Scarica Riassunto del testo "Storia greca"- Parte prima e più Sintesi del corso in PDF di Storia Antica solo su Docsity! Storia greca La civiltà dell’egeo e l’età buia I.I La civiltà minoica Nella fase più antica della storia del mondo greco, sono le isole dell'Egeo, piuttosto che la Grecia continentale, a essere interessate dalla nascita di nuove e originali forme di civiltà. Ne costituisce un significativo esempio la cosiddetta «civiltà cicladica», che si sviluppa per l'appunto nell'arcipelago delle Cicladi, nell'Egeo centrale, durante la prima età del Bronzo. Ma la civiltà di maggior rilievo è senz'altro quella che fiorisce a Creta è che dal nome del leggendario re Minosse, si definisce abitualmente «minoica». È intorno alla fine del terzo millennio che a Creta si registra una svolta: in varie località dell'isola sorgono i primi palazzi, attorno ai quali si sviluppano veri e propri agglomerati urbani, e ha così inizio il periodo «protopalaziale» che si prolunga sino al 1700. È però soprattutto nella fase successiva, quella detta «neopalaziale» che la civiltà minoica conosce il suo apogeo: in seguito a una serie di distruzioni avvenute per cause non ben chiare, i palazzi sono ricostruiti e notevolmente ampliati e strutture monumentali dello stesso tipo vengono ora edificate in altre parti della regione. Caratteristica di questa seconda fase è la marcata omogeneità culturale che si riscontra tra i vari centri palaziali. La funzione dei palazzi, la cui complessa struttura è verosimilmente all'origine del mito cretese del labirinto, appare molteplice: oltre a costituire la residenza del Sovrano, e quindi la sede del potere politico,sono la sede sia economica che sacrale. A sottolineare il controllo che il palazzo esercita sulle attività economiche si aggiunge poi l'uso della scrittura a fini amministrativi e di contabilità. I testi rinvenuti negli archivi palaziali documentano due diversi sistemi grafici elaborati dagli stessi Cretesi: solo nel periodo protopalaziale è attestata una scrittura sillabica costituita da ideogrammi e convenzionalmente definita «geroglifica», parallelamente alla quale si sviluppa tuttavia un altro sistema sillabico,la cosiddetta «lineare A» (entrambe tuttora indecifrate). Un dato abbastanza evidente che se ne ricava è la notevole prosperità che caratterizza la civiltà cretese: i raffinati oggetti di ceramica, i sigilli in pietra e in avorio e i prodotti di oreficeria e di metallurgia attestano infatti l'esistenza di un artigianato specializzato in grado di raggiungere un elevato grado di perfezione tecnica. Altrettanto evidente è l'assai scarsa attenzione riservata agli aspetti militari: i palazzi, a differenza di quelli del Vicino Oriente e dei più tardi centri micenei, sono curiosamente sprovvisti di fortificazioni e le rappresentazioni guerresche risultano estremamente rare nei documenti figurativi, così come rara è la presenza di armi nei contesti funerari. Inoltre, testimonianze iconografiche dei sovrani sono del tutto assenti, e le teorie che sono state formulate in proposito - come una diffusa tesi che postula l'esistenza di una teocrazia con a capo un re-sacerdote- non hanno base documentativa. Numerose sono poi le incertezze che condizionano la nostra ricostruzione delle credenze religiose: ben poco le fonti permettono di ricavare sulle divinità del pantheon minoico, la cui identificazione rimane alquanto problematica. Che alcune figurine femminili (celebre la cosiddetta «dea dei serpenti») siano da interpretare come divinità sembra un fatto sufficientemente assodato, ma non è dato sapere se si tratti di divinità distinte o di un'unica dea rappresentata nei suoi molteplici aspetti. A caratterizzare la civiltà minoica, specie nel periodo palaziale, è altresì la sua ampia diffusione nell'Egeo: oltre che nella Grecia continentale, materiale di produzione cretese è stato infatti rinvenuto in varie zone circostanti; abbastanza intensi e prolungati sono poi i rapporti con l'Egitto, che sono documentati anche da fonti egiziane in cui si fa riferimento ai Cretesi. Sulla base di una tradizione riportata da alcune fonti antiche sulla talassocrazia di Minosse, che, con la sua potente flotta, avrebbe imposto la propria signoria alle Cicladi e avrebbe debellato la pirateria, si ammette spesso l'esistenza di un vero e proprio impero marittimo di grandi dimensioni messo su dai Cretesi nell'Egeo centro-orientale, ma si tratta di una tesi a cui l'evidenza archeologica non fornisce alcun sicuro riscontro. Tuttavia verso la metà del XV secolo tutti i palazzi dell'isola, ad eccezione di quello di Cnosso, subiscono una violenta distruzione dopo la quale non sono più ricostruiti. Scarso credito trova ormai tra gli studiosi la teoria che collega il fenomeno a una catastrofica eruzione vulcanica. I mutamenti da cui appare ora interessata la cultura materiale di Creta (come la presenza di sepolture analoghe a quelle della Grecia continentale) suggeriscono piuttosto un'altra spiegazione: la conquista dell'isola ad opera di invasori provenienti dal continente, i Micenei. 1.2 La civiltà micenea È intorno al 2000 a.C. che si insediano in Grecia gruppi indoeuropei che si possono considerare gli antenati dei Greci del primo millennio. La progressiva fusione con le popolazioni preesistenti e gli apporti di altre culture, in primo luogo di quella minoica, danno vita a una peculiare civiltà che fiorisce tra il XVI e il XII secolo e che, in seguito alla clamorosa scoperta di alcune tombe a fossa di eccezionale ricchezza effettuata nel 1876 dall'archeologo dilettante Heinrich Schliemann a Micene, si è soliti definire micenea. Micene, ove è stato altresì portato alla luce un imponente palazzo fortificato, non è comunque l'unico centro che si segnali per la sua importanza: resti di palazzi fortificati risalenti a quest'epoca sono stati inoltre rinvenuti a Tirinto e a Pilo, così come a Tebe e a ad Atene, e comune a vari siti è anche la presenza di sepolture monumentali a fossa o a cupola (le cosiddette tombe a tholos), che sono verosimilmente riferibili a personaggi di condizione elevata. A essere interessata dalla diffusione della nuova civiltà è poi la stessa Creta. Ma la nostra conoscenza del mondo miceneo non si basa soltanto sulla documentazione archeologica. I dati più significativi vengono in realtà da un altro tipo di evidenza: una serie assai cospicua di oltre 4.600 tavolette iscritte di argilla che sono state rinvenute in vari siti palaziali, sia del continente (Pilo, Micene, Tirinto e Tebe) che di Creta (Cnosso e Khanià), sono state redatte (ad eccezione di quelle di Cnosso) nel corso del XIII secolo, poco prima che i palazzi fossero distrutti da incendi (ed è stata per l'appunto la cottura provocata dal fuoco a consentirne fortunosamente la conservazione), e attestano una scrittura sillabica derivata dalla lineare A minoica e indicata comunemente con la designazione di «lineare B». Grazie alla decifrazione che ne è stata fatta nel 1952 dall'architetto inglese Michael Ventris, a cui si deve la scoperta che la lingua della lineare B è una forma arcaica di greco, il loro contenuto può ormai considerarsi sufficientemente perspicuo: si tratta di documenti di archivio, che contengono registrazioni di vario tipo dagli inventari di persone, di oggetti e di derrate agricole a quelli di offerte, di tributi o di affitti di terreni. Si è potuto così appurare che i palazzi rappresentano il centro politico e amministrativo, oltre che religioso, di Stati territoriali indipendenti più o meno estesi che sono retti da un potere monarchico. →WANAX (in greco anax, signore) il quale però, a quanto sembra, non è un monarca assoluto come i re orientali: lo affianca infatti un'aristocrazia di dignitari tra i quali si distinguono il lawagetas, che è il personaggio di rango più elevato dopo il re ed è con ogni probabilità il comandante dell'esercito, una serie di capi militari, gli hequetai, e un gruppo di notabili che detengono grandi appezzamenti di terreno, i telestai. al livello più basso della scala sociale si collocano infine gli schiavi (doero, in greco douloi), che possono essere proprietà sia di privati che di una divinità (la cosiddetta «schiavitù sacra»). Nelle tavolette sono inoltre attestati due termini che presentano un certo interesse perché sono destinati ad avere una notevole importanza nella storia istituzionale del mondo greco, damo (demos) e qasireu (forse il capo di un distretto o di una corporazione artigianale). Degno di nota è tuttavia il fatto che in un documento di Pilo il qasireu è affiancato da una kerosija, il consiglio degli anziani (gherousia). Attività economiche: agricoltura: triade mediterranea-> cereali, vite e olivo; allevamento: principalmente ovino; attività artigianale e manifatturiera: tessili, oli e metalli. Non mancano poi registrazioni relative all'equipaggiamento militare, come alcune tavolette di Cnosso che contengono inventari di carri da guerra, il cui impiego non trova invece riscontro nella Grecia delle epoche successive. La testimonianza che se ne ricava sulle pratiche cultuali, a cui sono destinati appositi ambienti nei palazzi, è altrettanto significativa. Dai nostri testi emerge infatti un dato di particolare interesse: nel pantheon miceneo, accanto a divinità sconosciute, sono comprese varie di quelle ben note per le epoche successive (Zeus, Hera, Poseidone, Dioniso e altre ancora), anche se, a causa della peculiare natura della documentazione in questione, non è facile stabilire se abbiano già gli stessi tratti che le caratterizzeranno in seguito. Che vi sia non poca differenza rispetto alla religione classica risulta comunque abbastanza evidente: è sufficiente a dimostrarlo l'esistenza di una pratica del tutto estranea al mondo greco del primo millennio: i sacrifici umani. Ma la civiltà micenea non è limitata al mondo dei palazzi, a cui si riferisce la testimonianza dei documenti in lineare B. Caratteristica di quest'epoca è anche l'esistenza di una rete di intensi rapporti con le altre regioni del Mediterraneo, su cui è l'evidenza archeologica a costituire una preziosa fonte di informazioni. 1.3 L'espansione micenea Alla pari dei Greci delle epoche successive, anche i Micenei si muovono in lungo e in largo sulle loro navi per procurarsi metalli e altre materie prime di cui la Grecia continentale è scarsamente fornita. A documentarlo è l'ampia diffusione dei loro manufatti, e in primo luogo della ceramica, che si rinvengono un po' dovunque tanto nel Mediterraneo occidentale che in quello orientale. In Occidente, sono assai numerosi i siti con materiale miceneo ma ancor più intensa, a giudicare dalla quantità dei rinvenimenti, appare però la frequentazione del Mediterraneo orientale: ne sono interessate soprattutto l'area siro palestinese, Cipro, Rodi e la costa centro-meridiona le dell'Asia Minore, ove decisamente probabile risulta la presenza di avamposti commerciali, se non di vere e proprie fondazioni coloniali; ben documentati sono poi i contatti con l'Egitto. Conseguenza dell'espansione in Oriente sono i rapporti con il potente impero ittita, che si estende nell'Anatolia interna. All'espansione in Asia Minore si collega altresì il problema di una famosa guerra celebrata dalla tradizione epica: quella che una grande coalizione di Achei (e cioè di Micenei) avrebbe condotto contro Troia, una ricca e potente città situata nell'Anatolia nord-occidentale, a poca distanza dall'area degli stretti, che, dopo un assedio decennale, sarebbe stata conquistata e distrutta in un periodo compreso (stando alla maggior parte delle fonti) tra la prima metà del XIII secolo e gli inizi del XII. La storicità del conflitto è da tempo oggetto di un acceso dibattito, a cui nemmeno l'esplorazione archeologica, che ha messo in luce le molteplici fasi di vita del sito, è stata in grado di dare un contributo risolutivo: dopo essere stata distrutta da un violento terremoto verso il 1300 ed esse re stata poi ricostruita in forma più ridotta (la cosiddetta Troia VIIa), la città subì una nuova distruzione che potrebbe essere dovuta all'intervento umano, ma la cronologia (la fine del XIII secolo) mal si concilia con la grande spedizione di cui parlano le fonti per la profonda crisi che investe in quest'epoca la Grecia la sua micenea. Che vi sia una vicenda storica alla base della tradizione epica è tuttavia opinione condivisa dai più tra gli studiosi. Se i Micenei hanno effettivamente conquistato La polis: 2.1 il mondo omerico È con la fase iniziale dell'età arcaica che si dispone per la prima volta anche di fonti letterarie: si collocano per l'appunto in quest'epoca, l'una verso la metà dell'VIII secolo e l'altra circa mezzo secolo dopo, le due più antiche opere della letteratura occidentale che la tradizione attribuisce entrambe a un poeta della Ionia d'Asia di nome Omero (ma che più probabilmente risalgono a due autori diversi): l'Iliade e l'Odissea. E tuttavia la loro utilizzazione ai fini della ricostruzione storica non è affatto agevole. Che non si tratti dell'epoca micenea, come prima per lo più si pensava, risulta ora abbastanza evidente in seguito alla decifrazione delle tavolette in lineare B: le differenze rispetto alla società palaziale, con la sua articolata organizzazione burocratica, appaiono troppo rilevanti, malgrado alcuni particolari che richiamano quel remoto passato (ad es., l'impiego dei carri da guerra) e che sono evidentemente inseriti a bella posta dagli autori per dare un tocco di arcaicità. Inoltre mentre vi sono elementi che rimandano all'età buia, ve ne sono poi altri che sembrano chiaramente riflettere il periodo di composizione delle due opere (come i riferimenti alla colonizzazione nell’O.). Invece le istituzioni politiche sono descritte in modo pienamente coerente nei due poemi. Al vertice della comunità (che in alcuni casi è definita una polis) vi è una figura monarchica, il basileus, che però non è un sovrano assoluto, bensì piuttosto un primus inter pares tra i notabili aristocratici, a cui è strettamente associato: prima di prendere qualsiasi decisione ha infatti l'abitudine di consultare un consiglio (boule) di cui fanno parte i ghérontes, i capi delle famiglie nobiliari, così come si preoccupa spesso di convocare l'assemblea, del cui parere ha bisogno per verificare l'orientamento dell'opinione pubblica. A caratterizzare il funzionamento di queste istituzioni, che corrispondono a quelle tipiche di ogni polis greca, è tuttavia la loro fluidità: le loro competenze non sono ancora ben definite, le loro riunioni non sono vincolate a scadenze periodiche e non esiste una procedura formalizzata di votazione. Tuttavia è comunque al sovrano, e non alla collettività, che spetta la decisione finale. Il basileus ha poi funzioni militari e religiose e, insieme ai ghérontes, si occupa altresì del l'amministrazione della giustizia, dirimendo le controversie sulla base di norme consuetudinarie, le thémistes (perché le comunità sono ancora prive di leggi scritte). Alla luce delle numerose analogie riscontrabili con le società greche di età arcaica, sembra verosimile l'ipotesi che il modello di riferimento della descrizione sia non troppo lontano dal periodo di composizione dei poemi. 2.2 La nascita della polis Non c'è dubbio che l'VIII secolo (il cosiddetto «rinascimento greco») sia un periodo di cambiamenti davvero notevoli. Come è suggerito dalla frequente presenza di modellini di granai in terracotta nelle tombe ateniesi, nonché dai resti di granai rinvenuti in alcuni siti, l'agricoltura ha ormai ripreso il sopravvento sulla pastorizia, e ciò favorisce un fenomeno di forte sviluppo demografico (rilevato da un aumento delle sepolture). Un'altra novità è la nascita del tempio: i templi di Artemide Orthia a Sparta, di Apollo a Eretria e a Thermòs, di Era a Samo e di Zeus a Olimpia e a Dodona costituiscono alcuni dei più antichi esempi. Tra questi primi templi, un ruolo di particolare rilievo è destinato ad avere quello di Olimpia (nell'Elide), che sorge in un sito che è sede di culto fin dall'XI secolo e diventa ben presto un centro religioso di grande prestigio, ove affluiscono fedeli provenienti da zone anche lontane e ogni quattro anni si svolgono i celebri giochi panellenici, le Olimpiadi, che le fonti fanno iniziare nel 776. È in questo periodo che i Greci tornano a far uso della scrittura, che era scomparsa con il crollo dei palazzi micenei: alla prima metà del secolo risale l'invenzione dell'alfabeto greco, che deriva da quello in uso già da tempo presso Fenici con l'aggiunta però dei segni per le vocali. Probabilmente tale acquisizione deriva da qualche località del Mediterraneo in cui Greci e Fenici sono a stretto contatto, come Al Mina, oppure Pitecussa (l'odierna Ischia), un insediamento greco (da dove proviene uno dei più antichi documenti scritti, un'iscrizione metrica su una coppa geometrica della seconda metà dell'VIII secolo, la cosiddetta «coppa di Nestore»), ma non manca chi dà credito alla tradizione antica secondo cui sarebbe stato un gruppo di Fenici stanziato in Beozia a trasmettere ai Greci l'alfabeto. Altrettanto controverse sono le motivazioni dell’adozione: che la spinta sia venuta soprattutto da esigenze legate alle transazioni commerciali, come spesso si è sostenuto, appare in realtà tutt'altro che sicuro. Nessun dubbio sussiste comunque sulle conseguenze di notevole rilievo che ha l'invenzione della scrittura alfabetica sullo sviluppo economico, sociale e politico. È in tale contesto di grandi cambiamenti che si inserisce la nascita della polis (che si tra duce convenzionalmente con l'espressione non del tutto appropriata di «città-stato»), indica probabilmente in origine una rocca fortificata, ma già nei poemi omerici ha anche un significato più ampio e comprensivo, e, oltre che un insediamento urbano, viene altresì a designare una comunità che è dotata di una sua autonomia. Hellenes Benché politicamente divisi in tante comunità statali autonome e gelose della propria identità, i Greci hanno comunque coscienza di appartenere a un popolo unitario, che si caratterizza per la comunanza di lingua, di usanze e di credenze religiose, e il fatto stesso che si definiscano con un unico etnico è significativo in tal senso. Il ritorno all'economia agricola, il ruolo di aggregazione svolto dai santuari e l'impulso che viene dalle contemporanee esperienze fatte dai Greci nei territori coloniali, sono verosimilmente alcuni dei fattori che concorrono all'adozione del nuovo modello di organizzazione statale, che si forma attraverso un processo di fusione politica (e in qualche caso anche urbanistica) tra una pluralità di villaggi preesistenti (il cosiddetto «sinecismo»). Ben poco siamo in grado di dire sulla situazione politica della polis nella sua prima fase di vita. Secondo una diffusa tesi, a un periodo monarchico avrebbe fatto seguito l'avvento del potere aristocratico, ma in realtà sembra più probabile che non si tratti di due fasi nettamente distinte e che la stessa regalità non sia altro che un'emanazione del dominio dell'aristocrazia, in cui il sovrano è strettamente integrato. Certo è che nelle epoche successive la monarchia sopravvive solo in un numero limitato di poleis, mentre nella maggior parte dei casi sono le magistrature aristocratiche a ereditarne le funzioni. 2.3 Stati etnici, Stati federali, anfizionie La polis non è però l'unica forma di organizzazione statale. In alcune regioni più arretrate e scarsamente urbanizzate, sia della Grecia settentrionale (Epiro, Macedonia e Tessaglia) che centrale (Doride, Etolia, Focide e Locride), così come del Peloponneso (Acaia, Arcadia ed Elide), in luogo della polis si riscontrano i cosiddetti Stati etnici. A caratterizzarli è il senso di omogeneità etnica che unisce gli abitanti, che danno vita a forme di cooperazione in campo militare e si riuniscono per scopi cultuali intorno a santuari comuni Una più stretta fusione tra le comunità si ha invece quando uno Stato etnico si evolve in uno Stato federale (koinon), un'organizzazione politico-territoriale nella quale le funzioni di governo sono ripartite tra un livello centrale e un certo numero di entità locali (che possono essere anche poleis). Accanto ai poteri locali, esiste infatti in questo caso un apparato centralizzato che ha competenza nelle questioni che riguardano l'intero koinón: massimo organismo decisionale è l'assemblea, che può essere primaria o rappresentativa e si riunisce a scadenze periodiche, mentre il consiglio, che è formato da delegati delle varie comunità, ne prepara i lavori e si occupa degli affari correnti, e vi sono poi le magistrature federali, tra le quali è per lo più la strategia, sia singola che collegiale, che costituisce la suprema carica dello Stato. Caratteristica distintiva delle confederazioni è altresì la doppia cittadinanza (sympoliteia): la cittadinanza federale si sovrappone a quella locale. Presente fin dall'età arcaica, il modello dello Stato federale è destinato a conoscere una diffusione sempre maggiore nelle epoche successive, e per le comunità greche rappresenta la soluzione più efficace per rimediare agli inconvenienti derivanti dall'eccessiva frammentazione politica senza dover però rinunciare alla propria identità e autonomia. Nettamente diversa dallo Stato federale è un'altra forma di aggregazione inter statale: le anfizionie («coloro che abitano intorno»), leghe sacrali costituite da popoli o città per lo più geograficamente contigue che hanno il loro centro in un santuario comune. La loro funzione appare limitata alla celebrazione di festività e di sacrifici comuni. Le informazioni di cui si dispone sulla maggior parte delle anfizionie sono in verità piuttosto scarse. L’oracolo delfico Tra i vari oracoli esistenti nel mondo greco, un ruolo di primo piano ha sempre avuto quello del santuario di Apollo delfico, ove è una sacerdotessa, la Pizia, a dare i responsi ai fedeli. La consultazione dell'oracolo, che comporta il versamento di un'apposita tassa, il pelanos, destinata alle spese del culto, è aperta a tutti, ma esiste un ben preciso ordine di ammissione (prima i membri dell'anfizionia, poi gli altri Greci, infine i barbari) che può essere scavalcato con la concessione della promanzia da parte della polis di Delfi. È però nella Grecia centrale che si forma la più importante tra le leghe sacre: l'anfizionia delfica, che ha il suo centro nel santuario di Apollo di Delfi, nella Focide, un sito cultuale attivo già nell'età buia e sede di un celebre oracolo frequentato da genti sia greche che non greche provenienti da ogni parte del Mediterraneo. Non molto si sa delle sue origini, a parte il fatto che Delfi, probabilmente nel VII secolo, viene inglobata da una più antica lega sacrale formatasi attorno al santuario di Demetra di Antela, nei pressi delle Termopili. Ben nota ci è comunque la sua organizzazione: costituita da dodici popoli (Tessali, Magneti, Perrebi, Dolopi, Achei Ftioti, Eniani, Mali, Focesi, Locresi, Beoti, Ioni e Dori), la lega è governata da un sinedrio che comprende ventiquattro delegati, ieromnemoni, due per ciascuno dei popoli che la compongono, che si riunisce due volte all'anno, alle Termopili e a Delfi, e ha il compito di amministrare il santuario e di organizzare gli agoni panellenici (i giochi pitici) che si svolgono con cadenza quadriennale, nonché di proclamare la tregua sacra che entra in vigore in occasione dello svolgimento delle gare. Grazie alla sua autorevolezza e al prestigio del santuario di Apollo, l'anfizionia delfica rappresenta un punto di riferimento ideale per tutti i Greci ed esercita un'influenza non trascurabile anche sulla politica interstatale. Tuttavia, dilaniata da continue discordie intestine (nelle quali hanno una parte di rilievo le rivendicazioni dei Focidesi sul santuario) e pesantemente condizionata dai suoi membri più potenti (prima dai Tessali e poi da Sparta e da Atene), l'anfizionia non è stata in grado di svolgere una funzione davvero imparziale né di ridurre la conflittualità tra gli Stati greci, che al contrario, come dimostrano le cosiddette «guerre sacre» scoppiate per il controllo del santuario delfico, ha essa stessa contribuito ad alimentare. 2.4 La colonizzazione arcaica Nell' VIII secolo, in concomitanza con la nascita della polis, prende le mosse un fenomeno di notevole rilievo che si prolunga per gran parte dell'età arcaica: sulle coste di varie regioni del Mediterraneo e poi del Mar Nero, si insediano gruppi di Greci, sia della madrepatria che dell'Asia Minore, che danno vita a un numero assai cospicuo di nuove fondazioni cittadine. Questa fase prende il nome di colonizzazione, benché si tratti di qualcosa di diverso dalla colonizzazione che intendiamo noi modernamente, dal momento che gli insediamenti che vengono ora fondati sono fin dall'inizio comunità autonome e distinte dalla madrepatria, con cui mantengono si rapporti, per lo più di natura economica o cultuale, ma non ne dipendono politicamente. Le cause di un fenomeno di così ampie dimensioni non possono che essere molteplici. Che alla base della gran parte delle iniziative coloniali vi sia una condizione di disagio legata alla scarsità di terra sembra comunque indubbio: i resoconti delle fonti e le stesse caratteristiche ambientali dei centri coloniali, inducono infatti a ravvisare nella ricerca di terre coltivabili il principale obiettivo dei coloni greci, che nella madrepatria, sia a causa della penuria di spazi agrari dovuta alla situazione geomorfologica, sia anche per effetto delle discriminazioni politiche sviluppatesi nelle nuove comunità che sono ora in via di formazione e dei processi di accaparramento fondiario da parte dei gruppi dominanti, non possono evidentemente disporre di sufficienti fonti di sostentamento o non trovano un'adeguata collocazione sociale. Non è da escludere anche l'incidenza di esigenze-commerciali, che risultano probabili da ipotizzare quando gli insedia menti vengono fondati nelle vicinanze di aree ricche di materie prime o in punti di interesse strategico per il controllo delle rotte marittime (come, ad es., le colonie calcidesi sullo stretto di Messina). Un ulteriore fattore scatenante può essere poi individuato nella pressione esercitata da potenze straniere: è il caso in particolare delle poleis della lonia micrasiatica, che avviano un'intensa attività colonizzatrice a partire dal periodo in cui sono interessate dalle mire espansionistiche del vicino regno di Lidia. A organizzare le spedizioni coloniali è spesso la stessa comunità: il gruppo di coloni, generalmente di scarsa consistenza numerica e formato da soli uomini, viene posto sotto la guida di un capo di condizione aristocratica dotato di ampi poteri, l'ecista (dal greco oikistés, «fondatore»), il quale, dopo aver consultato, secondo i racconti di fondazione, l’oracolo del santuario di Apollo delfico, sceglie quale sarà la meta dell'impresa, ed è sempre l’ecista che da le direttive per la fondazione del nuovo insediamento, provvede alla distribuzione della terra tra i coloni, e continua a detenere una posizione di grande autorità e prestigio, di cui è una significativa dimostrazione il culto eroico che gli viene spesso tributato dopo la morte. Alla pari della madrepatria, anche le nuove comunità non sono comunque immuni da tensioni e contrasti interni, tanto è vero che non poche di esse, qualche tempo dopo che sono state fondate, organizzano a loro volta spedizioni coloniali con cui danno vita a ulteriori insediamenti (le cosiddette subcolonie). Ma i coloni greci devono fare i conti anche con un altro problema, la presenza degli indigeni. I rapporti tra i due gruppi possono essere certo di vario tipo e non mancano casi in cui i coloni si stabiliscono nella nuova sede con il consenso degli indigeni e si instaurano relazioni di pacifica convivenza e di mescolanza. E tuttavia, nella maggior parte dei casi, la fondazione di una colonia è più di frequente il risultato di una vera e propria conquista militare, in conseguenza della quale gli indigeni sono costretti a spostarsi in altre sedi o vengono assoggettati e ridotti alla condizione di servi agricoli. Ovviamente, i coloni, data la loro esigua consistenza numerica, riescono a prevalere quando hanno a che fare con avversari deboli e scarsamente organizzati, mentre non hanno possibilità di successo nei confronti di comunità indigene militarmente forti e politicamente evolute. Il fatto che alcune regioni del Mediterraneo non siano state per nulla toccate dal fenomeno coloniale oppure (come è, ad es., il caso dell'Egitto o dell'Italia centrale tirrenica) siano state interessate soltanto dalla fondazione di empori, vale a dire di insediamenti commerciali greci su cui gli indigeni esercitano giurisdizione, ne è un esempio. 2.5 Le aree della colonizzazione È l'Occidente italico a costituire la meta delle più antiche iniziative coloniali, di cui sono protagoniste in primo luogo due poleis dell'Eubea, Calcide ed Eretria: tra gli anni Settanta e Sessanta dell'VIII secolo si colloca la fondazione di Pitecussa, nell'isola di Ischia. verso la metà dell'VIII secolo, sempre Calcidesi ed Eretriesi, ma con la partecipazione di Cuma, danno vita a una colonia di Cuma, sulla costa della Campania. L'insediamento di Pitecussa presenta alcune caratteristiche peculiari, -come l'assenza di un vero e proprio centro urbano e di segni di gerarchizzazione sociale- che hanno indotto spesso a ravvisarvi un emporio piuttosto che una colonia, ma che possono comunque spiegarsi se si considera che risale a un periodo in cui il modello della polis è ancora in via di formazione. Ai Calcidesi si deve altresì la fondazione di varie colonie nella Sicilia orientale: al 734 si data la nascita di Nasso, e di poco posteriori sono Leontini, Catania e probabilmente anche Zancle (l'odierna Messina), i cui abitanti, con la madrepatria ed i Messeni, danno poi vita all'insediamento di Reggio. Nel 733 coloni provenienti da Corinto prendono possesso dell'isoletta di Ortigia, riducendo in servitù i Siculi che vi sono stanziati, e nasce così Siracusa, mentre nel 728, ad opera di Megaresi e con il consenso della popolazione locale, viene fondata Megara Iblea, ove si ha la singolare possibilità di conoscere le caratteristiche urbanistiche di uno stanziamento coloniale nella fase iniziale della sua esistenza. In Italia meridionale, è il versante ionico ad essere interessato da una serie di spedizioni coloniali: verso la fine dell'VIII secolo, un gruppo di Spartani che sono oggetto di