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Riassunto di "Il cristiano nel mondo: introduzione alla teologia morale" di Aritstide Fumagalli, Sintesi del corso di Teologia

Riassunto completo non sostitutivo del libro, adatto sia alla preparazione di esame orale sia scritto. I capitoli e i paragrafi sono suddivisi esattamente come nel libro in modo da poter individuare con facilità le domande in caso di esame in forma scritta.

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020

In vendita dal 23/06/2020

dauphine
dauphine 🇮🇹

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Scarica Riassunto di "Il cristiano nel mondo: introduzione alla teologia morale" di Aritstide Fumagalli e più Sintesi del corso in PDF di Teologia solo su Docsity! Aristide Fumagalli Il cristiano nel mondo: introduzione alla teologia morale Prefazione di Dionigi Tettamanzi: “Maestro, che cosa devo fare di buono?”(MT 19, 16) Giovanni Paolo II nell’enciclica dedicata alla morale cristiana utilizza l’esempio del dialogo tra Gesù e il giovane ricco: quando quest’ultimo chiese a Gesù come raggiungere la vita eterna, egli rispose che avrebbe dovuto seguire i comandamenti ed abbandonare le sue ricchezze per darle ai poveri. Il giovane, avendo molte ricchezze, se ne andò triste (quindi senza accettare l’invito di Gesù). La forma dialogica è scelta appunto perché la morale cristiana è un dialogo interpersonale tra due persone: il dialogo della morale cristiana permette di cogliere il nesso tra il desiderio dell’uomo e la legge di Dio nell’amore di Cristo. Lo strumento che permette di cogliere tutti questi elementi è la Sacra Scrittura. 1: Il desiderio dell’uomo Il giovane (che non ha identità perché rappresenta ogni uomo che si pone delle domande) che interroga Gesù è animato dal desiderio di conoscere quale sia la felicità: già il filosofo Aristotele aveva evidenziato come ogni coscienza aspiri a qualche bene. C’è disaccordo su cosa sia la felicità sia tra i vari uomini sia tra i vari momenti della vita di uno stesso uomo. Il giovane si rende conto a partire dai suoi beni concreti che a lui manca il Bene: sa che esiste e vuole conoscere i mezzi per raggiungerlo e per farlo interroga Gesù che è il Maestro testimone di questa Bontà. Bisogna necessariamente collegare il desiderio di felicità con la morale cristiana. Tommaso d’Acquino aveva osservato come esista una legge naturale identica per tutti, ma vi sono alcune situazioni in cui bisogna guardare al caso concreto per capire cosa sia meglio fare: anche con riguardo alla morale cristiana essa va personalizzata, senza cadere negli errori del soggettivismo arbitrario e dell’oggettivismo legalista. 2: la legge di Dio Gesù risponde con una contro domanda alla domanda del giovane: “perché mi interroghi su ciò che è buono? Buono è uno solo.” La radice dei molteplici beni individuali è in Dio. Farsi delle domande su cosa sia buono è già mettersi sulle tracce di Dio  aspirare ad una vita eterna vuol dire aspirare ad una vita divina: l’uomo desidera la felicità perché nella sua natura vi è impressa la destinazione soprannaturale. In altre versioni del testo Gesù dice al giovane che lui già conosce i comandamenti ma poi glieli ricorda ugualmente, perché l’uomo ha bisogno di essere indirizzato, nonostante i principi di bontà siano già impressi nel suo cuore. I comandamenti che Gesù elenca al giovane sono quelli della seconda tavola di Mosè, ovvero quelli che riguardano il prossimo: questo non perché siano scollegati da quelli che riguardano Dio, ma perché amando il prossimo si ama Dio, perciò la nomina dei comandamenti che riguardano il prossimo implica necessariamente quelli che riguardano Dio. Per arrivare alla felicità però non basta seguire solo i comandamenti. 3: la sequela di Gesù Seguire i precetti non basta, bisogna dedicare la propria vita agli altri, iniziando col consegnare le ricchezze ai poveri e seguendo Gesù  è Gesù stesso la via per raggiungere la felicità. La morale trinitaria è cristocentrica perché tramite Cristo per mezzo dello Spirito si arriva a Dio. Anche se non si vive nell’epoca di Gesù e non si può materialmente seguirlo, egli afferma di essere con noi tutti i giorni fino alla fine del mondo. La morale è dunque relazionale e vive del dialogo amoroso che c’è con Dio e con il prossimo. 4: epilogo Quello di Gesù al giovane è un invito e lui non lo segue perché non vuole rinunciare al godimento immediato dei suoi godimenti. Gesù poi dice che è difficile che un ricco entri nel Regno dei Cieli. Ai discepoli in un’altra sede dice che chi abbandona la sua famiglia e i suoi averi per seguirlo riceverà cento volte tanto e avrà vita eterna. 1 Etimologia di desiderio: de-sidera (senza stelle)  l’uomo ha nostalgia delle stelle e guarda il cielo perché vuole una felicità divina che è intrinseca in lui. La Chiesa deve indicare all’uomo la stella polare che è Gesù. Parte prima: Fede cristiana e agire morale di Aristide Fumagalli Capitolo primo: “I legami della libertà” Gesù nel Vangelo di Giovanni afferma davanti ai discepoli: “io sono la vite, voi i tralci”: questa frase rinchiude la morale cristiana, identificandola come il legame che intercorre tra Cristo e gli uomini. 1: morale ed etica Seguendo l’etimologia di questi due termini si potrebbe arrivare a dire che l’etica indichi una riflessione di taglio filosofico, mentre la morale di taglio cristiano: unendo le varie definizioni si giunge a definire etica/morale come “ciò che caratterizza l’agire umano”. Un’altra accezione è “residenza, luogo dove si abita” quindi la dimensione che caratterizza il modo di comportarsi dell’uomo: la caratteristica del suo modo di comportarsi è l’essere libero di compiere ciò che vuole sapendo e volendo fare ciò che fa. L’agire morale si racchiude nel monito “fai il bene ed evita il male” e Cristo si pone come norma vivente che giudica il bene e il male. 2: la presunta libertà Giovanni prosegue: “come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete con me”: questa immagine oggi non è pacifica. 2.1: l’orizzonte post-moderno L’etica per molto tempo è stata considerata dipendente da Dio. In epoca moderna invece c’è stata una svolta: dal ricercare in Dio le leggi dell’agire umano, si passa al cercarle interrogando direttamente l’uomo. Per Kant l’etica è dipendente solo dalla ragione umana, ma senza un Dio che indichi la rotta l’uomo è perso. Nietzsche arriva ad affermare che Dio è morto: senza doveri morali si apre l’epoca della leggerezza dell’estetica: l’uomo è come un turista che non conosce confini se non quelli del suo portafoglio (Bauman). La libertà diventa individualista e la morale relativista. Ma vista la libertà è irraggiungibile. 2.2: il miraggio della libertà Libertà significa poter fare ciò che si vuole: l’uomo nasce libero (“ubi persona, ibi libertas”), ma non è lui a scegliere di esserlo. La libertà è una scelta continua, è sempre azione, e se per evitare scelte definitive, si continua a prendere decisioni temporanee, si perdono molte opportunità che sono uniche e si esauriscono nel momento stesso in cui si presentano. L’uomo è libertà ma c’è qualcosa che lo lega. 3. la libertà legata Legata da cosa? A) Il corpo: il corpo condiziona la libertà innanzitutto perché vi sono degli avvenimenti indisponibili per l’uomo come la nascita e la morte. In secondo luogo, spinge l’uomo ad evitare i pericoli e a cercare i piaceri. Condiziona la libertà con emozioni, abitudini e limiti. B) Il mondo: l’uomo è strettamente legato al mondo che lo circonda, e questo legame di dipendenza emerge soprattutto se si guarda alla questione ecologica che evidenzia il legame tra uomo e natura. L’uomo trasforma la natura dove vive in cultura. Oggi inserisce un altro mondo parallelo a quelli fisico che è il mondo tecnologico. C) Gli altri: nel mondo siamo circondati da altre persone che ci mantengono in vita e grazie al contatto con essi capiamo la nostra identità. Gli altri sono un limite alla mia libertà perché la nostra libertà è in mano a loro come la loro è in mano nostra. 4: la libertà trasgressiva La libertà personale può essere sedotta ma conserva un margine di indipendenza che la porta a sognare l’indipendenza totale: l’uomo vorrebbe essere libero senza legami, vorrebbe sostituirsi a Dio per non avere leggi da rispettare se non quelle poste da se stesso (auto-nomos). Non 2 L’azione si divide in sei tempi che sono: tempo del volere, tempo del progetto, tempo del discernimento, tempo della scelta, tempo dell’efficienza, tempo della gioia. 1.4: la scelta La libertà scegliendo una opzione, elimina le altre. Come si fa a capire cosa scegliere? 1.5 le tre fonti della moralità 1) Oggetto: è un comportamento liberamente scelto. Non è un oggetto fisico, ma la collocazione nell’orizzonte del bene e del male di una azione  la si qualifica come specie morale. 2) Fine: scopo per cui si fa azione. Tommaso d’Aquino evidenzia come sia possibile un contrasto tra oggetto e fine (Es: rubare per dare ai poveri). 3) Circostanze: sono esterne all’atto ma lo riguardano: possono riguardare il fatto stesso, le sue cause o i suoi effetti. Esse aggravano o riducono la bontà o la malizia dei fatti umani. 1.6: gli atti intrinsecamente cattivi Alcuni atti (come la bestemmia, lo spergiuro, l’omicidio e l’adulterio) sono intrinsecamente cattivi indipendentemente dalle circostanze, questo perché l’azione è l’incarnazione di un’intenzione. 2. Metafisica dell’atto Per lungo tempo si è pensato all’atto senza dare importanza al soggetto che lo compie: così facendo diventava un atto statico. 2.1 l’opzione fondamentale La Chiesa torna a dare così importanza al soggetto. Le scelte particolari delle singole azioni dell’uomo (atti periferici) devono necessariamente intrecciarsi con la scelta fondamentale (atti profondi) che consiste nella scelta libera se credere al bene fondamentale che è Dio. Se, riguardo all’opzione fondamentale, si sceglie di credere in Dio, questo si riflette nelle scelte particolari. 2.2 la coscienza L’uomo conosce il bene e il male grazie alla sua coscienza: i maestri del sospetto distruggono l’idea classica della coscienza: per Marx è il riflettersi nella mente del singolo della sovrastruttura sociale prodotta dai rapporti di produzione economica, per Freud è il Super io che si crea interiorizzando l’autorità dei genitori, per Nietzsche è l’introiezione di norme morali, per Darwin è un meccanismo neuro-biologico. 2.2.1 consapevolezza psicologica e coscienza morale La coscienza è un sapere con altri, è una relazione con qualcosa che è altro dal sé: la differenza che intercorre tra consapevolezza piscologica e coscienza morale sta nel fatto la la prima riguarda solo l’essere colpiti da qualcosa, mentre la seconda ha in sé un livello di responsabilità. La responsabilità riguarda la libertà del soggetto rispetto a ciò che lo interroga. 2.2.2 la coscienza morale come eco della voce di Dio La coscienza è costituita da varie relazioni, tra cui quella ambientale, quella con il corpo, quella con il prossimo, quella con Dio. Esagerando con una di queste relazioni si compromette la coscienza morale. La coscienza è un fenomeno relazionale che deriva dalla relazione tra la libertà umana e lo Spirito divino: è una voce sinfonica che giudica le azioni attestandone la qualità. 3: storia dell’atto L’uomo nella sua vita agisce istruito e sorvegliato dalla coscienza optando se andare pro o contro Dio. Scelgliendo l’uomo entra in possesso di ciò che ha scelto (la bontà) e si priva di ciò che ha scartato (il male). La bontà scelta o scartata diventa l’habitus della sua vita ovvero vizio o virtù: la virtù realizza il fiorire della personalità morale del bene. 3.1: virtù Per gli antichi la virtù era la capacità dell’uomo di fare del bene tramite le sue abilità: a causa di questa visione antropocentriche, il concetto di virtù è assente nella Bibbia. Verrà reintrodotto da San Tommaso che unisce il pensiero di Aristotele con quello di Agostino arrivando a dire che la virtù è una qualità buona della mente umana con la quale rettamente si vive e che Dio produce in noi senza di noi: è un dono infuso da Dio. 3.2: l’articolazione della virtù 5 Le virtù cardinali individuate da Sant’Ambrogio che sono prudenza, giustizia, fortezza e temperanza, vanno integrate con le virtù teologali che sono fede (affidamento all’amore di Dio), speranza (movimento nell’amore di Dio) e carità (attrazione dell’amore di Dio). Vi sono poi innumerevoli virtù morali che sono l’incarnazione concreta delle virtù teologali. L’esempio fatto per descrivere le virtù teologali è l’abbraccio del Padre misericordioso: il Padre attrae (carità), il Figlio si abbandona (fede) e lo Spirito li unisce (speranza). 3: lo sviluppo morale La virtù allora è la configurazione che assume la libertà dell’uomo quando è abitata dallo Spirito. Questa forma è quella della libertà di Gesù che ama i suoi. L’uomo è storico e quindi per compiere il disegno amoroso di Dio seguirà un percorso graduale, costruendolo giorno per giorno con le sue scelte. Capitolo quarto: le scelte della libertà La libertà può scegliere o il peccato o la conversione. 1: il peccato Il peccato è resistenza allo Spirito Santo: Gesù stesso afferma che chi non è con lui è contro di lui. È una alternativa secca. 1.1: il peccato come disamore Se lo Spirito infonde l’uomo di amore di Cristo, il peccato di conseguenza è disamore: più specificatamente è un distogliersi da Dio per rivolgersi ad altro deviando su forme parziali. Commettere peccato allora significa omettere di amare integralmente. 1.2: la distinzione dei peccati Il peccato mortale interrompe definitivamente la relazione con Dio e con il prossimo, mentre il peccato veniale favorisce l’irrigidimento del soggetto creando le premesse per la rottura definitiva. 1.3: le condizioni del peccato Un peccato è mortale se vi sono materia grave (contro i comandamenti), piena avvertenza e deliberato consenso. La materia è il confine oltre il quale il disamore diventa letale per il prossimo. Non esiste un peso specifico per i peccati, in quanto vanno misurati in base al come si agisce e alla relazione amorosa che lega i soggetti (peccato contro genitori ha peso diverso rispetto al peccato contro un estraneo). 2: la conversione Se non ci si oppone all’attrazione dello Spirito Santo, ci si lascia plasmare affinché si ami come Cristo: questo percorso avviene nel tempo e non è lineare. La conversione si distingue in tre livelli: A) Conversione iniziale: la conversione inizia con un atto di fede che ha origine nel battesimo: con esso si toglie il peccato originale ma si lascia la concupiscenza (prevalenza della materia sullo spirito). Per liberarsi da essa, l’uomo deve lottare contro il peccato tramite la riconciliazione e le opere di penitenza. B) Conversione progressiva: a dare inizio al percorso di conversione è la Grazia. Sviluppandosi nel tempo, la conversione è un impegno a far sì che nessuna azione dell’uomo sia senza amore. Bisogna agire contro il peccato che è causato dalla tentazione. La tentazione è occasione di peccato e si suddivide in occasione prossima o remota in base alla gravità del pericolo, e occasione necessaria o volontaria di peccato in base alla possibilità di evitarla. La tentazione è interiore, quindi per combatterla bisogna vigilare sulla propria immaginazione: per evitare di cadere nell’estetismo bisogna unire all’estetica l’etica inducendo così l’immaginazione a pensare al bello. C) Conversione perfetta: la conversione è sempre conversione a Dio: l’uomo è spinto a migliorarsi imitando Gesù grazie all’aiuto dello Spirito Santo. 3: il discernimento totale Peccato e conversione sono processi dinamici e la vita morale è la marcia verso una o l’altra alternativa: la storia della vita umana è una storia di conflitto sofferto e riconciliato. 3.1: le situazioni conflittuali 6 Il conflitto riguarda i singoli beni che sono le modalità con cui l’uomo decide rispetto al bene divino. Beni e valori non possono entrare in conflitto perché i valori sono posti su diversi livelli (fisici, morali e religiosi) quindi non possono convergere. Il massimo bene non è realizzabile in terra, ci sarà sempre un altro bene che realizzando il primo, verrà escluso. Con la morale l’uomo si fa carico del male che inevitabilmente compirà. 3.2: la formazione della coscienza La teologia morale ha un ruolo direttivo in quanto istruisce la libertà a scegliere il bene evitando il male. 3.2.1: anamnesi Il nostro secolo è quello della crisi della coscienza. Se il Medioevo viene ricordato come l’epoca della implosione della coscienza, dove essa permetteva all’uomo di applicare le leggi di Dio nella vita concreta, oggi vi è una implosione della coscienza: è l’era della coscienza individuale che risulta mutevole: vi è una coscienza pubblica e una privata e di conseguenza c’è una doppia morale. Simbolo di questo è l’alta richiesta di sacramenti nonostante in pochi pratichino la religione a pieno. 3.2.2 cure palliative se si cerca di dimenticare la questione di cosa sia bene e cosa sia male affermando o che è possibile tutto ciò che è tecnicamente possibile si cade in illusione. Vi sono tre rimedi per evitare la dispersione della coscienza: il primo è vincolarla alla legge, il secondo è auto vincolare la coscienza, il terzo è ritardare o affrettare il momento delle scelte. Tutti questi metodi però sono fallimentari e non sono altro che cure palliative. 3.2.3: terapia La relazione tra l’uomo e Dio è resa possibile dallo Spirito Santo che soffia dalla Croce di Gesù sulla intera umanità: per questo l’uomo ha in sé la capacità di scegliere tra il bene e il male. Lo Spirito infatti agisce plasmando la coscienza. Dove si può percepire lo Spirito Santo? Nella Sacra Scrittura, nei sacramenti che comunicano con lui e nella comunità cristiana ovvero nel legame inscindibile tra le coscienze. La Chiesa e il Papa aiutano nella formazione della coscienza morale. Parte seconda: Natura e tecnica di Stefano Cucchetti Capitolo primo: Bioetica: una nuova scienza? Nonostante possa sembrare che ci siano tante risposte alle questioni di bioetica, il sentimento che pervade l’uomo nella nostra epoca è di insoddisfazione. Per chiarire la questione bisognerà analizzare il movimento storico che ha portato al sorgere della bioetica per poi capire a cosa la bioetica voglia fornire risposta. 1: all’origine della bioetica 1.1: prime correnti di natura deontologica L’origine della bioetica si colloca in un intreccio di questioni pratiche ed emerge dopo la seconda guerra mondiale: dalla guerra l’umanità esce più distaccata nei confronti dei rapporti umani. In questo contesto emerge una riflessione deontologica sulla medicina e sulla scienza che ha tre punti di emersione. 1) Il processo e il codice di Norimberga: è il processo ai medici che durante la guerra hanno condotto esperimenti crudeli sui prigionieri di guerra in nome della ricerca scientifica: ciò che si evidenzia è che quelle pratiche erano condivise dalla comunità scientifica. Bisogna allora inserire delle indicazioni deontologiche per la sperimentazione medica. 2) La riscoperta dell’etica medica tradizionale: i medici devono avere cura del malato e seguire le linee di condotta: espressione di questa linea è il giuramento di Ippocrate. 3) La riflessione e la formulazione sui diritti umani: nel processo di Norimberga si condannano i crimini contro l’umanità e nasce il concetto di diritti dell’uomo: i diritti umani sono un’espressione del diritto naturale. Si arriva così alla stesura della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo. 1.2: il sorgere di una nuova disciplina 7 3.3: la valutazione dei mezzi: il criterio della dignità della procreazione Essendo il momento della procreazione un passaggio fondamentale nella vita di ogni individuo, non bisogna mai fratturare la libertà che è coinvolta. 4: ripresa sintetica 4.1: il giudizio etico sulle tecniche di PMA Gli esperimenti in nome della scienza non possono rendere lecita la strumentalizzazione di un altro essere umano. 4.2: il discernimento della chiesa È necessario rispettare la dignità della persona nella ricerca. Il criterio che la scienza deve seguire è quello dell’adiuvatio naturae, senza mai andare oltre in nome della ricerca scientifica. Capitolo terzo: un nuovo modo di curare? Bill Clinton nel 2000 afferma in collegamento mondiale che è stata completata la mappatura dell’intero codice genetico umano: questa viene ricordata come la terza rivoluzione ovvero quella genomica che è destinata a cambiare il mondo. L’analisi che si affronterà nei prossimi paragrafi è incentrata sul realismo. 1: alcuni dati essenziali 1.1: la genetica umana Nel 1953 Watson e Crick scoprono la struttura chimica del DNA che è il nucleo di ogni singola cellula del nostro organismo che contiene l’intero codice che regola il tutto-individuale che regola la nostra specie. Nel 1973 invece si scopre la possibilità di tagliare in sezioni specifiche il DNA per legarlo ad altre catene e duplicarle. 1.2: il Progetto Genoma Umano La lettura del codice genetico si divide in due fasi che sono la mappatura e il sequenziamento del DNA e la successiva traduzione nelle diverse proteine con la scoperta della loro funzione. Questo progetto non è confinato a una ricerca scientifica ma apre la via a delle ricerche etiche che hanno rapporti con l’economia e la politica: inizia una nuova era di sensibilità scientifica. 2: una rivoluzione medica? 2.1: oltre una visione essenzialista Vi sono tesi a favore e tesi contrarie agli sviluppi della genetica: per evitare gli errori di queste tesi estremiste in uno o nell’altro senso, occorre inserirle nell’ottica della dignità della persona e del suo corpo. 2.2: una medicina sperimentale L’approccio terapeutico è un intreccio di ricerca e attenzione alla cura del singolo paziente: la medicina scientifica o sperimentale non può correre il rischio di far prevalere la ricerca sulla cura. Il medico è un ricercatore nel senso che curando ogni paziente accresce la conoscenza dei colleghi. Il problema non si può risolvere solo con la firma del consenso informato. 2.3: il carattere sociale della cura La nuova medicina ha dei riflessi nelle scelte sociali, nella allocazione delle risorse e nella questione della brevettabilità. Cercare di risolvere i problemi che emergono con un’interpretazione formale del principio di autonomia dei soggetti è insufficiente. Benedetto XVI nell’Enciclica Caritas in veritate afferma che perché vi sia sviluppo tecnologico deve esserci uno sviluppo vero e integrale: bisogna creare un legame tra carità e conoscenza. 3: alcune problematiche specifiche 3.1: i test genetici I test genetici possono essere effettuati prima o dopo la nascita: per quanto riguarda quelli prenatali, possono portare ad un rischio di aborto. Bisogna allora avere rispetto della vita nascente ed è necessario che la società aiuti i genitori nelle situazioni difficili. I test genetici adulti invece possono solo individuare alcune malattie tumorali: vanno perciò fatti se ci sono possibili cure. Il soggetto inoltre deve poter avere il diritto alla non conoscenza del risultato e alla riservatezza dei dati. 3.2: terapia genica 10 Il genoma difettoso si può correggere con due modalità: con la terapia somatica che inserisce un gene corretto nel tratto di DNA errato oppure con terapia germinale che corregge il genoma per trasmettere un nuovo genoma ai discendenti. Queste terapie sono rischiose e aprono molte questioni etiche che riguardano in particolare l’eugenetica. 3.3: cellule staminali Le cellule staminali sono cellule che non hanno ancora una funzione determinata e quindi possono essere definite materiale di riserva: esse possono essere usate come materiale per la cura di determinate malattie. Questo però apre la via a molti problemi etici: è vietato infatti produrre embrioni al solo fine di prelevare cellule staminali, ma possono essere prelevate da embrioni sovrannumerari. Anche la clonazione apre numerose questioni etiche: la clonazione per finalità riproduttive è vietata ma la clonazione può anche essere terapeutica: con essa si blocca lo sviluppo embrionale nei primi stadi. In tutte queste pratiche sperimentali non bisogna mai perdere di vita la dignità dell’embrione. Capitolo quarto: un nuovo modo di morire? 1: l’esperienza del morire oggi 1.1: la dimensione bio-fisiologica Con i moderni strumenti di rianimazione si apre un nuovo criterio di morte, elaborato ad Harvard nel 1968: il momento della morte non è più identificato con l’interruzione della tripode vitale cuore- cervello-polmoni, ma con riferimento al solo cervello. Non è un nuovo modo di morire, ma un nuovo tipo di riconoscimento del momento della morte. 1.2: la dimensione psichica La dottoressa Ross individua i 5 momenti delle dinamica psichica di chi sta per morire: inizialmente vi è una fase si shock e rifiuto, poi c’è rabbia, risentimento e invidia. Infine si cerca un compromesso, si cade in depressione e poi si accoglie il destino comprendendo che è un passaggio inevitabile. Ciò che accomuna tutti i momenti è la speranza. Ai medici è richiesta una comunicazione sincera con i pazienti. 1.3: la dimensione sociale Nella nostra società capitalistica edonistica si cerca di togliere i linguaggi per dire morte. Si cerca così di togliere il problema. Si cerca un nuovo ambito dove porre la morte. Il medico ha poteri carismatici e per questo la società si fida di lui: il rischio è quello di considerare il medico come il detentore unico del potere. Deve esserci una alleanza terapeutica tra società e medici. 1.4: la dimensione teologica Di fronte alla morte è spontaneo chiedersi il perché. La morte è vista allo stesso tempo sia come una violenza da vivere passivamente, sia come un atto estremo del vivere per manifestare l’uomo come uomo. Nel momento della morte, Cristo offre, attraverso la fede, la possibilità di trasformare il peccato in guadagno. Morendo, si orienta il tutto della persona in modo totale. Si realizza l’opzione definitiva della libertà. 1.5: la sintesi dell’agire La morte è l’ultimo momento in cui si manifesta la libertà dell’uomo: nessuno può togliere questo momento all’uomo. Nel momento della morte l’uomo si consegna a Dio. In questi momenti non può venire meno la dignità della persona. 2: interpretazioni inautentiche del morire: eutanasia ed esubero terapeutico 2.1: chiarificazione dei termini in gioco: eutanasia Oggi per eutanasia si intende un atto che procura o accelera la morte al fine di alleviarne le conseguenze. Due distinzioni vanno superate: quella di eutanasia attiva e passiva e quella di eutanasia diretta e indiretta. Riguardo alla prima la distinzione è indifferente, ciò che conta è l’intenzione che muove l’agire e l’intenzione deve essere procurare la morte. Riguardo alla seconda invece, si può considerare eutanasia solo quella diretta. 11 Un altro tipo appartenente a questa categoria è il suicidio assistito, dove l’operatore non procura la morte ma dà al malato gli strumenti per farlo. 2.2: chiarificazione dei termini in gioco: esubero terapeutico Si tratta della dilazione ad oltranza della morte attraverso tecniche mediche: i mezzi risultano però sproporzionati alla propria condizione. 2.3: la valutazione etica Giovanni Paolo II nella Evangelium vitae si dichiara contrario all’eutanasia in quanto contraria alla legge di Dio. Discorso diverso vale per l’accanimento terapeutico che deve essere evitato quando le cure sono sproporzionate rispetto alle possibilità di guarigione. Bisogna considerare la vita come una paratio ad mortem. 2.4: questioni aperte: le “cure normali” e le direttive anticipate di trattamento Al morente non si possono sottrarre le cure normali quali la alimentazione e la idratazione, tranne nei casi in cui possano presentare una reale gravosità per il malato. Le direttive anticipate di trattamento (testamento biologico) servono a far partecipare il soggetto al proprio morire anche in condizioni estreme: per questo non sono ammesse per le situazioni in cui si fugge dal morire come nell’eutanasia. 3: quasi una conclusione: vivere la propria morte Una opzione morale autentica nei confronti del morire è possibile se si ha vissuto una vita orientata al bene. Accettare la morte significa aver compreso la propria finitezza. Il capitolo si chiude con il “pensiero alla morte” di Pio VI. Parte terza: sessualità e matrimonio: Marco Paleari Capitolo primo: Gli enigmi dell’amore 1: tra teologia, diritto e teologia sistematica La sessualità viene vista con una percezione spregiativa, se non inserita nel matrimonio e volta alla procreazione. Solo con la Gaudium et Spes si inizia a guardare al matrimonio non solo come contratto che ignora il momento affettivo, ma con una concezione personalistica della sessualità che fino ad allora era stata ignorata. Nasce così una novità dell’approccio all’amore. 2: una scelta metodologica: ascoltare il contesto Per capire al meglio la natura del matrimonio bisogna guardare i contesti in cui vivono le creature umane: la chiesa deve avvicinarsi alla realtà. 3: gli odierni enigmi della sessualità e della vita di coppia Ogni epoca caratterizza in maniera diversa il fenomeno dell’amore, e questo non rende possibile cogliere una natura unitaria. Alcune caratteristiche della fenomenologia dell’amore oggi: - Alta considerazione della dimensione sessuale delle relazioni - Esercizio della sessualità al di fuori dell’istituto del matrimonio - Decisioni libere non condizionate da provenienza, motivi economici ecc - Le regole sociali perdono importanza, rileva solo il sentire singolo di ognuno - L’individuo assegna valore a ciò che lo circonda e non viceversa 3.1: le attese sul partner: la sfida della diversità Rispetto ai tempi passati oggi la scelta del matrimonio è molto più libera. Inoltre c’è un arco di tempo molto lungo che passa dai primi amori alla scelta nuziale. Il consenso che lega la coppia deve essere sempre rinnovato. Qualora dovesse mancare, c’è una rapida soluzione legale che è il divorzio. Si esce facilmente dal vincolo matrimoniale perché lo si considera un contratto privato senza rilevanza sociale. Il coniuge è per forza diverso da me, e se non si è aperti al confronto con il diverso il legame è destinato a sciogliersi velocemente. 3.2: tra “sé” e “noi”: il nodo dell’identità Se si considera il matrimonio come un peso e si intende la vita di coppia come concorrenziale alla vita del singolo si cade in un errore che non permette al legame di durare. Bisogna avere una 12 Per vivere al meglio il matrimonio è necessario riscoprire il vero significato della morale cristiana. Quando si riesce a sentire questa morale non come legge esterna ma come una realtà interiore a cui adeguarsi si realizza ciò che il matrimonio è. 1: sentieri che si aprono L’amore è un sentiero da seguire e comincia dal grembo materno 1.1: l’educazione dei cuori I cuori devono essere educati ad entrare in relazione con il diverso, in questo caso il partner. La scelta di fede si inserisce in questo ambito come una vocazione dell’esistenza nell’amore. 1.2: la cura dei fidanzati l’uno per l’altra Quando la coppia si apre all’amore i fidanzati si prendono cura l’uno dell’altro e questo diventa il loro dovere morale. Così la coppia diventa il nuovo soggetto dell’agire. 1.3: la cura ecclesiale per i fidanzati Il fidanzamento è come un periodo di tirocinio per la coppia. La Chiesa deve proporre alla coppia dei corsi per rinnovare la loro scelta di fede. 2: sentieri quotidiani Scegliendo il matrimonio la coppia coinvolge Dio nella loro vita sentimentale; la sua presenza sostiene la libertà della coppia. Come primaria caratteristica del matrimonio allora si deve identificare la volontà dei coniugi di coltivare la grazia del sacramento. 2.1: la spiritualità coniugale Il matrimonio si pone in linea di continuità con il battesimo riproponendo la legge dell’amore: amandosi l’un l’altro i coniugi amano Dio. 2.2: l’etica matrimoniale L’etica matrimoniale si pone al servizio di una risposta all’attrazione dello Spirito. 2.1.1: donarsi e accogliersi totalmente Donarsi significa orientare tutto se stesso alla unione con l’altro senza prevaricarlo. 2.2.2: essere unicamente dell’altro 2.2.3: rimanere con l’altro L’unione delle anime non avviene istantaneamente come quella dei corpi. 2.2.4: dare vita ad altro/i Il primo frutto della coppia è la coppia stessa, in secondo luogo il figlio. 3: sentieri tortuosi Bisogna stare attenti alle derive che possono oscurare la relazione con Cristo: la via che la coppia deve percorrere è stretta perché ha spazio solo per due. Per amare l’altro bisogna rinunciare a se stessi attuando una forma di ascesi. 3.1: il criterio fondamentale Perché nella coppia sia presente l’amore di Cristo non basta che essi dicano di credere: devono frequentarlo. È necessario quindi guardare alla qualità del vissuto amoroso e non alla apparenza. 3.2: le situazioni matrimoniali irregolari Un matrimonio è definito irregolare a livello canonico non per considerazioni morali, ma per lo stato di vita dei battezzati che vivono coniugalmente senza il sacramento del matrimonio. Essi non sono ammessi alla riconciliazione sacramentale e alla comunione eucaristica. 3.3: la cura ecclesiale La Chiesa deve stare vicino a questi soggetti e coinvolgerli nelle attività dove è lecito: inoltre deve intervenire con le cure pastorali e suggerire cammini di conversione. 3.4: vicini a chi ha il cuore ferito La Chiesa, seppur ribadendo la indissolubilità del matrimonio, guarda caso per caso alle situazioni riconoscendo che una coppia può separarsi ad esempio per il bene dei figli. Non vi è un giudizio sulle persone e il loro vissuto. La Chiesa si impegna a stare vicino a coloro che hanno vissuto una situazione di sofferenza, ma ribadendo che il matrimonio è indissolubile perchè esprime l’amore unico e fedele di Gesù. 3.5: percorsi ulteriori 15 Il fatto che la Chiesa impedisca a chi ha un matrimonio irregolare di ricevere lo Spirito Santo in determinate forme, non preclude che che lo Spirito amorevole di Cristo li raggiunga con altre vie. Parte quarta: Persona e società: Eros Monti Capitolo primo: un’etica sociale cristiana 1: tre domande per cominciare Ci poniamo tre domande: cosa è la società oggi? In che senso la società è il frutto delle decisioni del singolo? In che senso la fede cristiana ha a che fare con la società? 2: sguardo all’attuale fenomeno sociale 2.1: quale società? La società odierna è complessa (tiene insieme tante realtà e tensioni) e globalizzata. 2.2: quale libertà entro la società? Tra l’individuo e la società soprattutto ai nostri tempi si registra una tensione, ma questo accade quando l’uomo non si rende conto di essere sempre in relazione con qualcosa che è altro da sé. Nelle relazioni familiari e di amicizia per esempio la dinamica io-tu si evolve diventando un noi essenziale. Il passaggio che spesso manca è quello di dare poca importanza alle istituzioni sociali che invece sono l’accumularsi delle libertà di molti e permettono di andare oltre il luogo e il tempo in cui sono state costituite perpetuando la cultura di una società. 2.3: quale verità per la società? Nella nostra società contemporanea multiculturale le grandi ideologie sono cadute: si ha difficoltà ad individuare la gamma di valori. 2.4: le tre dimensioni della vita sociale La libertà dell’uomo ha natura relazionale e questo emerge in tre dimensioni: quella personale, quella comunitaria e quella istituzionale. L’uomo compone la società in cui è inserito e prendendosi cura di essa si prende cura dell’altro. 3: un metodo per l’etica L’etica sociale si fonda su tre passaggi che sono il fenomeno sociale, la rilettura della fede cristiana della Bibbia e l’etica sociale. 4: la verità dell’agire sociale Nelle Sacre Scritture la verità delle relazioni emerge nella narrazione di vicende esemplari: l’agire giusto è l’agire che mette l’altro davanti a se stesso. 4.1: antico testamento 4.1.1: la legge Nel testo del Pentateuco il presupposto è la giustizia intesa come concreta vicenda storica che è una qualità personale riferita all’altro per rispondere alla esigenza che tutti hanno di giustizia. 4.1.2: la Profezia La Profezia denuncia le forme di ingiustizia che sono generalizzata quando è identificata nel complessivo cuore dell’uomo e occultata quando realizza indirettamente degli squilibri come fa ad esempio l’economia che calpesta il povero. Il ridimensionamento delle attese delle istituzioni potrà avvenire solo con il passaggio dal Vecchio al Nuovo Testamento ovvero con un re inviato da Dio. 4.2: Nuovo Testamento 4.2.1: Gesù e la società del suo tempo Al tempo di Gesù vi erano vari correnti di giudaismo che volevano una restaurazione teocratica in chiave monarchico messianica. Gesù, pur annunciando la trascendenza del Regno di Dio, non si astrae dal quadro politico sociale del suo tempo. 4.2.2: Dio e Cesare “Rendete a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio”: gli interlocutori di Gesù sono dall’inizio dalla parte del torto perché portano nel tempio delle monete, cosa che era vietata. La risposta di Gesù implica un ridare ciò che in precedenza era stato dato. Con la sua risposta delinea la laicità della politica dividendo i campi ma ponendoli in relazione di continuità: il regno di Cesare confluirà nel regno di Dio e lì troverà complimento. 16 4.2.3: Paolo e gli altri scritti del NT Gli atteggiamenti della Chiesa nei confronti della società sono la lealtà dei riguardi della autorità, la distanza critica dai poteri terreni e la contrapposizione alle richiese del potere qualora si assolutizzi. Al di sopra di tutto c’è il primato della carità. 5: esigenza di un fondamento Gesù è il solo giusto, e nella vicenda biblica ci sono tre livelli di vera giustizia delle relazioni: - Circa il fenomeno sociale: le relazioni sono un vincolo, ma, riconoscendo la verità della società si può vedere l’altro come fratello e non come avversario. - Circa la prospettiva etico-sociale: le relazioni, se riconosciute, possono essere il luogo favorevole dove compiere il bene. - Circa la verità ultima della società: essere immersi nella società ci fa capire che sempre noi dipendiamo da altro. Il bene anticipa ogni nostra azione, infatti la vita sociale è in sé buona. 6: nota sulla dottrina sociale della chiesa Oltre alle fonti bibliche bisogna avere attenzione riguardo la tradizione ecclesiale della Chiesa. Capitolo secondo: un’economia a servizio dell’uomo 1: introduzione all’etica delle relazioni economiche 1.1: che cos’è “economia”? L’economia riguarda le norme di condotta per coloro che coabitano: essa è quindi improntata sui bisogni dell’uomo, alcuni dei quali possono essere soddisfatti mediante beni scambiabili. Il problema che riguarda l’economia si basa sul fatto che i bisogni dell’uomo sono illimitati mentre i beni sono scarsi. Per mediare a questa disparità entrano in gioco i valori che danno vita al giudizio sul valore d’uso di un bene e sul suo valore di scambio. I valori vengono generati in tre momenti che sono la produzione, la distribuzione e il consumo. Questi momenti si trovano in una relazione di circolarità. L’economia è un fenomeno antropologico quindi bisogna collocarlo correttamente nella cornice dell’eticità con cui l’uomo affronta la vita. 1.2: l’evolvere della questione etica in economia - nel mondo antico vi era il baratto (merce-merce) - con lo sviluppo dei mercati si inizia a usare l’intermediazione della moneta (merce-denaro-merce) - l’economia industriale porta all’avvio degli investimenti (denaro-merce-denaro) - l’economia post industriale è finanziaria (denaro-denaro) Il mercato si autoregola con il meccanismo della “mano invisibile” in cui domanda e offerta si incontrano liberamente senza un controllo statale: la crisi del 1929, però, porta all’avvento dell’economia politica. 2: cenni ai fondamenti dell’agire etico in economia Nell’Antico Testamento i beni materiali hanno una doppia valenza, ossia hanno segno positivo se utilizzati nel modo giusto e segno negativo se se ne fa uso malvagio. Il giudizio cambia nel Nuovo Testamento dove diventa più severo: le ricchezze sono illusorie perché danno godimento immediato ma finiscono per possedere l’uomo accecandolo. Nel Vangelo la povertà viene raccomandata ai discepoli ma non si eleva a ideologia: i beni possono essere mantenuti purchè se ne faccia un uso favorevole agli altri. Bisogna sottoporre le ricchezze al giudizio di Dio e al bisogno degli altri. I beni sono doni di Dio che, con le mani dei discepoli, sfamano gli altri. 3: etica dell’agire economico Dobbiamo analizzare reciprocamente la dimensione personale, comunitaria e istituzionale dell’attività economica. 3.1: la finalità complessiva: produrre utilità o contribuire al bene comune? Per conferire eticità all’economia bisogna sempre finalizzare l’utile al bene comune, come viene sancito da Giovanni Paolo II nell’enciclica Centesimus annus. Al contrario, quando si nega l’etica, non si hanno nemmeno risultati sul piano dell’utilità economica. 3.2: luoghi caratteristici della tensione tra eticità ed economia 3.2.1: il lavoro umano e le sue esigenze 17 Il legislatore deve interpretare l’ethos vigente per realizzare il bene comune: deve orientare tutti a fare il bene. Il sistema di leggi non deve né avere eccessivi livelli di tolleranza, né reprimere ogni minimo comportamento. Sono responsabili a livello civile anche altri soggetti come i pubblici funzionari. 3.2: sul versante dell’agire personale A livello personale si richiede la lealtà nel rispetto delle leggi, considerando che esse realizzano il bene comune prima di quello individuale. Le leggi dovrebbero avere un livello di eticità intrinseco che permette di seguirle: se non è così si può opporre l’obiezione di coscienza o la legittima difesa. La regola suprema rimane sempre la carità. 4: l’educazione alla legalità 4.1: un’esigenza fondamentale della vita sociale Gli uomini sono una comunità di persone che ha bisogni diversi coordinati nel vincolo solidale che permette di costruire il bene comune. Servono perciò per convivere delle regole di condotta, altrimenti nei rapporti prevarrebbe la forza. 4.2: le condizioni per un’autentica legalità Queste condizioni che trasformano il suddito in cittadino sono: l’esistenza di leggi chiare e legittime, che vengano adottate con procedimenti trasparenti, queste leggi devono essere stabili e devono essere applicate nei confronti di tutti. Le strutture sociali devono essere efficienti ed è necessario tutelare gli interessi meritevoli. Inoltre, i poteri devono essere divisi e controllati. 4.3: un’urgenza del nostro tempo In una società complessa come la nostra, dove ci sono molteplici interessi discordanti, è ancora più importante porre delle regole per non sovrastarsi l’un l’altro. 4.4: l’impegno della Chiesa e dei cristiani La Chiesa si fa carico di questo problema perché in gioco vi è la stessa natura dell’uomo. 4.5: obbedienza alla legge e obiezione di coscienza In democrazia è ammessa l’obiezione di coscienza: si riconosce al singolo il valore prioritario della persona e della sia moralità, rispetto a quello di una legge che non condivide a livello etico. 4.6: la formazione dei cittadini Il senso di legalità è un processo educativo che necessita della collaborazione di tutti. 4.7: giustizia e carità Bisogna saper coniugare giustizia e carità, e infatti grazie a quest’ultima i credenti possono farsi coscienza critica della legalità. 20 21 22