell’universale come mondrian, idea di totalità dell’immagine. Una lingua franca (non solo) europea Tra le due guerre si sviluppa un ampio panorama astrattista, non eterogeneo e difficilmente catalogabile sotto un'unica voce. Tutti avevo in comune l’idea di star facendo esperienze costruttive, di ricerca, paura di finire nel decorativismo sciatto senza motivazione. Le riviste nascono e spariscono con gran velocità, veicoli di conoscenza e diffusione dei temi astrattisti. Inoltre la migrazione e traduzione di queste idee consentirà il loro sviluppo secondo nuove interpretazioni estere. ( ad esempio cercle et carre). Altra rivista sarà Abstraction-Creation in cui però gli artisti esposti manterrano un che di figurativo. Si può dire che l’arte astratta si possa dividere in due grandi categorie: l’astrazione organica che si confronta con le forme creando un opera puramente funzionale. Canalizzando le necessità della società tramite l’inventiva si aveva come risultato l’operaà impulsi e desideri del collettivo à opera che ne risulta. (1922). Poco prima Kandinskij si dimetteva dal suo incarico, dopo vedersi rifiutato il suo programma all’ INKHUK da parte di Rodchenko e altri giovani artisti, troppo psicologico, troppo individuo a sfavore del collettivo. Rodchenko criticherà anche il monumento di Tatlin, anch’esso troppo influenzato dall’autore, troppo borghese, gli viene opposto come unico concetto accettabile quello di costruzione-organizzazione razionale degli elementi materiali. Ne nacque un dibattito che terminò con la stesura del programma del gruppo costruttivista del 1921 di Rodchenko e Stepanova, con lo scopo di affermare l’espressione comunista delle costruzioni materiali. Si stabiliscono tre principi: tettonica(carattere materialista e della logica di impiego del materiale), faktura(materiali coscientementi scelti e utilizzati cosi da non interferire con costruzione e tettonica) e costruzione(organizzazione del lavoro). Principi non ben chiari, vennero dimostrati in una mostra del 1921 a Mosca. Vennero presentati lavori esempi di opere scultoree generati senza passare attraverso le tradizionali regole del modellato-intaglio ne assemblaggio, si sostituisce la logica della composizione con la costruzione, organizzazione scientifica basata su materiali e equilibrio delle forme oggettive. Nel ’22 riassume Gan in Konstruktivizm queste opere erano il risultato delle proprietà dei materiali e delle sue lavorazioni (Faktura) unite ai modi di organizzare e ordinarli (Costruzione) in relazione con i principi ideologici comunisti (Tettonica). Anche El Litsinzky rifiuterà le pretese dell’ispirazione artistica e studierà gli esiti dell’organizzazione dei materiali. In pittura questo atteggiamento tende all’annullamento totale della contrapposizione tra figura e sfondo, giungendo al monocromo. Rodcenko arriverà proprio a questo nella mostra 5x5 in cui si depura del tutto la pittura dell’ultimo concetto rimasto, la determinazione di uno spazio immaginario. La pittura era portata così alla sua estrema conclusione, 3 tele con i 3 primari, tre superfici che restavano 3 superfici. La pittura arriva così alla perdita totale di comunicazione-espressione. Si arrivava al quadro definitivo per rodcenko come altri artisti avevano fatto prima di lui. Restava però la domanda… e ora ? Il costruttivismo tendeva sempre più ad assimilarsi con i processi di creazione industriale, il destino dell’arte era la progettazione senza alcun residuo di spiritualità. Molti costruttivisti si ribellarono alla loro stessa creatura, venne dichiarata l’inutilità sociale dell’opera d’arte, l’unica qualità artistica è quella produttiva. Alcuni come rodchenko e tatlin si uniformarono al mondo industriale diventando “ingegneri” mentre altri vengono costretti ad esiliarsi. La fortuna europea del costruttivismo Grazie alla circolazione di immagini iconiche, come battiamo i bianchi con il cuneo rosso, attraverso le riviste, si viene a formare un network di artisti europei progressisti. Questi condividevano non solo l’ideale politico ma anche grafico, arrivando ad usare un font preciso per le proprie pubblicazioni (sans serif-senza grazie), la rivista veniva riprogettata, ora non andava più letta tradizionalmente, ma era una lettura d’insieme, con vuoti e pieni, asimmetrie e chiasmi. Diveniva un’opera la stessa rivista. Nasce la comunicazione propagandistica-visiva, l’esperienza sintetizzante del costruttivismo qui torna utile. Doppia natura dell’avanguardia: 1) difende l’autonomia formale rigorosa 2) offre all’industria gli strumenti per la creazione di brand. Anche le esposizioni giocheranno ruolo nella diffusione costruttivista, prime esposizioni nel 1922, con opere ancora affiancate a un panorama eclettico, con svariati autori accademici, ne 1924 furono presentate repliche dei quadri di Malevic-suprematisti, che colpirono molto. Nel 1925 nel padiglione espositivo sovietico di parigi con chiaro gusto industriale, materiali da costruzione, strutture portanti, asimmetrie, grafica curata da Rodcenko, fu un netto distacco dal decò che imperava in quegli ambienti. Col senno di poi però l’esposizione che avrà maggior impatto sarà una mostra di lissitzky a berlino nel ’23. Influenzato da Malevic, allestì un’opera che teneva conto dello spazio espositivo, che connetteva opera e spazio. Il dinamismo di Malevic si fondeva con lo sfondamento dei materiali di Tatlin nello spazio reale. Non era più la singola opera a contare ma l’insieme di relazioni che le opere e l’ambiente stabilivano. Il museo inizia così a perdere il suo ruolo di sacrario rituale dell’arte, e diventa più uno spazio di dibattito, in particola una successiva mostra del ’27 di lissitzky terrà conto di colore delle pareti, illuminazioni e dimensioni degli ambienti, come si fa oggi, cosa assolutamente non scontata al tempo. 4. L’arte nella Germania di Weimar Non solo i pittori intrapresero il percorso verso l’astrazione. Le ricerche di Kandinsky, Mondrian e Malevic si rifletterono anche nel mondo cinematografico, in cui si ritrovano le astrazioni geometriche e liriche. Nel ’21 Ritcher produceva Rhytmus, in cui poneva figure geometriche in movimento, un Mondrian che “pulsa”. In Sinfonia diagonale ’23 invece Eggeling riesce a mettere in moto le forme organiche di Kandinskij. Nel corso di tutti gli anni ’20 andranno avanti le sperimentazioni in questo campo. Fotografia come arte, arte come fotografia Stoccarda sarà una città che subirà forti sperimentazioni moderniste da parte di vari artisti, resta ancora oggi una rappresentazione del cosiddetto stile internazionale. Nel ’27 in particolare inizierà un ampio piano residenziale con la convocazione dei più grandi architetti del tempo. Poco tempo dopo verrà inaugurata una mostra itinerante inerente la fotografia, in particolare gli sviluppi resi possibili dalla Leica 35mm grazie all’economia di utilizzo e portabilità. L’uso della fotocamera porterà un nuovo linguaggio ma anche delle regole di controllo politico, la censura. Il fotografo raggiungeva uno status professionale, grazie ai crescenti mercati della moda, dell’industria della pubblicità in generale. Nella mostra di Stoccarda spiccò l’esposizione costruttivista, concepita da El Lissitzky, in cui erano esposte le fotografie di Rodcenko, in una cornice fluttuante accompagnate da spezzoni di film di altri. Era stato previsto un testo per spiegare il quadro concettuale della fotografia esposta, poi non pubblicato: in breve ogni opera d’arte gira attorno il conflitto tra limite della forma organica e limite della forma razionale (industria). Tra natura e industria risiede l’arte, con chiari spunti a Kandinskij e Klee, Ejzenstejn che compose la parte teorica sosteneva la possibilità di sintesi di stati d’animo e costruzione dell’immagine. La visione fotografica rendeva uno sguardo alternativo sulla realtà, permettendo una migliore osservazione. Tesi sostenuta e proseguita da Moholy-Nagy in un testo del ’25 della collana bauhausbucher, la fotografia tramite la restituzione puramente meccanica della realtà permette di evidenziarne le distorsioni, deformazioni e scorci, senza che il cervello possa intervenire e correggerli automaticamente. Insomma permetteva un ampliamento della rappresentazione naturalistica. Inoltre si evidenziava l’importanza della luce, essendo la fotografia in bianco e nero, si esaltavano i chiaroscuri. Riflessione molto attuale nel bauhaus, in cui la forma restituita solamente tramite il colore si avvicinava pericolosamente all’impressionismo. Moholy riconosce l’importanza di affiancare alla ricerca statica una cinetica, la filmografia. Concepita più che come intrattenimento come possibilità di far usufruire una forma compositiva dell’ambiente. La fotografia apriva le porte a grandi sperimentazioni, rodchenko e Mohol, riproponevano i principi costruttivisti nella fotografia, con lo schema compositivo sugli assi delle diagonali, altri come Citroen e Hoch esasperavano il collage cubista unito al dada. Si sviluppano varie tecniche di manipolazione della stessa. La fotografia si emancipa da pura meccanica e trascende in arte. Si delineano due linee: moholy sostiene la possibilità espressiva data dalla manipolazione fotografica, altri sostengono invece l’isolamento dei tratti specifici nella loro purezza. Si diffondono i libri fotografici, viene usata per insegnare il disegno. Si esplora il mondo naturale tramite potenti obbiettivi. Si isolava il soggetto dal fondo decontestualizzandolo e enfatizzandolo. Nascono anche le prime critiche, si critica la mercificazione della fotografia, alcuni ritrattisti indagano sull’animo umano. Moholy- Nagy necessita di ricerca cinetica, quindi di film, non come intrattenimento. Sperimenta con la luce, cotruisce una struttura che genera ombre attraverso una lampadina. Ognuno sperimenta a modo suo, chi indaga la natura con dei close-ups che mostravano il naturale come mai osservato prima d’ora e chi studia la composizione secondo rigide diagonali. L’immagine diviene sempre più di fruizione di un pubblico ampio e meno di una borghesia colta. Verso una nuova figurazione Dopo aver visto astrattismo e surrealismo si arriva a parlare di espressionismo. La crisi della soggettività e del linguaggio porta a questa forma di pensiero-vita-arte. Si individuano due correnti espressioniste, geometrica e caotica. La prima esprime lo spavento di un mondo in così veloce dilatazione. Il caos parla di ribellione, come attaccati da una bestia, ci si ribella, si vive il dramma del conflitto tra individuo e mondo, porta energia primordiale, tensione, ansia. La geometria era la risposta del cittadino che si adegua al cambiamento, un mondo circondato da macchine, automatizzazione e acciacio, geometria, rigore. In particolare nella germania martoriata dopo la guerra, nasce un sentimento anti borghese, che si esprimerà anche nell’arte. Antimilitarismo e satira sociale Nel periodo post bellico autori come Otto Dix, sopravvissuto agli orrori della guerra si metteranno in contestazione dello spirito “eroicizzante” voluto dagli stati per riformare una memoria comune, denuncia la vera risoluzione della guerra, i 3 mutilati mezzi uomini mezzi automi che giocano a carte, quasi una macabra trinità. Anche l’artista Grosz denuncierà gli orrori della guerra con spirito antieroico, venendo anche denunciato, ricerca un immagine chiara e leggibile, riduce la tavolozza, disegno pulito che traspare valori di solidità, costruzione, funzionalità. Richiami al metafisico ma A Milano la situazione sembra stagnante, in completa opposizione un gruppo di pittori nel ’20 si schiera contro ogni ritorno al classico, esattamente l’opposto dei sostenitori dei “valori plastici”, futuristi. Criticano anche chi usa il futurismo guardando a giotto ( carrà) chi allude al misterioso e al magico dei primitivi e chi inserisce una spettralità metafisica. C’è bisogno di un costruzionismo fermo e analitico, sintetica visione plastica. Periodo particolare ideologicamente perché si contrappone il comunismo al fascismo nella Milano di quegli anni. “Novecento in Italia” Soffici, amico di Mussolini, scrittore di “rete medittaranea” pubblica il fascismo e l’arte, ribadendo alcuni precedenti temi, li mette però al servizio fascista, dichiara che valori artistici e politici coincidono, non parla di arte di stato, ma valori di italianità che vanno difesi. Pochi mesi dopo a Milano viene fondato un gruppo “i sette pittori del novecento” che grazie all’aiuto dell’amante del duce si fanno inaugurare da un discorso di quest’ultimo, postfuturisti, vogliono autoproclamarsi arte ufficiale del partito, anche altri in assenza di una precisa scelta del duce seguiranno quest’iniziativa, tutti in maniera diversa ma tutti seguendo i principi di italianità, di stile italiano, del gusto del popolo italiano. Questo faceva si che si riconoscesse un ruolo di governo da parte dello stato anche nel campo dell’arte, quindi un arte che servisse il popolo. La scelta del nome “novecento” di questo gruppo era un affermazione di contemporaneità, di predominanza di Milano sull’arte nazionale. Il gruppo espose alla biennale di Venezia, discorso inaugurale della Sarfatti (morosa del duce che inaugurò il gruppo), ricco di retorica, celebrante dei valori italiani delle opere esposte, peccato fossero di artisti come Marussig, che ricevette una formazione tutt’altro che italiana, ma tedesca. Si dava quindi una lettura strumentalizzata, esercizio di fedeltà al partito. Il novecento si vende come ricerca di stile europeo inizialmente, istituire nuovi miti condivisibili, ma con l’avanzare dei tempi le opinioni si polarizzano e il gruppo è costretto a limitarsi a un linguaggio per l’Italia, per la nazione. Nel 1925 esce manifesto degli intellettuali fascisti tra cui vari del “novecento”, a cui il 1° maggio ’25 risponderà Benedetto Croce con manifesto degli intellettuali antifascisti, in aperta critica della monopolizzazione dell’arte e della censura. Alla fine dell’anno il “novecento” fa la sua mossa, cerca di dichiararsi arte ufficiale del partito, promuove una mostra del novecento italiano, in cui 144 artisti vengono invitati, in quanto “camerati” ad esporre sotto il nome del novecento. Mussolini terrà il discorso d’aperta con forti dichiarazioni, in quanto l’arte è affine alla politica, ed è suo ruolo correggere e favorire certi ideali, deliberando quindi l’arte a arte di stato, consentendo una forte censura. Efficace forma di sorveglianza data ai musei pubblici, che destinavano il loro intero budget all’acquisto di arte affine al “novecento” e che ne richiamasse i valori. Il gruppo novecento nutre ormai un ambizione annessionistica di tutti gli artisti e ortodossa al fascismo. Stile e iconografia saranno in funzione della promozione del regime. La seconda stagione del futurismo Il rapporto tra Marinetti e il duce si può ripercorrere attraverso i suoi tre scritti tra ’19 e ’24, l’ultimo dedicato proprio al grande amico Mussolini. Manifesto al governo fascista. Il movimento futurista parlava direttamente al regime. Nei confronti di Marinetti il duce fu tollerante-benevolo, in quanto promuovevano una forma di modernità che ben si sposava con gli ideali fascisti. Nel ’21 marinetti promuoveva con manifesto del tattilismo la possibilità di espressione polimaterica, un esperienza tattile, inoltre guardava alle costruzioni polimeriche, sperimentate da Boccioni, sculture con incastonati oggetti reali, indagando sulla risonanza psicologica ed evocativa dei materiali, poetica futurista tattile. In manifesto dell’arte meccanica futurista del ’22 di Ivo Pannaggi e Paladini proseguono il discorso polimaterico, confrontandosi con costruttivismo, De Stijl, purismo postcubista dell’ esprit noveau e bauhausbucher il manifesto proponeva un nuovo indirizzo, e cioè partendo dalla meccanicizzazione del mondo che aveva portato a estetica basata su precisione, pulizia, ordine, semplicità funzionale. Ingranaggi e altri macchinari purificavano dalla nebbia romantica, quasi un malanno. L’uomo diviene macchina, sente meccanicamente, diventa automa. Questo sentimento lo si può ritrovare nei manifesti futuristi di questi anni. Caso particolare Depero futurista, libro che raccoglie le opere di Depero, in una particolarissima impaginazione con bulloni e coppiglie. L’artista voleva adeguarsi alle necessità estetiche dell’industria. Quindi il movimento futurista come un immagine aziendale. Spogliato di tutti i suoi intenti anarchici e sovversivi il movimento futurista si sposava con l’industriale. Ne seguì manifesto agli industriali , promuoveva e associava la figura dell’artista all’industriale, quindi contribuente alla spinta economica del paese. In questo secondo periodo futurista si esaltava come non mai il senso di velocità e sprezzo del pericolo, grande spazio alla figura del pilota-eroe, sfida verso l’ignoto, record di velocità, seduzione di materiali e macchinari. Nel ’25 era stato istituito il ministero dell’aeronautica, affidato nel ’29 a Italo Balbo, e in questo momento che Marinetti inizia con le aeropoesie, la celebrazione del veivolo aveva sostituito la macchina. Molti pittori si dedicarono all’ aeropittura con vertiginosi paesaggi presi da cabine di pilotaggio. Anche qui non mancavano le contraddizioni, da un lato la celebrazione della macchina come veloce, ordinata, razionale, con metafore belliche, di dominio e potenza. Dall’altro attraverso l’allegoria del volo aereo si ipotizzavano vie di fuga, trascendenza dell’animo, vie di fuga, romanticismi. Altra contraddizione sarà l’anticlericale atteggiamento modificato successivamente ai patti lateranensi del ’29. La macchina non era solo simbolo di industria ma anche di visionario, verso altri mondi puri, o anche l’affermarsi dell’uomo nuovo, il mito della rivoluzione, in un futurismo sempre più legato al fascismo. Arte e fascismo Per chiarire ulteriormente i rapporti tra arte e fascismo si può usare uno schema cronologico: Prima fase: dal ’22 al ’27, che corrisponde alla presa di potere del regime e alla formazione di gruppi come novecento, manifesto degli intellettuali fascisti e un inchiesta della rivista Critica fascista Seconda fase: dal ’28 al ’35, inizio del controllo governativo delle grandi esposizioni, culmine le tre mostre della rivoluzione fascista Terza fase: dal ’35 alla fine, politica artistica al fine propagandistico, ministero della cultura popolare e tentativi della “terza via” di Bottai L’inchiesta di Critica fascista tra ’26 e ’27 chiese agli iscritti al partito di identificare un arte fascista, ovviamente ogni gruppo si promosse come legittimo promotore dell’arte fascista, arrivando alla conclusione che non ci fosse UNA arte fascista, ma un arte del periodo fascista, uno stile di vita. Si defini una tendenza generica di definire la modernità attraverso il recupero della tradizione e la diffusione di una italianità. In periplo dell’arte Soffici identificava come arte non fascista tutta quella che non si rifaceva ai modelli nazionali, negava la tradizione, si sottraeva allo spirito del presente, tutta l’arte che si discostava dalle linee del regime di stato, i presupposti estetici e formali promossi da esso. In questi stessi anni Safratti promuoveva l’arte italiana all’estero con un grante tour di esposizioni, generando grandi successi ma anche incorrendo in imprevisti, come a Berlino nel ’29 in cui il novecento si ritrovò ad esporre affianco a Dix e Heartman, antimilitaristi e antitotalitari. Quadro conclusivo: il gruppo del novecento e Sarfatti oltre all’essere divenuti esempi di arte fascista diventano esponenti della nuova arte accanto quella della tradizione pura. Il loro linguaggio si esprimeva soprattuto e meglio attraverso oggetti di uso quotidiano a discapito della pittura e dei suoi codici e significati. Si ebbe tra ’27 e ’30 uno scambio di stili tra germania del bauhaus e italia del novecento, si esportava mentre si rimaneva impressionati alla mostra di milano del ’30 difronte il padiglione bauhaus. L’astrazione in Italia Tra le due guerre troviamo in Italia anche la presenza dell’astrattismo. Si sviluppa in ritardo rispetto gli altri esempi europei degli anni 10-20, in italia compare nei ’30, rimarrà sempre in sottotono rispetto altri stili, non riuscendo mai a farsi esporre dal novecento, ne in altre grandi esposizioni. Non per questo però l’astratto italiano è privo di valore. Tra Roma ( casa d’arte Bragaglia ) e Milano ( galleria il milione ) si sviluppano A. Soldati, F. Melotti, M. Radice e L. Fontana. Queste case d’arte garantiscono un minimo di visibilità all’astratto in un italia sempre più ricolma di arte ufficiale e novecento. Due sono i punti di partenza: il futurismo, con ricerche grafiche, polimateriche e dinamiche (Munari, Veronesi) e dalla metafisica con richiami al cubismo sintetico ( Soldati). Sono inoltre presenti varie fonti di ispirazione come Klee e Kandinskij, ma anche De Stijl. Altri riuscirono a trarre qualcosa di completamente originale e peronale come Fontana. Merito di questa diffusione di idee e suggerimenti sono stati sicuramente il gruppo dei 7, un gruppo di architetti italiani, che guardavano alle teorie dell’ esprit nouveau e di una progettazione razionale. Altro centro di diffusione del sapere sarà Il Milione casa d’arte milanese aperta nel ’30, che presento artisti francesi postcubisti e figurativi, oltre che disegni architettonicià permeazione dell’architettura razionale nell’arte astratta. Ci si allontava sempre più da una rappresentazione figurativa verso una riduzione geometrica. attraverso la fotografia, favoreggia la straight photography, una fotografia distaccata dallo stile pittorico, orgogliosa delle proprie caratteristiche. Questa è una delle caratteristiche del modernismo americano, purificare il mezzo per ottenerne una ricerca pura, una non alterazione. Non si fa fotografia per cercare di farla sembrare pittura, la si purifica. Dalle opere di Strand del 1915 sono evidenti le possibilità espressive della fotografia, l’istantaneità associata alla costruzione chiaroscurale, pieni e vuoti di new york. Ci sarà anche una commistione di costruzione pittorica e rappresentazione fotografica, le incredibili foto di Sheeler al complesso Ford sembrano quadri costruttivisti, ma serbatoi, ciminiere e ventilatori possono quasi ricordare il readymade. Questo ciclo fotografico ben rappresenta il sublime industriale, che in sheeler si trasforma in pittorico in River rouge plant, e ancora in american landscape possiamo trovare lo schema compositivo di Corot, in tema industriale. Gli stati uniti hanno la particolarità di non avere monumenti del passato, ecco che Demuth trova in una sagoma di silos in cemento che svetta dal nulla un antico egitto, un obelisco, usa l’architettura funzionale come monumento. Anche nel campo dell’arte astratta la fotografia troverà la sua interpretazione, con equivalents un anziano Stieglitz realizza una serie di stupefacenti immagini di nuvole in mutamento, come in Kandinskij un punto di partenza naturalistico diventava un motivo astratto, gioco di luci e ombre, una variante americana dell’ultimo Monet che ritrae i giochi sull’acqua della luce a Giverny. Questa esperienza insegna l’inquadramento e l’ingrandimento reso possibile da sempre migliori obbiettivi, vedere una cosa da vicino lasciando fuori il contesto. La meccanicizzazione del mondo non portava solo alienata oggettività ma anche nuovi risvolti realisti. Parafrasi del moderno negli stati uniti gli autori americani si interrogavano sul come rendere l’esperienze dell’avanguardia europea in matrice americana, inoltre la richiesta artistica d’avanguardia si concentrava in pochi centri nelle grandi metropoli, mentre al di fuori domina un gusto borghese, si può dire che tanto più ci si allontana dalle due coste più si ritorna ad un gusto figurativo ottocentesco. Interessante mente fuori dagli schemi è E. Hopper, pittore che con gusto figurativo e con qualcosa di fiammingo ritrae scene d’interno, in cui la modernità non è però esaltata, sembra voler parlare dei risvolti negativi, dell’alienazione, della malinconia e solitudine, con un forte carico psicologico. Non da meno è Stuart Davis che ritrae oggetti del quotidiano, anticipando la pop art, oltre alle vedute urbane in oscillazione tra figurativo e realismo. In house and street del ’31 una veduta cittadina viene assemblata da tasselli colorati e geometria a ricordare un quadro astrattista e sintetico. Il dialogo e confronto con le esperienze europee lo troviamo anche in Shahn che riprende Dix e Grosz in tema drammatico. (passione di sacco e vanzetti) I pittori americani iniziano ad esporre in europa, nel 26 Bellows espone alla biennale un incontro di boxe, un ricordo dei lottatori classici in chiave americana (senza monumenti del passato). Altro quadro di spicco nell’esposizione del ’26 è the lord is my sheperd di Hart Benton, nemico dell’emulazione europea, propone uno stile chiaro e pedagogico quando non austero e punitivo, difende i valori rurali e cattolici americani, nonostante questo con forti influenze surrealiste e tonalità cezanniane. Suo allievo sarà J. Pollock. Una veduta della scena americana infine deve considerare american gothic di Grant Wood, immagine iconica, dichiarazione di puritana americanità e populista. Presentata a new york suscitando giudizi controversi, il padre e figlia con forcone appariva fuori tempo, ma allo stesso tempo parodia. Anche lui guarda al vecchio continente, si forma in germania, ma rigetta la metropoli, difende il modo americano di vedere le cose, le differenze regionali statunitensi contro la metropoli che uniforma e avanza. Idee riprese nel sostegno dell’arte rurale nell’ambito del new deal. Arte indigena e arte sociale: il muralismo messicano La calavera è un immagine che conoscono tutti in Messisco, un esempio di iconografia che è frutto di tradizione locale con cultura cristiana. La morte si esorcizza facendola diventare parodia, Jose Posada, nel 1913 realizza una morte che è simbolo di contrapposizione tra indigeni e eredi dei conquistadores, satira dei costumi europei imitati dagli aristocratici locali. Quando si parla di Muralismo ci si riferisce in particolare all’attività di Diego Rivera, Jose Orozco e David Siqueiros. La loro attività si svolge dopo la caduta del regime dittatoriale di Porfirio Diaz, che diede vita alla guerra civile messicana. Al governo andò Obregon, sostenitore della rivoluzione, si profilò un piano di riscoperta delle radici indigene del paese, J. Vasconcelos ministro della pubblica istruzione difese un sistema di istruzione laico accessibile a tutti, favorì una cultura condivisa e coesa, come strumento di unità nazionale. A favore di ciò commissionò un piano di pitture murali (1921) che avrebbero dovuto favorire e raccontare l’ideale di nazione messicana. In questo 3 sono i fattori che concorrono: l’indigenismo, il recupero delle tradizioni popolari e indigene, il populismo, la propaganda degli ideali rivoluzionari guardando alla rivoluzione sovietica, e il modernismo, che impiega codici e linguaggi delle avanguardie europee. L’opera di Rivera è quella che meglio racchiude questi tre preconcetti: formatosi in messico e successivamente in europa, scoprirà il cubismo e gli affreschi di Giotto, tornerà in Messico e si assocerà a un sindacato rivoluzionario d’arte. Scopo era di celebrare la pittura messicana indigena e rimuovere l’influenza borghese. Il diffuso sentimento antiborghese porta a un ripudio della pittura figurativa tradizionale, da cavalletto, mentre si celebrava l’arte monumentale, in quanto pubblica, destinata al popolo. Gli influssi all’arte europea, in particolare a quella italiana sono evidenti, ma i temi proposti sono gli eventi storici letti in chiave celebrativa dei vinti, quindi degli indigeni. Dei tre grandi artisti del muralismo Orozco sarà il meno impegnato politicamente, anticlericale ma anche anticomunista, diffonde messaggi soprattutto morali. La vera opera capolavoro del muralismo è La storia del Messico: dalla conquista al futuro, del 35 realizzato da Rivera, in cui in scala monumentale si narrano le vicende messicane in un ciclo figurativo, che culmina in un unità del popolo sotto le ideologie di Marx à socialismo. Stile, ideologie e committenze tra Messico e Stati Uniti Gli esiti di maggior importanza del muralismo però si trovano al di fuori del messico, dove questa sperimentazione pedagogica-visiva otterrà i più grandi successi. Siqueiros era vissuto in Europa e aveva anche tenuto mostre personali a Parigi, insegnerà anche all’università di L.A. nel ’32, successivamente sarà in Uruguay, inviato dal partito comunista messicano di cui è attivista, per poi tornare a N.Y.C. dove sperimenterà nuovi pigmenti e tecniche. Qui realizzerà una serie di decorazioni per un college che verranno ammirate in particolare dagli artisti della pop art. Pollock frequenta il suo atelier in questo periodo, già rimasto affascinato dal Prometeo di Orozco, Orozco che dimostrava le potenzialità di un arte emblematica, narrativa su grande formato, monumentale e in grado di esprimere le ideologie di un movimento socialista universale. Il muralismo diventava così esempio di arte pubblica, sociale e moderna. Rivera, iscritto al partito comunista, viaggia in Russia, viene poi espulso dal partito messicano, nel ’30 porta a compimento una grande opera ricca di riferimenti europei, Attraversando il Barranca. Qui abbandona la ricerca d’avanguardia per una dimensione più narrattiva e descrittiva, è da dire che essendo stato espulso dal partito aveva perso la rete di committenze e quindi si ritrova a lavorare per americani. Dipingerà un enorme ciclo murale a Detroit per la ford, mantenendo i temi di lotta di classe operaia. Verrà chiamato ad esporre al MoMA di n.y.c. ma restò sempre fedele all’ideologia comunista e rivoluzionaria. Come scriverà in una lettera del 32, in cui rifiuta l’arte pura e dichiara l’arte rivoluzionaria come forma più alta, arte come mezzo di lotta sociale attraverso la propaganda, secondo lui tutti gli artisti sono stati dei propagandisti di qualche ideale. Vuole usare la sua arte come un arte… ma cosa restava di questo intento una volta accettate committenze private da statunitensi? Rockfeller ricco collezionista commissionerà un grande murale nel ’33 e Rivera dipinge la figura di Lenin intento a stringere le mani di un soldato statunitense e un uomo di colore. L’opera venne rifiutata, pagata e distrutta. Una risposta a questi problemi arriverà da Siqueiros, accortosi della perdita di forza del muralismo verso uno sciatto folklorismo, indigenismo diventava pittura piacevole esotica e perdeva la sua carica rivoluzionaria. In collaborazione con il mural painting group di L.A. un progenitore dei graffittari e crew hip-hop sperimentando con spray e pittura silicata. Era convinto di dover lavorare su due fronti, opera su grandi formati e pubblica associata a diffusione su riviste e giornali, scavalcando la mediazione borghese. Recuperando tratti futuristi e costruttivisti sperimenta nuove tecniche grafiche e plastiche, sviluppa la pittura a spray. Nel 1939 realizza ritratto della borghesia con smalto industriale, che anni dopo verrà usato da Pollock per i suoi quadri a dripping. L’arte del New Deal La vicenda del muralismo avrà una seconda vita in seguito alla gravissima crisi economica del 1929 che lasciò 15 milioni di disoccupati in America. I cantieri di pittura murale si erano già distinti con un ruolo riconciliatorio tra stato e arte, allontanando l’idea dell’artista bohemien. Ecco che i programmi federali guarderanno a questa attività quando dovranno promuovere lavori pubblici. Nel ’35 si avviava il Federal Art nordica, a compiacimento del popolo tedesco e della sua lingua. Ci furono due esposizioni che pubblicizzavano questa idea. La denigrazione dell’avanguardia Voluta da Hitler e organizzata da Goebbels, Arte degenerata è stato un enorme progetto itinerante atto a denigrare l’arte moderna delle avanguardie. L’esposizione era disordinata e caotica, additando alle opere titoli denigratori e descrivendo la loro degenerazione. In particolare sotto le opere di autori ebrei correvano frasi antisemite e denigratorie, ma non si risparmiava solo a loro la denuncia, tutti gli autori di quest’arte degenerata erano denunciati. Ironicamente questa fu la mostra più visitata del XX secolo. Ma qual’era allora l’alternativa tedesca a quest’arte degenerata? La Grosse deutsche kunstausstellung esposzione tenuta in otto edizioni dal ’37 al ’44 si proponeva di illustrare l’arte giusta, come i gruppi scultorei di Thorak e Brecker o i dipinti di Ziegler. Si inaugurava una stagione di arte programmatica che celebrava il corpo perfetto dell’ariano. Durante l’inaugurazione si arrivò a denunciare gli ebrei in quanto proprietari dei mezzi di comunicazione e per tanto diffusori di messaggi degenerati e ingannevoli. Le avanguardie non avevano nulla a che fare con il popolo tedesco, l’arte si doveva basare sui valori eterni del popolo tedesco. Si prometteva una purificazione dell’arte e della cultura. Si difendeva la linea genealogica dell’arte tedesca e tutto ciò che riguardava la razza ariana. Quadri, scultura ma anche cinema puntavano ora a confermare il mito eroico della razza ariana. È difficile trovare nel novecento un altro capo di governo così attento alle questioni artistiche, con drammatiche conseguenze. Omologazione e dissidenza in Italia Nell’Italia fascista fino alle leggi razziali del ’38 non vi era sentimento antisemita e il razzismo non aveva una reale consistenza. Schiere di giovani intellettuali e artisti si schieravano contro il classicismo di partito e l’ostentazione del classico. Nascono “fronde” che non si oppongono esplicitamente al totalitarismo, ma indagano una conciliazione dell’arte moderna con il fascismo. Nella seconda metà degli anni ’30 emerge una generazione che non si riconosce nel gruppo di novecento, ma che fa ricerca formale conciliandola alla necessità di controllo su temi e iconografia. Da un lato l’esigenza di illustrare i miti del fascismo e dell’uomo nuovo, dall’altra la sofferenza per una così ristretta possibilità di temi da illustrare, che voleva non eliminare le esperienze dell’impressionismo, si vuole fare ricerca formale. Particolare attenzione a questa ricerca di conciliazione la daranno a Torino il gruppo di artisti attorno Casorati, o la romana “scuola di via Cavour” come la definisce Roberto Longhi. Longhi stava cercando di insegnare un modo per difendere l’esperienza della modernità invece che annientarla. In particolare in un suo scritto guarda a Piero della Francesca e lo confronta con artisti moderni, cercando una legittimazione di questi ultimi, legittimando l’arte e la ricerca moderna in un contesto di rinascita artistica nazionale. Anni dopo nel ’34 sempre Longhi identifica tratti cubisti nei maestri ferraresi, nel ’35 poi in un discorso d’apertura dell’università d’arte parla della pittura bolognese del ‘300 facendola arrivare alle opere di Morandi, ai più ancora sconosciuto. Morandi partecipò anni dopo alla triennale di Roma, ma la giuria preferì opere di Saetti, che meglio esprimevano gli ideali di partito, mentre Morandi non si piegava alle tematiche fasciste e proponeva una serie di nature morte, visto dai giovani pittori come antidoti al gusto celebrativo di quegli anni. Questo gusto per le arti minori come natura morta e paesaggio con scelte stilistiche dimesse si trasformò in una forma di dissidenza politica. Il Premio Bergamo una mostra annuale tra ’39 e ’40 diventa teatro di questa dissidenza espressa tramite l’arte, in particolare nel ’40 veniva premiata l’opera di M.Mafai che proponeva due modelli che si cambiano, sullo sfondo una battaglia con strage di innocenti allude alla guerra in corso. Guttuso lo stesso anno si aggiudica il terzo premio con fuga dall’etna, velato da quadro di cronaca anche lui denuncia l’esito bellico. L’ultima edizione del ’42 suscitò aspre critiche in quanto andava a premiare un opera come il crocifissione di Guttuso, monumentale dipinto con chiari tratti picassiani e leggibile come denuncia della guerra e icona di resistenza. Gli artisti che giravano attorno questo premio riceverono asprissime critiche, la rivista Meditterraneo futurista denunciava i temi e le modalità come inammissibile disfattismo. Si arrivò addirittura a criticare un premio conferito a Morandi nel ’16 denunciando la giuria in quanto ebrecizzati = analogia con ciò che accadeva in germania. Nel 1939 Farinacci gerarca fascista proponeva il Premio Cremona in aperta contrapposizione al premio Bergamo, che ricalcava la pittura programmatica del Reich, le tematiche erano ascolto alla radio di un discorso del duce, la battaglia del grano e la gioventù italiana del littorio. La quarta edizione non fu tenuta ma il tema era un macabro dal sangue, la nuova Europa. Il quadro di Ricchetti vincitore della prima edizione ben mostra le tematiche care al partito: apparecchio moderno, la radio, linea gerarchica con il padre lavoratore al centro in ambiente rustico e la moglie con la prole. L’arte promossa dai regimi totalitari, anche se ogni regime ha le sue necessità di tema, ha in comune una regressione stilistica, in chiave antimoderna e una redifinizione dei generi. La critica era proibita, si celebra l’attualità e la storia della nazione che ha portato al giorno moderno. 8. Verso una geografia globale Centri e periferie Si possono individuare due grandi movimenti dell’arte tra le due guerre: uno centripeto e uno centrifugo. Il movimento centripeto e cioè quell’accentramento di artisti di varia provenienza, stile e ideologia, attorno un'unica metropoli come sarà Parigi o Berlino. Non sempre gli artisti immigrati trovarono facile assimilazione, per alcuni sarà difficile tirare avanti nelle grandi metropoli, diventando gli ultimi bohemien, ad esempio Modigliani visse in condizioni di povertà estrema. Questo dovuto soprattutto al gusto del pubblico e alle regole di mercato. Questi trasferimenti erano spesso frutto di delusioni e fallimenti, solo tardivamente ricompensanti in alcuni casi. Lungo questa corrente centripeta vanno collocati anche i fenomeni (indiretti) di inglobamento culturale: ad esempio se l’arte africana e oceanica risultava esotica per espressionisti e cubisti, ecco che era stata musealizzata e divenuta moda, perdendo tutta la sua esclusività. Il movimento centrifugo è invece quello che porta dai centri culturali verso le periferie e altri territori, spesso di economia emergente. Anche qui troviamo un fenomeno indiretto, la circolazione di manifesti e riviste. Soprattutto però la circolazione degli artisti, spesso legata a accadimenti bellici e rivoluzionari, è ciò che vedremo a new york dalla seconda metà degli anni ’30, che ruberà il primato a Parigi come centro artistico, e dove si svilupperà una folta rete di musei, giornali, riviste, esposizioni e quant’altro. Dalla denigrazione all’assimilazione A partire dalla sua fondazione il MOMA (’29) si era dedicato al panorama contemporaneo europeo, il primo evento era infatti sui precursori del postimpressionismo quali Seurat, Van Gogh, Cezanne e Gauguin. Il diretto del museo A. Barr non teme di usare un approccio inusuale, mettendo in dialogo pittura, scultura, fotografia, architettura e filmografia, nel museo infatti troviamo tutti questi compartimenti, ma non solo, in certe occasioni le discipline venivano mescolate, avvicinando una sedia Bauhaus a una pittura. Nel 1937 Barr organizzò una mostra intitolata fantastic art, dada, surrealism presentando artisti come Bosch, Goya e Blake, artisti che oltreoceano erano proprio in questo momento denunciati e ripudiati. A New York si cercava invece di raccoglierne l’eredità, accumulando più opere possibile, per capirle e conservarle. C’è un fattore paradossale nel modo in cui i grandi collezionisti e i musei approfittarono della violenta campagna del terzo Reich per arricchire le proprie collezzioni, infatti il regime dopo aver sequestrato le opere dell’arte degenerata le vendeva in stock per finanziare i propri sforzi bellici, e i compratori tramite escamotage e prestanome riuscivano a impossessarsene senza causare scandalo ( un americano non poteva comprare arte rubata ai nazisti finanziando la guerra ). La diaspora dell’avanguardia europea Oltre che alle opere a circolare saranno anche gli artisti, messi in moto dagli accadimenti europei, molti si spostarono negli stati uniti, portando con se il proprio bagaglio di esperienze e ricerche. Molti dei grandi artisti europei trovarono impieghi di prestigio nel nuovo continente, Gropius portò l’esperienza del bauhaus dirigendo il dipartimento di architettura di Harvard dal ’37 al ’69. Inoltre l’influsso tedesco fu molto forte nei grattaceli new yorkesi ( van de Rohe). Altra importante immigrazione sarà quella dei pittori surrealisti tra cui Leger, Tanguy, Dalì, Ernst e Masson. Integrati ben presto nel sistema di musei e collezionisti e mercanti d’arte. Le correnti astrattiste geometriche e organiche si erano ormai trasferite oltreoceano. Nel 1936 veniva fondato l’ AAA (abstract art artists) che raccoglieva artisti che ricercavano un opera eclettica che si rifacesse a cubismo sintetico, neoplasticismo e costruttivismo, in un confronto continuo con le opere di tedesca, sovietica e italiana. Il vero potere rivoluzionario dell’arte per Greenberg non sta nel messaggio di un opera, quando nella potenziale libertà espressiva dell’arte stessa. L’arte moderna europea poteva essere accettata in america finchè rinunciava alla propaganda a favore della forma della libertà espressiva.ù Prima occasione per questo confronto tra arte europea e americana sarà Artist in exile del ’42, in cui si raccoglievano tutti gli artisti rifugiati : tanguy, chagall, leger, breton, mondrian, masson, ozenfant e molti altri ancora. Nel catalogo della mostra si tratta di due temi, uno legato all’universalità dell’arte e quindi dell’idiozia dell’arte nazionale dei regimi e un saggio , america in cui si parlava della situazione americana, esortando la necessità di staccarsi dall’arte figurativa e propria americana, criticando fumetti e riviste, che confondevano l’arte colta con l’arte di fruizione popolare, “stupida”, che sarebbe propagandistica se collocata in un regime. I pittori europei potevano insegnare agli americani a vedere le stesse cose sotto una luce diversa e viceversa. Ben mostra questo scambio tuffatori II di Leger, in cui un mediterraneo cubista, con una certa classicità nella costruzione dei corpi approda in una caotica e coloratissima città ( americana ). Con terra seminata Masson invece forniva il tema della terra e dell’uomo in una relazione primordiale, senza ricadere nell’arte figurativa e negli stili regionali. Infine il sogno di Chagall mostrava la possibilità della figurativa fiabesca in grado di conciliare modernità con gli stili popolari e i sentimenti, la dimensione più umile. Pochi mesi dopo questa mostra si tiene First papers of Surrealism, un mix di artisti europei e americani, con uno spettacolare intervento espositivo di Duchamp, che invade gli spazi della galleria di fili che collegano i vari ambienti = lo spazio espositivo interferisce con la forza dell’opera che è autonoma, lo spazio espositivo non è quindi neutrale. Questo portava a una doppia metafora, l’incrocio di esperienze americane e europee, ma anche la condizione di fuga e spostamento degli esuli da un ambiente all’altro. Poco dopo si terrà un'altra mostra questa volta organizzata da Peggy Guggenheim, sempre sui temi astratti, cinetici e surrealisti. Grazie a questi incontri la pittura surrealista che era rimasta sostanzialmente invariata nei temi e stili dagli anni ’20 si arricchisce di nuove esperienze, Gorky ben esemplifica le nuove definizioni: la linea come limite di un oggetto ma anche come definizione del piano pittorico, forme metamorfiche che fluttuano nella tela (astrazione organica di Mirò) , intensità e variabilità delle tinte (kandinskij) e la sovrapposizione di piani di colore con effetti cromatici ( Matisse). Breton riconosce la qualità delle immagini ibride di Gorky e prova ad annetterle nel gruppo della filosofia surrealista, anche se in realtà a questo punto i migliori esponenti della sperimentazione pittorica surrealista sono americani quali Rothko, Gottlieb e Newman, che per affrontare temi dello sconosciuto immaginario usano tele di grandi formati e ampie stesure di colore, contro l’illusionismo e a favore della superfice pittorica. Fondere - trovare una sintesi – tra un arte di contenuto come quella surrealista e puramente formale come l’astratta non è per niente facile. Greenberg nel verso un più nuovo Laooconte del ’40 riafferma la necessità di una ricerca artistica d’avanguardia che si smarchi completamente dalla politica e dal sociale. L’arte moderna DEVE esistere come PURA esperienza ottica, che nel caso della pittura modernista erano la bidimensionalità del piano pittorico, la sagoma della tela, la natura del pigmento, le premesse ideologiche per il primato dell’arte americana erano poste. 9. Al di là del regime Avanguardie al femminile Fino alla prima metà del ‘900 l’arte era maschile, quasi misogena. Bisognerà aspettare la repubblica di Weimar e la costituzione sovietica per incontrare un riscatto sociale della donna, ricordando che il diritto di voto femminile arriverà appena nel 1948 con la dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Fino a questo momento i valori auspicabili di una donna riguardavano la modestia, la famiglia, la riservatezza e tutto ciò che riguarda la casa e i figli. Le biografie di grandi donne quali Valadon e Kollwitz testimoniano le difficoltà di riscatto sociale. Valadon è stata la prima donna ad essere ammessa alla società nazionale di belle arti francese, Kollwitz entrata nell’accademia prussiana delle belle arti e otterrà fortuna dai suoi cicli di acqueforti, in particolare da Krieg con l’opera Die Mutter gruppo di madri che si abbracciano, rinnovamento del tema della maternità, promuovendo la solidarietà femminile negli orrori della guerra, con un messaggio pacifista. Altre preferirono un approccio meno sociale e più privato-individualista della propria arte, itinerario più complesso sarà quello di G. Munter, che fondò Blaue Reiter con Kandinskij, anche se resto in disparte dal gruppo. V. Bell fondò insieme a R. Fry e D. Grant un laboratorio di mobili, tessuti, ceramica e vetri di impronta astrattista e geometrica. Bell era anche pittrice, portò degli espliciti nudi maschili, in rovesciamento della gerarchia pittore-uomo modella-donna. Sonia T. Delaunay dopo gli studi a S. Pietroburgo si reca a Parigi, sposa il pittore Delaunay e creano uno stile derivato dal cubismo chiamato orfismo. Oltre alla collaborazione con il marito si occuperà anche di personale ricerca, realizzando serie di modelli e costumi. Ricevette anche riconoscimenti ufficiali, anche se l’arte femminile per essere celebrata sembra dovesse ancora appartenere alle arti “minori” come la moda e non all’arte “alta”. Simile il percorso si Sophie Arp, che sposa Jean Arp e inizia un produzione in forte osmosi con il marito. Progettano di arte totale, commistione di pittura, scultura e tessuti, assecondando una ricerca di arte collettiva. Partecipò anche all’ internazionale con opere astratte geometriche. La strada era ormai aperta, e le artiste sovietiche la percorreranno con decisione, il gruppo 5 x 5 = 25 sarà fondato da Exter e Popova assieme a Rodcenko. Gruppo che difendeva i valori del costruttivismo e riconosce l’arte tessile in quanto fusione di tecnologia e funzionalità con aspetti artistici. I migliori esempi di creatività femminile si ritrovano nelle esperienze che associavano la rivoluzione artistica a una rivoluzione sociale, sovversione dei ruoli e spinta verso la liberazione individuale. Figura esemplare è quella di Hannah Hoch, grafica e illustratrice a Berlino (attività secondaria, non arte “alta”) ma qui conosce Hausmann e ha la possibilità di partecipare attivamente ai dibattiti dadaisti, facendo valere la necessità di riconoscimento del lavoro femminile, anche nelle arti minori in quanto attivamente costruttivi alla società moderna, una via d’uscita dalla vita domestica. (dopo l’aver sostituito lavori maschili nelle fabbriche durante la guerra a maggior ragione). Partecipò nel 1920 alla fiera internazionale di Berlino con uno splendido collage dada dal titolo kilometrico, racconto allegorico della germania del tempo, ironica sovversione del lavoro femminile e critica del movimento antidada. Tra ’26 e ’29 Hoch è a l’Aja, dalle suggestioni dell’arte africana avvia un ciclo di collage, ironico ma allo stesso ricco di significato e complesso, più di quanto non avessero tratto gli espressionisti anni prima. Tramite scomposizione e scale diverse associate riesce a togliere la “sacralità” primitiva e fonderli con dettagli femminili che portavano a un doppio “feticismo” quello dell’oggetto esotico e quello del corpo femminile, duplice desiderio dei pittori bianchi e maschi. Altra notevole opera è Indische Tanzerin del 1930, che mostra la condizione femminile. La donna raffigurata è un attrice nel ruolo di Giovanna D’Arco, in quegli anni santificata. L’opera è contraria a questa santificazione dal parte del clero maschile, di una donna che ha scatenato una guerra di religione e al personaggio mitizzato per essere dato in pasto a propaganda e media. La sua opera sarà condannata come bolscevica dai nazisti, non sorprende visti i discorsi di inclusione e studio della libertà espressiva individuale sostenuti da Hoch. Figura meno nota ma interessante è quella di Irma Stern. Studia all’accademia di Weimar e con il pittore Pechstein, associata poi agli espressionisti, espose durante la guerra (1916). Dopo la guerra ritornerà in sud Africa dove era nata e avviò una carriera da artista. Dipinge soggetti locali con disparate suggestioni europee, non riscuotendo grande successo in europa, dove si continuava a preferire soggetti tribali da reinterpretare in chiave moderna. Anche l’attività del Bauhaus porta una grande apertura alla creatività femminile, non senza contraddizioni, infatti due terzi degli alunni erano donne, ma venivano relegate a corsi in “piano” come grafica, fotografia e tessuti, mentre l’arte plastica era affare da uomini. Ci furono delle eccezioni come quella di Marianne Brandt, che lavora nel laboratorio di metallurgia di Moholy-Nagy. L’officina tessile fu invece diretta da una donna, Gunta Stolzl, unica donna a comparire nella foto dei docenti del bauhaus sul tetto della nuova sede di Dessau. Infine significativa la carriera di Anni Albers, dopo aver studiato al bauhaus nel ’22, dove conosce Josef Albers, primo alunno ammesso docente del Bauhaus, decidono di trasferirsi negli stati uniti diffondendo gli ideali del Bauhaus, in particolare progettò arazzi di notevole evoluzione rispetto gli espressionisti di quegli anni. Identità di genere L’ avvento delle donne nell’arte porta anche a nuove visioni, della donna fatte da donne, un punto di vista nuovo nel panorama artistico. Ci si stacca dal concetto di pittore e modella, dell’atelier, dell’uomo predatore e donna indifesa. Compare il tema dell’omosessualità per entrambi i sessi. Nasce il tema dell’identità di genere,