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Riassunto di 4 saggi del libro 'Soggetti vulnerabili nei processi migratori', Sintesi del corso di Sociologia Del Diritto

Riassunto dettagliato dei seguenti saggi: -Donne migranti e musulmane. Prospettive intersezionali su discriminazione e vulnerabilità. -Vulnerabilità posizionale e intersezionale. Minori migranti soli come caso paradigmatico -Il decreto Minniti-Orlando in materia di protezione internazionale: luci e ombre -Dal decreto Minniti al Decreto Salvini: politiche migratorie e produzione istituzionale di irregolarità.

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

Caricato il 31/01/2022

Annaviani5
Annaviani5 🇮🇹

4.5

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Scarica Riassunto di 4 saggi del libro 'Soggetti vulnerabili nei processi migratori' e più Sintesi del corso in PDF di Sociologia Del Diritto solo su Docsity! DONNE MIGRANTI E MUSULMANE PROSPETTIVE INTERSEZIONALI SU DISCRIMINAZIONI E VULNERABILITA’ 1.INTRODUZIONE Donne musulmane subiscono discriminazioni nelle società occidentali che le pongono in uno stato di vulnerabilità. I tipi di discriminazione che subiscono sono i seguenti: -di genere: in una società patriarcale, in quanto soggetto identificato come donna, le dinamiche sociali e di potere sono caratterizzate da un forte asimmetria- -status sociale di migrante: mancanza di tutela e titolarità dei diritti fondamentali. -in quanto musulmane: i loro corpi subiscono ‘scontri tra civiltà? Il rapporto causale tra ‘discriminazione’ e ‘vulnerabilità’, è necessario in quanto mostra che la vulnerabilità non è ‘per natura’, ma generata da fattori sociali che portano, tramite una discriminazione sistematica, a pensare che la vulnerabilità sia di natura. La vulnerabilità può dunque essere utilizzata come strumento di critica politica per stimolare un cambiamento all’interno della stessa. Il caso delle donne musulmane è emblematico per spiegare la differenza tra chi vive nell’intersezione di più discriminazioni e chi invece solo una. Vi è dunque una necessità per il diritto di tenere conto di questa discriminazione intersezionale (essere donna, migrante, musulmana). 2. VULNERABILI PERCHE’ DONNE: GENERE, POTERE E DISCRIMINAZIONI Introduzione del capitolo su legislazione che impone uguaglianza formale e sostanziale a prescindere dal sesso/genere. Differenza dalla teoria alla pratica, caso italiano: minori opportunità lavorative (lavoro domestico totalmente a carico della donna), differenze salariali, continui ripetersi di asimmetrie di potere che portano ad un aumento del gender gap. Sottorappresentazione delle donne in ambito politico, esclusione dai processi democratici. Violenza di genere inflitta alle donne ogni giorno in tutto il mondo, che risponde alla logica di pretesa di subordinazione e inferiorità della donna rispetto all’uomo. Convenzione di Istambul (2011): rilevanza sulla connessione strutturale tra discriminazione e violenza all’interno di un modello sociale che si basa su disquilibrio di potere fra generi. 3. VULNERABILI PERCHE’ MIGRANTI: PRECARIETA’, VIOLENZA E DIRITTI NEGATI. Doppio binario di discriminazione: quello di migrante in quanto tale e quello di genere. Il primo binario si può applicare generalmente alla condizione di migrante. Non essendo titolari di diritti fondamentali (poiché la società glieli nega ogni giorno), è come se metaforicamente non avesse acquisito nemmeno lo status di essere umano, questo perché: ad un diritto di ‘emigrare’, non corrisponde un egual diritto ad ‘immigrare’ (non vi è un dovere di accoglienza specifico per gli Stati). La discriminazione in quanto migrante è acuita da un esponenziale tentativo di impedire/ostacolare i flussi migratori: -2008: drastica contrazione delle ‘quote flussi’, regolano i permessi di soggiorno per motivi di lavoro (a causa della crisi economica). -2015: ‘Refugee crisis’: ulteriore chiusura delle frontiere anche in violazione del principio di ‘non- refoulement’ (= art. 33 c1 Convenzione di Ginevra 1951 in sintesi: nessuno stato contraente può respingere/espellere un rifugiato verso territori in cui la sua libertà/vita sarebbero a rischio per motivi di razza/religione/sesso/orientamento sessuale). Inoltre non esiste a livello nazionale una specificazione dei diritti dei migranti analoga a quelle riferita ad altri soggetti. L’unico documento che accenna a questa intenzione è: Convenzione internazionale sulla protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie, che come dice il nome, non si occupa della totalità dei migranti. Infine, gli Stati non riconoscono agli immigrati presenti nel loro territorio gli stessi diritti che sono riconosciuti ai loro cittadini. E’ necessario un processo di generalizzazione dei diritti spettanti alle persone migranti. E’ sintomatico di questo sistema che si crei poi una classificazione di esseri umani: di serie A (cittadini di uno stato), di serie B (Immigrati regolari), di serie C (immigrati irregolari, trattati alla stregua di non-persone). Questa ultima categoria costituisce un esempio di vulnerabilità costruita (imposta) ex-lege, come del resto afferma la ricercatrice spagnola Encarnaciòn La Spina. Seguendo poi il secondo binario di discriminazione (specificità delle condizioni di vulnerabilità in quanto donna migrante), è doveroso fare una distinzione in base allo status giuridico in cui possono trovarsi: 1) Se sono in possesso di un regolare permesso di soggiorno: le donne gravide e le minori incorrono in una maggiore facilità nell’acquisire il permesso. In Italia il T.U. immigrazione stabilisce che non possono essere espulse donne gravide o neomamme non oltre i 6 mesi dalla nascita del figlio (fatti salvi però casi in cui incorrano motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello stato). Tra queste donne è poi necessario distinguere tra: -Quelle che hanno un titolo autonomo, per motivi di lavoro. Nonostante una delle opzioni più sicure per una donna migrante avere questo tipo di permesso, vivono in una condizione di costante precarietà: è minore la possibilità di un permesso di soggiorno per motivi lavorativi a causa della crisi economica: ciò sia per le ‘quote flussi’ che per l’aumento della disoccupazione. L’assenza di un contratto di lavoro regolare provoca la revoca del permesso di soggiorno, si hanno solo 6 mesi di tempo per trovare un nuovo lavoro. La linea di demarcazione tra situazioni regolari e irregolari è sfumata. I lavori da loro svolti sono poco qualificati: care-giver, colf, badanti. Senza regolare contratto e sotto sfruttamento. Essendo il modello familistico di walfare in crisi, le donne migranti si fanno carico (a spese della propria famiglia) della responsabilità di cura delle famiglie italiane. Sfruttamento analogo nel settore agricolo. -Quelle che non hanno titolo autonomo, arrivate per ricongiungimento familiare. Queste ultime sono molto isolate: non lavorano, non conoscono la lingua e non hanno relazioni sociali al di fuori della famiglia, ergo, zero possibilità di emancipazione a causa della dipendenza economica e psicologica che viene a svilupparsi in queste condizioni. [EXCURSUS SULLA MANCATA INDIPENDENZA ECONOMICA, essa è uno dei motivi per cui affrancarsi da situazioni familiari e sociali che favoriscono violazioni dei diritti fondamentali. Se perdono marito, perdono diritto a rimanere in quel territorio, prove di mezzi di sussistenza. Con la Convenzione di Istambul si è tentato di arginare il problema, imponendo agli Stati misure legislative che possano garantire: a) che le vittime di violenza il cui permesso di soggiorno dipende dalle sue relazioni familiari, possa ottenere titolo autonomo di soggiorno in caso di scioglimento dal partner; b) che sia sospeso l’iter di espulsione per le vittime di violenza il cui status di residente dipende dal partner, per dare tempo/possibilità di richiedere titolo autonomo di soggiorno; c) che la violenza di genere venga riconosciuta come forma di persecuzione in modo da garantire protezione complementare/sussidiaria ai sensi dell’art. 1 (A) della Convenzione del 1951. In Italia questi obblighi vengono recepiti solo parzialmente. E’ stato introdotto infatti uno speciale permesso di soggiorno per vittime di violenza domestica, concesso quando ‘emerga un concreto ed prima suggerisce una maggiore frammentarietà nell’analisi dei discrimini che il diritti antidiscriminatorio non necessità, ma da cui anzi deve prendere le distanze per evitare di non individuare in maniera efficace i modi in cui si possono contrastare le forme di discriminazione, dalle più palesi alle meno palesi. VULNERABILITA’ POSIZIONALE E INTERSEZIONALE. I MINORI MIGRANTI SOLI COME CASO PARADIGMATICO Prendiamo in esame il concetto di ‘vulnerabilità’ e come esso venga percepito in un’ottica politica: la semplificazione e l’individuazione di questa nozione in un concetto di quasi disabilità, fa si che le politiche (specialmente migratorie) di un paese diventino problematiche per le persone a cui sono indirizzate. Questo avviene perché non si tiene conto della complessità della condizione di vulnerabilità e di come l’ambiente circostante interagisca con essa. La vulnerabilità non è una ‘diversità specifica’ quanto una condizione determinata da fattori congeniti, la cui percezione erronea di vulnerabilità non porta a prenderli in considerazione. E’ necessario dunque che la vulnerabilità venga ‘risignificata’, questo vuol dire decostruire la teoria Kantiana sull’esistenza umana rappresentata da un ‘Io’ libero e razionale, criticata poiché figura fondativa di una visione liberale dei diritti e della giustizia costruita per astrazioni. Questa è una prospettiva che non tiene conto delle dinamiche di subordinazione e interdipendenza umana che agiscono nella relazione tra persone. Vi sono molte teorie che vedono la vulnerabilità come caratteristica ontologica di ogni essere umano (Judith Butler, il nostro essere al mondo si fonda su relazione di interdipendenza). Partendo dalla natura costitutiva della condizione umana, la vulnerabilità va osservata in relazione ad essa, ovvero dalle diverse declinazioni concrete della vulnerabilità che si mostrano di soggetto in soggetto a seconda della condizione di vita dello stesso. Dunque come le caratteristiche personali di ciascuno, inserite in certi contesti, assumono forma di vulnerabilità. In ‘Vulnerability’ viene sottolineato da Mackenzie, Rogers e Dodds che la vulnerabilità può essere prodotta da condizioni personali, sociali, politiche, economiche, ambientali, dai rapporti interpersonali di un soggetto, dall’ingiustizia e dall’oppressione sociopolitica, citando: ‘i modi in cui l’ineguaglianza di potere, dipendenza, capacità o bisogno rende alcuni soggetti vulnerabili alla violenza e allo sfruttamento da parte di altri’. E’ possibile anche trovare traduzione legislativa dei concetti appena espressi: nella direttiva 2011/36/UE si parla di ‘posizione di vulnerabilità’ ed è relativa alla prevenzione e alla repressione della tratta di esseri umani e alla protezione delle vittime. Questa direttiva rappresenta il primo caso l’UE abbia adottato una prospettiva olistica per contrastare un fenomeno criminale, è importante infatti riportare la definizione dell’art 1 di questa direttiva: ‘il reclutamento, il trasferimento, l’alloggio o l’accoglienza di persone, compreso il passaggio o il trasferimento dell’autorità su queste persone, con la minaccia dell’uso o con l’uso stesso della forza o di altre forme di coercizione, con il rapimento, la frode, l’inganno, l’abuso di potere o della posizione di vulnerabilità (situazione in cui soggetto non ha altra scelta se non cedere all’abuso di cui è vittima) o con l’offerta o con l’accettazione di forme di denaro o vantaggi per ottenere il consenso di una persona che ha autorità su un’altra, ai fini di sfruttamento’. Questa definizione di vulnerabilità si concentra più sul modo in cui il contesto renda talvolta una persona vulnerabile, ovvero gli elementi che causano l’impossibilità di sottrarsi agli abusi e l’assenza di un’altra via percorribile. Come hanno recepito gli stati UE la Direttiva anti-tratta? In Italia il decreto legislativo italiano 4/03/2014 n. 24 ha svuotato della sua concretizzazione applicativa la direttiva europea anti-tratta. Il testo italiano compie molte omissioni relative all’estensione degli atti dolosi che rientrano sotto reato di tratta, torna inoltre a parlare genericamente di ‘persone vulnerabili’ riutilizzando le categorie racchiuse sotto questa dicitura (minori non-accompagnati, anziani, donne in stato di gravidanza, genitori singoli con minori, persone con disturbi psichici, persone che hanno subito torture, stupri, violenza psicologica, fisica, sessuale, di genere). Si perde dunque in concetto di vulnerabilità situazionale, determinata da elementi di contesto sui quali bisogna intervenire per determinare cambiamenti non solo alla tutela ma anche alla decostruzione della vulnerabilità intesa in quanto posizione. Ciò si fonda e implica un allontanamento dalla realtà di fatto, in gran parte dei casi infatti non è un’intrinseca vulnerabilità delle vittime a condurre ad un abuso o discriminazione, ma sono l’abuso e la discriminazione che subiscono, generati da fattori legislativi, politici, sociali o economici, a produrre la vulnerabilità come posizione. E’ una situazione che va individuata nella sua complessità per essere decostruita. Perché ciò avvenga è necessario che il concetto di vulnerabilità situazionale interagisca con l’approccio intersezionale, utilizzato per descrivere come diverse identità socialmente costruite si sovrappongano producendo forme di discriminazione e subordinazione. A partire da questi presupposti teorici si analizzerà la questione dei migranti minori non-accompagnati (MSNA: Minori Stranieri non Accompagnati) che nell’ordinamento italiano rientrano nelle categorie delle ‘persone vulnerabili’. Si cercherà di dimostrare come la loro vulnerabilità siriveli come una vulnerabilità paradigmaticamente posizionale che per essere decostruita deve essere descritta tramite un approccio intersezionale che tenga conto della loro triplice posizione: migranti, minori e soli. Ciò può avvenire se si considera il contesto in cui sono situati nella realtà dei loro percorsi di vita. Se non si considera ciò si coglie una verità solo parziale che porta a strumentalizzazioni ed esclusioni. 2. MIGRANTI, PRIMA CHE MINORI 2.1 Il Viaggio La categoria di minori è oggetto di tutela in molti testi normativi internazionali e nazionali. -testi normativi internazionali: dedicati alla protezione dei diritti internazionali dei bambini e delle bambine come la Convenzione ONU sui diritti del fanciullo 1959 che sancisce il ‘principio del superiore interesse del fanciullo’ come linea guida da utilizzare in tutte le situazioni in cui sono coinvolti minori. Come la Convenzione per i diritti dell’infanzia 1989 riguardante i diritti di ogni essere umano minorenne. Sono tappe del processo che Bobbio definisce di ‘specificazione del generico’ che ha segnato l’evoluzione dei diritti umani sanciti come positivi e universali, declinati alle specificità delle condizioni di essere umano. -testi normativi nazionali: vi è una specifica protezione dei diritti dei minori nei testi normativi e costituzionali di ciascuno stato. E’ comunque evidente che la condizione di minore rensa fisicamente e psicologicamente un soggetto più fragile rispetto ad un adulto, essendo gli stessi le prime vittime di conflitti politici, ambientali, economici e sociali, maggiormente soggetti allo sfruttamento, agli abusi sessuali e al fenomeno di tratta. Questa non implica che la loro vulnerabilità sia un dato di fatto indipendente dagli elementi di contesto in cui si trovano. Infatti la condizione di vulnerabilità situazionale dei minori migranti si palesa nel momento in cui si mettono in viaggio. Infatti a questi minori (rispetto a minori di cittadinanza europea che hanno passaporto e visto) è preclusa ogni possibilità di spostamento legale, questo è ciò in cui incorre nel suo viaggio: -dovrebbe entrare in contatto con un passatore di frontiere. (La chiusura delle frontiere UE è influenzata dagli accordi coi paesi di transito, che a loro volta hanno reso le frontiere interne all’Africa invalicabili se non per chi talvolta dispone di un’ingente forma di denaro, o comunque costretto a subire violenze. Questo fenomeno ha fatto sì che si sviluppassero reti di individui dediti a facilitare l’attraversamento delle stesse, i cui percorsi spesso sono molto pericolosi) -La partenza: i minori spesso soli vengono caricati nel paese d’origine su camion/auto che li portano nei luoghi di principale smistamento (es. Niger per chi proviene dai paesi subsahariani). Lì vengono reclusi in ambienti di contenimento e costretti a chiamare la famiglia/conoscenti rimasti nel paese per farsi inviare il denaro per continuare il viaggio. Durante questa fase vengono picchiati, affamati, privati della luce del sole per giorni/settimane, portati all’aperto solo per il lavoro forzato, e tutto ciò fa parte del biglietto da pagare. Dunque la condizione di vulnerabilità è determinata innanzitutto da questo, dove la possibilità di tentare la via legale, specialmente dal 2012 quando l’Europa ha chiuso le frontiere ai passaggi legali per queste persone, è del tutto esclusa. Ogni soggetto, adulto o bambino, sarebbe vulnerabile in questa situazione, la condizione di minore in questo contesto è un elemento addizionale a questa vulnerabilità situazionale. PROCESSI DI CHIUSURA DELLE FRONTIERE: Tuttavia i processi di chiusura delle frontiere utilizzano questo tipo di vulnerabilità strumentalizzandola istituzionalmente. 1. Si parla dei processi di Rabat e di Khartoum. Nella Dichiarazione di Roma (2014) viene espressa grande preoccupazione per gli abusi sofferti dalle vittime, specialmente migranti vulnerabili, da parte di gruppi criminali di trafficanti. La soluzione si è concretizzata nella stipula di accordi di riammissione e nella militarizzazione, finanziata con fondi europei, della gestione dei confini interni. Questa manovra coinvolge paesi come l’Eritrea o Sudan, da dove molti giovani scappano dalle violenze del servizio militare. Questo paradosso che individua come unica forma di violenza quella dei trafficanti che si approfittano della vulnerabilità dei migranti per sfruttarli, non tiene conto del fatto che l’immigrazione irregolare è un fenomeno frutto di precise scelte politiche. E’ infatti proprio la chiusura delle frontiere a produrre le posizioni di vulnerabilità dei migranti, non lasciando altra scelta se non subire gli abusi alle frontiere. 2. Stipula dell’accordo congiunto tra Unione Europea e Turchia: ha chiuso la Rotta Balcanica, rendendo dal 2016 il Mediterraneo come unica ‘porta’ per l’Europa, costringendo i profughi del Medio Oriente ad attraversare questo mare mortifero dopo mesi di sofferenza bloccati in un paese come la Libia. Dopo la firma del Memorandum d’intesa tra Italia e Libia (firmato da uno dei capi libici Al Serraj) il 2/02/2017 che ha determinato il contrasto verso le ONG che operano nel Mediterraneo. Ciò ha causato una forte diminuzione nell’arrivo dei migranti dal Mediterraneo: nel 2017 sono arrivate circa 107.341 persone tra cui 15.775 minori, nel 2018 solo 21.314 tra cui 3.536 minori, mentre nel 2019 solo 7.939 tra cui 1.019 minori. Doveroso è interrogarsi sulla sorte delle persone che negli ultimi anni non sono riuscite a raggiungere le coste italiane: oltre 2000 sono le donne e i bambini che hanno perso la vita in mare sia nel 2018 che nel 2019 (dato riportato dall’Organizzazione Mondiale sulle Migrazioni), decine di migliaia di persone rimangono poi intrappolate in Libia, senza possibilità di tornare indietro e ridotti a condizioni di tratta, sfruttamento, schiavitù. Chi non ha ancora raggiunto la Libia tenta in tutti i modi di non passarci affidandosi a passatori improvvisati. A causa dell’inasprirsi delle condizioni viaggio, chi arriva in Italia si ritrova in una condizione di vulnerabilità decisamente maggiore rispetto a come poteva essere negli anni passati, ciò a causa del periodo di detenzione nei lager libici e dei raid attuati dalla guardia costiera libica, che riporta indietro migranti, sottoponendoli a torture e abusi. Tutto ciò è conseguenza diretta della stipula del Memorandum. Subiscono infantilizzazione in quanto minori e rinchiusi in una comunità di seconda accoglienza per poi, una volta maggiorenni, essere lasciati a loro stessi, in un modo che li discrimina. Ritornando poi al concetto di percezione e pregiudizio, spesso, in quanto giovani e provenienti da pesi stranieri, vengono considerati portatori di comportamenti devianti e a rischio, a causa di presunte apparenze culturali e diversità. 4. LA POSIZIONE DI VULNERABILITA’ DEI MINORI MIGRANTI ALLA LUCE DEL NUOVO CORSO DELLA POLITICA ITALIANA: Il 5 Ottobre è entrato in vigore il Decreto Legge 4/10/2018 n.113, poi convertito nella Legge dell’1/12/2018, n. 132. Questa legge non contiene previsione direttamente rivolte ai migranti, ma la sua applicazione li tocca ugualmente: l’abrogazione della protezione umanitaria, per esempio, che è stata riconosciuta dalla Corte Costituzionale come ‘un istituto capace di adempiere agli obblighi costituzionali e internazionali dello Stato proteggendo le situazioni non identificabili con quelle rientranti nelle ipotesi di rifugio o protezione sussidiaria, ove sia necessario offrire tutela ai diritti fondamentali della persona, garantiti dalla Costituzione e dagli altri trattati’. Infatti la maggior parte di migranti minori non accompagnati hanno ottenuto permesso di soggiorno per motivi umanitari rilasciato dalla Questura su raccomandazione della Commissione Territoriale. Questo permesso deriva sia dal fatto di aver compiuto un viaggio così pericoloso ad una giovane età, sia gli immani sforzi che compiono per inserirsi all’interno di una società del tutto nuova (licenza media, tirocini, imparare una nuova lingua). Tutti questi traguardi raggiunti, rischiano di essere vani di fronte alla L. 1/12/2018 n. 132, nella prospettiva di una ‘clandestinizzazione’ nel momento in cui hanno compiuto 18 anni (senza protezione internazionale non possono più sperare in un permesso di soggiorno umanitario). In questa situazione il numero dei dinieghi (dopo luglio 2018) dati dalle Commissioni Territoriali senza alcuna raccomandazione alla Questura di rilasciare un permesso di soggiorno per motivi umanitari è aumentato esponenzialmente. Nel caso di un ricorso, essi potrebbero ancora formalmente essere richiedenti asilo (dunque persone in posizione regolare), tuttavia il percorso di inclusione che hanno avviato è messo ancora più a rischio da questa situazione particolarmente precaria. Questo perché al rigetto del ricorso, diventerebbero di fatto del tutto irregolari sul territorio. Sono comunque non espellibili, ma si ritrovano in un limbo giuridico che sospende la loro vita. Inoltre molti minori e neomaggiorenni che avevano già ottenuto il permesso si ritrovano nell’impossibilità di rinnovarlo, se alla scadenza dello stesso non hanno raggiunto le condizioni necessario per convertirlo in permesso di lavoro. Di nuovo questo comporterebbe una posizione di irregolarità nel territorio italiano, la condizione di giovani adulti ’clandestinizzati’ li esporrebbe maggiormente a pericoli e discriminazioni. 5. CONCLUSIONI: Leggi pagg. 94-95 IL DECRETO MINNITI-ORLANDO IN MATERIA DI PROTEZIONE INTERNAZIONALE: LUCI E OMBRE 1. PREMESSA: LE RAGIONI DI UNA RIFORMA Il 13/04/2017 è stata approvata dal Parlamento italiano la Legge di conversione Minniti-Orlando (ministro dell’interno e della giustizia), con modificazioni del d.l. del 17/02/2017, n.13, avente per oggetto ‘disposizioni urgenti per l’accelerazione del procedimenti in materia di protezione internazionale, nonché per il contrasto dell’immigrazione illegale’- La Legge è stata approvata a seguito dell’incremento degli sbarchi iniziato nel 2013 che ha causato un’emergenza per gli uffici giudiziari italiani per l’elevato numero di ricorsi in materia di protezione internazionale, dopo che le richieste di riconoscimento di status di rifugiato sono state respinti dalle Commissione. Vi è dunque un grande arretrato che comprende tutti i Tribunali interessati al fenomeno, che ha reso necessario l’intervento del legislatore. L’obiettivo della riforma è dunque di rapidizzare i tempi processuali, ciò anche nell’ottica di garantire a chi ha diritto di ottenere regolare permanenza sul territorio nazionale, una risposta affermativa (riducendo i costi di permanenza nel nostro paese). Il testo legislativo è di natura processuale con forti influenze sul diritto sostanziale, ergo influisce sull’esercizio dei diritti dei soggetti a cui è rivolta (soggetti vulnerabili dei processi migratori). Dal punto di vista meramente legislativo, la riforma modifica il D. Lgs. n. 25/2008 (che recipiva la diettiva CE 2005/85), la riforma è entrata in vigore il 18/02/2017 e per volere del legislatore, le conseguenze della riforma entrano in vigore 180 gg dopo tale data. 2. LE MATERIE DI COMPETENZA DELLE SEZIONI SPECIALIZZATE: Sono state istituite, a seguito della riforma, le Sezioni Specializzate, Tribunali che agiscono in materia di immigrazione (non solo dei ricorsi sul rigetto delle protezioni/permessi), in modo da porre rimedio alla frammentazione dei procedimenti tra giudice di pace, tribunali ordinari e giudici ammiistrativi. Elenco delle competenze delle Sezioni Specializzate: A) Controversie previste dall’art. 3 c 1, della L. 13/04/2017 n. 46: - Controversie per mancato riconoscimento del diritto di soggiorno in favore dei cittadini degli altri Stati membri dell’UE e dei loro familiari - Controversie sull’impugnazione del provvedimento di allontanamento di cittadini UE o loro familiari, per motivi imperativi di pubblica sicurezza. - Controversie in materia di riconoscimento della protezione internazionale e per procedimenti che convalidano il provvedimento con il quale il Questore dispone il trattenimento o la proroga del trattenimento del richiedente protezione internazionale. - Controversie in materia di riconoscimento della protezione umanitaria. - Controversie in materia di diniego del nulla osta al ricongiungimento familiare e del permesso di soggiorno per motivi familiari, nonché relative agli altri provvedimenti dell’autorità amministrativa in materia di diritto dell’unità familiare. B) Controversie previste dall’art. 3 c 2 della L. n. 46/2017: - Controversie in materia di accertamento dello stato di apolidia e dello stato di cittadinanza italiana C) Competenza prevista dall’art. 3 c 3 della L. n. 46/2017: - Cause e procedimenti che presentano ragioni di connessione con quelle dei punti A e B. 3. CENNI IN TEMA DI HOTSPOT E TRATTENIMENTO IN FUNZIONE DELLE OPERAZIONI DI RILEVAMENTO FOTODATTILOSCOPICO E SEGNALETICO: Gli Hotspot sono centri che ospitano i migranti nel momento iniziale del loro ingresso in Italia, dove avviene l’identificazione degli stessi. Ancora prima della riforma, in base al Regolamento di Dublino III, era previsto l’obbligo per gli Stati membri di prelevare le impronte digitali dei cittadini di paesi terzi o apolidi (di età non inferiore ai 14 anni), che presentino domanda di protezione internazionale. Ciò avviene negli Hotspot che, in base alla relazione fornita dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sul sistema di accoglienza, sono strutture di detenzione amministrativa privi di base legale. [N.B. la detenzione amministrativa è prevista tutte le volte in cui il Questore abbia emanato un decreto di espulsione, quando non sia possibile eseguire eseguirlo con immediatezza e accompagnamento alla frontiera in sicurezza]. Un altro approfondimento necessario da compiere rispetto alla detenzione amministrativa (c.d. trattenimento) è che, quando i migranti si rifiutano in modo reiterato di sottoporsi ai rilievi fotodattiloscopici presso gli Hotspot, questa viene eseguita nei CPR (Centri di Permanenza per i Rimpatri), ex CPTA (Centri di Permanenza Temporanea ed Assistenza), poiché il rifiuto reiterato viene comparato al rischio di fuga. La detenzione amministrativa (introdotta dal nuovo art. 10 ter del T.U. immigrazione), è disposta con un decreto del Questore e conserva la sua efficacia per un periodo massimo di 30 giorni come sanzione verso coloro che si rifiutano di sottoporsi a rilievi fotodattiloscopico. Va specificato che, quando la misura è rivolta ad un richiedente asilo, la convalida è di competenza del Tribunale sede della Sezione Specializzata in materia di immigrazione in composizione monocratica. 4. UDIENZA DI CONVALIDA MEDIANTE VIDEOREGISTRAZIONE: Prima dell’entrata in vigore della riforma, la videoconferenza era stata introdotto solo per coloro che sono sottoposti al regime dell’art 41 bis dell’Ordinamento Penitenziario. Ciò fa riflettere sul tipo di trattamento imposto nei confronti dei migranti in stato di detenzione amministrativa. Ciò è infatti oggetto di critiche, poiché il sistema di videoconferenza influisce sulle modalità di difesa dell’interessato. Un altro aspetto della riforma che suscita critiche è il fatto che gli stranieri trattenuti in attesa dell’esecuzione dell’espulsione hanno il diritto di essere sentiti personalmente dal Giudice di Pace, i richiedenti asilo si devono accontentare di una partecipazione ‘virtuale’ all’udienza. Per rendere le modalità di questo processo compatibili con le garanzie difensive è stato previsto un collegamento tra il luogo di custodia e l’aula di udienza così da comprendere e comunicare cosa avviene durante l’udienza. Inoltre il difensore deve essere presente nel sito dove si trova l’assistito e l’assicurazione di mezzi idonei ad assicurare la possibilità per il legale di consultarsi ‘riservatamente’ con il cliente. I dubbi di costituzionalità nei confronti di questa riforma, fanno anche riferimento alla violazione dell’art 146 bis disp. att. c.p.p. che prevede una serie di mezzi tecnici idonei a garantire quanto previsto in ambito penale. 5. LE NUOVE SEZIONI SPECIALIZZATE IN MATERIA DI IMMIGRAZIONE: Uno degli aspetti positivi della riforma sono dunque le già citate Sezioni Specializzate, nei quali sono concentrati tutti i tipi di giudizio che si possono fare nei confronti dei migranti. Ciò consente ai Tribunali di incrementare la loro produttività, una maggiore preparazione per giudici e magistrati in materia di immigrazione e una più elevata qualità delle decisioni e uniformità nella giurisprudenza. Per l’elevata delicatezza e complessità del diritto all’immigrazione è richiesta professionalità. Le migliorie applicate al testo di legge effettuate in sede d’Ufficio di Presidenza delle Commissioni riunite hanno permesso di istituire (invece che delle 14 iniziali) Sezioni Specializzate in ogni capoluogo di Corte d’Appello (quindi 26), ciò risponde all’esigenza dei tanti migranti sparsi per il territorio nazionale di esercitare il loro diritto alla difesa. Ciò determina una più razionale distribuzione dei Critiche al procedimento: Novità della normativa in materia di notifica degli atti di procedimento per riconoscimento di protezione internazionale: attribuzione ai privati responsabili dei centri di accoglienza la qualifica di pubblico ufficiale. Gli operatori delle strutture hanno criticato questa disposizione poiché comporta una deminutio della loro posizione di terzietà verso i richiedenti, poiché incide negativamente sui legami personali che si creano durante la fase di accoglienza. Caso di irreperibilità o idoneità del domicilio del richiedente: l’atto da notificare viene reso disponibile dall’interessato presso la Questura dalla Commissione. Si viene a creare una presunzione legale di conoscenza dell’atto, momento dal quale cominciano a decorrere i termini di scadenza per l’impugnazione. Deposito dei provvedimenti e degli atti: avviene esclusivamente in modalità telematica e non cartacea (a meno che i sistemi informatici del dominio di giustizia non siano funzionanti). 8. LA PREVISIONE SOLO EVENTUALE DELL’UDIENZA NEL GIUDIZIO DI PRIMO GRADO Dopo l’iter di scambio di memorie appena visto, passiamo in esame alla novità per cui l’udienza ‘orale’ (comparizione delle parti e ascolto del richiedente protezione) sono previste nelle ipotesi decise dal legislatore, ciò al fine di rapidizzare i tempi. L’udienza di trattazione è prevista esclusivamente quando il giudice: a) Ritiene necessario disporre l’udienza dell’interessato dopo aver visionato la registrazione b) Ritiene indispensabili ‘chiarimenti dalle parti’ c) Dispone l’assunzione di mezzi di prova tramite ‘consulenza tecnica’. Il giudice deve fissare l’udienza (con possibilità di procedere all’audizione del ricorrente) anxhe quando: a) La videoregistrazione non è disponibile b) L’interessato ne ha fatto motivata richiesta nel ricorso introduttivo e si ritenga la trattazione del procedimento di udienza essenziale ai fini della decisione c) L’impugnazione si fonda su elementi nuovi. Per le ragioni evidenziate, si è voluto rendere facoltativa l’udienza destinata alla trattazione orale come facoltativo è l’atto di ascolto del migrante. Perplessità sulle scelte del legislatore: - Nella fase amministrativa non è prevista difesa tecnica e patrocinio a spese dello Stato - Dopo la riforma del giudizio di legittimità, in Cassazione la regola è la forma camerale non partecipata. - L’adozione di un modello processuale camerale, scritto e non partecipato (contradditorio cartolare), costituisce, con la soppressione del grado d’Appello, una delle principali criticità della riforma. Essa è idonea a garantire la pienezza del contraddittorio e il rispetto al diritto di difesa? Una risposta negativa a questa domanda renderebbe possibile un ricorso al Giudice delle Leggi (in contrasto con art. 117 C) - Chi sostiene la costituzionalità della nuova normativa, si appoggia al passaggio tra norma astratta e applicazione della stessa al caso concreto, spostando la responsabilità della legittimità ai Tribunali, ai quali toccherà assicurare il rispetto del diritto di udienza. (rileggi p. 134-35-36). 9. ANCORA SULLA FACOLTATIVITA’ DELLA TRATTAZIONE ORALE ANCHE ALLA LIUCE DELLA GIURISPRUDENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA: Prima della riforma non era obbligatoria l’audizione del richiedente, anche in base alla normativa europea. In passato due erano le possibilità: - La previa convocazione di un interprete (segno che si sarebbe ascoltato il richiedente). - Fissazione di un’udienza senza prevedere tale audizione. Questo era comunque un procedimento astrattamente coerente al vigente giudizio di cognizione, dove l’interrogatorio libero della parte non era strettamente necessario. In epoca recente, la Corte di Giustizia Europea (CGE), con sentenza del 26/07/2017 ha affermato che le direttive europee aventi per oggetto le procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale devono essere interpretati nel senso che nulla osta a che il giudice nazionale, investito di un ricorso avverso la decisione di rigetto di una domanda di protezione internazionale manifestatamente infondata, respinga il ricorso senza neanche procedere all’audizione del richiedente, qualora le circostanze non lascino alcun dubbio sulla fondatezza di tale decisione, a patto che sia stata data possibilità al richiedente, nella procedura di primo grado, di sostenere un colloquio personale sulle sua domanda di protezione internazionale e che il verbale di tale colloquio sia reso disponibile insieme al fascicolo. Inoltre il giudice adito con il ricorso possa disporre tale audizione ove lo ritenga necessario. Leggi pp. 138-39-40. 10. LA SOPPRESSIONE DEL GRADO DI APPELLO: Il nuovo art. 35 bis, ha soppresso il grado d’appello. Ciò suscita sconcerto è previsto perfino per controversie civili di minima rilevanza. La nuova normativa quindi mette a rischio sia il diritto di difesa che quello di ottenere ‘asilo’, costituzionalmente garantiti. Una delle tesi a favore della soppressione del secondo grado d’appello è quella secondo cui, prima del primo grado, vi è una fase procedimentale in sede amministrativa. Tale osservazione è irrilevante se si pensa ala fatto che tutti i giudizi di fronte ad un giudice amministrativo sono preceduti da tale fase. Dunque la una maggior rapidità in questo tipo di processo non può essere raggiunta a discapito dei diritti di difesa e di ottenimento d’asilo. Inoltre, con l’abolizione del secondo grado d’Appello, la quasi totalità dei rigetti pronunciati dai Tribunali, saranno impugnati in presenza di un eccezionale interesse del richiedente asilo soccombente, favorito dal fatto che i ricorsi sono permessi dall’ammissione del ricorrente al patrocinio a spese dello Stato. Di conseguenza aumenterà il contenzioso della Corte di Cassazione di cui la maggior parte dei ricorsi verranno rigettati per infondatezza. 11. CONCLUSIONI (PROVVISORIE) E’ indiscutibile che, sulle nuova normativa, prevalgono le ombre sulle luci: la compressione della tutela dei diritti dei richiedenti protezione internazionale (soprattutto in ambito processuale) e che, in definitiva, sia stato creato un ‘diritto speciale’ per i cittadini stranieri. Alcuni aspetti positivi vanno segnalati: la creazione di una magistratura specializzata in materia di immigrazione. Sarebbe poi opportuno, per una maggiore uniformità nell’ambito del diritto degli ‘stranieri’, adottare una disciplina processuale uniforme che sia rispettosa al massimo dei diritti di difesa dello straniero (al riguardo andrebbero riviste alcune riforme del legislatore che hanno come fine di rapidizzare l’iter processuale). Clausola di invarianza finanziaria alle Sezioni Specializzate: ovvero che all’art. 1 c2 della legge, viene espressamente detto che ‘senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, né incrementi di dotazioni organiche’. Da ciò si intende la decisione del legislatore di non aumentare l’organico della magistratura (che ne avrebbe molto bisogno), con la conseguenza che i giudici che fanno parte della nuova sezione specializzata rientrano nella normale dotazione organica dei Tribunali interessati. Gli uffici con carenza di organico, dovranno dunque richiedere supporto ad un altro Distretto di Corte d’Appello, esponendo a scopertura altri settori. Per una maggiore funzionalità di questa materia che è l’immigrazione, le nuove Sezioni, avrebbero anche bisogno di un gran numero di collaboratori, anche universitari, estranei al mondo del diritto, come interpreti affidabili, antropologi, psicologi. Il CSM ha immediatamente sottolineato l’esigenza di definire le procedure di protezione internazionale con una risposta di giustizia di qualità e di garantire la celerità nella trattazione dei processi. E’ stato tuttavia introdotto un principio attenuato dell’onere della prova, dunque i riscontri esterni alle dichiarazione dei migranti, vanno ricercati dalla stessa autorità giudiziaria. Per rispondere a tale esigenza, è stato creato dal CSM un portale contenente notizie recenti dalle aree geopolitiche inerenti alla materia di giustizia e protezione internazionale, consultabile dai magistrati. Conclusione con un’osservazione politica: il sistema di accoglienza italiano non è sufficientemente adeguato allo scopo che esso si propone. Vittime di sofferenze indicibili hanno come unico strumento per rimanere legalmente in Italia la richiesta d’asilo. La loro permanenza nelle strutture di accoglimento, arriva a durare anche due anni, periodo in cui queste persone imparano una lingua, fanno volontariato e ottengono un lavoro, insomma provano ad integrarsi. Tuttavia gran parte di loro non ha il titolo di rifugiato in quanto non costretti alla fuga da situazioni di conflitto armato o violenza nei loro confronti. Dunque vengono categorizzati come ‘migranti economici’ (persone che nel paese di origine si trovavano in condizione di povertà estrema e cercano in Europa migliori condizioni di vita). Ciò implica che gran parte di loro non otterrà la protezione di cui necessitano, diventeranno immigrati irregolari su territorio nazionale con la conseguenza che verranno inglobati nel mondo del lavoro in nero o della delinquenza per sopravvivere. E’ necessario, dunque, pensare ad una soluzione che vada oltre la protezione internazionale, ovvero delineare un quadro giuridico che consenta il loro inserimento all’interno della società mediante permesso di soggiorno per scopi lavorativi. Ciò implica che vengano inseriti in un percorso di formazione professionale e fornire gli strumenti legare per vivere in Italia. E’ assolutamente evidente che l’attuale sistema emergenziale continuerà a creare disagio, marginalità e tensioni sociali di sempre più complessa gestione. DAL DECRETO MINNITI AL DECRETO SALVINI: POLITICHE MIGRATORIE E PRODUZIONE ISTITUZIONALE DI IRREGOLARITA’ 1. INTRODUZIONE Qua si indagherà e svelerà il ruolo del diritto e delle prassi istituzionale nella creazione del ruolo di migrante come ‘irregolare’. Nell’ambito della protezione internazionale si può notare una radicata tendenza delle politiche migratorie italiane a favorire meccanismi di produzione istituzionale di irregolarità. Tali meccanismi operano come fattori di vulnerabilità patogenica, che prescindono dalla condizione che ha indotto il/la migrante a lasciare il paese d’origine, dipendendo invece dalle politiche sempre più restrittive in materia di immigrazione. - Permesso per protezione speciale: rilasciato su richiesta della Commissione Territoriale, qualora non ci siano requisiti per status di rifugiato/protezione sussidiaria e vi fosse il rischio di subire torture in caso di espulsione. - Permesso per calamità: ha durata inferiore ad un anno, non permette neanche di accedere a servizi sociali quali assistenza e usufrutto di edilizia pubblica - Permesso per cure mediche: dura un anno e non permette iscrizione al sistema sanitario nazionale, possibile invece con il permesso di protezione umanitaria. - Permesso per atti di particolare valore civile: unico tra quelli elencati che può essere convertito in permesso di soggiorno, come se in gioco non vi fossero diritti costituzionalmente garantito, ma il diritto d’asilo va concesso a chi se lo ‘merita’. La nuova disciplina, inoltre, penalizza fortemente lo status di titolo di soggiorno, che precarizza il soggetto che ne è titolare: infatti la protezione umanitaria durava almeno 2 anni e poteva essere convertita in permesso per lavoro. Adesso, le opzioni previste in sostituzione di questo permesso hanno durata inferiore e nella maggior parte dei casi non convertibili in altri permessi. La durata più breve limita anche alcuni diritti sociali fondamentali: per accedere all’assistenza sociale occorre un permesso di durata non inferiore ad un anno, oppure la concessione di alloggi di edilizia pubblica che vuole un permesso di soggiorno di durata non inferiore a due anni. Altri dubbi di legittimità costituzionale: la nuova disciplina non implica casi che, secondo il diritto di asilo costituzionalmente garantito (art. 10c3), sarebbero invece meritevoli di tutela. Venuta meno la clausola aperta di formulazione generale del permesso per motivi umanitari, verrà a meno la possibilità di tener conto della specificità dei casi individuali. Effetti negativi dell’abrogazione della protezione umanitaria: - Aumento del carico di lavoro giudiziario per le istanze di accertamento del diritto d’asilo. - Casi meritevoli di tutela risultano sprovvisti di disciplina sul piano legislativo. - Incremento della produzione di irregolarità che ha coinvolto circa 60 mila persone tra il 2019 e il 2021 (si parla di minori non accompagnati, donne con bambini, vittime di tortura, violenze, stupri nei campi di detenzione in Libia, persone costrette a scappare dalla guerra, fame, disastri naturali) - La protezione umanitaria costituiva anche una possibile tutela per chi, entrato legalmente nel territorio dello stato per motivi di lavoro, si ritrova senza di esso. Allora si ricorreva alla concessione della protezione umanitaria. Ciò causa sfruttamento lavorativo ed economico. - Ha reso il sistema di ingresso più difficoltoso per gli stranieri, soprattutto per due motivi: uno perché la questione migratoria è stata affrontata come un problema di criminalità gestibile solo tramite strumenti di diritto penale e due ha ristretto i canali di accesso all’immigrazione regolare. La speranza, in questa situazione, è dunque riposta nell’interpretazione costituzionalmente orientata della nuova disciplina da parte dei giudici (es. abolizione reato di clandestinità, 2009) Orientamento della magistratura nei confronti del decreto Salvini: diversi tribunali stanno accogliendo ricorsi presentati da alcuni richiedenti asilo a cui è stata negata la residenza sulla base che il nuovo decreto esclude che il permesso di soggiorno per richiesta d’asilo possa costituire titolo per l’iscrizione anagrafica (necessaria per certificato di residenza). Diversi giudici, seguendo lo schema dell’interpretazione adeguatrice, hanno sostenuto che tale modifica, per essere compatibile con la Costituzione, debba escludere il divieto di iscrizione anagrafica per richiedenti protezione internazionale che abbiano avviato la procedura d’esame di fronte alle Commissioni competenti, poiché ciò comporterebbe un trattamento discriminatorio rispetto agli altri stranieri regolarmente soggiornanti, in violazione del principio di uguaglianza sancito all’art. 3 della Costituzione. Incertezza giuridica: determinata dall’inserimento nell’ordinamento di norme che hanno funzione propagandistica e che, per la loro incostituzionalità, verranno eventualmente disapplicate. Un’incertezza con cui si scontrano giudici e amministratori ma soprattutto gli stessi migranti, costretti a condizioni di irregolarità e di invisibilità sociale, facile prede di mercati illegali e più esposti a condizioni di vulnerabilità.
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