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Riassunto di "Leggere e scrivere nella città antica", Sintesi del corso di Letteratura Greca

Riassunto del libro "Leggere e scrivere nella città antica" di G. Cavallo

Tipologia: Sintesi del corso

2021/2022

In vendita dal 20/11/2022

francesca.m2001
francesca.m2001 🇮🇹

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Scarica Riassunto di "Leggere e scrivere nella città antica" e più Sintesi del corso in PDF di Letteratura Greca solo su Docsity! 1 CAPITOLO 1: UCCELLI FAMELICI AD ATENE . La diffusione delle pratiche del leggere si ha tra 6°/4° secolo ed è un dato quantitativo ma anche qualitativo. Ne abbiamo testimonianza su una stele (390 aC) che raffigura un giovane che legge un libro rotolo ed è l’attestazione più antica di una lettura privata (in Grecia classica i rotoli nelle raffigurazioni erano associati alla figura del buon cittadino); anche la pittura vascolare riporta scene simili e nell’Andromeda di Euripide Dioniso rievoca il piacere della lettura; abbiamo anche un ostrakon (4° secolo aC)(coccio di un piatto) che è una lista della spesa in cui è incluso anche un rotolo di papiro (forse per uso privato). La pratica è testimoniata anche da Aristofane; la pittura vascolare invece riporta scene di lettura a 2 o in gruppo dove 1 personaggio legge e gli altri ascoltano: sono soprattutto donne e fanciulli, scene di intrattenimento in ambienti domestici (MA sono le donne di alto rango erano istruite: spesso nelle scene ci sono anche tavolette per l’apprendimento di segni grafici o compaiono Apollo/muse perché si proiettano in un universo mitico situazioni reali). La lettura a voce alta era la più diffusa a causa della scriptio continua (no spazi) ma esisteva anche quella silenziosa anche se più rara. Tra 5°/4°si diffonde il commercio librario, le biblioteche e le opere in prosa (soprattutto filosofiche e scientifiche che si basavano sulla lettura di altri testi). Del commercio si hanno testimonianze: nelle fonti si parla di bibliographos (copista) e bibliopoles (venditore di libri); ci sono riferimenti nelle commedie di Eupoli; si dice che nell’agorà si poteva comprare la Syngraphe di Anassagora a 1 dracma. Le biblioteche all’inizio erano private, di intellettuali o potevano accedervi solo seguaci di scuole filosofiche e mediche: biblioteca di Alcibiade, Euclide, Aristotele, Euripide (i contenuti venivano poi ereditati). In quella di Euripide c’erano edizioni di tragedie e commedie anche di altri autori. Sappiamo che leggevano i libri dei sapienti del passato (soprattutto di carattere scientifico e filosofico), che le opere storiografiche erano custodi di avvenimenti, e in generale le opere contenevano allusioni e citazioni quindi si leggevano a vicenda. Fino al 4° secolo non esistevano biblioteche pubbliche; c’era poi il metroon cioè l’archivio di stato di Atene per la conservazione degli atti pubblici. Prima del rotolo di papiro non sappiamo quale materiale si utilizzasse, forse supporti vegetali: i papiri avevano caratteristiche fisse (potevano variare un po’) che dipendevano dal genere letterario e dalla funzione. Il metroon fu fondato alla fine del 5° per conservare documenti non epigrafici ma nessuno si è conservato direttamente quindi forse erano su materiali deperibili: vengono richiamati nelle fonti letterarie e sappiamo che li scrivevano dei funzionari ma non ne conosciamo la configurazione. Forse erano scritti su tavolette di legno e papiro: le tavolette venivano usate per stesure documentarie provvisorie o attività amministrative, ma anche per l’esposizione temporanea; i papiri per documenti pubblici definitivi. I documenti venivano consultati anche a distanza di tempo e richiamati da decreti successivi, e l’accesso era aperto anche ai semplici cittadini. La scrittura imponeva limiti legati all’analfabetismo tout court ma anche all’analfabetismo cognitivo: alcuni sapevano leggere ma non capivano; quindi il fatto che ci fossero molte iscrizioni ad Atene non vuol dire che queste fossero davvero lette e recepite, e la democrazia ateniese non attuò mai provvedimenti per promuovere l’alfabetismo. Nella Roma imperiale invece abbiamo notizie da Svetonio che Caligola pubblicava leggi in caratteri scarsamente leggibili e in luoghi angusti per non renderle accessibili: questi 2 esempi quindi ci fanno capire che la scrittura è disponibilità di informazioni e di controllo pubblico ma anche mezzo di esclusione, dipende dall’uso politico che se ne fa. CAPITOLO 2: ALESSANDRIA, LA VIVISEZIONE, LE INFINITE GENTI . Il metodo migliore per conoscere il corpo umano era quello usato ad Alessandria cioè la vivisezione: questo testimonia il grado della cultura scientifica, ma dato che c’erano anche il museo e la biblioteca c’erano un altro grado anche per il metodo filologico e la cultura letteraria. Dopo la conquista macedone di Ale Magno, erano arrivati qui immigrati greci che volevano portare la loro cultura; in particolare Tolomeo 1° e 2° volevano fare di Alessandria una città greca per salvaguardare la loro identità ellenica. La cultura che si creò però, essendo un mix anche con quella egiziana, non era identica a quella della Grecia classica ma c’erano nelle trasformazioni ravvisabili già nelle statue: la statua di Sofocle (399 aC) lo rappresenta nella posa di un oratore, abbiamo una figura che parla agli altri e che incarna la kalokagathia, la cultura è orale e condivisa, il libro serve solo per conservare e come sostegno; quella di Cleante (250 aC) rappresenta l’intellettuale di età ellenistico isolato nella sua concentrazione mentale, rinchiuso in un museo o biblioteca, al servizio di un sovrano. Non c’è più un dialogo diretto con la città: la produzione intellettuale è un fatto erudito, c’è rivalità tra intellettuali di scuole diverse o della stessa scuola. Ad Alessandria il museo (di cui faceva parte anche la biblioteca) era il recinto dell’intellettuale: era separato dalla società urbana e dalla vita pubblica e i Tolomei vollero riproporre i principi organizzativi della raccolta dei libri di 2 Aristotele. = il Peripato ateniese, si ricercava un’unitarietà tra ricerca filologica e ricerca scientifica, accorciando le distanze tra piacere intellettuale della letteratura e sapere sperimentale; MA il Peripato e l’accademia platonica ateniese erano libere associazioni, il museo era una fondazione regia. In Mesopotamia erano importanti la biblioteca di Sippar e quella a Ninive (7° aC) che voleva riunire tutti gli scritti della terra. In Egitto c’erano biblioteche templari dal 2° millennio aC: in epoca tolemaica c’era il tempio di Oro a Edfu che era adibito a biblioteca, e la biblioteca di Elefantina più ricca e varia (9°/7° aC). Per creare una biblioteca era necessario il comando di una autorità, doveva essere universale (tutti gli scritti del mondo per quantità e contenuto), doveva essere in un tempio e avere come obiettivo la conservazione e salvaguardia. Così erano nate quella di Alessandria e Pergamo (assenti nella Grecia classica) e avevano un’impostazione ~ al vicino oriente per la distinzione tra casa della vita (dove si imparava a scrivere) e casa dei libri (biblioteca). Le opere nei regni ellenistici erano precluse a un pubblico esterno e a disposizione solo dei dotti. Erano importanti anche documenti pubblici e privati nell’Egitto tolemaico, es archivio di Zenone: i Tolomei avevano creato una burocrazia greca folta e attiva funzionale per il funzionamento amministrativo fiscale di una monarchia assoluta e di tipo patrimoniale. Le pratiche documentarie erano presenti anche nei regni ellenistici degli Attalidi e dei Seleucidi. ≠ Grecia classica (limitata), il modello di proliferazione e archiviazione delle monarchie ellenistiche era ~ a quello del vicino Oriente e dell’Egitto faraonico. In Grecia le iscrizioni avevano carattere celebrativo e riguardavano il sistema democratico, in Egitto erano funzionali al potere regio e al dominio del sovrano sui sudditi. Il libro inizialmente era in forma di rotolo e disposto in colonne (ma non abbiamo testimoni certi): nelle biblioteche c’erano esemplari di data diversa perché l’importante era avere un sapere universale e libri originali, quindi le biblioteche erano caratterizzate da forte disomogeneità. I libri prodotti in area greco egizia e ad Alessandria hanno imposto delle convenzioni nella manifattura libraria (alcune derivavano dalla Grecia classica) ma non c’è una tipologia precisa: tutto dipendeva dall’opera, rango della committente, uso e modo di conservazione. Per la distribuzione, se l’opera era in più libri o era molto lunga si usavano più rotoli (rotoli symmigheis), se più opere erano brevi erano racchiuse in un rotolo (rotoli amigheis). I libri di origine greco egizia erano su papiro (pianta locale) ma quelli prodotti altrove erano su pergamena (origine animale). Per quanto riguarda le forme grafiche, si prediligevano forme transregionali a quelle territoriali, ma le scritture dipendevano anche dai destinatari (le élite colte erano ovunque le stesse) e alcune erano riconoscibili perché ufficiali, quindi dipendeva anche da un fattore socioculturale. La biblioteca ellenistica di fondazione sovrana era una biblioteca universale e razionale (cioè ordinata)(anche l’archivio di Zenone): si basava sulla syntaxis aristotelica. Questo forse per compensare la marginalità geografica con una centralità simbolica. ≠ dalla cultura della polis dove c’era una fruizione collettiva del sapere e non c’era una conservazione ordinata e sistematica degli scritti. Qui invece c’era una conservazione intensiva (tanti libri in uno spazio stretto) ed è per questo che queste biblioteche non vengono ricordate nelle fonti, erano ~ a magazzini. I libri erano disposti in nicchie. I Tolomei si circondavano di libri ed eruditi (es volevano maestri eruditi per i propri figli: Aristotele maestro di Ale Magno): l’intellettuale dà lustro al sovrano e alla corte con la sua attività, e il re lo affranca dai bisogni e gli mette a disposizione tutti gli strumenti di lavoro. Ma al di là del mito, fuori dal palazzo gli stati ellenistici non misero in atto nessuna strategia per la diffusione e organizzazione della cultura, e anche le scuole esistevano ma abbiamo poche testimonianze certe. Ad Alessandria c’era anche un’intensa attività filologica ma non ne conosciamo portata e indole precisa. Quando nel Mediterraneo sorgono altri centri di ricerca filologia e cultura scientifica (Gaza, Costantinopoli, Cirene) Alessandria perde un po’ il suo prestigio: si continuava a insegnare grammatica, retorica, filosofia e medicina e c’erano figure importanti come Ippazia e Ammonio. C’era anche una sorta di teatro per la lettura di opere letterarie ad una élite e le declamazioni retoriche (5°/6° dC). La scienza medica era praticata a livello teorico e pratico e ci si basava sugli scritti di Ippocrate e Galeno, le info si diffondevano poi nel mondo islamico e nell’occidente latino. CAPITOLO 3: RISCHIO DI CROLLI A ROMA . Gli edifici pubblici erano carichi di iscrizioni incise o dipinte e ciò è evocato nella rappresentazione odierna della civiltà romana ma anche da fonti iconografiche e testi letterari di Roma tra tarda repubblica e inizio principato, rappresentati insieme ad altri oggetti di uso domestico. Le tavolette erano in forma di dittico oppure unite anche più di 2 alla volta, erano legate con fili e si voltavano come block notes dall’alto: contenevano soprattutto testi letterari o giuridici e non quotidiani. Lungo il vallo di Adriano però sono state trovate tavolette del 1°/2° dC (con documentazione sul forte e 5 la maiuscola di tipo librario (pesante, linee ondulate, inclinata a dx)(≠ da quella usata in quel contesto cioè la maiuscola ogivale). Nel periodo di Ravenna capitale (402-751; poi in mano longobarda) c’erano anche prodotti librari. In età tardoantica c’erano officine librarie, come testimonia Paolo Orosio: c’è un documento, ora a Firenze, uscito dalla bottega di Viliaric (goto) -> ha una scrittura onciale detta new style (modulo minuto, inclinata a dx), è del 6°. C’è anche un altro codice, ora a Parigi, che è un commento ai salmi forse di s. Girolamo che ha la = scrittura (forse però in quella bottega c’erano più scribi). Ci sono altri 2 manoscritti da mettere in relazione con quella bottega: uno sta a Parigi, 6°, è di vario contenuto e ha la = scrittura onciale, non sappiamo se è proprio di quella bottega ma di sicuro di Ravenna; l’altro sta a Verona (sunti di testi del nuovo testamento), 6°, = scrittura e ornamentazione MA improbabile che sia di quella bottega, però ne riprende le forme. Gli Annales erano prodotti dalle cerchie burocratiche e per loro. Abbiamo anche un archetipo tardoantico (perso ma ricostruito) cioè la Notitia dignitatum del 5° realizzato dai funzionari degli uffici centrale per tenere informati sull’organizzazione statale (c’erano 2 parti: una per occidente, una per oriente). Nelle aristocrazie ravennati circolavano anche altri libri: es un codice del Commento al Somnium Scipionis di Eudossio e Simmaco, e un corpus di testi storiografici e geografici di Domnulo. Queste cerchie di intellettuali possedevano anche biblioteche: tra 5°/6° erano famose le biblioteche di Boezio, Fausto Nigro, Cassiodoro (Fausto aveva un repertorio greco e latino ma anche di autori cristiani; Cassiodoro distingueva i libri della sua biblioteca privata da quelli di quella del monastero). Le biblioteche private in questo periodo avevano sostituito quelle pubbliche. Simmaco, Domnulo ed Ennodio erano legati alla corte dei Goti ma solo occasionalmente, invece Cassiodoro e Boezio erano supporti di legittimazione e strumenti di esplicazione: Boezio si occupò di traduzioni dal greco di opere di logica e matematica, ci fu la riscoperta di Aristotele, e lui stesso scrisse un corpus di scritti di logica. Inoltre Ravenna e Vivarium (in Calabria) erano legate non solo dalla biblioteca di Cassiodoro che si trovava lì, ma anche perché a Ravenna c’era il vivarium appartenente all’episcopium, cioè la massima istituzione religiosa della città che si occupava anche di trascrizioni e revisioni di libri di chiesa e di attività editoriale. In età ostrogota circolavano anche testi carattere tecnico scientifico (geometria, aritmetica, medicina), saperi prima ritenuti inferiori rispetto alla cultura retorica. Teoderico stimolava questo interesse e ciò si intrecciava con l’elaborazione teorica di Boezio e l'uso applicativo delle scienze perseguito da Cassiodoro. Per la medicina, a Ravenna c’era la trasmissione di opere antiche e la produzione di opere, es nell’epistola di Cassiodoro c’è un elogio dell’arte medica. A Ravenna c’erano anche originali in greco di medicina, es quelli di Galeno, ma anche frammenti con la scrittura maiuscola ogivale inclinata (ciò testimonia l’origine occidentale). Al 6° risalgono i commentari latini a 4 opere di Galeno trascritti a Ravenna: hanno un periodare duttile, ambiguo affidato a una costruzione orale improvvisata. A Ravenna inoltre forse il medico Agnello (di origine alessandrina) tenne un corso di medicina e lo sappiamo dagli appunti presi da Sulpicio. Ma qui ci sono anche le traduzioni latine anonime di alcuni trattati di Ippocrate. Le traduzioni latine di Rufo di Efeso e di Oribasio (7°) sono state realizzate a Ravenna passando poi nel sud Italia e in Spagna. Forse erano trascritti e circolavano anche testi di autori latini di medicina es De medicina di Celso e tutto questo dà valore alla presenza nel Vivarium di Cassiodoro di opere e raccolte mediche acquisite a Ravenna. Dopo la guerra bizantino gotica (530-50) Giustiniano stabilì la ristrutturazione politico amministrativa promulgando nel 554 la Pragmatica sanctio MA a Ravenna non ci fu una svolta, non arrivarono fermenti letterari da Costantinopoli: essa fece piuttosto da tramite in Italia di libri di diritto che arrivavano da lì es le Istituzioni di Gaio e il corpus di Giustiniano di leggi. Il Virgilio romano viene riferito alla Gallia, una regione intrisa di cultura romana ma eccentrica: probabilmente commissionato dalla aristocrazia che avrebbe potuto sostenerne il costo; è intriso di errori e di discrepanze tra scritto e immagini e viene attribuito alla Gallia a causa di confronti iconografici con materiali di quella regione; forse però era stato prodotto a Ravenna dove può aver assolto alla funzione di monumento librario e di codice spettacolo. A Ravenna, dal 5°, c’era anche una cultura ecclesiastica: sono stati ritrovati vari frammenti papiracei e il fatto che siano scritti su materiali di riutilizzo e in forme grafiche corsive ci fa capire che erano comunque dovuti a iniziative individuali e indica la presenza di Bibbie o di parti di esse ad uso delle cerchie vescovili di Ravenna. Le botteghe librarie di antica tradizione non esistevano più quindi le iniziative venivano quasi tutte dalla chiesa: abbiamo testi non solo biblici, ma anche agiografici, liturgici ecc. La chiesa era ormai l’unica depositaria o quasi degli strumenti della cultura scritta e molte opere iconografiche mostrano soggetti di chiesa con libri in mano. È importante il ritrovamento di un codice di 6 s. Ambrogio con anche note marginali e una scrittura semionciale; queste caratteristiche grafiche si ritrovano anche in altri manoscritti es il De civitate dei di s. Agostino e l’Altercatio di Evagrio Pontico e ci suggerisce che sono stati prodotti a Ravenna in istituzioni ecclesiastiche o monastiche. La semionciale si ritrova anche in un’altra produzione ecclesiastica cioè una lista di santi scritta a inchiostro su una lastra d’avorio (6°) e i santi erano quelli venerati a Ravenna. A Ravenna c’è una crescita culturale ed economica già dal 6°, sotto Massimiano e gli arcivescovi Mauro e Reparato: cresce così la dignitas della chiesa di Ravenna e la produzione interna ad essa. Ne sono esempi: il rotolo liturgico con le orazioni per la liturgia dell’avvento (10°) che rendeva più solenni le celebrazioni e infatti è scritto su un rotolo e rappresenta una ideologia politico ecclesiastica cioè esalta l’autonomia e il potere della chiesa locale; il codice di s. Pietroburgo, = rotolo scrittura onciale solenne ma più rigida e artificiosa; la Cosmographia dell’anonimo ravennate. Ritroviamo invece la scrittura capitale sui codici dei vangeli aperti esibiti dalle figure di Marco, Luca e Giovanni nei mosaici del presbiterio di s. Vitale, nella scritta sull’ambone e nei mosaici di s. Apollinare nuovo: questa scrittura monumentale è una strategia di comunicazione perché vuole inverare le immagini con l’autorità del testo scritto ed è anche simbolo di poteri ecclesiastici. Abbiamo anche scritte devozionali: l’iscrizione votiva (mutila) del mosaico sul pavimento di s. Apollinare in classe, l’epigrafe della Pulcheria (551), una lastra di marmo contenente un calendario di date pasquali per 95 anni (non sappiamo né luogo di produzione né datazione ma forse 6°). Dal 6° la scrittura monumentale ravennate comincia a modificarsi: es lastra tombale dell’arcivescovo Agnello che presenta allungamento del modulo dei segni, abbandono di orpelli ornamentali ecc; la scritta sull’ambone di Adeodato è priva di chiaroscuro, il disegno delle forme è disomogeneo e perde di leggibilità; le = caratteristiche le ritroviamo in un’opera dell’8° cioè la donazione dell’arcivescovo Giovanni 5° alla chiesa di s. Apollinare in classe dove c’è anche una impaginazione fitta. La cultura ecclesiastica di sola lingua latina sopravvive a Ravenna nell’8°, mentre la cultura greca è circoscritta alla corte degli esarchi e non va oltre il 7°: sono soprattutto testi di carattere tecnico scientifico e agiografico e ormai la conoscenza del greco è scarsa. CAPITOLO 5: COSTANTINOPOLI, L’OCCHIO DELL’UNIVERSO . Tra 10° e 12° Costantinopoli era risplendente di studi e di lettere (~ Atene classica): questa paideia/educazione era simbolo della identità delle élite. Costantinopoli viene fondata nel 324 ma all’inizio non era sede di studi, aveva solo le strutture essenziali, forse solo qualche libro delle sacre scritture. Dopo il 335 Costantino decide di dotare di esemplari delle sacre scritture le chiese (scritte su pergamene, maneggevoli, leggibili) e ne fa edificare di nuove. Non c’erano però atelier per la copia di manoscritti ma venivano importati da Alessandria (dove erano prodotti). La 1° biblioteca pubblica nasce nel 357 con Costanzo 2° che trascrivere libri di grandi autori greci per conservare l’antica sapienza greca, anche degli autori minori. Questo avvenne per pura conservazione libraria, non per lettura o studio, forse solo per le cerchie di corte e letterati. Nel 372 (provvedimento di Valente e Graziano) furono confezionati nuovi libri e restaurati quelli vecchi ma non sappiamo se questi impiegati appartenessero a cerchie di esterni o fossero stabili. Nel 475 una rivolta provocò un incendio che danneggiò anche la biblioteca: alcuni libri si salvarono grazie a una conservazione privata -> tra 4°/5° nascevano le prime biblioteche private di imperatori e membri della corte quindi forse c’erano anche committenti. Il provvedimento di Valente e Graziano prevedeva anche l’incremento e il restauro di libri latini: si stava diffondendo la lingua latina e l’offerta didattica pubblica e privata; c’erano grammatici latini e la richiesta proveniva soprattutto dalla burocrazia e dal diritto. Tra 4°/6° divenne da lingua di stato anche lingua di cultura ed ebbe peso anche la romanitas. La conoscenza del latino era fondamentale per chi volesse accedere a cariche: c’era una conservazione diretta dei libri latini e la lettura delle commedie di Terenzio. La lingua latina era ora lingua di stato e del diritto romano: tra 5°/6° Costantinopoli diventa centro di produzione e irradiazione di libri giuridici non di carattere pratico per ambienti privati ma di codificazioni di valore normativo, es Codice teodosiano di Anicio: in scrittura onciale latina che diventerà poi la scrittura per eccellenza del diritto romano, imitata anche altrove e non solo per testi di carattere giuridico. Abbiamo poi le Istituzioni di Gaio. Nel 6° Giustiniano pubblica le codificazioni del Corpus iuris civilis: il Codice (riunisce le costituzioni imperiali), il Pandette (pareri dei giuristi dell’imperatore), Istituzioni (sintesi destinate anche alla scuola); seguiranno le Novelle (in greco per raggiungere più persone, anche perché tra 6°/7° la lingua latina viene usata di meno). Una copia ufficiale del Pandette presenta l’onciale per le parti latine, e per quelle in greco una commistione di modelli greci e latini e conclude il processo che 7 porta dalla giurisprudenza classica a quella tardoromana. Rappresentativo di ciò è il Pandette che incarna anche l’idea dell’imperatore come legge vivente che richiede un’osservanza assoluta e totale (≈ legge divina). Dei libri greci ad uso di insegnanti o privati nel 4°/5° non abbiamo esemplari di Costantinopoli: forse lo è il “Dioscoride di Vienna” contenente il De materia medica di Pedanio Dioscoride che reca un ritratto di Giuliana Anicia (importante perché aveva fatto edificare qui la chiesa dedicata alla madre di Dio e la chiesa di s. Polieutto); non è casuale la collocazione perché la medicina era ritenuta una disciplina scientifico filosofica. Prima e dopo di Anastasio la situazione culturale non era buona, ma lui aveva spiccati interessi culturali e infatti richiamò in città poeti e storici formatisi altrove. In età giustinianea una circolazione di testi di autori greci classici non è documentata ma di certo non mancavano, però dobbiamo pensare che nel 6° produzione, circolazione e lettura dei libri classici greci siano state piuttosto scarse: Giustiniano aveva indebolito le basi sociali delle cultura di antica tradizione (cioè greca), i pagani erano stati condannati alla morte civile e i loro culti considerati un crimine; anche le lettere erano considerate una deviazione dall’ortodossia se coltivate con i culti pagani.
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