Scarica Riassunto di "Storia contemporanea, Vol. 2 Il Novecento", Tommaso Detti e Giovanni Gozzini e più Appunti in PDF di Storia Contemporanea solo su Docsity! Cap. 1 – LA GRANDE GUERRA 1.1 RISCHIO 1914 La grande guerra fece da spartiacque tra due epoche storiche e per la prima volta un conflitto assunse dimensioni mondiali, e anche gli effetti lo furono: − La scomparsa degli imperi russo (rivoluzione 1917), austriaco, tedesco e ottomano − Gli USA Sostituirono la GB come superpotenza − Definitivo crollo dell’Ancien regime e avvento della moderna società di massa Della portata degli sconvolgimenti i contemporanei non erano consapevoli in quanto la guerra non era stata prevista. Il fatto che innescò la guerra fu l'assassinio dell'arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono d'Austria-Ungheria, a Sarajevo (Bosnia) il 28 giugno 1914 per un attentato, opera di un gruppo irridentista slavo. L'Austria reagì incolpando la Serbia, e l'attentato fu un pretesto per punire la Serbia=> il 23 luglio l'Austria consegno l'ultimatum provocatorio, volendo che rinunciasse alla sovranità=> non accettato. Il 28 luglio quindi l'Austria le dichiarò guerra. La Russia reagì in favore della Serbia per la comune religione ortodossa e per le mire egemoniche sui Balcani. La Germania controreagì e chiese alla Russia di smobilitare e alla Francia di rimanere neutrale; non avendo risposte positive dichiarò guerra ad entrambe. Il 4 agosto invase il neutrale Belgio=> reagì la GB. Anche il Giappone e la Turchia si mossero contro la Germania. Si crearono così i due schieramenti: - ALLEATI: Russia, Francia, GB, Italia, USA, Giappone, Romania, Serbia, Belgio, Grecia, Portogallo, Montenegro - IMPERI CENTRALI: Germania, Austria-Ungheria, Impero ottomano, Bulgaria Quali sono le cause del conflitto: − Trattato di pace del ‘19 individuò l'aggressione tedesca come la causa della guerra, ma la Russia e la Francia stettero al gioco accettando il rischio del conflitto − La storiografia parla di dilemma della sicurezza= accrescere la propria significa spesso diminuire quella degli altri e indurli a fare altrettanto=> ciò causa tensioni e corsa agli armamenti=> es. la costruzione della flotta tedesca ha indotto il riarmo navale inglese, favorendone l'avvicinamento a Francia e Russia − Tutti gli Stati agivano in base a dottrine militari e piani strategici offensivi − Incongruenza delle posizioni dei paesi Ma non è possibile individuare la causa del conflitto in uno solo dei molti fattori che lo scatenarono; rivalità imperialiste, movimenti nazionalisti, corsa agli armamenti, assassinio dell’arciduca, meccanismi istituzionali e problemi sociali furono tutti fattori che contribuirono a provocare il conflitto. In base a ciò si scelse la guerra ma i governanti europei non sapevano a che tipo di guerra stessero andando incontro. 1.2 UNA GUERRA NUOVA Il caso più noto di disposizione strategico militare offensiva era il piano Schlieffen, che prevedeva una veloce campagna risolutiva contro la Francia attraversando il Belgio. L'offensiva ebbe iniziali successi ma con la battaglia della Marna contro gli anglo-francesi si creò il fronte occidentale=> quella che si credeva una campagna lampo diventava così una guerra di posizione. Dal 1915 in poi le battaglie furono poco risolutive e altalenanti, ma videro l’entrata in guerra dell’Italia a fianco dell’Intesa, che si scontrò con gli austriaci sull’Isonzo. Nel 1916 la Strafexpedition (spedizione punitiva) dei tedeschi fu duramente respinta, così come la sconfitta di Caporetto nel 1917. Infine, le campagne franco-inglesi ricominciarono a segnare vittoria sul fronte occidentale, sulla Marna e infine ad Amiens. Nonostante le trincee rimasero immobili, vi furono operazioni diversive fuori dall’Europa: nel 1916 in Medio Oriente, gli inglesi a Bagdad e Gerusalemme. Oltre ai combattimenti in trincea, dal 1915 in Cilia e in Armenia, vi fu il genocidio degli armeni, accusati di disfattismo e usati come capro espiatorio dal governo turco frustrato dalle sconfitte belliche, sfruttando il conflitto religioso tra cristiani armeni e turchi musulmani. Al contempo, vi fu la guerra per mare tra tedeschi e inglesi: l’Inghilterra ricorse ad un blocco navale che impedisse i rifornimenti alla Germania e quest’ultima rispose con la guerra sottomarina nel 1917, che però determinò l’intervento degli USA. Con il collasso della Russia, ma con l’intervento degli USA, la guerra tornò a favore dell’Intesa: le truppe austro-tedesche erano allo stremo, mentre gli americani inviavano contingenti agli anglofrancesi. Così, il 4 ottobre 1918 fu chiesto l’armistizio. L’intero conflitto fu caratterizzato, oltre che dalle dimensioni, dalla tecnologia degli armamenti, la tragica modernità: ad esempio, i gas asfissianti usati dai tedeschi. Innovativo fu anche l’uso dei mezzi di comunicazioni: telegrafo e telefono, ferrovie e sommergibili. Comunque, fu anche una guerra di logoramento e di grande rilevanza fu il problema degli approvvigionamenti: tutto si giocò sulle capacità dei nemici di resistere allo sforzo umano, logorando a livello umano, sociale ed economico non solo i soldati ma anche le popolazioni. Infatti, la vita di ogni paese fu riorganizzata per produrre di più e più velocemente armi, truppe e munizioni; la vittoria era di chi avrebbe stremato l’avversario. 1.3 STATO, INDUSTRIA E SOCIETÀ NELLA GUERRA L'apparato produttivo dei paesi belligeranti fu sottoposto a una forte sollecitazione che produsse una vertiginosa crescita delle industrie. in paesi meno progrediti come l'Italia fu la guerra a portare a compimento il processo di industrializzazione. La domanda, che non veniva dal mercato ma dagli Stati, porto ad un sistematico intervento statale nell'economia così da garantirne l'occorrente. Sì fatti approvvigionamenti, finanziamenti pubblici e comitati governativi per le industrie. Italia le industrie di importanza strategica vennero militarizzate e in generale l'economia fur il regimentato perché funzionasse al ritmo della guerra. Praticarono requisizioni su vasta scala e i generi alimentari furono razionati=> negli imperi centrali fu drammatico per il blocco navale inglese mentre per i paesi agricoli come Francia e Italia la chiamata alle armi dei contadini l’aggravò. chow modificò profondamente i rapporti tra stato e economia e società. ma le maggiori alterazioni furono nel campo della finanza. per pagare i costi della guerra c'erano tre modi: imporre tasse contrarre debiti e stampare cartamoneta. l'intesa finanziò la guerra con un sistema di prestiti internazionali che vide i paesi più deboli indebitarsi con i più forti e tutti con gli Stati Uniti=> L'Europa perde la supremazia. molto diversi uscirono dalla guerra gli Stati nazionali. l'ingerenza statale nell'economia fece moltiplicare gli uffici ed enti pubblici= enorme dilatazione della burocrazia. caron i parlamenti del potere che venne dato al governo. vennero istituiti regimi di controllo e censura=> l'autoritarismo dei regimi di guerra sarebbe poi sopravvissuto al conflitto influenzando gli eventi successivi. a far sorgere uno stato centralizzato burocratico e interventista fu anche l'ampiezza della mobilitazione di massa a cui fu sottoposta la società civile. importante fu l'esercito: dai cittadini si tenne obbedienza con una disciplina basata sul terrore, vennero restituiti uffici per tenere alto il morale delle truppe pubblicate i giornali di trincea. quando ci fu un massiccio intervento statale nella società civile=> pensioni e provvidenze per invalidi ammalati e vedove. si arrivò così alla trasformazione in società di massa, con integrazione delle donne che ovviare alla carenza di manodopera. governo provvisorio e al passaggio di tutti i poteri ai soviet. Tra giugno-luglio 1917 il fermento politico esplose quando il socialrivoluzionario Kerenskij (ministro della guerra, presidente del governo provvisorio) tentò un’offensiva in Galizia che fallì totalmente: i soldati fraternizzarono al fronte con tedeschi e austriaci disertando in massa. Quindi il governo era ormai fallito, ma un’insurrezione di soldati e marinai costrinse i bolscevichi a ripararsi e tornare clandestini. Nell'agosto 1917 ci fu un tentato colpo di stato delle forze conservatrici, mentre continuavano gli ammutinamenti nell’esercito; nel settembre 1917 alle elezioni per il soviet di Mosca i bolscevichi ottennero la maggioranza relativa, Lenin tornò in Russia e il comitato centrale bolscevico approvò la soluzione insurrezionalista: destituire Kerenskij e assumere immediatamente il potere. Il 7 novembre\25 ottobre 1917 scoppiò la rivoluzione di Ottobre: le Guardie rosse (corpo militare bolscevico) guidate da Trockij (1879-1940) s’impossessano della sede del governo a Pietrogrado (Palazzo d’Inverno). Lenin fece approvare dal congresso panrusso dei soviet la creazione del consiglio dei commissari del popolo: il nuovo governo, dominato dai bolscevichi con a capo Lenin, Trockij commissario degli Esteri e Stalin (1879-1953) commissario alle Nazionalità. Nel novembre 1917 furono promulgati i decreti di novembre, le prime disposizioni del governo bolscevico riguardo: il ritiro dalla guerra aspirando a una pace senza annessioni né indennità; sopprimere le grandi proprietà nazionalizzando la terra e spartendo le terre tra i contadini; istituire il controllo degli operai. Le prime elezioni di novembre a suffragio universale segnarono una sconfitta dei bolscevichi, quindi la prima riunione dell’Assemblea costituente gennaio 1918 non riconobbe il governo bolscevico: i bolscevichi sciolsero l’Assemblea, riconoscendo la sovranità solo ai soviet come autogoverno popolare. In realtà, a governare era il Partito bolscevico che da marzo 1918 si chiamò Partito comunista. L’uscita dalla guerra fu contrastata dall’Intesa che non voleva che i tedeschi si disimpegnassero dal fronte orientale, perciò appoggiarono le forze politiche controrivoluzionarie in Russia. Tuttavia, marzo 1918 si ritirò dalla guerra con il trattato di Brest-Litovsk con condizioni gravose: perse la Polonia, i paesi baltici, parte dell’Ucraina, metà degli impianti industriali; ma ne uscì come primo stato socialista del mondo. 1.7 DALL’INTERVENTO AMERICANO ALLA FINE DELLA GUERRA Data la durata e l'intensità del conflitto nei diversi paesi cambiarono gli alti comandi e i governi=> ne derivarono governi più forti e autoritari e maggior potere per i vertici delle forze armate, ma anche una gestione meno avventata delle operazioni militari. Una svolta decisiva fu però l'intervento degli Stati Uniti=> il presidente democratico Wilson aveva basato la propria elezione sulla neutralità dell'America; il mutare dell'atteggiamento fu l’indiscriminata guerra sottomarina tedesca, che colpì convogli e interessi americani violando il diritto internazionale. Inoltre i commerci coi paesi dell'intesa aveva arricchito gli USA ma li aveva anche esposti finanziariamente, e una sconfitta sarebbe stata disastrosa per gli interessi americani. Risolutivo sul piano economico e militare l'intervento degli USA rafforzò l'intesa anche sul piano ideologico=> nel gennaio del 1918 Wilson espresse in 14 punti il suo programma per la pace e un ordine mondiale che scongiurasse nuovi conflitti: 1. No alla diplomazia segreta 2. Libertà di navigazione 3. No alle barriere economiche 4. Disarmo navale 5. Parità e difesa dei diritti e interessi delle popolazioni soggette a regime coloniale 6. Evacuazione da parte della Germania dei territori russi presi grazie alla pace di Brest-Litovsk 7. Reintegrazione delle frontiere del Belgio 8. Riparazione del torto subito alla Francia nel 1871: Alsazia e Lorena 9. I confini italiani devono seguire “linee di nazionalità chiaramente riconoscibili”: le Alpi 10. Sviluppo autonomo dei popoli che hanno lasciato l’impero Austro-Ungarico 11. Reintegrazione della Romania, Montenegro e Serbia, che devono avere uno sbocco sul mare 12. Sovranità delle componenti turche dell’impero ottomano e sviluppo autonomo 13. Creazione di uno stato polacco indipendente 14. Nascita di una Società delle Nazioni (SdN) come organismo democratico che raccolga vincitori e vinti (in realtà escluderà AUS, GER e i paesi vinti e non darà libertà diplomatica alla RU; inoltre nel 1921 saliranno i repubblicani al potere dell’USA, ed essendo isolazionisti decideranno di togliere anche l’USA dalla SdN, che rimarrà uno strumento inglese e francese) Ma con la pace separata di Brest-Litovsk si ridusse la disponibilità degli imperi centrali a un accordo e il conflitto divenne una guerra sino al massimo logoramento. Nel 1918 Bulgaria e Turchia furono le prime a chiedere un armistizio. Seguite il 3 novembre dall’Austria, il cui impero non esisteva più perché l’Ungheria, la Cecoslovacchia e gli stati slavi dei Balcani se ne erano distaccati. La Germania chiede un armistizio l’11 novembre 1918 alle 11:11, anche se in realtà lo si era già deciso il giorno prima, ma volevano più tempo per prendere la maggior parte delle terre possibili prima di una pace. Il Kaiser Guglielmo II aveva abdicato il 9 novembre, ciò significa che è la repubblica tedesca che firma l’armistizio. Cadono tutti gli imperi. Se la prima guerra mondiale finisce qua, quella che viene definita la “guerra civile europea” andrà avanti per altri 30 anni. Cap.2 - IL DOPOGUERRA IN EUROPA: RIVOLUZIONE, REAZIONE, STABILIZZAZIONE 2.1 VERSAILLES: SPERANZE E REALTÀ DEL DOPOGUERRA Nel 1919 i paesi vincitori si riunirono a Versailles per ridisegnare l’assetto di un’Europa del dopoguerra. All’assemblea parteciparono: Wilson per USA, Llyoyd George per GB, Clemenceau per Fra e Orlando per Ita (anche se si ritrovò ad essere una potenza secondaria). Il risultato fu una serie di paci punitive nei confronti dei vinti=> incapace di dare equilibrio duraturo. Il più importante dei diversi trattati di pace fu quello di Versailles, che impose alla Germania di restituire l'Alsazia e la Lorena alla Fra e di cedere altri territori alla Danimarca e alla Polonia, che si ricostruì, separando con un corridoio la Prussia orientale dal resto della Ger. GB e Fra si spartirono le colonie tedesche, la flotta fu eliminata e l'esercito ridotto. Inoltre la Ger fu costretta a pagare un’enorme riparazione dei danni di guerra. Le sorti degli altri paesi furono decise da altri trattati: - Italia=> dal dissolto impero asburgico ottiene Trentino, sud Tirolo, Trieste, Istria, Dodecaneso e Rodi - indipendenza dell'Austria tedesca, Ungheria e Cecoslovacchia - Serbia, Bosnia, Montenegro, Croazia e Slovenia formano la Jugoslavia - Bulgaria ridimensionata - Turchia rimase con solo la penisola anatolica - stretti del Bosforo e dei Dardanelli internazionalizzati - La GB acquisì Cipro - Fra e GB, con la disgregazione dell'impero turco, si spartirono il Medio Oriente: Libano e Siria come mandati i francesi, Palestina e Iraq mandati inglesi Il principio di autodeterminazione nazionale non fu quindi rispettato; questo perché i vincitori volevano far valere i propri interessi e impedire la rinascita della Germania. Il nuovo assetto europeo scaturì da un compromesso fra la politica imperialista della GB e della Fra e gli orientamenti di Wilson. Wilson infatti fece introdurre nel trattato di Versailles l'atto costitutivo della Società delle Nazioni, che doveva fungere da arbitro nei conflitti internazionali, usando se necessario sanzioni. La Società rimase però di fatto asservita ai voleri di Fra e GB, soprattutto perché Il Senato americano non ratificò il trattato e così gli stessi USA non aderirono alla Società. La pace imposta alla Germania fu umiliante e alimentò un rancore e una volontà di rivincita, andando ad indebolire la nuova Repubblica democratica tedesca. Non sapendo come pagare le riparazioni si stampò troppa cartamoneta causando l'inflazione. Inoltre di fronte al mancato pagamento la Francia occupò la Ruhr. 2.2 LA GUERRA CIVILE RUSSA E IL COMUNISMO DI GUERRA Dal 1918 al 1920 la Russia subì una guerra civile scatenata dalle opposizioni di destra e i socialrivoluzionari, aiutati dall’Intesa, che formavano i “bianchi”; mentre i “rossi” erano i bolscevichi. I bolscevichi persero molti consensi anche a causa delle requisizioni forzate di prodotti agricoli che misero in atto per combattere la carestia, che aggravò la situazione della guerra civile. Ciò portò i generali zaristi in alcune zone (Crimea, Siberia, regione del Don) a instaurare dittature militari. I bolscevichi si ripresero solo grazie alla velocità di Trockij, ministro della Guerra, di creare un esercito efficiente (l’Armata Rossa) e ristabilire la disciplina richiamando gli ufficiali zaristi. Si misero fuori legge le opposizioni e i soviet furono esautorati per favorire una dittatura di partito=> nel 1918 prese il nome di Partito comunista. Una politica del terrore fu intrapresa da entrambi bianchi e rossi (da questi con la creazione di una polizia politica, la Ceka), che portò alla morte dello zar Nicola e della sua famiglia. Alla fine i rossi riuscirono a riprendere le terre che avevano perso. All’inizio del 1920 la guerra civile era praticamente conclusa. A fare ricominciare i combattimenti fu l’invasione della Polonia in Ucraina. I russi risposero a questo attacco così bene che sperarono di poter esportare la rivoluzione russa anche all’estero. Ma alle porte di Varsavia vennero fermati. La guerra mondiale, la guerra civile, la epidemie e le carestie costarono molte vite=> catastrofe demografica ed economico portò la Russia ad essere ancora più arretrata che nel 1914. Per rispondere a questa crisi ci si affidò al comunismo di guerra, usato dai bolscevichi per portare ad una trasformazione in senso comunista. Quindi tutte le industrie vennero nazionalizzate, fu proibito il libero commercio, vennero razionati i beni di consumo, si abolì la moneta: l’economia era nelle mani dello Stato. Il comunismo di guerra fallì, sia per colpa dello stato del paese dopo 7 anni di guerre, sia per colpa del blocco economico da parte di Fra e GB, sia perché si era creato un apparato burocratico troppo lento. Inoltre, i contadini risposero alle odiate requisizioni dei raccolti riducendo le semine al minimo dispensabile, tanto che la produzione agricola nel 1921 era calata del 40% rispetto al 1913. Il malcontento generale si tradusse in scioperi a Pietroburgo, ma la svolta si ebbe nel 1921 con la ribellione dei marinai della piazzaforte di Kronstadt, che era sempre stata a favore dei bolscevichi. Finì schiacciata nel sangue, ma spinse i bolscevichi ad accelerare la creazione di una nuova politica economica (la NEP). 2.3 LA RIVOLUZIONE IN EUROPA E L’INTERNAZIONALE COMUNISTA Negli anni 1919-1920 la conflittualità sociale europea portò ad un'impennata di scioperi. Per questo si parlò di “biennio rosso”, ovvero di movimenti di portata rivoluzionaria, che però ebbero successo La guerra non aveva provocato vittime solo in Europa=> le potenze europee avevano preteso dalle colonie pesanti tributi. I soldati avevano cambiato idea sul mito della superiore civiltà europea e avevano appreso le idee di indipendenza e libertà. Nei 14 p di Wilson le potenze europee dovevano avere un semplice ruolo di sostegno per le colonie per il raggiungimento dell'autogoverno (=mandato). Lo statuto della Società delle Nazioni aveva indicato tre tipi di mandato: 1. un periodo transitorio di tutela finalizzato all'indipendenza (Siria, Libano, Iraq e Transgiordania) 2. un'amministrazione coloniale sottoposta alla supervisione della Società delle Nazioni (ex colonie tedesche affidate a Francia) 3. un'incorporazione del dominio della madrepatria (altri ex colonie tedesche annesse al Giappone) Ma già da tempo i giovani dell'élite dei paesi coloniali studiavano in Europa e tornati nei luoghi d'origine diffondevano le idee che avevano appreso. La guerra aveva indebolito gli imperi: L'Inghilterra aveva concesso indipendenza al Nepal e riconosce il regno di Afghanistan. Inoltre la rivoluzione bolscevica era diventato un esempio per i paesi alla ricerca della libertà, in quanto Lenin ha posto l'autodeterminazione dei popoli tra i principi del nuovo regime=> nacquero partiti affiliati al comintern nelle colonie. Già all'inizio del secolo erano nati i movimenti anticoloniali che volevano affermare identità diverse da quella europea=> ad es. panarabismo, ideologia che rivendicava l'unità della nazione araba, oppure l'organizzazione dei Fratelli Musulmani (Egitto) che vedeva nella separazione tra stato e religione la causa di ogni decadenza. Le risposte delle potenze europee furono diverse, ma Francia e Inghilterra sostenevano che le popolazioni coloniali non erano preparate ad un sistema democratico indipendente. Se Francia voleva mantenere una sovranità formale sulle colonie, l'impero britannico puntò sull’indirect rule, cioè la formazione di istituzioni formalmente autonome ma subordinate agli interessi inglesi=> difficile da affermare dove erano presenti consistenti popolazioni bianche=> si crearono i dominions (Canada Australia Nuova Zelanda Sudafrica Terranova) Uniti al commonwealth=> ogni paese poteva dotarsi di una costituzione e le leggi approvate dal Parlamento inglese potevano essere rifiutate. Approfondimento – le origini del fascismo in Italia Prob orgini del fascismo: 1. Benedetto Croce=> il fascismo è una parentesi nella storia d’Italia 2. Piero Gobetti=> il fascismo è una rivelazione delle tare della storia d’Italia: il carattere elitario del Risorgimento ha prodotto uno Stato oligarchico=> il fascismo ne è ogg e strumento Tasca (38)=> alle origini del fascismo c’è la guerra, che pone le basi del successo fascista. L'Italia però era matura anche per una riv democratica e fu il suo fallimento a spianare la strada al fascismo. + doti tattiche di Mussolini, complicità Stato. Decisivo è il padronato agrario. Renzo De Felice (65-97)=> il primo fascismo è interventismo di sx fino al 20. Tesi respinta da >parte degli studiosi=> fascismo fu reazionario, anti-soc. X quanto riguarda l’ascesa al potere: De Felice=> “intervista sul fascismo”, mette a fuoco il consenso espresso dai ceti medi grazie alla pol di espansione della spesa pubblica di Mussolini. Ma questa tesi sottovaluta il nesso tra pol fasciste e salvaguardia dei poteri forti. Lyttelton 74=> guarda alla guerra per capire se l’involuzione autoritaria dello Stato durante il conflitto anticipi quella compiuta dal fascismo. Emilio Gentile (75)=> vede la guerra come luogo di incubazione della politica basata su violenza e morte. A differenza di De Felice, che ritiene il fascismo come totalitarismo imperfetto, Gentile considera il partito come modello totalitario. Roberto Vivarelli (67-2012)=>la vittoria dell’Intesa ha aperto la strada alla sovranità popolare. Se la crisi del dopoguerra si risolve con il fascismo è a causa della classe dirigente liberale e del socialismo. Cap 3 – ECONOMIA E SOCIETA’ TRA LE DUE GUERRE 3.1 LA SOCIETÀ DI MASSA La WW1 fu un momento di svolta perché l'economia, la società e lo Stato iniziano ad avere dimensioni di massa=> processo già iniziato all'inizio del secolo ma accelerato. La società di massa che si affermò divenne un connotato fondamentale del 900 con tratti distintivi: la crescita dell'industria moderna (alla catena di montaggio alla produzione seriale), la contrazione dell'agricoltura e la crescita del settore terziario=> crescita dei ceti medi e quindi omogeneizzazione del corpo sociale favorito dalla scolarizzazione. La società di massa si affermò con tempi e forme varie: all'avanguardia furono gli USA, anticipando le tendenze che si sarebbero diffuse in Occ come la radio e la televisione. Nel 900 non esistevano più le divisioni interne ottocentesche=> il ceto medio divenne centrale e diffuse sull'intero corpo sociale i propri valori e modelli di comportamento. Seppur nel ceto medio tra il dirigente d'azienda e la centralinista c'erano enormi di livelli di reddito e di status, con il modello produttivo basato sul consumo di massa di beni durevoli lo sviluppo dei consumi fu impetuoso e investì anche gli strati inferiori della società, imitando i modelli di comportamento dei ceti medi. La classe operaia crebbe fino a diventare la componente maggioritaria della forza lavoro, ma aumentò anche il numero di lavoratori non specializzati subordinati alle macchine. Gli operai qualificati persero il loro ruolo di produzione a favore dei tecnici dal colletto bianco. E ad affermare il sindacato di industria su quello del mestiere e l'oggetto della contrattazione sindacale divenne quasi esclusivamente il salario, invece che l'organizzazione del lavoro come nell'Ottocento. Si creò inoltre un moderno welfare state che interveniva per migliorare le condizioni di vita dei ceti più deboli. Offrendo ai cittadini strumenti di vita collettiva (cinema, radio), lo stato interviene sul processo di nazionalizzazione delle masse. Negli USA la diffusione dei nuovi media si basa sulla industria della comunicazione=> il potere politico se ne servì per capire un rapporto diretto con il pubblico, come per esempio Roosevelt e le sue “conversazioni al caminetto”. In Europa il fenomeno ebbe maggiore rilevanza nei paesi totalitari. 3.2 PRODUZIONE IN SERIE, NUOVA ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO E SVILUPPO ECONOMICO Negli Stati Uniti si attivò un circolo virtuoso tra produzione e consumo=> la produzione in serie teneva bassi i prezzi delle merci e gli alti livelli di occupazione ne consentivano l'acquisto alle classi lavoratrici. Grazie alle prime catene di montaggio nel 1913 a Detroit Henry Ford aveva cominciato a produrre in serie la Ford modello T=> Moltiplicò la produttività e ridusse i prezzi= fordismo. Alla fine degli anni 20 la produzione e il reddito di tutti i paesi coinvolti nella guerra avevano superato i valori prebellici, ma ormai il centro dell'economia mondiale si era spostato dall'Europa agli USA. Si ebbe anche un ridimensionamento dell'industria legata alla guerra a favore dei settori chimico e metalmeccanico che producevano beni di consumo durevoli. Molti governi non osteggiarono l'inflazione: una contenuta svalutazione della moneta riduceva il debito pubblico e poteva fornire una crescita economica grazie alle esportazioni. Ma il fenomeno inflattivo divenne incontrollato=> es. Germania, dove la carta moneta venne stampata in eccesso per far fronte alle riparazioni=> decisivo nel produrre un clima di incertezza che ha permesso l'ascesa di Hitler. La Germania uscì da questa crisi grazie al governo americano con il piano Dawes (1924)=> programma di investimenti dagli USA alla Germania che sorresse la ripresa europea. A differenza del piano Marshall (WW2) questa politica si limitava a considerare gli altri paesi come mercati per i propri prodotti piuttosto che come partner di una comune crescita. La dipendenza dell'economia europea dagli USA era tale che la crisi del 29 ha avuto ripercussioni devastanti anche in Europa. Nel 1925 sì creo il sistema del gold exchange standard per sostituire il sistema dei cambi in vigore prima della guerra, secondo cui la moneta circolante era garantita dalla riserva aurea di ogni paese. Il nuovo sistema prevedeva invece che a loro si affiancasse la sterlina come mezzo di pagamento internazionale=> irrigidì i rapporti di cambio tra le valute e inoltre ruotava attorno all'economia inglese, che attraverso una fase di debolezza non era più in grado di controllare l'economia mondiale. 3.3 LA CRISI DEL 1929 Il 24/09/1929 crollo borsa di New York=> causa: aver speculato gonfiando il valore delle azioni artificialmente. Per la prima volta la produzione industriale USA calò=> così il mercato borsistico crebbe più della produzione e del consumo= bolla speculativa. Per limitare le perdite le azioni vennero vendute=> ripercussioni sul sistema bancario=> risparmiatori ritirano i depositi. La chiusura di molte piccole banche fu disastrosa, ma la crisi si allargò anche all'industria, la cui produzione dimezzò, causando l'aumento dei disoccupati. La grande depressione (1929-1932-33; ricaduta nel 37) potè essere riassorbita solo dalla WW2. In Germania la crisi provocò effetti devastanti in quanto dipendeva dagli investimenti americani e aveva economia fragile. Meno impatto ebbe invece su Gran Bretagna e Francia grazie agli imperi coloniali e alla limitata crescita degli anni 20. Il gold exchange standard crollò con la svalutazione delle monete con cui i governi cercano di risolvere la crisi favorendo le esportazioni=> ma si introdussero politiche protezionistiche che portarono al crollo del commercio internazionale. Dalla crisi il capitalismo ne uscì connotati nuovi fino al 1970=> Gli Stati Uniti introdussero il New Deal, riforma che assegna allo Stato compiti di regolazione dell'economia ed intervento a sostegno delle fasce deboli=> modello di welfare state dove lo stato si trasforma in imprenditore finanziando opere pubbliche per >posti di lavoro. La conseguente risalita dei redditi e dei consumi avrebbe rimesso in moto l'economia consentendo allo Stato di pareggiare i conti= keynesismo (da Maynard Keynes). La crisi si sommò alla grande guerra nel generare una diffidenza per la democrazia e il sistema parlamentare=> fascismo e comunismo sembravano promettere un mondo nuovo nel quale lo Stato avrebbe provveduto ai bisogni di ciascuno. La Società delle Nazioni dovete assistere impotente all'esplosione degli egoismi nazionali. 3.4 LA CULTURA DEL NOVECENTO. LA FERITA DELLA GUERRA Il conflitto mondiale causò smarrimento, a causa della disillusione del progresso=> Montale scrisse di sapere solo ciò che non voleva essere= smarrimento. Benda scrisse “il tradimento di chierici”, dove accusava gli intellettuali di aver abbandonato il ruolo di guida e di aver appoggiato il fanatismo Congresso >spese militari sia per assorbire la disoccupazione che per potenziare l'industria bellica all’avvicinarsi della guerra. 4.4 LA GRAN BRETAGNA Nel periodo tra le due guerre La GB fu modello di sistema politico democratico fondato sull’alternanza dei partiti al governo, capace di assorbire le crisi. Nel 18 ci fu una riforma elettorale che permise il voto alle donne +30 e alla >parte della classe operaia senza disturbare gli equilibri politici: lo stretto rapporto tra il Labour party e le Trade Unions (sindacati) lasciarono il partito comunista irrilevante. Un limite era la questione irlandese=> la guerra ha fatto rinviare l'autogoverno concesso nel 14. Nel 1919 il partito nazionalista Sinn Fein proclamò l’indipendenza causando una guerriglia fino al 21, quando lo Stato libero d'Irlanda fu riconosciuto da Londra come dominion (a esclusione delle contee a >protestante dell’Ulster). L'esaurirsi dell'inflazione postbellica aveva causato una recessione che portò al primo governo laburista guidato da MacDonald, che cadde dopo pochi mesi, restituendo la > ai conservatori. Il nuovo premier Baldwin e il ministro Churchill attuare una politica economica di rigore per restituire alla sterlina la supremazia internazionale, che non portò il paese fuori dalla stagnazione. Nel 1929 i laburisti riportarono al governo Macdonald, ma la crisi fece diventare il problema dell'occupazione un'emergenza=> il premier formò un governo di unità nazionale=> tagli alla spesa pubblica, sterlina libera di fluttuare svalutandosi favorendo gli investimenti e le esportazioni. Nel 1935 salì al governo il conservatore Baldwin e poi Chamberlain, che riuscì a consolidare i consensi. 4.5 LA FRANCIA La Francia ha vinto la guerra ma in condizioni pessime=> dipendeva dalle riparazioni tedesche e dai prestiti degli alleati. Il governo di centrodx avviò una politica deflattiva di riduzione delle spese e stabilità monetaria, che però spinsero gli investitori a disfarsi dei capitali in valuta francese=> i prezzi salirono e il franco si deprezzò. Ciò favorì i socialisti radicali di Harriot, il cui governo però durò solo un anno. Poincarè quindi formò un governo di unità nazionale senza socialisti e riuscì a salvare il Franco dando impulso alle esportazioni e facendo crescere il reddito. La crisi del 29 ebbe disastrosi effetti: la svalutazione della sterlina e del dollaro colpì le esportazioni, la produzione industriale scese e i conti erano in rosso. Si succedettero fino al 32 otto governi di centrodx che tentarono misure protezionistiche. Lo scontento del ceto medio portò la sx in maggioranza, ma si aprì una instabilità politica a causa dei dissensi fra radicali e socialisti=> si sviluppano consensi dell'estrema dx (Action Francaise). La minaccia reazionaria spinse le sx a una politica antifascista unitaria=> radicalisti, socialisti e comunisti si unirono nel Fronte popolare, il cui programma prevedeva: rialzo dei salari con meno ore di lavoro, rilancio delle opere pubbliche, fondo contro la disoccupazione, nazionalizzazione dell'industria bellica, eliminazione delle formazioni familiari di ex dx. Il governo del fronte popolare di Blum mantenne le promesse del programma, ma la stabilità tra il Fronte e la società francese dura poco: aumento del costo del lavoro riaccese l'inflazione, ci fu una campagna antisemita contro Blum da parte dell’ex dx. Il governo si dimise nel 1937 e gli accordi di Monaco firmati dal nuovo premier Daladier pose fine al Fronte popolare a causa dei socialisti e comunisti. La sconfitta delle sinistre lascia la Francia in preda alla crisi. 4.6 LA GERMANIA DI WEIMAR Le elezioni dell'assemblea costituente affidarono il governo a una coalizione tra socialdemocratici e i partiti di centro. La situazione era difficile: il trattato di pace indebolì la ripresa, le opposizioni non riconoscevano la Repubblica, i comunisti puntavano su una rivoluzione sul modello sovietico, i partiti di dx rifiutavano i trattati di pace. La costituzione del 1919 dette alla Repubblica di Weimar la forma di un regime federale=> larga autonomia ai 17 stati, il Parlamento era bicamerale e il presidente della Repubblica era eletto direttamente e dotato di ampi poteri che gli consentivano di emettere ordinanze col valore di legge. La costituzione tedesca era un misto di parlamentarismo e presidenzialismo. Si cercò di limitare l’opposizione e tornare alla legalità=> i gruppi che avevano sventato l'insurrezione di ex sx tentarono senza successo un colpo di Stato e lo sciopero generale che gli rispose fu domato a fatica dal governo=> nelle successive elezioni la SPD subì una sconfitta e il partito cattolico del centro ruppe l'alleanza con i socialisti per costituire un governo minoritario assieme al partito di dx. Le violenze comunque non si fermarono= latente guerra civile. La situazione è aggravata dalle politiche estere=> le truppe francesi occupano la Rurh per mancato pagamento. Nella politica interna ci fu la più grave inflazione occidentale=> miseria e disoccupazione. Per ristabilire l'ordine il governo di Stresemann represse insurrezione comunista ad Amburgo e il tentato putsch di Ludendorff e Hitler. Stresemann creò una nuova valuta, il rentenmark, priva di copertura aurea ma convertibile in ipoteche=> successo=> <inflazione e >economia. Decisivo fu il sostegno degli USA interessati a salvare i loro principali debitori (Piano Dawes). La ripresa economica portò a più distesi rapporti franco-tedeschi=> trattato di Locarno=> la Renania fu smilitarizzata e le frontiere tra Germania, Francia e Belgio vennero dichiarate intangibili. Nel 1926 la Germania entrò nella Società delle Nazioni. La Repubblica non riuscirà a ridurre la polarizzazione della politica: nel 1925 vinse Hindenburg guidato alla Germania imperialista, portando a dx l’elettorato.e tra il 1919 e il 1928 si votò otto volte. Non era scontato che la crisi della Repubblica sfociasse nel totalitarismo ma crisi del 29 fu determinante. 4.7 L’EUROPA CENTRO ORIENTALE La situazione postbellica aveva lasciato problemi=> i nuovi stati in funzione antitedesca erano deboli e con contrasti etnici che colpivano le popolazioni ebraiche (Polonia, Ungheria). L'agricoltura era arretrata a causa dell'aristocrazia terriera che limitava la riforma agraria. L'Italia fascista e la Germania nazista furono per le caste militari un modello e un alleato. Le eccezioni furono l’Austria e la Cecoslovacchia. In Austria ci fu un contrasto tra città e campagna=> partito socialista (città) ottenne una maggioranza relativa sui cristiano sociali (campagna). Nel 21 i socialisti furono espulsi dal governo e una situazione economico sociale peggiore di quella tedesca radicalizzò la politica=> ceti agrari iniziarono una battaglia contro “Vienna la rossa” con una serie di attentati culminati nell'incendio del palazzo di giustizia. La crisi del 29 accentuò le posizioni filotedesche dei nazionalisti; dopo il successo del partito nazista austriaco, il governo del cristiano sociale Dullfus divenne dittatoriale=> costituzione che attribuiva poteri dittatoriali al capo del governo e scioglie i partiti nazista e socialista. L'ondata di violenze non cessò e Dullfus venne assassinato durante un fallito Putsch nazista. Il nuovo cancelliere ne proseguì l'opera ma l'asse Roma-Berlino privò del paese il sostegno italiano, aprendo la strada all’annessione alla Germania. In Cecoslovacchia l'economia e la società progredite permisero di consolidare la democrazia e di attuare una politica di riforme, contenendo le tensioni delle differenze etniche e religiose attraverso un sistema amministrativo fondato sull'autonomia le province. A causa della crisi economica degli anni 30 i conflitti etnici si aggravarono. Dopo l'ascesa al potere di Hitler questi conflitti si concentravano nei Sudeti, regione di cultura tedesca. La repubblica di Polonia è uscita dal trattato di Versailles con frontiere sicure a occ ma non definite ad est, tanto che nel 1920 ci fu una guerra senza risultati con l'URSS. I conflitti etnici minano la vita politica, che si risolse in una dittatura di Pilsudski. Nel Regno di Ungheria si instaurò un regime autoritario con a capo Horthy, che si oppose ai tentativi di putsch della destra nazionalista ma fu il primo stato a introdurre una legislazione antisemita nel 1920. Anche in Romania ci fu una svolta a dx con violazioni delle norme costituzionali da parte del re e la legittimazione di movimenti antisemiti e fascisti, con l'introduzione di leggi antisemite. Nel 38 il re forma un governo di unità nazionale. Anche in Jugoslavia l'involuzione autoritaria è dovuta al sovrano, si sciolse il Parlamento per domare la rivolta indipendentista di croati e sloveni. Lo stesso accadde in Bulgaria e in Grecia, dove si restaurò la monarchia seguita da una dittatura del generale Metaxas. Approfondimento – il New Deal Ancora oggi il New Deal viene valutato o come una deviazione socialista o come modello di ricompattamento sociale. Durante la crisi 2007-8 vennero confrontati le strategie di risposta con quelle del 29. Già nel 1944 Polanyi colse la crisi del 29 come spartiacque storico che pose fine al mercato dell’autoregolamento (liberalismo classico). La scuola del consenso ha sottolineato l’eccezionalismo della storia USA rispetto ai modelli europei=> l’assenza di ceti nobiliari, la minor propensione ai conflitti ideologici e a fenomeni dittatoriali, hanno permesso una strategia politica mediatoria (New Deal) promossa da Roosvelt. Il punto di nvità del New Deal sta nella nuova alleanza tra mondo intellettuale ed economico imposta dalla crisi del 29. Il punto di convergenza (eccezionalmente americano) rimase quello di una società senza classi entro la quale ognuno era artefice del proprio futuro. Dagli anni 60 ci furono critiche da parte della sx=> fu una mezza rivoluzione, non aveva l’obiettivo di trasformazione sociale. In effetti il New Deal si presentò come una prova delle capacità dle capitalismo di far fronte alla crisi. Dopo gli anni 60 gli storici hanno definito il New Deal come “fine del liberalismo”. Cap 5 – IL FASCISMO 5.1 LA COSTRUZIONE DEL REGIME Il governo di coalizione formato da Mussolini dopo la marcia su Roma contava solo su 34 deputati fascisti, ma godeva di larga maggioranza alla Camera grazie all'appoggio di liberali e cattolici. Il fascismo aveva il favore del re, degli ambienti economici e dei ceti medi. Nel dicembre 22 fu istituito il Gran consiglio del fascismo per elaborare la linea del governo e la Milizia volontaria per la sicurezza nazionale=> ma continuò lo squadrismo=> l'inizio di una trasformazione istituzionale si affiancò alla prosecuzione dell'opera eversiva dal basso. Nel 1923 venne varata la legge Acerbo: si attribuisce il 65% dei seggi alla coalizione che raggiunge il 25% dei voti. Nelle elezioni del 24 i fascisti prepararono il listone comprendenti liberali e cattolici, mentre le opposizioni erano divise=> vittoria 65%. Ma nel 24 ci fu anche un periodo di crisi=> il leader socialista riformista Matteotti, che denunciò alla Camera le violenze fasciste in campagna elettorale, fu sequestrato e ucciso dagli squadristi. I partiti dell'opposizione abbandonarono il Parlamento= Secessione dell’Aventino cercando di minare l'intesa tra fascisti e fiancheggiatori e volendo provocare un intervento del re, che però si astenne. La crisi venne superata da Mussolini: il 3 gennaio 25 rivendicò la responsabilità dell'accaduto e varò altre leggi: femminili della pediatra e ostetricia, nonostante una politica che relegava le donne al ruolo di madri di famiglia=> le più prolifiche premiate, ma negli anni 30 la natalità calò. Per il regime l'incremento doveva avvenire nelle campagne e venne scoraggiata l'urbanizzazione ma senza risultati=> politica urbanistica per costruire un'immagine di città a misura delle classi medie e dalle pretese imperiali. Il risanamento delle città comportò l'abbattimento di quartieri fatiscenti nei centri storici e un trasferimento coatto di popolazione nelle zone periferiche. I dipendenti pubblici furono gli unici con un aumento di salario e uno status> rispetto ai ceti popolari, e divennero i più convinti sostenitori del fascismo. Tuttavia gli italiani non si adeguarono alle durezze dello squadrismo=> adottarono solo alcuni aspetti dell’ideologia e del programma. 5.5 LA POLITICA ESTERA La politica estera seguiva sia una coerenza ideologica che gli interessi strategici. Fin dalle origini il mito della vittoria mutilata e il risentimento verso il trattato di Versailles portarono a gesti di rottura come l’occupazione di Corfù nel 1923, evacuata al seguito di pressioni anglo-inglesi. Al tempo stesso si recuperò il controllo della Libia, perduta durante la guerra. Nel 30 le truppe italiane deportarono abitanti della Libia per chiuderli in campi di concentramento lungo la costa. Le direttrici della pol estera rimasero quelle del periodo liberale, ma l’aggressività della Germania nazista ridusse gli spazi di manovra di Mussolini, che divenne nel 32 ministro degli esteri=> Politica oscillante, si appoggiava prima una e poi all'altra potenza. La minaccia tedesca all'indipendenza dell'Austria fu un motivo di attrito con la Germania: quando Dollfuss fu assassinato Mussolini manifestò la sua volontà di tutelare l'Austria, avvicinandosi alla Francia. In quel momento Italia si stava preparando alla guerra di Etiopia (35-36)=> la prima volta una nazione europea dopo la WW1 entrava in guerra. La superiorità consentì all'Italia di vincere=> provocò una reazione della Società delle Nazioni che adottò nei confronti dell'Italia sanzioni economiche, con poca efficaci. Questo fu il momento di massimo consenso degli italiani al regime. La guerra rovesciò gli equilibri europei: Italia contò sulla solidarietà della Germania e la ricambiò ponendo fine alla sua ostilità all’annessione dell’Austria=> nascita dell'asse Roma-Berlino 36, assegnando aree di influenza diverse per evitare conflitti. La guerra civile spagnola fu la prova di questa alleanza=> Germania e Italia appoggiano Francisco Franco e Mussolini invia un corpo di spedizione di “volontari” retribuiti. I passi successivi della politica estera italiana seguivano l'attacco nazista alla pace=> nel 37 si firma il patto antisovietico con Germania e Giappone, esce dalla Società delle Nazioni, accetta l'annessione dell'Austria al Terzo Reich, la conferenza di Monaco aprì all'annessione di Boemia e Moravia per la Germania e dell'Albania per l'Italia. Con il patto d'acciaio Italia e Germania si impegnarono a entrare in guerra una a fianco all'altra=> quando la guerra scoppiò dichiarazione di non belligeranza sembra in contraddizione, ma in realtà era un guadagnare tempo a causa dell’impreparazione. Approfondimento – il totalitarismo La fortuna del termine totalitarismo risale agli anni 50 grazie all’opera di Hannah Arendt. L'autrice connetteva i regimi con il processo di trasformazione delle società europee in società di massa=> individui atomizzati, ignoranza e indifferenza=> sfruttato dai regimi totalitari. Lo strumento per restituire unità ed identità era il mito della nazione forte. Il nazismo e il comunismo erano così forme di totalitarismo, accumunate dal controllo totale della vita. Le riflessioni della Arendt erano state anticipate da: - Fromm 41, esule della Germania nazista=>aveva ricercato le radici del fascismo nella psicologia collettiva. - Adorno 50, esule tedesco=> distingue una personalità autoritaria, che si affermava attraverso dicotomie (noi/altri, conformismo, aggressività, antisemitismo) tramite un questionario. I risultati dell’inchiesta erano simili alle conclusioni della Arendt e Fromm= c’era la necessità di una forte identità di gruppo in mancanza di una identità individuale. Friedrich e Brzezinski=> aspetti comuni tra nazismo, fascismo e comunismo: leader carismatico, partito unico di massa, polizia politica, ideologia assoluta, concentrazione di poteri economici nelle mani statali. Come spiega Gleason (95), durante la guerra fredda gli USA equiparavano l’URSS alla Germania nazista, ma i recenti studi non condividono l’uso generalizzato del termine, non bisgona solo far emergere le analogie ma anche le differenze. Diversi studi comparativi tra naz e stalinismo sottolineano che: - Il primo nasce e muore con Hitler, il secondo no - Il terrore nazista si rivolge all’esterno, mentre quello stalinista verso cittadini - In entrambi i regimi la fedeltà al capo funzione come codice di comportamento esteriore, test di lealismo=> lo zelo nei confronti del leader serve ad arrivare a carriere se no impossibili Il problema è anche per il fascismo=> De Felice e Bracher hanno contestato la generalizzazione, che non permette la visione di differenze essenziali come la politica di sterminio razziale, peculiarità nazista. Collotti ha invece sostenuto il carattere internazionale del fascismo, individuando nei regimi fascisti alcuni caratteri comuni: il rifiuto della democrazia, l’opposizione al mov operaio, il nazionalismo aggressivo, la figura carismatica di un dittatore, il tentativo di organizzare le masse=> questi tratti comuni hanno permesso la deportazione. Le deportazioni di massa in Africa anticiparono gli sviluppi del nazismo. Cap 6 – IL NAZISMO 6.1 L’AVVENTO DI HITLER Il partito nazionalsocialista di Hitler nel 1930 divenne il secondo partito tedesco dopo la SPD=> il fallito putcsh del 23 spinse Hitler verso una tattica più legalitaria. Solo dopo la conquista del potere per via elettorale il nazismo avrebbe imposto i suoi veri obiettivi. L'ascesa del partito nazista avvenne sfruttando questa tattica attraverso tre risorse: 1. efficiente organizzazione paramilitare=> le formazioni paramilitari erano le SA (sezioni d’assalto), protagoniste della violenza contro socialisti e comunisti, e le SS (milizie di protezione), guardie del corpo di Hitler. Con le violenze portarono la Germania ad un clima di paura accrescendo al contempo il potere di Hitler, il solo che potesse riportare all'ordine. 2. abile propaganda attraverso i nuovi mezzi di comunicazione=> la propaganda fu opera di Goebbels, principale creatore del mito del fuhrer e delle manifestazioni naziste, riuscendo ad utilizzare i moderni mezzi di comunicazione di massa. 3. leader carismatico=> Hitler fu una figura cruciale e carismatica che non derivava da discendenza aristocratica né da competenze, ma assume il potere con il rapporto diretto con la massa attraverso la retorica e la propaganda. Hitler illustrò l'ideologia nazista nel Mein Kampf (‘25-’26) dove descrisse l'ideologia nazista. Per sopravvivere il volk germanico ha bisogno di uno spazio vitale in cui abitare preservando la sua purezza dall'ebreo, che è dimorante nello spazio degli altri popoli. Le visioni di Hitler antisemitismo e antibolscevismo erano la base dell’ideologia dei progetti di politica estera. La Germania doveva conquistare il proprio spazio vitale con una grande spinta verso est contro il nemico russo e comunista, andando a creare un nuovo ordine europeo fondato sulla supremazia tedesca. In realtà la chiave propagandistica fu il nazionalismo: una riscossa contro l'umiliazione subita con la sconfitta della guerra e la pace punitiva. Per raggiungere l'obiettivo si doveva costruire una comunità nazionale organizzata secondo rigidi modelli militari che escludesse gli ebrei e le sinistre. Su queste basi la NSDAP ottenne successo elettorale in tutta la società tedesca. Alla fine della Repubblica di Weimar contribuì la crisi del ‘29=> aumenta la disoccupazione e la produzione industriale dimezza, paure dei risparmiatori per la moneta. Il governo del leader del centro Bruning, senza maggioranza parlamentare, seguì la linea europea deflazionistica, andando a gravare sui ceti più poveri. Inoltre egli esautorò il Parlamento. Hitler si giocò della divisione delle forze politiche=> la repressione dei moti comunisti attuata dai socialdemocratici aveva prodotto risentimento, ma i cattolici del centro hanno forti diffidenze nei confronti della NSDAP. La dx tedesca si divideva tra Hitler e il partito nazional popolare, che propendeva per una dittatura militare come soluzione definitiva della crisi. Alle elezioni presidenziali del 32 Hindenburg ottenne il 53% dei suffragi, fermando l’avanzata di Hitler=> non ebbe effetto perché Hitler assieme al capo dell'esercito fece cadere Bruning. Alla guida del governo successe Von Papen che mirava a costituzionalizzare l’estrema dx. Alle nuove elezioni che si tennero nello stesso mese i nazisti divennero primo partito, ma un'altra tornata elettorale segnò una perdita di voti=> avversari non seppero approfittarne. Forte dell'appoggio dell'esercito e del potere economico, il 30 gennaio 1933 Hitler venne incaricato diplomare il governo e costituì un gabinetto di coalizione=> unico nazista per il ministro degli interni, ma in breve avrebbe acquisito primato assoluto. 6.2 IL TERZO REICH A differenza del fascismo che cancellò il sistema parlamentare in alcuni anni, la dittatura nazista venne costruita in soli sei mesi servendosi della decretazione d'urgenza utilizzata da Bruning. Il 1 Febbraio fu sciolto il Parlamento; il 27 Febbraio venne incendiato il Reichstag, la sede del Parlamento: attribuito ai comunisti, l'attentato fu il pretesto per arrestare i principali esponenti del partito comunista. Hindenburg soppresse poi i diritti costituzionali (libertà stampa, opinione...), consentì la violazione del segreto epistolare e autorizzò il governo centrale a intervenire in quelli regionali. Nel Marzo del ‘33 la NSDAP ottenere un risultato analogo quello delle opposizioni, e perciò fu costretto a formare un altro governo di coalizione con il partito nazional popolare. Il Parlamento fu chiamato a votare una legge che conferiva che i poteri al governo, che passò grazie all'assenza dei deputati comunisti ed una parte dei social democratici (arrestati). Il decreto consentiva a governo di legiferare in contrasto con la costituzione e attribuiva al cancelliere la facoltà di firmare decreti al posto del presidente. Lo stesso giorno il capo delle SS Himmler aprì a Dachau un campo di concentramento per gli oppositori politici. Nascerà così un sistema carcerario parallelo rispetto a quello statale sottratto al controllo della legge. Dotato degli strumenti legali, il governo procedette con l’allineamento, sottoponendo tutte le istituzioni al controllo della NSDAP. Vennero eliminati i movimenti operai, si firmò un contratto con la chiesa e vennero espulsi gli ebrei dalle cariche direttive nelle industrie. Sotto la direzione di Goebbels, la radio fu voce del regime e la stampa era asservita al potere e del 33 vennero dati alle fiamme i libri di autori considerati antinazionali. Il 6 luglio Hitler poteva annunciare che la rivoluzione nazista era conclusa e la NSDAP divenne unico partito. Questo annuncio era un messaggio anche per le SA che avrebbero voluto scatenare una seconda rivoluzione contro i poteri forti dell'economia e società=> Hitler aveva invece bisogno di consolidare il proprio potere rassicurando alleati e ambienti conservatori, e le forze armate furono dichiarate unico organo militare della nazione escludendo le SA. Il 30 giugno 1934 sentendo le voci di un putsch organizzato dalle SA, Hitler dette l'avvio alla notte dei lunghi coltelli: le SS assassinarono Rohm (capo SA), i vertici delle SA, gli esponenti politici oppositori (es. Capo dell’Azione cattolica). La notte dei lunghi coltelli esaltò la popolazione, che voleva la fine delle angherie della SA. Cap. 7 – LA RUSSIA SOVIETICA 7.1 LA NEP E IL SOCIALISMO La Russia si riprese grazie alla nuova politica economica di Lenin, riconoscendo che il comunismo di guerra fu un errore: NEP (1921-1928) => passo verso l’industrializzazione: - revocò la requisizione dei generi alimentari - permise ai contadini di vendere le proprie eccedenze - permise ai contadini di assumere manodopera salariata (1925) - permise ai contadini di affittare la terra - abolì il lavoro industriale obbligatorio Gli effetti furono che dal 1927 l’economia recuperò, emerse un ceto di commercianti\imprenditori, i nepmen, e nelle campagne emerse la differenza tra contadini poveri (muzik) e imprenditori rurali, kulaki. La NEP permise di riprendersi dal disastro ma non di uscire dall’arretratezza rurale. Nel 1922 con la Conferenza di Rapallo la Russia ruppe l’isolamento diplomatico, stipulando un accordo commerciale con la Germania. Sempre nel 1922 nacque l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (URSS) con Russia, Bielorussia e Ucraina, a cui aderirono in seguito le altre regioni dell’ex impero zarista=> Stato federale con ampi poteri centrali. Nel ‘24 la morte di Lenin aprì una lotta di successione nel gruppo dirigente bolscevico: - La sinistra di Trockij puntava alla riapertura del ciclo rivoluzionario internazionale e alla pressione sulle campagne per industrializzare il paese - La destra di Bucharin sosteneva che il socialismo in Russia era possibile anche senza una rivoluzione in Europa; si voleva industrializzare liberalizzando i mercati, tra questi anche Stalin Nel 1925, sconfitta la sinistra, il potere personale di Stalin crebbe con l’ampliamento del partito e il pieno controllo che ne assunse (autoritarismo interno). Nel 1927, al XV Congresso del Partito Comunista, Stalin espulse Trockij, Zinov’ev, Kamenev, mandandoli al confino. La vittoria di Stalin significò la crisi della NEP: la produzione non aumentò mentre la popolazione e la domanda aumentarono e venne approvata la collettivizzazione delle terre. Nel 1927-28 ci fu una crisi degli approvvigionamenti di grano, per cui ricominciarono le requisizioni e Stalin usò i kulaki come capro espiatorio, nonostante il problema fossero i prezzi bassi. Stalin imponeva l’uso della forza per accelerare l’industrializzazione, mentre Bucharin, a favore della NEP, si opponeva, perciò venne emarginato (1928-30). 7.2 INDUSTRIALIZZAZIONE FORZATA E COLLETTIVIZZAZIONE NELLE CAMPAGNE Iniziò un’economia di comando rigidamente centralizzata che forzava i tempi di industrializzazione e collettivizzazione dell’agricoltura=> piani quinquennali: 1928-32, 1932-37. Fu una rivoluzione dall’alto che impresse ritmi frenetici alla vita del paese, mantenendola poi in uno stato di tensione. Nei primi cinque anni (1928-32), quando l’Europa e l’America erano in crisi, la produzione industriale raddoppiò, in particolare quella pesante. Vennero create intere città\regioni industriali ex novo a est degli Urali, oltre a ferrovie, strane e canali. Nel 1939 l’URSS era la terza potenza industriale del mondo, dopo USA e Germania. Fino al 1940 ci fu una grande urbanizzazione, la nuova forza lavoro era principalmente contadina e il 40% donne: non avevano istruzione né competenze. La produzione dei generi di consumo fu sacrificata per l’industria pesante, i salari ridotti dall’inflazione: crollò il tenore di vita già basso e arrivarono i primi segni del rallentamento della crescita demografica. Nel 1929 Stalin accelerò la collettivizzazione forzata dell’agricoltura tentando di creare aziende cooperative, kolchoz, e soprattutto statali, sovchoz, per raggruppare i contadini ed eliminare i kulaki, anche tramite deportazione e fucilazione. Per sopperire alla mancanza di rifornimenti in città si passò alle requisizioni di grano, anche per esportarlo in cambio di macchine industriali. Per questo iniziò una guerra sociale contro i contadini: privati di diritti, discriminati, oppressi risposero lavorando il meno possibile, per cui dal 1928-37 la produzione agricola crollò. Ad aggravare la situazione tragica, una carestia colpì l’Ucraina, il Caucaso e il Kazakhistan e il potere sovietico non fece nulla per alleviarla. Questo ciclo di violenza causò fra le 7 e le 10 mln di morti. 7.3 LO STALINISMO Il partito-Stato ebbe un’involuzione autoritaria dal 1929, quando Stalin diventò un dittatore con pieni poteri: rafforzò la fedeltà del partito tramite la “purga”, rimodellò la società tramite repressione di massa e controlli sociali dell’onnipresente polizia politica GPU, violenza anticontadina. Nelle fabbriche ricorse alla differenziazione salariale, premi e privilegi. Il minatore Stachanov divenne simbolo di obbedienza e conformismo: strumenti di promozione sociale (stachanovismo). Il dissenso fu giudicato tradimento e così vennero accusati i “deviazionisti”. La debole cultura venne sacrificata come mezzo di propaganda. Nel 1934 il XVII Congresso del partito rimase restio sul carattere “superindustrialista” di Stalin col piano quinquennale e acquisirono consensi chi voleva rallentare. Stalin reagì dando inizio al Grande Terrore: un controllo illimitato da parte della polizia politica strettamente legata al dittatore, un’infinità di “purghe”, ovvero l’espulsione dal partito, la perdita di lavoro, con le quali sparì gran parte della dirigenza stalinista. Nel 1936 fu inscenato un processo-farsa contro Zinov’ev e Kamenev che infine vennero giustiziati per l’omicidio di Kirov (non commesso), nel 1937-38, seguì l’esecuzione di Bucharin e nel 1940 Trockij venne assassinato in Messico da un sicario di Stalin. Con le purghe scomparve gran parte della stessa dirigenza stalinista. La purga consistette in fucilazioni, costrizione al suicidio, ma anche deportazioni in campi di lavoro forzato: Gulag (1931). Col lavoro dei detenuti nei campi vennero costruiti canali, miniere, prodotto legname. Il minimo comun denominatore delle vittime era: giovane età e alta scolarizzazione, segno che il terrore fu rivolto ai ceti medi della società, per evitare la nascita di opposizione. Il potere di Stalin divenne illimitato, venne rivalutato il passato imperiale in chiave nazionalista (Ivan il Terribile, Pietro il Grande) e vennero ripresi i valori conservatori dell’autorità, la gerarchia, la famiglia e l’ordine. Nel 1936 una costituzione legalizzò il terrore staliniano e nel 1938 venne giustiziato lo stesso capo del Terrore Ezov, e ciò segnò la fine del Terrore. Dall'anno dopo Stalin fermò le purghe. 7.4 LA POLITICA ESTERA DELL’URSS E IL COMUNISMO INTERNAZIONALE Nel 1922 la Conferenza di Rapallo aprì la strada a una politica estera diplomatica con gli stati capitalistici, senza però rinunciare al ruolo di punto di riferimento comunista. Nel 1928 durante il VI Congresso del Comintern Stalin affermò che era rivoluzionario solo chi fosse stato pronto a tutto per difendere l’URSS. L’inasprimento della lotta di classe che Stalin stava creando venne preso a modello negli altri paesi, dove la socialdemocrazia divenne il nemico della classe operaia. Nel 1929 si parlò di socialfascismo: in Germania la divisione tra socialisti e comunisti aggravò la crisi della Repubblica di Weimar e favorì Hitler. Nel 1934 l’URSS uscì dall’isolamento per avviare una politica estera distensiva in accordo con Germania nazista e Giappone e una cauta apertura con le democrazie. Allora la politica dei partiti comunisti ebbe una svolta, venne abbandonato l’antagonismo con i socialfascisti a favore di un’alleanza antifascista unita: la politica dei fronti popolari (come quello della Francia del 1934). Nel 1935 il VII Congresso del Comintern pose come obiettivo principale la lotta al fascismo, facendo coincidere questa scelta con la difesa dell’URSS che condizionò la partecipazione nella politica dei fronti popolari: es, durante la guerra civile spagnola, mentre tutti i paesi fornivano volontari per la difesa della repubblica, l’URSS fornì aiuti limitati per non danneggiare la propria politica estera. Sentendosi accerchiata e insicura, dopo l’invasione tedesca della Cecoslovacchia nel 1939, Stalin si accordò con Hitler col patto Molotov-Ribbentrop: trattato di non aggressione, spartizione delle sfere di influenza dei due paesi. Questa scelta dipese sia dalla diffidenza di Stalin per Fr e GB, interessare a dirottare ad est l’espansione nazista, sia per l’impreparazione dell’Armata Rossa, dimezzata dalle purghe. Fu quindi una scelta difensiva ma anche imperialista che screditò la politica unitaria dei comunisti europei, disorientò i movimenti antifascisti e facilitò l’aggressione nazista alla Polonia. Nel 1943 Stalin sciolse il Comintern perché la rivoluzione non era più negli interessi dell’URSS. Cap. 8 – ASIA, AFRICA E AMERICA LATINA TRA LE DUE GUERRE 8.1 IL GIAPPONE Il Giappone mise in discussione la centralità globale dell’Europa, grazie alla grande industria, l’espansionismo estero e l’autoritarismo interno. Durante la prima guerra mondiale, il Giappone aveva sviluppato l’industria pesante e aveva sfruttato la popolazione principalmente agricola per esportazioni di prodotti finiti e importazioni di materia prima. L’espansione industriale favoriva i quattro maggiori gruppi privati legati allo Stato (zaibatsu). Tuttavia, il problema restava il territorio privo di materie prime che subordinava lo sviluppo alle importazioni, rendendolo dipendente delle politiche doganali degli altri stati. Nel 1918 i contadini giapponesi scatenarono rivolte contro l’aumento dei prezzi del riso, mentre i grandi gruppi industriali erano orientati verso scelte espansionistiche. Il partito al potere, Seiyukai, legato allo zaibatsu Mitsui, varò una politica di sviluppo della flotta militare che prese la maggior parte del bilancio statale, finché non divenne la terza potenza navale. L’ideale dell’impero giapponese divenne il “panasiatismo” (dottrina Monroe, usa), volto ad eliminare ogni influenza straniera e unificare il territorio sotto l’autorità giapponese. Preoccupato dalla situazione, il presidente degli Stati Uniti Harding convocò la conferenza di Washington (1921) con tutte le potenze marinare (Belgio, Cina, Francia, Giappone, Gran Bretagna, Italia, Olanda, Portogallo, Stati Uniti) per stabilire un’intesa per la limitazione degli armamenti. La modernizzazione del Giappone cercò di imitare i modelli occidentali: - 1925, suffragio universale maschile - scolarizzazione primaria - cultura base fondata sui valori della morale confuciana (lealtà e obbedienza) - ideologia del tenno, il culto dell’imperatore come discendente e incarnazione divina - principi della famiglia applicati al kokutai (sistema nazionale, niente classi sociali) - 1925, legge sull’ordine pubblico (minaccia all’armonia come crimine politico) - 1928, pena di morte per i reati di pensiero La crisi del 1929 colpì anche l’Oriente (crollo dei prezzi, crisi sviluppo economico), così il ministro delle finanze Takahashi varò una politica di intervento statale: svalutò lo yen e dette impulso alle spese militari e alle esportazioni; aumentò l’ingerenza delle gerarchie militari e industriali nella politica. Impero Ottomano (Istanbul-Turchia, Anatolia) divenne Repubblica turca (1923) con il regime autoritario monopartitico di Mustafa Kemal, che modernizzò il paese: - 1928, l’islam non fu più religione di stato - trasformazione della vita in senso laico - abolizione tribunali religiosi - divieto di portare abiti tradizionali - soppressione dell’harem - introduzione alfabeto latino - cognome secondo l’uso occidentale ( Mustafa Kemal Ataturk, padre dei turchi) - matrimonio civile - 1934, voto alle donne - 1924, abolizione del califfato (massima autorità temporale musulmana): fine unità religiosa e politica dell’islam (fede e codice etico che regolava la convivenza civile) Il dominio coloniale e la fine del califfato radicalizzarono la politica della comunità musulmana: crebbe il movimento panislamico in opposizione al predominio occidentale tramite il recupero dei precetti religiosi. Nel 1928, in Egitto, venne fondata la società dei Fratelli Musulmani dall’imam (autorità religiosa) al-Banna, secondo cui il ritardo della nazione araba dipendeva dall’allontanamento dalla religione, per cui proponeva una società senza partiti politici, fondata sulla shari’a (legge del Corano), basata sul controllo della vita morale dei cittadini da parte dello Stato. Oltre al panislamismo dei Fratelli Musulmani si diffusero correnti nazionaliste laiche che aspiravano a una “nazione araba” unita dalla lingua e con religioni diverse (soprattutto in Siria, Libano), ma si scontrarono con i tradizionali poteri politici e con l’amministrazione coloniale. La principale differenza era tra sunniti (maggioranza) e sciiti (minoranza Iran, Iraq, Yemen); Gli sciiti si trovavano principalmente in Iran (1935, ex Persia), unico paese non colonizzato. Nel 1921, un colpo di stato portò al governo di Reza Khan, che dal 1925 instaurò un governo autoritario, sostituendo l’imperatore e prendendo il cognome Pahlavi. Pahlavi iniziò un processo di modernizzazione, trovandosi contro gli sciiti tradizionalisti. In Arabia, il capo dei wahabiti (comunità che rivendicava la purezza dell’islam) Abd al’-Aziz Ibn Sa’ud costituì un regno indipendente (fino allo Yemen, con la Mecca), dal 1932 Arabia Saudita (successivamente sarà scoperto il petrolio!). In Egitto, nel 1922 venne concessa l’indipendenza da Londra e si affermò il partito democratico nazionalista Wafd, di Sa’d Zaghlul. Nel 1923, alle elezioni a suffragio universale il Wafd ottenne la maggioranza, governando il paese senza riuscire ad emanciparlo totalmente dalla Gran Bretagna (controllo dell’esercito, della politica estera). In Libia, nel 1923 ripartì la riconquista da parte delle truppe italiane, che si scontrarono con la confraternita islamica della Senussiya, vinta dai fascisti nel 1931. In Marocco, la tribù Kabili insorse contro i francesi; il capo Ab del-Krim fu sconfitto nel 1926. In Algeria, il movimento anticoloniale riprese motivi religiosi con l’associazione degli ‘ulama (dotti della legge islamica) del 1931. Tuttavia, nelle élite urbane di questi paesi prevaleva il contatto con la civiltà europea (il partito politico come strumento autonomo e laico). Partiti anticoloniali con quest’idea, vicini alle sinistre europee, furono: il Partito Destur (costituzione) in Tunisia, di Habib Bourghiba; il Partito popolare in Algeria, di Haj Messalj. Le politiche coloniali di Francia e Gran Bretagna in Medio Oriente furono diverse: - Francia: optò per una politica di autonomia e frammentazione delle diverse comunità (1925- 27, rivolta della comunità dei drusi in Siria) - Gran Bretagna: accettò l’indipendenza di Transgiordania e Iraq, mantenendo il controllo sui pozzi petroliferi; (1922, 1930, ci furono insurrezioni autonomiste dei curdi – popolazione musulmana ma di lingua indoeuropea, di Siria, Iraq, Turchia, Persia, Unione Sovietica – in Iraq); Il giornalista Theodor Herzl, nel libro Lo Stato ebraico (1896), sollevò il problema di una patria per gli ebrei sparsi nel mondo: uno Stato che doveva collocarsi in Palestina, a Sion (luogo biblico di Salomone); e su questa base nacque il sionismo, movimento di opinione pubblica orientato a questa soluzione politica del problema ebraico. Tuttavia, la maggioranza era l’opposizione degli ebrei liberali e socialisti di orientamento assimilazionista, favorevoli all’integrazione nelle nazioni di appartenenza. Nel 1917, il ministro degli Esteri inglese Arthur Balfour affermò i diritti degli ebrei sulla Palestina. Gli insediamenti degli ebrei in Palestina andarono ad aumentare, fino a suscitare scontri violenti; continuando comunque a salire a causa della persecuzione nazista. Nel 1937, il governo inglese propose la creazione di uno Stato ebraico, uno Stato arabo e di un mandato britannico su Gerusalemme: fu approvata dal congresso mondiale sionista e respinta dagli stati arabi, secondo i quali era meglio la creazione di un unico Stato Palestinese, alleato della Gran Bretagna, che tutelasse la minoranza ebraica ma che fermasse l’immigrazione nella regione. Con lo scoppio della seconda guerra mondiale gli inglesi necessitavano sempre più l’appoggio dei paesi arabi, così che approvarono la politica restrittiva sull’immigrazione ebraica in Palestina ma contemporaneamente, con lo sterminio nazista degli ebrei in Europa, i sionisti arrivarono all’uso del terrorismo contro le scelte britanniche per poter continuare ad immigrare. 8.5 AFRICA SUBSAHARIANA Nel resto del continente africano mancavano lingua e religione comune, che stavano alla base dei movimenti nazionali, anticoloniali. Questi stati erano formazioni artificiali, al cui interno vi erano diversi popoli integrati con la forza, tutto in funzione degli interessi coloniali che necessitavano la collaborazione subordinata delle autorità locali; la presenza occidentale ebbe effetti devastanti, perché cultura, religione e lingua erano fortemente eterogenee. Perciò, nel 1900, a Londra, ci fu il primo congresso del movimento panafricano, che non poteva appoggiarsi né a una sola lingua né a una sola religione, ma rivendicava l’indipendenza sull’ideologia antischiavista e la vita comunitaria premoderna, preindustriale (’30, Francia, lo scrittore senegalese Senghor introduce concetto di négritude: socialismo umanistico, affermazione della dignità dei popoli africani, pacifica convivenza con gli altri stati). Con la fine della prima guerra mondiale aumentò la presenza anglofrancese nel continente. La politica coloniale francese, di imperialismo e assimilation, si concentrava in Africa occidentale (Senegal, Costa d’Avorio, ecc) ed equatoriale (Ciad, Congo), dove il potere era esercitato da governatori che rispondevano al governo francese e dai rappresentati delle aristocrazie locali a cui venne concessa la cittadinanza in cambio di lealtà. Vennero raggiunti risultati contro la schiavitù e l’analfabetismo e a favore delle infrastrutture. La politica coloniale dell’impero britannico concesse maggiore autonomia politica, stabilita dal Commonwealth (1931), ma questo portò alla radicalizzazione della legislazione razziale in Sudafrica, l’unico dominion inglese dove i bianchi erano in minoranza contro i neri bantu, i meticci e gli indiani. I bianchi si dividevano in due gruppi: 1. discendenti dei coloni boeri, di lingua afrikaans; borghesia rurale padrona dell’industria estrattiva del paese 2. borghesia urbana, di lingua inglese, padrona delle industrie e dei commerci Dal 1926, i neri furono esclusi dagli impieghi qualificati e nel 1936 una legge elettorale divise i registri, attribuendo ai neri tre rappresentanti bianchi in parlamento. All’inizio del 1900, Gandhi aveva iniziato la disobbedienza civile proprio in Sudafrica, per cui venne seguito il suo esempio e fondato l’African national congress nel 1912, diviso all’interno dalle rivalità tribali, ma comunque rappresentante della maggioranza nera. Nel 1943, questo iniziò a boicottare le elezioni separate. Comunque, solo dopo la seconda guerra mondiale si diffusero sentimenti antirazzisti che si concentrarono sulla politica di apartheid (segregazione in afrikaans) del Sudafrica, basata sul predominio politico e nella vita civile di una minoranza su base razziale. Nel 1946, l’ONU approvò la prima mozione contro questa politica. Tuttavia, la segregazione razziale caratterizzava anche altri dominion, come in Kenya. Negli altri territori senza coloni bianchi, come il Ghana, l’Uganda e la Nigeria, il governo inglese si occupava del commercio di prodotti agricoli cercando di sviluppare uno strato sociale indigeno di medi e grandi proprietari terrieri che dirigessero le piantagioni (cacao, caffè, cotone). Il governo inglese vendeva le materie prime estratte da questi paesi e dava una parte del profitto ai notabili indigeni, in cambio di fedeltà al regime coloniale. 8.6 L’AMERICA LATINA Durante la prima guerra mondiale, l’ingerenza degli Stati Uniti nell’America Centrale aumentò, intensificando la politica di interventi militari in Nicaragua, Haiti, Repubblica Dominicana, Cuba, per ragioni strategiche ed economiche: la debolezza dei regimi politici latinoamericani metteva a rischio sicurezza militare e investimenti finanziari statunitensi. Comunque, erano presenti anche investimenti europei che con la guerra vennero interrotti di colpo, permettendo agli Usa di approfittarne. Nel 1919 il Congresso approvò una legge che autorizzava le banche ad aprire filiali estere. La rete bancaria costituì un rilancio degli investimenti diretti per la costruzione delle ferrovie, impianti elettrici, sfruttamento di giacimenti minerari e petroliferi e piantagioni; allo stesso tempo, governi e imprese latinoamericane iniziarono ad appoggiarsi a prestiti statunitensi. Tra il 1914 e 1929 il flusso commerciale aumentò ma non era paritario: gli Usa scambiavano prodotti finiti con materie prime, impedendo agli stati latinoamericani uno sviluppo industriale autonomo e detenendo il monopolio di alcune risorse (zucchero, rame, banane). Questa dipendenza sviluppò monocolture nelle economie di questi paesi, senza possibilità di crescita produttiva se non su ordinazione nordamericana (Usa, 80% esportazioni). La dipendenza dagli Usa, con la crisi del ’29, provocò il crollo di prezzi, esportazioni, profitti, la rovina di contadini e minatori (disoccupazione). La miseria li portò ad emigrare in massa nelle città in cerca di lavoro, si trattò di un’urbanizzazione passiva senza prospettive di impiego: nacquero le favelas, sobborghi poverissimi (Messico, Brasile, Argentina, Cile). La crisi portò con sé anche la crisi politica: tra 1930-31 11 paesi ebbero un golpe (colpo di stato violento organizzato dalle forze armate); infatti, l’estrema povertà della popolazione fece perdere consenso popolare ai governi democratici, ad eccezione del Messico che essendo al confine con Usa beneficiava di attenzioni strategiche. Il Messico era stato modernizzato dal presidente Porfirio Diaz (18761911) ma aveva portato al dominio della grande proprietà terriera, padrona degli ejidos (terre pubbliche di indios e meticci) e sfruttatrice del lavoro dei peones (contadini poveri). Nel 1911, la rivolta popolare dei peones rovesciò Diaz e seguirono capi militari contadini Pancho Villa ed Emiliano Zapata, che nel 1914 decisero come nuovo presidente Venustiano Carranza. Nel 1917 una nuova Costituzione introdusse il suffragio universale, giornata lavorativa di 8 ore, programma di riforma agraria (espropriazione e spartizione dei latifondi tra i contadini; restituzione degli ejidos), nazionalizzazione delle risorse del sottosuolo (petrolio!)=> Avendo colpito gli interessi degli Usa, nel di Miguel Primo de Rivera appoggiato dal re: venne sciolto il parlamento, introdotta la censura, non vennero cancellate però le conquiste sociali degli anni precedenti, così da ottenere la collaborazione del sindacato socialista di Caballero. Questi avviarono una politica di lavori pubblici che risanò la disoccupazione e la produzione industriale, aggravando però il debito pubblico. Dal 1925-27 grazie all’aiuto della Francia, de Rivera represse la rivolta in Marocco ma non bastò, e nel 1930 si dimise per colpa del malcontento popolare dovuto alla miseria e per le aspirazioni democratiche che iniziarono a diffondersi. Nel 1931 i monarchici persero alle elezioni e re Alfonso XIII lasciò il paese, allora l’assemblea costituente scelse socialisti e repubblicani di sinistra che promulgarono la Costituzione repubblicana, la quale introdusse: suffragio universale, libertà religiosa, separazione stato\chiesa. Dal 1932-33 ci fu il governo repubblicano di Azana, che ebbe una ricaduta in seguito alla questione della riforma agraria fallimentare. Nel 1933 a Barcellona un gruppo anarchico iniziò uno sciopero generale che si diffuse e alle elezioni vinsero le destre, dando inizio al bienio negro, provocando scioperi e una svolta rivoluzionaria dei comunisti\socialisti. Questi insuccessi portarono le sx a unirsi nel Fronte Popolare, che conquistò la maggioranza alle elezioni del 1936, scatenando l’opposizione autoritaria dei cattolici di Robles e della Falange (1933), partito estremista fondato dal figlio di de Rivera=> programma vicino al fascismo. Ma furono le forze armate a rivoltarsi contro la legalità, comandate da Franco, dando inizio alla guerra civile. Il processo di internazionalizzazione lo rese uno scontro tra fascismo e antifascismo=> benchè tutti i paesi europei firmarono un trattato di non intervento, l’Italia sostenne Franco, la Germania usò il conflitto per provare l’aviazione (es. Bombardamento di Guernica ‘37), mentre volontari comunisti arrivarono da tutta Europa a sostegno della repubblica. Sostenuto dalla Chiesa e dall’esercito, i ribelli di Franco conquistarono il paese tranne Barcellona e le regioni più ricche, che rimasero repubblicane, a cui restò fedele la marina. Ma le divisioni della sx e il progressivo venir meno degli aiuti internazionali portarono alla caduta di Madrid=> iniziò il governo di Franco, riconosciuto da Francia e Inghilterra, che sebbene rimase neutrale (fino ‘41) appoggiò l’Asse Italia-Germania-Giappone. La storia del Portogallo tra le due guerre è simile a quella spagnola, ma senza guerra civile=>le forze armate erano le uniche con efficacia di intervento su tutto il territorio nazionale. Ci fu un colpo di stato del generale Antonio Carmona (‘26-’51). Per risolvere la crisi, si nominò come ministro Salazar=> progetto di ristrutturazione dello stato: si creò un unico partito e si creò una nuova costituzione che mise tutto il potere nelle mani del governo= estado novo. Salazar assunse poi la carica di Primo Ministro; allo scoppio della guerra spagnola Salazar si schierò a fianco dei franchisti. 9.3 LA VIGILIA DELLA GUERRA L’Inghilterra non contrastò la Germania, e nel 1937 firmò con Mussolini un gentlemen’s agreement per garantire lo statu quo del Mediterraneo, sorvolando sulle politiche aggressive=> voleva dirottare l’aggressività di Italia e Germania verso la Francia, l’URSS e la Spagna con governi di sinistra. La Gran Bretagna, inoltre, decise di non intervenire in Spagna, dando un grosso vantaggio ad Italia e Germania. Fino al 1934 l’Anschluss dell’Austria da parte della Germania era contrastato dalle potenze europee; ma Germania e Italia si erano avvicinate dopo la guerra d’Etiopia, la Francia non aveva più un grande peso internazionale e la GB aveva in atto la sua politica di appeasement. Il cancelliere austriaco Schuschnigg dovette far entrare nel governo come ministro dell’interno il nazista Seyss-Inquart, a favore dell’annessione. Il cancelliere provò a giocare la carta di un referendum popolare, ma Hitler pose al paese un ultimatum e schierò le sue truppe alla frontiera. Schuschnigg dovette quindi lasciare il suo posto a Seyss-Inquart e il 13 marzo 1938 l’Anschluss andava a buon fine. L’Inghilterra di Chamberlain non si oppose all’annessione per non dare ad Hitler argomenti per fomentare la guerra. Nel 1937 erano iniziate delle trattative per un’alleanza anglo-tedesca che riconoscesse alla Germania l’egemonia europea e all’Inghilterra il predominio coloniale e navale, ma le trattative si erano perse. La Germania si impegnò poi nella questione dei Sudeti: una regione della Cecoslovacchia in maggioranza tedesca con idee irredentiste. Dopo aver ricevuto il consenso di Mussolini (che in cambio ebbe la conferma del possesso del Trentino), Hitler diede un ultimatum alla Cecoslovacchia perché consegnasse alla Germania non solo i Sudeti ma anche la Polonia e l’Ungheria. Da parte di Chamberlain ci fu solo una condanna per un eventuale uso della forza, anzi disse a Praga di accettare il compromesso. A settembre 1938 Chamberlain organizzò la Conferenza di Monaco con Hitler, Mussolini e il primo ministro francese Daladier dove, senza consultare né la Cecoslovacchia né l’URSS, i territori chiesti vennero dati alla Germania con la speranza che ciò avrebbe fermato la spinta espansionistica di Hitler. Inoltre, dopo la ww1 si era diffusa l’idea secondo cui l’orrore della guerra era più forte dell’etica e della morale. Con l’URSS in fase di isolamento, nulla poteva più fermare la spinta verso est. Nel 1938 Ribbentrop, ministro degli esteri tedesco, aveva rivendicato alla Polonia la città di Danzica, tolta alla Germania dai trattati del 1919. Nel ‘39 Hitler rilanciò la pretesa, che fu respinta. Questa volta Fr ed GB garantirono aiuto militare per la Polonia in caso di attacco tedesco. Hitler dichiarò caduto il patto di non aggressione stipulato nel 1934 con la Polonia, ma Fr e GB ritardarono a firmare un accordo difensivo con la Polonia fino a quando non fu troppo tardi. Nell’aprile ‘39 l’Italia, seguendo la Germania, invase l’Albania. I due paesi si avvicinarono tanto da firmare segretamente nel maggio 1939 il Patto D’Acciaio: si promettevano di entrare in guerra uno di fianco all’altro, sia in caso di aggressione che di attacco=> Mussolini però specificò che non sarebbe stato possibile per l’Italia fare guerra prima di 4 anni. Ciò fece abbandonare la strategia di appeasement ai paesi occidentali. Il problema era che una guerra contro Hitler doveva coinvolgere anche l’URSS ponendo così la Germania a combattere su due fronti diversi. Stalin iniziò le trattative con Fr e GB, ma vennero fermate dopo la richiesta dell’URSS di attraversare la Polonia con le truppe per raggiungere la Germania. Il sostegno nei confronti della Polonia venne visto da Stalin come solo un pretesto per far combattere unicamente Germania e URSS così che si annullassero da sole. In più, le truppe russe erano impegnate a combattere contro le giapponesi in Manciuria. Iniziò così un periodo di colloqui diplomatici segreti tra le varie potenze dove ognuna meditava cosa fosse meglio per sé stessa. Intanto l’USA continuava con il suo cauto isolazionismo che la tenne fuori dalle controversie europee. Hitler approfittò dell’indecisione per stringere un accordo con il suo nemico naturale, l’URSS, di modo da non dover combattere su entrambi i fronti. Stalin accettò il patto seppur con la consapevolezza di andare contro agli ideali comunisti di antifascismo perché stava combattendo un’altra guerra contro il Giappone e aveva il vantaggio della spartizione della Polonia. Il patto Molotov-Ribbentrop del 23 agosto 1939 delineava anche le aree d’occupazione: la Germania aveva la Polonia or mentre l’URSS la parte occ, parte degli Stati Baltici e Bessarabia. Il 1° settembre 1939 la Germania invase la Polonia. Fr e GB dichiararono quindi guerra alla Germania. Si diede inizio alla seconda guerra mondiale, causata da Germania e Giappone. Cap 10 – LA SECONDA GUERRA MONDIALE 10.1 LA GUERRA SU DUE FRONTI La seconda guerra mondiale fu una guerra totale con nuovi aspetti: - Fu una guerra di movimento=> trincee obsolete - Fu un conflitto ideologico - Non venne combattuta per ottenere territori, ma per annientare il nemico= guerra di sterminio - La mobilitazione civile fu totale - Nuove tecnologie distruttive (es: bomba atomica) - Guerra condotta dai politici, che venivano a loro volta seguiti dall’esercito - Guerra tra paesi con territori e paesi senza (tra “have” e “have not”). - Guerra nazional-patriottica - Guerra antifascista=> resistenza in tutta Europa La guerra cambiò per sempre gli equilibri del mondo: l’Europa non più al centro, e il predominio passò nelle mani dell’USA e dell’URSS, la cui entrata in guerra nel 1941 cambiò le sorti del conflitto. Dopo l’aggressione della Germania all’URSS e quella del Giappone all’USA (1941) lo scontro diventò tra fascismo e antifascismo. L’offensiva tedesca partì dalla Polonia e passò poi alla Norvegia, Danimarca, Belgio, Olanda, Francia=>Blitzkrieg, la guerra lampo, che consisteva in bombardamenti aerei per aprirsi la strada e poi penetrazione con carri armati. Francia e Gran Bretagna dichiararono guerra alla Germania il 3 settembre, ma la Polonia non poté contare sul loro aiuto: Varsavia cadde il 26 settembre 1939. Anche l’URSS invase la Polonia orientale: entrambe le potenze fecero una strage di civili; l’URSS conquistò anche l’Ucraina, BIelorussia e Finlandia per la difesa di Leningrado. Hitler conquistò poi Danimarca e Norvegia: l’ultima pose forte resistenza fino a cadere, Hitler pose al governo l’esponente del partito fascista norvegese. Sul fronte occidentale all’inizio si parlava di una guerra farsa in cui gli eserciti si fronteggiavano senza scontrarsi. La Germania era superiore in uomini e in divisioni, la Francia era ancora ancorata ai metodi della ww1=> ha costruito un sistema di fortificazioni =Linea Maginot al confine tedesco. A maggio 1940 la Germania prese l’Olanda e il Belgio. Il 20 maggio i tedeschi erano riusciti ad arrivare alla Manica, imponendo una ritirata da parte delle truppe alleate che rimasero bloccate nella città di Dunkerque. I soldati furono aiutati dalle navi civili inglesi. Il 14 giugno i nazisti presero Parigi e divisero la Francia in 2: il nord sotto il diretto controllo della Germania, mentre il sud sotto l’amministrazione collaborazionista del maresciallo Pétain con capitale Vichy. L’Italia entra in guerra il 10 giugno 1940: da Piazza Venezia Mussolini dichiara guerra a Francia e Inghilterra, pensando che durerà poco. Intanto la GB, unico ostacolo in Europa al nazismo, chiedeva aiuto all’USA che mandava armi e munizioni e creava un blocco navale nell’Atlantico e nel Mediterraneo. Hitler abbandonò la sua idea di un’invasione in Inghilterra per iniziare i bombardamenti su Londra: il suo scopo era quello di costringere i britannici ad accettare una pace. Nel periodo della battaglia d’Inghilterra (settembre 1940 – luglio 1941) il paese non si piegò ma adottò una forte resistenza=> radar. La Germania pensò allora di passare alla battaglia dell’Atlantico, formando un blocco navale che impediva l’aiuto da parte degli americani. 10.2 IL CONFLITTO SI ALLARGA La sconfitta della Fr e l’entrata in guerra dell’Italia allargò il conflitto anche alle rispettive colonie, aprendo nuovi fronti anche in Africa. Gli italiani invasero la Somalia e l’Egitto inglesi (aree petrolifere e canale di Suez) ma la controffensiva inglese prevalse. Si parlava di guerra parallela che l’Italia voleva intraprendere per marcare la propria autonomia nei confronti dell’alleato tedesco=> nel 1940 l’Italia invase la Grecia, seguirono successi iniziali che però si conclusero con il ricacciamento - Antisemitismo e persecuzione degli ebrei - Repressione degli oppositori - Nazionalismo (contraddittorio per via dell’occupazione tedesca) - Appartenenza religiosa intollerante e persecutoria Il collaborazionismo in Europa venne a crearsi: in Norvegia con Quisling, in Olanda con Mussert, in Slovacchia con Tiso, in Croazia con Pavelic (aiutato anche dal governo fascista italiano perché voleva indebolire la Jugoslavia e la sua unità), in Ungheria e in Romania con Ion Antonescu (generale salito al potere dopo un colpo di stato nel 1939). Per la Francia di Vichy la situazione era diversa: fino a novembre 1942 l’amministrazione francese governò il sud del paese mantenendo la parvenza di un governo autonomo. Venne varata una Costituzione che sancì la fine della Terza Repubblica=> regime di Vichy, stato autoritario e corporativo, antidemocratico, di destra. Nella prima fase ebbe molto consenso perché il presidente era il generale Pétain, eroe della ww1 che nei suoi discorsi si appellava ad una unità francese nel collaborazionismo con il fine di mantenere dei margini di autonomia. L’autonomia non venne raggiunta per colpa dell’occupazione nazista. Nel 1942 Laval sostituì Pétain, e il collaborazionismo diventò totale, coronato anche da severe leggi antisemite La resistenza Europea esisteva, anche se era in minoranza. Fu importante perché tenne impegnate le forze avversarie con azioni di sabotaggio. Senza la resistenza, la liberazione dal dominio fascista sarebbe stata una concessione e non una conquista. In URSS la resistenza si schierò dalla parte dell’Armata Rossa. In Jugoslavia i partigiani crearono un vero esercito capace di liberare il paese. All’interno la resistenza era divisa tra un movimento nazionalista serbo, guidato da Mihajlovic e dei partigiani comunisti con a capo Tito, che ebbero l’appoggio anche militare della GB. Ci furono però anche gravi episodi di violenza contro le truppe italiane e tedesche, molti vennero uccisi e gettati nelle foibe. In Grecia avvenne una guerra civile tra la resistenza comunista e le forze moderate, queste ultime vennero supportate dal governo britannico e vinsero. In Germania la resistenza fece fatica a crescere a causa della dura repressione. La cosa che ci andò più vicina fu il gruppo studentesco della “Rosa Bianca”, interamente giustiziato nel 1943. Vari furono gli attentati ad Hitler, uno con una bomba il 20 luglio 1944, ma fallirono tutti e scatenarono feroci vendette. 10.6 GLI ULTIMI ANNI DI GUERRA Gli USA iniziarono a bombardare Tokyo e fecero perdere la marina giapponese con la battaglia delle isole Midway, che segnò la fine dell’iniziativa giapponese nel Pacifico. Iniziò quindi da parte dell’America una guerra di logoramento. Nel 1942 le operazioni belliche tedesche ripresero. Hitler aveva contemporaneamente 3 obiettivi: raggiungere Stalingrado, andare verso il Caucaso e conquistare Leningrado. La divisione delle truppe tedesche favorì però l’infiltrazione dei partigiani sovietici che accerchiarono il nemico a Stalingrado. La controffensiva sovietica fu segnata dall’ordine di Hitler di continuare ad oltranza: l’esercito tedesco perse più della metà dei suoi uomini e a febbraio del 1943 si ritirarono, disobbedendo agli ordini. La ritirata fu lunga e segnata da molti attacchi sovietici. A questa sconfitta si aggiungeva quella in Africa dell’ottobre 1942 a El Alamein in Egitto data dalla controffensiva delle truppe britanniche. A novembre le truppe americane con Eisenhower come generale sbarcarono in Algeria e Marocco, forzando l’Asse ad abbandonare la Libia e rifugiarsi in Tunisia dove rimasero fino a maggio 1943. Il 10 luglio 1943 gli alleati sbarcarono in Sicilia, il 25 luglio Mussolini fu arrestato sotto ordine del re e ciò segnò la caduta del fascismo. A settembre Badoglio, il suo successore, firmò un armistizio con gli alleati. Intanto la coalizione antifascista di USA, GB e URSS pensava a come sarebbe stato il mondo una volta liberato dal nazismo e fascismo=> conferenza di Teheran (novembre 1943, Roosevelt, Churchill e Stalin) dove si riunirono per decidere le aree di influenza dell’Europa liberata. Fu deciso anche di creare un secondo fronte, che in realtà Stalin chiedeva da tempo per alleggerire il peso della guerra sulle spalle dell’URSS, ma la decisione fu rimandata fino a giugno 1944 anche perché USA aveva il bisogno di tenere alto il consenso interno che si basava sul risparmio delle vite dei propri uomini, impegnandosi in battaglia solo in presenza di una superiorità dei mezzi. Il ritardo nella creazione del secondo fronte spinse Stalin a cercare una pace separata con la Germania durante la battaglia di Stalingrado che però Hitler rifiutò. Il 6 giugno 1944 gli alleati aprirono il secondo fronte con lo sbarco in Normandia, la più complessa operazione tentata: operazione Overlord. Le difese tedesche cedettero, gli alleati entrarono a Parigi dove De Gaulle costituì un governo provvisorio. L’Armata Rossa intanto avanzava e giunse a Varsavia, dove si fermò senza intervenire per far portare al termine una insurrezione da parte dei polacchi, che però fu fermata dai tedeschi. I tedeschi tentarono fino all’ultimo di difendersi, ma alla fine di aprile 45 ci fu il crollo del Terzo Reich. Il 30 aprile Hitler si suicidò. Il 28 aprile Mussolini venne fucilato dai partigiani. Il 7-8 maggio venne firmata la resa senza condizioni della Germania. In Asia gli americani avevano la meglio dal 1943, ma il culmine fu con lo sgancio delle bombe nucleari: il 6 agosto su Hiroshima e il 9 agosto su Nagasaki. Ciò portò alla resa del Giappone il 14 agosto 1945, con l’unica condizione che l’imperatore rimanesse al suo posto. Le bombe atomiche erano il risultato del Progetto Manhattan, in cui scienziati avevano consigliato al presidente Truman di provare le armi prima su un’isola deserta. Truman decise invece di scagliarle direttamente contro il Giappone, e non incontrò obiezioni da parte di Stalin o Attlee. Per alcuni il lancio delle bombe era una prova della superiorità dell’USA contro l’URSS, per altri si trattava di un modo per far finire velocemente la guerra nel Pacifico. Nell’aprile 1945 nacque l’ONU (Organizzazione delle Nazioni Unite), sulla base dei principi contenuti nella Carta Atlantica, con Consiglio di Sicurezza le nazioni vincitrici (USA, GB, URSS, FRA, Cina nazionalista). 10.7 L’ITALIA IN GUERRA E LA SCONFITTA DEL FASCISMO Mussolini conosceva i limiti dell’esercito italiano, per questo allo scoppio della guerra dichiara il paese neutrale. Entra in guerra solo dopo la sconfitta della Francia, pensando che sarebbe stato un conflitto breve. Non lo fu, e la produzione bellica, per quanto aumentata, non bastò al paese e provocò disagi sociali. Un insieme di fattori legati alla guerra e alla sua distruzione abbassò anche il consenso verso il fascismo, additato come organo che aveva portato un paese impreparato in guerra. A marzo 1943 nel Nord iniziarono i primi scioperi dopo 20 anni, simbolo che indicava la crescita dell’opposizione. Dal 10 luglio 1943, giorno dello sbarco degli alleati in Sicilia, si capì che però anche gli antifascisti erano deboli=> fascismo cadde con congiura di palazzo guidata da gerarchi fascisti dissidenti e dai vertici dell’esercito sotto direzione della monarchia. Il 25 luglio 1943 Mussolini fu fatto arrestare dal re, che affidò il governo a Badoglio. Badoglio proclamò il proseguimento della guerra, chiedendo alla Germania aiuti per andare avanti mentre contemporaneamente faceva accordi segreti con gli angloamericani per un armistizio. Il 3 settembre l’armistizio venne firmato, ma venne reso pubblico solamente l’8 settembre 1943. Badoglio e il re intanto fuggirono da Roma, che venne conquistata e occupata dai tedeschi. Il 9 settembre gli alleati sbarcarono a Salerno, ma vennero contrastati dai tedeschi e spinti sul fronte della linea Gustav: l’Italia centrosettentrionale era in mano ai nazisti. Le vicende dell’8 settembre fecero crollare l’istituzione e la classe dirigente era fallita. Il giorno dopo, però, il Comitato di liberazione nazionale (CLN), formato dai partiti antifascisti e con sede clandestina a Roma, chiamò gli italiani alla resistenza contro i tedeschi. All’interno vi erano: Partito democratico del lavoro, Partito liberale, Partito socialista, Democrazia cristiana, Partito d’azione e Partito comunista. Tutti con un’idea diversa su come sarebbe dovuto diventare lo Stato. Il sud era occupato però dagli angloamericani, che appoggiavano l’ormai debole e inesistente governo di Badoglio. Tutto cambiò con la svolta di Salerno: il leader del partito comunista Togliatti sbarcò lì da Mosca e propose di rinviare la questione istituzionale a dopo la fine della guerra=> i partiti del CLN entrano nel governo di Badoglio. Dopo la liberazione di Roma, avvenuta il 4 giugno 1944, il leader del CLN Bonomi prese in mano il governo, il re fece diventare suo figlio Umberto luogotenente e si seguì la svolta. Intanto nel centro-nord i tedeschi avevano liberato Mussolini che fu messo a capo della Repubblica Sociale Italiana (RSI) a Salò: creata il 23 settembre 1944, era uno stato collaborazionista con il proprio esercito e propria milizia. Si trattava di uno stato di lavoro, dove i lavoratori entrano nei consigli di amministrazione e con profitti di aziende distribuiti equamente: Mussolini fa ciò perché sa che deve riacquistare la fiducia dei lavoratori. Il CLN organizzò formazioni partigiane di antifascisti, che erano in minoranza. Ad essere decisiva fu la presenza della politica: i partiti presero la guida dei partigiani. Vi erano le brigate Garibaldi dei comunisti, le brigate Matteotti dei socialisti, Giustizia e libertà degli azionisti e le brigate verdi dei cattolici, monarchici e senza partito. Nonostante le differenze interne, erano legate dal sentimento di antifascismo. Fu forte anche la componente sociale, con i vari scioperi di quegli anni. Gli storici dicono che in quel momento l’Italia stava combattendo 3 guerre diverse: una guerra di liberazione dallo straniero, una guerra di classe per trasformare i rapporti sociali e una guerra civile. Alla fine del 1944 Bonomi riuscì a fare avere al CLN l’appoggio degli alleati. Per far spezzare la solidarietà tra civili e partigiani, i tedeschi attuarono feroci rappresaglie con migliaia di massacri. L’impresa più significativa del movimento partigiano fu l’insurrezione nazionale in concomitanza con l’offensiva angloamericana del 1° aprile 1945: riuscirono a liberare alcune città del nord prima ancora dell’arrivo degli alleati. Mussolini cerca un dialogo con il CLN, che invece lo condanna a morte: lui cerca di scappare in Svizzera vestito da tedesco, ma i partigiani riescono a catturarlo a Como dove viene fucilato il 28 aprile 1945. La sua impiccagione verso il basso a Piazzale Loreto stava a significare il fatto che era un nemico politico. Cap. 11 – BIPOLARISMO E GUERRA FREDDA Con la fine della guerra si verificarono fenomeni molto importanti: 1. La potenza dell’Europa venne ridimensionata su scala mondiale, soprattutto dopo la creazione di un sistema bipolare centrato su USA e URSS, le due potenze vincitrici. Il bipolarismo era basato sulle diversità di economia, di società e di stato. La tensione tra i due paesi è tanto alta da far parlare di guerra, che però non verrà mai combattuta 2. Processo di decolonizzazione che porta all’indipendenza di popolazioni africane e asiatiche 3. Sviluppo economico con crescita dei commerci e scambi internazionali. È importante pensare alla guerra fredda a molti scenari che accadono contemporaneamente. La guerra fredda inizia simbolicamente con il discorso di Truman nel 1947 e finisce nel 1989 con la caduta del muro di Berlino e poi nel 1991 con la caduta dell’URSS. Non è uno scontro diretto, ma un insieme di tensioni tra l’occidente (USA, paesi della NATO e alleati minori) contro il blocco orientale (URSS, paesi del patto di Varsavia e alleati minori). È uno scontro ideologico tra liberaldemocrazia e comunismo. Ci sono vari tipi di confronti tra i due blocchi: confronto diplomatico, propagandistico, di intelligence, culturale, sportivo, la corsa allo spazio. Punto fondamentale è lo sgancio americano dell’atomica sulle città giapponesi durante ww2: è un messaggio per i sovietici, che dice che l’USA è in possesso di un’arma che potrebbe devastare una città grande quanto Mosca. truccate nel 1947. Nasce quindi il “Poup”, partito di coalizione comunista e socialista, ma in realtà filosovietico e comunista, che spazza via l’opposizione e fa salire Gomulka al potere - Romania venne formato un governo di coalizione guidato dal partito filosovietico del Fronte democratico nazionale, che nel 1945 varò una riforma agraria. L’opposizione si riuniva intorno al re Michele, che però nel 1947 fu costretto ad abdicare - Bulgaria nel 1945 la maggioranza l’ottenne il Fronte patriottico (comunisti) e nel 1946 un referendum scelse la repubblica. Dopo le elezioni per un’Assemblea costituente, venne eletto primo ministro il leader comunista Dimitrov. Vengono sciolti tutti gli altri partiti - Ungheria fu l’unico paese dell’Europa dell’est in cui nel 1945 ebbe la maggioranza un partito anticomunista. Si formò un governo di coalizione dove i comunisti non erano in maggioranza, ma avvenne un graduale rovesciamento di forze dopo che i piccoli proprietari si insediarono all’interno e ne presero i vertici. Dopo l’eliminazione dei partiti anticomunisti in politica, nel 1949 i comunisti prevalsero alle elezioni - Cecoslovacchia nel 1945 il vecchio presidente Benes aveva creato un governo socialdemocratico con 8 ministri comunisti su 25. Il partito comunista stava perdendo molti consensi, per questo a febbraio 1948 12 ministri non comunisti si dimisero nella speranza che il presidente sostituisse i ministri comunisti. Seguirono manifestazioni e scioperi, ma Benes decise invece di sostituire i ministri con altri uomini fedeli al premier comunista Gottwald. Si trattava comunque ancora di un governo a stampo occidentale che a Stalin non andava bene: per questo viene organizzato un colpo di stato: A marzo 1948 avviene la cosiddetta defenestrazione di Praga: l’unico ministro non comunista, Masaryk, fu trovato morto sotto la finestra del suo ufficio. A giugno Benes si dimise. Era stato un colpo di stato formalmente legale, ma condizionato dalla minaccia dell’esercito sovietico. Le elezioni truccate diedero poi vita alla dittatura di Gottwald con il “colpo di Praga”. Il destino della Germania era chiaro: doveva essere denazificata attraverso processi per i criminali di guerra (Norimberga fino al 1949), demilitarizzata, democratizzata e spartita. A febbraio 1948 gli angloamericani crearono un governo provvisorio nelle zone della Germania da loro controllate: la Germania serviva per creare un argine in cui racchiudere l’URSS. In aprile, per risposta, il comandante sovietico annunciò che le persone che volevano entrare o uscire dalla Germania dell’est dovevano ottenere il suo permesso. A giugno nella Germania dell’ovest venne introdotta una nuova moneta, condannata dall’URSS perché temeva una Germania indipendente. Tra il 23 e il 24 giugno 1948 Berlino fu posta sotto il controllo sovietico: vennero tagliate le vie di comunicazione e creato un blocco=> il pericolo di uno scontro armato era alto. Per rifornire i berlinesi gli USA crearono un ponte aereo che scaricava merci, e smisero di rifornire carbone alla Germania dell’est. Il blocco durò fino a maggio ‘49: la divisione del paese era inevitabile. A questo punto le zone di occupazione diventano due nazioni diverse in cui la Germania viene divisa. Dopo gli accordi di Washington del maggio ‘49, a settembre vengono fatte le prime elezioni libere dal 1933 in cui vincono i democristiani, facendo salire il governo di Adenauer. Il 3 ottobre 1949 nasce la Repubblica Federale Tedesca (BRD) con capitale Bonn, mentre ad est la Repubblica democratica tedesca (DDR) con capitale Berlino est. Il pericolo di guerra diede a Stalin un pretesto per attuare un pugno di ferro repressivo nel suo paese e negli stati satellite, mentre diede all’USA una giustifica per la dottrina Truman, abbandonando l’isolazionismo per tentare una diffusione del capitalismo e contegno del comunismo. Essendo una guerra ideologica, la guerra fredda venne giocata soprattutto con toni forti e drammatici. 11.3 LA GUERRA DI COREA E LA STABILIZZAZIONE DELLA GUERRA FREDDA Ad indebolire la potenzia sovietica fu lo scisma jugoslavo: anche a causa della distanza geografica, i comunisti jugoslavi guidati da Tito intrapresero una politica di indipendenza da Mosca. Nel giugno ‘48 la Jugoslavia fu espulsa dal Cominform e Stalin iniziò a condannare a morte i leader comunisti meno fedeli a lui. A dare un vantaggio all’URSS era invece la formazione di una Repubblica popolare cinese sotto il governo comunista di Mao: la guerra fredda si allargò in Asia. Dopo il ritiro delle truppe di occupazione americane e sovietiche, la Corea era divisa in due parti: a nord un regime comunista della Repubblica democratica popolare di Corea con presidente Kim Il Sung; e a sud il governo filoamericano della Repubblica di Corea con presidente Rhee. Nel giugno 1950 la Corea del nord attaccò la Corea del sud, conquistando quasi per intero il paese e arrivando fino a Seoul: la capitale cade. L’ONU allora decise di intervenire con un’azione militare organizzata e guidata dall’USA (era assente il delegato sovietico per protesta per l’assegnazione del seggio cinese a Taiwan). In due settimane la controffensiva guidata dal generale americano McArthur ribaltò la situazione, facendo arrivare i sudisti fin al confine con la Cina. Quest’ultima, allora, inviò volontari per schierarsi con la Corea del nord, e le truppe americane furono respinte sotto la vecchia linea di confine. McArthur minacciò a questo punto l’uso della bomba atomica, ma Truman era preoccupato dell’espansione del conflitto: richiamò in patria McArthur. Nel 1951 iniziarono le trattative per un armistizio, che durarono 2 anni e che si conclusero solo il 27 luglio 1953 sotto il nuovo presidente Eisenhower. La situazione della Corea non cambiò, rimase divisa in due. Stalin muore nel marzo 1953, gli segue Nikita Chruscev e inizia una breve coesistenza pacifista con l’occ. L’espansione comunista intanto vuole arrivare all’Indocina, dove le truppe francesi sono messe a dura prova da quelle nordvietnamite. In Iran il governo nazionalista di Mossadeq tenta di nazionalizzare i pozzi petroliferi, contro gli interessi di USA e GB, ma viene rovesciato con un colpo di stato dell’imperatore Reza Pahlavi appoggiato dai servizi segreti americani (CIA). Inizia così una serie di covert operations da parte della CIA con obiettivo mantenere gli interessi americani pur di usare modi illegali. Dietro alle mosse della CIA c’era la politica del roll back=> bloccare l’influenza sovietica attraverso delle rappresaglie massicce per scoraggiare azioni violente. La guerra fredda significò una massiccia corsa agli armamenti, che l’USA poteva reggere grazie alla sua economia, ma che l’URSS fece fatica a mantenere con continui tagli all’industria leggera. La sperimentazione degli ordigni nucleari (’52 bomba a idrogeno) accrebbe la paura di una guerra nucleare. Si usò una politica di deterrenza=>pressione per scoraggiare ogni aggressione. Intanto l’Europa si sentiva sotto l’ombrello nucleare americano e si sentivano troppo esposti ad un attacco sovietico=> Francia, che nel 1954 dopo la sconfitta in Vietnam rinunciò al trattato per la Comunità europea di difesa che avrebbe portato all’Europa un apparato difensivo autonomo. A maggio 1955 la Germania occidentale entrò nella NATO. A maggio 1955 venne anche firmato il Patto di Varsavia dove gli 8 paesi orientali del blocco sovietico si giuravano cooperazione e mutua assistenza con un comando militare riunificato sotto Mosca. Le aree di influenza non si delineavano solo in Europa, ma grazie ad una serie di trattati l’USA si avvicinò ad altre aree mondiali. Con la SEATO del 1954 si univano con Australia, Nuova Zelanda, Filippine, Thailandia; con il Patto di Bagdad del 1955 si univano con Gran Bretagna, Turchia, Iraq, Iran e Pakistan. Con la conferenza di Ginevra del 1954 alla quale presero parte America, Inghilterra, Francia, URSS e Cina comunista si prese una decisione per il Vietnam simile a quella già presa per la Corea: il paese si sarebbe dovuto dividere lungo il 17° parallelo in due stati. Il nord sarebbe stato guidato dal comunista Ho Chi-min; il sud sarebbe stato guidato da Ngo Dinh Diem appoggiato dai francesi e americani. A metà degli anni ’50 l’influenza bipolare si sentiva in tutto il mondo, ma non erano pochi i paesi che speravano in una autonomia dai due blocchi. Nel 1955 si ritrovarono uniti nella conferenza di Bagdun (Indonesia) i 29 paesi “non allineati” di Africa e Asia, che stilarono un documento molto simile alla Carta delle Nazioni Unite che ribadiva il concetto di limitazione degli armamenti e autodeterminazione dei popoli. 11.4 EQUILIBRIO BIPOLARE ED EUROPA UNITA Il 1956 fu un anno terribile per il blocco sovietico: a febbraio Chruscev denunciò i crimini di Stalin; a giugno sommosse operaie furono represse col sangue il Polonia e a novembre in Ungheria. Nonostante il roll back, gli USA si rifiutarono ad intervenire per non dar luogo ad un conflitto apocalittico. L’URSS capì però che c’era bisogno di una ricompattazione del fronte interno, senza porre però mutamenti evidenti nelle politiche sociali ed economiche. Ma più si aumentava la zona di influenza, più si avevano difficoltà nel mantenere il controllo, e questo peggiorava ancora di più con il processo di decolonizzazione dove sempre più paesi apparivano sulla scena internazionale=> prova crisi del canale di Suez 1956. Nel 1948 ci fu un voto all’interno delle Nazioni Unite che creò il nuovo stato di Israele sotto la consapevolezza che la tragedia della shoah era avvenuta anche perché non esisteva un territorio ebraico. Ciò venne preso come sopruso dagli stati arabi confinanti che subirono restrizioni territoriali e spostamenti. Nel 1948-49 Egitto, Giordania, Siria, Iraq e Libano attaccarono gli israeliani che però vinsero. Al governo salì il socialdemocratico David Ben Gurion che istituì un regime democratico parlamentare. Nel 1952 in Egitto si instaurò il regime militare nazionalista di Nasser, che come ex colonia pretendeva l’indipendenza economica. Per questo si rivolse per aiuti all’USA, che però non accettò di inviarli vista la sua predilezione per l’Israele=> decise allora di aprire una relazione con l’URSS, donando al comunismo una regione dove prima non esisteva influenza sovietica. A luglio 1956 venne nazionalizzato il canale di Suez, ancora controllato dalle truppe britanniche. Israele, appoggiato da Francia e GB, attaccò le truppe egiziane sul canale. Furono gli USA a proporre la soluzione all’assemblea delle Nazioni Unite che prevedeva il ritiro degli aggressori. A ristabilire l’ordine fu l’ONU: i caschi blu occuparono le fasce di frontiera tra Egitto ed Israele facendo cessare il fuoco. Alla presenza diretta di Fr e GB in Medio Oriente di sostituì la potenza indiretta di USA e URSS=> grande smacco per la tradizione imperiale! L’equilibrio bipolare della guerra fredda fu rafforzato da 3 fattori: 1. La crisi dell’ONU: l’Assemblea, con una nuova maggioranza data dall'ingresso dei paesi ex coloniali, le cui risoluzioni però venivano sempre bloccate dal Consiglio di sicurezza che al suo interno aveva URSS e USA che avevano diritto di veto. Il dualismo all’interno produsse una perdita di efficacia 2. L’inerzia dei paesi non allineati: vi furono altre due conferenze, una nel ‘57 al Cairo dove venne preso uno schieramento più antiamericano; una nel ‘61 a Belgrado dove parteciparono solo i paesi senza alcuna alleanza militare. Entrambe le conferenze non conclusero nulla se non il mostrare che i paesi erano troppo deboli per rompere gli equilibri bipolari 3. L’iniziativa europeista: i paesi dell’Europa occ volevano allargare la sfera di integrazione comunitaria con altri settori economici, non solo quello siderurgico. Nel ‘57 furono firmati a Roma i trattati per la costituzione dell’Euratom e della Comunità Economica Europea (CEE). Il primo si fondava sul mettere in comunione le risorse dei paesi principali per lavorare sulla fonte di energia nucleare per lo scopo pacifista. Il secondo delineava 9 ministri che formassero un consiglio in grado di armonizzare le politiche economiche. Non erano organi abbastanza forti da mettere in pericolo il bipolarismo di Gaza, Cisgiordania e il Golan=> l’ONU invitò l’Israele a ritirarsi e ad instaurare un reciproco riconoscimento, ma non fu seguito. A mettere in crisi l’URSS ci pensarono le sconfitte arabe (a cui avevano donato aiuti militari), le tensioni con la Cina che nel ‘69 diventarono scontri armati e una nuova crisi partita nel ‘68 nell’Europa orientale: spinte riformatrici in Polonia e Cecoslovacchia. In quest’ultima le truppe sovietiche repressero la primavera di Praga=> URSS indebolita. Cap. 12 – LA DECOLONIZZAZIONE 12.1 I MOVIMENTI DI LIBERAZIONE IN ASIA Anche dopo la fine della ww2 la situazione dei domini coloniali non era cambiata di molto, nonostante sin dal 1914 si era parlato di autodeterminazione dei popoli con i 14 punti di Wilson. La SdN in seguito aveva posto l’idea del mandato coloniale come strumento transitorio prima dell’autogoverno, che però non venne seguito. L’idea di decolonizzazione era stata riaffermata con la Carta Atlantica ma nel 1945 la Carta delle Nazioni Unite reintrodusse il mandato coloniale, questa volta con controlli periodici che manifestassero la messa in atto. GB e Fr uscite dalla ww2 distrutte dovettero alleggerire il controllo e seguirono politiche diverse: - GB estese il dominion della Commonwealth a tutte le colonie, privilegiando i rapporti economici e politici - Francia con la Costituzione del 1946 aveva promesso la cittadinanza a tutti i sudditi dell’impero, cosa che non avverrà mai: paesi come Indocina e Algeria raggiungeranno la decolonizzazione dopo lunghe guerre. Più efficace fu l’imperialismo informale degli USA, usato in Giappone e Europa occ: davano aiuti economici per la ripresa controllando poi in modo indiretto la vita politica e facendo sì che i paesi non diventassero filosovietici. Durante la ww2 il Giappone aveva sconfitto e preso come proprie le colonie europee, ma dopo la fine della guerra e la sconfitta definitiva del Giappone sorsero nuovi soggetti politici indipendentisti. L’indipendenza dell’India nel 1947 e poi della Cina di Mao mostrarono all’Asia che quella della decolonizzazione non era un obiettivo impossibile=> esportato il concetto di indipendenza tramite guerriglia che partiva nelle campagne legata ad una radicale riforma agraria. L'indipendenza in India aveva complicato il problema che c’era tra la maggioranza hindu e la minoranza musulmana. La stessa GB, prima dell’indipendenza, aveva alimentato la divisione religiosa per indebolire l’opposizione indipendentista. La soluzione fu quella di creare due stati diversi: L’Unione indiana a maggioranza hindu e il Pakistan a maggioranza musulmana. Questo portò ad una migrazione di 12 mln di persone, che portò a molti scontri e morti, compreso quella di Gandhi nel 1948. Inoltre la situazione era precaria perché il Pakistan era diviso in due parti con migliaia di chilometri di distanza. La situazione più critica si concluse nel ‘71 quando il Bengala orientale si staccò dal Pakistan per creare il Bangladesh. Per 40 anni l’India fu governata dal Partito del congresso con leader Nehru che aveva una formazione meno legata alla tradizione e più alla modernizzazione. Vennero abolite le caste, si raggiunse la parità dei sessi ecc. In politica estera l’India si confermò come equidistante da entrambi i blocchi capitalista e comunista. Nel 1946 le Filippine diventarono il primo paese asiatico ad ottenere l’indipendenza e il primo a sperimentare l’imperialismo informale da parte dell’USA. Contro la tutela militare si sviluppò però un movimento di guerriglia comunista, che portò ad un governo debole dei labouristi sempre fedele all’America. In Birmania Attlee nel 1945 promise lo status di dominion, ma l’Unione federale birmana costituita nel ‘48 non intraprenderà mai legami con il Commonwealth. Anche qui si svilupparono guerriglie comuniste che non si riuscirono mai a placare. Per quanto riguardava la Malesia, la GB concesse l’indipendenza solo nel ‘57 per combattere la guerriglia comunista. Nel ‘63 venne poi creata la federazione della Malaysia con all’interno Malesia, Borneo e Singapore (che due anni dopo si distaccò). L’Indonesia si autoproclamò indipendente dopo la resa del Giappone, dopo di che truppe anglo- australiane cercarono di restaurare il dominio coloniale dell’Olanda. Durante il ‘46 fino al ‘48 ci furono trattative per compromessi in cui i comunisti chiedevano la piena sovranità. Venne formato quindi un governo di soviet che provocò una repressione armata olandese anche contro il presidente Sukarno. Nel ‘49 l’ONU ordinò la cessazione delle ostilità. Solo allora l’Olanda proclamò l’indipendenza del paese, che fu comunque segnato da guerriglie e instabilità politica sotto il regime autoritario di Sukarno. Le ragioni della nascita di guerriglie dopo il conseguimento dell’indipendenza erano 2: 1. Protesta contro le ineguaglianze della società rurale che il colonialismo aveva aggravato 2. Legata alla guerra fredda: l’URSS dava appoggio politico e finanziario ai movimenti di guerriglia con la speranza di mutare i rapporti di forza globali 12.2 LA LUNGA GUERRA DEL VIETNAM Diversamente da GB, la Francia cercò di conservare il più possibile il proprio impero=> la nuova costituzione permetteva la cittadinanza ma non parlava di indipendenza se non sul piano della politica interna. In Indocina la Francia controllava molti aspetti, tra cui quelli economici e militari. Nel 1945 alla conferenza di Potsdam incaricò le truppe cinesi di disarmare i nuclei di resistenza; dal ‘41 era sorto un gruppo di comunisti indipendentisti chiamati Vietminh, e le truppe cinesi erano una garanzia contro il loro predominio. Intanto insieme alle truppe inglesi, i francesi avevano conquistato anche il sud del paese reprimendo i Vietminh. Per risposta, il leader comunista Ho Chi-minh nel 1945 proclamò l’indipendenza del paese. Seguì una trattativa su chi avrebbe preso la sovranità del paese che si concluse solo con una tregua militare. Ma i francesi erano convinti di iniziare ad investire sulle piantagioni di caucciù del paese, e nel 1946 iniziarono la Guerra dell’Indocina bombardando il porto di Haiphong. La controffensiva dei nordvietnamiti cominciò la guerra. Mentre nel nord avveniva una guerriglia, nel sud la Francia insieme a GB e USA metteva al governo il vecchio imperatore Bao Dai. Essendo il Vietnam l’ultima pedina controllata dall’occ nell’Asia comunista, per l’USA era importantissima: iniziarono a finanziare il governo. Nello stesso anno la Fr provò un’estrema soluzione militare lanciando un’offensiva contro tutta l’Indocina. Le truppe nordvietnamite riuscirono però a circondare i soldati francesi a Dien Bien Phu che cadde nel 1954. Nel 1954 avvenne anche la conferenza di Ginevra dove si cercò una soluzione per le guerre di Corea e Vietnam. Preoccupate di un intervento da parte di USA come in Corea, Cina e URSS spinsero Ho Chi-min ad accettare il compromesso di vedere il Vietnam separato in due stati indipendenti. Gli accordi di Ginevra proibivano la stipula di alleanze militari e dicevano che entro due anni si sarebbero dovute tenere le elezioni per una pacifica riunione. Nessuno rispettò ciò. A nord si istaurò un regime autoritario del partito unico Lao Dong, partito dei lavoratori su stampo maoista. Nel sud venne rovesciato il governo dell’imperatore per creare una repubblica piena di lotte interne. Nel 1960 un golpe militare rimise al governo l’imperatore Diem. I comunisti del sud si riunirono in un gruppo chiamato Vietcong all’interno del Fronte di liberazione nazionale, FNL. Nel 1961 lanciarono un’offensiva che provocò la risposta degli USA, che stabilirono una base militare nella capitale del Vietnam del sud che continuerà per anni a cercare di combattere la guerriglia da parte dei Vietcong. Intanto l’imperatore, cattolico, stava facendo una guerra contro i buddisti che si concluse con un’opposizione che rovesciò il governo e lo uccise: il golpe era stato appoggiato dagli americani. L’offensiva dei Vietcong non sembrava si potesse arrestare, nemmeno con un negoziato che avrebbe cancellato la predominanza sul terreno del nord. Gli USA non volevano perdere l’unica loro pedina in Asia e quindi, con uno scontro navale, iniziarono la guerra del Vietnam. Iniziarono grossi bombardamenti al nord. Quella del Vietnam è anche la prima guerra ad avere un impatto notevole nel contesto delle comunicazioni: i giornalisti sono al seguito dei soldati, e passando in tv le immagini si distribuiscono. L’impatto è epocale e provoca un’opposizione alla guerra. Nel 1968, a ridosso delle elezioni americane, ci fu una grande controffensiva nordvietnamita che non fece nulla sul piano militare ma costò la vita di numerosissime persone. Gli USA si trovarono in ginocchio: l’opinione pubblica chiede a gran voce l’uscita dalla guerra. Gli USA capirono che la vittoria si sarebbe raggiunta ad un prezzo troppo alto. Diede fine ai bombardamenti e iniziarono le trattative per la pace che durarono fino al 1973 con Nixon che ritirò le truppe dal paese. La guerra civile vietnamita continuò fino al 1975, quando i nordvietnamiti conquistarono la capitale e unificarono il paese. La guerra aveva coinvolto anche Laos e Cambogia: i due paesi avevano ottenuto l’indipendenza nel 1954 ma in entrambi si verificarono guerre civili che finirono con la vittoria dei comunisti. 12.3 I PAESI ARABI E ISRAELE In Medio Oriente aveva un ruolo di rilievo contro i coloni il movimento panarabo, a cui Francia e GB aveva promesso l’indipendenza in cambio di appoggio bellico contro la Germania. Nel 1944 Egitto, Transgiordania, Iraq, Libano, Arabia Saudita e Yemen avevano fondato la Lega Araba=> primo successo nel ‘46 quando le truppe francesi e inglesi dovettero ritirarsi dalla Siria e dal Libano. Gli ebrei, che non si fidano più degli europei, iniziano un esodo che li riporta in Palestina. L’esodo è inizialmente favorito da Stalin, che arma anche gli ebrei, soprattutto per dar fastidio alla GB che aveva un mandato in quelle terre. Gli ebrei in Palestina si basavano su una colonizzazione pacifica di terre comprate dagli arabi, i kibbutz. Appena gli ebrei arrivarono in Palestina, si crearono due realtà governative diverse: da una parte c’erano i socialdemocratici di tradizione labourista, dall’altra un movimento di semi-fascismo sionistico minoritario. Nel ‘45, il leader ebreo in Palestina David Ben Gurion guidò atti di protesta contro l’esercito inglese che governava l’area. Iniziarono a crearsi gruppi terroristici, che prendevano come vittime civili arabi. Nel ‘47 gli inglesi si ritirarono dalle zone e l’ONU divise il paese in due stati diversi, uno ebraico e uno palestinese, con Gerusalemme sotto il controllo delle Nazioni Unite, ma gli scontri non si fermarono=> proclamato il 14 maggio lo Stato di Israele, che con l’appoggio dell’occ riuscì a sconfiggere le truppe arabe. La guerra dura da maggio 1948 a giugno 1949. Nel ‘49 Israele si estendeva per un doppio del territorio che l’ONU aveva mappato, e quello che restava dello stato palestinese venne annesso alla Transgiordania (che diventò Giordania) e all’Egitto (che prese la striscia di Gaza). L’ONU decise di riconoscere lo Stato. La sconfitta rafforzò i movimenti nazionalisti arabi. In Egitto il re venne deposto e salì al governo della nuova repubblica il gruppo dei liberi ufficiali con presidente Nasser. Nel 1956 venne nazionalizzato il canale di Suez, ciò creò una crisi internazionale che determinò la fine della prevalenza anglo-francese nel territorio. Indipendenza dei paesi arabi: 1946: Libano, Siria, Transgiordania; 1951: Libia; 1952: Egitto; 1956: Marocco, Tunisia; 1958: Iraq. Si cercò di creare una unione panaraba nel paese ma ciò fallì a causa delle tensioni dettate dall’Israele. Nel 1960 venne a formarsi l’OPEC, Organisation of the Petroleum Exporting Countries per un controllo congiunto di produzione e prezzi che a volte era uguale e a volte convergeva dagli interessi occidentali. 1967. Una rivoluzione ci fu solo in Nicaragua dove nel 1979 venne cacciato il dittatore Somoza per creare un regime democratico. Negli anni ’60 e ’70 ci fu una serie di colpi di stato da parte delle forze armate, anche appoggiate dagli USA. In Brasile nel 1964 fino al 1974. In Argentina ce ne furono 2 tra il 1962 e il 1966, fino al 1973. Nel 1973 ci fu un violento colpo di stato militare in Cile da parte del generale Pinochet, appoggiato dall’USA, che rovesciò il governo di sx di Allende. Gli oppositori diventarono “desaparecidos”: catturati, uccisi e fatti sparire dalle forze dell’ordine. In Perù, Bolivia e Equador i colpi di stato furono più moderati e ispirati al nazionalismo sociale. Alla metà degli anni ’60 la democrazia in America Latina era quasi del tutto sparita. Unico paese stabile e democratico era il Messico, con a potere il partito rivoluzionario istituzionale che portò ad uno sviluppo economico anche grazie ai rapporti con l’USA. Rimaneva comunque il problema della povertà della massa rurale e delle tensioni sociali. Cap. 13 – L'OCCIDENTE 13.1 LA GOLDEN AGE Dalla fine della ww2 all’inizio del 2000=> nuova fase di globalizzazione che si può dividere in due fasi, con un momento di svolta agli inizi degli anni ’70. Questo periodo viene chiamato golden age, con una crescita del PIL che incrementa in media del 2,9%, soprattutto nei paesi a capitalismo sviluppato. Il Giappone cresce più di tutti i paesi, paesi come USA crescono ma meno esponenzialmente perché ha un’economia matura e ha sofferto meno durante la guerra. Le crescite di Africa, Asia e America Latina furono grandi perché si partiva da redditi praticamente inesistenti. L’URSS privilegiò l’industria pesante militare e ebbe una crescita, ma a scapito dei consumi: il tenore di vita ne risentì solo in parte. In Occidente la crescita era dovuta a livelli di inflazione non elevati, contenuto debito pubblico, disoccupazione minima, riduzione delle disuguaglianze, elevato livello di cooperazione e stabilità monetaria. In Italia si parlò di “miracolo economico”. Ciò ebbe origine nella conferenza di Bretton Woods ‘44 in cui si parlò del sistema economico internazionale; si decise di: - Adottare il gold dollar standard per stabilizzare gli scambi internazionali: era basato sulla convertibilità del dollaro in oro, e fece sì che gli USA superassero la GB come potenza economica - Venne creato un Fondo Monetario Internazionale (FMI) per regolare le crisi delle valute internazionali - Venne creata una Banca Nazionale (World Bank) per promuovere lo sviluppo dei paesi più arretrati Questo piano venne attuato per il piano Marshall e seguito dalla creazione di una serie di organismi, come il GATT, German Agreement of Tariffs and Trade per ridurre le barriere doganali, l’OCSE, la CECA (Comunità europea del carbone e dell’acciaio) e la CEE (Comunità europea economica). Alla golden age contribuirono diversi fattori: 1. Nascita di manodopera aziendale a basso costo come causa della meccanizzazione dell’agricoltura e migrazione dalle campagne alle città 2. Importazione da USA della tecnologia: l’Europa imparò il fordismo 3. Benefici del coinvolgimento dello Stato nell’economia=> lo Stato non doveva sostituire l’economia di mercato con un’economia pianificata come nell’est, ma doveva regolamentarla riducendo le disuguaglianze di reddito. Vennero a svilupparsi industrie statali e parastatali, in modo da creare un misto di imprese private e pubbliche. La politica del welfare messa in atto nella golden age era di redistribuzione del reddito per difesa dei ceti debol= nascita dello Stato sociale. Ciò portava ad una crescente spesa sociale che la crescita dell’economia permetteva. La fine di questo periodo si colloca nel 1973 quando l’OPEC prese la decisione politica di quadruplicare il prezzo del petrolio per svantaggiare i paesi favorevoli all’Israele dopo la guerra del Kippur: venne chiamato shock petrolifero. Già prima di questo c’era però aria di crisi: nel 1971 l’USA aveva dato fine al gold dollar standard perché provati economicamente dalla guerra del Vietnam e per bloccare l’inflazione. Il declino della golden age viene addossato anche agli stessi effetti della golden age: la crescita economica di paesi come Giappone e Germania, insieme all’USA, li pose in una situazione di oligopolio che produceva instabili rapporti economici. Vennero a meno la forza lavoro a basso costo e il gap tecnologico. La dottrina di Keynes sull’intervento dello Stato nell’economia venne frenata. La crescita economica dal 1945 al 1973 contribuì ad aggravare di molto l’inquinamento. 13.2 ANTICOMUNISMO E SVILUPPO: L’AMERICAN WAY OF LIFE Durante la guerra la produzione industriale americana raddoppiò. Dopo dovette rallentare: non si poteva rischiare una crisi deflattiva data da eccesso di produzione rispetto alla domanda. La pace fu seguita da un’inflazione con aumento dei prezzi, che portò scioperi per aumento dei salari. Il presidente Truman nel 1945 lanciò allora il Fair Deal, che avrebbe aumentato i salari minimi, sviluppato l’edilizia ed esteso le leggi di assicurazioni. L’opposizione repubblicana si ribellò a ciò, dicendo che nella politica americana erano infiltrati comunisti: riuscirono a prendere la maggioranza in parlamento nel 1946. Da quell’anno, insieme alla Dottrina Truman, vennero messe in atto delle indagini personali contro sospetti comunisti. Nel 1947 vennero ridotti i diritti sindacalisti, anche se il presidente aveva cercato di mettere il veto a ciò. Nel 1948 Truman venne rieletto, ma non riuscì comunque a far passare il Fair Deal. Negli anni della guerra fredda si aprì una vera e propria “caccia alle streghe” guidata dall’anticomunismo. L’America era diventato, dopo il possesso dell’atomica in URSS e la guerra di Corea, un paese molto ansioso. Le persone iniziarono ad essere schedate se sospette di idee di sx e nel ‘54 il partito comunista fu messo fuorilegge. Le ansie erano impersonificate nel senatore Joseph McCarthy, tanto da chiamare il periodo maccartismo. Questo limitò di molto la libertà di opinione. Nel 1952 venne eletto come presidente l’eroe di guerra Eisenhower, repubblicano. Con la morte di Stalin e la fine della guerra di Corea, le ansie si alleviarono. Con la guerra di Corea ritornò la crescita economica nel settore bellico, che si espanse per tutto il paese. La parte del paese che ospitava l’American way of life erano i sobborghi metropolitani dove vennero ad abitare ¼ della popolazione. Nel 1954 la borsa di Wall Street tornò ai dati precedenti alla crisi del 1929. L’industria automobilistica e aereonautica subì un boom. Lo 0,1% delle compagnie controllava più della metà del reddito del paese. Lo stile dei ceti medi dell’American way of life da una parte era visto come un modello da esportare all’estero e dall’altra era molto criticato: era una civiltà di consumo di massa individuale, ma in cui c’erano molti ritardi nel campo dei servizi sociali. Soprattutto tra le persone di colore: nel sud vigeva ancora la segregazione razziale, anche se nel ‘54 la Corte Suprema aveva dichiarato incostituzionale la separazione tra neri e bianchi. Il movimento per i diritti civili sviluppò agitazioni non violente. Nel 1957 venne lanciato in orbita il primo satellite sovietico, Sputnik, ciò lanciò allarmi sull’arretratezza scientifica degli Stati Uniti. Nel 1958 anche gli USA ebbero un satellite. Nel 1961 l’URSS mandò nello spazio il primo astronauta, Gagarin. Gli USA nel 1962 con Glenn. 13.3 GLI STATI UNITI DA KENNEDY A NIXON Nelle elezioni del ‘60, le prime con un dibattito televisivo, vinse il democratico John F. Kennedy, con l’idea di un cambiamento. Kennedy diventa presidente in un’America complessa e con molti problemi. Con la new frontier riesce a: - Favorire il commercio con l’Europa riducendo le tariffe doganali - Aumenta il salario minimo e favorisce l’occupazione giovanile - Investe nelle nuove tecnologie per ridurre la disoccupazione - Crea l’assistenza pubblica per la salute mentale e la medicare - Introduce la piena parità di occupazione tra uomini e donne - Emana disposizioni per prevenire e colpire la crescente delinquenza giovanile - Crea corpi speciali dell’esercito (i “Green Berets” di Fort Bragg). Tenne alla lotta per i diritti civili, nel ‘63 venne organizzata una marcia pacifica a Washington con il leader nero Martin Luther King. Il presidente venne assassinato il 22 novembre 1963: pur avendo grande popolarità, ha i suoi limiti soprattutto nelle grosse spese per la politica sociale, ha avversari come razzisti, cubani, mafiosi, e inoltre si trova una relazione tra il padre e la mafia. Gli seguì Lyndon Johnson, che portò avanti la sua opera riformatrice per l’uguaglianza di diritti e opportunità. Nel 1964-65 creò due leggi che fecero finire la segregazione razziale e le restrizioni di voto. Si cercò di ridurre la povertà. Le spese sociali si sommarono però a quelle militari per l’intervento in Vietnam, voluto dallo stesso presidente, e ciò portò ad un rallentamento dell’economia e all’inflazione. I cambiamenti sociali divisero inoltre il paese, alimentando le tensioni politiche, sociali e culturali. Tra il 1965 e il 1967 nei ghetti neri esplosero rivolte radicali che volevano tornare alla segregazione ma opposta: il Black Power. A questi movimenti si unirono le ribellioni giovanili e studentesche, contro l’autoritarismo e il conformismo americano. Si svilupparono anche movimenti femministi che contestavano il ruolo dato alla donna all’interno del patriarcato. Tutti questi movimenti ebbero un picco radicale nella protesta contro la guerra. Nel 1967 una grande manifestazione di pace a Washington culminò in scontri tra dimostranti ed esercito. Nel 1968 le tensioni durante la campagna elettorale furono tante: vennero assassinati Martin Luther King e Robert Kennedy, fratello di John (quest’ultimo da un terrorista palestinese a seguito della guerra dei 6 giorni), e Johnson decise di non ricandidarsi: vinse il repubblicano Nixon. La battaglia ideologica tra liberalismo e moderatismo si fece sentire. Nixon nei suoi due mandati fa riuscire l’America conservatrice: come obiettivo ha quello di spazzare via tutto ciò che era riuscito a fare Kennedy. Nel 1968 la guerra del Vietnam si espande, i bombardamenti aumentano, e Nixon decide di poter invadere il Vietnam del Nord passando dalla Cambogia e Laos, distruggendoli. La guerra che doveva essere diminuita ha un picco nel 1972. Nixon sta perdendo voti, e quindi decide di iniziare un dialogo con la Cina popolare: nel 1971 il presidente fa una visita storica al paese. Si instaura la cosiddetta politica del ping-pong: la squadra nazionale di ping-pong americana va in Cina a compiere partite amichevoli, e così si instaura un dialogo. Durante il secondo mandato, Nixon cerca di far concludere la guerra in Vietnam, iniziando un graduale ritiro delle truppe. Le ultime lasciano il paese nel 1975, ma ciò vuol dire che è stata il Vietnam del nord a vincere la guerra. Nel 1979 deve confrontarsi con il problema cubano di Fidel Castro, che intanto sta avvicinando a sé stesso altri paesi latino americani, come il Cile. Per non perdere anche questo paese, la CIA decide di investire sulla destra cilena. Seguono rivolte in piazza e scioperi che Allende, presidente del Cile, non riesce a gestire. Nel 1973 si instaura la dittatura di Pinochet. Allende muore suicida a seguito del bombardamento al palazzo presidenziale. Nixon riprende il controllo del Sud America. L’economia risentì delle tensioni: nel 1970 le importazioni superarono le esportazioni, l’inflazione crebbe, e le tariffe protezionistiche che Nixon cercò di penisola iberica vi erano due dittature e in Grecia una democrazia instabile che negli anni ’60 fu superata con un golpe militare=> non in linea con l’Europa occ. Spagna e Portogallo rimasero stabili perché neutrali durante ww2 e a causa della guerra fredda, che le fece rientrare nel contesto occidentale. Il Portogallo entrò a far parte della NATO e dell’EFTA e la Spagna, dal 1953, dell’ONU. Il franchismo spagnolo non può essere definito come fascismo: era privo di ideologia che non fosse tradizionalismo cattolico, e pur essendo nazionalista non sfociò nel razzismo o imperialismo. Era contro alle autonomie regionali e represse in modo violento le opposizioni politiche. Dal 1944 Franco inizia a moderarsi per via dello sbarco degli alleati in Normandia. Nel 1946 viene riconosciuto dall’America. Nel 1947 Franco restaurò la monarchia, ponendosi come reggente a vita con il potere di scegliere il successore. Nel 1953 la Santa Sede e il regime fecero un concordato, rafforzando la loro alleanza. In tutto il paese ci furono instabilità per quanto riguardava l’economia, il governo e la Chiesa. A ciò si aggiunse l’azione terroristica dell’ETA (Euzkadi Ta Askatasuna), gruppo indipendentista delle province basche, che uccisero il primo ministro Blanco nel 1973. Nel 1975 morì Franco, che come successore aveva scelto il nipote Alfonso XIII: lui riportò il paese alla democrazia, legalizzando i partiti e indicendo elezioni libere. In Portogallo con la fine della guerra si ricominciò con il pluralismo partitico, ma a causa di censura e intimazione, Salazar continuò il suo regime, che negli anni ’60 subì un’involuzione autoritaria a causa dei movimenti indipendentistici e della perdita delle colonie. Salazar muore nel 1970, gli segue Caetano, ma nel 1974 avviene un colpo di stato da parte di un movimento di ufficiali democratici. Questi danno indipendenza alle colonie, indicono le nuove elezioni che vince il Partito socialista e approvano una nuova Costituzione. È la terza ondata della democrazia (dopo quella dell’800 e del dopoguerra con le colonie), che ingloberà l’America Latina e negli anni ’90 l’est Europa. Nel 1952 sia Grecia che Turchia entrarono a far parte della NATO. Durante la guerra, la Grecia era in mano al governo autoritario di Metaxàs. Dopo la guerra il paese era stato segnato sotto l’area di influenza occ, e le truppe inglesi ancora presenti appoggiarono la dx monarchica e non la resistenza partigiana e comunista. Nel ‘47 venne messo fuorilegge il partito comunista, e questo fece partire una guerra civile che non venne sostenuta da Jugoslavia o URSS. La sconfitta dei comunisti aprì una fase di governi conservatori. Nel 1967 il colonnello Papadopoulos rovesciò il governo con un colpo di stato (aiutato dalla CIA perché l’USA aveva paura di una vittoria riformista) e fece arrestare i leader di sx. Inizialmente venne obbligato un blocco delle forniture militari, ma dal 1970 si ripresero i buoni accordi con l’USA. Nel 1974 avvenne la crisi di Cipro: essendo sia in territorio turco che in territorio greco, si mette in discussione la sua cittadinanza. Sia l’esercito greco che quello turco sbarcano sull’isola, e intraprendono una breve guerra che si risolve con una linea di demarcazione definita dall’ONU. La Grecia si sente comunque sconfitta, e ciò fa cadere la dittatura militare, che obbligò a convocare nuove elezioni, dove ne uscì vincitore il partito conservatore di centro-destra di Karamanlis. La Turchia, anche per la sua posizione tra Europa, URSS e Medio Oriente, durante la ww2 rimase neutrale. Durante la guerra fredda rinunciò alle richieste sovietiche di controllo. Nel 1950 vinse il partito democratico, contro lo storico partito repubblicano del popolo. A partire da quella data il paese fu segnato da instabilità: nel 1960, 1971 e 1980 i militari fecero colpi di stato. Per la prima volta da decenni vi era un governo di matrice islamica. Essendo l’esercito una pedina importante per gli americani, sono stati loro a sostenere i colpi di stato. 13.7 IL GIAPPONE DALLA TUTELA AMERICANA AL MIRACOLO ECONOMICO Il 2 settembre 1945 il Giappone firmò la resa e venne posto sotto al governo del Supreme Command of the Allied Powers (SCAP) guidato dal generale MacArthur, che istituì un regime di occupazione. Il governo precedente continuò: vi era comunque l’imperatore e la burocrazia, vennero eliminati solo gli alti gradi militari. Si restaurarono i diritti civili, venne legalizzato il partito comunista e fu tolto il culto dell’imperatore come dio obbligatorio. Nel 1946 entrò in vigore una nuova Costituzione su modello americano. La liberazione della vita politica rafforzò soprattutto i sindacati. Nel 1946, però, ci fu una conflittualità sindacale che portò lo SCAP a prendere misure limitative e poi proibire lo sciopero generale. Il Giappone durante la guerra fredda fu una pedina filoamericana contro la Cina e l’URSS. Anche per farla entrare nella sfera di influenza occidentale, l’America pianificò degli aiuti economici. Vi fu anche una riforma agraria che permise lo sfruttamento di tutto il terreno coltivabile, questo migliorò la produttività ma anche l’urbanizzazione. A beneficiare di tutto ciò furono i partiti moderati (liberale e democratico) che restarono al governo fino agli anni ’90, eliminando il partito socialista. Nel 1950 Giappone e USA firmarono un patto di sicurezza reciproca, che permetteva all’USA di avere basi militari sul suolo giapponese. Era una svolta a dx che combaciava col peggioramento della guerra in Corea. MacArthur in questi anni ordinò la purga rossa di comunisti nei sindacati. Si fece sentire una politica economica deflattiva, con gravi ripercussioni sulla disoccupazione. Il mercato di lavoro era diviso in 2: una parte forte, con alti salari e sicurezza del posto di lavoro; dall’altra una parte debole con bassi salari e precariato. La tregua dei sindacati finì nel 1955 con le shunto, offensive di primavera. Vi è una specificità culturale in Giappone: la religiosità popolare è un mix di buddhismo, religione confuciana e shintoista (culto dell’imperatore). L’importanza delle pratiche di culto fu ristretta agli eventi fondamentali della vita individuale (nascite, morti, matrimoni). Questo produsse il “familismo”: traspone nella vita pubblica i valori e le regole della convivenza famigliare. A ciò si deve anche la stabilità politica giapponese: nel 1955 liberali e democratici si fusero nel partito liberaldemocratico, che si batteva per l’eliminazione delle forze filocomuniste. Solo il partito socialista vi si opponeva, ma non riceverà mai la maggioranza. A questo sistema politico bloccato si opposero i movimenti studenteschi. Sia comunisti che non, ebbero come risultato della loro richiesta di maggiore indipendenza nazionale un accordo per restituire al paese le basi militari americane. Non riuscirono però a ribaltare la situazione politica. Dal 1950 al 1973 lo sviluppo economico del Giappone fu il più impetuoso al mondo. Si crede che sia a causa del familismo: morale, lealtà ed obbedienza legava i lavoratori, che avevano uno spirito di sacrificio in vista del bene comune. Altri aspetti furono più vicini al modello occ: vi fu un’espansione dell’industria, del commercio e dei servizi. L’agricoltura calò ma venne protetta da divieti legislativi all’importazione, come quella del riso. Però il Giappone fu sempre dipendente dalle importazioni, soprattutto del grano americano, a causa dell’indebitamento delle aziende. Cap. 14 – L'ITALIA REPUBBLICANA. DAL DOPO GUERRA AGLI ANNI SETTANTA 14.1 LA NASCITA DELLA REPUBBLICA Come nel primo dopoguerra, anche nel secondo ci fu il problema dell’introduzione nella politica delle masse popolari=> ascesa dei grandi partiti di massa. Si riuscì ad arrivare alla stesura di una Costituzione da parte di un’Assemblea costituente eletta dal popolo. Nel 1945 l’Italia era divisa: nel meridione dove la guerra era già finita da un anno non vi era resistenza ma già un’economia di pace che aumentava i prezzi e nel nord vi era paura della sinistra a causa delle violenze ai danni dei fascisti da parte dei partigiani. Anche i partiti erano cambiati. Il Partito comunista italiano (PCI) era diretto da Togliatti, il Partito socialista italiano di unità proletaria (PSIUP) era diretto da Nenni: i due avevano messo da parte la rivalità in nome dell’antifascismo. Nel 1942 era nata la Democrazia Cristiana diretta da Alcide De Gasperi, nello stesso anno anche il Partito d’Azione (PdA), unione tra liberalsocialismo e Giustizia e libertà, diretto da Calogero, Capitini, Codignola e Parri. Nel 1944 era nato a Roma un sindacato unitario, CGIL (Confederazione generale italiana del lavoro). Con la partecipazione alla Resistenza i partiti diventarono di massa, e ciò era diverso per un popolo abituato ad una dittatura=> nuovo e radicale rinnovamento dello Stato, che rompe non solo con il fascismo ma anche con il sistema oligarchico prefascista. Nel 1945 si istaurò il governo Parri. Egli cercò di occuparsi delle emergenze più gravi: tassazione dei profitti di guerra, epurazione degli organi pubblici compromessi dalla dittatura e ristabilimento del potere centrale nel nord ancora governato dagli alleati. Non riuscì tranne per l’ultimo a causa della divisione tra partiti. Nel sud iniziò a crescere il movimento dell’Uomo Qualunque di Giannini, contro lo Stato e le tasse. In Sicilia si pensava alla secessione. A novembre dissidi sulla data in cui tenere le prime elezioni fecero cadere il governo Parri, a cui seguì De Gasperi. Già durante il conflitto, nel sud i contadini avevano avanzato richieste di una riforma di ridistribuzione delle terre attraverso scioperi e manifestazioni. Nel 1945 dei decreti del comunista Gullo andavano contro le loro richieste, ma furono ostacolati dai grandi proprietari e dalla mafia, che ricorse anche alla violenza. Anche nel centro-nord si allargavano le proteste e manifestazioni per una più equa condizione di lavoro. La soluzione trovata fu quella di Consigli di gestione: all’interno dell’impresa si crearono organi di governo che comprendevano anche rappresentanti degli operai oltre ai datori di lavoro. In realtà, non verranno mai riconosciuti dalla legislazione e perderanno potere con il tempo. Un problema era la continuità dello Stato tra fascismo e repubblica: il personale amministrativo fascista rimase con i propri ruoli. Durante la dittatura vi fu una grande partecipazione dello Stato nell’economia, perciò durante la Repubblica venne sostenuta una linea liberista, il cui primo sostenitore fu Luigi Einaudi, presidente dal 1948. Egli attuò provvedimenti per la restrizione del credito bancario per contrastare l’inflazione usando una politica deflattiva. Questa portò però ad un’alta disoccupazione, che significava conflittualità sociale e un numero altissimo di scioperi, uno dei più alti in Europa. Il 2 giugno 1946 si tenne il referendum costituzionale che dava una risposta alla questione istituzionale tra monarchia e repubblica. Vinse la seconda, con 12 milioni di voti contro 10 milioni=> monarchici al sud=> non hanno vissuto la Resistenza. Ebbero luogo anche le elezioni per l’Assemblea costituente, che determinarono una maggioranza per la DC, seguita da PSIUP e PCI. PdA venne sconfitto e quindi si sciolse. 14.2 L’ASSEMBLEA COSTITUENTE E LA ROTTURA DELL’UNITÀ ANTIFASCISTA La Costituente era una svolta per un paese abituato ad uno Statuto concesso dall’alto (albertino). Al suo interno vi era un incontro tra culture politiche e civili molto diverse: su alcuni punti si dovette trovare un compromesso, su altri un punto di sintesi. La Costituzione, entrata in atto il 1° gennaio 1948, era un patto tra cittadini fondato sul lavoro e sulla difesa da un’eccessiva ingerenza dello Stato. Trasformò lo Stato con nuovi strumenti, come la Corte Costituzionale, le Regioni, il parlamento bicamerale perfetto, l’indipendenza e autonomia della magistratura e la legge elettorale proporzionale. Molti di questi strumenti nacquero con l’intenzione di scongiurare il ritorno del pericolo autoritario. L’attività della Costituente era il frutto dell’unità dei partiti antifascisti. A far entrare in crisi l’unità fu la guerra fredda: con il Piano Marshall si decidevano le alleanze diplomatiche e militari dell’occidente, che vennero ufficializzate nel 1949 con l’adesione dell’Italia alla NATO. De Gasperi da subito aveva voluto entrare nell’area di influenza americana, e iniziò quindi un graduale distacco dai partiti di sinistra, stringendo le alleanze con partiti laici minori: repubblicani, liberali e socialdemocratici (nati dalla scissione del PSIUP nel 1947, che diventò PSI), creando così governi centristi con opposizione da dx di monarchici e neonazisti e da sx da PSI e PCI. partito ebbe un momento di chiusura con la morte di Togliatti nel 1964. Molte riforme volute dal cxsx erano tuttavia condizionate dalla resistenza opposta dai poteri forti dell’economia attraverso i loro rappresentanti in governo e in parlamento=> es. Riforme per lo sviluppo del Mezzogiorno vennero annullate. Gli ostacoli posti alle riforme del cxsx venivano posti anche dall’attività sotterranea e illegale di alcuni ordini dello Stato=> es. piano solo, elaborato nel 1964 dal comandante dell’Arma dei carabinieri De Lorenzo, che in caso di disordini prevedeva un intervento dell’arma, e solo di essa, per arrestare le opposizioni e occupare le sedi dei partiti. Ciò intimidì le forze riformatrici, facendo far loro compromessi=> debolezza della democrazia italiana. 14.6 CONTESTAZIONE GIOVANILE, RIFORME E CONFLITTI SOCIALI Come nel resto del mondo, anche in Italia le ostilità furono aperte dalle lotte studentesche. A partire dalle università nella primavera del 1968 quando vennero contestati i metodi autoritari e selettivi dell’insegnamento, poi la protesta contro la guerra del Vietnam e contro l’imperialismo americano. A questi scontri seguì l’autunno caldo del 1969 con una fase di lotte operaie che non aveva come obiettivo solamente i salari, ma riforme per un lavoro non denigrante. Il ’68 trasformò il paese: nel 1969 le pensioni aumentarono, vennero introdotte leggi per la maternità e per il divorzio, si instaurarono le Regioni, maggiore democrazia all’interno delle fabbriche e vietato il licenziamento arbitrario. Dal 1974 si iniziò a pensare al servizio sanitario universale e gratuito. Era un periodo di ampie riforme, che seguiva quello deludente del centrosinistra. Nel 1974 un referendum sulla legge del divorzio promosso dalle organizzazioni cattoliche e dalla DC fu vinto da chi non voleva abrogare la legge, simbolo del cambiamento radicale del paese. Con la riforma del 1975 della RAI che rendeva la televisione più laica, finiva definitivamente il periodo della dominazione demo-cristiana. Il cambiamento portò conflitti sociali negli anni ’70 segnati dalla violenza e dal terrorismo. È l’inizio della strategia della tensione, che dura dal 1969 al 1974. La prima strage si ha con la strage di Piazza Fontana, nel dicembre 1969 con lo scoppio di una bomba alla banca nazionale dell’agricoltura di Milano. Inchieste successive mostrarono che queste e altre stragi erano organizzate dall’estrema destra neofascista con la collaborazione dei servizi segreti dello stato, per creare un clima di tensione e far spostare l’equilibrio politico a dx e avere una svolta autoritaria per stabilizzare il tutto. Altre stragi furono nel ‘74 in piazza della Loggia a Brescia, nel 1980 con la morte di 85 persone nella stazione di Bologna e nel 1984 sul rapido Roma-Milano. La strategia della tensione continuò con i tentativi di colpo di stato, uno risalente al 1970 da parte di Julio Valerio Borghese e la sua “operazione Tora Tora”: voleva usare mezzi blindati per occupare il governo. Viene bloccato grazie ad una telefonata anonima. Il terrorismo fu anche di estrema sinistra, gruppi nati dopo il ’68 come Brigate Rosse, Prima linea, Gruppi comunisti combattenti. Gli anni ’70 si aprirono con la recessione dell’economia, e poi la crisi petrolifera del 1973 aumentò le disoccupazioni. L’elettorato si stava spostando a sx, ma in un paese diviso PCI e PSI non potevano governare solo con il 51% preso alle elezioni del 1975. Per questo il leader comunista Berlinguer elaborò la strategia del compromesso storico, ovvero un patto di unità nazionale che univa in accordo comunisti, socialisti e cattolici. I partiti comunisti italiani, spagnoli e francesi avevano preso una strada diversa da quella sovietica: soprattutto quello italiano aveva condannato l’invasione sovietica della Cecoslovacchia. Avevano preso la strada dell’eurocomunismo, che si basava sul pluralismo e la democrazia. Nel 1976 alle elezioni DC e PCI presero il pieno dei voti, il “compromesso storico” stava funzionando. Ma nella DC non venne approvato l’accordo voluto dal PCI e il sistema politico rimase bloccato. Cap 15 – IL MONDO COMUNISTA 15.1 L’UNIONE SOVIETICA DA STALIN A CHRUSCEV L’URSS era devastata dalla guerra, e per ripartire si appoggiò all’industria crescente e ai territori occupati ad occ=>1947-48 Stalin aumentò la rigidità per tenerli sotto pugno e li sovietizzò con regimi monopartitici. Nel 1946 fu varato il quarto piano quinquennale che si basava molto sull’industria pesante. A rimetterci era l’agricoltura e i cittadini medi: dopo l’abolizione del razionamento si svalutò la moneta, che cancellò il debito pubblico ma che fece alzare i prezzi. I salari erano bassi e c’era il problema della ripartenza dell’edilizia. In particolare, la popolazione rurale era messa a dura prova a causa della pressione fiscale e al fissaggio dei prezzi dei prodotti agricoli a livelli più basso del dovuto. L’assenza di innovazione tecnologica peggiorava il tutto. Il risultato fu una produttività molto bassa. Nel 1951 per Stalin i risultati del piano quinquennale erano soddisfacenti=> quinto piano quinquennale. La compressione dei consumi privati venne giustificata con una campagna di propaganda interna sulla lotta per la sopravvivenza del socialismo contro il capitalismo e sulla battaglia contro i nemici interni ed esterni=> persecuzioni tornarono ai livelli degli anni ’30, al tutto si aggiunse anche l’antisemitismo. Tutto questo finì solo nel 1953, anno della morte di Stalin. Alla morte seguirono delle lotte per il potere. Forte fu il contrasto tra il governo e i militari, di cui Chruscev approfittò: nel XX Congresso del PCUS ‘56 dichiarò la coesistenza pacifica con il mondo capitalista, andando contro alle credenze di Stalin che credeva inevitabile lo scontro armato tra i due mondi, e quindi sminuendo il potere dei militari. Inoltre, stilò un fascicolo segreto dei crimini commessi da Stalin durante la dittatura, che venne però reso pubblico dal New York Times e fu un trauma per i comunisti di tutto il mondo. Tutto ebbe forti conseguenze: fu sciolto il Cominform, in Polonia e Ungheria si svilupparono tendenze riformatrici che vennero violentemente bloccate dall’Armata Rossa, vennero smantellati i Gulag e riorganizzata la KGB (polizia politica). Vennero ridotte le forze armate ma aumentate le ricerche scientifiche e tecnologiche per i missili e le bombe. Nel 1957 venne lanciato il primo satellite artificiale della Terra. Avendo superato la crisi e sconfitto gli oppositori, nel 1958 Chruscev riuscì a riunificare nella sua persona i compiti di capo di governo e segretario del partito. Si ebbe successivamente un periodo di disgelo: distensione tra il potere politico e la società. Con il ripristino della possibilità di autolicenziamento, molte persone cambiarono lavoro. Il sesto piano quinquennale del ‘56 divenne un piano settennale di prospettiva molto meno rigido. Si avviò una ripresa della produzione agricola. Rimaneva comunque irrisolto il problema dell’espansione dei consumi dovuto alla crescita demografica. Altri problemi riguardavano la politica estera: Mao era intransigente nella lotta contro l’imperialismo americano e rifiutava la coesistenza pacifica sovietica. Nel 1959 l’URSS ruppe la collaborazione con la Cina. A causa dell’esito della crisi di Cuba Chruscev non riuscì a convocare una conferenza internazionale comunista che scomunicasse la Cina. Per questi motivi nel 1964 Chruscev venne deposto da una trojka composta da Breznev (segretario del partito), Kosygin (/kosighin/) (capo del governo) e Podgornij (/podgornik/) (capo dello Stato). 15.2 LA RESTAURAZIONE BREZNEVIANA Il nuovo governo era frutto di un compromesso tra poteri forti che si erano ribellati al personalismo di Chruscev. Dalla collegialità uscì però presto la supremazia di Breznev, che chiuse la fase del disgelo. Ricominciò la repressione studentesca, soprattutto degli intellettuali: la vita culturale fu costretta alla clandestinità. Ci fu però un’apertura economica, ribattezzata il piccolo benessere brezneviano, con crescita di investimenti nella produzione di beni di consumo, costruzione di alloggi e collaborazione commerciale con i paesi dell’occ. Ai cittadini vennero date alcune sicurezze come la casa, il lavoro, la sanità, la scuola, ma per fare ciò venne impiegata una quota del reddito nazionale, e questo ridusse gli investimenti con un calo di produttività e un blocco dell’innovazione tecnologica. Nacque nel paese la nomenklatura, la burocrazia di Stato e del partito, depositaria del potere e responsabile della pianificazione economica=> privilegiata. Il reclutamento era però privo di controllo, e quindi venne a diffondersi il nepotismo. Anche a causa di ciò, venne a costituirsi una seconda economia, ovvero quella del mercato nero, che fece sviluppare nuclei di criminalità organizzata. Esternamente il governo non poteva rischiare instabilità. Per questo nel 1968 la liberalizzazione della Cecoslovacchia, che era comunque guidata dal partito comunista e non metteva in dubbio l’alleanza con l’URSS, fu fermata con un intervento militare. A partire dal 1970 l’economia entrò in crisi, dando fine al piccolo benessere. A partire dagli anni Settanta l’economia sovietica entrò in crisi. Nonostante le importazioni dall’estero, nelle grandi città erano ricorrenti le crisi di approvvigionamento, che alimentavano l’inflazione e il mercato nero. Breznev fece fronte alla crisi con il rilancio di una politica estera di potenza, sfruttando la momentanea debolezza degli USA (sconfitta Vietnam). 15.3 IL BLOCCO ORIENTALE TRA CRISI E STAGNAZIONE Nel 1949 venne a formarsi il Comecon, che sovraintendeva i rapporti economici dei paesi del blocco sovietico. Nel dopoguerra l’URSS adottò una politica di integrazione commerciale: più di metà delle esportazioni erano verso i paesi dell’est Europa, e da quelli arrivava 1/3 delle importazioni. Era un rapporto di sfruttamento coloniale con scambio ineguale di prodotti. Questo provocò il declino della grande proprietà terriera nei paesi del blocco. Per timore di intese bilaterali, nel 1955 venne firmato il Patto di Varsavia dal blocco orientale, che prometteva “amicizia, cooperazione e mutua assistenza”. Infatti, sia la Cecoslovacchia che la Germania dell’est, i paesi più sviluppati economicamente, soffrivano la subordinazione all’URSS. In Cecoslovacchia, per arginare una crisi inflattiva, nel 1953 venne svalutata la moneta. Contro questa riforma, che avrebbe colpito il potere d’acquisto, scesero in piazza gli operai. Nelle stesse settimane a Berlino est gli operai manifestarono contro le condizioni di vita e di lavoro. L’Armata Rossa intervenne, ma il governo dovette annunciare un piano di aumento di salari e migliore lavoro. Nel 1955 Chruscev fece un viaggio in Jugoslavia per ricucire lo scisma del 1948. Nel 1956, con la denuncia dei reati di Stalin, in Polonia si crearono scioperi da parte dei movimenti rivendicativi. Gli scioperi diventarono poi rivolte violente, domate dalla polizia. Il tutto si trasmise alle università, e questi movimenti trovarono un punto comune nella richiesta di reintegrare al vertice del Partito Gomulka, vittima nel 1948 delle purghe staliniane. La richiesta divenne realtà, con un compromesso che vedeva il rafforzamento dell’alleanza con l’URSS ma anche la possibilità di una via polacca, fondata sul parziale ritorno alla proprietà privata in agricoltura, libertà religiosa e democratizzazione del partito. Il compromesso funzionò e le elezioni del 1957 si trasformarono in un plebiscito per il Fronte Nazionale guidato da Gomulka. In Ungheria mancava un leader che potesse riunificare il Partito. Spiccavano 3 figure: Rakosi, luogotenente di Stalin che si opponeva alla destalinizzazione del paese; Kadar che voleva la destalinizzazione e Nagy, espulso dal partito. Rakosi venne cacciato, ma il Partito era comunque diviso tra innovatori e conservatori. Nel 1955 una manifestazione chiese di dare il governo a Nagy, che diventò primo ministro ricreando un governo pluripartitico. Gli ungheresi chiedono un processo contro i torturatori, ovvero la polizia comunista, e facendo ciò assaltano le sedi della polizia. Nagy, spaventato, chiamò l’Armata Rossa per ristabilire l’ordine. Sentendosi tradita, la folla diventò violenta e ci furono molti morti. Cercando di mantenere il controllo, Nagy fece ritirare le truppe sovietiche, e formò il governo con all’interno anche il capo degli insorti, Maleter. Il governo decise di uscire dal patto di Varsavia, e l’URSS sentendosi minacciata da ciò e temendo che potesse contagiare Per quanto riguardava la politica estera, nel 1970 la Cina popolare entrò nell’ONU fra i 5 membri permanenti del consiglio di sicurezza. La rottura con l’URSS si aggravò ancora di più a seguito di incidenti militari sulla frontiera russo-cinese e con la visita di Nixon nel 1972 che apriva i rapporti con l’USA. Nel 1976 Mao muore, e al suo posto entra in scena Xiaoping, che riforma il partito e il regime. Fa partire anche una rivoluzione industriale del paese che fa diventare la Cina una nuova potenza industriale. Cap. 16 – LA SVOLTA 16.1 PRODROMI DI UNA CESURA EPOCALE Al finire degli anni ’60 la stabilità data dalla golden age si esaurì: il blocco occidentale entrò in crisi dopo la rinuncia della conversione dal dollaro all’oro e ricominciarono i protezionismi nazionalisti. Tutti i nuovi stati creati dalla decolonizzazione misero a prova l’equilibrio bipolare, le superpotenze fecero sempre più fatica a controllare le loro aree di influenza. Si elaborarono le teorie della dipendenza=> i paesi poveri non avrebbero mai raggiunto quelli ricchi perché il loro essere sottosviluppati non era una fase iniziale, bensì il prodotto del capitalismo. La situazione sarebbe cambiata solo rompendo i legami con le superpotenze. Una nuova generazione di giovani si rivoltò contro le ingiustizie del mondo. Si prese consapevolezza di problemi come i limiti della crescita economica, l’esaurimento delle risorse naturali del paese, l’allarme della crescita demografica, l’inquinamento ambientale. La svolta del periodo 1968-1973 cambiò il mondo e con il tempo fece finire il bipolarismo. La contestazione giovanile del 1968 nell’occ cambiò l’economia, spostandosi dall’industria al terziario, fece nascere nuove tecnologie e fece abbandonare i regimi autoritari dei paesi per la democrazia. Invece, nel mondo sovietico, fece prendere una svolta autoritaria (soprattutto dopo l’invasione della Cecoslovacchia del ’68) ma riportò un periodo di distensione tra USA e URSS che durò fino alla metà degli anni ’70. Dopo di che, dopo la sconfitta americana in Vietnam, venne favorito un espansionismo sovietico nel Corno d’Africa (in Etiopia che era collegata all’URSS a causa dei finanziamenti fatti al governo e in Angola e Mozambico) e in Afghanistan, creando quella che molti storici hanno chiamato la seconda guerra fredda. L’URSS era entrata in una crisi dei comunismi, che si concluse solo nel 1989-1991 con la disgregazione dell’URSS dai regimi dell’est. In Cina, la fine della rivoluzione culturale e la salita al potere di Xiaoping fecero sì che il paese si aprisse alla globalizzazione economica e finanziaria. Se l’occidente si deindustrializzava, l’Asia andava invece incontro ad un processo di industrializzazione che fece diventare il continente esportatore di prodotti industriali. 16.2 LA BABY BOOM GENERATION E IL SESSANTOTTO Dopo la ww2 ci fu un boom di nascite: la baby boom generation crebbe nella prosperità della golden age. Le università diventarono il principale strumento di mobilità sociale e professionale. Gli studenti sognavano un futuro migliore di quello dei loro genitori. Gli scontri istituzionali all’interno delle università, che fino ad allora venivano creati da delle élite, diventarono agitazioni studentesche di scala globale. I motivi delle agitazioni erano i più diversi, ma gli scontri contro la polizia per riportare l’ordine portarono la protesta in un senso politico più generale. Era uno scontro generazionale tra la nuova generazione e la vecchia classe dirigente. Era importante dare voce ad una nuova generazione, ma parte negativa di questi movimenti era l’eccessiva democrazia: tutte le scelte erano collettive, facendo in modo che l’individuo perdesse la sua individualità. In Occ, le rivendicazioni studentesche ebbero un carattere libertario, si richiedevano luoghi dove discutere nel rifiuto delle gerarchie, dell’autoritarismo, del puritanesimo. Il cambiamento si vedeva nella vita di tutti i giorni con il rock, i jeans ecc. Negli USA la rivolta partì nel 1964 con il Free Speech Movement dell’Università Berkley in California. Nel 1965 si rivoltò il ghetto nero di Los Angeles, la comunità di colore fu protagonista di continue ribellioni. Nella Cina popolare fu il presidente Mao a scatenare la ribellione culturale tra il 1966 e il 1969. Questo perché era in difficoltà dopo il fallimento del “grande balzo in avanti” e utilizzò questa rivolta molto violenta per epurare gli avversari della dx interna al partito comunista. Le prime rivolte studentesche furono quelle di maggio 1968 in Francia, seguirono quelle della Germania la cui classe dirigente era contestata perché aveva vissuto durante il terzo Reich. In occ la rivolta si incentrava alla contestazione della guerra del Vietnam, i giovani si rifiutavano di combattere per una guerra ingiusta. Si avvicinarono alle ideologie marxiste per allontanarsi dalla società americana. Nel blocco sovietico la rivolta nacque contro l’autoritarismo dei regimi comunisti. Ci fu anche il “Terzomondismo”, ovvero il sostegno dei popoli asiatici, africani e latinoamericani contro l’imperialismo delle superpotenze. Vennero usati come simboli il presidente nordvietnamita Ho Chi Min e il guerrigliero Ernesto “Che” Guevara. Nel gennaio 1968 gli studenti giapponesi manifestavano contro le basi militari statunitensi nel paese. In Polonia gli studenti manifestavano contro la censura del regime comunista, con scontri contro la polizia. In Cecoslovacchia gli studenti erano in prima fila nella “primavera di Praga”. A Parigi si manifestava per spazi permanenti di libero arbitrio. In GB, Germania e Italia si manifestava contro l’università capitalistica e tecnocratica. In aprile l’assasinio di Martin Luther King fece scoppiare la rivolta dei ghetti neri in USA. A Parigi la polizia irruppe nelle aule della Sorbona che dovette chiudere, ma gli scontri continuarono in strada. Venne rinominato il “maggio francese”, che non ebbe però effetti tangibili nel campo delle riforme, anzi la politica si spostò alla dx con la rielezione di De Gaulle. La rivolta si spostò così in altri paesi, con annessi massacri della polizia e numerosi morti. Col tempo i movimenti ritornarono all’interno delle università, facendo ritornare la calma. Le conseguenze del ‘68 si ebbero nelle trasformazioni profonde delle mentalità e dei costumi, una spinta alla liberalizzazione dei rapporti di potere all’interno delle istituzioni, all’affermazione dei diritti civili, all’accettazione delle differenze e alla democratizzazione della società. 16.3 I MOVIMENTI FEMMINISTI E I DIRITTI DELLE DONNE Negli anni ’60 e ’70 cambiò radicalmente il ruolo delle donne nella società. Negli ultimi anni dell’800 vi erano state le lotte per il diritto di voto, che però non avevano avuto grosse vincite. Durante la ww1 le donne furono poi impegnate nella produzione e nella burocrazia al posto degli uomini impegnati a combattere, ma con il ritorno dei reduci furono obbligate a tornare a casa=> il loro ruolo pubblico era però evidente e venne concesso il diritto di voto. Entro metà degli anni ‘60 quasi tutto il mondo il voto alle donne era normalità. Nel 1910 in Italia era stata creata una Cassa di maternità. Anche negli USA sorse il Children’s Bureau per la protezione della maternità e dell’infanzia. Nel 1935 un programma per i bambini con genitori senza reddito. Queste politiche dividevano il movimento femminista: da una parte si voleva dare un’impronta maternalista al welfare state, dall’altra si aveva il timore che ciò sottolineasse l’inferiorità delle donne, viste solamente come madri e senza ruoli pubblici o diritti uguali. Dopo la ww2 le donne vennero di nuovo espulse dalla produzione e dalla burocrazia e si affermarono nel modello tradizionalista di famiglia, con la donna madre e moglie. In paesi come l’Italia la discriminazione si mostrava anche attraverso le leggi, come il delitto di adulterio. Tutto ciò era in contrasto con la crescente partecipazione al mercato del lavoro e crescente accesso all’istruzione. In questo contesto nacque una seconda ondata di femminismo, nel quale le donne espressero l’insoddisfazione di essere rinchiuse nelle mura domestiche, volevano invece seguire le loro ambizioni di affermazione personale e di carriera. Nel 1966 venne fondata la National Organization for Women che si batté per riforme legislative che ponessero l’uguaglianza tra donne e uomini. Altri gruppi più radicali, invece, puntavano al separatismo e all’autosufficienza rispetto agli uomini. Con i movimenti del ‘68, la lotta femminista cambiò radicalmente: in primo posto veniva messa la liberazione della donna. Negli anni ’70 il femminismo non chiedeva più solo l’uguaglianza di genere, ma voleva una società radicalmente diversa che tenesse contro dei tempi di vita e della sensibilità delle donne. In Italia vennero presi dei provvedimenti: nel 1970 venne introdotto il matrimonio civile e il divorzio, nel 1975 una riforma del diritto di famiglia sanciva l’uguaglianza tra coniugi, nel 1977 venne creata una legge per la parità salariale nel lavoro, nel 1981 venne legalizzato l’aborto. Anche l’ONU si incentrò sull’obiettivo dell’uguaglianza formale tra uomini e donne lanciando il “decennio della donna” a partire dal 1976. Due convegni mondiali, uno nel 1980 a Copenaghen e l’altro nel 1985 a Nairobi fecero finire il silenzio sugli abusi subiti dalle donne. Gli abusi e le violenze dentro e fuori la famiglia e i crimini di guerra contro le donne vennero dichiarati violazioni dei diritti umani. Gli stati furono invitati a far luce sulla realtà dei delitti, per porre fine alle discriminazioni. La mobilitazione fu ampia e portò a risultati. La parità dei diritti era ancora lontana: tra il 2000 e il 2013 la percentuale delle donne in parlamento aumentò solo dal 14% al 21%. Se da una parte del mondo ci sono leggi per la parità dei diritti e contro la violenza domestica, dall’altra la disoccupazione femminile è molto più ampia di quella maschile e i salari delle donne sono molto più bassi. 16.4 INSTABILITÀ INTERNAZIONALE, STAGFLAZIONE E INNOVAZIONE TECNOLOGICA Come con l’economia sovietica, anche quella statunitense raggiunse un blocco dopo la golden age. Le esportazioni diminuirono, la disoccupazione salì, i redditi si congelarono, la produzione industriale rallentò. Le imprese multinazionali con filiali estere iniziarono a scambiare dollari fuori dall’USA, soprattutto a Londra, per aggirare le restrizioni= eurodollari, e la Federal Reserve, banca di stato statunitense, non sapeva quanti fossero, pur dovendo assicurarne la conversione in oro seguendo Bretton-Woods. Il risultato fu un calo delle riserve auree degli USA. Inoltre nel 1970 l’USA entrò in un deficit commerciale: importavano di più di quello che esportavano. La soluzione per gli americani fu la svalutazione del dollaro e l’abbandono dell’accordo di Bretton-Woods nel 1971, che ridimensionò il ruolo globale dell’USA. Non c’era più un sistema regolatori per gli scambi, e le valute fluttuarono liberamente. Si trovò una soluzione quando nel 1972 la CEE accordò un serpente monetario: ad ogni moneta europea venivano accordati dei limiti di oscillazione nel cambio con le altre valute. Era anche simbolo della volontà di autonomia europea pur nel rispetto dell’alleanza militare con gli USA. Con la sconfitta in Vietnam e lo scandalo di Watergate l’USA era in crisi e paesi europei come Francia e Germania cercavano autonomia. Nella conferenza di Helsinki ‘75 venne firmato da 33 paesi si dell’est che dell’ovest l’Atto finale: si garantivano inviolabilità dei confini, non ingerenza degli affari interni e rinuncia alla forza in caso di controversie. A firmare furono anche USA e URSS, e questo aprì una fase di distensione tra le due. L’Atto di Helsinki era anche una richiesta dell’Europa di non essere vista solamente come un campo di battaglia in cui combattere la guerra fredda. L’Ostpolitik intrapresa dalla Germania dell’est fu ripresa dall’USA per motivi economici di mantenere basse le spese politiche: nel 1972 USA e URSS firmarono il primo SALT, o trattato di Mosca: Strategic Armaments Limitation Talks che congelava per 5 anni gli arsenali nucleari. La distensione fu interrott dallo scoppio della guerra del Kippur dal 6 al 25 ottobre 1973: in Egitto il nuovo presidente al-Sadat la fece scatenare come vendetta per il 1967. L’esercito israeliano fu colto di sorpresa dalle truppe di Siria, Giordania, Egitto e Iraq proprio durante i giorni di festa religiosi e messo in difficoltà nel Sinai. Il contrattacco fu portato avanti da pochi giovani israeliani, prima di un intervento di Nixon che sfruttò le basi della NATO. L’intervento portò però ad un accordo per il cessate il fuoco che riportò i confini a quelli antecedenti al 1967: l’Egitto riprese il Sinai ma non la striscia del Gaza. Nel 1978 venne firmata cacciato da manifestanti guidati da Khomeini. L’Iran si trasformò così in una repubblica islamica fondata sui precetti del Corano. Infatti, il precedente presidente iraniano Banisadr, laico che voleva organizzare un tentativo di armonizzazione tra laici e sciiti, venne cacciato=> pupazzo in mano all’USA. Khomeini diventa così la guida suprema del paese, oltre che la sua guida spirituale. Si formava una terza opzione estranea ai blocchi delle superpotenze che avrebbe potuto influenzare tutto il mondo islamico. Anche per bloccare il contagio, l’URSS decise nel 1979 di intervenire militarmente in Afghanistan. Il paese nel 1973 era passato da essere una monarchia filo-occ ad una repubblica filosovietica con a capo il partito dei lavoratori. Era un paese importante per l’URSS, perché lo metteva in contatto con i commerci di petrolio ed energia. Continuavano ad esserci però colpi di stato interni, e l’invasione dell’URSS nel paese avvenne quando la situazione diventò troppo ingestibile. Fu un disastro militare e mandò in fumo i buoni rapporti con l’USA, che nel 1988 obbligò l’URSS a ritirare le sue truppe lasciando l’Afghanistan in piena guerra civile. La guerriglia dei mujahidin afgani, appoggiati dagli americani, fu un richiamo per i movimenti fondamentalisti islamici. 17.2 IL NEOLIBERISMO Nel 1978 Xiaoping fece partire nella Cina popolare una politica delle quattro modernizzazioni: agricoltura, industria, scienza e difesa. Fu una svolta radicale nata da una riflessione sui fallimenti passati. La Cina si aprì quindi ad un’economia di mercato con profitto individuale che fece uscire ¼ dei suoi abitanti dalla povertà, pur rimanendo in un regime politico monopartitico. Fu il primo segnale di un’inversione di tendenza. In GB Margareth Thatcher diventò nel 1979 la prima donna Primo Ministro inglese, e lo fu fino al 1990. Esponente conservatore, il suo programma opponeva al welfare state un rilancio della forza capitalistica che avrebbe portato al profitto individuale. Il Partito conservatore mutò e al suo interno entrarono anche la piccola e media borghesia, che avevano l’obiettivo di salire la scala sociale attraverso la libera iniziativa imprenditoriale. Avversario da battere per la Thatcher furono i sindacati, soprattutto del settore siderurgico e minerario, che dopo numerosi scioperi tra il 1979 e il 1985, vennero sconfitti. Venne portata avanti una politica di deregulation, che fece diventare moltissime imprese prima legate allo Stato delle imprese private. Nel 1982 iniziò la guerra delle isole Falkland, antica colonia inglese che venne presa sa una dittatura militare argentina. La Thatcher mandò un corpo di spedizione navale che ripristinò con la forza la sovranità inglese. Carter all’inizio della sua presidenza continuò con la politica di distensione con l’URSS, firmando nel 1979 il Salt II. Ma dopo l’invasione sovietica dell’Afghanistan, nel 1980 boicottò le Olimpiadi di Mosca. Quella di Carter era una politica estera basata sugli ideali della democrazia e dei diritti umani, e non una politica realistica e strategica. Ne seguì la cosiddetta seconda guerra fredda. L’unico risultato positivo fu la pace che fece fare tra Israele e Egitto. Ciò portò alla vincita nelle nuove elezioni del 1980 il presidente repubblicano Ronald Reagan, che aveva messo per primo nel suo programma elettorale la politica estera e il suo obiettivo di far tornare di nuovo grande l’America. La banca centrale americana, intanto, prendeva una decisione importante per la politica economica del paese alzando i tassi di interesse dal 10% al 17%. In questo modo sarebbe stato difficile chiedere gli interessi. Era una politica contro l’inflazione a tutti i costi, persino quello della deflazione con minori investimenti e minor numero di posti di lavoro. Anche Reagan aprì il mercato all’iniziativa privata attraverso una politica di deregulation. Convinse il paese che avrebbe ampliato i profitti e quindi gli investimenti. Ritirò lo Stato dai settori dell’assistenza sociale e dell’istruzione. Sia in GB che in USA questi programmi rimasero per la gran parte solo sulla carta: la spesa pubblica continuò ad aumentare. Il grande successo fu il calo dell’inflazione. Ma in GB la disoccupazione crebbe di molto. L’individualismo, l’antistatalismo e la paura del comunismo continuarono a dare consenso a Reagan. 17.3 L’EUROPA DEGLI ANNI OTTANTA In Svezia nel 1976 il partito socialdemocratico venne battuto per la prima volta dagli anni ’30 da una coalizione di cxdx che voleva ridurre le forti tasse. Ma la politica liberista non diede i frutti sperati e nel 1982 si ritornò con il governo dei socialdemocratici. In Francia il nuovo leader d’Estaing tentò di reagire alla crisi petrolifera con la produzione nucleare, che significava chiusura dei settori siderurgico e minerario con moltissimi licenziamenti. La nuova politica accrebbe le tensioni sociali e fece riavvicinare il partito socialista e quello comunista, che fece sì che al governo nel 1981 salì Mitterrand, socialista e con ministri comunisti. La sua politica fu riformatrice per il bene della società. Al contrario di Reagan, fece una politica economica che voleva nazionalizzare banche e industrie. Non ci fu però una ripresa dell’economia, e nemmeno un riassorbimento delle disoccupazioni. In Germania i governi socialdemocratici di Brandt e poi Schmidt furono seguiti dall’ascesa della democrazia cristiana di Kohl nel 1982. Anche la Germania adottò la politica del rigore monetario tagliando le spese sociali per risanare il bilancio. Riuscì più di altri paesi: la media della disoccupazione era più bassa. In politica estera Kohl seguì un impegno europeista e ebbe rapporti privilegiati con la Francia di Mitterrand. A partire dal 1973, GB, Irlanda, Norvegia e Danimarca aderirono alla Comunità Europea. Nel 1979 si era creato un Sistema Monetario Europeo (SME), all’interno del quale era stato progettato il serpente monetario. Venne creata anche un’Unità di Conto Comune (ECU) in vista della creazione di una moneta unica europea. Sempre nel 1979 avvennero le prime elezione a suffragio universale per i componenti del parlamento europeo. Nel 1985 il presidente della Commissione Europea Delors operò per la liberazione dei movimenti di persone, merci e capitali in Europa e per un sistema di cambio monetario fisso. L’obiettivo finale era quella di una compiuta unione economica e monetaria. Rimase bloccato il tentativo di un’unità europea su diplomazia e forza militare a causa della seconda guerra fredda. L’URSS minacciava l’Europa con i suoi missili nucleari SS 20 puntati verso le città europee più importanti (1979-1984). La risposta della NATO e di Carter fu quella degli euromissili: 500 nuovi missili americani posizionati in Europa in caso di attacco sovietico. Accadde una crisi internazionale che spinse Andropov (successore di Breznev, morto nel 1982) a minacciare una guerra termonucleare. Questo portò a proteste da parte del movimento pacifista. Fu il governo socialista francese invece a difendere la loro installazione. 17.4 IL RIARMO Nel 1981 iniziarono i negoziati a Ginevra tra USA e URSS sul problema degli euromissili. Le trattative si fermarono a causa della morte di Breznev nel 1982, e poi dei successori Andropov (ex direttore del comitato per la sicurezza di stato e collaboratore di Putin, morto per malattia nel 1984. Sotto la sua presidenza avviene il punto più vicino alla ww3) e Cernenko (1985). USA e URSS avevano le spese militari sullo stesso livello, ma se l’USA poteva permetterselo, all’URSS queste spese pesavano molto di più sui cittadini. La crisi non era solo dell’URSS ma di tutti i paesi est europei: gli aggiustamenti dopo l’invasione della Cecoslovacchia portarono una crescita solo per poco. Anche in Polonia Gierek fu costretto ad aumentare i prezzi e a reprimere le manifestazioni. Nacque così una nuova organizzazione operaia che includeva anche gli intellettuali= Solidarnosc, era un’opposizione non politica ma solidaristica. Nel 1978 venne eletto come papa il polacco Giovanni Paolo II. Ciò rendeva problematica un’invasione come quella della Cecoslovacchia anche in Polonia, anche perché le forze sovietiche erano impegnate in Afghanistan. Nel 1981 l’ala riformatrice del regime polacco, guidati dal generale Jaruzelski, fece un colpo di stato. L’obiettivo era arrivare ad una autoriforma graduale del sistema. Nel 1986 la rottura del reattore nucleare di Chernobyl, in Ucraina, fece evacuare 350mila persone e contaminò 140mila kmq. Era la dimostrazione dell’arretratezza tecnologica dell’URSS. A seguito, le sconfitte militari sia in Afghanistan che in Europa fecero rassegnare il paese, che portò al vertice del partito nel 1985 il giovane riformatore Mikhail Gorbaciov. Tra il 1983 e il 1988 le spese militare americane aumentarono di molto, arrivando a cifre record. L’URSS fece fatica a seguirle. Era la strategia di Reagan e del piano ideato nel 1983 del SDI (Strategic Defence Initiative) che puntava a far saltare i bilanci sovietici e allo stesso tempo garantire la sicurezza degli USA. Reagan in realtà a Ginevra propose anche l’opzione zero, ovvero l’annullamento dei sistemi missilistici sia di USA che di URSS=> l’Europa prese l’opzione di togliere gli euromissili come mossa neoisolazionista e nuovo egoismo americano. 17.5 VITTORIE E INCERTEZZE DELL’OCCIDENTE L’ascesa di Gorbaciov nell’URSS riportò distensione con l’USA e riforme radicali: uso della spesa pubblica non più per la milizia ma per la produzione di beni di consumo, decentramento della politica economica, rilancio dell’agricoltura e della tecnologia. I suoi slogan erano “ristrutturazione” (Perestrojka) e “trasparenza” (Glasnost). Introduce il mercato nel comunismo con la liberazione delle piccole industrie. Liberalizza le opinioni pubbliche e la circolazione di idee. Indispensabile per le riforme era smettere il riarmo. Gorbaciov chiese a Reagan di rinunciare al progetto del SDI, ammettendo la propria inferiorità. Tra i due a partire dal 1985 si instaurò un rapporto di fiducia tramite degli incontri. Nel 1987 venne firmato un trattato che distruggeva il 3-4% dei missili di entrambe le parti: parte minima ma significante, perché erano i missili diretti all’Europa. Nel 1989 le truppe sovietiche vennero definitamente ritirate dall’Afghanistan. La distensione unilaterale e la rinuncia all’esercizio della potenza solo da parte dell’URSS, che avanzò una richiesta di aiuto agli USA economico per le riforme interne. Nel 1988-89 l’URSS ritirò le proprie forze armate dai paesi del Patto di Varsavia=> fece partire una serie di rivoluzioni pacifiche in tutti i paesi dell’Europa dell’est che culminarono con la caduta del muro di Berlino nel 1989 e la riunificazione delle Germanie. Di fatto Reagan non volle prendere la cogestione degli equilibri internazionali, né suggerì l’uscita concordata alla guerra fredda. Invece, gli USA iniziarono delle ingerenze oltre i propri confini: nel 1983 intervennero nell’isola di Grenada quando ci fu un tentativo di instaurate uno stato comunista. Nel 1986 bombardarono città della Libia perché il dittatore Gheddafi sembrava coinvolto in atti terroristici fatti ai danni delle truppe americane in Europa. Nel 1989 intervennero a Panama per arrestare il generale Noriega accusato di complicità nel traffico della droga. Queste azioni non furono giustificate con la questione della guerra fredda, ma con lotta al terrorismo e desiderio di sicurezza. Erano segnali di volontà di un potere di controllo globale. Ideologia che ebbe anche il successore di Reagan, George Bush, presidente nel 1988. Nel 1987 i titoli azionari della borsa di New York calarono per la prima volta dopo molto tempo. Gli anni della Reaganomics avevano accentuato le differenze sociali e di reddito. Il deficit del bilancio statale era cresciuto a livelli eccezionali e la disoccupazione era alta. 17.6 DAL MEDIORIENTE AL SUDAFRICA: UNA FASE DI PASSAGGIO Gli anni ’80 furono di passaggio per tutto il mondo. In Medio Oriente la guerra dello Yom Kippur aveva mostrato la vulnerabilità di Israele. Nel 1977 per la prima volta il partito laburista perse le elezioni, la maggioranza la ottenne una coalizione di dx guidata da Begin. La pace di Camp David del 1979 aveva restituito il Sinai all’Egitto, e aveva fatto annettere all’Israele la parte araba di distetti=> terza Italia, in opposizione ai poli industriali tradizionali. Ci fu però una grande crescita del PIL. Negli anni ’80 la situazione del paese parve comunque stabile e la maggioranza degli italiani non ebbe percezione del declino. Il PSI continuava ad avere la maggioranza, allontanando sempre di più l’opposizione del PCI e il DC era lentamente in declino. Il mutamento radicale venne dall’esterno con la caduta dei comunismi e la fine della guerra fredda=> molti partiti che si erano basati sull’appartenenza a uno dei due blocchi dovettero riformarsi su basi nuove. L’intero sistema politico entrò in una profonda crisi. Un nuovo partito a carattere regionale, la Lega Nord, iniziò a prendere consensi. Il PCI nel 1991 cambiò nome in Partito democratico di sinistra dopo alla scissione con un’ala intransigente. La magistratura iniziò una serie di inchieste sui meccanismi occulti che regolavano il finanziamento dei partiti, scoprendo tantissima corruzione e portando al cancellamento di un intero ceto politico. Politici come Craxi e Andreotti furono sottoposti a procedimenti giudiziari. Nel 1993 fu fatto un referendum per cambiare la legge elettorale da proporzionale a maggioritaria, così da diminuire il numero di partiti. Vinse il sì con una grande maggioranza. Cap. 18 – LA FINE DEL COMUNISMO 18.1 IL BLOCCO SOVIETICO DA BREZNEV A GORBACIOV L’URSS, seppure potenza militare, era in grande difficoltà economica per quanto riguardava la produttività agricola e l’innovazione tecnologica. Con la crisi petrolifera riuscì a compensare almeno in parte la povertà, perché il paese produceva ed esportava sia petrolio che gas naturale. Vi era una distanza ampia tra la popolazione e il partito unico comunista. Dopo la morte di Breznev nel 1982, gli seguì Andropov, ex direttore del KGB, la polizia politica. Era già ammalato, resistette 15 mesi, ma fece entrare nel partito gruppi di dirigenti giovani rinnovatori (tra cui Gorbaciov). Dopo la morte di Andropov venne eletto Cernenko, anch’egli malato. In quegli anni la parte conservatrice del partito era in crisi, per questo alla morte del presidente nel 1985 gli seguì Gorbaciov, che divenne segretario generale del PCUS. Che la crisi fosse grave l’aveva reso evidente la Polonia, che nel 1981 avvenne un colpo di stato guidato dal generale Jaruzelski. Il nuovo regime iniziò una strada di riforme. In Cecoslovacchia nel 1977 un gruppo rock venne arrestato e si venne a creare il movimento Charta 77 che difendeva i cittadini che esprimevano le proprie idee. I dirigenti del movimento vennero arrestati e venivano soffocate le proteste operaie. In Ungheria, per bloccare la crisi, il governo intraprese una cauta riforma economica e moderata tolleranza culturale. In Romania il regime di Ceausescu portava avanti un programma nazionalistico e di autonomia rispetto all’URSS, con forte repressione interna. 18.2 GORBACIOV, LA RIFORMA IMPOSSIBILE E LA FINE DELLURSS In occ si pensava il regime sovietico come immutabile. Gorbaciov pensava invece che, tornando alle origini della rivoluzione, si poteva dare il via a delle riforme per far uscire l’URSS dalla crisi=> neo- leninisti. Prima fra tutte fu la riforma dell’agricoltura, che riguardava una parte maggioritaria dell’URSS, con l’obiettivo di alzare i livelli di produttività e di qualità dei consumi. Le parole chiave della sua riforma furono perestrojka (“ristrutturazione”) e glasnost (“trasparenza”): con la prima si diede più libertà alla produzione, in modo da creare un mercato interno al paese, simile a quello che aveva fatto la Cina; con la seconda si dava fine alla menzogna e sfiducia nei confronti del partito comunista, democratizzando l’informazione e rendendo pubblico il discorso politico. Soprattutto con la glasnost la politica ebbe un’accoglienza favorevole. Non fu un processo facile: con l’aumento della libertà aumentarono anche i sentimenti di nazionalismo antirusse di città nelle periferie. Molte delle classi sociali che avevano beneficiato dalla stagnazione brezneviana erano contro Gorbaciov. All’estero il segretario di partito aveva molto prestigio, ma faceva fatica a prendere il consenso interno dell’URSS. La politica della perestrojka mise in atto una mobilitazione della società con incentivi per il lavoro autonomo, che fu però presa con cinismo e distacco dai contadini ormai abituati a lavorare con una conduzione collettiva. Questa fu la grande differenza tra Cina e URSS. Fino al 1990, per colpa del bluff delle “guerre stellari” di Reagan, Gorbaciov non riuscì a far diminuire le spese militari. Era enorme l’indebitamento estero e la dipendenza da importazioni occ. La scelta di Gorbaciov di non usare la violenza come repressione dei conflitti non era solo ideologica, ma era legato ai debiti con l’occ che sarebbero cresciuti in caso di prova di forza militare. La mancata risposta della società civile sovietica fece sì che le riforme non funzionassero e non producessero più beni a prezzi accessibili. Gorbaciov si convinse allora che solo una riforma interna del Partito e dello Stato avrebbe permesso l’uscita dalla crisi. Nel 1989 si tennero le prime elezioni a candidatura multipla del Congresso con, per la prima volta dal 1918, rappresentanti indipendenti della società civile. Nel 1990 il Congresso dei deputati scelse Gorbaciov come presidente dell’URSS. Il pluralismo politico portò però anche nazionalismo secessionista. Era questo uno dei contro della perestrojka: ci fu un’esplosione di tensioni che portò in molte aree, ad esempio i paesi balcanici, Moldavia, Armenia, Georgia e Ucraina alla lotta per l’indipendenza. Nel 1988 le elezioni di Estonia, Lettonia e Lituania portarono alla maggioranza le forze separatiste. Quando avvenne il crollo del muro di Berlino, l’attenzione di Mosca era solo per le vicende interne: Gorbaciov era indeciso in politica interna, e prima sostenne nel 1990 il Programma dei 500 giorni che auspicava ad una transizione verso il mercato che non aveva nulla a che fare con il socialismo, e poi lo ritirò perché spaventato dalle ripercussioni sociali. Anche la crisi del Baltico fu presa con indecisione: nel 1990 emanò una legge sul diritto di secessione per le repubbliche baltiche, ma un anno dopo tentò di reagire con un trattato dell’Unione che ridimensionava i poteri del centro. Alla fine del 1990 Gorbaciov era entrato nella parte dx del Partito. Viene creata una nuova Costituzione dove si crea il ruolo del Presidente dell’URSS: Gorbaciov prende il ruolo. Intanto, El’cin (/eltsin/) era diventato presidente di una delle due repubbliche russe, battendo il candidato sostenuto da Gorbaciov. Nell’agosto del 1991 un Comitato per lo stato d’emergenza composto dagli 8 uomini più potenti nominati da Gorbaciov tentò un colpo di stato conservatore=> fallì. I golpisti però iniziano a fingere di avere un’alleanza, inesistente, con Gorbaciov. Quest’ultimo viene rapito mentre El’cin saliva con un carrarmato davanti al parlamento. Seguì una manifestazione della folla contro i militari che fece liberare Gorbaciov, che però viene accusato da El’cin di aver orchestrato il colpo di stato: El’cin vince. A dicembre 1991 i presidenti di Russia, Ucraina e Bielorussia decretarono la fine dell’URSS, dando vita ad una comunità di stati indipendenti (CSI) con all’interno 8 repubbliche. Il 25 dicembre 1991 Gorbaciov si dimette. Il 26 dicembre 1991 la bandiera rossa viene cambiata, simbolo della fine dell’URSS. 18.3 IL CROLLO DEI REGIMI COMUNISTI NELL’EUROPA ORIENTALE Con l’indebolimento di Mosca, si indebolirono anche i governi del blocco sovietico. Avvenne un moto rivoluzionario non violento a partire dall’autunno 1989 che abbatté i regimi comunisti. Decisivo fu il ruolo di Gorbaciov che non volle repressioni perché il suo scopo era quello di far partire riforme parallele a quella della perestrojka. In Polonia iniziarono i contatti tra il governo Jaruzelski e l’opposizione Solidarnosc. Nel 1987 venne fatto un referendum che aprì la porta alla democratizzazione, per una riforma economica fondata sul mercato. Nel 1989 tra le due opposizioni venne fatto un accordo per ristabilire il pluralismo sindacale, riforme economiche, riformare il parlamento e i poteri dello Stato. A giugno avvennero le prime elezioni libere con Solidarnosc in maggioranza. Come presidente venne scelto Jaruzelski. Il partito comunista si sciolse e divenne socialdemocratico. Nel 1990 come nuovo presidente venne scelto Walesa, esponente del Solidarnosc. In Ungheria a partire dal 1985 si creò una generazione di riformatori all’interno del partito. La televisione aiutò a creare un dibattito e al formarsi di un’opinione pubblica. Nacquero così politiche indipendenti, come quella del Forum democratico, che raccoglieva le voci critiche. Nel 1989 il governo fece una scelta a favore del mercato, facendo un accordo economico con la CEE in cambio della promessa della formazione di un sistema multipartitico. Si ricostituirono così i partiti della vecchia coalizione con alcune aggiunte, come quella del Forum. Ci fu una revisione costituzionale con referendum che indisse nuove elezioni e la nomina di un nuovo presidente. Le elezioni libere avvennero nel 1990 e la maggioranza era del Forum. In Cecoslovacchia nel 1987 iniziarono manifestazioni da parte dei gruppi di opposizione. Nel 1989 avvenne uno sciopero generale che paralizzò il paese. Si costituì allora un governo di unità nazionale a maggioranza non comunista che sciolse la polizia politica. Dubcek venne nominato presidente del parlamento. Si annunciò l’amnistia generale. In Bulgaria l’uscita dal comunismo fu pacifica, al contrario della Romania in cui ci furono proteste di massa da parte dell’opposizione al regime di Ceausescu. Il 24 dicembre 1989 Ceausescu e la moglie vennero arrestati e fucilati. Il nuovo governo venne eletto con elezioni libere nel 1990 ed ebbe come leader Ion Iliescu. Nella Germania est vi era ostilità contro il presidente Honecker. Iniziarono manifestazioni, creazione di associazioni indipendenti, libere discussioni. A ottobre il presidente si dimise, il 4 novembre un milione di cittadini chiese riforme, libertà e scioglimento della polizia politica. Con una dichiarazione in diretta televisiva di un portavoce del governo di Berlino est convocò i berlinesi di est e ovest di riunirsi alla porta di Brandeburgo. Le guardie senza ordini si ritirarono e la frontiera fu aperta. Il muro di Berlino cadde il 7-9 novembre 1989. Nel 1990 le elezioni diedero la vittoria ai demo- cristiani, aprendo la strada per la riunificazione voluta dal cancelliere della Germania ovest Kohl. In Jugoslavia, dopo la morte di Tito nel 1980, era aumentata la crisi e il divario tra le aree sviluppate del nord e quelle arretrate del sud. Il collasso dell’URSS, protettrice della Serbia, favorì le spinte autonomistiche con l’aggravamento delle rivalità interetniche. Nel 1991 Slovenia e Croazia si proclamarono indipendenti, uscirono dalla lega dei comunismi e diedero vita a partiti nazionalisti. In meno di un anno le seguirono Bosnia-Erzegovina e Macedonia. La federazione jugoslava era ufficialmente disgregata e i Balcani iniziarono una guerra etnica. 18.4 LA PARABOLA DEL COMUNISMO IN ASIA Dopo la morte di Mao nel 1976 ci fu una lotta per la successione, vinta da un esponente della rivoluzione culturale, Guofeng, che sconfisse definitivamente la “banda dei quattro”, la fazione più radicale della rivoluzione culturale, guidata dalla vedova di Mao, Jiang Qing. Nel 1978 Deng Xiaoping venne nominato primo ministro dopo che un’imponente manifestazione a Pechino ne aveva chiesto il ritorno in politica. Nel 1978 venne lanciata la politica delle quattro modernizzazioni: industriale, agricola, scientifica, militare: - Comitati rivoluzionari eliminati - Retribuzioni diversificate in base alle qualifiche - Abolite le comuni nelle campagne bosniaci. Nel 1995 vennero firmati gli accordi di Dayton che divisero la Bosnia-Erzegovina e la Repubblica serba di Bosnia. Milosevic (Serbia) a questo punto si spostò verso la regione del Kosovo, albanese, che aveva da sempre rivendicazioni indipendentiste. La guerra del Kosovo (‘96-’99), vide un intervento della NATO sottoforma di bombardamenti sulla Serbia. Alla fine il Kosovo passò sotto l’amministrazione dell’ONU. Anche se nel 2004 avvennero nuove violenze contro i serbi residenti nell’area. Milosevic venne sostituito dall’opposizione socialdemocratica di Kostunica nel 2000, dopo di che venne arrestato e messo sotto processo al Tribunale internazionale per i crimini di guerra nella ex Jugoslavia di Aja. Morì prima della fine del processo nel 2006. Mary Kaldor sostenne che nella fase post guerra fredda si erano venute a creare delle “nuove guerre”, caratterizzate dall’erosione della sovranità statale e frammentazione della violenza organizzata in bande paramilitari. I loro obiettivi erano quelli di affermazione di identità etniche o religiose in nome delle quali rivendicare un territorio, le popolazioni civili all’interno del territorio venivano prese in ostaggio e deportate. Le “nuove guerre” dagli anni ’90 diminuirono, e vennero combattute soprattutto in Africa, Asia, e Medio Oriente. I conflitti in Africa mostrarono anche i limiti degli interventi ONU. Dalla questione del Libano ‘82 vi erano state molte missioni di peace enforcing in cui veniva imposto il cessate il fuoco e venivano protetti i civili e di peace keeping con mantenimento di forze armate sul territorio. Ma le missioni costavano tanto, anche vite, e le decisioni dovevano tener conto delle diverse opinioni pubbliche nazionali. Nel 1991 in Somalia vi era un conflitto armato, ma l’intervento dell’ONU nel 1992 fu un insuccesso che creò vittime e il ritiro del contingente internazionale. La guerra delle bande continuò fino al 2016. In Rwanda e Burundi i coloni avevano sfruttato una rivalità tra pastori tutsi e coltivatori hutu etnicizzando i due gruppi e dando l’amministrazione ai tutsi (meno scuri di pelle), anche se erano in minoranza, ed escludendo gli hutu. La prima rivolta degli hutu in Rwanda avvenne nel 1959, e finì con l’espulsione dei tutsi in Uganda e Burundi con un regime di apartheid. La minoranza hutu nel Burundi, invece, venne emarginata. La situazione precipitò con l’invasione della Rwanda da parte del Fronte patriottico rwandese composto dai tutsi esiliati in Uganda. Intervenne un corpo di spedizione che arrestò le violenze fino al 1994, quando i capi dei due paesi, pronti alla pace, furono uccisi in un attentato. La Rwanda iniziò allora una propaganda radiofonica di genocidio dei tutsi che provocò 1 mln di morti solo nel 1994. Il Fronte riuscì a sconfiggere i soldati rwandesi e finire i massacri, ma il conflitto continuò in Congo con due rivolte armate nel 2003 e tante vittime. Benché sollecitato fin dal 1994, la missione di peace enforcing dell’ONU che avrebbe potuto impedire il genocidio non venne mai portata avanti a causa del veto dell’USA. Questo perché era contrario ad un codice di intervento umanitario che vincolasse la propria sovranità decisionale. Per questo non sottoscrissero la decisione di creare un Tribunale che sanzionasse le violazioni dei diritti umani. 19.3 I FONDAMENTALISMI RELIGIOSI Le contraddizioni della pol estera USA e la non partecipazione dell’ONU furono dei motivi principali nel cambiamento del Medio Oriente durante la metà degli anni ’90. La pace di Oslo chiedeva una pacificazione, ma l’Autorità nazionale palestinese era messa in uno stato di minorità, mancavano nell’area risorse naturali (acqua), l’economia era legata a quella israeliana e continuarono gli insediamenti degli israeliani in territori palestinesi. Questo indebolì la componente laica e moderata di Arafat. Crebbe l’influenza del movimento islamista Hamas (movimento islamico di resistenza) che negava il diritto di Israele di esistere=> Israele iniziò una controffensiva, ma nel 1995 Rabin fu assassinato da un giovane di estrema dx, questo portò una crisi all’interno del partito laburista che spostò l’opinione pubblica verso dx. Alle elezioni del 1996 venne rieletto Likud e la pace si fermò. Hamas creò una serie di attentati terroristici. Nel 1999 nuove elezioni riportarono il partito laburista al governo con Barak, che era d’accordo con le sollecitazioni dell’USA per una conclusione della pace. Nel 2000 Arafat e Barak vennero riuniti da Clinton a Camp David, dove avrebbero dovuto firmare un accordo di pace, ma entrambi erano indeboliti dalle opposizioni e non riuscirono ad imporre all’opinione pubblica la pace. Hamas fece scoppiare una seconda intifada nei territori palestinesi. Intanto, il governo israeliano tornava in mano alla dx con Sharon. Gli accordi di Oslo erano ormai stracciati e la pace interrotta. Nel 2006 Hamas vinse le elezioni nella striscia di Gaza dove nel 2005 l’Israele aveva fatto ritirare le truppe e i coloni. Hamas espulse i rappresentanti dell’Autorità nazionale palestinese che si ritirarono in Cisgiordania. Nel sud del Libano una formazione militare islamista siriana, Hezbollah, crebbe e minacciò il lancio di missili contro Israele. Nel 2006 ci fu la reazione delle truppe che invasero il Libano, ma l’ONU ordinò il cessate il fuoco. La stessa dinamica si ripeté nel 2008 e 2014 a Gaza. La pace era lontana, e i coloni israeliani, spesso animati da fondamentalismi religiosi come Hamas e Hezbollah, crescevano di numero rendendo impossibile la nascita di un vero stato palestinese. L’Iran era stato uno dei paesi in cui era nato il fondamentalismo religioso. Dopo la morte di Khomeini nel 1989 ci fu una fase di transizione con l’elezione del laico e moderato Khatami. Ma erano comunque esistenti tendenze ortodosse, capeggiate da Khamenei=> nel 2005 queste forze al potere. Nel 2009 le elezioni vennero falsate con brogli e violenze che suscitarono la rivolta dei giovani e studenti, fermata da una violenta repressione. Nel 2013 venne eletto come nuovo presidente Rouhani, riformatore che aprì nuove relazioni diplomatiche internazionali. In India si continuò con il programma di economia statalizzata che non portò gli stessi risultati dei NICS ma che migliorò il tenore di vita e creò un contenimento delle disuguaglianze. Ciò nonostante, crebbe un partito nazionalista hindu, il Partito del popolo indiano, che nel 1998 vinse le elezioni con un programma basato sulle sperimentazioni nucleari per la guerra e la rivalità con il Pakistan. In Turchia il malcontento popolare contro il nazionalismo laico di Ataturk si racchiuse nel Partito della giustizia e dello sviluppo, partito islamico che nel 2003 vinse le elezioni e portò al potere Erdogan, portando anche una crescita del benessere del ceto medio. Il fondamentalismo era sia una tendenza locale basata sullo scontento rivolto ai regimi che non garantivano crescita economica o libertà democratica, che una risposta alla globalizzazione da parte degli occ che veniva fatta attingendo alle radici di identità antiche e profonde=> scontro di civiltà. Altro epicentro dell’islamismo fu l’Algeria, che uscita dalla dipendenza coloniale aveva difficoltà dall’uscire dalla dipendenza economica del mercato internazionale. Nel 1985 avvenne la caduta del prezzo del petrolio, che mostrò quanto fosse debole il paese. Seguirono disordini di piazza con le forze dell’ordine che spararono sulla folla. Nel 1989 venne varata una nuova Costituzione che introdusse il pluralismo politico. L’apertura politica e la mobilitazione popolare favorirono la nascita di movimenti a sfondo religioso, come il Fronte islamico di salvezza (FIS) che vinse le elezioni del 1992. Per evitare che salissero al governo, con la loro intenzione di abolire la costituzione e il multipartitismo, il governo invalidò le elezioni, bloccando la democratizzazione. Seguirono 8 anni di scontro tra il governo e il FIS che fecero tante vittime e misero un clima di guerra civile. La comunità internazionale si disinteressò totalmente della questione. Anche in Afghanistan non intervenne la comunità internazionale. Dagli anni ’80 era nata una guerriglia antisovietica che richiamò le milizie integraliste islamiche. Nel 1989 i mujahidin continuarono a battersi contro il governo afgano e vinsero nel 1992. Questo creò conflitti tra tribù che finirono nel ‘94, quando il gruppo dei talebani, sostenuti dal Pakistan, presero il paese. Si instaurò un regime integralista basato sulla rigida applicazione della legge coranica. Per il fatto che era coinvolto nel traffico di oppio ed aveva accolto lo sceicco Osama bin Laden (ritenuto responsabile di attacchi terroristici alle ambasciate statunitensi in Kenya e Tanzania), l’Afghanistan scontò un isolamento della comunità internazionale. Con gli attentati nacquero le guerre asimmetriche: guerriglie sproporzionate combattute con virus informatici per bloccare la comunicazione, batteri e tossine e attentati terroristici per far spaventare la popolazione. 19.4 L’UNDICI SETTEMBRE L’11 settembre 2001 fu un attacco terroristico senza precedenti=> la Casa Bianca lo considerò una dichiarazione di guerra. I servizi segreti diedero la responsabilità ad Al Qaeda, l’organizzazione clandestina diretta da Bin Laden, che ne rivendicò la paternità successivamente. Nel 2000 era stato eletto George W. Bush, che proclamò la guerra al terrore mettendo in piedi una coalizione diplomatica ampissima. L’offensiva militare contro l’Afghanistan fu però messa in atto in proprio, con due mesi di bombardamenti su Kabul che fece sì che il regime dei talebani venisse rovesciato dai mujahidin. Non riuscirono però a catturare Bin Laden o smantellare la rete terroristica. Nel 2003 gli USA decisero di portare avanti la guerra incompiuta da Bush (padre) contro l’Iraq. Davanti all’ONU l’USA sostenne che Saddam Hussein fosse alleato di Bin Laden e che possedesse armi di distruzione di massa. Non era vero, come mostrato dall’invito di Hussein di un’ispezione internazionale diretta dall’ONU, ma fu comunque un pretesto per una nuova guerra in Iraq che non aveva il sostegno né dell’ONU né di una parte degli alleati della NATO. In poche settimane le truppe statunitensi presero Bagdad, catturarono Hussain (poi condannato a morte) e insediarono un governo guidato dalla minoranza sciita. Questo portò ad una resistenza terroristica da parte della maggioranza sunnita, che non si riconosceva nel governo, che continuò per molti anni anche dopo le prime elezioni libere del paese nel 2005. I media occidentali denunciarono le torture fatte dall’esercito americano, parte del motivo per il quale nel 2008 venne eletto presidente Barack Obama che iniziò il graduale ritiro delle truppe occ. La resistenza terroristica si trasformò quindi in una nuova guerra tra le differenze religiose di sunniti e sciiti. Dietro i terroristi c’era il sostegno finanziario e militare dell’Iran sciita e dell’Arabia Saudita i cui rapporti con l’USA si stavano piano piano deteriorando. Alla fine del 2010 iniziarono le primavere arabe: iniziarono in Tunisia e poi Egitto, Libia, Yemen e Siria in cui gruppi di giovani appartenenti alle élite borghesi scesero in piazza per denunciare la corruzione e l’autoritarismo dei regimi, mostrando il lato debole di essi. In Tunisia il premier fuggì e le elezioni del 2011 fecero salire al potere il partito islamista moderato di Ennahda. In Egitto Mubarak venne fatto dimettere e poi processato. Con le libere elezioni del 2012 il potere passò ai Fratelli Musulmani, ma nel 2013 un colpo di stato fece passare il potere nelle mani delle forze armate. In Libia scoppiò una guerra tra gli insorti e le milizie rimaste fedeli a Gheddafi (morto nel 2011). Lo stesso successe in Siria, dove le forze armate cercarono senza successo di rovesciare la presidenza di Assad. Nel 2014 un nuovo soggetto che si presentava come Stato Islamico nel quale influivano gli insorti siriani e la resistenza irachena sunnita conquistò l’Iraq settentrionale. Lo Stato Islamico proclamò la restaurazione del Califfato ed entrò nella rete di Bin Laden e tra il 2014 e il 2016 si estese in Iraq e Siria. USA, Francia e Russia riuscirono successivamente a ridimensionarlo con raid aerei, ma le sconfitte fecero aumentare gli attentati terroristici in Europa. Anche dopo la morte e cattura di Bin Laden nel 2011, il terrorismo continuò. Se ne possono individuare 4 fasi nella storia contemporanea: perché avevano paura di un contagio. Era colpa della privatizzazione di molte industrie, dell’apertura ai capitali esteri e dell’abbandono della riforma agraria. Alla fine del millennio una nuova bolla speculativa colpì Wall Street e la nuova economia delle tecnologie, dell’informazione e delle comunicazioni creatasi grazie a internet. Le società dette “dot.com”, ovvero con un’operazione legata ad internet, prima moltiplicarono il loro indice borsistico poi però ricadde, facendo fallire società dot.com appena create. Era un campanello d’allarme che venne però dimenticato perché la borsa si riprese velocemente. Nel 2002 l’Argentina entrò in una grossa crisi. Dal 1995 era entrata a far parte del Mercosur, area di mercato insieme a Brasile, Uruguay e Paraguay con un forte impulso da parte del fondo monetario internazionale. Il risultato fu la globalizzazione del paese che si legò al resto del mondo, ma la cui domanda interna rimaneva compressa a causa dei bassi salari. Si crearono molte ineguaglianze: i lavoratori producevano per consumatori dei paesi ricchi e a loro restavano soltanto le briciole. A differenziare la globalizzazione moderna dalle sue fasi precedenti è il ruolo di internet. La digital divide, ovvero l’ineguaglianza nell’accesso della rete, si sta riducendo rapidamente grazie alla diffusione della telefonia mobile e all’aumento degli hosts, ovvero i computer stabilmente connessi alla rete. All’inizio del decennio i network preesistenti si unificarono in una sola rete delle reti (Internet) e il CERN di Ginevra sviluppò il world wide web. La prima rete, Arpanet, venne ideata nel 1969. Era affidabile, veloce, meno costosa, distribuita ed interattiva: metteva in comunicazione in tempo reale un gran numero di persone. L’USA l’aveva ideata come sistema di comunicazione che avrebbe potuto sopravvivere ad un attacco nucleare dell’URSS al tempo del lancio del primo satellite. Fu realizzata dalle università, che ne diventarono anche i primi utenti e che nel 1971 idearono la posta elettronica. Nacquero poi reti anche al di fuori dell’USA, che poi si collegarono con Arpanet. Internet è il paradigma della globalizzazione contemporanea nei suoi tratti individualistici perché da subito è diventato accessibile a chiunque. 20.2 LA CRISI DEL 2008 Nel 2008 iniziò una nuova crisi finanziaria, la più grave da quella del 1929, prima negli USA e poi in Europa. I mercati azionari persero molto, la produzione e il commercio globale scesero e la disoccupazione salì. Si concludeva così un ciclo di grande crescita. I redditi medi iniziarono a contrarsi, senza che però le famiglie rinunciassero allo stile di vita: questo le fece indebitare. Era alto anche il debito pubblico dello Stato. Tornò l’ineguaglianza sociale. La crisi iniziò con lo scoppio della bolla speculativa immobiliare. Negli anni ’90 le banche facevano facilmente prestiti, grazie ai bassi tassi di interesse. Inoltre, molti stati portavano avanti l’idea della deregulation= troppe regole fossero nocive al sistema finanziario, molte vennero cancellate, anche quelle create dopo le precedenti crisi. Iniziarono a crearsi strumenti speculativi come i “derivati” o mutui ipotecari chiamati “subprime” perché erogati a cittadini considerati a rischio a causa della loro precaria situazione economica. L’idea era che la crescita del prezzo delle case garantisse il denaro prestato. Il sistema resse fino a quando le banche tenevano basse i tassi di interesse. Ma nel 2006 i prezzi delle case, fino a quel momento in costante crescita, iniziarono a crollare improvvisamente. Molte persone non riuscivano più a pagare i mutui, iniziando molti pignoramenti e ammanchi nelle banche. Molti istituti dichiararono bancarotta, come nel settembre 2008 Lehman Brothers, altri nazionalizzati o comunque aiutati grazie all’intervento pubblico. Infatti, a differenza della crisi del 1929, il presidente Obama agì con tempestività con un piano di salvataggio delle banche di 780 miliardi di dollari. La ripresa fu rapida, e nel 2014 i livelli di disoccupazione tornarono a quelli precedenti alla crisi. La crisi si trasmise rapidamente all’Europa dove risolvere l’emergenza fu più complicato e dove si mise in luce la differenza tra paesi con basso debito pubblico (Germania) contro quelli con alto debito pubblico e deficit commerciale (Grecia). Le economie asiatiche riuscirono a tenere, ma si scoprì che molti titoli del debito pubblico statunitense erano stati comprati da compagnie cinesi. Secondo alcuni, era stato proprio questo afflusso di denaro dall’Oriente ad alimentare la finanza facile americana. Anche la borsa di Shangai nel 2015 ebbe alcune turbolenze: il passaggio da un paese fondato sulle exp ad uno sostenuto dalla domanda interna non era facile. Tra il 2005 e il 2015 gli investimenti esteri cinesi erano moltiplicati e quelli americani si erano fermati, ma i primi erano comunque 1/3 dei secondi. Il reddito cinese rimaneva minore di quello americano e, nonostante lo sviluppo nipponico, la Cina non era vista dagli occhi degli altri paesi al pari degli USA. 20.3 MOBILITÀ DI PERSONE Grazie alla globalizzazione in paesi come Asia, Africa e America Latina il miglioramento della sanità fece scendere i numeri delle morti infantili, ma le nascite rimanevano ancora elevate. Questo fino agli anni ’70 in cui vennero fatte campagne di educazione sessuale che ebbero come conseguenza il declino spontaneo della natalità. In altri paesi dove il problema era maggiore, vennero adottate politiche di contenimento della popolazione: in Cina il massimo di figli permessi nelle aree rurali erano 2 e in India si dette impulso alla sterilizzazione di maschi adulti. Non venne fatto lo stesso nell’Africa subsahariana dove però l’equilibrio si raggiunse a causa dell’epidemia dell’AIDS. Se 100 anni fa dall’Europa le persone emigravano verso le Americhe, oggi l’Europa è diventata destinazione di migranti provenienti da altri paesi. I migranti partono dall’Asia, Africa e America Latina per arrivare anche all’interno dell’Asia stessa, dopo la sua crescita industriale. le differenze con le migrazioni di un secolo fa sono: - La componente illegale: si verificano eccedenze di immigrati rispetto ai passaggi di frontiera registrati e permanenze oltre ai limiti di permesso. Una percentuale di immigrati era composta da persone che si affidavano ad organizzazioni criminali per aggirare le legislazioni restrittive - La presenza di profughi: rifugiati di guerra - Genere degli immigrati: prima la maggior parte erano uomini in età lavorativa, ma a partire dal 1960 iniziarono ad essere donne. Da una parte mostrava l’emancipazione e la libertà di scelta delle donne, ma per altri paesi dimostrava la riduzione delle donne ad uno stato di semi-schiavitù ad opera di organizzazioni criminali che si occupavano della migrazione e poi dell’inserimento nella prostituzione nel paese d’arrivo Con l’analisi dei fenomeni migratori dal ’68 in poi si iniziò a parlare prima di assimilazionismo (melting pot: immigrato che assimila la cultura del paese che lo accoglie) e poi di multiculturalismo (salad bowl: immigrato che conserva le proprie culture originarie). Solo dopo si capì che era più giusto vedere gli immigrati come un intreccio cultura di origine e di destinazione=> approccio transnazionale. Due costanti sono rimaste nella cultura dell’immigrazione: il ritorno in patria e le rimesse, ovvero il denaro inviato in patria dagli emigrati. Nel 2014 i paesi con il maggior numero di immigrati erano USA e Germania, entrambi con i tassi minori di disoccupazione: i migranti non avevano una competizione con i nativi sul mercato del lavoro, anzi occupavano i lavori non graditi perché precari o non tutelati. 20.4 L’INEGUAGLIANZA GLOBALE Con la creazione dell’UNCTAD (United Nations Conference on Trade and Development) nel 1964, l’Onu coordina gli aiuti economici forniti dai paesi ricchi a quelli in via di sviluppo grazie a percentuali dovute al reddito. Questo metodo è però cambiato basando gli aiuti ai prezzi delle materie prime esportate. Gli effetti furono però negativi e gli aiuti iniziarono a calare. Alcuni paesi iniziarono quindi ad usare fertilizzanti e nuovi metodi per far crescere di molto l’agricoltura, superando di fatto la soglia del fabbisogno interno. Questo fece cadere i prezzi peggiorando lo scambio economico e fece adottare tariffe protezionistiche per difendere la propria residua produzione agricola. Nei paesi in via di sviluppo l’agricoltura non riuscì quindi a svolgere la funzione di spinta, anche a causa della crescita demografica che vanificò i tentativi di aumento produttivo e industriale. Il divario tra paesi ricchi e poveri aumentava di molto e gli economisti studiarono che era colpa del neocolonialismo delle grandi compagnie capitalistiche private che facevano scambi ineguali tra prodotti finiti e materie prime. Le classi dirigenti dei paesi poveri si trovarono a decidere tra due opzioni: accettare i finanziamenti esteri e dedicare la produzione agricola all’exp oppure non accettare i finanziamenti e sviluppare l’agricoltura seguendo la domanda interna. Ma nessuno scelse la seconda perché vi erano servizi indispensabili come scuola e sanità che non potevano aspettare l’equilibramento della produzione agricola per iniziare ad esistere. Tutti i paesi seguirono la strada dell’indebitamento pubblico. Alla fine degli anni ’70 i tassi di interesse decollarono, e molti paesi dichiararono di non poter pagare i debiti. Ci fu un vasto movimento di opinione pubblica a favore della cancellazione dei debiti. Nel 1996 il Fondo monetario e la Banca mondiale decisero per una campagna di rinegoziazione e allungamento dei tempi con interessi più bassi. Il problema della fame del mondo però rimaneva, ed era spesso legato a pregiudizi: infatti, non è basata sulla mancanza naturale di risorse, bensì dalla deliberata esclusione di alcuni gruppi sociali da parte di altri per motivi bellici, etnici e religiosi. La povertà e la denutrizione erano legati al sottosviluppo dell’agricoltura, trascurata sia per una crescita urbana e industriale, sia per le grandi piantagioni dedicate ai prodotti di esportazione per i paesi ricchi. Durante gli anni ’90 si andò incontro al miglioramento delle condizioni di molti paesi, e nel 2015 la denutrizione e la povertà erano calate. Questo in quasi tutti i paesi, tranne che nell’Africa subsahariana: epidemie, popolazione lontana dai mari e quindi dallo scambio commerciale, instabilità politica, guerre e regimi autoritari corrotti fecero sì che quella parte del mondo fosse tra i paesi con basso sviluppo umano. La globalizzazione aveva bisogno di una politica più forte. Dal 1946 nel GATT (General Agreement on Tariffs and Trade) si regolavano le tariffe doganali mondiali, ma fu sostituito dalla WTO (World Trade Organization) dove ogni membro valeva come un voto. Nel 2014 Obama diede fine all’embargo statunitense nei confronti di Cuba. 20.5 LE SFIDE AMBIENTALI La rivoluzione industriale era avvenuta anche grazie all’uso di fonti di energia inanimate che fecero crescere le produzioni svincolando l’economia dai ritmi lenti. I maggiori effetti contrari dell’uso dell’energia furono però l’approfondirsi del livello di ricchezza e sviluppo tra i paesi e l’inquinamento dell’atmosfera terrestre. Questa consapevolezza portò alla ricerca di risorse alternative, come energia solare, eolica e nucleare. Solo l’ultima fu portata avanti in dimensioni maggiori dai paesi più ricchi, ma il disastro di Cernobyl del 1986 fece capire i pericoli che portava. Negli ultimi anni del XX secolo vennero studiati fenomeni come il buco dell’ozono e il riscaldamento globale che portano a catastrofi naturali. Ci fu una grossa crescita di movimenti ecologisti, che posero con forza questi temi all’attenzione dell’agenda politica. Nel 1997 con il Protocollo di Kyoto i paesi firmatari si impegnarono a tagliare il 5% delle emissioni di CO2 entro il 2012, ma all’interno non vi era l’USA, il principale responsabile delle emissioni nocive. Venne quindi fatto un secondo accordo nel 2015 a